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INVENZIONE ED EVOLUZIONE DEL PIANOFORTE U'invenzione del pianoforte si attesta intorno al 1700, anno in cui si trova traccia di questo strumento (arpicimbalo) nell'inventario dei beni del granprincipe Fernando, alla corte di Firenze. Inventore del suddetto strumento era il padovano Bartolomeo Cristofori (1655-1731), cembalaro al servizio della corte fiorentina de’ Medici. Da questa premessa, si arguisce che il Cristofori lavoro al nuovo strumento gia dalla fine del ‘600, ma le testimonianze si aggirano dapprima intorno al 1700, come detto, ¢ successivamente al 1711, quando Scipione Maffei pubblicd sul Giornale de’ Letterati d'Italia un articolo circa l’invenzione del Cristofori, in cui si evidenziava che il padavano nel 1709 aveva gia costruito tre pianoforti. Torneremo successivamente sull’'argomento, per tracciare, almeno a grandi linee, I'evoluzione che subi il pianoforte dall’invenzione di Cristofori fino al pianoforte moderno. E facendo un Passo indietro, cercheremo di capire le cause e le esigenze che hanno portato all’invenzione del pianoforte. Come tutti sappiamo, lantenato del pianoforte fu il clavicembalo o per alcune scuole di pensiero il clavicordo (strumento con caratteristiche di volume sonoro inferiori a quelle del clavicembalo, ma dotato di una maggiore sensibilita al tocco). Nel clavicembalo le corde venivano pizzicate da i salterelli azionati dai tasi, mentre nel clavicordo, il tasto era collegato alla cosiddetta tangente, che era una lamina metallica che percuoteva la corda. II clavicembalo, che gia nel ‘600, ma ancor pit nel ‘700 aveva raggiunto I’apice della sua costruzione meccanica e che era lo strumenty @ tastiera d’elezione per quanto riguardava la funzione di basso continuo in orchestra, non presentava caratteristiche espressive, rispetto agli strumenti ad arco né tantomeno rispetto alla vace umana, in un‘epora in cui si affermava il melodramma. Persino il clavicembalo a due manuali, cioé con Vinserimento di una seconda tastiera, non risolveva tI problema; la presenza delle due tastiere garantiva in un certo senso la differenziazione tra il piano e il forte, ma creava solamente contrasti dinamici a terrazza con botte e risposte in piano ¢ forte e Ignorava gli effetti del crescendo e del diminuendo. Da cid é facilmente comprensibile che i limiti del clavicembalo fossero di natura squisitamente espressiva e non solo per la mancanza effettiva di una dinamica (crescendo/diminuendo), ma anche per la brevila o mancata tenuta dei suoni, aspetto controbilancialo dalla creazione degli abbellimenti. Bartolomeo Cristofori aveva essenzialmente trasformata il clavicembalo, strumento a pizzico, in un nuovo strumento che, grazie alla percussione delle corde tramite martelletti, potesse appagare le pil innovative esigenze artistiche. la meccanica del nuovo pianoforte é caratterizzata da un principio rimasto invariato nell’evoluzione dello strumento: il martlilctto non é fissato all’/estremita del tasto, ma ne & indipendente. Il tasto agisce direttamente su una leva a bilancia che, da una parte aziona il martelletto e lo direziona verso la corda, e dall’altra stacca lo smorzatare corrispondente alla corda, per consentire a quest’ultima di vibrare liberamente. Cessata l’azione del tastu, lo smorzatore ritorna nella sua Posizione iniziale, spegnendo la vibrazione; e il martelletto, abbandonata la corda, ricade. Questo meccanismo, presente nel primo tipa di strumenti del Cristofori, fu successivamente perfezionato. Nel timore che il martelletto dopo la percussione potesse Indugiare, anche se di pochissimo sulla corda, Cristofori interpose tra la leva e il martello uno “spingitore”, definito linguetta mobile, che trasmetteva si Vimpulso della leva al martello ma, dotato di una molla, ritornava immediatamente al posto. In questo modo il martelletto, che intanto avevo percosso la corda, si trovava senza appoggio e la gravita lo riportava in posizione di riposo. Questa cangegna, chiamato scappamento, @ una delle caratteristiche fondamentali del pianoforte moderno. Quantu descritto finora & presente nelle tavole annesse all‘articolo pubblicato dal marchese Maffei, ed @ importante conoscere questo particolare per ricollegarlo all’apera di Gottfried Silbermann, altro costruttore di pianoforti. I Silbermann, del quale parleremo in seguito, aveva Infatti letto il citato articolo del Maffei e sicuramente aveva basato la