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DANTE E LA FILOSOFIA * Gran parte degli studi danteschi che si vengono pub- blicando, appaiono frammentari ed unilaterali, non tanto per il carattere episoclico delle ricerche, in se stesse legitti- me e talvolta anche necessarie, quanto per il fatto che ‘manca spesso, in chi quelle particolari ricerche intrapren. de, Ia visione d’insieme del dantesco e del pano- ico entro il quale lepisodio va inserito, perch? se da il significato senza correre il rischio di esagerar- tto & jmmune i volume che ftienne Gil, giamento preso da Dante di fronte alla empo '. La sicura conoscenza tica del chiaro scrittore francese il pregio dun'ampia sin- tesi piena d'attrattive, e Ja fanno degna della maggiore at. Appareo negli Studi Danteschi del Barbi, vol. XXV, 1040. ‘Guusox, Dente et Be NEL MONDO DI DANTE tenzione anche la dove, per avventura, il suo modo di ar- gomentare non finisee per persuaderci in tutto. ‘Ma il maggior pregio di un libro non consiste forse nel suscitare problemi nell'animo del lettore, nel tempo stesso che se ne cattiva linteresse? 1 centinai che il Gilson impiega a smontare (e lo te) la cabalistica del Mandonnet, son certamente un capo- lavoro di dialettica e d’umorismo; ma, dopo tutto, chi a- veva mai preso sul serio le virtuosit’ ermetiche del Dante le théologien? E chi, juori di qualche ritardatario, attribuisee ancora un significato allegorico alla Beatrice della Vita Nuova? Ben maggiore importanza hanno, a mio awviso, i capitoli dedicati al Convivio e alla Monarchia, il tentative di situare il pensiero filosofico di Dante nel quadro storico del suo tempo. Maggiore importanza, perch’ qui il Gilson dice veramente qualeosa di nuovo, qui fa le acute osservazioni che, mentre tendono a convin. certi, Vinvogliano a diseutere ¢ a dirgli alla fine, come io dco spesso Inggendo le cose del nostro Barbi, quel che Yantico innamorato diceva alla sua bella: « nee tecum vi- ‘vere possum, nec sine te ». 1, — Cosi, per esempio, postosi il quesite, che cosa viene a fare Beatrice nel secondo trattato del Convivio, dedicato al nuovo amore per la donna gentile, ciot per 1a filosofia, il Gilson vi risponde che questa doveva rendere a quella Lomaggio supremo dimostrandone. Pimmortali L’accenno alla donna della Vita Nuova avrebbe, nel tenzione di Dante, il fine di mettere tutto il Convivio DANTE E LA FILOSOFIA an « sotto il patronato di Beatrice e come sotto la sua invoca. . Giaech® forse, « in un trattato di filosofia quale nde, il posto che spetta alla teologia @ al di so, pra ed anzi nettamente al di fuori di questa scienza ». Ti. andosi in disparte, Beatrice lascerebbe cosi la filosofia pa. , fin da questo drona di casa in casa sua’. Se ho ben capi momento Beatrice avrebbe quella « dualité de nature » dei personaggi della Divina Commedia*, per cui, pur essendo persona vera, avrebbe gia acquistato nella coscienza di Dan, te la funzione di rappresentare la teologia, che generalmen. te le si attribuisce nel poema; di guisa che la donna gentile sarebbe il simbolo della filosofia scolasticamente distinta, anzi autonoma, dalla teologia. Ora io non mi sento di se. guire il Gilson per questa via, per le ragioni che dird fra Ja comrispondenza ch’egli stabilisce fra ponga la Morale sopra 1a Metafisica*, quasi che cid impli- asse, per T'autore del Convivio, il primate di quella su questa *, mi pare che il Gilson non tenga nel dovuto con- to quel Iuogo dell’opera dantesca che non vedo ricordato, ‘ove pure & detto molto esplicitamente che la Metafisica, «perch pit necessariamente in quella termina lo viso (della Filosofia) ¢ con pits fervore, [Prima] Filosofia & chia, mata » °. E, del resto, Dante ci fa noto per quale partico- Jare motivo e in che senso si pud dite che Ja Morale stia «ordina noi a T'altre scienze » * Dante dunque non contradice a quello che comune. mente si pensava sul primato della Metafisica; e nel porre la Morale sopra tutte le altre scienze umane fu indotto da un motive perfettamente aristotelico, giacch? I'Btica addita all'uemo qual & il sommo bene ¢ pitt nobile operazione umana; ma il muovere I ad apprendere le scienze speculative & proprio anzi di quella parte dell'Etica che & la Politica © ciale. Percid I'Btica in generale ¢ la Politica in particolare hhanno un primato su tutte le scienze e le arti, si pratiche che speculative, in quanto tutte coordinane ¢ indirizzano al fine cui tutte tendono *. Fimo Rheroricze, quod pridents palticus permatit in *Antst., Eth. Nicom., 1, <1, 1904¢ 6-000 10. DANTE & LA FILOSOFIA 213 In questo senso aristotelico ¢ tomistico, & vero che IE. tica & svqiorin rad pura agytsexcovv, cob « prine cipalissima et maxime architectonica », perché a tutte co- manda, diigendole al bene cui aspira 'uomo in quanto a siflatto primato della Morale non conteasta con quello della Metafisica, riconosciuto pure da Dante, uno @ affermato da un punto di vista diverso dall'alteo. Non so se il Gilson ritenga anche me un « philosophe 4 qui Ia scolastique soit familiére » ', ma io mon mi senti- rei proprio di dichiarare 1a classificazione dantesca delle scienze «tout a fait extraordinaire au moyen ge » *. Se apro infatti il Liber de scientiis di Alfarabi, nella tradu. ione di Gerardo da Cremona®, trove che l'ordinamento delle scienze secondo il filosofo arabo risponde sostanzial- Dante. Viene in prime luogo la « Scien. che Dialettica che, per Alfarabi, abbraccia la Logica e la Re- torica. A queste prime tre scienze che formano ill segue