Professional Documents
Culture Documents
Prima Macro Area Uomo e Teclogia
Prima Macro Area Uomo e Teclogia
L’approdo al Verismo
Dopo aver scritto romanzi riguardanti temi romantici e scapigliati, Verga (a partire dal
1874) si dedicò alla lettura dei principali autori realisti e naturalisti, che già l’amico Luigi
Capuana stava contribuendo a far conoscere in Italia grazie ai suoi articoli pubblicati sul
Corriere della Sera.
Alcuni critici considerano “Nedda” il primo testo verista di Verga per la scelta di un
soggetto legato al mondo degli umili, ma in realtà la novella anticipa solo i temi del verismo
ma non ne possiede le tecniche narrative poiché ancora compare la figura del narratore
onnisciente in terza persona che commenta le vicende dei personaggi.
Sarà poi “Rosso Malpelo” ad inaugurare la stagione della produzione verista dato che,
anche in questo caso, il protagonista appartiene al mondo degli umili, ma cambia il punto
di vista della narrazione perché si passa dal narratore onnisciente al narratore
impersonale.
La conversione di Verga al Verismo, e in generale la sua poetica, fu influenzata e favorita
da alcune letture che ebbe modo di fare durante la stesura di Rosso Malpelo, tra cui:
- l'Assommoir di Zola
- L'inchiesta in Sicilia di Sonnino e Franchetti ( che aveva messo in evidenza l'arretratezza
e la miseria del meridione italiano → questione meridionale)
I principi della poetica verista
Come già anticipato, i principi della nuova poetica di Verga enunciati in tre testi
programmatici, che costituiscono i manifesti del verismo verghiano:
- la novella “Fantasticheria”
- la lettera dedicatoria all'amico Salvatore Farina della novella “L'amante di Gramigna”.
- la prefazione ai “Malavoglia”
In Fantasticheria:
Annuncia di voler rappresentare il mondo dei poveri pescatori di Aci Trezza, e di volere
indagare le cause che spingono questa gente a sopravvivere in un ambiente così duro e
ostile, cercando di osservare le cose da loro stesso punto di vista.
Delinea per la prima volta il concetto di “ religione della famiglia” che spinge la povera
gente a voler rimanere il più possibile attaccata alla propria famiglia, e teorizza “ l'ideale
dell'ostrica” ovvero il tenace attaccamento dei poveri a loro mondo.
Nell'Amante di Gramigna:
Il racconto deve avere la caratteristica di un “documento umano”, ovvero di un fatto
realmente accaduto.
La ricostruzione dei processi psicologici deve essere scientifica, cioè deve indagare “nel
grande libro del cuore”; In modo da giungere a una “scienza del cuore umano, che sarà il
frutto della nuova arte” (concezione dell'artista-scienziato)
Alla base di questa nuova arte deve esserci il canone dell'impersonalità (lo scrittore deve
limitarsi a riprodurre la realtà oggettiva ea mettere in luce i rapporti di causa-effetto che
legano l'uomo al suo ambiente, senza commentare o lasciar trasparire i propri sentimenti e
le proprie opinioni).
Nella prefazione ai Malavoglia, Verga si propone:
di indagare le cause materiali ed economiche che sono alla base dell'agire umano.
di prendere come soggetto nella sua opera “i vinti”, cioè coloro che sono stati sconfitti nel
loro tentativo di conquistare una posizione sociale migliore.
di limitarsi a osservare i fatti narrati in modo impersonale, senza intervenire con commenti
e giudizi, riaffermando in questo modo il principio dell’impersonalità dell'opera letteraria.
Le tecniche narrative
L'esigenza di rispettare i canoni dell'impersonalità dell'opera letteraria, spinse Verga a
creare nuove strategie narrative. Sono principalmente 4:
L'eclissi dell'autore
Il romanzo deve escludere ogni intervento dell'autore che deve invece mettersi nei panni
dei personaggi, così che dal racconto possa emergere una visione oggettiva della realtà
che dia al lettore l'impressione di essere presente all'avvenimento.
La regressione
Dal momento che l'autore si eclissa, il narratore deve appartenere al mondo
rappresentato, quindi per assumere il punto di vista dei personaggi di una determinata
realtà sociale si utilizza l'artificio della regressione:
cioè il narratore regredisce al livello sociale e culturale dei personaggi per meglio
rappresentarli.
Lo straniamento
Consiste nel rappresentare come strano ciò che non lo è, in modo da aumentare il divario
tra la visione del mondo del narratore e dei personaggi della storia e quella dell'autore e
dei lettori che invece sono esterni alla vicenda.
Il ciclo dei vinti sarebbe dovuta essere la raccolta di 5 romanzi veristi basati sull'indagine degli
effetti del progresso sugli individui e sulle comunità sociali. incompiuto--> Si sarebbe dovuto
chiamare “La marea”
L' “ideale dell'ostrica” → l’ostrica è fatta dalla natura per vivere attaccata allo scoglio → si stacca
(la molla è il desiderio di migliorarsi) e si allontana. Se in un primo momento può stare meglio poi è
destinata a morire. Fuori dalla metafora, l'uomo sarà costretto a piegare il capo davanti alle
situazioni.
La logica dei romanzi nel ciclo doveva essere ascensionale, dalle classi più basse a quelle più alte.
Il meccanismo essenziale doveva essere sempre lo stesso pur variando nelle forme → logica “dal
semplice al complesso” già sperimentata da Balzac e Zola.
Il metodo della violenza tra gli uomini si ripropone sempre uguale sia che si tratti di pescatori che di
uomini nobili.
I Malavoglia (realizzato)
Mastro-don Gesualdo (realizzato)
non realizzati:
La duchessa di Leyra
L'Onorevole Scipioni
L'uomo di lusso
→ idea negativa del progresso nel ciclo: attestazione di quello che il progresso fa, tutti i
romanzi hanno dentro dei personaggi che sono strappati dalla voglia di progresso ma che
poi si sentono alienati (ideale dell'ostrica).
Vuole manifestare quello che il progresso fa ma scopre facendolo che non era necessario
un ciclo e infatti non lo scrive.
Prefazione dei Malavoglia
• Verga cerca subito di mettere in chiaro il carattere oggettivo del suo romanzo-->non
basta, c’è l’ignoto. “vaga bramosia dell’ignoto”-->è ciò che fa crollare il sistema della
famiglia dei Malavoglia che era sempre vissuta in modo felice-->ideale dell’ostrica.
• Vuole presentare “il meccanismo” delle passioni umane. “meccanismo” perché secondo
lui gli uomini sono soggetti a leggi necessarie e universali
• Concezione meccanicista del progresso: il progresso è una “fiumana” che travolge tutti
senza lasciare via di scampo. Selezione naturale. Quelli che vengono sopraffatti dal
progresso sono i cosiddetti “vinti”.
• La sua narrazione non lascia speranze: opporsi al progresso è impossibile
MALAVOGLIA
Il giovane ‘Ntoni, nipote di Padron ‘Ntoni, deve partire per il militare e la famiglia è
costretta ad assumere un lavoratore. A ciò si aggiunge una cattiva annata per la pesca e il
bisogno di una dote per Mena, la figlia maggiore, che si deve sposare.
Il naufragio delle "Provvidenza"Padron ‘Ntoni decide allora di tentare la via del commercio, ma
la Provvidenza - la barca che serve al sostentamento di tutta la famiglia - naufraga e
muore Bastianazzo, figlio di Padron ‘Ntoni e futuro capofamiglia. La nave era carica di
lupini comprati a credito dall’usuraio Zio Crocefisso. Questo evento causa la rovina
economica dei Malavoglia, che perdono anche la casa del nespolo.
Poco dopo il colera uccide la madre. La Provvidenza, che era stata riparata, naufraga di
nuovo, i membri della famiglia rimangono senza lavoro e sono costretti ad arrangiarsi con
lavoretti poco redditizi. Intanto il giovane ‘Ntoni, partito per il militare, entra in contatto
con il mondo esterno. Finito il servizio militare si rifiuta di tornare a casa per dedicarsi al
duro lavoro che le difficoltà economiche della famiglia gli imporrebbero. Decide di
dedicarsi al contrabbando e a una vita dissipata. Finisce in carcere dopo una rissa con la
guardia che aveva tentato di sedurre la sorella Lia. L’altro nipote, Luca, muore durante la
battaglia di Lissa del 1866. Lia, dopo l’episodio con la guardia, si sente disonorata e fugge a
Catania, dove finisce per lavorare come prostituta. A causa di questo Mena non può più
sposarsi.
L'epilogo della storiaIl nucleo familiare è completamente distrutto e Padron ‘Ntoni, ormai
malato, si avvicina alla morte. Tuttavia, dopo tanti sacrifici, l’ultimo nipote, Alessi, riesce a
ricomprare la casa del Nespolo e tenta di ricostruire il nucleo familiare senza però riuscirci:
Padron ‘Ntoni muore in ospedale, lontano dalla casa e dalla famiglia mentre il giovane
‘Ntoni, uscito dal carcere, capisce di non poter più esser parte di quella vita e abbandona
per sempre il paese natale.
