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A.M. Klein IL SECONDO ROTOLO introduzione, traduzione ¢ note a cura di Fiorella Gabizon ee SOMMARIO L’autore Introduzione IL SECONDO ROTOLO Genesi “ Esodo Q Levitico > Rub Obex0 Numeri Deuteronomio Glossa Alef Glossa Bet Glossa Ghimel Glossa Dalet Glossa He Note XI 25 37 49 67 81 107 1 117 129 155 163 L'autore Abraham Moses Klein nasce a Ratno, Ucraina, il 14 febbra- io 1909 da Kalman e Yetta Klein, ebrei ortodossi che, |’an- no successivo, emigrano in Canada. Dopo essersi laureato alla McGill University, dove entra in contatto con i poeti del Gruppo di Montreal, studia legge alla Université de Montréal e nel 1933 inizia la pratica forense. Negli anni trenta numerosi suoi contributi in versi appaiono in importanti riviste e periodi- ci. Nel 1940 esce la sua prima raccolta, Hath not a Jew..., cui seguono nel 1944 Poems e The Hitleriad. Nel 1946 scrive un romanzo di spionaggio, That Walks Like a Man, ispirato al caso Gouzenko, che non verra mai pubblicato. Nel 1948 appare The Rocking Chair and Other Poems e, nel 1949, completa il primo dei suoi saggi sull’ Ulisse di James Joyce al quale dedichera molti anni di studio risentendo della sua influenza soprattutto a livello di sperimentalismo formale e linguistico. Sempre nel 1949 compie, dopo aver vinto la Governor-General’s Medal per The Rocking Chair, il viaggio in Israele che ispira la stesura di The Second Scroll, che esce nel 1951, al ritorno dal quale pubblica il suo Notebook of a Journey nel Canadian Jewish Chronicle. Nel 1952 inizia a manifestarsi un profondo disagio psicologico che lo portera, un paio di anni dopo, a tentare il sui- cidio ¢ in seguito a un ricovero di diverse settimane. Nel 1956 si ritira da ogni attivita e si chiude in un significativo assoluto ed eloquente silenzio. Muore nel sonno il 20 agosto del 1972. Introduzione Considerato uno dei pil grandi poeti della letteratura cana- dese, Abraham Moses Klein! pubblica // secondo rotolo”, suo primo e unico romanzo, nel 1951. II libro ¢ accolto con grande entusiasmo da alcuni critici autorevoli come Northrop Frye, per il quale «nessuna delle sue poesie uguaglia la passione e il fuoco del suo romance in prosa [...] che per la sua straordinaria intensita non ha rivali nella narrativa canadese»>. Unico, forse, nel suo “non genere” (come afferma giustamen- te Roger Hyman, «se // secondo rotolo non ha avuto precedenti in Canada, al di fuori delle opere dello stesso Klein, parimenti ha avuto pochi 0 affatto proseliti»‘), il romanzo sfugge — al pari di zio Melech, il co-protagonista insieme all’anonimo narrato- re/nipote — a ogni definizione e categorizzazione netta, tanto ' Per un approfondimento rimando al mio volume L'opera narrativa di Abraham Moses Klein. Dalla storia collettiva a una storia individuale, Lithos, Roma 2012, dove viene analizzata |’ opera narrativa dell’autore. ? Abraham Moses Klein, The Second Scroll, Alfred A. Knopf, New York 1951; McClelland and Stewart, Toronto 1961, 1969, 1982 (prima edizione nella New Canadian Library). L’edizione da me utilizzata ¢ quella curata da Elizabeth A. Popham e Zailig Pollock, University of Toronto Press, Toronto 2000. * Citato in Roger Hyman, Aught from Naught: A.M. Klein's The Second Scroll, University of Victoria Press, Victoria 1999, p. 32. Tutte le traduzioni delle citazioni sono mie. * Ii, p. 15. xi che la sua struttura narrativa pud essere considerata onninclue siva: una complessa miscela di poesia, narrativa, teatro, auto- biografia, trattato religioso € detection, che spinge il lettore a confrontarsi con una grande varieta di linguaggi, stili ¢ temi laddove tradizione ¢ innovazione si fondono. Klein, d’altro canto, conosce il francese, l’ebraico, lo yiddish, il latino non- ché, naturalmente, linglese e ognuna di queste lingue risuona nel testo che ¢ in aleune parti straniante e, a volte, anche oscuro. per il lettore. Lo scrittore si fa portavoce del percorso doloro- so di una generazione ~ quella che ha vissuto Ia tragedia del nazifascismo ~ attraverso una pluralita di voci, quasi a signifi- care che la sofferenza é parte integrante, fondante del percorso ebraico come di quello del moderno “Everyman”, E da questa Babele di popoli e lingue Klein lancia e porta avanti la propria sfida, una sfida che va dall'invenzione di neologismi ai puns intraducibili, all'uso costante di lemmi arcaici o di derivazione latina, al ricorso all‘iterazione ~ stilema del linguaggio bibli- co ~ per suggerire il potere incantatorio della parola, un potere che rimanda al /ogos divino, per cui la lingua si carica di quel- Ja vis cosmogonica presente nella lingua primigenia che molti studiosi (almeno fino a tempi relativamente recenti) ipotizzano essere l'ebraico. La parola artistica per lui diviene dunque rivelazione, e qui il concetto joyciano di epifania (...] si lega al concetto di linguaggio come visione mistica e come messaggio politico inerente alla figura del poeta biblico ¢ infine al concetto di parola e segno grafico come mistero e magia, tipico dell’inter- pretazione cabalistica’ Cid appare evidente sin dal titolo: da un punto di vista te- ologico il primo rotolo & il Sefer Torah, il secondo, pertanto, fo si potrebbe intendere in termini secolari (e per ortodossia magari anche in termini sottilmente eretici) come un riferimen- to all'esigenza di una nuova Legge che il popolo ebraico deve * Gabriella Morisco, J profer della terza solitudine. Sagi su scrittori ebret ccanadesi, Piovan Editore, Abano Terme 1992, p. 27, xi darsi alla luce di quanto la storia moderna gli ha insegnato. Al contempo, abbreviazione di The Second Scroll risulta amara- mente ironica componendosi, infatti, in SS per rievocare l’an fiteatro della crudelta della Shoah® (in italiano il riferimento si perde non essendo possibile