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Diritto Dell'Informazione e Dei Media
Diritto Dell'Informazione e Dei Media
Fine corso: 10 dicembre - Dalla prossima settimana: Cinema Nosadella – Via dello Scalo
Piano Terra
Email: Daniele.donati@unibo.it – domande da fare a filcom.didatticadonati@unibo.it (Email
alla quale rispondono i tutor)
Ricevimento solo on line - Virtuale.it /course/view.php.?id=18586
iscriversi a lista di distribuzione daniele.donati.dir_informazione_media_2020_2021 per
rimanere aggiornati dal prof
Seminario tenuto dal prof con inviti da parte di siae ecc. da GENNAIO - no preappello
Esame orale on line
Orario lezioni in presenza: dalle 9.15 alle 10.45
1a parte del corso: costituzione
libri:
R. Bin e G. Pitruzzella, Diritto pubblico, Giappichelli, 2019, solo relativamente a Percorso 1,
Capitoli I, II, III, IV e Percorso 2, capitoli I, II, III, VII, VIII, IX
o, in alternativa
A Barbera e C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, ed.2018, Il Mulino relativamente a Capitoli
I, II, IV, V, VI, VII. VIII, IX, X, XI, XII
Vedere leggendo quale ci sembra il più adatto alle nostre esigenze anche su
https://sba.unibo.it/it/almare/collezioni
2° parte: libertà di informazione e comunicazione, sia giornali sia social (centro del corso)
3° parte: i media, radio, tv, telecomunicazioni, internet
4° parte: libertà d’espressione artistica, settori dello spettacolo
5° parte: cenni sul diritto d’autore
Libri per queste parti:
G. Gardini, Le regole dell'informazione. L'era della post-verità, IV edizione, GIAPPICHELLI
editore, EDIZIONE 2017
F. Rimoli , voce L'arte, in S. Cassese (a cura di) Trattato di Diritto Amministrativo, Diritto
Amministrativo Speciale, Tomo II, pag.1513 e ss. (limitatamente ai paragrafi 1.1, 1.2, 1.3,
2.1, 2.2).
G. Spedicato, Il diritto d'autore in ambito universitario, disponibile nel circuito Unibo al link
http://amsacta.cib.unibo.it/3018/ (limitatamente al primo e secondo capitolo, pagg. 3-82, e
all'Appendice normativa, pagg. 99-225)
DIRITTO PUBBLICO
Ci occupiamo di diritto, ovvero dell’insieme di regole che disciplinano il vivere sociale, il
comportamento nella società. Diritto è parola polisemantica: diritto dell’informazione o
diritto come propria prerogativa. È anche una scienza.
Le regole giuridiche del diritto sono diverse dalle altre regole delle nostre vite. Questo è
studiato anche per disciplinare internet. Seguiamo anche regole non giuridiche: ci sono
comportamenti riprovevoli, immorali o non religiosi.
Ci sono anche regole di natura o della fisica, leggi come quella di gravità.
LA differenza fra leggi naturali / scientifiche e leggi giuridiche, morali, religiose sta nel fatto
che le leggi naturali, ad esempio la legge di gravità, descrivono il mondo com’è, l‘essere.
Invece le norme sociali riguardano il mondo come lo vorremmo: le norme sociali non
subiscono la realtà, ma anzi tramite esse cerchiamo di cambiare la realtà come essa è.
Invece le leggi giuridiche descrivono il dover essere, ad esempio non esiste uguaglianza
naturale fra uomo donna ma ambiamo ad averla nel diritto.
Differenza fra leggi giuridiche, etiche e religiose
Ma c’è anche una differenza fra leggi giuridiche e leggi morali/religiose.
La religione e la morale umana vogliono che noi diventiamo persone migliori, quindi
migliorare l’individuo. Il diritto di questo non si interessa di migliorarci, invece si interessa
dell’esternazione del nostro comportamento nella società.
Il diritto si interessa solo a comportamenti socialmente rilevanti e concreti ed è un insieme
di regole dirette a disciplinare il comportamento dell’uomo nella società.
Visto che sono regole che disciplinano l’ordine sociale, il diritto ha altre caratteristiche
rispetto alla religione/alla morale: può disporre di un sistema che vi porta
obbligatoriamente alla sua osservanza, invece religione e morale non sono “obbligatorie”
(es. sesso prima del matrimonio, non ha punizione vs non pagare le tasse prevede
punizione).
Quindi il diritto prevede osservanza coattiva. Il sistema giuridico implica il monopolio della
forza fisica: lo stato è l’unico soggetto che può costringere fisicamente a far qualcosa (star
reclusi, pagare una pena). Quindi la norma giuridica è a osservanza obbligatoria. Ci sono
limiti, modi e casi specifici; tuttavia, in quanto titolare dell’impianto giuridico, lo stato è
l’unico soggetto che può legittimamente esercitare forza fisica sui cittadini e può
costringerci a osservare delle regole.
Parole diverse: Legge, ordinamento, norma.
Norma è il genere,
legge un tipo di norma,
ordinamento invece è un complesso di norme vigenti in un certo Stato. (Secondo
l’ordinamento italiano, il complesso delle norme italiane… perché lo prevede la legge
numero…)
Le funzioni del diritto sono:
1. disciplina delle relazioni fra cittadini e privati, ovvero diritto civile e privato (proprietà,
famiglia, matrimonio, figli). Si tratta di relazioni orizzontali, fra pari (fra cives, persone
private, sullo stesso livello). È stato il primo diritto a essere definito.
È il diritto degli interessi particolari, che sono trattati come interessi disponibili a
bisogni, esigenze, finalità, valori dei quali gli stessi interessati possono decidere, in certi
limiti, se e come cercare la soddisfazione o accettare il sacrificio.
2. diritto pubblico: disciplina il rapporto fra le istituzioni e i cittadini, distribuzione dei
poteri, delle relazioni tra cittadini e istituzioni. Ovvero si occupa delle relazioni
verticali. È il diritto degli interessi generali, e quindi diritti indisponibili (sono nostri e
non possono esserci tolti), sia da un singolo interessato che da un gruppo di interessati a
essi. Riguardano tutta la collettività, perciò la loro concreta realizzazione è affidata alla
pubblica autorità. È successivo al diritto privato in quanto il potere in quanto tale era
sempre stato assolto dalle regole.
Con la Magna Charta (1215) e poi praticamente con la Rivoluzione francese (1789)
abbiamo cominciato a costruire dei diritti anche nei confronti del potere/sovrano/re,
ovvero che si oppongono al potere, come la libertà di manifestazione del pensiero.
Ciò ha implicato una limitazione del potere e dell’esercizio del potere e della sovranità.
Quindi il diritto pubblico studia i diritti del cittadino e i limiti dello Stato, il corredo dei
diritti dei cittadini e la forma del potere sul cittadino (l’ordinamento dello stato).
Il diritto pubblico è diviso in interno e internazionale.
3. diritto penale. Una parte del diritto pubblico è quella che punisce i comportamenti
socialmente dannosi, ovvero il diritto penale. Essa descrive dei comportamenti e stabilisce
che essi sono vietati o obbligatori, quindi punisce quelli che non si adeguano alla regola
(compiono i vietati o non adempiono ad un obbligo).
Il diritto penale punisce tutto quello che sta al di fuori del cerchio delle libertà.
Alla lettura di una sentenza penale, la condanna del giudice è nel nome del popolo italiano:
quando si tiene un comportamento illecito, ne soffre l’intero ordinamento/sistema, oltre
che la vittima (il comportamento è contro tutti)
Caratteristiche delle norme giuridiche
Il diritto è fatto di norme: sono previsioni generali e astratte di comportamenti vietati o
non vietati. Quindi le caratteristiche più importanti sono generalità e astrattezza: non si
rivolgono mai al caso particolare. Ad esempio, tutti possono manifestare il proprio pensiero
(art. 21, libertà di espressione)
o Generalità. La norma è applicabile a tutti color che si trovano nella situazione
disciplinata dalla norma.
o Astrattezza: esprime una volontà preliminare e disciplina situazioni che potranno
verificarsi;
o Novità: deve innovare l’ordinamento, o disciplinando situazioni prima non considerate o
modificando una precedente disciplina;
o Esteriorità: oggetto della sua disciplina è l’azione esterna del soggetto (il suo agire)
o interdipendenza: crea un’interdipendenza tra posizioni di vantaggio e svantaggio;
o Imperatività: La norma si impone e la sua attuazione è garantita da un meccanismo
sanzionatorio
LEGISLATORE E GIURISPRUDENZA: Sistemi a Common Law e Civil Law
La sentenza è specifica e concreta al contrario della norma nel diritto italiano.
Per gli europei continentali, l’impianto giuridico è descritto nel concetto: La legge, che per
noi continentali viene prima di tutto, è impersonale ed astratta, la sentenza è personale e
concreta”. Questi sistemi hanno dei codici e delle costituzioni rigide. Più garantisti
Non è così nella tradizione angloamericana: in quei sistemi il diritto si crea in gran parte nei
tribunali e ci sono poche leggi scritte in precedenza, quindi si fa riferimento a precedenti
sentenze perché non ci sono codici: si investe sul valore dei giudici, che si adattano con più
facilità alla realtà circostante. Sono meno garantisti.
CIVIL LAW
In Italia, Francia e Spagna siamo fortemente influenzati dall’impostazione napoleonica:
Napoleone decise la scrittura delle norme, che è il primo dato da cui si parte: la
Costituzione.
Il lavoro giuridico consiste nel verificare la norma scritta e poi considerare come la norma è
stata applicata: il dato fisso rimane tuttavia la norma scritta, poi c’è un’interpretazione della
norma. Quindi il diritto lascia il concetto molto sfumato ed è molto caratterizzato
dall’interpretazione.
Noi partiamo dal testo scritto, la legge, poi vediamo come i giudici interpretano quella
legge.
COMMON LAW
Invece nei sistemi angloamericani, ciò è diverso:
c’è una costituzione scritta, ma il complesso delle norme in questi paesi è più rarefatto (le
norme scritte sono molte di meno). Questo perché la creazione delle regole è rimessa in
capo ai giudici. Infatti, mentre In Italia, si diventa giudici subito, in America si diventa dopo
una carriera da avvocato, da grandi.
Nella dinamica dei paesi angloamericani, ci si basa molto di più sulle precedenti sentenze: il
sistema si crea in gran parte nelle aule di tribunale ed è fatto per essere più facilmente
cambiato. (in UK non c’è un testo costituzionale scritto, la costituzione è fatto dalle norme
che nel tempo si sono accumulate e continuamente vengono reinterpretate)
Differenze fra i due sistemi
Nei sistemi a civil law una volta cambiato il testo cambia l’interpretazione. Il nostro
sistema vanta la garanzia del testo scritto, ma non ha la facilità di aggiornamento che
hanno i sistemi a common law.
Nei sistemi a common law c’è meno garanzia dell’esistenza di una norma scritta, ma hanno
più flessibilità e aggiornamento perché ogni volta la legge viene discussa in tribunale.
Oggi la distinzione fra queste due teorie è poco frequentata, quindi si crede che la verità
stia nel mezzo: la società traduce nelle norme e nell’ordinamento le proprie finalità e scelte
di fronte ai suoi problemi.
Ci sono più ordinamenti giuridici, dati dalla pluralità degli Stati. Esempio: ordinamento Statale e
Comunitario
STATO
In tutto il mondo c’è un ordinamento giuridico politico, lo Stato. Inoltre, il diritto è
strettamente connesso all’esistenza di uno Stato, in quanto esso produce regole (che a loro
volta esistono perché esiste uno Stato).
Esercita il potere sovrano su un determinato territorio e sui soggetti a esso appartenenti e
ha il monopolio legale sull’uso della forza fisica e armata.
Internet è difficile da regolamentare con un codice perché è globale, quindi sovrastatale, cioè riesce a travalicare gli
Stati e non ha sede in un territorio specifico.
Lo Stato è il massimo ordinamento politico che l’umanità ha oggi immaginato. Per politico
si intende in sé è capace di agire su tutti i fronti e di determinare da solo i propri indirizzi.
Lo Stato come diritto è anche polisemantico, in quanto ha 3 concetti distinti:
POPOLO
Il popolo è l’insieme di persone legato ad uno Stato da un rapporto di cittadinanza. La
cittadinanza mette in condizione di avere diritti e doveri: è il diritto di avere diritti in un
ordinamento.
Il concetto di popolo (concetto giuridico) si distingue da popolazione e nazione.
alla nascita
ius sanguinis: per discendenza dai genitori cittadini
ius soli: diritto del luogo che afferma che si è cittadini italiana se si è nati in Italia.
in italia succede solo per nascita sul territorio dello stato da genitori ignoti o
apolidi. Il dibattito in italia si sposta piuttosto sullo ius culturae, ovvero che il
bambino immigrato di 2° generazione abbia dimestichezza con la cultura del
paese in cui vive.
(le forze di centrodestra vorrebbero meno facilità per gli stranieri per acquistare la cittadinanza
italiana, la sinistra allargherebbe la cittadinanza anche in base allo ius soli)
dopo la nascita
ius communicatio: per particolari condizioni (matrimonio, straniero adottato da
italiano ecc.)
naturalizzazione da parte dello stato, concessa a stranieri che sono da 10 anni in
Italia, apolidi da 5 anni in Italia, cittadino europeo da 4 anni in Italia.
o Per volontà del cittadino (ad es. quando egli si sia stabilito all’estero).
o Per statuizione di legge (ad es. per indegnità).
Il riacquisto della cittadinanza è precluso per chi la abbia perduta per indegnità, cioè per
chi abbia servito, senza esservi obbligato, uno Stato estero in guerra con l’Italia.
TERRITORIO:
Parte di superficie terrestre su cui si costituisce lo Stato. Gli stati sono enti territoriali
perché il territorio è un ente costitutivo e indispensabile. Il territorio è lo spazio entro cui il
nostro ordinamento giuridico ha vigore: le norme valgono fino ai confini dello Stato. Il
Territorio è quindi la parte in cui il popolo vive più il limite del nostro ordinamento.
È composta da confini orizzontali e confini verticali.
Confini orizzontali, ovvero le righe tirate sulle cartine e stabilite da accordi:
SOVRANITÀ
la sovranità è caratteristica solo dello stato. Lo stato è in sé legittimato a fare ciò che vuole
e ha assoluta supremazia sulle altre organizzazioni: è il massimo dell’organizzazione
giuridica dalla Costituzione in giù. È la caratteristica di essere superiorem non reconoscens
(non riconoscere superiori): l’ONU sanziona economicamente le nazioni, ma ogni stato è
sovrano all’interno del suo territorio – c’è un tribunale per i crimini internazionali, ma
rimane la sovranità statale.
In Italia, secondo l’Art. 1 Cost., “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle
forme e nei limiti della costituzione” (non solo nel titolo, ma anche nell’esercizio). Questo
esercizio della sovranità avviene nella forma rappresentativa, che è la forma prevalente nel
mondo.
FORME DI STATO:
La forma di stato esprime la reciproca posizione degli elementi costitutivi dello Stato
(popolo, territorio e potere sovrano), ponendo l’attenzione sulle finalità: ci sono varie
tipologie.
La forma di stato è data dalla relazione fra sovranità e gli altri due elementi, il popolo e il
territorio:
Ci sono state storicamente varie forme sin oggi, fino a quella oggi prevalente, la
democrazia.
Stato unitario:
Nello stato unitario, esiste un solo ordinamento giuridico e il potere si concentra solo
nella capitale. Viene utilizzata in pochi stati e in stati molto grandi: negli imperi si è teso
nella concentrazione del potere in un luogo solo. C’è un potere gerarchico all’interno del
sistema che raggiunge i cittadini in ogni parte del territorio tramite grandi strade, costruite
appositamente per questo scopo: nell’Impero Romano si mandavano i prefetti, degli
emissari dei poteri centrali a presidiare i vari territori.
Il prefetto è una forma di decentramento. Col decentramento il potere resta centrale ma
viene riverberato in tutto il paese dai suoi rappresentanti: un’organizzazione di questo tipo
esiste nelle figure dei prefetti (del Ministero dell’interno) e delle sovrintendenze (per il
Ministero dei beni culturali).
Es. Napoleone ripartì il territorio in province e marche (se si affacciavano sul mare) entro le
quali operava il prefetto. Le nostre province più antiche ricalcano quest’ordine: si pensava
che si dovesse raggiungere il territorio più lontano in una giornata di cavallo. Vedi Ravenna.
Stato composto o federale (USA)
Uno stato federale è l’unificazione di stati sovrani sotto un unico ordinamento giuridico
sovrano a somma dei popoli e dei territori degli Stati membri, mentre il potere sovrano si
esercita nell’ambito delle competenze conferite allo Stato dalla costituzione federale.
Gli stati uniti sono inizialmente 13 colonie britanniche che si ribellano, nascono come stati indipendenti a sè
stanti, poi si federalizzano, ovvero decidono di compiere alcune attività insieme. Si costituisce la capitale
federale, Washington D.C., che sta per District of Columbia, ma ogni stato ha la sua capitale e
consequenzialmente codici diversi
FORME DI GOVERNO
Il concetto di forma di governo è diverso da forma di stato: la forma di governo è la
relazione in cui si pongono fra loro gli organi di governo.
Monarchia: si affida il potere ad un solo organo. La distinzione fra monarchia e repubblica è
stata attenuata dalle forme di costituzionalizzazione: si parla di monarchia assoluta,
limitata, costituzionale.
Repubblica: si lega maggiormente al popolo, che detiene il potere. Nelle repubbliche il
potere assume diverse forme.
Governo costituzionale puro: accanto al monarca, un Consiglio dei ministri che gode
della fiducia del sovrano e governa in suo nome. (UK)
Costituzionale parlamentare: parlamento bicamerale eletto a suffragio universale con
funzione legislativa; tra governo e parlamento, c’è relazione di fiducia.
Governo presidenziale: il presidente della Repubblica è a capo dell’Esecutivo e assume
anche le funzioni di Capo dello Stato.
Governo direttoriale: il vertice dello Stato è organo a struttura collegiale (consiglio
federale) i cui componenti sono nominati per 4 anni da un’assemblea federale.
(esempio: la Svizzera ovvero confederazione elvetica)
SISTEMA DELLE FONTI del DIRITTO
Sono dette “fonti” perché 1. si riferiscono al fatto che sono fonti di conoscenza / cognizione
2. perché dietro ogni norma c’è un procedimento per modificarle o crearle, dunque esse
scaturiscono da un certo procedimento specifico e determinato.
Costituzione
La costituzione è presente in ogni ordinamento, anche nei sistemi a common law (ad
esempio, in Gran Bretagna, dove non c’è un testo, ma la costituzione c’è lo stesso).
La costituzione è l’insieme dei principi e delle regole che tengono insieme uunacomunità.
Ci sono di vari tipi: dettate dal sovrano, statuto albertino, costituzione concessa dall’alto:
costituzione . Alcune sono ispirate da testi religiosi. Altre ottenute dopo un periodo di
resistenza (quella italiana, dopo l’occupazione nazista). In Germania si sono visti tenere
sotto controllo mentre scrivevano la costituzione.
La costituzione italiana è
SCRITTA: non è così per tutte le costituzioni. In UK, la costituzione è fatta del
sedimentarsi dei principi fondamentali, ma non esiste testo formalizzato.
RIGIDA: essendoci costata vite umane, attorno sono stati messi meccanismi di
protezione. Quindi la costituzione è tendenzialmente stabile: occorre un procedimento
specifico e complesso per poterla modificare. I principi fondamentali e l’istituzione
Repubblicana sono immutabili.
LUNGA: si decise di mettere nella costituzione i diritti fondamentali delle persone
assieme all’ impianto fondamentale del funzionamento della Repubblica. Quindi è
fatta di due parti: una parte di diritti e doveri, sia una parte che dice come funzionano
istituzioni.
Aperta / elastica. Per questo suo essere rappresentativa dei temi e valori fondamentali,
è interpretabile e aggiornabile con l’interpretazione, quindi attualizzabile. Quindi
norme costituzionali già esistenti possono coprire nuove esigenze della società.
Esempio: la tutela dell’ambiente viene introdotta e citata dalla costituzione nel 2001, ma
già dal 1986 esisteva un ministero dell’ambiente: si ricavò la tutela dell’ambiente da
articolo 9 (tutela del paesaggio) e articolo 32 (tutela della salute della collettività).
Programmatica. La Costituzione è un programma / promessa da attuare, contiene le
cose da fare ogni giorno per sempre. Viene vista come un impegno costante dalla sua
creazione. Ricorre spesso la frase “è compito della Repubblica”.
Principi fondamentali
Democratica: il potere si fonda sulla sovranità popolare. Si basa sul confronto fra idee
diverse.
Personalista: al centro del sistema vi è l’individuo, la persona, la sfera individuo è
invalicabile. Fine ultimo è il benessere di ogni persona. Persona rilevante solo alla fine
del 700
Pluralista: riconosciamo la funzione sociale dell’individuo, stare in formazioni sociali, che
hanno dei loro diritti e dentro di esse vi sono i diritti dell’individuo. (non discriminazione
=/= riconoscimento). Le prerogative dell’individuo si mantengono nel gruppo.
Lavorista: vede il lavoro come unico strumento di valorizzazione dell’individuo nella
società. I costituenti hanno messo il lavoro in una posizione particolare, articolo 1: viene
abbattuta casta, elite, eredità. Per avanzare nella società, serve il lavoro, aiuta a
realizzare la società (art. 4). (anche in questo senso si vede la natura di programma della
costituzione, perché a volte non è così, per questo esiste il reddito di cittadinanza)
Marshall riconosce come i cittadini di un certo stato hanno 3 dimensioni di azione / tutela:
Libertà negative, in quanto libertà dallo stato. Affermo una libertà da e limito il
potere del sovrano. Si tratta di libertà che esistono perché allontanano dal potere.
Sono così ampie che ogni libertà afferma il suo contrario, ovvero diritti di libertà.
Esempio: libertà manifestazione pensiero = diritto di star silenzio
Libertà nello Stato, alla quale corrispondono diritti politici: è una libertà intermedia,
perché chiede una serie di libertà nell’esercizio del potere (es. diritto a votare, attivo, e ad
essere votati, passivo)
Libertà positive, in quanto libertà mediante lo Stato, vi corrispondono i Diritti Sociali.
L’ultima categoria di diritti, conquistata nel 900, è quella dei diritti sociali: hanno
origine con l’affermarsi della borghesia quando si passa da sussistenza a economia
salariale. Nasce così la classe dei salariati al margine delle città, chiamati da Marx
proletari perché aventi come unica ricchezza la prole. Chiedono gli stessi diritti dei
borghesi, i diritti sociali (che i loro figli possano studiare ed essere curati come i figli dei borghesi, chiedono di
avere un riposo settimanale e soldi una volta vecchi)
Si parla di LIBERTA’ POSITIVE perché chiedono l’ingresso dello stato nella vita
pubblica (sinistra) a differenza di quelle negative, che volevano allontanare il potere
(destra). In questi due tipi di libertà ci sono le radici dei pensieri di sinistra e di
destra: da ciò scaturisce un confronto fra due valori, presenti entrambi nella nostra
costituzione: la LIBERTA’ e l’UGUAGLIANZA, che sono le radici ideologiche di destra e
sinistra. Questi due principi non possono coesistere perché l’estremo della libertà
non garantisce l’uguaglianza e viceversa: è necessario un bilanciamento.
Frantumazione delle nostre identità: si spezza la forza delle nostre richieste perché
chiediamo esigenze diverse in base alle circostanze (microrichieste)
Articolo 2:
giustifica il fatto che la nostra costituzione è aperta. L’impostazione è giusnaturalistica: i
diritti vengono dalla natura, quindi sono riconosciuti dalla costituzione. Si oppone al
giusnaturalismo la giustoricismo: ho diritti perchè vivo in un certo luogo in un certo
momento. Giusnaturalismo perché riconosce i diritti e poi li garantisce.
