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DIRITTO DELL’INFORMAZIONE E DEI MEDIA

Fine corso: 10 dicembre - Dalla prossima settimana: Cinema Nosadella – Via dello Scalo
Piano Terra
Email: Daniele.donati@unibo.it – domande da fare a filcom.didatticadonati@unibo.it (Email
alla quale rispondono i tutor)
Ricevimento solo on line - Virtuale.it /course/view.php.?id=18586
iscriversi a lista di distribuzione daniele.donati.dir_informazione_media_2020_2021 per
rimanere aggiornati dal prof
Seminario tenuto dal prof con inviti da parte di siae ecc. da GENNAIO - no preappello
Esame orale on line
Orario lezioni in presenza: dalle 9.15 alle 10.45
1a parte del corso: costituzione
libri:
R. Bin e G. Pitruzzella, Diritto pubblico, Giappichelli, 2019, solo relativamente a Percorso 1,
Capitoli I, II, III, IV e Percorso 2, capitoli I, II, III, VII, VIII, IX
o, in alternativa
A Barbera e C. Fusaro, Corso di diritto pubblico, ed.2018, Il Mulino relativamente a Capitoli
I, II, IV, V, VI, VII. VIII, IX, X, XI, XII
Vedere leggendo quale ci sembra il più adatto alle nostre esigenze anche su
https://sba.unibo.it/it/almare/collezioni
2° parte: libertà di informazione e comunicazione, sia giornali sia social (centro del corso)
3° parte: i media, radio, tv, telecomunicazioni, internet
4° parte: libertà d’espressione artistica, settori dello spettacolo
5° parte: cenni sul diritto d’autore
Libri per queste parti:
G. Gardini, Le regole dell'informazione. L'era della post-verità, IV edizione, GIAPPICHELLI
editore, EDIZIONE 2017
F. Rimoli , voce L'arte, in S. Cassese (a cura di) Trattato di Diritto Amministrativo, Diritto
Amministrativo Speciale, Tomo II, pag.1513 e ss. (limitatamente ai paragrafi 1.1, 1.2, 1.3,
2.1, 2.2).

G. Spedicato, Il diritto d'autore in ambito universitario, disponibile nel circuito Unibo al link
http://amsacta.cib.unibo.it/3018/ (limitatamente al primo e secondo capitolo, pagg. 3-82, e
all'Appendice normativa, pagg. 99-225)
DIRITTO PUBBLICO
Ci occupiamo di diritto, ovvero dell’insieme di regole che disciplinano il vivere sociale, il
comportamento nella società. Diritto è parola polisemantica: diritto dell’informazione o
diritto come propria prerogativa. È anche una scienza.
Le regole giuridiche del diritto sono diverse dalle altre regole delle nostre vite. Questo è
studiato anche per disciplinare internet. Seguiamo anche regole non giuridiche: ci sono
comportamenti riprovevoli, immorali o non religiosi.
Ci sono anche regole di natura o della fisica, leggi come quella di gravità.
LA differenza fra leggi naturali / scientifiche e leggi giuridiche, morali, religiose sta nel fatto
che le leggi naturali, ad esempio la legge di gravità, descrivono il mondo com’è, l‘essere.
Invece le norme sociali riguardano il mondo come lo vorremmo: le norme sociali non
subiscono la realtà, ma anzi tramite esse cerchiamo di cambiare la realtà come essa è.
Invece le leggi giuridiche descrivono il dover essere, ad esempio non esiste uguaglianza
naturale fra uomo donna ma ambiamo ad averla nel diritto.
Differenza fra leggi giuridiche, etiche e religiose
Ma c’è anche una differenza fra leggi giuridiche e leggi morali/religiose.
La religione e la morale umana vogliono che noi diventiamo persone migliori, quindi
migliorare l’individuo. Il diritto di questo non si interessa di migliorarci, invece si interessa
dell’esternazione del nostro comportamento nella società.
Il diritto si interessa solo a comportamenti socialmente rilevanti e concreti ed è un insieme
di regole dirette a disciplinare il comportamento dell’uomo nella società.
Visto che sono regole che disciplinano l’ordine sociale, il diritto ha altre caratteristiche
rispetto alla religione/alla morale: può disporre di un sistema che vi porta
obbligatoriamente alla sua osservanza, invece religione e morale non sono “obbligatorie”
(es. sesso prima del matrimonio, non ha punizione vs non pagare le tasse prevede
punizione).
Quindi il diritto prevede osservanza coattiva. Il sistema giuridico implica il monopolio della
forza fisica: lo stato è l’unico soggetto che può costringere fisicamente a far qualcosa (star
reclusi, pagare una pena). Quindi la norma giuridica è a osservanza obbligatoria. Ci sono
limiti, modi e casi specifici; tuttavia, in quanto titolare dell’impianto giuridico, lo stato è
l’unico soggetto che può legittimamente esercitare forza fisica sui cittadini e può
costringerci a osservare delle regole.
Parole diverse: Legge, ordinamento, norma.
 Norma è il genere,
 legge un tipo di norma,
 ordinamento invece è un complesso di norme vigenti in un certo Stato. (Secondo
l’ordinamento italiano, il complesso delle norme italiane… perché lo prevede la legge
numero…)
Le funzioni del diritto sono:
1. disciplina delle relazioni fra cittadini e privati, ovvero diritto civile e privato (proprietà,
famiglia, matrimonio, figli). Si tratta di relazioni orizzontali, fra pari (fra cives, persone
private, sullo stesso livello). È stato il primo diritto a essere definito.
È il diritto degli interessi particolari, che sono trattati come interessi disponibili a
bisogni, esigenze, finalità, valori dei quali gli stessi interessati possono decidere, in certi
limiti, se e come cercare la soddisfazione o accettare il sacrificio.
2. diritto pubblico: disciplina il rapporto fra le istituzioni e i cittadini, distribuzione dei
poteri, delle relazioni tra cittadini e istituzioni. Ovvero si occupa delle relazioni
verticali. È il diritto degli interessi generali, e quindi diritti indisponibili (sono nostri e
non possono esserci tolti), sia da un singolo interessato che da un gruppo di interessati a
essi. Riguardano tutta la collettività, perciò la loro concreta realizzazione è affidata alla
pubblica autorità. È successivo al diritto privato in quanto il potere in quanto tale era
sempre stato assolto dalle regole.
Con la Magna Charta (1215) e poi praticamente con la Rivoluzione francese (1789)
abbiamo cominciato a costruire dei diritti anche nei confronti del potere/sovrano/re,
ovvero che si oppongono al potere, come la libertà di manifestazione del pensiero.
Ciò ha implicato una limitazione del potere e dell’esercizio del potere e della sovranità.
Quindi il diritto pubblico studia i diritti del cittadino e i limiti dello Stato, il corredo dei
diritti dei cittadini e la forma del potere sul cittadino (l’ordinamento dello stato).
Il diritto pubblico è diviso in interno e internazionale.
3. diritto penale. Una parte del diritto pubblico è quella che punisce i comportamenti
socialmente dannosi, ovvero il diritto penale. Essa descrive dei comportamenti e stabilisce
che essi sono vietati o obbligatori, quindi punisce quelli che non si adeguano alla regola
(compiono i vietati o non adempiono ad un obbligo).
Il diritto penale punisce tutto quello che sta al di fuori del cerchio delle libertà.
Alla lettura di una sentenza penale, la condanna del giudice è nel nome del popolo italiano:
quando si tiene un comportamento illecito, ne soffre l’intero ordinamento/sistema, oltre
che la vittima (il comportamento è contro tutti)
Caratteristiche delle norme giuridiche
Il diritto è fatto di norme: sono previsioni generali e astratte di comportamenti vietati o
non vietati. Quindi le caratteristiche più importanti sono generalità e astrattezza: non si
rivolgono mai al caso particolare. Ad esempio, tutti possono manifestare il proprio pensiero
(art. 21, libertà di espressione)
o Generalità. La norma è applicabile a tutti color che si trovano nella situazione
disciplinata dalla norma.
o Astrattezza: esprime una volontà preliminare e disciplina situazioni che potranno
verificarsi;
o Novità: deve innovare l’ordinamento, o disciplinando situazioni prima non considerate o
modificando una precedente disciplina;
o Esteriorità: oggetto della sua disciplina è l’azione esterna del soggetto (il suo agire)
o interdipendenza: crea un’interdipendenza tra posizioni di vantaggio e svantaggio;
o Imperatività: La norma si impone e la sua attuazione è garantita da un meccanismo
sanzionatorio
LEGISLATORE E GIURISPRUDENZA: Sistemi a Common Law e Civil Law
La sentenza è specifica e concreta al contrario della norma nel diritto italiano.
Per gli europei continentali, l’impianto giuridico è descritto nel concetto: La legge, che per
noi continentali viene prima di tutto, è impersonale ed astratta, la sentenza è personale e
concreta”. Questi sistemi hanno dei codici e delle costituzioni rigide. Più garantisti
Non è così nella tradizione angloamericana: in quei sistemi il diritto si crea in gran parte nei
tribunali e ci sono poche leggi scritte in precedenza, quindi si fa riferimento a precedenti
sentenze perché non ci sono codici: si investe sul valore dei giudici, che si adattano con più
facilità alla realtà circostante. Sono meno garantisti.

CIVIL LAW
In Italia, Francia e Spagna siamo fortemente influenzati dall’impostazione napoleonica:
Napoleone decise la scrittura delle norme, che è il primo dato da cui si parte: la
Costituzione.
Il lavoro giuridico consiste nel verificare la norma scritta e poi considerare come la norma è
stata applicata: il dato fisso rimane tuttavia la norma scritta, poi c’è un’interpretazione della
norma. Quindi il diritto lascia il concetto molto sfumato ed è molto caratterizzato
dall’interpretazione.
Noi partiamo dal testo scritto, la legge, poi vediamo come i giudici interpretano quella
legge.
COMMON LAW
Invece nei sistemi angloamericani, ciò è diverso:
c’è una costituzione scritta, ma il complesso delle norme in questi paesi è più rarefatto (le
norme scritte sono molte di meno). Questo perché la creazione delle regole è rimessa in
capo ai giudici. Infatti, mentre In Italia, si diventa giudici subito, in America si diventa dopo
una carriera da avvocato, da grandi.
Nella dinamica dei paesi angloamericani, ci si basa molto di più sulle precedenti sentenze: il
sistema si crea in gran parte nelle aule di tribunale ed è fatto per essere più facilmente
cambiato. (in UK non c’è un testo costituzionale scritto, la costituzione è fatto dalle norme
che nel tempo si sono accumulate e continuamente vengono reinterpretate)
Differenze fra i due sistemi
Nei sistemi a civil law una volta cambiato il testo cambia l’interpretazione. Il nostro
sistema vanta la garanzia del testo scritto, ma non ha la facilità di aggiornamento che
hanno i sistemi a common law.
Nei sistemi a common law c’è meno garanzia dell’esistenza di una norma scritta, ma hanno
più flessibilità e aggiornamento perché ogni volta la legge viene discussa in tribunale.

Differenza fra teoria normativa e teoria istituzionale:


Fra queste due teorie c’è la domanda: esiste prima una società e poi viene fuori il sistema
normativo? Un gruppo di persona dà naturalmente vita a un gruppo di regole?
Oppure prima c’è un sistema di regole poi esso ci consente la società, comunità?
In latino il paragone sarebbe: ubi societas, ibi ius vs ubi ius, ibi societas

- Teoria normativa: la società si sviluppa su base di regole preesistenti, la scala di norme


dà vita e regola effettiva alla società che segue.
- Teoria istituzionale: non è solo il diritto a creare regola, ma prima c’è un sentire sociale,
poi la regola.

Oggi la distinzione fra queste due teorie è poco frequentata, quindi si crede che la verità
stia nel mezzo: la società traduce nelle norme e nell’ordinamento le proprie finalità e scelte
di fronte ai suoi problemi.

Ci sono più ordinamenti giuridici, dati dalla pluralità degli Stati. Esempio: ordinamento Statale e
Comunitario

STATO
In tutto il mondo c’è un ordinamento giuridico politico, lo Stato. Inoltre, il diritto è
strettamente connesso all’esistenza di uno Stato, in quanto esso produce regole (che a loro
volta esistono perché esiste uno Stato).
Esercita il potere sovrano su un determinato territorio e sui soggetti a esso appartenenti e
ha il monopolio legale sull’uso della forza fisica e armata.
Internet è difficile da regolamentare con un codice perché è globale, quindi sovrastatale, cioè riesce a travalicare gli
Stati e non ha sede in un territorio specifico.

Lo Stato è il massimo ordinamento politico che l’umanità ha oggi immaginato. Per politico
si intende in sé è capace di agire su tutti i fronti e di determinare da solo i propri indirizzi.
Lo Stato come diritto è anche polisemantico, in quanto ha 3 concetti distinti:

 stato-comunità: si intende il popolo stanziato su un territorio definito, le persone


legate a una certa organizzazione del potere centrale (Stato Nazionale)
 stato-apparato: si rimanda a un complesso di ministeri, uffici, ecc., ovvero
all’organizzazione del potere centrale sovrano, che conosce molti possibili modi,
detiene il monopolio della forza, e impone il rispetto di determinate norme,
nell’ambito di un territorio ben definito.
 stato-persona: si immagina, per astrazione, lo stato come una persona o come
un’entità nel suo complesso.

Si può parlare di Stato quando si è alla presenza di 3 elementi:


 POPOLO: elemento SOGGETTIVO
 TERRITORIO: elemento OGGETTIVO
 SOVRANITÀ: elemento GIURIDICO

POPOLO
Il popolo è l’insieme di persone legato ad uno Stato da un rapporto di cittadinanza. La
cittadinanza mette in condizione di avere diritti e doveri: è il diritto di avere diritti in un
ordinamento.
Il concetto di popolo (concetto giuridico) si distingue da popolazione e nazione.

o NAZIONE: La nazione è un concetto culturale/antropologico, rappresenta l’insieme di


persone legate fra loro da vincoli di lingua, tradizioni, storia, costumi. (es: USA. Il
popolo americano ha al suo interno diverse nazioni – Palestina: nazione in cerca di Stato,
di ordinamento, di legislazione – Ebrei: nazione errante)
o POPOLAZIONE: è il complesso di persone che risiedono stabilmente su un territorio
dello Stato, indipendentemente se hanno la cittadinanza. È un dato statistico che fa
riferimento persone presenti in un certo stato, in un certo luogo, in un certo momento.
Popolazione Italiana= popolo italiano + cittadini non italiani – cittadini italiani all’estero.

La cittadinanza si ottiene in vari modi:

 alla nascita
 ius sanguinis: per discendenza dai genitori cittadini
 ius soli: diritto del luogo che afferma che si è cittadini italiana se si è nati in Italia.
in italia succede solo per nascita sul territorio dello stato da genitori ignoti o
apolidi. Il dibattito in italia si sposta piuttosto sullo ius culturae, ovvero che il
bambino immigrato di 2° generazione abbia dimestichezza con la cultura del
paese in cui vive.
(le forze di centrodestra vorrebbero meno facilità per gli stranieri per acquistare la cittadinanza
italiana, la sinistra allargherebbe la cittadinanza anche in base allo ius soli)
 dopo la nascita
 ius communicatio: per particolari condizioni (matrimonio, straniero adottato da
italiano ecc.)
 naturalizzazione da parte dello stato, concessa a stranieri che sono da 10 anni in
Italia, apolidi da 5 anni in Italia, cittadino europeo da 4 anni in Italia.

La cittadinanza italiana può essere perduta:

o Per volontà del cittadino (ad es. quando egli si sia stabilito all’estero).
o Per statuizione di legge (ad es. per indegnità).

È escluso che la perdita di cittadinanza possa essere determinata da motivi politici.

Il riacquisto della cittadinanza è precluso per chi la abbia perduta per indegnità, cioè per
chi abbia servito, senza esservi obbligato, uno Stato estero in guerra con l’Italia.

Cittadinanza europea: secondo il Trattato di Maastricht, chiunque sia cittadino di uno


stato membro dell’Europa possiede anche la cittadinanza europea. Significa avere il diritto
di voto per il parlamento europeo, di fare parte del parlamento europeo e di fare una
petizione per i vostri diritti (sul passaporto c’è scritto la Repubblica italiana e l’Unione Europea)

TERRITORIO:
Parte di superficie terrestre su cui si costituisce lo Stato. Gli stati sono enti territoriali
perché il territorio è un ente costitutivo e indispensabile. Il territorio è lo spazio entro cui il
nostro ordinamento giuridico ha vigore: le norme valgono fino ai confini dello Stato. Il
Territorio è quindi la parte in cui il popolo vive più il limite del nostro ordinamento.
È composta da confini orizzontali e confini verticali.
Confini orizzontali, ovvero le righe tirate sulle cartine e stabilite da accordi:

 Terraferma: porzione di superficie terrestre delimitata da confini, siano naturali (fiumi,


mari, catene montuose), siano stabiliti mediante accordi internazionali.
 Mare territoriale: anche il mare fa parte del territorio di uno stato. Lo stato ha sovranità
sulla fascia di mare lungo le coste che corrisponde alle esigenze di vita e di difesa.
Normalmente la distanza dalla costa è compresa tra le 3 e 12 miglia marine, che si
riducono se “non vi è abbastanza distanza” fra due territori (esempio: fra Sardegna e
Corsica).

Confini del paese in verticale:

 sottosuolo: fino ai limiti di sfruttamento economico, al limite massimo di utilizzazione


nei confini terresti e del mare territoriale.
 Soprasuolo: il limite è l’atmosfera, si considera il territorio dove circolano gli aerei,
comprendendo sia la terraferma sia il mare territoriale. Gli aerei richiedono il permesso,
i satelliti passano liberamente perché non stanno nell’atmosfera, non necessitano di
permessi per stare nello spazio.
 Eccezioni
Extraterritorialità: vengono sottratte alla potestà di impero dello Stato una o più
porzioni della terraferma costituente il territorio statale, per lo più di limitatissima
estensione, (ad esempio la Santa Sede, le sedi diplomatiche, veicoli situati nello Stato che battono
bandiera).
ultraterritorialità: porzioni di territorio italiano quali consolati (aiutano il cittadino) o
ambasciate (rappresentano lo stato in un altro stato). Lo stato può esercitare potere di
imperio su porzioni di terraferma siti al di fuori del proprio territorio. Anche i veicoli
sono parte di territorio di un determinato stato, come aerei o navi, su quali valgono le
leggi di quello stato.

SOVRANITÀ
la sovranità è caratteristica solo dello stato. Lo stato è in sé legittimato a fare ciò che vuole
e ha assoluta supremazia sulle altre organizzazioni: è il massimo dell’organizzazione
giuridica dalla Costituzione in giù. È la caratteristica di essere superiorem non reconoscens
(non riconoscere superiori): l’ONU sanziona economicamente le nazioni, ma ogni stato è
sovrano all’interno del suo territorio – c’è un tribunale per i crimini internazionali, ma
rimane la sovranità statale.

Implica altre caratteristiche:

 L’originarietà è una caratteristica giuridica. Ossia ogni ordinamento statale, in quanto


sovrano, si autolegittima, cioè si trova in sé la giustificazione giuridica della sua
esistenza e del suo potere.
 L’indipendenza comporta che ogni stato non sia influenzato/subordinato da altri
ordinamenti e goda del diritto di esclusione degli altri, a meno che non lo decida: è il
caso dell’unione europea, nella quale gli stati rinunciano a parte della propria
sovranità.

In Italia, secondo l’Art. 1 Cost., “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle
forme e nei limiti della costituzione” (non solo nel titolo, ma anche nell’esercizio). Questo
esercizio della sovranità avviene nella forma rappresentativa, che è la forma prevalente nel
mondo.

FORME DI STATO:

La forma di stato esprime la reciproca posizione degli elementi costitutivi dello Stato
(popolo, territorio e potere sovrano), ponendo l’attenzione sulle finalità: ci sono varie
tipologie.
La forma di stato è data dalla relazione fra sovranità e gli altri due elementi, il popolo e il
territorio:

 rapporto sovranità – popolo


 sovranità – territorio

Ci sono state storicamente varie forme sin oggi, fino a quella oggi prevalente, la
democrazia.

 Stato gentilizio: romano, sovrana la gens romana, ovvero le classi nobili.


 Stato patrimoniale, ordinamento feudale: è un’organizzazione privatistica, le persone
fanno parte assieme al territorio della proprietà privata del potere e del feudatario. Non
c’è il carattere della politica in quanto vi era una scala gerarchica di proprietari. Non c’è
un interesse pubblico e dello Stato, ma privatistico e del feudatario.
 Stato assoluto: caratterizza principati, comuni, signorie e gli stati moderni 500-600-700.
Il potere assoluto consiste nel fatto che è tenuto solo dal sovrano, che si eleva sulla
collettività, escludendo qualsiasi frazionamento dei poteri. Il potere in questo caso è
soggettivo, in quanto vive nella persona del sovrano.
Esempi: Luigi XIV “L’etat cest moi”. Il sovrano è il potere e così i suoi figli sono il potere.
C’è potestà assoluta del sovrano. Il potere è soggettivo, vive nella persona di Luigi XIV,
Per Weber, quello di luigi XIV è un potere suggestionante, che fa paura.
 Stato di polizia: forma di stato che nasce da una percezione del sovrano come primo
funzionario del potere. È detto stato di polizia perché vengono garantiti con la forza la
giustizia amministrativa e alcuni diritti dei privati (es. libertà terriera), ma in questo caso
si persegue l’interesse pubblico, perché è visto come un dovere del sovrano che è
esterno al potere. Quindi nello stato di polizia il potere è oggettivo, perché il sovrano
serve il potere. Esempio: Guglielmo II di Prussia. Per Weber, il potere di Guglielmo di
Prussia è un aristocratico: non è per tutti, è solo per alcuni (vicino all’idea di potere
aristotelico)
 Stato liberale: nell’800 emerge il ceto borghese, la legittimazione del potere statale si
basa sulla derivatività dai cittadini, ora liberi. I cittadini hanno dei diritti che possono
essere fatti valere anche nei confronti del potere: dare diritti alle persone significa
limitare il potere del sovrano.
 Stato democratico: successivamente il popolo partecipa al potere, dunque la sovranità
discende dalle mani di un unico sovrano al popolo: si passa dallo stato liberale alla
democrazia. La democraticità dello stato si manifesta in più forme:
 democrazia rappresentativa, nella quale i cittadini eleggono i loro rappresentati e
sono questi a adottare le necessarie decisioni nell’ambito delle assemblee
rappresentative. Fra il titolare del potere e il sistema del potere, c’è un meccanismo
di rappresentanza che si chiama sistema elettorale.
 Democrazia diretta, in cui cittadini partecipano alle scelte dello Stato mediante
votazione diretta (referendum o plebiscito). Alcuni strumenti di questo tipo di
democrazia rimangono nella nostra democrazia.

La distinzione fra democrazia diretta e rappresentativa è ancora accesa e attuale: ci sono


modi per recuperare la distanza che i sistemi elettorali introducono.
Esempi: Rousseau del M5S, assemblee partecipative dal basso, di quartiere di zona .
Siamo in una democrazia sociale o stato democratico-sociale, in quanto non si limita a
garantire le libertà e ad assicurare il metodo democratico, ma assicura anche diritti sociali.

Rapporto sovranità-TERRITORIO: forme di stato

Stato unitario:

Nello stato unitario, esiste un solo ordinamento giuridico e il potere si concentra solo
nella capitale. Viene utilizzata in pochi stati e in stati molto grandi: negli imperi si è teso
nella concentrazione del potere in un luogo solo. C’è un potere gerarchico all’interno del
sistema che raggiunge i cittadini in ogni parte del territorio tramite grandi strade, costruite
appositamente per questo scopo: nell’Impero Romano si mandavano i prefetti, degli
emissari dei poteri centrali a presidiare i vari territori.
Il prefetto è una forma di decentramento. Col decentramento il potere resta centrale ma
viene riverberato in tutto il paese dai suoi rappresentanti: un’organizzazione di questo tipo
esiste nelle figure dei prefetti (del Ministero dell’interno) e delle sovrintendenze (per il
Ministero dei beni culturali).
Es. Napoleone ripartì il territorio in province e marche (se si affacciavano sul mare) entro le
quali operava il prefetto. Le nostre province più antiche ricalcano quest’ordine: si pensava
che si dovesse raggiungere il territorio più lontano in una giornata di cavallo. Vedi Ravenna.
Stato composto o federale (USA)
Uno stato federale è l’unificazione di stati sovrani sotto un unico ordinamento giuridico
sovrano a somma dei popoli e dei territori degli Stati membri, mentre il potere sovrano si
esercita nell’ambito delle competenze conferite allo Stato dalla costituzione federale.
Gli stati uniti sono inizialmente 13 colonie britanniche che si ribellano, nascono come stati indipendenti a sè
stanti, poi si federalizzano, ovvero decidono di compiere alcune attività insieme. Si costituisce la capitale
federale, Washington D.C., che sta per District of Columbia, ma ogni stato ha la sua capitale e
consequenzialmente codici diversi

Stato regionale (caso italiano)


La soluzione è intermedia fra lo Stato unitario e lo stato federale: ogni ambito o regione
esercita un numero consistente di autonomie, tra cui quella legislativa, nei limiti delle
competenze attribuitegli dallo Stato sovrano. Quindi si decide di dare agli stati unitari una
valenza significativa: nel caso italiano ciò avviene durante la scrittura della Costituzione.
L’Italia ha più una storia di comuni e città rispetto a una storia di regioni, tuttavia i
costituenti decidono di dare autonomia ai singoli territori prima dell’unità su certi temi. Ciò
valorizza le comunità anche comunali.

FORME DI GOVERNO
Il concetto di forma di governo è diverso da forma di stato: la forma di governo è la
relazione in cui si pongono fra loro gli organi di governo.
Monarchia: si affida il potere ad un solo organo. La distinzione fra monarchia e repubblica è
stata attenuata dalle forme di costituzionalizzazione: si parla di monarchia assoluta,
limitata, costituzionale.
Repubblica: si lega maggiormente al popolo, che detiene il potere. Nelle repubbliche il
potere assume diverse forme.

 In Italia il popolo sceglie il parlamento, che a sua volta sceglie il governo e il


presidente della repubblica: forma di governo Parlamentare, il parlamento è al
centro dell’intero sistema.
 Negli Stati Uniti Il popolo sceglie il parlamento, elegge anche il presidente che
sceglie il suo Governo: forma di governo presidenziale, il Presidente è al centro
 In Francia, il modello è semi-presidenziale: il popolo sceglie il parlamento e vota il
presidente, ma il governo viene scelto dal parlamento. Può capitare che il presidente
sia di un orientamento politico e il governo di un altro: si parla di “cohabitacion”.
Il presidente ha comunque una forte influenza sul governo: ha poteri più forti e
generali rispetto al governo. Vi è un rapporto di necessaria collaborazione.
Nella Repubblica parlamentare ci si rimette molto alla fiducia, al gioco parlamentare e alle
sue alleanze senza necessariamente il voto: il governo può cadere in base al parlamento.
Invece nel sistema presidenziale il governo è più forte e stabile perché il presidente è
legittimato direttamente dal voto del popolo.

 Governo costituzionale puro: accanto al monarca, un Consiglio dei ministri che gode
della fiducia del sovrano e governa in suo nome. (UK)
 Costituzionale parlamentare: parlamento bicamerale eletto a suffragio universale con
funzione legislativa; tra governo e parlamento, c’è relazione di fiducia.
 Governo presidenziale: il presidente della Repubblica è a capo dell’Esecutivo e assume
anche le funzioni di Capo dello Stato.
 Governo direttoriale: il vertice dello Stato è organo a struttura collegiale (consiglio
federale) i cui componenti sono nominati per 4 anni da un’assemblea federale.
(esempio: la Svizzera ovvero confederazione elvetica)
SISTEMA DELLE FONTI del DIRITTO
Sono dette “fonti” perché 1. si riferiscono al fatto che sono fonti di conoscenza / cognizione
2. perché dietro ogni norma c’è un procedimento per modificarle o crearle, dunque esse
scaturiscono da un certo procedimento specifico e determinato.

 Fonti – atto: prodotte da decisioni stabilite prima.


 Fonti – fatto: stabilite dopo un accadimento che provoca regola, possono essere per:
 stato di necessità (pandemia)
 consuetudine: sono quei comportamenti tenuti da tutti perché convinti di doverli
tenere anche se non sono doverosi (es. in Italia è consuetudine lasciare insieme al
conto il 10/20% di mancia). La consuetudine vale in assenza di una norma precisa e
scritta sull’argomento.
La consuetudine può conformarsi per condizione oggettiva o soggettiva.
La condizione oggettiva richiede un comportamento ripetuto nel tempo tale da
indicare una relativa stabilità e uniformità.
La condizione soggettiva è generata da azioni che si tengono in determinati casi
nella convinzione che si tratti di regola giuridica
 Rinvio a fonti di altri ordinamenti: perché l’efficacia delle norme internazionali si
dispieghi anche nell’ordinamento interno, è necessario un atto di esecuzione da parte
dello Stato oppure un rinvio alla fonte internazionale. Esso può essere un rinvio
mobile (efficacia anche alle disposizioni che nel tempo la norma produrrà) oppure un
rinvio recettizio (efficacia alla sola legge).

Ci sono 3 criteri che regolano la convivenza fra vari tipi di norma:


 Gerarchico
Ci sono fonti più importanti di altre (Costituzione e trattati UE).
La costituzione non può essere contrastata dalle leggi ordinarie, così come i regolamenti
non possono andare contro le leggi e la Costituzione.
Un cambiamento che avviene in alto porta a adeguare tutte le altre fonti sottostanti,
ma non viceversa: un cambiamento nella fonte sottostante non cambia una fonte
sovrastante. (una modifica di legge non cambia la costituzione) La legge agisce entro i
limiti della costituzione, che è un congelamento delle capacità di scelta del parlamento.
La legge deve rispettare i principi contenuti nella Costituzione.
Nella tabella questo è indicato dalle 3 righe orizzontali
 Competenza
Ci sono determinate norme che si occupano di determinati ambiti. Se c’è separazione
fra le fonti in base alla competenza, non c’è separazione in base alla gerarchia e
viceversa. Ad esempio, l’Unione Europea si occupa di politiche monetarie. Righe verticali
 Cronologico
Rispetto a due norme dello stesso organo, si applica la norma più recente.
In questo senso, vi è anche il criterio della specialità: fra due norme viene applicata la
norma più specifica.

Costituzione

La costituzione è presente in ogni ordinamento, anche nei sistemi a common law (ad
esempio, in Gran Bretagna, dove non c’è un testo, ma la costituzione c’è lo stesso).
La costituzione è l’insieme dei principi e delle regole che tengono insieme uunacomunità.
Ci sono di vari tipi: dettate dal sovrano, statuto albertino, costituzione concessa dall’alto:
costituzione . Alcune sono ispirate da testi religiosi. Altre ottenute dopo un periodo di
resistenza (quella italiana, dopo l’occupazione nazista). In Germania si sono visti tenere
sotto controllo mentre scrivevano la costituzione.

Nel 1948 c’ è la doppia votazione per l’Assemblea costituente e per il referendum


istituzionale. Il sud vota in gran parte per la monarchia, ma “il vento del nord” fa vincere la
repubblica (al nord la maggioranza è la repubblica). Vi è la stesura carta istituzionale,
ottenuta dopo la resistenza. La costituzione è stata composta da 3 forze diverse che
appartenevano al comitato di liberazione: cattolici (futura Democrazia Cristiana),
comunisti/socialisti, liberali. La nostra costituzione fotografa il conflitto sociale fra queste
vari principi, ma non lo risolve e non fa prevalere nessun principio. La scelta fra l’un e
l’altro principio è affidato al Parlamento. ad esempio l’iniziativa economica tipicamente
liberale coesiste con l’utilità sociale e la tutela della dignità della persona.

Caratteristiche della Costituzione Italiana:

La costituzione italiana è

 SCRITTA: non è così per tutte le costituzioni. In UK, la costituzione è fatta del
sedimentarsi dei principi fondamentali, ma non esiste testo formalizzato.
 RIGIDA: essendoci costata vite umane, attorno sono stati messi meccanismi di
protezione. Quindi la costituzione è tendenzialmente stabile: occorre un procedimento
specifico e complesso per poterla modificare. I principi fondamentali e l’istituzione
Repubblicana sono immutabili.
 LUNGA: si decise di mettere nella costituzione i diritti fondamentali delle persone
assieme all’ impianto fondamentale del funzionamento della Repubblica. Quindi è
fatta di due parti: una parte di diritti e doveri, sia una parte che dice come funzionano
istituzioni.
 Aperta / elastica. Per questo suo essere rappresentativa dei temi e valori fondamentali,
è interpretabile e aggiornabile con l’interpretazione, quindi attualizzabile. Quindi
norme costituzionali già esistenti possono coprire nuove esigenze della società.
Esempio: la tutela dell’ambiente viene introdotta e citata dalla costituzione nel 2001, ma
già dal 1986 esisteva un ministero dell’ambiente: si ricavò la tutela dell’ambiente da
articolo 9 (tutela del paesaggio) e articolo 32 (tutela della salute della collettività).
 Programmatica. La Costituzione è un programma / promessa da attuare, contiene le
cose da fare ogni giorno per sempre. Viene vista come un impegno costante dalla sua
creazione. Ricorre spesso la frase “è compito della Repubblica”.

Principi fondamentali

 Democratica: il potere si fonda sulla sovranità popolare. Si basa sul confronto fra idee
diverse.
 Personalista: al centro del sistema vi è l’individuo, la persona, la sfera individuo è
invalicabile. Fine ultimo è il benessere di ogni persona. Persona rilevante solo alla fine
del 700
 Pluralista: riconosciamo la funzione sociale dell’individuo, stare in formazioni sociali, che
hanno dei loro diritti e dentro di esse vi sono i diritti dell’individuo. (non discriminazione
=/= riconoscimento). Le prerogative dell’individuo si mantengono nel gruppo.
 Lavorista: vede il lavoro come unico strumento di valorizzazione dell’individuo nella
società. I costituenti hanno messo il lavoro in una posizione particolare, articolo 1: viene
abbattuta casta, elite, eredità. Per avanzare nella società, serve il lavoro, aiuta a
realizzare la società (art. 4). (anche in questo senso si vede la natura di programma della
costituzione, perché a volte non è così, per questo esiste il reddito di cittadinanza)

3 GENERAZIONI DEI DIRITTI

Marshall riconosce come i cittadini di un certo stato hanno 3 dimensioni di azione / tutela:

 Libertà negative, in quanto libertà dallo stato. Affermo una libertà da e limito il
potere del sovrano. Si tratta di libertà che esistono perché allontanano dal potere.
Sono così ampie che ogni libertà afferma il suo contrario, ovvero diritti di libertà.
Esempio: libertà manifestazione pensiero = diritto di star silenzio
 Libertà nello Stato, alla quale corrispondono diritti politici: è una libertà intermedia,
perché chiede una serie di libertà nell’esercizio del potere (es. diritto a votare, attivo, e ad
essere votati, passivo)
 Libertà positive, in quanto libertà mediante lo Stato, vi corrispondono i Diritti Sociali.
L’ultima categoria di diritti, conquistata nel 900, è quella dei diritti sociali: hanno
origine con l’affermarsi della borghesia quando si passa da sussistenza a economia
salariale. Nasce così la classe dei salariati al margine delle città, chiamati da Marx
proletari perché aventi come unica ricchezza la prole. Chiedono gli stessi diritti dei
borghesi, i diritti sociali (che i loro figli possano studiare ed essere curati come i figli dei borghesi, chiedono di
avere un riposo settimanale e soldi una volta vecchi)
Si parla di LIBERTA’ POSITIVE perché chiedono l’ingresso dello stato nella vita
pubblica (sinistra) a differenza di quelle negative, che volevano allontanare il potere
(destra). In questi due tipi di libertà ci sono le radici dei pensieri di sinistra e di
destra: da ciò scaturisce un confronto fra due valori, presenti entrambi nella nostra
costituzione: la LIBERTA’ e l’UGUAGLIANZA, che sono le radici ideologiche di destra e
sinistra. Questi due principi non possono coesistere perché l’estremo della libertà
non garantisce l’uguaglianza e viceversa: è necessario un bilanciamento.

Frantumazione delle nostre identità: si spezza la forza delle nostre richieste perché
chiediamo esigenze diverse in base alle circostanze (microrichieste)

Diritti inviolabili ex articolo 2

Articolo 2:
giustifica il fatto che la nostra costituzione è aperta. L’impostazione è giusnaturalistica: i
diritti vengono dalla natura, quindi sono riconosciuti dalla costituzione. Si oppone al
giusnaturalismo la giustoricismo: ho diritti perchè vivo in un certo luogo in un certo
momento. Giusnaturalismo perché riconosce i diritti e poi li garantisce.
Endiadi: Dimensione individualista sia in sé stesso sia nella rete dei suoi contatti; diritti e
doveri: riconosce diritti ma dà doveri inderogabili. Essi hanno egual peso a livello giuridico:
prevalenti diritti significa anarchia, prevalenti doveri significa dittatura, libertà sottomessa al
dovere di sottomissione al “bene comune”.
Diritti e doveri sono uguali, ma di fatto i doveri sono pochi, 4. L’articolo garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, ma non sono solo quelli elencati dalla costituzione: corte
costituzionale anni 80 sono diritti che emergeranno dalla società, es diritto ad accedere ad
internet. Ha affermato altri diritti non presenti la costituzione (privacy ecc)

Condizioni di favore per chi è più debole, la fotografia di questo articolo è di 2 secoli di idee
di uguaglianza. Questa è l’idea dei rivoluzionari francesi: tutti formalmente uguali alla legge.
È un uguaglianza che si sposa a fede nella libertà tipica del periodo delle rivoluzioni liberali,
quando libertà e uguaglianza non stanno bene insieme.
Il secondo comma è tipico del secolo successivo, quando avviene la rivoluzione industriale,
l’urbanizzazione, la nascita dei salariati. Mentre l’800 è il secolo dell’individuo, il 900 è il
secolo delle masse: ci si preoccupa di masse di poveri ed emarginati. Quindi prima c’è il
periodo dei diritti di libertà “da”, poi il periodo dei diritti “di”: l’uguaglianza del secondo
comma è detta SOSTANZIALE o DINAMICA, è un comma di uguaglianza nel suo punto di
arrivo o attiva. Se nel primo comma basta che la legge non discrimini ingiustamente e non
c’è nessun impegno delle istituzioni, nel secondo comma si chiede che lo stato istituisca dei
mezzi per assicurarla: è un dovere della costituzione.
Il primo è un principio di uguaglianza passiva, dal punto di partenza, uguaglianza in
generale, si può trovare nelle parole di Trump, seppur l’uguaglianza sia più di sx: in Europa
si cerca di far convivere affermazione massima della libertà e affermazione massima
dell’uguaglianza, mentre gli USA hanno un accento sulle libertà. Il principio dell’uguaglianza
è importante per il diritto d’informazione.