ricreare la stessa sigla”). La struttura del romanzo si presenta complessa e ripren- de Varchetipo biblico: i primi Levitico, Numeri, Deuterono: ne in chiave personale e originalissima della Torah, di alcuni accadimenti storici e delle cinque fasi in cui si articola l'attivita letteraria dello scrittore da Hath not a Jew... a The Hitleriad, ai Poems, a The Rocking Chair fino a The Second Scroll. Gli altri cinque, invece, sono costituiti da una serie di glosse (Alef, Bet, Ghimel, Dalet, He) che possono essere visti come dei commen- tari, simili a quelli talmudici, realizzati in forme artistiche diver- se (secondo la lezione joyciana): dall’autobiografia, all’elegia, all’epistola, al teatro fino al salmo. Tali glosse non si limitano a chiosare il testo ma consentono all’autore di gestire in modo autonomo le varie digressioni che inserisce nella narrazione’. La trama si articola in pitt livelli i quali concorrono, nell’al- ternarsi continuo di allegoria e metafora, visione resoconto storico, a ricostruire oltre cinquant’anni di storia ebraica. Dai pogrom russi all’inizio del Novecento, all”emigrazione verso nuovo e il nuovissimo mondo; dall’esperienza comunista al lavoro delle organizzazioni ebraiche, alla nascita dello Stato di Israele. Attraverso questa rivisitazione Klein & capace, come di lia poco fara una rinnovata letteratura canadese, di trascendere il particolare per muoversi verso Muniversale. L'intento didattico dell’ opera ~ ancor piti palese nella glos- sa Dalet — non consente una vera e propria caratterizzazione “Si conironti Miriam Waddington, A.M. Klein, “Studies in Canadian Literature", Copp Clark, Toronto 1970, p. 98. SR e tuttavia la sigla che sta per Sacra Rota il tibunale ecclesiastico che, in osservanza alla Bolla pontificia Cum nimis absurdum. emessa nel 1555 da Paolo LV, promulg® 'ordinanza di costituzione dei ghetti * Si contronti Gabriella Morisco. op. cit. p. 28 ¢ seguent * Si-confronti Miriam Waddington, op. cil, p. 94. 7 xIV dei personaggi (zio Melech in primis), che si muovono sul palcoscenico in modo a volte parodico, a volte drammatico, L’anonimo narratore fin dal capitolo iniziale (ma anche nel se- condo) in cui rievoca la propria infanzia e adolescenza nella comunita ebraica di Montreal, si misura con la presenza im- ‘manente di zio Melech, il quale & destinato ad aleggiare, sem- pre inseguito e mai raggiunto, sull'intera vicenda che si snoda su pit continenti, spostandosi dal Canada, all’ Europa, quin- di "Italia ¢ Roma in particolare, all’ Africa settentrionale (in Marocco) fino in Israele. Questa presenza, a lungo innominabile per aver tradito la religione dei padri ed essersi convertito all’ ideologia comu- nista, si configura nella mente del giovane narratore come «orgoglio segreto [...] una nuova immagine dello zio che in- sieme agli angeli aveva aleggiato, invisibile e benauguran- te, sulle mie lezioni di ebraico». Lo studioso del Talmud trasformatosi nel Compagno Krul, «!’autorita internazionale sulla decadenza della letteratura european", ha una funzione precisa nella Bildung del ragazzo, come ci viene confermato anche nelle prime due glosse. A partire dal terzo capitolo, il ricordo € il sogno cedono il passo al racconto di una ricerca che é al contempo reale ed esistenziale, fisica e metafisica. Inviato in Israele dal suo edi tore per scoprire nuove voci poetiche ebraiche ¢ raccogliere materiale per un‘antologia, si trova a inseguire lo zio prima in tun campo profughi a Bari, poi a Roma dove il nipote teme che possa essersi convertto al cattolicesimo convinto dal persua- sivo Monsignor Piersanti (argomento ripreso poi nella glossa Ghimel, costiuita da una lettera in cui zio Melech parla del la Cappella Sistina), quindi a Casablanca (che ispira la glossa Dalet, una sorta di morality play dedicata al mondo arabo, in cui viene affermato il principio della fratellanza) ¢ infine it Israete (i cui echi si percepiscono nell'ultima glossa, la He, ¢O- stituita da una sorta di salterio personale elaborato da Klein). xv Melech Davidson, ossia Re figlio di David, incama da un pun- to di vista biblico il popolo ebraico ¢ il concetto di Messia (ele~ mento questo ampiamente sottolineato dalla critica) ma, possia~ mo aggiungere, diviene nel romanzo anche metafora di un Dio che non pud essere oggetto delle nostre investigazioni, che rima- ne libero, che non risponde alle nostre sollecitazioni, ma agisce sempre in assoluta libertal?, mentre 'uomo si deve ingegnare per sopravvivere alla “ba- nalita del male” (intesa come ha teorizzata Hannah Arendt), E ancora, nella contrapposizione tra il passato ¢ il presente, tra la diaspora ¢ il nascente Stato d’Israele, egli si fa simbolo di una parola artistica nuova che € per le strade, incamata nella gente comune, che si confonde e fonde trae con la gente, e dunque «tra queste fluttuanti e proteiformi moltitudini cereare Zio Melech si gnificava sospettarlo ovunque e non trovarlo in nessun luogo»s la ricerca dello zio va quindi di pari passo con la ricerca delle nuove voei poetiche che, come in un gioco di specchi riflessi, sono ovunque anche se apparentemente in nessun luogo: Nelle strade, nei negozi, dappertutto attorno a me. Avevo osser- vato, ma non avevo visto. Era Ii da sempre— quel popolo che si stava foggiando, anonimo ¢ inosservato, creando parola dopo parola, frase dopo frase, un lavoro completo che una volta termi- nato sarebbe apparso come unepica rivelata!'