mio primo vero viaggio fuori dallTtalia & stato in In-
terRail, l'annoe della maturita. Un classico: tre ragazzi,
tre zaini, venticinque giorni. Non ero mai stato tanto
tempo fuori casa, solo l'anno dopo mi sarei trasferito
a Roma per frequentare l’universit&. Avevamo scelto
due “zone” tra quelle che offriva il programma: Olan-
da, Belgio, Lussemburgo, Francia, e poi a sud in Spa-
gna, Portogallo, Marocco.
Sembra lontanissimo, oggi, quel primo assaggio di
Europa, negli anni Novanta, Arrivammo a Parigi il
giorno dopo la morte dij Lady Diana. In una cittd scon-
volta, traboceante di fori ¢ di lacrime, andammo a
“trovare” Jim Morrison e Oscar Wilde al Pere Lachai-
sé, come facevane molti dei nostri coctanci. A Bruncl-
les avevo trascinato i miei compagni di viaggio a vede-
re la sede del Parlamento europeo, un'emozione che
ricordo ancera: il senso cosi forte di futuro, enon solo
il mio, ma quello di un continente. Dormivamo dove
capitava, passando la notte anche sulle panchine dei
parchi. Mangiavamo quel che ci incuriosiva di pit e
che costava meno, Ci accompagnava uma variegata
colonna sonora che andava dai Beatles a Francesco
Guteini a Vinicio Capossela, Vivevamo ayventure che
a quell'et& sermbravano materia da romanzo. A Marsi-
glia, una notte, incappammo in un uomo con il coltel-
lo che voleva derubarci. Provai ad argomentare che
non avevamo nulla e rapinarci era quindi assoluta-
mente inutile: Funziond. Me la cavai dando all’aspi-
rante ladro un paceo di biscotti. Vorrei che oggi fosse
tutto altrettanto semplice.
Facevo parte dell'Internazionale socialista e in
quel viaggio ho respirate dawero, nel mado pit popo-
lare ¢ umano, il concetto di solidariet& internaziona-
le. Quella dal basso, quella dei ragazzi della mia gene-
razione, con poco budget e molta fiducia nel mondo.
Da questo punto di vista credo di appartenere a una
a7