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patria segui i corsi filosofici ¢ teologici nei Seminari Diocesani; or nato sacerdote il 21 settembre del 1833, entrd come alllievo nel convitto di S. Francesco di Assisi il 28 gennaio 1834. Per quanto Egli, piccolo, gibboso, umile, cercasse di non farsi notare, si impose subito per le virtt eccelse'e per il profitto nello studio della Teologia Morale. Teneva la Cattedra del Convitto, come sappiamo, il Teol. Luigi Guala, il quale nella controversia tra i Probabilioristi che seguivano il « Possidet Lex» ed i Probabilisti che divulgavano il « Possidet libertas », sfera infine schiera- to per il Probabilismo di S, Alfonso che illustrd con competenza, otte- nendo V'approvazione dei Superiori e grande profitto negli allievi. Tra questi il pitt celebre fu certamente S. Giuseppe Cafasso che ne segul i corsi per tre anni, cio® fino al 27 giugno 1836 quando subi l'esame per la patente della Confessione. I Guala dispose che venisse festeggiato Yesito brillante di quell’esame, quasi fosse una vittoria del Convitto. Gia da tempo aveva messo gli occhi su quell'allievo d’eccezione. Vol- le che rimanesse nell'Istituto ed esercitasse il ministero nella Chiesa di S, Francesco. Nel 1836 lo nomind Vice-rettore del Convitto: nel 1837 Io elesse suo Ripetitore fino al 1844 quando, ormai stremato di forze, lo chiamd a succedergli sulla cattedra di Teologia morale, Alla morte del Guala poi, avvenuta il 6 dicembre 1848, l'Arcivescovo lo nominava Ret- tore della Chiesa di S. Francesco d'Assisi e dell’annesso Convitto Ee- clesiastico. Net governo del Convitto Ecclesiastico Non @ nostro compito illustrare opera del Cafasso nel Rettorato della Chiesa e nel Reggimento del Convitto. Vi facciamo appena un ac- cenno, poiché Lattivita di ministero e di governo del Cafasso illumina di luce vivissima Ja Sua figura ¢ dona gran lustro alla sua azione di mo- ralista e di Maestro. Gia il Guala aveva riposto in lui la sua fiducia: in tutti gli affari di qualche importanza mandava servi e superiori ed anche anziani, dal giovane Vice-rettore, dicendo: « Cid che fa lui & ben fatto». A lui rimet- teva Vaccettazione dei Convittori: a Lui riservava la facolt di presen- tare gli inservienti: a Iui affidava il compito di mediatore coi subalter- ni nei momenti pitt difficili. A chi lo sollecitava di favori o di consighi rispondeva fiducioso: « Ite ad Joseph » La fiducia del Guala era pitt che legittima e gli alunni furono sem- Pre concordi nell'esaltare la virti ed i meriti del loro Vice-rettore. Uno i essi scriveva: « La sola rimembranza di D. Cafasso eccita in me una ‘commozione inesprimibile, poiché io riconoscevo in ui un padre amo- revole, un direttore di spirito impareggiabile, un maestro dottissimo, un uomo pieno di affabilita, un ministro di Dio, intemerato, adormo di santa Carita, In Iui campeggiava una santita incognita alla sua umilt’, ma co- i imo e peculiarmente da chi lo avvicinava € ne spe, nosciuta dal. prossi rimentava i benefici influssi » (")- 4 ‘Nel governo del Convitto il Cafasso rimase celebre per la puntuati ta con cui praticava e voleva praticato il Regolamento: per lesattezza che portava ed esigeva da tutti negli uffct © nef servizi, tanto che ven. va definito «un pendolo di precisione»: per Vabilith con cui sapeva Amalgamare i convittori pur cosi diversi per carattere € inclinazioni, cost da imprimere al'Istituto lo stile di una vera famiglia: ma soprat- ffetuosita del padre che si faceva tutto a tutti tutto per la generosita ed al i e diveniva la Provvidenza personificata anche nelle piccole cose ¢ negli affari che parevano insignificanti. p : Sopratiutto edificava gli allievi col suo esempio Iuminoso ¢ rende- ‘ya amato il Convitto col profumo delle sue virti preclare. Tutti lo ri. ‘guardavano come uomo eccezionale: Mons. Bertagna affermd che Ia sua fu ¢una santita straordinaria nell'ordinario »: lo si paragonava a S, Filippo Neri, a S. Alfonso, al Beato Sebastiano Valfre, a S. Vincen- 20 de Paoli, a S. Francesco di Sales, a S. Luigi Gonzaga: ¢ la sua san. ‘ta era una calamita che gli attirava i cuori (") Tale fu il governo del Cafasso, illuminato ¢ prudente, forte ¢ soave, paterno e generoso, In quei tempi procellosi in mezzo a tante ostilt t& e diffidenze, con altri uomini che non avessero avuto la virtit ¢ la tempra di D. Cafasso, il Convitto 0 sarebbe perito o avrebbe perso mol- to della sua vitalita. Invece prosper®, divenne il centro propulsore della vita, dello zelo, della attivita Ecclesiastica in Torino ¢ nel Piemonte ced ancor oggi la sua persistenza ed i suoi frutti glorificano la memoria del Santo Rettore. Sulla Cattedra di Teologia Morale Le personaliti del Cafasso brilld specialmente nell'insegnamento della Teologia Morale: sulla cattedra era veramente a sa place. In lui si riscontravano tutte le doti perché la sua docenza assurgesse all’al- tezza di un vero ¢ nobile magistero e giustificasse il titolo di «Dottores col quale discepoli ¢ biografi hanno appellato. In lui Ia sclenza sicura soda che deve essere ben posseduta da ogni insegnante: in lui il me- todo didattico pit razionale che per i discepoli era guida all'acquisto della dottrina: in lui la facile comunicativa senza la quale l'insegnamen- to non pud riuscire fruttuoso: in Ini I'integritA della vita che gli circon- dava la fronte di un‘aureola splendente: in lui la passione della scuola che V'induceva a superare ogni difficolt’ ed a compiere religiosamente i suo dovere. Sono questi gli elementi che danno vita ad un magistero ed assicurano il successo ad una scuola ("), Lluditorio era vario: oltre ai giovani sacerdoti che ascendevano ad (@8) Sommario del Processl, Relasione Sassi. SALOTTY, i (9) ROBILANT, fol, vol. , pg. 208. tates () SALOTT, ivi, pe. 40-10. : wisi una sessantina, accorrevano i sacerdoti anziani, parroci, canonici, retto- ri di Chiese e di Confraternite, dignitari della Curia e dei Capitoli, e non mancavano i laici ansiosi di apprendere dal celebre conferenziere direttive sicure per la loro vita spirituale: in tutto un centinaio e non potevano neppure entrare tutti nella sala, Tutti esperimentavano come il Cafasso fosse al suo posto e lo tenes- se degnamente. L’accurata preparazione e lo studio continuo lo portd a raggiungere la pienezza della scienza Teologicomorale di cui conobbe le profonde ragioni ¢ le pitt sicure applicazioni pratiche. Nelle confe- renze egli riempiva di stupore quanti lo ascoltavano per V'esattezza e la profondita della dottrina attinta a fonti sicure ¢ selezionate, e per la esperienza consumata che gli permetteva di esprimere giudizi retti anche nelle questioni pitt ardue e delicate. La passione per la scuola si manifestava inoltre con la puntualit& con cui attendeva alle lezioni, Mai avrebbe lasciato un/ora di scuola per tutto Yoro del mondo. Né il mal di denti di cui soffti assai, né Ja stan- chezza per le opere di ministero lo indussero mai ad una vacanza, Mon- signor Bertagna attest: « Aveva la religione della scuola, non lascian- dola né negli ultimi giorni di Carnevale, né nelle feste di sola devozio- ne, ¢ la faceva anche al mercoledi santo ». Tornato la sera del 2 gennaio 1853 da Romano Canavese dove aveva assistito all'estremo supplizio di due assassini, oppresso dalla stanchezza, a chi lo invitava a prendere tun po’ di ristoro e poi andare a riposare, disse: « Mi riposerd nella tom- ba: ora @ tempo di lavorare per il Signore ». E senza prendere nulla, sali sulla cattedra. Un insegnamento vivificato da tali qualita intellettuali e morali, era ricercato da molti sacerdoti angustiati dai precetti rigorisitei che prima avevano ricevuto e si affollavano attorno a quella cattedra per avere soluzioni giuste ai casi pitt delicati. Non mancavano quelli che si reca- vano alle conferenze per trovarvi motivi di censura: ma nessuna accusa poté mai essere elevata contro di lui. Le conferenze producevano un gran bene: pitt erano prolungate e pitt si gustavano: « Fossero pure du- rate due ore — affermd un testimonio — esse sarebbero state sentite con avidita, tanto si rimpiangeva da tutti come il tempo corresse ve- loce » (*). Mt Metodo Didattico D. Cafasso segui sempre un metodo eminentemente pratico, Entra- va impreteribilmente all’ora fissata nella scuola, e, recitato con racco- glimento edificante il Veni Sancte Spiritus, si assideva in cattedra, rivol- gendo uno sguardo scrutatore al numeroso uditorio, accompagnandolo ol sorriso che gli era abituale, Apriva il testo che la Teologia Morale dell’Alasia, ove erano esposte le teorie probabilioriste: ne faceva leggere ad alta voce un passo da uno (8) SALOTTY, toi, pe. 82. del convittori ¢ poi, correggendo ed interpretando l'autore con Ia dot trina di S. Alfonso, ne spicgava il contenuto con riferimenti ed applica, zioni pratiche secondo i casi precedentemente preparati in modo da abbracciare i vari lati della questione ed esaurime Ja materia. Invitava quindi due o tre convittori ad esprimere la loro opinione: poi fatti i ne. cessari appunti alle risposte ottenute, spesso incomplete, contraddittorie ed anche fuori carreggiata, dava una soluzione completa con una paro. Ja franca, precisa, ragionata, ed improntata a tanto criterio pratico che non si poteva non consentire con lui. « Era notevole — ricordava Don Bosco — il modo pronto, preciso, chiaro che aveva D. Cafasso nel ri. solvere i dubbi e nel rispondere alle domande pitt complicate, alle dif. ficolta pitt astruse che a Iui si presentavano, Fattagli una questione, la afferrava appena enunciata, quindi, alzato un istante il cuore a Dio, ri. spondeva con prontezza e giustezza tale che una Iunga riflessione non avrebbe fatto pronunziare migliore giudizio. E quando succedeva che qualche allievo, per puntiglio si ostinava a difendere la propria rispo- sta, 0, perché distratto, inoltrava domande su punti gia precedentemen- te spiegati o che nulla avevano a fare con la materia proposta, Don Cafasso, con una pazienza inalterata, ripeteva le cose dette, dilucidava Ja dottrina con nuovi casi, soddisfaceva tutti senza mortificare nessuno, Al pit, quando linsistenza oltrepassava ogni misura, con un parola gar bata e con uno dei suoi pitt amabili sorrisi, passava oltre » (*). Appunto per accontentare tutti consentiva che in Conferenza si pro- Ponessero questioni su qualsiasi tema, anche estraneo alla teoria che stava illustrando. Non permetteva perd mai che si proponessero que- stioni di politica e se qualcuno vi faceva cenno, troncava, dicendo: « Se occorreranno tali casi, i deputati ed i ministri non verranno a doman- dare consiglio a noi: andiamo avanti », Aveva un'arte particolare nel rendere piacevoli ed amene le ma- terie di per sé aride e poco gradevoli, sia con i casi esposti, sia con la giovialita ¢ le arguzie con cui li risolveva, in modo da rendere le Con- ferenze interessanti ed amate. In una sola materia cambiava totalmente metodo ed era quando trattavasi De Sexto. Prima di darvi principio diceva con serenita: « Fi- glioli, entriamo in un argomento del quale S. Paolo diceva: Nec nomi. netur in vobis! Trattiamolo dunque con serenita e raccomandiamoci al Signore perché ci assista con la sua santa grazia ». Quindi percorreva la materia con sobrieti, ma insieme con sufficiente chiarezza, dicendo che tali miserie era megtio impararle a scuola che dalla bocca dei penitenti, usi alle volte ad un linguaggio grossolano ¢ poco attinente alla digni. t& del Sacramento del perdono. E finché trattava questa materia non era mai che uscisse dalla sua bocca una facezia o spuntasse dalle sue labbra un sorriso: il che produceva un’impressione profonda ed inci. 0") COLOMBERO, Vita, pg. 115-116. oe tava a stimare e praticare la virti angelica, Fu anche in questo un an- tesignano del celebre Card. D’Annibale, di cui & nota l'espressione: "Hae spurcitiae quo magis agitantur, eo magis foetent” (*). Speciale impegno poneva nella confessione pratica che si riferiva di volta in volta a tutti i problemi della vita cristiana. Dopo che il Ri petitore 0 un alunno aveva fatto la sua confessione, rappresentando, oggi una specie, domani un‘altra specie di penitenti, interveniva il San- to, che, con un’ammirevole concisione, indicava i mezzi, obbligazioni, sentimenti i pitt opportuni a smuovere e migliorare il penitente. E non si limitava alla soluzione dottrinale dei casi: aggiungeva ordinariamen- te osservazioni di prudenza pratica e consigli ascetici; si che non solo Yintelletto ne rimaneva appagato, ma il cuore commosso e spinto al bene (*)). Il Cafasso insegnava per la vita: la sua scuola era viva e vivi- ficante: anzi la sua scuola era vita. Il suo intento costante mirava a far conoscere la morale, ma aiutava anche a praticarla a perfezione. «Raccontava sovente di carcerati condannati a morte o di donne perdute da lui guadagnati a Dio e la conclusione era sempre un avviso, un'esortazione a noi ad adoperarci per fare il bene, a fuggire i pericoli, ad attendere alla nostra santificazione ». Cosi un dotto e zelante parroco di Torino (*). «Non passava mai conferenza — scriveva il parroco