* Quest artistica, spirituale (Solomon J. Spiro sottolinea che «zio Melech si muove tra il simbolo divino ¢ l’eroe epico»'’), intel- " W. Zimmerli, “Qoelet”, The Scottish Journal of Theology, 17, 1964. Citato in S. Canelles, C. Caricato, L. Piscaglia, S. Simonelli, Ineroducione «alla Bibbia, Newton & Compton, Roma 1997, p. 6. Si veda la presente opera p. 86. “Wi. p. 95, Solomon J. Spiro, Tapestry for Design: Judaic Allusions in The Second Scroll and The Collected Poems of A.M. Klein, University of British Columbia Press, Vancouver 1984, p. 185, xvi lettuale e ideologica confluiscono Muna nell’altra. Dissidente ed esiliato, riformatore e studioso, Melech &, come ho gia sottoli- neato, una figura messianica che rappresenta il destino del suo popolo ¢ ne incama i conflitti spirituali, nelle parole di Usher Caplan, «I’abbandono della religione, il flirtare con il marxismo e il cristianesimo, la filantropia appassionata, il trauma dell’Olo- causto, il ritorno a Sion. La vita di Melech &, al contempo, una ri- capitolazione della storia dell’ebreo moderno e una summa delle vite di molti singoli ebrei, come Klein stesso»"*, Di fatto Melech & pure, per certi versi, il Doppelganger dell’ autore che di pagina in pagina mette in gioco se stesso, come aveva gia fatto alcuni anni prima quando, incurante del pericolo a cui andava incontro pubblicando The Hitleriad’’, aveva infranto la cortina di silenzio che in Canada, ma non solo, anche gran parte del mondo ebraico sembrava aver steso intorno al nazismo (e il fatto che la Jewish Publication Society respingesse, ne! 1943, il manoscritto sembra confermarlo). Melech ¢ Klein (nonché il narratore) sono I’uno il riflesso dell’altro € costituiscono «un notevole esempio di cosa saccade quando la disciplina talmudica viene applicata alla prassi letteraria 0 rivoluzionariay'*. II loro stile & simile, costituito da una serie di curiose altemanze € i loro interessi appaiono, fra le altre cose, linguistici e polemici”, B vero dunque che Mespe- rienza individuale dello zio, parallela a quella del nipote”, si fa paradigmatica dell’ esperienza di molti ebrei ma anche della con- dizione umana, trascendendo cosi quella di un singolo popolo. Klein, nel!’affrontare la nuova realta d°Israele, applica qua! to nel 1941, anticipando alcune riflessioni di Northrop Frye’ Usher Caplan, Like One That Dreamed A Portrait of AM. Klein Foreword by Leon Edel, Photographs edited by David Kaufman, McGraw Hill Ryerson Limited, Toronto 1982. p. 175. "New Directions, Norfolk, Connecticut, 1944, "Si veda la presente opera, pp. 34-35 ” Iwi p 34. ® Si confromi Tapestry for Design: Judaic Allusions in The Second Seroll ‘and The Collected Poems of AM Klein, Appendix B, cit., pp. 194-211 2 Si coniromti Northrop Frye, The Great Code. The Bible and Literatwre, Harcourt Brace Jovanovich, New York 1982. Traduzione italiana di xvi aveva teorizzato nel saggio “La Bibbia come letteratura”™, dunque la Bibbia intesa come “un’epica del realismo” che nar- ra dell’umana vicenda (¢ non solo quella degli ebrei), eviden- ndo il ritornare ciclico degli avvenimenti rimasi colpito [...] dalla somiglianza tra la storia ebraica con- temporanea ¢ l'antica saga de! mio popolo ~ Pensai di aver visto negli eventi attuali, a grandi linee, una riproposizione di quelli narrati nel Pentateuco [...] Questo é il secondo rotolo. | capitoli, quindi, si susseguono secondo la sequenza canonica: Genesi, per ovvie ragioni; Esodo, come sopra; Levitico, il libro dei sacerdo- ti di qui Roma ¢ il Monsignore: Numeri— appunto! Le molti- tudini che macinarono i faraoni pitt duri: ¢ infine Deuteronomio, cioé la ricapitolazione: Israele. E poich¢ il Pentateuco & inconce- pibile senza il commento ~ le glosse”. Questa vichiana ruota della storia si riassume nell’ espressio- ne visionaria di Michelangelo, il quale non si limita a rinarrare per immagini gli episodi salienti dell’ Antico Testamento, ma lo fa attraverso un’elaborazione artistica che traduce con un processo intersemiotico il linguaggio verbale nei volumi della scultura ¢ nella pittura (si veda la glossa Ghimel che ha per soggetto, ¢ oggetto, di analisi la Cappella Sistina: «quest’arte @ eterna e parla a ogni generazione con un’atemporalita rinno- vata e coeva»”*), II tema dell’artista sembra trasversalmente in- formare lintera opera che, nell’insieme, sembra negare quanto Adorno, Steiner ¢ Wiesel hanno affermato circa Pimpossibilita di fare della Shoah un continuum storico con cui potersi mi- surare (Auschwitz: ultimo mistero. Impossibile penetrarlo audi, Giovanni Rizzoni, II Grande Codice. La Bibbia e la letteratura, Torino 1986, ” A.M. Klein, “The Bible as Literature”, Literary Essays and Reviews, M.W. Steinberg and Usher Caplan, eds.. with an Introduction by Usher ‘plan, University of Toronto Press, Toronto 1987, pp. 125-130, ‘AM. Klein, “Letter to A.J.M, Smith", citata in Seymour Mayne, ed, The A.M. Klein Symposium, University of Ottawa Press, Ottawa 1975, p. 12. ™ Si veda la presente opera, p. 120. xvilt dall"esterno»™) e, soprattutto, confrontarsi artisticamente an- che se poi il silenzio in cui si chiudera Klein sembra suggerire anche I'idea di un fallimento dell’intento etico dell’arte e un probabile ripensamento in merito all’utilita del dire artistico®, ‘Come sostiene Eli Mandel, nell affrontare la questione del!’ Olocausto nell’arte, nella poesia, ‘noi non ci [...] comportiamo come con tutte le altre. E qualcosa ‘che va al di la di ogni esperienza cid che discutiamo: ha un suo esistere indipendente, o piuttosto un non-esistere””. Tomando alla concezione della ja quale “Grande Codice” di tute le arti, per dirla con William Blake e Frye, Klein compie su di essa un’operazione per molti versi simile a quella dei talmudisti (da Milton gia ricordati nell’ Areopagitica «, anche per questo, citato in epigrafe), costruendo accanto a ‘ogni singolo capitolo un castello di interpretazioni attraverso le glosse. Oltre alla Bibbia, perd, vi sono altre opere essenziali a cui Klein sembra fare, pit 0 meno obliquamente, riferimento tratta dell'Odissea di Omero e I’ Ulisse di Joyce (allo studio del quale si dedica per ben undici anni). Dal primo riprende non solo il concetto di epica rivisitandolo in chiave moderna, ‘ma anche idea del viaggio come percorso epistemologico la ‘cui meta finale ¢ anelata, dopo essersi garantiti la survivance {eoncetto peraltro caro alla letteratura canadese sin dalle sue ‘origini) grazie alla propria endurance e ingegnosita, la co- noscenza. Dal secondo, invece, recupera I"idea del mito, inteso © Erie Wiesel, “Foreword”. Henry James Cargas, A Christian Response fo the Holocaust, Meyer Stone & Co, New York 1990, p. II. % Si confront il mio soggio “Eehi delta Shoah nelle letterature di Tingua inglese’, in Traima ¢ Pyché. La feria del Novecento nella riflessione artistca efilosofca acura di Raffaella Di Castro, Irene Kajon, Lithos 2014. Eli Mandel, The Family Romance, Tumstone Press, Winnipeg. 