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Luna rossa
La conquista sovietica dello spazio
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Indice
L'alba 13
Un genio introverso 31
L'Innominato 71
Cuore di cane 97
Ringraziamenti 2.15
Note 2.17
Bibliografia 2.31
Ballata della luna luna
Konstancin E. Ciolkovskij
A metà dicembre 2.017, Donald Trump ha firmato una direttiva per rifoca
lizzare il programma spaziale della NASA sulla ricerca e l'esplorazione affi
data agli uomini oltre che ai robot. Una mossa, ha sentenziato il presiden
te americano, che «segna un passo importante nel riportare per la prima
volca dal 1972. gli astronauti americani sulla Luna per lunghe esplorazioni
[ ...). Ora non solo pianteremo la nostra bandiera e lasceremo la nostra im
pronta [ sul suolo lunare), ma stabiliremo le basi per un'eventuale missione
su Marce e forse un giorno su molti mondi ancora più lontani»'. Belle
parole, che lascerebbero sperare in un altruistico dispiegamento di impor
tanti risorse economiche e di ingegno per seguire virtute e canoscenza. Un
revival di quel sogno americano che canto ci illuse, come un dannunziano
amore, negli anni caldi per la ricostruzione e freddi per la guerra a pelo
d'acqua tra USA e URSS.
Appena sei mesi dopo questa promettente uscita, però, durante una
riunione del suo Consiglio nazionale dello spazio nella Sala est della Casa
Bianca, Trump ha gettato la maschera affrontando con la consueta tra
cotante franchezza la questione dell'occupazione militare dello spazio.
«L'essenza del carattere degli americani», ha dichiarato, «è di esplorare
nuovi orizzonti e fronteggiare nuove frontiere. Ma il nostro destino al di
là della Terra non è solo una questione di identità nazionale; è un proble
ma di sicurezza nazionale. Non basca avere semplicemente una presenza
americana nello spazio. Dobbiamo avere il dominio americano nello spa
zio!»". Tant'è vero che pochi mesi dopo questa esternazione ha ordinato
IO LUNA ROSSA
una nuova stagione della storia o anche soltanto una nuova avventura del
la conoscenza. In genere, gli accadimenti o i personaggi che marcano un
avvio sono l'espressione di convenzioni spesso arbitrarie e più o meno im
poste da chi, in un dato momento, aveva titolo per dettare le regole della
narrazione e a interpretare i fatti. Perché, si sa, sono i vincitori a scrivere
la storia. La conquista dello spazio extraterrestre e la corsa a raggiungere il
nostro satellite non fanno eccezione alla regola. L'alba di questa moderna
epopea sfuma nei secoli sino a quel primo uomo che sognò di staccarsi da
terra e librarsi nel!'aria come gli uccelli.
È la vicenda del giovane Icaro, che pretese di sfiorare il Sole e per que
sto suo temerario gesto perse la vita. Storia del primo "incidente di volo"
causato da imperizia e da giovanile insolenza. Icaro era prigioniero a Creta
insieme al padre Dedalo, un genio della tecnologia con scarsi valori mo
rali. Il signore dell'isola, Minosse, li tratteneva entrambi nel labirinto che
Dedalo aveva costruito per il Minotauro, l'essere mostruoso nato dall 'u
nione della regina Pasifae con un toro bianco. Era la punizione inflitta
loro per aver insegnato alla figlia del re, pazzamente innamorata di Teseo,
l'espediente del filo di lana che aveva consentito all'eroe di uccidere la be
stia divoratrice di fanciulli senza restare intrappolato nel labirinto. Un'ar
ticolata narrazione che riassume vizi e umane virtù, libero arbitrio e fato, e
li intreccia in una storia senza tempo che ancora ci emoziona.
Per cavarsi d'impaccio, Dedalo fabbricò delle ali di piume tenute assie
me con la cera e le applicò a sé e al figlio. Quando presero il volo, dimenti
co delle raccomandazioni paterne, Icaro volle spingersi sempre più in alto
sin tanto che il calore del Sole sciolse il collante. In un istante l'ebrezza si
trasformò in tragedia: il ragazzo precipitò in mare. Un ammonimento per
coloro che osano troppo, per ambizione e anche per sete di sapere.
Dal sogno alla narrazione fantastica il passo logico è relativamente bre
ve. Esasperando il genere del viaggio immaginario, Luciano di Samosata,
un siriano di cultura greca vissuto nel II secolo d.C., raccontò «di cose
non vedute, né sapute da alcri, che non sono, né potrebbero mai essere»
(Storia vera, 1), tra cui una scalata alla Luna sulla spinta delle gigantesche
ondate d'un fortunale in cui era incappato oltre le colonne d'Ercole. Que
sta brillante parodia dell'Odissea inaugurava, con un nobile fine pedago
gico, la stagione dei viaggi fantastici alla stella Diana, che con Cicerone
erano rimasti a livello di somnium, e con Dante, nel II canto del Paradiso,
presenteranno una forte matrice mistica e scientifica (per quel che la scien
za poteva valere allora).
L'ALBA 17
glio di zolfo, carbone vegetale e salnitro le cui virtù erano state scoperte
per caso da un oscuro alchimista. La leggenda vuole che costui fosse alla
ricerca dell'elisir dell'immortalità. Scoprì invece una sostanza incendia
ria capace di sviluppare, se opportunamente eccitata dal fuoco, una certa
quantità di calore e di volume di gas. li ritrovato venne presto impiegato
nelle feste e nelle guerre. Fuochi artificiali per la gioia degli occhi e "frecce
di fuoco", ossia razzi a polvere pirica attaccati a una lunga canna di bambù
per dar loro un minimo di direzionalità, adoperati forse per la prima volta,
e inutilmente, dalle truppe del Celeste Impero contro i Mongoli del suc
cessore di Gengis Khan durante l'assedio di Kaifeng nel 12.32..
Ali'avvio del Settecento, Daniel Defoe, che tutti ricordiamo per La
vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, riprese il tema
d'una Luna abitata da esseri intelligenti e molto evoluti, che egli avrebbe
visitato di persona grazie a una macchina piumata, il Consolidator (da cui il
titolo del romanzo, 1705), fabbricata dai cinesi, la cui esotica cultura anda
va allora di gran moda in Europa, grazie a una tecnologia appresa proprio
dai lunatici.L'intento dello scrittore e giornalista britannico era di portare
l'attenzione del pubblico sui temi politici e sociali del suo tempo, masche
rando la satira dietro un racconto stravagante e irreale per sfruttarne il fa
scino. La Luna quale espediente letterario, insomma.
L'opera ebbe incerta fortuna. Una sorte condivisa da tante altre prece
denti e successive che utilizzarono l'artificio del viaggio nello spazio per
raggiungere altri specifici obiettivi. Ad esempio, promuovere e divulgare
idee astronomiche nuove. Nessuno, però, aveva ancora associato la scien
za all'immaginazione per rendere credibili le invenzioni fantastiche, alla
maniera adoprata dal filosofo, politico e saggista elisabettiano Francesco
Bacone nella Nuova Atlantide (162.4).
Ci riuscì Jules Verne (182.8-1905) nel suo Dalla Terra alla Luna, pub
blicato nel 1865, e nell'Intorno alla Luna del 1870, che fa da continuazio
ne al primo. Insieme agli altri viaggi fantastici al centro della Terra e sul
fondo degli oceani, queste due storie inaugurarono un genere letterario
nuovo e fortunato, la fantascienza, che avrebbe avuto grande influenza nel
motivare al sogno e all'azione i primi pionieri dell'astronautica. L'idea da
cui mosse il romanziere di Nantes non era nuova né originale: sparare un
equipaggio nella direzione del satellite terrestre utilizzando un supercan
none'.
Otto anni prima, l'astronomo e patriota napoletano Ernesto Capocci
(1798-1864) aveva raccontato di un'ardita missione alla Luna effettuata
L'ALBA 19
nell'anno 2.057, esattamente due secoli dal momento in cui scriveva, con
il coinvolgimento di una donna, Urania: semplice allegoria dell'astrono
mia e non, come verrebbe da pensare, pionieristico manifesto femminista.
L'equipaggio era stato trasferito al sito di lancio, la bocca d'un vulcano
spento nel Sud del continente americano, mediante un pallone intitolato a
Giordano Bruno, simbolo di modernità e della rottura con i vincoli di una
scienza prona alla religione. Qui un poderoso cannone impresse a un pro
iettile-astronave la velocità necessaria a effettuare la traversata dalla Terra
alla Luna. Pur disseminato di ingenuità e di errori, il racconto cercava di
essere verosimile mediante la cura dei particolari. Ad esempio, il ricorso al
cloroformio, da poco scoperto, per anestetizzare i coraggiosi astronauti e
far loro sopportare il trauma del lungo viaggio nel vuoto interplanetario.
Un accorgimento che nei romanzi di fantascienza del secondo Novecento
evolverà nella pratica dcli' ibernazione.
Stampato a Napoli poco prima del dissolvimento del Regno delle Due
Sicilie, il volumetto di Capocci non produsse conseguenze di rilievo. Lo
lessero in pochi, per via della lingua e di una distribuzione limitata. Ben
diverso effetto ebbe la scoria raccontata con letteraria maestria da Verne,
sapientemente illustrata e diffusa in tutto il mondo da un abile editore.
«Si parla sempre della [sua] impareggiabile fantasia nel prevedere le in
venzioni scientifiche. In realtà era un grande lettore di riviste scientifiche,
che arricchiva di quello che via via veniva a sapere sulle ricerche in corso»,
scriveva Italo Calvino su "la Repubblica" il 2.9 gennaio 1978.