Di cosa parla il romanzo
Le sventure sono dovute all’irruzione della storia e del progresso che mettono in crisi il
mondo tradizionale arcaico.
Nel romanzo ci sono varie opposizioni tra:
La trama
Il romanzo è ambientato a Vizzini, piccolo comune nel catanese.
Narra la storia di Gesualdo Motta, un uomo avido che ha avuto come unico scopo nella vita
quello di accumulare ricchezze. Compie un percorso che da Mastro, ovvero da muratore, lo
porta a diventare Don, cioè diventa nobile, grazie al suo matrimonio con una donna nobile
di nome Bianca Trao., che però non lo ama. Bianca è stata costretta a sposarlo, sia perché
la sua famiglia era in difficoltà economiche sia perché era incinta di un cugino di nome Ninì
Rubiera, che non poteva sposare.
Per questo matrimonio interesse Gesualdo rinuncia a sposare la serva Diodata, dalla quale
ha diversi figli. Ma il matrimonio si ritorce ben presto contro di lui.
La moglie lo evita, e tutto il paese lo disprezza poiché è un uomo dedito solo ai suoi
interessi. Bianca muore giovane di colera ma gli dà una figlia, Isabella, che in realtà è figlia
di Ninì Rubiera.
Isabella, benché viziata enormemente da Gesualdo, prova a vergogna per le sue umili
origini e lo disprezza a causa delle sue imposizioni, infatti Gesualdo prima la allontana da
casa e dalla madre per mandarla in un prestigioso collegio, poi la costringe ad un
matrimonio infelice.
Quando si ammala; rimasto completamente isolato, Gesualdo viene preso dal genero e
portato nella sua residenza di Palermo dove può constatare di persona come il marito della
figlia abbia distrutto il suo patrimonio.
Mastro don Gesualdo muore solo e disperato.
I temi
Il tema principale è il fallimento dell’avidità economica e, per estensione, la sconfitta di ogni
individuo che aspira al progresso.
Il pessimismo è radicale: l'avvento dell'epoca moderna e tutti i cambiamenti sono avvertiti come
una tragedia. La visione pessimistica si estende al periodo storico che porta all'Unità d'Italia: il
romanzo infatti è ambientato proprio in quegli anni tra la fine del Settecento è il 1860.
Lo spazio e il tempo
Le vicende si svolgono non solo a Vizzini ma anche a Mangalavite (un podere in cui il
protagonista si trasferisce per evitare il contagio di colera), e a Palermo (dove Gesualdo si
trasferisce a casa del genero e dove muore).
Mancano rimandi cronologici precisi, ma alcuni fatti accennati ci fanno capire che le
vicende del romanzo si sono sviluppate tra la fine del Settecento e i primi anni
dell'Ottocento.
I punti principali del Manifesto del Futurismo, a cui tutti gli intellettuali devono adeguarsi,
sono:
- proiettarsi verso il futuro e verso il progresso;
- cantare l’audacia, il pericolo, la velocità, il movimento, la dinamicità e la ribellione;
- opporsi alla cultura Ottocentesca, immobile e assonnante;
- considerare la lotta e la guerra come sola forma di igiene del mondo;
- provare disprezzo nei confronti della donna, considerata portatrice di valori deboli ed
ispiratrice della poesia sentimentale;
- distruggere le biblioteche ed i musei, colpevoli di produrre una cultura stereotipata.
I futuristi sono contrari alla realizzazione di opere artistiche in serie e arrivano a rompere il
canale di comunicazione col pubblico: scrivono opere illeggibili e incomprensibili. Nel 1912
viene pubblicato il Manifesto letterario Futurista, nel quale i futuristi spiegarono come si
sarebbe concretizzata la rottura del canale di comunicazione col pubblico: distruzione della
sintassi, verbo all’infinito, disposizione di sostantivi automatica, distruzione dell’Io e della
psicologia, abolizione di avverbio e aggettivo, abolizione della punteggiatura, testo scritto
in orizzontale, verticale, e diagonale, introduzione di peso, odore e rumore nella letteratura
e dell’immaginazione senza fili.
Uno dei principali aspetti del Futurismo è proprio il mito della macchina. La letteratura
italiana era rimasta legata per lungo tempo, a causa dei ritardi dello sviluppo economico e
sociale, ad una realtà contadina. All'inizio l'industrializzazione e i primi segnali della
Rivoluzione industriale causavano reazioni di sconcerto anche tra gli intellettuali. Giosuè
Carducci invece, nell'Inno a Satana del 1863, aveva celebrato l'arrivo della locomotiva,
come un segnale del trionfo della scienza e del libero pensiero. A poco a poco anche in Italia
iniziò ad avvertirsi l'esigenza di una cultura industriale. La macchina diventa così un mito
nel quale si raccolgono le aspirazioni della modernità, del rinnovamento e delle
trasformazioni sociali. Nella letteratura l'avvento della macchina assume il valore di un
simbolo, capace di alimentare le fantasie dell'immaginario collettivo. L'esaltazione della
macchina diventa una sorta di religione: la macchina si trasforma nel mezzo e nel fine della
creatività artistica e della sensibilità estetica. La macchina diventa una metafora
dell'esistenza ed offre l'illusione di un fondamento concreto e oggettivo in una visione del
mondo per molti aspetti astratta, delirante e irrazionale.
Pirandello, maestro del teatro umanissimo, non può, non riesce a tollerare
l’inganno del cinema, nel quale gli attori sono privati del gratificante sollievo
di un plauso, il pubblico della possibilità di approvare o disapprovare in
diretta, l’operatore della sua essenza umana. Proprio lui, che ha scandagliato
l’animo umano fino all’ultimo umore, fino al sedimento più recondito e duro,
come può non avvertire il disagio della degradazione di quell’animo,
delladisumanizzazione del cinema che è, più in generale, la disumanizzazione
imposta dalle macchine, dell’esasperazione tecnica, della presunzioni
scientifiche, degli slanci progressisti che non poggiano sulla base
sempreverde della tradizione? I “Quaderni” meritano attenzione maggiore
rispetto a quella riservata dalla critica sino ad oggi. Qui, infatti, si confronta
con l’avveniente età industriale; qui emerge la sua posizione di radicata
diffidenza nei confronti della meccanizzazione smodata; qui condensa tutte le
tragicità dell’uomo moderno; qui possiamo raccogliere gli stimoli riflessivi che,
con lungimiranza e lucidità, il nostro più grande prosatore ci ha offerto sulla
questione uomo-tecninca, prima che questa diventasse veramente attuale.
La Scuola di Francoforte
La scuola di Francoforte rappresenta un gruppo di studiosi che indirizzarono i loro sforzi
intellettuali, intorno agli anni Trenta, verso i temi della filosofia e della sociologia. Il luogo
attorno al quale svilupparono le loro ricerche fu l’Istituto di ricerche sociali, con sede appunto a
Francoforte.
Il tema principale, oggetto di studio dell’Istituto, fu quello della cosiddetta “teoria critica della
società”. Con questa espressione si indica l’elaborazione intellettuale tesa a criticare
l’ideologia capitalistica, evidenziandone le falle interne e con l’intento di offrire modelli
d’interpretazione alternativi.
Pur condividendo l’apparato teorico centrale, ognuno degli studiosi appartenenti alla Scuola di
Francoforte puntò l’attenzione su aspetti diversi del problema. Ecco i principali esponenti e il
loro campo di studi.
Theodor Adorno, come la maggior parte dei suoi colleghi, dovette abbandonare Francoforte in
seguito alle politiche repressive naziste, per fuggire prima a Parigi e successivamente a New
York. Assieme a Horkheimerscrisse il libro Dialettica dell’Illuminismo. Il pensiero sociologico
che perseguì ruotò attorno a tre punti:
il concetto di razionalità strumentale, ovvero l’abuso degli ideali illuministi da parte del
capitalismo, con lo scopo di aumentare il consenso e il controllo sull’uomo;
l’industria culturale, cioè la sistematica opera di omologazione e appiattimento delle
diversità degli uomini, al fine creare bisogni sempre più uguali con l’aiuto indispensabile
dei massmedia;
il mito della personalità autoritaria, riprendendo le idee di Horkheimer, che dà alla
famiglia la maggiore responsabilità nella creazione del consenso.
Herbert Marcuse diede un forte impulso alle rivolte studentesche del ’68. Le sue idee
muovevano da un’esigenza di affrancamento dall’ordine soffocante della società industriale. Pur
partendo da idee marxiste, se ne distacca quasi immediatamente, non condividendo la classica
contrapposizione tra borghesia e proletariato (quest’ultimo già ben inserito nella società dei
consumi), ma vedendo negli studenti e nei soggetti emarginati gli elementi più eversivi. Tra le
sue opere si ricordano Eros e civiltà e L’uomo a una dimensione.