di Mathi Don Baravalle — senza che egli desse qualche avvertimento o dicesse qualche parola per il bene spirituale dei convittori, ora inculcando atti delle virtt. proprie dei Sacerdoti, ora procurando di tenerci lontani da qualche di- fetto o pericolo », «Non era uno studio arido di precetti o di divieti quello a cui ci addestrava — soggiungeva il Can. Roetti — ma mentre ci spiegava que- ste cose si sforzava di trasfonderci, con le cognizioni, il desiderio di pra- ticarle, facendole vedere facili, nobili e di grandi consolazioni », « Frequentai piti anni le Conferenze Morali, sebbene gia Confessore scrisse il Can. Nasi — a Iui debbo, ed al sto insegnamento franco, discreto, pratico, se pitt coraggiosamente mi diedi al ministero delle Confessioni, dei quaresimali e delle Missioni: a lui serbo indelebile ri- conoscenza ». D, Cafasso cercava di infondere un vivo amore alla Teologia Mora- le cosicché non si cessasse di studiarla per tutta la vita, Raccomandava di affezionarsi a S. Alfonso e consigliava di preferenza gli Autori che portano Ia lettera S., vale a dire che sono decorati della aureola di San- tit, Avendo appreso che un sacerdote anziano non aveva pitt aper- to un trattato dopo l'esame di confessione, disse: « E’ possibile che un prete dopo venti, trent'anni, senza prendere in mano i trattati, sappia (@) SUMMULA, Theologiae Moralls, vol. TIT, n. 383, nota 18 (@) SALOTTY, ivi, pe. 50. () COLOMBERO, toi, pg. 117-118. Mii ancora la Morale ¢ confessi a dovere, mentre i preti pitt dotti e piy santi non cessano di studiarla per tutta la vita? », Il Sistema Morale di Don Cafasso Con tutto cid Don Cafasso non escogitd un sistema ideologicg nuovo: calcd Ie orme del precedente, il Teol. Guala, e si ancord nella dottrina di S, Alfonso; ma non pedissequamente: seppe battere in mol. te questioni delle vie sue, tanto che si pud a ragione parlare di un sistema di Teologia Morale Cafassiano. Contro gli errori della sua ett Si preoccupd anzitutto di sgombrare il terreno dagli errori mici- diali della sua eta quali il Giansenismo, il Gallicanesimo, il Regalismo ed il Razionatismo. Gli insegnamenti del Giansenismo, assieme a quelli del Gallicane- simo e del Razionalismo avevano infestato dapprima la Francia, il Bel- gio c YOlanda; ma serpeggiarono poi per tutta la cristianita occiden- tale. In Italia penetrarono in Toscana dove ebbero un'eco nel famige- rato Sinodo di Pistoia per opera precipua del Granduca Leopoldo, di Scipione Ricci e del Tamburini, professore all'Universita di Pavia, «Il Piemonte — scrisse il Robilant ()) — posto tra la Francia e a Toscana non poteva restare immune. Il Giansenismo classico non vi mise & vero profonde radici, n fu mai apertamente insegnato e pro- fessato, sia per lindole degli abitanti, sia’anche perché i nostri princ’ alieni dalle controversie teologiche che turbavano la quiete dell’Europa Cattolica, dopo aver accettato le Bolle Pontificie che domavano i Nova- tori, avevano ordinato che non si scrivesse né pro né contro delle me- desime, Tuttavia anche da noi si erano largamente diffusi i libri infetti i Giansenismo e questo era purtroppo riuscito ad infiltrarsi in certa misura nell'Universita ¢ nei Seminari, ispirando Vinsegnamento della Teologia Morale al rigorismo che delle teorie di Giansenio era un’ema- nazione e che, a menar strage nelle coscienze, erasi concretato nel Pro- babiliorismo >. Con tutto il rispetto che abbiamo per VAbate Robilant, dobbiamo dire che il suo scritto risente dell'acre polemica agitata a quei tempi a Torino tra Probabilioristi e Probabilisti. In realt& il Clero Torinese e Pie montese fu affatto immune dagli errori del Giansenismo: seguiva in gran parte il Probabiliorismo, un sistema ammesso che non faceva stra ge nelle coscienze, ma le poteva portare a grande perfezione come a¥- venne in molti di coloro che lo hanno praticato ed insegnato, Se mai in Piemonte era in vigore un sistema di formazione pastorale serio, se si vuole anche severo, secondo Ie tradizioni secolari che hanno formato de! Ie generazioni ferventi e praticanti a lustro della Chiesa e dalla, Patria. () Vita at 8. Cafasso, vol. 1, pe. 21. 9 ‘Ad ogni modo il Cafasso seppe ridestare gli animi, anche dei pec- catori pit induriti, a quella speranza e confidenza in Dio che li rendeva sicuri della loro sorte finale, L'ispirare una fiducia in coloro che pare- vano disperati era una virti propria di lui che, secondo I'affermazione di D. Bosco, aveva un vero dono per cambiare la disperazione in viva speranza ed in amore infiammato di Dio. La sua massima preoccupazione era quella di non moltiplicare i peccati, ma di ridurli, di prevenirli e di facilitarne la remissione. La sua vita non fu che una battaglia continua contro il peccato: perch? dunque accrescerne il numero? Non bisogna credere che tutto sia pec- cato; giova distinguere tra peccato ed imperfezione: e, pur ammet- tendo che un’azione sia peccato, conviene andare adagio prima di dire che sia mortale, Senza avverienza e consenso non esiste azione pecca- minosa: e poi in molti esiste la buona fede che li salva dal peccato. Non voleva che si dubitasse del perdono e si richiamava agli esem- pi di Gesit che aveva accolto ogni sorta di peccatori, A chi osservava: "Sacramenta damus, securitatem non damus” egli rispondeva: "Sacra- ‘menta propter homines” ed instava sulla certezza della remissione del- le colpe. « L’assicurare il perdono da parte di Dio a coloro che teme- vano di non salvarsi.. era un dono specialissimo di D. Cafasso che per tutti diveniva un vero angelo consolatore. Molte persone tormentate dal- Ja paura di non salvarsi andavano a conferire con lui, ¢ ne tornavano sicure del perdono, come se Dio stesso fosse visibilmente comparso a dar loro un pegno di tanta certezza > (*), Cost restaurava la dottrina cattolica e vinceva V'esagerato Rigori- smo di certi Teologi per cui a minima infrazione alla legge divenive una colpa grave, che negavano o ritardavano T'assoluzione per futili motivi, 0 ammettevano alla Comunione solo le anime privilegiate, Gli serviva la dottrina che aveva abituale circa la Misericordia di Dio, Era questo il suo cavallo di battagtia sulla cattedra, sul pulpito, nel con- fessionale, nelle carceri, nel confortatorio dei condannati alla pena ca- pitale, nei consigli che impartiva a Vescovi, a sacerdoti, a principi, a magistrati, agli ufficiali, agli infermi, e, specialmente a quelli affetti dalle psicosi dell'anima quali gli scrupolosi, gli occasionari, gli abitu- dinar, i recidi ‘A chi domandava: « Chissi