sua meccanica su quella del Cristofori. Per ritornare brevemente a quest’ultimo, dobbiamo ricordare che egli produsse ancora altre migliorie alla meccanica del pianoforte; su tutte va menzionata |'applicazione di un “freno” al martelletto, chiamato dal suo autore paramartello, che rallentava la caduta del martelletto dapo la percussione. Con quest’ultima innovazione, si pud affermare che sullo strumento di Cristofori ci fossero tulti gli elermenti che saranno presenti nel pianoforte moderno, e che da quel momento si poté awiare un processo di perfezionamento del sistema. Dopo la morte del Cristofori, a Firenze la suia attivita fu portata avanti per qualche anno dal suo allievo Giovanni Ferrini; quest’ultimo va annoverato per la costruzione di uno strumento a due tastiere che combina la meccanica del pianoforte (tastiera superiore) e del clavicembalo (tastiera 1 3 inferiore). Un altro italiano ad avere sperimentato la costruzione di pianoforti fu il toscano Domenico Del Mela, autore del primo pianoforte a coda verticale oggi conosciuto. La definizione a “coda verticale” non vi tragga in inganno, perché la coda é posizionata appunto in verticale anziché in orizzontale. Salvato il primato dell'Italia sull'invenzione del pianoforte, sebbene proprio in Italia nei primi anni questo strumento non ebbe nessuna fortuna, passiamo in breve rassegra Vevoluzione dello stesso per merito di altri costruttori. Essi in un primo tempo operarono essenzialmente in Germania. A parte i clavicembali a martelli di Christoph Gottlieb Schroter, che non incontrarono nessuna approvazione, convicne puntare l’attenzione su Gottfried Silbermann, grande costruttore di planoforti. | primi strumenti di quest’ ultimo che, come gia detto, aveva letto I’articolo del Maffei ed era quindi a conoscenza della meccanica del pianoforte di Cristofori, hanno meccaniche pressoché identiche a quelle di Cristofori e Ferrini. Silbermann, intorno al 1733 u 1736, presentd questi suol primi Planoforti a Bach, i! quale non li apprezzo, criticandone la debolezza dei suoni acutie la pesantezza della tastiera. Silbermann in virti: di questa incontro apportad le modifiche necessarie al complesso meccanico del pianoforte e in un secondo incontro con Bach, fu ludato dal grande musicista per i risultati ottenuti. | pianoforti di Silbermann, oltre ad avere una cassa pili robusta rispetto a quelli italiani e un’estensione pil vasta della tastiera, presentano delle novita che ci fanno pensare alle prime forme di pedale, comunque assenti negli strumenti di Cristoforl. Innanzitutto la tastiera pud essere fatta scivolare lateralmente per la trasposizione di un semitono al grave e per il registro dell’una corda. Poi sano presenti due dispositivi di mutazione timbrica, azionati da leve metalliche che sporgono dal listello frontale sopra la Lastiera. La prima leva avvicina alle corde linguette di avorio che producono un suono metallico vagamente affine a quello del clavicembalo, la seconda (elementa importante) consente il sollevamento contemporanco di tutti gli smorzatori (una sorta di antenato del pedale di risonanza). Quest‘ultimo elemento era molto apprezzato da Carl Philip Emanuel Bach. E innegabile tuttavia che un siffatto congegno, che allontanava le mani dalla tastiera nel momento in cui dovesse essere attivato o disattivato, lo rendeva assai diverso dal moderno pedale di risonanza. Probabilmente veniva usato per intere sezioni di una composizione al fine di ricordare il suono del pantalon, o pantaleon, un grosso salterio molto amato in area germanica nella prima meta del 1700. In ogni caso queste operazioni maccaniche del Silbermann non erano destinale @ essere casi isolati; infatti in area germanica, tra il 1750 e il 1780, nacquero diversi tipi di pianoforte, caratterizzati dalla presenza di vari dispasitivi (leve manuali, ginocchiere) in grado di modificare la timbrica e addirittura 2 4 imitare il suono di altri strumenti. Uno dei casi pit eclatanti fu il mechanischen Clavier- Flugel di Johann Peter Milchmeyer. Questo strumento combinava un clavicembalo a due tastiere e un pianotorte, ed era in grado di imitare vari strumenti musical, tra cui l'arpa, il liuto, il fagotto. il clarinetto, la viola da gamba, Gli strumenti dotati di un numero assortito di dispositivi di mutazione timbrica erano, come dicevamu, diffusi in aree soggette all'influenza culturale tedesca, compresa ‘Italia; dove non mancarono costruttori che si erano