Endiadi: Dimensione individualista sia in sé stesso sia nella rete dei suoi contatti; diritti e
doveri: riconosce diritti ma dà doveri inderogabili. Essi hanno egual peso a livello giuridico:
prevalenti diritti significa anarchia, prevalenti doveri significa dittatura, libertà sottomessa al
dovere di sottomissione al “bene comune”.
Diritti e doveri sono uguali, ma di fatto i doveri sono pochi, 4. L’articolo garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, ma non sono solo quelli elencati dalla costituzione: corte
costituzionale anni 80 sono diritti che emergeranno dalla società, es diritto ad accedere ad
internet. Ha affermato altri diritti non presenti la costituzione (privacy ecc)
Condizioni di favore per chi è più debole, la fotografia di questo articolo è di 2 secoli di idee
di uguaglianza. Questa è l’idea dei rivoluzionari francesi: tutti formalmente uguali alla legge.
È un uguaglianza che si sposa a fede nella libertà tipica del periodo delle rivoluzioni liberali,
quando libertà e uguaglianza non stanno bene insieme.
Il secondo comma è tipico del secolo successivo, quando avviene la rivoluzione industriale,
l’urbanizzazione, la nascita dei salariati. Mentre l’800 è il secolo dell’individuo, il 900 è il
secolo delle masse: ci si preoccupa di masse di poveri ed emarginati. Quindi prima c’è il
periodo dei diritti di libertà “da”, poi il periodo dei diritti “di”: l’uguaglianza del secondo
comma è detta SOSTANZIALE o DINAMICA, è un comma di uguaglianza nel suo punto di
arrivo o attiva. Se nel primo comma basta che la legge non discrimini ingiustamente e non
c’è nessun impegno delle istituzioni, nel secondo comma si chiede che lo stato istituisca dei
mezzi per assicurarla: è un dovere della costituzione.
Il primo è un principio di uguaglianza passiva, dal punto di partenza, uguaglianza in
generale, si può trovare nelle parole di Trump, seppur l’uguaglianza sia più di sx: in Europa
si cerca di far convivere affermazione massima della libertà e affermazione massima
dell’uguaglianza, mentre gli USA hanno un accento sulle libertà. Il principio dell’uguaglianza
è importante per il diritto d’informazione.
ORDINAMENTO EUROPEO
Il trattato di Parigi del 1951 istituisce la CECA, Comunità del Carbone e dell’Acciaio. Si apre
la strada al Trattato di Roma del 1957, che mette insieme 5 paesi in un accordo sullo
scambio di materie prime ed energia e su una iniziale apertura dei mercati e si istituiscono
due comunità di natura economico-energetica:
EURATOM (Comunità Europea per l’Energia Atomica, con il trattato di Roma)
CEE (Comunità economica europea per lo scambio di persone professioni merci servizi,
Trattato di Roma)
Alla CEE si cominciano a dare poteri importanti, i paesi partecipanti hanno avuto dei
benefici e si aggiungono altri paesi a questa comunità: nel 1982 si firma il Trattato di
Maastricht, più generale, con il quale le tre comunità si uniscono nella CE.
A questa politica economica si sono aggiunti la politica sulla sicurezza interna che ha
previsto la connessione dei sistemi di polizia e la politica che ha messo insieme gli affari
esteri, verso gli altri paesi del mondo. L’insieme di queste tre politiche (economia, sicurezza
interna e rapporti esteri) ha dato vita all’Unione Europea.
Nel caso degli USA, fu facile mettere insieme le 13 colonie americane, perché tutte queste
avevano interesse a riunirsi. Invece nel caso dell’Unione Europea è stato più complicato
perché i paesi avevano storia millenaria e anche tradizione di guerra fra loro.
Per questo motivi, l’UE ha competenze in maniera implicita anche su altri ambiti con una
serie di meccanismi, fra i quali la teoria dei poteri impliciti (ad esempio le competenze in
materia ambientale e economiche assicura la competenza anche nel campo del turismo).
Inoltre, prevede misure a favore dei cittadini europei, come la cittadinanza europea se si è
cittadini in uno dei paesi membri. Ci sono stati casi di triangolazione di poteri fra UE, Stato
Membro e cittadini, nei quali l’Europa ha agito sui cittadini e non sullo stato: ciò convince a
trarre una più forte coesione degli stati europei in seno all’Unione. Esempio italiano:
Unione Europea ha ordinato di istituire di un fondo di sicurezza che dia lo stipendio ai
lavoratori quando il datore di lavoro non lo fa, ma l’Italia non ha aderito. Per questo i
lavoratori in crisi possono rivolgersi agli organi europei.
Idea della sussidiarietà: sussidiarietà deriva da subsidium, la seconda schiera riposata
dell’esercito romano che subentrava quando la prima era messa alla prova. Il principio di
sussidiarietà intende che se un problema è troppo grande per uno stato, l’UE subentra in
aiuto. Esempio: la politica ambientale molta più risultati a livello macroscopico, per questo
viene presa in mano dall’UE più che dai singoli stati.
Denaro: nell’ambito della politica economica del trattato di Maastricht, alcuni degli stati
dell’UE hanno aderito alla moneta unica. Per aver l’euro come valuta nel proprio paese,
sono necessari determinati requisiti economici: se essi non vengono rispettati vengono
imposte sanzioni in termini di scelte politiche ed economiche. Questo perché si cerca di
agire sulla Borsa, come nel caso della Grecia (è la BCE che presta i soldi in tempi di crisi)
Gli organi comunitari
Il potere legislativo in Italia è del Parlamento, votato dal popolo. Mentre in Europa il
Parlamento concorre al potere legislativo con il Consiglio dell’Unione Europea, che è
composto da un rappresentante per Stato membro a livello ministeriale: il potere legislativo
è in parte al Parlamento, ma soprattutto agli Stati. Nella struttura dell’Unione Europea sono
rappresentati maggiormente i governi degli stati membri rispetto ai cittadini. Il parlamento
non è al centro dell’UE, il voto dei cittadini conta quanto la decisione dei singoli governi.
Parlamento Europeo: eletto dai cittadini, di 751 membri, con funzione legislativa, approva
il bilancio dell’UE e ha funzione di controllo sugli altri organi
Consiglio dell’Unione Europea: composto da un ministro per ogni paese, concorre alla
produzione di norme e alla composizione del bilancio in modo più preponderante rispetto
al Parlamento. Legge di bilancio: legge con la quale uno Stato bilancia spese ed entrate (decide quanto
prelevare in tasse e come prelevarlo)
Consiglio europeo: è l’organismo che riunisce i Capi di Stato e di Governo degli Stati
membri. Tirano l’indirizzo politico e l’orientamento dell’azione dell’UE.
Commissione Europea: ha il potere esecutivo (fa eseguire le norme) ed è composto da un
commissario per Stato Membro
Corte di giustizia europea: è il giudice dell’applicazione delle norme europee, anche nei
confronti dei singoli stati (potere giudiziario). I membri sono nominati di comune accordo
con gli Stati.
Fonti comunitarie
Le fonti originarie sono i trattati, ovvero gli accordi raggiunti fra i paesi per dare vita
all’unione europea, decidere di cosa si occupano, quali sono i principi fondamentali che la
tengono assieme. È una carta costituzionale scritta da più stati.
L’Italia aderisce a questi trattati perché lo consente l’art.11 della Costituzione, che consente
limitazioni della propria sovranità in favore di organizzazioni sovranazionali che assicurino
pace e giustizia fra nazioni. Un esempio è la rinuncia della propria moneta in favore
dell’Euro.
TCE, trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (1951)
Trattati di Roma: trattati CEE e EURATOM (1957)
Trattato di Maastricht - Trattato sull'Unione europea (1992)
Fra tutti questi, Il trattato di Nizza ha cercato di formulare una costituzione federale. I
problemi furono la conciliazione dei diversi principi costituzionali, per la quale non è
possibile includere principi costituzionali più avanzati di alcuni stati. Così ne risulterebbe
una costituzione debolissima
3 vizi dell’unione europea: mancanza di legittimazione come cittadini, presenza di una moneta unica ma
non di una Costituzione, eccesso di funzione contabile dell’Ue e arroganza nell’imposizione di scelte
politiche agli stati fuori dai requisiti
I trattati vengono stipulati in un determinato anno, ma hanno subito ulteriori modificazioni
da questi trattati:
Amsterdam 1997
Nizza 2001
Lisbona 2007
FONTI DERIVATE
Regolamenti
L’Ue opera quotidianamente con le fonti derivate dai trattati.
Il regolamento europeo è un atto di portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi
direttamente applicabile in tutti gli stati membri.
Generalmente i regolamenti sono di immediata applicazione, con i quali ci possiamo
appellare anche noi cittadini europei. Sono in vigore per tutti gli Stati i membri nel
momento della loro approvazione
Ai regolamenti si affidano anche le cose più leggere, come la composizione di determinati
prodotti in circolo nel mercato unico. Se c’è un mercato unico, bisogna anche avere una
regolazione comune per come i prodotti sono fatti affinché ci sia una equa “competizione”.
Ad esempio, il regolamento sulla quantità di succo d’arancia nelle aranciate:
Il regolamento comunitario prevale sempre sulla legge dello Stato membro, in ogni caso:
1. quando entra in vigore un regolamento che dice qualcosa di
diverso da una legge dello Stato membro già esistente
(regolamento dopo la legge): non solo per la gerarchia delle
fonti, ma anche per il principio per il quale prevale la legge più
recente. In questo caso le istituzioni disapplicano la norma
italiana (non viene cancellata, ma non applicata più)
2. Nel caso contrario, ovvero quando una legge dello Stato
membro. viene emanata dopo un regolamento comunitario
(regolamento prima della legge)
Quindi il cittadino europeo può andare in tribunale chiedendo un diritto sulla base di un
regolamento europeo, secondo la triangolazione fra UE, Stato e Cittadini.
I regolamenti comunitari vengono ammessi grazie alla costituzione italiana, quindi i principi
fondamentali della nostra costituzione non possono essere messi in discussione da nessun
regolamento comunitario. Un trattato europeo non può negare un principio fondamentale
o un diritto delle persone previsto nella costituzione.
Si è discusso di certe norme non di principio della costituzione: in questo caso le norme
europee prevalgono sulle norme costituzionali.
Ad esempio, per motivi di utilità nazionale un principio generale della costituzione che lo
stato si possa prendere imprese strategiche Enel è somma di tante piccole aziende
comprate dallo stato che poi sono diventate ente pubblico. Va contro il principio di
concorrenza dell’UE, idea del mercato liberale. La concorrenza è un principio che dice che
se ci sono tante aziende che fanno lo stesso prodotto la qualità di ciò che si vende
migliorerà perché si cercherà di fare un prodotto migliore al prezzo più basso. Il principio
economico europeo è quello della massimizzazione della concorrenza, quindi l’Italia ha
rinunciato al principio generale della propria costituzione della statalizzazione delle
imprese.
Direttive
Si occupano di temi più generali, sono atti che vincolano lo stato membro per ciò che
riguarda il risultato da raggiungere. (i regolamenti vanno sul dettaglio)
Occupandosi di temi più grandi, lo spirito del decreto legislativo è quello di fissare un
obbiettivo ed un periodo entro il quale tutti paesi europei devono raggiungerlo. Ad esempio
una direttiva stabilisce che che tutti i paesi europei devono avere un sistema che consente scambio di
studenti, che le amministrazioni pubbliche comprino le attrezzature che servono allo stesso modo, che si
produca energia e venda allo stesso modo. Il sistema dei CFU è stato istituito a livello europeo per
permettere lo scambio di studenti.
La direttiva non entra in vigore subito, perché il raggiungimento degli obbiettivi necessita
interventi legislativi da parte dello stato membro. Quindi la direttiva si rivolge ai parlamenti
nazionali e alla loro possibilità di legiferare in quella direzione: si vincola lo Stato e il
parlamento a fare le riforme necessarie per arrivare al punto condiviso.
Una volta che viene approvata una direttiva, l’Italia provvede con una delle sue fonti del
diritto (legge ordinaria, legge regionale…).
LA STRUTTURA ITALIANA: GLI ORGANI COSTITUZIONALI
Il popolo e la sovranità popolare
Primo fondamentale organo costituzionale è il popolo, insieme delle persone legate ad uno
stato da vincolo di cittadinanza. Il popolo è sia fonte del potere sia destinatario del potere:
con il voto il popolo è il legittimante del potere e delega la propria sovranità al parlamento,
contemporaneamente siamo destinatari delle decisioni del potere, con le leggi, gli atti
amministrativi. Nel primo caso siamo soggetti attivi, nel secondo caso siamo soggetti
passivi. Mettiamo in campo alcune capacità come cittadini/ membri del popolo italiano.
Diritto di associarsi in partiti.
Il diritto ad associarsi è previsto dalla nostra costituzione, così come quello di non associarsi
e di essere liberi dentro l’associazione. È diverso dal diritto di riunione che è di natura
temporanea, mentre l’associazione è stabile. Una forma particolare che riferiamo al popolo
nella costruzione degli organi costituzionali è la facoltà di associarsi nella forma particolare
dei partiti politici.
I partiti politici sono associazioni che propongono una certa idea del paese in base a un
sistema di valori. Sono coloro che mettono a punto le proposte dei grandi indirizzi europei
delle direttive a livello nazionale, riuniscono persone che hanno un’idea comune
dell’indirizzo del paese.
Sindacati:
Oltre ai partiti, gli italiani si possono associare in sindacati: sono associazioni di protezione
dei lavoratori di determinate categorie. L’insieme dei sindacati si chiamano Confederazioni
sindacali. Il diritto ad associarsi in partiti e sindacati implica anche il diritto a poterli creare.
È una seconda prerogativa del popolo. Quando i sistemi diventano liberali e democratici, la
democrazia passa al popolo. L’iniziativa migliore per far prendere le decisioni al popolo è
stata la democrazia indiretta e rappresentativa, per la quale eleggiamo dei rappresentanti
del popolo nelle assemblee elettive (Parlamento, Comuni ecc.).
Invece le modalità di democrazia diretta sono il referendum e l’iniziativa legislativa
popolare.
Sistemi elettorali
Il sistema elettorale influenza l’assetto del sistema politico, sia dal punto di vista del numero
dei partiti sia dal punto di vista della loro aggregazione:
il sistema proporzionale ha un effetto proiettivo, perché è il più fedele possibile alla realtà
politica del paese, ma il voto si frammenta in un numero molto esteso di partiti e si tende a
cercare una microidentificazione in partiti più piccoli. Di conseguenza, i governi sono
instabili perché è difficile mettere d’accordo tanti partiti. (esempio italiano)
Invece il maggioritario ha un effetto selettivo, perché compatta le forze in poli per garantire
più voti al candidato, quindi semplifica il sistema partitico, ma non garantisce la
rappresentanza di tutte le scelte di tutta la popolazione, i voti di una certa parte di
popolazione non contano nulla. (esempio americano)
Si sono costituiti dei meccanismi correttivi per entrambi i sistemi; nel sistema proporzionale
la selettività è assicurata da 2 correttivi:
In Italia per un tempo il sistema era principalmente maggioritario, ma una quota di seggi si
riserva al sistema proporzionale
Altri meccanismi di un sistema elettorale riguardano il collegio, che può essere uninominale
o proporzionale:
Inoltre, vi può essere il turno unico e il turno doppio: nel primo turno il sistema è
proporzionale, nel secondo turno è maggioritario, si vota solo fra i candidati che hanno
avuto più voti in ogni collegio. Ciò accade con i sindaci e i Presidenti di Regione quando non
raggiungono la soglia del 51% di voti.
C’entra anche il conteggio dei voti che rafforzano una forza piuttosto che un’altra. Uno di
questi è d’Hondt aiuta a rafforzare le forze più votate, tenendo un sistema proporzionale.
L’attuale legge elettorale deriva dalla sentenza 1/2014 della Corte costituzionale, che aveva
dichiarato illegittimo il precedente sistema per due motivi:
1) il premio di maggioranza era eccessivo e non vi era una soglia minima per ottenerlo
assegnato per l’elezione della Camera dei deputati alla coalizione di liste o alla singola
lista che ha ottenuto il maggior numero dei voti validi;
2) la mancata previsione del voto di preferenza causato dalle liste bloccate.
il 37% dei seggi è assegnato con un sistema maggioritario a turno unico in altrettanti
collegi uninominali (si tratta di 232 seggi alla Camera e 116 al Senato). In ciascun
collegio è eletto il candidato più votato, secondo il sistema del collegio uninominale
secco
il 61% dei seggi è ripartito con sistema proporzionale tra le coalizioni e le singole liste
che abbiano superato le soglie di sbarramento. La ripartizione è a livello nazionale
per la Camera, regionale per il Senato.
Il 2% è destinato al voto degli italiani all’estero, viene assegnato con un sistema
proporzionale con voto di preferenza.
Liste bloccate e preferenze: con le liste bloccate, il sistema prevede che in una lista venga
eletto chi è posto per prima. Così il partito in base ai sondaggi sa come posizionare i
candidati che vuole eleggere. Il voto di preferenza invece permette di scegliere il candidato
da eleggere e in ogni lista viene eletto quello con più preferenze. La lista bloccata permette
al segretario di scegliere i candidati che verranno eletti, mentre il voto di preferenza crea un
rapporto di vicinanza con gli elettori. In passato con il voto di preferenza abbiamo assistito a
episodi di corruzione per le preferenze (foto al voto, sostituzione del foglio vergine con uno
già scritto)
PARLAMENTO
Il Parlamento è organo centrale del nostro sistema. Il popolo sovrano a livello nazionale
vota i membri del parlamento. Dal parlamento prendono legittimazione gli altri organi.
Esso è organizzato in due camere che fanno le stesse cose, hanno le stesse funzioni: da qui
l’espressione bicameralismo perfetto. Ci sono pochi sistemi ad una sola camera (Congresso
e Senato in Usa, Assemblea nazionale e Senato in Francia, House of Common e House of
Lord). In Italia vi sono la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica: ci sono due
camere perché si immagina sia meglio che si torni due volte a guardare le leggi, che si
controlli due volte e ci siano due votazioni.
In molti paesi c’è una differenza di funzioni o di composizione / base elettorale fra le due
camere. Invece in Italia esse hanno le stesse funzioni, ma hanno sottile differenza nella
composizione, nella legittimazione:
La Camera dei Deputati è passata da 630 a 400 (elettorato attivo parte dai 18 anni, ovvero
chi può votare per la camera, l’elettorato passivo parte dai 25, ovvero chi può essere votato
per la Camera,)
Il senato è passato da 315 a 200 + senatori a vita (elettorato attivo dai 25, si può essere
eletti dai 40 anni)
1. FUNZIONE LEGISLATIVA
Il procedimento legislativo può cominciare sia al Senato sia alla camera. Il criterio con il
quale si decide di cominciare da una o l’altra è politico, non è scritto nella Costituzione.
È composto da queste fasi teleologicamente orientate:
a) Iniziativa. Può essere:
- Governativa, del governo tramite i disegni di legge su qualsiasi materia (ci sono materie
specifiche ed uniche del Governo). Il governo ha più probabilità di successo, perché ha la maggioranza
del Parlamento, quindi può contare sul voto dei parlamentari
- Parlamentare cioè presentata da un parlamentare alla Camera alla quale appartiene e
solitamente sottoscritta collettivamente da più parlamentare
- Popolare cioè richiesta dal popolo tramite una lista di 50.000 elettori
- Regionale
- del CNEL, comitato nazionale economia e lavoro (un organo che rappresenta professioni
ed attività economiche).
b) Istruttoria: è un’attività di approfondimento, di raccolta del materiale, di studio.
c) Discussione e approvazione: il Presidente della Camera decide la commissione di
competenza e il procedimento di approvazione della proposta di legge. In generale
prima deve essere analizzata dalla commissione, ma in base alla funzione della
commissione e all’aula di discussione ci sono diversi procedimenti possibili.
Il procedimento ordinario prevede che la commissione operi in sede referente, cioè
essa riferisce all’assemblea: a discussione si tiene già nella commissione, fra pochi,
poi un relatore lo presenta alla Camera. Dopo la presentazione da parte del relatore,
in aula ci sono due votazioni. La prima è su ogni articolo della legge, nella quale si
presentano emendamenti, ovvero modifiche ai singoli articoli: le opposizioni abusano
degli emendamenti per fermare l’approvazione, facendo ostruzionismo. Il lavoro di
semplificazione degli emendamenti ripetuti o fuoriluogo sta al Presidente della
Camera. Nella seconda votazione si vota in maniera secca l’approvazione dell’intero
testo della legge.
Il procedimento misto vede la commissione operare in sede redigente, in quanto
redige l’emendamento: la commissione viene autorizzata a fare il primo voto e gli
emendamenti dal PdC.
Il terzo procedimento vede la commissione in sede deliberante, la commissione
delibera direttamente la legge: il presidente ordina alla commissione di fare primo e
secondo voto. È un procedimento di origine fascista e poco democratico, perché
l’aula non la discute, per questo è molto rara e sono dette “leggine” quelle
approvate con questo procedimento. Inoltre, questo procedimento non è possibile
per temi delicati, quali la definizione di nuovi reati, le modifiche del regime fiscale, i
sistemi elettorali, la ratifica trattati con l’estero.
Per accelerare l’approvazione di leggi urgenti, si può utilizzare il procedimento
ordinario ma tempo dimezzato. Si può anche saltare la commissione e passare
direttamente all’aula, ma è molto raro.
Una volta che la proposta viene approvata in una camera, essa passa all’altra e il
procedimento si ripete (scelta della commissione e del procedimento, referente,
redigente, deliberante). Per andare a conclusione, lo stesso identico testo della
proposta di legge deve essere stato approvato da entrambe le Camere, dunque se c’è
una modifica nella seconda camera, essa ritorna nella prima camera in cui è stata
discussa. In gergo parlamentare, questo procedimento si chiama navetta. Quando la proposta di
legge ritorna all’altra camera e il cambiamento al testo è minimo, il Presidente è autorizzato a far
deliberare direttamente la commissione (sede deliberante).
Una volta approvata nello stesso testo, la legge passa al Presidente della Repubblica
e alla fase della Promulgazione.
d) Promulgazione. Il Presidente della Repubblica controlla l’incostituzionalità e il
conflitto con i Trattati Europei per decidere se promulgarla. In caso di problemi, il
presidente rimanda la legge alle Camere e indica cosa cambiare con un messaggio
motivato. Il Parlamento può adeguarsi alle proposte del PdR, oppure riapprovare la
legge così com’è: a questo punto il Presidente deve promulgarla (ma questo non è mai
successo)
e) Pubblicazione. Il testo della nuova legge viene pubblicato sulla gazzetta ufficiale e
entra in vigore 15 gg dopo. Questo periodo si chiama vacatio legis: serve per dare la
possibilità agli italiani di conoscere la legge e i suoi limiti.
Quindi:
Iniziativa -> governativa, popolare, parlamentare, regionale, CNEL
istruttoria -> commissioni / camere
discussione e approvazione (votazione) -> commissioni / camere
promulgazione -> Presidente della Repubblica
pubblicazione -> Gazzetta Ufficiale + vacatio legis
Istruttoria, discussione e votazione avvengono identiche in entrambe le camere (devono approvare lo stesso
testo)
Cambiare la costituzione
Per cambiare la costituzione, che è rigida, il procedimento è più complesso rispetto alle
leggi ordinarie (vi è un meccanismo di difesa).