1986, p. 117 ® ‘Si confronti Margaret Survival: A Thematic Guide to Canadian Literature. ‘Anansi Press Limited, Toronto 1972, in particolare il primo capitolo, “Survival”. XIX quale strumento con cui tentare di ricomporre il eaos e la fram- mentarieti della terra desolata® in cui 'uomo & vissuto, vive € continuera a vivere poiché egli «non é nato per un giomo, ima per sempre [...] 'uomo, essendo anche un seme, pud tra le sue cosce racchiudere leterniti»®. Se Leopold Bloom, leroe, © meglio antieroe, joyciano ben incama la crisi di valori che Fuomo del primo dopoguerra si trova a fronteggiare, il Melech Davidson di Klein, alla fine del suo articolato e tragico percor- so, riesce a rimettere insieme il suo «heap of broken images»", il proprio cumulo di immagini spezzate (egli infati fa parte di coloro «che sono risorti dalle segrete, i perseguitati nei sotter- Europa che si sono rialzati qui in Israelen™), per pro- porsi come uno dei ritratti pid riusciti di chi ha attraverso uno dei peri bui della storia moderna, Ecco allora che da un lato il testo afferma la consacrazione dell’artista che lotta all"interno di un contesto sociale in cui perd rimane ai margini come una sorta di eterno outsider, non- ché la sua inesorabile finitudine e quella della natura umana in generale che rimane vittima, ancor prima che di Dio, della propria incapaciti di mantenere sempre vivo, per dirla con la Arendt, il silenzioso dialogo che avviene tra se ¢ se stessi in grado di generare il pensiero che pud prevenire il male estremo. ® Si confront il saggio di TS. Eliot “Ulysses, Order and Myth", The Dia, LXXY, 5, November 1923, pp. 480-483. > 'Si veda la presente opera, p. 124 » TS. Eliot, The Waste Lond, introduzione, traduzione ¢ note a cura di Alessandro Serpieri, Rizzoli, Milano 1982, p. 76. ® Si veda la presente opera, p. 101 -.¢ domanda a un Talmudista cosa affligge la modestia del suo Keri a margine che Mosé e tutti i profeti non riescono a persuaderlo acitare il Ketiv testualmente. JOHN MILTON! RIBONO SHEL OLAM?: Questa é una canzone per Te, canterd Te — Te...Te...Te...Te | EMTZOEKO, V’AYEH LO EMTZOEKO Ti troverd? E dove sei che non Ti fai trovare? — Ovunque io vada ~ Tu! Qui o la- Tu! Tu! Nessun altro che Te! Ancora, Tu! E di nuovo, Tu! DI BERDICHEV’ Genesi Per molti anni mio padre — che possa dimorare in un Eden luminoso*! — non permise che il nome di quella persona venisse pronunciato in sua presenza. II solo approssimarsi di un’allu- sione a mio zio lo spingeva immediatamente a lisciarsi la barba con le nocche, in una maniera volutamente obliqua, minac- ciosa, ad aggrottare il sopracciglio in modo cupo e, infine, a impietrire il volto con un gelido sguardo semita’. Il tabu era riconosciuto e |’argomento lasciato cadere. Non che mio padre fosse per natura un uomo irascibile; era, di fatto, gentile, mite e molto propenso al perdono; ma su tale questione era irremovibile, tanto implacabile, tanto zelante nei confronti della Legge, quanto Pinechas |’entusiasta della Bibbia’. Non era necessario, diceva, che in casa sua, per grazia di Dio una casa ebraica, ci dovessero essere chiacchiere e pet- te i sul “rinnegato”, “quel destinato a una brutta fine” a famiglia c’erano nomi di maggior prestigio per piacevole la conversazione; non dovevamo ricor- reciso dell’ albero*; i bambini dovrebbero sintoniz- ¢ su discorsi piti consoni; e — che sia Dio a tti si chiudevano in un triste silenzio denso mia madre, che era solita rimuginare lo pil giovane e poi, scacciando inten- tristi, si sistemava il ciuffo di capelli 9 e si alzava per servire il té nj ognuno con fa sua Tuna galleggiante di limone ai. “Tnome di mio zio non era stato sempre cosi sgradito sotto il di mio padre. Ricordo bene come il suo nome avesse un importante, un ruolo incantatorio magico, durante |g parte della mia infanzia. Stavo cominciando a impara- letere dellalfabeto ebraico — il vecchio Tannenbaum, un 0 grassoccio ¢ ottantenne, la barba lunga fino al petto, maestro ~e ricordo come fosse sua abitudine, mentre ‘isegni delle vocali' — quelli sotto le lettere, similia che suggeriscono, quelli accanto alle lettere, incita- incoraggiarmi a procedere da ciascun ie a peecendn ripetutamente dei ‘che presiedeva alla mia lezione, di- Je monetine per le caramelle se foss snte manteneva la sua parola ri invisibili piovevano improvvisamen- tpiena di grandi lettere, mia madre “Oh, che possa essere come suo zio Melech, ma i racconti delle 0 nella nostra casa facendo Montreal, al nostro modesto de Ville, presero ad arrivare seritte con gli strani isette avev ano il collet- ‘lo yedevano protagonista, yeniva affermato che ave- del Talmud”, conosciute ito a domare alcuni della Legge potesse ergersi, tanto pitt che era impensabile che uno cosi giovane fosse effettivamente in grado di superare i saggi che avevano il doppio, il triplo o addirittura il quadruplo della sua eta; ma il fatto pid incontestabile era che i dotti pil venerandi, uomini cosi pieni di Torah come la melagrana di semi*', lo incoronaro- no spesso, sostenendo che egli era, come il suo nome Melech suggeriva, un re. Né il suo sapere lo rendeva, come avviene a molti ingegni sottili, meno pio. | seicentotredici precetti della Sacra Serittura, © perlomeno quelli che erano rimasti obbligatori e che era possibile osservare nelle terre della diaspora, con diligenza li ‘osservava; era scrupoloso nelle abluzioni rituali®; ¢ nelle pre- ghiere, una fiamma lambiva intensiti del fuoco divino. Non si interessava delle questioni mondane: € non ultima tra le sue preghiere era quella di non imparare a identificare i volti sulle monete. 