ORDINAMENTO EUROPEO
Il trattato di Parigi del 1951 istituisce la CECA, Comunità del Carbone e dell’Acciaio. Si apre
la strada al Trattato di Roma del 1957, che mette insieme 5 paesi in un accordo sullo
scambio di materie prime ed energia e su una iniziale apertura dei mercati e si istituiscono
due comunità di natura economico-energetica:
 EURATOM (Comunità Europea per l’Energia Atomica, con il trattato di Roma)
 CEE (Comunità economica europea per lo scambio di persone professioni merci servizi,
Trattato di Roma)
Alla CEE si cominciano a dare poteri importanti, i paesi partecipanti hanno avuto dei
benefici e si aggiungono altri paesi a questa comunità: nel 1982 si firma il Trattato di
Maastricht, più generale, con il quale le tre comunità si uniscono nella CE.
A questa politica economica si sono aggiunti la politica sulla sicurezza interna che ha
previsto la connessione dei sistemi di polizia e la politica che ha messo insieme gli affari
esteri, verso gli altri paesi del mondo. L’insieme di queste tre politiche (economia, sicurezza
interna e rapporti esteri) ha dato vita all’Unione Europea.
Nel caso degli USA, fu facile mettere insieme le 13 colonie americane, perché tutte queste
avevano interesse a riunirsi. Invece nel caso dell’Unione Europea è stato più complicato
perché i paesi avevano storia millenaria e anche tradizione di guerra fra loro.
Per questo motivi, l’UE ha competenze in maniera implicita anche su altri ambiti con una
serie di meccanismi, fra i quali la teoria dei poteri impliciti (ad esempio le competenze in
materia ambientale e economiche assicura la competenza anche nel campo del turismo).
Inoltre, prevede misure a favore dei cittadini europei, come la cittadinanza europea se si è
cittadini in uno dei paesi membri. Ci sono stati casi di triangolazione di poteri fra UE, Stato
Membro e cittadini, nei quali l’Europa ha agito sui cittadini e non sullo stato: ciò convince a
trarre una più forte coesione degli stati europei in seno all’Unione. Esempio italiano:
Unione Europea ha ordinato di istituire di un fondo di sicurezza che dia lo stipendio ai
lavoratori quando il datore di lavoro non lo fa, ma l’Italia non ha aderito. Per questo i
lavoratori in crisi possono rivolgersi agli organi europei.
Idea della sussidiarietà: sussidiarietà deriva da subsidium, la seconda schiera riposata
dell’esercito romano che subentrava quando la prima era messa alla prova. Il principio di
sussidiarietà intende che se un problema è troppo grande per uno stato, l’UE subentra in
aiuto. Esempio: la politica ambientale molta più risultati a livello macroscopico, per questo
viene presa in mano dall’UE più che dai singoli stati.
Denaro: nell’ambito della politica economica del trattato di Maastricht, alcuni degli stati
dell’UE hanno aderito alla moneta unica. Per aver l’euro come valuta nel proprio paese,
sono necessari determinati requisiti economici: se essi non vengono rispettati vengono
imposte sanzioni in termini di scelte politiche ed economiche. Questo perché si cerca di
agire sulla Borsa, come nel caso della Grecia (è la BCE che presta i soldi in tempi di crisi)
Gli organi comunitari
Il potere legislativo in Italia è del Parlamento, votato dal popolo. Mentre in Europa il
Parlamento concorre al potere legislativo con il Consiglio dell’Unione Europea, che è
composto da un rappresentante per Stato membro a livello ministeriale: il potere legislativo
è in parte al Parlamento, ma soprattutto agli Stati. Nella struttura dell’Unione Europea sono
rappresentati maggiormente i governi degli stati membri rispetto ai cittadini. Il parlamento
non è al centro dell’UE, il voto dei cittadini conta quanto la decisione dei singoli governi.
Parlamento Europeo: eletto dai cittadini, di 751 membri, con funzione legislativa, approva
il bilancio dell’UE e ha funzione di controllo sugli altri organi
Consiglio dell’Unione Europea: composto da un ministro per ogni paese, concorre alla
produzione di norme e alla composizione del bilancio in modo più preponderante rispetto
al Parlamento. Legge di bilancio: legge con la quale uno Stato bilancia spese ed entrate (decide quanto
prelevare in tasse e come prelevarlo)
Consiglio europeo: è l’organismo che riunisce i Capi di Stato e di Governo degli Stati
membri. Tirano l’indirizzo politico e l’orientamento dell’azione dell’UE.
Commissione Europea: ha il potere esecutivo (fa eseguire le norme) ed è composto da un
commissario per Stato Membro
Corte di giustizia europea: è il giudice dell’applicazione delle norme europee, anche nei
confronti dei singoli stati (potere giudiziario). I membri sono nominati di comune accordo
con gli Stati.
Fonti comunitarie
Le fonti originarie sono i trattati, ovvero gli accordi raggiunti fra i paesi per dare vita
all’unione europea, decidere di cosa si occupano, quali sono i principi fondamentali che la
tengono assieme. È una carta costituzionale scritta da più stati.
L’Italia aderisce a questi trattati perché lo consente l’art.11 della Costituzione, che consente
limitazioni della propria sovranità in favore di organizzazioni sovranazionali che assicurino
pace e giustizia fra nazioni. Un esempio è la rinuncia della propria moneta in favore
dell’Euro.
TCE, trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (1951)
Trattati di Roma: trattati CEE e EURATOM (1957)
Trattato di Maastricht - Trattato sull'Unione europea (1992)
Fra tutti questi, Il trattato di Nizza ha cercato di formulare una costituzione federale. I
problemi furono la conciliazione dei diversi principi costituzionali, per la quale non è
possibile includere principi costituzionali più avanzati di alcuni stati. Così ne risulterebbe
una costituzione debolissima
3 vizi dell’unione europea: mancanza di legittimazione come cittadini, presenza di una moneta unica ma
non di una Costituzione, eccesso di funzione contabile dell’Ue e arroganza nell’imposizione di scelte
politiche agli stati fuori dai requisiti
I trattati vengono stipulati in un determinato anno, ma hanno subito ulteriori modificazioni
da questi trattati:
Amsterdam 1997
Nizza 2001
Lisbona 2007
FONTI DERIVATE
Regolamenti
L’Ue opera quotidianamente con le fonti derivate dai trattati.
Il regolamento europeo è un atto di portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi
direttamente applicabile in tutti gli stati membri.
Generalmente i regolamenti sono di immediata applicazione, con i quali ci possiamo
appellare anche noi cittadini europei. Sono in vigore per tutti gli Stati i membri nel
momento della loro approvazione
Ai regolamenti si affidano anche le cose più leggere, come la composizione di determinati
prodotti in circolo nel mercato unico. Se c’è un mercato unico, bisogna anche avere una
regolazione comune per come i prodotti sono fatti affinché ci sia una equa “competizione”.
Ad esempio, il regolamento sulla quantità di succo d’arancia nelle aranciate:
Il regolamento comunitario prevale sempre sulla legge dello Stato membro, in ogni caso:
1. quando entra in vigore un regolamento che dice qualcosa di
diverso da una legge dello Stato membro già esistente
(regolamento dopo la legge): non solo per la gerarchia delle
fonti, ma anche per il principio per il quale prevale la legge più
recente. In questo caso le istituzioni disapplicano la norma
italiana (non viene cancellata, ma non applicata più)
2. Nel caso contrario, ovvero quando una legge dello Stato
membro. viene emanata dopo un regolamento comunitario
(regolamento prima della legge)
Quindi il cittadino europeo può andare in tribunale chiedendo un diritto sulla base di un
regolamento europeo, secondo la triangolazione fra UE, Stato e Cittadini.
I regolamenti comunitari vengono ammessi grazie alla costituzione italiana, quindi i principi
fondamentali della nostra costituzione non possono essere messi in discussione da nessun
regolamento comunitario. Un trattato europeo non può negare un principio fondamentale
o un diritto delle persone previsto nella costituzione.
Si è discusso di certe norme non di principio della costituzione: in questo caso le norme
europee prevalgono sulle norme costituzionali.
Ad esempio, per motivi di utilità nazionale un principio generale della costituzione che lo
stato si possa prendere imprese strategiche Enel è somma di tante piccole aziende
comprate dallo stato che poi sono diventate ente pubblico. Va contro il principio di
concorrenza dell’UE, idea del mercato liberale. La concorrenza è un principio che dice che
se ci sono tante aziende che fanno lo stesso prodotto la qualità di ciò che si vende
migliorerà perché si cercherà di fare un prodotto migliore al prezzo più basso. Il principio
economico europeo è quello della massimizzazione della concorrenza, quindi l’Italia ha
rinunciato al principio generale della propria costituzione della statalizzazione delle
imprese.
Direttive
Si occupano di temi più generali, sono atti che vincolano lo stato membro per ciò che
riguarda il risultato da raggiungere. (i regolamenti vanno sul dettaglio)
Occupandosi di temi più grandi, lo spirito del decreto legislativo è quello di fissare un
obbiettivo ed un periodo entro il quale tutti paesi europei devono raggiungerlo. Ad esempio
una direttiva stabilisce che che tutti i paesi europei devono avere un sistema che consente scambio di
studenti, che le amministrazioni pubbliche comprino le attrezzature che servono allo stesso modo, che si
produca energia e venda allo stesso modo. Il sistema dei CFU è stato istituito a livello europeo per
permettere lo scambio di studenti.
La direttiva non entra in vigore subito, perché il raggiungimento degli obbiettivi necessita
interventi legislativi da parte dello stato membro. Quindi la direttiva si rivolge ai parlamenti
nazionali e alla loro possibilità di legiferare in quella direzione: si vincola lo Stato e il
parlamento a fare le riforme necessarie per arrivare al punto condiviso.
Una volta che viene approvata una direttiva, l’Italia provvede con una delle sue fonti del
diritto (legge ordinaria, legge regionale…).
LA STRUTTURA ITALIANA: GLI ORGANI COSTITUZIONALI
Il popolo e la sovranità popolare
Primo fondamentale organo costituzionale è il popolo, insieme delle persone legate ad uno
stato da vincolo di cittadinanza. Il popolo è sia fonte del potere sia destinatario del potere:
con il voto il popolo è il legittimante del potere e delega la propria sovranità al parlamento,
contemporaneamente siamo destinatari delle decisioni del potere, con le leggi, gli atti
amministrativi. Nel primo caso siamo soggetti attivi, nel secondo caso siamo soggetti
passivi. Mettiamo in campo alcune capacità come cittadini/ membri del popolo italiano.
Diritto di associarsi in partiti.
Il diritto ad associarsi è previsto dalla nostra costituzione, così come quello di non associarsi
e di essere liberi dentro l’associazione. È diverso dal diritto di riunione che è di natura
temporanea, mentre l’associazione è stabile. Una forma particolare che riferiamo al popolo
nella costruzione degli organi costituzionali è la facoltà di associarsi nella forma particolare
dei partiti politici.
I partiti politici sono associazioni che propongono una certa idea del paese in base a un
sistema di valori. Sono coloro che mettono a punto le proposte dei grandi indirizzi europei
delle direttive a livello nazionale, riuniscono persone che hanno un’idea comune
dell’indirizzo del paese.
Sindacati:

Oltre ai partiti, gli italiani si possono associare in sindacati: sono associazioni di protezione
dei lavoratori di determinate categorie. L’insieme dei sindacati si chiamano Confederazioni
sindacali. Il diritto ad associarsi in partiti e sindacati implica anche il diritto a poterli creare.

Il diritto a prendere decisioni collettive: referendum e iniziativa legislativa popolare

È una seconda prerogativa del popolo. Quando i sistemi diventano liberali e democratici, la
democrazia passa al popolo. L’iniziativa migliore per far prendere le decisioni al popolo è
stata la democrazia indiretta e rappresentativa, per la quale eleggiamo dei rappresentanti
del popolo nelle assemblee elettive (Parlamento, Comuni ecc.).
Invece le modalità di democrazia diretta sono il referendum e l’iniziativa legislativa
popolare.

1. Ci sono 3 tipi di referendum:


 Abrogativo: usato a livello statale per cancellare una norma. È proposto da un
comitato che deve raccogliere 500.000 firme e le deposita all’ufficio referendum della
corte di cassazione. Esso verifica la regolarità della lista (non ci siano doppioni e firme
false) e passa la proposta alla Corte costituzionale, che controlla la sostanza del
quesito (se l’assenza della legge che si vuole eliminare crea un vuoto legislativo, se la
sua eliminazione provoca quella di un’altra legge). Dopo questi due controlli, il
referendum può essere votato.
Ha il quorum, ovvero un quoziente degli aventi diritto al voto per essere valido.
(siamo in una stagione di referendum, fra i quali molti di quelli passati non sono stati
validi proprio per non aver raggiunto il quorum: si ritiene che le proposte fatte siano
state troppo tecniche e i Comitati per il no favoriscono l’astensionismo. Per questo
motivo si pensa di abolire il quorum per il referendum abrogativo)
 Costituzionale: a livello statale, è senza quorum, quindi sempre valido. Prevede la
modifica di uno o più punti della Costituzione. È un referendum confermativo di una
proposta che viene già formulata in Parlamento.
 Consultivo: a livello regionale e locale, si chiede il parere del popolo
2. Iniziativa legislativa popolare
E’ la seconda iniziativa di democrazia diretta. Si forma un comitato che formula un
disegno di legge, ma in questo caso sono necessarie 50.000 firme. Successivamente la
proposta viene portata alle Camere e segue l’iter del disegno di legge.
(l’iniziativa legislativa popolare è stata usata poche volte, 40, e le il disegno di legge non
è mai stato approvato nelle Camere).

Cittadini come corpo elettorale


L’articolo 56 e 58 elenca i caratteri del nostro voto e disciplinano il suffragio universale e
diretto.
Il voto è libero, segreto, uguale, personale.
Uguale: ogni cittadino vale come un altro, in Internet non sarebbe così perché il sistema è a
confronto diretto e il più forte vince sempre (nel caso di Internet.
libero: possiamo votare chi vogliamo, ma ci deve essere una certa offerta politica, delle
alternative. In certi regimi il voto è libero ma c’è un solo partito.
segreto: il voto non è segreto in assoluto, possiamo dire chi abbiamo votato ma nessuno
può essere costretto a rivelarlo. Questa è una delle declinazioni del diritto a non parlare.
personale: il voto va espresso di persona, senza deleghe, ma ci sono delle condizioni
particolari per gli ammalati in ospedale o a casa.

Sistemi elettorali

Proporzionale: si cerca un’esatta proporzione fra l’orientamento dei voti e la composizione


dell’organo da votare. I rappresentanti di ogni forza politica sono eletti con un numero in
proporzione alle percentuali di voti ottenuta sui votanti. Quindi l’organo da votare è una
fotografia esatta degli orientamenti dell’elettorato.

Maggioritario: il Paese è diviso in collegi in base al numero delle persone da eleggere e da


rispettare il numero degli elettori. Ogni collegio elegge il rappresentante che ha più voti, ma
l’effetto è che i voti non dati al rappresentante non hanno valore.

Il sistema elettorale influenza l’assetto del sistema politico, sia dal punto di vista del numero
dei partiti sia dal punto di vista della loro aggregazione:
il sistema proporzionale ha un effetto proiettivo, perché è il più fedele possibile alla realtà
politica del paese, ma il voto si frammenta in un numero molto esteso di partiti e si tende a
cercare una microidentificazione in partiti più piccoli. Di conseguenza, i governi sono
instabili perché è difficile mettere d’accordo tanti partiti. (esempio italiano)
Invece il maggioritario ha un effetto selettivo, perché compatta le forze in poli per garantire
più voti al candidato, quindi semplifica il sistema partitico, ma non garantisce la
rappresentanza di tutte le scelte di tutta la popolazione, i voti di una certa parte di
popolazione non contano nulla. (esempio americano)

Si sono costituiti dei meccanismi correttivi per entrambi i sistemi; nel sistema proporzionale
la selettività è assicurata da 2 correttivi:

 soglia di sbarramento: per evitare la dispersione in Parlamento, sotto una certa


soglia percentuale non si viene eletti in parlamento. In Italia è del 4% (con questo
meccanismo ci sarebbero 5 partiti al parlamento, escludendo italia viva e azione, il
sistema viene scritto per favore il proprio partito)
 premio di maggioranza: un partito o in questo caso anche una coalizione che supera
una certa percentuale di voti ha in premio un certo numero di seggi, in Italia è del
44%.

In Italia per un tempo il sistema era principalmente maggioritario, ma una quota di seggi si
riserva al sistema proporzionale

Altri meccanismi di un sistema elettorale riguardano il collegio, che può essere uninominale
o proporzionale:

 Nell collegio uninominale risulta eletto un solo candidato, quindi si ha effetto


selettivo,
 nel il collegio plurinominale vengono eletti due o più candidati, quindi ha effetto
proiettivo.

Inoltre, vi può essere il turno unico e il turno doppio: nel primo turno il sistema è
proporzionale, nel secondo turno è maggioritario, si vota solo fra i candidati che hanno
avuto più voti in ogni collegio. Ciò accade con i sindaci e i Presidenti di Regione quando non
raggiungono la soglia del 51% di voti.

C’entra anche il conteggio dei voti che rafforzano una forza piuttosto che un’altra. Uno di
questi è d’Hondt aiuta a rafforzare le forze più votate, tenendo un sistema proporzionale.

L’attuale legge elettorale deriva dalla sentenza 1/2014 della Corte costituzionale, che aveva
dichiarato illegittimo il precedente sistema per due motivi:

1) il premio di maggioranza era eccessivo e non vi era una soglia minima per ottenerlo
assegnato per l’elezione della Camera dei deputati alla coalizione di liste o alla singola
lista che ha ottenuto il maggior numero dei voti validi;
2) la mancata previsione del voto di preferenza causato dalle liste bloccate.

La legge elettorale attuale è la 165 del 3 novembre 2017:


prevede un sistema identico alla Camera e al Senato, con alcune eccezioni. La costituzione
afferma che il Senato dovrebbe essere eletto su base regionale, negli altri sistemi federali e
regionali il Senato rappresenta stati federati/regionali, camera alta in tutti i sistemi a
composizione territoriale rappresenta stati federati. Ma noi non ce l’abbiamo una
rappresentanza regionale così forte. Per questo si dice che la maggioranza è diversa alla
camera e al senato, perché in passato si sono avuti sistemi elettorali diversi per ognuna
delle due
Il nostro sistema elettorale misto a separazione completa per entrambe le camere:

 il 37% dei seggi è assegnato con un sistema maggioritario a turno unico in altrettanti
collegi uninominali (si tratta di 232 seggi alla Camera e 116 al Senato). In ciascun
collegio è eletto il candidato più votato, secondo il sistema del collegio uninominale
secco
 il 61% dei seggi è ripartito con sistema proporzionale tra le coalizioni e le singole liste
che abbiano superato le soglie di sbarramento. La ripartizione è a livello nazionale
per la Camera, regionale per il Senato.
 Il 2% è destinato al voto degli italiani all’estero, viene assegnato con un sistema
proporzionale con voto di preferenza.

Liste bloccate e preferenze: con le liste bloccate, il sistema prevede che in una lista venga
eletto chi è posto per prima. Così il partito in base ai sondaggi sa come posizionare i
candidati che vuole eleggere. Il voto di preferenza invece permette di scegliere il candidato
da eleggere e in ogni lista viene eletto quello con più preferenze. La lista bloccata permette
al segretario di scegliere i candidati che verranno eletti, mentre il voto di preferenza crea un
rapporto di vicinanza con gli elettori. In passato con il voto di preferenza abbiamo assistito a
episodi di corruzione per le preferenze (foto al voto, sostituzione del foglio vergine con uno
già scritto)

PARLAMENTO

Il Parlamento è organo centrale del nostro sistema. Il popolo sovrano a livello nazionale
vota i membri del parlamento. Dal parlamento prendono legittimazione gli altri organi.

Esso è organizzato in due camere che fanno le stesse cose, hanno le stesse funzioni: da qui
l’espressione bicameralismo perfetto. Ci sono pochi sistemi ad una sola camera (Congresso
e Senato in Usa, Assemblea nazionale e Senato in Francia, House of Common e House of
Lord). In Italia vi sono la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica: ci sono due
camere perché si immagina sia meglio che si torni due volte a guardare le leggi, che si
controlli due volte e ci siano due votazioni.
In molti paesi c’è una differenza di funzioni o di composizione / base elettorale fra le due
camere. Invece in Italia esse hanno le stesse funzioni, ma hanno sottile differenza nella
composizione, nella legittimazione:

La Camera dei Deputati è passata da 630 a 400 (elettorato attivo parte dai 18 anni, ovvero
chi può votare per la camera, l’elettorato passivo parte dai 25, ovvero chi può essere votato
per la Camera,)

Il senato è passato da 315 a 200 + senatori a vita (elettorato attivo dai 25, si può essere
eletti dai 40 anni)

La differenza di composizione e di legittimazione sta nel fatto che la Costituzione accenna


che nel sistema del Senato ci sia una base regionale, ma è molto sfumata. In questa
Camera, si è più anziani sia a votare sia a essere votati.
Senatori a vita: l’idea del Senato come camera più anziana e più saggia è affermata anche
dalla presenza dei senatori a vita. Essi sono gli ex presidenti della Repubblica e personalità
di particolare prestigio, scelti dal Presidente della Repubblica (5 a Presidente in carica).

Struttura e organizzazione interna delle Camere


Presidente: Ognuna delle due camere ha un Presidente, che organizza i lavori e l’ordine del
giorno. In caso di morte del PdR, il Presidente del Senato assume le sue funzioni, in quanto
è la seconda carica dello stato. Per cortesia istituzionale il presidente del senato fa parte
dell’opposizione.
Attorno al Presidente della Camera c’è un ufficio di presidenza, d’aiuto nell’organizzazione
dei lavori. Successivamente ci sono giunte, composte in proporzione alle forze del
Parlamento (ad esempio quella per le autorizzazioni a procedere nei confronti di
parlamentari

Ai lati del Presidente, posizionati a destra o a sinistra in base all’orientamento politico, ci


sono i gruppi parlamentari: sono l’insieme dei parlamentari eletti dallo stesso partito (PD,
5S, Lega). Prima del referendum costituzionale, per fare un gruppo parlamentare bisognava
essere alla camera 40 parlamentari dello stesso Partito e al senato 20.
Il gruppo parlamentare serve ad organizzare il voto: il partito dà una linea sul voto ad un
certo provvedimento in Parlamento (es. M5S decide di votare no ad un provvedimento). Il
capo gruppo vede se i parlamentari sono fedeli alla linea, quindi il gruppo parlamentare
serve a tenere il voto compatto e coerente con la linea scelta. In ogni caso, ogni
parlamentare può votare secondo coscienza e diversamente rispetto alla linea imposta,
fino ad abbandonare il gruppo parlamentare stesso: in questo caso egli cambia posto,
andando in un altro partito o nel gruppo misto.
Il gruppo misto è composto dalle forze politiche che non hanno raggiunto il numero di
parlamentari per costituire una forza politica e dagli indecisi, ovvero coloro che hanno
abbandonato un gruppo parlamentare e hanno deciso di non schierarsi in uno nuovo.
Le poltrone vuote davanti al presidente ospitano il Governo durante i suoi incontri con il
Parlamento.
Commissioni parlamentari:
ordinarie/permanenti e straordinarie/temporanee, monocamerali e bicamerali
Le commissioni parlamentari sono come delle sotto-organizzazioni interne dei lavori,
servono ad istruirli e prepararli in pochi. Ogni parlamentare fa parte di una di queste.
Le commissioni possono essere ordinarie e permanenti. Solitamente sono monocamerali e
la loro composizione rispecchia i rapporti di forza del Parlamento, quindi le maggioranze
(criterio proporzionale).
Ci sono commissioni permanenti che sono organizzate per temi (più o meno le stesse dei
Ministeri) e intervengono nel procedimento legislativo.
Invece le commissioni di vigilanza hanno funzione di controllo su determinati enti e sono
presiedute da un membro dell’opposizione, in funzione di garanzia. (esempi: la
commissione di vigilanza sulla Rai, sui servizi segreti - Copasir).
Un'altra tipologia sono le commissioni straordinarie e temporanee, come le commissioni di
inchiesta (sulle mafie, sulle stragi). Queste hanno diritto a usare tutti gli strumenti
investigativi della magistratura. Spesso queste sono bicamerali: al loro interno hanno
deputati e senatori, quindi sono uniche sia per Senato sia per Camera.

Lo status del parlamentare


I parlamentari sono i nostri rappresentanti e Il loro mandato non ha condizioni di
adempimento: è un atto di fiducia che va confermato/smentito con il voto. La libertà data al
parlamentare una volta eletto è detta divieto di mandato obbligatorio (il parlamentare non
può essere obbligato a fare determinate cose, quindi il rapporto con gli elettori è fiduciario)

Quindi i parlamentari odono di insindacabilità e inviolabilità (Art. 68 Costituzione):

 Insindacabilità: nessun parlamentare può essere perseguito per i voti e le opinioni


espresso nell’esercizio delle sue funzioni. Quindi in Parlamento non si può essere
sanzionati né dal proprio partito né dalla magistratura. Esempio: quando Bossi diceva di “far carta
igienica della bandiera”, in aula poteva, poichè era in esercizio delle sue funzioni, ma in un comizio no, quindi
sarebbe stato perseguibile per vilipendio alla bandiera.
 Inviolabilità/immunità: significa che nessun parlamentare può essere sottoposto a
giudizio senza l’autorizzazione della camera a cui appartiene. Di ciò se ne occupa la
giunta delle autorizzazioni a procedere. (esempio: processi a Matteo Salvini per gli
sbarchi)

FUNZIONI DEL PARLAMENTO:

1. FUNZIONE LEGISLATIVA
Il procedimento legislativo può cominciare sia al Senato sia alla camera. Il criterio con il
quale si decide di cominciare da una o l’altra è politico, non è scritto nella Costituzione.
È composto da queste fasi teleologicamente orientate:
a) Iniziativa. Può essere:
- Governativa, del governo tramite i disegni di legge su qualsiasi materia (ci sono materie
specifiche ed uniche del Governo). Il governo ha più probabilità di successo, perché ha la maggioranza
del Parlamento, quindi può contare sul voto dei parlamentari
- Parlamentare cioè presentata da un parlamentare alla Camera alla quale appartiene e
solitamente sottoscritta collettivamente da più parlamentare
- Popolare cioè richiesta dal popolo tramite una lista di 50.000 elettori
- Regionale
- del CNEL, comitato nazionale economia e lavoro (un organo che rappresenta professioni
ed attività economiche).
b) Istruttoria: è un’attività di approfondimento, di raccolta del materiale, di studio.
c) Discussione e approvazione: il Presidente della Camera decide la commissione di
competenza e il procedimento di approvazione della proposta di legge. In generale
prima deve essere analizzata dalla commissione, ma in base alla funzione della
commissione e all’aula di discussione ci sono diversi procedimenti possibili.
Il procedimento ordinario prevede che la commissione operi in sede referente, cioè
essa riferisce all’assemblea: a discussione si tiene già nella commissione, fra pochi,
poi un relatore lo presenta alla Camera. Dopo la presentazione da parte del relatore,
in aula ci sono due votazioni. La prima è su ogni articolo della legge, nella quale si
presentano emendamenti, ovvero modifiche ai singoli articoli: le opposizioni abusano
degli emendamenti per fermare l’approvazione, facendo ostruzionismo. Il lavoro di
semplificazione degli emendamenti ripetuti o fuoriluogo sta al Presidente della
Camera. Nella seconda votazione si vota in maniera secca l’approvazione dell’intero
testo della legge.
Il procedimento misto vede la commissione operare in sede redigente, in quanto
redige l’emendamento: la commissione viene autorizzata a fare il primo voto e gli
emendamenti dal PdC.
Il terzo procedimento vede la commissione in sede deliberante, la commissione
delibera direttamente la legge: il presidente ordina alla commissione di fare primo e
secondo voto. È un procedimento di origine fascista e poco democratico, perché
l’aula non la discute, per questo è molto rara e sono dette “leggine” quelle
approvate con questo procedimento. Inoltre, questo procedimento non è possibile
per temi delicati, quali la definizione di nuovi reati, le modifiche del regime fiscale, i
sistemi elettorali, la ratifica trattati con l’estero.
Per accelerare l’approvazione di leggi urgenti, si può utilizzare il procedimento
ordinario ma tempo dimezzato. Si può anche saltare la commissione e passare
direttamente all’aula, ma è molto raro.
Una volta che la proposta viene approvata in una camera, essa passa all’altra e il
procedimento si ripete (scelta della commissione e del procedimento, referente,
redigente, deliberante). Per andare a conclusione, lo stesso identico testo della
proposta di legge deve essere stato approvato da entrambe le Camere, dunque se c’è
una modifica nella seconda camera, essa ritorna nella prima camera in cui è stata
discussa. In gergo parlamentare, questo procedimento si chiama navetta. Quando la proposta di
legge ritorna all’altra camera e il cambiamento al testo è minimo, il Presidente è autorizzato a far
deliberare direttamente la commissione (sede deliberante).
Una volta approvata nello stesso testo, la legge passa al Presidente della Repubblica
e alla fase della Promulgazione.
d) Promulgazione. Il Presidente della Repubblica controlla l’incostituzionalità e il
conflitto con i Trattati Europei per decidere se promulgarla. In caso di problemi, il
presidente rimanda la legge alle Camere e indica cosa cambiare con un messaggio
motivato. Il Parlamento può adeguarsi alle proposte del PdR, oppure riapprovare la
legge così com’è: a questo punto il Presidente deve promulgarla (ma questo non è mai
successo)
e) Pubblicazione. Il testo della nuova legge viene pubblicato sulla gazzetta ufficiale e
entra in vigore 15 gg dopo. Questo periodo si chiama vacatio legis: serve per dare la
possibilità agli italiani di conoscere la legge e i suoi limiti.

Quindi:
 Iniziativa -> governativa, popolare, parlamentare, regionale, CNEL
 istruttoria -> commissioni / camere
 discussione e approvazione (votazione) -> commissioni / camere
 promulgazione -> Presidente della Repubblica
 pubblicazione -> Gazzetta Ufficiale + vacatio legis
Istruttoria, discussione e votazione avvengono identiche in entrambe le camere (devono approvare lo stesso
testo)

Cambiare la costituzione
Per cambiare la costituzione, che è rigida, il procedimento è più complesso rispetto alle
leggi ordinarie (vi è un meccanismo di difesa).
Per cambiare le norme della costituzione, ogni camera deve approvare lo stesso testo 2
volte a distanza non inferiore di 3 mesi. Esempio: vota e approva camera, vota e approva il
senato, si aspettano 3 mesi, e si rifanno le votazioni. Il procedimento legislativo è
raddoppiato.
Passano 3 mesi da un voto all’altro perché in quel periodo ci potrebbero essere dei
ripensamenti, dubbi, ecc. In più, nel secondo giro di votazione ci deve essere la
maggioranza dei 2/3 dei deputati. Se non ci sono i 2/3 (ma c’è la maggioranza del 50%+1) si
può chiedere un referendum consultivo (senza quorum, come quello sul taglio dei
parlamentari). Ultimamente, anche con i due terzi chiede sempre il referendum.

2) FUNZIONE DI CONTROLLO SUL GOVERNO


Il governo c’è ed è legittimo finché ha la maggioranza in Parlamento, che si esprime tramite
una mozione di fiducia. A questa mozione devono votare Sì la maggioranza dei deputati e
dei senatori.
Gli strumenti del parlamento per il controllo dell’operato del Governo sono 3:
INTERROGAZIONE, INTERPELLANZA E MOZIONE.

 INTERROGAZIONE: avviene in sedute precise, le question time. Questa è la forma più


leggera di controllo sul governo: rimane orale, non viene trascritta.
Generalmente è una richiesta di informativa (la domanda è “che cosa sai di? Informaci
su...”). L’interrogazione avviene a tutti i livelli: regionale, comunale ecc. Solitamente le
domande vengono fatte in alternanza da opposizione e maggioranza, così da rendere le
risposte più facili.
 INTERPELLANZA: è più difficile dell’interrogazione, infatti la domanda è “che cosa pensi
di fare? Qual è il tuo progetto?”. In più l’interpellanza va anche per iscritto. Terzo
elemento di difficoltà: le parti si dichiarano soddisfatte o meno della risposta. Se le
parti non sono convinte, l’interpellanza diventa mozione
 MOZIONE: la mozione si vota, se c’è la fiducia non succede nulla, altrimenti cade il
governo.
Riunione di intergruppo: riunisce il presidente della Camera con i capigruppo del
Parlamento. In essa il Presidente della camera si mette d’accordo coi capigruppo prima dei
lavori per decidere l’ordine del giorno e le modalità di votazione, cosicché anche una forza
piccola ha il diritto di mettere in agenda le sue proposte.

3) FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO


Normalmente è il Parlamento a dare l’indirizzo politico, in realtà negli ultimi anni si sta verificando il
rafforzamento dell’esecutivo, il governo, e le opposizioni si lamentano del fatto che decida tutto il governo.
GOVERNO
Il governo è un organo complesso, composto da una pluralità di organi.
Ha allo stesso tempo una funzione POLITICA e una AMMINISTRATIVA (Art.95):
 DIREZIONE POLITICA: dove si va, una funzione di indirizzo. Il governo decide qual è la
direzione da seguire tramite il Consiglio dei ministri. (decide se avere più o meno immigrati,
posti in terapia intensiva, più verde o più fabbriche ecc. L’ Italia è la nave, la politica è il proprietario che
decide cosa farne)
 ESECUZIONE AMMINISTRATIVA: Come raggiungere gli indirizzi posti dalla politica, nei
singoli Ministeri. Come fare le cose. Il capitano della nave.

E’ formato da Presidente del Consiglio, Consiglio dei ministri, ministri.

 Presidente del Consiglio dei ministri


è primus inter pares, ha un rapporto di primarietà rispetto agli altri ministri, non di
supremazia. Il PCM ha preminenza, prevale sui Ministri solo in 2 casi:
 nella composizione del governo, cioè quando li sceglie e quando può dare la sfiducia o
cambiarli
 quando decide l’agenda del Consiglio dei ministri.
 Il Consiglio dei ministri
è la riunione dei Ministri con il Presidente, nella quale si vota a maggioranza, non
all’unanimità. Perciò per ogni forza politica è importante avere molti ministri al
Governo. È dove si sceglie l’indirizzo politico
 Ministeri: presieduti dal Ministro, in essi si eseguono le scelte del Consiglio
Ministri con portafoglio
Hanno da mantenere una struttura diffusa su tutto il Paese, quindi hanno bisogno di
finanze per finanziare gli apparati, le risorse (l’esercito, la scuola, i giudici ecc..). A questi
Ministri il bilancio dello Stato assegna dei soldi. Sono dei ministri di Azione.
Senza portafoglio:
Non hanno apparati da mantenere, ma nella maggior parte dei casi hanno solo progetti
da fare (innovazione, semplificazione, ammodernamento). Sono detti ministri di
Relazione (rapporti con il Parlamento, Affari Europei, Affari Regionali…). Sono meno
prestigiosi dei sindaci di Roma e Milano, ma in certe situazioni sono utili (esempio:
Ministro degli affari esteri in questo periodo col Recovery Fund)
I sottosegretari sono politici, aiutanti che si occupano di sotto-temi per i vari Ministeri. Essi
non votano al Consiglio dei ministri. (es. Sottosegretario alle Tasse per il Ministero
dell’economia). Si chiamano sottosegretari perché il Ministro sarebbe il segretario di stato.
Alcuni dei sottosegretari vengono chiamati viceministri.

I commissari sono persone incaricate di seguire determinate emergenze o situazioni per il


governo (esempi: Commissari per il Covid, per la protezione civile). Possono partecipare al
Consiglio dei ministri per informare, ma non votano in esso.

Nel Parlamento non votano ministri, sottosegretari e commissari.

Principio di solidarietà dell’esecutivo: in Consiglio si può discutere e avere controversie


all’interno del Consiglio dei ministri a porte chiuse, ma bisogna mostrarsi uniti e concordi
sulla linea politica davanti al Parlamento e al Paese. Per questo ad essi parla solo il
Presidente / Sindaco.

FORMAZIONE DEL GOVERNO

 INCARICO
Dopo le elezioni si contano i voti, nelle camere si votano i Presidenti ecc…
intanto al Quirinale il Presidente della Repubblica valuta chi comporrà il governo. Così dà
inizio alle audizioni o alle consultazioni, seguendo un protocollo: prima ascolta gli ex-
Presidenti della Repubblica, poi i Presidenti delle Camere neoeletti, poi incontra le forze
politiche. Le consultazioni possono essere più o meno facili a seconda del sistema
elettorale e della distribuzione dei voti fra le forze. Finché vi era un sistema maggioritario, vinceva
un polo dei due, quindi il lavoro del PdR era facile perché già si sapeva che il leader del polo vincente in
campagna elettorale sarebbe diventato il Presidente del Consiglio. Nel caso delle ultime elezioni la scelta è stata
più complicata, in quanto non vi era una somma di tante forze per la maggioranza (i 5 stelle con il 33% che non si
sarebbero mai alleate con nessuno, la Lega al 20%, il PD al 20%)
Così il PdR dà ad una persona l’incarico di formare il Governo / di scegliere i Ministri e di
stilare il programma di Governo.
 NOMINA DEI MINISTRI
Il presidente del Consiglio incaricato incontra i leader delle forze politiche per ottenere
la loro fiducia in Parlamento e capire le loro posizioni politiche.
Sulla base di questi incontri, decide il programma di governo e stila la lista dei Ministri
da proporre al PdR, che li nominerà formalmente: egli può rifiutarsi di nominare
determinati ministri, quindi ha anche lui voce in capitolo.
 GIURAMENTO
È un passaggio formale: il presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri giurano la
fedeltà alla Costituzione nelle mani del Presidente della Repubblica.
 ESPOSIZIONE DEL PROGRAMMA DI GOVERNO
passaggio sostanziale: entro dieci giorni dal giuramento, il Presidente del Consiglio dei
Ministri si presenta con la sua squadra davanti alle Camere (solitamente si presenta
prima al Senato) e presenta il suo programma di governo (firmato dai Ministri). A
questo punto le Camere votano una mozione di fiducia.

Il rapporto di fiducia è instabile, perché dipende dal rapporto Governo-Parlamento. La


rottura della fiducia causa una crisi di governo, che si usa distinguere in parlamentare e
extraparlamentare.
Crisi parlamentare: Si può togliere la fiducia con una mozione di sfiducia ( non è mai caduto un
governo per una mozione di sfiducia)
Il secondo motivo di crisi parlamentare è legato alla QUESTIONE DI FIDUCIA. Essa può
essere posta dal Governo su un’iniziativa legislativa cruciale con approvazione
parlamentare (per esempio, una legge sul Covid). In questo caso il Governo dichiara che se
Parlamento non dovesse approvare questa iniziativa, riterrebbe venuta meno la fiducia e
rassegnerà le dimissioni, in quanto si tratterebbe di una proposta concordata con la
maggioranza nel programma di Governo.
Quindi, attraverso la questione di fiducia, il Governo rivendica la sua responsabilità per
l’attuazione dell’indirizzo. Inoltre, ponendo l’alternativa secca tra approvazione e crisi,
preme sulla maggioranza alla compattezza/coerenza sulle scelte di indirizzo.

Ma usare troppo spesso la questione di fiducia significa che ci sia qualcosa che non va fra
Governo e Parlamento. Inoltre, questo si è riflesso sulla qualità delle leggi, perché
generalmente la fiducia si mette su un solo articolo della legge, non tutta. Ci sono state
situazioni in cui una legge ha un solo articolo, ma tanti commi.