La trama dei due romanzi francesi ricalca, nella sua ossatura, quella ben
più esile dell'operetta didattica dell'astronomo napoletano, ma l'artico
lazione risulta assai più avvincente e ricca di spunti, sino al gran finale. Il
proiettile con equipaggio umano non riesce a centrare la Luna e si colloca
in orbita attorno al corpo celeste. Gli infelici astronauti sembrano condan
nati a una lunga agonia, e invece la trappola mortale viene scansata grazie a
un fortunato espediente. Fantasia, pathos e ironia abilmente amalgamaci e
vestiti di realtà; il racconto di un sogno che i contemporanei, ormai avvez
zi ai progressi della scienza e della tecnologia orgogliosamente esibiti nelle
esposizioni universali, potevano percepire come realizzabile in un futuro
prossimo.
Un effetto persino maggiore sul pubblico ebbero i romanzi a punta
te del socialista e pacifista inglese Herbert George Wells (1866-1946). La
guerra dei mondi del 1897 e, per rimanere nel tema, I primi uomini sulla
Luna del 1901, riscossero consensi entusiastici. Ma né Verne né Wells var-
2.0 LUNA ROSSA
careno mai coi loro racconci i confini, qualche volta labili, che separano
l'immaginazione, sia pure profetica, dalla rigorosa creatività scientifica.
Non possedevano appieno gli strumenti per farlo. Così i loro viaggi verso
la Luna restavano al livello dei miti greci: suggestivi, plausibili, coinvolgen
ti e per lo più retti da fantasiose invenzioni e temperati dal buon senso•.
Per un salto di qualità serviva qualcuno con le mani in pasta nella scien
za, oltre a un cuore perennemente lanciato oltre la siepe del possibile. Un
sognatore competente e di genio. Quest'uomo nacque il 17 settembre 1857
- «nuovo cittadino dell'universo», avrebbe poi detto di sé - da modesta
famiglia piccolo-borghese nel villaggio di Izhevskoe dell 'oblast di Rjazan,
un paio di centinaia di chilometri a sud di Mosca, con uno « scopo princi
pale nella vita: fare qualcosa di utile per la gente». Si chiamava Konstantin
Eduardoviè Ciolkovskij. Oggi è considerato il padre della cosmonautica
teorica e della missilistica, una scienza che, profeticamente, emise i suoi
primi vagiti in caratteri cirillici.
La famiglia Ciolkovskij apparteneva alla piccola borghesia periferica
del vasto e arretrato impero zarista, perennemente in bilico tra la matrice
asiatica e la propensione all'Europa. I genitori di Konstantin possedevano
entrambi una discreta cultura. La madre aveva tempo sufficiente per oc
cuparsi dei figli. Il padre, un polacco costretto a emigrare in Russia perché
di fede ortodossa, si sforzava di raggranellare il minimo per tirare avanti
con il lavoro di insegnante e poi di impiegato, non senza sacrifici e qualche
privazione. Così, l'infanzia del ragazzo trascorse normalmente, tra scuola,
giochi, nuotate al fiume e partite a scacchi con i fratelli.
Aveva dieci anni appena quando le cose cambiarono radicalmente.
«Cominciava l'inverno e io giocavo con la slitta. Presi un raffreddore che
mi causò la scarlattina. Stavo malissimo e deliravo. Tutti credevano che
sarei morto, invece guarii, ma ero diventato molto sordo. La sordità non
andò via. Mi infastidiva molto». Era solo l'inizio d'un piccolo calvario
privato. li padre perse il lavoro, cosicché la famiglia dovette trasferirsi in
città, a Vjatka (l'attuale Kirov), nell'Est del paese, lungo il tragitto del
la ferrovia transiberiana. Un luogo freddo e ostile. La sordità impediva a
Konstancin di frequentare la scuola e le crisi di sonnambulismo, di cui già
soffriva, si a ggravarono. Nel 1869 morì la madre e il ragazzo venne affidato,
assieme ai fratelli, a una zia «semianalfabeta e fiacca».
Furono gli anni «più tristi e bui» della sua vita, avrebbe raccontato
poi in un'autobiografia. Nel silenzio del suo handicap prese a coltivare da
autodidatta ogni genere di scienza, divorando i pochi libri della biblioteca
2.1
Ma nel 1903, anno del volo di Wright e della pubblicazione del trat
tato di Ciolkovskij, l'insurrezione era ancora lungi dal venire. La coinci
denza temporale tra i due fatti inerenti il medesimo genere di sogno che
condusse Icaro a morte è invece davvero intrigante perché segna un punto
di partenza comune per entrambe le nazioni protagoniste della corsa allo
spazio. La similitudine si ferma qui, però. Per volare, infatti, gli aerei ne
cessitano dell'aria, che serve alla propulsione e al sostentamento. I razzi,
invece, devono fare senza, e ciò comporta alcune analogie e molte notevoli
differenze.
Osservando gli uccelli che si librano in cielo e volteggiano, calvolca
senza bisogno di sbattere le ali, gli uomini hanno imparato il trucco per
"nuotare" nell'aria a dispetto del peso. La soluzione poggia su un effet
to più generale studiato dal matematico e fisico svizzero Daniel Bernoulli
nel Settecento. Si tratta di sagomare due pinne (le ali) in modo cale che
il flusso che le investe quando sfrecciano nell'aria sia obbligato a seguire
percorsi di diversa lunghezza nelle due facce: più lungo. e quindi più velo
ce, sul dorso gobbuto rispetto alla parte inferiore piana. Questo semplice
accorgimento geometrico-dinamico genera un eccesso di pressione verso
l'alto che contrasta la gravità e riesce a sostentare un corpo più pesante
dell'aria" qualora velocità e densità del fluido siano adeguatamente elevare
(relativamente alla massa da sollevare).
Per far muovere un aeroplano - condizione necessaria a volare, anche
se non sufficiente - basta avvitare un'elica nell'aria o alimentare con I 'os
sigeno atmosferico un motore a reazione, ove per spostarsi si utilizzi il me
desimo principio fisico che vale per i razzi. Questi ultimi, siano essi missili
balistici o lanciatori di veicoli spaziali, devono viaggiare invece in un am
biente dove l'aria è molto rarefatta o assente del tutto. Ciò condiziona sia
il sostentamento sia l'approvvigionamento del comburente indispensabile
ad attivare le reazioni chimiche nel motore a reazione". Il problema è serio
ma non insolubile.
Cominciamo con la questione della spinta, che si risolve allo stesso
modo dei motori a reazione, invocando il terzo principio della dinamica.
Nel 1687 lsaac Newton, nel modellare gli effetti delle forze sui corpi, aveva
postulato che a ogni azione debba corrispondere una reazione uguale e
contraria. Quando un corpo A subisce l'azione d'una forza da parte di un
corpo B, quest'ultimo risente a sua volta d'una forza di intensità uguale
e diretta in senso contrario. Come dire: quel che è facto è reso! Le dimo
strazioni di questo fenomeno nella vita di tutti i giorni non mancano. Il
L'ALBA
rinculo di una pistola al momento dello sparo, ad esempio, altro non è che
la reazione dell'arma all'azione dei gas di scoppio sul proiettile.
Per capire in che modo il terzo principio possa essere utile al caso nostro,
facciamo un piccolo esperimento mentale, di quelli che tanto piacevano ad
Alberc Einstein. Immaginiamo d'essere finiti al centro di uno stagno la cui
superficie ghiacciata non presenti attrito. In queste condizioni ideali, ci
troveremo impossibilitati a guadagnare la riva perché, per 1' ipotesi che ab
biamo fatto, né le suole delle scarpe, né i guanti, né qualunque altra parte
di noi e del nostro abbigliamento, avrebbero aderenza. Potremmo al più
roteare attorno al nostro baricentro, ma non traslare perché, diversamente
dal mitico Atlante, ci manca un "punto d'appoggio". È un brutto guaio.
Fa un gran freddo e la notte s'avvicina. Rischiamo l'assideramento. Come
possiamo levarci di impaccio? Applicando un po' di fisica elementare. Ba
sterà, ad esempio, cogliersi una scarpa e scaraventarla lontano con la massi
ma energia possibile. Per reazione, scivoleremo in direzione opposta e con
un po' di pazienza raggiungeremo la sponda e la salvezza. Naturalmente,
faremmo prima se, invece della scarpa che pesa poco, potessimo scagliare
qualcosa di più consistente, come una palla da bowling che per qualche
fortunata ragione ci siamo portati dietro''.
Un motore a reazione si comporta allo stesso modo. Trasforma l'e
nergia chimica (parte di quella che gli aromi trattengono nei loro gusci
elettronici) in energia termica (agitazione caotica delle particelle di gas)
mediante l'ossidazione di un combustibile di qualche natura, ad esempio
alcool, e successivamente la converte in energia meccanica tramite l'espul
sione del gas da uno o più ugelli. li moto è generato, allo stesso modo di un
palloncino debitamente gonfiato e poi forato con una puntura di spillo,
dalla reazione dinamica al gas espulso che a sua volta è tanto più importan
te quanto maggiori sono la massa del getto e la sua velocità.
Sembra tutto chiaro e semplice, ma non è così. Per capire dove si annidi
l'inghippo, torniamo all'esperimento dello stagno ghiacciato. Al fine di ac
quistare velocità, abbiamo dovuto sacrificare una scarpa, rimanendo semi
scalzi. Anche il palloncino che vola quando lo bucate, arriva sgonfio. Insom
ma, per generare una reazione si deve separare un'entità in due o più parti
non necessariamente uguali. li motore a reazione perde via via il proprio
carburante, ma negli aerei rinnova costantemente il comburente risucchian
do aria dall'ambiente circostante per poi comprimerla con una turbina.
Nei missili, invece, ciò non è possibile. Per funzionare, queste macchi
ne volanti devono portare con sé tutto quanto occorre loro a produrre la
2.8 LUNA ROSSA
Aveva ragione. O ggi noi abbiamo già realizzato tutto questo, e anche di
più, grazie all'impiego di «dispositivi a reazione» (razzi). Abbiamo pas
seggiato più volte sulla Luna e presto contiamo di farlo sul suolo marziano,
L'ALBA
una tiepida passione per i razzi, quali armi strategiche per fronteggiare la
potenza nucleare degli Stati Uniti.