se andro in Paradiso? » egli rispondeva: «Oh! Questa non @ cosa da mettersi in dubbio. Vi sono certi cristiani che trattano affare della Salute, come un giocatore al lotto, aspettan- do quasi dalla sorte il numero buono. Non é proprio cosi. Abbiamo la legge e le promesse di Gesit Cristo: chi si sforza di osservare Ia legge non deve dubitare delle promesse ». E riprovava altamente quei mora- listi che insegnavano essere difficile pregare come si deve ed essere difficile salvarsi. (0) Relazione Rolando nel processo Dice. per 1a Beatiicaztone. Mi —90- Ji si obbiettava il detto dello Spirito Santo: « EB’ an. ee i ports al cielo e scoscesa Ia via che vi conduce » rispondeva: «Purché ci passiamo: io ne ho abbastanza: non c’é mica bisogno ¢ passare due alla volta». Ed allorcht D. Bosco, non per convinzione, ma per desiderio di essere illuminato gli opponeva le parole del Van. gelo circa il piccolo numero degli eletti, Don Cafasso rispondeva con solidi argomenti in sostegno del gran numero di coloro che si salvano, Vedendo a volte che D. Bosco insisteva a sostegno del piccolo numero, fini per dirgli: «Non fatemi pitt tali questioni»: tanto era sicuro che quanti lo vogliono possono guadagnarsi il Paradiso (*). Si poteva clas. sificare come il Doctor Misericordiae (*). Altri errori imperversavano in quell’epoca: ciot il Gallicanesimo in Francia ed il Regalismo che si infiltrd anche in Toscana, Il nostro Piemonte fu immune dall’uno e dall'altro: solo nell'Universita di To- ino ebbero una fugace manifestazione nell'insegnamento di Nepomu- ceno Nuiz, Tuttavia lo Spirito Razionatistico, originato dalla Rivoluzione Fran. cese ed il lavorio delle sete accentuatosi dopo il tramonto dell'astro napoleonico, apportavano un gravissimo danno ai principii, alla disci- plina ed alla vita cattolica. I beni Ecclesiastici assoggettati alle imposte, ridotta limmunita personale dei Chierici e dei Luoghi pii: permessi gli scritti che impugnavano i diritti della Chiesa: proscritti gli autori che ‘combattevano le teorie volterriane. L’onda dei tempi incalzava e nuovi eventi maturavano ai piedi delle Alpi. Le idee di libert& seducevano gli spiriti: si allestivano le guerre di indipendenza dallo straniero: unit dltalia era nel cuore di tutti i cittadini: i cospiratori accentuavano sempre piit la loro azione... Ed in mezzo a tanto fervore di propaganda € di opere si manifestavano i primi sintomi di quel Liberalismo Filo- sofico che si apparecchiava a smantellare le fortezze spirituali del cat tolicesimo. Nel nome del patriottismo si mascherava una guerra for- midabile alla Religione, al Clero, al Papato. Nel Convitto Ecclesiastico di S. Francesco d'Assisi non potevano non ripercuotersi gli echi di quelle lotte: ma sotto la guida del Cafasso si formava quella generazione di sacerdoti che, con la dottrina ed il ministero, avrebbero contrastato il lavorio delle sette e tenuto fronte agli assalti del Liberalismo. Si spiega pertanto come contro il Convitto si appuntassero le ire dei settari, di cui abbiamo un'eloquente dimostra- zione nella famosa pagina scritta dal Gioberti contro il Convitto stesso nel Gesuita Moderno: « Il Convitto di S. Francesco é difficile a definire. Esso @ un Collegio, un Seminario, un Monastero, un presbiterio, un Capitolo, una penitenzieria, una Chiesa, una cura, una Curia, una corte, SALOTTI, Ww, px. 69-70; 10-19. ) GRAZIOLI, La pratica det Confessori né ito 0, pec CBAZIOLL 2a ‘onfestort nello spirito di S. Giuseppe Cafass0, aie un‘accademia, un conciliabolo, un ritrovo politico, un conventicolo fa- zioso, un'azienda mercantile, un banco di polizze, un'officina di giacu- latorie, un Combino di casi di coscienza, un semenzaio di errori, una scuola di ignoranza, una fabrica di bugie, un filatoio di intrighi, un nido di tranelli, un fondaco di pettegolezzi, una dispensa di ciondoli, una bottega di grazie, una cuccagna di favori, una canova di prebende, luna zecea di provvisioni, e infine (vedete fin dove arriva la malizia) molti vogliono che sia un ghicchio e un uccellatore e un paretaio dove si insaccano ¢ si invischiano doni ¢ reditti in calca, come i pesci e gli uccelli nelle reti, nei verzoni e nelle panie, Esso & tutte queste cose in- sieme, ma non é propriamente nessuna di loro! Ha tutte le nature, eser- cita tutti gli uffici, piglia tutte le forme, veste tutte le sembianze: una congrega palese e segreta, privata e publica, sacra e profana, laica ¢ ieratica, plebea e patrizia, clericale e monachile, religiosa e politica, € andate via discorrendo, Per la varieta delle merci che vi si raccolgono € si spacciano potrebbe essere paragonato alla luna d’Ariosto: se non che in quella cola ¢ si ammassa tutto il senno: il quale, nel Iuogo di cui parlo, @ la sola derrata che non sia in barbagrazia, né si venda agli avventori, perché non ci si trova» (*), E' il caso di esclamare: Grandi nemici, molto onore! Proprio il Convitto Ecclesiastico con Ja dottrina e le direttive di D. Cafasso seppe tenere la via giusta e costituire un argine validissimo alle mire dell'auto- rita civile, Ia quale, trasbordando dal campo di sua competenza, inten- deva sostituirsi alla Gerarchia Cattolica ed attentava ai diritti ed alla libert& della Chiesa. D. Cafasso insegnd sempre e praticd lossequio che si deve alle le- gittime autorita ed il dovere che si ha di sostenere le loro leggi giuste. Durante la guerra non dubitd di insegnare che i soldati e le persone deputate per il bene pubblico erano obligate a perdere anche la vita prima di volgere le armi contro il proprio sovrano. E quando gli fu ri- chiesta Ia parziale occupazione del Convitto per ricoverarvi i soldati malati o feriti non oppose alcun rifiuto ed i suoi convittori fecero da assistenti agli infermi, compresi quelli colpiti da vaiolo. Volle sempre che il Convitto evitasse quello che potesse avere una parvenza politica, affermando che la politica del prete @ quella della salvezza delle anime. In quei tempi in cui le idee di liberté e di indipen- denza erano cosi seducenti, non mancarono sacerdoti inesperti che sim- patizzavano con le noviti liberali. Gli allievi dell'Universita si unirono alle dimostrazioni di piazza ed i Chierici del Seminario si accomunarono a loro, In numero di ottanta a sera tarda, uscirono fuori e si unirono coloro che gridavano evviva ed applaudivano, Nella solennita del Na- tale non dubitarono di fregiarsi il petto con la coccarda tricolore men- tre assistevano, nel presbiterio di S. Giovanni, al Pontificale compiuto da @ Tt Gesuita moderno, tom IV - Lossnna Bonamici e Comp., 1847, pg. ST4-278. SALOTTI, ivi, pg. 80-81. a Mons. Franzoni. Al 9 Febbraio 1948 uscirono di nuovo per Ta cittd con seen anda: e il Risorgimento, settario, annunziava la scappata con que ts parole di incoraggiamento: « Anche i Seminaristi vollero pagare jj Inver debito di riconoscenza al Re e al genio benefico dei tempi: sim, patie naturali negli animi dei futuri ministri della legge d'amore, E fg ae) come potevano meglio, perché la loro esultanza & circondata qi Scopli, Essi uscirono con la coccarda tricolore ¢ fecero una passeggiata,, 4 dispetto del cattivo tempo. Dio li protegga ¢ li rimeriti delYatto co. 0» (*). raEEioe sooo invece seppe tenere il Convitio al di sopra della mischia, tanto nelle guerre del 1848-49 come nelle lotte che si svolsero sui campi di battaglia del 1859. Consigliava gli alunni: « Se alcuno vi domandas- Se: Che cosa dice lei di queste faccende? rispondete: To non dico nulla, jo prego. E per chi prega, per i Francesi o per gli Austriaci? Prego per- che Ie cose vadano bene! », Quando poi nel 1857 i suoi concittadini de- cisero di proporlo quale candidato al Parlamento per il Collegio di Ca. stelnuovo, egli fece di tutto perch? la cosa sfumasse, poiché dicev: «Nostro Signore nel giorno del giudizio non mi chiedera conto se ho fatto il Deputato, ma se ho fatto il buon prete » (*). Tuttavia ossequio alle legittime autorit’ civili e politiche non fece mai transigere D. Cafasso con i doveri della sua coscienza, Allorché dal governo Piemontese furono occupate la Romagna e I'Emilia appartenen- ti alla S. Sede, alcuni parroci, forse per evitare rappresaglie, cantarono il Te Deum. Ma a chi domandava a D. Cafasso come si dovesse rispon- dere nel caso di sollecitazioni al riguardo, rispondeva risoluto: « Che altro si pud dire se non un No rotondo? » (*). Quanto pitt si accentuava Ia lotta alla Chiesa tanto pitt D. Cafasso si stringeva a Roma e al Papa. Non pot? mai appagare il desiderio di pel- legrinare alla Citta Eterna: ma difese la causa della Chiesa con ogni mez- zo, affermando che questo era per il clero uno speciale dovere di co- seienza, E quantunque non fosse ancora promulgato il Sillabo di Pio IX (8 dicembre 1864), egli, nelle lezioni e nelle esortazioni, quale vigile sem tinella della verita, confutava gli errori del Razionalismo filosofico che sviavano le intelligenze e miravano a sottrarre anche i buoni all’auto- rita della Chiesa. Soleva far leggere ai Convittori le vite di Gregorio VII, di Innoces- zo IM, di Bonifacio VII, di S. Pio V, di Pio VI. Ricordava le tribolazio ni sofferte da Pio VII a Savona e I'opera del Guala per alleggerite Ie a ee € trasmetterne gli ordini a vantagsio de! mondo Cattolica, T nomi di Gregorio XVI ¢ di Pio IX ritornavano spe 1 tag aabbro e quando ricevette al Convitto il Nunzio Apostotice Tu Con tn discorso degno di S. Gerolamo o di 8. Bernardo. eli avvenimenti precipitavano. I] 25 febbraio 18: TH Risorotmento n, 40 det 1040 in @) @) SALOTTI, twit, pe. 03. betes ea stro Siccardi presentd la Legge sull'abolizione del Foro Ecclesiastico che fu approvata con 29 voti contrari su 80 Senatori ¢ fu promulgata da Vittorio Emanuele II i 9 aprile 1850. Mons. Franzoni, come del resto gli altri Vescovi del Regno, pubblicd una lettera circolare di protesta. La lettera provocd la citazione dell’Arcivescovo a comparire davanti al Tribunale Civile: naturalmente l’Arcivescovo non comparve ed il 4 mag- gio 1850, mentre si celebrava la festa della Sindone, alle ore una dopo mezzogiorno, fu arrestato, tradotto alla Cittadella, d’onde passd al forte di Fenestrelle, finché il 28 settembre 1850 venne inviato in esilio a Lione dove mori il 26 marzo 1862. 115 agosto 1850 moriva il cav. Pietro Derossi che aveva preso parte attiva all'abolizione delle Immunita Ecclesiastiche: gli era stato negato i Viatico perché Ia sua ritrattazione fu ritenuta insufficiente: gli venne concessa invece la sepoltura ecclesiastica dal Consiglio della Diocesi, composto da D. Cafasso, dal Can. Fantolini, dal P. Gird dei Filippini dal P. Marcantonio Durando Superiore della Missione. In seguito a tali avvenimenti i Padri Serviti furono espulsi dalla cura parrocchiale di S. Carlo e Mons. Franzoni arrestato una prima volta ¢ poi rilasciato (*). D, Cafasso si fece premura di visitare pitt volte l'Arcivescovo nella Cittadella: e quando quel presule si trovava esiliato a Lione e non era possibile parlare di Lui pubblicamente, il Santo, dipingeva cosi chiara- mente Mons, Franzoni, parlando della Passione di N. Signore — atte- st? Mons. Bertagna — che tutti ne erano commossi ¢ glorificavano quel martire del dovere episcopale. Inoltre D. Cafasso si incaricava di comu- nicare al Clero con Ja voluta prudenza, le direttive dell'esule Arcive- scovo, come accadde per la lettera inviata da Mons, Franzoni da Lione i 24 settembre 1854 ("). Cosi per opera del Cafasso si ebbe a Torino una maggiore unifor- mita di idee di indirizzo ed una pitt intima unione del Clero con i membri della Gerarchia ¢ con la Sede Apostolica. « Se lo stato continud a perseguitare la Chiesa — scrisse il di Robi- lant — il Clero Piemontese, educato da D, Cafasso, si staccd completa- mente e pubblicamente da ess; so che non si trovd pitt un solo sa- cerdote che nel Parlamento, 0 nei Comizi, o sulla Cattedra o nei gior- nali, si facesse paladino i sistemi contrari ai diritti ed alle libert& della Chiesa» (*). La Morale di D. Cafasso (*) ‘Nel suo Sisterma Morale il Cafasso distingueva tra obbligazioni ccr- te ed incerte. Obbligazioni certe — egli diceva — sono primicramente (@) CHIUSO, ivi, vol. 11, cap, VIE. 11 15 maggio la «Gazzetta del Popolo» lan~ clava Viniziativa del monumento eretto pol in piazza Savoia a ricordare Vabolf lone del Foro Ecclesiastico. (@) CHIUSO, toi, vol. TV, pe. 268. (©) ROBILANT, ‘vi, vol. T, pe. 129. (4) COLOMBERO, ‘vi, pe. 107 ss. ali la Santa Chiesa ha manifestato in qualche modo it g SS ate est defini! esplicite 0 mediante condanna dell. tenze opposte, Non cessava di inculeare la piena sottomissione qq teligenza e della volonta @ tutte Te decisioni della Santa Sede e sii diava di suscitare nei sacerdoti il proposito di conservare la pitt pert ta ortodossia, ma anche di seguire i consigli e le direttive che venivast ed aeiicnnyesidiceve = cova considerarsi obbligazioni dottrine che hanno il consenso unanime dei Teologi, Nelle materie controverse invece premetteva esservi obbligo cert di seguire la parte pit: sicura ogniqualvolta Je opinioni favorevoli alla liberta contengono per se o