Con Erich Fromm viene interamente trattato il tema della società capitalistica, in rapporto alla
personalità dell’individuo, grazie all’uso della psicanalisi. Secondo Fromm, la società attuale
non riesce, per sua natura, a soddisfare i naturali bisogni dell’individuo, necessari per la sua
realizzazione. Compito della psicanalisi è quello di aiutare il singolo a riconoscere le proprie
esigenze e, attraverso la creatività, a realizzare se stesso. Alcune opere da lui scritte
sono L’arte di amare, Dalla parte dell’uomo e Avere o essere.
Età giolittiana
Anche l'Italia fu coinvolta nelle trasformazioni avviate dalla seconda rivoluzione
industriale tra il 1896 è il 1908, ebbe come protagoniste le industrie meccaniche. La
rete dei trasporti migliorò non solo nelle città. Lo sviluppo ferroviario riguardò in
particolare le coste Tirrenica e Adriatica dove sorsero nuovi nuclei urbani, nuovi
commerci e i primi decenni del turismo di massa. Lo spazio cittadino si affolò anche
di ritrovi. L'automobile era un bene di lusso, per muoversi si ricorreva soprattutto
alla bicicletta, nacque il Touring Club Ciclistico italiano che organizzò il primo Giro
d'Italia. Nel 1911 la gestione delle scuole primarie, in precedenza affidata alle
amministrazioni comunali, fu presa in carica dello Stato. L'ingresso delle masse nel
mondo della produzione industriale coincise con un complessivo aumento della
consapevolezza dei propri diritti civili, che si tradusse in una forte spinta alla
partecipazione politica e alla vita democratica. Questa fase corrispose all'età
giolittiana.
Giolitti durante il governo di Zanardelli mise fine alla cosiddetta crisi di fine secolo.
Di fronte alla protesta, Giolitti, che come primo ministro degli Interni era
responsabile dell'ordine pubblico, elaborò una strategia politica fondato su
l'imparzialità del Governo di fronte alle controversie economiche tra lavoratori e
imprenditori; sul dialogo con le associazioni dei lavoratori; sulla repressione dei
moti non organizzati dai sindacati e sugli accordi parlamentari con i socialisti e i
cattolici. Lo Stato, insomma, doveva garantire il libero svolgimento della lotta
sindacale, limitandosi a reprimere la violenza e gli eccessi. Sul piano legislativo
comportò l’abolizione di ogni restrizioni alla libertà di organizzazione e di azione
politica e il varo di una serie di provvedimenti di garanzia e di tutela per il mondo
del lavoro (assicurazione contro gli infortuni, previdenza per la vecchiaia e la
maternità, innalzamento dell'età minima per l'ingresso nel mondo del lavoro).
Giolitti, inoltre, si impegnò per allargare la partecipazione politica. Una nuova legge
elettorale del 1913, estese il voto a tutti i cittadini maschi, anche ai nullatenenti e
agli analfabeti, purché avessero compiuto 30 anni e svolto il servizio militare.
Giolitti al Sud trascurò le esigenze delle masse contadine diseredate. Numerosi
intellettuali si interrogarono in quella fase sulla cosiddetta "questione meridionale".
Alcuni invocavano anche per il Meridione l'avvio di un processo di
industrializzazione, altri chiedevano all'opposto una riforma agraria in grado di
valorizzare la vocazione agricola.
Giolitti tentò di usare una spedizione militare per allentare la pressione dei propri
oppositori e per incanalare verso un nemico esterno le tensioni accumulatesi. La
guerra contro l'impero ottomano alla conquista della Libia durò un anno e si
concluse vittoriosamente con la pace di Losanna, che riconosceva all'Italia il
possesso oltre che della Libia, anche delle isole di Rodi e del Dodecaneso. Tra i più
accesi sostenitori della guerra ci furono i principali esponenti del mondo degli affari
industriali e finanziari. A spingere Giolitti erano stati soprattutto i nazionalisti, che
avevano come punto di riferimento Gabriele D'Annunzio. I loro motivi ispiratori
oscillavano tra la nostalgia per il mondo preindustriale e rurale e lo spirito di netta
rottura con il passato che animava il futurismo. I nazionalisti auspicavano alla
formazione di una nuova Élite politica che avrebbe dovuto garantire una guida
solida e autoritaria; inseguivano un modello raccolte intorno al concetto di nazione.
Tale modello presupponeva il conflitto dall'interno all'esterno del paese. Il modello
di società ruotava attorno al concetto di nazione: doveva essere compatta al
proprio interno e capace di unire in un unico blocco tutte le classi sociali,
proponendo come obiettivo comune la grandezza e la prosperità delle Italia. A
sinistra c'era il Partito Socialista con la leadership di Filippo Turati, in cui era
prevalsa una concezione sostenuta anche dalla maggioranza del movimento
sindacale CGDL, fondata sul presupposto che in Italia esistesse una borghesia
moderna con la quale ci si poteva alleare per attuare una politica di riforme. Di
parere opposto erano le correnti del sindacalismo rivoluzionario, guidate da
Labriola. Nel luglio 1912 si arrivò allo scontro tra i leader riformista, Bissolati, e
quello rivoluzionario, Benito Mussolini. L'estremismo di Mussolini prevalse
privilegiando una linea politica centrata sulla pratica dell'azione diretta e dello
sciopero generale, in toni sempre più violenti. Al centro si era consolidata una forte
rappresentanza politica del mondo cattolico. In precedenza il Non Expedit aveva
impedito la partecipazione dei cattolici alla vita politica del nuovo Stato unitario. Poi
con l'allargamento della partecipazione politica il loro impegno crebbe. Era una
scelta centrista che privilegiava i soggetti esclusi dalle due gradi forze su cui si
fondava il compromesso giolittiano, il proletariato industriale e la borghesia
imprenditoriale. All'opera di Giuseppe Toniolo, il principale sostenitore, si affiancò
l'enciclica di Leone XIII, il Rerum novarum che, criticando sia il capitalismo sia il
socialismo, incoraggiava l'impegno sociale dei cattolici e l'associazionismo operaio.
Nacque l'Unione elettorale cattolica. Il progetto giolittiano poteva funzionare solo
attraverso una pace. Ma ormai le forze politiche più rilevanti si ponevano tutte al di
fuori del sistema giolittiano. Il Patto Gentiloni avevo offerto il voto dei cattolici in
funzione antisocialista a quei candidati che ci fosse impegnati a salvaguardare in
Parlamento le posizioni della Chiesa in materia di istruzione e dei diritti civili.
Svaniranno i termini politici del compromesso giolittiano, tanto che le dimissioni di
Giolitti furono l'epilogo. Il nuovo capo del governo, fu Salandra nel 1914, era un
liberale di destra.
Crispi e Giolitti
A favore dei datori di lavoro A favore dei lavoratori
Manda l'esercito contro i lavoratori che chiedevano più libertà Dialogo tra lavoratori
Reprime tutte le rivolte Reprime solo i moti non organizzati dai partiti
Fa erigere statua a Giordano Bruno per dispetto al Vaticano (la Chiesa aveva
condannato Giordano Bruno) Accordi parlamentari con cattolici e socialisti
Le cause della guerra furono:
- il nazionalismo che aveva infilato una marcata aggressività verso
l'esterno
- il positivismo e le scoperte scientifiche che avevano incubato i germi del
razzismo e della xenofobia
- la libera concorrenza che aveva prodotto l'esaltazione della competizione
economica
- le innovazioni della seconda rivoluzione industriale che avevano messo a
punto le prime armi di distruzione di massa
- lo Stato che era intervenuto nell'economia e aveva dilatato le spese
militari
In Germania quando nel 1888 salì al trono il nuovo imperatore Guglielmo
II, la carriera politica del cancelliere Bismarck si concluse e le forze
Imperialiste (grandi proprietari terrieri prussiani, la monarchia, l'esercito è
il corpo diplomatico), trovarono il proprio punto di raccordo nel
pangermanesimo, cioè nel progetto della creazione di una grande
Germania, capace di stendere i propri confini fino a contenervi tutti i
popoli tedeschi sparsi per l'Europa. Gli storici ritengono che la rivalità tra
Germania e Gran Bretagna è la vera causa scatenante del conflitto. C'era
anche quella tra Francia e Germania, che risaliva al contenzioso sui
territori dell'Alsazia e della Lorena, passati ai tedeschi dopo la sconfitta
francese del 1870; a sua volta era rilevante i contrasti tra l'Austria-
Ungheria e la Russia, entrambe ansiose di acquisire una maggiore
influenza nei Balcani. Si tratta però di conflitti in grado di dare vita a crisi
regionali e non è una conflagrazione mondiale. L'Inghilterra aveva assunto
una posizione difensiva, che mirava a preservare la sua leadership
mondiale. L'aspirazione della Germania era quella di diventare una
potenza globale, dotata di una flotta in grado di garantire un solido
dominio internazionale. Dal punto di vista inglese, pertanto la costruzione
di una flotta tedesca era una minaccia diretta poiché il controllo degli
oceani era una risorsa strategica vitale per la Gran Bretagna. Le rivalità tra
le potenze inglesi e tedeschi si manifestarono nelle numerose crisi che
investirono il sistema politico, in particolare in occasione delle due crisi
marocchine del 1906 e del 1911. La Germania aveva infatti avanzato
pretese sul Marocco, scontrandosi con le analoghi aspirazione francesi. La
conferenza di Algeciras indusse i tedeschi a rivedere i loro propositi. Nel
1911 quando inviarono una loro cannoniera a impadronirsi del porto
marocchino di Agadir, i tedeschi furono nuovamente costretti a ritirarsi,
anche questa volta per il fermo intervento degli inglesi schierati al fianco
della Francia. A rendere ancora più incandescente la situazione,
intervennero anche le crisi interne e i moti rivoluzionari che squassarono
paesi come l'impero ottomano e la Russia. L'impero Ottomano fu scosso
dall'ascesa dei Giovani Turchi, guidati da Mustafa Kemal detto Ataturk, un
militare che rappresentò l'emblema della modernizzazione del mondo
arabo. I Giovani Turchi era un movimento politico costituito da
intellettuale militari che si adoperarono per rafforzare l'esercito e
promuovere lo sviluppo economico. Nel 1908 organizzarono un
un'inserzione militare ottenendo un regime costituzionale e una crescente
influenza all'interno del governo. Tutti si affrettano ad approfittare della
crisi turca: l'Austria-Ungheria decise di annettere al proprio territorio la
Bosnia-Erzegovina, questo passo creò lo scontento della Serbia e della
Russia; Creta fu annessa alla Grecia e la Bulgaria ottenne l'indipendenza.