Ciolkovskij non aveva preso parte attiva nei moti rivoluzionari che ave
vano consegnato ai bolscevichi il potere, ma condivideva appieno gli idea
li del comunismo marxista e aveva giudicato positivamente la fine d'una
guerra invisa al popolo. «L'URSS cammina strenuamente e tenacemente
sulla grandiosa via del comunismo e dell'industrializzazione del paese e
questo non posso non appoggiarlo profondamente», avrebbe sericeo in
seguito. Tuttavia, se i vecchi signori della Russia lo avevano per lo più
ignorato, i nuovi padroni non si comportarono molro meglio, limitandosi
a offrirgli nel 1918 una nomina nell'Accademia sovietica che Konstantin
non poté accettare perché prevedeva il trasferimento a Mosca.
Ormai in pensione, restò nella sua Kaluga a studiare finché, nel 192.3,
la pubblicazione della tesi di dotrorato del tedesco Hermann Oberth inti
tolata Il missile nello spazio interplanetario non aprì gli occhi alle aurorità
sovietiche che riscoprirono il loro campione, dimenticandosi in fretta di
averlo in precedenza interrogato negli uffici della polizia segreta per via
di alcuni scritti giudicati antirivoluzionari. C'era bisogno di radici russe
per ogni casella della scienza, della tecnologia e deLla cultura, in modo da
creare intorno al nuovo regime il collante della memoria. L'anziano Kon
stantin calzava perfettamente nel ruolo di padre della cosmonautica.
Un ruolo ancora transitorio, però, perché negli anni Venti solo un pu
gno di avventurosi pionieri credeva davvero nell'importanza scientifica e
militare dei razzi. Nei prossimi due capitoli ci occuperemo di tre di loro,
un americano e due tedeschi, per raccontare il modo in cui la corsa allo
spazio in meno di vent'anni passò dalle parole ai facci.
Un genio introverso
Konstamin E. Ciolkovskij
Wolfgang Goethe
Il sogno di toccare la Luna prese corpo a partire dagli anni Venti del No
vecento, quando i razzi con cui giocavano i cinesi diventarono prototi
pi di innovative macchine volanti. All'alba del nuovo secolo, il solitario
Ciolkovskij aveva dettato le regole del gioco e mostrato la strada mesco
lando scienza e fantasia, senza scadere nella fantascienza. li percorso era
staro tracciato. Ora bisognava trovare il pretesto per trasformare una cu
riosi cà scientifica in una necessità, così da reperire le risorse umane e finan
ziarie indispensabili a mettere la teoria in pratica.
Questo fondamentale e ardito passaggio venne intrapreso a valle d'u
na guerra mondiale efferatissima e di una pace iniqua, ispirata dall'odio e
dalla paura, e coinvolse, per ragioni diverse ma con identica passione, sia
i vincitori sia i vinti. Gli accori principali furono un fisico americano, Ro
bert Goddard, e due ingegneri tedeschi, Hermann Oberch e Wernher von
Braun. La mano, giocata a Kaluga con veemente creatività da Ciolkovskij,
era passata per il momento ad altri giocatori sotto alcre bandiere.
I russi', infatti, avevano altro a cui pensare. li grande impero dei Ro
manov era rovinosamente crollato sulla spinta delle tensioni interne e dei
gravi insuccessi nella guerra contro le Aquile nere di Austria-Ungheria e
Prussia. La rivoluzione antisiscema esplosa nel 1905 non s'era mai spenta.
A sopirla non erano bastate le aperture a una maggiore democrazia fatte
dal debole Nicola II e neppure le repressioni condotte con durezza dalle
sue guardie.
Gli intellettuali avevano alzato la resta, disposti anche a farsela cagliare
per una buona causa, la borghesia sgomitava, eccitata dal confronto con
32. LUNA ROSSA
.. I I
I/t
Roben Goddard e il suo razzo a ossigeno liquido e benzina, il primo a propellente liquido.
appoggiaro su un traliccio nella campagna circosranrc Auburn, nel Massachusetts, da cui
venne lanciato il 16 nuno 192.6. li razzo vero e proprio. con b carnera di combustione e
l'ugello conico. si trova in alto. In basso si distinguono invece i serbatoi di combustibile,
propellente e ga.s amorfo sotto pressione, utilizzato per spingere b. benzina lungo la tu
barnra di collegamento con b. camera di combustione. L'elemento conico (che procura
l'crrac;1 impressione di essere il terminale di un secondo missile) è sobmenrc un cappuccio
protettivo per riparare i serbaroi dal getto caldo fuoriuscente dall'ugello (www.nasa.gov).
LUNA ROSSA
fotografica, era pronta a immortalare l'evento. Sul più bello, però, le finì
la pellicola.
Alle ore 14,30 venne acceso il motore, ma nei successivi 2.0 secondi il
razzo rifiutò di muoversi. La spinta non bastava a contrastarne il peso. Poi,
essendosi alleggerito di una buona parte del carburante, il bizzarro proge
nitore delle moderne astronavi riuscì a decollare. Il suo volo durò appena
due secondi per la rottura di un ugello che lo fece sbandare. Raggiunse la
quota di 12.,5 metri coprendo una distanza di 56 metri alla velocità di 100
chilometri l'ora, dopodiché si schiantò ingloriosamente sul suolo ghiac
ciato di un campo di cavoli'0•
Sembrerebbe il racconto di un comico disastro. Fu invece un clamo
roso successo. Goddard aveva dimostrato che la propulsione a razzo era
possibile anche usando un combustibile liquido. Questa notizia apriva le
porte del paradiso a coloro che avevano sognato di conquistare lo spazio
cernendo però di doversi rassegnare ali' inefficienza dei propellenti solidi.
Offrì anche il destro, come vedremo, ai fabbricanti d'armi per ricredersi
sulle virtù militari dei missili. Ma chi era l'artefice di questa rivoluzione?
Nato a Worcester, nel Massachusetts, Robert Goddard apparteneva a
una vecchia famiglia del New England. Il padre si arrangiava facendo di
versi lavori e nel tempo libero si dilettava con semplici esperimenti di fisica
e di chimica. Fu lui ad accendere le prime curiosità scientifiche nell'unico
figlio che gli era rimasto: la produzione di elettricità statica con tutte le
bizzarre conseguenze, l'osservazione del cielo con un telescopio amatoria
le e lo studio degli insetti con un microscopio. Gli regalò anche un abbo
namento alla rivista "Scientific American".
A Worcescer, il contesto era quello classico dell'America contadina.
Grandi spazi appena interrotti da colline ondulate, aria tersa, odore d'er
ba, contatto con gli animali e con la natura. Un luogo ideale per crescere.
E invece, poco dopo la nascita, il piccolo Roberc si ritrovò a Boston dove
la famiglia s'era trasferita. Un inferno a poche decine di chilometri dal
paradiso. Lui non amava la grande città. Soffriva di stomaco e di seri di
sturbi ali'apparato respiratorio, acuiti dallo smog e dalla folla. La sua sa luce
cagionevole gli impediva persino di frequentare la scuola con regolarità, e
avrebbe successivamente condizionato il suo carattere e la sua vita lavora
tiva. Perse un paio d'anni, ma non l'occasione di apprendere: leggeva di
scienze saccheggiando la biblioteca civica e fantasticava continuamente.
Ma quando il padre lo riportava dai parenti a Worcester per una vacanza, si
godeva la campagna facendo volare gli aquiloni, passeggiando nelle radure
UN GENIO INTROVERSO 39
to alla meteorologia e alle scienze della Terra in generale. Gli ser vivano
soldi e appoggi. Da uomo pratico qual era, aggiunse un pizzico di con
cretezza ai suoi sogni.
Intanto, nonostante la ferma resistenza del presidente Woodrow Wil
son, gli Stati Uniti stavano scivolando verso un impegno armato contro gli
Imperi centrali. Più che di una scelta di campo ideale, si trattava di salva
guardare gli interessi commerciali delle aziende americane e i mastodon
tici prestiti concessi dalle banche USA agli Stati dell'lntesa, e di difendere
i traffici marittimi con l'Europa dall'offensiva scatenata dagli U-Booc per
stringere sotto assedio Francia e Inghilterra. Soprattutto, occorreva neu
tralizzare la trappola in cui s'era cacciato il Vecchio Continente con un
conflitto globale che avrebbe condotto all'egemonia degli autocrati russi
se avesse vinto l'Intesa, oppure al dominio di una Prussia arrogante e guer
rafondaia. Un grosso guaio in entrambi i casi. Dopo l'affondamento del
piroscafo Lusitania, la caduta dello zar diede il colpo di grazia ai pacifisti.
Il 2. aprile 1917 il Congresso degli Stati Uniti dichiarò guerra ad Austria
e Germania. Doveva trascorrere un anno, però, prima che il fronte occi
dentale potesse sperimentare il peso e la potenza statunitensi. L'America,
infatti, non era pronta e dovette armarsi. I prussiani, alleggerì tisi del fronte
russo, provarono a sfruttare la dilazione per assestare il colpo finale alla
Francia. Andarono vicini alla vittoria, ma alla fine cedettero di schianto e
furono costretti a chiedere l'armistizio.
Nella bella Versailles, nel giugno 1919, Francia e Inghilterra, incattivite
dalla passata pauca e avide come sempre, banchettarono sulle carcasse dei
vinti imponendo esose riparazioni di guerra, spartendosi territori, crean
do nazioni nuove e ripristinandone di vecchie, scontentando gli alleaci e
spaventando gli americani, che si richiusero a riccio. Wilson non riuscì
neppure a far approvare dal Congresso l'adesione a quella Società delle
Nazioni che lui stesso aveva ideato, per la fiera opposizione dei repubblica
ni. Un rifiuto che rappresentò una sentenza di morte per l'idea utopistica
di prevenire le guerre con i ragionamenti e la buona volontà.