Per cambiare le norme della costituzione, ogni camera deve approvare lo stesso testo 2
volte a distanza non inferiore di 3 mesi. Esempio: vota e approva camera, vota e approva il
senato, si aspettano 3 mesi, e si rifanno le votazioni. Il procedimento legislativo è
raddoppiato.
Passano 3 mesi da un voto all’altro perché in quel periodo ci potrebbero essere dei
ripensamenti, dubbi, ecc. In più, nel secondo giro di votazione ci deve essere la
maggioranza dei 2/3 dei deputati. Se non ci sono i 2/3 (ma c’è la maggioranza del 50%+1) si
può chiedere un referendum consultivo (senza quorum, come quello sul taglio dei
parlamentari). Ultimamente, anche con i due terzi chiede sempre il referendum.
INCARICO
Dopo le elezioni si contano i voti, nelle camere si votano i Presidenti ecc…
intanto al Quirinale il Presidente della Repubblica valuta chi comporrà il governo. Così dà
inizio alle audizioni o alle consultazioni, seguendo un protocollo: prima ascolta gli ex-
Presidenti della Repubblica, poi i Presidenti delle Camere neoeletti, poi incontra le forze
politiche. Le consultazioni possono essere più o meno facili a seconda del sistema
elettorale e della distribuzione dei voti fra le forze. Finché vi era un sistema maggioritario, vinceva
un polo dei due, quindi il lavoro del PdR era facile perché già si sapeva che il leader del polo vincente in
campagna elettorale sarebbe diventato il Presidente del Consiglio. Nel caso delle ultime elezioni la scelta è stata
più complicata, in quanto non vi era una somma di tante forze per la maggioranza (i 5 stelle con il 33% che non si
sarebbero mai alleate con nessuno, la Lega al 20%, il PD al 20%)
Così il PdR dà ad una persona l’incarico di formare il Governo / di scegliere i Ministri e di
stilare il programma di Governo.
NOMINA DEI MINISTRI
Il presidente del Consiglio incaricato incontra i leader delle forze politiche per ottenere
la loro fiducia in Parlamento e capire le loro posizioni politiche.
Sulla base di questi incontri, decide il programma di governo e stila la lista dei Ministri
da proporre al PdR, che li nominerà formalmente: egli può rifiutarsi di nominare
determinati ministri, quindi ha anche lui voce in capitolo.
GIURAMENTO
È un passaggio formale: il presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri giurano la
fedeltà alla Costituzione nelle mani del Presidente della Repubblica.
ESPOSIZIONE DEL PROGRAMMA DI GOVERNO
passaggio sostanziale: entro dieci giorni dal giuramento, il Presidente del Consiglio dei
Ministri si presenta con la sua squadra davanti alle Camere (solitamente si presenta
prima al Senato) e presenta il suo programma di governo (firmato dai Ministri). A
questo punto le Camere votano una mozione di fiducia.
Ma usare troppo spesso la questione di fiducia significa che ci sia qualcosa che non va fra
Governo e Parlamento. Inoltre, questo si è riflesso sulla qualità delle leggi, perché
generalmente la fiducia si mette su un solo articolo della legge, non tutta. Ci sono state
situazioni in cui una legge ha un solo articolo, ma tanti commi.
a) disegni di legge,
b) gli atti aventi forza di legge (decreti),
c) i regolamenti.
a) Disegni di legge: il governo è uno dei 5 soggetti che può proporre una legge: avendo la
maggioranza, è quello che ha più probabilità di legge. Quindi esercita un’iniziativa di
legge. (vedi iniziativa legislativa)
b) Decreti-legge e decreti legislativi
Ci sono norme specifiche del governo, gli atti aventi forza di legge. Quando si parla di atti, si
intende che sono prodotti dall’esecutivo, dal governo. Nella gerarchia delle fonti, sono al
primo livello, lo stesso delle leggi, ma non sono leggi. Essi sono il decreto-legge e decreto
legislativo
decreto-legge
si riferisce ad un’emergenza, serve per scrivere una norma in caso di necessità e
urgenza (o in tutti i casi dove non c’è tempo per seguire l’Iter legislativo). Viene
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale lo stesso giorno che viene emanato/approvato, ma
entra in vigore il giorno dopo. Il testo passa al Parlamento, che ha 60 giorni per
convertirlo in Legge (con i dovuti cambiamenti).
Dei decreti-legge se ne è fatto un abuso per casi di non-urgenza e per velocizzare i
tempi legislativi (casi simbolo sono stati il decreto Berlusconi sulle telecomunicazioni e il decreto
Salva Fede). Dall’altra parte, il Parlamento prorogava il termine di conversione in legge
di altri 60 giorni (si è arrivati a 32 proroghe per un decreto-legge).
Perciò nel 1996 la Corte costituzionale ha eliminato le proroghe del Parlamento: se
non c’è stata la conversione in legge, dopo 60 giorni la legge decade ex tunc (da
allora, il contrario è ex nunc, da ora), ovvero dal momento in cui è stato approvato.
Quindi è come se il decreto-legge non fosse mai esistito: si possono fare ricorsi e si
deve aggiustare ciò che il decreto-legge ha modificato. In realtà, questo avviene nei limiti
del possibile, ad esempio si può richiedere il risarcimento per il pagamento di una multa prevista
dal decreto-legge, ma non si può abbattere una diga se il decreto riguarda le infrastrutture.
Decreto legislativo
In questo caso tutto parte dal Parlamento. Il decreto-legge è emanato dal Governo
ma su delega del Parlamento: esso emana una legge-delega, che delega il potere
legislativo al Governo. La legge-delega contiene l’oggetto/materia, il termine e le
modalità/principi di attuazione di quella legge: è molto frequente quando il lavoro
è molto tecnico e richiede molta attenzione (ad esempio nelle leggi di bilancio alcuni
ambiti sono affidati al Governo). Infatti, il Governo è altamente specializzato rispetto
al parlamento, che è un organo generico.
Siccome si abusa più del decreto-legge, il decreto legislativo è quello più usato, a
volte lo stesso governo fa scrivere delle deleghe alla maggioranza su ambiti dei quali
si vorrebbe occupare.
DPCM: decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che il presidente del Consiglio
dei ministri adotta solo per disciplinare determinati ambiti specifici. Il parlamento dà al
presidente del Consiglio dei ministri dei poteri straordinari per situazioni straordinarie,
di emergenza o di urgenza. Non viene firmato dal presidente della Repubblica
c) REGOLAMENTI
Il regolamento governativo è una fonte tipica del governo, nella quale non è coinvolto il
Parlamento come negli atti. Tuttavia, i regolamenti sono di secondo livello nella gerarchia,
rispetto alle leggi e ai regolamenti comunitari, di primo livello. Sono classificati per tipo:
regolamento esecutivo della legge: mette in esecuzione ciò che la legge dice, non
aggiunge regole, rende la legge applicabile, è una mera esecuzione. (ad. Esempio mette
una data dalla quale le disposizioni sono applicabili)
regolamento attuativo: aggiunge contenuto normativo alla legge, quindi delle regole.
Esecutivo ed attuativo si mettono sul solco di una legge già esistente, la definiscono.
regolamenti indipendenti: si approvano in materie non coperte dalla legge, quindi non
conseguono ad una legge. Coprono un ambito per il quale non c’è una legge che lo
copre e sono usati al posto di una legge: la materia è ritenuta secondaria da poter fare a
meno di una legge, quindi al suo posto si preferisce approvare un regolamento.
Tuttavia, alcune materie hanno riserva di legge.
Riserva di legge: la Costituzione riserva alla legge la disciplina di determinate
materie. Nel 1948 si è approvato ciò perché si pensava che la legge fosse più
garantista, tuttavia il procedimento per modificarla è molto lungo. Infatti, nei primi
quarant’anni della Repubblica c’è stato un eccesso di leggi, dagli anni ‘80 si è
cominciato a bilanciare il sistema normativo a favore dei regolamenti (per Craxi certe
cose potevano essere lasciate ai regolamenti)
Il procedimento per approvare un regolamento parte dal Consiglio dei ministri, che
discute e approva la legge. Poi ci sono due controlli da due giudici, uno dal Consiglio di
Stato e l’altro dalla Corte dei conti.
o Il consiglio di stato controlla il contenuto (è un organo ibrido)
o La Corte dei conti guarda se ciò che prevede il governo comporta spese. la
costituzione afferma che qualunque spesa deve essere approvata dal parlamento,
quindi il controllo della Corte dei conti è se esiste una previsione di quelle Spese da
parte del Parlamento, ad esempio in una legge di bilancio.
Quindi, se essa approva i costi, mette il visto e il regolamento procede nel suo iter.
Tuttavia, se non lo approva, lo rimanda al governo che corregge i costi. A questo
punto il governo può riapprovare e la Corte dei conti deve mandare avanti il
regolamento, ma manda un’informativa al Parlamento. Così il parlamento convoca
il Ministro di competenza con un’interpellanza per chiarimenti sui costi.
Gli atti e i regolamenti non sono atti propri del governo ma sono emanati come decreti del
PdR. C’è la controfirma del Presidente del Consiglio.
Sono rubricati come decreti del Presidente della Repubblica “D.P.R.” (non D.L.G.S., decreti
legislativi) per una questione di correttezza istituzionale: non è opportuno ci siano norme
di questo tipo intestate al governo, per questo si chiede la tutela del presidente della
Repubblica che firma insieme al presidente del Consiglio e adotta formalmente questi
decreti. La responsabilità politica di questi decreti è del PCM: il decreto è preso in carica da
Mattarella ma le scelte sono di Conte.
MINISTERI
Il segretariato generale alle dirette dipendenze del ministro: c’è una figura unica che
gestisce tante direzioni: il sistema è più verticistico e gerarchico e serve per un’azione più
unitaria, dove c’è bisogno di più omogeneità al comando. ad esempio sulla difesa, affari
esteri e beni culturali
Figura super partes ma non neutrale o che non entra mai in campo, viene eletto per 7 anni
(settenato) dal voto delle camere in seduta comune, in plenum. Le due camere possono
sedere assieme a Montecitorio, la sede della Camera dei deputati (sede del senato:
Madama, PdR Quirinale, Farnesina: Esteri.)
Il metodo di elezione è particolare: il PdR viene eletto nei primi due giri di Voto raggiunti i
due terzi. (si volta la prima volta, se non si raggiungono i due terzi si vota una seconda
volta) Successivamente si passa a maggioranza semplice se non viene fuori un nome nei
primi due giri di voto.
Il PdR ha due responsabilità specifiche: può essere accusato di attentato alla costituzione e
alto tradimento. A mandarlo a giudizio/promuovere l’impeachment può essere un certo
numero di parlamentari, a svolgere il processo è la Corte costituzionale.
Attentato alla costituzione: comportamento del PdR contrario alle norme della
costituzione.
Alto tradimento: comportamento contro la Costituzione ma tenuto a favore di un altro
paese. Tradimento dell’Italia per un altro paese.
Pur essendo terzo/sospeso dalle parti, il Presidente della Repubblica ha qualche funzione in
ognuno dei poteri fondamentali, in qualche modo prende parte a potere
legislativo/esecutivo/giudiziario
A. di natura legislativa:
promulga leggi e nomina Senatori a vita,
indice le elezioni.
Convoca la prima seduta delle Camere dopo le elezioni, dopo la conta dei nomi, e le
convoca in plenum
Autorizza la presentazione alle Camere dei progetti di legge del Governo.
Perché il governo faccia qualcosa in campo legislativo, c’è sempre la mediazione del
Presidente della Repubblica.
A. di natura esecutiva:
nomina il capo del Governo, PCM, e sotto proposta di quest’ultimo nomina i
Ministri.
Gli atti legislativi del Governo li fa suoi decreti.
è il capo/presidente delle Forze Armate. Questa è una funzione attiva svolta in
particolare nel caso di stato di guerra, che viene dichiarato dal Parlamento.
A. di natura giudiziaria:
È a capo del CSM, Consiglio Superiore della Magistratura
Nomina 5 giudici della Corte costituzionale
Concede grazia e commuta/cambia le pene.
Grazia: hai ancora la colpa, ma non più la pena.
Amnistia e indulto: fuori dal carcere e non hai più la colpa. Servono a terminare le
pene dei reati minori delle persone in galera, per sovraffollamento delle carceri
CORTE COSTITUZIONALE
La Corte costituzionale è il custode della Costituzione, cioè è il giudice che valuta se le leggi
sono rispettose di quanto dice la Costituzione. Presidia la gerarchia delle fonti che pone al
primo posto la Costituzione. Guarda che le fonti sottostanti siano rispettose della fonte
sovrastante (gerarchia delle fonti). La Costituzione è aperta, quindi la Corte costituzionale si
fa garante di un’interpretazione che la rende attuale.
Con una sentenza di accoglimento la corte accoglie l’idea che la norma sia
incostituzionale. Quando la corte accoglie la questione, la norma in questione è
dichiarata incostituzionale: dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza la
norma decade dall’ordinamento giuridico, cioè viene cancellata.
Quando la Corte ritiene non fondata l’idea che ci sia incostituzionalità, essa respinge la
questione, quindi dà una sentenza di rigetto.
Le sentenze di rigetto possono essere anche sentenze “interpretative” di rigetto, cioè
la legge non è considerata incostituzionale se interpretata in un certo modo. Secondo
la corte, il dubbio di legittimità si basa su una cattiva interpretazione della norma.
Quindi la Corte dà l’interpretazione secondo Costituzione, che è l’unica possibile,
perché “salva” la norma dall’incostituzionalità.
(es. libertà di manifestazione del pensiero. La corte interpretando quella norma ritiene che l’ordine dei
giornalisti debba esistere se assicura la professionalità di chi sta scrivendo su quel giornale. Ma non serve
essere giornalisti se si vuole scrivere su un giornale, si può essere pubblicisti, praticanti ecc.)
La sentenza monito invita il legislatore a rendere la norma conforme alla Costituzione
entro un determinato periodo di tempo e secondo determinati criteri. (es. Dj Fabo e
Marco Cappato). Ammonisce il Parlamento, se non interviene, interverrà la Corte
Costituzionale.
MAGISTRATURA
La magistratura esercita il potere giudiziario, il terzo potere. È un potere autonomo, in
quanto è unicamente sottoposta alla legge. Inoltre, vi si accede tramite concorso.
Quindi a differenza delle altre istituzioni, non è elettiva e non è sottoposta ad un governo o
ad una linea politica / un programma. Se il politico sceglie di cosa occuparsi prima secondo
la propria linea politica, per la magistratura qualunque fatto è ugualmente rilevante e non
ha priorità.
Il secondo principio è che la giustizia si esercita in pubblico nel nome di tutti i cittadini
italiani. Questo è soprattutto vero per la giustizia penale.
Il terzo è il principio del giudice naturale o della precostituzione del giudice: nessuno può
scegliere il giudice davanti al quale è giudicato e il giudice non può scegliere le cause di cui
si occupa. Il giudice di un processo viene scelto secondo una rotazione/meccanismo, ma
esso può essere specializzato in determinate tipologie di cause.
Il principio alla difesa afferma che ciascuno ha diritto ad essere rappresentato da un
tecnico davanti alla Magistratura e viene garantito ai più deboli con l’avvocato d’ufficio.
Ognuno ha diritto ad almeno due gradi di giudizio. Il giudizio non è secco, ma che ci sia la
possibilità di chiedere un riesame di esso.
Magistratura Giudicante Colonna sinistra: ci sono giudici davanti ai quali si va la prima volta
che si viene giudicati, per il secondo grado e poi c’è al terzo grado la corte di cassazione
CORTE DI CASSAZIONE
Si trova al terzo grado di giudizio. Nei primi due gradi i giudici esaminano i fatti e applicano
le norme, quindi ci può essere mancanza di prove e di fatti, falsa identificazione, falsa
applicazione delle norme. (non si sono rappresentati tutti i fatti per mancanza di prove aggiunte nel
secondo grado, non si sono applicate le norme giuste, l’applicazione delle norme è stata interpretata male )
Al terzo grado di giudizio la Corte di Cassazione non considera più i fatti, ma valuta se i
giudici nei primi due gradi hanno applicato correttamente le norme. Compie soltanto un
lavoro giuridico sull’applicazione pura del diritto, è il giudice della legittimità e
dell’interpretazione. Corte costituzionale giudice delle leggi
Non tutti i processi sono affidati ad una sola tipologia di giudici, ciò che distingue questi tre
tipi di giustizia sono le sanzioni. Ad esempio, investimento di un anziano. C’è la sanzione amministrativa (la multa),
poi scatta il processo penale per danno alla persona e la famiglia chiede il risarcimento dei danni con un processo civile.
Civile: lite fra due civili, ognuno dei quali vanta un diritto che l’altro nega. Le prove sono
portate dai due civili, quindi subentra solo la magistratura giudicante. La sanzione è
monetaria: si risarcisce il danno ingiusto (fisico, psicologico, economico, anche per lucro
cessante = mancato guadagno o perdita economica)
Penale: si tratta di un comportamento illecito contro la comunità, considerato reato
perché presente nel Codice penale. Ci sono 3 possibili sanzioni penali: l’ammenda, la
detenzione, l’ergastolo.
Amministrativa: è contro regole che pongono organismi amministrativi, la sanzione è la
multa (mancato pagamento delle tasse o del parcheggio)
Tutti i provvedimenti del CSM assumono la veste formale di decreti del PdR, tranne quelli
disciplinari, che possono essere contestabili davanti alla corte di Cassazione.
ENTI TERRITORIALI
L’Italia ha scelto una soluzione di mezzo fra paese unitario e federale. Infatti, in Italia solo lo
stato è sovrano, ma da sempre conosciamo un fortissimo ruolo dei nostri comuni e il nostro
paese ha da sempre una storia che passa per le differenze delle città. All’estero l’italia non è
rappresentata solo con Roma, ma con varie città .
Inoltre, quando l’Italia è stata unificata (nel 1860 con la presa di Roma), Cavour ha trattato
tutta la penisola come fosse il Piemonte, quindi si è verificata la piemontesizzazione
dell’Italia: il sud trovava problemi perchè aveva abitudini governative diverse, quindi si sono
sviluppati fenomeni di brigantaggio.
Nella scrittura della Costituzione alcuni sostenevano si dovesse dare una diversificazione
alle regioni e l’elezione su base regionale del Senato. Articolo 5 Costituzione
Per questo si riconosce un’autonomia maggiore alle amministrazioni locali:
Fino al 2001 si risentiva una sorta di scala di importanza per la quale c’era prima lo Stato,
poi regioni, poi i comuni. Nel 2001 c’è stata una riforma della Costituzione, nella quale è
stato chiarito che questa gerarchia non esiste; il nostro è un sistema a multilevel
governance, nella quale non c’è una supremazia dello Stato sulle autonomie locali, si
distinguono solo in base alle loro funzioni (Articolo 114 Costituzione)
ad esempio, le Regioni si occupano in gran parte della Sanità, il resto lo fanno i comuni,
come il trasporto locale, smaltimento dei rifiuti, politiche abitative e di welfare…
Pluralismo paritetico: ci sono più livello di governo sullo stesso piano d’importanza che
però fanno cose diverse con mezzi e strumenti diversi.
C’è anche una produzione legislativa delle Regioni. Non solo i costituenti decidono di dare
corpo alle autonomie, ma gli danno anche la possibilità di farsi delle leggi. Tra le leggi dello
Stato e delle autonomie locali c’è una divisione in base nelle cose che fanno / alle
competenze, ma nella gerarchia delle fonti del diritto sono pari.
22 luoghi del sistema italiano in cui si producono norme: 21 regioni, ma Trento e Bolzano
hanno due provincie diverse. Ogni norma ha uno spazio di efficacia diverso: le leggi dello
Stato valgono per tutto lo Stato, le leggi regionali solo per quella regione.
Solo per le 15 regioni a statuto ordinario, l’articolo 117 specifica per ogni materia chi ha la
potestà legislativa: sia le Regioni sia allo Stato, nel rispetto della Costituzioni, dei Trattati
comunitari e degli obblighi internazionali.
Tuttavia alcune materie sono di legislazione esclusiva dello Stato: ci sono ambiti di cui si
occupa solo lo Stato, non le regioni (questione internazionali, giurisdizione, moneta ecc.)
In particolare, l’articolo 117 determina che bisogna assicurare il livello minimo delle
prestazioni sui diritti civili e sociali, quindi ogni cittadino ha diritto ad uno stesso livello di
prestazione sanitaria, di costo dei servizi ecc.: nell’ambito dei poteri, si possono fare scelte
diverse di organizzazione, ma bisogna assicurare il livello minimo di ogni diritto in egual
modo a tutti i cittadini.
Materie di legislazione concorrente
Per le materie di legislazione concorrente, lo stato detta i principi fondamentali, ma il
resto è deciso dalla Regione: lo Stato concorre con la Regione su queste materie, ma essi si
dividono per tipi di norma. Si dice che la Stato fa la legge cornice e la Regione fa legge
quadro. I principi fondamentali sono decisioni più concrete, ad esempio come è fatto lo
yogurt. Una delle materie concorrenti è l’ordinamento della comunicazione
Tutto ciò che non è competenza dello stato va alle Regioni: significa che la base della
legislazione è la Regione (questo è stato affermato con la riforma del 2001)
La tutela dell’ambiente è compito solo Statale (ma in realtà gran parte della competenza è anche dell’Europa e dei
trattati internazionali). La costituzione afferma che questa non è una materia, ma un principio. La tutela
dell’ambiente è un “cavallo di troia” perché con essa lo Stato può entrare nelle regioni a dire la sua, l’ambiente può
c’entrare con tutto (esempio: trasporti)
Autonomia differenziata
Se la regione si sente pronta può chiedere più autonomia allo Stato, specialmente nelle
materie concorrenti e in alcuni termini nelle materie esclusive dello Stato: ottiene
l’autonomia differenziata. (Art.116)
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna l’hanno richiesto: hanno posto un referendum e hanno posto richieste molto
stringenti, ma ci si è trovati davanti a diversi problemi. Lo Stato centrale non voleva mollare per un problema
economico (ad esempio di tasse, se sarebbero rimaste nel territorio o sarebbero state distribuite). Al momento la
situazione è ferma per incomunicabilità.
Sicilia
Sardegna
Valle D’Aosta
Trentino-Alto Adige
Friuli-Venezia Giulia
Sono dette a statuto speciale perché sono approvati con legge costituzionale (gli statuti
delle regioni ordinarie sono approvate dal consiglio regionale), che vale come la
costituzione e hanno nei loro statuti l’elenco delle materie di cui si occupano.
Tuttavia, le legge costituzionali sono approvati dal parlamento, quindi è il Parlamento che di
fatto ha scelto le materie da mettere. Inoltre, materie sono state scelte negli anni ’60,
quindi dopo la lista del 2001 le regioni ordinarie hanno competenza su più materie di quelle
speciali.
Le fonti comunali e provinciali sono gerarchicamente subordinate alla legge. Il ruolo delle
amministrazioni locali è più di governo, che di regolazione, che avviene a livello Statale e
Regionale.
Province: nel 2014 sono state introdotte 10 città metropolitane, cioè a regolazione
differenziata: sono agglomerati che dovrebbero far lavorare più compattamente i comuni al
loro interno. Le province hanno una regione di autonomia molto basso (le cose più
importanti sono la manutenzione scolastica e stradale). La Provincia non è più elettiva dalla
riforma del 2014, ma è un ente a legittimazione indiretta/secondaria: gli organi provinciali
sono scelti dai sindaci e consiglieri comunali fra di loro (la giunta provinciale è composta da
sindaci e consiglieri comunali della provincia)
DIRITTO ALL’INFORMAZIONE
La base è l’articolo 21 della costituzione, nella seconda parte (diritti e doveri dei cittadini).