In seguito alla sconfitta nella guerra con l'Italia, l'impero ottomano fu
costretto a cedere anche la Libia e il Dodecanneso (1912). La Serbia, la
Bulgaria, la Grecia e il Montenegro si allearono militarmente contro il
governo turco, l'impero ottomano fu sconfitto e dovette abbandonare tutti i
suoi territori dei Balcani. Nel 1913 una nuova guerra oppose la Bulgaria
alla Serbia, alla Grecia, alla Romania, al Montenegro e all'impero
ottomano, con la sconfitta della Bulgaria.
Le crisi internazionali e le crisi interne si fusero insieme. Con i moti
rivoluzionari del 1905 ci fu il prologo della grande rivoluzione russa del
1917. L'impero zarista era una grande potenza per tre motivi: la vastità del
territorio, il numero degli abitanti e la forza militare. I contadini erano
oppressi da tasse elevate e dalla povertà, erano organizzati in comunità di
villaggio (mir), che amministravano i terreni agricoli dividendoli in quote
tra le famiglie dei coltivatori, ma la terra a disposizione era poca e le tasse
non si poteva evadere. Durante il regno degli Zar Alessandro III e Nicola
II (fucilato dai rivoluzionari) fu questo il flusso di denaro ad alimentare lo
sviluppo industriale. Durante il regno dello zar Alessandro II era stata
avviata una cauta liberalizzazione, il cui principale risultato era stato
l'abolizione della servitù della gleba, tuttavia malgrado la diffusione nel
paese di ideali liberali la Russia conserva un regime politico autocratico e
reazionario. Anche in Russia cominciarono ad affermarsi i primi partiti
politici: il partito costituzionale Democratico, rappresentava la borghesia e
nobili progressisti, i socialisti rivoluzionari, promotori di rivolte contadine
con il frequente ricorso a metodi terroristici, i socialisti di ispirazione
marxista, confluiti nel partito socialdemocratico con un forte seguito tra gli
operai industriali. Nel 1905 l'umiliazione per la guerra contro il Giappone
fece precipitare i motivi protesta, che iniziano con la domenica di sangue.
Lo zar stretta concedere alcune riforme: fu istituito un Parlamento, la
Duma, furono concesse libertà politiche e civili. Il primo ministro Stolypin
fece una riforma agraria, che prevedeva la frantumazione del mir; li mette
in vendita e così solo i contadini più ricchi le possono comprare. Nasceva
così un ceto di contadini ricchi (kulaki) con una mentalità imprenditoriale
dinamica, ma politicamente conservatrice. Per rafforzare il proprio potere,
lo zar alimentò inoltre una rinascita del nazionalismo, puntando
sull'esercito anche per recuperare il prestigio perduto dalla guerra contro il
Giappone. L'Austria-Ungheria, schierata a fianco dei progetti
espansionistici della Germania, era scossa da tensioni nazionalistiche e
dalla rivalità tra i due gruppi egemoni, tedeschi contro magiari, e dei
contrasti politici, che contrapponevano i cattolici ai socialisti. Il paese
restava essenzialmente rurale, soprattutto nella parte ungherese. Una
politica di modernizzazione aveva avviato una serie di riforme: alcune
misure di legislazione sociale e il suffragio universale maschile. Gli Usa a
partire dalla fine della guerra civile (1865) erano stati attraversati da uno
sviluppo impetuoso che li portarono ad essere i primi produttori di ferro,
carbone, petrolio, rame e argento. L'espansione verso ovest era proseguita
grazie alla rete ferroviaria che superava per estensione quella di tutti i
principali paesi europei messi assieme. Gli Stati Uniti potevano usufruire
delle risorse di immigrazione massiccia. L'economia era rurale, ma si
trattava di un'agricoltura in grado di creare un enorme ricchezza poiché
poteva utilizzare tecnologie avanzate. Gli Stati Uniti acquisirono l'Alaska
dalla Russia, ci fu l'annessione delle isole Hawaii, conquistò le Filippine,
dove costruirono un protettorato, il conflitto con la Spagna portò al
controllo di Cuba, che rimase indipendente, e alla conquista di Portorico e
dell'isola di Guam nel Pacifico. Il Giappone era stato escluso dalla prima
rivoluzione industriale, fu però coinvolto nella seconda perché poté
attingere dalla manodopera a basso costo. Nell'era meiji una serie di
riforme investirono le istituzioni come la pubblica amministrazione, la
scuola e l'esercito. Ad alimentare la modernizzazione fu l'incremento della
produzione agricola, seta e riso divennero i settori portanti
dell'esportazione, consentendo di ricavare le risorse finanziarie per creare
le nuove attività produttive necessarie allo sviluppo del Paese. Nel 1880
furono i grandi gruppi economici privati, gli Zaibatsu, a controllare una
miriade di filiali industriale finanziarie, guidata da un Consiglio Direttivo
formato dei membri delle famiglie fondatrici. Con gli Zaibatsu si
svilupparono le industrie pesanti, meccaniche e minerarie che
contribuirono ad attribuire un carattere puramente autoritario al regime
politico. Il suffragio era estremamente distretto. L'imperatore conservava i
poteri illimitati e le caste militari restavano indipendenti dall'autorità
politica. Costruì un'imponente flotta da guerra, e a farci le spese furono la
Cina e la Russia.
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, nel cuore della Bosnia, lo studente serbo-
bosniaco, Gavrilo Princip, uccise l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al
trono austriaco. L'Austria inviò alla Serbia una dura nota di protesta che
esigeva la fine della propaganda antiaustriaca, l'arresto di alcuni sospetti, la
partecipazione di propri poliziotti alle indagini sull'attentato. Poi
nonostante la Serbia avesse accettato buona parte di quelle richieste, il 28
luglio dichiarò la guerra. Seguì una reazione a catena:
- la Russia, tradizionale protettrice dei Servi, ordinò la mobilitazione
generale, e fu imitata il giorno dopo dalla Germania e dell'Austria -
Ungheria
- la Russia dichiarò guerra agli imperi centrali (Germania e Austria-
Ungheria)
- la Germania dichiarò a sua volta guerra alla Francia
- la Gran Bretagna entrò in guerra a fianco della Francia della Russia
I duellanti iniziali erano dunque gli Imperi Centrali (Germania e Austria-
Ungheria) contro le potenze della Triplice Intesa (Russia, Francia e Gran
Bretagna). Nel 1914 entrò in guerra il Giappone a fianco dell'intesa e
l'Impero Ottomano a sostegno degli Imperi Centrali, nel 1915 Italia si
schierò con l'intesa e sul fronte opposto la Bulgaria, nel 1916 la Romania,
gli Stati Uniti, la Grecia e la Cina si allearono all'intesa.
In Europa i fronti principali della guerra furono quello occidentale, dove
combatterono i tedeschi contro i francesi e gli inglesi e quello orientale,
dove si affrontano la Germania e l'Austria - Ungheria da una parte, la
Russia e la Serbia dall'altra. Con l'ingresso in guerra di altre potenze, altri
fronti furono aperti. Con l'intervento italiano fu creato contro l'Austria un
fronte meridionale. I fronti di guerra si estesero anche agli oceani, la Gran
Bretagna si impegnò per bloccare i rifornimenti marittimi agli imperi
centrali e ciò culminò con la dichiarazione da parte della Germania della
guerra sottomarina illimitata. Per la prima volta nella storia le operazioni
belliche venivamo estese a tutti i continenti. Sul fronte occidentale si
cominciò a sparare. Per evitare di essere impegnato su due fronti, la
Germania attaccò immediatamente la Francia per approfittare dei tempi
lunghi di mobilitazione dell'esercito russo. Il piano Schlieffen, predisposto
dal capo di stato maggiore tedesco, prevedeva l'invasione della Francia
passando per il Belgio e Lussemburgo. I due piccoli stati erano neutrali,
ma questo non impedì ai tedeschi di occuparli, in aperta violazione
del diritto internazionale. L'offensiva tedesca si arrestò soltanto sul fiume
Marna. Nel 1914 il fronte si stabilizzò lungo una linea chilometrica di
trincee e di filo spinato, esteso del canale della Manica alla Svizzera.