Crisi extraparlamentare: il motivo più frequente per la caduta di un governo. Il Governo dà


le dimissioni dovuta a una crisi interna alla maggioranza, per uscita di una forza da essa
(esempio: crisi fra la Lega di Bossi e Forza Italia di Berlusconi). Per far cadere il governo, può
dimettersi anche solo il Presidente del Consiglio (esempio: Conte in agosto 2019)

FUNZIONE NORMATIVA DEL GOVERNO

Il governo produce norme: il potere legislativo è essenzialmente del Parlamento, ma in tutti


gli ordinamenti il governo ha un ruolo nella produzione di norme.
Questo è un residuo dei tempi in cui c’era solo il Governo e non esisteva il parlamento.
Il governo può produrre norme con

a) disegni di legge,
b) gli atti aventi forza di legge (decreti),
c) i regolamenti.
a) Disegni di legge: il governo è uno dei 5 soggetti che può proporre una legge: avendo la
maggioranza, è quello che ha più probabilità di legge. Quindi esercita un’iniziativa di
legge. (vedi iniziativa legislativa)
b) Decreti-legge e decreti legislativi
Ci sono norme specifiche del governo, gli atti aventi forza di legge. Quando si parla di atti, si
intende che sono prodotti dall’esecutivo, dal governo. Nella gerarchia delle fonti, sono al
primo livello, lo stesso delle leggi, ma non sono leggi. Essi sono il decreto-legge e decreto
legislativo

 decreto-legge
si riferisce ad un’emergenza, serve per scrivere una norma in caso di necessità e
urgenza (o in tutti i casi dove non c’è tempo per seguire l’Iter legislativo). Viene
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale lo stesso giorno che viene emanato/approvato, ma
entra in vigore il giorno dopo. Il testo passa al Parlamento, che ha 60 giorni per
convertirlo in Legge (con i dovuti cambiamenti).
Dei decreti-legge se ne è fatto un abuso per casi di non-urgenza e per velocizzare i
tempi legislativi (casi simbolo sono stati il decreto Berlusconi sulle telecomunicazioni e il decreto
Salva Fede). Dall’altra parte, il Parlamento prorogava il termine di conversione in legge
di altri 60 giorni (si è arrivati a 32 proroghe per un decreto-legge).
Perciò nel 1996 la Corte costituzionale ha eliminato le proroghe del Parlamento: se
non c’è stata la conversione in legge, dopo 60 giorni la legge decade ex tunc (da
allora, il contrario è ex nunc, da ora), ovvero dal momento in cui è stato approvato.
Quindi è come se il decreto-legge non fosse mai esistito: si possono fare ricorsi e si
deve aggiustare ciò che il decreto-legge ha modificato. In realtà, questo avviene nei limiti
del possibile, ad esempio si può richiedere il risarcimento per il pagamento di una multa prevista
dal decreto-legge, ma non si può abbattere una diga se il decreto riguarda le infrastrutture.
 Decreto legislativo
In questo caso tutto parte dal Parlamento. Il decreto-legge è emanato dal Governo
ma su delega del Parlamento: esso emana una legge-delega, che delega il potere
legislativo al Governo. La legge-delega contiene l’oggetto/materia, il termine e le
modalità/principi di attuazione di quella legge: è molto frequente quando il lavoro
è molto tecnico e richiede molta attenzione (ad esempio nelle leggi di bilancio alcuni
ambiti sono affidati al Governo). Infatti, il Governo è altamente specializzato rispetto
al parlamento, che è un organo generico.
Siccome si abusa più del decreto-legge, il decreto legislativo è quello più usato, a
volte lo stesso governo fa scrivere delle deleghe alla maggioranza su ambiti dei quali
si vorrebbe occupare.
 DPCM: decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che il presidente del Consiglio
dei ministri adotta solo per disciplinare determinati ambiti specifici. Il parlamento dà al
presidente del Consiglio dei ministri dei poteri straordinari per situazioni straordinarie,
di emergenza o di urgenza. Non viene firmato dal presidente della Repubblica
c) REGOLAMENTI
Il regolamento governativo è una fonte tipica del governo, nella quale non è coinvolto il
Parlamento come negli atti. Tuttavia, i regolamenti sono di secondo livello nella gerarchia,
rispetto alle leggi e ai regolamenti comunitari, di primo livello. Sono classificati per tipo:
 regolamento esecutivo della legge: mette in esecuzione ciò che la legge dice, non
aggiunge regole, rende la legge applicabile, è una mera esecuzione. (ad. Esempio mette
una data dalla quale le disposizioni sono applicabili)
 regolamento attuativo: aggiunge contenuto normativo alla legge, quindi delle regole.
Esecutivo ed attuativo si mettono sul solco di una legge già esistente, la definiscono.
 regolamenti indipendenti: si approvano in materie non coperte dalla legge, quindi non
conseguono ad una legge. Coprono un ambito per il quale non c’è una legge che lo
copre e sono usati al posto di una legge: la materia è ritenuta secondaria da poter fare a
meno di una legge, quindi al suo posto si preferisce approvare un regolamento.
Tuttavia, alcune materie hanno riserva di legge.
Riserva di legge: la Costituzione riserva alla legge la disciplina di determinate
materie. Nel 1948 si è approvato ciò perché si pensava che la legge fosse più
garantista, tuttavia il procedimento per modificarla è molto lungo. Infatti, nei primi
quarant’anni della Repubblica c’è stato un eccesso di leggi, dagli anni ‘80 si è
cominciato a bilanciare il sistema normativo a favore dei regolamenti (per Craxi certe
cose potevano essere lasciate ai regolamenti)
Il procedimento per approvare un regolamento parte dal Consiglio dei ministri, che
discute e approva la legge. Poi ci sono due controlli da due giudici, uno dal Consiglio di
Stato e l’altro dalla Corte dei conti.
o Il consiglio di stato controlla il contenuto (è un organo ibrido)
o La Corte dei conti guarda se ciò che prevede il governo comporta spese. la
costituzione afferma che qualunque spesa deve essere approvata dal parlamento,
quindi il controllo della Corte dei conti è se esiste una previsione di quelle Spese da
parte del Parlamento, ad esempio in una legge di bilancio.
Quindi, se essa approva i costi, mette il visto e il regolamento procede nel suo iter.
Tuttavia, se non lo approva, lo rimanda al governo che corregge i costi. A questo
punto il governo può riapprovare e la Corte dei conti deve mandare avanti il
regolamento, ma manda un’informativa al Parlamento. Così il parlamento convoca
il Ministro di competenza con un’interpellanza per chiarimenti sui costi.

In generale, si preferiscono i regolamenti alle leggi perché sono più agili.

 Regolamenti di delegificazione: prendono il posto di una legge già esistente


(delegificare: togliere dalla legge e mettere in un regolamento). Per esserci un
regolamento di delegificazione, cioè spostare una materia da una legge ad un
regolamento, deve esser approvata una legge che dichiari che il regolamento
sostituisca la legge su quella materia (gerarchia delle fonti del diritto). Questa legge
dichiara il passaggio della materia dalla legge al regolamento, dalla fonte di primo
livello alla fonte di secondo livello.
Invece i regolamenti indipendenti vivono senza la copertura di legge.

Il regolamento governativo è di secondo livello, ma sta sopra il regolamento ministeriale.

Gli atti e i regolamenti non sono atti propri del governo ma sono emanati come decreti del
PdR. C’è la controfirma del Presidente del Consiglio.
Sono rubricati come decreti del Presidente della Repubblica “D.P.R.” (non D.L.G.S., decreti
legislativi) per una questione di correttezza istituzionale: non è opportuno ci siano norme
di questo tipo intestate al governo, per questo si chiede la tutela del presidente della
Repubblica che firma insieme al presidente del Consiglio e adotta formalmente questi
decreti. La responsabilità politica di questi decreti è del PCM: il decreto è preso in carica da
Mattarella ma le scelte sono di Conte.

MINISTERI

L’art.95 della Costituzione dice che la legge determina il numero, le attribuzioni e


l’organizzazione dei ministeri. Fino al 1999 questo non è stato fatto: il sistema era
fortemente proporzionale, c’erano tanti partiti, perciò il numero dei ministeri cambiava per
accontentarli tutti, quindi l’argomento dei ministeri era di negoziazione politica. Dal ‘99 si
passa al sistema maggioritario e si arriva a definire il numero dei ministeri con molte
riforme: il dlgs stabilì il numero di 12 ministeri. Con Berlusconi si passò a 14: furono
separate le infrastrutture dalle telecomunicazioni. In generale ogni governo può cambiare
il numero e l’attribuzione dei ministeri anche a suo favore, sempre stando all’interno della
legge.

I ministeri sono strutturati o a dipartimenti o a segretario generale:

 Dipartimenti (la struttura dei dipartimenti è la regola).

Il ministero è composta da sotto-dipartimenti: “essi sono una struttura autonoma a cui


sono attribuiti compiti finali concernenti grandi aree di materie omogenee e i relativi
compiti strumentali, compresi quelli di indirizzo e coordinamento delle unità di gestione in
cui si articolano i dipartimenti stessi, quelli di organizzazione e quelli di gestione delle risorse
strumentali, finanziarie ed umane ad essi attribuite”.
Il ministero a dipartimenti è composto da un ministro, sotto tanti ambiti che si occupano
ognuno di cose diverse: ad esempio sotto il Ministro degli interni c’è il dipartimento
d’immigrazione; dell’ordine pubblico e dell’anagrafe e censimento. Quindi è composto da
tanti settori, strutture parallele e blocchi, ognuno con un suo capo amministrativo (non
politico): da ciò si evince la specializzazione del lavoro governativo, per il quale ci rivolge
direttamente al dipartimento d’interesse,

 Segretariato generale (la struttura del segretariato generale è l’eccezione)

Il segretariato generale alle dirette dipendenze del ministro: c’è una figura unica che
gestisce tante direzioni: il sistema è più verticistico e gerarchico e serve per un’azione più
unitaria, dove c’è bisogno di più omogeneità al comando. ad esempio sulla difesa, affari
esteri e beni culturali

“Il segretariato assicura il coordinamento dell’azione amministrativa. Provvede


all’istruttoria per l’elaborazione degli indirizzi e dei programmi di competenza del ministro.
Coordina gli uffici e le attività del ministero; vigila sulla loro efficienza e rendimento e ne
riferisce periodicamente al ministro. Quindi non è autonoma funzionalmente.”

 Strutture ministeriali centrali e periferiche


 Agenzie

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Figura super partes ma non neutrale o che non entra mai in campo, viene eletto per 7 anni
(settenato) dal voto delle camere in seduta comune, in plenum. Le due camere possono
sedere assieme a Montecitorio, la sede della Camera dei deputati (sede del senato:
Madama, PdR Quirinale, Farnesina: Esteri.)

Il metodo di elezione è particolare: il PdR viene eletto nei primi due giri di Voto raggiunti i
due terzi. (si volta la prima volta, se non si raggiungono i due terzi si vota una seconda
volta) Successivamente si passa a maggioranza semplice se non viene fuori un nome nei
primi due giri di voto.

Il PdR ha due responsabilità specifiche: può essere accusato di attentato alla costituzione e
alto tradimento. A mandarlo a giudizio/promuovere l’impeachment può essere un certo
numero di parlamentari, a svolgere il processo è la Corte costituzionale.

 Attentato alla costituzione: comportamento del PdR contrario alle norme della
costituzione.
 Alto tradimento: comportamento contro la Costituzione ma tenuto a favore di un altro
paese. Tradimento dell’Italia per un altro paese.

Attribuzioni nei 3 poteri

Pur essendo terzo/sospeso dalle parti, il Presidente della Repubblica ha qualche funzione in
ognuno dei poteri fondamentali, in qualche modo prende parte a potere
legislativo/esecutivo/giudiziario
A. di natura legislativa:
 promulga leggi e nomina Senatori a vita,
 indice le elezioni.
 Convoca la prima seduta delle Camere dopo le elezioni, dopo la conta dei nomi, e le
convoca in plenum
 Autorizza la presentazione alle Camere dei progetti di legge del Governo.
Perché il governo faccia qualcosa in campo legislativo, c’è sempre la mediazione del
Presidente della Repubblica.
A. di natura esecutiva:
 nomina il capo del Governo, PCM, e sotto proposta di quest’ultimo nomina i
Ministri.
 Gli atti legislativi del Governo li fa suoi decreti.
 è il capo/presidente delle Forze Armate. Questa è una funzione attiva svolta in
particolare nel caso di stato di guerra, che viene dichiarato dal Parlamento.
A. di natura giudiziaria:
 È a capo del CSM, Consiglio Superiore della Magistratura
 Nomina 5 giudici della Corte costituzionale
 Concede grazia e commuta/cambia le pene.
Grazia: hai ancora la colpa, ma non più la pena.
Amnistia e indulto: fuori dal carcere e non hai più la colpa. Servono a terminare le
pene dei reati minori delle persone in galera, per sovraffollamento delle carceri

CORTE COSTITUZIONALE

La Corte costituzionale è il custode della Costituzione, cioè è il giudice che valuta se le leggi
sono rispettose di quanto dice la Costituzione. Presidia la gerarchia delle fonti che pone al
primo posto la Costituzione. Guarda che le fonti sottostanti siano rispettose della fonte
sovrastante (gerarchia delle fonti). La Costituzione è aperta, quindi la Corte costituzionale si
fa garante di un’interpretazione che la rende attuale.

La nostra ha caratteristiche diverse dalle altre Corti Costituzionali.


In Italia, il controllo costituzionale non è diffuso, ma è centrato nella Corte: l’accesso alla
Corte per discutere la costituzionalità non è consentito ai cittadini e al Comune, solo
Regioni e Organi dello Stato possono mettere in discussione la costituzionalità di una
legge.
Quindi la Corte costituzionale italiana non è ad accesso popolare
Invece negli USA c’è una Corte costituzionale in ogni Stato, mentre la Corte Suprema è composta da 9 giudici
nominati dal Presidente in carica: una volta che uno dei giudici muore, viene sostituito dal presidente. In USA ogni
cittadino può discutere la costituzionalità di qualche legge .

Il ruolo fondamentale della Corte costituzionale è di custode del testo costituzionale.


È composta da 15 giudici:

 5 scelti dal PDR,


 5 dalle Camere,
 5 dalle Supreme Magistrature, cioè dai magistrati di livello più alto:
 3 dalla Corte di Cassazione.
 1 dal Consiglio di stato.
 2 dalla Corte dei conti.
Ogni giudice dura in carica 9 anni.

Funzioni della Corte Costituzionale:

 Compie il giudizio penale su Presidente della Repubblica (individua l’attentato o l’alto


tradimento).
 Pronuncia l’ammissibilità dei referendum (nel merito del quesito il controllo è da parte
della Corte costituzionale, mentre c’è un controllo formale della lista delle firme
dall’Ufficio Centrale per Referendum della Corte di Cassazione,)
 La ragione per cui esiste la Corte costituzionale è il controllo la legittimità delle leggi e
degli atti con forza di legge, quindi controlla che le fonti primarie siano rispettose delle
norme della costituzione. La Corte costituzionale è il giudice delle leggi.
Il controllo della legittimità delle leggi può avvenire per via diretta o per via incidentale
 In via diretta: Coinvolge organi dello Stato e regioni e si tratta di un conflitto di
competenze fra loro su a chi spetta fare una determinata legge (gli unici soggetti che
possono andare davanti alla Corte costituzionale, in quanto che le regioni fanno leggi)
Quindi il conflitto di competenze riguarda le leggi e può essere di vario tipo: può
accadere un conflitto di competenze interno allo stato ovvero fra 2 organi dello
stato (viene fatta una legge che uno dei due ritiene che sia di sua competenza), fra 2
regioni, o prevalentemente una regione contro lo Stato.
 In via incidentale / indiretta: durante un processo, una delle parti del processo
riferisce al giudice che sta applicando una norma che ritiene incostituzionale: questo
è un incidente processuale, perché arresta il processo in corso. Per questo si fa
ricorso in via incidentale alla Corte costituzionale. Da questo il giudice “a quo” (“dal
quale” può partire la questione sulla costituzionale) fa due valutazioni/controlli:
1. Rilevanza della norma: valuta se la norma accusata di essere incostituzionale
trova effettivamente applicazione nel processo che si sta svolgendo (ci possono
essere casi in cui gli avvocati possono inventarsi incidenti processuali)
2. Consistenza della norma: valuta se effettivamente c’è un dubbio sulla
costituzionalità di quella norma. Quindi il giudice valuta la rilevanza della
norma e la consistenza del sospetto di incostituzionalità, quindi se c’è un fumus
boni iuris, ovvero l’esistenza di sufficienti presupposti per l’incostituzionalità.

Se ci sono entrambe le condizioni, rilevanza e consistenza, per l’incostituzionalità, il


giudice manda la questione alla Corte costituzionale.

 Risoluzione dei conflitti di attribuzione: è simile al conflitto di competenza, che agisce


su questioni legislative. La differenza è che i conflitti di attribuzione riguardano gli stessi
soggetti, stato o regioni, ma non per questioni legislative (programmi, piani, direttive,
sui quali vi erano conflitti fra Regioni e Stato durante il lockdown, ad esempio
sull’apertura dei ristoranti.)
Tipi di sentenza della Corte costituzionale
Davanti ad una questione di un giudice a quo, le sentenze della Corte costituzionale
possono essere di accoglimento oppure di rigetto.

 Con una sentenza di accoglimento la corte accoglie l’idea che la norma sia
incostituzionale. Quando la corte accoglie la questione, la norma in questione è
dichiarata incostituzionale: dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza la
norma decade dall’ordinamento giuridico, cioè viene cancellata.
 Quando la Corte ritiene non fondata l’idea che ci sia incostituzionalità, essa respinge la
questione, quindi dà una sentenza di rigetto.
 Le sentenze di rigetto possono essere anche sentenze “interpretative” di rigetto, cioè
la legge non è considerata incostituzionale se interpretata in un certo modo. Secondo
la corte, il dubbio di legittimità si basa su una cattiva interpretazione della norma.
Quindi la Corte dà l’interpretazione secondo Costituzione, che è l’unica possibile,
perché “salva” la norma dall’incostituzionalità.
(es. libertà di manifestazione del pensiero. La corte interpretando quella norma ritiene che l’ordine dei
giornalisti debba esistere se assicura la professionalità di chi sta scrivendo su quel giornale. Ma non serve
essere giornalisti se si vuole scrivere su un giornale, si può essere pubblicisti, praticanti ecc.)
 La sentenza monito invita il legislatore a rendere la norma conforme alla Costituzione
entro un determinato periodo di tempo e secondo determinati criteri. (es. Dj Fabo e
Marco Cappato). Ammonisce il Parlamento, se non interviene, interverrà la Corte
Costituzionale.

MAGISTRATURA
La magistratura esercita il potere giudiziario, il terzo potere. È un potere autonomo, in
quanto è unicamente sottoposta alla legge. Inoltre, vi si accede tramite concorso.
Quindi a differenza delle altre istituzioni, non è elettiva e non è sottoposta ad un governo o
ad una linea politica / un programma. Se il politico sceglie di cosa occuparsi prima secondo
la propria linea politica, per la magistratura qualunque fatto è ugualmente rilevante e non
ha priorità.
Il secondo principio è che la giustizia si esercita in pubblico nel nome di tutti i cittadini
italiani. Questo è soprattutto vero per la giustizia penale.
Il terzo è il principio del giudice naturale o della precostituzione del giudice: nessuno può
scegliere il giudice davanti al quale è giudicato e il giudice non può scegliere le cause di cui
si occupa. Il giudice di un processo viene scelto secondo una rotazione/meccanismo, ma
esso può essere specializzato in determinate tipologie di cause.
Il principio alla difesa afferma che ciascuno ha diritto ad essere rappresentato da un
tecnico davanti alla Magistratura e viene garantito ai più deboli con l’avvocato d’ufficio.
Ognuno ha diritto ad almeno due gradi di giudizio. Il giudizio non è secco, ma che ci sia la
possibilità di chiedere un riesame di esso.

Magistratura Giudicante Colonna sinistra: ci sono giudici davanti ai quali si va la prima volta
che si viene giudicati, per il secondo grado e poi c’è al terzo grado la corte di cassazione

CORTE DI CASSAZIONE
Si trova al terzo grado di giudizio. Nei primi due gradi i giudici esaminano i fatti e applicano
le norme, quindi ci può essere mancanza di prove e di fatti, falsa identificazione, falsa
applicazione delle norme. (non si sono rappresentati tutti i fatti per mancanza di prove aggiunte nel
secondo grado, non si sono applicate le norme giuste, l’applicazione delle norme è stata interpretata male )

Al terzo grado di giudizio la Corte di Cassazione non considera più i fatti, ma valuta se i
giudici nei primi due gradi hanno applicato correttamente le norme. Compie soltanto un
lavoro giuridico sull’applicazione pura del diritto, è il giudice della legittimità e
dell’interpretazione. Corte costituzionale giudice delle leggi

Magistratura giudicante Colonna di destra: la magistratura giudicante ha senso nella


giustizia penale, perché in questo diversi giudici fanno diversi lavori. In destra la
magistratura inquirente fa le indagini, inquisiscono: vengono chiamati Pubblici Ministeri, il
district attorney, quello che si elegge negli USA è il capo magistratura che fa le indagini e nel
processo penale sostiene l’accusa. Quando si va a processo, il procuratore distrettuale si
trova davanti a giudici più grandi, perché negli USA la magistratura giudicante è anziana,
alla fine della carriera. Invece in Italia vinci un concorso, entri in magistratura e puoi
diventare o giudicante o inquirente. La destra chiede separazione delle carriere fra PM e i
giudici dei tribunali. Pm ordinano ai carabinieri di fare arresti, mentre i magistrati giudicano
le prove che li portano anche questi magistrati.

Differenza fra giustizia civile, penale o amministrativa: le sanzioni.

Non tutti i processi sono affidati ad una sola tipologia di giudici, ciò che distingue questi tre
tipi di giustizia sono le sanzioni. Ad esempio, investimento di un anziano. C’è la sanzione amministrativa (la multa),
poi scatta il processo penale per danno alla persona e la famiglia chiede il risarcimento dei danni con un processo civile.

 Civile: lite fra due civili, ognuno dei quali vanta un diritto che l’altro nega. Le prove sono
portate dai due civili, quindi subentra solo la magistratura giudicante. La sanzione è
monetaria: si risarcisce il danno ingiusto (fisico, psicologico, economico, anche per lucro
cessante = mancato guadagno o perdita economica)
 Penale: si tratta di un comportamento illecito contro la comunità, considerato reato
perché presente nel Codice penale. Ci sono 3 possibili sanzioni penali: l’ammenda, la
detenzione, l’ergastolo.
 Amministrativa: è contro regole che pongono organismi amministrativi, la sanzione è la
multa (mancato pagamento delle tasse o del parcheggio)

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Il CSM è l’organo di autogoverno della magistratura. È composto da 27 membri:

 3 membri di diritto: il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il primo presidente


della Cassazione, il Procuratore generale della Corte di cassazione;
 24 membri elettivi:
o 16 eletti dai magistrati ordinari, sono detti membri togati e rappresentano i 2/3
o il restante terzo (8 membri) è eletto dal Parlamento in seduta comune. Sono
detti membri laici e sono scelti tra i professori di diritto ordinari di Università e
avvocati che esercitano la professione da almeno quindici anni.

Il CSM è competente in ordine all’adozione di tutti i provvedimenti che riguardano la


carriera e lo status dei magistrati ordinari. Quindi

 fa le assunzioni dei magistrati


 fa le assegnazioni e i trasferimenti alle diverse sedi (Falcone fu spostato da Palermo
a Roma).
 Presiede alla carriera dei candidati e fa anche le promozioni ai vari ruoli o le
specializzazioni su varie posizioni.
 Si occupa delle sanzioni nei confronti dei magistrati.

Tutti i provvedimenti del CSM assumono la veste formale di decreti del PdR, tranne quelli
disciplinari, che possono essere contestabili davanti alla corte di Cassazione.

ENTI TERRITORIALI

L’Italia ha scelto una soluzione di mezzo fra paese unitario e federale. Infatti, in Italia solo lo
stato è sovrano, ma da sempre conosciamo un fortissimo ruolo dei nostri comuni e il nostro
paese ha da sempre una storia che passa per le differenze delle città. All’estero l’italia non è
rappresentata solo con Roma, ma con varie città .
Inoltre, quando l’Italia è stata unificata (nel 1860 con la presa di Roma), Cavour ha trattato
tutta la penisola come fosse il Piemonte, quindi si è verificata la piemontesizzazione
dell’Italia: il sud trovava problemi perchè aveva abitudini governative diverse, quindi si sono
sviluppati fenomeni di brigantaggio.
Nella scrittura della Costituzione alcuni sostenevano si dovesse dare una diversificazione
alle regioni e l’elezione su base regionale del Senato. Articolo 5 Costituzione
Per questo si riconosce un’autonomia maggiore alle amministrazioni locali:

le province e i comuni tornano autonomi e eleggono il loro rappresentante, il sindaco.


Nascono le regioni: si verifica un decentramento dallo Stato sul territorio (lo Stato manda i
suoi rappresentati nei vari territori)
Inoltre riconosciamo alle autonomie locali autogoverno politico: si crea un potere locale,
che ha il vantaggio del fatto che il popolo è fisicamente più vicino al sindaco, che può
risolvere più facilmente i problemi. Vi è una migliore amministrazione delle cose: l’80%
della nostra vita dipende dal comune dove abitiamo.
Riconoscendo le autonomie locali, lo stato dà ad esse il modo di rappresentarsi
politicamente. Gli enti territoriali hanno una loro formazione politica; Il sistema elettorale
per le regioni ed i comuni è diverso da quello Statale, così come è diversa la forma di
governo: è modello che assomiglia a quello presidenziale, infatti eleggiamo sia il consiglio
regionale/comunale sia il presidente di Regione/sindaco.

Fino al 2001 si risentiva una sorta di scala di importanza per la quale c’era prima lo Stato,
poi regioni, poi i comuni. Nel 2001 c’è stata una riforma della Costituzione, nella quale è
stato chiarito che questa gerarchia non esiste; il nostro è un sistema a multilevel
governance, nella quale non c’è una supremazia dello Stato sulle autonomie locali, si
distinguono solo in base alle loro funzioni (Articolo 114 Costituzione)
ad esempio, le Regioni si occupano in gran parte della Sanità, il resto lo fanno i comuni,
come il trasporto locale, smaltimento dei rifiuti, politiche abitative e di welfare…
Pluralismo paritetico: ci sono più livello di governo sullo stesso piano d’importanza che
però fanno cose diverse con mezzi e strumenti diversi.

C’è anche una produzione legislativa delle Regioni. Non solo i costituenti decidono di dare
corpo alle autonomie, ma gli danno anche la possibilità di farsi delle leggi. Tra le leggi dello
Stato e delle autonomie locali c’è una divisione in base nelle cose che fanno / alle
competenze, ma nella gerarchia delle fonti del diritto sono pari.
22 luoghi del sistema italiano in cui si producono norme: 21 regioni, ma Trento e Bolzano
hanno due provincie diverse. Ogni norma ha uno spazio di efficacia diverso: le leggi dello
Stato valgono per tutto lo Stato, le leggi regionali solo per quella regione.

Solo per le 15 regioni a statuto ordinario, l’articolo 117 specifica per ogni materia chi ha la
potestà legislativa: sia le Regioni sia allo Stato, nel rispetto della Costituzioni, dei Trattati
comunitari e degli obblighi internazionali.
Tuttavia alcune materie sono di legislazione esclusiva dello Stato: ci sono ambiti di cui si
occupa solo lo Stato, non le regioni (questione internazionali, giurisdizione, moneta ecc.)
In particolare, l’articolo 117 determina che bisogna assicurare il livello minimo delle
prestazioni sui diritti civili e sociali, quindi ogni cittadino ha diritto ad uno stesso livello di
prestazione sanitaria, di costo dei servizi ecc.: nell’ambito dei poteri, si possono fare scelte
diverse di organizzazione, ma bisogna assicurare il livello minimo di ogni diritto in egual
modo a tutti i cittadini.
Materie di legislazione concorrente
Per le materie di legislazione concorrente, lo stato detta i principi fondamentali, ma il
resto è deciso dalla Regione: lo Stato concorre con la Regione su queste materie, ma essi si
dividono per tipi di norma. Si dice che la Stato fa la legge cornice e la Regione fa legge
quadro. I principi fondamentali sono decisioni più concrete, ad esempio come è fatto lo
yogurt. Una delle materie concorrenti è l’ordinamento della comunicazione
Tutto ciò che non è competenza dello stato va alle Regioni: significa che la base della
legislazione è la Regione (questo è stato affermato con la riforma del 2001)
La tutela dell’ambiente è compito solo Statale (ma in realtà gran parte della competenza è anche dell’Europa e dei
trattati internazionali). La costituzione afferma che questa non è una materia, ma un principio. La tutela
dell’ambiente è un “cavallo di troia” perché con essa lo Stato può entrare nelle regioni a dire la sua, l’ambiente può
c’entrare con tutto (esempio: trasporti)

Autonomia differenziata
Se la regione si sente pronta può chiedere più autonomia allo Stato, specialmente nelle
materie concorrenti e in alcuni termini nelle materie esclusive dello Stato: ottiene
l’autonomia differenziata. (Art.116)
Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna l’hanno richiesto: hanno posto un referendum e hanno posto richieste molto
stringenti, ma ci si è trovati davanti a diversi problemi. Lo Stato centrale non voleva mollare per un problema
economico (ad esempio di tasse, se sarebbero rimaste nel territorio o sarebbero state distribuite). Al momento la
situazione è ferma per incomunicabilità.

REGIONI A STATUTO SPECIALE


Le regioni a statuto speciale sono 5:

 Sicilia
 Sardegna
 Valle D’Aosta
 Trentino-Alto Adige
 Friuli-Venezia Giulia

Sono dette a statuto speciale perché sono approvati con legge costituzionale (gli statuti
delle regioni ordinarie sono approvate dal consiglio regionale), che vale come la
costituzione e hanno nei loro statuti l’elenco delle materie di cui si occupano.
Tuttavia, le legge costituzionali sono approvati dal parlamento, quindi è il Parlamento che di
fatto ha scelto le materie da mettere. Inoltre, materie sono state scelte negli anni ’60,
quindi dopo la lista del 2001 le regioni ordinarie hanno competenza su più materie di quelle
speciali.

ENTI LOCALI: Province e Comuni

Le fonti comunali e provinciali sono gerarchicamente subordinate alla legge. Il ruolo delle
amministrazioni locali è più di governo, che di regolazione, che avviene a livello Statale e
Regionale.
Province: nel 2014 sono state introdotte 10 città metropolitane, cioè a regolazione
differenziata: sono agglomerati che dovrebbero far lavorare più compattamente i comuni al
loro interno. Le province hanno una regione di autonomia molto basso (le cose più
importanti sono la manutenzione scolastica e stradale). La Provincia non è più elettiva dalla
riforma del 2014, ma è un ente a legittimazione indiretta/secondaria: gli organi provinciali
sono scelti dai sindaci e consiglieri comunali fra di loro (la giunta provinciale è composta da
sindaci e consiglieri comunali della provincia)
DIRITTO ALL’INFORMAZIONE
La base è l’articolo 21 della costituzione, nella seconda parte (diritti e doveri dei cittadini).
È articolato in 6 commi
1. Il primo comma afferma il diritto di manifestazione del proprio pensiero.
2. Commi 2-3-4-5: 4 commi contengono i principi generali sulla stampa.
3. Comma 6: l’ultimo comma contiene il limite del buon costume alla manifestazione di
pensiero.
È una norma imperfetta, in quanto
guarda al passato: si focalizza molto sulla stampa e non sugli altri media;
inoltre, non tutela la dimensione passiva (essere informato) e riflessiva (informarsi)
dell’informazione, ma solo quella attiva (libertà di informare qualcuno)
In questo senso, è meglio dello Statuto Albertino del 1848 ma è peggio della dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo (1948) o della costituzione tedesca (1949).
L’articolo 21 è meglio dell’art.28 dello Statuto Albertino: esso era flessibile, per questo il
monarca poteva modificarla spesso. Ciò si riflette nella norma riguardante la libertà di
manifestazione del pensiero, che presenta alcuni problemi:
 di sintassi: non si usa mai il futuro in
una norma.
 di profilo giuridico: la flessibilità
della costituzione fa avere paura
dell’approvazione di una legge per vincolare le libertà di stampa.
(“ma una legge ne reprime gli abusi”)
L’articolo 21 è peggiore rispetto alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) o
alla costituzione tedesca (1949):
 La Costituzione Tedesca si parla di una tutela dell’informazione anche nella forma
riflessiva (cercare informazioni, informarsi).
 La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è la più completa, perché tutela
l’informazione anche nella forma passiva (libertà di ricevere informazioni).

Libertà di manifestazione del pensiero, articolo 21.

Quando fu scritta questa norma, l’idea di informarsi inizialmente era pensato come
qualcosa riservato a pochi (insegnanti. Ricercatori, ecc. Per questo la Corte costituzionale ha
fatto nel tempo un lavoro interpretativo.
Questo diritto emerge quando il pensiero occidentale raggiunge una consapevolezza: tutti
siamo esseri ugualmente razionali; fino all’illuminismo c’era una verità scientifica e una
religiosa (es. censura su Galileo e G. Bruno: la nuova scienza e filosofia di quel secolo
vengono negati). Invece l’illuminismo fa passare l’idea che c’è più di una verità perché ogni
individuo, in quanto razionale, è capace di scelta e comprende diversamente la realtà. Se ci
sono più verità devono essere ugualmente espresse, quindi ciascuno ha il diritto di
manifestare il proprio pensiero.

La libertà di pensiero viene interpretata in due modi diversi dalle due rivoluzioni borghesi,
dalla Rivoluzione francese e dalla Rivoluzione americana:

 La posizione francese è personalistica: vede la dignità dell’uomo completarsi con la


manifestazione di ciò che pensa, al centro vi è la persona.
 Gli americani nella loro costituzione danno alla libertà di manifestazione del pensiero
un valore strumentale: essa serve alla democrazia che stavano costruendo, a
confrontarsi sulla vita pubblica e scegliere al momento delle elezioni, consentendo
sfida fra diverse forze politiche.

La nostra Costituzione mette insieme la radice personalistica francese con quella


strumentale americana e lo fa soprattutto perché mette in risalto la stampa.

Commi 2-3-4-5 dell’Art.21

2. Dice che non ci possono essere censure sulla stampa, né su quella periodica né su quella
editoriale (libri). Negare la censura significare negare anche qualsiasi forma di controllo
preventivo sui contenuti e sulle informazioni, qualsiasi blocco preventivo della stampa,
qualsiasi autorizzazione.
3. Invece è possibile sequestrare un periodico o libro: il sequestro avviene dopo la
diffusione e consiste nel ritiro dalle librerie o dalle edicole.
Si può fare un sequestro solo per due motivi: se lo autorizza un giudice oppure nei casi
in cui la legge espressamente lo autorizza.
4. Prevede un’eccezione al terzo comma: se vi è assoluta urgenza e non vi è tempo di
avere l’autorizzazione del giudice, è la polizia giudiziaria che procede al sequestro.
Effettuato il sequestro, esso va comunicato alla magistratura non oltre le 24 ore e il
giudice ha altre 24 ore per convalidarlo.
5. Prevede che siano noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica: sapere di chi è
un giornale ci fa sapere che influenze hanno e quali sono i suoi orientamenti.
Corriere della sera appartiene a Urbano Cairo, il proprietario di La7 e presidente di Torino. Agnelli, il Presidente della Juve è
proprietario della La stampa con Gedi Editoriale, lo stesso gruppo ha acquistato La Repubblica.
Il fatto quotidiano e Il Foglio appartengono a un collettivo di giornalisti.
Il giornale e libero sono di Mediaset, quindi della famiglia Berlusconi.
Il sole 24 ore è di Confindustria, giornale degli industriali.

Connessioni dell’articolo 21: Art. 8 e Art.21


L’articolo 21 si pone al centro di una serie di norme: l’articolo 8 sulla libertà religiosa e l’art.
18 sulla libertà di associazione.

Articolo 8: Libertà religiosa, connesso all’articolo 21


Storicamente molta libertà del pensiero è stata legata alla libertà di religione.
Nella parte dei diritti fondamentali, l’art.8 della Costituzione afferma la libertà religiosa e
garantisce 3 azioni: di credere in ciò che si vuole, di predicarlo e di cercare di convertire le
persone al proprio credo nei limiti di ciò che il nostro ordinamento ammette come
legittimo. La libertà religiosa implica contemporaneamente il diritto di non credere.

Art.18: libertà di associazione


Articolato in due commi, afferma che l’associazione è libera per potersi confrontare e
parlare su uno scopo comune: la caratteristica dell’associazione è la sua permanenza nel
tempo.
Ci sono due limiti: nel primo comma, è detto che ci si associa per finalità non vietate dalla
legge (le associazioni mafiose e fasciste sono reato.).
Nel secondo comma, si dice che sono proibite le associazioni segrete e quelle che
perseguono anche indirettamente scopi politici mediante organizzazioni militari. E’ stato
spiegato in una legge costituzionale di integrazione: non sono vietate tutte le associazioni
segrete, ma è vietata la segretezza funzionale al sovvertimento dello Stato (scaturisce dal
caso della loggia p2, che è vietata, ma non i partiti, che sono segrete non pubblicano le liste
dei loro iscritti)
La riunione/incontro è diversa dall’associazione, perché è temporanea.
Ci sono 3 tipi di riunioni:
 In luogo privato, che è sempre possibile in quanto sotto il controllo di soggetti specifici,
non dello Stato (viene vietato con la Covid ma è del tutto eccezionale)
 in luogo aperto al pubblico ma sottoposto alla vigilanza di qualcuno (es. lezioni)
 riunioni in luogo pubblico come i comizi. Queste possono essere vietate solo per motivi
di ordine pubblico o di sicurezza e necessitano del permesso del prefetto.
Le riunioni occasionali, gli assembramenti, non hanno bisogno del permesso del
prefetto (ad esempio l’incontro per strada, salvo regole sanitarie
sull’assembramenti).
La manifestazione viene vista come una riunione in movimento, non in luogo fisso.
Art. 49 e 39: disciplina particolari tipi di associazione, il partito e il sindacato (vedi prima)
La libertà artistica è considerata una libertà diversa rispetto a quella di manifestazione del
pensiero: c’è una specificità del messaggio artistico rispetto alla comunicazione normale.
Prima l’articolo 33 veniva visto che figlio dell’articolo 21.

Estensione della libertà di manifestazione del pensiero

Estensione soggettiva significa che TUTTI sono titolari del diritto, anche chi non ha la
cittadinanza italiana: la libertà di manifestazione del pensiero è una condizione insita
nell’essere umano (la Costituzione specifica quando il diritto è riferito ad una parte di
popolazione, come i cittadini o lavoratori).
Ci sono due categorie professionali che hanno più libertà degli altri in questo senso:
i membri del Parlamento e i consiglieri regionali, che sono insindacabili nell’esercizio delle
loro funzioni (Art. 68 e 122). Invece I cittadini normali, quindi anche i giornalisti, sono
perseguibili per le opinioni che esprimono (ad esempio per vilipendio alla bandiera, al capo di Stato)

Estensione oggettiva si chiede in che cosa consiste il diritto

La norma costituzionale è molto generale e letteralmente intende che posso manifestare


solo il pensiero (non emozioni, storie ecc.). La Corte costituzionale ha poi precisato a cosa si
riferisce il pensiero per estensione, valutando ciò che è ammissibile e ciò che non lo è:
l‘articolo non vieta l’istigazione alla guerra e non vieta il reato di istigazione alla diserzione.
(sentenza della Corte costituzionale del 27 febbraio 1973)

LIMITI DELLA LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO.


Nella prima sentenza della Corte costituzionale (sentenza n.1 del 1956) ha ricordato che i
diritti non sono illimitati o assoluti, bensì ogni diritto ha i propri limiti / evoca i propri limiti.
Inoltre, se è un diritto costituzionale, i limiti devono essere di livello costituzionale:
un diritto riconosciuto in una norma di primo livello non può essere limitato da una
norma di secondo livello.
Tuttavia, la costituzione è un testo aperto, che assorbe nuovi diritti che emergono dalla
società: ogni diritto deve coesistere con altri diritti del testo costituzionale ad esso collegati.
Come ogni diritto, la libertà di manifestazione del pensiero ha un limite esplicito e impliciti.
 Il limite esplicito è nel buon costume perché riferito al comma 6 dello stesso articolo.
 I limiti IMPLICITI non sono scritti esplicitamente nell’articolo 21, bensì implicitamente
derivano dal testo costituzionale e da altri diritti costituzionali:
possono essere relativi ai privati o all’interesse di ordine pubblico
Limiti impliciti relativi alla vita privata possono derivare dai diritti alla dignità delle persone, alla riservatezza, all’immagine.
Limite esplicito e limiti impliciti possono essere presenti nelle varie forme di comunicazione:
cronaca, critica, satira, pubblicità

LIMITE ESPLICITO: IL BUON COSTUME


Oltre che nell’art.21, il limite del buon costume risiede in due campi:
1. nella relazione fra privati, ovvero nel diritto civile, in quanto limita la firma di certi
contratti basati ad esempio sulla vendita del corpo
2. nel Codice penale (ART. 529)

Art. 529 C.P.: limite del buon costume nel Codice penale

1° comma:
abbiamo il dovere di attenerci al senso medio
di tolleranza perché è difficile portare a regola
la morale individuale. Se noi ci attesteremo su di
esso, ci ribelleremo al livello più bigotto
possibile: non tuteleremmo il dissenso, la
sperimentazione, l’anticonformismo.

2° comma: la libertà di manifestazione


artistica è distaccata dall’Art. 21, (in precedenza non lo era). L’arte non ha il limite del
buon costume perché usa un suo linguaggio proprio, diverso da quello dell’ordinaria
informazione (il porno può essere un’espressione artistica); la Corte costituzionale si allinea
a questo pensiero e arriva a sostenere che “l’arte non è mai oscena”. (vedi articolo 33)

Ci sono tolleranze diverse per pubblici e linguaggi diversi. In certi casi, fra osceno e buon
costume si pongono altri elementi che fanno abbassare la soglia della tolleranza, come la
religione o l’età: se il pubblico è minorenne la tolleranza è ancora minore secondo la nostra
Costituzione, che ritiene gli adolescenti non dotati degli strumenti per poter comprendere
violenza o scene erotiche.