cimentati sulla costruzione di questo tipo di pianoforte. A tal Proposita @ utile ricordare il palermitano Antonino Riela, che cred un “gravicembalo a martellini”, che era in grado di Imitare cembalo, salterio, arpone e arpetta. Va anche mezionato il cembalaro Paolo Morellati, che negli stessi anni aveva costruito un Pianoforte dotato di 12 mutazioni timbriche. La scuola di Silbermann doveva sfociare pid tardi nel talento di un altro grande costruttore di planoforti: Johann Andreas Stein. Gli strumenti costruiti da quest’ultimo erano molto apprezzati da Mozart e dal giovane Beethoven e, pur presentando delle analogie con quelli del filone Cristofori-Silbermann, avevano elementi diversi, Innanzitutto il materiale con cui erano fatti i martellett! (che in un primo tempo avevano la testa costituita da un rotolino di carta sormontato da un pezzetto di pelle, come nei pianoforti di Cristofori), furono definitivamente costruiti con teste di legno solido e rivestite da un sottile strato di pelle. Vi é inoltre l'assenza del paramartello e la meccanica in generale é piu leggera, anche per I'azione diretta del tasto sul martelletto. Possiamo affermare che gli ultimi modelli di Stein, sebbene perfezionati da altri costruttori austriaci, rappresentano il prototipo di pianoforte con la meccanica cosiddetta “vienmese” che in quegii anni sl contrapponeva alla meccanica “inglese”. Parallelamente alla fervida attivita costruttiva tedesca, anche in Inghilterra nascevano fabbriche di pianoforti. Johannes Zumpe, originario di Firth, emigrando a Londra intorno alla meta del 1700, fu i! primo a intraprendere su larga scala la fabbricazione del pianoforte in Inghilterra. Sostanzialmente Zumpe costrui un tipo di pianoforte a tavolino, molto semplice nella meccanica e piuttosto lontano dal modello sofisticato della scuala Cristofo! ermann. Non si hanno notizie certe sulla conoscenza dei pianoforti di Cristofori o Silbermann da parte dello Zumpe (é probabile che egli sia stato influenzato dalla meccanica semplificata di qualche costruttore tedesco); fatto sta che si dichiaro Vinventore dello strumento da lui prodotto. Detto strumento, ebbe una larghissima diffusione: sla per le dimensioni contenute; sia per la semplicita della meccanica, che aveva bisogno di scarsa manutenzione; non ultimo per il prezzo contenuto. II grande successo dei pianoforti a tavolo spinse alcuni costruttori attivi in Gran Bretagna alla costruzione di strumenti a coda. é il caso di Americus Backers, che custrul dei pianoforti 3 5 non lantani meccanicamente dal modello Cristofori-Silbermann. E interessante sapere che in uno strumento di Backers, oggi unico pianoforte a coda inglese superstite, sono presenti due pedali; uno per I’una corda e Ialtro per il sollevamento degli smorzatori. Ma solo per mezzo di John Broadwood si giunge all’apice della cnstruziane di pianoforti in Inghiltcrra. Furono due le innovazioni tecnologiche di straordinaria importanza introdotte dal Broadwood: l’equalizzazione delle corde e la costruzione del ponticello sulla tavola in parti separate. Egli riusci da una parte a creare corde di pari lunghezza, e ottenere dallo strumento una migliore intonaziong; dall’altra, grazie al ponticello diviso, riusci a creare un equilibrio tra le lunghezze delle corde dei bassi, medi e acuti. In terra francese I'interesse verso il nuovo strumento fu piuttosto scarso, almeno fino agli anni 70 del 1700. E proprio in quel periodo comincid a farsi strada, a Parigi, Sebastien Erard, fe cui invenzioni segnarono ura svolta decisiva per la tecnologia del moderno pianoforte. Gia dal 1781 i pianoforti di Erard erano dotati del pedale che consentiva il sollevamento di tutti gli smorzi (pedale di risonanza) e presentavano un tipo di meccanica definita a double pilote. Quest’ultima consentiva di amplificare la forza esercitata sui tasti e di ottenere una migliore risposta nei ribattuti e una maggiore potenza di suono. Dopo qualche anno Erard introdusse altre sostanziali innovazioni alla meccanica, definita mecanique a etrier_che, awvicinando il martelletto alla corda, consentiva una migliore risposta al tocco. Ma |’invenzione che gli avrebbe permesso di effettuare un notevole balzo in avanti, creando uno dei parametri de! pianoforte moderno, fu quella della doppia ripetizione o doppio scappamento. Tramite questo espediente applicato alla meccanica del pianoforte, che evita l'immediata ricaduta del martelletto verso la sua