Anche sul fronte orientale l'iniziativa dell'attacco fu presa dai tedeschi, che
registrarono due importanti vittorie contro l'esercito russo nelle battaglie di
Tannenberg e dei laghi Masuri. I russi invece sconfissero gli austriaci in
Galizia. Nel 1915 dalla Galizia parti un'offensiva dagli Imperi Centrali che
costrinse l'esercito russo ad arretrare. Il cedimento non si trasformò in
crollo e anche questo fronte si stabilizzò. La Serbia, rimasta sola,
accerchiata dalla Bulgaria e dall'Austria, fu travolta, poi toccò alla
Romania. Alla fine del 1916 nessuno dei due schieramenti in campo aveva
conseguito una vittoria decisiva. Allo scoppio della prima guerra mondiale
l'Italia era ancora legata agli imperi centrali della Triplice Alleanza. La
formulazione però avevo un valore esclusivamente difensivo, tale cioè da
far scattare la sua applicazione solo in caso di aggressione militare ai danni
di uno dei suoi contraenti da parte di un altro Stato. Nel momento in cui si
accese la Grande Guerra, poiché era stata l'Austria a dichiarare guerra alla
Serbia, prima l'Italia si proclamò neutrale, poi arrivò un clamoroso
rovesciamento delle alleanze che la portò a schierarsi contro la Germania e
l'Austria - Ungheria. Tutti i governi delle potenze in lotta avevano avuto il
consenso dei socialisti e dei borghesi. In Italia invece, i socialisti erano
contrari e la borghesia era divisa tra quanti volevano schierarsi contro
l'Austria e coloro che non volevano l'entrata in guerra. I neutralisti
rappresentavano un vasto stiramento politico, in cui erano confluiti i
liberali giolittiani, i socialisti e la maggioranza dei cattolici, mentre ad
affollare il fronte opposto, quello interventista, si trovavano sindacalisti
rivoluzionari, nazionalisti, liberali di destra che avevano in Salandra un
punto di riferimento, democratici, irredentisti (coloro che rivendicavano
l'annessione all'Italia dei territori sottoposti all'Austria-Ungheria, il
Trentino e la Venezia Giulia) e gli ambienti giornalistici legati al più
importante quotidiano italiano, il Corriere della Sera. A sostegno della
guerra, dopo un'iniziale neutralismo, si schierò anche Benito Mussolini. I
neutralisti avevano la maggioranza in Parlamento, ma gli interventisti
erano in grado di accendere le passioni delle piazze. Colloqui segreti
portarono alla firma del Trattato di Londra, stipulato all'insaputa del
Parlamento: l'Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese in
cambio del Trentino e dell'Alto Adige, della Venezia Giulia, dell'Istria, di
buona parte della Dalmazia, di Valona e delle isole del Dodecaneso. Le
truppe italiane iniziarono le ostilità contro l'esercito austro-ungarico il 24
maggio 1915. Il piano offensivo del generale Cadorna si basava sul
tentativo di forzare lo sbarramento austriaco, aprirsi la strada verso i
Balcani e il Mediterraneo e porre quindi le premesse territoriali per la
trasformazione dell'Italia in una grande potenza. Gli assalti ottennero
scarsissimi risultati, lentamente il fronte si stabilizzò e la guerra si
trasformò in una guerra di posizione e di trincea. Nel Medio Oriente per
indebolire la resistenza dell'Impero Ottomano, la Gran Bretagna e la
Francia promisero l'indipendenza ai popoli arabi promuovendo una vasta
guerriglia antiturca. Queste promesse però non erano del tutto sincere.
Gran Bretagna, Francia, Russia e Italia si accordarono infatti segretamente
per spartirsi i territori dopo la guerra: l'Iraq sarebbe andato alla Gran
Bretagna, la Siria alla Francia, Costantinopoli e gli stretti alla Russia,
Smirne all'Italia. Con la Dichiarazione Balfour il governo inglese fece
balenare agli ebrei sionisti la possibilità di avere una loro sede nazionale in
Palestina. I giovani turchi avevano l'obiettivo di costruire uno Stato
etnicamente omogeneo, non lasciando spazio alle minoranze nazionali. La
prima guerra mondiale offrì ai giovani turchi la possibilità di portare a
compimento questo progetto, di questo genocidio furono le vittime più
numerose gli armeni.
Metropoli d'Italia
In Italia sono tre le città con popolazione residente superiore al milione di abitanti (nella loro area
urbana): Roma, Milano e Napoli. Tale cifra però sarebbe ampiamente superata se nella loro area
amministrativa venissero inglobati i comuni limitrofi, fortemente conurbati coi due capoluoghi. Ciò
nonostante, le tre città italiane generalmente e storicamente considerate metropoli sono Roma,
Milano e Napoli. Di fatto la nozione di metropoli, come città di oltre un milione di abitanti, non
coincide con quella, più ampia, di città metropolitanacosì come contenuta nell'art. 114
della costituzione, che tiene conto di aspetti demografici, urbanistici e amministrativi. Sono dieci le
aree metropolitane statali individuate[2], più le quattro appartenenti alle regioni autonome
di Sicilia e Sardegna: i comuni
di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Catania, Venezia, Mes
sina, Reggio Calabria e Cagliari insieme ai rispettivi insediamenti limitrofi, con cui intercorrono
rapporti di stretta integrazione territoriale e relativi ad attività economiche, servizi essenziali alla
vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
FISICA
Energie rinnovabili
Sono da considerarsi energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti il
cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future o che per loro
caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi
"umani".
Le fonti di energia considerate rinnovabili (il sole, il vento, ecc...), il cui utilizzo
attuale non ne pregiudica la disponibilità nel futuro, e quelle non rinnovabili, le quali
sia per avere lunghi periodi di formazione di molto superiori a quelli di consumo
attuale (in particolare fonti fossili quali petrolio, carbone, gas naturale), sia per essere
presenti in riserve non inesauribili sulla scala dei tempi umana (e quindi il nucleare
con l'uranio-235), sono limitate nel futuro.Da questo punto di vista, l'inclusione o
meno di una particolare fonte, come la termovalorizzazione, è dunque soggetta a
molti fattori non necessariamente scientifici, creando di fatto situazioni di non
uniformità di giudizio tra i diversi soggetti interessati (ONG, governi,
amministrazioni locali).
Come già enunciato, non esiste una definizione univoca dell'insieme delle fonti
rinnovabili, esistendo in diversi ambiti diverse opinioni sull'inclusione o meno di una
o più fonti nel gruppo delle "rinnovabili". Secondo la normativa di riferimento
italiana, vengono considerate "rinnovabili":
- Energia idroelettrica;
- Energia mareomotrice (o delle maree);
- Energia del moto ondoso;
- Energia talassotermica (o anche energia mareotermica) è una fonte di
energia, classificata come rinnovabile, che sfrutta le differenze di temperatura
tra la superficie marina e le profondità oceaniche. Spesso viene anche indicata
come OTEC, acronimo inglese);
- Energia geotermica
- Energia solare
-Solare termico e termodinamico
- Solare fotovoltaico
- Energia eolica
- Energia da biomasse
- Biogas
- Oli vegetali
- Biodiesel
- Termovalorizzazione
- Combustibile derivato dai rifiuti (o "CDR")
INGLESE
Mary was brought up in a quite progressive family in fact her father William Godwin was a
great philosopher and her mother Mary Wollstonecraft was the author of A vindication of
the Rights of Woman, a primitive book about famine rights. Then Mary will take the
surname of the man she loves and she will elope with, the romantic poet Percy Bysshe
Shelley, who is even more famous than her. When Mary and Shelley eloped they were just
17 and Shelley was already married, but he broke up his marriage and her former wife
committed suicide by drowning herself. Their escaping also represents the typical
formation travel which was common among young people of aristocracy (the so called
Grand Tour which implies visiting Europe in country such as France, Italy, Greece
etc.)Italy was a great place where to have a travel : the same Goethe was very affasinated
of Sicilia. The place where Mary and Shelley went with Byron, another great romantic poet
is Villa di Odoati, in Geneva. Here they spent a very rainy summer and so they have to
stay at home all day long and decided that each one had to make a ghost story, which was
a very fashionable theme in that time. Mary has the idea for Frankenstein in a waking
dream; she write the novel in a very short time, with the help and the suggestions of her
husband. Frankenstein maybe be thinked from this Ghost stories. Mary Shelley was quite
famous in her life, more than his husband Percey.
