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gratuitamente, mentre il suo giudizio sugli altri dimostra quale bene la grazia con- ferisca a coloro ai quali 2 data. [..]Dungue chi ne viene liberato, abbia cara la grazia; chi non ne viene liberato, riconosca il suo debito. Se la nostra intelligenza Ficonosce nella remissione del debito la bonta, nell esigetlo la giustizia, mai in Dio si trovera ’ingiustizia U¢ Molti in seguito arriveranno a leggere la grazia della predestinazione come questione di una volonta incontrollabile e indiscutibile di Dio, che Ja dona a colui che salva, e non la dona a colui che condanna. Questa grazia non pud che essere gratuita e nessuno pud conoscerla. Per questo, concludeva Agostino, il cristiano deve condurre la sua vita senza disordine; una vita fatta di preghiera, di lavoro, ecc., secondo tutti i condizionamenti dovuti alla vita umana. 3. Gli assi portanti della dottrina agostiniana della grazia Indicazioni bibliografiche: [a complemento di quelle precedentemente fomnite] J. Lenour- LIER, Grace et liberté chez s. Augustin. La grice d’Adam dans le «De correptione et gratia», in Augustinus magister II, Etudes augustiniennes, Paris 1955, pp. 789-793; Cx. BOYER, L’adiuto. rium sine quo non, Sa nature et son importance dans la doctrine de saint Augustin, in «Doctor Communis», 13 (1960), pp. 5-18; A. Sact, Les deax temps de grdce, REA, 7 (1961), pp. 209 230; In,, La volonté salvifique universelle de Dieu dans la pensée de saint Augustin, in «Recher- ches Augustiniennes», 3 (1965), pp. 107-131; A. Tape, A proposito di predestinazione:S. A. i suoi critic! moderni, in «Divinitas», 7 (1963), pp. 243-284; F.J, THONNARD, La prédestination augustinienne et Vinterprétation de O. Rottmanner, REA, 3 (1963), pp. 259-287; Ib., La notion de nature chez saint Augustin. Ses progrés dans la polémique antipélagienne, REA, 11 (1965), pp. 239-265; B, QueLqueyev, Naturalia manent integra. Contribution & Pétude de la poriée méthodologique et doctrinale de Vaxiome théologique «gratia supponit naturams, RSPT, 49 (1965), pp. 640-655. La terminologia della «grazia», che si costitui a poco a poco in Agosti- no, divenne l’equivalente di quella della «giustizia» e della «giustificazio- ne». Ne nacque un vocabolario unico, strutturato sulla base di concetti relazionali, Se noi li distinguiamo @ per potet comprenderli nella loro particolarita ¢ per aiutare il lettore di Agostino a evitare delle possibili confusioni sul suo pensiero concernente la grazia e la liberta. La grazia 2 anzitutto una relazione La «grazie» esprime in Agostino una relazione: non solo essa @ un «pon- te» strumentale possibile tra 'uomo e Dio, ma é sempre anche la benevo- Jenza di qualcuno che si dona. Non é dunque anzitutto e semplicemente 88 Acosmino, If dono della perseverance, 8, 16, cit, p. 323. 266 VITTORINO GROSS! - BERNARD SESBOUE un «intermediario», anche se dopo Agostino si parlera di grazia «creata» e di grazia «giustificantes come di qualcosa esistente in sé. Per il vescovo di Ippona si tratta soprattutto del rapporto dell’uomo con Dio (la grazia di Dio), e in particolare dell’uomo con il suo Redentore (la grazia di Cri- sto), attraverso la carita diffusa nei cuori dallo Spirito Santo (raspiratio caritatis). Il suo aspetto relazionale é sviluppato in riferimento al libero arbitrio e alla liberta. La relazione della graxia con tl libero arbitrio e la liberta Agostino distingue il libero arbitrio dalla liberta. Il dibero arbitrio @ la facolta di scegliere con la quale nasce ogni uomo. Tl libero arbitrio @ la volonta stessa in quanto appartenente a una natura spirituale. Esso non pud mai essere perso, anche se la volonta si trova in situazione di schiavi- tii a causa del peccato. La liberia, propriamente parlando, non é il potere di scelta: & 'amore del bene, é lo stato della volonta orientata verso il bene che é Dio. Essa si inscrive nel movimento che conduce ’uomo, secondo la sua vocazione, a partecipare alla vita divina. Questa liberti non puéd esistere che nella gra- zia: & sempre Dio che ama e dona per primo. «Dio sostiene |’uomo nella sua azione libera, cosi come sostiene la sua esistenza nell’essere»"”, Se Tuomo contraddice questo orientamento perde questa liberta, pur con- servando il suo libero arbitrio. Esiste una articolazione tra il libero arbitrio ¢ la liberta. I primo serve da mediazione alla seconda. E attraverso la successione delle scelte del libero arbitrio nella vita corrente che la liberta si orienta fondamentalmen- te per o contro Dio. L’esercizio del libero arbitrio consente dunque alla liberti di appropriarsi del dono di Dio attraverso il tempo. Piit la liberta si afferma in Dio, meno é soggetta alle vicissitudini del libero arbitrio. ‘Agostino sottolinea che le Scritture ci tivelano che il nome proprio di Dio e del Redentore & quello di «misericordia»; la grazia, da parte sua, & un aiuto (auxiliun/adiutorium) al libero arbitrio dell’uomo, donandogli Ja possibilita concreta di diventare liberta. Adamo nello stato innocente