Goddard aveva sperato di vendere le sue competenze all'esercito ame
ricano, proponendo ai militari il miraggio di un'arma nuova e potente.
li suo progetto venne giudicato tanto importante da richiedere speciali
misure di sicurezza. Così, nel 1918, il cagionevole Robert venne spedito
nel romitaggio dell'osservatorio di Mounc Wilson, in California. Ma, a
causa della relativa brevità dell'impegno bellico statunitense e d'una rica
duta della tubercolosi che lo aveva colpito cinque anni prima, non riuscì a
UN GENIO INTROVERSO 43
stampa. L'attacco più velenoso gli arrivò dal "New York Times", che il 13
gennaio 192.0, in un editoriale intitolato Un serio richiamo affa credulità, lo
accusò di non conoscere «la relazione di azione e reazione, e la necessità di
avere qualcosa di meglio del vuoto contro cui reagire», nonostante fosse
professore di fisica all'università e nelle grazie del prestigioso Smichsonian.
«Naturalmente», concludeva l'anonimo cronista, «sembra mancargli
solo la conoscenza che viene propinata quotidianamente nelle scuole su
periori». Venne tirato in ballo anche Einstein, ormai molco popolare in
America, sostenendo che solo lui e un altro manipolo di cervelloni avreb
bero potuto permettersi di stravolgere le conoscenze fisiche consolidate.
Quello che poteva sembrare un complimento, era invece un ironico fen
dente tirato al grande scienziato ebreo che con la sua teoria della relatività
aveva osato mettere in discussione la sacralità di Newcon.
Goddard la prese molco male. Cercò di reagire scrivendo qualche arti
colo divulgativo per riguadagnare il prestigio infangaco dalle critiche. Poi
si rassegnò, chiudendosi ancora di più in sé stesso. Le conseguenze furono
importanti e in qualche misura drammatiche. Grazie al rumore accorno al
suo nome, i tedeschi che, come vedremo, scavano iniziando a pensare ai
razzi quale via d'uscita dal blocco agli armamenti imposto loro a Versailles,
scoprirono una ricca fonte di ispirazione.
Forse, senza i molti aiuti concessi loro da Goddard sin canto che non
s'accorse dei pericoli insiti nel nazismo, le v2. non avrebbero mai volato sui
cieli di Londra per seminare la morte. Né ci sarebbe stata, da parte sia ame
ricana che sovietica, la possibilità di ricavare conoscenza dagli scienziati
del Fiihrer. E chissà, forse non sarebbe mai pareica la gara per la conquista
della Luna, per mancanza di concorrenti, e quindi non sarebbero arrivate
le scuse a Goddard, il 16 luglio 1969.
Amareggiato e furioso, per i successivi quattro anni Goddard si buccò
tra le braccia dei militari. Si rifugiò in una fabbrica di munizioni nel Mary
land per dedicarsi alla progettazione di missili anticarro e antisommergi
bile. Poi, rientrato alla Clark Universicy, comò alla sua vecchia passione.
Già dal 192.2. s'era orientato a sostituire il propellente solido con quelli li
quidi. Nel marzo 192.6, come ormai sappiamo, effettuò il primo volo con
relativo successo. Il controllo passivo del missile alla maniera di Congreve
non prometteva nulla di buono. Così, già un mese dopo lo storico lancio,
cominciò a sperimentare dei controlli attivi basati su palette mobili per
deviare il flusso in uscita dall'ugello. Una sorca di timoni governati da un
inflessibile nocchiere, un giroscopio.
UN GENIO INTROVERSO 45
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Roberc Goddard trasferisce uno dei suoi razzi alla rudimtnralc rampa di lancio nd deserto
del New Mexico (1930 ca.). li razzo poggiato sul rimorchio agricolo ha una forma relati
vamente moderna, ma l'insieme appare lontanissimo dai livelli di qualità cht: raggiunge
ranno in poco più d'un decennio gli scienziati del Teno Rcich guidati da \Xlcrnhcr von
Braun (www.nasa.gov).
Guggenheim, poté tornare a Roswell, dove riprese la serie dei lanci che nel
frattempo s'era interrotta. La vena creativa di questo genio solitario non
s'era ancora esaurita. Goddard lavorava per affinare i dettagli e aumentare
la potenza dei suoi motori. In particolare, cercava modi per semplificare e
rendere affidabile l'alimentazione della camera di scoppio. Ciò che non si
trovava già in commercio, doveva essere progettato, costruito e provato.
Nel 1936 si decise a pubblicare un sunto del suo lavoro sullo Sviluppo dei
razzi a propellente liquido, un'altra pietra miliare della cosmonautica.
Ormai le sue creature, alce 4 metri e oltre, avevano la forma dei missili
moderni, con un corpo affusolato e quattro impennaggi in coda. Belli e
funzionali, anticipavano con i loro diversi equipaggiamenti gran parte del
le soluzioni successivamente adottate, mutatis mutandis, nei grandi razzi
destinaci a realizzare il sogno di volare alto nel cielo sino alla Luna. Ma,
in nessuno dei 35 lanci che costituiscono il palmares di questo pioniere, il
missile alimentato a benzina e ossigeno riuscì sollevarsi da terra più di una
modesta manciata di chilometri.
Razzo lunare manca il bersaglio di 23S,799 n miglia, aveva cicolaco un
giornale di Worcescer riportando il fallico lancio del 1929. Un commento
acido e soprattutto ingiusto. Pur non avendo nemmeno sfiorato lo spazio
cosmico, Goddard aveva creato molte delle condizioni necessarie a far sì
che qualcun altro dopo di lui potesse farlo.
Morì sessantaduenne a Baltimora il IO agosto 1945 per un cancro alla
gola. Prima che le Parche cagliassero il suo filo, fece in tempo a vedere i do
cumentari delle devastazioni causate dalle v2 di von Braun sulle città euro
pee. Si era materializzato l'incubo che qualcuno potesse fare cattivo uso del
suo lavoro. Cinque anni prima, quando ancora l'America stava a guardare
alla finestra l'ennesimo suicidio dell'Europa, senza prendervi parte attiva
se non per arricchirsi, Goddard aveva cercato, insieme a Harry Guggen
heim, di sensibilizzare le alce sfere dell'esercito e della marina degli Stati
Uniti sul pericolo che i nazisti potessero costruire bombe volanti superso
niche, magari in grado di traversare l'Aclantico. Non gli credettero. Anzi,
forse sogghignarono pensando che Goddard stesse confondendo le virtù
delle sue pulci con quelle d'un saltatore con l'asta. Gli diedero comunque
un posto di direttore di ricerca nell'Ufficio dell'aeronautica, con l'incarico
di progettare propulsori per il cosiddetto JATO, iljet assisted take-eff. An
cora una volta si pretendeva che egli rimanesse là dove l'aria aiuta a volare.
A guerra finita, nel 1948 venne pubblicato postumo il suo libro Lo svi
luppo della missilistica. La ricerca sui razzi a propellente liquido, I929-I94I.
LUNA ROSSA
Pochi ci fecero caso. Ma, quando esplose la corsa allo spazio, la figura di
Goddard venne riesumata dal relativo oblio insieme ai suoi scritti. Ciascu
no dei due paesi concorrenti voleva un proprio campione. Come l'URSS
aveva Ciolkovskij, così gli USA insignirono il loro scienziato di prestigiose
onorificenze alla memoria, anche dando il suo nome al nuovo Centro per
il volo spaziale della NASA a Greenbelt, nel Maryland. Dopo aver elemo
sinato aiuti per tutta una vita, nel 1960 Goddard si vide riconosciuto dal
governo federale un risarcimento di un milione di dollari per l'uso fatto
dei suoi oltre 2.00 brevetti nei missili militari e nei razzi del programma
spaziale statunitense. A godere dell'ingente somma furono però la sua ve
dova e la Fondazione Guggenheim. Così va il mondo!
La saga dei Nibelunghi
MarkTwain
La sera di martedì 15 ottobre 192.9, appena nove giorni prima del rovinoso
crollo della Borsa a Wall Srreet, l'Ufa-Palast am Zoo, il grande cinema di
proprietà dell'Universum Film AG a due passi dallo Zoo di Berlino, nella
parte occidentale del quartiere di Charlottenburg, era illuminato a giorno,
come sempre in occasione d'una première. Quasi duemila persone, più di
quante ne potesse contenere la grande sala, attendevano al freddo di poter
entrare per assistere alla proiezione di Una donna sulla Luna, l'ultimo film
muto di Fritz Lang. Cappotto nero, lunga sciarpa bianca e farfallino, il
regista, ormai divo del cinema tedesco grazie a capolavori quali il Dottor
Mabuse e Nfetropolis, era presente in compagnia della moglie, la bellissima
e sofisticata Thea von Harbou, sua musa ispiratrice e autrice del romanzo
da cui era stato tratto il lungometraggio che, nella versione originale, du
rava oltre due ore e mezzo.
La trama consisteva nel solito intreccio tra amore, lealtà, avidità e co
dardia, sullo sfondo d'un viaggio sulla Luna progettato per mettere le
mani sulle ricche miniere d'oro che uno scienziato visionario aveva ipo
tizzato potessero nascondersi nelle viscere del satellite della Terra. Ben
ché raccontasse un'avventura sdolcinata, abbastanza lontana delle vette di
creatività già toccate da Lang, ancor prima dell'uscita il film aveva susci
tato una certa curiosità per la novità che conteneva. Per raccontare visi
vamente la traversata verso l'inusuale Klondike siderale a bordo del razzo
Friede, omonimo dell'eroina del film, superando le ingenuità e gli errori
che avevano caratterizzato la letteratura fantascientifica classica dei Verne
e dei Wells, l'onnipotente Lang, che era tra l'altro un appassionato culto
re di fantascienza, aveva preteso un approccio rigorosamente scientifico.
so LUNA ROSSA
infatti, dopo aver esordito con una sorta di excusatio non petita: «Ho rice
vuto il lavoro di Goddard proprio mentre questo mio stava per andare in
stampa», dichiarava con discreta sfrontatezza: «il mio approccio teorico
è completato dal suo lavoro pratico».