la « Scientis doctrinarum » che comprende T’Arit e la Geomet dipende la Prospettiva 0 aspectuum >; poi IAstrologia o « Scientia stella. ica; nel gruppo delle scienze matematiche son fatte rientrare anche one spagnols, € Falta 'autare anonimo, gi pubblicar nel 1638 ang NEL MONDO DI DANTE Ad esse tien dietro la « Scientia naturalis » 0 Fisica, divisa in otto grandi partis e questa ha per coronamento la « Scientia divina », come gli arabi chiamano la Metafisica, Dope la Metafisica, viene la « Scientia civilis », ciot I"E. tica, Ia cui parte principale, come pensa anche Aristotele, & quelle che concerne la vita sociale dell'uomo. Al di sopra di tutte queste scienze umane, sta la « Scientia legis et elocutionis », ciot la scienza della legge maomettana e del Calm, ossia la Teologia basata sulla rivelazione del Co. ano. A parte la naturale sostituzione della Teologia cristiana a quella musulmana, la classificazione dantesca & identica in sostanza a quella di Alfarabi. Vi di pit, Alberto Magno non soltanto ci fa sapere che Avicenna hane scientiam (cio2 la Morale) ultimam partem scientiae divinae (cioé la Metafisica), quae am addit perf partem primae philosophiae suae facit esse moralem »; ma egli stesso conclude per conto suo, che « nulla scientia ho. minis secundum omnia, quae de natura hominis sunt, ordi. nativa est et perfectiva, nisi sola moralis » * Dungue, il fatto che Dante ponga I'Etica al vertice scienze umane e sopra la stessa Metafisica, non pare insolito come sembra al Gilson; né vedo che Dante abbia avuto bisogno di dispensare in quest'eccasione « des trésors de si Floscfia, di cui & simbolo la donna gentile, sia scolasti- 2 AusgRre Maco, Ethic * Gaon, p23 DANTE E LA FILOSOFIA 215 inta dalla teologia, senz'essere subordinata a questa, com's per S. Tommaso. Eppure Dante dice le scienze umane « ancille » della teologia ". E d’altea parte, se le scienze wmane non sono ancelle della teologia, come pud la filosofia « rendere alla teologia i servigi che questa se n’attende »? « Dante — osserva il Gilson — s' posta questa spinosa questione, e il pitt importante si & che egli abbia trovato alla radice stessa da cui masceva per Iui il problema, quanto eccotteva per risolverlo » *. ‘A me pate invece che Dante, quando scriveva ill se- condo ¢ il terz0 trattato del Convivio, interamente pervasi dal simbolo della donna gentile, il problema che si pone il Gilson noa se Jo fosse ancora posto. La donna gentile & la filosofia, cio® Yamore della Sapienza, che ® primicra- mente in Dio ¢ secondariamente nelle intelligenze create: in quelle celesti « per continuo sguardare », ella mente umana «per riguardare discontinuato »". Tale era la Sa pienza anche per Aristotele, che la dice « non humana pos- sessio », ma propria per st soltanto di Dio"; nell'uomo ve appena una partecipazione di essa, proporzionata alla capaciti della mente umana, [a quale, se non & qualcosa di divino per se stessa, ® certamente quello che di pit: di- vino ve in noi’. Quello di cui trata ta Filosofia Prima, cio’ ta Metafisica 8, per Aristotele, tutto quanto la mente ana pud conoscere della Sapienza; ¢ questo basta a sa- naturale desiderio che gli uomini hanno di sapere. viare 216 NEL MONDO DI DANTE Ma Dante & cristiano, e per di pits mostra di aver letto Ja Sacra Scrittura © di possedere, anche ment Comvivio, una discreta cultura teologica '. Percid non gli & stato difficile riconoscere nella Sapienza di cui patla Ati. come propria essenzialmente di Dio, la Sapienza di ail si discorre nei libri salomonici*, il Logo del quarto Vangelo®, e il «pane de li angeli» del Salmo‘, Esca massimamente e primariamente in Dio, « petd che in lui & somma sapienza e sommo amore ¢ sommo atto »; secon- dariamente © per modo minore essa 2 partecipata dalle intelligenze angeliche, ¢ da ultimo dalla mente umana *. Ora Ia donna gentile non & simbolo soltanto della filo. sofia umana, ma della filosofia in se stessa, cio? di quella divina e di quella umana, che della prima ® una parteci, azione; tanto vero che anche dopo aver promesso, a un certo punto, che di Ii in avanti avrebbe parlato soltanto della filosofia_umana‘, Dante continua tranguillamente a dire di essa quello che della Sapienza divina é scritto nel libro de’ Proverbi e nel Vangelo di S. Giovanni ®. Il che yton part strano, se si pensa che la Sapienza ? una sola, in Dio ¢ nelle intelligente create, in queste essendo par. tecipazione della Sapienza divina, dalla quale, «si come da fonte primo, si deriva »'; si che «dove la filosofia ik. DANTE LA FILOSOPIA 217 in atto, si dichina un celestial pensiero, nel qt nna questa essere pitt che umana operazione » '. Come ad cche a lui, Vatto del pensare appare a divino: le si ragio. Atistotele, anzi Dante qualcosa di Lianima umana.. con la nobilitade de la potenza ultima, gione, participa de Ia divina natura a guisa di sempiterna enza; perd che V'anima & tanto in quella sovrana potenza ta e dinudata da materia, che la divina luce, come in an- gelo, raggia in quella: e perd & Tuome divine animale da li filo- soft chiamato » *. «La divina virti sanza mezzo questo amoce » (della mente umana per la Sapienza) « tragge a sua similitudine »°, Onde si puote omai vedere che @ mente: che @ quella fine © preziosissima parte de lanima che & deitade » & Ben Jungi dal rivelarei una tendenza razionalistica, Dante ci palesa piuttosto, in questo suo concepire il vero come trascendente la mente umana, un atteggiamento pro fondamente mistico*, L'atto del pensare umano, & che