È articolato in 6 commi
1. Il primo comma afferma il diritto di manifestazione del proprio pensiero.
2. Commi 2-3-4-5: 4 commi contengono i principi generali sulla stampa.
3. Comma 6: l’ultimo comma contiene il limite del buon costume alla manifestazione di
pensiero.
È una norma imperfetta, in quanto
guarda al passato: si focalizza molto sulla stampa e non sugli altri media;
inoltre, non tutela la dimensione passiva (essere informato) e riflessiva (informarsi)
dell’informazione, ma solo quella attiva (libertà di informare qualcuno)
In questo senso, è meglio dello Statuto Albertino del 1848 ma è peggio della dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo (1948) o della costituzione tedesca (1949).
L’articolo 21 è meglio dell’art.28 dello Statuto Albertino: esso era flessibile, per questo il
monarca poteva modificarla spesso. Ciò si riflette nella norma riguardante la libertà di
manifestazione del pensiero, che presenta alcuni problemi:
di sintassi: non si usa mai il futuro in
una norma.
di profilo giuridico: la flessibilità
della costituzione fa avere paura
dell’approvazione di una legge per vincolare le libertà di stampa.
(“ma una legge ne reprime gli abusi”)
L’articolo 21 è peggiore rispetto alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) o
alla costituzione tedesca (1949):
La Costituzione Tedesca si parla di una tutela dell’informazione anche nella forma
riflessiva (cercare informazioni, informarsi).
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è la più completa, perché tutela
l’informazione anche nella forma passiva (libertà di ricevere informazioni).
Quando fu scritta questa norma, l’idea di informarsi inizialmente era pensato come
qualcosa riservato a pochi (insegnanti. Ricercatori, ecc. Per questo la Corte costituzionale ha
fatto nel tempo un lavoro interpretativo.
Questo diritto emerge quando il pensiero occidentale raggiunge una consapevolezza: tutti
siamo esseri ugualmente razionali; fino all’illuminismo c’era una verità scientifica e una
religiosa (es. censura su Galileo e G. Bruno: la nuova scienza e filosofia di quel secolo
vengono negati). Invece l’illuminismo fa passare l’idea che c’è più di una verità perché ogni
individuo, in quanto razionale, è capace di scelta e comprende diversamente la realtà. Se ci
sono più verità devono essere ugualmente espresse, quindi ciascuno ha il diritto di
manifestare il proprio pensiero.
La libertà di pensiero viene interpretata in due modi diversi dalle due rivoluzioni borghesi,
dalla Rivoluzione francese e dalla Rivoluzione americana:
2. Dice che non ci possono essere censure sulla stampa, né su quella periodica né su quella
editoriale (libri). Negare la censura significare negare anche qualsiasi forma di controllo
preventivo sui contenuti e sulle informazioni, qualsiasi blocco preventivo della stampa,
qualsiasi autorizzazione.
3. Invece è possibile sequestrare un periodico o libro: il sequestro avviene dopo la
diffusione e consiste nel ritiro dalle librerie o dalle edicole.
Si può fare un sequestro solo per due motivi: se lo autorizza un giudice oppure nei casi
in cui la legge espressamente lo autorizza.
4. Prevede un’eccezione al terzo comma: se vi è assoluta urgenza e non vi è tempo di
avere l’autorizzazione del giudice, è la polizia giudiziaria che procede al sequestro.
Effettuato il sequestro, esso va comunicato alla magistratura non oltre le 24 ore e il
giudice ha altre 24 ore per convalidarlo.
5. Prevede che siano noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica: sapere di chi è
un giornale ci fa sapere che influenze hanno e quali sono i suoi orientamenti.
Corriere della sera appartiene a Urbano Cairo, il proprietario di La7 e presidente di Torino. Agnelli, il Presidente della Juve è
proprietario della La stampa con Gedi Editoriale, lo stesso gruppo ha acquistato La Repubblica.
Il fatto quotidiano e Il Foglio appartengono a un collettivo di giornalisti.
Il giornale e libero sono di Mediaset, quindi della famiglia Berlusconi.
Il sole 24 ore è di Confindustria, giornale degli industriali.
Estensione soggettiva significa che TUTTI sono titolari del diritto, anche chi non ha la
cittadinanza italiana: la libertà di manifestazione del pensiero è una condizione insita
nell’essere umano (la Costituzione specifica quando il diritto è riferito ad una parte di
popolazione, come i cittadini o lavoratori).
Ci sono due categorie professionali che hanno più libertà degli altri in questo senso:
i membri del Parlamento e i consiglieri regionali, che sono insindacabili nell’esercizio delle
loro funzioni (Art. 68 e 122). Invece I cittadini normali, quindi anche i giornalisti, sono
perseguibili per le opinioni che esprimono (ad esempio per vilipendio alla bandiera, al capo di Stato)
Art. 529 C.P.: limite del buon costume nel Codice penale
1° comma:
abbiamo il dovere di attenerci al senso medio
di tolleranza perché è difficile portare a regola
la morale individuale. Se noi ci attesteremo su di
esso, ci ribelleremo al livello più bigotto
possibile: non tuteleremmo il dissenso, la
sperimentazione, l’anticonformismo.
Ci sono tolleranze diverse per pubblici e linguaggi diversi. In certi casi, fra osceno e buon
costume si pongono altri elementi che fanno abbassare la soglia della tolleranza, come la
religione o l’età: se il pubblico è minorenne la tolleranza è ancora minore secondo la nostra
Costituzione, che ritiene gli adolescenti non dotati degli strumenti per poter comprendere
violenza o scene erotiche.
La nostra concezione di osceno ha in gran parte a che fare con la sessualità: viene da
chiedersi perché da sempre non c’è tutta questa attenzione per la violenza.
EVOLUTIVITÀ: il concetto cambia nel tempo e nello spazio. Ci sono stati sequestri di film
in aree particolarmente conservatrici. Un esempio di evolutività del concetto di osceno è
relativo a Ultimo Tango a Parigi, film molto passionale: è stato prima censurato dal
Tribunale di Roma e poi rimesso in circolazione. Tuttavia non per forza l’evoluzione va
verso l’apertura (certe scene di nudità, satira impegnativa, violenza estrema…che
passano in tv anche in mezzo a programmi o fasce orarie da cui possono passare anche
bambini; una volta non era così. Allo stesso tempo però alcune vignette di satira oggi
non sarebbero possibili
NECESSARIA PUBBLICITÀ: un atto o un oggetto per essere considerati osceni devono
essere esposti e visibili, ovvero è l’esposizione ad occhi che non vogliono vedere quella
cosa a renderla oscena (tra due adulti consenzienti nulla è osceno nella loro intimità,
perché non esposto) Anche l’auto è considerato luogo privato, ma dipende dove l’auto è parcheggiato,
Mettere i giornali sui finestrini è considerato istigazione a delinquere, perché attira il passante e segnala l’atto
osceno. Ad esempio, le edicole, che una volta erano il luogo principale per acquistare riviste porno, tenevano
queste riviste separatamente.
In questi casi, con un concetto poco definibile come l’osceno, l’interpretazione della
giurisprudenza è importante: nel rendere pubblico un determinato evento è importante
con quale mezzo lo si fa e il contesto con il quale lo si pubblico. Ad esempio, Netflix ha più
libertà nella diffusione di immagini oscene (violente/sessuali) nelle sue serie tv rispetto alla
normale tv perché è una piattaforma che prevede una scelta del prodotto e ha una
fruizione diversa, non imposta.
Diffamazione: è l’insulto recato ad una persona quando si parla con altri di lei, quindi
colpisce l’apprezzamento e la reputazione che altri hanno di noi.
È una ferita alla nostra proiezione sociale: questa è la più importante per la
comunicazione e la stampa perché scrivendo su qualcuno possiamo rovinargli la
reputazione.
Il reato di diffamazione è quello per cui vengono chiamati i giornalisti in tribunale in
gran parte dei casi (hai scritto quella cosa anche se non è vera).
Il problema del bilanciamento fra libertà di pensiero e tutela della dignità è stato risolto
dalla Corte di Cassazione con la Sentenza 5259 del 1984. Essa viene anche chiamata
sentenza decalogo del giornalista perché fa da svolta alla professione giornalistica e
tutt’oggi i giudici ragionano ancora seguendo lo schema alla base di questa sentenza. Il
ragionamento della Corte di Cassazione si basa sulle scriminanti dell’Articolo 51 del Codice
penale.
SCRIMINANTI
1. Consenso dell’avente diritto (Art. 50 c.p.): deve essere espresso un gesto che ci
esprime l’autorizzazione.
2. Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere (Art. 51 c.p.);
3. Legittima difesa (Art. 52 c.p.);
4. Uso legittimo delle armi (Art. 53 c.p.);
5. Stato di necessità (Art. 54 c.p.).
Il bilanciamento fra libertà di pensiero e tutela della dignità si basa sulla seconda
scriminante dell’Art. 51 C.P: la Corte di Cassazione nella sentenza decalogo ha precisato
che i giornalisti esercitano un diritto, ovvero quello di informare, di cronaca.
Tuttavia, il diritto di cronaca è esercitato legittimamente se ricorrono 3 condizioni + 1 che
verrà introdotta in una sentenza successiva (attualità delle info diffuse).
In altre parole, la scriminante viene applicata se ci sono le condizioni. La sentenza- decalogo
è stata importante perché il ragionamento con la scriminante viene applicato ancora oggi
dai giudici e su di esso si basa la decisione del bilanciamento fra libertà di pensiero e altri
diritti (all’immagine ecc.)
Il diritto di cronaca è legittimo adempimento di un diritto solo quando la notizia:
È di utilità sociale,
è vera,
è esposta in una forma civile.
I. UTILITÀ SOCIALE DELL’INFORMAZIONE (o rilevanza sociale): la notizia deve essere
rilevante per la collettività sociale. Deve perseguire l’interesse pubblico, NON interesse
del pubblico (come il gossip).
II. VERITÀ DEI FATTI ESPOSTI: il giornalista è uno dei punti di vista del fatto, la verità
richiesta è oggettiva oppure putativa. Viene chiesta quella oggettiva quando è possibile,
altrimenti la richiesta della sentenza è la verità putativa, ovvero il giornalista deve
dimostrare di aver fatto un serio approfondimento delle fonti se ciò che diffonde non è
oggettivo.
(ad Esempio: I giornali più importanti del mondo, NYTimes o Washington Post, richiedono 3 fonti che
confermino la notizia.)
III. CONTINENZA o FORMA CIVILE DELL’ESPOSIZIONE DEI FATTI E DELLA LORO
VALUTAZIONE: ha a che fare con la forma e non con il contenuto dell’articolo, non
bisogna usare una forma esagerata rispetto a ciò che si dice (esempi: Libero, Il Giornale,
Il Manifesto). Inoltre, l’esposizione deve essere obiettiva, o comunque non si deve avere
l’intento di denigrare. Nella forma la Corte dà anche dei consigli di stile per evitare
difetti di chiarezza. Quindi denuncia alcuni espedienti:
caso del sottointeso sapiente, ovvero l’uso di certe espressioni che verranno
intese in un altro modo col fine di denigrare, a volte usando le virgolette (il nostro
“onesto” ministro),
accostamenti suggestionanti, ovvero il riferimento ad altri fatti negativi che sono
logicamente sconnessi dal fatto originale, ma che fanno credere al lettore che
l’accostamento sia sensato (esempio: Conte chiude i bar, i ministri vanno al
ristorante)
caso del tono sproporzionatamente scandalizzato che informa il lettore più
sull’interpretazione del fatto che sul contenuto della notizia e viene ottenuto con
l’uso di parole come notevole, impressionante, strano, non chiaro
insinuazioni legate ad affermazioni come “non si puo escludere che…”
Si aggiunge un altro punto con la sentenza 3679/98:
IV. ATTUALITÀ DELL’INFORMAZIONI DIFFUSE: la notizia deve essere attuale, una persona
non può essere costantemente riportata sotto i riflettori dell’attualità per fatti successi in
passato, quindi ha diritto all’oblio. Se sono scoperte nuovi elementi sul caso, esso può
essere nuovamente citato.
Da questo punto discende il diritto all’oblio (sentenza 3679 del 98), ovvero diritto a
essere dimenticati (è stato riconosciuto a livello europeo e inserito nel GDPR sulla
sicurezza. In Francia alcuni contratti prevedono il diritto a essere disconnessi da Internet
fuori da lavoro)
Diritto all’oblio: diritto dell’individuo al riserbo in relazione a fatti per cui è venuto
meno l’interesse pubblico della conoscenza, ma anche il diritto a non essere ricordati
soltanto per un avvenimento grave o con un crimine.
Si è evoluto in epoca digitale: il reato di qualcuno ha diritto ad essere cancellato dai
risultati dei motori di ricerca su quella persona di modo che il primo risultato non sia
il suo scandalo. È il diritto ad una ricerca non pregiudiziata.
DIRITTO DI CRONACA: la cronaca vista come narrazione dei fatti nella loro oggettività con lo
scopo informare il nostro pubblico. È disciplinato dall’articolo 21 e per essa tutte le 4
condizioni del decalogo sono applicate
INTERVISTA
Ad esempio, il danno all’identità vale anche per ricordare sempre la stessa frase di una
persona, usare sempre la stessa foto imbarazzante per identificarla: bisogna
contestualizzare la persona della quale si parla nell’intervista che riporta e non il contrario.
Inoltre, nel riportare le affermazioni di un’intervista, serve equilibrio, perché ogni
affermazione ha un peso specifico nell’economia del discorso e non si deve estrapolarle
fuori dal loro contesto. Il diritto all’identità personale è diverso dalla dignità della persona:
quando compio un reato relativo all’identità personale non sto infamando una persona, ma
la sto raccontando in maniera parziale.
EVOLUZIONI del diritto all’identità personale – IDENTITA DIGITALE
Il diritto all’identità personale è importante nel mondo digitale: Internet ha portato a far
coincidere l’identità personale con il diritto alla riservatezza. La tutela dell’identità
personale su Internet è attiva: riguarda la correttezza delle informazioni presenti, non la
sua rimozione o presenza. Quindi non si può chiedere che le info su di sé vengano rimosse
dalla rete, bensì che quelle presenti siano corrette e che vengano aggiornate. Quindi non
possiamo controllare più di tanto la circolazione delle nostre informazioni su Internet.
Questa norma è arrivata nel 96 con la prima legge della tutela sulla riservatezza. È una
norma fondamentale ma pure utopica, perché non si può impedire a tutti che la creazione
di un pregiudizio su di noi tramite i nostri dati. Leggere i dati permette di farsi un pregiudizio sulla
persona in questione (esempio dell’interrogazione). Esempio: dalle foto di Instagram traiamo delle conclusioni sulla
persona. Oggi è normale attraverso una collezione di info pubblicate su Internet ci si crei un pregiudizio, anche
positivo. Il pregiudizio è un giudizio fatto su indizi, non su delle prove. Si tratta di sospetti, non di una conoscenza
approfondita della persona.
In generale, tirare una conclusione in base a una somma di informazione non ci dice mai il
perché di quelle azioni (dalla cronologia delle geolocalizzazioni non riusciamo a cogliere il
perché eravamo lì). Allo stesso tempo un giudizio che valuti il comportamento deve tenere
conto del perché, del motivo dietro certe azioni, per questo esiste questa norma.
Mentre cresce la diffusione della nostra identità digitale, si diffonde allo stesso tempo
l’anonimato, una delle caratteristiche principali della rete: ci sono circostanze nelle quali
non si vuole essere sempre riconoscibili in rete, nei luoghi che attraversiamo, le cose che
affacciamo. Alla necessità di anonimato, il web ha reagito con alcune possibilità di
anonimato, quali la navigazione in incognito di Google Chrome. Al diritto identità digitale
corrisponde libertà di anonimato in rete.
Ai sistemi di anonimato le aziende hanno risposto inventando un altro sistema: dare un assaggio del sito e chiedere le
credenziali se vogliamo il resto. Collegate a queste domande ci sono le agenzie di profilazione che capiscono chi è il
tipo di persona che visita il sito dai dati che inseriamo. Infatti, alle aziende interessa sapere qual è il profilo delle
persone interessate ai loro prodotti, per orientare/modificare le loro vendite.
IL DOMAIN
Storicamente il primo che si è posto è il problema del domain, del nome dei siti o dei
grappoli dei siti. Nell’ordinanza del tribunale di Milano 10 giugno 97 – Amadeus/Logica, i
domain name sono considerati alla stregua di segni distintivi che ci riconducono a una
certa azienda, al pari del suo logo e del suo payoff. Ne consegue un divieto di adottare un
nome simile o che possa trarre in inganno nel nome dei siti web di altri. È sempre una
questione di riconoscibilità. Quando si produce un domain o un nome online, si deve
registrare come un altro profilo di commerciale qualunque, ovvero come il logo
dell’azienda.
Per l’assegnazione del domain ci sono due logiche, una internazionale, una italiana:
first come, first served: a livello internazionale si è sempre sostenuto il principio “first
come first served”. Il dominio è visto come un mero indirizzo telematico e non c’è
conflitto con altri diritti privati. Ciò ha portato a livello internazionale al “domain
grabbing", che consiste nella creazione di domini corrispondenti a marchi celebri altrui:
l’assegnatario del dominio, infatti, si rivolge alla società interessata al dominio e ne
propone a caro prezzo il trasferimento. Una volta registrato “sony.com”, il problema sta
nel “sony.”
Unicità del dominio: Invece in Italia si segue la regola dell’unicità del dominio, per la
quale il nome del sito è un segno distintivo dell’immagine commerciale di quel sito,
quindi non è possibile che chiunque possa intestarsi un sito con qualsiasi nome.
Esempio: Luca Armani è un commerciante di Bergamo con una ferramenta. Ha creato il suo sito armani.it, seguendo
le regole del first come first served, ma il governo italiano lo condanna a risarcimento dei danni. Questo perché
nell’idea comune Armani è collegato al brand di vestiario e così dovrebbe essere nella ricerca Google.
Nel 96 l’Italia aderisce al trattato di Schengen, che prevede la libera circolazione di persone, merci
e professione fra paesi firmatari. Questo avrebbe portato un grande spostamento di informazioni:
allo stesso tempo è imposta una tutela del trattamento dei dati a tutti i paesi firmatari.
Quindi nel 96 l’Italia emana una prima legge sulla privacy (365/96): era complicata da
comprendere perché piena di fattispecie, alcune aggiunte anche successivamente dal
legislatore.
Questo complesso di norme finisce nel CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI
PERSONALI, generato da un decreto legislativo del 2003 (DLGS 196/203)
Questo viene modificato di recente, perché nel 2016 In Europa è approvato il GDPR
(General Data Protection Regulament 2016/679), il Regolamento Europeo generale sulla
protezione dei dati. I regolamenti europei entrano in vigore in tutti i paesi e prevalgono
sulle norme interne, per questo il GDPR ci mette 2 anni e mezzo a essere assorbito nella
norma italiana, modificandola o integrandola.
Sequenza di normazione sul diritto alla riservatezza
1. Legge 665 del 96, prima risposta a seguito di Schengen
2. Decreto legislativo 2003 con codice protezione dati personali
3. 2016 approvano GDPR
DATI= qualunque informazione si riferisca a una persona fisica, non le società. La persona
può essere identificata o identificabile (con modi per farlo). Rispetto ai dati personali ci
sono quelli sensibili che rivelano l’etnia, la religione, l’ideologia politica, l’orientamento
sessuale, le condizioni di salute ecc (toccano profili delicati di una persona); questa sfera
conosce delle informazioni più delicate da trattare. Ci sono poi anche i dati sensibilissimi
che sono quelli biometrici (es. impronta digitale per sbloccare il telefono o il DNA per
verificare la percentuale di rischio di malattia della persona).
La legge si occupa del TRATTAMENTO dei dati= qualsiasi contatto con il dato, dalla raccolta
di esso fino al salvarlo, organizzarlo insieme ad altri, fare delle connessioni e anche
cancellarlo; di comunicarlo mediante trasmissione (dirlo a qualcuno) o diffusione
(diffonderli in qualsiasi modo). Nell’ordinamento italiano il dato è visto come sostanza
pericolosa, di conseguenza, la responsabilità su di esso cambia; se i tuoi dati vengono rubati
è tua responsabilità dimostrare che ogni 3 mesi avevi cambiato la password di quel
determinato sito.
Titolare del trattamento= persona fisica o giuridica (≠dalla persona solo fisica da cui
si prendono i dati). È il riferimento principale che decide il perché e il come del
trattamento. S’intesta il trattamento e lo fa fare al responsabile.
Responsabile del trattamento= persona fisica o giuridica che tratta i dati per conto
del titolare.
Tutti possono liberamente raccogliere, per uso strettamente personale, dati personali
riguardanti altri individui, a patto di non diffonderli o comunicarli sistematicamente a terzi
(es. il numero di telefono di un amico). Quando però i dati sono raccolti e utilizzati per altre
finalità, per esempio un’azienda che vuole vendere prodotti, un professionista che vuole
pubblicizzare i suoi servizi, un’associazione che vuole trovare nuovi iscritti, un partito che fa
propaganda politica ecc., il trattamento dei dati personali deve rispettare alcune regole.
3) Adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali
sono trattati (“minimizzazione dei dati”).
5) Conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di
tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati
(“Limitazione della conservazione”).
6) Trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la
protezione da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, distruzione o dal
danno accidentale (“integrità e riservatezza”).
Di tutto questo è responsabile il titolare del trattamento. Una delle novità più importanti
del GDPR è che dopo di questo ogni ente deve nominare un DPO (data protection officer)
che introduca tutte le misure corrette di trattamento dei dati.
La disciplina della riservatezza è un elemento talmente importante della vita di oggi che,
secondo il GDPR, va integrata nel momento stesso in cui si struttura un’azienda ecc.
(“privacy by design”); subito si deve pensare a sistemi che garantiscano il trattamento dei
dati e la riservatezza (= pezzo strutturale, fondamentale del lavoro d’ora in poi).
REGOLE DEONTOLOGICHE PER I GIORNALISTI NEL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI.
La deontologia è l’autoregolazione che si danno certi corpi sociali, ovvero le regole che un
ordine professionale dà ai suoi iscritti: lo Stato in certe occasioni rinuncia a regolare e dice
ai corpi sociali (ordine dei giornalisti) di scrivere regole per sé stessi e per la propria
correttezza professionale. Davanti alla durezza delle norme sul trattamento dei dati
personale, i giornalisti hanno pensato di non poter scrivere più nulla: il codice deontologico
garantisce il diritto di riservatezza in certi limiti e permette di non rispettare certe norme
in certi casi. E’ Lo stesso GDPR incoraggia di autoregolarsi con codici di condotta.
Art. 9: Tutela il diritto alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche,
sesso, condizioni personali, fisiche o mentali.
Art. 2: In 4 commi, l’art. 2 disciplina le regole anche per la tenuta delle banche dati
redazionali e personali dei giornalisti, simili a quelle dei cittadini.
1. Il giornalista deve dire la propria identità nella raccolta di informazioni, a meno che
facendolo non rischi la vita o rischi di non ottenere la notizia.
2. Per quanto riguarda le banche redazionali, è esercitato il diritto di andare a controllare la
correttezza delle informazioni su di noi. Inoltre, le redazioni rendono pubbliche due
volte l’anno dove si trovano questi archivi e chi contattare per controllarli.
3. Ai giornalisti si chiede non si chiede “cosa sai?” ma “chi te l’ha detto?”, quindi si
chiedono le fonti delle loro informazioni, non il contenuto
4. Il giornalista può conservare i dati raccolti per tutto il tempo necessario allo svolgimento
dell’informazione.