Messo di fronte a questa infelice esternazione, forse ispirata dalla fru
strazione di Hermann per i suoi fiaschi accademici, lo scienziato statuni
tense, già diffidente per sua natura, si convinse che «quel tedesco Oberth »
avesse saccheggiato la sua opera e divenne ancor più prudente e chiuso. Un
vero disastro per gli USA che, a causa delle ritrosie del genio di Worcester,
persero l'occasione di decollare ben prima d'ogni altro sul fronte missili
stico. E fu un disastro anche per il resto del mondo, che non poté giovarsi
della preziosa esperienza fatta sul campo dal brillante americano. Scienza e
tecnologia, infatti, si comportano come razzi multistadio. Ogni successivo
elemento eredita la spinta di tutti i precedenti. Anche per via della suppo
nenza di un giovanotto rampante, Goddard si rifiutò di prestarsi a essere
usato come primo stadio, e chiuse i canali di comunicazione.
Per contro, il volumetto di Oberth ebbe l'effetto positivo di accendere
l'interesse verso il volo spaziale nei paesi di lingua tedesca. Con un approc
cio scientifico, l'autore vi dipingeva un futuro fatto di stazioni permanenti
in orbita terrestre, grandi anelli in rotazione che permettevano di simulare
la gravità mediante la forza centrifuga, riforniti grazie a un flusso costante
di piccoli shuttles. Autentici porti celesti con una funzione di servizio per le
astronavi interplanetarie, ma anche piattaforme per le telecomunicazioni e
per il monitoraggio meteorologico. Abbastanza per attirare la curiosità dei
giovani ingegni in anni di grande confusione politica e di gravi disordini
sociali. Purtroppo, le conseguenze di questo proselitismo si sarebbero ma
terializzate in un ulteriore dramma per la Germania e per il mondo. Non
per niente si dice che qualche volta il meglio è nemico del bene!
Il seme gettato da Oberth germogliò infatti nella Verein fiir Raum
schiffahrt (vFR - Società per la navigazione spaziale), un'associazione di
persone interessate ai missili e al volo interplanetario, fondata nel giugno
192.7 dal trentenneJohannes W inkler. Questi da tempo progettava motori
a razzo per scalare lo spazio: un hobby che due anni dopo gli avrebbe pro
curato un impiego presso l'azienda aeronautica di HugoJunkers a Dessau
con il compito di elaborare propulsori a reazione per aiutare il decollo de
gli aviogetti.
Nell'arco di dodici mesi la VFR raccolse oltre cinquecento adesioni,
segno dell'attualità della tematica proposta, ma anche della scarsità di al-
54 LUNA ROSSA
tri valori in una società ancora allo sbando e alla ricerca di una rinnovata
identità. Nei sette anni della sua vita, l'associazione pubblicò anche una
rivista, "Die Rakete" ("Il razzo"), e fu il nido da cui spiccò il volo Wernher
von Braun (1912.-1977), uno dei due "campioni" della giostra per la con
quista della Luna (dell'altro campione, il russo Sergej Pavlovié Korolev,
diremo poi). Oberth, che l'aveva ispirata, nei confronti della VFR svolse
funzioni di padre nobile e di consulente per lo più a distanza. Respinto
dall'accademia tedesca, aveva per il momento rifiutato la Germania, ac
contentandosi - lui che sognava il cielo - di insegnare matematica e fisica
in un liceo a Medi�, una città termale a una cinquantina di chilometri
da Sibiu. Quando poteva, però, andava a trovare i vecchi amici a Monaco
e quelli nuovi della VFR a Berlino. Talvolta accettava di prestare consu
lenze riguardo il mondo dei razzi, come nel 192.8 quando, insieme a un
alcro membro della VFR, il divulgatore scientifico W illy Ley ( 1906-1969),
soggiornò a Pocsdam, nel quartiere Babelsberg, presso gli studi della Uni
versum Film AG per assistere Fritz Lang durante le riprese di Una donna
sulla Luna. Era un modo per raggranellare qualche soldo e soprattutto
un'occasione d'oro per divulgare la sua visione del futuro.
Per un breve periodo Oberth sperò addirittura di promuovere il film
realizzando, con i fondi che Lang gli aveva messo a disposizione, un vero
razzo da lanciare sino a decine di chilometri d'altezza sopra il Baltico. In
soli quattro mesi avrebbe dovuto costruire un esemplare a benzina e ossi
geno liquido alto 2. metri, simile a quello fatto volare da Goddard nel 192.6,
ma imperizia tecnologica e inesperienza manageriale fecero rapidamente
fallire il progetto. Egli optò allora per una confusa soluzione ibrida, un
gigante alimentato da un carburante sperimentale, tuttavia il programma
abortì ancor prima di nascere. Questo secondo flop lo convinse a tornar
sene a casa, non senza essersi assicurato che il lancio del modello di razzo
usato nel film apparisse sufficientemente convincente.
Oberth riapparve a Berlino per assistere alla première. Il lungometrag
gio riscosse un buon successo di pubblico e servì a richiamare ulteriormen
te l'attenzione sui razzi e sullo spazio. Il suo realismo, così profondamente
diverso dalla canzonatoria parodia del romanzo di Verne confezionata da
un altro grande regista e produttore cinematografico, Georges Méliès, nel
cortometraggio IL viaggio nella Luna del 1902., non poteva passare inosser
vato. Molti ancora dubitavano, ma qualcuno cominciava a credere davvero
che la nuova frontiera dell'uomo stesse proprio lassù, molto oltre le nubi,
dove l'aria finisce e comincia lo spazio vuoto. Persino la prima v2. lanciata
LA SAGA DEI NIBELUNGHI 55
Hermann Oberrh era il primo che, quando pensava ai problemi delle navi spaziali,
afferrava un regolo calcolatore e presentava concetti e disegni analizzati matema
ticamente [ ... ] . lo stesso devo a lui non solo l'ispirazione della mia vita, ma anche
il mio primo contatto con gli aspetti teorici e pratici della missilistica e del viaggio
spaziale. Nella storia della scienza e della tecnologia dovrebbe essergli riservato un
posto d'onore per i suoi contributi innovativi nel campo del]'astronautica.
.. �.,'
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. . .·
-�-\�. -.{-�!;.....��:..
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Balino, 1930. l-- h:rm:1nn Obc.:rth, :11 ccncro e di profilo, esibisce un missi.le :i propellente liqui
do. li giovane :i dcsrr:1 dicrro b figura in camice bianco è il diciottenne \X/ernhcr von Braun.
gnere meccanico che lavorava presso una ditta di accessori per autovetture,
e un giovanotto non ancora ventenne, di bell'aspetto, educato e taciturno.
Si diceva fosse un gentiluomo con agganci potenti. Si chiamava \Vernher
von Braun e aveva già lavorato quale apprendista-osservatore alle dipen
denze di Oberth su un motore innovativo per il missile (detto Kegelduese,
"ugello a cono", per la forma della camera di scoppio) il cui lancio avrebbe
dovuto accompagnare la première del film di Lang. Un'idea alla maniera
di Oberth, grandiosa, formalmente corretta ma impraticabile.
Decisi a ridimensionare le pretese, i tre della VFR si concentrarono su
un razzo minimo, o MIRAK dal tedesco lvlinumu.n Rakete, che avesse le
potenzialità per volare davvero. Nella più totale mancanza di denaro non
avrebbero pomto fare di più, visti anche i numerosi nodi da sciogliere. Il
primo e più serio riguardava il raffreddamento della camera di scoppio, la
cui resistenza veniva messa a dura prova dall'enorme calore sprigionato.
Goddard lo aveva brillantemente risolto utilizzando direttamente l'effetto
refrigerante dell'ossigeno liquido. Ispirandosi ai motori delle automobili,
von Braun e compagni optarono invece per una circolazione d'acqua.
60 LUNA ROSSA
li razzo decollò con un grande boato; colpì iJ tetto dell'edificio e salì di traverso a
un angolo di circa 70°. Dopo più o meno 2 secondi cominciò a girare in circolo,
salì ancora un poco, sputò fuori rutta l'acqua dell'involucro per il raffreddamen
to, e venne giù in picchiata. Mentre cadeva, la parere della camera di combustione
- ormai priva di raffreddamento - venne via in un sol pezzo, e con due getti che
lo facevano volteggiare, l'oggetto impazzì del rutto. Ma non si distrusse perché il
combustibile finì proprio mentre usciva dalla picchiata in prossimità del suolo. In
effetti, fece quasi un atterraggio.
di fuoriclasse - gli ufficiali con cui aveva interagito possedevano I' intelli
genza, la preparazione e l'apertura mentale per comprenderlo in pieno - e
in parte, forse, perché la sua famiglia era molto in vista a Berlino.
Wernher Magnus Maximilian von Braun era nato a W irsitz, nella
Germania orientale. Quando, nel 1920, la cittadina si trovò compresa nei
territori restituiti alla sovranità della Polonia dal trattato di Versailles, la
maggior parte delle famiglie di lingua tedesca si vide costretta a migrare in
Prussia. Tra queste anche gli aristocratici von Braun, che si trasferirono a
Berlino dove \Vernher, secondo di tre fratelli, crebbe e studiò.