per gli altri pericolo di qualche danno vie tato dalla fede, dalla giustizia 0 dalla carita, Tali sarebbero te teorig riferentesi alle cose necessarie di necessita di mezzo 0 di precetto pep Yetemna salute, i requisiti per la validita dei sacramenti, ed in generale quando vi é obbligo di un determinato fine il cui conseguimento non sarebbe certo seguendo Ia teoria meno sicura. Fuori di questi cas in materia disputata, una sentenza & pitt o meno probabile, secondo i maggiore 0 minor numero ¢ valore degli autori che la sostengono, Ta tale stato di cose chi potra coscienziosamente erigersi a giudice eq affermare con sicurezza quelli hanno torto € questi ragione? Se Teologi di coscienza di capacith non comune stettero fermi in una sentenza ad onta delle ragioni o del merito dei sostenitori della sentenza opposta, ‘yuol dire che entrambe le parti avevano buoni argomenti per la proprig Opinione o piuttosto che nessuna delle parti aveva ragioni apodittiche per risolvere definitivamente la questione, Epperd fino a quando la Chiesa non avr Parlato, mossi da nuove ragioni non si saranno messi stabilmente daccordo, +, marra sempre incerta I’esistenza di siffatti Precetti e proibizioni. Che fa- ra pertanto uno studioso di morale, un confessore di fronte a queste di- ‘spute? Potra o dovra pronunciarsi e decidere di Proprio talento, dicen- do: « questo @ lecito e questo NO; questo é libero e questo & obbliga- torio? ». Sarebbe una pretesa impossibile non meno che prestntuose, non avendo egli né autorita ne capacita di emettere un tale ‘giudizio. Non ha autorita, perche nessuno lo costituisce giudice dei casi nei quali dottissime persone non sono d'accordo: il confessore. & giudice delle disposizioni del penitente, non delle sentenze dei teologi. Che poi non abbia la capacita richiesta non occorre provarlo, ma & dovere di umilt riconoscerlo’ per poco che uno consideri i limiti del suo ingegno ¢ dei suoi studi in confronto di coloro che la pensarono e la pensano diversa- mente da lui, Concludeva pertanto con le parole che troviamo nella sua Istruzione sulle doti del Confessore: « alla domanda: tra tanti autori e scrittori, fra tante differenze di opinioni e di sentimenti, quali preferire? a quali appigliarsi? rispondeva: 1) Tl confessore deve rispettare tutti i buoni erte Je oppure i Teologi, autori. 2) Deve servirsi di tutti per il bene dei penitenti. In questo modo @ salva la carita e si procura il miglior bene possibile. Sono gli ignoran- tie i superbi che disprezzano Ie opinioni altrui: lecclesiastico suffi- cientemente dotto, umile e buono sa in qual conto deve tenerle e quale stima meritano: e quando pure crede pitt conveniente seguir l'una anzi- ché Valtra, non cessa di rispettarle tutte egualmente (*). E’ lecito dun- que a ciascuno il seguire per proprio uso le sentenze pitt severe se gli aggradano, ma, trattandosi dell'altrui direzione, nessuno ha il diritto di imporre ad altri la propria opinione. Al confessore poi che fosse stato interrogato sulla liceita di tali azioni, Egli con la sua consueta breviti chiarezza, dava le seguenti norme: «Interrogans aut consilium petit aut strictam suam obligationem. Si primum Confessarius, ut ipsius poenitentis medicus spiritualis, inter oppositas opiniones solide probabiles ipsi eam consulat quae spirituali ius utilitati magis deservit, id est eam quae a pocnitente magis remo- vet periculum peccati formalis, magisque ipsius pietatem fovet, et hoc etiam contra propriam opinionem ut vult officium medici quod exercet in poenitentem. Si vero poenitens de sua obligatione interroget, ab ea imponenda semper supersedeat quoties inter graves auctores de ea controvertitur: secus agens usurpat jus quod non habet et facit contra officium medici, poenitentem exponendo periculo peccati formalis, tran- sgrediendi scilicet praeceptum ipsi absolute impositum, quando dubium. est»), Tale era la base di D. Cafasso nello spiegare il trattato De Conscien- tia e man mano che progrediva nell'applicazione dei suoi principii, nei successivi trattati, aveva sempre gran cura di far rilevare, nelle cose controverse, estremi liberi ¢ tollerati, tanto per parte della severita co- me per quella della benignita, perch? si evitassero gli sbagli facili a prendersi ¢ si camminasse sicuri per la via retta e legittima. Sosteneva inoltre esser lecito ¢ legittimo seguire le opinioni soste- nute anche da un solo autore di grido ed applicarle al penitente ¢ cid per riguardo a quell’autore stesso che certo non si mosse a sostenere quell’opinione senza fondamento, e per riguardo alla Chiesa Ia quale, permettendo che una sentenza si insegni, si stampi e si disputi sulla me- desima, permette; per naturale conseguenza, che si applichi in pratica. Cost si faceva strada a parlare del suo autore prediletto, S. Alfonso, dicendo che il santo aveva tutte le qualita di un teologo di grido. E dap- prima le qualita intrinseche: Egli infatti tratta ex professo delle dottri- ne che espone, ha grande esperienza delle coscienze avendo evangel zato i popoli per trent‘anni, impiegd dieci anni a scrivere Vopera sua ed ebbe Ia parienza di leggere in fonte tutti gli autori che cita, In se- condo Iuogo avendo le qualita estrinseche. La $. Sede nel decreto 18 () 8, CAFASSO, Istruziont per esercisi spirituall al Clero, Torino, 1898, pg. 251, M, ep. Vi, n. 26, —36— approvazione delle sue opere aveva dichiarato: "yj, magpo 1 a tapprovarion dl pope soe Sp: interrogata dal Card. de Rohan-Chabot: 1) Utrum Theologiae professor opiniones quas in sua Theologia Morali sequi tuto possit ac profiter, 3) An sit inquictandus confessarius gui omnes S. Alphonsi sequitur opi. ‘piones in praxi Sacri Poenitantiae Tribunalis hac sola ratione quod a 'S. Sede Apostolica nihil in operibus censura dignum repertum fuerit,, non perpendens momenta rationesve quibus variae nituntur senten. tiae? », Con decreto del 5 luglio 1831 aveva risposto: "Affirmative ad pri. mum: negative ad secundum”. Inoltre Gregorio XVI nella Bolla di Ca. nonizzazione del 26 maggio 1839 aveva detto: « Illud vero imprimis no. tatu dignum est, quod, liceat copiosissime scripserit, eiusdem tamen opera inoffenso prorsus pede percurri a fidelibus posse ». Ora, diceva Don Cafasso, come potra Iddio permettere che le opere di un Santo siano di tanto pregiudizio alla Chiesa ed ai fedeli, come vogliono supporre gli avversari? E se Egli insegnando e praticando la sua dottrina si santificd ed ottenne il Paradiso, perch? dovranno perder- si coloro che lo seguono? A coloro poi che in S. Alfonso de