agiva nella grazia, cioé nella possibilita effettiva di porre delle scelte di liberta; dopo il peccato originale, privato della grazia nella quale era stato creato, é caduto sotto il dominio della concupiscenza. I suo libero arbi- trio rimane, ma é oramai nell’impossibilita di poter scegliere il bene. In questo senso, Agostino dice che Adamo, con il peccato, ha perduto la 9 P, Acatsse, Lanthropologie cbrétionne selon saint Augustin, Image, libersé, péobé et grice, Centce- Sevres, Paris 1986, p. 105 \V, GRAZIA... DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOEVO 267 «liberta». La grazia tuttavia non sostituisce il libero arbitrio; essa consen- te solamente che sia di nuovo in grado di essere effettivamente capace di liberta: Pertanto bisogna ammettere che noi possediamo il libero arbitrio per fare sia il bene che il male; ma nel fare il male ognuno é libero dal vincolo della giustizia servo del peccato; nel bene invece nessuno pud essere libero se non sara stato Jiberato da colui che ha detto: «Se sara il Figlio a liberarvi, allora sarete veramente liberi» (Go 8, 36) L...] Se sono figli di Dio, essi sono mossi dallo Spirito di Dio, affinché compiano cid che dev’essere compiuto e, quando hanno compiuto Vazione, rendano grazie a colui da parte del quale sono stati mossi. Infatti essi sono mossi perché agiscano, non perché essi stessi non facciano niente, La grazia @ sovrana poiché, secondo un motto paolino che Agostino ama ripetere, noi non abbiamo nulla che non abbiamo ricevuto e¢ tutto viene dall’iniziativa gratuita di Dio. Pertanto, il nostro libero arbitrio ri- mane, poiché il proprio della grazia non é di-costringerci, ma di farci agire liberamente. Questi due fattori non si situano sullo stesso piano, come se si trattasse di due cavalli che tirano lo stesso carro: la forza esercitata dal primo alleggerisce quella che deve fornire il secondo. Tra la grazia ¢ la liberta, le «due azioni non sono dello stesso ordine, sctive Y. de Mont- cheuil: esse non si fanno concorrenza ed @ possibile ammettere che sia Tuna che facia essere l’altra: nella mia buona azione tutto é della grazia e tutto della mia liberta, perché & la grazia che mi dona d’essere libero, non di poter scegliere, ma di agire liberamente hic et nuno»™". Possiamo ritro- vare una corrispondenza analogica di questo dato misterioso in una espe- rienza umana: mediante l’educazione i genitori e i maestri fanno crescere progressivamente il bambino nella liberta ¢ nell’amore attraverso l’affetto che gli portano, con i loro esempi e i loro insegnamenti. Essi esercitano, facendo questo, una reale influenza su di lui, ma questa, se é ben orienta- ta, non ha lo scopo di condizionare il bambino per farne la loro replica, bensi per aiutarlo a «liberate» in lui la sua propria autonomia, la sua re- sponsabilita, Parte di comportarsi come un uomo. I bambini ai quali que- sto aiuto € mancato ne sono tragicamente segnati per tutta la vita. La distinzione dunque di Agostino, tra la grazia di Adamo (auxilium sine quo non) ela grazia del Cristo (awxilium quo), non sviluppa tanto un concetto di sottomissione del libero arbitrio ¢ della liberta in rapporto alla grazia (la necessita della grazia era gia un dato acquisito dalla prima pole- 423 Agostino, Le correxione ¢ la prazia, 1, 2 € 2, 4, cit., pp. 119 ¢ 124, im Y. De Montcnrvm, Notes inédites, in «Recherches et débats», (1* serie ciclostilata), 10 (1950), pp. 2.6. 268 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE g segue mica pelagiana), ma piuttosto il loro carattere relazionale. Il vescovo di Ippona sviluppa infatti con cura il concetto di «buona yolonta», e la sua gradualita: piccola e ancora incapace (parva et invalida), grande e capace di effettuare cid che desidera (magna et robusta). A questa gradualita si adatta la grazia, che si fa anch’essa piccola o grande”. La liberazione dell’uomo si compie in effetti nel tempo. La relaztone tra la grazia e la natura La grazia @ anche in relazione ~ ma in un altro senso — con la natura creata dell’'uomo. Agostino contestd vivacemente Pelagio quando questi affermé che la grazia poteva essere considerata nella creazione stessa del libero arbitrio come natura, cioé come «poter essere libero. Inoltre, egli comprendeva la natura nel senso della condizione concreta nella quale ciascuno nasce, e non come un «potere» astratto che si potrebbe contrap- porre al concetto di cid che non é natura. Per questo parlava della «con- dizione nella quale siamo stati creati con il libero arbitrio» riferendosi a questa affermazione di Pelagio: «voi conoscete benissimo che cosa chia- mo grazia e rileggendo potete rammentarvi che essa é la condizione nella quale siamo stati creati con il libero arbitrio» ®. Con i pelagiani in effetti, tilevava Agostino, non era la grazia dalla quale proviene la creazione del- Puomo che era in questione, ma quella da cui viene la sua salvezza: non la grazia con la quale Dio ha istituito la natura, ma quella con la quale ha restituito la natura™. Ai pelagiani egli ripeteva