Art. 5: si parla di dati sensibili, in questo l’essenzialità è ancora più importante: possono
essere pubblicati solo in casi veramente imprescindibili e comunque con molta attenzione.
Art.8: Tutela la dignità delle persone.
Non si possono diffondere notizie o immagini che possano minare la dignità di una
persona coinvolta in fatti di cronaca, né può soffermarsi sui dettagli di violenza.
Non si possono pubblicare immagini di persone in stato di detenzione o con le manette:
si evita di ledere la dignità della persona una seconda volta in più rispetto al delitto.
Esempio: quando si arresta un capomafia, c’è impermeabile su manette o testa.
Tutto ciò tranne se la persona è rilevante a livello sociale o si segnalano degli abusi.
(Quando riprendono i colpevoli, le iene e il Gabibbo infrangono l’articolo 8 e compiono una degenerazione
della giustizia in quanto fanno passare per colpevoli chi non ha ancora ricevuto un giudizio.)
Art.7. Il diritto del minore alla riservatezza prevale sempre sul diritto cronaca: non si
pubblicano i nomi dei minori e non si dichiarano le generalità, inoltre la tutela dei minori si
estende quando non si parla di reati. (Carta di Treviso sulla tutela dei minori)
Art.3. Non ci si introduce nel domicilio di una persona: per domicilio si intende anche
l’autoveicolo, un luogo di cura o di detenzione.
Art. 10. Tutela la dignità delle persone malate: non si pubblicano dati clinici e non si scrive
dettagliatamente la causa della malattia o della morte. La pubblicazione segue il principio
dell’essenzialità se la persona è rilevante a livello sociale.
Art.11. Tutela la sfera sessuale di una persona: non si pubblica la sessualità di una
persona, ma nuovamente la pubblicazione è ammessa se la persona è di rilevanza sociale o
pubblica.
Quando parliamo di scrivere, giornalisticamente parlando, c’è un terzo elemento che entra
in gioco: la giustizia. Il diritto di cronaca entra in conflitto con il diritto alla riservatezza,
tutelata dal codice del procedimento penale.
Il giornalista non può pubblicare i dati delle indagini, ma può informare sul processo. Infatti
i processi son sempre pubblici, però si deve garantire il fatto che il processo non sia
inquinato da clima sociale particolarmente turbolento (ad esempio; il clima sociale di odio
che preme contro l’accusato, diritti dell’imputato)
Inoltre, i fatti vanno scritti in modo problematico e non assertivo (ad esempio “sospetto
assassino”), per avvertire il lettore che il processo è ancora in corso: la decisione finale sui
fatti spetta alla sentenza del giudice.
1. le riprese devono essere utili al diritto di cronaca, che apportino un miglioramento alla
notizia (condizione positiva)
2. le riprese non devono recare problemi al processo e al clima dell’aula di tribunale.
(condizione negativa)
È rimesso al giudice con il consenso delle parti permettere le riprese: deve essere d’accordo
il PM, l’accusa e l’imputato.
Se il giudice rileva che quel processo ha un interesse sociale particolarmente rilevante (es.
tangentopoli), può disporre l’ingresso delle telecamere anche contro il volere delle parti,
ma loro possono chiedere che la loro immagine sia oscurata.
DIRITTO ALL’IMMAGINE
Consiste nel diritto alla nostra apparenza, a mostrarci nel nostro aspetto fisico, quindi alla
nostra immagine come bene unico e irripetibile rispetto all’apparenza di tutti gli altri. Con
immagine ci si riferisce alla nostra immagine nella sua interezza ma anche in una parte
purché riconoscibile, idonea a distinguere la persona, quindi non generica o secondaria.
La giurisprudenza ha elaborato aspetti ulteriori dell’immagine, ad esempio identificando
l’immagine delle persone nella maschera scenica o in elementi che riassumono l’immagine
popolarizzata nell’idea del pubblico (ad esempio: cappello, Fedora di Fellini).
Per immagine o ritratto c’è una concezione ampia, che comprende qualsiasi modo in cui
essa venga realizzata (compresa la “maschera scenica” televisiva, teatrale o
cinematografica). L’unico requisito è la riconoscibilità, non fedeltà (caricatura) o attualità.
Sono rilevanti anche gli oggetti, quali elementi differenziatori peculiari di un soggetto della
sua vita pubblica.
A differenza di tutti gli altri casi, per il diritto all’immagine la soluzione è proposta dalla
legge: abbiamo delle norme nella legge sul diritto d’autore, antica, risalente al 1941.
(633/41)
Art. 96/1941: per diffondere l’immagine di qualcun, occorre che esso dia il proprio
consenso. Nessuno può diffondere la nostra immagine senza il nostro assenso.
Art. 97/1941: la stessa legge sul diritto autore pone delle eccezioni alla richiesta del
consenso:
Queste eccezioni valgono fino a quando la foto reca pregiudizio all’onore e decoro (lo
stesso concetto è presente anche per quanto riguarda l’ingiuria e diffamazione):
le 4 eccezioni valgono nel rispetto della dignità della persona
CASI TASSATIVI
Oltre alle 4 eccezioni, il diritto ha aggiunto altre regole. Ci sono casi tassativi:(tassativo
significa un caso nel quale vi è un elenco e da quello non si esce, non si può interpretare per
analogia e non ci sono eccezioni)
Caso 1: NOTORIETÀ DELLA PERSONA.
La notorietà della persona non basta per l’esonero del consenso, ma la giurisprudenza
aggiunge che:
1. ci deve essere effettivo interesse pubblico a vedere e conoscere la persona
2. sussistono delle finalità di tipo culturale, con scopi scientifici, didattici o artistici.
Inoltre, la diffusione dell’immagine non deve avere scopo di lucro, per il quale bisogna
chiedere consenso. (esempi: caso degli influencer: si può usare immagine di questa persona senza il
consenso solo per l’interesse pubblico, invece non si può usare per pubblicizzare certi prodotti, per i quali vi
è scopo di lucro e va chiesto il consenso). La precisazione relativo allo scopo di lucro è nata con gli album di
figurine dei calciatori e con altri due casi particolari:
Giorgio Armani: la foto dello stilista fu usata per una campagna pubblicitaria di capi d’abbigliamento
non Armani senza il suo il consenso. Per questo ci fu una sentenza della Corte di Cassazione
Bartali e Coppi: si pubblicizzavano delle biciclette con foto di Bartali e Coppi che si passano la borraccia,
nonostante loro avessero una loro azienda di biciclette.
Usare una foto di una persona famosa per pubblicizzare un prodotto richiede il consenso.
SEGRETI.
Il segreto è una categoria di limiti rispetto al diritto di informazione. I segreti sono
informazioni che non si possono sapere oppure non possono essere divulgate. Ci sono due
tipi di reato: rivelazione di segreto e diffusione di informazioni segrete. Infatti ci possono
essere notizie accecate e invece notizie che possono essere conosciute da un ambito
definito di persone, da alcuni: in quest’ultimo caso si parla di segreti.
Ad esempio, nel caso della trasparenza, consento la circolazione delle notizie perché con
esse aumento la consapevolezza elettorale del pubblico. La trasparenza è quindi un modo
per ottenere altro (la gente sia capace di scegliere, sia uguale uno all’altra, sia libera) Es.
medico: ha il dovere di dirci per trasparenza cosa abbiamo per renderci uguali a lui, per
poter scegliere se seguire il trattamento alla luce dei rischi che il medico ci ha detto.
Anche il segreto serve ad altri scopi: la Corte costituzionale ci dice che la trasparenza è
fondante in un sistema democratico, ma ci sono elementi che richiedono la segretezza.
Esempio: c’è segretezza su piani di difesa da un attacco nucleare/terroristico, ci sono
strutture segrete di prevenzione rispetto ad attacchi economici e di speculazione sulla
nostra economia da parte di altri paesi. La Corte costituzionale dice che anche la segretezza
serve, in certi casi limitati e soltanto se collegati a dei valori costituzionali.
La trasparenza e il segreto in modo opposto ma uguale sono entrambi serventi dei valori
costituzionali (libertà, uguaglianza, sicurezza, salute…). Allo stesso tempo, ci sono due
condizioni/verifiche che devono esserci per il segreto:
Il segreto è un limite alla libertà di manifestazione del pensiero non solo in maniera attiva,
ma anche in maniera riflessiva:
è vietato diffondere certe informazioni ma è vietato anche cercare informazioni su quelli
argomenti.
La differenza fra segreti di dimensione pubblica e privata sta nel fatto che nei segreti di
dimensione pubblica il segreto è l’eccezione, perché la regola è la trasparenza, quindi i
segreti sono casi eccezionali previsti dalla legge (si deve sapere tutto tranne ciò che la legge rende segreto).
Invece nei rapporti fra privati, il segreto è la regola, mentre la trasparenza è l’eccezione
(rendere pubblico in anticipo le caratteristiche di un prodotto è un’eccezione) .
IL SEGRETO DI STATO
I fatti che sono coperti dal segreto sono stabiliti dalla legge sui servizi segreti (801, 1977)
Per quanto riguarda alcuni punti, come la sicurezza interna ed esterna, non ci sono stati
dubbi sulla segretezza. Invece è stato difficile giustificare con la Costituzione i segreti sullo
svolgimento degli organi costituzionali o alle relazioni internazionali. Sono limiti posti dalla
legge ma messo spesso in dubbio.
L.124/2007
Nel 2007 ci sono state precisazioni alla norma sui servizi segreti con una legge (124/2007)
In questa legge si aggiungono casi sul divieto di segreto, ma in ogni caso vengono esclusi i
nomi dei servizi di sicurezza. Invece, il comportamento dei servizi segreti può essere
diffuso. Non possono essere oggetto di segreto
Quindi la norma chiarisce che ci sono oggetti che non vanno tutelati nella loro segretezza ed
è scaturita dalla trattativa stato-Mafia. Inoltre, vi erano stati abusi da parte del governo
italiano in relazione al sequestro di Abu Omar da parte dell’intelligence americana, per
questo si è tornati sul tema.
Il segreto di stato implica l’obbligo di non deporre su quanto è coperto dal segreto di stato
(articolo 202). Il Codice penale compie un ulteriore garanzia alla tutela del segreto di stato
(articoli dal 256 al 262).
In tutti i paesi il segreto di stato ha un limite di temporale, ovvero il tempo durante quale
regge il segreto. Il segreto di stato ha una durata di 15 anni da quando accadono i fatti o
vengono redatti i documenti. È un termine prorogabile solo una volta per altri 15 anni: in
Italia il segreto ha una durata massima di 30 anni.
Il Presidente del Consiglio è l’unico che può apporre o prorogare il segreto di Stato.
Tuttavia, durante il periodo di segretezza di un fatto, egli può essere nel tempo portato a
valutare se le ragioni di segretezza sono ancora valide o se vengono meno.
SEGRETO INVESTIGATIVO
Il segreto investigativo riguarda la tutela della dimensione pubblica: durante l’istruttoria dei
processi, si chiede riservatezza sugli atti (ad esempio non si possono pubblicare notizie sul
perché una persona è stata incriminata, le intercettazioni eccetera; quando le
intercettazioni vengono pubblicate prima del processo, esse trapelano da componenti degli
ambienti giudiziari quando sono pubblicate dai giornalisti). Quindi in un processo, la parte
delle indagini preliminari è segreta, invece a parte del processo è pubblica e segue tutte le
regole del codice processuale, anche perché le notizie sulle investigazioni sono esposte: alla
fine della costruzione della accusa il giudice trasmette gli atti all’avvocato dell’imputato
perché egli si possa difendere, quindi da questo momento tutto le notizie sul caso si
possono pubblicare e si apre il dibattito in tribunale.
segreto investigativo copre gli atti di indagini fino a quando non sono conoscibili
dall’indagato e dal suo difensore (e quindi – almeno in teoria – da qualsiasi soggetto)
SEGRETO PROFESSIONALE
Nella modifica del 1988 del C. Procedura Penale, alle categorie di mestieri dell’art. 200
furono inseriti i giornalisti professionisti. Ci sono 3 requisiti per il segreto professionale dei
giornalisti:
1. il segreto si attiene alle loro fonti, non al contenuto delle notizie, che sono già
pubblicate e per questo non c’è segreto su di esse. Non può essere rivelato chi ci ha dato
l’informazione.
2. il segreto sulle fonti sussiste su info date su carattere fiduciario. I giornalisti raccolgono
informazioni da gente con la quale hanno un rapporto di fiducia e confidenza
3. il segreto professionale vale solo per i giornalisti professionisti, non per i pubblicisti
Questo significa che non c’è un diritto che può essere preteso, da esercitare e da assicurar,
una prerogativa per la quale andare in tribunale presso un giudice. Con un diritto al giudice
possiamo chiedere ciò che vogliamo (es. diritto di proprietà: se qualcosa ci viene rimosso possiamo
reclamare la nostra proprietà, cioè il diritto).
Invece, per gli interessi legittimi vi è una tutela indiretta: nel sistema giuridico ci sono delle
posizioni di vantaggio, prerogative in positivo che non sono diritti e quindi non sono
esigibili davanti ad un giudice: si è una posizione diversa davanti ad un’autorità rispetto al
diritto.
Quindi l’art. 21 garantisce il diritto a informare, ma quando si tratta del lato passivo, di
ricevere l’informazione, non c’è un uguale tutela, ma è solo un interesse.
Essere informati non è un diritto sociale, d’altra parte c’è un dovere a informarsi e un
dovere a informare correttamente da parte di chiunque faccia informazione, come lo Stato
e il sistema informativo.
I siti del Ministero hanno sezioni chiamate Amministrazione Trasparente, nel quale le
informazioni sono già pubbliche: se non lo sono, possiamo richiederlo.
Nel mondo la disclosure delle info delle amministrazioni si dice FOYA, Freedom of
Information act: in Italia vi è stata la disclosure completa per combattere la corruzione e lo
sperpero di denaro pubblico.
l’art. 13 riguarda la libertà personale, ovvero tutela una sfera di libertà fisica
l’art. 14 riguarda il domicilio, ovvero tutela una sfera di libertà spaziale
l’art. 15 tutela la libertà personale nella sfera spirituale, ovvero la nostra possibilità di
interelazionarci con gli altri
La tutela della libertà personale è una novità della nostra costituzione: essa non era
prevista dallo Statuto albertino, nonostante già esistessero la posta e il telegrafo (al contrario
della libertà di manifestazione del pensiero, prevista in parte e nella forma primitiva della libertà di
stampa).
Quindi la Costituzione introduce una novità duplice, per due motivi:
persone fisiche
formazioni sociali (partiti, associazioni)
persone giuridiche, ma solo private (aziende, imprese…)
non lo Stato e le P.A. per i quali vale la completa trasparenza
Quindi questo diritto è esteso anche alle persone giuridiche e alle formazioni sociali: può
essere applicato anche ai partiti, alle associazioni, alle imprese e alle aziende.
Anche i minori hanno diritto alla libertà e alla riservatezza delle comunicazioni, ma ci sono
limiti in relazione al fatto che i genitori hanno il diritto/dovere di educare i figli
(c’è riservatezza sulle comunicazioni dei minori fino a quando il genitore non incorre nel sospetto/occasione che
deve leggere quella comunicazione per il bene dei figli)
In particolare, nella dimensione soggettiva la tutela è duplice, cioè riguarda due soggetti in
maniera identica e contestuale, il mittente e destinatario
Estensione OGGETTIVA del diritto alla comunicazione
Con la sentenza 81/93, la Corte costituzionale afferma che c’è un duplice diritto nella
comunicazione: alla libertà e alla riservatezza di ciò che si dice.
(Il 21 prevede invece solo la libertà di manifestazione del pensiero, non la riservatezza del contenuto)
Chiarisce che c’è riservatezza non solo sul contenuto, ma anche sui dati esteriori della
comunicazione: l’identità dei soggetti, la durata e il luogo della conversazione. Quindi è
riservato tutto ciò che riguarda la comunicazione: sia il contenuto sia i protagonisti, i
riferimenti di tempo e di luogo della comunicazione.
Esso può essere reso pubblico solo con i modi della giustizia e con le intercettazioni.
la libertà è sempre tutelata, ci si può dire ciò che si vuole (nei limiti costituzionali)
la riservatezza dipende dal mezzo con il quale si comunica:
se il mezzo non assicura la segretezza, ci si limita a ridurre la tutela (esempi:
cartolina illustrata viene vista dal postino, telefonata a voce alta in treno)
A differenza dell’art. 21, nell’art. 15 i due soggetti sono entrambi determinati o altrimenti
sono determinabili: devono essere noti nell’identità o nei casi delle nuove tecnologie i
soggetti non sono determinati ma ci sono modi per individuarlo. Quindi questo articolo
tutela Netflix, perché c’è una lista di account ricollegabili persone individuabili: c’è una
rilevanza di chi riceve l’info.
Il Codice penale prevede dei reati relativamente alla comunicazione, formulati in relazione
alla posta. Le azioni che costituiscono reati sulla comunicazione sono:
INTERCETTAZIONI
Al comma 2, l’art. 15 afferma che la riservatezza può essere limitata solo sotto permesso di
un giudice. Inoltre, in questo caso è escluso l’intervento d’urgenza al contrario dell’art.21:
si deve pianificare l’intercettazione su una comunicazione.
Inoltre è la legge che disciplina i limiti alla riservatezza e le modalità per le intercettazioni
delle comunicazioni private (riserva di legge).
INTERCETTAZIONI
Le intercettazioni sono misure di violazione della riservatezza e servono per due motivi:
per la prevenzione di un crimine oppure per l’indagine su di esso da parte di un giudice.
Consistono nell’attività diretta a cogliere le nostre comunicazioni mediante strumenti
informatici o telematici.
Questo può succedere solo reati specifici, non per qualsiasi reato. I reati vengono elencanti nel 266 cpp.
Tuttavia, non si possono mai intercettare le comunicazioni di un imputato con la sua
difesa: il proprio avvocato, gli investigatori autorizzati e i consulenti tecnici con i loro
aiutanti.
Procedimento
per i francesi, vi è una concezione positivista della stampa: viene vista come luogo di
espressione e manifestazione del pensiero, la libertà di manifestazione del pensiero è
espressione della dignità dell’individuo
per gli americani, la concezione è giusnaturalista: la libertà di stampa coincide con la
libertà di manifestazione del pensiero e ha una funzione strumentale alla democrazia,
perché costruisce un’opinione pubblica e quindi una maggioranza.
La stampa inizia a diffondersi dal 1700, inizialmente come editoria libraria (opuscoli, libri
ecc.) e poi come editoria periodica (giornali). In Europa la radio e la tv nascono con il
supporto dello Stato, quindi inizialmente reti pubbliche, invece negli USA ci sono grandi
investimenti di privati, le linee telefoniche vengono costruite da un’azienda (NTNT) le
emittenti che nascono sono una pubblica su rete privata (abc) e due private (nbc, cbs)
Invece la stampa è dalla sua nascita una realtà che nasce sul mercato e non ha bisogno di
nessuna infrastruttura, ma dell’attrezzatura da parte di chi stampa: è un lavoro artigianale a
libero mercato. Le regole sono dirette a disciplinare l’attività commerciale degli editori
privati.
La libertà della stampa viene già affermata dall’articolo 28 dello Statuto Albertino: è una
costituzione flessibile, perciò in merito alla stampa viene modificata da una legge
successiva. L’Editto sulla Stampa (696/1848) è la nostra prima regolamentazione sulla
stampa e afferma:
- il divieto di censura (si può sequestrare uno stampato solo dopo la sua pubblicazione)
- la distinzione fra stampa periodica e stampa comune
- la disciplina degli abusi: i reati sulla stampa sono più lievi di quelli normali, c’è un occhio
di riguardo per essa.
Nel tempo la legge sulla stampa diventa più restrittiva e si mette un’autorizzazione
all’esercizio delle arti tipografiche (legge 3720/1859): per avere una stamperia, bisogna
seguire un corso e superare una prova. Inoltre, c’è anche un giudizio morale sui tipografi
(“persone oneste e probe”): si capisce che controllando le stamperie si controlla l’uscita dei
libri e si mette un filtro ad un’attività liberamente esercitata come qualunque attività
commerciale.
(all’inizio la scuola non si occupava tanto dell’analfabetismo, nonostante il tasso fosse del
76%. Uno dei primi romanzi pubblicati è quello di pinocchio)
Col Fascismo, il sistema di garanzia contro gli abusi diventa più restrittivo e introduce dei
mezzi preventivi alla pubblicazione della stampa, dei controlli su ciò che si stampa:
l’idea è che la stampa deve continuare, ma si può scrivere solo ciò che è funzionale al
sistema politico: il diritto viene funzionalizzato, cioè garantito solo se è utile a un bene
superiore, il bene della nazione fascista. In un certo senso a tutti i giornali viene dato il
canone morale fascista.
Inoltre viene istituita una rete di controlli assieme al tradizionale ruolo repressivo dello
Stato: ci sono una serie di interventi sulla stampa, quali le minacce ai direttori delle testate
o l’acquisto di azioni dei giornali da parte delle famiglie vicine al regime.
In questo modo viene messa pressione sul sistema: il direttore è messo nella condizione di
essere rigoroso nel controllo dei contenuti che andrà pubblicare sul suo giornale.
Un altro provvedimento su questa scia è l’istituzione dell’Albo dei giornalisti nel 1926:
viene tenuto dal sindacato nazionale fascista e fu presentato per soddisfare la richiesta di
professionalità dei giornalisti, ma in realtà esso era un sistema di controllo e selezione
politica.
La struttura dell’Albo è simile a quella odierna ed è divisa in tre albi: professionisti,
praticanti e pubblicisti. Per essere inseriti, i requisiti positivi sono gli stessi di oggi, invece fra
quelli negativi era richiesto di non essere un ribelle.
La concezione della grandezza della cultura italica porta a interventi a sostegno della
stampa: questa è la prima forma di appoggio ai mezzi culturali da parte dello Stato,
sconosciuta nella fase precedente dove il mercato era libero e senza interferenze delle
istituzioni.
Quindi nel 1935 viene istituito l’Ente Nazionale Cellulosa E Carta: esso riunisce tutte le
categorie legate alla filiera della cellulosa e in questo modo pone si controlla la
distribuzione della materia prima dell’editoria. La logica è quella dell’autarchia e della
corporazione: l’autarchia vuole la produzione dei beni di cui si ha bisogno nel proprio
Stato, senza scambi con gli altri Paesi, invece la corporazione è una forma di sindacato che
racchiude sia i lavoratori sia i datori di lavoro e ha lo scopo di evitare la lotta di classe per
perseguire il bene della nazione (oggi vi sono due diversi sindacati, la CGIL e Confindustria)
Nell’ Italia Albertina, le funzioni della stampa erano di un sottosegretariato del PdCM.
Invece nel 1939 viene istituito prima il Ministero per la Stampa e per la Propaganda, poi
MiniCulPop. A ridosso di questo ministero, nel 1940 viene istituito l’Ente Stampa: esso
si occupa di diffondere le “veline” e preparare gli articoli per i giornali.
Successivamente questo ente impone l’eliminazione della cronaca nera, perché il Paese
doveva risultare integro, non diviso, capace di controllare le dinamiche sociale
Dopo la caduta del fascismo, c’è un periodo di sovranità limitata e un controllo delle
pubblicazioni da parte di un ente degli alleati, il Psychological Warfare Branch: mentre i
partigiani volevano chiudere i giornali fascisti, gli angloamericani li lasciano aperti, quindi
introducono strumenti di verifica e chiedono ai giornali di cambiare nome per
simboleggiare un distacco con il passato fascista (es. Il corriere della Sera diventa Corriere d’Italia).