Frankeinsten
The novel was written in 1816 and first published in 1818. Although in common parlance
nowadays quite everyone refers to the monster with the name of Frankenstein, it is not
true, because the creature has no name, Frankenstein is the name of its creator. In all the
novel the pronoun used for the monster is “it”, because he has no name, it’s the monster,
the thing, it isn’t worth having a name. here in the novel there’s the theme of double,
because Frankenstein and the creature, which is his “son”, are strongly connected, they
can’t live without each other, they share an identity.
Prometheus was a Titan who challenged the divinities to help humans and for this reason
was convict. The other name for the novel is The modern Prometheus because as
Prometheus “gave life” to humans revealing them divinities’ secrets, Frankenstein give life
to the creature in a more strict sense; and as Prometheus challenged the divinities, in the
same way Frankenstein challenge God, by pretending to be like him, on his level, being
able to create life. Despite being a Gothic novel, Frankenstein is also very different from
the other novels of the same genre, in fact the setting is not a ruin medieval building, as it
was usual, but it was different also under other aspects: Gothic novels was built around a
quite conventional kind of plot, with a woman persecuted by a villain and the all story
implies witchcraft. But none of this elements are found in Frankenstein, here there are
suspence, fear, scientific theme (which replace the supernatural), macabre. The theme of
science is here used, but it’s not properly science, in fact it has lots of strange and
supernatural elements, however, this presence makes the novel one of the forerunner of
science fiction.
Frankenstein is a Gothic novel written by Mary Shelley, a famous female writer from the Romantic
Age. The story is about a scientist, whose name is Victor Frankenstein, who manages to create a
human being exploiting the latest scientific discoveries in the fields of chemistry, evolutionism and
electricity.
Then why am I talking about limits of science? Well, I’m talking about the limits of science
since Frankenstein attempts to create a monster without respecting the rules of nature as
far as creation and life are concerned. In facts, he joins parts selected from corpses and
the result is ugly and revolting. The scientist regrets his creation and becomes afraid of it.
On one side, it's impressive how the scientist manages to give life to something that's
already dead; on the other, the monster become a murderer and in the end he destroys his
creator.
One of he main theme of this novel is the penetration of nature's secrets.
Frankenstein examines the pursuit of knowledge within the context of the industrial age,
shining a spotlight on the ethical, moral and religious implications of science. The tragic
example of Frankenstein serves to highlight the danger of man's unbridled thirst for
knowledge.
Victor is the main symbol that the acquirement of knowledge is dangerous.
Science without morality is detrimental because it can be used for negative purposes such
as nuclear weapons, genetic modification, and unethical medical research.
There's a little contradiction, though.
While Shelley exemplifies the disastrous effect of unmitigated desire to possess the
secrets of the earth, she says that such curiosity is innate to human condition
ARTE
L'art nouveau nasce negli ultimi decenni dell’800 e negli anni che precedono la prima
guerra mondiale, questa corrente si sviluppa in una situazione di benessere e si diffonde
in tutta europa con nomi diversi e alla fine si diffonderà anche negli Stati Uniti e
caratterizzerà i nuovi edifici.
L’art nouveau si ispira alle forme della natura e in particolare al mondo vegetale (foglie e
fiori).
L’art nouveau è un impulso che viene dato a tutte le arti decorative e dilaga anche nella moda,
prende questo nome che significa arte nuova da un negozio d’arredamenti di Parigi. L'art
nouveau coinvolge tutti i campi, dall’arredamento alle stoffe, alla ceramica, al ferro, agli abiti ai
gioielli ecc... e quindi coinvolge tutta la società in generale.
L’art nouveau viene applicata all’architettura ma anche all’ambiente urbano.
Nell’architettura si affermano le superfici ondulate con motivi decorativi come se ci fossero sopra
delle piante rampicanti e inoltre le vetrate creano superfici scintillanti e colorate.
Nell’ambiente urbano invece, l’art nouveau interessa i lampioni, le panchine, le insegne e i luoghi
come la stazioni e le metropolitane vengono abbellite con ferro e vetro.
Antoni Gaudì è un architetto spagnolo che si è distinto nell'architettura dell'art nouveau, il quale
fonde il tardo gotico con rivestimenti di maiolica e da colori accesi.
Le facciate delle sue opere sembrano delle rocce che sono state erose dalle intemperie, nel quale
l’acqua ha scavato buchi nelle finestre e nelle porte.
L’opera piu famosa di Gaudì nell'ambito dell'architettura dell'art nouveau è il tempio de la
Sagrada Familia , a Barcellona, alla quale lavorerà per trent’anni fino alla sua morte.
Gustav Klimt è il maggior esponente dell’art nouveau in pittura. Egli studia alla scuola di arti
decorative e infatti egli inizia la sua attività come decoratore di edifici pubblici.
Klimt è appassionato di storia dell’arte e fa anche un viaggio a Ravenna e dopo un certo periodo
comincia ad usare l’oro nei suoi dipinti ed elabora una tecnica chiamata “mosaico”, il quale puo
avere forme e dimensioni diverse.
Per le sue opere Klimt usa le tele quadrate e le figure dei suoi dipinti sono rappresentate sempre in
modo asimmetrico.
Un dipinto famosissimo di Klimt è “Le tre età”, nella quale egli rappresenta tre donne per
descrivere l’arco della vita umana.
Nel settore della grafica oltre alle illustrazioni per i libri si diffonde la produzione di manifesti che
pubblicizzano prodotti commerciali o gallerie d’arte e spettacoli.
Dopo l’incendio del 1871 negli Stati Uniti che distrusse tutte le costruzioni, si dovettero ricostruire
moltissimi edifici. Questi edifici erano costruiti in legno, ma grazie alle nuove scoperte di come
utilizzare gli altri materiali, per esempio il ferro, i nuovi edifici furono costruiti con un armatura in
metallo, la quale permetteva anche la sovrapposizione di numerosi piani, i quali potevano essere
raggiunti facilmente grazie ad un'altra scoperta: l’ascensore. Ogni edificio veniva ancorato al suolo
con una base di cemento armato.
Un nuovo edificio che si va diffondendo grazie a queste nuove scoperte è il grattacielo,
che consente di concentrare molte abitazioni in una area abbastanza piccola dato che
queste costruzioni si sviluppavano soprattutto in altezza.
Sempre grazie a queste nuove scoperte fu possibile anche progettare ponti sospesi
come quello di Brooklyn a New York che venne inaugurato nel 1883.
La caratteristica dell’urlo di Munch è quella di utilizzare soprattutto le linee curve.
In questo dipinto c’è un anima disperata su un ponte. Quest’anima disperata è con gli
occhi sbarrati, le sue mani sulle orecchie per proteggersi dal suo stesso urlo.
Sempre sullo stesso ponte in fondo , ci sono altre due figure che si allontanano. Il pittore
con questo dipinto vuole rappresentare l’angoscia che prova, quando durante una
passeggiata con gli amici viene colpito da una malinconia provocata dal rosso-sangue del
tramonto e gli amici che sono con lui si allontanano senza accorgersi di averlo lasciato
indietro.
Il quadro vuole rappresentare lo stato interiore dell’artista.
Questo pensiero di esprimere i propri sentimenti è alla base di un nuovo movimento artistico che si
chiama espressionismo, proprio al contario dell’impressionismo.
Dal punto di vista artistico Andy Warhol fu il pittore che al meglio ha rappresentato questo
genere artistico. Nelle sue opere Warhol prese di mira il consumismo esagerato dilagante
nella società a lui contemporanea e il divismo hollywoodiano, in una serie di serigrafie da
lui realizzate ci vengono presentati diversi prodotti ed idoli della massa come le lattine della
coca cola o ritratti di personalità di culto come Mao Tse Tung e Che Guevara moltiplicati su
vasta scala in modo da svuotarli da ogni significato che acquisiscono in chi le osserva.
L’opera certamente più famosa dell’artista newyorkese è quella che rappresenta l’icona
hollywoodiana Marilyn Monroe, il ritratto della diva fa parte di una serie di 10 serigrafie
che si aggiunge ad una collezione più ampia che ritraeva altri personaggi della cultura del
tempo. Dal punto di vista tecnico si distingue per una forza cromatica intensa e priva di
sbavature; delle varie cartelle dedicate ai personaggi della cultura questa è quella più famosa
e ha come caratteristica principale il contrasto cromatico che si viene a creare tra diversi
colori come il rosa, l’azzurro, il giallo e il rosso. Questi colori assumono tinte fredde e che
danno un’impressione esaltata di rilievo che sottolineano ancora di più il contrasto
cromatico tra i capelli biondi della Monroe e i colori di sfondo.