La nostra concezione di osceno ha in gran parte a che fare con la sessualità: viene da
chiedersi perché da sempre non c’è tutta questa attenzione per la violenza.

Il concetto dell’osceno è soggetto a:

 EVOLUTIVITÀ: il concetto cambia nel tempo e nello spazio. Ci sono stati sequestri di film
in aree particolarmente conservatrici. Un esempio di evolutività del concetto di osceno è
relativo a Ultimo Tango a Parigi, film molto passionale: è stato prima censurato dal
Tribunale di Roma e poi rimesso in circolazione. Tuttavia non per forza l’evoluzione va
verso l’apertura (certe scene di nudità, satira impegnativa, violenza estrema…che
passano in tv anche in mezzo a programmi o fasce orarie da cui possono passare anche
bambini; una volta non era così. Allo stesso tempo però alcune vignette di satira oggi
non sarebbero possibili
 NECESSARIA PUBBLICITÀ: un atto o un oggetto per essere considerati osceni devono
essere esposti e visibili, ovvero è l’esposizione ad occhi che non vogliono vedere quella
cosa a renderla oscena (tra due adulti consenzienti nulla è osceno nella loro intimità,
perché non esposto) Anche l’auto è considerato luogo privato, ma dipende dove l’auto è parcheggiato,
Mettere i giornali sui finestrini è considerato istigazione a delinquere, perché attira il passante e segnala l’atto
osceno. Ad esempio, le edicole, che una volta erano il luogo principale per acquistare riviste porno, tenevano
queste riviste separatamente.

Un altro elemento è il Contesto ambientale: il pudore è ricollegato al contesto ambientale,


in cui l’atto osceno si manifesta, quindi non c’è reato di atto osceno quando il pubblico è
avvertito della presenza di esso in un determinato luogo o prodotto, quindi accetta o
gradisce la sua visione. (es. locali erotici). In questo senso ci sono state 3 sentenze della
Corte di Cassazione:
1. Esibizione di immagine pornografica davanti a dei bambini da parte di un anziano: reato, perché rivolto a una
fascia sensibile, i minori
2. Signore che compie un atto di masturbazione in un bagno maschile nell’imprevedibile presenza di una donna:
reato, perché il contesto favorevole all’atto (la masturbazione) viene modificato dalla presenza della donna

In questi casi, con un concetto poco definibile come l’osceno, l’interpretazione della
giurisprudenza è importante: nel rendere pubblico un determinato evento è importante
con quale mezzo lo si fa e il contesto con il quale lo si pubblico. Ad esempio, Netflix ha più
libertà nella diffusione di immagini oscene (violente/sessuali) nelle sue serie tv rispetto alla
normale tv perché è una piattaforma che prevede una scelta del prodotto e ha una
fruizione diversa, non imposta.

Buon costume nella libertà di manifestazione artistica e scientifica


La libertà artistica e scientifica è specifica rispetto alla libertà di pensiero e viene assicurata
dall’art. 33 (oggi è considerata una libertà diversa dall’Art. 21, non una sua connessione) . Tuttavia, è
vero che l’arte include e reinterpreta l’osceno (violenza e sesso), ma ha anch’essa ha il
limite del buon costume nel 6° comma dell’Art.21: esso proibisce gli spettacoli osceni
anche se sono manifestazioni artistiche.

LIMITI IMPLICITI alla libertà di manifestazione del pensiero


I limiti IMPLICITI sono originati dal “metodo del bilanciamento”: stabilito dalla Corte
costituzionale nella sua prima sentenza storica (1/1976), esso afferma che “ogni diritto
evoca il suo limite” negli altri diritti costituzionali, diritti dello stesso peso. Sono di due tipi:
limiti collegati a valori pubblici + limiti collegati agli interessi privati
Limiti impliciti di natura PUBBLICISTICA
Limite dell’ORDINE PUBBLICO
È reato incitare alla lotta armata - ad uccidere su un giornale.
È un limite molto delicato: i costituzionalisti si sono interrogati molto sul fatto che un
principio (mantenere la quiete sociale) possa accettare il fatto di non far circolare certe
notizie (ad esempio ci si chiede se si può vietare di diffondere che c’è crisi economica).
In generale, si valuta con molta attenzione la possibilità di non far manifestare liberamente
il pensiero. Nella sentenza della Corte costituzionale, l’ordine pubblico può fare da limite in
determinati casi alla manifestazione di determinati pensieri, in quanto diritto garantito
dalla Costituzione.

LIMITI IMPLICITI DI NATURA INDIVIDUALE


LIMITE DELL’ONORE E DELLA DIGNITÀ
La nostra Costituzione si fonda su una considerazione totale e incondizionata del valore
dell’essere umano, della persona, come singolo e come elemento di reti sociale.
Il valore più grande di una persona è l’onore, la dignità: ogni essere umano in quanto
essere umano ha una dignità invincibile da parte di chiunque. Nessuno perde
completamente la propria dignità, a tutti è assicurato il minimo di dignità che è propria in
quanto umano (sia esso la persona più disonorevole al mondo): questo in qualche modo dà
il senso del valore che la costituzione dà all’essere umano.
Ci sono due concezioni di dignità per la Costituzione, per questo quando viene infranto il
rispetto alla dignità e all’onore ci sono due reati:
 Ingiuria (che però è stata depenalizzata): un insulto diretto da una persona ad un’altra,
colpisce la nostra autostima, all’opinione che abbiamo di noi stessi. (Art.594)

 Diffamazione: è l’insulto recato ad una persona quando si parla con altri di lei, quindi
colpisce l’apprezzamento e la reputazione che altri hanno di noi.
È una ferita alla nostra proiezione sociale: questa è la più importante per la
comunicazione e la stampa perché scrivendo su qualcuno possiamo rovinargli la
reputazione.
Il reato di diffamazione è quello per cui vengono chiamati i giornalisti in tribunale in
gran parte dei casi (hai scritto quella cosa anche se non è vera).

LIMITE DELLA DIGNITÀ UMANA: DECALOGO DEI GIORNALISTI

Il problema del bilanciamento fra libertà di pensiero e tutela della dignità è stato risolto
dalla Corte di Cassazione con la Sentenza 5259 del 1984. Essa viene anche chiamata
sentenza decalogo del giornalista perché fa da svolta alla professione giornalistica e
tutt’oggi i giudici ragionano ancora seguendo lo schema alla base di questa sentenza. Il
ragionamento della Corte di Cassazione si basa sulle scriminanti dell’Articolo 51 del Codice
penale.

SCRIMINANTI

Il nostro diritto penale identifica i comportamenti o come vietati o come doverosi da


compiersi (ma che non si sono verificati). Tuttavia, nello stesso Codice penale ci sono
cinque casi / condizioni nei quali, in caso di reato, il comportamento che di solito sarebbe
un reato perde la criminalità. Queste sono dette scriminanti: sono le condizioni che
escludono l’antigiuridicità di un comportamento.
I comportamenti che scriminano, tolgono criminosità, sono 5:

1. Consenso dell’avente diritto (Art. 50 c.p.): deve essere espresso un gesto che ci
esprime l’autorizzazione.
2. Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere (Art. 51 c.p.);
3. Legittima difesa (Art. 52 c.p.);
4. Uso legittimo delle armi (Art. 53 c.p.);
5. Stato di necessità (Art. 54 c.p.).

Il bilanciamento fra libertà di pensiero e tutela della dignità si basa sulla seconda
scriminante dell’Art. 51 C.P: la Corte di Cassazione nella sentenza decalogo ha precisato
che i giornalisti esercitano un diritto, ovvero quello di informare, di cronaca.
Tuttavia, il diritto di cronaca è esercitato legittimamente se ricorrono 3 condizioni + 1 che
verrà introdotta in una sentenza successiva (attualità delle info diffuse).
In altre parole, la scriminante viene applicata se ci sono le condizioni. La sentenza- decalogo
è stata importante perché il ragionamento con la scriminante viene applicato ancora oggi
dai giudici e su di esso si basa la decisione del bilanciamento fra libertà di pensiero e altri
diritti (all’immagine ecc.)
Il diritto di cronaca è legittimo adempimento di un diritto solo quando la notizia:

 È di utilità sociale,
 è vera,
 è esposta in una forma civile.
I. UTILITÀ SOCIALE DELL’INFORMAZIONE (o rilevanza sociale): la notizia deve essere
rilevante per la collettività sociale. Deve perseguire l’interesse pubblico, NON interesse
del pubblico (come il gossip).
II. VERITÀ DEI FATTI ESPOSTI: il giornalista è uno dei punti di vista del fatto, la verità
richiesta è oggettiva oppure putativa. Viene chiesta quella oggettiva quando è possibile,
altrimenti la richiesta della sentenza è la verità putativa, ovvero il giornalista deve
dimostrare di aver fatto un serio approfondimento delle fonti se ciò che diffonde non è
oggettivo.
(ad Esempio: I giornali più importanti del mondo, NYTimes o Washington Post, richiedono 3 fonti che
confermino la notizia.)
III. CONTINENZA o FORMA CIVILE DELL’ESPOSIZIONE DEI FATTI E DELLA LORO
VALUTAZIONE: ha a che fare con la forma e non con il contenuto dell’articolo, non
bisogna usare una forma esagerata rispetto a ciò che si dice (esempi: Libero, Il Giornale,
Il Manifesto). Inoltre, l’esposizione deve essere obiettiva, o comunque non si deve avere
l’intento di denigrare. Nella forma la Corte dà anche dei consigli di stile per evitare
difetti di chiarezza. Quindi denuncia alcuni espedienti:
 caso del sottointeso sapiente, ovvero l’uso di certe espressioni che verranno
intese in un altro modo col fine di denigrare, a volte usando le virgolette (il nostro
“onesto” ministro),
 accostamenti suggestionanti, ovvero il riferimento ad altri fatti negativi che sono
logicamente sconnessi dal fatto originale, ma che fanno credere al lettore che
l’accostamento sia sensato (esempio: Conte chiude i bar, i ministri vanno al
ristorante)
 caso del tono sproporzionatamente scandalizzato che informa il lettore più
sull’interpretazione del fatto che sul contenuto della notizia e viene ottenuto con
l’uso di parole come notevole, impressionante, strano, non chiaro
 insinuazioni legate ad affermazioni come “non si puo escludere che…”
Si aggiunge un altro punto con la sentenza 3679/98:

IV. ATTUALITÀ DELL’INFORMAZIONI DIFFUSE: la notizia deve essere attuale, una persona
non può essere costantemente riportata sotto i riflettori dell’attualità per fatti successi in
passato, quindi ha diritto all’oblio. Se sono scoperte nuovi elementi sul caso, esso può
essere nuovamente citato.
Da questo punto discende il diritto all’oblio (sentenza 3679 del 98), ovvero diritto a
essere dimenticati (è stato riconosciuto a livello europeo e inserito nel GDPR sulla
sicurezza. In Francia alcuni contratti prevedono il diritto a essere disconnessi da Internet
fuori da lavoro)
Diritto all’oblio: diritto dell’individuo al riserbo in relazione a fatti per cui è venuto
meno l’interesse pubblico della conoscenza, ma anche il diritto a non essere ricordati
soltanto per un avvenimento grave o con un crimine.
Si è evoluto in epoca digitale: il reato di qualcuno ha diritto ad essere cancellato dai
risultati dei motori di ricerca su quella persona di modo che il primo risultato non sia
il suo scandalo. È il diritto ad una ricerca non pregiudiziata.

CRONACA, CRITICA E SATIRA: differenze

DIRITTO DI CRONACA: la cronaca vista come narrazione dei fatti nella loro oggettività con lo
scopo informare il nostro pubblico. È disciplinato dall’articolo 21 e per essa tutte le 4
condizioni del decalogo sono applicate

DIRITTO DI CRITICA: ha fondamento nell’articolo 21. La critica è un commento/giudizio sui


fatti raccontati in cronaca, per questo molto spesso fatto e commento sono intrecciati. Il
buon giornalismo è quello che separa la cronaca dalla critica, ma raramente ci sono spazi
solo di commento: se un pezzo è misto, bisogna considerarlo principalmente di cronaca.
In relazione al decalogo dei giornalisti, la critica non è soggetta alla condizione delle verità.
Inoltre si può avere più tolleranza per una forma non civile, quindi si ammettono i toni
accesi, soprattutto in periodi elettorali (ad esclusione degli insulti gratuiti).
L’unico elemento fondante valido è l’utilità: si devono criticare aspetti rilevanti della vita di
una persona. (Critica scientifica: se portata in tv, non deve essere condotta con toni
scandalistici e deve essere confermata da 2/3 esperti)

SATIRA. Anch’essa ha fondamento nell’articolo 21 e alcuni la volevano come forma d’arte.


La satira è l’esagerazione, la resa paradossale della realtà per criticare comportamenti,
arroganze di politici e personaggi famosi (Castigat ridendo mores)
In relazione al decalogo dei giornalisti, alla satira la verità non è richiesta (è esagerazione,
paradosso…) e si allenta anche la forma dell’esposizione.
Invece l’utilità sociale acquista importanza, perché deve esserci un legame noto e visibile
fra il comico e l’oggetto della provocazione: può essere criticato solo un aspetto noto della
persona in questione e cosa essa vedere di sé e rende noto, quindi non si può colpire
l’aspetto privato. Il pubblico deve capire a cosa si riferisce chi sta facendo satira.
Evoluzioni nella sentenza 9246/24 febbraio 2006:
Non è ritenuta diritto di satira la ridicolizzazione del corpo di una persona. Inoltre, si deve
ottenere un esito di carattere etico, correttivo verso il bene.

INTERVISTA

Per l’intervista ci si rifà al diritto di cronaca. Ci sono quattro orientamenti su come


l’intervista viene giudicata, perché c’è anche una sentenza decalogo per l’intervista.

1. In un primo orientamento, i giudici ritenevano che il giornalista fosse passivo, che


registrasse soltanto l’avvenimento ed era tenuto solo a verificare la verità dei fatti e la
loro forma, smorzandola nel caso in cui non fosse ammissibile.
2. Secondo orientamento, più punitivo per gli intervistatori:
il giornalista è la cassa di risonanza delle informazioni altrui (ad esempio, un insulto a
una persona non si sarebbe mai diffuso senza il suo intervento). Quindi la posizione del
giornalista provoca il danno: la responsabilità del giornalista è alla pari di chi insulta in
quanto è stato lui a diffondere l’offesa.
3. Terzo orientamento, che assomiglia al primo ma è più libertario:
il giornalista viene visto come registratore di ciò che avviene, ma ha più libertà perché il
giornalista è tenuto a riportare anche gli insulti nella loro forma. Quindi, al di là delle
cose dette, è interessante che quella persona usi quei termini su quell’argomento:
l’affermazione in sé è un evento che il giornalista deve registrare e raccontare.
(es. Papa sugli omosessuali)
4. Quarto orientamento: c’è una differenza fra i fatti affermati dall’intervistato e le sue
opinioni, quindi i fatti vanno verificati, le opinioni vanno riportate così come sono.

Sentenza n° 31740 del 16 ottobre 2001

È lo stesso giudice sentenza decalogo e questa sentenza è il decalogo dell’intervista.


Il rispetto dei requisiti di verità, di interesse sociale e di forma civile non può essere
richiesto all’intervista in forma generalizzata, in quanto ci sono casi in cui l’evento di
un’intervista data da una persona di rilievo in quell’ambito su quelli argomenti è di un
interesse sociale tale che gli altri due principi vengono meno. Per questo per l’intervista si
riprendono i principi della sentenza decalogo, quindi ci sono 4 criteri:

 rilevanza pubblica dell’evento-dichiarazione per contenuto e importanza dei soggetti


coinvolti: sarebbe l’utilità sociale, indica quanto è rilevante il fatto che l’intervistato parli
di quello specifico argomento (è la più importante)
 Contesto valutativo e descrittivo in cui sono riportate le dichiarazioni altrui, intende
quale è il discorso che ha portato l’intervistato ad arrivare a quella conclusione
 Plausibilità e occasione della dichiarazione: la situazione in cui esiste l’intervista, che
può condizionare l’animo dell’intervistato. (se in una situazione di calma o di ansia, ad
esempio dopo un comizio il politico è galvanizzato). Spesso le interviste cominciano con
la spiegazione della situazione in cui avviene l’intervisto.
 Cronista come osservatore obiettivo o come coautore della diffamazione: il giornalista
è oggettivo, non fa in modo che l’intervistato offenda qualcuno, altrimenti rischia di
essere condannato per istigazione alla diffamazione.

LIMITE DELL’IDENTITÀ PERSONALE


Il diritto all’identità personale il primo diritto a essere riconosciuto al di fuori della
Costituzione, ma generato dall’art. 2: è il diritto ad essere sé stessi e ad essere descritti
precisamente, ad essere considerati nella propria complessità, a non essere sintetizzati in
una frase o comportamento, comprende la non attribuzione di meriti che non si hanno.
Ha come oggetto il valore della proiezione sociale della complessiva personalità, quindi il
bene leso è la mancanza di fedeltà a quello che si è oppure si pensa.
È un diritto sia in positivo sia in negativo:
 In positivo, il diritto riguardo a essere rappresentati per la propria identità
 in negativo, a non veder modificato, alterato o offuscato il patrimonio di ciò che siamo,
ciò che siamo stati, ciò che potremo essere.
Naturalmente questo diritto consiste anche nel rispetto di ciò che noi proiettiamo sulla
società: ho diritto ad essere rappresentato rispetto a ciò che faccio vedere, rispetto a quello
che la gente sa di me. Deve esserci fedeltà alla proiezione dell’io sugli altri e sulla società.
Esempio: Sentenza 26 febbraio 1996 del Tribunale di Verona
Foto di un prete mentre dice messa su un volantino della Lega Nord: è un’offesa all’identità personale perché il
prete non condivide le idee politiche di quel partito (si è sempre offerto ad aiutare immigrati ecc.)
Esempio: Mario giordano contro De Gregori.
Molti dei concerti di De Gregori venivano interrotti dalla sinistra extraparlamentare. Nel 76 PalaLido di Milano gli
autonomi lo “processano” per il prezzo troppo alto dei biglietti dei concerti, per questo smette di fare concerti per un
certo periodo di tempo. Quando ricomincia, a Trieste, viene fermato da Mario Giordano, che fa un’intervista sul
nuovo disco e afferma di essere freelance (in realtà nel 1997 lavorava per il Giornale). In una domanda finale, chiede
dello zio di de Gregori, un comunista dissidente italiano che fu ucciso in Jugoslavia: De Gregori risponde che il Partito
Comunista dovrebbero rispondere di questo avvenimento. Ma nel giornale viene titolato “De Gregori: il partito
dovrebbe farsi perdonare molto”. C’è una contro intervista del Messaggero e il Giornale lo denuncia per
diffamazione. In tribunale, De Gregori porta la sua registrazione dell’intervista, con la parte del freelance: Giordano e
il Giornale vengono condannati per identità personale, non per diffamazione.

Ad esempio, il danno all’identità vale anche per ricordare sempre la stessa frase di una
persona, usare sempre la stessa foto imbarazzante per identificarla: bisogna
contestualizzare la persona della quale si parla nell’intervista che riporta e non il contrario.
Inoltre, nel riportare le affermazioni di un’intervista, serve equilibrio, perché ogni
affermazione ha un peso specifico nell’economia del discorso e non si deve estrapolarle
fuori dal loro contesto. Il diritto all’identità personale è diverso dalla dignità della persona:
quando compio un reato relativo all’identità personale non sto infamando una persona, ma
la sto raccontando in maniera parziale.
EVOLUZIONI del diritto all’identità personale – IDENTITA DIGITALE
Il diritto all’identità personale è importante nel mondo digitale: Internet ha portato a far
coincidere l’identità personale con il diritto alla riservatezza. La tutela dell’identità
personale su Internet è attiva: riguarda la correttezza delle informazioni presenti, non la
sua rimozione o presenza. Quindi non si può chiedere che le info su di sé vengano rimosse
dalla rete, bensì che quelle presenti siano corrette e che vengano aggiornate. Quindi non
possiamo controllare più di tanto la circolazione delle nostre informazioni su Internet.

Su questi temi la legislazione è arrivata in anticipo rispetto ai tempi.

Divieto di pregiudizio digitale: Legge 30 giugno 2003, 1996

Questa norma è arrivata nel 96 con la prima legge della tutela sulla riservatezza. È una
norma fondamentale ma pure utopica, perché non si può impedire a tutti che la creazione
di un pregiudizio su di noi tramite i nostri dati. Leggere i dati permette di farsi un pregiudizio sulla
persona in questione (esempio dell’interrogazione). Esempio: dalle foto di Instagram traiamo delle conclusioni sulla
persona. Oggi è normale attraverso una collezione di info pubblicate su Internet ci si crei un pregiudizio, anche
positivo. Il pregiudizio è un giudizio fatto su indizi, non su delle prove. Si tratta di sospetti, non di una conoscenza
approfondita della persona.

Infatti, la legge afferma che nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo


(l’università, la borsa di studio ecc.) che implichi una valutazione del comportamento
umano può essere fondato unicamente su un trattamento automatizzato di dati
personali.
Cioè nessun giudizio o valutazione di un magistrato o amministrazione pubblica, quando
implichi valutazione del nostro comportamento, può essere fatto solo elaborando i dati
che si possono raccogliere su di noi. Questa norma non ferma il pregiudizio in generale, ma
è importante che le decisioni di un giudice o amministrazione NON siano prese in base a
quel pregiudizio.

In generale, tirare una conclusione in base a una somma di informazione non ci dice mai il
perché di quelle azioni (dalla cronologia delle geolocalizzazioni non riusciamo a cogliere il
perché eravamo lì). Allo stesso tempo un giudizio che valuti il comportamento deve tenere
conto del perché, del motivo dietro certe azioni, per questo esiste questa norma.

IDENTITÀ PERSONALE NELL’IDENTITÀ DIGITALE: art.64 del codice Amministrazione


digitale
C’è un problema di trasposizione dell’identità personale nell’identità digitale e ci sono
state più declinazioni. In Italia questo si è risolto nel fatto che già molti hanno l’identità
digitale corrispondente a quella anagrafica: lo SPID, che è il modo con il quale ci facciamo
riconoscere in rete dal sistema pubblico, o la Carta D’Identità Elettronica. Tramite questi
due sistemi accediamo ai servizi della pubblica amministrazione.
La posta è un’altra estensione dell’identità digitale: se in precedenza veniamo contattati per
cellulare o per posta, ora veniamo contattati normalmente tramite essa. In particolare, la
mail certificata ha valore legale in quanto “certifica” che appartiene a noi.
Un altro metodo che ci identifica digitalmente è la Firma digitale: ci permette di firmare dei
documenti on line senza essere in presenza, c’è un codice che rappresenta la nostra firma.

Mentre cresce la diffusione della nostra identità digitale, si diffonde allo stesso tempo
l’anonimato, una delle caratteristiche principali della rete: ci sono circostanze nelle quali
non si vuole essere sempre riconoscibili in rete, nei luoghi che attraversiamo, le cose che
affacciamo. Alla necessità di anonimato, il web ha reagito con alcune possibilità di
anonimato, quali la navigazione in incognito di Google Chrome. Al diritto identità digitale
corrisponde libertà di anonimato in rete.
Ai sistemi di anonimato le aziende hanno risposto inventando un altro sistema: dare un assaggio del sito e chiedere le
credenziali se vogliamo il resto. Collegate a queste domande ci sono le agenzie di profilazione che capiscono chi è il
tipo di persona che visita il sito dai dati che inseriamo. Infatti, alle aziende interessa sapere qual è il profilo delle
persone interessate ai loro prodotti, per orientare/modificare le loro vendite.

IL DOMAIN
Storicamente il primo che si è posto è il problema del domain, del nome dei siti o dei
grappoli dei siti. Nell’ordinanza del tribunale di Milano 10 giugno 97 – Amadeus/Logica, i
domain name sono considerati alla stregua di segni distintivi che ci riconducono a una
certa azienda, al pari del suo logo e del suo payoff. Ne consegue un divieto di adottare un
nome simile o che possa trarre in inganno nel nome dei siti web di altri. È sempre una
questione di riconoscibilità. Quando si produce un domain o un nome online, si deve
registrare come un altro profilo di commerciale qualunque, ovvero come il logo
dell’azienda.

Per l’assegnazione del domain ci sono due logiche, una internazionale, una italiana:
 first come, first served: a livello internazionale si è sempre sostenuto il principio “first
come first served”. Il dominio è visto come un mero indirizzo telematico e non c’è
conflitto con altri diritti privati. Ciò ha portato a livello internazionale al “domain
grabbing", che consiste nella creazione di domini corrispondenti a marchi celebri altrui:
l’assegnatario del dominio, infatti, si rivolge alla società interessata al dominio e ne
propone a caro prezzo il trasferimento. Una volta registrato “sony.com”, il problema sta
nel “sony.”
 Unicità del dominio: Invece in Italia si segue la regola dell’unicità del dominio, per la
quale il nome del sito è un segno distintivo dell’immagine commerciale di quel sito,
quindi non è possibile che chiunque possa intestarsi un sito con qualsiasi nome.
Esempio: Luca Armani è un commerciante di Bergamo con una ferramenta. Ha creato il suo sito armani.it, seguendo
le regole del first come first served, ma il governo italiano lo condanna a risarcimento dei danni. Questo perché
nell’idea comune Armani è collegato al brand di vestiario e così dovrebbe essere nella ricerca Google.

DIRITTO ALLA RISERVATEZZA / PRIVACY


Il diritto alla riservatezza/privacy è in parallelo al diritto all’identità personale (una volta
era considerato il suo opposto). È un diritto poco considerato dagli italiani, tanto è vero che
si è legiferato a riguardo quando è stato imposto da un trattato internazionale. Tuttavia, è
un diritto tutelato nella nostra costituzione, all’art. 15: è citata la riservatezza rispetto alle
comunicazioni interpersonali/corrispondenza.
Invece, nell’art. 21, la costituzione italiana non afferma il diritto a essere informati:
nell’informazione viene tutelato soltanto il mittente, chi manda il messaggio sui vari mezzi di
comunicazione. Il destinatario non è identificabile e quindi è considerato giuridicamente
irrilevante, quindi non è soggetto a sistemi di garanzia o di tutela. (questo riguarda la stampa o le
emittenti tv quali Rai o Mediaset che applicano la dittatura del palinsesto)
La riservatezza riguarda solo la corrispondenza/comunicazione interpersonale, ovvero il
fenomeno comunicativo nella quale entrambi i soggetti sono identificati o identificabili e
quindi giuridicamente rilevanti, alla pari: non abbiamo diritto soltanto a comunicare ciò
che vogliamo, ma anche che il contenuto del messaggio sia riservato. Il messaggio nella
comunicazione/corrispondenza è specifico, indirizzato in base al destinatario, non
generalista (questo riguarda le app di messaggistica, ma anche piattaforme streaming
come Netflix o Sky, che creano il proprio contenuto in base ai dati del loro account e
prevedono una scelta da parte dell’utente)
Nei paesi anglosassoni la privacy è fondamentale, tanto è vero che è presente nelle carte
fondamentali di questi paesi: aveva in origine il significato di diritto a essere lasciati soli, in
pace: il cittadino deve essere disturbato il meno possibile dai poteri pubblici possibile.
Esempio: agricoltore che non vuole ricevere funzionari per controlli

In Italia, il diritto alla riservatezza è stato affermato dopo varie norme.


Inizialmente, la Corte costituzionale ha prospettato il conflitto fa diritto dell’informazione e
diritto alla riservatezza e ha optato per la visione che vede calare il grado di riservatezza
per un personaggio pubblico (vedi: intervista)
Sentenza della cassazione 2199/1975
Successivamente la corte di cassazione ha ricavato dall’art.2 e dall’art. 3 il diritto
all’intimità nei rapporti familiari (nel senso di essere lasciati soli): c’è una ragione di tutela
delle nostre vicende familiari anche fuori dal nostro domicilio.

Nel 96 l’Italia aderisce al trattato di Schengen, che prevede la libera circolazione di persone, merci
e professione fra paesi firmatari. Questo avrebbe portato un grande spostamento di informazioni:
allo stesso tempo è imposta una tutela del trattamento dei dati a tutti i paesi firmatari.
Quindi nel 96 l’Italia emana una prima legge sulla privacy (365/96): era complicata da
comprendere perché piena di fattispecie, alcune aggiunte anche successivamente dal
legislatore.
Questo complesso di norme finisce nel CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI
PERSONALI, generato da un decreto legislativo del 2003 (DLGS 196/203)
Questo viene modificato di recente, perché nel 2016 In Europa è approvato il GDPR
(General Data Protection Regulament 2016/679), il Regolamento Europeo generale sulla
protezione dei dati. I regolamenti europei entrano in vigore in tutti i paesi e prevalgono
sulle norme interne, per questo il GDPR ci mette 2 anni e mezzo a essere assorbito nella
norma italiana, modificandola o integrandola.
Sequenza di normazione sul diritto alla riservatezza
1. Legge 665 del 96, prima risposta a seguito di Schengen
2. Decreto legislativo 2003 con codice protezione dati personali
3. 2016 approvano GDPR

REGOLAMENTO GENERALE SULLA PROTEZIONE DEI DATI (GDPR)

DATI= qualunque informazione si riferisca a una persona fisica, non le società. La persona
può essere identificata o identificabile (con modi per farlo). Rispetto ai dati personali ci
sono quelli sensibili che rivelano l’etnia, la religione, l’ideologia politica, l’orientamento
sessuale, le condizioni di salute ecc (toccano profili delicati di una persona); questa sfera
conosce delle informazioni più delicate da trattare. Ci sono poi anche i dati sensibilissimi
che sono quelli biometrici (es. impronta digitale per sbloccare il telefono o il DNA per
verificare la percentuale di rischio di malattia della persona).
La legge si occupa del TRATTAMENTO dei dati= qualsiasi contatto con il dato, dalla raccolta
di esso fino al salvarlo, organizzarlo insieme ad altri, fare delle connessioni e anche
cancellarlo; di comunicarlo mediante trasmissione (dirlo a qualcuno) o diffusione
(diffonderli in qualsiasi modo). Nell’ordinamento italiano il dato è visto come sostanza
pericolosa, di conseguenza, la responsabilità su di esso cambia; se i tuoi dati vengono rubati
è tua responsabilità dimostrare che ogni 3 mesi avevi cambiato la password di quel
determinato sito.

I soggetti attivi sono quelli che trattano i dati e sono:

 Titolare del trattamento= persona fisica o giuridica (≠dalla persona solo fisica da cui
si prendono i dati). È il riferimento principale che decide il perché e il come del
trattamento. S’intesta il trattamento e lo fa fare al responsabile.

 Responsabile del trattamento= persona fisica o giuridica che tratta i dati per conto
del titolare.

Tutti possono liberamente raccogliere, per uso strettamente personale, dati personali
riguardanti altri individui, a patto di non diffonderli o comunicarli sistematicamente a terzi
(es. il numero di telefono di un amico). Quando però i dati sono raccolti e utilizzati per altre
finalità, per esempio un’azienda che vuole vendere prodotti, un professionista che vuole
pubblicizzare i suoi servizi, un’associazione che vuole trovare nuovi iscritti, un partito che fa
propaganda politica ecc., il trattamento dei dati personali deve rispettare alcune regole.

3 PRINCIPI APPLICABILI AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

I dati personali sono:

1) Trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato (“liceità,


correttezza e trasparenza”);

2) Raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in


modo che non sia incompatibile con tali finalità. Questo vincolo si trasmette su tutte
le persone a cui vengono comunicati i dati (“limitazione delle finalità”).

3) Adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali
sono trattati (“minimizzazione dei dati”).

4) Esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere adottate tutte le misure ragionevoli


per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti rispetto alle finalità per le
quali sono trattai (“esattezza”).

5) Conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di
tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati
(“Limitazione della conservazione”).
6) Trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la
protezione da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, distruzione o dal
danno accidentale (“integrità e riservatezza”).

Di tutto questo è responsabile il titolare del trattamento. Una delle novità più importanti
del GDPR è che dopo di questo ogni ente deve nominare un DPO (data protection officer)
che introduca tutte le misure corrette di trattamento dei dati.

ARTICOLO 6 DEL GDPR

ARTICOLO 9 DEL GDPR

La disciplina della riservatezza è un elemento talmente importante della vita di oggi che,
secondo il GDPR, va integrata nel momento stesso in cui si struttura un’azienda ecc.
(“privacy by design”); subito si deve pensare a sistemi che garantiscano il trattamento dei
dati e la riservatezza (= pezzo strutturale, fondamentale del lavoro d’ora in poi).
REGOLE DEONTOLOGICHE PER I GIORNALISTI NEL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI.

La deontologia è l’autoregolazione che si danno certi corpi sociali, ovvero le regole che un
ordine professionale dà ai suoi iscritti: lo Stato in certe occasioni rinuncia a regolare e dice
ai corpi sociali (ordine dei giornalisti) di scrivere regole per sé stessi e per la propria
correttezza professionale. Davanti alla durezza delle norme sul trattamento dei dati
personale, i giornalisti hanno pensato di non poter scrivere più nulla: il codice deontologico
garantisce il diritto di riservatezza in certi limiti e permette di non rispettare certe norme
in certi casi. E’ Lo stesso GDPR incoraggia di autoregolarsi con codici di condotta.

Articolo 1 – principi generali: Si cerca di differenziare l’applicazione delle norme per


l’attività di raccolta delle info dei giornalisti e l’attività delle banche dati: si bilanciano i diritti
della persona e diritti della stampa e dell’informazione

Articolo 6: Dà il criterio fondamentale dei giornalisti, ovvero l’essenzialità


dell’informazione: quando si scrive su qualcosa di privato, bisogna dire solo ciò che è
essenziale. Quando l’evento che si descrive richiede una descrizione dettagliata, allora si
può infrangere l’essenzialità. Inoltre, la sfera del privato deve essere sempre rispettata,
quindi si informa riguardo aspetti personali e riservati solo se sono rilevanti
nell’avvenimento che si racconta.

Art. 9: Tutela il diritto alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche,
sesso, condizioni personali, fisiche o mentali.

Art. 2: In 4 commi, l’art. 2 disciplina le regole anche per la tenuta delle banche dati
redazionali e personali dei giornalisti, simili a quelle dei cittadini.

1. Il giornalista deve dire la propria identità nella raccolta di informazioni, a meno che
facendolo non rischi la vita o rischi di non ottenere la notizia.
2. Per quanto riguarda le banche redazionali, è esercitato il diritto di andare a controllare la
correttezza delle informazioni su di noi. Inoltre, le redazioni rendono pubbliche due
volte l’anno dove si trovano questi archivi e chi contattare per controllarli.
3. Ai giornalisti si chiede non si chiede “cosa sai?” ma “chi te l’ha detto?”, quindi si
chiedono le fonti delle loro informazioni, non il contenuto
4. Il giornalista può conservare i dati raccolti per tutto il tempo necessario allo svolgimento
dell’informazione.

Art. 5: si parla di dati sensibili, in questo l’essenzialità è ancora più importante: possono
essere pubblicati solo in casi veramente imprescindibili e comunque con molta attenzione.
Art.8: Tutela la dignità delle persone.
 Non si possono diffondere notizie o immagini che possano minare la dignità di una
persona coinvolta in fatti di cronaca, né può soffermarsi sui dettagli di violenza.
 Non si possono pubblicare immagini di persone in stato di detenzione o con le manette:
si evita di ledere la dignità della persona una seconda volta in più rispetto al delitto.
Esempio: quando si arresta un capomafia, c’è impermeabile su manette o testa.

Tutto ciò tranne se la persona è rilevante a livello sociale o si segnalano degli abusi.

(Quando riprendono i colpevoli, le iene e il Gabibbo infrangono l’articolo 8 e compiono una degenerazione
della giustizia in quanto fanno passare per colpevoli chi non ha ancora ricevuto un giudizio.)

Art.7. Il diritto del minore alla riservatezza prevale sempre sul diritto cronaca: non si
pubblicano i nomi dei minori e non si dichiarano le generalità, inoltre la tutela dei minori si
estende quando non si parla di reati. (Carta di Treviso sulla tutela dei minori)

Art.3. Non ci si introduce nel domicilio di una persona: per domicilio si intende anche
l’autoveicolo, un luogo di cura o di detenzione.

Art. 10. Tutela la dignità delle persone malate: non si pubblicano dati clinici e non si scrive
dettagliatamente la causa della malattia o della morte. La pubblicazione segue il principio
dell’essenzialità se la persona è rilevante a livello sociale.

Art.11. Tutela la sfera sessuale di una persona: non si pubblica la sessualità di una
persona, ma nuovamente la pubblicazione è ammessa se la persona è di rilevanza sociale o
pubblica.

Tutela della riservatezza della cronaca giudiziaria

Quando parliamo di scrivere, giornalisticamente parlando, c’è un terzo elemento che entra
in gioco: la giustizia. Il diritto di cronaca entra in conflitto con il diritto alla riservatezza,
tutelata dal codice del procedimento penale.

Il giornalista non può pubblicare i dati delle indagini, ma può informare sul processo. Infatti
i processi son sempre pubblici, però si deve garantire il fatto che il processo non sia
inquinato da clima sociale particolarmente turbolento (ad esempio; il clima sociale di odio
che preme contro l’accusato, diritti dell’imputato)

Inoltre, i fatti vanno scritti in modo problematico e non assertivo (ad esempio “sospetto
assassino”), per avvertire il lettore che il processo è ancora in corso: la decisione finale sui
fatti spetta alla sentenza del giudice.

Pubblicità mediata tecnologica dei processi


Riguarda la possibilità di riprendere durante i processi. Per introdurre telecamere in aula, il
codice di procedura penale pone 2 condizioni:

1. le riprese devono essere utili al diritto di cronaca, che apportino un miglioramento alla
notizia (condizione positiva)
2. le riprese non devono recare problemi al processo e al clima dell’aula di tribunale.
(condizione negativa)
È rimesso al giudice con il consenso delle parti permettere le riprese: deve essere d’accordo
il PM, l’accusa e l’imputato.
Se il giudice rileva che quel processo ha un interesse sociale particolarmente rilevante (es.
tangentopoli), può disporre l’ingresso delle telecamere anche contro il volere delle parti,
ma loro possono chiedere che la loro immagine sia oscurata.

DIRITTO ALL’IMMAGINE

Il diritto all’immagine ha origine nell’articolo 10 ed è disciplinato da una legge a differenza


degli altri diritti che sono regolati da sentenze. (legge 633/41)

Consiste nel diritto alla nostra apparenza, a mostrarci nel nostro aspetto fisico, quindi alla
nostra immagine come bene unico e irripetibile rispetto all’apparenza di tutti gli altri. Con
immagine ci si riferisce alla nostra immagine nella sua interezza ma anche in una parte
purché riconoscibile, idonea a distinguere la persona, quindi non generica o secondaria.
La giurisprudenza ha elaborato aspetti ulteriori dell’immagine, ad esempio identificando
l’immagine delle persone nella maschera scenica o in elementi che riassumono l’immagine
popolarizzata nell’idea del pubblico (ad esempio: cappello, Fedora di Fellini).

Il diritto all’immagine consiste in due elementi, una in positivo una in negativo:

1. Facoltà di mostrare sé stessi (positivo)


2. Facoltà di impedire agli altri di utilizzare e divulgare il nostro ritratto (negativo)

Nessuno può impedire di percepire la nostra immagine, ma non si può divulgare


l’immagine di altre persone che si è colta con i vari mezzi (foto, disegno, immagine ecc).
Quindi non possiamo impedire di percepire la nostra immagine, ma si può impedire che
essa venga divulgata.

Per immagine o ritratto c’è una concezione ampia, che comprende qualsiasi modo in cui
essa venga realizzata (compresa la “maschera scenica” televisiva, teatrale o
cinematografica). L’unico requisito è la riconoscibilità, non fedeltà (caricatura) o attualità.
Sono rilevanti anche gli oggetti, quali elementi differenziatori peculiari di un soggetto della
sua vita pubblica.