umana operazione », poiché a produrlo concorre za mezzo»; percid ess & un miracolo, anzi dei miracoli’, Miracolo I'aver Dio resa cipe di pensiero ¢ Vaverle fatto brillare vero, che in sé traseende il potere 28, NEL MONDO Di DaNTe «ne dimostra », Valtra ci nasconde '. Ma poiché anche quel tanto di vero che Ja ragione riesce a scorgere nella faccia che «ne dimostra », 8 un saggio della stessa Sapien, za che trascende ill nostro intelletto, e quindi 2 miracolo, ne segue che l'uomo, riflettendo su questo continuo mi, racole, & indoito a credere che vi siano’verith pitt alte di quelle che ill suo spirito comprende; ed a credere altresi che tali veriti, incemprensibili a noi ma comprese da « pitt alto + pessano venir palesate agli vomini per una shretta rivelazione divina come quella del Cristo. In questo ‘modo, la filosofia, per la faccia che ne dimostra, aiuta la noe stra fede, disponendoci a credere in quello che & sopra ragio- ne, € a desiderar d'acquistare « le cose che re tiene celate » 2 Dice il Gilson, esservi nel Convivio una quantita di wali suggeriscono che, « telle que Dante la congoit, 4 métaphysique reste en soi la plus haute et la plus par- faite des sciences, mais qu'elle ne lest pas pour nous »; e che « nous la classerions assurement la premié Ja possedions comme nous possedons Ja morale Ma che cosa intende il Gilson per Metafisica in sd e Metafisiea per moi? Ritengo che con quest'ultima espres. sione si voglia inclicare la Metafisica di cui la mente uma- na 8 capace in questa vita, e che la ragione ha costruito, Siffatia scienza, per Dante e in generale per tutti gli | Metafisica aristotelica, Se & cos, Ia Metafi. sica in sé non pud essere altro che la Sapienza divina, con + si nous DANTE LA FILOSOFIA 219, la sua duplice faccia, quella a noi palese e quella a noi nascosta. Ora, quando Dante o altri nel medio evo asse. gnano alla Metafisica un certo posto nell'ordine delle scien- ze, intendono certamente della Mletafisica come scienza u- mana, cio di quello che & la Metafisica per noi. Cosi mi pare che Dante faccia, quando scrive che, sebbene tutte le scienze siano parti della Filosofia, non di meno « per tun ga consuetudine le scienze nelle quali piti ferventemente Ja Filosofia termina Ja sua vista, sono chiamate per lo suo nome; si come la Scienza Naturale, la Morale e la Mee tafisica, la quale, perch? pitt necessariamente tere sites cig Wi ¢ on pili fervore, [Prima] Filosofia & chiamata » *. Il sapere umano per Dante & certamente limitato. Ma ella scienza e della Tuomo, in confronto al na, erano stati riconosc nell’Etica Nicomachea dice: Diis quidem enim omnis vita beata: hominibus autem ine quantum similitudo quaedam talis operationis existit.. Inquantam et quibus magis existit speculari, et atique speculstio, et fei felices esse*. In cid Aristotele era rimasto platonico; poiché Platone, come aveva messa la sapienza a capo di tutte le vir cosi avea riposto il fine ultimo cui T'uomo aspira in ques vita, nel somigliare a Dio per quanto & ad esso possibile, uesta sondo la versione latina premessa al commento 98" 36-27. se Phil, c. 22, 289 ote 220 NEL MONDO DI DANTE nell’ jpotoois avilediay dor Anche per Aristotele, dunque, come pe’ suoi commen. tatori arabi e cristiani, il sapere umano é limitato alla capaciti della nostra mente, ed @ una partecipazione del. eterna Sapienza di Dio, la quale in sb erascende le possi. della mente creata, Su questo punto Dante non dice otelica 2 invece losofi ebrei, cristiani e musulm. Parte delle veriti superiori alla capaciti dell'int ‘mano, ci sia stata resa nota per mezzo di una diretta ri. velazione di Dio, Dumque Ia distinzione tra Metafisica in sé e Metafisica im noi non chiarisee affatto perché Dante ponga la Morale sopra la Metafisica; mentre cid & perfettamente chiato, se si bada alla ragione con cui egli giustifica questo relati. vo primato. La Morale sta sopra alla Metafisica in quanto ordi- na tutte Te azioni umane alla contemplazione, nella qua- Te consiste, anche in questa vita, il fine della vi volge lo stesso intelletto a procacciarsi T'abito delle virti dlianoetiche: ma dal punto di vista, che noi diremmo gno. seologico, la Metafisica resta, anche per Dante, superiote alla Morale, perché « in quella pit: necessariamente termina lo. viso » della Filosofi fervore ». Dal che segue a fll di logica il primato assoluto della vita contem. Plativa sulla vita attiva, che Dante nel Convivio non met. te mai in discussione. nello tis daov duvatby * Tha * Rep, X. s 1b, VI, s00°0, DANTE E LA FILOSOFIA 22 Sicché quello che il Gilson serive, per spiegare come mai Dante, dopo aver posta la Morale sopra la Metafisica, insista ancora sul primato della vita contemplativa, mi pare inutile sforzo di risolvere un’aporia inesistente, 2, — E anche quando il Gilson serve * che, pet Ani- ivere da uomo & propriamente « praticare le virtit mentre Ja vita contemplativa & bensi un parteipare alla vita propria di Dio, ma non « ma, xime propria homini », come pretendeva S, Tommaso, mi pare che gli sia sfuggito quanto segue, nel testo aristotelico dell’Etica * ch'egli cita: Oporter autem non secundum suadentes humana sapere ho- minem entem, neque mortalia mortalem; sed inquantum contin- git immortalem facere, et omnia facere ad vivere secundum opti- mum eorum quae in ipso. Si enim et mole parvum est, potentia ‘et pretiositate multum magis omnibus superexcellit, Videbitur au- tem et unumquodgue esse hoc, siquidem principale conveniens ergo fet utigue si non suj ipsiug