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LA SCACCHIERA DAVANTI ALLO SPECCHIO 4 A Miro Cepitco peine EPOCA DI QUESTO RACCONTO Non sono mai rinacito a imparare a giocate @ scacchi. Gli scacchisti appassionati dicune che questa @ una mancanza grave, Dicono: «Chi non sa giocare a scac- chi non sa ragionare, chi non sa ragionate non sa ct- varsela nelle difficolta della vita, chi non sa cavarsela un uomo da nulla, destinato alla misetia, eccetera > Ma c’® qualcuno di quegli scacchisti appassionati ‘he mi yuol bene. E allora non pud rassegnarsi ch’io toa sappia giocste a scacchi, e tenta d'insegnarmi. Poi ¢hé io non impato, si addolora, e mi dice: «Non riesco a capire perché mai t, che in fondo sei tna persona ragionevole e sai cavartela ¢ non sei un ‘vome da nulla, non sepia giocare # scacchi. Pare che ali scacchi ti facciano suggezione. » To non gli rispondo, ma so che senza accorgersene a detto giusto: gli scacchi mi fanno suggerione, Perché una volta (@ venuto il momento di raccon- taro) tna volta, una sola, nelia is vita, anche senza siocare, ho avuto una Iunga e complicata faccensla con Im gioco di scacchi, Fu quando avevo otto anni Eta dunque parecchi, anzi molti, anni fa. Quanti? I miei lettori, se ci tengono, possono fare facilmente conto: basta scrivere la mia eta presente, metterci fox il numero 8, e fare Ia sottrazione. Ne risuiterh che etd di otto anni io V'evevo pa ecchi anni prima che scoppissse la guerra europea. E Ne 20 Masstmo Bontempell ‘questo 2 quanto basta. Di qualungue fatto si parli Pim- portante & sapere se avvenne prima della guerra, op- pure dopo. TI pit o il meno non conta. Capito secondo SPIEGAZIONE DEL TITOLO ‘Awenne dungue un giorno, prin della guerra euro- pet ~ © pressamente quando ayevo otto anni ~ av- ‘ene che per punizione fui chiuso, solo, in una stanza inutile raccontaze. perché mi avessero chiuso in quella stanza, tanto pit che non lo ricordo. Sono in- cidenti che possono accadere a tutti quelli che hanno ‘oxo anni, Qualche volta aceadono anche in ett molto maggiore, e allora il fanto & pit grave. Quella volts il fatto non era grave, tant’® vero che non ricordo perché mi_avessero condannato a quella teeusione; Je quale diciamolo sbbize, non duré che un'ora'o dve. Chiudendomi_in quella stanza mi disero: €E non uscirai di qui fin che non veniamo ad pric.» (lo. pensai “B naturale: se n0n vengono ad'aprirmi, come fa cio a uscire di qui?”) Mi dissero ancora: «Su? attento a quello speechio, che non da rompere. » Nella stanza cera un grande specchio, appeso a una parete © poggiato con la comice inferiore sopta il piano di un eaminetto. (Anche questa seconda Taco mandezione mi parve superfiua, perché tutti. anche « otto anni, sanno che gif speechi non sono fatti per romper) i fu una terea ¢ ultima ingiunlone, e fu Ia se OTE non tccare ela sachin.» a eachiera avant elo specchio ai Infatti sul piano del gid ricordato caminetio cere una scarchiera con su titi { suoi pezzi, i bianchi e i neti, disposti nelle relative caselle: trentadue pezzi, perché, chi non lo sapesse, i pezxi degli scacthi sono ‘wentadue, come i denti dell'uomo, Essendo possta sul piano del caminetio, le detta seacchiera veniva a srovarsi davanti allo’ specchi Ed ecco spiegata git fin dal secondo capitolo, la ione del titolo di questo racconto, Gigolo to0 INVENTARIO DELLA STANZA Appena fui solo nella stanza, m’affacciai alla finestra ‘Ma di Ia non si vedeva niente d'inseressance: cra ui via piuttosto stretca, ¢ in faccia un tmuro bigio, senza finestre, senza cartelloni, avvisi teatrali, niente, Chiusi la finestra. E andai verso lo specchio, il famoso spec chio da non rompere. Ma non aztivave a vedermicis mi tnaneava ancora qualche anno, Me ne scostai, sempre tenendovi fissi gli occhi, fino ad andarmi ad appog are con le spalle alla parete di contto, Ma