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La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è una malattia

neurodegenerativa progressiva dell'età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e
corticali, che conduce al decadimento degli organi respiratori

Al momento, la causa della SLA non è ancora completamente compresa. Si ritiene che la maggior parte dei
casi di SLA sia causata da una serie di fattori che insieme contribuiscono alla sua insorgenza, come
predisposizione genetica, fattori ambientali e stile di vita. Esistono diversi studi di ricerca che indagano i
possibili fattori di rischio potenzialmente associati alla SLA.

L’esposizione ai fattori ambientali che potrebbero contribuire allo sviluppo della SLA è stata ampiamente
indagata nel corso degli anni. Questo filone di ricerca è noto come epidemiologia. Studi epidemiologici
hanno identificato possibili legami con l’esposizione a traumi meccanici e/o elettrici, con il servizio militare,
il fumo, i prodotti chimici agricoli, gli alti livelli di attività fisica e una varietà di metalli pesanti. Tuttavia, è
importante notare che questi sono solo sospetti fattori di rischio e che i risultati ottenuti in questi studi non
sono giunti a conclusioni definitive. Sono necessari ulteriori indagini per determinare in modo definitivo
quali fattori genetici e/o ambientali contribuiscano allo sviluppo della SLA. Una possibile spiegazione
potrebbe essere che questi fattori di rischio abbiano un effetto cumulativo nell’indebolimento delle cellule
nervose, rendendole più suscettibili alla degenerazione. Un’altra spiegazione potrebbe essere che essi
interagiscano con specifici geni, scatenando la malattia attraverso interazioni gene-ambiente.la paralisi dei
muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori.

I geni sono stringhe di DNA che forniscono istruzioni o codici per produrre proteine. Le proteine sono le
componenti principali di tutti i tipi di cellule, controllano la funzionalità cellulare e garantiscono alla cellula
una struttura definita. I geni che ereditiamo dai nostri genitori contengono le informazioni necessarie al
nostro corpo per svilupparsi e funzionare.

Le malattie dei motoneuroni possono coinvolgere il sistema nervoso centrale (l’encefalo e il midollo
spinale) come anche il sistema nervoso periferico (i nervi al di fuori del cervello e del midollo spinale).

Non esiste una cura nota per la SLA.[5] Un farmaco chiamato riluzolo può prolungare l'aspettativa di vita di
circa due o tre mesi.[7] La ventilazione artificiale può comportare sia una migliore qualità, sia una maggiore
durata della vita.[8] La malattia di solito incomincia intorno all'età di 60 anni e, nei casi ereditati, circa una
decina di anni prima.[6] La sopravvivenza media dall'esordio al decesso può variare dai tre ai quattro
anni[9]; circa il 10% sopravvive più di 10 anni, mentre il 5 % raggiunge o supera i 20 anni dalla diagnosi.[5]
La maggior parte muore per insufficienza respiratoria. In gran parte del mondo, i tassi epidemiologici di SLA
sono sconosciuti.[6] In Europa e negli Stati Uniti, la malattia colpisce circa 2 persone ogni 100 000 individui
all'anno.[6][10]

La prima descrizione della malattia risale almeno al 1824 da parte di Charles Bell.[11] Nel 1869, il
collegamento tra i sintomi e i problemi neurologici sottostanti sono stati descritti da Jean-Martin Charcot,
che nel 1874 incominciò a usare il termine sclerosi laterale amiotrofica.[11] La condizione divenne nota nel
XX secolo quando colpì il giocatore di baseball Lou Gehrig[1] e successivamente quando Stephen Hawking
(colpito da una rara forma di SLA giovanile e sopravvissuto 55 anni dalla diagnosi) guadagnò la fama per i
suoi meriti scientifici.[12] Il primo caso mediatico in Italia non riguardò, come spesso si crede, un calciatore
negli anni '70, ma lo scrittore Giovanni Papini, deceduto nel 1956.
Nella ricerca delle cause di SLA, i ricercatori inoltre hanno studiato i fattori ambientali, quale l'esposizione
ad agenti tossici o contagiosi. Alcuni studi scientifici[45] hanno ipotizzato possibili correlazioni fra
l'esposizione ad alcuni fitofarmaci e la SLA. Gli studi presenti in letteratura, necessariamente di tipo
retrospettivo e spesso condotti su piccoli campioni di popolazione, hanno spesso evidenziato questo tipo di
associazione.[46] Una metanalisi del 2012,[47] condotta su studi retrospettivi, ha dimostrato, sia pure solo
in soggetti di sesso maschile, una correlazione statisticamente significativa fra l'esposizione a fitofarmaci e
lo sviluppo della malattia; gli studi presi in esame, tuttavia, non specificavano la sostanza coinvolta. Un altro
studio di metanalisi ha esaminato i possibili effetti di diverse classi di fitofarmaci, rilevando una possibile
correlazione, anche se statisticamente non significativa, tra la SLA e l'esposizione a insetticidi
organoclorurati

L'inizio della SLA può essere così subdolo che i sintomi vengono spesso trascurati. I sintomi iniziali includono
brevi contrazioni (mioclonie), crampi oppure una certa rigidità dei muscoli. Rigidità che influisce sul
funzionamento di un braccio o di una gamba, e voce indistinta o tono nasale. Questi disturbi generali si
sviluppano in forme di debolezza più evidente o atrofia, che possono portare il medico a sospettare una
forma di SLA.