vitam morali nella vita ci della Somma teologica* ricordato dal Gilson, ha ottima- mente capito Aristotele: e ottimamente I'ha eapito anche Paes. 222 NEL MONDO D1 DANTE Dante, il quale scrive che « vivere ne T'uomo 8 ragione ussre»*, e che solo nello sguardo della Sapienza nana perfezione slacquista, ciot la peefezione de a ragione, de Ja quale, si come di principalissima parte, tutta la nostra essenca dlepende; € tutte Valtre nostre operation — sentice, nuttte e tute to — sono per quella sola, e questa & pet st e non per alte che, perfetta sia questa, perfetta & quella, tanto cio? che Tuomo, 'n quanto ello & womo, vede terminato ogni desiderio, © cosl & beato®, Quello che & sfuggito al Gilson, nel testo aristotelico, & quel « maxime hoc homo », rotxo juihtoru apeox0e, al #0, che Dante dice essere in noi « principal parte » dalla quale « tutta la mostra essenza dipend Il Gilson crede non di meno di poter affermare® che per Dante, per quanto ammetta contro gli averroisti che ni essere umano possiede per proprio conto il suo in. to agente personae, parte della sua anima ¢ ‘m- ia «senza il concorso della rivelazione cristiana, Vintelletto speculative non raggiunge i proprio fine se non in mado assai imperfetto, ‘mentre ['intelletto pratico non ha bisogno d’aleuna rive- bene una volts (Ce telleto agente nan parls nella conosceyes del pensiero Jn Giors, Crit. d. Flos. lal, XX, 1939, fast. 34 € XXN too, DANTE E LA FILOSOFIA 223 lagione per raggiungere il suo fine proprio ». Se questo fosse vero, se cioé T'intelletto speculativo, « senza la luce divina d'una rivelazione che lo trascende », non potesse raggiungere in questa vita il fine proprio assegnatogli da Aristotele, il desiderio naturale resterebbe insoddisfatto ¢ la Filosofia non potrebbe rendere I'uomo beato. Ora si oda invece come ragiona Dante alla fine del trattato terzo del Convivio *: Veramente pud qui aleuno forte dubitare come Ja Sapienza posse fare uomo beato, non potendo mente eerie cose mostrare; con cid sia cosa che ‘I naturale desi- erio sia a Yuomo di sapere, e sanza compiere lo desiderio beato essere non posta, A cid si pud chiaramente rispondere che lo de- siderio naturale in ciascuna cosa & misurato secondo la possbilitade de la cosa desiderante... E per’ l'umano desiderio & misurato in questa vita a quella scienza che qui avere si pud, e quello punto ne, E cosi & misurato ne la natura angelica, e terminato in quan- 10%, in quella sapienza che la natura di ciascuno pu apprende- Fe Onde, con cl sia cosa che conoseere di Dio e di certe altee cose quello esse sono non sia possibile a la nostra natura, @) da noj naturalmente non & desiderato di. sapere. Il dubbio & veramente risolto, come riconosce il Gil. 224 NEL MONDO DI DANTE vece di trame la conseguenza, come fa S. Tommaso, che a soddisfare il naturale desiderio di conoscete occone in questa vita la rivelazione e nell'altra Ia visione beatifica di Dio, Dante al contrario limita « V'umano desiderio,.. a quella scienza che qui avete si pud »; ¢ Hi questa scienza fa consistere la naturale Perfezione della ragione, si che, per [ui nella vita specula. tiva, cioé nello sguardo della Sapienza « l'umana perl:zio. re Sacquista >; ed & «beatitudine perfetta », perch? pro. Porzionata al « naturale desiderio » che & interamente sod, disfatte, petcht « uomo, in quanto ello ® womo, in quel, la», cio’ nell'acquisto terra, senza bisogno d’altra ione che quella della ragione, «vede terminato ogni desiderio » naturale ', La soluzione del dubbio proposto appare poi tanto pitt ‘nattesa, in quanto poc‘anzi Dante aveva detto? che lo suardo della Sapienza « fu a noi cosi largamente ordinato, non pur per Ja faccia, ch'ella ne dimostra, vedere, ma per le cose che ne tiene celate desidenare ed acquistare », Ma forse si trattava di un nuovo desiderio, diverso da quella Puramente naturale, e messo in noj dalla grazia. Per que, sto aveva detto prima, che Dio catitade de la sua perfezione infonde donna gentile) « de termini del debito de la nostra nae Non pare pectanto che ante in questo luogo intends pace della come suggersce DANTE E LA FILOSOPIA 235, tray ', ossia « oltta la capacitade de Ia nostra natu Parrebbe dunque trattarsi d’un duplice appetito: I'uno «che pur da natura nudamente viene »; altro che, seb. bene Dante Jo chiami appetite naturale d’animo, tuttavia «cde la divina grazia surge » *, a Come abbiamo osservato pitt innanzi, v'e nel terzo trat, tato del Convivio una fondamentale posizione mistica che salta agli occhis amore della Sapienza ® acceso e alimen- tato nell'uomo dalla luce divina che caggia di continuo sulla mente umana e coopera con questa all'atto umano delVintendere', Di questo misticismo platonico e plot iano il maggiore rappresentante cristiano & S. Agostino, fluenza del cui pensiero nessuno, fra i pensatori cri- nemmeno Io stesso S. Tom. sepienza uma di divino @ Pintelletto umano *, che entra in noi dal di fuo- si: @Relinquitur autem intellectum solum de foris adve- nire, et divinum esse solum » *, Eppure in questo sfondo mistico, e in contrasto con Ja affermazione che la donna gentile simbolo, nello stesso tempo, della Sapienza che & primieramente in Dio e secon- dariamente nelle intelligenze create, il dubbio dantesco & 226 NBL MONDO DI DANTE la soluzione che Dante ne di ardito spunto tentative non solo di distinguere, ma di separare la filoso. fia umana dalla rivelazione ¢ dalla filosofia divina, sino a renderle in qualche modo estranee I'una allaltra come fa. cevano gli