A differenza di tutti gli altri casi, per il diritto all’immagine la soluzione è proposta dalla
legge: abbiamo delle norme nella legge sul diritto d’autore, antica, risalente al 1941.
(633/41)

Art. 96/1941: per diffondere l’immagine di qualcun, occorre che esso dia il proprio
consenso. Nessuno può diffondere la nostra immagine senza il nostro assenso.
Art. 97/1941: la stessa legge sul diritto autore pone delle eccezioni alla richiesta del
consenso:

1. Il consenso non è necessario se la persona è nota o ricopre una carica importante.


Esempio: immagini girate sui giornali del commissario alla Sanità in Calabria cacciato: la persona in sé
non è nota, ma ricopre un ufficio pubblico importante. La giustificazione è data dall’ importanza della
carica: il rilievo dell’ufficio pubblico che ricopre fa sì che non si chieda il consenso.
2. Necessità di giustizia o polizia: quando si deve segnalare il volto di un criminale in giro,
una scomparsa o comunicare fra organi di giustizia stessi, non si chiede il consenso della
persona in questione.
3. Scopi scientifici: è giustificata una raccolta di fotografie d’autore di certe persone se ha
uno scopo didattico
4. Cerimonie di interesse pubblico: non è richiesto il consenso quando le cose ritratte
succedono in pubblico. Se si fa una fotografia di un ritrovo in pubblico come una
manifestazione o un concerto, il consenso non è richiesto, perché l’oggetto della
fotografia è l’evento, non le persone presenti ad esso.

Queste eccezioni valgono fino a quando la foto reca pregiudizio all’onore e decoro (lo
stesso concetto è presente anche per quanto riguarda l’ingiuria e diffamazione):
le 4 eccezioni valgono nel rispetto della dignità della persona
CASI TASSATIVI
Oltre alle 4 eccezioni, il diritto ha aggiunto altre regole. Ci sono casi tassativi:(tassativo
significa un caso nel quale vi è un elenco e da quello non si esce, non si può interpretare per
analogia e non ci sono eccezioni)
Caso 1: NOTORIETÀ DELLA PERSONA.
La notorietà della persona non basta per l’esonero del consenso, ma la giurisprudenza
aggiunge che:
1. ci deve essere effettivo interesse pubblico a vedere e conoscere la persona
2. sussistono delle finalità di tipo culturale, con scopi scientifici, didattici o artistici.
Inoltre, la diffusione dell’immagine non deve avere scopo di lucro, per il quale bisogna
chiedere consenso. (esempi: caso degli influencer: si può usare immagine di questa persona senza il
consenso solo per l’interesse pubblico, invece non si può usare per pubblicizzare certi prodotti, per i quali vi
è scopo di lucro e va chiesto il consenso). La precisazione relativo allo scopo di lucro è nata con gli album di
figurine dei calciatori e con altri due casi particolari:
 Giorgio Armani: la foto dello stilista fu usata per una campagna pubblicitaria di capi d’abbigliamento
non Armani senza il suo il consenso. Per questo ci fu una sentenza della Corte di Cassazione
 Bartali e Coppi: si pubblicizzavano delle biciclette con foto di Bartali e Coppi che si passano la borraccia,
nonostante loro avessero una loro azienda di biciclette.
Usare una foto di una persona famosa per pubblicizzare un prodotto richiede il consenso.

CASO 2: NECESSITÀ DI POLIZIA:


Relativamente alla diffusione di immagini per necessità di polizia in questo caso deve
prevalere l’interesse dell’investigazione della polizia rispetto alla curiosità del pubblico: lo
scopo della pubblicazione di foto di indagati è possibile solo per aiutare le forze di polizia.
In generale anche le forze di polizia tendono a non diffondere immagini di indagati.

CASO 3: AVVENIMENTI IN PUBBLICO


Se l’immagine è colta durante cerimonia pubblica, la persona in questione non deve
rilasciare consenso se l’immagine della persona non viene decontestualizzata e usata in
modo scorretto e tendenzioso, improprio. Occorre la contestualizzazione, il non
isolamento dell’immagine rispetto al contesto dell’avvenimento per il quale è ritratto.
Quindi non bisogna collegare le immagini di persone durante le manifestazioni pubbliche
per parlare di altro (esempio: immagine di giovani in cerchio durante una manifestazione usata per un
articolo sulle nuove droghe tra i giovani)

Sentenza particolare: Cossiga testimone di nozze di Maietta


Durante gli anni del terrorismo Cossiga è ministro degli interni, la questione riguarda anche
ex-brigatista rosso che decide di pentirsi e confessare. Uscito dal carcare, al suo matrimonio
chiama Cossiga come suo testimone di nozze.
Al matrimonio partecipano i giornalisti, che scattano una foto degli sposi e del testimone in
posa. Le foto vengono pubblicate su un giornale, quindi l’ex brigatista querela il giornale per
diffusione di immagini private. La corte decide che:
 un incontro che coinvolge persone così importanti rientra comunque nei fatti di un
avvenimento pubblico e per il quale c’è interesse pubblico, anche se avvengono in
luoghi semi-privati / aperti al pubblico.
 il giudice ha ritenuto che non sia vero che i soggetti non abbiano dato il proprio
consenso: il fatto di mettersi in posa significa dare un consenso esplicito.
Quindi tutte le volte che si fa un selfie o ci si mette in posa si dà consenso a divulgazione
immagine: il giudice afferma che può essere diffusa l’immagine di qualcuno in posa
perché la posa rappresenta un consenso implicito.

IN GENERALE: quando si diffondono immagini di qualcuno, ci sono limiti insuperabili:


bisogna sempre considerare la dignità delle persone. Quindi non sono ammessi:
 deformazione delle sembianze di una persona tranne per la satira,
 non si possono scegliere determinati luoghi o modi di esposizione,
 identità personale o politica (esempio: non si può pubblicare una foto con bandiere
nere),
 vita privata.
Ci sono casi in cui i fotografi pubblicano scoop usando immagini private: in questo caso i fotografi sanno che vanno
contro la norma, ma pubblicano lo stesso per il guadagno.

DA QUI PER TOTALE

LIMITI IMPLICITI DI ORDINE PUBBLICISTICO: Segreti

SEGRETI.
Il segreto è una categoria di limiti rispetto al diritto di informazione. I segreti sono
informazioni che non si possono sapere oppure non possono essere divulgate. Ci sono due
tipi di reato: rivelazione di segreto e diffusione di informazioni segrete. Infatti ci possono
essere notizie accecate e invece notizie che possono essere conosciute da un ambito
definito di persone, da alcuni: in quest’ultimo caso si parla di segreti.

Nei sistemi democratici alla base vi è la trasparenza e la diffusione delle informazioni.


Tuttavia, ci possono essere anche segreti, ovvero informazioni accecate, occluse. La Corte
costituzionale si esprime sulla segretezza negli stessi termini usati per la trasparenza: il
dover conoscere e dover non conoscere sono in entrambi in casi in una democrazia
strumenti di interessi altri.

Ad esempio, nel caso della trasparenza, consento la circolazione delle notizie perché con
esse aumento la consapevolezza elettorale del pubblico. La trasparenza è quindi un modo
per ottenere altro (la gente sia capace di scegliere, sia uguale uno all’altra, sia libera) Es.
medico: ha il dovere di dirci per trasparenza cosa abbiamo per renderci uguali a lui, per
poter scegliere se seguire il trattamento alla luce dei rischi che il medico ci ha detto.

Anche il segreto serve ad altri scopi: la Corte costituzionale ci dice che la trasparenza è
fondante in un sistema democratico, ma ci sono elementi che richiedono la segretezza.
Esempio: c’è segretezza su piani di difesa da un attacco nucleare/terroristico, ci sono
strutture segrete di prevenzione rispetto ad attacchi economici e di speculazione sulla
nostra economia da parte di altri paesi. La Corte costituzionale dice che anche la segretezza
serve, in certi casi limitati e soltanto se collegati a dei valori costituzionali.

La trasparenza e il segreto in modo opposto ma uguale sono entrambi serventi dei valori
costituzionali (libertà, uguaglianza, sicurezza, salute…). Allo stesso tempo, ci sono due
condizioni/verifiche che devono esserci per il segreto:

1- come il segreto sia conforme ad un valore costituzionale


2- verifica se e quanto è opportuno il sacrificio della libertà di manifesta del pensiero

Il segreto è un limite alla libertà di manifestazione del pensiero non solo in maniera attiva,
ma anche in maniera riflessiva:
è vietato diffondere certe informazioni ma è vietato anche cercare informazioni su quelli
argomenti.

Il segreto può essere articolato in 2 grandi categorie:

1. Segreto come tutela della dimensione pubblica, di interessi pubblici. Vi rientrano:


 difesa dello stato
 segreto investigativo
 segreto d’ufficio.
2. Segreto come tutela della dimensione privata. Vi rientrano:
 segreto professionale, ovvero il segreto a non rivelare le fonti relativamente al
proprio lavoro (esempio: avvocato, medico, sacerdote)
 segreto scientifico e industriale (lavorare in un’azienda comporta il segreto sulla realizzazione dei propri prodotti)
 segretezza delle comunicazioni

La differenza fra segreti di dimensione pubblica e privata sta nel fatto che nei segreti di
dimensione pubblica il segreto è l’eccezione, perché la regola è la trasparenza, quindi i
segreti sono casi eccezionali previsti dalla legge (si deve sapere tutto tranne ciò che la legge rende segreto).
Invece nei rapporti fra privati, il segreto è la regola, mentre la trasparenza è l’eccezione
(rendere pubblico in anticipo le caratteristiche di un prodotto è un’eccezione) .

IL SEGRETO DI STATO

Il segreto di stato è presente in tutti gli ordinamenti. La corte Costituzionale in questo è


stata molto esplicita: il segreto politico/militare/di stato si deve mantenere perché si fonda
sulla difesa della Patria, ovvero si fonda su un dovere costituzionale (art. 52)

I fatti che sono coperti dal segreto sono stabiliti dalla legge sui servizi segreti (801, 1977)

In Italia ci sono due tipi di i sistemi di intelligence/spionaggio, uno sotto il Ministero


dell’interno, l’altro sotto il Ministero della Difesa: entrambi sono al servizio del Presidente
del Consiglio dei ministri. Una delle commissioni parlamentare di vigilanza, sempre
presieduta da membro di opposizione, è il Copasir che controlla i servizi segreti.
In questa legge, all’articolo 12 vengono elencati gli atti che se diffusi potrebbero recare
danno all’integrità dello Stato. Questi atti coperti da segreto sono anche in relazione a
accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni, al libero agire degli organi istituzionali,
all’indipendenza dello stato rispetto agli stati, alla preparazione e difesa dello Stato.
Inoltre, la legge prevede un limite generale: non si può mettere segreto su fatti eversivi
dell’ordine costituzionale. Il fatto eversivo deve essere reso noto all’opinione pubblica.
(esempi: il golpe compiuto da Junior Borghese, la Loggia P2)
Ci sono stati casi in cui vengono resi segreti anche fatti eversi dell’ordine costituzionale estendendoli ad altre tipologie di
segreto. Esempio: di recente sono stati pubblicati servizi su Ustica, bomba di bologna ecc. ai quali era stato esteso il segreto
militare

Per quanto riguarda alcuni punti, come la sicurezza interna ed esterna, non ci sono stati
dubbi sulla segretezza. Invece è stato difficile giustificare con la Costituzione i segreti sullo
svolgimento degli organi costituzionali o alle relazioni internazionali. Sono limiti posti dalla
legge ma messo spesso in dubbio.

L.124/2007

Nel 2007 ci sono state precisazioni alla norma sui servizi segreti con una legge (124/2007)
In questa legge si aggiungono casi sul divieto di segreto, ma in ogni caso vengono esclusi i
nomi dei servizi di sicurezza. Invece, il comportamento dei servizi segreti può essere
diffuso. Non possono essere oggetto di segreto

 fatti terroristici o eversivi dell’ordine costituzionale,


 delitti di strage,
 azioni di mafia o di scambio elettorale politico-mafiose.
 comportamento dei servizi di sicurezza/informatori di polizia.
È segreto il nome degli informatori di polizia, non può essere diffuso.

Quindi la norma chiarisce che ci sono oggetti che non vanno tutelati nella loro segretezza ed
è scaturita dalla trattativa stato-Mafia. Inoltre, vi erano stati abusi da parte del governo
italiano in relazione al sequestro di Abu Omar da parte dell’intelligence americana, per
questo si è tornati sul tema.

Il segreto di stato implica l’obbligo di non deporre su quanto è coperto dal segreto di stato
(articolo 202). Il Codice penale compie un ulteriore garanzia alla tutela del segreto di stato
(articoli dal 256 al 262).

In tutti i paesi il segreto di stato ha un limite di temporale, ovvero il tempo durante quale
regge il segreto. Il segreto di stato ha una durata di 15 anni da quando accadono i fatti o
vengono redatti i documenti. È un termine prorogabile solo una volta per altri 15 anni: in
Italia il segreto ha una durata massima di 30 anni.

Il Presidente del Consiglio è l’unico che può apporre o prorogare il segreto di Stato.
Tuttavia, durante il periodo di segretezza di un fatto, egli può essere nel tempo portato a
valutare se le ragioni di segretezza sono ancora valide o se vengono meno.

Sentenza C. Cost 162 del 2009.

Si chiede di valutare se l’elenco di notizie della legge del 2007 è costituzionalmente


compatibile. La Corte costituzionale decide che non è dato al potere giudiziario/ai giudici
individuare i casi del segreto di stato, bensì al potere esecutivo, al Presidente del Consiglio.
Il controllo della secretazione di determinati stati è sottoposto solo al Parlamento tramite
il Copasir (Commissione parlamentare per la sicurezza della Repubblica).
Quindi la Corte costituzionale lascia pregiudicato/illimitato il potere del Consiglio dei
ministri di rimettere il segreto di stato: egli non verrà mai giudicato dalla Corte
costituzionale e quindi è assolto da ogni sua scelta.

SEGRETO INVESTIGATIVO

Il segreto investigativo riguarda la tutela della dimensione pubblica: durante l’istruttoria dei
processi, si chiede riservatezza sugli atti (ad esempio non si possono pubblicare notizie sul
perché una persona è stata incriminata, le intercettazioni eccetera; quando le
intercettazioni vengono pubblicate prima del processo, esse trapelano da componenti degli
ambienti giudiziari quando sono pubblicate dai giornalisti). Quindi in un processo, la parte
delle indagini preliminari è segreta, invece a parte del processo è pubblica e segue tutte le
regole del codice processuale, anche perché le notizie sulle investigazioni sono esposte: alla
fine della costruzione della accusa il giudice trasmette gli atti all’avvocato dell’imputato
perché egli si possa difendere, quindi da questo momento tutto le notizie sul caso si
possono pubblicare e si apre il dibattito in tribunale.

In questo caso vi è la differenza fra segreto investigativo, riguardante le indagini, e segreto


esterno, riguardante gli atti.

segreto investigativo copre gli atti di indagini fino a quando non sono conoscibili
dall’indagato e dal suo difensore (e quindi – almeno in teoria – da qualsiasi soggetto)

SEGRETI DI DIMENSIONE PRIVATA

SEGRETO PROFESSIONALE

Il segreto professionale è un segreto di natura privata che attiene all’esercizio di una


professione. Ci sono mestieri ai quali è garantito di non rivelare il segreto professionale
durante un processo e non hanno l’obbligo a deporre certe informazioni.
All’art 200, il Codice penale protegge la riservatezza di un elenco di professioni, per cui
rivelare il segreto professionale è un reato. Coloro che esercitano questa professione non
possono rivelare un’informazione che si è venuta a sapere nel corso del proprio mestiere.

Nella modifica del 1988 del C. Procedura Penale, alle categorie di mestieri dell’art. 200
furono inseriti i giornalisti professionisti. Ci sono 3 requisiti per il segreto professionale dei
giornalisti:

1. il segreto si attiene alle loro fonti, non al contenuto delle notizie, che sono già
pubblicate e per questo non c’è segreto su di esse. Non può essere rivelato chi ci ha dato
l’informazione.
2. il segreto sulle fonti sussiste su info date su carattere fiduciario. I giornalisti raccolgono
informazioni da gente con la quale hanno un rapporto di fiducia e confidenza
3. il segreto professionale vale solo per i giornalisti professionisti, non per i pubblicisti

Tuttavia, in un processo il giudice può forzare il giornalista a pubblicare le sue fonti. Lo fa


soltanto in 2 casi:

1. se conoscere la fonte è indispensabile per la prova del reato, per provarlo


2. se la verità delle notizie può essere accertata solo identificando la fonte
Se la fonte è indispensabile per far avanzare il processo, il giornalista può essere costretto a
rivelare la fonte.

IL DIRITTO A ESSERE INFORMATI E AD INFORMARSI

La nostra costituzione è debole nell’articolo 21 rispetto alla Costituzione Tedesca e alla


Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo: essa non prevede il diritto a informarsi (lato
riflessivo) e a essere informati (passivo). Prevede soltanto il diritto a informare, con i suoi
limiti costituzionali.

Diritto a essere informati (lato passivo)

Essere informati (lato passivo) è solo un interesse generale indirettamente tutelato


dall’articolo 21, quindi non c’è un diritto a essere informati.

La Corte costituzionale desume che se nell’articolo 21 c’è un diritto a informare dall’altra


parte non c’è un vero e proprio diritto a essere informati. (sentenza 97/77)

Questo significa che non c’è un diritto che può essere preteso, da esercitare e da assicurar,
una prerogativa per la quale andare in tribunale presso un giudice. Con un diritto al giudice
possiamo chiedere ciò che vogliamo (es. diritto di proprietà: se qualcosa ci viene rimosso possiamo
reclamare la nostra proprietà, cioè il diritto).
Invece, per gli interessi legittimi vi è una tutela indiretta: nel sistema giuridico ci sono delle
posizioni di vantaggio, prerogative in positivo che non sono diritti e quindi non sono
esigibili davanti ad un giudice: si è una posizione diversa davanti ad un’autorità rispetto al
diritto.
Quindi l’art. 21 garantisce il diritto a informare, ma quando si tratta del lato passivo, di
ricevere l’informazione, non c’è un uguale tutela, ma è solo un interesse.

Sentenza 1988: la Corte costituzionale ha affermato che c’è un dovere a informarsi. Se


esiste un dovere a informarsi, a carico di tutti per il dovere di solidarietà nella loro vita in
società, dall’altra parte chi fa informazione ha l’obbligo/dovere di informare con chiarezza
e correttezza. Quindi gli italiani non godono di un diritto a essere informati, ma hanno un
dovere a informarsi (lato riflessivo).
Ad esempio, il nostro ordinamento giuridico ha una presunzione di conoscenza della legge, per la quale non è
ammessa ignoranza. Allo stesso tempo, lo stato deve informare bene il cittadino sul suo ordinamento giuridico.
Nelle aziende bisogna informare il pubblico sulle qualità dell’oggetto che vendiamo.

Essere informati non è un diritto sociale, d’altra parte c’è un dovere a informarsi e un
dovere a informare correttamente da parte di chiunque faccia informazione, come lo Stato
e il sistema informativo.

Inoltre, la Corte costituzionale ha affermato che il nostro diritto a ricevere informazioni è


retto da un principio di pluralismo, cioè noi abbiamo diritto a ricevere informazioni da una
pluralità di fonti: il nostro diritto a essere informati si attiene a un mercato
dell’informazione aperto e che funziona in modo plurale; in esso più soggetti possono
discutere un’informazione e ogni posizione può circolare nei limiti normativi (dignità,
immagine ecc.).

In conclusione, se c’è una pluralità di fonti informative, abbiamo dovere di informarci da


soli.

INTERESSE A RICERCARE LE INFORMAZIONI – DIRITTO DI ACCESSO

Il diritto a ricercare le informazioni originariamente veniva ritenuto esclusivo di giornalisti


e ricercatori, perché era un diritto collegato allo scopo di informare, collegato all’interesse
strumentale all’attività informativa.

Con le nuove tecnologie, è diventato un diritto fondamentale, ricavato dall’art.21.


Diritto di accesso: dal 1990 in Italia vi è stato una progressiva pubblicazione delle info della
pubblica amministrazione, verso la quali c’è interesse pubblico e il segreto è un’eccezione.
Fino al 1990, esisteva il segreto d’ufficio: le decisioni delle amministrazioni non erano
pubbliche, ma segrete e non erano soggette a confronto.

Dal 1990, si rendono accessibili ai cittadini le informazioni delle amministrazioni in


maniera generalizzata, in formato aperto e riutilizzabile. (es. studio sui cantieri aperti a
Bologna: il ricercatore deve poter ricontrollare quelle informazioni).
Tuttavia, ci sono due limiti alle categorie di informazioni che possono essere pubbliche:
la riservatezza dei privati e il segreto di Stato.

I siti del Ministero hanno sezioni chiamate Amministrazione Trasparente, nel quale le
informazioni sono già pubbliche: se non lo sono, possiamo richiederlo.

Nel mondo la disclosure delle info delle amministrazioni si dice FOYA, Freedom of
Information act: in Italia vi è stata la disclosure completa per combattere la corruzione e lo
sperpero di denaro pubblico.

DIRITTO DELLA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

Art.15: LA LIBERTÀ DELLA CORRISPONDENZA E DELLE COMUNICAZIONI


La libertà della corrispondenza e delle comunicazioni è l’altro diritto fondamentale assieme
all’art.21. Tuttavia, l’art. 15 tutela un processo comunicativo differente rispetto all’art. 21, la
comunicazione: essa avviene fra due soggetti entrambi rilevanti, quindi in questo caso
conta anche la posizione giuridica di chi riceve l’informazione, perché conta la sua identità.

Inoltre, in questo fenomeno le parti si possono invertire (emittente e destinatario,


scrittore e lettore). Ciò avviene in tempo reale nelle nuove tecnologie, ma questa norma
nasce in un periodo in cui vi era solo la telefonia fissa e la posta cartacea, che avvenivano
con le loro tempistiche, in modo frammentario e intermittente.
L’art. 15 assicura la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di
comunicazione, quindi oggi includiamo anche le comunicazioni on line (e-mail, app di
messagistica). Inoltre, afferma che solo con l’intervento di un giudice si può limitare la libertà
e la segretezza della comunicazione: diverso è il caso dell’art. 21, nel quale si afferma che in
casi di urgenza prima si può sequestrare uno stampato e poi avvisare il giudice.

La dottrina costituzionalistica legge l’art.15 in connessione con altri 2 articoli, il 13 e 14, e


afferma che con essi costruisce la sfera inviolabile delle libertà individuali:

 l’art. 13 riguarda la libertà personale, ovvero tutela una sfera di libertà fisica
 l’art. 14 riguarda il domicilio, ovvero tutela una sfera di libertà spaziale
 l’art. 15 tutela la libertà personale nella sfera spirituale, ovvero la nostra possibilità di
interelazionarci con gli altri

La tutela della libertà personale è una novità della nostra costituzione: essa non era
prevista dallo Statuto albertino, nonostante già esistessero la posta e il telegrafo (al contrario
della libertà di manifestazione del pensiero, prevista in parte e nella forma primitiva della libertà di
stampa).
Quindi la Costituzione introduce una novità duplice, per due motivi:

 considera le comunicazioni interpersonali oggetto di tutela


 le tutela sotto il profilo costituzionale, quindi con una forza maggiore. Infatti, le
comunicazioni sono considerate “minimo inviolabile delle persone” in quanto
inserite nelle tre libertà personali: “inviolabile” significa che non sono oggetto di
riforma costituzionale.

ESTENSIONE SOGGETTIVA DEL DIRITTO ALLA COMUNICAZIONE

La libertà di comunicazione interpersonale ha come titolari del diritto:

 persone fisiche
 formazioni sociali (partiti, associazioni)
 persone giuridiche, ma solo private (aziende, imprese…)
non lo Stato e le P.A. per i quali vale la completa trasparenza

Quindi questo diritto è esteso anche alle persone giuridiche e alle formazioni sociali: può
essere applicato anche ai partiti, alle associazioni, alle imprese e alle aziende.

Anche i minori hanno diritto alla libertà e alla riservatezza delle comunicazioni, ma ci sono
limiti in relazione al fatto che i genitori hanno il diritto/dovere di educare i figli
(c’è riservatezza sulle comunicazioni dei minori fino a quando il genitore non incorre nel sospetto/occasione che
deve leggere quella comunicazione per il bene dei figli)

In particolare, nella dimensione soggettiva la tutela è duplice, cioè riguarda due soggetti in
maniera identica e contestuale, il mittente e destinatario
Estensione OGGETTIVA del diritto alla comunicazione

In che cosa consiste la tutela? L’art. 21 tutela tutte le forme di comunicazione.


All’inizio c’era un ‘interpretazione restrittiva, che considerava soltanto la forma dello
scambio epistolare, perché si pensava che solo la lettera assicurasse la riservatezza.
(quindi una cartolina non avrebbe dovuto essere segreta e non sarebbe stata considerata come una forma comunicativa)

L’interpretazione attuale considera la forma della comunicazione ininfluente: importa la


dinamica comunicativa, non il mezzo, quindi viene tutelata qualunque modalità di
comunicazione. Questa visione espansiva viene sposata dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo (1978) e dalla c. cost (1993) perché adatta alle nuove tecnologie.

Con la sentenza 81/93, la Corte costituzionale afferma che c’è un duplice diritto nella
comunicazione: alla libertà e alla riservatezza di ciò che si dice.
(Il 21 prevede invece solo la libertà di manifestazione del pensiero, non la riservatezza del contenuto)
Chiarisce che c’è riservatezza non solo sul contenuto, ma anche sui dati esteriori della
comunicazione: l’identità dei soggetti, la durata e il luogo della conversazione. Quindi è
riservato tutto ciò che riguarda la comunicazione: sia il contenuto sia i protagonisti, i
riferimenti di tempo e di luogo della comunicazione.
Esso può essere reso pubblico solo con i modi della giustizia e con le intercettazioni.

L’art.15 tutela disgiuntamente i due valori, la libertà e la segretezza di comunicazione:

 la libertà è sempre tutelata, ci si può dire ciò che si vuole (nei limiti costituzionali)
 la riservatezza dipende dal mezzo con il quale si comunica:
se il mezzo non assicura la segretezza, ci si limita a ridurre la tutela (esempi:
cartolina illustrata viene vista dal postino, telefonata a voce alta in treno)

Determinatezza o determinabilità dei soggetti

A differenza dell’art. 21, nell’art. 15 i due soggetti sono entrambi determinati o altrimenti
sono determinabili: devono essere noti nell’identità o nei casi delle nuove tecnologie i
soggetti non sono determinati ma ci sono modi per individuarlo. Quindi questo articolo
tutela Netflix, perché c’è una lista di account ricollegabili persone individuabili: c’è una
rilevanza di chi riceve l’info.

Reati legati alla comunicazione

Il Codice penale prevede dei reati relativamente alla comunicazione, formulati in relazione
alla posta. Le azioni che costituiscono reati sulla comunicazione sono:

 cognizione: riguarda la corrispondenza chiusa e avviene già con l’apertura del


messaggio, quindi non importa la conoscenza del contenuto.
 Sottrazione: avviene quando il messaggio è sottratto al destinatario e consiste nello
spostamento della comunicazione in un altro luogo
 Distrazione: trattenimento della comunicazione per un esame successivo
 Distruzione: l’eliminazione della comunicazione (es. cancellare una mail)
 Rivelazione: la diffusione a terzi del contenuto della comunicazione

INTERCETTAZIONI

Al comma 2, l’art. 15 afferma che la riservatezza può essere limitata solo sotto permesso di
un giudice. Inoltre, in questo caso è escluso l’intervento d’urgenza al contrario dell’art.21:
si deve pianificare l’intercettazione su una comunicazione.
Inoltre è la legge che disciplina i limiti alla riservatezza e le modalità per le intercettazioni
delle comunicazioni private (riserva di legge).

Successivamente la Corte costituzionale ha posto altre garanzie sulla riservatezza:

 L’intercettazione deve avere il controllo diretto del giudice


 la motivazione dell’intercettazione deve essere predeterminata
 si valuta la legittimità dell’azione del giudice

INTERCETTAZIONI

Le intercettazioni sono misure di violazione della riservatezza e servono per due motivi:
per la prevenzione di un crimine oppure per l’indagine su di esso da parte di un giudice.
Consistono nell’attività diretta a cogliere le nostre comunicazioni mediante strumenti
informatici o telematici.

Siccome si tratta di una violazione di una libertà costituzionale, le intercettazioni hanno


norme molto rigide. Per giustificare le intercettazioni sono necessarie due condizioni:

1. ci sono gravi indizi di reato


2. le intercettazioni sono indispensabili per proseguire nelle indagini.

Questo può succedere solo reati specifici, non per qualsiasi reato. I reati vengono elencanti nel 266 cpp.
Tuttavia, non si possono mai intercettare le comunicazioni di un imputato con la sua
difesa: il proprio avvocato, gli investigatori autorizzati e i consulenti tecnici con i loro
aiutanti.

Procedimento

Le intercettazioni possono durare massimo 15 giorni, che sono prorogabili con


un’autorizzazione del giudice.

Invece per i reati di criminalità organizzata, le intercettazioni vengono autorizzate per un


periodo di 40 giorni, ma in questo caso sono prorogabili di 20 giorni sempre dal giudice.

Trascrizioni delle intercettazioni


Quando si compie un’intercettazione, si registra la comunicazione e viene trascritta su un
verbale. Le registrazioni sono consegnate al giudice, che cancella le parti irrilevanti per le
indagini: non si tiene traccia delle conversazioni private che non servono al processo, le
intercettazioni sono giustificate solo da esigenze investigative. Il contenuto delle
intercettazioni è messo a disposizione delle parti del processo.

TERZA PARTE: I MEDIA


LA STAMPA
È la prima storicamente, anche l’art. 21 parla soltanto di essa: resta il mezzo principe
dell’informazione. Storicamente si hanno due concezioni della stampa:

 per i francesi, vi è una concezione positivista della stampa: viene vista come luogo di
espressione e manifestazione del pensiero, la libertà di manifestazione del pensiero è
espressione della dignità dell’individuo
 per gli americani, la concezione è giusnaturalista: la libertà di stampa coincide con la
libertà di manifestazione del pensiero e ha una funzione strumentale alla democrazia,
perché costruisce un’opinione pubblica e quindi una maggioranza.

La stampa inizia a diffondersi dal 1700, inizialmente come editoria libraria (opuscoli, libri
ecc.) e poi come editoria periodica (giornali). In Europa la radio e la tv nascono con il
supporto dello Stato, quindi inizialmente reti pubbliche, invece negli USA ci sono grandi
investimenti di privati, le linee telefoniche vengono costruite da un’azienda (NTNT) le
emittenti che nascono sono una pubblica su rete privata (abc) e due private (nbc, cbs)

Invece la stampa è dalla sua nascita una realtà che nasce sul mercato e non ha bisogno di
nessuna infrastruttura, ma dell’attrezzatura da parte di chi stampa: è un lavoro artigianale a
libero mercato. Le regole sono dirette a disciplinare l’attività commerciale degli editori
privati.

La stampa nell’ITALIA LIBERALE - ALBERTINA

La libertà della stampa viene già affermata dall’articolo 28 dello Statuto Albertino: è una
costituzione flessibile, perciò in merito alla stampa viene modificata da una legge
successiva. L’Editto sulla Stampa (696/1848) è la nostra prima regolamentazione sulla
stampa e afferma:

- il divieto di censura (si può sequestrare uno stampato solo dopo la sua pubblicazione)
- la distinzione fra stampa periodica e stampa comune
- la disciplina degli abusi: i reati sulla stampa sono più lievi di quelli normali, c’è un occhio
di riguardo per essa.
Nel tempo la legge sulla stampa diventa più restrittiva e si mette un’autorizzazione
all’esercizio delle arti tipografiche (legge 3720/1859): per avere una stamperia, bisogna
seguire un corso e superare una prova. Inoltre, c’è anche un giudizio morale sui tipografi
(“persone oneste e probe”): si capisce che controllando le stamperie si controlla l’uscita dei
libri e si mette un filtro ad un’attività liberamente esercitata come qualunque attività
commerciale.

Quest’impostazione restrittiva delle norme è mirata ad un controllo sociale e alla difesa


dell’idea di cultura, ma tuttavia non accresce il numero delle persone acculturate:
l’approccio alla cultura è elitario e aristocratico, che vede i libri per pochi eruditi e i giornali
per la classe medio-alta.

Di fronte a questa concezione il mercato reagisce e avvicina il pubblico operaio e piccolo


borghese alla cultura, quindi si inizia a rivolgere a classi diverse rispetto alle solite: nel 1861
la casa editrice Sonzogno inizia a pubblicare romanzi d’appendice e stampa periodica
illustrata, i giornali iniziano a pubblicare cronache locali, rubriche per casalinghe. Quindi si
creano contenuti per le classi piccolo-borghese e operaie.

(all’inizio la scuola non si occupava tanto dell’analfabetismo, nonostante il tasso fosse del
76%. Uno dei primi romanzi pubblicati è quello di pinocchio)

LA STAMPA NELL’ITALIA FASCISTA

Col Fascismo, il sistema di garanzia contro gli abusi diventa più restrittivo e introduce dei
mezzi preventivi alla pubblicazione della stampa, dei controlli su ciò che si stampa:

l’idea è che la stampa deve continuare, ma si può scrivere solo ciò che è funzionale al
sistema politico: il diritto viene funzionalizzato, cioè garantito solo se è utile a un bene
superiore, il bene della nazione fascista. In un certo senso a tutti i giornali viene dato il
canone morale fascista.

Inoltre viene istituita una rete di controlli assieme al tradizionale ruolo repressivo dello
Stato: ci sono una serie di interventi sulla stampa, quali le minacce ai direttori delle testate
o l’acquisto di azioni dei giornali da parte delle famiglie vicine al regime.

Si cambia la forma della persona in carico delle testate:


- da gerente diventa direttore responsabile
- viene estesa la sua responsabilità: egli è responsabile in egual modo dei reati dei suoi
giornalisti. Quindi se un giornalista compie un reato sulla propria testata,
anche il direttore ne risponde: ha la responsabilità oggettiva per fatto altrui.

In questo modo viene messa pressione sul sistema: il direttore è messo nella condizione di
essere rigoroso nel controllo dei contenuti che andrà pubblicare sul suo giornale.
Un altro provvedimento su questa scia è l’istituzione dell’Albo dei giornalisti nel 1926:
viene tenuto dal sindacato nazionale fascista e fu presentato per soddisfare la richiesta di
professionalità dei giornalisti, ma in realtà esso era un sistema di controllo e selezione
politica.
La struttura dell’Albo è simile a quella odierna ed è divisa in tre albi: professionisti,
praticanti e pubblicisti. Per essere inseriti, i requisiti positivi sono gli stessi di oggi, invece fra
quelli negativi era richiesto di non essere un ribelle.

Interventi a sostegno della stampa

La concezione della grandezza della cultura italica porta a interventi a sostegno della
stampa: questa è la prima forma di appoggio ai mezzi culturali da parte dello Stato,
sconosciuta nella fase precedente dove il mercato era libero e senza interferenze delle
istituzioni.

Il Fascismo interviene a sostegno della stampa con un modo che


1. avviene anche nei paesi non autoritari (Francia, Gran Bretagna)
2. si conserva nella Repubblica italiana

Quindi nel 1935 viene istituito l’Ente Nazionale Cellulosa E Carta: esso riunisce tutte le
categorie legate alla filiera della cellulosa e in questo modo pone si controlla la
distribuzione della materia prima dell’editoria. La logica è quella dell’autarchia e della
corporazione: l’autarchia vuole la produzione dei beni di cui si ha bisogno nel proprio
Stato, senza scambi con gli altri Paesi, invece la corporazione è una forma di sindacato che
racchiude sia i lavoratori sia i datori di lavoro e ha lo scopo di evitare la lotta di classe per
perseguire il bene della nazione (oggi vi sono due diversi sindacati, la CGIL e Confindustria)

Nell’ Italia Albertina, le funzioni della stampa erano di un sottosegretariato del PdCM.
Invece nel 1939 viene istituito prima il Ministero per la Stampa e per la Propaganda, poi
MiniCulPop. A ridosso di questo ministero, nel 1940 viene istituito l’Ente Stampa: esso
si occupa di diffondere le “veline” e preparare gli articoli per i giornali.
Successivamente questo ente impone l’eliminazione della cronaca nera, perché il Paese
doveva risultare integro, non diviso, capace di controllare le dinamiche sociale

LA STAMPA NEL PERIODO COSTITUZIONALE PROVVISORIO

Dopo la caduta del fascismo, c’è un periodo di sovranità limitata e un controllo delle
pubblicazioni da parte di un ente degli alleati, il Psychological Warfare Branch: mentre i
partigiani volevano chiudere i giornali fascisti, gli angloamericani li lasciano aperti, quindi
introducono strumenti di verifica e chiedono ai giornali di cambiare nome per
simboleggiare un distacco con il passato fascista (es. Il corriere della Sera diventa Corriere d’Italia).
Inoltre, questo ente favorisce la pubblicazione di giornali man mano che da nord a sud il
territorio viene liberato dagli americani (esempio: la nuova Sicilia).

Tuttavia, il Psychological Warfare Branch opera solo per due anni: quando questa struttura
viene sciolta, le testate riprendono il proprio nome e le funzioni della stampa tornano al
Sottosegretariato presso la PdCM e diventano di sostegno ad essa (non di repressione);
inoltre

Prima dell’Assemblea costituente, sono sciolte alcune limitazioni messe dal fascismo: viene
abolito il sequestro preventivo e limitato il sequestro restrittivo all’autorizzazione del
giudice, così come affermato nell’articolo 21.

LEGGE SULLA STAMPA (47/48)

Durante i lavori dell’Assemblea costituente, si approva la Legge sulla Stampa (47/48)


Art.1: C’è una definizione di stampato che rimarrà per quasi 50 anni.
Lo stampato è ciò che si realizza con riproduzione tipografiche o con mezzo fisico-chimico
ed è destinato alla pubblicazione. Dentro questa definizione c’è sia la stampa periodica
(giornali), sia la stampa non periodica (editoria, libro):

Art.2: Stampa periodica e non periodica si distinguono per le indicazioni obbligatorie che
devono riportare: si inseriscono degli obblighi per conoscere la fonte delle informazioni di
stampato. È una misura non repressiva e presente in molte legislazioni europee: si ha
l’attribuzione ad un editore della responsabilità di quello che si pubblica.

Per la stampa periodica viene abolita l’autorizzazione del prefetto alla pubblicazione: viene
chiesto di registrare la propria testata presso i tribunali. (l’autorizzazione non viene abolita neanche nel regime
antifascista: veniva chiesto ai prefetti di avere una mappa delle pubblicazioni nella loro provincia).

Art. 3: viene alleggerita la responsabilità del direttore, che non ha più responsabilità per
fatto altrui ma per fatto proprio: ha culpa in vigilando, cioè è responsabile per non aver
vigilato che si commettano reati attraverso il giornale che dirige.
Il fascismo aveva previsto che i direttori delle testate fossero responsabili in maniera uguale ai loro giornalisti (se giornalista si
macchiava di diffamazione, ad esempio, il direttore del giornale ne rispondeva in maniera oggettiva, cioè allo stesso modo e con
la stessa responsabilità).

In questo periodo intermedio, le leggi fasciste non vengono abrogate, ma vengono


reinterpretate e pulite di tutti i tratti fascisti.

ORDINE DEI GIORNALISTI

Nel 1963 si compie una riforma dell’Albo e istituisce l’ordine dei giornalisti (L. 69/63):
all’ordine fanno parte coloro che si iscrivono a uno dei 3 albi: pubblicisti, professionisti e
praticanti

 Professionisti: esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di


giornalista.
 Pubblicisti: coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita
anche se esercitano altre professioni o impieghi. Si tratta di una collaborazione con i
giornali, per la quale è importante avere un compenso economico e pubblicare
articoli con una certa regolarità.
 Praticanti: si iscrivono ad un elenco per aspirare ad essere professionisti.

Prima definizione di giornalista

La legge 69/63 parla dell’attività del giornalista, di che cosa fa, più che del suo mestiere: è
diritto dei giornalisti la libertà di informazione e di critica nei limiti della legge.

La giurisprudenza ha cambiato questa impostazione: una sentenza della cassazione civile


(7007/83) considera giornalista anche chi non compie attività intellettuale: il lavoro può
essere sia materiale, cioè di ricerca delle notizie e delle fonti, sia intellettuale, elaborando
per iscritto i fatti.