Inoltre, questo ente favorisce la pubblicazione di giornali man mano che da nord a sud il
territorio viene liberato dagli americani (esempio: la nuova Sicilia).
Tuttavia, il Psychological Warfare Branch opera solo per due anni: quando questa struttura
viene sciolta, le testate riprendono il proprio nome e le funzioni della stampa tornano al
Sottosegretariato presso la PdCM e diventano di sostegno ad essa (non di repressione);
inoltre
Prima dell’Assemblea costituente, sono sciolte alcune limitazioni messe dal fascismo: viene
abolito il sequestro preventivo e limitato il sequestro restrittivo all’autorizzazione del
giudice, così come affermato nell’articolo 21.
Art.2: Stampa periodica e non periodica si distinguono per le indicazioni obbligatorie che
devono riportare: si inseriscono degli obblighi per conoscere la fonte delle informazioni di
stampato. È una misura non repressiva e presente in molte legislazioni europee: si ha
l’attribuzione ad un editore della responsabilità di quello che si pubblica.
Per la stampa periodica viene abolita l’autorizzazione del prefetto alla pubblicazione: viene
chiesto di registrare la propria testata presso i tribunali. (l’autorizzazione non viene abolita neanche nel regime
antifascista: veniva chiesto ai prefetti di avere una mappa delle pubblicazioni nella loro provincia).
Art. 3: viene alleggerita la responsabilità del direttore, che non ha più responsabilità per
fatto altrui ma per fatto proprio: ha culpa in vigilando, cioè è responsabile per non aver
vigilato che si commettano reati attraverso il giornale che dirige.
Il fascismo aveva previsto che i direttori delle testate fossero responsabili in maniera uguale ai loro giornalisti (se giornalista si
macchiava di diffamazione, ad esempio, il direttore del giornale ne rispondeva in maniera oggettiva, cioè allo stesso modo e con
la stessa responsabilità).
Nel 1963 si compie una riforma dell’Albo e istituisce l’ordine dei giornalisti (L. 69/63):
all’ordine fanno parte coloro che si iscrivono a uno dei 3 albi: pubblicisti, professionisti e
praticanti
La legge 69/63 parla dell’attività del giornalista, di che cosa fa, più che del suo mestiere: è
diritto dei giornalisti la libertà di informazione e di critica nei limiti della legge.
Inoltre, i giornalisti non sono gli unici che possono scrivere sui giornali, perché il diritto di
cronaca è di tutti secondo l’art.21 della Costituzione: non c’è coincidenza fra diritto di
cronaca e professione giornalistica.
Struttura dell’ordine
L’Ordine ha una struttura nazionale e varie strutture territoriali: gli Ordini Territoriali sono
18 e hanno un’articolazione simile a quella nazionale. Non tutte le regioni hanno un consiglio regionale,
alcuni ordini accorpano regioni diverse, ad esempio la Valle D’Aosta e il Piemonte
Dal 2017 l’Ordine ha come organo principale il Consiglio nazionale: è l’equivalente del
Parlamento ed ha sede presso il ministero della Giustizia. È composto da 60 membri, di cui
40 sono professionisti (2/3) e 20 sono pubblicisti (1/3) e sono eletti dagli ordini regionali.
La carica dei giornalisti nel Consiglio dura 3 anni.
Il consiglio nazionale elegge un Comitato Esecutivo, una sorta di governo:
L’Ordine dei Giornalisti presiede alla formazione continua degli iscritti e delle scuole di
giornalismo: ogni 3 anni gli iscritti devono seguire un’attività di aggiornamento e ottenere
dei crediti professionali.
Ciò avviene con i consigli di disciplina, anch’essi nazionali o territoriali. Essi controllano le
varie denunce per la violazione delle regole o per i reati: esaminano i fatti ed erogano una
sanzione disciplinare dopo un contradittorio, cioè dopo un confronto con il giornalista in
questione.
Al primo grado si va davanti al consiglio di disciplina dell’ordine regionale, nel caso in cui la
persona in questione si appelli si va davanti all’Ordine Nazionale.
nel 2018 ci sono state nuove norme per l’Ordine, ma ancora non sono in vigore:
La legge 69/63 prevede degli obblighi per i giornalisti: sono obbligati al rispetto della verità
sostanziale dei fatti quando possibile, putativa quando non è possibile.
Devono dimostrare di comportarsi in maniera leale nei confronti dei lettori e in buona fede
Nel 1968 la Corte costituzionale è stata interrogata sulla costituzionalità dell’Ordine dei
Giornalisti in relazione all’art. 21 (è stato chiesto perché c’è un Ordine che regola chi può scrivere dal
momento che la Costituzione afferma che tutti hanno la libertà di manifestare il pensiero).
Con l’evoluzione digitale, il concetto di stampato della legge 47/48 viene rivisto.
Infatti, alcune disposizioni nella disciplina della vecchia stampa erano incompatibili con
l’editoria on line, quali
l’obbligo di registrarsi in tribunale: l’editoria digitale gode di un certo spontaneismo e in
molti casi alcune testate on line non hanno un iscritto all’albo dei Giornalisti, quindi è
difficile registrarsi in tribunale.
l’erogazione di finanziamenti.
Come filiera industriale, si pensava che anche nel mondo dell’editoria la produzione, la
distribuzione e la vendita fossero tre parti distinte, come per le altre filiere.
Ad esempio, il gas: la produzione/estrazione avviene in un luogo, la distribuzione avviene tramite i tubi e successivamente la
vendita alle case viene compiuta da un’altra azienda. Nella stampa, il giornalaio paga solo le copie vendute a fine giornata e
restituisce gli altri giornali non venduti. Ciò serve ad aiutare i giornalai, affinché siano le testate ad assumere il rischio
dell’invenduto. es. il corriere della Sera stampa le sue copie a Milano, manda la sua copia in pdf nelle altre stamperie d’Italia e
queste le distribuiscono alle edicole: a fine giornata ricava il guadagno di quelle che gli edicolai hanno venduto effettivamente
Tuttavia, la legge del 2001 introduce una suddivisione diversa da quella tradizionale
produttori-distributori-venditori, perché Internet ha ruoli diversi e non ha la distribuzione:
operatori di rete: i network provider, coloro che fanno funzionare la rete e concedono
l’accesso ad Internet. In termine tecnico sono detti TELCO (esempio: Tim, Vodafone,
Iliad)
fornitori di contenuti: coloro che caricano in rete i contenuti che cerchiamo, quindi
anche le testate on line (esempi: Wikipedia, quotidiani, siti di aziende)
fornitori di servizi: coloro che in rete danno servizi e prestazione (es. Google, che fornisce un
servizio di ricerca). Fornitori di servizi e contenuti sono detti OTT, over the top.
C’è una richiesta di norme fra i fornitori di contenuti e servizi e gli operatori di rete. Ciò avviene perché gli
operatori di rete fanno un lavoro ingegneristico e infrastrutturale più duro ma con meno guadagno, al
contrario di Google o i fornitori di contenuti che ottengono più guadagno dei TELCO con un lavoro più
facile, ciò guadagnano grazie al lavoro degli operatori di rete. Quindi gli operatori di rete hanno richiesto
o una condivisione dei profitti o maggiore denaro per poter operare da parte degli OTT.
Il ROC è una forma alternativa di iscrizione al tribunale che ha lo stesso scopo di garanzia e
i suoi iscritti sono:
operatori di rete
fornitori di servizi
fornitori di contenuti, fra i quali rientrano le testate
imprese di produzione o distribuzione di programmi radiotelevisivi
le concessionarie di pubblicità
le agenzie di stampa
gli editori di giornali, quotidiani, periodici o riviste
i soggetti esercenti l’editoria elettronica
le imprese di servizi di comunicazione elettronica
Per semplificare il rapporto fra le vecchie iscrizioni al tribunale e le iscrizioni al ROC, la legge
del 2001 prevede che la registrazione al ROC esenta da quella al tribunale. Tuttavia, è
obbligatorio iscriversi per iniziare a pubblicare a scopo di profitto e si vogliono ottenere i
benefici e le protezioni da parte dello Stato.
L’AGCOM ha precisato che le testate on line hanno l’obbligo di registrarsi al tribunale
solo quando hanno intenzione di pubblicare con regolarità.
SOSTEGNO ECONOMICO
Ci si è chiesto se opportuno finanziare un fenomeno a mercato come la stampa: la corte
costituzionale afferma che il denaro pubblico assicura il pluralismo dell’informazione nel
sostenere il mercato della stampa. Ci sono state varie forme di finanziamento:
1. In un primo momento, si dava mano all’industria della carta, perché per tempo la carta
è stata l’unico costo fisso per gli editori.
2. Negli anni 60, si passò a dare i soldi agli editori dei giornali con una certa diffusione
territoriali.
3. Una seconda soluzione è stato il controllo dei prezzi su quotidiani: lo Stato prefissava i
costi per tutti i giornali in cambio del finanziamento.
4. Si è passati a una forma di contribuzione indiretta: non si sostiene l’editore, ma si lega il
contributo al numero di giornali venduti, con una rendita a calare sopra una certa
soglia.
Lo scopo della contribuzione indiretta era quello di dare un parametro oggettivo.
5. si è passati al sostegno alla tiratura: si dà denaro per quante copie si stampano e si
obbliga a stampare un numero proporzionato di copie.
Ultimo approdo 198 2016:
Nel 2016 il Governo Renzi ha inserito il nuovo Fondo per il Pluralismo e l’Innovazione
dell’Informazione, che si rivolgeva ai media più deboli, all’editoria e alle tv locali.
Questo Fondo è stato messo sotto la responsabilità del Presidente del Consiglio e del
Ministro dello Sviluppo Economico e prevede dei requisiti oggettivi per ls concessione dei
finanziamenti: questi criteri sono poi verificati dalle Commissioni parlamentari adeguate.
Il Fondo è alimentato da:
Dal finanziamento sono esclusi i grandi gruppi editoriali e le società per azioni.
Inoltre, con la legge 198/2016 si introducono degli incentivi che danno più probabilità di
ricevere il contributo a:
gli investimenti di innovazione digitale (come offrire il quotidiano on line insieme al cartaceo,
orientare la produzione del giornale già in digitale)
progetti innovativi presentati da nuove imprese editoriali: è una misura volta ad
aumentare il numero dei giornali.
minore tassazione della pubblicità su media locali: si favorisce la presenza della
pubblicità sui media più deboli con meno tasse.
Ci sono alcune norme sulla vendita dei giornali: gli edicolanti hanno una forma di
contratto favorito per i giornali e libri, per la quale a fine giornata pagano soltanto i giornali
venduti e riconsegnano l’invenduto al loro corriere. Ciò serve a favorire edicole e librerie,
che sono importanti per la vendita ma deboli per loro natura.
Il rischio dell’invenduto sarebbe alto se le edicole dovessero comprare quotidianamente i giornali, richiederebbe
grandi investimenti.
Art. 16 della legge dell’81 che organizza la distribuzione: si impone che i distributori
garantiscano pari trattamento alle testate: devono fare arrivare ai punti vendita tutte le
testate giornalistiche che ne fanno richiesta e non devono lasciare fuori dalla distribuzione
nessuna testata.
Sperimentazioni (L. 108/99): c’è un grande dibattito su dove si possono vendere libri
quotidiani e periodici. C’è sempre stata tensione fra le piccole librerie che vogliono avere
l’esclusiva dei periodici e un interesse della politica della cultura di diffondere i quotidiani e
i periodici in altri esercizi commerciali per invogliare l’acquisto e la lettura di quotidiani.
(In Italia il mercato si regge su pochi lettori forti, ovvero coloro che leggono sette libri
all’anno, compreso il materiale didattico.)
La legge sul prodotto editoriale (62/2001) introduce una definizione di imprese editoriali.
Le imprese editoriali sono società che finanziano sia giornali sia tv e radio, ma non hanno
come oggetto esclusivo l’attività di informazione e possono fare anche comunicazione (al
contrario della norma sui finanziamenti, che impone alle cooperative e agli enti senza fini di
lucro l’attività esclusiva dell’informazione).
Quindi un imprese editoriale comprende l’attività editoriale, ma può fare anche altro.
Esempi: sia Rai sia Mediaset hanno anche concessionarie di pubblicità, come Publitalia per la Mediaset. Cairo ha una
parte del capitale di La7 e del Corriere della Sera, ma ha anche altre attività commerciali.
Le forme di un’impresa editoriale possono essere sia imprese di persone fisiche sia società
di persone o di capitali: dalle persone fisiche alle società in nome collettivo, in accomandita
semplice, a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni o cooperative.
PARENTESI DI DIRITTO PRIVATO: FORME DELLE SOCIETA’
Definizione di impresa
L’imprenditore è colui che trasforma capitale, materia prima e lavoro in un prodotto originale: vendendo il prodotto,
paga i lavoratori, gli interessi e le nuove materie prime e ne trae un profitto.
A livello giuridico, l’impresa deve avere 3 caratteristiche, cioè deve essere:
attività economica: c’è un guadagno, un’attività non economica non è mai impresa
professionale: svolge l’attività in modo non occasionale, c’è continuità
organizzata: l’attività ha un’organizzazione che deve avere determinati caratteri, deve essere una società (una
forma non individuale, non domestica…)
Classificazione delle imprese
Le imprese si possono classificare per la forma giuridica e possono essere:
o imprese individuali, nelle quali il soggetto giuridico è una sola persona fisica (es artigiani, avvocati…)
o imprese collettive, anche dette società e hanno come soggetto giuridico più persone fisiche oppure una
persona giuridica.
Le società possono avere diverse forme in base alla natura dei soggetti che ne fanno parte:
società di persone, nelle quali sono giuridicamente rilevanti i singoli soci, le persone che svolgono
direttamente l’attività. In esse è importante il lavoro delle singole persone specializzate (esempi: attività
gestita da avvocato civilista, penalista e notaio)
possono essere SS (società semplice), SNC (società in nome collettivo), SAS (in accomandita semplice) .
società di capitali, nelle quali è più importante il capitale delle persone che ne fanno parte, il patrimonio
della società e il suo peso economico. In questo caso il soggetto giuridico è la stessa società, che tiene
diritti e obblighi. possono essere SRL (società per responsabilità limitata), SPA (società per azioni), SAPA (in accomandita per azioni)
La differenza fra i due tipi di società è che le società di persone vedono le persone che lavorano direttamente
responsabili, cioè le persone hanno diritti e obblighi derivanti dall’attività aziendale: ad esempio, un debito viene
pagato dai patrimoni delle persone. Invece nelle società per capitali la responsabilità ricade sul patrimonio della
società, non sul patrimonio dei titolari: esempio: il debito viene pagato direttamente dal patrimonio dell’azienda.
Questa distinzione fra società di persone e di capitali risponde al bisogno degli imprenditori di distinguere il
patrimonio personale da quello aziendale e la responsabilità individuale da quella aziendale
SOCIETÀ PER AZIONI: sono società di capitali che decidono di mettere il loro patrimonio alla valutazione del mercato
per a ottenere denaro. L’azienda fa quotare in borsa il valore reale di quel patrimonio, che può essere superiore o
maggiore al vero e proprio patrimonio.
Ad esempio, un’azienda di vaccini investe 100 milioni nel vaccino, ma lo fa per prima, quindi verrà valutata più di 100
milioni: le sue azioni avranno un valore maggiore sul mercato. Più le azioni vengono comprate, più sale il prezzo delle
azioni, così la società si arricchisce e trasversalmente anche l’imprenditore nei guadagni che ne ricava da essa. Altro
esempio: Il valore delle azioni di Benetton è diminuito perché non ha una bella immagine.
Ci sono anche società che sono proprietarie di altre società e esistono al solo scopo di detenere la maggioranza di
altre società: si chiamano Holding (esempio: la società Agnelli – Elkann gestisce la maggioranza delle azioni delle
società Fiat)
Allo stesso tempo il diritto del datore di lavoro di dare una linea si scontra con la libertà di
manifestazione di pensiero del giornalista.
Perciò un’impresa di tendenza contiene nei contratti collettivi delle “clausole di coscienza”:
sono regole che consentono al giornalista di dare le dimissioni avendo diritto alla
liquidazione, cioè all’indennità di fine rapporto (parte di retribuzione che viene accantonata
in attesa della pensione). Le dimissioni per le clausole di coscienza avvengono in tre ipotesi:
Divieto di posizione dominante, sopra un tot non si va. È detto antitrust passivo o statico. C’è un limite fisso insuperabile
abuso della posizione dominante: un’azienda può avere una posizione dominante ma può abusarne e non deve andare
contro gli altri concorrenti. È detto antitrust attivo o dinamico.
Un’impresa ha posizione dominante quando si comporta in un modo significativamente indipendentemente dai suoi
concorrenti, dai fornitori e dai consumatori: quando ha una certa quota di mercato azienda può spadroneggiare e fare il prezzo
che vuole senza considerare le altre aziende. In genere ciò avviene quando un’azienda detiene quote elevate in un determinato
mercato
In Italia, per tutti i mercati tranne i media, vi è un’authority per l’antitrust e vige la regola dell’abuso di posizione
dominante: un’azienda può raggiungere la quota elevata, ma non può abusarne. Così l’antitrust controlla
continuamente se l’azienda sta abusando della posizione.
Per i media c’è il divieto di posizione dominante, cioè si sono adottati criteri fissi e una
percentuale di proprietà che non può essere superata. Per la radio televisione, ad esempio, nessuno
poteva avere più di tre reti nazionali ai tempi dell’etere. Per la pubblicità, non si può avere più del 30%.
Nella stampa non ci sono stati fenomeni di concentrazioni forte e in essa l’antitrust ha
come obbiettivo di garantire non solo libertà di concorrenza, ma anche il pluralismo
informativo.
Ci sono quote di proprietà massima stabilite dall’art. 67/1987 e che non si possono
superare.
LA RADIOTELEVISIONE
Il sistema della radiotelevisione è speciale per il diverso ruolo dello Stato: nella stampa
l’attività è libera e viene gestita a mercato, quini il ruolo dello stato è di sostegno e
regolazione. Nel caso della radio e della tv, lo Stato ha non solo un ruolo regolatore, ma
anche una certa operatività nel settore: egli ha anche il compito di fare direttamente
radiotelevisione.
Per fare radio e tv c’è bisogno di una rete di infrastrutture: in Europa abbiamo sistemi
radiotelevisivi grazie all’investimento di un operatore pubblico e all’intervento dello Stato,
mentre in USA vi erano abbastanza capitali di privati per costruire una rete di
infrastrutture, quindi i privati si occupavano di tutta la gestione del mezzo.
A proposito del ruolo dello stato la legislazione deve compiere un bilancio e deve definire:
dei limiti dei poteri pubblici nel settore televisivo con il conferimento di una
specificità al servizio pubblico
di sé e come avviene l’esercizio della libertà con il servizio pubblico
Fasi della storia della radiotelevisione
La radio inizia a diffondersi dagli anni 20, la tv dagli anni 50, ma tutti i paesi europei, UK
compresa, hanno attraversato periodi/fasi comuni nello sviluppo della radiotelevisione:
1. fase di monopolio pubblico: avviene nel periodo fra le due guerre e dura anche dopo la
fine delle due guerre (In Italia dura fino agli anni 60)
2. fase di innovazione della legislazione: avviene fra gli anni 60 e 70 e introduce novità
nelle leggi e negli assetti dovute alle evoluzioni tecnologiche (come il passaggio a
digitale...) In Ci sono evoluzioni analoghe alla stampa: mentre nel 1948 la legislazione fa riferimento a tecnologie di
quel tempo, cioè alla stampa tipografica, nel 2001 arriva a disciplinare il prodotto editoriale, una forma diversa perché
dettata da una nuova tecnologia.
3. fase del superamento del monopolio pubblico: negli anni 80-90, le tecnologie non
ancora digitali consentono l’apertura di mercati, nei quali comunque si mantiene la
presenza forte di un emittente pubblica. Tuttavia, essa non è più monopolistica e l’unica
azienda, ma viene affiancata da emittenti private.
4. Fase della televisione digitale
Alla caduta del fascismo, rimane la logica precedente della riserva allo stato sui servizi
radio: possono fare diffusione poche reti o di fatto solo una statale.
Invece inizia un controllo sui contenuti delle trasmissioni: con lo sbarco in Sicilia degli
americani, lo Psychological Warfare Branch controlla i contenuti trasmessi in radio.
La novità è il coinvolgimento di un organo democratico, il Parlamento, nel compito di
vigilare sui contenuti diffusi dall’EIAR: viene istituita la commissione di vigilanza sui servizi
radiofonici. Tuttavia, questa commissione aveva ancora poteri limitati ed erano esercitati
dal Governo.
1952: l’EIAR diventa RAI e lo Stato rinnova la concessione. L’atto è analogo a quello fatto in
epoca fascista: non si cambia l’idea che solo la concessionaria pubblica faccia le
trasmissioni.
Alla Rai si dà concessione per molti anni, in attesa e in vista non solo di una maggiore
diffusione del messaggio radiofonico, ma anche di quello televisivo: si avviano le
trasmissioni video nel 1954. In questa fase ci sono 4 novità, di cui 2 importanti:
Proprietà assoluta delle azioni della Rai da parte dello stato => la RAI è completamente
pubblica.
Nasce il finanziamento a doppio regime della Rai, ottenuto da una parte dalla pubblicità
e dall’altra dal canone, dato che la RAI è un servizio pubblico => nasce per la prima volta
l’idea che le attività RAI siano finanziate da due fonti.
Il canone è una tassa fissa sulla proprietà di mezzi di riproduzione, cioè di radio o TV: se hai in casa
l’apparecchio, vuol dire che usufruisci del servizio e quindi paghi una tassa fissa (non vi è una
proporzione sull’uso del servizio, sul numero di ore che si passa davanti radio o tv)
6 membri del CdA nominati dal governo. Allo stesso governo spettava la nomina del Presidente,
dell’Amministratore delegato e del Direttore Generale e la presenza nel collegio sindacale di un
funzionario della Ragioneria generale dello Stato.
Organizzazione tramite la logica della programmazione lunga: si dà un ruolo al Ministero nella scelta
dei programmi, con un controllo del Parlamento sui contenuti tramite la commissione di Vigilanza
Tuttavia, il legislatore sembra far fatica a regolare uno strumento così importante: nel 1960
la Corte costituzionale comincia una lunga attività d’intervento nel settore televisivo e
giocherà un ruolo determinante di commento e stimolo al cambiamento in esso. (domanda frequente all’esame)
Quindi sotto richiesta della parte socialista, il governo approva il decreto Berlusconi per
congelare la situazione fino all’arrivo di una legge di sistema nel 1990: la legge di Mammì.
Il pluralismo secondo la Corte Costituzionale
Prima della Legge Mammì, nella sentenza 826/1988 la Corte Costituzione evolve il concetto
di pluralismo: nel 1975 si era affermato solo il pluralismo interno all’emittente pubblico.
Interno= espressione del maggior numero di opinioni all’interno di ogni emittente, in
particolare all’interno di quella pubblica
Esterno= ci deve essere la presenza del maggior numero di enti/fonti sul mercato in
base alle caratteristiche del mezzo televisivo. il pluralismo esterno si collega ad un
mercato aperto e introduce regole che consentano di avere una pluralità di enti.
Complessivo= è il risultato di pluralismo interno ed esterno, ogni cittadino di noi ha la
possibilità concreta di scegliere tra più di fonti informative.
LEGGE MAMMÌ: 223 del 6 AGOSTO 1990
La legge Mammi è una legge di sistema che costituisce un approdo dopo un periodo di
divisione in Parlamento. Infatti, raccoglie le indicazioni che la Corte Costituzionale ha
maturato nel tempo, nel suo ruolo importantissimo nello sviluppo del settore televisivo.