averroisti. Se re & interamente iscono un improvviso ud », se nell'appagamento di que. sto desiderio « 'umana perfezione s'acquista, cio’ la perfe- se il conoscere le cose che « sover- ‘0 » « da noj naturalmente not a », come appunto dicevano gli averroisti, vuol dire che Ia filosofia umana basta completamente a se stessa e forma un mondo chiuso, senz’aleuna finestra aperta alla lu. ce della rivelazione sovrannaturale. Questa non sana al. cuna imperfezione della natura, non soddisfa aleun deside rché mell’acquisto della scienza «che qui avere si ogni desiderio naturale & terminato e soddis che Dante ripete nel trattato quarto del Cor ove questa volta la stessa tesi & confortata coll’autoriti di Averrot: Li nostei desiderii natural, st come nel terzo trattato & mo- Strato, sono a certo termine discendenti; e quello della scienza & naturale, al che certo termine quello compic, avvegna che pochi per male camminare eompiano la gi ‘immagin individu lumani, ts potensa dell'inceleno posibile b sempre tutes atuata, @ guisa DANTE E LA FILOSOFIA 227 per qualunque modo lo desiderare de la scienza si prende, 0 ge- necalmente o particularmente, a perferione viene", del Convivio, che sicu- cordandosi ad un certo pun. to daver detto che Dio, « per la caritade de la sua per. fezione », infonde della sua bonti nella donna gentile coltre Ii termini del debito de la nostra natura», Dante all'appetito « che pur da natura nudamente viene» ag- Se non che nel quarto t samente & posteriore al parte subiecti i» om quae). difcle de qualifier 42 postion de lépichite‘thomiste”» 228 NEL MONDO DI DANTE giunge, parlando « per vi che & detto ugualmen la die vvina grazia surge »; st che, avendo 0 uso di ragione, ciot quello pratico consistente nell‘operare.. virtuosamente, cio onestamente, con prudenza, con tempe- ranza, con fortezza e giustizia », e quello speculative con. sistente nel « considerare Vopere di Dio e de la natura », egli sente il bisogno di attenuare quanto aveva detto nella soluzione del dubbio alla fine del terzo trattato, e dichiara {a perfezione che 'uomo pud raggiungere in questa vita coll'uso speculative, non pitt semplicemente pe «perfetta quasi », ove il « quasi » annulla il « ‘endenzialmente razionalistica, dissidi carattere della cultura dantista nel Convivio, i, veciderd la donna gentile come simbolo unitario della Filosofia, e condusr’, nella Monarchia, a una etta separazione della filosofia umana dalla dotirina ti velata, 3: — A questa separazione Dante 2 stato condotto per dare un fondamento razionale all'indigendenza dell'Impe- * Conv., IV, xxn, 10-18, ae DANTE E LA FILOSOFIA 229 10 dal Papato. Le riflessioni ch’io facevo a tale proposito, Che al Clon sembrano « d'une qualité des plus doutew. ‘ducono in sostanza a questo. E quando il Gilson stesso scrive che «sous Ia pression de la passion politique de Dante, lunité de la chrétienté médiévale régie par les papes vient brusquement de se rompre par le milieu che Dante fu condotto al separatismo « pour des personnelles », ciot « par des fins de philosophic politi. ancora quand’egli afferma di non potere a 4 che «s'étant posé un probléme personel sie poltique, Dae o ieee eee te mettait & sa di- sposi faccia per proprio conto le stesse riflessioni che avevo fatto io. Se la dottrina tomistica che ascoggetta Jo stato alla chiesa, e quella dante- sea che proclama V'indipendenza del primo dalla seconds, «sont ségies par une logique parfaite, qui déroule ses con- sequences & partir de principes différents » ‘, resta sempre da spiegare come mai Dante ¢ Tommaso sono stati con ere « principii differenti » per le loro logiche ons. joni. seg di fils. dant., pp. 282283, 230 NEL MONDO DI DANTE Certo 8 ad ogni modo, ¢ anche in questo mi trovo pie namente d'accoedo col Gilwn, che senza i riconosc meaty della piena autonomia della ragione umana ¢ della teclegid di fronte alla Ja piena indipendenza dell'Impero dal Papato verrebbe a mancare di giustificazione razionale. Su questo punto il Gilson ha scritto le sue pitt belle e pitt lucide pagine ch'io sottoscrivo senza riserva. Eccone, per pensiero dell ‘possibile sotirarre totalmente iL pirituale, a meno di soltrate tor almente la filosofa alla giurisdicione della teologia. B per aver visto cid in modo chiaro © per averlo espresso in modo m Dante occupa tin posto cardinale mella storia del " nel medio evo, Poi eas wa si regola Pimpera ‘orth dei teologis il papa sprenderebbe per mezzo di quest quella autorita sullimperatore che si voleva toglirgli. Comandando alla stasse anche minimamente sogget fe dellmpero presuppo- la teologia e della Filosofia, agione percht Dante, come aveva rotto ente Ia. separazione Ill, 1938, po. 68-70, DANTE E LA FILOSOFIA 231 2 il primo atto di ,, che la Monarchia di Dant alla trascendenza scolastica tiamo, came mi esprimevo io ', «Vagitarsi di uno spirito nuovo che rompe la scorza del pensiero medievale © ger- ‘moglia in un nuove pollone, sul quale s'inserirh il pensie- 10 del Rinascimento ». Ora io capisco benissimo Ia critica Jel Barbi, il quale nega che « indipendenza dellimpero ¢ autonomia della ragione e della filosofia » siano « affatto la medesima eo. sa. Enon sono affatto la medesima cosa, poiché la prima 2 dedotta dalla seconda; tra I'una ¢ V'altra v’ che corre tra la conseguenza e le sue premesse, Il Barbi ‘osserva del pari che S. Tommaso riconosce con Aristotele tuna felieita terrena « proportionata humanae naturae, ad quam scilicet homo pervenire potest per principia suae