1 miei genitori erano molto orgogliosi di lui. Costituiva un contrast consolante rispetto alla vita volgare rozza intomo a noi, dove gli atti di devozione venivano con stizione ¢ l'apprendimento vituperato come sventura; ¢ dove ali ebrei non si vergognavano di arricchirsi vendendo maia Je. Quest’ultima era una stoccata di mio padre nei confronti di suo cugino, uomo di pretese religiose ma che commercia- va maiale, e che mio padre si divertiva a imitare, mimandolo mentre toglieva un immaginario lombo di maiale dall’uncino, sbattendolo sulla carta da pacchi fino a inumidirla per poi ~e succo della beffa leccarsi le dita con entusia- smo... Cireondati da una tale incivilta, era un bene ricordare il giovane talmudista che onorava la Torah nella sua integri- ta, continuando una tradizione che risaliva all’epoca di Sura € Pumbeditha* e ancora e ancora pid indietro nel tempo per perdersi nello zigzagare e nei fulmini del Sinai Curioso di conoscere che aspetto avesse questo modello de- ‘gno della mia emulazione, un giorno domandai a mia madre se possedeva una foto di Zio® Melech. “Una foto!” mia madre era sconvolta. “Non sai che gli ebrei non ne fanno né si permet- tono di essere trasformati in immagine? Questo é il secondo 28 comandamento”. A Zio Melech non verrebbe mai in mente dj andare da un fotografo.” Mi sarei dovuto accontentare, aiutato dalla descrizione dei tratti che me ne fece, di immaginarmi | suo aspetto. Durante i decenni che seguirono, questo mi fornj un interessante passatempo, perché mentre gli anni passavano ¢ io stesso di anno in anno cambiavo, anche l’immagine di Zio Melech che illecitamente custodivo nella mia mente subiva le sue trasformazioni. Quando arrivd il primo segno che un ritocco della foto si sarebbe reso presto necessario, il motivo ci era ancora scono- sciuto. Avevo dieci anni, era la festa della gioia della Legge’, mio padre si trovava nella sinagoga quando la lettera di Zio Melech venne fatta cadere sulla nostra soglia dalla fessura per la posta. Mia madre, che non sapeva leggere — il suo rispet- to per l’erudizione, pensai spesso in seguito, derivava in gran parte da questo fatto — ansiosa di conoscere chi le scriveva da lontano, mi mandd immediatamente con la lettera da lui. La sinagoga era tutta illuminata, anche dove non si svolgeva nessuna funzione, Sui tavoli riservati allo studio c’erano libri sacri, alcuni dei quali ancora con ramoscelli di mirto tra le pa- gine, ultimi resti del rituale di Sukkot’, che adesso fungevano da segnalibri; ma al centro della sinagoga vicino all’almemar”? e davanti all’ Arca dell’Alleanza™, era tutto suoni ed eccitazio- ne. Il vino era stato bevuto e la Torah veniva festeggiata con canti e danze™. Come ogni anno, il vecchio Kuznetsov era gia ebbro fino all’estasi; con la barba storta, la carnagione smorta ora di un rosa acceso, le butterature ieratiche come il pane azzimo, dan- zava ~ un rotolo ricoperto di velluto tra le braccia — con un de- licato abbandono ultraterreno, mentre i suoi amici battevano i] tempo con le mani. II cantore continuava a intonare versetti per loccasione, mentre la congregazione rispondeva in antifona. Un anno di lettura della Legge si era concluso, un anno stava ricominciando, gli ultimi versi del Deuteronomio si congiun- gevano ai primi della Genesi, I’eterno cerchio proseguiva. In cerchio si svolgeva anche la danza, una gioia scritturale, con il 29 vino a rallegrare il cuore e la Torah che lo portava a delle vette che nessun vino forte avrebbe potuto fargli raggiungere. Mio padre, con una copia del Pentateuco davanti a sé, sta- va fermo a guardare il cerchio sacro, sorridendo. Non era un tipo espansivo, pensava che la gioia potesse essere espressa con mezzi pitt dignitosi del saltellare; un uomo accorto, pure, che non avrebbe potuto fare a meno di riflettere sul fatto che la maggior parte di quelli che al momento stavano festeggiando la Torah o non avevano visto la Torah per tutto l’anno 0, se I’a- vevano vista, l’avevano fatto con l’aria di conoscerla come il gallo sulla pagina della preghiera di Bnai Adam**. Nonostante tutto mio padre tollerava la loro allegria, sorridente e felice, felice di vedere la Torah onorata anche se solo per sentito dire. Gli mostrai la lettera. “Da parte di Zio Melech”, disse, “una bella lettera per Simchat Tora”. Ci ritirammo in un angolo pit appartato della sinagoga. Guardando oltre il suo gomito men- tre leggeva, vidi che un certo numero di parole sui fogli sot- tili erano state cancellate con cura, sebbene non in modo da renderle illeggibili, come se giacessero in delle piccole bare. Notai anche che, mentre leggeva, di pagina in pagina il suo umore cambiava. L’esaltazione di pochi minuti prima l’aveva abbandonato. Le narici si allargarono e presto il labbro inferio- re comincio a tremare. Le lacrime gli scesero lungo il volto, per essere catturate, luccicanti, dai peli della barba. Guardai su verso mio padre che non avevo mai visto piangere prima, e mai pit accadde tranne quella volta, due anni prima di morire, quando durante le festivita maggiori si uni alla preghie- ra: Non abbandonarmi ora che sono vecchio, non lasciarmi ora che le mie forze finiscono...