La serigrafia viene preferita da Warhol rispetto alla pittura ad olio perché meglio si adatta a
replicare i ritmi dell’industrializzazione; è l’idea che l’arte debba sopperire ai meccanismi
industriali che spinge infatti Warhol verso questo tipo di rappresentazione. Ma perchè
proprio Marilyn Monroe? Nei primi anni sessanta l’America stava vivendo un periodo in cui
sentiva un sentimento di inferiorità dal punto di vista artistico e culturale verso l’Europa,
Warhol era consapevole di questo e dichiarò di ammirare il modo in cui la sua nazione era
capace di creare idoli dal nulla, di prendere prodotti e figure popolari e di venderle sul
mercato trasformandoli in prodotti di massa annullandone ogni interiorità. Quello su cui
Warhol punta l’attenzione è la falsità teatrale della società americana negli anni sessanta:
una società in cui l’apparire conta più dell’essere e in cui i significati intimi dell’individuo
vengono annullati per essere venduti su larga scala come un prodotto di consumo.
METAFISICA
Non potendo però più prescindere dai nuovi risvolti assunti dall'arte
contemporanea attraverso l'apporto dell'avanguardia, la ricerca è orientata verso
una sorta di modernità scevra di tutti i clamori avanguardistici e tesa a riflettere
sugli elementi dello specifico pittorico: colore, forme e volumi inseriti in un
pacato impianto compositivo che nelle migliori prove si tramuta in assunzione di
motivi della tradizione trasposti in un linguaggio inconfondibilmente nuovo.
TECNOLOGIE MUSICALI
Edgard Varèse 4.1 Notizie e cenni sugli scritti §20. Notizie
biografiche Edgard Victor Achille Varèse1 (Parigi, 22 dicembre 1883
- New York, 6 novembre 1965) è stato un compositore francese
naturalizzato statunitense. Nato da padre italiano e madre francese,
Varèse vive a Torino tra i dieci e i venti anni, dove inizia gli studi
musicali con Giovanni Bolzoni, direttore del locale Conservatorio.
Nel 1904 rompe tutte le relazioni con suo padre e si trasferisce a
Parigi, dove studia prima presso la Schola Cantorum con Vincent
d’Indy, Albert Roussel e Charles Bordes, poi, nel 1906, con Charles-
Marie Widor al Conservatorio Superiore diretto da Gabriel Fauré,
senza terminare gli studi. Molto presto compone le sue prime
opere; parte per Berlino, si fa apprezzare da Ferruccio Busoni, da
Richard Strauss e da Claude Debussy, è tra i primi spettatori di
Pierrot Lunaire di Arnold Schoenberg e della Sagra della primavera
di Igor Stravinskij, fino al momento in cui, nel 1915, lascia l’Europa
per gli USA. Conosce personalmente i ruomoristi italiani, in
particolare Russolo, e durante la sua permanenza in Francia
frequenta i dadaisti2 . Pur consacrandosi principalmente alla
direzione d’orchestra e alla divulgazione della musica
contemporanea, Varèse si dedica parallelamente, con Amériques,
che terminerà nel 1922, ad una serie di composizioni che
l’imporranno rapidamente all’attenzione del mondo culturale e
musicale come uno dei rappresentanti della nuova musica tra i più
avanzati nella scoperta di territori inesplorati. Intensa è l’attività
americana di Varèse durante questi anni; ma tra il 1928 e il 1933 è
di nuovo in Francia dove riprende contatto con dei vecchi amici
come Pablo Picasso e Jean Cocteau e fa la conoscenza di Alejo
Carpentier, Heitor Villa-Lobos e André Jolivet, che diventa suo
allievo di acustica e orchestrazione. Nel 1934 comincia per Varèse
un lungo periodo di crisi segnata da un girovagare agitato nel centro
e nell’ovest degli Stati Uniti – dove tenta la fortuna, senza successo,
come compositore di musica per film – fondando nuove istituzioni
musicali e installandosi a Santa Fe, poi a San Francisco e a Los
Angeles, per tornare a New York nel 1941. La sua attività
compositiva continua ad essere limitata: si dedica a studi e ricerche
di natura differente, che non riusciranno 1Notizie biografiche tratte
da http://it.wikipedia.org/wiki/Edgard_Varèse. Link sul web relativi
a Varèse si possono trovare in Zavagna, Segnalibri a Edgar Varèse.
2Gayou, Le GRM Groupe de Recherches Musicales, p. 62. 19 20
CAPITOLO 4. EDGARD VARÈSE a concretizzarsi in opere musicali. Tra
il 1934, data della composizione di Ecuatorial, e il 1950 non
compone quasi più nulla. I quindici ultimi anni della sua vita sono
invece caratterizzati da una ripresa della sua creatività, con dei
capolavori come Déserts e Nocturnal, ultima sua opera, incompiuta
alla morte e completata dal suo allievo ed esecutore testamentario,
Chou Wen-Chung. A partire dagli anni ’50, inizia il progressivo
riconoscimento, sul piano internazionale, della sua rilevanza come
compositore e teorico. Nel 1958, su incarico di Le Corbusier, cura la
parte musicale di Poème électronique, un progetto multimediale
elaborato dall’architetto svizzero e dal compositorearchitetto greco
Iannis Xenakis per l’Esposizione Universale di Bruxelles del 1958.
Numerosi sono i musicisti influenzati, seppur trasversalmente, dalla
sua musica, sia negli Stati Uniti d’America, come Frank Zappa, sia in
Europa, come Giacomo Manzoni. Nel 1950 tenne dei seminari al
“Ferienkurse” di Darmstadt ed ebbe tra i suoi allievi Luigi Nono,
Bruno Maderna e Dieter Schnebel. §21. Nuovi strumenti musicali In
uno scritto del 1916, Credo, Varèse esprime quel malessere nei
confronti della limitatezza degli strumenti musicali già visto in
Busoni 23 anni prima3 : I1 nostro alfabeto musicale deve arricchirsi.
Abbiamo anche un terribile bisogno di strumenti nuovi. Sotto questo
aspetto, i Futuristi (Marinetti e i suoi “rumoristi”) hanno preso un
notevole abbaglio. I nuovi strumenti devono essere in grado di
fornire una varietà di combinazioni sonore, e non semplicemente
ricordarci cose sentite e strasentite. Gli strumenti, in fondo, devono
essere solo dei mezzi di espressione temporanei. I musicisti
dovrebbero affrontare la questione con estrema serietà insieme con
i tecnici specializzati, e col loro aiuto. Nel mio lavoro ho sempre
sentito il bisogno di nuovi mezzi espressivi. Mi rifiuto di limitarmi a
suoni già sentiti. Quello che cerco sono nuovi mezzi meccanici che
siano in grado di mettersi al servizio di qualsiasi espressione del
pensiero e di sostenerla4 . Il tema dei nuovi mezzi per produrre
musica sarà una costante nella ricerca di Varèse, che nel 1922, nello
scritto I nuovi strumenti, afferma: [. . . ] Estendere la sezione delle
percussioni nell’orchestra mi sembra inevitabile. I1 violino è uno
strumento del XVIII secolo, inadeguato per potenza di suono a
un’orchestra di oggi. Perché continuiamo ad aumentare il numero
dei violini? Per la semplice ragione che il violino è debole. E ancora,
nella famiglia degli archi, prendiamo il contrabbasso. Non è in grado
di fornirci le fondamenta che ci occorrono. Nell’orchestra,
dovremmo avere un suono da 64 piedi; non ne abbiamo nemmeno
uno di 32, ma solo uno di 16. L’organo? No, non funziona. E stato
perfezionato un secolo prima del violino ed è perciò ancora più
antiquato rispetto agli scopi dell’orchestra. In più, l’organo ha delle
note fisse che l’esecutore non può modificare. Quel che cerchiamo è
uno strumento che sia in grado di produrre un suono continuo a
qualsiasi altezza. Per ottenerlo, il compositore e l’elettricista
dovranno forse lavorare insieme. In ogni caso, non possiamo
continuare a lavorare con i timbri della vecchia scuola. Velocità e
sintesi sono caratteristiche della nostra epoca. Ci sono necessari
strumenti del XX secolo, perché le possiamo realizzare in musica5 .
3Si veda §2. 4Varèse, Il suono organizzato, p. 37. 5 Ibid., pp. 41-42.
4.1. NOTIZIE E CENNI SUGLI SCRITTI 21 Varèse prosegue nelle sue
riflessioni in merito all’ampliamento dello studio sui nuovi mezzi di
produzione sostenendo, nel 1936 nello scritto Nuovi strumenti e
nuova musica, un più stretto legame con la ricerca scientifica: [. . . ]
Tra sviluppo scientifico e progresso musicale esiste una solidarietà.
La scienza, gettando nuova luce sulla natura, permette alla musica di
progredire – o meglio di crescere e mutare in sintonia coi tempi –
rivelando ai nostri sensi armonie e sensazioni mai provate prima.