nature» °, Verissimo; ma Tommaso s'affretta ad_affer- mare che questa felict’ terrena & imperfetta © non soddisfa appieno il naturale desiderio’s percid gli, mentre distin- gue il fine terreno dell'uome dal fine soprannaturale, sue Dordina quello a questo; cid che invece non fa Dante nella Monarchia. Capisco, dicevo, Yosservazione del Barbi, il non sottoscriverebbe la pagina del Gilson che non capisco le riserve del Gilson che quel. da Dio, come il Papa Ta sua; e questo & vale. Ma questo concetto, parallelo all'altro che anche la 4 a 5H 232 NEL MONDO DI DANTE ragione 2 accesa nell'uomo direttamente da Dio, ha con. tribuito nei tempi modemi a fondare l'autoriti assoluta dei principi e, per essi, dello stato; e per Dante la volont’ di Dio si palesa a mezzo degli elettori che restano sempre « denunciatores divine voluntatis »*, ¢ norma unica dello Imperatore sono i « philosophica documenta », dettati a oj « ab humana ratione quae per philosophos tota nobis innotuit » * Si, Dio per Dante & certamente una realta trascendente, ¢ il Gentile non ha mai messo in dubbiog ma [a ragione umana 2 immanente all'somo, E quando Dio si rivela per mezzo della ragione, questa non ha aleun motivo di ribellarsi a siffatta trascendenza. La tibellione i cui parla le & quella della ragione alla trascen. denza teologica, in nome della quale si pretende di asser- vire la ragione e di menomarne l'autonomia *. I Gilson s% posto altresi il problema, se sulla dottri. na dantesca della Monarchia sia da vedere un'influenza averroistica, . del Gilson interne al Gentile, « est le fléan de cette éeudtin itaieme conte ‘orecchio alle qual ne’ soot giv. fellevverare d certo con te cagioni de’ filoeo ‘via, Vincoraggiamento a’? venute, prima che pub vedersi dal giudisio benevolo ch'egli dava di otto miei atudi danteschi Bel volume 1 problemi della scolaitce a pensiro italiano, 2° edizn, Bat, jatera, s935, p. 1178, gids non cisimile da quello che il Gilson 12 avuto Ls cortesia di esprimere interno allopera mia DANTE E LA FILOSOFIA 233 ‘A me pare che una simile influenza sia palese anzi tutto nel primo libro, 1a dove si vuol provare che fine ul. timo dell'umanita, presa nel suo complesso, & qui if Gilson osserva *, a questo proposito, che, se Dante trova in Averroé il punto di partenza della sua argomentazione, tuttavia non si ferma in esso, poiché tra la tesi di Dante € quella d’Averrot vi sarebbe questa differenza sostanzia- le: per Averroé Vintelletto, con 0 senza l'umaniti, sem- pre in atto; per Dante invece la societh umana necessa- piena attuazione della potenza delf'intelletto, per- ché T'individuo non basta da solo a raggiungere questo fi- ne. Se questo fesse vero, non si saa che proposito Dante avrebbe potuto citare il commentatore arabo. Il vero ® che, per Averroe, Pintelletto possibile, pur essendo una sostan- za separata ed unica per tutta la specie umana, niente in. tende, come aveva detto Aristotele*, senza una qualche immagine sensibile dalla quale T'intelletto agente astrae idea che @ intesa letto possibile. Percid questo, unico ed etemo in se stesso, ha bisogno di essere eterna- dui umani, dei quali mente unite a una moltitudine d’ non pud fare a meno, Questo appunto aveva detto Aver- ro® «in hits que de Anima», e precisamente nel com- aha ee phe 8 at 8 NEL. MONDO DI DANTE mento quaest libro Ill, comm. 5, disgressionis parte V, solut. 2" Quia opinati sumus ex hoc sermone quod jntellectus materialis est unicus omnibus hominibus, et etiam ex hoc sumus opinati quod species humana est aetema... necesse est ut intellectus materialis on sit denudatus a peineipiis naturalibus toti speciei humana. Incerpretando esattamente il pensiero d'Avertoe, Sigieri di Brabante aveva detto che v'e un legame essenziale fra Vintelletto e la specie umana, si che quello non pud mai separarsi totalmente dagl'individui ai quali unito da un rapporto necessario nell'atto dell’intendere '. Allo stesso modo T'averroista Giovanni di Jandun afferma, come fa Dante, che il desiderio umano di sapere & soddisfatto in ogni momento dalla collaborazione di tutti gli uomini presi collettivamente (collective), in modo che «in maiori parte hominum simu] collectorum philosophia est perfecta et scientia, ita quod unus habet unam partem, alter aliam, et sic deinceps; et sic appetitus naturalis non est ociosus in tota specie Anche se Dante non avesse conosciuto ditettamente il «gran commento » d’Averro’ ch'egli cita e che era diffuso ovungue, anche se non avesse avuto tra mano scritti di averroisti, a spiegare la sua conescenza del pensiero aver- roistico su questo punto basterebbe la sua familiarit’ e le frequenti discussioni con Guido Cavaleanti, del cui aver- * tI de anima, qe 14 (secondo Sizer de Brabant d'aprds sex oeuvres ? Metaph., 1, q. 4, ad aum dubium. ii. DANTE E LA FILOSOFIA 235 roismo documento sicuro la canzone « Donna mi prega » a Dante ben nota * Pit esitante & il Gilson nel riconoscere un’influenza averroistica nella separazione che Dante fa del fine na- turale dell'aomo dal fine soprannaturale. Ma, anzi tutto, questa separazione @ la logica conseguenza dell’avere am- messo con gli averroisti che c'8 un fine proprio dell'umaniti in quanto tale, tenza dellintelletto possibile. Inoltre, mi sembra che il Gilson non distingua abbastanza due cose. Col il dominio della Filosofia da quello della Teologia, roismo lating affermava in primo luogo Vautonomia, cio Ja non subordinazione, della ragione umana alla rivelazione. E poich® per i averroisti intendevano a filo- sofia aristotel ta da Averro’, essi non nascon- devano che su pili punti vera opposizione tra I'insegna- mento d’Aristotele ¢ quello teologico, cio’, come essi di cevano, tra Filosofia ¢ Rivelazione. 