La legge Mammì si muove su 5 assi portanti:
1. principi comuni per chi fa tv, sia pubblica sia privata. In questo si concede la diretta
nazionale a tutti
2. regime delle concessioni: esse vengono distribuite a gara in base a dei requisiti in
ragione delle frequenze disponibili. Alla fine, le concessioni saranno date a 9 frequenze
a livello nazionale (ci sono 3 canali Rai, 3 Mediaset, 3 di un'altra azienda (prima era MTV, ora la
concessione è data a la7) Una delle regole per avere la concessione è dimostrare di avere professionalità nella
radiotelevisione: in questo senso si favorì Mediaset in quanto riusciva a dimostrare di fare tv da tempo e avere
un alto numero di spettatori
3. si introducono le prime norme antitrust, che nei media è passivo e si basa sul divieto di
posizione dominante.
4. Si mettono regole sulla pubblicità cosicché sia distribuita fra tuttigli emittenti, pubblici e
privati
5. Meccanismi di controllo per la corretta applicazione della legge
L’UE e la pubblicità: prima fase
Dal 1989 l’Unione Europea comincia a intervenire. Se riguardo alla telefonia vieta il
monopolio pubblico, si astiene sulla TV in quanto è una materia delicata e lascia la
regolamentazione del settore televisivo al governo di ogni Paese.
Direttiva 552/1989 “Televisione senza frontiere”
In questa direttiva l’Europa afferma due cose:
il bisogno di maggior spazio a programmi europei nelle tv nazionali; in questo modo
limita la ritrasmissione dei programmi USA e il loro acquisto da parte di emittenti private
deve esserci libera circolazione dei programmi televisivi tra i paesi UE.
Mette delle regole per tutelare l’industria cinematografica: si limita il tempo fra l’uscita
del film nelle sale e la trasmissione in tv. (la stessa regola è introdotta per l’Home Video)
La politica di acquisto dell’estero aveva portato a contrattare anche l’acquisto di film e le tv private hanno
accorciato il tempo che passa fra l’uscita del film e la trasmissione a 2-3 anni prima. Tuttavia ciò danneggiava
il mercato cinematografico, perché un film smetteva di essere trasmesso al cinema se veniva portato in tv.
Si introducono misure per la pubblicità commerciale
sulla natura dei contenuti della pubblicità e sulla tipologia dei prodotti da
pubblicizzare (esempio: non si può pubblicizzare il tabacco o medicinali)
le modalità con le quali si trasmette il messaggio, che deve essere riconoscibile,
perciò è abolita la pubblicità occulta.
quanto si può fare pubblicità: si specifica quanto tempo deve essere dedicato alla
pubblicità e la sua distribuzione nelle fasce orarie della giornata. Inoltre, si
specifica quando può interrompere la trasmissione (solo fra un programma e
l’altro oppure nelle pause naturali di un programma)
Regole sulle sponsorizzazioni: è vietato pubblicizzare direttamente il prodotto
dello sponsor, lo sponsor deve esser riconoscibile e non può influenzare il
contenuto dei programmi che finanzia.
Dopo la legge Mammì, il Ministero delle Telecomunicazioni ripartisce le 9 frequenze
nazionali fra le varie imprese. (sono ripartite a livello provinciale per ragioni tecniche: ogni canale ha una frequenza diversa nei vari territori)
24/11
Invece il satellitare ha il problema che bisogna affittare i pezzi del satellite su cui
trasmettere e riservare un certo numero di slot ai propri canali (anche nella telefonia cellulare i
satelliti rinviano il messaggio ai ripetitori di terra sparsi nel globo)
CONVERGENZA DIGITALE
Il satellitare favorisce il passaggio ad una nuova tecnologia di trasmissione televisiva. Questo
passaggio tra la vecchia tecnologia analogica e la nuova tecnologia digitale è un cambiamento nella
forma di codifica e decodifica del segnale.
Nell’analogica l’onda era un’emulazione: il segnale originale viene codificato come onda e poi
decodificata dagli apparecchi, che danno una riproduzione più vicina all’originale. L’onda richiede
spazio, che è limitato.
La tecnologia digitale codifica il suono o l’immagine: non converte e poi simula l’onda, ma
piuttosto la converte nel codice binario, cioè la digitalizza. In base a quanto è fitto il codice binario,
cioè pieno di 0 e 1, si ha una certa risoluzione dell’immagine/suono/video. Quindi il digitale è
dotato di estrema fedeltà all’originale rispetto all’analogico.
Il digitale ha due effetti:
1. La tecnologia digitale occupa molto meno spazio di quella analogica, quindi, è possibile far
circolare un codice sulle stesse reti con meno spazio.
2. convergenza digitale: mentre con l’analogica servivano moltissimi apparecchi per codificare e
decodificare diverse specifiche forme di messaggio, invece con la tecnologia digitale basta solo
un apparecchio che decodifica diversi tipi di segnale. Questa è la multimedialità: con la stessa
tecnologia si convertono immagini, suoni, video, testi, anche allo stesso momento. Il digitale
non ha bisogno di macchine specifiche: tutte le forme di segnale sono convergenti in un
apparecchio multimediale (pc, smartphone)
(tecnologia digitale = - bisogno di spazio, + convergenza).
Anche il giornale viene scritto su digitale e poi viene portato su carta. Esempio: il .flac è la forma più fedele per la musica
SATELLITARE
Nel satellitare c’è un rapporto fra emittente e fruitore: si trasmette solo al singolo che vuole uno
specifico contenuto e le emittenti satellitare hanno anche canali più personalizzati (es. SkyArte).
In Italia comincia nel 1990: tele+ affitta lo spazio sul satellite per trasmettere 3 canali, che all’inizio
sono gratuiti e dopo un anno a pagamento.
Successivamente, nel 1996 nasce StreamTV. Alla fine nel 2003 Sky Italia compra tutto il pacchetto
di Telepiù e StreamTV.
UE E SERVIZIO PUBBLICO
Alla luce del Tr. Amsterdam, la Corte costituzionale critica la ripartizione delle frequenze in
Italia e dichiara le norme Antitrust incostituzionali della Legge Mammì. Perciò nel 1997
viene approvata la legge Maccanico.
LEGGE MACCANICO n. 249/1997
La Legge Maccanico è la seconda legge di sistema dopo la Legge Mammì e riafferma il
quadro delle concessioni: ogni operatore deve avere massimo 3 reti e massimo il 30%
delle risorse pubblicitarie. Emerge il difetto della legge antitrust passiva/divieto di posizione
dominante: la legge Mammì e Maccanico non aprono il mercato alla concorrenza, ma
confermano il duopolio Rai-Mediaset. (non liberano la frequenza dai soggetti che dominano il mercato, ma confermano
le loro concessioni)
S. 284/2002
La 284 afferma la costituzionalità del Canone Rai perché esso è autorizzato dall’UE
(protocollo al Trattato di Amsterdam): è giusto che la Rai abbia accesso ad un
finanziamento statale perché ad essa è riservato il servizio pubblico, un servizio aggiuntivo
rispetto a quello delle altre emittenti.
Quindi il servizio pubblico si offre a un emittente che può essere finanziata dallo Stato: è
possibile chiedere il canone ai cittadini se si offre un servizio pubblico.
S. 466/2002
È una sentenza-monito nella quale la C.C. torna sulla questione del pluralismo (vedi
184/1990): mostra più volte la sua insoddisfazione sul sistema dei media in Italia, che è
basato sul duopolio Rai-Mediaset.
In questa sentenza la Corte afferma la legge Maccanico è incostituzionale perché non
mette un termine finale al duopolio del servizio pubblico e privato, pur essendo una legge
di sistema. Perciò la C.C. con l’AGCOM mette una data finale entro la quale ci deve essere il
passaggio sul satellite/cavo di un canale privato: entro il 31 dicembre 2003 Rete 4 doveva
passare su satellite per dare spazio a un altro emittente sulla banda analogica.
(infatti, la concessione delle frequenze di Rete 4 era stata vinta da un altro emittente, Europa2000)
LEGGE 66/2001: Tuttavia, a Rete 4 non conviene passare al Satellite perché era visto da
pochi.
Per questo motivo, il Parlamento propone di passare al digitale terrestre invece che al
Satellitare: la legge 66/2001 sancisce lo switch-off dall’analogico al digitale e mette il
termine di questo passaggio al 31/12/2006.
Lo scopo di questa legge fu quello di
- allargare la proposta di canali dato che il digitale permetteva più spazio nella banda
- salvare un emittente dal satellitare (che veniva usato di meno)
(In realtà in Italia in realtà per tempo si verifica lo switch-over, ovvero la sovrapposizione di canali analogici e canali digitali: ciò
era causato dal fatto che le TV erano ancora arretrate e c’era bisogno di un decoder per il digitale)
LEGGE GASPARRI (l. 112/2004) la chiede all’esame, approvata da Gapsarri ma scritta da Mediaset
La Legge Gasparri cambia profondamente il sistema televisivo e viene approvata in vista
della scadenza posta dalla Corte costituzionale nella sentenza 466/2002.
Nell’iter legislativo, questa legge viene rinviata alle camere dal P.d.R. perché sia rivista in base alle numerose indicazioni della
Corte sul pluralismo delle reti, perciò alla fine la legge entra in vigore nel 2004.
Rispetto a tutti i contenuti del SIC, il 50% è occupato dalla radiotv. In altre parole, il SIC è il
mercato radiotv con l’aggiunta degli altri media ed è un modo adottato dagli emittenti per
continuare a fare tv con le logiche usate con la tecnologia analogica (si hanno ricavi diversi e
presenze diverse, senza il limite del 30% sulla pubblicità e infine spazi di manovra molto più alti.)
25/11
DIRETTIVE UE 2007-2010
Dopo la riforma Gasparri arrivano una serie di direttive comunitarie (nella fase 2007-2010)
che ci portano poi al testo finale che abbiamo oggi.
Direttiva SMAV tv senza frontiere 2 – 2007/65/CE
La direttiva SMAV è anche detta TV Senza Frontiere 2 in quanto innova la direttiva
precedente. Introduce la nozione di servizi media audiovisivi (SMAV): sono i servizi di un
imprenditore che ha lo scopo di offrire programmi rivolti al grande pubblico e che lo
informano, intrattengono o istruiscono il grande pubblico.
Quindi lo SMAV circola come contenuto (informativo, d’intrattenimento ecc.) e il suo
fornitore è un imprenditore che fa programmi.
Lo SMAV porta ad una dematerializzazione della nozione che avviene anche nella stampa
con il concetto di prodotto editoriale: la nozione isola il prodotto che circola sulle reti
digitali (prima si era attaccati alla natura della ripartizione delle frequenze)
Inoltre, questa direttiva riprende la logica di quella precedente: reputa gli SMAV particolari
perché hanno una speciale influenza sull’opinione pubblica.
Inoltre, la direttiva prevede norme sulla pubblicità, che viene liberalizzata rispetto al
passato e conosce un’espansione: su di essa c’è autoregolamentazione delle singole
emittenti.
Tuttavia ci sono limiti per l’interruzione di film, notiziari, programmi per bambini, di
attualità.
Inoltre, è ammesso il product placement, ma esso deve essere visibile.
Diritto d’autore riguardo agli eventi: in chiaro si possono far vedere brevi estratti di cronaca,
highlights delle partite, brevi momenti degli spettacoli degli eventi acquistati da servizi
criptati
DOPO IL TUSMAR
introdotte delle misure per garantire pluralismo politico nei telegiornali, assegnando
un tempo specifico ad ogni politico
piano di numerazione automatica dei canali: l’AGCOM ha deciso che a certi canali va
un certo numero su tutti gli apparecchi
AGCOM definisce gli OTT: sono imprese priva di una propria infrastruttura che
agiscono sopra le reti, forniscono contenuti e servizi. VI rientrano i fornitori di smav.
Gli OTT hanno una differenza di posizione sul mercato e di redditi rispetto ai TELCO: sono
operatori di rete che hanno infrastruttura da mantenere e hanno a loro carico forti costi
fissi. Invece OTT come google usano reti di altri per svolgere il lavoro e guadagnano molto
più rispetto ai TELCO dando per scontato l’infrastruttura. Questa differenza di guadagni ha
provocato una reazione dura da parte delle società TELCO.
OTT e TELCO hanno assunto posizioni diverse di fronte alla Net Neutrality: è il principio per
il quale chi si connette alla rete deve godere stesse condizioni e avere libertà di navigazione.
Ad oggi la rete non fa distinzioni di luogo dal quale ci si connette e non ha barriere interne
dovute alla sua struttura.
Alla net neutrality sono favorevoli gli OTT, perché vogliono che le persone siano libere di
frequentare i contenuti da loro offerti e non vogliono ostacoli.
Invece le telco sono contro la Net Neutrality: pensano che la rete non sia infinita, ma
bisogna pagare per aver un accesso ad un pacchetto di siti. (es. 5€ permette di accedere a 3
siti, 10€ a 6 siti e così via.)
Il Parlamento Italiano ha votato a favore alla Net Neutrality in assonanza con l’unione
europea (dichiarazione delle libertà in internet)
In Usa si è approvato in senato una legge contro la net neutrality, votata principalmente dai
conservatori
RIFORMA RAI l.220/2015
La riforma della Rai del 2015 cambia la composizione del Consiglio d’Amministrazione:
Il consiglio passa da 9 a 7 membri e segue la maggioranza del Parlamento. Infatti, i membri
sono scelti in questo modo:
2 consiglieri sono scelti direttamente dalla Camera (uno dalla maggioranza, uno
dall’opposizione)
2 dal Senato (uno dalla maggioranza, uno dall’opposizione)
2 consiglieri dal Governo (in questo modo si ricalca la maggioranza dei voti)
1 dall’assemblea dei dipendenti Rai che scelgono fra i colleghi assunti almeno da 3 anni
Sono 4 consiglieri di maggioranza e 2 di opposizioni.
Il consiglio sceglie fra i propri membri il Presidente e deve ottenere l’approvazione di 2/3
della commissione di Vigilanza: questa è solo una figura rappresentativa, che tiene le
relazioni esterne e ha funzioni di supervisione del controllo interno.
Invece l’amministratore delegato è la figura governativa: definisce il budget, le nomine
delle varie testate, dei vari canali, dei vari settori (gli addetti fiction, dramma ecc.). L’AD è
nominato dal Consiglio su indicazione dell’”assemblea dei soci”: gli azionisti della Rai sono
il Ministero dell’Economia e la SIAE, quindi la scelta dell’AD è espressione della
maggioranza.
Contratto di Servizio
Il contratto di servizio è un contratto che la società pubblica stipula con il governo sulle
azioni da svolgere nel tempo della concessione. Prima durava 2 anni, ora dura 5 anni e
sono condizioni di servizio fra Rai e il Ministero dell’economia (prestare attenzione ai minori,
dedicare uno spazio serale ai programmi di informazione)
TELECOMUNICAZIONI
Dietro il fenomeno delle telecomunicazioni vi è l’esigenza di collegamento interpersonale
fra gli uomini, non la necessità di Informazione. Quindi alla base di questo fenomeno vi è
l’art.15 della Costituzione, cioè libertà e la segretezza delle comunicazioni (non art. 21)
Al contrario dei primi atti del sistema radio tv, che erano statali,
le prime norme sulle telecomunicazioni sono convenzioni internazionali (Madrid 1932 e
Buenos Aires 1952) perché si avvertì subito che la telefonia sarebbe stata una tecnologia
condivisa a livello globale (la telefonia è fatta per comunicare a distanza e sarebbe diventata necessariamente internazionale,
inoltre è politicamente neutrale. Invece le tv hanno influenza sull’opinione pubblica e non hanno alla loro nascita una vocazione internazionale).
Definizione di telecomunicazioni:
Telecomunicazioni sono ogni emissione, trasmissione, ricezione di segnali di qualsiasi
natura (immagine, video, suono…) attraverso sistemi elettromagnetici
(filo,radioelettrico,ottico…)
Questa prima definizione presenta già due aspetti: i concetti di emissione, trasmissione e
ricezione di segnali e la multimedialità del segnale telefonico (l segnale non è solo voce, ma anche
scritto, sonoro, luminoso, visivo)
Evoluzioni
L’arrivo delle tecnologie digitali porta alla convergenza delle vecchie tecnologie sul digitale.
Come per i sistemi radio-tv, dato tecnico e le decisioni comunitarie hanno influito sulla
convergenza ma anche sulla fine dei monopoli pubblici. (storia analoga alle radiotv)
Monopolio statale
Nel 1985 la Corte di Giustizia Europea analizza il caso inglese e non giustifica il monopolio
pubblico sui servizi telefonici perché non c’è influenza sul pubblico come nella tv. Dopo
questa direttiva, i paesi europei aboliscono l’esclusiva dello Stato e aprono il mercato alla
concorrenza di altre società di telefonia fissa.
Il telefono inizialmente era fornito dalla SIP, successivamente si aprì anche il mercato degli apparecchi (si potevano comprare altri telefoni). Infine, si aprì il mercato sui servizi telefonici.
I servizi che hanno le reti (telco) devono garantire parità d’accesso alle altre aziende che
offrono un servizio, cioè devono essere garantiti le stesse condizioni a tutte le compagnie.
Tuttavia, a fronte di un guasto, la compagnia che ha le reti aggiusta prima il proprio problema e poi quello della compagnia che
ha la concessione.
Anche in questo caso le direttive comunitarie aboliscono le privative di servizio allo stato.
Servizio universale
Fino all’85 il monopolio pubblico sulla telefonia dava determinate garanzie sul servizio e le sue scelte
sottostavano a scelte politiche (es. gli stati Uniti avevano le telefonate urbane gratuite). Dopo l’apertura
alla concorrenza dell’85, si pose il problema di assicurare anche nel mercato privato quelle stesse
condizioni del servizio pubblico (esempio: no privilegi per pochi, si elementari capacità di connessione in
luoghi disagiati o più poveri)
Nel 97 la direttiva 97/33/CE definisce il servizio universale: questo criterio impone che
chiunque faccia un determinato prodotto assicuri determinate condizioni minime.
Chiunque operi nel settore della telefonia fissa e mobile deve
garantire prezzi abbordabili per i servizi base a tutti,
coprire tutto il territorio senza discriminazioni geografiche
(anche i luoghi più remoti/lontani e nei quali è più difficile far arrivare il servizio per i difetti dalle
infrastrutture)
offrire una serie di servizi complementari (ad esempio al tempo si offrivano luoghi pubblici per
telefonare, la possibilità di trasmettere fax)
In altre parole, il mercato è aperto ad altre aziende private, ma esse devono dare le
garanzie del monopolio pubblico che si avevano prima: è una regolazione di tipo
pubblicistico su un servizio offerto dal mercato.
26/11
Anche nel sistema telefonico arriva la convergenza digitale e spezza la regola che voleva che
ogni mezzo avesse la propria regolazione. Le tecniche di informatiche si mescolano con le
tecniche della telecomunicazione, la capacità di trasmissione aumenta, si verifica un
progressiva abbandono della telefonia fissa per passare quella mobile.
La tecnologia telefonica passa dalla TAC, al GSM e infine al digitale (3g,4g,5g): la nuova
tecnologia digitale porta ad un avanzamento della trasmissione della voce, ma anche alla
convergenza tecnologica fra rete mobile e audiovisivo (proprio perché il digitale permette di trasmettere dati).
In altre parole, i due settori si avvicinano: c’è una fusione dei vari servizi tv e di telefonia e
la tecnologia diventa la stessa in entrambi i settori. Di conseguenza nel 2002 l’UE approva
delle norme uniche per tutte le reti e i servizi di telefonia e radiotelevisione, che hanno
vissuto la convergenza.
Quindi la logica della convergenza viene applicata anche nel piano giuridico, perciò l’Italia
adotta il Codice delle comunicazioni Elettroniche nel 2003
Seconda liberalizzazione delle telecomunicazioni
Se la prima liberalizzazione apriva la concorrenza anche a soggetti privati in un mercato con
monopolio pubblico,
Alla fine degli anni 90, la seconda liberalizzazione consiste in un marcato spostamento
verso il mercato: le telecomunicazioni diventano attività di mercato e non vi è più una
società pubblica. A differenza della tv, il mercato ottiene un ruolo prevalente, anche
perché non ci sono logiche di influenza dell’opinione pubblica, di garanzia politica e di
uguale accesso. Sono comunque introdotte una serie di regole di garanzia che evitano
asimmetrie nel mercato.
Nel campo delle telecomunicazioni c’è una definitiva liberalizzazione che spezza la
coincidenza tra servizio pubblico e gestione pubblica.
LIBERALIZZARE: togliere un settore dalle mani pubbliche e lasciarlo libero sul mercato. Il settore non è più controllato
come un pezzo dell’amministrazione pubblica, quindi è lasciato completamente nelle mani dei privati.
2002: Direttive prevedono parità di condizioni d’accesso sulla rete gestita da imprese
privata
Si aggiorna il concetto di servizio universale ad una qualità più alta di servizi.
Con la legge Mammino si dava all’AGCOM competenze sia sulle telecomunicazioni sia sulla
radio-tv. Invece Il Codice delle comunicazioni elettroniche esclude il settore tv e si
concentra sulle telecomunicazioni, nonostante le comunicazioni portano a una
concentrazione: si ritiene che ci sia una regolazione diversa per il valore sociale e politico
della tv.
Smav: fenomeni che hanno scelta editoriale e destinato alla diffusione per
intrattenimento, informazione, educazione, smav lineari tutelati dal 21, smav non lineari
dal 15
Servizi delle comunicazioni elettroniche: mettono in contatto due persone
LE AUTORITA’ DI GARANZIA
3 soggetti entrano in campo:
- Ministero delle Comunicazioni
- Autorità nazionale di regolamentazione
- Autorità garante della concorrenza e del mercato
Che collaborano al controllo del sistema.
AUTORIZZAZIONI
Il regime è basato sulle autorizzazioni perché non c’è concessione di uno spazio pubblico.
ACCESSO E INTERCONNESSIONE – ART. 41
A differenza della televisione, si segue antitrust attivo e dinamico e divieto di abuso di
posizione dominante. Quindi la società con posizione dominante deve seguire obblighi:
trasparenza, non discriminazione, separazione delle società di rete e di servizi, controllo dei prezzi.
L’art.17 definisce la posizione dominante di un’impresa: sono imprese che dispongono di
un significativo potere di mercato che dà la possibilità di comportarsi in maniera
indipendente dalle altre società e dai suoi utenti, scollegato dalle logiche di mercato.
Quindi permette di non tenere conto dei servizi offerti dagli altri e dalla necessità dei clienti
e porre le proprie condizioni
L’autorità nazionale di regolazione controlla le situazioni di mercato così come richiesto
dall’UE
Il SERVIZIO UNIVERSALE viene ribadito e ripreso dal 1998 anche in questo nuovo mercato:
2009: DIRETTIVE UNIONE EUROPEA – TELECOMS PACKAGE
In questo campo l’UE ha piena competenza per la vocazione internazionale delle
telecomunicazioni. Quindi mana delle direttive dette “Telecoms Package” in cui:
o cerca di unificare i servizi di telefonia a livello europeo in maniera sostanziale e creare
un mercato unico europeo.
o aumenta i diritti degli utenti nelle comunicazioni elettroniche: vi è tutela sia sul servizio
universale sia sulla riservatezza dei dati/privacy (direttive servizio universale/e-privacy)
o istituisce il BEREC: è un organismo comunitario che riunisce tutte le autorità di controllo
sulle telecomunicazioni degli Stati Membri.