Sulla soglia del Bello, arte e scienza collaborano. John Redfield dà
voce all’opinione di molti quando dice: “Dovrebbe esserci almeno
un laboratorio al mondo dove i fatti musicali fondamentali venissero
esplorati in condizioni tali da poter condurre ragionevolmente al
successo. L’interesse per la musica è talmente diffuso e intenso, il
suo fascino è così intimo e acuto, il suo significato per l’umanità così
potente e profondo, che diventa insensato non dedicare almeno
una parte degli enormi investimenti per la musica alla ricerca
attorno alle questioni fondamentali che la riguardano” (Music, a
Science and an Art, New York 1928)6 . Quando strumenti nuovi mi
permetteranno.di scrivere la musica così come la concepisco, nella
mia opera si potranno percepire chiaramente i movimenti delle
masse sonore, dei piani mobili che prenderanno il posto del
contrappunto lineare. Penetrazione e repulsione risulteranno
evidenti, allora, nella collisione di quelle masse sonore. Le mutazioni
che si verificano su certi piani sembreranno proiettarsi su altri piani,
muovendosi a velocità differenti e con diversi orientamenti. Il
vecchio concetto di melodia o di interazione tra melodie sarà
scomparso: l’opera intera sarà una totalità melodica, e scorrerà
come un fiume7 . §22. Suono organizzato §23. Masse sonore §24.
Contatti e frustrazioni Esigenze compositive e analitiche
incominciano a farsi strada negli anni cinquanta e vedono nascere il
fenomeno della musica elettroacustica, il quale ha radici anche nelle
ricerche di acustica e nello studio analitico dei suoni. “Lei ha potuto
constatare che nel mio progetto io tendo a un duplice fine: in primo
luogo la ricerca acustica nell’interesse della musica pura, in secondo
luogo l’elaborazione e l’applicazione di alcuni risultati per un
miglioramento del film sonoro [. . . ]”, scrive Edgard Varèse in una
lettera inviata il I dicembre 1932 a Harvey Fletcher, allora ai Bell
Labs. Trent’anni dopo, alcuni lavori di Fletcher avranno come
soggetto l’analisi e la risintesi di suoni strumentali. Fletcher è uno
dei tanti contatti che Varèse cerca per intraprendere la sua attività
di compositore in un ambito di ricerca scientifica, che gli permetta
quello studio del materiale sonoro ormai emancipato dagli
strumenti acustici tradizionali. §25. Lo spazio 6 “There should be at
least one laboratory in the world where the fundamental facts of
music could be investigated under conditions reasonably conducive
to success. The interest in music is so widespread and intense, its
appeal so intimate and poignant, and its significante for mankind so
potent and profound, that it becomes unwise not to devote some
portion of the enormous outlay for music to research in its
fundamental questions.” In Redfield, Music, a Science and an Art, p.
304. 7 Ibid., p. 102. 22 CAPITOLO 4. EDGARD VARÈSE . . . Il mio
primo tentativo fisico di dare alla musica una maggiore libertà fu
l’uso di sirene in alcuni miei lavori (Ameriques, Ionisation) e penso
che siano state queste traiettorie paraboliche e iperboliche di suono
che hanno portato alcuni scrittori a impadronirsi della mia
concezione della musica, fin dal 1925, come movimento nello
spazio. Ad esempio, Zanotti-Bianco, in «The Arts, scrisse allora di
“masse di suono plasmante come nello spazio” e di “grandi masse in
uno spazio astrale”. Naturalmente si trattava ancora di un trompe-
l’oreille, di un’illusione uditiva per così dire, e non di qualcosa di
letteralmente vero. Fin dal 1927 imparai alcune delle possibilità
fornite dall’elettronica come medium musicale da René Bertrand,
inventore del Dynaphone (questo strumento fu uno dei precursori
del Martenot, oggi largamente utilizzato in Europa); e nel 1934
Theremin, un pioniere in questo campo, costruì, seguendo le mie
istruzioni, due strumenti da utilizzare nella mia composizione
Ecuatorial, con una gamma fino a 12.544.2 cicli. Ma fu solo nel 1954
che ebbi l’opportunità di lavorare in uno studio dotato di
attrezzature elettroniche per comporre su nastro. Nell’autunno
dello stesso anno la Radiodiffusion Francaise mi invitò a terminare i
miei nastri di “suono organizzato” per Déserts nel suo studio di
Parigi. Avevo cominciato questo lavoro sul mio registratore
personale, a New York. Si tratta di un’opera scritta per strumenti
tradizionali e nastro magnetico, nella quale vengono messi a
contrasto strumenti azionati manualmente dall’uomo e sonorità
manipolate elettronicamente, alternandosi senza mai però
combinarsi. Potrei segnalare, tra l’altro, che gli intervalli, nelle
sezioni strumentali, pur determinando volumi e piani sempre in
contrasto e sempre in mutamento, non sono basati su alcun ordine
prestabilito come potrebbe essere una scala, o una serie; sono
determinati dalle particolari esigenze di quest’opera. Vengo ora al
pezzo che ascolterete stasera: Poème électronique. Si tratta della
parte musicale di uno spettacolo di suoni e luci presentato nel corso
della Esposizione di Bruxelles all’interno del padiglione progettato
per la Philips Corporation of Holland da Le Corbusier, autore anche
della parte visuale. Lo spettacolo era fatto di luci colorate in
movimento, immagini proiettate sulle pareti del padiglione e
musica. La musica veniva diffusa da 425 altoparlanti controllati da
venti amplificatori. Era stata registrata su un nastro magnetico a tre
piste a intensità e qualità variabili. Gli altoparlanti erano stati
montati per gruppi e secondo quelli che vengono chiamati “percorsi
di suono” per ottenere vari effetti, come ad esempio quello di una
rotazione della musica attorno al padiglione o quello di un suo arrivo
da direzioni differenti, oltre a riverberi, ecc. Fu quella la prima volta
che sentii la mia musica proiettarsi letteralmente nello spazio8 . §26.
Il Poème électronique Il medium elettronico sta anche aggiungendo
una incredibile varietà di nuovi timbri al nostro bagaglio musicale,
ma, cosa più importante che mai, ha avuto l’effetto di liberare la
musica dal sistema temperato, cioè da quello che le ha impedito di
tenersi al passo con le altre arti e con la scienza [1961]9 . Su invito di
Le Corbusier, che lo aveva imposto allo staff della Philips per
l’allestimento del padiglione all’Esposizione internazionale di
Brussels del 1958, Varèse lavora al progetto 8Varèse, Il suono
organizzato, pp. 151-153. 9 Ibid., p. 165. 4.1. NOTIZIE E CENNI SUGLI
SCRITTI 23 dell’architetto svizzero di un Poema elettronico. Vera e
propria installazione multimediale, con proiezioni di film,
diapositive, e con la ‘proiezione’ del suono nell spazio tramite un
impianto dotato di 150 altoparlanti per le frequenze medio-alte più
25 altoparlanti per le basse frequenze10, il Poème électronique
(possiamo vederne un’immagine nella Fig. 4.1.1) vede coinvolto nel
progetto anche un altro compositore (architetto-ingegnere): Iannis
Xenakis, che comporrà per l’occasione Concret PH, brano di musica
elettroacustica di raccordo fra la fine di una esibizione e l’altra.
John Cage Che si usi un nastro oppure si scriva per gli strumenti convenzionali,
la situazione attuale della musica è cambiata rispetto a prima che entrasse in
ballo il nastro. [John Cage, 1957]4 . John Cage si occupò di sistemi
elettroacustici applicati alla musica fin dai suoi primi esperimenti sui “paesaggi
immaginari”. L’Imaginary landscape n. 15 , del 1939, prevede infatti l’utilizzo
di dischi test da eseguire come fossero uno strumento musicale. Il suo
interesse per il suono in sé, senza riferimenti ad altezze determinate, per le
caratteristiche timbriche degli strumenti e delle loro possibili ‘manipolazioni’
(si veda il caso del pianoforte preparato), faranno dire a Pierre Boulez, che
con Cage intrattenne una corrispondenza6 che testimonia un’epoca di
trasformazioni, John Cage ci ha portato la prova della possibilità di creare
degli spazi sonori non temperati, persino con l’aiuto di strumenti esistenti.
Così, il suo impiego del pianoforte preparato non è soltanto un aspetto
inatteso di un pianoforte-percussione dalla cassa armonica invasa da una
vegetazione insolita e metallizzante. Si tratta piuttosto di una rimessa in
questione delle nozioni acustiche stabilizzate a poco a poco nel corso
dell’evoluzione musicale dell’Occidente, divenendo questo pianoforte
preparato uno strumento capace di fornire, mediante una intavolatura
artigianale, dei complessi di frequenze. John Cage infatti ritiene che gli
strumenti creati per i bisogni del linguaggio tonale non corrispondano più alle
nuove necessità della musica7 .
Dopo la rottura del sodalizio con Henry, Schaeffer realizzerà altre tre
importanti composizioni fra cui l’Etude aux objets (1959). Queste
composizioni devono essere considerate anche degli studi sulle
proprietà degli oggetti sonori, ricerca su cui Schaeffer ha iniziato a
lavorare fin dalla metà degli anni Cinquanta e che culminerà
nel Traité des objets musicaux, uno studio approfondito sull’ascolto e
le caratteristiche tipo-morfologiche dei suoni.