Il padre, Magnus, era un uomo notevole e tutto d'un pezzo. Junker di
antiche radici, aveva servito il Kaiser Guglielmo II in qualità. di portavoce,
ricoprendo poi, a guerra finita, la medesima carica nella SPD e ottenendo
l'incarico di ministro dell'Agricoltura nel 1932. Ma nello stesso anno, osti
le al nuovo cancelliere ( «Se Hitler prende il potere», aveva detto con lun
gimiranza, «sarà la fine della Germania»), si ritirò dalla scena politica. La
madre di Wernher, Emmy Melitta von Quistorp, era una donna elegante,
raffinata e colta, che vantava legami diretti con alcune famiglie reali euro
pee. Autoritaria e amante della musica e del! 'astronomia, aveva regalato al
figlio i romanzi di Verne e di Wells, nonché un telescopio per guardare la
Luna. Ma al ragazzo piaceva soprattutto la velocità.
«Ero dodicenne», racconterà nel 1963, «quando restai affascinato dai
fantastici record di Max Valier e Fritz von Opel. Così azzardai il mio primo
esperimento pratico di razzo. Assomigliava al tentativo fatto da un cinese di
nome Wan Hu nel Cinquecento». Wernher attaccò una manciata di petar
di a un carretto giocattolo e diede loro fuoco. L'oggetto prese una gran corsa
seminando il panico e causando un piccolo disastro, tanto che l'incosciente
fanciullo fu preso in custodia dalla polizia locale e rilasciato solo ali'arrivo del
padre. Una ragazzata finita bene, o forse un aneddoto confezionato ad arte
per umanizzare la prima vita d'un personaggio che "visse due volte", quella
che va fino al 1945, macchiata dal sangue di molte migliaia di innocenti.
Nonostante i molteplici interessi e un atteggiamento tutto prussiano
verso i suoi doveri di studente, Wernher non rendeva bene a scuola, in par
ticolare nelle materie scientifiche. Adorava la musica (fu per un certo tempo
allievo del compositore Paul Hindemith) e sognava l'avventura. Poi venne
folgorato dal]' incontro con il libro di Oberth, Il razzo nello sp azio interpla
netario, affascinante ma pieno di incomprensibili formule. Convinto che
il suo karma gli comandasse di raggiungere la Luna, decise di impegnarsi
nello studio attento e approfondito della matematica e della fisica.
LA SAGA DEI NIBELUNGHI
Detto fatto, diventò uno studente modello. Nel 1930 entrò anche lui
alla Technische Hochschule di Charloccenburg. Faceva il tirocinante in
una fabbrica di locomotive quando il destino volle che incontrasse il suo
idolo. Oberth tenne un po' con sé questo ragazzo entusiasta e servizievole,
poi lo indirizzò alla VFR, dove ricevette i primi pratici rudimenti di missi
listica e l'invito a lavorare per Dornberger a Kummersdorf. Quando arrivò
nel centro spaziale militare, in qualità di tecnico dell'esercito benché sen
za uniforme, la delusione fu grande. L'ambiente era persino più squallido
e spoglio dei laboratori amatoriali della VFR a Rakecenflugplacz. Ormai,
però, il dado era stato tratto e von Braun si rimboccò le maniche, canto da
mettere in piedi in breve tempo motori a razzo sempre più potenti e per
formanti, che per il momento venivano provati solo a banco. Arrischiare
con voli estemporanei al modo dei dilettanti che non hanno nulla da per
dere sarebbe scaco un suicidio in un ambiente orientato alla victoria a ogni
costo. Il giovane ingegnere non temeva per sé stesso ma per il suo sogno.
Per salvarlo era disposto a cucco, anche a vendere l'anima al diavolo, come
effettivamente avrebbe poi facto. Reinventò molce delle soluzioni già tro
vate da Goddard, incluso il raffreddamento della camera di combustione
tramite l'ossigeno liquido, conferendo loro quella perfezione di marca ger
manica che mancava alle realizzazioni del solitario inventore americano.
E venne il tempo del volo. Dopo una prima prova fallica per un sof
fio, nel dicembre 1934 von Braun lanciò due razzi Aggregar 2 dall'isola di
Borkum, nel Mare del Nord. L'area era stata scelta in modo da poter di
sporre d'una sorca di poligono di tiro vasto a sufficienza per ridurre al mi
nimo i pericoli per persone e attività umane. Fu un successo, seguito però
da un grave incidente in cui persero la vita tre persone. Cominciarono an
che gli esperimenti per installare razzi a propellente liquido negli aerei,
progetto fortemente sponsorizzato da Ernst Heinkel, potente fabbricante
di velivoli e influente membro del Partito nazionalsocialista.
Sebbene i successivi lanci degli Aggregar avessero ottenuto risulcati
modesti, Wernher era al colmo della felicità: si era finalmente addottorato
con una tesi coperta addirittura dal segreto militare, dirigeva un gruppo
di ricerca di primissimo ordine, aveva chiamato presso di sé i migliori era i
suoi vecchi amici dei tempi della VFR ed era convinto che da ogni errore si
potessero trarre nuovi e utili insegnamenti. L'esercito, però, non intendeva
aspettare: pretendeva un'arma funzionante e la voleva subito. Per parte
sua, il ministro dell'Aviazione Hermann Goring, perennemente alla ricer
ca di affermazioni personali, smaniava di accaparrarsi il giocattolo.
LUNA ROSSA
Una boccata di ossigeno per von Braun, che gli regalava altro tempo
per confezionare le bombe volanti. Per restare nel gioco dovette però ac
consentire a diventare un ufficiale delle Schutzstalfel, le famigerate ss,
l'organizzazione paramilitare del Partito nazista, e calcare il cappello nero
con il simbolo del teschio. Avvenne nella primavera del 1940, su richiesta
del Reichsfiihrer Heinrich Hirnmler: «Chiamai immediatamente il mio
superiore militare, il maggiore generale Dornberger», ricorda von Braun.
«Mi disse che se volevo continuare il nostro comune lavoro, non avevo al
tra scelta che aderire». Venne nominato sottotenente, e alla fine promosso
maggiore. li von Braun di Peenemiinde viene spesso dipinto nelle clip del
sapere in pillole come un radioso nibelungo al servizio del demonio, un
genio algido e spietato senza altri problemi che la creazione di macchine
stupefacenti. li quadro è vero solo in parte, però, perché chi serve Satana
deve frequentare l'inferno, dove la vita è grama e incerta per tutti, anche
per gli angeli caduti.
Finalmente, nel!' autunno del 1942. l'agognato Aggregac 4 fu pronto per
il tese di volo. Un missile moderno, simile a un proiettile con quattro pin
ne, alco 14 metri e del peso di 13,5 tonnellate, capace di portare in punta un
carico esplosivo di una tonnellata. Dopo due lanci fallici, il 3 ottobre 1942. il
terzo esemplare prese il via in una nuvola di fumo. Quando la spinta diven
ne maggiore del peso, si sollevò dalla rampa di lancio per poi schiantarsi in
mare alla istanza di 2.00 km dopo un volo perfetto, nel quale aveva superato
la quota di 80 km. Nelle ultime versioni avrebbe raggiunto addirittura 360
km di alcezza e una velocità di picco di 5.2.00 km orari, imprendibile per la
contraerea e per i caccia. li motore a getto lo spingeva in alto fino alla quota
prefissata, nella stratosfera, lasciandolo poi governare dalla gravità terrestre
in modo che la successiva traiettoria balistica lo conducesse a intercettare il
bersaglio, come un angelo della morte supersonico e silenzioso.
Al brindisi per il grande trionfo tecnologico partecipò anche Oberth, il
padre nobile, chiamato a Peenemiinde dall'allievo diventato maestro. Era
nata una stella, e la nuova stagione dei viaggi nello spazio si era finalmente
aperta, ma nel peggiore dei modi, all'insegna della distruzione. Apparen
temente felici della vittoria, Dornberger e von Braun ridevano, pur nella
consapevolezza che per loro il peggio doveva ancora venire. li razzo non
era infatti pronto per essere prodotto in serie, come forse avrebbero prete
so i militari accecaci dal primo successo e dal bisogno di armi nuove. Servi
va tempo per risolvere i mille problemi aperti e quelli ancora sconosciuti,
tenendo d'occhio la concorrenza. E la concorrenza più temibile era in seno
66 LUNA ROSSA
Una v,. l'arma di rappresaglia costruita dall 'équipc di von Braun ndb bascscgrcra di Pecnc·
mi.indc. pronta per essere lanciata su una città nemica da una rampa mobile. H ider spcrav:i di
poter rovesciare la situazione bellica grazie a una di qm.:stc IViuulenva_ffen (1944 c1.).
nientavano sé scessi. Belli come un dardo di Zeus, dal punto di vista ccono·
mico apparivano un investimento in perdita. Costavano quanto un aereo di
grandi dimensioni, ma potevano essere usaci una sola voi ca. Non riuscendo
a spiegarselo, gli Alleaci cominciarono a temere che fossero le avanguardie
di un futuro missile con restata nucleare e presero le contromisure.
Nel gennaio 1945 la resistenza dei tedeschi era agli sgoccioli. L'Armata
Rossa bussava ai confini della Germania avanzando rapida, spianandosi la
strada con i famigerati razzi Kacjufa: un 'arma tattica molto più elementare
delle vz, ma efficientissima. La voci sulle crudeli vendette dei sovietici ter
rorizzavano turci. A Peenemiinde tirava un vento di morte. Gli ingegneri
e i tecnici guardavano in cagnesco le ss, spiandone le mosse, nel timore
che Himmler le avesse istruire a eliminare le menti pensanti per non farle
cadere in mano al nemico.
li 31 gennaio Kammler ordinò invece l'evacuazione di cucci quanti,
armi e bagagli. Destinazione Nordhausen, che sembrava ancora un luogo
sicuro. Seguì un contrordine, ma von Braun e Dornberger lo ignorarono.