L’USO DELLE RETI - INTERNET
Nel frattempo, le reti attraverso il satellite conoscono un altro fenomeno: INTERNET
Internet è una rete che assicura un rapporto orizzontale, da soggetto a soggetto (invece
nella TV il rapporto è verticale perché si riceve il segnale da un emittente): ci si connette fra
computer che sono i nodi della rete
Internet nasce per obiettivi militari: per motivi di sicurezza il Pentagono inizia a
differenziare le collocazioni delle informazioni in più punti collegati fra loro con una rete (un
attentato metterebbe a rischio l’intera banca dati della difesa americana)
Negli Anni 60 le università utilizzano questa tecnologia con la stessa logica di condivisione
delle info: inventano il WEB per diffondere più facilmente le ricerche e gli studi (e per farlo
successivamente in maniera multimediale). Il web è un protocollo di Internet che fa girare
la multimedialità, assieme a mail e FTP (Internet non è il Web)
Internet è l’insieme di quei protocolli di dialogo da computer a computer e la struttura che
permetteva quella connessione (protocolli, linguaggi e rete).
L’uso delle Reti in Italia
Nel nostro paese le statistiche sull’accesso a a Internet, in particolare non sono
incoraggianti: Il numero di famiglie che hanno un ADSL è leggermente più alto della media
europa (98%), invece il numero che hanno una connessione veloce è al di sotto ed è circa
un quarto della media europea (14%). Sulla strutturazione della rete siamo indietro
Inoltre, secondo il Censis, l’Italiani sono sempre più connessi, ma fanno un uso “infantile” di
Internet, principale per l’entertainment.
LA DISCIPLINA DELLA RETE
Internet non è:
- Una rete
- Un servizio
- Connection, content o service
Bensì è il fenomeno telematico conseguente alla interconnessione dei computer (comunicazione peer- to-
peer) che, attraverso l’utilizzo di diverse reti di telecomunicazioni esistenti, possono dialogare utilizzando
protocolli univoci e servizi di comunicazioni standardizzati.
Quindi Internet è una rete digitale che ha una comunicazione peer – to – peer tramite
diversi protocolli (Es. World Wide Web, E-mail, News, Chat, ecc.)
La disciplina della rete
Di fatto Internet ha avuto uno sviluppo e si è posto alla base delle attività professionali e
delle nostre relazioni. Nel ‘96 una sentenza della Corte costituzionale americana afferma
che Internet è “il più potente e pervasivo strumento di libertà del pensiero mai creato
dall’uomo” (definizione nata durante il processo ACLU vs Reno, il procuratore distrettuale
che emanò il Communications Decency Act).
Questa affermazione ricalca l’idea di Internet come luogo della completa libertà.
Tuttavia, i comportamenti virtuali HANNO EFFETTI SUL REALE (es. Trump, Revenge Porn): in
certi casi è anzi più dannoso di un’azione reale proprio per la sua capacità di diffondere un
messaggio ad un più ampio numero di persone.
Quindi necessita di diritti e di regolazioni.
Nel 1990, all’inizio della diffusione della Rete, la Carta internazionale degli Internauti
teorizzò che Internet fosse uno spazio diverso dai territori degli Stati, su cui essi non
avessero giurisdizione. L’idea che Internet sia uno spazio altro, diverso, ulteriore e libero
influenza ancora oggi la concezione che si ha della libertà di manifestazione del pensiero
(art. 21): si pensa si possa dire tutto ciò che si vuole perché dietro uno schermo (es. Trump,
haters)
Ciò apre ad alcuni considerazioni sulla regolazione di internet:
Rischi della forma anonima (es. proposta WiFi in piazza, al quale si sarebbe potuto
accedere inserendo le proprie credenziali)
Il problema dell’extraterritorialità di Internet: permette a qualsiasi regolamentazione di
essere aggirata, perciò ci si chiede come è possibile impedire la diffusione di certi
contenuti in una comunicazione orizzontale e senza territorio. I giuristi sono abituati a
regolamentare su un territorio sulla quale determinate norme sono valide.
Libero accesso
Accesso volontario da parte dell’utente: egli fruisce sull’informazioni e i contenuti senza
mediazione, ma su sua scelta individuale.
La struttura paritaria di internet è un altro problema della regolamentazione: in base ad
essa ognuno di noi è libero di caricare e scaricare qualsiasi contenuto su Internet, Tuttavia,
ciò ci dà la percezione che su Internet sia tutto gratuito: pagare è considerato un’eccezione
perché è stata assorbita la regola della gratuità dei contenuti di Internet (esempi di ciò:
pirateria).
Per finanziarsi Internet ha reagito in vari modi: moltiplicando le forme di pubblicità,
introducendo servizi per attività ordinarie ad un prezzo contenuto (es. Spotify)
Quindi per quanto fondamentale, Internet è anche molto pericoloso, ma esso è di difficile
regolazione per le sue logiche peculiari e per la sua continua evoluzione.
Il dibattito giuridico ha proposto due soluzioni:
a) COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLA RETE: avere un diritto costituzionale alla connessione,
cioè ad accedere alla rete. Introdurre un complesso normativo nella connessione alla
rete, cioè verso la rete
b) COSTITUZIONE PER LA RETE: norme dentro la rete, cioè come si può regolare la vita in
rete e in digitale. Si tratta di diritti di cui godiamo una volta che siamo in rete
Costituzionalizzazione della rete
Si tratta di un’estensione del diritto all’informazione (art.21) – sia attivo, passivo e riflessivo,
ovvero come diritto all’informazione, come diritto di essere informati e diritto di informarsi.
Le tre declinazioni di questo diritto coesistono su Internet, dove posso cercare le mie info,
caricare dei contenuti e leggerne passivamente: la tecnologia dà espansione massima del
diritto.
Quindi la nostra è la società dell’informazione, nella quale la relazione fra 3 declinazioni
può anche essere pericolosa.
Infatti, Rifkin ne “L’età di accesso”, afferma
Nelle società capitaliste tradizionali fino all’avvento alla rete, che si rifanno a un’economia di mercato, di
concorrenza, i sistemi normativi partono da:
- Un Oggetto fondamentale, “il bene materiale o immateriale”, ovvero qualunque cosa suscettibile di
valutazione economica.
- Un diritto fondamentale di questa società è il “contratto”, l’atto di proprietà di questo bene.
Nella società dell’informazione che affida i rapporti professionali e individuali alla rete:
- Il bene è sostituito dal “dato”, che è oggetto di valutazione economica
- emerge il “diritto di accesso” al posto del diritto di proprietà,
Quindi Internet rende i sistemi giuridici obsoleti: anche i dati hanno un valore economico come i prodotti.
Si passa da una società dell’avere a una società del sapere (differenza fra chi non sa e chi ha accesso alla
conoscenza/chi sa)
Perciò il diritto di accesso e il diritto alla conoscenza devono essere diritti costituzionale: è
su di essi che si basa la nostra società.
Dal 2011 si accumulano una serie di definizioni seguono questa idea di Rifkin di
riconoscere il diritto di accesso come diritto costituzionale:
o Nel 2011, L’UHCR nel La Frank La Rue10 Report definisce Internet un mezzo
fondamentale per esercitare la libertà di opinione e di espressione secondo l’art. 19
della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
o Nel 2012 l’UNHRC vede Internet uno strumento fondamentale per esercitare i diritti
inviolabili dell’uomo e ribadisce anche nelle reti digitali l’importanza dell’articolo 19 dell
Dichiarazione dei diritti dell’uomo
o Report Osce del 5 dicembre 2011 “Libertà di espressione in Internet” esprime anche
preoccupazione per la tendenza alla regolamentazione restrittiva di Internet.
o Nell’area europea, nel 2011 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa afferma che
la libertà di espressione si applica anche off-line oltre che a quelle online.
Tuttavia, ci sono poche iniziative internazionali vincolanti per gli Stati e che colgono un
solo aspetto del problema della costituzionalizzazione di questo diritto:
1. 2006: le Nazioni Unite stabiliscono il diritto di accesso delle persone disabili
2. 2004: convenzione del consiglio d’Europa contro il Cybercrime.
Nel 2015 in Italia è stata adottata una dichiarazione dei diritti di Internet: è una carta di
principi proposta da una commissione per i diritti e doveri in Internet della Camera dei
Deputati. Non formalizza nessun diritto, è solo una constatazione
1. Digital divide strutturale: essere privi della capacità di connessione per motivi strutturali
dovute alla tecnologia.
2. Digital divide sociale: riflette le disuguaglianze della società (istruzione, lingua, cultura
ecc). Si tratta dell’analfabetismo digitale o della mancanza di certe conoscenze sull’uso
consapevole della rete. In Internet l’utente favorito è maschio, giovane, ricco, istruito,
che parli in inglese e viva in città secondo il programma di sviluppo delle nazioni unite –
UNPD. Chi non ha queste condizioni è discriminato da internet: la differenza è fra i
soggetti che usano consapevolmente la rete e fra coloro che la usano in maniera passivo.
In Europa è stata adottata un’agenda digitale, che ha come obiettivo la definizione delle
tappe per arrivare alla digitalizzazione progressiva di tutti i paesi membri.
Seguendo all’agenda europea, l’Italia ha adottato un’agenda digitale gestita da AGID,
Agenzia per l’Italia Digitale, che sottostà al MISE. (agenda: lista di cose da fare entro certo tempo)
1) alcuni paesi hanno deciso di prevedere nuovi diritti costituzionali come proponeva
Rodotà. In particolare, alcuni paesi dell’America Latina (Brasile, Paraguay e Argentina)
hanno incluso nelle loro Costituzioni una sezione specifica di diritti sull’accesso alla rete
chiamata habeas data: questi non garantiscano diritti di azione positivi, ma forniscono
piuttosto una serie di “protezioni e controlli”, garanzie sull’uso e sulla circolazione dei dati.
(il richiamo all’habeas corpus è un richiamo alla corporalità e quindi all’inviolabilità dei loro
diritti: il diritto di accesso è uno dei diritti fondamentali della personalità )
2) paesi, come l’Italia, sono intervenuti con la legislazione ordinaria. Si gioca sul ruolo
potenziale delle PA nel promuovere un uso consapevole delle risorse digitali da parte di
cittadini/imprese.
Il legislatore intende intervenire sul digital divide strutturale e sociale attraverso il codice
dell’Amministrazione Digitale (D.lgs. 82/2005): oltre ad assolvere al diritto di trasparenza
delle PA, cerca di creare delle condizioni che portino i cittadini ad imparare ad usare
internet con la digitalizzazione delle PA. Si prevede il digital first per i servizi pubblici: prima
si va sul sito, poi allo sportello, c’è digitale assieme al fisico.
Le riforme del 2016 di QUESTO CODICE ha aggiornato al digital must: tutte le opzioni
dell’amministrazione sono digitali. Inoltre, la Corte costituzionale ha affermato che le
norme sulla digitalizzazione sono cogenti/obbligatorie: è imposta l’opzione digitale alle PA,
che devono accompagnare i cittadini impreparati all’uso delle tecnologie
Net neutrality
La net neutrality è un principio che vuole che tutti abbiano le stesse condizioni di
navigazione in rete senza discriminazioni o addebiti collegati al sito o all’applicazione.
Questa idea è messa in discussione dai TELCO: sostengono che ci siano tariffe diverse per
ogni pacchetto di siti. Mentre tutte le aziende OTT hanno interesse a dare a tutti le stesse
condizioni di accesso affinchè possano fruire i loro contenuti.
Nel 2015 L’UE impone la net neutrality con un regolamento: afferma che è vietato qualsiasi
comportamento discriminatorio nella fornitura della rete. Nello stesso anno a ciò si adatta
l’Italia nella dichiarazione dei diritti di Internet
Invece in Usa la commissione federale delle comunicazioni del senato nel 2017 ha superato
la net neutrality approvata dall’amministrazione Obama: il problema della net neutrality è
anche politico e vede schierati a favore i libertari e contro i conservatori.
L’alterazione della neutralità della rete è stata fatta da alcuni OTT originariamente gratuiti
(es. YouTube Premium, che offre un servizio migliorato rispetto a quello normalmente
gratuito.)
sulla riservatezza dei dati raccolti, che sono di proprietà di persone o azienda hanno
varia natura. La soluzione del GDPR è di rendere anonimi i dati di persone e analizzare
per valutare solo le correlazioni.
antitrust: gli algoritmi e la raccolta i big data sono costosi, ma hanno una grande
capacità di risposta sulle azioni di aziende e persone. Quindi poche aziende possono
permettersi questi sistemi e così hanno un vantaggio sugli altri concorrenti nel mercato.
Blockchain
La blockchain è un database che contiene tutte le transazioni eseguite nella rete bitcoin.
- Bitcoin: criptomoneta del tutto digitale che si può acquistare con denaro vero e ha
una sua fluttuazione sul mercato elettronico. I bitcoin non sono tracciabili fiscalmente/da
esterni.
Ci sono state alcune applicazioni della blockchain al di fuori del bitcoin, ad esempio per il
voto (es. partito danese Liberal Alliance) oppure per decentralizzare filiali di società nel
mondo che agiscano senza intervento umano.
Gli studiosi vedono nella blockchain una scoperta fondamentale per lo sviluppo
dell’umanità, tanto è vero che si pensa a sistemi di governance sulla blockchain.
La disintermediazione delle blockchain mette in discussione gli attuali sistemi politici: si
immagina che non siano più necessari gli stati perché individui entreranno in relazione fra
loro senza terzi: ci saranno comunità senza gerarchie o autorità. L’ordine sarebbe assicurato
dalle blockchain: ci sarebbero governi fai da te nei quali la gerarchia è sostituita dal
consenso distribuito.
La blockchain ci consentirebbe anche di avere servizi amministrativi più personalizzati,
come le carte d’identità e i passaporti
(problemi blockchain: decentralizzazione – disintermediazione – governance)
art. 9 che tutela il patrimonio culturale e promuove la cultura (parte dei principi
fondamentali)
art. 33 che delinea la piena libertà dell’espressione artistica e ricerca scientifica (parte dei
diritti e doveri dei cittadini, nella quale ci sono anche 21 e 15)
ART. 9
L’art. 9 fa parte dei principi fondamentali della costituzione italiana e offre due prospettive
a proposito della cultura nei suoi due commi:
In età liberale, i primi interventi sono di controllo sullo spettacolo dal vivo: si crede che
esso sia suggestionante e perciò va fruito collettivamente per evitare disordini.
Il controllo avviene durante la fruizione, sul contenuto e sulle condizioni tecniche del
luogo dello spettacolo: le Forze dell’Ordine hanno poteri di vigilanza durante lo spettacolo
e possono interromperlo in corso sia per natura dei contenuti sia per natura del luogo in cui
avviene. (es. in caso di fiamme vive intervengono i vigili del fuoco che possono anche non autorizzare precedentemente uno spettacolo)
L’unico controllo preventivo sul contenuto è previsto dal Regolamento del 1865, che vieta
gli spettacoli contro la moralità, l’ordine pubblico, lo Stato, la religione, la vita privata delle
persone e il principio della famiglia. Perciò c’era un vaglio del prefetto che poteva anche
vietare gli spettacoli contrari ai valori.
I pochi sostegni sono dati a livello locale per la ristrutturazione dei locali.
In questo periodo la concezione della cultura è elitaria, per pochi (successivamente si
introduce il biglietto nei musei per suggerire che la cultura sia per tutti, non solo per i colti)
ETA’ FASCISTA
Il Fascismo ha bisogno degli intellettuali per fare propaganda delle sue idee fasciste: hanno
bisogno di una legittimazione. La concezione del popolo è legata alla storia dell’Italia:
ricominciano gli studi sull’Impero Romano, le opere liriche e il cinema diventano simbolo
d’Italia.
Con il fascismo arriva la prima politica culturale con il MinCulPop, che elimina il Ministero
della Propaganda Fascista (gli italiani hanno bisogno di essere accultu
Gli interventi sono di due tipi:
intervento indiretto: intervento di tipo economico da parte dello Stato, tipici del periodo
liberale (iva bassa, facilitazioni economiche riconosciute a chi fa cultura)
intervento diretto: aiuto diretto alla produzione culturale con un ente pubblico e con delle
strutture pubbliche (es.
Il fascismo decide di intervenire direttamente con soluzioni adottate ancora oggi: Cinecittà,
ovvero studi per realizzare vari tipi di scene, l’ accademia di arte drammatica, centro studi
cinematografia)
Il regime fascista cambia atteggiamento nei confronti della cultura e si dispone a sostenere
il mondo culturale italiano (prima si pensava che la cultura fosse elitaria e legata al
mercato)
Il risultato più grande di questo atteggiamento è il MinCulPop, che si sostituisce al
Ministero della Propaganda e si propone di dare forma alla cultura.
In uno stato democratico una politica culturale non è possibile, cioè lo Stato non può dare dei canoni alla cultura e
non può dargli delle direttive (è diversa dalla politica per la cultura, nella quale lo Stato non fa la cultura, ma la
sostiene)
Il MinCulPop rappresenta un’occasione per accomunare vari organismi sotto un unico
ente.
Inoltre, avvia un intervento diretto nella cultura: i soggetti pubblici fanno cultura e consiste
nella pubblicizzazione di enti privati.
La legislazione di controllo che c’era prima diventa più pervasiva: non solo si guarda ai
contenuti di un’opera, ma anche al profilo morale e ideologico dei gestori dei cinema.
Quindi per gestire un teatro c’era bisogno di un’autorizzazione (come nella stampa per i
direttori)
Inoltre sono confermati i poteri di vigilanza sugli spettacoli alle forze dell’ordine.
Ci sono anche misure di controllo preventivo/censura, quali la lettura del copione e la
visione integrale della pellicola approvata
Cinema
Il cinema ha richiesto maggiori attenzioni perché in quel momento era un’industria
nascente e si è compreso subito il potere di questo media: gli interventi non erano solo di
promozione, ma anche di sostegno all’industria cinematografica italiana rispetto a quella
straniera:
la programmazione obbligatoria di film italiani nelle sale, pena la chiusura del locale
una tassa sul doppiaggio dei film stranieri per mantenere i doppiatori
(L’Italia è il primo paese a farlo con la sua scuola di Doppiaggio, es. Alberto Sordi)
monopolio sull’acquisto delle opere straniere da parte dell’Istituto Luce
(che gestiva anche l’esportazione delle pellicole e la realizzazione dei documentari.
Anche in questo caso, il credito agevolato per la produzione di film
Ritorno ai produttori del film di una percentuale degli incassi totali
Fondo a favore di film di intrattenimento
(la legge viene chiamata “legge dei film brutti” perché non erano impegnativi ed erano destinati agli operai)
SPETTACOLO
Il Ministero per i beni e le attività culturali.
Nel 1944 il MinCulPop è soppresso quando subentra il Governo Badoglio. Nel 1959 si
istituisce il Ministero del Turismo e dello Spettacolo, che riguardava l’intrattenimento, ma
solo nel 1975 si istituisce il Ministero per i Beni e le Attività Culturali: questi due ministeri
verranno uniti nel 1998 in un Ministero unico strutturato per segretariato generale.
Art. 153: Promozione
Dopo la Guerra si conferma l’impianto fascista del sostegno e della tutela, ma vi era una
confusione di ruoli fra Stato e Regioni. Nel 1998 le Riforme Bassanini rimettono ordine al
settore dell’amministrazione e viene data una definizione di promozione :è il sostegno alla
creazione, alla circolazione dello spettacolo, all’integrazione fra politiche per la cultura e le
altre politiche.
Ruoli dello Stato nella promozione: lo stato ha compiti di promozione sui grandi
avvenimenti di esportazione dello spettacolo italiano (teatro, musica, danza e cinema)
Il controllo sulle strutture e le rappresentazioni
Sul contenuto, l’art. 70 del Testo Unico sulla Pubblica Sicurezza introduce limiti più ampi
rispetto al buon costume dell’art. 21: vieta gli spettacoli contro l’ordine pubblico, il buon
costume, la morale o presentano maltrattamento di animali.
Nel 63, un regolamento specifica i limiti di ammissibilità di un film, che consistono in una
serie di contenuti vietati nei confronti dei minori. Tuttavia, il controllo era successivo e si
impediva la circolazione dell’opera già realizzata (al contrario del fascismo che applicava un controllo
preventivo).
Quindi i limiti agli spettacoli sono ampliati dal TUPS, ma di fatto il regolamento limita la
visibilità di un film solo in relazione ai minori.
La Corte costituzionale viene interrogata sulla costituzionalità del regolamento del 1963: si
pensa che limiti la libertà di manifestazione artistica. Essa risponde che il regolamento è
solo un ampliamento di un divieto già presente in Costituzione all’articolo 31 e perché si
riferisce solo ai minori.
Il sistema di controlli è saltato: all’inizio sono stati spostati su commissioni diverse dallo
spettacolo, in un’operazione di semplificazione dei ministeri le autorità di controllo non
furono istituite.
Il teatro non ha giovato di quest’operazione: il riconoscimento di visibilità permetteva di
essere trasmessa in altri luoghi di riproduzione, quali a scuola o anche in tv (senza un
riconoscimento scuole e tv non sanno se il film ha scene adatte ai minori)
Invece nel cinema si è passati a un sistema di autovalutazione: essa è fatta da una
commissione di operatori del cinema stesso.
Quindi sia nel cinema sia nel teatro si è passati dal controllo del Ministero a sistemi di autovalutazione.
Sulle strutture, vi è una conferma del controllo sui luoghi dello spettacolo da parte delle
forze dell’Ordine. Le autorizzazioni per all’apertura dei teatri sono materia territoriale.
Invece per l’apertura dei cinema è materia concorrente fra stato e Regioni e riguarda il
governo del territorio: ci sono dei criteri da seguire per aprire un cinema (es. rapporto fra
popolazione e numero schermi, numero di multisale…) Lo scopo di questa politica di
governo del territorio è di distribuire equamente i cinema sul territorio e per favorire una
concorrenza fra le multisale e i piccoli cinema locali.
CINECITTA’: Al contrario degli altri enti fascisti, Cinecittà diventa una Holding, un S.p.A.:
racchiude varie società che operano nel settore della cinematografia, fra le quali Istituto
Luce.
Le sue società hanno ognuna funzioni diverse:
Cinecittà Studios nella la produzione,
Istituto Luce per la produzione, distribuzione di film e sostegno alle sale cinematografiche,
Cinecittà International nella promozione della produzione all’estero,
Italia Cinema nella promozione del cinema italiano.
ENTI LIRICI
Il numero di Enti Lirici viene ampliato ad 11 e diventano Fondazioni con lo stesso modello
modello corporativista nel 1996. Si affiancano altre istituzioni pubbliche per la lirica:
Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma e l’Istituzione dei concerti e del Teatro Lirico
Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari.
Gli enti lirici mantengono il loro collegamento con il territorio: il Sindaco è il presidente
della Fondazione.
Decreto Valore Cultura: Nel 2013 sono state approvate misure per risanare i bilanci degli
enti lirici. Il termine per pareggiare il bilancio era inizialmente 5 anni, pena la degradazione
da ente lirico a teatro di tradizione e la perdita di finanziamenti.
FUS – FONDO UNICO PER LO SPETTACOLO
Dal 1985 viene varato il Fondo Unico per lo Spettacolo, che raccoglie tutte le forme di
finanziamento precedenti. Il vantaggio del FUS è la possibilità di redistribuire il denaro fra
le richieste dei vari settori dello spettacolo: la metà di questo fondo è dato agli enti lirici,
infatti l’opera lirica costa molto e non recupera soldi dal mercato.
Inoltre, dal 2014 si cominciano a invertire la tendenza e a stanziare più soldi su questo
fondo (dal 389 mln a 406 mln). Invece dal’85 al 2013 gli stanziamenti tendevano a essere
più bassi.
Una percentuale bassissima è basata sul parere di una commissione consultiva, proprio per
evitare il delineamento di un canone pubblico.