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Marzia Filippetti
1. INTRODUZIONE
La pubblicità è l’anima del commercio. Il messaggio pubblicitario deve
propagandare l’unicità o superiorità del suo prodotto senza poterlo fare apertamente
per ragioni di legalità professionale. Suoi caratteri fondamentali sembrano essere, in
primo luogo, l’intenzione persuasiva, propagandistica e suggestiva: una comunicazione,
quindi, che «non prevede risposta e non l’attende1».
In linea di massima, il linguaggio della pubblicità è privo di elementi
argomentativi, o li dà per scontati2, perché più che a trasmettere concetti e informazioni
tende a modificare il comportamento del consumatore, inducendolo all’acquisto del
prodotto sponsorizzato. Per essere efficace e convincente, la pubblicità deve «creare
un’impressione, deve persuadere attraverso argomenti emotivi3»; deve cercare di
catturare l’attenzione del destinatario, facendo leva su tutti gli elementi che
appartengono alla sfera dell’irrazionalità e della suggestione. Per ottenere questo
effetto, il messaggio pubblicitario, tradizionalmente condensato in uno slogan, ricorre
ad una serie di artifici retorici che investono da un lato il linguaggio4 e dall’altro
l’interazione tra questo e l’elemento iconico5. Al di là di questi elementi retorici, che
puntano a giocare con le parole e con i suoni, il pubblicitario ricorre ad una serie di
immagini, espressioni e codici linguistici che rimandano ad altri settori del vivere
quotidiano e del sapere in generale. Scopo principale di questa operazione è non solo
“nobilitare” il messaggio trasmesso ma anche rafforzare la sua portata suggestiva,
convincendo il consumatore a acquistare quel determinato prodotto. La pubblicità non
conosce confini: dal giornalismo6 alla letteratura7, dalla politica8 alla scienza.
Partendo da queste premesse, il presente contributo si focalizzerà sul rapporto
tra pubblicità e scienza, valutando in che modo questa è veicolata nel messaggio
1
G. R. Cardona, La lingua della pubblicità, Ravenna, Longo, 1974, p. 35.
2
G. R. Cardona, CIT, p. 37.
3
F. R. Puggelli, Quando la “scienza” entra nella pubblicità, in Farmacisalute&società, novembre-
dicembre 2003, anno 1 numero 3.
4
È il caso del sillogismo ellittico in «È un film Paramount»; l’articolo superlativo in «Bitter Campari,
l’aperitivo»; il rafforzamento della figura etimologica in «Fanta, l’aranciata d’arancia». Per una carrellata
dei fenomeni linguistici tipici della pubblicità, cfr: P.V. Mengaldo, Storia della lingua italiana. Il
Novecento, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 77-84.
5
«[…] Altra evidenza è la sottomissione tendenziale, e oggi sempre più marcata, del messaggio linguistico
a quello iconico, cui sempre più spesso si somma l’accompagnamento musicale ad effetto». P.V.
Mengaldo, CIT, p. 78.
6
Per un confronto tra i due linguaggi: A. Sobrero, I padroni della lingua. Profilo sociolinguistico della
lingua italiana, Napoli, Guida, 1978, p. 78.
7
Come esempi del crescente apporto della lingua letteraria nella pubblicità si riportano «sottile fragranza»
e «morbido morbido».
8
Dal cinico detto dell’on. Andreotti, una nota marca automobilistica ha tratto il suo slogan: «La potenza
logora chi non ce l’ha».
pubblicitario, su quali fattori emozionali fa leva e, infine, sui possibili risvolti che
l’immagine del mondo scientifico, veicolata dalla pubblicità, potrebbe produrre nel
sentire comune.
La scienza, al pari di altri settori della conoscenza o del vivere quotidiano17, rientra in
quella serie di artifici retorici cui il pubblicitario ricorre per costruire un messaggio
appealing e potenzialmente pervasivo.