Caricarono cinquecento persone, connellace di carte e innumerevoli parti
di vz su due treni che avevano sequestrato e diligentemcntc rappezzato
con i simboli delle ss - un salvacondocco che funzionava ancora molto
bene nel Reich - e partirono per il cuore della Germania. 1n aprile, anche
il nuovo rifugio diventò insicuro e ai fuggiaschi giunse l'ordine di spostarsi
in Baviera, vicino al fronte presidiato dagli americani. Il piano di Kammler
LA SAGA DEI NIBELUNGHI
\X'ernhc:r von Braun si consegna agli americani, il 3 maggio 194-5. Non '-t.:mbr:i &wvt.:ro la
scena di una resa. Lo scienziato esibisce un vistoso braccio ingcssaro, conseguenza di un in
cidente automobilistico occorso qualche mese prima a causa di un colpo di sonno dd ,;;:uo
autista. Avendo rifiutato il gesso, l'osso si era saJdato male: i.: l'ano :wcva dovuro ..:sst.:n: nuova•
mente fratturato e debitamente bloccato.
Bertolt Brecht
William Shakespeare
nale evento aveva richiamato nel cosmodromo ospiti illustri, politici e mi
litari. Per tutti la parola d'ordine era di tenere la bocca chiusa, soprattutto
se le cose non fossero andate nel verso giusto. Il mondo sarebbe stato in
formato solo in caso di successo ed esclusivamente tramite gli organi di co
municazione del Partito. Era una procedura standard in tutte le dittature,
che nell' u RSS passava attraverso la TASS, l'agenzia che per decreto del Pre
sidium del Soviet supremo deteneva «il diritro esclusivo di raccogliere e
distribuire informazioni al di fuori dell'Unione Sovietica, nonché il dirit
to di distribuire informazioni nazionali ed estere all'interno dell'Unione
Sovietica e di gestire le agenzie di stampa delle repubbliche sovietiche»'.
Nel gruppetro dei pezzi grossi che si aggirava per l'installazione, tra
le divise verde oliva dei militari e i colbacchi dei civili, si distingueva un
cinquantenne con una bella faccia ronda e una voce ora suadente e ora ro
nante, infagottato in un cappotro di pelle nera a falde larghe. Gli estranei
si rivolgevano a lui chiamandolo gfavnij konstruktor, "progettista capo", al
che lui annuiva accennando un sorriso larvato per invogliare l'interlocu
tore a continuare. Poi, quasi non ascoltava, perché aveva la testa altrove.
Sentiva su di sé come un macigno il peso di quei giorni. Sua era stata la pro
messa a Chrusè':ev di collocare, prima di chiunque altro, una luna artificiale
in orbita intorno alla Terra, a riprova delle superiori capacità tecnologiche
dell'Unione Sovietica. Come alle Olimpiadi, i comunisti di tutto il mon
do aspettavano con ansia un podio di cui potersi vantare.
L'impresa faceva parte del lato "sportivo" del durissimo scontro fra due
ideologie e due diversi sistemi economici. Per Chruscev significava pre
stigio fuori casa e maggiore solidità all'interno del Partito e dell'apparato
statale. Per il progettista capo essa rappresentava l'avverarsi di un sogno a
lungo anelato e pagato in anticipo a durissimo prezzo. Stava per giungere
il momento della verità. Mentre rimuginava sui possibili problemi del lan
cio, ringhiando qualche ordine e redarguendo qualche sottoposto con un
fiume di insulti, gli venne consegnato un cablogramma che lo fece sbian
care. Gli 007 dell'ambasciata sovietica a Washington avevano fiutato che
gli yankee stavano a loro volta per lanciare. Ma quando?
Fremente, ilgfavnij konstruktor pretese di parlare subito con Mosca, ma
la telefonata non fece che acuire la sua agitazione. Il rischio di un sorpasso
americano sul filo di lana sembrava concreto. Che gli agenti dei servizi se
greti avessero preso un granchio si sarebbe saputo solo in seguito. Ormai le
carte erano state date e, nella totale ignoranza sulla mano del!'avversario,
non restava che giocare d • anticipo e lanciare il giorno dopo.
74 LUNA ROSSA
sia proprio quella richiesta dalla gravità per tenerlo esattamente a quella
quota e su quella traiettoria. Se fosse minore il corpo scenderebbe un po',
se maggiore scapperebbe via. Allo Sputnik occorrevano 7,9 km/s, una ve
locità di tutto rispetto che ci porterebbe in un minuto esatto da Roma a
Milano e che l'R-7 era in grado di toccare grazie a quattro bruciatori addi
zionali collegati al secondo stadio, da sganciarsi dopo l'uso.
Torniamo a Tyuratam. In base al nuovo programma, mancavano poco
più di 2.4 ore al via. Il progettista capo ordinò ai suoi di trasferire subito
il razzo dall'hangar alla piattaforma di lancio. Un tragitto breve, a pas
so d'uomo, per raggiungere un massiccio balcone di cemento armato nel
quale un foro al centro avrebbe permesso, al momento del via, Io sfiato
dei gas fiammeggianti su un grande bacino posto 35 metri più in basso.
Arrivato a dimora, il gigante venne raddrizzato con una gru e agganciato
alle strutture mobili di servizio, che lo abbracciarono come petali d'una
pianta carnivora. Squadre di ingegneri in camice bianco avviarono gli ul
timi controlli alla luce delle fotoelettriche, mentre cominciava il carico
dell'ossigeno liquido, del kerosene e dei gas amorfi. Operazione lunga e
pericolosa, dove anche il minimo errore avrebbe potuto rivelarsi fatale sia
per il purosangue sia per i suoi stallieri.
Il viceministro della Difesa e capo della Forza strategica missilistica,
il pluridecorato generale Mitrofan Nedelin, assisteva alle operazioni scu
ro in volto. Era stato lui a promuovere il programma che aveva partorito
l'R-7. Credeva infatti che un ICMB potesse essere la miglior risposta alla
sfida lanciata dagli americani con i B-52., i bombardieri strategici a lungo
raggio prodotti dalla Boeing a partire dal 1955 per trasportare le pesan
ti testate nucleari ovunque nel mondo sfruttando il rifornimento in volo
(nonché le basi degli alleati tutt'intorno al territorio sovietico).
A cose fatte, però, Nedelin stava toccando con mano I' inefficien
za del sistema. La capacità di portare una grossa bomba dall'altra parte
dell'Atlantico non bastava a qualificare gli R-7 come armi tattiche di difesa
se per renderli operativi ci voleva un' intera giornata. I razzi del progettista
capo si comportavano allo stesso modo di un pugile dotato di un gancio
micidiale, sferrato però al rallentatore. I nemici, rifletteva amaro il genera
le, avrebbero avuto tutto l'agio di eliminarli al parcheggio, mentre ancora
succhiavano carburante dai loro giganteschi biberon.Tuttavia, almeno per
ora, risultava tecnicamente impossibile tenere questi siluri celesti svegli e
con i serbatoi pieni, pronti a gettarsi sull'avversario. Un grosso flop sul
piano militare. Il glavnij konstruktor capiva bene il problema, ma per il
LUNA ROSSA
sca. Nikita, che non disdegnava alzare il gomito, lasciò la sala leggermente
traballante. Quando ricomparve in pubblico, «il suo volto risplendeva»,
come avrebbe raccontato il figlio Sergej nelle sue memorie. Chiese agli in
vitati di far silenzio e prese la parola:
[ Tovarish ], posso darvi alcune notizie molro piacevoli e importanti. disse. Korolev
ha appena chiamato (a questo punto assunse un atteggiamento di mistero). È uno
dei nostri progettisti di missili. Ricordatevi di non menzionare mai il suo nome: è
un segreto militare. Insomma, Korolev mi ha appena riferito che oggi, poche ore
fa, è stato lanciato un satellite artificiale della Terra. Chruscev guardò trionfante i
presenti, rutti sorrisero educatamente, senza capire che cosa fosse successo.
La parola "satellite" non diceva nulla a nessuno degli astanti, semplici boiar
di di partito, ed era pure la prima volta che sentivano pronunciare il nome
di Korolev. Sicuramente fecero tutti intendere di aver prontamente dimen
ticato ciò che non andava ricordato - Stalin li aveva educati assai bene a ob
bedire ciecamente-, ma di certo qualcuno, in cuor suo, si chiese chi diavolo
fosse questo innominabile.
Sergej Pavlovic Korolev (1907-1966) era venuto al mondo a Zitomir,
storica città dell'Ucraina occidentale. li padre, Pavel Jakovlevic, un in
segnante di lingua e letteratura russa di umili origini contadine, veniva
dalla Bielorussia. La madre, Maria Nikolaevna, apparteneva invece a una
famiglia ucraina di agiati mercanti di pellicce della città di Ni:iin e van
tava genuini ascendenti cosacchi. Il cocktail di sangue era completato
da antenati greci e polacchi. Il matrimonio tra Pavel e Maria era durato
poco: la donna mal sopportava la magra esistenza cui il marito la costrin
geva. Sergej aveva appena tre anni quando i due si separarono. Lui venne
condotto a casa dei nonni materni a Ni:iin, dove crebbe in grande so
litudine. Aveva pochi amici. La sua brillante intelligenza e un carattere
«testardo, ostinato e polemico» gli procuravano l'antipatia e l'ostilità
dei compagni, gelosi dei suoi successi scolastici. Soffriva anche di caren
ze affettive. Maria aveva ripreso a studiare e si assentava spesso a Kiev.
Nel 1916, la donna si risposò con un ingegnere elettronico formatosi in
Germania, che aveva appena ottenuto un impiego nelle ferrovie regio
nali sud-orientali, perciò, l'anno seguente la nuova famiglia si trasferì a
Odessa. Il patrigno, uomo colto e gentile, si dimostrò un vero padre e un
riferimento culturale per il giovane Sergej, cui trasmise anche l'amore per
le scienze e per la tecnologia.
L'INNOMI NATO 79
le teste di un quarto degli ufficiali dell'Armata Rossa, una strage che avreb
be avuto gravi ripercussioni nel!' iniziale condotta della guerra contro i na
zisti per via della carenza di leadership. Il diktat per i suoi tribunali era di
rovesciare l'amico principio giustinianeo del in dubio pro reo. Bastava un
minimo sospetto per trovarsi in grossi guai. Esattamente ciò che successe
sia a Glusko che a Korolev.