neppure 4 1a riuseivo 4 vedermi nello specchio, neppure alzan- domi in punta di piedi, perché il caminetto era pie ‘osto alto, € io piuttosto besso, Quanto allo specchio, esso era un po’ veechio, ver. dognolo. Vi si riflétteva, naturalmente, la parete su cui jo ero appoggiato, Era, come tutta la stanza, tappez- ata dazaurro. Esa non cera nulla, Ripensandoci. non riesco a ricordare che in tutta ‘ik Stanza vi fosse niente altro che i seguenti ogseti lo specchio, la scacchiera, Mi domando s= non cera almeno una tedia. Forse era, ma mon me ne ricordo. Non riesco ciot a ri mm Messeto Bontempall cordarmi se prima dellavyentura che: segul -:¢-che racconterd puntualmente ~ io.stessi in piedi, o seduto, ‘0 un po! seduto ¢ un po’ in piedi. Oggi ci farei caso; ma quando. si hanno otto anni stare in piedi o.stare seduti fa perfettamente Io stesso. Capitolo quxto : PRIMA STRAMBERIA Eccoci dungue in tre, come ho detto: 1o spocehio, Ia seacchiera To guardavo Jo ‘specchio, lo specchio rifletteva I scacchiera Ho gia detto che lo’ specchio era vecchio « leager mente verdognolo, lo ostervai stibito che i pezzi della scdechiera tflesi nello specchio crano, tanto i bianchi quanto i neti, pit pallidi di-quelli veri, © c6n i com- tora meno nitidi, quasi sfimati: anzi fissandoli un po’ 1 Tungo, Ia dentto, mi pateva che avessero tina leggers vvibrazione come le etbe ¢ i sassi che si vedorio dentro Yacqua d'un laghett: ‘Non ho aricota’avvertito una é8sa iniporiante: ciot che lo specchio, appoggiaio sul marmo del caminett, cera leggermente inclinzco in avanti. Percid Ia scae chiera ¢ i trentadue pezzi che vi si vedevano non’ste ‘vano gullo stesso piano dei trentadue pezzi veri, me sembrava si arrampicassero sopra un leggiero. declyio. Di 18, i pezai specehiati_ guardavano i pez. veri ‘ognuno il suo compagno: il Re Bianco guardava al Re Bianco, la Regina Nera alla Regina Neza, ¢ cos] via; ¢ ‘quelli di I, stando coe) in alto e un po" di sbieco, pare va che guardassero questi di qua con, sprezzatura. Que- sti di qua si lasciavano guardare impassibili,e.pareva Le seachiera devant lio speccio Bs che.con questa indifferenza si vantassero forse d'essere pid colorti, pid nitidi, e ben posasi sopra un piano perfettamente orizontale. ‘Mi.alzai-una volta ancora in punta di piedi, per ve dere se riuscivo a seorgere leno wn poco della mia persona nello specchio. Ma era inutile. Ho detto che non ricordavo se vi fosse nella stanza una sedia: penso che certamente non v'era, altrimenti sarei lito in piedi sm. quella, Ma cod stirandomi in su, fect la seauente riflessione: “In quello. specchio c' tutto quello che €' in que- sta stanza, la parete azzura, la scacchiera, i pezzi: dungue anche s= non mi vedo, ci devo essere anch’io.” ‘llora accadde una cosa bufisima. ‘Accadde che il Re Bianco ~ non quello vero, ch’era i qua; quello riflesio © ua po’ pit pallido, ch’era di 1 - il Re Bianco eessd di fissare, traverso la super ficie dello specchio, i suo compagno, © guanid in. ‘eee verso me, si ggosse un poco, ¢ parlb. Parld proprio a me, @ come se avesse letto nel mio Pensiero, mi disse: ‘« Certo che cis qua, ¢ $i Vedra.» ‘Tuite le volte clic ho vipensato a quel momento, € Anche ora, il fatto mi ® parso, e mi pare, strambissimo © quasi incredbile. Tavece allora non ci trovai mulla di strano. Rispost ‘ranguillamente: « Verrei"volentiesi, ia prima di tutto non so. co- me fae; in secondo, luogo Ella deve sapere che mi hhanno ordinato di non imuovermi di qui fin che non ‘vengono ad aprizmi. » IL Re Bianco di it dello specchio mi fece un’obie- < Quando dico che seigu, ittendo che qui 2 un altro come te: Ia tua immagine, via; siete due, come io ce quel Re Bianco’ che sta cost dalla tua parte. Dunque . Sei qui sotto. Vieni anche tu di Be ‘Massimo Bontempelli se tu vieni di que pud anche darsi che la.tur imma