Inoltre, i giornalisti non sono gli unici che possono scrivere sui giornali, perché il diritto di
cronaca è di tutti secondo l’art.21 della Costituzione: non c’è coincidenza fra diritto di
cronaca e professione giornalistica.

Modalità di iscrizione all’ordine dei giornalisti


Per iscriversi all’elenco dei pubblicisti, bisogna:
 avere 21 anni
 essere iscritti al registro dei praticanti
 aver dimostrato l’esercizio della pratica giornalistica per 2 anni in maniera continuativa
e sotto retribuzione.
 Presentare certificato dei direttori delle testate sulle quali hanno scritto come prova dei
due anni di attività pubblicistica retribuita
Invece per i professionisti, oltre ai 21 anni e all’iscrizione come praticanti, bisogna:
 dimostrare l’esercizio pubblicistico retribuito per 18 mesi anziché 2 anni
 Superare la prova nazionale di idoneità professionale

Struttura dell’ordine

L’Ordine ha una struttura nazionale e varie strutture territoriali: gli Ordini Territoriali sono
18 e hanno un’articolazione simile a quella nazionale. Non tutte le regioni hanno un consiglio regionale,
alcuni ordini accorpano regioni diverse, ad esempio la Valle D’Aosta e il Piemonte

Dal 2017 l’Ordine ha come organo principale il Consiglio nazionale: è l’equivalente del
Parlamento ed ha sede presso il ministero della Giustizia. È composto da 60 membri, di cui
40 sono professionisti (2/3) e 20 sono pubblicisti (1/3) e sono eletti dagli ordini regionali.
La carica dei giornalisti nel Consiglio dura 3 anni.
Il consiglio nazionale elegge un Comitato Esecutivo, una sorta di governo:

 è composto da 9 membri, di cui 6 professionisti e 3 pubblicisti.


 fra i 6 professionisti si sceglie il Presidente del Consiglio Nazionale.
Funzioni dell’Ordine

L’Ordine dei Giornalisti presiede alla formazione continua degli iscritti e delle scuole di
giornalismo: ogni 3 anni gli iscritti devono seguire un’attività di aggiornamento e ottenere
dei crediti professionali.

Inoltre tiene il Codice deontologico della professione, ovvero il codice di autoregolazione


dell’Ordine dei Giornalisti: ha un compito di tutela e di vigilanza dell’operato del giornalista.

Ciò avviene con i consigli di disciplina, anch’essi nazionali o territoriali. Essi controllano le
varie denunce per la violazione delle regole o per i reati: esaminano i fatti ed erogano una
sanzione disciplinare dopo un contradittorio, cioè dopo un confronto con il giornalista in
questione.

Le sanzioni disciplinari sono:

 Avvertimento: un richiamo al giornalista all’osservanza formale


 Censura: biasimo formale da parte dell’ordine
 Sospensione dall’ albo che va da due mesi ad un anno, avviene nei casi di
compromissione della dignità professionale
 Radiazione: cancellazione dall’albo in cui si è iscritti, avviene nei casi più gravi di
violazione della dignità professionale.

Al primo grado si va davanti al consiglio di disciplina dell’ordine regionale, nel caso in cui la
persona in questione si appelli si va davanti all’Ordine Nazionale.

Nuove linee guida per l’Ordine

nel 2018 ci sono state nuove norme per l’Ordine, ma ancora non sono in vigore:

 sparisce il praticantato di 18 mesi in una redazione


 resta l’esame d’idoneità, ma per farlo basta una laurea triennale ottenuta in Europa
e un praticantato in un corso annuale e in un master post-laurea
 sparisce l’esclusività della professione, quindi un giornalista può fare anche altri
lavori.

DOVERI DEI GIORNALISTI

La legge 69/63 prevede degli obblighi per i giornalisti: sono obbligati al rispetto della verità
sostanziale dei fatti quando possibile, putativa quando non è possibile.
Devono dimostrare di comportarsi in maniera leale nei confronti dei lettori e in buona fede

Dovere di rettifica: I giornalisti hanno anche il dovere di rettificare le notizie inesatte. In


particolare, sono tenuti a dare alla notizia rettificata la stessa importanza che aveva la
notizia originale: se la notizia errata era in prima pagina, la notizia rettificata va anch’essa
in prima pagina, dando così la stessa rilevanza. La rettifica è più frequente all’estero, in Italia succede raramente.
Esempio: il New York Times fa un’attività di controllo sulle notizie molto forte prima di pubblicarle, quindi ogni giorno si trova a pubblicare
pagine di rettifica: ogni giorno cerca di rimediare alle inesattezze commesse in precedenza.

Costituzionalità dell’Ordine (sentenza 11/68)

Nel 1968 la Corte costituzionale è stata interrogata sulla costituzionalità dell’Ordine dei
Giornalisti in relazione all’art. 21 (è stato chiesto perché c’è un Ordine che regola chi può scrivere dal
momento che la Costituzione afferma che tutti hanno la libertà di manifestare il pensiero).

Nella sentenza 11/1968, la Corte costituzionale non ritiene l’ordine giornalistico


anticostituzionale perché in esso non ci sono intenti selettivi: l’ordine dei giornalisti ha dei
limiti imposti dal mercato editoriale, non dalla legge. Inoltre, esso non serve a filtrare chi
scrive sui giornali, bensì ad assicurare una tutela ai giornalisti. Questa è anche una forma di
garanzia per i lettori: in questo modo sanno che il giornalista che scrive ha un bagaglio culturale e intellettuale
di un certo livello e una capacità professionale.

Nozione di PRODOTTO EDITORIALE: Legge 62/2001

Con l’evoluzione digitale, il concetto di stampato della legge 47/48 viene rivisto.
Infatti, alcune disposizioni nella disciplina della vecchia stampa erano incompatibili con
l’editoria on line, quali
 l’obbligo di registrarsi in tribunale: l’editoria digitale gode di un certo spontaneismo e in
molti casi alcune testate on line non hanno un iscritto all’albo dei Giornalisti, quindi è
difficile registrarsi in tribunale.
 l’erogazione di finanziamenti.

Perciò, la legge 62/2001 introduce la nozione di prodotto editoriale invece che di


stampato: mentre lo stampato implicava il mezzo fisico della carta, la nuova definizione del
2001 si concentra sul contenuto e sulla destinazione. Infatti, la legge dice che per prodotto
editoriale si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo o supporto informatico:
non importa la forma, ma deve essere destinato alla pubblicazione o alla diffusione di
informazioni al pubblico indistinto. Conta il contenuto informativo e la destinazione al
grande pubblico.
Vengono esclusi dalla nozione di prodotto editoriali:

 i prodotti sonori, musicali o visivi, cinematografici in quanto sono considerati prodotti


artistici e hanno una loro disciplina
 i prodotti riservati all’uso commerciale (esempio: il depliant di un’azienda, il catalogo, il
volantino…)

Tuttavia, della Legge 47/48 si mantengono la registrazione al tribunale e le indicazioni


obbligatorie, da indicare in maniera adeguata al mezzo usato (nel caso del digitale non
bisogna indicare il luogo di stampa ma solo l’editore, l’autore dell’articolo, il direttore)
Con lo stesso scopo della registrazione in tribunale, viene introdotto un altro registro: il
ROC,
il registro degli Operatori di Comunicazione, che viene tenuto dall’AGCOM.
Il suo scopo è garantire la trasparenza e far sapere i proprietari delle testate on line.
Inoltre, attraverso il registro si tutela l’anticoncentrazione dei media e il pluralismo: si
tutela il fatto che la stessa persona non si proprietaria di troppe testate.
(è importante sapere chi è l’editore di una testata per comprendere la sua linea editoriale)

Come filiera industriale, si pensava che anche nel mondo dell’editoria la produzione, la
distribuzione e la vendita fossero tre parti distinte, come per le altre filiere.
Ad esempio, il gas: la produzione/estrazione avviene in un luogo, la distribuzione avviene tramite i tubi e successivamente la
vendita alle case viene compiuta da un’altra azienda. Nella stampa, il giornalaio paga solo le copie vendute a fine giornata e
restituisce gli altri giornali non venduti. Ciò serve ad aiutare i giornalai, affinché siano le testate ad assumere il rischio
dell’invenduto. es. il corriere della Sera stampa le sue copie a Milano, manda la sua copia in pdf nelle altre stamperie d’Italia e
queste le distribuiscono alle edicole: a fine giornata ricava il guadagno di quelle che gli edicolai hanno venduto effettivamente

Tuttavia, la legge del 2001 introduce una suddivisione diversa da quella tradizionale
produttori-distributori-venditori, perché Internet ha ruoli diversi e non ha la distribuzione:
 operatori di rete: i network provider, coloro che fanno funzionare la rete e concedono
l’accesso ad Internet. In termine tecnico sono detti TELCO (esempio: Tim, Vodafone,
Iliad)
 fornitori di contenuti: coloro che caricano in rete i contenuti che cerchiamo, quindi
anche le testate on line (esempi: Wikipedia, quotidiani, siti di aziende)
 fornitori di servizi: coloro che in rete danno servizi e prestazione (es. Google, che fornisce un
servizio di ricerca). Fornitori di servizi e contenuti sono detti OTT, over the top.

C’è una richiesta di norme fra i fornitori di contenuti e servizi e gli operatori di rete. Ciò avviene perché gli
operatori di rete fanno un lavoro ingegneristico e infrastrutturale più duro ma con meno guadagno, al
contrario di Google o i fornitori di contenuti che ottengono più guadagno dei TELCO con un lavoro più
facile, ciò guadagnano grazie al lavoro degli operatori di rete. Quindi gli operatori di rete hanno richiesto
o una condivisione dei profitti o maggiore denaro per poter operare da parte degli OTT.

Il ROC è una forma alternativa di iscrizione al tribunale che ha lo stesso scopo di garanzia e
i suoi iscritti sono:
 operatori di rete
 fornitori di servizi
 fornitori di contenuti, fra i quali rientrano le testate
 imprese di produzione o distribuzione di programmi radiotelevisivi
 le concessionarie di pubblicità
 le agenzie di stampa
 gli editori di giornali, quotidiani, periodici o riviste
 i soggetti esercenti l’editoria elettronica
 le imprese di servizi di comunicazione elettronica
Per semplificare il rapporto fra le vecchie iscrizioni al tribunale e le iscrizioni al ROC, la legge
del 2001 prevede che la registrazione al ROC esenta da quella al tribunale. Tuttavia, è
obbligatorio iscriversi per iniziare a pubblicare a scopo di profitto e si vogliono ottenere i
benefici e le protezioni da parte dello Stato.
L’AGCOM ha precisato che le testate on line hanno l’obbligo di registrarsi al tribunale
solo quando hanno intenzione di pubblicare con regolarità.
SOSTEGNO ECONOMICO
Ci si è chiesto se opportuno finanziare un fenomeno a mercato come la stampa: la corte
costituzionale afferma che il denaro pubblico assicura il pluralismo dell’informazione nel
sostenere il mercato della stampa. Ci sono state varie forme di finanziamento:
1. In un primo momento, si dava mano all’industria della carta, perché per tempo la carta
è stata l’unico costo fisso per gli editori.
2. Negli anni 60, si passò a dare i soldi agli editori dei giornali con una certa diffusione
territoriali.
3. Una seconda soluzione è stato il controllo dei prezzi su quotidiani: lo Stato prefissava i
costi per tutti i giornali in cambio del finanziamento.
4. Si è passati a una forma di contribuzione indiretta: non si sostiene l’editore, ma si lega il
contributo al numero di giornali venduti, con una rendita a calare sopra una certa
soglia.
Lo scopo della contribuzione indiretta era quello di dare un parametro oggettivo.
5. si è passati al sostegno alla tiratura: si dà denaro per quante copie si stampano e si
obbliga a stampare un numero proporzionato di copie.
Ultimo approdo 198 2016:

RIFORMA DELL’EDITORIA – Legge 198/2016

Fondo per Il Pluralismo e L’innovazione dell’informazione

Nel 2016 il Governo Renzi ha inserito il nuovo Fondo per il Pluralismo e l’Innovazione
dell’Informazione, che si rivolgeva ai media più deboli, all’editoria e alle tv locali.
Questo Fondo è stato messo sotto la responsabilità del Presidente del Consiglio e del
Ministro dello Sviluppo Economico e prevede dei requisiti oggettivi per ls concessione dei
finanziamenti: questi criteri sono poi verificati dalle Commissioni parlamentari adeguate.
Il Fondo è alimentato da:

- denaro statale destinato all’editoria quotidiana e periodica


- denaro statale destinate all’emittenza locale, sia radiofonica sia televisiva
- quota parte delle maggiori entrate del Canone Rai. La Rai ebbe un introito straordinario
di 100 Milioni durante il Governo Renzi perché egli il pagamento del canone rai fu
collegato a quello della luce elettrica, così si raccolse più denaro di quanto venisse
versato con la tassa spontanea.
Inoltre, le somme statale derivano da un contributo di solidarietà: esso è composto
dall’0,1% del reddito complessivo del mondo della pubblicità, che opera attorno
all’editoria.
In particolare le realtà pubblicitarie che sostengono l’editoria sono:

- concessionarie di pubblicità, le aziende che vendono pubblicità e la collocano sui vari


media: siccome vivono anche dell’attività dei giornali, è giusto che in parte sostengano i
giornali
- società che operano nel settore dell’informazione e raccolgono direttamente la
pubblicità, senza intermediari
- altri soggetti che intermediano nel mercato della pubblicità su tutti i tipi di piattaforma.
Per ottenere il finanziamento, ci sono condizioni necessarie sull’ attività e sul tipo di
società.
L’attività deve essere di informazione esclusivamente in ambito commerciale, cioè deve
essere effettivamente un soggetto che pubblica informazione.
Per quanto concerne il tipo di società/natura del soggetto, i soggetti che possono chiedere il
finanziamento sono:
- cooperative giornalistiche (esempi: Il Fatto Quotidiano, il Manifesto)
- enti senza fini di lucro
- imprese editrici interamente detenute da enti senza scopo di lucro
- imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative o enti senza
fini di lucro

Dal finanziamento sono esclusi i grandi gruppi editoriali e le società per azioni.

Ci sono delle eccezioni e si favoriscono alcune categorie deboli o strategiche:


 imprese editrici che si rivolgono a minoranze linguistiche
 imprese editrici che si rivolgono a ipovedenti – non vedenti
 associazioni dei consumatori
 imprese editrici di giornali italiani diffusi all’Estero

Sono esclusi dai contributi:

 organi di informazione di partiti o movimenti politici


 periodici specialistici (es. riviste giuridiche, scientifiche, che hanno consumo ridotto)
 imprese editrici di società in borsa
I giornali di partito non esistono più perché si fondavano essenzialmente su questo contributo (esempi: L’Avanti per
il Partito Socialista, L’Unità per il PCI, Il secolo per il MSI). Invece oggi la stampa ha delle aree di riferimento, come il
centrodestra o centrosinistra, e i partiti fanno informazione e comunicazione con i propri iscritti attraverso
newsletter e principalmente on line.

Inoltre, con la legge 198/2016 si introducono degli incentivi che danno più probabilità di
ricevere il contributo a:
 gli investimenti di innovazione digitale (come offrire il quotidiano on line insieme al cartaceo,
orientare la produzione del giornale già in digitale)
 progetti innovativi presentati da nuove imprese editoriali: è una misura volta ad
aumentare il numero dei giornali.
 minore tassazione della pubblicità su media locali: si favorisce la presenza della
pubblicità sui media più deboli con meno tasse.

Distribuzione della pubblicità


Giornali e tv vivono del contributo delle pubblicità, ma la distribuzione di essa fra i vari
media è un problema: i pubblicitari preferiscono fare pubblicità sulla tv perché è ritenuta
più efficace. Perciò con una sollecitazione dalla Corte costituzionale, il legislatore della
Legge 198/2016 ha messo un tetto massimo alla pubblicità in tv: rispetto al 100% della
pubblicità che le concessionarie fanno su un prodotto, una percentuale deve essere
riservato a stampa e radiofonia locale.
Questo avviene per evitare che tutta la pubblicità andasse alla tv e fosse tolta alla stampa.
Inoltre, le Regioni spesso hanno strumenti di sostegno finanziario ulteriore per le testate
locali.

Norme sulla vendita di quotidiani e periodici

Ci sono alcune norme sulla vendita dei giornali: gli edicolanti hanno una forma di
contratto favorito per i giornali e libri, per la quale a fine giornata pagano soltanto i giornali
venduti e riconsegnano l’invenduto al loro corriere. Ciò serve a favorire edicole e librerie,
che sono importanti per la vendita ma deboli per loro natura.
Il rischio dell’invenduto sarebbe alto se le edicole dovessero comprare quotidianamente i giornali, richiederebbe
grandi investimenti.

Art. 16 della legge dell’81 che organizza la distribuzione: si impone che i distributori
garantiscano pari trattamento alle testate: devono fare arrivare ai punti vendita tutte le
testate giornalistiche che ne fanno richiesta e non devono lasciare fuori dalla distribuzione
nessuna testata.

Sperimentazioni (L. 108/99): c’è un grande dibattito su dove si possono vendere libri
quotidiani e periodici. C’è sempre stata tensione fra le piccole librerie che vogliono avere
l’esclusiva dei periodici e un interesse della politica della cultura di diffondere i quotidiani e
i periodici in altri esercizi commerciali per invogliare l’acquisto e la lettura di quotidiani.
(In Italia il mercato si regge su pochi lettori forti, ovvero coloro che leggono sette libri
all’anno, compreso il materiale didattico.)

Si è raggiunto un compromesso e vi sono delle sperimentazioni in luoghi diversi da edicole e


librerie, come i supermercati. Le sperimentazioni iniziali prevedevano anche panetterie e
drogherie.

Sperimentazioni: uso di altri luoghi per diffondere la vendita di giornali e libri


SISTEMA DELLE IMPRESE EDITORIALI

La legge sul prodotto editoriale (62/2001) introduce una definizione di imprese editoriali.
Le imprese editoriali sono società che finanziano sia giornali sia tv e radio, ma non hanno
come oggetto esclusivo l’attività di informazione e possono fare anche comunicazione (al
contrario della norma sui finanziamenti, che impone alle cooperative e agli enti senza fini di
lucro l’attività esclusiva dell’informazione).

Quindi un imprese editoriale comprende l’attività editoriale, ma può fare anche altro.
Esempi: sia Rai sia Mediaset hanno anche concessionarie di pubblicità, come Publitalia per la Mediaset. Cairo ha una
parte del capitale di La7 e del Corriere della Sera, ma ha anche altre attività commerciali.

Le forme di un’impresa editoriale possono essere sia imprese di persone fisiche sia società
di persone o di capitali: dalle persone fisiche alle società in nome collettivo, in accomandita
semplice, a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni o cooperative.
PARENTESI DI DIRITTO PRIVATO: FORME DELLE SOCIETA’
Definizione di impresa
L’imprenditore è colui che trasforma capitale, materia prima e lavoro in un prodotto originale: vendendo il prodotto,
paga i lavoratori, gli interessi e le nuove materie prime e ne trae un profitto.
A livello giuridico, l’impresa deve avere 3 caratteristiche, cioè deve essere:
 attività economica: c’è un guadagno, un’attività non economica non è mai impresa
 professionale: svolge l’attività in modo non occasionale, c’è continuità
 organizzata: l’attività ha un’organizzazione che deve avere determinati caratteri, deve essere una società (una
forma non individuale, non domestica…)
Classificazione delle imprese
Le imprese si possono classificare per la forma giuridica e possono essere:
o imprese individuali, nelle quali il soggetto giuridico è una sola persona fisica (es artigiani, avvocati…)
o imprese collettive, anche dette società e hanno come soggetto giuridico più persone fisiche oppure una
persona giuridica.
Le società possono avere diverse forme in base alla natura dei soggetti che ne fanno parte:
 società di persone, nelle quali sono giuridicamente rilevanti i singoli soci, le persone che svolgono
direttamente l’attività. In esse è importante il lavoro delle singole persone specializzate (esempi: attività
gestita da avvocato civilista, penalista e notaio)
possono essere SS (società semplice), SNC (società in nome collettivo), SAS (in accomandita semplice) .
 società di capitali, nelle quali è più importante il capitale delle persone che ne fanno parte, il patrimonio
della società e il suo peso economico. In questo caso il soggetto giuridico è la stessa società, che tiene
diritti e obblighi. possono essere SRL (società per responsabilità limitata), SPA (società per azioni), SAPA (in accomandita per azioni)

La differenza fra i due tipi di società è che le società di persone vedono le persone che lavorano direttamente
responsabili, cioè le persone hanno diritti e obblighi derivanti dall’attività aziendale: ad esempio, un debito viene
pagato dai patrimoni delle persone. Invece nelle società per capitali la responsabilità ricade sul patrimonio della
società, non sul patrimonio dei titolari: esempio: il debito viene pagato direttamente dal patrimonio dell’azienda.
Questa distinzione fra società di persone e di capitali risponde al bisogno degli imprenditori di distinguere il
patrimonio personale da quello aziendale e la responsabilità individuale da quella aziendale

SOCIETÀ PER AZIONI: sono società di capitali che decidono di mettere il loro patrimonio alla valutazione del mercato
per a ottenere denaro. L’azienda fa quotare in borsa il valore reale di quel patrimonio, che può essere superiore o
maggiore al vero e proprio patrimonio.
Ad esempio, un’azienda di vaccini investe 100 milioni nel vaccino, ma lo fa per prima, quindi verrà valutata più di 100
milioni: le sue azioni avranno un valore maggiore sul mercato. Più le azioni vengono comprate, più sale il prezzo delle
azioni, così la società si arricchisce e trasversalmente anche l’imprenditore nei guadagni che ne ricava da essa. Altro
esempio: Il valore delle azioni di Benetton è diminuito perché non ha una bella immagine.

Le società per azioni provocano 3 situazioni:


 Le società per azioni hanno come proprietari migliaia di persone che sono indifferenti alle logiche interne
dell’azienda (le persone sono irrilevanti).
 le società per azioni sono parte di un mercato in sé stesso: la vendita delle azioni non si collega alla qualità del
prodotto che l’azienda vende.
 la società per azioni è soggetta al potere decisionale di chi ha la maggioranza delle azioni: ciò è molto forte nel
caso delle imprese editoriali.

Ci sono anche società che sono proprietarie di altre società e esistono al solo scopo di detenere la maggioranza di
altre società: si chiamano Holding (esempio: la società Agnelli – Elkann gestisce la maggioranza delle azioni delle
società Fiat)

A questo punto le imprese editoriali possono essere:


 persone fisiche
 società di persone
 società di capitali
Inoltre, un’impresa editoriale deve svolgere un’attività che comprenda l’informazione, sia
essa editoriale, tipografica o radiotelevisiva

Imprese editoriali come imprese di tendenza

Le imprese editoriali sono considerate come imprese di tendenza


(non è un termine del diritto ma la giurisprudenza costante utilizzano questa definizione nelle sentenze ).

Di tendenza perché l’editore/imprenditore ha il diritto di definire una linea editoriale, una


direzione a ciò che si scrive, sempre nel rispetto della libertà di stampa.
Esempio: è giusto che ogni editore decida che è a favore del governo, oppure scrivere articoli contro il ministro della
salute, oppure decide di sostenere il sindaco, una squadra di calcio, una scelta di design…

Allo stesso tempo il diritto del datore di lavoro di dare una linea si scontra con la libertà di
manifestazione di pensiero del giornalista.

Perciò un’impresa di tendenza contiene nei contratti collettivi delle “clausole di coscienza”:
sono regole che consentono al giornalista di dare le dimissioni avendo diritto alla
liquidazione, cioè all’indennità di fine rapporto (parte di retribuzione che viene accantonata
in attesa della pensione). Le dimissioni per le clausole di coscienza avvengono in tre ipotesi:

 cambiamento sostanziale della linea politica del giornale. Ad esempio: il giornale ha


antipatia per il governo e diventa un giornale filogovernativo
 situazione incompatibile con la dignità professionale del giornalista. Ad esempio: un
giornalista può dimettersi se passa da firma di prestigio in prima pagina alle rubriche delle info locali, oppure se passa a
scrivere di argomenti che non conosce.
 Impiego in un altro giornale dell’azienda con conseguente perdita della sua dignità.
Esempio: si passa dal Corriere della Sera al settimanale di enigmistica

Norme ANTITRUST PER LA STAMPA


Approfondimento Antitrust
La regola della concorrenza in economia dice che, su qualunque mercato, più ci sono soggetti che vi concorrono, più il prodotto
ha una qualità migliore, meno sarà il prezzo. Più concorrenza c’è su un mercato, più il prodotto avrà una qualità più alta, perché
ogni concorrente cerca di superare l’altro, più il prezzo scenderà perché non vi è l’esclusività del prodotto e non si possono
chiedere prezzi altissimi. La concorrenza significa maggiore qualità ad un prezzo minore.
Perciò l’antitrust è un complesso di misure per garantire la concorrenza in un mercato, ovvero crea le condizioni perché ci sia il
più ampio numero di offerte possibili. Sono delle regole anticoncentrazione della produzione su un solo soggetto.
Due tipi di intervento possibili da parte dell’Antitrust:

 Divieto di posizione dominante, sopra un tot non si va. È detto antitrust passivo o statico. C’è un limite fisso insuperabile
 abuso della posizione dominante: un’azienda può avere una posizione dominante ma può abusarne e non deve andare
contro gli altri concorrenti. È detto antitrust attivo o dinamico.

Un’impresa ha posizione dominante quando si comporta in un modo significativamente indipendentemente dai suoi
concorrenti, dai fornitori e dai consumatori: quando ha una certa quota di mercato azienda può spadroneggiare e fare il prezzo
che vuole senza considerare le altre aziende. In genere ciò avviene quando un’azienda detiene quote elevate in un determinato
mercato

In Italia, per tutti i mercati tranne i media, vi è un’authority per l’antitrust e vige la regola dell’abuso di posizione
dominante: un’azienda può raggiungere la quota elevata, ma non può abusarne. Così l’antitrust controlla
continuamente se l’azienda sta abusando della posizione.

Per i media c’è il divieto di posizione dominante, cioè si sono adottati criteri fissi e una
percentuale di proprietà che non può essere superata. Per la radio televisione, ad esempio, nessuno
poteva avere più di tre reti nazionali ai tempi dell’etere. Per la pubblicità, non si può avere più del 30%.

Nella stampa non ci sono stati fenomeni di concentrazioni forte e in essa l’antitrust ha
come obbiettivo di garantire non solo libertà di concorrenza, ma anche il pluralismo
informativo.
Ci sono quote di proprietà massima stabilite dall’art. 67/1987 e che non si possono
superare.

LA RADIOTELEVISIONE
Il sistema della radiotelevisione è speciale per il diverso ruolo dello Stato: nella stampa
l’attività è libera e viene gestita a mercato, quini il ruolo dello stato è di sostegno e
regolazione. Nel caso della radio e della tv, lo Stato ha non solo un ruolo regolatore, ma
anche una certa operatività nel settore: egli ha anche il compito di fare direttamente
radiotelevisione.

Per fare radio e tv c’è bisogno di una rete di infrastrutture: in Europa abbiamo sistemi
radiotelevisivi grazie all’investimento di un operatore pubblico e all’intervento dello Stato,
mentre in USA vi erano abbastanza capitali di privati per costruire una rete di
infrastrutture, quindi i privati si occupavano di tutta la gestione del mezzo.

A proposito del ruolo dello stato la legislazione deve compiere un bilancio e deve definire:

 dei limiti dei poteri pubblici nel settore televisivo con il conferimento di una
specificità al servizio pubblico
 di sé e come avviene l’esercizio della libertà con il servizio pubblico
Fasi della storia della radiotelevisione

La radio inizia a diffondersi dagli anni 20, la tv dagli anni 50, ma tutti i paesi europei, UK
compresa, hanno attraversato periodi/fasi comuni nello sviluppo della radiotelevisione:

1. fase di monopolio pubblico: avviene nel periodo fra le due guerre e dura anche dopo la
fine delle due guerre (In Italia dura fino agli anni 60)
2. fase di innovazione della legislazione: avviene fra gli anni 60 e 70 e introduce novità
nelle leggi e negli assetti dovute alle evoluzioni tecnologiche (come il passaggio a
digitale...) In Ci sono evoluzioni analoghe alla stampa: mentre nel 1948 la legislazione fa riferimento a tecnologie di
quel tempo, cioè alla stampa tipografica, nel 2001 arriva a disciplinare il prodotto editoriale, una forma diversa perché
dettata da una nuova tecnologia.
3. fase del superamento del monopolio pubblico: negli anni 80-90, le tecnologie non
ancora digitali consentono l’apertura di mercati, nei quali comunque si mantiene la
presenza forte di un emittente pubblica. Tuttavia, essa non è più monopolistica e l’unica
azienda, ma viene affiancata da emittenti private.
4. Fase della televisione digitale

RADIO in periodo LIBERALE

Nel 1910 c’è il primo intervento sulla radiofonia.


Si riserva in esclusiva allo Stato l’onere di costruire l’infrastruttura su cui si diffonde la
Radio, invece la diffusione/circolazione del segnale non ha riserva, quindi essa non è solo
dello stato (nel 1910 non c’è ancora un emittente pubblica).
La diffusione può essere di diversi soggetti, le cui concessioni sono dettate dal regio
decreto (esempio: “impianti per scopi scientifici o didattici”)
Nel settore delle comunicazioni, ma anche in tutti gli impianti a rete e con qualche adattamento su Internet, vi è
prima una fase di costruzione delle infrastrutture, poi di circolazione del servizio: prima c’è il bisogno di costruire,
mantenere e aggiornare un’infrastruttura fisica, che può essere costituita dai server o una tecnologia hardware, e lo
può fare solo chi ha i capitali sufficienti (in Europa solo gli Stati, in USA i privati). Costruita la rete, si diffonde il
servizio.
Inizialmente per i sistemi a rete si pensava che sia costruzione sia diffusione devono essere statale (esempio: Enel):
per la radiodiffusione la circolazione può essere di diversi soggetti.
A proposito della diffusione, il regio decreto del 1912 detta il regime delle concessioni per
la diffusione: la concessione è un atto del soggetto pubblico che dà a privati la possibilità
di usare un bene pubblico per un’attività economica. (es. Trenitalia e Italo hanno la concessione sulle ferrovie
italiane)
Nel caso della radiotelevisione, la concessione è un permesso a diffondere un servizio a
fine di lucro su rete pubblica.

RADIO NEL FASCISMO

Sull’impianto delle concessioni, il fascismo costruisce una sola concessionaria:


prima del fascismo, lo stato dà vita all’ URI, un’impresa radiofonica di fatto pubblica che è
poi l’unica che fa diffusione sulla rete e realizza programmi radiofonici. Dal 1927 essa
diventa completamente pubblica e assume il nome di EIAR nel periodo fascista (e
successivamente RAI)
Inoltre, nel 1927 il regime diede concessione 25ennale solo all’EIAR per la diffusione del
servizio radiofonico e con essa stabilì regole per la nomina dei membri interni, che in parte
doveva essere approvato dal regime.
L’impresa è totalmente controllata dallo Stato che esso di fatto ne gestisce i contenuti.

PERIODO PROVVISORIO E DOPOGUERRA


Nel periodo della Seconda guerra mondiale, la radio aveva assunto la sua importanza (es. Radio Londra, che aiutò gli italiani a
ribellarsi al regime)

Alla caduta del fascismo, rimane la logica precedente della riserva allo stato sui servizi
radio: possono fare diffusione poche reti o di fatto solo una statale.
Invece inizia un controllo sui contenuti delle trasmissioni: con lo sbarco in Sicilia degli
americani, lo Psychological Warfare Branch controlla i contenuti trasmessi in radio.
La novità è il coinvolgimento di un organo democratico, il Parlamento, nel compito di
vigilare sui contenuti diffusi dall’EIAR: viene istituita la commissione di vigilanza sui servizi
radiofonici. Tuttavia, questa commissione aveva ancora poteri limitati ed erano esercitati
dal Governo.

1952: l’EIAR diventa RAI e lo Stato rinnova la concessione. L’atto è analogo a quello fatto in
epoca fascista: non si cambia l’idea che solo la concessionaria pubblica faccia le
trasmissioni.

Alla Rai si dà concessione per molti anni, in attesa e in vista non solo di una maggiore
diffusione del messaggio radiofonico, ma anche di quello televisivo: si avviano le
trasmissioni video nel 1954. In questa fase ci sono 4 novità, di cui 2 importanti:

 Proprietà assoluta delle azioni della Rai da parte dello stato => la RAI è completamente
pubblica.
 Nasce il finanziamento a doppio regime della Rai, ottenuto da una parte dalla pubblicità
e dall’altra dal canone, dato che la RAI è un servizio pubblico => nasce per la prima volta
l’idea che le attività RAI siano finanziate da due fonti.
Il canone è una tassa fissa sulla proprietà di mezzi di riproduzione, cioè di radio o TV: se hai in casa
l’apparecchio, vuol dire che usufruisci del servizio e quindi paghi una tassa fissa (non vi è una
proporzione sull’uso del servizio, sul numero di ore che si passa davanti radio o tv)
 6 membri del CdA nominati dal governo. Allo stesso governo spettava la nomina del Presidente,
dell’Amministratore delegato e del Direttore Generale e la presenza nel collegio sindacale di un
funzionario della Ragioneria generale dello Stato.
 Organizzazione tramite la logica della programmazione lunga: si dà un ruolo al Ministero nella scelta
dei programmi, con un controllo del Parlamento sui contenuti tramite la commissione di Vigilanza

Dalla conferma del monopolio pubblico alla riforma del 1975


Le trasmissioni TV si avviano al 1954: la tv arriva in un periodo in cui la gran parte degli
italiani è analfabeta: sceglie di parlare un italiano pulito e ricopre un ruolo pedagogico
molto importante nella diffusione della lingua italiana. in poco tempo si capisce che la tv ha
un ruolo importante nell’influenzare l’opinione pubblica.

Tuttavia, il legislatore sembra far fatica a regolare uno strumento così importante: nel 1960
la Corte costituzionale comincia una lunga attività d’intervento nel settore televisivo e
giocherà un ruolo determinante di commento e stimolo al cambiamento in esso. (domanda frequente all’esame)

Problema della libertà d’opinione: sentenza 59 del 60


La sentenza 59 del ‘60 risponde il problema che si pone fra libertà di pensiero e monopolio
da parte un ente pubblico di uno strumento così importante persuasivo. La Corte
costituzionale rigetta il ricorso e conferma il monopolio statale, con 3 motivazioni:
 il monopolio è causato da un problema tecnico: le bande di frequenza erano limitate
e rendevano disponibile la trasmissione di un solo canale.
 Questa possibilità di trasmettere su un solo canale impone la gestione pubblica
perché va evitato il monopolio privato, perché potrebbe esercitare i propri interessi.
 Quindi è meglio che un’attività strategica sia in mano dello Stato in quanto può
garantirne il pluralismo: il soggetto pubblico garantisce che la radio-tv si apra a tutte
le voci al proprio interno. Allo stesso tempo prescrive alla Rai un pluralismo interno:
la obbliga ad ospitare le diverse voci e posizioni del Paese proprio perché è
un’impresa pubblica.
Quindi viene dato più spazio al controllo del parlamento, invece meno al governo nella scelta dei
programmi. Inoltre, le bande sono limitate perché l’etere va allocato in parte ai servizi essenziali/di
sicurezza.
Tra il ‘74 e il ‘75 due sentenze costituiscono la prima rottura del sistema in piedi da 20
anni.
Sentenza 225-226: altre 2 attività non interferiscono con lo spazio limitato dell’etere e
quindi queste non sono riservate allo Stato. Sono:
 La ritrasmissione di emittenti estere (i canali che riverberano in Italia erano quello della tv svizzera e dal Capo D’Istria e
possono essere trasmesse sulle tv italiane tramite un ripetitore da mettere sull’apparecchio)

 La tecnologia via cavo. (poco frequente in Italia, molto negli Usa)


Quindi la Corte costituzionale dice che si possono ripetere le trasmissioni straniere e
trasmissioni via cavo perché non disturbano l’etere.
Invece resta appannaggio dello Stato trasmettere su tutto il paese.
Nella stessa occasione, si definiscono meglio i canoni del pluralismo in Rai delineati nel 60,
che verranno chiamati 7 comandamenti della televisione:
1. i vertici della rai non sono più sotto influenza del governo
2. garanzia di pluralismo e apertura a tutte le voci del paese
3. il parlamento deve definire le direttive generali della programmazione
4. i giornalisti godono dell’autonomia degli operatori dell’informazione
5. limiti quantitativi alla pubblicità in tv per favorire altri mezzi
6. regole di accesso alla tv (le modalità con cui accedere alla tv visto che c’è il pluralismo)
7. applicazione del diritto di rettifica delle notizie anche alla tv
Legge 14 aprile 1975
Altro intervento legislativo 1975: rimane il monopolio allo stato. In questo caso la Corte
costituzionale pone l’accento sul fatto che la Rai è un servizio di interesse generale secondo
l’art. 43 della Costituzione, quindi su di esso deve esserci la riserva dello Stato
LA CORTE COSTITUZIONALE E L’EMITTENTE LOCALE (1976-1985)
Punto di rottura con la linea passata: sentenza 202/1976
Nel ‘76 si capisce che tra le onde utilizzabili sul territorio nazionale ci sono coni d’ombra,
ovvero degli spazi liberi dalla Rai che possono essere sfruttati a livello territoriale:
mentre sulla frequenza unica nazionale solo la rai può trasmettere, i coni d’ombra possono
essere sfruttati per le trasmissioni locali senza che abbiano la riserva dello Stato, perché
questi spazi non interferiscono sulla trasmissione nazionale.
Quindi con la sentenza 202/76 la Corte costituzionale apre i coni d’ombra alla
trasmissione di radio e tv locali e dà il via alla costruzione di emittenti locali.
Inoltre, questa sentenza favorisce la nascita della televisione privata di Berlusconi.
Questo è il periodo in cui Berlusconi compra tv locali in ogni ambito territoriale e arriva coprire quasi tutto
il territorio nazionale. Egli produce e registra programmi leggeri nel suo centro a Milano, li manda tramite
videocassetta nei suoi studi locali e li fa trasmettere contemporaneamente, alla stessa ora. Inoltre, attira
ascolti perché compra i volti noti della Rai (Bongiorno, Baudo…) Tutto ciò avviene con una bassa spesa:
compra film all’estero e fa un sacco di pubblicità a differenza della Rai
Così gli italiani hanno l’illusione di vedere un nuovo network nazionale e privato, la Fininvest, che poi
diventerà Mediaset. Si crea negli italiani l’abitudine ad avere un’altra offerta, molto più leggera di quella
del monopolio. Nel frattempo, nel 77 la rai apre un secondo canale, Rai 2, che si dimostra un canale
rivoluzionario e alla programmazione vi partecipa anche l’opposizione del Parlamento.