dunque che il problema non era cercare chi fosse il Creatore della natura, ma cercare a chi il Sal- vatore fosse necessario". Nel suo trattato La correzione e la grazia, Ago- stino si pose anche la questione antropologica della grazia, cioé dell’uomo piti o meno fermamente stabilito nella grazia: «sorge un’altra questione, che certo non dev’essere trascurata, ma affrontata ¢ risolta»™. Questa questione diventera acutissima nella teologia dei secoli xvt e xv, con Baio, Giansenio ¢ la Scuola degli Agostiniani. L’inizio della fede e la perseveranza finale La relazione di fondo tra la grazia ¢ la liberta investe la totalita dell’esi- stenza umana. Essa segna ’inizio della fede, o la prima conversione; prose- gue durante tutta la vita, si ritrova al termine con il dono della perseveranza "2 Agostino, La grazia ¢ il libero arbitrio, 15, 31-17, 33, city pp. 65-71. 125 Ip,, Gli Atsi di Pelagio, 10, 22, a cura dL Volpi (NBA XVIU2), Citta Nuova, Roma 1981, p. 57. 221 Cf. In., La natura e la grazia, 3, 62, cit, p. 435, "8 Ip, La grazia di Cristo e il pecato originale, 11, 33, 38, cit, p. 253 26 To, La correrione e la grazia, 10, 26, ct. p. 153. V, GRAZIA..: DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOEVO 269 | | finale. Questo & Pinsegnamento positive che emerge dalle discussioni di Agostino alla fine della sua vita con i monaci di Adrumeto e di Provenza. Questi ultimi non sono affatto pelagiani, Le loro posizioni saranno chiamate, pitt tardi e senza dubbio a torto, «semi-pelagianen, I monaci di Provenza in particolare si rifacevano alla tradizione teologica greca sulla grazia. Per numerosi Padri Greci, la natura stessa porta gia Pimpronta della grazia e la loro antropologia non é quella della teologia latina”. Essi provano anche un certo disagio di fronte alle tesi di Agostino sul rapporto tra la grazia e la liberta, perché se riconoscono che la fede é un dono di Dio, in cambio pensano anche che P'uomo debba prepararsi a questo dono, con una disposizione positiva, con una aspirazione e anche con dei cammini di preghiera e di penitenza. «In breve, [’uomo inizia e Dio com- pie, ricompensando un desiderio umano»”. Questa opinione era stata la stessa di Agostino prima del 397, ma la sua esperienza, cosi come la lettu- ra della Scrittura (cfr. 1 Cor 4, 7) gli fece cambiare parere: ogni iniziativa delP'uomo che lo conduce alla salvezza é gia sostenuta da una iniziativa di Dio. La preparazione alla fede & anch’essa un dono di Dio. I concili di Orange e di Trento confermeranno questa posizione. E dunque Dio che comincia. Imonaci sostengono un’istanza simile, ma in senso contrario, a propo- sito della perseveranza. Poiché Dio ha donato la grazia, sta ormai all’uo- mo di mantenersi in essa con la sua fedelt’ ¢ le sue buone opere. Il prece- dente adagio si trasforma allora in questo: «Dio inizia, 'uomo compie: la vita eterna é il coronamento di una vita di meriti» , Qui pero il discerni- mento della necessaria fedelta & ancora erroneo secondo la logica agosti- niana: 'uomo non pud restare fedele con delle azioni che sarebbero indi- pendenti dalla grazia. La relazione iniziale apre a una relazione costante. Per continuare a vivere nella grazia, Puomo dipende incessantemente dal- Ja grazia; incessantemente riceve la sua liberazione in un processo di san- tificazione e di divinizzazione. Quando Dio lo ricompensa, egli corona i suoi stessi doni. Cid che vale della perseveranza nella vita temporale, vale anche per la perseveranza finale, che Agostino qualifica come il «grande dono» (ma- gnum donum). E. alopera sempre la stessa logica: & Dio che compie cid che ha cominciato. Si incontra qui, tuttavia, i! punto piti delicato del pen- siero di Agostino, sul quale egli non ha visto in modo sempre chiaro: quello della predestinazione, 22 Cir. A. SoUGNAG, Semi pélagiens, DSp, XIV (1950), coll. 564-568. % P. AcaEsse, Lanthvopologie cbretienne., cit, p.94. 1 Ibid, p. 95 270 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE Grazia e predestinazione La dottrina della predestinazione é gia stata affrontata a proposito del- le opere La predestinazione dei santi e Il dono della perseveranza. Ora & opportuno riprenderla in maniera sintetica, tenendo conto del fatto che Agostino ha sostenuto questa tesi gia prima della crisi pelagiana, nel 397, ne Le diverse question: a Simpliciano. Con il tempo, le sue formule si irri- gidiranno sempre di pit La predestinazione é l’atto con il quale Dio decide eternamente la sal- vezza di coloro che saranno effettivamente salvati: su questo punto la let- tura dei testi di san Paolo @ stata per Agostino decisiva: *. Anche il disegno di predestinazione @ infallibile: non é una semplice prescienza, ma una vera decisione ¢ azione di Dio: 11 suo disegno di giustificazione rimane fermo non perché Dio trova negli uomini che sceglie opere buone, ma perché il disegno di giustificare i credenti rimane fermo, perché trova opere che egli scoglie per il regno dei cieli™. 