sine pss dB ¢ cost i su sempre:qualeuno per ualungue evenienza. » ‘ Mi pare che il Re Nero mi porgesse la mano, ma a dir la veri, di mani non ricordo di avergliene viste, ‘é « lui né all'altro. Sono passati molti anni; e io ero, {in quel momento, estremamente confuso. Lr seachlera devant allo specchio a Capito serine SPIEGAZIONI CHE SPIEGANO POCO La curiosisA vinse Ia confusione. ‘Domandai: « Dove siamo? ». ««Siamo di qua » rispose il Re Bianco; « di qua dal- lo specchio. » «Ma di qua» obiettai io Questa ultima uscita del Re Bianco non tai piac: que. Non mi. pareva che essere io, proprio io, io vero, fo in person, fosse la stessa cosa che essere le mia immagine. Anche questa, come la faccenda dell Vor Jont’, ® una cota che ho intesa soltanto pit tardi rmolti anni pil tard, Ero un po? inquieto.. Non cx pivo come sarebbe andata 2 finire. Durante tutto que. sto tempo il Re Nero non aveva mai detto niente. Cavitolo otvo VIEN GENTE Questo Re Nero era molto meno simpatico del Re Bianco, Mi pareva pith superbo. Per un po’ stemmo sitti tutti e tre. [o-micguardsvo intomo: a perdita d’occhio non si vedevs nulla. Era tutta pianora. Ma le pisnure dei mondo sono belle, ‘quasi come il mare: ci si vedono bei tramonti, cieli pieni di azzurro ¢ di nuvole, panorami sfumanti, ¢ ‘come un cerchio. morbido che abbraccia 1a terta. 13, no. II cielo non pareva un cielo, era tanto vuoto senza fine, una desolazione. Anche la luce, da noi ® una cosa cche si moove, feme continyamente, credi di toccarla, in certi momentipate che parli. LA’ no. Certo cera nce, perché ci si vedeva benissimo. Ma quella luce ron’ eta tina cosa viva, pateva anche lei yuota, er tutta ferma, uguale. Cetto non poteva né cominciere 1né-finire: non ci dovevano essere né giorni né not, albe, tramonti, niente, su quella piana ealva senza co: lore, Cos) pure Vorizzonte, noo eca altro che un segno circolare in fondo 2 rw, Dopo avere guardato un po', domandai «Non € il mare? » ‘«No, mi dispiace » rispose il Re Bianco. Le scachiers davant allo specchio 2» «Per che fame? » disse altro con quella sua aria beffarda. Davvero era molto antipatico. ‘ S12" nonna?! Scot, sgngra, me credo che Ie itgani To non bo'mai conoscite Ia mia noana, mi to the Ie none sono tutte donne malts anzane, con i Stoel bianchi: ho anche visto'Te none di parc ei compagn di svole. Lei invece ® una sgnora gio ‘rane giovane.» Ta Signor si mise a rider. ‘CAnche le noone » disse « prima essere veechie erano gloves.» ‘ lmpessbile » dist i Sllom ii coming’ a ridete pid forte. Jo mi vost vero il Re Blanco, ma mi parévi distratto, Torna pourdare quell bela signers. Laie, vend f tito di tidete,raccon: "Quando mi sono guardata i pima volta in dello speci, avevo. venidue anni Avevo appena Pre ‘marito. Quello,Ti era lo specchio che ho’ trovato’nells mia nuova cash, Hal capit? » Tutto cd mlterssava mediocieciee. Le dis Non eviebbe niente di bello da farmi vedere qu? > Lait mostrd offeg della mia vstta: ‘Come? » protest « Trovi a fea nonna, che fon vel mai conoseuta,o val csreando di vedere qual cofato, Si eapisce che aon Dai i Sepuimenco della famiglia» Mi seas» Te dss io per gusifeam, « Ma capi, io sono qui i passaggio, «mi piacerebbe approfitarne per vedere cattle curio Toa» ‘Powe portarti In ida del Touring» disse io- sicamente una yoe grossa propio dcto le mie spall ‘Mi volt ci seatt. Emi tovah a facia. facia con un womo pieolo¢ tz, dllspetto molt brute. Lai chi OF» it domanda ‘Yo soo un lado » spose. « M’Eacadaa una cosa Le seechiers dant allo pecbio » bulfisima, Avevo gid fatto una certa carriera con sbbastanza fortuna...» «Come sarebbe a dire? » «Sarebbe dire senza farmi prendere. Un giomo, snzi una fotte, una notte destate, sono riuscito a ntrare nella casa di questa signora, perché tutti erano in villeggiatura. Avevo messo insieme un bel fagotto