Liguori di- stinguevano tra il Dottore e il Santo, il Cafasso rispondeva: « Si potra credere che un uomo cosi santo, dopo tante penitenze ed orazioni fatte per conoscere Ja Verita, 'abbia sbagliata in cosa tanto importante? E poi, se S. Alfonso si fece santo come Dio non ammettera in Paradiso coloro che lo seguono?... quando ci presenteremo in Paradiso, se ci sari fatta qualche difficolta, noi potremo rispondere: O fuori il Signore di cui abbiamo seguito gli insegnamenti, o dentro noi: e state certi che non ci toccherd di tornare indietro! » ("). Caratteristiche detta Morale Cafassiana Esortava pertanto a venerare ¢ seguire S. Alfonso come lo venerava € seguiva egli stesso che lo aveva studiato cosi bene da saper dire in ogni questione qual'era la sentenza da lui tenuta, Ma lo seguiva non nel senso pit stretto, quasi che adottasse solo le sentenze che il Santo chiamava pitt vere, pitt probabili o che adottava egli stesso, ma in un senso piit largo, poiché, quando lo credeva veramente utile alle anime, non aveva difficolta a servirsi delle opposte che il Santo chiamava an- cora probabili, e, nei casi estremi, anche di quelle chiamate soltanto non improbabili! Procurava costantemente di cercare dove il Signore ne guadagnava di pid. Percid, mentre somministrava cibi robusti alle anime di buon VO" lere ¢ ai cuori generosi, si limitava a dar del latte ai deboli ed ai ne ghittosi per i quali facilitava quanto era possibile il non peccare dé coetero ed il risorgere dal peccato, Cosi faceva segnatamente, osservava il Can, Roctti: (") COLOBERO, ivi, pg. 110-111, SALOTTT, ivi pg. 75. aT 1) Col ridurre, quanto ragionevolmente si poteva, gli obblighi ¢ per cid i peccati, ed intanto promovendo il bene col consiglio. 2) Col lasciare in buona fede chi altrimenti ne avesse avuto pit danno che vantaggio, essendo assai meglio permettere il male materiale che farsi causa occasionale di peccato formale con intempestivi avverti- menti, « Guai, diceva se non fosse della buona fede! Bisognerebbe in- chiodare gli sportelli del confessionale e non mettervi pitt piede. 3) Con semplificare e supplire con opportune domande, I'esame di coscienza. 4) Coll'infondere nei penitenti grande coraggio ¢ fiducia di em dazione. Questi principi, questa pratica, se per una parte lasciano molta li- berta d'azione ai docenti ed ai confessori, per Valtra prudentemente ap- plicati, ridonano gran profitto alle anime, alle quali rendesi soave e leggero il peso della legge di Dio. Inoltre sono il frutto di una scienza pitt vasta e meno imperfetta, ¢ nello stesso tempo pitt umile, come quel- Ja che, mentre non riduce la morale ad un letto di Procuste, non si ar- roga un diritto ed un'autorita che non le appartiene lasciando sub Judice cid che non spetta ad un privato anche dotto, ma al Supremo Magistero della Chiesa. Fu pertanto la sua Morale schiettamente probabilistica nella so- stanza, ma, presentata con tale spirito di moderazione e circondata della pratica di tante cautele e limitazioni nell’intento del bene spirituale delle anime, che per poco non parve una morale di conciliazione tra si- stemi diametralmente opposti e per se stessi inconciliabili (~). Per tale modo rendevasi accetta o per lo meno tollerabile a quegli stessi che aderivano a principii contrarii e non mancavano esempi di per- sone mature ¢ provette in siffatti studi che finirono per adottarle od almeno per confessare apertamente non potersi condannare, anzi ri- spettare e chi Ia insegnava e chi la praticava. Tale successo fu tanto pitt grande e degno di ammirazione quando si rammenti che, dalla morte del Guala ferveva pit vivo che mai il dis- senso di opinioni tra gli alunni del Convitto e quelli del Seminario e dell'Universita, al punto che D. Cafasso ritenne prudente sospendere le Conferenze pubbliche, riducendosi a tenerle per qualche anno in priva- to e per i soli convittori. Cid nonostante la dottrina moderata di D. Cafasso si fece strada, si diffuse rapidamente ¢ largamente a segno che bastd un periodo di po- chi lustri per vedere operata nelle idee del Clero Piemontese tale tra- sformazione a cui ordinariamente occorre il succedersi di pitt genera- zioni. Felice trasformazione che fini per unire tutti nella dottrina ¢ nella cariti a gloria di Dio ed a maggior bene delle anime. Al che confe- rirono e l'esempio Iuminoso di una Santita straordinaria, ¢ la scienza () COLOMBERO, ivi, pg. 114. ge profonda che tutti ammiravano nel grande Maestro, ed il modo stesso, tutto improntato a moderazione, dolcezza © an a oul impartivg Tinsegnamento ai numerosi discepoli ¢ uditori. Cosi quelle conferen, rimasero memorande in quanti ebbero la ventura di frequentarle, Qui sta la benemerenza di D. Cafasso quale docente di Teologia Mo. rale: ma di qui si profila anche la via tutta propria da lui battuta eq emergono le caratteristiche specifiche del suo sistema di Teologia Mo. rale, : A ragion veduta diciamo del suo Sistema, perch’, oltre alla com, petenza ed al metodo singolari, S. Cafasso escogitd, insegnd e difese un sistema suo personale che lo differenzid pure dal suo maestro S. Alfonso. Questi era il paladino del possidet libertas, ma finche non ne scapitava l'impero della legge; il suo criterio era pid giuridico che pastorale: in lui soppravviveva il Giurisperito il quale, pure avendo rinunziato alla toga, conservava la forma mentis, come gid S. Ambrogio, pitt del magistrato che del padre a pastore delle anime, San Cafasso partiva dalla stessa base: possidet libertas, rispettava anzi favoriva la libert, ma fino al punto che non ne scapitasse il bene delle anime, anche se la legge poteva avere un qualche vutnus o almeno ammettere qualche epicheia, naturalmente non grave né sostanziale, Donde il principio che ammetteva, in certi casi, doversi lasciare indi. sturbata la buona fede o la nescienza, per evitare il pericolo che il pec- cato da materiale si trasformasse in formale. Le teorie morali del Cafasso ebbero ben presto il collaudo dell'espe- rienza, poiché in pochi anni furono adottate da tutto il Clero Piemonte. se, il quale, messe da parte le dispute tra probabilioristi e probabilisti, _ seguendo le orme del Cafasso, si trovd unito nell'intento di lavorare unicamente per la gloria di Dio, il prestigio della Chiesa ed il bene delle anime. Morale costruttiva (*) Poiché il Cafasso nel suo insegnamento e nel suo ministero non in- segnava soltanto a cancellare i peccati, a imporre le obbligazioni dovute, a dare direttive perché i penitenti proponessero non peccandi de coetero. Ridotta a