posizione iniziale, si consente al martelletto di raggiungere pil rapidamente le corde in caso di note ribattute. In quegli stessi anni un altro costruttore cominciava a fare strada nella capitale francese; si tratta del compositore austriaco Ignaz Pleyel, allievo del grande Haydn e musicista di fama internaziinale. Ignaz (che francesizzo il proprio nome in Ignace) produsse dei pianoforti a tavolo, dotati di una mecanique a double pilote, del tutto simili a quelli di Erard. Ma fu il figlio Camille il vero innovatorc della famiglia Pleycl. Le esperienze musicali di Camille, che aveva studiato composizione con Dussek e intrapreso una promettente carriera pianistica (fu molto amico di Chopin), lo spinsero a continue sperimentazioni ¢ lo portarono a sviluppare una personalissima estetica del suono. Ferma fu la sua aversione al meccanismo a doppio scappamento di Erard che costituiva una vera e propria barriera di meccanismi e leve, e cid, secondo Camille, a scapito della immediatezza di azione delle dita dell’esecutore sulle corde. II risultato delle ricerche di Camille fu dunque una meccanica derivata dai modelli inglesi, di cui aveva la 4 6 potenza, garantendo perd una sensibilita al tocco pit vicina a quella delle meccaniche viennesi. Camille Pleyel sperimento continuamente nuovi materiali e nuove tecniche costruttive dei martelletti. Se molti costruttori in Francia avevano gia abbandonato I’uso della pelle in favore del feltro, Camille in principio prosegui adoperando il vecchio materiale; tuttavia effettud anche diversi esperimenti sull’use del feltro. La caratteristica dei nuovi martelli era comunque quella di presentare maggiore compattezza e resistenza verso il centro e morbidezza all’esterno. In generale, i martelletti dei pianoforti Pleyel sono abbastanza grandi rispetto alla massa delle corde. Questa scelta consente di ottenere suoni pil pieni e rotondi, ma comporta ta necessita di non imprimere troppa forza sui tasti. | suddetti martelletti erano molto diversi da quelli di Erard, che Presentavano dimensioni pill ridotte, uno strato di feltro csterno pit: compatto; In grado di produrre, quindi, un suono plu brillante e dal colore pi! uniforme. i Pleyel va ricordata l'invenzione del pianino, una sorta di pianoforte verticale, destinato a soppiantare il pianoforte a tavolo quale strumento domestico. Awiandoci alla conclusione, tracciamo brevemente il percorso di quello che storicamente doveva essere il maggiore costruttore di pianoforti dalla meta dell’800 fino ai nostri giorni: Steinway. Nel 1849 la famiglia di Heinrich Steinweg emigrd negli Stati Uniti e poco dopo fond la propria fabbrica e anglicizzd il proprio nome in Steinway. Nel 1859 Henry Steinway (unw dei figli di Heinrich) deposito il brevetto per una nuova invenzione, l’over striging layout for the grand piano ossia la costruzione della cordiera realizzata in un unico blocco di ghisa, con corde incrociate su duc piani sovrapponibili, che ritroviamo nei pianoforti a coda modernl. Se fino a quel momento i pianoforti presentavano corde montate longitudinalmente, la nuova disposizione delle corde nei pianoforti Steinway consentiva di ottenere un suono pili pastoso e uniforme. Di certo i nuovi strumenti puntavano a una maggiore potenza di suunu, oltenuta attraverso una cassa pil grande su cui erano montate corde pili tese. Gli Steinway imposero una nuova estetica del suono, quella che avrebhe favorita Ia sviluppo di nuovi linguaggi e reso possibili aloni sonori che hanno caratterizzato molta letteratura pianistica dei decenni successivi. La meccanica utilizzata da Steinway fu sostanzialmente un perfezionamento del meccanismo a doppio scappamento di Erard. Nel 1872 Steinway (in questo caso Theodore) brevettd un’altra importante invenzione: il cosiddetto sistema duplex scale, che conscntiva alle parti mute della corda, ossia quelle che stanno sul ponticello, di vibrare per simpatia quando la corda é percossa dal martelletto. Nel 1874 Albert Steinway brevettd un altro dispositivo, destinato a essere presente nel pianoforte moderno: il pedale tonale. Gli esperimenti degli Stenway in quel periodo furono molteplici, ma l’invenzione se non pil importante s ¥ certamente pili celebre fu il cupola iron frame, cio’ un pili robusto telaio di ghisa, capace di reggere una trazione dl trentacinque tonneliate a fronte delle sedici sostenute dai telai precedentemente prodotti.

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