axgenteria, gioielli e oggetti vari, quando m’ ve rnuto in mente d'entrare in una camera che non avevo ancora vistata. Sai come sono chiare le notti estate; jo poi stavo un po’ in pena, perché ci avevo messo qualche tempo a compiere Voperszione e i compagni mfaspettavano sotto, Passando dunque in quella stan- 23, ta quel chiatore notturne e con quel batticuore, un tratto intravedo in faccia a me un brutto ceffo che’ mi guatdava. Vederlo, e darmela a gambe git per Ia finestra, io ¢ il fagotto, fu tutt'uno, Appena gi, sccovaeciato sotto una siepe aspettai un bel po’. Nien te, Cost poco a poco mi rassicurai. Ma quando fui ‘alma, d'un tratto miaccorsi della mia bestalith. » “ he fo spe s tompa,> Un’ silenio deste si ce intone a aot a gue se parole. Mi pare che Ten fonte dun att dh onaea geld «igi Pensardo ale vat dla its i gule geite i Suinae some on tne gee Tn uel monet ta spenta tn ne og enon, ¢ deierat dh andere wrmare ll ti pion ‘lpi teie, ly a Bel" mondo dove vos idorne ‘ | Cost mi disge il Re, tutto d'un fiato, | Povero Ré.'Lo lascidi nella sua ‘llusione; e sion’gli i rccontai che una volta, avendo un alfiere © un te degli Scacchi éh'erano Fimasti Tunic senza cesee € Paltro senza corona, li avevor portati“ad aggiustare 4 un fa- legname: il quale “cont due eazétti di legno aveva rie compinto’e'rtiéss & ‘novo quelle dhie éreature im- portant’ ed”etéme} tutio pe una lira e settantacingue, coinprésa Id calla. °~ 310 Messi Bontempell Capliolo dodicesimo BALLO E. LOTTA Non dimenihiamoci che eravamo una nuetota cone ia, ¢ che io avevo desiderato di vederti fare i Ge esa: a apr, momma, in che modo vivewro in quel luogo straordinario; poi i discorsi del Re Bian- «2 avevano gettato molto gelo sopra la mia impazienza, Turtavia dopo le ultime parole di tui (che ho rife- rite esattamente nel precedente capitolo) affrettammo per un. poco il passo ¢ sbbito ebbimo di, nuovo rag giunto il resto della compagnia, Ja quale, per chi no. Io ricordasse, era in tutto nove persone, ciok: i Re Bianco, il ladro di mia nonna, i due facchini, la fantesca veechia, Tuomo e la donna del lego. II Re disse, sivolto agli alti ‘«Perché non fate un po” di sport? » «Oh» esclamai ig.< che sport conoscono} » «Gli spore senza opgetti » spiegd il Re_« per, esem pio il ballo ela lotia. » Infatti tutti si fermarono, I! Re si trasse novamente tun poco in disparte con.me,,¢, gli altri sette improv viserono una specie.di danza, in verit, pon molto ot ginale su} principio, ma eseguita in. modo, divertente. Cominciarono i due giovani del Iago, gente antica,.con tun minuetto cui tutti gli altri segnavano il tempo ber tendo Ie mani: ma dopo poche battute mia nonna ¢ i suo ladro s‘intromisero tra quelli eseguendo per conto loro un altro passo di danza a due, che mi parve tuna furlana; e questa era svelta, quello invece asst Tanguido; e Te due coppie, pur ballando un ballo di- verso, si aiutavano scambievolmente, ciot a dire che > 4 La scachiera devant lls speech on Ja nonna ¢ il ladto fischiavano un minuetto lento per ali altri due, mentre questi canterellavano la:futlana ra- pida che serviva alla nonna e al ladro. Pid tardi, quando hho studiato. musica, ho cercato di riprodurre questa unione di due danze’diversissime sonate insieme, ma ‘non ci sono.tiuscito;:forse lagi hanno ‘un tute altro senso del ritmo. Apoco a poco il movimento dei quat tro danzatori s’acceler®, ed essi finirono col fondere idue balli e-ptendersi per mano in un girotondo rapt: dissimo. Quando azrivarono a una tale velocita che noo si distinguevano pile ‘quattro persone; né il movi- mento loro, ma apparivano un cerchio tutto unito, ¢ imasti a parte, afferrd Ia vecchia fantesca incipriata ¢ la buttd in aria in maniera che la poveretta fete un alto .volo curve. come un proiettile lanciato da un moztaio, ¢ andd a cadere in mezzo a quel