questo la sua sarebbe stata una morale ‘Statica, mentre egli voleva che fosse essenzialmente dinamica. Cercava pertanto di rie- dificare Cristo nelle anime onde migliorarle, perfezionarle, santificarle. Il peceatore convertito doveva, nelle sue preoccupazioni e nei suoi in- tendimenti, diventare un santo. Se, come insegnava S. Gregorio Magno, il governo delle anime @ VArs artium, 8, Cafasso fu un vero artista di Dio, poiche alla direzione spirituale egli attendeva in ogni tempo, con ogni mezzo e per tutti i () GRAZIOLI, La pegina det PB. 274 ss Confessori nello spirito det Cafasso, IIT ed., 14.» rag ceti sociali: nella scuola, sul pulpito, nel confessionale, nelle conversa- zioni private, nelle visite agli infermi, nell'assistenza ai carcerati inten- deva elevare gli spiriti alla visione soprannaturale della vita e ad accendere nei cuori il proposito di corrispondere alla grazia e di ali mentare il fervore della carit. Era sua convinzione che la direzione spirituale fosse non solo utile, ma accessibile ad ogni ceto di persone. « La perfezione — diceva — 2 di tutti; ed anche per le persone che vivono nel secolo vi é una ragio ne quasi infinita di perfezione. E’ vero che il Signore dona la grazia necessaria e sulfficiente per salvarsi a tutte le anime: vero pure che lo Spirito Santo elargisce a tutti i suoi doni: ma la grazia ed i doni celesti non si devono lasciare inoperosi ». E’ necessaria la cooperazione umana che ha diversita di espressione e di efficienza a seconda della diversita dei vari ceti di persone. Percid il Santo procurava di guidare ciascuna anima su quella strada per la quale Iddio la chiamava e non pretendeva di foggiarle tutte sopra un tipo eguale e prestabilito di santita. Tra i suoi penitenti vi erano alcuni che, pure vivendo nella vita co- niugale venivano da lui indirizzati risolutamente alle pitt alte vette di perfezione, perché li vedeva chiamati ad essa. Altri invece teneva negli esercizi della vita comune o nella pratica di qualche speciale virtil, Altri infine manteneva nel semplice adempimento dei precetti e dei doveri del loro stato. Ma voleva per tutti il massimo rendimento. Applicava l'insegnamento di S. Giovanni della Croce che nel Trat- tato «Delle Spine» (col. VII) fa cosi parlare N. Signore: « Se attendes- sero i miei servi alle mie strade, vedrebbero che non @ una sola, ma sono molte quelle con le quali conduco a me Ie anime. E se pensassero che la Celeste Gerusalemme ha non una ma dodici porte; se ponessero mente che nella casa di mio Padre non vi é una sola ma parecchie man- sioni, se pensassero che la terra dei cuori in varie parti da frutti, non si affaticherebbero invano nel voler indirizzare tutte le anime per una stes- sa via e farle entrare per una stessa porta ed allogiarle nello stesso sog- giorno e chiedere da tutte lo stesso frutto». Percid, diceva il Cafasso, «Ciascuno vada per quella strada per Ia quale il Signore I’ha posto e non su altra stradaz, Ma, qualunque fosse la strada dei suoi penitenti, Egli non permetteva che essi si abbandonas- sero ad un puro meccanismo di pieta», «Non il moltiplicarsi affannoso di tante pratiche che sono la morte della devozione: ma lestirpazione dei difetti quotidiani, Yesercizio quotidiano di solide virti, quali Y'umil- 18, la pazienza, la mortificazione». Tale il suo programma che diremo negativo. Quello positivo lo compendiava nell’esercizio dell'amore a Dio e al Prossimo, Voleva un amore in continuo progredire; non chiuso nei cuori in sentimenti sterili, ma operante con continui sforzi, con atti generosi, con perenne immolazione, —0— consiglio veniva ricercato da tutti, perch? sapeva 10 i bisogni, le tendenze, le caratteristiche gj la pratica di quelle opere buone che, secon, 1 Padre e sono di sprone agli uomini, Bay. terebbero i consigli dati a S. Giovanni Bosco per collaudare la sag. geza ¢ il metodo di un sano maestro di spirito, : Specialmente ai tribolai sapeva apportare conforto ¢ trovava j x medi opportuni tanto per le tribolazioni esterne come per le desolazionj dello spirito: insegnava anzi a sfruttare ogni difficolta per trasformarla in merito, « La regola generale @ questa — diceva — un’azione @ tanto pili meritoria quanto pitt costa sacrificio». Era poi particolarmente ingj. cato per guarire gli scrupolosi: imponeva loro una totale ubbidienza, f poi, con grande carita ¢ in pocke parole, riusciva a far svanire tutte Ie loro malinconie e a dar loro 1a tranquillita ¢ la letizia che si gode nello stato di unione con Dio ("). k Pur mirando sempre in alto, nella direzione delle varie categorie non ricorreva a mezzi eccezionali. Per i Sacerdoti consigliava Ia devota celebrazione della S. Messa, la visita quotidiana al SS. Sacramento, la recita fervorosa del Breviario, 'esame di coscienza, la confessione set timanale da un confessore fisso e la devozione alla Madonna. Ai giovani Ja fuga delle occasioni, la preghiera al mattino ed alla sera, la recita dell’Angelus, la devozione al Crocefisso, la frequenza ai Sacramenti ¢ Ja devorione alla Madonna. Per le giovanette e le donne non voleva che compissero cose stra- ordinarie, ¢ neppure moltiplicassero le devozioni o praticassero grandi austerita: suggeriva invece che curassero, con diligenza e carita le pi ‘cole cose, ¢ compissero con esattezza ed in unione con Dio le pratiche ordinarie ed i doveri del loro stato. Non era corrivo nell’ammettere le persone pie a fare dei voti o a scegliere lo stato religioso: a tutti invece suggeriva la confessione gene. rale in occasione di esercizi o di missioni, nonché la meditazione delle massime eterne. Il "respice finem” di D. Cafasso (") non aveva nulla di terrificante © di tragico: era una visione letificante che serviva a staccare le anime dalle bassure terrene per aspirare ad ascendere alla casa del Padre. Nessun attacco alle cose del mondo, diceva, ed anche nei momenti pid difficili, esclamava: «un pezzo di Paradiso aggiusta tutto», Era I'ap- Plicazione della massima Paolina:«Cupio dissolvi et esse cum Christo». Per facilitare a tutti una santa morte, non pago delle indulgenze ‘concesse dalla Chiesa da lucrarsi in articulo mortis, ne ottenne una sin- golare dal Papa Pio IX. Quando la sera del 19 aprile 1858 si presentd ai Vero angelo di sare le sue direttive second ‘ognuno e sospingere tutti al do il Vangelo, glorificano il (©) Relazione Nieco (Can, del Corpus Domi & atifcaricoe e. 198. ‘Bus Domini) al processo di Beatifiearion® (*) GRAZIOLL, #01, cap. VI, pe. O44 8.

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