0 AGasTiNo, Le diverse question a Simpliciano, I, 2, 2, a cuca di G. Ceriorti - 1. Alici- A. Pierecti (NBA VI/2), Citta Nuova, Roma 1995, p. 301 21 Dbid.,T2, 13, p. 321 2 [bid T,2, 6, p. 3LL. \V. GRAZIA..: DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOEVO 271 Questo non vuol dire che la predestinazione sia necessitante, perché Dio non agisce per obbligo. E dall’interno della volonta che agisce in lui, permettendogli di compiacersi nel bene. Ma allora: «ci sarebbe ingiustizia da parte di Dio?», domandava Paolo. No, risponde Agostino: in questo comportamento divino non ’é alcuna ingiustizia. La risposta finale fa appello alla trascendenza assoluta di Dio: chi @ ’'uomo per contestare con lui? Si dice che [Dio] indurisce alcuni peccatori, perché non usa loro misericordia non perché li costringe a peccare. Egli poi non usa misericordia a coloro che non giu- dica degni di misericordia, secondo una giustizia assai misteriosa e molto lontana dai sentimenti umani. Infatti i suoi giudizi sono imperscrutabili e inaccessibili le sue vie (Raz 11, 33) 99 La predestinazione del Cristo @ Pesempio e il modello della nostra pre- destinazione, cost come «la grazia che eleva il Cristo uomo @ esemplare della nostra grazia la sorgente di ogni grazia»™ C’% anche quel lume splendidissimo di predestinazione e di grazia che @ il Salva- tore stesso, il Mediatore di Dio e degli uomini, 'uomo Cristo Gest. Ma per con- seguire quel risultato, quali sono i meriti nelle opere 0 nella fede che la natura tumana che @ in lui si cra procurata precedentemente? Si risponda, per favore: quell’'uomo da dove trasse il merito per essere assunto dal Verbo coetemo al Pa- dre in unit di persona ¢ diventare Figlio unigenito di Dio? Tuttavia, Agostino afferma che non c’é predestinazione al male, poiché il male viene sempre dall’errore della liberta umana. Resta il fatto che, se tutti ricevono delle grazie, solo coloro che Dio discerne e sceglie ricevono la grazia della perseveranza finale. Questa pecca del suo pensiero costitui ra lalveo delle interpretazioni eccessive che verranno in seguito. Per Ago- stino stesso perd la non-predestinazione di certuni non é arbitraria: essa ha in Dio delle ragioni che noi non conosciamo in questo mondo, ma che conosceremo nella vita futura. Questo vale forse come indizio che Agosti- no stesso nutriva un segreto dubbio, forse in modo incosciente, sull’esat- tezza della sua interpretazione? °°. Dvaltra parte, il contesto mentale nel quale Agostino rifletteva era quel- Jo di una «massa proveniente da Adamo condannata alla dannazione» (massa damnata), di contro al piccolo numero degli eletti. L’umanitd & globalmente perduta, ben al di 1a di ogni rifiuto personale della salvezza, 83 [bid 1,2, 16, p. 327. 14 P. AGASSSE, L’antbropologie chrétienne.., cit. p. 109. Questa sezione si ispira a questo autore, 15 Acosnino, Le predestinazione dei santi, 15,30, cit, pp. 273-215. 16 Clr, Ip, Manuale sulla fede, speranza e cariti, 24, 94-27, 103, a cura di G. Ceriott - 1. Alic - A. Picretti (NBA VI/2), Citti Nuova, Rome 1995, pp. 585-604; ID, I! dono della perseveranza, 21, 55, cit, pp. 383-385; 272 VITTORINO GROSS! - BERNARD SESBOUE apa | | ela Chiesa @ un giardino chiuso sul numero fissato e predestinato dei giu- sti: «ll numero dei giusti che, secondo il suo disegno, Dio chiama ¢ dei quali @ stato detto: “Il Signore conosce i suoi” (2 Tm 2, 19), ecco cid che forma il giardino chiuso, la fontana sigillata, il pozzo d’acque vive». Questo orizzonte pesera sulla coscienza cristiana in Occidente, anche se la Chiesa non canonizzera mai questa dottrina. Il vescovo di Ippona ha certamente ragione d’affermare la priorita as- soluta ¢ dunque eterna dell’iniziativa divina ¢ della grazia, ma si é lasciato bloccare da concetti troppo antropomorfici nel pensare l’eternita e la cau- salita divina. L’eternita non é il tempo. Ora, Agostino cade in una rappre- sentazione temporale dell’eternita che conduce a situare l’atto di Dio e Patto dell’uomo sullo stesso piano, secondo l’ordine del prima e del dopo. Questo é sorprendente, perché lo stesso Agostino ha mostrato di possse- dere una concezione assai elaborata dell’eternita che trascende il tempo. Il decreto di predestinazione non deve dunque essere posto in un prima del tempo. L’eternita «avvolge il tempo ed @ contemporanea a tutti gli istanti c allo sviluppo temporale. La grazia é insieme trascendente l’azione umana in quanto € eterna e contemporanea ad ogni azione umana. Non ha né un prima né un dopo, ma é presente e agente nella successione dei tempi. Non @ dunque qualcosa di irrevocabile 0 chiusa su se stessa, come se Dio avesse fissato una volta per tutte il suo disegno, come se fosse vin- colata da un passato irrevocabile»". Dialtra parte, Agostino, che sostiene che grazia ¢ liberti non sono sullo stesso piano dell’azione ¢ che la prima suscita la seconda, rischia qui di assorbire la liberta nella grazia, non ritenendo che la causalita divina. Sen- za dubbio la libertad non & causa della grazia, ma il libero arbittio deve intervenire perché si realizzi ’'azione buona. Dio non ci santifica con un atto che sarebbe solamente suo, altrimenti l'uomo sarebbe piii libero quando rifiuta di quando acconsente. 