* “Un pogrom*”, disse mio padre a voce bassa, “un pogrom a Ratno”. Quella notte mentre dal letto origliavo la conversazione tra mio padre e mia madre, conobbi i dettagli della lettera di Zio Melech — di come i soldati provenienti da Balachov, sorpas- sando i bolscevichi in fuga, erano entrati a Ratno e arruolando tra le loro truppe i contadini della regione — fino a ieri amici e aac ata aMMI u 0 iato e ucciso, 1 caratteri cee 27H amet dela Conver. micancellat sul I che nell’oscurita della camera Sazione, dai singer? oro. erano i. noiti di COl0r0 che giungevano fino af mio ee rabbino Heshel: Israel Meyer, lo fon 6 eran ein guo stesso coltello: NOStTO CUuging shochet™, assassinata CON Tila; entrambe le figlie di Braing, Aryeh Leib, figlio dyer ora — nomi che avevo sentitg ing del aus ecotalranere ora oa dalche ance spesso prima, [CB Ba muovevano come fantasmi intorno alla doto comico, che ora testiera del lee. os alcos’altro a cui non si pre. In quel ela note! it tone amare dt Zio Melech, =, sto attenzion’ dee yero che citava passi dalla Bibbia che inyj, inequivocabile. T narione, ma citava pure Geremia: Perche jg tay a ie prospera e vivono Iranquilli tutti disonesr™ ro ei viferimenti al massacro. Né furono pitt caratterizzate Ieerano sempre state, da argute allusioni o da un’origy come I epretazione della Ghemara””, o da una parabola o da rar mone. Iniziavano con un saluto formale & cerimoniosy cope averci assicurato che stava bene, domandava di noi e in quelle pit recenti, si informava sulla vita in Canada. Era chiaro che qualcosa di serio era accaduto, non solo nei quatro ubiti dell’ ambiente di mio zio, ma nella sua anima, Mio padre diseusse con mia madre ’eventualita di mandargli un biglieto per farlo venire a Montreal. Questo gesto richiedeva un sat ficio, visto che i loro risparmi erano esigui; mia madre fine di opporre tutti gli argomenti possibili contro tale Prodigalité, alla fine mio padre mando una lettera a Zio Melech in cui gi proponeva di pagargli il viaggio e di lasciare per sempre terra di Fonya Swine™. Non vi fu risposta a quella lettera. ; Circa un anno dopo, un sabato notte, si fermarono a cast 10- stra due strnieri appena giunti da Halifax, dove erano stare provenienti da Ratno via Liverpool. I loro abiti none a glio diverso dai nostri. Indossavano berretti. I loro vol vicini — avessero st pieni di rughe e mantennero sempre un’ quando mi accarezzarono la testa ¢ scoprii che avevano dei semi digirasole nelle tasche. Parlarono con grande e amara intensita’ Si trovavano a Ratno durante il pogrom. Era prima delle fe- stivita maggiori e tutti aspettavano Moccasione di ottenere da Dio, attraverso la preghiera, un anno nuovo felice ¢ prospero”. Poi arrivarono loro ~ le canaglie ubriache, affamate di diver- angue. Gli ebrei che poterono fuggirono all‘ira di Ivan, nascondendosi negli scantinati, nelle stalle, nel- la foresta, con l’acqua fino alle narici. Ma i vecchi, quelli privi di fant , gli indit ¢ i fiduciosi rimasero indietro ed é tra loro che scelsero le loro vittime. “Mio padre stesso fu impicea- to davanti ai miei occhi™ grido il pid: giovane dei due stranieri. “Conosco quegli uomini. Tornerd. Vendetta!” e scoppid in un pianto a dirotto. Contagioso. Delitto dopo delitto il pogrom ci venne ricostruito dai due stranieri fuori di sé dalla rabbia. Man mano che mio padre s*in- formava sui parenti ¢ i vecchi amici e gli stranieri riferivano se stavano bene o se erano tra coloro che avevano perso la vit Per Santificare il Nome, in casa mia si fece un raccapriccian- te censimento. Per assicurarsi che le lettere ricevute da Zio Melech fossero veramente sue e non di un qualche caro amico che voleva far credere che fosse vivo, per tranquillizzarsi su suo fratello, di cui non aveva notizie recenti, mia madre chiese di Melech Davidson. “11 Jlu®? Sapete qualcosa?” Dall’espressione sul volto di mia madre lo straniero che ave- va parlato comprese che stava mettendo il Esito e poi cered di cambiare argomento. “Sono sua sorella!” insistette “Me lo deve dire! Cosa nascon- dete? Ahime!” Incrocid le dita ¢ le piegd all’indietro, “Ahimé, che dolore! Anche lui? Ma abbiamo ricevuto delle lettere da Parte sua!” “No, no, assolutamente. i Hui, grazie a Dio, anch’egli ha ricevuto la sua porzione di disgrazi 10 nella piaga. sta bene. Ma ia. Potete im- {nun qualche modo tutta 1a mia infanzia & ; ia & evocata attrave episodio. Si veda la “Glossa Alef”, p. 107 mene wuss 2 maginare che razza di banditifossero quelli che ci hanno as. salito, Vostro fratello ebbe la chutzpah di intercedere per jy veechio rabbino Heshel; prego per i suoi capelli grigi, per Jy sua santita. “Vattene, cane!” gli gridd il comandante. “Paso von! Siete tutti balscevichi. Tutti gli ebrei sono bolscevich; Quando il giovane Melech insistette nella richiesta, sottoline. ando che i buoni ebrei non potevano essere bolscevichi, che il bolscevismo snaturava la nostra religione, che il rabbing Heshel era un vero santo che non si mischiava con le faccende terrene, Melech venne portato via ¢ frustato in pubblico per la sua impertinenza da ebreo. Ora si é ripreso. E stato male per tun po", ma adesso sta bene. Infatti, due settimane prima che prendessimo il treno per Ratno, ha lasciato la citta” “E non ci ha scritto nulla di questo, mio povero fratello! Mia corona caduta!!” All inizio ricevemmo solo notizie vaghe sulla destinazione di Zio Melech. Che si trastullasse con idea di lasciare Ratno Jo avevamo capito dalle sue domande sul Canada, ma che poi avrebbe fatto la scelta che fece per mio padre fu un fulmine a ciel sereno. Zio Melech si era unito ai bolscevichi! Per mio padre que- sto equivaleva a un’apostasia. Qui di nuovo devo riscattarlo da ‘quel che serve suo figlio; lui non era un fariseo che rimaneva sconvolto se qualeuno cambiava le proprie convinzioni politi- che (in verita non si trattava proprio di convinzioni politiche, visto che Zio Melech fu sempre un suddito apolitico dello Zar). Néera un uomo, mio padre, che trasaliva di fronte alla ribellio- ne; hui stesso si era ribellato contro i Romanoff’ — con la fuga. Ma il bolscevismo — Bolscevismo significava rinnegare il Nome. Le sue nozioni sulla filosofia marxista erano molto semplici. Qualche volta la domenica, quando ¢’era il supplemento, comprava il Jewish Daily Forward e leggeva con incredulita scetticismo gli at- coretici che quel giomale pubblicava. Invariabilmente lo lasciava cadere con un commento avvilito: “Hegel-bagel"! Questi uomini fomentano il caos!" Dal punto di vista de! buon senso la questione era semplicemente assurda. 