Sentenza 148/1981 contro il monopolio privato


Nel 1981 si chiede di nuovo se ha ancora senso la riserva statale dato che l’avanzamento
tecnologico ha creato spazio sulle frequenze: la Corte costituzionale non cambia le
conclusioni sulla riserva della frequenza nazionali, perciò la RAI rimane l’unica che può
trasmettere sull’etere a livello nazionale. Invece cambia le ragioni delle proprie scelte: il
motivo della riserva non è più tecnico, ma economico, per una questione antitrust.
Quindi la Corte costituzionale chiede al parlamento delle norme antitrust, che regolino le
trasmissioni private nei coni d’ombra dell’ombra e garantiscano la presenza di una
pluralità di enti private nella diffusione e impediscano la concentrazione nelle mani di un
singolo.
In altre parole, nella sentenza 148/1981 non si vieta una concorrenza fra pubblico e privati,
ma afferma la necessità di una regolazione che eviti un monopolio in un privato oppure
duopolio pubblico/privato.
Tuttavia, il parlamento è fermo: la giurisprudenza con la Corte costituzionale è la
protagonista nell’innovazione del sistema. Il parlamento è paralizzato e diviso da posizioni
diverse su un argomento così importante: la DC è contraria a Berlusconi mentre i socialisti
lo supportano. Quindi la C.C. gioca un ruolo di supplenza.
Ci sono anche sentenze locali che interrompono la trasmissione delle reti di Berlusconi.
Tuttavia, i programmi Mediaset diventano popolari seguendo l’infantilizzazione del pubblico
(il referendum per l’abrogazione delle norme delle tv private viene bocciato, perché gli italiani dicono che vogliono la tv di Berlusconi)

Quindi sotto richiesta della parte socialista, il governo approva il decreto Berlusconi per
congelare la situazione fino all’arrivo di una legge di sistema nel 1990: la legge di Mammì.
Il pluralismo secondo la Corte Costituzionale
Prima della Legge Mammì, nella sentenza 826/1988 la Corte Costituzione evolve il concetto
di pluralismo: nel 1975 si era affermato solo il pluralismo interno all’emittente pubblico.
 Interno= espressione del maggior numero di opinioni all’interno di ogni emittente, in
particolare all’interno di quella pubblica
 Esterno= ci deve essere la presenza del maggior numero di enti/fonti sul mercato in
base alle caratteristiche del mezzo televisivo. il pluralismo esterno si collega ad un
mercato aperto e introduce regole che consentano di avere una pluralità di enti.
 Complessivo= è il risultato di pluralismo interno ed esterno, ogni cittadino di noi ha la
possibilità concreta di scegliere tra più di fonti informative.
LEGGE MAMMÌ: 223 del 6 AGOSTO 1990
La legge Mammi è una legge di sistema che costituisce un approdo dopo un periodo di
divisione in Parlamento. Infatti, raccoglie le indicazioni che la Corte Costituzionale ha
maturato nel tempo, nel suo ruolo importantissimo nello sviluppo del settore televisivo.
La legge Mammì si muove su 5 assi portanti:
1. principi comuni per chi fa tv, sia pubblica sia privata. In questo si concede la diretta
nazionale a tutti
2. regime delle concessioni: esse vengono distribuite a gara in base a dei requisiti in
ragione delle frequenze disponibili. Alla fine, le concessioni saranno date a 9 frequenze
a livello nazionale (ci sono 3 canali Rai, 3 Mediaset, 3 di un'altra azienda (prima era MTV, ora la
concessione è data a la7) Una delle regole per avere la concessione è dimostrare di avere professionalità nella
radiotelevisione: in questo senso si favorì Mediaset in quanto riusciva a dimostrare di fare tv da tempo e avere
un alto numero di spettatori
3. si introducono le prime norme antitrust, che nei media è passivo e si basa sul divieto di
posizione dominante.
4. Si mettono regole sulla pubblicità cosicché sia distribuita fra tuttigli emittenti, pubblici e
privati
5. Meccanismi di controllo per la corretta applicazione della legge
L’UE e la pubblicità: prima fase
Dal 1989 l’Unione Europea comincia a intervenire. Se riguardo alla telefonia vieta il
monopolio pubblico, si astiene sulla TV in quanto è una materia delicata e lascia la
regolamentazione del settore televisivo al governo di ogni Paese.
Direttiva 552/1989 “Televisione senza frontiere”
In questa direttiva l’Europa afferma due cose:
 il bisogno di maggior spazio a programmi europei nelle tv nazionali; in questo modo
limita la ritrasmissione dei programmi USA e il loro acquisto da parte di emittenti private
 deve esserci libera circolazione dei programmi televisivi tra i paesi UE.
 Mette delle regole per tutelare l’industria cinematografica: si limita il tempo fra l’uscita
del film nelle sale e la trasmissione in tv. (la stessa regola è introdotta per l’Home Video)
La politica di acquisto dell’estero aveva portato a contrattare anche l’acquisto di film e le tv private hanno
accorciato il tempo che passa fra l’uscita del film e la trasmissione a 2-3 anni prima. Tuttavia ciò danneggiava
il mercato cinematografico, perché un film smetteva di essere trasmesso al cinema se veniva portato in tv.
 Si introducono misure per la pubblicità commerciale
 sulla natura dei contenuti della pubblicità e sulla tipologia dei prodotti da
pubblicizzare (esempio: non si può pubblicizzare il tabacco o medicinali)
 le modalità con le quali si trasmette il messaggio, che deve essere riconoscibile,
perciò è abolita la pubblicità occulta.
 quanto si può fare pubblicità: si specifica quanto tempo deve essere dedicato alla
pubblicità e la sua distribuzione nelle fasce orarie della giornata. Inoltre, si
specifica quando può interrompere la trasmissione (solo fra un programma e
l’altro oppure nelle pause naturali di un programma)
 Regole sulle sponsorizzazioni: è vietato pubblicizzare direttamente il prodotto
dello sponsor, lo sponsor deve esser riconoscibile e non può influenzare il
contenuto dei programmi che finanzia.
Dopo la legge Mammì, il Ministero delle Telecomunicazioni ripartisce le 9 frequenze
nazionali fra le varie imprese. (sono ripartite a livello provinciale per ragioni tecniche: ogni canale ha una frequenza diversa nei vari territori)

24/11

LA TV VIA CAVO E VIA SATELLITE

La tv via satellite richiede una tecnologia di trasmissione e ricezione diversa


dall’etere/terrestre. Il satellitare non ha limitatezza di spazi: richiede che l’emittente invii un
segnale al satellite, che lo rinvia alle parabole sui tetti: le parabole di uno stesso servizio
sono orientate verso lo stesso punto del cielo perché puntano allo stesso satellite. (il
principale emittente è Sky)

Invece il satellitare ha il problema che bisogna affittare i pezzi del satellite su cui
trasmettere e riservare un certo numero di slot ai propri canali (anche nella telefonia cellulare i
satelliti rinviano il messaggio ai ripetitori di terra sparsi nel globo)

CONVERGENZA DIGITALE
Il satellitare favorisce il passaggio ad una nuova tecnologia di trasmissione televisiva. Questo
passaggio tra la vecchia tecnologia analogica e la nuova tecnologia digitale è un cambiamento nella
forma di codifica e decodifica del segnale.
Nell’analogica l’onda era un’emulazione: il segnale originale viene codificato come onda e poi
decodificata dagli apparecchi, che danno una riproduzione più vicina all’originale. L’onda richiede
spazio, che è limitato.
La tecnologia digitale codifica il suono o l’immagine: non converte e poi simula l’onda, ma
piuttosto la converte nel codice binario, cioè la digitalizza. In base a quanto è fitto il codice binario,
cioè pieno di 0 e 1, si ha una certa risoluzione dell’immagine/suono/video. Quindi il digitale è
dotato di estrema fedeltà all’originale rispetto all’analogico.
Il digitale ha due effetti:
1. La tecnologia digitale occupa molto meno spazio di quella analogica, quindi, è possibile far
circolare un codice sulle stesse reti con meno spazio.
2. convergenza digitale: mentre con l’analogica servivano moltissimi apparecchi per codificare e
decodificare diverse specifiche forme di messaggio, invece con la tecnologia digitale basta solo
un apparecchio che decodifica diversi tipi di segnale. Questa è la multimedialità: con la stessa
tecnologia si convertono immagini, suoni, video, testi, anche allo stesso momento. Il digitale
non ha bisogno di macchine specifiche: tutte le forme di segnale sono convergenti in un
apparecchio multimediale (pc, smartphone)
(tecnologia digitale = - bisogno di spazio, + convergenza).
Anche il giornale viene scritto su digitale e poi viene portato su carta. Esempio: il .flac è la forma più fedele per la musica

SATELLITARE
Nel satellitare c’è un rapporto fra emittente e fruitore: si trasmette solo al singolo che vuole uno
specifico contenuto e le emittenti satellitare hanno anche canali più personalizzati (es. SkyArte).
In Italia comincia nel 1990: tele+ affitta lo spazio sul satellite per trasmettere 3 canali, che all’inizio
sono gratuiti e dopo un anno a pagamento.
Successivamente, nel 1996 nasce StreamTV. Alla fine nel 2003 Sky Italia compra tutto il pacchetto
di Telepiù e StreamTV.

Autorizzazione: Legge 249/1997


Per quanto riguarda il satellite si parla di autorizzazione, invece che di concessione: lo Stato
lascia offrire un servizio in uno spazio non limitato e che teoricamente si può già utilizzare,
perciò può dare l’autorizzazione a più persone senza limiti.
(Invece nel caso dell’etere la concessione è data a pochi perché lo spazio è limitato. In Italia, per ora,
l’autorizzazione al satellitare è stata data solo a Sky)

UE E SERVIZIO PUBBLICO

ART.2, par. 8 Tr. Amsterdam del 1997


Nel Trattato di Amsterdam si riconosce la funzione sociale dei servizi pubblici e si dà un
ruolo primario nella regolazione di questi enti ai singoli Stati. In altre parole, per favorire la
concorrenza, l’Ue e gli Stati si mettono d’accordo per quanto possibile: c’è concorrenza
rispetto alla funzione sociale di quei servizi (es. si preferisce in certi casi il servizio pubblico, in altri
la concorrenza fra privati)
Protocollo allegato al Tr. Amsterdam
Se per la telefonia l’UE dice di evitare monopoli pubblici, sulla radiotelevisione il protocollo
allegato al trattato di Amsterdam vede la specialità dei media e afferma due punti:
 i media hanno una sensibilità diversa perché influenzano l’opinione pubblica.
 Lo Stato può finanziare un’impresa per occuparsi del compito del servizio pubblico: la
radiotv assolve al dovere di informare delle Pubbliche amministrazione perché fa
informazione oltre che intrattenimento. È autorizzato il canone RAI
Quindi l’emittente pubblica è un servizio di interesse generale, ma con particolari forme di
finanziamento. Questo protocollo salva competenza dello Stato, ma va rimessa alla
regolazione della giurisprudenza e del Parlamento: si media tra le esigenze di dovere di
informazione e le esigenze di mercato. (esempio: lo stato può fare anche eccezioni per favorire il
pluralismo e può continuare a finanziare alcune emittenti a dispetto di altre)
ILLEGITTIMITA’ DELL’ANTITRUST: SENTENZA 420/1994

Alla luce del Tr. Amsterdam, la Corte costituzionale critica la ripartizione delle frequenze in
Italia e dichiara le norme Antitrust incostituzionali della Legge Mammì. Perciò nel 1997
viene approvata la legge Maccanico.
LEGGE MACCANICO n. 249/1997
La Legge Maccanico è la seconda legge di sistema dopo la Legge Mammì e riafferma il
quadro delle concessioni: ogni operatore deve avere massimo 3 reti e massimo il 30%
delle risorse pubblicitarie. Emerge il difetto della legge antitrust passiva/divieto di posizione
dominante: la legge Mammì e Maccanico non aprono il mercato alla concorrenza, ma
confermano il duopolio Rai-Mediaset. (non liberano la frequenza dai soggetti che dominano il mercato, ma confermano
le loro concessioni)

Istituzione dell’autorità garante delle comunicazioni (AGCOM)


La legge Maccanico istituisce l’AGCOM. E’ un authority che dura in carica 7 anni e ha 3
organi:
 commissione per le infrastrutture e le reti (hardware)
 commissione per i servizi e i prodotti (Contenuti)
 Consiglio, composto da membri dalle 2 commissioni e Presidente
La nomina dei Membri è fatta dal Presidente del Consiglio con il Ministro di competenza,
con il parere delle commissioni competenti. Tuttavia, essi sono indipendenti dal Governo
che li ha nominati, perché sono un’authority e durano in carica un tempo maggiore rispetto
al Parlamento.
L’AGCOM ha funzioni sia di proposta sia di controllo:
 Le funzioni consultive e di proposta sono
- parere sullo schema di ripartizione delle frequenze
- schema di concessione alla Rai
- rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni.
 le funzioni di regolazione e controllo sono sull’attività svolta sia su etere sia su
satellite (sulla ripartizione delle frequenze, sulle tariffe e sui criteri per le concessioni
e autorizzazioni). Inoltre, controllano il rispetto dei limiti dell’antitrust passivo. (30%
della pubblicità e 3 frequenze nazionali per ogni operatore)
L’AGCOM ha una ripartizione regionale in autorità decentrate che su chiamano CORECOM:
sono organi delle Regioni per l’attività di controllo sul loro territorio e allo stesso tempo
dipendono dall’organo nazionale.
LE TRE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE DEL 2002
Nel 2002 ci sono 3 sentenze della C.C. che hanno un notevole peso sul sistema radiotv. la
radiotv deve dare su tutte le reti lo stesso spazio a tutti i partiti.
S. 155/2002
La sentenza 155 afferma la costituzionalità del sistema della par condicio: quando
Berlusconi arriva sulla scena politica c’è bisogno di regolare la presenza dei politici sui
canali, soprattutto in fase di campagna elettorale. Quindi in campagna elettorale vi è il
meccanismo “par condicio”: ogni rete deve dare lo stesso spazio a tutti i candidati.
Questo non avviene in America, dove lo spazio elettorale sulle tv va comprato, sia per gli spot sia per la presenza dei candidati
(per questo motivo la campagna elettorale in America è molto costosa). Berlusconi propose la ripartizione delle presenze dei
politici in tv si basasse sulla percentuale di voto ottenuto alle elezioni precedenti, ma ciò non fu approvato.

S. 284/2002
La 284 afferma la costituzionalità del Canone Rai perché esso è autorizzato dall’UE
(protocollo al Trattato di Amsterdam): è giusto che la Rai abbia accesso ad un
finanziamento statale perché ad essa è riservato il servizio pubblico, un servizio aggiuntivo
rispetto a quello delle altre emittenti.
Quindi il servizio pubblico si offre a un emittente che può essere finanziata dallo Stato: è
possibile chiedere il canone ai cittadini se si offre un servizio pubblico.
S. 466/2002
È una sentenza-monito nella quale la C.C. torna sulla questione del pluralismo (vedi
184/1990): mostra più volte la sua insoddisfazione sul sistema dei media in Italia, che è
basato sul duopolio Rai-Mediaset.
In questa sentenza la Corte afferma la legge Maccanico è incostituzionale perché non
mette un termine finale al duopolio del servizio pubblico e privato, pur essendo una legge
di sistema. Perciò la C.C. con l’AGCOM mette una data finale entro la quale ci deve essere il
passaggio sul satellite/cavo di un canale privato: entro il 31 dicembre 2003 Rete 4 doveva
passare su satellite per dare spazio a un altro emittente sulla banda analogica.
(infatti, la concessione delle frequenze di Rete 4 era stata vinta da un altro emittente, Europa2000)

LEGGE 66/2001: Tuttavia, a Rete 4 non conviene passare al Satellite perché era visto da
pochi.
Per questo motivo, il Parlamento propone di passare al digitale terrestre invece che al
Satellitare: la legge 66/2001 sancisce lo switch-off dall’analogico al digitale e mette il
termine di questo passaggio al 31/12/2006.
Lo scopo di questa legge fu quello di
- allargare la proposta di canali dato che il digitale permetteva più spazio nella banda
- salvare un emittente dal satellitare (che veniva usato di meno)
(In realtà in Italia in realtà per tempo si verifica lo switch-over, ovvero la sovrapposizione di canali analogici e canali digitali: ciò
era causato dal fatto che le TV erano ancora arretrate e c’era bisogno di un decoder per il digitale)

LEGGE GASPARRI (l. 112/2004) la chiede all’esame, approvata da Gapsarri ma scritta da Mediaset
La Legge Gasparri cambia profondamente il sistema televisivo e viene approvata in vista
della scadenza posta dalla Corte costituzionale nella sentenza 466/2002.
Nell’iter legislativo, questa legge viene rinviata alle camere dal P.d.R. perché sia rivista in base alle numerose indicazioni della
Corte sul pluralismo delle reti, perciò alla fine la legge entra in vigore nel 2004.

La riforma Gasparri introduce due cambiamenti sostanziali al sistema televisivo:


1) L’arrivo del digitale cambia il sistema produzione- distribuzione- vendita.
Col digitale la distribuzione e la vendita hanno meno significato, perciò la legge Gasparri
si concentra sui 3 soggetti diversi che operano nel mercato della radiotv (art. 2):
 Operatori di rete: sono i TELCO, le aziende che hanno gli impianti e gestiscono la rete.
In inglese net provider
 Fornitori di contenuti: sono gli OTT, le emittenti che mettono i contenuti nelle reti. In
inglese content provider
 Fornitori di servizi: nella tv le aziende che danno servizi a pagamento. In inglese
service provider
 Costituzione del sistema integrato delle comunicazioni (SIC)
Il sic accomuna in un unico settore economico tutte le iniziative di comunicazione che fanno
profitto: stampa, radio, tv, cinema, pubblicità, sponsor. Quindi si sfrutta il passaggio alla
tecnologia digitale per mettere dentro al mercato tutte le comunicazioni, non solo la tv.
Tuttavia, l’UE ci sanziona perché afferma che il SIC non è un mercato rilevante: esso
contiene prodotti diversi fra loro e che non soddisfano lo stesso bisogno, quindi, non c’è
concorrenza fra essi (la stampa, la radio, la tv, il cinema rispondono a esigenze diverse).
Un mercato rilevante contiene prodotti intercambiabili fra loro e che soddisfano lo stesso bisogno, quindi il
consumatore sceglie un oggetto al posto di un altro in base alle caratteristiche o al prezzo.

La riforma Gasparri cambia anche i limiti antitrust della legge Maccanico.


 non ci sono più limiti al numero di canali di un emittente. Adesso si fa attenzione alla
quantità di programmi di un ente, che deve rispondere al 20% della totalità dei
programmi sull’etere
Questo non ha ridotto il numero di canali di alcuni emittenti, proprio perché la disponibilità
tecnologica aveva permesso al mercato di allargarsi. ad esempio: ora la rai ha 9 canali
 si abbassa la percentuale di ricavi pubblicitari al 20% del totale dei ricavi di tutto il SIC.
Anche questo non ha ridotto i ricavi di alcune emittenti, perché il mercato è più grande rispetto a
quello che la Legge Maccanico regolava, sia perché è stato introdotto il SIC sia per la disponibilità
tecnologica che il digitale dava: il valore assoluto era passato da 12 a 26 miliardi. Alla fine, ci guadagna
il sistema televisivo.

Rispetto a tutti i contenuti del SIC, il 50% è occupato dalla radiotv. In altre parole, il SIC è il
mercato radiotv con l’aggiunta degli altri media ed è un modo adottato dagli emittenti per
continuare a fare tv con le logiche usate con la tecnologia analogica (si hanno ricavi diversi e
presenze diverse, senza il limite del 30% sulla pubblicità e infine spazi di manovra molto più alti.)

25/11
DIRETTIVE UE 2007-2010
Dopo la riforma Gasparri arrivano una serie di direttive comunitarie (nella fase 2007-2010)
che ci portano poi al testo finale che abbiamo oggi.
Direttiva SMAV tv senza frontiere 2 – 2007/65/CE
La direttiva SMAV è anche detta TV Senza Frontiere 2 in quanto innova la direttiva
precedente. Introduce la nozione di servizi media audiovisivi (SMAV): sono i servizi di un
imprenditore che ha lo scopo di offrire programmi rivolti al grande pubblico e che lo
informano, intrattengono o istruiscono il grande pubblico.
Quindi lo SMAV circola come contenuto (informativo, d’intrattenimento ecc.) e il suo
fornitore è un imprenditore che fa programmi.
Lo SMAV porta ad una dematerializzazione della nozione che avviene anche nella stampa
con il concetto di prodotto editoriale: la nozione isola il prodotto che circola sulle reti
digitali (prima si era attaccati alla natura della ripartizione delle frequenze)
Inoltre, questa direttiva riprende la logica di quella precedente: reputa gli SMAV particolari
perché hanno una speciale influenza sull’opinione pubblica.

Inoltre, la direttiva prevede norme sulla pubblicità, che viene liberalizzata rispetto al
passato e conosce un’espansione: su di essa c’è autoregolamentazione delle singole
emittenti.
Tuttavia ci sono limiti per l’interruzione di film, notiziari, programmi per bambini, di
attualità.
Inoltre, è ammesso il product placement, ma esso deve essere visibile.

Direttiva SMAV 2 – 2010/13/UE


Nel 2010, la direttiva SMAV2 compie una liberalizzazione del mercato televisivo europeo:
nell’UE non ci devono essere limitazioni alla circolazione degli SMA, a meno che ci siano
scene di violenza gratuita o di pornografia o contro i minori .
Inoltre, i programmi non adatti ai minori devono contenere un’avvertenza (acustica o
identificata da un bollino visivo)
Invece possono limitare i programmi che vanno contro l’ordine pubblico e che possano
scatenare una reazione sbagliata del pubblico.
Sono vietati tutti i programmi che incitano all’odio (es. programmi razzisti, sessisti…)
TUSMAR D.LGS 44/2010
Il Tusmar è il testo unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici e adempie alle
direttive europeo. Distingue fra gli SMAV di tipo lineare e non lineare:
 smav lineari sono i programmi forniti da un palinsesto di una certa rete, cioè messi in
una sequenza: devono essere visti a un’ora specifica su un certo canale.
Vi rientrano i servizi TV (Rai, Mediaset)
 smav non lineari fanno parte di un catalogo e sono contenuti forniti su richiesta
dell’utente, possono essere visti in ogni momento.
Vi rientrano i servizi streaming (Netflix)
Da questa distinzione sono esclusi i servizi prestati in attività non economiche (blog, siti
internet, video on line). Questa definizione prende come oggetto di regolazione il prodotto
indipendentemente dalle forme e dalle modalità con cui è proposto (etere, digitale…)
Il Testo Unico evolve la tripartizione dei soggetti del Sistema della Legge Gasparri.
Adesso distinguiamo:
 Operatori di rete: installatori della rete di comunicazione terrestre in digitale. TELCO
 Fornitori di servizi di media: coloro a cui spetta la scelta del contenuto audiovisivo. OTT
Sono escluse le persone fisiche/giuridiche che si occupano della trasmissione del
programma perché non scelgono il contenuto.
 Fornitori di servizi interattivi associati o fornitori di servizi di accesso condizionato.
Novità: l’operatore di rete e il fornitore di servizi media possono essere la stessa persona,
ma a garanzia della concorrenza ci sono delle clausole che deve rispettare:
- Previsione di titoli abilitativi distinti (la persona deve essere autorizzata dal
MISE/AGCOM ad essere sia operatore di rete che fornitore di servizi media);
- Obbligo di separazione contabile e societaria (la persona deve avere due società
separate);
- Obbligo di non discriminare e, per gli operatori di rete, di garantire parità di
accesso (non si possono escludere altri fornitori di smav)
- Obbligo di trasmettere gli stessi contenuti in tutto il territorio in cui si ha
concessioni (nazionale o locale).
I titoli abilitativi per i 3 ruoli sono delle autorizzazioni dal MISE (Ministero per lo Sviluppo
Economico). Invece per la trasmissione su satellite, le autorizzazioni sono date
dall’AGCOM.
Art. 42 del T.U.
Il Ministero continua ad avere un piano nazionale di ripartizione di tutte le frequenze fra i
diversi usi che hanno, quindi fra servizi tv e servizi essenziali/di sicurezza.
Invece per quanto riguarda le frequenze radiotv la ripartizione è fatta dall’AGCOM.

Diritto d’autore riguardo agli eventi: in chiaro si possono far vedere brevi estratti di cronaca,
highlights delle partite, brevi momenti degli spettacoli degli eventi acquistati da servizi
criptati
DOPO IL TUSMAR

Ci sono altri aggiustamenti da parte dell’AGCOM:

 introdotte delle misure per garantire pluralismo politico nei telegiornali, assegnando
un tempo specifico ad ogni politico
 piano di numerazione automatica dei canali: l’AGCOM ha deciso che a certi canali va
un certo numero su tutti gli apparecchi
 AGCOM definisce gli OTT: sono imprese priva di una propria infrastruttura che
agiscono sopra le reti, forniscono contenuti e servizi. VI rientrano i fornitori di smav.
Gli OTT hanno una differenza di posizione sul mercato e di redditi rispetto ai TELCO: sono
operatori di rete che hanno infrastruttura da mantenere e hanno a loro carico forti costi
fissi. Invece OTT come google usano reti di altri per svolgere il lavoro e guadagnano molto
più rispetto ai TELCO dando per scontato l’infrastruttura. Questa differenza di guadagni ha
provocato una reazione dura da parte delle società TELCO.
OTT e TELCO hanno assunto posizioni diverse di fronte alla Net Neutrality: è il principio per
il quale chi si connette alla rete deve godere stesse condizioni e avere libertà di navigazione.
Ad oggi la rete non fa distinzioni di luogo dal quale ci si connette e non ha barriere interne
dovute alla sua struttura.
Alla net neutrality sono favorevoli gli OTT, perché vogliono che le persone siano libere di
frequentare i contenuti da loro offerti e non vogliono ostacoli.
Invece le telco sono contro la Net Neutrality: pensano che la rete non sia infinita, ma
bisogna pagare per aver un accesso ad un pacchetto di siti. (es. 5€ permette di accedere a 3
siti, 10€ a 6 siti e così via.)
Il Parlamento Italiano ha votato a favore alla Net Neutrality in assonanza con l’unione
europea (dichiarazione delle libertà in internet)
In Usa si è approvato in senato una legge contro la net neutrality, votata principalmente dai
conservatori
RIFORMA RAI l.220/2015
La riforma della Rai del 2015 cambia la composizione del Consiglio d’Amministrazione:
Il consiglio passa da 9 a 7 membri e segue la maggioranza del Parlamento. Infatti, i membri
sono scelti in questo modo:
 2 consiglieri sono scelti direttamente dalla Camera (uno dalla maggioranza, uno
dall’opposizione)
 2 dal Senato (uno dalla maggioranza, uno dall’opposizione)
 2 consiglieri dal Governo (in questo modo si ricalca la maggioranza dei voti)
 1 dall’assemblea dei dipendenti Rai che scelgono fra i colleghi assunti almeno da 3 anni
Sono 4 consiglieri di maggioranza e 2 di opposizioni.
Il consiglio sceglie fra i propri membri il Presidente e deve ottenere l’approvazione di 2/3
della commissione di Vigilanza: questa è solo una figura rappresentativa, che tiene le
relazioni esterne e ha funzioni di supervisione del controllo interno.
Invece l’amministratore delegato è la figura governativa: definisce il budget, le nomine
delle varie testate, dei vari canali, dei vari settori (gli addetti fiction, dramma ecc.). L’AD è
nominato dal Consiglio su indicazione dell’”assemblea dei soci”: gli azionisti della Rai sono
il Ministero dell’Economia e la SIAE, quindi la scelta dell’AD è espressione della
maggioranza.
Contratto di Servizio
Il contratto di servizio è un contratto che la società pubblica stipula con il governo sulle
azioni da svolgere nel tempo della concessione. Prima durava 2 anni, ora dura 5 anni e
sono condizioni di servizio fra Rai e il Ministero dell’economia (prestare attenzione ai minori,
dedicare uno spazio serale ai programmi di informazione)

TELECOMUNICAZIONI
Dietro il fenomeno delle telecomunicazioni vi è l’esigenza di collegamento interpersonale
fra gli uomini, non la necessità di Informazione. Quindi alla base di questo fenomeno vi è
l’art.15 della Costituzione, cioè libertà e la segretezza delle comunicazioni (non art. 21)

La telefonia ha una struttura analoga alla radiotelevisione: in Europa i sistemi in


comunicazione interpersonale nascono grazie alla costruzione di reti e infrastrutture da
parte dello Stato. Non c’erano capitali privati sufficienti che potessero costruire pezzi di
rete telegrafiche/telefoniche al contrario degli USA: i privati costruiscono le reti telefoniche,
prima terrestri poi satellitari/cellulari. (es. ATnT)

La tecnologia per le telecomunicazioni influenza molto la forma della regolazione: essa è


differenziata per i vari mezzi (telegrafi, fax…)

Al contrario dei primi atti del sistema radio tv, che erano statali,
le prime norme sulle telecomunicazioni sono convenzioni internazionali (Madrid 1932 e
Buenos Aires 1952) perché si avvertì subito che la telefonia sarebbe stata una tecnologia
condivisa a livello globale (la telefonia è fatta per comunicare a distanza e sarebbe diventata necessariamente internazionale,
inoltre è politicamente neutrale. Invece le tv hanno influenza sull’opinione pubblica e non hanno alla loro nascita una vocazione internazionale).

Definizione di telecomunicazioni:
Telecomunicazioni sono ogni emissione, trasmissione, ricezione di segnali di qualsiasi
natura (immagine, video, suono…) attraverso sistemi elettromagnetici
(filo,radioelettrico,ottico…)
Questa prima definizione presenta già due aspetti: i concetti di emissione, trasmissione e
ricezione di segnali e la multimedialità del segnale telefonico (l segnale non è solo voce, ma anche
scritto, sonoro, luminoso, visivo)

Evoluzioni
L’arrivo delle tecnologie digitali porta alla convergenza delle vecchie tecnologie sul digitale.
Come per i sistemi radio-tv, dato tecnico e le decisioni comunitarie hanno influito sulla
convergenza ma anche sulla fine dei monopoli pubblici. (storia analoga alle radiotv)

Monopolio statale

Telecomunicazioni e radio tv hanno storia simile: gli Stati Europei costruiscono le


infrastrutture e quindi c’è il monopolio statale sulle società di telecomunicazioni. Quindi le
prime norme concepiscono i servizi come esclusivi dello Stato.

La prima società pubblica è l’Azienda di Stato per i servizi telefonici. Successivamente la


costruzione viene data a 3 aziende pubbliche. SIP per la rete nazionale, Italcable
internazionale, Telespazio al satellitare. Alla SIP viene data la concessione a far girare il
servizio telefonico (SIP è la forma primitiva di Telecom)

Prima stagione di privatizzazione

Nel 1985 la Corte di Giustizia Europea analizza il caso inglese e non giustifica il monopolio
pubblico sui servizi telefonici perché non c’è influenza sul pubblico come nella tv. Dopo
questa direttiva, i paesi europei aboliscono l’esclusiva dello Stato e aprono il mercato alla
concorrenza di altre società di telefonia fissa.
Il telefono inizialmente era fornito dalla SIP, successivamente si aprì anche il mercato degli apparecchi (si potevano comprare altri telefoni). Infine, si aprì il mercato sui servizi telefonici.

I servizi che hanno le reti (telco) devono garantire parità d’accesso alle altre aziende che
offrono un servizio, cioè devono essere garantiti le stesse condizioni a tutte le compagnie.
Tuttavia, a fronte di un guasto, la compagnia che ha le reti aggiusta prima il proprio problema e poi quello della compagnia che
ha la concessione.

Anche in questo caso le direttive comunitarie aboliscono le privative di servizio allo stato.
Servizio universale
Fino all’85 il monopolio pubblico sulla telefonia dava determinate garanzie sul servizio e le sue scelte
sottostavano a scelte politiche (es. gli stati Uniti avevano le telefonate urbane gratuite). Dopo l’apertura
alla concorrenza dell’85, si pose il problema di assicurare anche nel mercato privato quelle stesse
condizioni del servizio pubblico (esempio: no privilegi per pochi, si elementari capacità di connessione in
luoghi disagiati o più poveri)
Nel 97 la direttiva 97/33/CE definisce il servizio universale: questo criterio impone che
chiunque faccia un determinato prodotto assicuri determinate condizioni minime.
Chiunque operi nel settore della telefonia fissa e mobile deve
 garantire prezzi abbordabili per i servizi base a tutti,
 coprire tutto il territorio senza discriminazioni geografiche
(anche i luoghi più remoti/lontani e nei quali è più difficile far arrivare il servizio per i difetti dalle
infrastrutture)
 offrire una serie di servizi complementari (ad esempio al tempo si offrivano luoghi pubblici per
telefonare, la possibilità di trasmettere fax)
In altre parole, il mercato è aperto ad altre aziende private, ma esse devono dare le
garanzie del monopolio pubblico che si avevano prima: è una regolazione di tipo
pubblicistico su un servizio offerto dal mercato.

26/11

La convergenza tecnologica del sistema telefonico

Anche nel sistema telefonico arriva la convergenza digitale e spezza la regola che voleva che
ogni mezzo avesse la propria regolazione. Le tecniche di informatiche si mescolano con le
tecniche della telecomunicazione, la capacità di trasmissione aumenta, si verifica un
progressiva abbandono della telefonia fissa per passare quella mobile.

La tecnologia telefonica passa dalla TAC, al GSM e infine al digitale (3g,4g,5g): la nuova
tecnologia digitale porta ad un avanzamento della trasmissione della voce, ma anche alla
convergenza tecnologica fra rete mobile e audiovisivo (proprio perché il digitale permette di trasmettere dati).
In altre parole, i due settori si avvicinano: c’è una fusione dei vari servizi tv e di telefonia e
la tecnologia diventa la stessa in entrambi i settori. Di conseguenza nel 2002 l’UE approva
delle norme uniche per tutte le reti e i servizi di telefonia e radiotelevisione, che hanno
vissuto la convergenza.
Quindi la logica della convergenza viene applicata anche nel piano giuridico, perciò l’Italia
adotta il Codice delle comunicazioni Elettroniche nel 2003
Seconda liberalizzazione delle telecomunicazioni
Se la prima liberalizzazione apriva la concorrenza anche a soggetti privati in un mercato con
monopolio pubblico,
Alla fine degli anni 90, la seconda liberalizzazione consiste in un marcato spostamento
verso il mercato: le telecomunicazioni diventano attività di mercato e non vi è più una
società pubblica. A differenza della tv, il mercato ottiene un ruolo prevalente, anche
perché non ci sono logiche di influenza dell’opinione pubblica, di garanzia politica e di
uguale accesso. Sono comunque introdotte una serie di regole di garanzia che evitano
asimmetrie nel mercato.

Nel campo delle telecomunicazioni c’è una definitiva liberalizzazione che spezza la
coincidenza tra servizio pubblico e gestione pubblica.
LIBERALIZZARE: togliere un settore dalle mani pubbliche e lasciarlo libero sul mercato. Il settore non è più controllato
come un pezzo dell’amministrazione pubblica, quindi è lasciato completamente nelle mani dei privati.

PRIVATIZZARE: trasformare un ente pubblico in un soggetto privato


 PRIVATIZZAZIONE FORMALE: soggetto pubblico assume le forme della società privata, in particolare la forma
della società per azione, ma gli azionisti rimangono gli organi dello Stato. Es. RAI o ferrovie dello stato.
 PRIVATIZZAZIONE SOSTANZIALE: il soggetto pubblico diventa soggetto privato e la maggioranza azionaria passa
nelle mani dei privati. Cambia completamente la natura. È il caso di Telecom e in parte autostrade (la rete resta
pubblica si da concessione ad autostrade) e.
N.B. Non c’è una regola rispetto quali settori devono essere pubblici o privati nei diversi Paesi, ma ci sono delle
norme dell’Unione Europea che non sono regole ferree.

2002: Direttive prevedono parità di condizioni d’accesso sulla rete gestita da imprese
privata
Si aggiorna il concetto di servizio universale ad una qualità più alta di servizi.

CODICE DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE (D.lgs. 259/03)


In Italia la convergenza e la liberalizzazione ha regolazione unitaria nel Codice delle
Comunicazioni elettroniche. I principi ispiratori del D.lgs. 259/03 sono:

1) La centralità del diritto alla concorrenza


2) La riduzione della regolazione pubblica

Con la legge Mammino si dava all’AGCOM competenze sia sulle telecomunicazioni sia sulla
radio-tv. Invece Il Codice delle comunicazioni elettroniche esclude il settore tv e si
concentra sulle telecomunicazioni, nonostante le comunicazioni portano a una
concentrazione: si ritiene che ci sia una regolazione diversa per il valore sociale e politico
della tv.

 Smav: fenomeni che hanno scelta editoriale e destinato alla diffusione per
intrattenimento, informazione, educazione, smav lineari tutelati dal 21, smav non lineari
dal 15
 Servizi delle comunicazioni elettroniche: mettono in contatto due persone

DEFINIZIONI DEL CODICE

Nel codice troviamo due definizioni importanti:

 rete di comunicazione elettronica: tutte le apparecchiature, strutture i sistemi di


trasmissione.
 servizio di comunicazione elettronica: servizi di trasmissione di telecomunicazioni,
tranne i servizi d’informazione e gli SMAV che vanno regolati dal TUSMAR.