'S. Tommaso invece, pur distinguendo la Filosofia dal- la Teologia, e riconoscendo alla prima una certa autonomia, la riteneva poi incapace di soddisfare per intero il deside- rio naturale dell'uomo, e quindi, logicamente la subordina- vva alla seconda; e per rendere pitt facile Vaccordo f ¢ Valtra dichiarava lopposizione tra Aristotele siero cristiano derivata da un‘arbitraria interpretazione della dottrina aristotelia, di cui era responsabile Averro’ « qui rare smo del « primo amc » di "e Date «le cultura medier 236 NEL MONDO DI DANTE non tam fuit peripateticus, quam philosophize peripateticze depravator » *. Altra & posizione di Dante. Egli anzi tutto elimina 1¢ fra Aristotele e la dottrina teologica sul de- ine dell'anima umana, proponendo un'interpretazione del pensiero aristotelico e del dogma eri- stiano assai diversa da quellla tomistica e assa i Sigieri nel De anima intellectiva’, Riduce poi la distanza fra il peripatetismo arabico e Iinsegnamento erie stiane, accogliendo il principio della creazione mediata del mondo infralunare, appena temperato per quel che con- ceme la materia prima; mentre & risaputo che PAquinate ‘uci idei contrarium » l'affermare che Dio mente da prineipio i primi individui ine ritiene la Fic ta in questa vita a quella scienza che qui avere » capace di soddisfare il naturale desi- derio e sufficiente al raggiungimento del fine terreno, con- sistente nella completa attuazione della potenza dell’intellet- to possibiles si che, come ha ben visto e ben detto il Gilson, Vindipendenza della Filosofia ¢ della ragione umana dalla Teologia e dalla rivelazione & piena e intera, L’uomo, per Dante, tend: duo ultima» *, anzi che in uno solo, come per S. Tommaso. “9; Dante ¢ le cultura medicuale, pp. 244-254 23, a 5. Clr Gior. Stor d. Leth, Ital, val 16. Clr. Gison, pp. 191 seg. DANTE E LA FILOSOFIA 337 ‘Ora a me pare che proprio questa autarchia e indipen- denza della ragione dalla fede, della Filosofia dalla Teolo- gia, anche senza l'opposizione dell'una dall'altra, sia una tesi averroistica. Dottrina schiettamente averr tamente antitomistica, pare a me T'afferma filosofia umana ciot la filosofia aristotelica, 2 suffciente yne, che la sumo bono sive de vita philosophi', Pee Boezio il daco, chi ha vissuto da filosofo « secundum rectum ordinem na- praticando le virtir mor vum et finem ultimum summum bonum quod titudo humana » son costituiti dalla conoscenza del vets dalla pratica del bene e dal godimento che recano I'una ¢ Yaltra*, Allo stesso modo, per averroista Giovanni di Jandun, Ia felicita umana, secondo la Filosofia, @ riposta nell'acquisto delle scienze specu! ‘capo alle quali sta la Metafisica', Anche per costero, insomma vi sono * dito du M. GrasMatny, Mitelalterches Gestesleben, Miinchen, 1936, Pp. 05-26. e4 paturalter appstat ei, quod ext fi onsecutione cs propter alquas occupatones, vel a voluptatibus coxpo- 238 NEL MONDO DI DANTE, «duo ultima », cio’ due beaticudl Tuna mostrata dalla Filosofia e ras i vita per mezzo del sapere; I'altra additata d: ne e conseguibile per mezzo della grazia n E del resto Lo stesso Gilson, postesi di auove il problema sorto dalla presenza di Sigieri nella Divina Commedia, rede poterlo risolvere attribuendo a Sigieri la funzione di rappresentate la Filosofia pura, ossia la scienza profana se- parata dalla Teologia, la distinzione radicale dell’ordine filosofico dall'ordine teologico, in una parola « une philo- sophie sans théol is Se non che I'amico Barbi* mi obietta, come fa anche il Passerin d’Entrives ’, le pradenti parole colle quali Dante conclude la Monarchia: « Quae quidem veritas ultime que- stionis non sic striete recipienda est » ete. ‘Ma se Dante stesso, dopo avere scritto quello che . if hb 9¢ Inf, Ly ropetee. DANTE LA FILOSOFIA 2ar isamente per rintuzzare I'affermazione di Bo- nifazio VIII, doversi ritener vacante I'Impero, anche quan- do sia avwemuta T'elezione dell'Imperatore, finch? questa non & stata approvata dalla Sede Apostolica 'y tuttavia {quel pericoloso principio non aveva radici ben salde nel suo pensiero, e git nel quarto trattato del Convivio avea finito per riconoscere che tanto uso pratico quanto I'uso speculative del nostro animo non danno all'uomo perfetta beatitudine in questa vita, ma sono «vie espedite e dirit- tissime a menare a la somma beatitudine, la quale qui non si puote avere ‘Questo concetto teologico non tarde’ molto a prendere Ja sua magnifica rivincita sul principio filosofico al quale Dante s'eta appoggiato nella Monarchia. Cosi 1a Filosofia torneri a mettersi al servizio della Teologia; e Virgilio, il saggio pagano «che tutto seppe» « quanto ragion qui vede >, s‘offrird allo smarrito poeta della Commedia messo. ced araldo di Beatrice, cui rimanda per la soluzione dei pro- blemi che la sapienza umana trova troppo ardui a risolvere. E questa «donna del ciel Paiuta e rege », con Ia virti a condurre il suo fede! sapienza cristiana, che la Monarchia aveva infranta, & ri- ta confessione di Virgilio, ch’egli e tutti gi altri antichi saggi raccolti sui verdi smalti, entro le mura del nobile castello, intorno ad Aristotele, son tormentati vper Teternit’ da un desiderio che la loro scienza fu inca pace di appagare; ¢ coll’affermazione di Dante stesso, che “fe. i ied Sopsi, p. 200-31 2 Ve sopea