Le parti del corpo interessate dai sintomi iniziali della SLA dipendono da quali muscoli nel corpo vengono
danneggiati per primi. Circa il 75% delle persone sperimenta la SLA con "esordio all'arto". In alcuni di questi
casi, i sintomi inizialmente si risentono su una delle gambe ed i pazienti ne divengono consapevoli quando
camminano o corrono, oppure perché notano che inciampano più spesso. Altri pazienti con l'esordio
all'arto sperimentano gli effetti della malattia su una mano o su un braccio, dato che essi hanno difficoltà ad
eseguire compiti semplici che richiedono destrezza manuale, come abbottonare una camicia, scrivere o
girare una chiave in una serratura.

Trattamento

Trattamento farmacologico

Al 2020 non è stata scoperta nessuna cura definitiva per la SLA. Nonostante questo, la Food and Drug
Administration (FDA) ha approvato il primo trattamento farmacologico per la malattia: il riluzolo. Si pensa
che il riluzolo possa ridurre il danno ai motoneuroni, perché riduce il rilascio di glutammato. Test clinici in
pazienti con SLA hanno mostrato che il riluzolo prolunga la sopravvivenza fino a soli tre mesi, e può
estendere il tempo di sopravvivenza soprattutto nei pazienti con SLA ad inizio bulbare. Il farmaco estende
anche il tempo durante il quale il paziente può rimanere libero dal supporto ventilatorio. Il riluzolo non può
invertire il danno subito dai motoneuroni, ed i pazienti che prendono il farmaco devono essere
monitorizzati per il danno epatico ed altri possibili effetti collaterali. Comunque, questa prima terapia
specifica per la malattia, offre la speranza che la progressione della SLA possa un giorno essere rallentata da
nuovi farmaci o combinazioni di essi.

Trattamenti sperimentali

I ricercatori stanno studiando varie soluzioni per ritardare l'avanzamento della SLA; tra le possibili terapie
più promettenti che in un futuro prossimo potrebbero essere disponibili vi sono quelle che seguono.[61]

Il resveratrolo sembra in grado di proteggere i neuroni essendo in grado di stimolare la produzione di NAD,
ed è in grado di superare la barriera ematoencefalica. I filamenti di RNA possono ostacolare la produzione
di proteine nocive nei neuroni e nelle cellule.
I motoneuroni sembrano essere protetti dal fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) e da proteine quali il
fattore di crescita dell'endotelio vascolare (VEGF). È stato visto infatti che questa malattia si accompagna
spesso a carenza di somatotropina e IGF-I[62] e che l'uso di questo fattore di crescita stimola le connessioni
neuronali, inibisce la morte dei neuroni e in generale da grandi benefici ai malati di malattie
neurodegenerative compresa la SLA[63]. Attualmente il più grande ostacolo terapeutico a questo approccio
è il costo di quest'ormone proteico. Alcuni pazienti che ne hanno tratto giovamento[64], nonostante non vi
sia nessuna prova scientifica certa dell'efficacia[65], hanno ottenuto, tramite ricorso giudiziario, che la ASL
fornisca l'ormone gratuitamente.[66] Tra gli effetti collaterali, l'aumento della possibilità di sviluppo di
tumori[67], possibilità invece negata da molti studi.[68]

Uno studio del 2008 ha mostrato come l'uso di litio, un medicinale usato in campo psichiatrico come
stabilizzatore dell'umore, potrebbe rallentare notevolmente la progressione della SLA, sia nell'uomo, sia nel
modello della malattia nei topi[69]; studi successivi condotti su campioni significativi, tuttavia, non hanno
confermato questa evidenza[70]. Tra i trattamenti suggeriti e in fase di studio vi è anche la
somministrazione di palmitoiletanolamide[71].

Esperimenti svolti sui topi hanno confermato che le cellule staminali si spostano nella zona in cui si trovano
i neuroni danneggiati e che quindi potrebbero essere utilizzate a scopi terapeutici.

Altre possibili cure, in sperimentazione presso un progetto coordinato dal dipartimento di neuroscienze di
Genova e promosso dal centro clinico NeMo, comprendono la somministrazione di un chemioterapico, la
ciclofosfamide, e del G-CSF (il fattore di crescita granulocitario), con effetti di immunomodulatore e
immunosoppressore, supportato dalla reinfusione di cellule staminali emopoietiche autologhe prelevate
dallo stesso paziente.[72] La sperimentazione si è svolta con la partecipazione del dottor Mario Melazzini,
presidente AISLA e malato di SLA dal 2004, nonché inventore del protocollo clinico citato. I risultati
sarebbero leggermente incoraggianti, anche se dipendenti dal tipo specifico di SLA. Nel 2013 è iniziato un
trial clinico ufficiale con 28 pazienti selezionati in 7 centri italiani a Genova, Milano, Novara, Torino, Firenze
e Siena.[73][74]

Trattamento di supporto

Altri trattamenti per la SLA sono mirati a rendere meno gravi i sintomi ed a migliorare la qualità della vita
per i pazienti. Agli effetti, numerosi studi empirici basati su interviste ai pazienti con SLA rivelano come la
percezione della propria qualità della vita sia parzialmente indipendente dal declino della funzionalità fisica.
Le cure palliative vengono fornite al meglio da team multidisciplinari costituiti da professionisti
dell'assistenza come medici, farmacisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali, e logopedisti; nutrizionisti;
assistenti sociali; ed infermieri specializzati nell'assistenza domiciliare e negli hospice per lungodegenti.
Lavorando con i pazienti ed il personale sanitario, questi "team di assistenza" possono pianificare un piano
individualizzato di terapia medica e fisica e fornire apparecchiature speciali destinate a mantenere i pazienti
nella migliore situazione di mobilità e comfort che si possa ragionevolmente raggiungere.

STEPHEN HAWKING scienziato e teologo ha contratto una malattia simile , lasciandoci circa 50 anni dopo
con le più grandi teorie e spiegazioni sull’univer

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