4. Le decisioni ecclesiali contro Pelagio (411-418) Indicasioni bibliografiche: vedi p. 139 Ritroviamo a proposito della grazia gli interventi ecclesiali gia incon- trati a proposito del peccato originale ””. Negli anni 411-418, la Chiesa prende posizione in tre occasioni: nel sinodo di Cartagine del 411, in D1 Ip,, Sette libri sul battesimo, V, 27, 38, ed. ft. a cura di G, Finaert (BA 29), 1964, pp. 395-397. 198 P, Acafsse, L’anthropologie chrévienne... cit, p. 113. Cit. W. PANNENEERG, Spstematische Theolo- aée, IIL, cap. 14: Erwihlung und Geschichte, Vandenhoeck 6 Ruprecht, Gattingeo, pp. 473-567. 19° Clr, supra, pp. 139-143 € 159-162. V. GRAZIA... DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOEVO 273 quello di Diospoli del 415 e nel concilio di Cartagine del 418. Queste tre assemblee fisseranno il punto di vista ufficiale della Chiesa sulla dottrina della grazia, Il sinodo di Cartagine del 411 Le principali accuse rivolte da questo sinodo contro il pelagiano Cele- stio™ non riguardavano formalmente la grazia, ma miravano a tesi che la mettevano in questione nei suoi elementi essenziali: il Cristo, non pit di Adamo, non ha influenzato l’umanita se non per il suo esempio; di conse- guenza i riti sacramentali perdono la loro portata effettiva; inoltre Cele- stio non attribuiva un valore giustificativo che alla possibile impeccabilita di ogni uomo. Queste tesi sono formalmente respinte. Il sinodo di Diospoli Il sinodo del 415, tenuto a Diospoli presso Gerusalemme, fu convoca- to sulla base di un libello antipelagiano™, e rivolse delle precise domande a Pelagio. Le sue risposte gli valsero l'assoluzione, ma Agostino le giudicd troppo evasive. Le domande fatte a Pelagio puntano decisamente allo stato della discussione sulla comprensione della grazia nel clima pelagia- no ed agostiniano. Esse concemono in particolare le seguenti proposizio- ni: «La grazia di Dio e il suo aiuto non sono date per ogni atto umano, ma sono presenti nell’esercizio del libero arbitrio, nella legge ¢ nella dottri- na»™. Tnoltre, la grazia non é elargita gratuitamente, ma in conseguenza di un merito. In tal modo avere la grazia dipende dalla volonta dell’uomo™. Se non fosse cosi, quando si soccombe al peccato, non sarebbe Puomo il responsabile, bensi Dio"; e si sopprimerebbe inoltre ogni diversita delle grazie, fatto chiaramente affermato da san Paolo™*, Da ultimo, la necessi- 1a della grazia annullerebbe il libero arbitrio: «Non ¢’é piii libero arbitrio se questi ha bisogno del soccorso di Dio, mentre ciascuno dispone, nella sua proptia volonta, di che cosa fare oppure di non fare qualche cosa>™. Il tenore di queste domande fatte a Pelagio aiuta a comprendere meglio il senso delle decisioni di Cartagine nel 418. 0 Queste accuse sono state esposte a proposito del peccato originale, supra, pp. 140-142 441 Sul sinodo di Diospoli del 415 cfr. O. Wensnincer, Rove und Pelagius, A. Hlicrsemann, Stuttgart 1975, appendice III, pp. 300-301. 12" Thid., appendice Il, pp. 295-299. Hi protocollo delle domande fatte a Pelagio si trova in AGOSTINO, Gli Asti di Pelagia, cit., pp. 21-121 &® Sinodo di Diospoli, 21; in O. Wexmetincer, Rom und Pelagius, cit. p. 297. 4 [bid., 22 € 29; in O. Wenweuincen, Roms wad Pelagins, cit. pp. 297-298. 38 Ibid. 23; in O. Wermetincer, Rom und Pelagius, cit, p. 298 66 Ibid. 24; in ©, Wernecincer, Rom und Pelagius, cit, p. 298 Mr Tbid., 27; in O, Wenwexinces, Rom und Pelagius, cit, p- 299 274 VITTORINO GROSS! - BERNARD SESBOUE Hy ocsiiinciinis ii St és . sisal oes I! concilio di Cartagine (418) Tl concilio di Cartagine del 418 apre un capitolo assolutamente nuovo nella storia della teologia della grazia, infatti i canoni 3, 4 ¢ 5 escludono i tre sensi pelagiani della grazia e precisano la natura e il senso di questa grazia cristiana «in forza della quale siamo giustificati»: Chiunque avra detto che la grazia di Dio, in forza della quale l’'uomo viene giusti- ficato mediante Gest Cristo Signore nostro, serve solo per la remissione det pec- cati che sono gia stati commessi, non anche per l'aiuto a non commetterli, sia anatema (can. 3). Chiunque avr detto che questa stessa grazia di Dio mediante Gest Cristo nostro Signore ci ajuta a non peccare solo per il motivo che attraverso di essa ci viene rivelata e aperta la comprensione dei comandamenti, di modo che sappiamo che cosa volere, che cosa evitare, ma che attraverso di essa non ci vene concesso che amiamo e siamo anche in grado di fare cid che abbiamo conosciuto di dover fare, sia anatema (can. 4). Chiunque avra detto che le grazia della giustificazione ci viene data per il motivo che quanto ci @ comandato di fare mediante il libero arbitrio, per mezzo della grazia lo possiamo adempiere piti facilmente, come se, non venendo elargita la grazia, potessimo tuttavia anche senza di essa, pur non con facilita, adempiere i comandamenti divini, sia anatema (can. 