pe 238 242 NEL MONDO DI DANTE Ja «sete naturale» di sapere mai non sazia, se non con Yacqua della parola rivelata che sgorga dal fonte della vita eterna’. E Ulisse, che impersona in s& la brama di sapere della ragione umana insofferente del limite ad essa segnato da Dio, Ulisse che contro ill divieto divino aveva osato mettersi sulla via che conduce all'albero della vita, e nella ia risorge L'orgoglio che spinse Adamo e lo stesso Lucifero a voter esser simili a Dio, ha provato a sue spese, come Prometeo, quanto sia vano lo sforzo per mandare a vuoto gli eterni decreti della Provwidenza * Per queste ragioni mi fa «di dubbiar > soluzione che il Gilson tenta del problema mea ad presenza di Sigieri nel Paradiso dantesco °. _ Ritengo che il Gilson abbia ragione di abbinare la qui- stione di Sigieri con quella del « calavrese abate Gioachi- 0», come aveva gid fatto problema consiste in come nella coscienza cristiana di Dante la perso- di Sigieri e quella di Gioachino possono cocsistere ae ee oro ere ee iy ewe pele e's itt tat wath ne anes 8 eee DANTE E LA FILOSOFIA 243 insieme a quelle di Tommaso e di Bonaventura, sapendosi che Tommaso aveva combattuto il maestro brabantino per il suo averroismo, e che Bonaventura e lo stesso Tommaso avean ritenuto I'abate calabrese un falso profeta, l Gilson, per quello che concerne Sigieri, ritiene che questi stia a rappresentare, nella Commedia, Ja Filosofia pura, Ia scienza profana separata dalla Teologia*. E ap- punto per questa funzione rappresentativa e simbolica at- tribuita 2 Sigieri, Dante non pud avere ignorato la neta distinzione che vz, nella dottrina del brabantino, tra Fi- losofia e Teolog! Per quanto io non abbia niente da opporre a quel che il nostro eminente storico osserva intorno alla funzione rap- presentativa dei personaggi del poema dantesco*, trovo poco persuasiva In sia soluzione, anzi tutto perch? sembra disconoscere che nella Commedia la Filosofia torna ad es- sere subordinata alla Teologia, e vien cost a mancare la ragione principale che avrebbe dovuto consigliare a Dante la scelta di Sigieri per rappresentare una dottrina ch'egli stesso aveva ormai superata, In secondo Iuogo, mi pare che il Gilson non abbia considerato attentamente Tatteg- giamento che Dante assume di fronte ad Averrod, ricordato per il suo «gran commento » come degno di stare fra gli «spiriti magni » nel limbo, atteggiamento assai diverso da quello di S. Tommaso che considerava sl commentatore di Cordova « depravatore della filosofia peripatetica ». E ben ‘atteggiamento di Dante di fronte a due * Page, 2634 © 260. * Pag. 266. 244. NEL MONDO DI DANTE Tunione dellintelletto coll'anima sensitiva, e alla creazione del mondo inferiore per mezzo della virtit informante dei cieli, Su questi due argomenti, Dante professava una tesi assai vicina a quella del maestro brabantino nella a fase del pensiero di questa, e asai divera dal oe stica ". Se si pone attenzione a tutto q stanza che l'elogio di Sigieri posto in bocca al suo temibile avversario, Tommaso d’Aquino, 'unica soluno ne del problema riesaminato dal Gilson mi pare ancora quella che proposi ventotto anni fa: aver wala pie fiorentino rialzae Ia memoria d'un onesto pensatere, demente cari, senza settarismo di scuola *. A rendere verosi questa soluzione nessuno ha contribuito meglio del Gilson, che Ja leggenda della fedelt3 di Dante al tomismo ha ridotts a ben modeste proporzioni *, ; “B. Naw, Lorine dettanime em, Lorine dltaina ses Dante, in Giore rits d medicvae,' pp. 186-209 © 244-254: Sa nasi & fos. da Jwodurene +S. Touneso, Fratton Wwerristi, pp. 77 seg. Fi \ bs 70. Poo dispose, page. 316525, 2 ste fiones super libros eed mi Neds in ma secre del nuove teito el Van ea in Stu Dowesch, #XV, pp. 996.0 be se te Una nuova monog = ‘Sig. adi Beab., in Giomn. Crit, d. Files. Ital., XX, 1939, fase. 546. ete DANTE B LA FILOSOFIA 245, ‘Abbandonata la tesi dell'indipendenza della Filosofia dalla Rivelazione, Dante rinunciava con questo nella Com- media anche alla tesi del Chiesa? No certo, ché anzi cui si soleva vedere una figura del Papato, ¢ della luna simboleggiante I'Impero, nella Commedia & sostituita addi- immagine dei due soli splendenti ciascuno di luce propria, Ma mel poema l'indipendenza dell'Impero. anzi che dall'autonomia della ragione, é dedotta da un principio pit alto: Dio ha fatto divieto alla gente di Chiesa di « por mano alla predella » e di trescare coi re della terra: che era il pensiero dei riformatori seligiosi i quali, al tempo di Dante, s‘ispiravano alle dottrine del « calaveese abate Gioachino, di spitito profetico dotato » '. Nella Commedia, che & « poema sacto al quale ha posto mano e cielo e terra », Dante sottoponeva ad una profonda revision tutto il suo pensiero, Nella sua nuova intuizione della vita e del mondo, non che la Filosofia aristotelica nem- meno la Teologia speculativa bastava a saziare la « sete na- turale »; e son veramente acute le pagine che il Gilson ha dedicato alla funzione rappresentativa che ha nel Paradiso santo sene » Bernardo. Al misticismo platonico- aristotelico, che assegnava come mita ultima all’ascesa mo- rale dell'uomo la somiglianza con Dio, per mezzo della la mistica unione cristiana del- ‘conoscenza, Dante s0st Tanima con Dio in un supremo atto d'amore. rowto dt cimane Danse ele calare intorso 4 questo importantssimo argomer Gare il lettore sl mio studio su Danie prof medievale, pp 258 sex. V- anche sopra, pp. 148150

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