3B La sua avversione per la dialettica, temo, derivava anche da una fonte non intellettuale: la gratitudine verso la terra che lo aveva adottato. Questa terra non gli aveva dato molto, princi- palmente perché lui non era uno che prendeva, ma gli aveva dato — questo non era un cliché per mio padre ~ la liberta. Ogni volta che a un suo compatriota di Ratno veniva in mente di raggiungere il Canada ¢ il suo capitalismo, mio padre tirs va fuori una moneta dalla tasca e indicava 1 magine incisa sopra: “Vedi quest”uomo, @ Re Giorgio V”. Assomiglia allo Zar Nicola II. Sono cugini. Hanno la stessa barba. Si assomi- gliano. Ma Puno sta all’altro come i! giorno alla notte. Nicola potrebbe essere una kapora® per lui. Dopo di lui non potre- sti nemmeno sussurrare un lamento contro questo paese!” Questo patriottismo, bisogna ammetterlo, era essenzialmente pragmatico; non raggiunse mai il fervore del suo amico ca- nadese Cohen l’ebanista; il Cohen che aveva scolpito i feroci leoni a guardia e sostegno del Decalogo di fronte all’Arca dell’Alleanza nel Chevra Thillim*; il bellicoso Cohen che portava sempre addosso la bandiera britannica bordata con gl ‘ir® e che, alla minima provocazione, minacciava di combattere di nuovo la guerra sudafricana; nonostante tutto si trattava di una lealta ben radicata, era uno che non si faceva impressionare facilmente da un pilput ¢ che traeva tutti i suoi esempi non dal Canada ma dalla Russia che aveva ab- bandonato. In quella Russia, conveniva, era giunto il momento per lo Zar ¢ i suoi accoliti di fare una brutta fine’. Ma il bolscevismo — quello aveva delle conseguenze che erano un vero anatema. Presto le malelingue cominciarono a far arrivare a mio padre i dettagli pit: tremendi della conversione di Zio Melech. Zi Melech, riportavano, si era rasato la barba. Zio Melech, affer- mavano, faceva parte della cavalleria russa; un pettegolezzo fantasioso si spinse oltre fino a sostenere che aveva fatto con i filatteri parte dei finimenti per il suo cavallo. Zio Melech, si mormorava, mangiava maiale. Non rispettava lo Shabbat. Era diventato commissario ed era particolarmente attivo con gli ze- loti della Societa dei Senza Dio. a ae u va aifendere il compertamento del, in madre Prov passato, diceva, aveva allterato jl sy, ttl quell hee Tuna prova del genere! Ma ery, gi Dio pent laf, sche 1 SUOH ATEOMEnt; so, difest iano che altre persone erano state testimoy; confutaili Era cl jevano voltato le spalle alla pry. ce tuttavia non avs oltre, erano ‘morti, mentre Zio Melech sign, era Fuomo per mettere jn i di lui. Ma con il trascorrere deg Aca ap i atingere alle font comet anni non eb Poni potevo apprendere le ultime notizig peed! Ramo che ora viveva a Montreal, che incontra. Yo durante le festivita ¢ i funerali. A quel tempo frequentayg Tonivertied er stato condizionato a vedere i marxismo con la massima imparzialiti del non adepto, cosicché i resocon sulla cariera di Zio Melech allinterno del Partito Comunista ron solo non mi infastidivano ma addirittura mi riempivano ai orpoaio segrto. Da questi racconti, che mi vennero fat tra la fine degli anni venti ¢ V'inizio degli anni trenta, mi creai una nuova immagine dello zio che insieme agli angeli aveva aleggiato, invisibile e benaugurante, sulle mie lezioni di ebrai- co, Era una strana metamorfosi, quella da dotto del Talmud, sillogizante i passato, a studente moscovita che cospira per i futuro del mondo. E vero che Zio Melech non raggiunse mai cariche elevate nella burocrazia comunista — il suo passato re- ligioso gli era contro ~ ma le sue qualita, sia linguistiche che polemiche, furono subito riconosciute e apprezzate. Frequentd, alla fine degli anni venti, varie scuole a Mosca, poi diventd il Compegno Krul, Pautorité intemazionale sulla decadenza della aoe Nel corso di quegli anni ovviamente non Panes io Sue letter, sent di tie delle sue imprese solo due “prima in occasione della pubblicazione in inglese di un Suo saggio dialetico, e ancora quando lessi un to sullo Sclopero che aveva organizzato tra li impienati dette Progea di li impiegati della Borsa di Varsavia, dove riusei ole una setimane Cosa le transazioni delle merci pet _ 35 gio a interessarmi veramente, perché costi- tiv notevole esempio di cosa accade quando Ia disciplina maudica viene applicata alla prassi letteraria o rivoluzionari treazioni di Krul dalle opere europee avevano Heccunier ve trum certo senso la qualita di una concordanza ¢ la sua dia Fettica aveva Veterea e trascendente sottigliezza del pilpul dei remmentatori delle chiose del Talmud, Nel suo caso, era un cemtinuo alterarsi di fragore profetico ¢ pedante legalismo; spesso passava alla parodia, tuttavia si rimaneva stupiti sia Gallesattezza della parola insostituibile, sia dall'audacia dei voli della fantasia ; Linvasione tedesca della Polonia lo bloced a Kamenets, non Jontano da Ratno, dove fu avvolto dal gran fumo che nei sei anni successivi avvolse gli ebrei d’Europa—nuvole di giorno, colonne di fuoco di notte. ‘Tuttavia fu il sags Esodo Da ragazzino, con le consolazioni e le profezie di Isaia di- nanzi a me, nella tetra scuola