5). Tre prospettive sono dunque considerate insufficienti: la grazia non si riduce alla remissione dei peccati passati, né a una rivelazione che ci dice che cosa dobbiamo fare, né a un aiuto per adempiere la legge piti facil- mente. In positivo, il concilio definisce che la grazia & anche un aiuto (adiutorium) per non fare il male, compreso come amore nel compimento del bene conosciuto, Senza questo aiuto, che si inserisce nella volonta, perché «amiamo e siamo in grado di fare», 'uomo non puéd osservare i precetti divini. Questa definizione della necessita della grazia fu anche ripresa dal con- cilio per respingere ogni pretesa di impeccabilita per i santi dell’ Antico come del Nuovo Testamento, in corrispondenza alla domanda del Pater: atimetti a noi i nostri debiti», secondo la quale noi preghiamo veramente in questo senso, e non solamente per umilta. Ancora, il concilio esprime la posizione originaria di Agostino sulla validita e la necesita del rito battesimale «per la remissione dei peccati», in riferimento alla «necessit’ della grazia» ¢ alla validita della preghiera nella recezione dell’aiuto di Dio per evitare il male’. Da questa stretta connessione stabilita durante la ¥8 Da8 225.227. + Questa posizione & sotolineata dal fatto che i] canone 6 del 418 si richiama a 1 Go 1, 8: eft. Des 228. V. GRAZIA..: DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOEVO 275 polemica pelagiana tra grazia e preghiera nacque il detto «la legge della preghiera stabilisce la legge della fede» (lex orandi, lex oredendi)"*. Tl con. cilio fonda le sue decisoni su un gran numero di testi della Scrittura, pun- tualmente citati™, La lettera Tractoria del papa Zosimo (418) La lettera Tractoria del papa Zosimo (418), secondo i tre frammenti di cui disponiamo, non fa che ripetere due elementi: la rinascita spirituale nel Cristo che dona la vera liberta (fr. 1); la necessita di domandare nella preghiera l'aiuto della grazia per agire ¢ per pensare (fr. 2), aiuto per il quale tutto deve sempre essere riferito a Dio (fr, 3) Se il sinodo di Cartagine del 411 non ci ha lasciato referenze scritturi- stiche, gli interventi successivi del sinodo di Diospoli del 415, del sinodo di Cartagine del 418 ¢ la Tractoria del papa Zosimo ci offrono un insieme di testi dell’Antico e del Nuovo Testamento che situano bene il quadro della polemica pelagiana sulla grazia, cosi come Porientamento preso dal- Ja Chiesa: ~ Nessun uomo é senza peccato agli occhi di Dio («Nessun vivente davanti a te & giusto» Sal 142, 2; «non cé nessuno che non pecchi» 1 Re 8, 46; «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi ¢ la verita non é in noi» I Gv 1, 8; 1 Gv 1, 9). ~ La grazia non @ solamente l’aiuto della legge, di cui parlano le Scrit- ture, essa € anche carita che viene da Dio (Is 8, 20; Sal 93, 10; 1 Cor 8, 1 1 Gv 4, 7). — La sua necessita & tale che, senza di essa, ogni sforzo umano satebbe inutile (Sal 126, 1; Rve 9, 16; «Senza di me non potete far nulla» Gv 15, 5). = Essa collabora con I'uomo («Per grazia di Dio sono quello che sono» 1 Cor 15, 10), facendolo divenire partecipe della natura divina (2 Prt, 4). ~ Per «grazia» si intende la grazia di Dio per mezzo di Gesit Cristo nostro Signore («Sono uno sventurato! Chi mi liberera da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gest Cristo no- stro Signore!» Rez 7, 24; 1 Cor 15, 10). E lui che restituisce all’uomo la sua condizione di essere libero (Gv 8, 36), 2° Capitoli Undiculus) pscudo-celestini, cap. 8 (verso il 431): «afinché la regola del pregate stabilisea Ja maniera del crederes, DzS 246, Sul senso di questo adagio, ctr. K. FEDERER, Fiturgie und Glaube, Ver der, Freiburg iB. 1950, 13 Pec Pesame dettagliato di questi canoni, le loro possibili fonti ¢ le varianti dei passi serituristii unlizzati, cfr. O. Wimauincer, Rom und Pelagius, cit, np. 169-194 10? Che. O, Wenuruincer, Rom und Pelagius,cit., appeadice V, pp. 169-194; Ib., Das Pelagiusdossier in der Tractoria des Zesinaus, ZPhTb, 26 (1979), pp. 336-368, 276 ViCTORINO GROSSI . BERNARD sESBOUE I concilio concentsd la sua attenzione sul ruolo della grazia «prevenien- te», vale a dire quella che interviene prima della giustificazione e che necessatia dopo il peccato originale: essa precede ogni sforzo dell'uomo, guscita la preghiera (can. 3), muta il volere umano per la sua conversione (can, 4); in breve, Vinizio della fede (iuitinme fidei) proviene interamente da Dio: Se qualcuno dice che come la crescita, cost anche Tinizio dela fede ¢ della stessa jnclinazione a credere, con la quale noi crediamo in colui che givstfica Pempio € pomveniamo alla rigenerazione del sacro battesimo, é in noi non per dono della frazia, cioé per ispirazione dello Spirito Santo che corregge la nostra volonta dal- Hear idulite alla fede, dall’empicta alla pieta, ma per natura, si dimostra avversa- rio degli insegnamenti apostolici ‘. Questa priorita della grazia 2 mantenuta nell’atto della giustificazione: & la grazia che «risana il libero arbitrio» (can. 13), che libera (can. 