cerchio; ivi comincid a roteate in una piroetta essa pure velocis- sima, che pareva un punto fermo, e precisamente il centro del cerchio. ‘Allora i due facchini prima fecero alcuni ‘salti ia cadenza, dinoccolati e strambissimi, da facli sembrare pit ofsi che uomini; poi a poco a poco parve che cori volessero parete piuttosto leoni, perché si sero a urlare come invasati, e cosi ruggendo a un certo punto, si precipitarono come tori a testa bassa, Puno da una parte.e Valiro dall’altra, contro il detto cer iio, ado sesso tempo dalle due parti lo rappero ianto, in modo che éss0'shbito si sfascid, © ri Gicpliven le quits: pee’ che Io tompoterann inia nding, i Iadro e Ia coppia del lago ~ buttati chi iia ‘chi Tha’ schiena a terta ® gambe allatia, gridando ‘de “ass6rdare. Intanto' i due’ facchisi avevano fatto fare un altro volo alla disgraziata Vecchi, che venne & rovestiatsi quasi i miéi'piedi strillando anch’essa come tunaquila: if mieo al gridto generale i due omaccioni ‘ominciarono vinw gran partita, che eta in parce lotta 32 Massimo Bontntell: sgrecoromana ¢ in parte pugilato, afferrandosi per la vita, cozzando, con le: fronti-scaraventandosi in terra, strisciandosi attorno Tun. Valtzo. come. serpenti, sca sliandosi certi pugni solle mascelle. che non. so come fon se le fracassasser0, ¢ fremmischiando a quella com: bbinazione sportiva anche colpi fuoti norma quali gran pedate,” manrovesci, scapaccioni di tutte le qualita Ogni tanto li vedevo crollati in-terra-come torti fre rate, Vistante appresso sbalzavano nellaria come pal: Toni del givoco del calcio. Sul pitt bello si férmarono, me li trovai-davanti rimminchionitive com aria ma Tinconica ‘« Sono stanchi? » domiandsi loro « si sentono un po! indolenaiti? » ‘ Tl Re mi guard® susutrandonii «Te'l6 avevo detto. » E quella gente mi faceva pith compassione che mai. Caitolo uedicsimo ESPLORAZIONE Si gettarono tutti in terra('é si miseré « guardaré in alto con Paria pil ansioiats del mondo, Nesuno apriva bocca. Anch’io m'annoigvo. in E mi venne voglia d'andarmése, un poco fa, gito per mio conto, Nonbstante itto quello che’ aveva detto il Re Bianco, speravo, he anche in’ quel, mondo ‘woto avzei tovato qualche altfa cosa interessante da vedere. a ‘Lisciak passare qualche. minuto, ancora, Nessuno be dava a me. Cominciai a girellare It yicino, un po! ia qua tun po! in 14, guardando intomo come uno, che. non La scachiera deveni do spechio 33 hha’ niente da fate. In questo modo m’allontanai al. quanto da loro sempre zenendoli <'occhio. Alora: mi misia.camminare pitt svelto ¢ andare disitto davanti a me. Dopo forse cento passi volta. le testa:-non. si: vedeva gia pitt-nessuno. Avanti dunque. Per um pezzo proseguii. a quel modo, sempre senza vedere, nulla intorno, a'me. Osservai:che in quel suolo uguale i miei piedi lasciavano una impronta leggiera ‘ma nitida. Eto dunque sicuro, quando avessi voluto tor- natmene, di. potet rifare.facilmente la. stessa strada ‘Ma.cominciavo @ trovare inutile quellandare avanti senza, veder nulla. Pensai: ‘chAveva ragione ilemio Re Bianco: B tutto: cammino sprecato. Farb altri cento passi, poi tomo indietro.” ‘Cominciai a, contare. Dopo dieci o dodici passi mi sembra di sentire un che -di_strano,.nel ;mio andare, non. capivo. perché. Vado avanti sempre. contando. Ero arrivato, mi pare, 1 trentacingue,.quando.quell'impressione mi si fa chia. ‘i.e precisa: l'impressione di salir. \.Minfermo;e .guardo dinanzi a.me. Niente: il ter eno pareva sempre: in piano, e unito, uguale inter- minatamente datatte le’ parti. Riprendo, ¢ quella sensazione perdura; ata. si afforza. Mi fermo ancora, mi giro, e faccio alcuni: passi sulla linea delle mie or- me, cio come tornando-indietro. Equi il mio cam- minate era pid-leggiero;.andavo in git'con facilita, in id, certo: discendevo, Mi. volto i nuovo, siprendo Vandare,.