ebraica facevo il sogno apoca- littico di un nuovo Sion e immaginavo sempre che accadesse questo: prima di tutto sentivo il boato e il tuono della battaglia di Gog e Magog”; poi, al calar del silenzio, vedevo attraverso Vocchio della mente l’intera linea dell’orizzonte oscurata da una grande nuvola nera. Questa cominciava poi a diradarsi, a ridursi, a dissolversi fino a che si rivelava lo splendore di una cupola rilucente — Hierosolima® dorata! Poi scendeva sempre pit in basso e una lieve brezza la disperdeva, |’orizzonte si rischiarava e davanti a me si stagliava un paesaggio ondulato e inondato dal sole. La visione che avevo da bambino, senza dubbio il risultato di un discutibile amalgama di Hollywood e Sacre Scritture, si era certamente avverata; tuttavia non in tutti i suoi dettagli e particolari. Il cataclisma della guerra era li, il fumo, il fragore e il cozzar della battaglia; ma nessuna cupola d’oro. Quel che si doveva vedere invece nel quinto giorno di yiar’! era un’adu- nata di uomini fin qui indistinti, anonimi come quelli di Bnei Brak*?, che avevano anche loro trascorso una notte discutendo i miracoli dell’esodo, dopo essersi incontrati in luoghi modesti, in una citta che quarant’anni prima non esisteva neppure né aveva un nome®, per annunciare al mondo a nome di un popolo per il quale fino ad allora non erano altro che noms de plume, 38 a malapena noms de guerre, che d’ora in avanti nei domini dej loro antenati, annullando ogni iato, intendevano essere, al di la della sovranita del Re dei Re, sovrani. La mia vita era, ed é, legata al paese scelto da mio padre, i] Canada; ma questa sagacia, proveniente, com’era, da quell’an- golo di mondo che sempre mi fu il pit: caro tra le sanguinanti stigmate dell’atlante, la Palestina la cui geografia conoscevo come le mie mani, mi riempiva di orgoglio, di esaltazione, di un afflato odoroso del regale respiro di Salomone™. Mi sem- brava di sognare. Io, sicuramente, non ero stato in schiaviti; ma quando il Signore ci fece tornare a Sion, mi sembro di sognare®>. Il mio sognare assunse I’autenticita del sogno quando un anno dopo Ia Fondazione® l’editore mi invitd a intraprender- vi, per mio vantaggio spirituale e per suo profitto, un pelle- grinaggio. Sarebbe stata una buona idea, pensava, se in quelle circostanze storiche avessi curato, dopo un soggiorno in quel paese, un volume di traduzioni delle poesie e dei canti dei nuo- vi bardi*” d’Israele. Mi lusingava dicendomi che ero I’unico in grado di svolgere un compito cosi arduo, io “le cui traduzioni dall’ebraico erano universalmente note” — stava gia scrivendo la bandella — “dalle opere dei cinguettanti ibns** dell’ eta dell’o- ro spagnola alle pie strofe di Elisheva*’ la convertita”. I suoi argomenti e le lusinghe erano superflui; qualunque fosse stato il motivo ero pronto a partire. Cominciarono, allora, i frenetici preparativi, le visite ai con- solati, le blandizie ai burocrati degli uffici per gli seambi con lestero e la resa incondizionata agli aghi dei dottori. Devi sof- frire per guadagnarti Gerusalemme®. Fui scarificato, di con- seguenza, contro il vaiolo, mi fecero I’iniezione contro il tifo, l’ipodermica per il tetano, la puntura per la febbre tifoidea e la siringa per il colera; avevo ferite e lividi, piaghe purulente, che non si erano rimarginate né erano state bendate o lenite con qualche pomata'. I] mondo, dicono le vecchie liturgie, é pieno di “bestie feroci in agguato”®; queste, pensavano i miei me- dici, non includevano soltanto quelle fameliche della foresta, comune timore di chi viaggia, ma anche i minuscoli distruttori 39 presenti nell’aria: germi, virus, microbi; per evitare d’incon- trarli mi ricamarono sulle braccia le preghiere profilattiche da loro prescritte. Il mio itinerario era stato gia stabilito: dovevo volare da New York, via Parigi e Roma, a Lod; sul passaporto venne apposto il visto: gli era stato attribuito il numero 9 nei regi- stri del Consolato d’Israele a Montreal — ero del primo mi- nian® — quando arrivo sulla mia scrivania una grossa e pe- sante busta timbrata. Ovviamente era stata spedita al vecchio indirizzo di Avenue de |’Hétel de Ville, che avevamo lasciato circa vent’anni prima ed era piena di note scarabocchiate che attestavano che I’ufficio postale aveva giocato a moscacieca prima di scoprire per caso il mio attuale recapito. L’indirizzo del mittente indicava Bari, Italia, ed era di Melech Davidson, senza l’attributo di Signor — Zio Melech. Era come una voce che proveniva dall’aldila’. Con impazien- za strappai la busta per aprirla e cominciai a leggere la lettera. Non dovetti andare troppo avanti per rendermi conto che quel- lo che scriveva non era lo Zio Melech delle mie ultime fantasie, l’assediato paladino della rivoluzione. Persino nelle frasi ini- ziali, dove mi aspettavo di trovare l’appellativo compagno, no- tai il distacco dal gergo marxista. Zio Melech era invece torna- to allo stile epistolare che aveva nel periodo talmudico e si era rivolto a mia madre, sua sorella, come alla “donna virtuosa il cui valore é pill prezioso dei rubini”™ e a mio padre come al- I’“affilata lama della giurisprudenza, conoscitore della Legge, potente martello della Torah”. La data l’aveva annotata “con Paiuto di Dio” come “la luna nuova di tammuz®, cinquemila- settecentonove, che per tutti gli altri corrisponde al 1949”. Mi venne in mente, mentre leggevo la lettera, I’attenzio- ne con cui mio padre aveva vagliato le ultime notizie di Zio Melech e non potei trattenere le lacrime che minacciavano di confondermi la vista. Mio padre era passato a miglior vita mol- Avevo avuto una premonizione perché, poco tempo prima di ricevere questa lettera, avevo composto |’Elegia per il mio parente. Si veda la “Glossa Bet”, p. 11.

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