14), che Gona la giustizia del Cristo (can. 21). La si ritrova nel progeesso ulteriore dei aiusti: & necessatia per vivere nella giustizia (can, 9), per perseverare (can. 10), per amare Dio (can. 25). ‘La grazia di Dio, gia necessaria perché il libero arbitrio di Adamo in- nocente potesse compiere ed esercitare il bene, diviene doppiamente ne- cessaria per la discendenza di ‘Adamo. Caduta sotto il dominio della con- cupiscenza, non solo il suo libero arbitrio ha perduto il suo potere di «co- agire» con la grazia, ma deve inoltre affrontare lostacolo della concupi- scenza. E la grazia del Cristo che libera da una tale impotenza (cio? dal elegame originale») ¢ consente di produrre un bene degno dell’eternita. Questa posizione antropologica di Agostino @ sovente ripresa net docu- menti sinodali ¢ negli interventi della Sede apostolica, come ad esempio nella lettera del papa Bonifacio IL a Cesario di Arles. ‘La conclusione, aggiunta ai documenti d’Orange dallo stesso Cesario, mette anche in evidenza petd la cooperazione umana dopo la conversione e respinge formalmente la dottrina della predestinazione alla dannazione (reprobatio): Secondo la fede cattolica crediamo anche che, dopo aver ricevuto fa grazia me- diante il battesimo, tutti i battezzati con l'aiuto € Ja cooperazione di Cristo posso- no e debbono adempiere quanto @ attinente alla salvezza dell’anima, se vorranno: adaperarsi secondo la fede. Che invece alcuni siano stati predestinati al male dalla divina potesta, non solo non lo crediamo, ma, se ci sono taluni che vogliono cre: dere a tanto male, esprimiamo loro anche con pisna esecrazione l'anatéma 61 DzS 375, 162 Lettera “Per filiura nostrurs" del geninsio 531, 1; DiS 398. 18 DeS 397, \V. GRAZIA..: DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOEVO_ 279 La priorit& assoluta della grazia, chiaramente affermata nel pill puro spirito di Agostino contro ogni tentazione «semi-pelagiana», non toglie dunque nulla alla necessaria cooperazione del libero arbitrio umano. La condanna della predestinazione al male si oppone a certe interpretazioni unilaterali, giudicate d’altronde illegittime, delle tesi del vescovo di Ippo- na al riguardo™, Si ritrovano ad Orange, nelle citazioni scritturistiche, i testi commentati da Agostino per stabilire la necessita della grazia: «li Dio infatti che dispo- ne la volonta degli uomini» (Pro 8, 35, LXX); «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1 Cor 4, 7); «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15, 10); «Non perd che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacita viene da Dio» (2 Cor 3, 5); «Senza di me non potete far nulla» (Go 15, 5); «Nessuno pud venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gu 6, 44). 2. L’Alto Medioevo: reviviscenze predestinazioniste Indicazioni bibliografiche: J, Goriscunc, Studien zur Versobnungslebre des Mittelalters, ZKG, 22 (1901), pp. 378-438; 23 (1902), pp. 35-67, 191-222, 321-375; 24 (1903) pp. 15-45, 198-231; J. Rivient, Le dogme de la rédemption au début da Moyen Age, Vin, Paris 1934; J Avrn, Die Entwicklung der Gnadenlehere in der Hochscholastik, 2 voll,, Herder, Freiburg 1951; Cu. Canios, Justification in Earlier Medieval Theology, The Hage, s.. 1975. Nel 1x secolo Godescalco (808-867 circa), monaco dell’abbazia di Or- bais, propose di nuovo la dottrina della doppia predestinazione al bene e al male, affermando che il Cristo non @ morto per tutti, Egli provocd la tiunione dei concili di Mayence (848) ¢ di Quiercy (maggio 853). Que- st'ultimo si tenne sotto la direzione di Incmaro di Reims. I dibattiti non furono risolti ¢ la dottrina di Incmaro fu giudicata sospetta da taluni: fu per questo convocato, dall’imperatore Lotario (817-855), un nuovo con- cilio a Valenza (gennaio 855). Essenzialmente, tali concili respinsero la doppia predestinazione e ripresero la dottrina tradizionale del libero arbi- trio liberato dalla grazia del Cristo, Una volta ancora questi concili si servirono delle parole di Agostino, come ad esempio Quiercy: «Abbiamo perso la liberti delParbitrio nel 14 La Chiese ha considerato Agostino come autore cattolico, al di la delle diffcli question’ che ha affrontato e nelle quail magistczo non sé sbilanciato né per sastenerlo né per condannarlo.Sirtrova gia questo atteggiamento nell ndictus del papa Celestino (431), cap. 10: «Le parti poi pit profonde e diff cit delle questioni attinenti, ce sono stare tratate pid amapiamente da coloro che hanno opposta resisten za agli eretici, come non osiamo disprezzatle, cosi non abbiamo nccessita di aggiungerles, DeS 249, ‘© Peril concilio di Quiercy, cfr. DzS 621-624; per il concilio di Valenza, eft. DaS 625-633. 