& pit faticoso: salvo. ‘Oramai non cera pit: dubbio. Sehbene; all’apparen- ‘3; io fossi in perfetta pianura, stavo invece montando su-per una salita; non:molto-ripida, ma sensible. Non riuscii-a.spiegarmi il-fenomeno, ma cid mi persuase 2 proseguize emi ridette Ja speranza di trovare. qual- che, importante, novith. La.salita durd pochi minuti, poi avverti che il passo mera, tornato,uguale e facile. 'Laria ¢ il suolo intorno a Massimo Bontompell: continuavano a mostrar vacu, uniformi,ineolosi, pie 1 di silenaio da tutte le pari. Ma ecco in quel silenzio mi sembra d'un tratto av- vertire non so. che Ieggerissimo, quasi inaferabil, mormotio, Ascolto. Un insieme di susueri Soci, foci: ron eapivo se fossero tali per laloro tenuitt, 0 perché lontanssini. Avanti ancora, tendendo Vorecchio“e il 1 mormorio si faceva alquanto pit alto. Poi ~ © camminavo sempre, perché mero accorto che pili eso cresceva quanto pid io procedevo ~ poi cominciai a sentre in quello una eerta varied di sven, ancora mal distinti, ma certamente diversi tra loro: si, Cerano parecchie voei, pitt basse pi alte, continue’ ein terrotte: brividi, ronali che stintrecciavano, che scivo- lavano Pun sullltro, Continuando, ogauno dei suoni prendeva una forma pid precisa, fin'che qualcuno si fece riconoscere. Sen: Tit cot atzituro, molto distinto, quel fremito che come le fronde dei boschi al menomo solo di vento. Cho mi crovassi in mezzo a una invisible foresta? Andavo con eautela. Neseun ostacolo. Poi quel tre molto senza cessive Sindeboliva, ¢ invece si fece avan- tie ingrandl un‘alta voce, un Aire atmonioso come acque, come d'un fume. Anzi il svone di quella corrente era complesso come quando il fume core sotto nostri piedi, che le aeque' vieine gorgosliano forte, e vanno spegnendosi, a poco a poco, lontano, ‘hi su dove. Mi colse il dubbio: di stare passando su tun ponte. Mi trattenni-un momento per sentir bene ‘Ma-ora anche la nuova voce dileguava, e cost fa cxndost divencava pit amp, sullargavs, cra come" immenso respito, un respi “ritmico; ‘m’accorsi che Jo conoscevo, quel ritmo, ma ancora non mi siusciva aferrarlo bene. Mi spinsi avanti, in’ ascolto, sempre senza vedere niente: d'un trait mi-fermai, oh mi pa sulla viva del mare, d'un mare quasi cal: a seachiens devant lle apeccio us mo, con le onde piccole piccole che vengono a battere e sllungarsi, una pet una, sulla sabbia e sui sassoini, che se le succhiano.’ Fermo Ti, gusrdavo disperata: ‘mence per veder Pazzurro: ma ete inutile. Mi yoltavo dda tutte le parti. E subito un'altra armonia mi arrivd: un Iungo gemito fcbile e interrotto, come fa il vento punto in riva al mare passendo tra gli seogli spezzati dei piccoli promontori Per un momento ebbi Vassoluts certezza dessere in faccia al mare; ma perché non si mostrava, © cera invece davanti ¢ intorno’a me quella ostinata piemura senza colore? Perché sentivo le cote della natura solo come suoni ¢ voci, senza niente niente da vedere? i colpo un pensiero mi spaventd, S'io continuo « ‘exmminare cosi in mezzo a cose che non si vedono, posse da un momento allalzro precipitare in un bur rone, in un fiume, 0 nel mare stesso, se davvero davanti cera il mare. Rimasi perplesso qualche tempo. Mi volea E vidi la lungs striscia diritissima, for- ‘mata dalle mie orme, perdérsi nella lontananza, Questo mi rinfraned: la via del ritorno era sempre sicura Allora mi rivolsi a quello, che aveva voce di mare; € stabilii di tentare ancora qualche passo, con grande precaurione: se mare era, 2 un certo punto dovevo sen: linmi bognare o per to meno cedere it terreno sotto il piede, © avrei fatto a tempo a ritrarlo © tornarmene indietro. Si pud immaginare con quale cautela mossi_ quei passi. Ma non incontrai-nessana noviti. Anzi in breve ‘ni parve'che la spiaggia marina - cio® il suono che me fa*faceva immaginare ~ si allontanasse, si facesse in.certo modo da parte; -il suono stesso sj dissolveva, tomnava a’ confondersi t#2 quell'srmonia di voci varie che: riempiva il luogo. Senonché, cost avendo ripreso francamente a cam: inate,’ 9 wn certo punto-mi sarprese un'altra. sen Massimo Bontempll ion quer: io camminavo, a in ede reglare © seme Too, comincav cambiar deine; ed ver mo two, srt 1 meh pied, che mi uidava dblcemente 2 ela sane. ef a seorto del fenomeno mi vi abban- ohare iene Adan, oiché mer anda 00 eee et pant, mi parva non ver pit lle Bene per mmnente lla mia event. Caritolo quaordicesino PANORAMA Cues mov andare dad poe fo sequvo doin tps cn de, | sogeinet dt teen, che or =. Fay por ni pave novamente in salt, ma does Ba ty nu come strato a voltae a sins, © 9 Ti dopo a fers i ermal dungue fore me poco dan me ileum dal slo une strat sce i nebbia, a clare e=ne a tlc come i pert delle tore; quello ato oe cian, e ttt. pan uguagit, come Ia Superce dun ag. Bee non raya sng, 4 me: ta css € me simndes una sri liber © mata. E gunrdando, vidi SRS doveve eset alquano profonda, in gi, come cree aa me, df alla strain dl terreno wo, SF fiar"Ipere tania scavatura, che Ta nebbia co rive e rempiva interment a Poi la nebbia comincid a rischiararsi, ee ye guile aquareo, To ii aspetiavo, lvata che si Feat rede Ing que mio ue! boshi 0 quel wore, die aero snito Te yo, Javere, came, rele ecto Iv amp, comincai a ntaveders ia trey cert fore, non ben definite dt Capivo semen s la nebbia eal 50 ‘ Sritystrgete quale forme, 0 fons esa tedesiot a La seachioe daventi do speccio a1 che in certo modo si frantumasse e solidcase qua ¢ Ih in oggett ogni gence Perché ora vedevo che quelli erano verumente og: getti. La ncbbia era totalmente scomparsa; ogni cosa Si presentava lucida e nitidas cer, in quel vasto fos. S220, riquadrato come una piazza darn ma sprofon- dato molto pits baso del solo su cv io ero, Cer une quantita di oggeti diversi. Mobili di varie specie: sedie, tavolini, mensole, cassetioni, © poi tendamis fos ns alive bs «pc € etna quancth di vases di pid fogges © poi Thr um marco scanto a oa ine © a a st rmenti det genere; wn attaccapanni, parole di vatie forme e peti e fale, una storta come se ne vedoro sci gabineti di chimice, parece piumini di quelli che Adoperano le cémeriere per apolverare i mobs To nomino queste cose confusamente come mi ven- sono alla memoria (¢ ce rYerano alte ancora che ore tii sfuggono); ma H.erano disposte in un otdine che on sapreispiegare, ma che ecrtamente aveva un sue pol ick « dire, non crano lagi ome nun magazzino « in una bottega, che tute fe cove della stssa specie sono ragsruppate ta loro. E neppure come in on ti postislio, che wuto vista caccato alla rinfusa e anche te cose nuove sembran vecchie, E nemmeno come nelle ‘ase, che ogni oggctio un suo posto secondo Paso ‘cui serve per esempio un clamalo & sempre sopra la Scivania, @ desta, ¢ vicino c le penne; e i cuscini stanno topea il divano da una parte e dllalis; op- pore una scatola di ciptia @ vicina alle boccette dei profumi sopra una tavoletta con uno specchi, e cost ia, No. LB quegl-oggetti stavano ~ tanto pet farm tapite ~ savano in certo modo come stanno gi albert € le rocee nella campagna. Non #0 dire perché, ma 4 capiva che erano # posto bene, come nati It dove 8 uovavano, Erano. quasi diventcvivis e tut in »~ 4 a8 Mexia Bontempelli sieme formavano un'armonia strana © piacevolissima 1 vedersi, Erano, ecco, erano una specie di paesig- io, fatte di oggetti invece che di piante & altri pro- dotti natura, ‘Mentre stupefatto guardavo, m’accotsi che si sen: tiva sempre quel susurro complicata, il quale non era cessato mai, ma distratio dallinatteso spettacolo io fon ci avevo fatto pitt cas0.