Per esemplificare la portata della carica emotiva che l’ “appello alla scientificità”
è in grado di suscitare, riporto lo slogan di una nota marca di prodotti cosmetici:
«Eucerin. La scienza sulla pelle». Limitando l’analisi al solo livello denotativo18, il
messaggio presenta una evidente idiosincrasia linguistica: come può la scienza stare
sulla pelle? Come può il sapere scientifico “abitare” su una parte del corpo umano? E in
che termini potrebbe accadere? Dunque, una risposta che prenda in considerazione solo
il piano del significato19, sarebbe riduttiva e senz’ombra di dubbio inadeguata. Al
contrario, chiamando in causa il livello connotativo, il messaggio acquista un senso,
diventa un atto di parole: il termine “scienza” sviluppa un significato più articolato. Si
tratta di un significato contestuale che rimanda al sistema di riferimento culturale e
sociale nel quale il messaggio è stato lanciato.
A questo punto, bisognerà chiedersi: a quale immagine extra-linguistica la parola
“scienza” rimanda? A quale sistema di riferimento condiviso fa appello? Sicuramente a
quello dell’efficacia, della sicurezza e dell’affidabilità; nessun consumatore farebbe uso
di un prodotto nocivo, dai pericolosi effetti indesiderati. Insomma, ci si può fidare di
Eucerin non tanto perché i suoi prodotti sono frutto di ricerche e test dermatologici
specializzati quanto per gli elementi emotivi che la parola “scienza” suscita nei
destinatari. Primo tra tutti è il sostanziale prestigio di cui gode la figura dello scienziato20
16
Nel caso di messaggi pubblicitari scritti, gli spazi previsti sono quelli per l’affissione o quelli per la
pubblicazione su riviste e quotidiani.
17
Cfr. Introduzione.
18
La distinzione tra denotazione e connotazione delle espressioni linguistiche è stata introdotta dal filosofo
inglese John Stuart Mill (1806-1873); secondo l’interpretazione di Mill, la denotazione di un termine
corrisponde all’insieme degli oggetti che esso indica, mentre la connotazione è l’informazione concettuale
che esso esprime.
19
Secondo la semantica linguistica di Ferdinand de Saussure, il significato rimanda al contenuto che il
segno linguistico ha nella langue mentre il senso è il contenuto che il segno veicola in uno specifico atto di
parole, cioè il concretizzarsi del significato in una particolare situazione comunicativa, in un particolare
contesto.
20
In un recente articolo di Pietro Greco si legge: «Lo scienziato e il medico sono le persone da cui
compreresti una macchina usata» (P. Greco, Somatoline cosmetics: questa è scienza, in Scienza e Arte, 15
maggio 2010).
che, in Europa come in Nord America, rientra nelle professioni più apprezzate. Proprio
per questo, non stupisce il fatto che la scienza e i suoi protagonisti siano utilizzati a scopi
di marketing21.
In una visione d’insieme e discostandoci dall’esempio contingente dell’Eucerin, si
può affermare che il ricorso ai termini scientifici nella pubblicità svolge una funzione
evocativa. Questi termini danno la sensazione al consumatore che il messaggio sia
referenziale e informativo, anche se i tecnicismi non vengono sempre capiti.
Garantiscono con la loro presenza la validità del prodotto e il solo fatto di sapere che ci
sono, rende l’articolo sponsorizzato un oggetto il cui possesso permette di stare al passo
con il progresso. Infine, le espressioni scientifiche o pseudo tali acquistano un potere
magico, un’aura di affidabilità cui il pubblicitario non può fare a meno per raggiungere il
suo obiettivo finale: la vendita.
21
N. Pitrelli, F. Manzoli, B. Montolli, CIT., p. 207.
22
Cfr. S. Capecchi, L’audience “attiva”, Roma, Carocci, 2004, p. 16.
23
N. Pitrelli, F. Manzoli, B. Montolli, CIT., p. 208.
24
Un esempio della pericolosità di questa procedura è offerta dal saggio di P. Strange, Clinically unproven.
On the misuse of science in advertising, LabLit.com, 2008.