280 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOOE primo uomo (libertatem arbitrii)»'; oppure si riferiscono al suo pensie- ro, come quando il concilio di Valenza vuole condannare la doppia pre- destinazione e dichiara che bisogna anzitutto ascoltare e accettare tutto cid che era stato scritto al riguardo dai diversi autori cristiani, fra i quali Agostino; Assoggettiamo con riverenza Pudito ¢ con obbedienza lintelletto ai maestri che trattarono piamente ¢ rettamente la parola della verita e agli stessi luminosissimi espositori della Sacra Scrittura, cio’ Cipriano, Ilario, Ambrogio, Girolamo, Ago- stino e agli altri che riposano nella pieti cattolica, e secondo le nostre forze acco. sliamo quanto hanno scritto per la nostra salvezza La teologia scolastica della grazia Ugo di San Vittore e la sua scuola Indicazioni bibliografiche: J. Cuatt.0n, De Guillaume de Champeaux d Thomas Gallus, Chronique d’bistoire littéraive et doctrinale de Vécole de Saint-Victor, It: Hugues de Saint-Victor, in «Revue du Moyen Age latin», 8 (1952), pp. 147-162; A. Connes, La Théologie mystique de Gerson. Profil de son évolution, 2 voll,, Deselée, Paris 1963-1965. La teologia scolastica ha conosciuto due orientamenti principali nel suo approccio al tema della grazia. Il primo @ stato orientamento platonico- agostiniano, coltivato soprattutto dalla scuola dei Vittorini del monastero di San Vittore di Parigi. Ugo di San Vittore (1096-1141 circa) ne é stato i principale rappresentante e fu soprannominato «l’altro Agostino» (alter Augustinus). Teologia ¢ mistica trovarono in lui uno dei grandi rappre- sentanti della tradizione agostiniana e della Gerarchia celeste di Dionigi PAreopagita. Nella sua concezione della mistica, effetto della grazia, c della finalita dello studio, che non é la scienza in quanto tale, ma la carita, si trovano i principali elementi dell'ispirazione agostiniana sulla grazia, La tradizione «agostiniana» dei Vittorini continud specialmente nella teologia affettiva della scuola francescana di san Bonaventura, dei teologi degli Eremiti di sant’ Agostino e in quella che si & chiamata la devotio moderna. Da movimento spirituale, secondo quanto era al suo inizio, la devotio moderna entrd nel quadro teologico grazie a Gerson, per il quale Ja scienza cristiana non si apprende con i sillogismi o con i sofismi, ma & questione di fede, di speranza e di carita. In questo ambito, la teologia "8 DoS 622, cap, 2, © DyS 625 168 Jean Cuaatser (1363-1429), nato a Gerson-lés-Barby, scrisse un libro dal titolo La consolazione della teologia e delle opere mistche, V. GRAZIA... DALLA SCRITTURA ALLA FINE DEL MEDIOFVO 281 della grazia di ispirazione agostiniana divenne una vera spititualita, con- tribuendo notevolmente a ridurre le distanze tra la teologia accademica e la pieta cristiana del popolo di Dio. La teologia francescana (Alessandro di Hales, Bonaventura, Duns Sco- to), legata a Giovanni Cassiano e a Giovanni Crisostomo, comincera a parlare di un metito de congrao™, in riferimento a un movimento iniziale verso la virtl, possibile anche ai non battezzati. Inoltre, Alessandro di Hales identifica la grazia «preveniente» con «l’assistenza generale» di Dio, nel quadro del peccato originale, compreso come la «perdita della giusti- zia originale» e dei doni preternaturali concessi ad Adamo. Elementi prossimi al linguaggio della Scrittura e alla dottrina dei Padri della Chiesa (come la necesita dell’ economia redentrice, una giustizia che supera il senso giuridico, la «soddisfazione come amore») furono veicol: ti dalla letteratura che si rifaceva ad Agostino; letteratura pseudo-agos' niana che non fu certo D'ultima‘”. Una tematica della grazia: san Tommaso d’Aquino Jndicasioni bibliografiche: H. BOUILLARD, Conversion et grice chez saint Thomas d’Aquin, Aubier, Paris 1944; M, Fuck, L’attimo della giustificazione secondo s. Tommaso, PUG, Roma 1947; H. Lats, Die Gnedenlebere des bl. Thomas in der «Sumrea contra Gentiles» und der Komimentar des Franziskus Syluestris von Ferrara, K. Zink, Miinchen 1951; O.H. Prsci, Die Theologie der Rechifertigung bei Martin Luther und Thomas von Aquin, M, Griinewald Verlag, Mainz 1967. Laltro orientamento é quello aristotelico-tomista, che ha sistematizza- to la dottrina della grazia sviluppando una precisa concettualita, espressa con un certo numero di termini associati per formare una serie di coppie che non si sovrappongono vicendevolmente: xgrazia sanante> e «grazia clevante»; «grazia abituale» e «grazia attualen; «grazia increata» e «grazia creata», Ammesso che il fine dell’uomo risiede nella beatitudine della visione di Dio donata ai risorti e che il peccato di Adamo non ha cambiato questa vocazione soprannaturale dell’uomo, quest’ultimo appare dop- piamente sprovvisto per conseguire il suo fine. Ha bisogna di una grazia che guarisca (gratia sanans) la sua natura, ferita dal peccato, e di una gtazia che lo elevi al di sopra della sua propria natura, perché possa entrare in comunione con Dio (gratia elevans), che @ il suo fine. La dot- 1 Si ritrovera il mezito cosiddetto de congruo, con le suc ambiguita, infra, p. 308. 2 Questielementi sono stati raccolti da: J. Riviere, Le Dogme de la rédemption au début du Moyen Age, Vrin, Paris 1934, pp. 53-60; 303-308; 459-463. 282 VITTORINO GROSSI - BERNARD SESBOUE

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