PRINCIPI GENERALI –art.3


Il Codice riconosce che il diritto alla comunicazione interpersonale (Art. 15) viene garantito
dalla libera iniziativa privata e dalla concorrenza del settore delle telecomunicazioni.
Quindi viene riconosciuto il diritto e viene riconosciuta la libertà di fornitura del servizio di
comunicazione elettronica. Gli unici limiti derivano da esigenze di:
 difesa e sicurezza dello Stato
 protezione civile
 salute pubblica
 tutela dell’ambiente
 riservatezza e protezione dei dati personali

OBIETTIVI GENERALI – art 4


I fornitori di servizi devono garantire 3 diritti costituzionali:
a. Libertà di comunicazione
b. Segretezza delle comunicazioni interpersonali
c. Libertà d’iniziativa economica e diritto alla concorrenza.
Quindi il Codice riconosce anche la concorrenza sul mercato assieme ai diritti collegati alla
comunicazione interpersonale (art. 15)
MISURE DI GARANZIA- Art. 6
Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali non possono fare finanziamenti pubblici alle imprese di
telecomunicazioni: non possono sovvenzionare o mettere un canone. Possono fornire reti o
servizi specifici solo attraverso società controllate/collegate ed esterne al grande mercato
(es. Lepida: è un servizio fornito da società dell’E-R, è finanziato da E-R ma non concorre a Tim o Vodafone)

LE AUTORITA’ DI GARANZIA
3 soggetti entrano in campo:
- Ministero delle Comunicazioni
- Autorità nazionale di regolamentazione
- Autorità garante della concorrenza e del mercato
Che collaborano al controllo del sistema.
AUTORIZZAZIONI
Il regime è basato sulle autorizzazioni perché non c’è concessione di uno spazio pubblico.
ACCESSO E INTERCONNESSIONE – ART. 41
A differenza della televisione, si segue antitrust attivo e dinamico e divieto di abuso di
posizione dominante. Quindi la società con posizione dominante deve seguire obblighi:
trasparenza, non discriminazione, separazione delle società di rete e di servizi, controllo dei prezzi.
L’art.17 definisce la posizione dominante di un’impresa: sono imprese che dispongono di
un significativo potere di mercato che dà la possibilità di comportarsi in maniera
indipendente dalle altre società e dai suoi utenti, scollegato dalle logiche di mercato.
Quindi permette di non tenere conto dei servizi offerti dagli altri e dalla necessità dei clienti
e porre le proprie condizioni
L’autorità nazionale di regolazione controlla le situazioni di mercato così come richiesto
dall’UE
Il SERVIZIO UNIVERSALE viene ribadito e ripreso dal 1998 anche in questo nuovo mercato:
2009: DIRETTIVE UNIONE EUROPEA – TELECOMS PACKAGE
In questo campo l’UE ha piena competenza per la vocazione internazionale delle
telecomunicazioni. Quindi mana delle direttive dette “Telecoms Package” in cui:
o cerca di unificare i servizi di telefonia a livello europeo in maniera sostanziale e creare
un mercato unico europeo.
o aumenta i diritti degli utenti nelle comunicazioni elettroniche: vi è tutela sia sul servizio
universale sia sulla riservatezza dei dati/privacy (direttive servizio universale/e-privacy)
o istituisce il BEREC: è un organismo comunitario che riunisce tutte le autorità di controllo
sulle telecomunicazioni degli Stati Membri.
L’USO DELLE RETI - INTERNET
Nel frattempo, le reti attraverso il satellite conoscono un altro fenomeno: INTERNET
Internet è una rete che assicura un rapporto orizzontale, da soggetto a soggetto (invece
nella TV il rapporto è verticale perché si riceve il segnale da un emittente): ci si connette fra
computer che sono i nodi della rete
Internet nasce per obiettivi militari: per motivi di sicurezza il Pentagono inizia a
differenziare le collocazioni delle informazioni in più punti collegati fra loro con una rete (un
attentato metterebbe a rischio l’intera banca dati della difesa americana)
Negli Anni 60 le università utilizzano questa tecnologia con la stessa logica di condivisione
delle info: inventano il WEB per diffondere più facilmente le ricerche e gli studi (e per farlo
successivamente in maniera multimediale). Il web è un protocollo di Internet che fa girare
la multimedialità, assieme a mail e FTP (Internet non è il Web)
Internet è l’insieme di quei protocolli di dialogo da computer a computer e la struttura che
permetteva quella connessione (protocolli, linguaggi e rete).
L’uso delle Reti in Italia
Nel nostro paese le statistiche sull’accesso a a Internet, in particolare non sono
incoraggianti: Il numero di famiglie che hanno un ADSL è leggermente più alto della media
europa (98%), invece il numero che hanno una connessione veloce è al di sotto ed è circa
un quarto della media europea (14%). Sulla strutturazione della rete siamo indietro
Inoltre, secondo il Censis, l’Italiani sono sempre più connessi, ma fanno un uso “infantile” di
Internet, principale per l’entertainment.
LA DISCIPLINA DELLA RETE
Internet non è:
- Una rete
- Un servizio
- Connection, content o service
Bensì è il fenomeno telematico conseguente alla interconnessione dei computer (comunicazione peer- to-
peer) che, attraverso l’utilizzo di diverse reti di telecomunicazioni esistenti, possono dialogare utilizzando
protocolli univoci e servizi di comunicazioni standardizzati.
Quindi Internet è una rete digitale che ha una comunicazione peer – to – peer tramite
diversi protocolli (Es. World Wide Web, E-mail, News, Chat, ecc.)
La disciplina della rete
Di fatto Internet ha avuto uno sviluppo e si è posto alla base delle attività professionali e
delle nostre relazioni. Nel ‘96 una sentenza della Corte costituzionale americana afferma
che Internet è “il più potente e pervasivo strumento di libertà del pensiero mai creato
dall’uomo” (definizione nata durante il processo ACLU vs Reno, il procuratore distrettuale
che emanò il Communications Decency Act).
Questa affermazione ricalca l’idea di Internet come luogo della completa libertà.
Tuttavia, i comportamenti virtuali HANNO EFFETTI SUL REALE (es. Trump, Revenge Porn): in
certi casi è anzi più dannoso di un’azione reale proprio per la sua capacità di diffondere un
messaggio ad un più ampio numero di persone.
Quindi necessita di diritti e di regolazioni.
Nel 1990, all’inizio della diffusione della Rete, la Carta internazionale degli Internauti
teorizzò che Internet fosse uno spazio diverso dai territori degli Stati, su cui essi non
avessero giurisdizione. L’idea che Internet sia uno spazio altro, diverso, ulteriore e libero
influenza ancora oggi la concezione che si ha della libertà di manifestazione del pensiero
(art. 21): si pensa si possa dire tutto ciò che si vuole perché dietro uno schermo (es. Trump,
haters)
Ciò apre ad alcuni considerazioni sulla regolazione di internet:
 Rischi della forma anonima (es. proposta WiFi in piazza, al quale si sarebbe potuto
accedere inserendo le proprie credenziali)
 Il problema dell’extraterritorialità di Internet: permette a qualsiasi regolamentazione di
essere aggirata, perciò ci si chiede come è possibile impedire la diffusione di certi
contenuti in una comunicazione orizzontale e senza territorio. I giuristi sono abituati a
regolamentare su un territorio sulla quale determinate norme sono valide.
 Libero accesso
 Accesso volontario da parte dell’utente: egli fruisce sull’informazioni e i contenuti senza
mediazione, ma su sua scelta individuale.
La struttura paritaria di internet è un altro problema della regolamentazione: in base ad
essa ognuno di noi è libero di caricare e scaricare qualsiasi contenuto su Internet, Tuttavia,
ciò ci dà la percezione che su Internet sia tutto gratuito: pagare è considerato un’eccezione
perché è stata assorbita la regola della gratuità dei contenuti di Internet (esempi di ciò:
pirateria).
Per finanziarsi Internet ha reagito in vari modi: moltiplicando le forme di pubblicità,
introducendo servizi per attività ordinarie ad un prezzo contenuto (es. Spotify)
Quindi per quanto fondamentale, Internet è anche molto pericoloso, ma esso è di difficile
regolazione per le sue logiche peculiari e per la sua continua evoluzione.
Il dibattito giuridico ha proposto due soluzioni:
a) COSTITUZIONALIZZAZIONE DELLA RETE: avere un diritto costituzionale alla connessione,
cioè ad accedere alla rete. Introdurre un complesso normativo nella connessione alla
rete, cioè verso la rete
b) COSTITUZIONE PER LA RETE: norme dentro la rete, cioè come si può regolare la vita in
rete e in digitale. Si tratta di diritti di cui godiamo una volta che siamo in rete
Costituzionalizzazione della rete
Si tratta di un’estensione del diritto all’informazione (art.21) – sia attivo, passivo e riflessivo,
ovvero come diritto all’informazione, come diritto di essere informati e diritto di informarsi.
Le tre declinazioni di questo diritto coesistono su Internet, dove posso cercare le mie info,
caricare dei contenuti e leggerne passivamente: la tecnologia dà espansione massima del
diritto.
Quindi la nostra è la società dell’informazione, nella quale la relazione fra 3 declinazioni
può anche essere pericolosa.
Infatti, Rifkin ne “L’età di accesso”, afferma
Nelle società capitaliste tradizionali fino all’avvento alla rete, che si rifanno a un’economia di mercato, di
concorrenza, i sistemi normativi partono da:
- Un Oggetto fondamentale, “il bene materiale o immateriale”, ovvero qualunque cosa suscettibile di
valutazione economica.
- Un diritto fondamentale di questa società è il “contratto”, l’atto di proprietà di questo bene.
Nella società dell’informazione che affida i rapporti professionali e individuali alla rete:
- Il bene è sostituito dal “dato”, che è oggetto di valutazione economica
- emerge il “diritto di accesso” al posto del diritto di proprietà,
Quindi Internet rende i sistemi giuridici obsoleti: anche i dati hanno un valore economico come i prodotti.
Si passa da una società dell’avere a una società del sapere (differenza fra chi non sa e chi ha accesso alla
conoscenza/chi sa)

Perciò il diritto di accesso e il diritto alla conoscenza devono essere diritti costituzionale: è
su di essi che si basa la nostra società.
Dal 2011 si accumulano una serie di definizioni seguono questa idea di Rifkin di
riconoscere il diritto di accesso come diritto costituzionale:
o Nel 2011, L’UHCR nel La Frank La Rue10 Report definisce Internet un mezzo
fondamentale per esercitare la libertà di opinione e di espressione secondo l’art. 19
della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
o Nel 2012 l’UNHRC vede Internet uno strumento fondamentale per esercitare i diritti
inviolabili dell’uomo e ribadisce anche nelle reti digitali l’importanza dell’articolo 19 dell
Dichiarazione dei diritti dell’uomo
o Report Osce del 5 dicembre 2011 “Libertà di espressione in Internet” esprime anche
preoccupazione per la tendenza alla regolamentazione restrittiva di Internet.
o Nell’area europea, nel 2011 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa afferma che
la libertà di espressione si applica anche off-line oltre che a quelle online.

Tuttavia, ci sono poche iniziative internazionali vincolanti per gli Stati e che colgono un
solo aspetto del problema della costituzionalizzazione di questo diritto:
1. 2006: le Nazioni Unite stabiliscono il diritto di accesso delle persone disabili
2. 2004: convenzione del consiglio d’Europa contro il Cybercrime.

Internet ha moltissime definizioni e pochissime leggi.

Nel 2015 in Italia è stata adottata una dichiarazione dei diritti di Internet: è una carta di
principi proposta da una commissione per i diritti e doveri in Internet della Camera dei
Deputati. Non formalizza nessun diritto, è solo una constatazione

Universalità: si riferisce all’accesso universale dei servizi pubblici in quanto non ha


limitazione ai possibili fruitori e non ha confini interna
Proposta di Stefano Rodotà durante l’Internet Governance Forum Italia nel 2010: Rodotà
propone un art.21-bis che introduce il diritto di accesso a internet, verso Internet. Nella
seconda parte dell’art.21-bis si introduce i diritti dentro Internet e dentro la sua vita.
La norma non ha avuto successo perché è difficile modificare la costituzione, inoltre fu
anche contestato perché è giusto si ritrovi il diritto d’accesso nell’interpretazione della
Corte costituzionale sull’art 21 (la Costituzione va bene così)
Parità: implica la net neutrality, ma garantire a tutti gli italiani la stessa capacità di
connessione è economicamente dispendioso

Digital divide o Divario digitale (diritto all’accesso)

È di due tipologie diverse:

1. Digital divide strutturale: essere privi della capacità di connessione per motivi strutturali
dovute alla tecnologia.
2. Digital divide sociale: riflette le disuguaglianze della società (istruzione, lingua, cultura
ecc). Si tratta dell’analfabetismo digitale o della mancanza di certe conoscenze sull’uso
consapevole della rete. In Internet l’utente favorito è maschio, giovane, ricco, istruito,
che parli in inglese e viva in città secondo il programma di sviluppo delle nazioni unite –
UNPD. Chi non ha queste condizioni è discriminato da internet: la differenza è fra i
soggetti che usano consapevolmente la rete e fra coloro che la usano in maniera passivo.
In Europa è stata adottata un’agenda digitale, che ha come obiettivo la definizione delle
tappe per arrivare alla digitalizzazione progressiva di tutti i paesi membri.
Seguendo all’agenda europea, l’Italia ha adottato un’agenda digitale gestita da AGID,
Agenzia per l’Italia Digitale, che sottostà al MISE. (agenda: lista di cose da fare entro certo tempo)

Nel mondo, ci sono state soluzioni diverse al digital divide.

1) alcuni paesi hanno deciso di prevedere nuovi diritti costituzionali come proponeva
Rodotà. In particolare, alcuni paesi dell’America Latina (Brasile, Paraguay e Argentina)
hanno incluso nelle loro Costituzioni una sezione specifica di diritti sull’accesso alla rete
chiamata habeas data: questi non garantiscano diritti di azione positivi, ma forniscono
piuttosto una serie di “protezioni e controlli”, garanzie sull’uso e sulla circolazione dei dati.
(il richiamo all’habeas corpus è un richiamo alla corporalità e quindi all’inviolabilità dei loro
diritti: il diritto di accesso è uno dei diritti fondamentali della personalità )

2) paesi, come l’Italia, sono intervenuti con la legislazione ordinaria. Si gioca sul ruolo
potenziale delle PA nel promuovere un uso consapevole delle risorse digitali da parte di
cittadini/imprese.

Il legislatore intende intervenire sul digital divide strutturale e sociale attraverso il codice
dell’Amministrazione Digitale (D.lgs. 82/2005): oltre ad assolvere al diritto di trasparenza
delle PA, cerca di creare delle condizioni che portino i cittadini ad imparare ad usare
internet con la digitalizzazione delle PA. Si prevede il digital first per i servizi pubblici: prima
si va sul sito, poi allo sportello, c’è digitale assieme al fisico.

Le riforme del 2016 di QUESTO CODICE ha aggiornato al digital must: tutte le opzioni
dell’amministrazione sono digitali. Inoltre, la Corte costituzionale ha affermato che le
norme sulla digitalizzazione sono cogenti/obbligatorie: è imposta l’opzione digitale alle PA,
che devono accompagnare i cittadini impreparati all’uso delle tecnologie

B) DISCIPLINA DENTRO LA RETE E DIRITTI DENTRO LA SUA VITA


Il regolamento all’interno di internet è complicato ma cruciale

 per l’assenza di territorialità, Internet ha dimensione globale, quindi, non ha senso


regolare a livello statale. È necessario trovare una soluzione sovranazionale,
 il riferimento costituzionale ai protocolli in rete è duplice, cioè ci sono sia processi di
comunicazione che agiscono sull’art. 15 sia di informazione che dipendono sul 21. (il
fenomeno internet ha una doppia radice costituzionale)

LE OPINIONI E LE SOLUZIONI DEGLI STUDIOSI

 La tesi di Gunther Teubner


Teubner afferma che le nostre società sono più frammentate e complicate, perciò in vari
gruppi sociali ci sono costituzioni civili. Questi gruppi si autoregolano e riflettono il
dominio dei regimi privati globali che (esempio: ToS di Facebook, molto medievalistico)
Quindi dice che in Internet si sta verificando uno dei più importanti regimi giuridici
privati, gestiti da una lex digitalis (che sottosta alle regole del mercato)
 Molti altri studiosi propongono la predisposizione di un corpus di regole di
comportamento con valore internazionale: una specie di carta dei Principi
Internazionali.
Queste possono essere proposti anche da soggetti non pubblici. (nel 1960, una delle prime
carte dei principi internazionali fu di gruppo anarco-libertario degli internauti che affermava che Internet è uno
spazio ulteriore, extraterritoriale, quindi gli Stati non vi avrebbero giurisdizione)
Queste “Carte” però non hanno (finora) la forza della legge. Ma non significa che non
abbiano né valore culturale né legale.
 Teoria di Lawrence Lessig
Pensa che ci siano 4 fattori che fanno la regolazione della rete:
1. Legge (se si diffama qualcuno in Internet è la legge dello Stato che regola quel comportamento del suo cittadino)
2. Autoregolamentazione: riconosce a Teubner ci sono dei sottogruppi che si
autoregolano dove la legge non arriva; giuridicamente parlando, queste forme di
autoregolazione già esistono fuori dalla rete, come gli ordini deontologici
(questo perché in questi gruppi funzionano meglio se autoregolamentati).
3. Mercato: il mercato regola alcune situazioni, come le situazioni di monopolio e di
concorrenza. Un prodotto o servizio ha successo in ragione delle sue condizioni, il
suo prezzo, la facilità di acquisizione. Quindi il mercato fissa degli standard
(es telefonia: mercato assestato su Android e iOS – streaming serie tv: netflix vs prime)
4. Architettura o codice: la regolazione è fatta dalla struttura proposta dai software e
hardware (com’è fatto tecnicamente il prodotto/servizio). In altre parole, la decisione
su come noi possiamo usare i nostri dispositivi e su quello che il software/hardware
ci consente di fare. Diamo per scontato l’architettura/codice, ma ci impone dei limiti
fisici come regole che dobbiamo rispettare.
 Soluzione giurisprudenziale
Ogni problema davanti alla rete si risolve davanti ai giudici e alle loro sentenze, caso
per caso: trovano una regolazione alla rete senza leggi di base.
I teorici di questa soluzione dicono che sono i giudici a dare vera consistenza alla
regolazione, che formalizzano i confini delle regole davanti a un problema.
Questo non è possibile in tutti i sistemi giuridici: è difficile per il nostro sistema di Civil
Law, nella quale vi sono prima le norme e poi l’interpretazione giurisprudenziale. Invece
è molto più facile nei sistemi di Common Law che hanno più familiarità con un diritto
creato dai giudici.

PROBLEMI DELLA DISCIPLINA DELLA RETE

Net neutrality

La net neutrality è un principio che vuole che tutti abbiano le stesse condizioni di
navigazione in rete senza discriminazioni o addebiti collegati al sito o all’applicazione.
Questa idea è messa in discussione dai TELCO: sostengono che ci siano tariffe diverse per
ogni pacchetto di siti. Mentre tutte le aziende OTT hanno interesse a dare a tutti le stesse
condizioni di accesso affinchè possano fruire i loro contenuti.

Nel 2015 L’UE impone la net neutrality con un regolamento: afferma che è vietato qualsiasi
comportamento discriminatorio nella fornitura della rete. Nello stesso anno a ciò si adatta
l’Italia nella dichiarazione dei diritti di Internet

Invece in Usa la commissione federale delle comunicazioni del senato nel 2017 ha superato
la net neutrality approvata dall’amministrazione Obama: il problema della net neutrality è
anche politico e vede schierati a favore i libertari e contro i conservatori.
L’alterazione della neutralità della rete è stata fatta da alcuni OTT originariamente gratuiti
(es. YouTube Premium, che offre un servizio migliorato rispetto a quello normalmente
gratuito.)

Il caso dei Big Data


I big data sono caratterizzati da 3 elementi:
 grande quantità di dati
 grande varietà di fonti
 grande velocità di elaborazione
Small Data: con pochi dati il focus è sulla domanda più logica/coerente da fare, e che spieghi un determinato fenomeno
complesso.
Questi Big Data sono messi in correlazione non lineare, ma il risultato è una risposta
generale e inattesa. Non interessa la qualità dei dati ma la loro quantità, perciò si dà
successivamente una logica o una correlazione all’intera mole di dati: è inutile scegliere
variabili sofisticate durante la formulazione della domanda. Il risultato informativo dei dati
è nuovo e originale.
Quindi i problemi dei Big Data sono sulla riservatezza e sull’antitrust:

 sulla riservatezza dei dati raccolti, che sono di proprietà di persone o azienda hanno
varia natura. La soluzione del GDPR è di rendere anonimi i dati di persone e analizzare
per valutare solo le correlazioni.
 antitrust: gli algoritmi e la raccolta i big data sono costosi, ma hanno una grande
capacità di risposta sulle azioni di aziende e persone. Quindi poche aziende possono
permettersi questi sistemi e così hanno un vantaggio sugli altri concorrenti nel mercato.

Blockchain

La blockchain è un database che contiene tutte le transazioni eseguite nella rete bitcoin.

- Bitcoin: criptomoneta del tutto digitale che si può acquistare con denaro vero e ha
una sua fluttuazione sul mercato elettronico. I bitcoin non sono tracciabili fiscalmente/da
esterni.

- Blockchain: database in cui si registrano tutte le transazioni fatte con il bitcoin. È un


database sicuro, permanente, eterno, distribuito su vari pc nel mondo e la registrazione
delle transazioni avviene in sincrono in tutti i pc del mondo.
La blockchain toglie il problema della fiducia; non è gestito da persone che recensiscono i
venditori umani, ma i giudizi provengono dal sistema automatico
Infatti, questo sistema si occupa di tracciare tutti i “cattivi” utenti (es. utenti che non
rispettano le regole, che non pagano ecc.) e di escluderli gradualmente: un warning avvisa
tutti gli utenti che entrano in contatto con essi.
Quindi secondo gli estremisti non è necessario avere un’autorità di controllo al di sopra
della blockchain perché il sistema si controlla in automatico con i warning (non c’è bisogno
di un soggetto terzo che faccia giustizia)

Gli effetti della blockchain sono la completa disintermediazione e decentralizzazione delle


transazioni: non c’è bisogno di un soggetto intermediatore fra le persone e le transazioni
possono avvenire in ogni paese del mondo senza riferirsi ad un’autorità centrale.

Ci sono state alcune applicazioni della blockchain al di fuori del bitcoin, ad esempio per il
voto (es. partito danese Liberal Alliance) oppure per decentralizzare filiali di società nel
mondo che agiscano senza intervento umano.

Gli studiosi vedono nella blockchain una scoperta fondamentale per lo sviluppo
dell’umanità, tanto è vero che si pensa a sistemi di governance sulla blockchain.
La disintermediazione delle blockchain mette in discussione gli attuali sistemi politici: si
immagina che non siano più necessari gli stati perché individui entreranno in relazione fra
loro senza terzi: ci saranno comunità senza gerarchie o autorità. L’ordine sarebbe assicurato
dalle blockchain: ci sarebbero governi fai da te nei quali la gerarchia è sostituita dal
consenso distribuito.
La blockchain ci consentirebbe anche di avere servizi amministrativi più personalizzati,
come le carte d’identità e i passaporti
(problemi blockchain: decentralizzazione – disintermediazione – governance)

LA LIBERTA’ DELL’ESPRESSIONE ARTISTICA E DELLA CULTURA


La costituzionalizzazione della cultura

A livello costituzionale le norme sulla cultura sono 2:

art. 9 che tutela il patrimonio culturale e promuove la cultura (parte dei principi
fondamentali)

art. 33 che delinea la piena libertà dell’espressione artistica e ricerca scientifica (parte dei
diritti e doveri dei cittadini, nella quale ci sono anche 21 e 15)

ART. 9

L’art. 9 fa parte dei principi fondamentali della costituzione italiana e offre due prospettive
a proposito della cultura nei suoi due commi:

1. primo comma: promuove la cultura.


L’attenzione è sulle attività culturali (non tangibili) e sulla loro promozione (es.
spettacolo, opera lirica, musica). La logica è promozionale.
2. secondo comma
tutela e valorizza il patrimonio culturale, cioè l’attenzione è sui beni materiali e sulla
loro tutela e integrità (es. monumenti, quadri; si fa attenzione che siano intatti e si
valorizzano in questo senso). La logica è conservativa.
Tuttavia, nel nostro ordinamento si tutelano solo i beni materiali, mentre l’UNESCO
ha una tutela anche per i beni immateriali come patrimonio culturale, quali
manifestazioni o eventi. (es. palio di Siena, manifestazioni in Sicilia e ricette)
Art. 9: tutela e valorizza cose materiali e fa promozione di cose immateriali
Innanzitutto, nell’epoca monarchica il sistema italiano ha redatto una legge che tutelasse i
beni culturali e ne facesse una catalogazione: vi era stato un fortissimo spoglio di opere
artistiche sia dovuto alle armate del Risorgimento sia dovuto all’esportazione dei privati.
Nel dopoguerra si è posto attenzione anche sull’attività culturale. Quindi è stata redatta una
legge che tutelasse anche l’attività creativa: non esiste bene culturale senza l’attività
creativa. Il valore culturale di una espressione artistica risiede anche nella sua creazione:
proteggere l’attività artistica significa favorire la creazione di nuovi beni.
Perciò le attività e i beni sono stati collegate e sono passate sotto il controllo al MIBAC,
Ministero dei Beni, Attività Culturali e Turismo. Prima le attività artistiche erano slegate dai
beni e erano state considerate intrattenimento e venivano gestite dal Ministero per il
Turismo, Spettacolo e Sport

Convivenza fra art. 9 e 33


L’art. 33 e l’art.9 portano il problema della libertà dell’arte in relazione alla dipendenza dal
denaro pubblico per il suo mantenimento e promozione: il denaro pubblico potrebbe
alterare la piena espressione artistica. Quindi si pensa che l’arte non sia completamente libera se legata al denaro pubblico.
Quindi il problema è sul come lo stato interviene sul mercato culturale.
La convivenza di questi due articoli si regge sul principio di uguaglianza: tutte le forme di
espressione artistica devono poter competere sul mercato, quindi bisogna destinare il
denaro pubblico alle forme di arte più deboli sul mercato (l’arte è un prodotto culturale, quindi fa parte
di un mercato a sé stante e necessita di finanziamenti).
Così il denaro pubblico dovrebbe servire a creare un pluralismo nell’offerta culturale ed
evitare l’oblio delle voci più deboli.
Il diritto non dà una classificazione di cultura (anche durante il fascismo Gentile produce dei sindacati per i
lavoratori fascisti e ad essi aderiscono anche intellettuali in parte dissidenti, come Pavese. Non vi sono dei canoni artistici)
In questo senso nei confronti della cultura l’atteggiamento delle istituzioni deve essere di
neutralità attiva:
 egli è obbligato a dare finanziamenti alle opere, non può sottrarsi
 deve preferire il finanziamento delle forme di arte più deboli sul mercato
 per dare finanziamenti lo Stato non giudica l’arte, quindi non è ammesso un canone
estetico ufficiale e non è ammesso un giudizio sull’arte
 ma il limite monetario impone una selezione da parte di una commissione: per quanto
possibile bisogna creare dei criteri oggettivi che scelgano quale opera finanziare.
 lo Stato deve finanziare tutte e 3 le fasi di creazione dell’arte (produzione, distribuzione e
vendita), non solo una di queste.
 deve sostenere i luoghi più poveri di offerta culturale (al Sud ci sono meno teatri, cinema e musei
che al Nord)
 tuttavia, lo stato non può finanziare attività culturali assolutiste o che hanno un principio
di sopraffazione sulle altre espressioni artistiche: si oppongono al pluralismo e sono
incostituzionali. (possono esistere ma non essere finanziate)

COLLEGAMENTO CON L’ART. 21


Se consideriamo l’articolo 33 una specializzazione dell’art 21, dovremmo applicare il buon
costume anche alla libertà artistica: nel comma6 dell’art. 21 c’è già un limite al buon
costume negli spettacoli.
Tuttavia, l’osceno non è un limite dell’espressione artistica e i due articoli sono separati:
l’art. 33 fa riferimento a una forma diversa di manifestazione del pensiero rispetto a quella
affermata dall’art.21. Infatti, l’arte può usare l’osceno come proprio linguaggio e conta il
contesto in cui essa si manifesta (es. il consumatore entra in un contesto in cui sa che verrà
provocato)

TUTELA/PROMOZIONE DEL FENOMENO ARTISTICO


La costituzione presenta il binomio tutela/promozione all’art. 9.
Nel tempo si sono aggiunte altre funzioni dello Stato in merito:
 tutela: consiste nel proteggere e conservare i beni
 gestione: si collega alla tutela e al secondo comma, consiste nell’organizzazione delle
risorse per favorire la fruizione del bene.
 valorizzazione: si collega alla tutela e al secondo comma e consiste nel migliorare le
condizioni di conservazione e fruizione dei beni. La valorizzazione è materia
concorrente fra Stato e Regioni.
 promozione: si collega al primo comma e consiste nel suscitare e sostenere le attività
culturali
La tutela dei beni è competenza esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione e
promozione sono legislazione concorrente di Stato e Regioni (art.117 Cost.)
EVOLUZIONE STORICA
Dopo l’unità d’Italia, Ci sono molte resistenze a normare sulla tutela dei beni culturali: la
filosofia dell’epoca è liberale e vede l’individuo al centro del sistema, quindi non si ritiene
giusto limitare un individuo e la sua proprietà in certi casi. (es. limitare un privato che ha un’opera d’arte sulla fruizione e imporre la sua valorizzazione)

Inoltre, si trova difficoltà riguardo la spoliazione dei beni ecclesiastici.


Quindi le prime legislazioni sono di catalogazione delle opere culturali (lo stesso primo
passo fecero gli egizi in relazione ai loro beni culturali)
Sempre per la filosofia liberale, vi è mancanza di attenzione per gli artisti e la loro attività di
creazione e non si concepisce l’idea di un sostegno agli artisti: si pensa che il loro
guadagno sia legato alla fama delle loro opere. (così è ancora negli USA, che non finanzia i propri artisti)
Il cinema è più industriale delle altre forme di arte e ha esigenze di finanziamento diverse dal teatro, che si basa sulla raccolta fondi.

In età liberale, i primi interventi sono di controllo sullo spettacolo dal vivo: si crede che
esso sia suggestionante e perciò va fruito collettivamente per evitare disordini.
Il controllo avviene durante la fruizione, sul contenuto e sulle condizioni tecniche del
luogo dello spettacolo: le Forze dell’Ordine hanno poteri di vigilanza durante lo spettacolo
e possono interromperlo in corso sia per natura dei contenuti sia per natura del luogo in cui
avviene. (es. in caso di fiamme vive intervengono i vigili del fuoco che possono anche non autorizzare precedentemente uno spettacolo)
L’unico controllo preventivo sul contenuto è previsto dal Regolamento del 1865, che vieta
gli spettacoli contro la moralità, l’ordine pubblico, lo Stato, la religione, la vita privata delle
persone e il principio della famiglia. Perciò c’era un vaglio del prefetto che poteva anche
vietare gli spettacoli contrari ai valori.
I pochi sostegni sono dati a livello locale per la ristrutturazione dei locali.
In questo periodo la concezione della cultura è elitaria, per pochi (successivamente si
introduce il biglietto nei musei per suggerire che la cultura sia per tutti, non solo per i colti)
ETA’ FASCISTA
Il Fascismo ha bisogno degli intellettuali per fare propaganda delle sue idee fasciste: hanno
bisogno di una legittimazione. La concezione del popolo è legata alla storia dell’Italia:
ricominciano gli studi sull’Impero Romano, le opere liriche e il cinema diventano simbolo
d’Italia.
Con il fascismo arriva la prima politica culturale con il MinCulPop, che elimina il Ministero
della Propaganda Fascista (gli italiani hanno bisogno di essere accultu
Gli interventi sono di due tipi:
intervento indiretto: intervento di tipo economico da parte dello Stato, tipici del periodo
liberale (iva bassa, facilitazioni economiche riconosciute a chi fa cultura)
intervento diretto: aiuto diretto alla produzione culturale con un ente pubblico e con delle
strutture pubbliche (es.
Il fascismo decide di intervenire direttamente con soluzioni adottate ancora oggi: Cinecittà,
ovvero studi per realizzare vari tipi di scene, l’ accademia di arte drammatica, centro studi
cinematografia)
Il regime fascista cambia atteggiamento nei confronti della cultura e si dispone a sostenere
il mondo culturale italiano (prima si pensava che la cultura fosse elitaria e legata al
mercato)
Il risultato più grande di questo atteggiamento è il MinCulPop, che si sostituisce al
Ministero della Propaganda e si propone di dare forma alla cultura.
In uno stato democratico una politica culturale non è possibile, cioè lo Stato non può dare dei canoni alla cultura e
non può dargli delle direttive (è diversa dalla politica per la cultura, nella quale lo Stato non fa la cultura, ma la
sostiene)
Il MinCulPop rappresenta un’occasione per accomunare vari organismi sotto un unico
ente.
Inoltre, avvia un intervento diretto nella cultura: i soggetti pubblici fanno cultura e consiste
nella pubblicizzazione di enti privati.
La legislazione di controllo che c’era prima diventa più pervasiva: non solo si guarda ai
contenuti di un’opera, ma anche al profilo morale e ideologico dei gestori dei cinema.
Quindi per gestire un teatro c’era bisogno di un’autorizzazione (come nella stampa per i
direttori)
Inoltre sono confermati i poteri di vigilanza sugli spettacoli alle forze dell’ordine.
Ci sono anche misure di controllo preventivo/censura, quali la lettura del copione e la
visione integrale della pellicola approvata

Interventi di sostegno indiretto


Teatro
Le misure di sostegno al teatro seguono un’ottica protezionistica e di promozione dei
prodotti italiani: vi era l’obbligo di programmazione concordata con il Teatro.
Invece il sostegno indiretto/economico al Teatro consisteva in una quota del canone alle
radioaudizioni che finanziava lo spettacolo dal vivo. Ci sono anche una serie di misure che
sostengono la lirica e i concerti: la lirica viene vista come una delle migliori espressioni
della cultura italiana. Infine, lo stato fa un accordo con la Banca Nazionale del Lavoro per un
credito agevolato alle imprese teatrali e all’edilizia dei locali

Cinema
Il cinema ha richiesto maggiori attenzioni perché in quel momento era un’industria
nascente e si è compreso subito il potere di questo media: gli interventi non erano solo di
promozione, ma anche di sostegno all’industria cinematografica italiana rispetto a quella
straniera:
 la programmazione obbligatoria di film italiani nelle sale, pena la chiusura del locale
 una tassa sul doppiaggio dei film stranieri per mantenere i doppiatori
(L’Italia è il primo paese a farlo con la sua scuola di Doppiaggio, es. Alberto Sordi)
 monopolio sull’acquisto delle opere straniere da parte dell’Istituto Luce
(che gestiva anche l’esportazione delle pellicole e la realizzazione dei documentari.
 Anche in questo caso, il credito agevolato per la produzione di film
 Ritorno ai produttori del film di una percentuale degli incassi totali
 Fondo a favore di film di intrattenimento
(la legge viene chiamata “legge dei film brutti” perché non erano impegnativi ed erano destinati agli operai)

Intervento di sostegno diretto


L’intervento diretto consiste nella creazione di enti pubblici che operano nei vari settori di
riferimento.
Teatro
Gli enti pubblici relativi al teatro erano
- EIST gestiva gli scambi teatrali, le tournée
- ETI gestiva e rinnovava le sale teatrali
- INDA promuove e sostiene il dramma latino e greco
Inoltre, avviene la pubblicizzazione dell’Accademia Di Arte Drammatica per la formazione
degli attori (prima era privata, di Silvio D’Amico)
Opera lirica
L’intento promozionale ha per scopo la creazione di enti lirici:
Teatro alla Scala di Milano - Teatro S. Carlo a Napoli - Teatro Comunale di Firenze
All’inizio gli enti lirici sono persone giuridiche private, successivamente vengono inglobate
allo Stato e a tutte viene imposto lo stesso modello:
- hanno un legame con il governo del territorio. Infatti, prima il presidente dell’ente
lirico era il podestà, oggi è il sindaco
- hanno una conduzione sindacale-corporativa: vi era l’idea che il teatro lirico fosse
una realtà autarchica, cioè le varie tipologie di professionisti necessari alla
realizzazione di uno spettacolo fossero dipendenti del teatro stesso.
(quindi segue l’idea della corporazione fascista che accomunava lavoratori e datori di lavoro: l’opera non ha
bisogno di professionisti esterni e ciò rende gli spettacoli molto costosi)
Cinema
Anche nel cinema vi sono enti pubblici di promozione:
- Istituto Luce, che aveva scopi propagandistica ed era cooproduttore di imprese
cinematografiche
- CINECITTA’ nel 1935, ampio studio cinematografico che sostiene la produzione di
film
- Centro Sperimentale per la Cinematografia, che aveva lo scopo di formare gli attori
(come l’accademia di arte drammatica)

SPETTACOLO
Il Ministero per i beni e le attività culturali.
Nel 1944 il MinCulPop è soppresso quando subentra il Governo Badoglio. Nel 1959 si
istituisce il Ministero del Turismo e dello Spettacolo, che riguardava l’intrattenimento, ma
solo nel 1975 si istituisce il Ministero per i Beni e le Attività Culturali: questi due ministeri
verranno uniti nel 1998 in un Ministero unico strutturato per segretariato generale.
Art. 153: Promozione
Dopo la Guerra si conferma l’impianto fascista del sostegno e della tutela, ma vi era una
confusione di ruoli fra Stato e Regioni. Nel 1998 le Riforme Bassanini rimettono ordine al
settore dell’amministrazione e viene data una definizione di promozione :è il sostegno alla
creazione, alla circolazione dello spettacolo, all’integrazione fra politiche per la cultura e le
altre politiche.
Ruoli dello Stato nella promozione: lo stato ha compiti di promozione sui grandi
avvenimenti di esportazione dello spettacolo italiano (teatro, musica, danza e cinema)
Il controllo sulle strutture e le rappresentazioni
Sul contenuto, l’art. 70 del Testo Unico sulla Pubblica Sicurezza introduce limiti più ampi
rispetto al buon costume dell’art. 21: vieta gli spettacoli contro l’ordine pubblico, il buon
costume, la morale o presentano maltrattamento di animali.
Nel 63, un regolamento specifica i limiti di ammissibilità di un film, che consistono in una
serie di contenuti vietati nei confronti dei minori. Tuttavia, il controllo era successivo e si
impediva la circolazione dell’opera già realizzata (al contrario del fascismo che applicava un controllo
preventivo).
Quindi i limiti agli spettacoli sono ampliati dal TUPS, ma di fatto il regolamento limita la
visibilità di un film solo in relazione ai minori.

La Corte costituzionale viene interrogata sulla costituzionalità del regolamento del 1963: si
pensa che limiti la libertà di manifestazione artistica. Essa risponde che il regolamento è
solo un ampliamento di un divieto già presente in Costituzione all’articolo 31 e perché si
riferisce solo ai minori.
Il sistema di controlli è saltato: all’inizio sono stati spostati su commissioni diverse dallo
spettacolo, in un’operazione di semplificazione dei ministeri le autorità di controllo non
furono istituite.
Il teatro non ha giovato di quest’operazione: il riconoscimento di visibilità permetteva di
essere trasmessa in altri luoghi di riproduzione, quali a scuola o anche in tv (senza un
riconoscimento scuole e tv non sanno se il film ha scene adatte ai minori)
Invece nel cinema si è passati a un sistema di autovalutazione: essa è fatta da una
commissione di operatori del cinema stesso.
Quindi sia nel cinema sia nel teatro si è passati dal controllo del Ministero a sistemi di autovalutazione.

Sulle strutture, vi è una conferma del controllo sui luoghi dello spettacolo da parte delle
forze dell’Ordine. Le autorizzazioni per all’apertura dei teatri sono materia territoriale.
Invece per l’apertura dei cinema è materia concorrente fra stato e Regioni e riguarda il
governo del territorio: ci sono dei criteri da seguire per aprire un cinema (es. rapporto fra
popolazione e numero schermi, numero di multisale…) Lo scopo di questa politica di
governo del territorio è di distribuire equamente i cinema sul territorio e per favorire una
concorrenza fra le multisale e i piccoli cinema locali.

LE POLITICHE DI SOSTEGNO DIRETTO


Gli enti creati durante il fascismo (Cinecittà, Luce, Inda ecc.) vengono privatizzati nella
forma. Cioè hanno ancora una finalità pubblica e possono ricevere finanziamenti pubblici,
ma sono società di capitali: diventano delle Fondazioni (patrimoni destinati a un certo
fine).
Esempi: Fondazione per il Dramma Antico – Fondazione La Biennale di Venezia.
ETI: Invece nel 2010 L’ETI è sciolto: gestiva 4 teatri che diventano privati o chiudono
(Duse a Bologna, la Pergola a Firenze, Quirino e il Valle a Roma)

CINECITTA’: Al contrario degli altri enti fascisti, Cinecittà diventa una Holding, un S.p.A.:
racchiude varie società che operano nel settore della cinematografia, fra le quali Istituto
Luce.
Le sue società hanno ognuna funzioni diverse:
 Cinecittà Studios nella la produzione,
 Istituto Luce per la produzione, distribuzione di film e sostegno alle sale cinematografiche,
 Cinecittà International nella promozione della produzione all’estero,
 Italia Cinema nella promozione del cinema italiano.

ENTI LIRICI
Il numero di Enti Lirici viene ampliato ad 11 e diventano Fondazioni con lo stesso modello
modello corporativista nel 1996. Si affiancano altre istituzioni pubbliche per la lirica:
Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma e l’Istituzione dei concerti e del Teatro Lirico
Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari.
Gli enti lirici mantengono il loro collegamento con il territorio: il Sindaco è il presidente
della Fondazione.
Decreto Valore Cultura: Nel 2013 sono state approvate misure per risanare i bilanci degli
enti lirici. Il termine per pareggiare il bilancio era inizialmente 5 anni, pena la degradazione
da ente lirico a teatro di tradizione e la perdita di finanziamenti.
FUS – FONDO UNICO PER LO SPETTACOLO
Dal 1985 viene varato il Fondo Unico per lo Spettacolo, che raccoglie tutte le forme di
finanziamento precedenti. Il vantaggio del FUS è la possibilità di redistribuire il denaro fra
le richieste dei vari settori dello spettacolo: la metà di questo fondo è dato agli enti lirici,
infatti l’opera lirica costa molto e non recupera soldi dal mercato.
Inoltre, dal 2014 si cominciano a invertire la tendenza e a stanziare più soldi su questo
fondo (dal 389 mln a 406 mln). Invece dal’85 al 2013 gli stanziamenti tendevano a essere
più bassi.

RIFORMA DEL FUS – 2015


FONDO PER IL CINEMA E GLI AUDIOVISIVI
Nel 2016 si riforma il FUS e si istituisce il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel
cinema e nell’audiovisivi”: il finanziamento al cinema ha un fondo separato dalle altre
forme di spettacolo ad esso si affianca il settore più generico dell’audiovisivo (documentari,
cartoni animati, serie tv). A questo fondo si mette un finanziamento minimo annuale di 400
mln di euro, per prevenire il crollo verticale del finanziamento che avvenne fino al 2013: la
cifra è equivalente al valore totale del FUS. Tuttavia, dal 2016 il FUS gli finanzia altri soggetti
in maniera maggiore e fra di loro ridistribuisce il 20% che prima era dedicato al cinema. Per
questo include anche altri soggetti: il cantautorato, la musica leggera, folkloristica, il jazz.
Il fondo per il cinema e l’audiovisivo viene alimentato dall’11% delle tasse che raccoglie da
vari settori: dalla proiezione/distribuzione di film, dai programmi tv, servizi TELCO di
telefonia e di accesso a Internet. Il motivo è legato al fatto che la produzione di film
alimenta in parte anche questi settori, quindi devono sostenere indirettamente il cinema.

Come viene riformato il FUS?


Nel FUS vero e proprio cambiano i criteri di assegnazione dei fondi: vengono dati in base a
una serie di criteri determinati in precedenza e si toglie discrezionalità alla scelta delle
commissioni (fatte di persone). Quindi si dà agli operatori dello spettacolo una capacità
predittiva, cioè possono prevedere il denaro che riceveranno in base alle loro attività (nel gergo
dello spettacolo viene detto “algoritmo del FUS”)

Una percentuale bassissima è basata sul parere di una commissione consultiva, proprio per
evitare il delineamento di un canone pubblico.

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