°E il susurro veniva pro prio di iaggit, da quel panorama strambo. Era tor hnato assai sommesto, ma ponendovi' attenzione ci di- stinguevo ancora - ridotte a mormorti delicatissimi ~ voci di fronds, di venti, dacque correnti, di rive E jin breve queste voci mutarono ancora di forma: pareva che i fremiti, i mormiotli, i ronal, si sforzas sero d'articolarsi, i diventar quasi parole, parole d’una lingua ignota, molto. dolce. Pieno di curiosita, traversai-tisolutamenté Ja scretta striscia. che mi separava dall’orlo. det fossato;’ di spinsi lo sguardo in git, s¢ da qualche punto fosse facile scendervi. Mentre cos) cercavo, d'un tratto una voce acuta e secca, mi geld di spavento. La voce aveva detto: «No: pid in 1 non'si ¥a. » Cepitolo quindcesino ‘UN ALTRO SOVRANO Rimasi un_momento- come inchiodato ‘dallo stupore: Poi guardai rapidamente, ansicsamenie, in mezo a quelle cose, dalla parte donde mi pareva che fosse ta Ia voce; ma non vid? nessuno."Mi chinai tutto git, sull'orlo del fossato. E la stessa voce, pit: vicina: “Ho detto che non si va. Nello stesso tempo, da un folto’ di non so che og- getti vari, che stavano aggriippati in un angolo © & Le scacebirn deve allo spechio 39 ‘ui non avevo ancora fatio caso, uno di quelli si stac- 1 ¢ rapidamente saltd sul ciglio ove io ero; si piantd proprio al mio fanco. Era un manichino: un manichino di vimini: di quel- Ii alti come un tomo, seniza braccia né testa, su cui le sarte provano i vestiti delle signore. To mero riakzmo di colpo © avevo dato un passo indietro, “ ‘manichino -stava leggermente chinato. sporto verso mej-non.s0 dite se, cosl vuoto € senza testa, in quella pose, fosse piutiosto minaccioso o piut- tosto ridicolo Certo. il_ mio. primo: spavento s'era gid dieguato, perché sibito’ gli rivols la parole Eri tu che parlavi? » Tutte le wolte che ho poi ripensato:a quella scens ri’ sono domandato come mai quel coso mi avesse ispirato tanta confidenza da dargli del. tw. Rispose: ‘ Su satire Gucle deg womin, anime plate, 00 Fetlont cise nf hon sonoscond ches feione Pine pga iano» ' TE gi socshi?> TG eansono una cosa di nezo tea l.pesone © gl efit: Quel valor, mio io, eo hana: ma Canto da arrive ques» Meanie gorda, B tuchi wwe 0 S10"To Sw un maniching meichino dove faces provane vsti une signora che.cra ‘done sie efecto met anal fa: ora abt, #imende, nek tn exons fino» ; i Le seachiers davon alo specchio oa «Sard. Io, essendo*manichino, sono, Voggetto per eccelienza:: Yoggetto, tant’® vero, sul quale gli uomini € le donne.cercang di, modellarsi, per sembrare mani- chini anche loro. Naturalmente non i riescono mai del tuttoyic’S-sempre qualche. cosa che sopravanza. Lo capisei, ora, perché.io sono il re di tutto questo reame, perché non-scendo mai nella regione inferiore? » E parlando continuava a sigirarsi, un po’ verso ill suo feame,' um, po! .verso'la regione inferiote, © cos) girando ogni tanto si sollevava alquanto da una parte 0 dall’altra.sopra il cexchio che li faceva da base: rutvlnsieme era la cosa pid) bufla che si possa .im- ‘maginare. fi 1 Caputo seigesino RITORNO, DALL’ESPLORAZIONE Tacque, © per un po’ tacqui anch'. Poi d’improv- vis0 gli domandai: “ mi annuncia: il Re Bianco « vedrai una arta.» «A che? » «Dio, una partita a scacchi. > Tutti si mosiere, come sparpupliandesi, Mente li seguivo con To. sguardo, vidi che sul suolo era ~ si doveva essere disegnata in quel momento ~ una grande seocchiera, alia da. terra come un gradino comune. Tutt i trentadve pezzi, compresi i due Re, andarono 4 porsi opnuno al suo posto peril gioco, ¢ ivi sibito Si" inigidirono com® sed persone ridiventassero oagetti Mi guatdaiintorno: i danzatorierano ancora in term, hi quat chi IA, © patevano indifferentissimi alla partita. «Ma chi la'gioea? » domandai. Nessuno mi rispose..Non sai pid) parle. La partita comincis, Opnune dei-due Re, una volta Tuno ¢-una voka

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