Nel giugno 1937, mentre Hicler e Mussolini si affilavano le unghie contro
i comunisti spagnoli, la TASS annunciò che il maresciallo Tuchacevskij, figu
ra di spicco del Partito bolscevico, era stato arrestato e fucilato con la con
sueta accusa di essere nemico del popolo perché spia dei tedeschi. Parimen
ti, vennero uccisi anche sua madre, la sorella e due fratelli. In realtà, le prove
contro di lui erano state confezionate ad arte, su ordine di Stalin, dal Com
missariato del popolo per gli affari interni (NKVD - Narodnyj komissariat
vnutrennich del), l'equivalente del nostro ministero degli Interni.
I rapporti di Tuchacevskij con l' RNII indussero a disinfestare l'Istituto,
eliminando tutti i funzionari di grado elevato, tra cui Glusko e Korolev.
Probabilmente, a catalizzare gli arresti giocò anche la delazione di un col
lega che voleva sbarazzarsi della concorrenza; o forse, si disse, ognuno de
gli arrestati, a catena, chiamò in ballo un altro nella speranza che la denun
cia potesse giovargli. Del tipo, "porta un amico e avrai uno sconco di pena".
Il 2.7 giugno 1938, in piena notte, quattro persone, due agenti dell'NKVD
e due testimoni, irruppero nell'abitazione di Korolev intimandogli di rac
cogliere poche cose e di seguirli. Alla sua richiesta di spiegazioni, gli venne
risposto che aveva sperperato denaro pubblico. Lo condussero nella fami
gerata prigione di Leforcovo, nell'omonimo distretto al centro di Mosca,
dove venne interrogato e picchiato. Quando chiese un bicchiere d'acqua,
un poliziotto gli sbatté la brocca in faccia rompendogli la mascella. Un
incubo! Fu poi condotto davanti a un giudice che gli ordinò di confessare
le sue colpe. «Quali colpe?», mormorò l'accusato sotto shock. «Quelle
elencate nel foglio che ti è stato dato», rispose il giudice. «Ma io non
ho fatto nulla!». «Tutti voi criminali pretendete di essere innocenti. Sei
colpevole! Ti condanno a IO anni di lavori forzati. Avanti un altro». Una
scena da tribunale giacobino. A nulla valsero gli appelli allo stesso Stalin
da parte di un disperato Sergej e di sua madre.
Korolev venne dapprima incarcerato e poi, dopo qualche mese, spedito
nella regione della Kolyna, nell'estremo Nord-Est della Russia, al di sopra
del Circolo polare artico. Era inverno e nella tundra la temperatura scen
deva oltre 30 °C sotto lo zero. Il gulag era localizzato presso una miniera
LUNA ROSSA
vamence uscire dal carcere morbido Glusko e Korolev, la cui saraika, all'af
facciarsi della Wehrmacht davanti alle mura di Mosca, era stata trasferita
a Kazan, una città 800 km a est della capitale, a riprova che ormai quella
"sporca dozzina" di galeotti veniva considerata un valore da proteggere.
Entrambi gli scienziati vennero di fatto graziati e inviati in Germania. Ko
rolev con il nuovo grado di colonnello dell'Armata Rossa. Era vivo, senza
più i denti, con la salute ormai minata, abbandonato dalla moglie che l'a
veva ripudiato e che ora faceva il medico in Ucraina. Tuttavia, per quan
to strabiliante possa sembrare, la sua fede nel comunismo era intatta, così
come la sua sete di spazio.
Il bottino fu tutt'altro che trascurabile. Vennero rintracciati e trasferiti
in URSS centinaia di tecnici che avevano lavorato al progetto e alla produ
zione di massa delle v2., e con loro innumerevoli parti dei missili che, con
un'abile operazione di reverse engineering, consentirono di fabbricare e
sperimentare una fedele replica sovietica dei missili di von Braun. Mentre
in America si continuava a discutere su chi dovesse fare che cosa, nell'arro
gante convinzione di non avere rivali, i sovietici scavano compiendo passi
da gigante, recuperando dai gulag i loro migliori cervelli.
Per niente tranquillo sulle reali intenzioni degli occidentali, Stalin vo
leva i suoi missili per potenziare l'Armata Rossa in funzione difensiva, ma
anche per fiancheggiare la propagazione dell'ideologia comunista. La sua
idea di forza contemplava masse enormi di soldati equipaggiati con armi
tradizionali, seppure a ggiornate ai progressi della tecnica (I ·acciaio prima
di tutto, come nel suo stesso nome di battaglia). Ma intuiva anche l'im
portanza delle novità e sapeva come persuadere efficacemente coloro che
dovevano riprodurle. Come nel caso della bomba atomica.
Già prima della guerra, il progetto tedesco d'un ordigno che sfruttasse
l'energia contenuta nei nuclei atomici era una sorra di segreto di Pulcinella. I
grandi impianti di purificazione dell'uranio e produzione del plutonio dava
no troppo nell'occhio per sfuggire allo spionaggio, tant'è che vennero siste
maticamente attaccati dagli Alleati. Dal punto di vista dell' intef!igence, poi,
Stalin godeva di una situazione di privilegio, potendo contare sulle informa
zioni di prima mano passategli da alcuni scienziati occidentali di pura fede
comunista. Sapeva dunque, ma sottovalutò la questione fino all'agosto 1945,
quando la distruzione delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki lo co
strinse a toccare con mano l'immenso potere della nuova arma. Durante la
conferenza di Potsdam, il presidente degli Stati Unici Harry Truman fece di
tutto per sottolineare che la bomba aveva cancellato l'equilibrio del mondo,
L'INNOMINATO
chi e fatiscenti edifici, questo istituto ebbe il compito di gestire tutti gli
aspetti ingegneristici dell'industria sovietica per lo sviluppo dei missili a
lungo raggio. Articolato in vari dipartimenti (bureau), era sottoposto allo
stretto controllo dei militari, per ragioni di sicurezza e perché la maggior
parte dei fondi veniva dall'imponente budget stanziato per la Difesa. In
somma, l'Armata Rossa fungeva da committente dell'NII-88, da garante e
da sua guardia del corpo.
Al rientro dalla lunga missione di recupero materiali in Germania,
Korolev, che formalmente risultava ancora un criminale graziato e quindi
soggetto al controllo della polizia segreta, venne decorato - i russi amano
molto le medaglie - e posto a capo dcli' Ufficio progettazioni speciali del
l'NII-88, in un'orgia di contraddizioni di un sistema ingessato dalle buro
crazie. Sotto di lui, un nutrito gruppo di tecnici, sovietici e tedeschi, aveva
trovato ospitalità in un complesso sorto nel 1946, per esplicito ordine di
Stalin, sull'isola Gorodomlja del lago Selinger, quasi 400 km a nord-ovest
di Mosca, circondato dal filo spinato e protetto giorno e notte da guardie
armate e cani. Tutto doveva restare top secret, anche il nome del glavnij
konstruktorche, seppure in incognito, si affermò per le sue capacità di abile
ingegnere e di roccioso manager, abile, leale e molto prepotente.
Bisognava procedere per gradi. Korolev aveva il compito di studiare
una serie di missili balistici per le forze armate. L'unico precedente a cui
ispirarsi erano le v2., prontamente riprodotte grazie alle informazioni car
pite ai tedeschi. I primi esemplari "sovietici" della bomba volante tedesca,
chiamaci R-1 (dove R sta per raketa, cioè "razzo"), presero il volo nell'au
tunno 1947 da un villaggio sperduto nelle steppe a nord del mar Caspio.
Erano macchine notevoli ma ormai datate, di relativa affidabilità e con
una capacità di carico insoddisfacente. Le crescenti esigenze dei militari
richiedevano potenze molto maggiori e di conseguenza intollerabili masse
di carburante.
Per superare l'impasse, un collaboratore stretto di Korolev, M ichail
Tichonravov (1900-1974), cercava di far passare attraverso la viscosa buro
crazia militare il concetto dei treni di razzi originariamente partorito dal
mitico Ciolkovskij, utilizzando però i "vagoni" in parallelo. Ma in quale
modo? E chi era questo genio timido, senza il quale l'esplosiva energia del
progettista capo non sarebbe bastata a realizzare le imprese che a cavallo
degli anni Sessanta assegnarono ali' URSS la palma della vittoria nella corsa
allo spazio? «Insieme», avrebbe poi detto dei due Sergej Chruscev, «essi
crearono la massa critica che sbalordì il mondo».
0
L 1NNOMINATO
Edmond Rostand
Nikolaj Gogol'
La cagnetta Laika all'interno della gabbia high-tcch che .wrcbbc dornto protcgi;crh du
rante iJ volo nello p:uio e la pc:rmancnza in orbir:1 tcrrt:stn.::. Pot.!1c ore: dopo d dc olio
dalla ba.se sovietica di Baikonur, un guasto nel s,sci.:111:1 di isol:11111.::ntu termico c:1u,o h pr�
marura marce dcl.l':rnimalc. esposto :l incollcr:ibil1 ,balzi rcrm1c1. Il ,.Knfic10 di L:11k:1 ,avi
a convincere medici e ingegneri che era possibile tcnt:i.n..: il bncio d1 un uomo nello ,;;p,nio.
ovest di Berlino aveva segnato il primo atto formale della Guerra fredda.
Per reazione, il 4 aprile 1949 gli occidentali avevano stretto un patto at·
!antico a guida americana, la NATO, cui aveva fatto seguito, sei anni dopo,
il patto di Varsavia sottoscritto da otto paesi comunisti. Un'ideale con·
figurazione per un braccio di ferro dove ogni contendente vuole vincere
evitando però che l'altro perda la testa e metta mano al coltello. Perché né
i russi né gli americani desideravano accendere una rissa nucleare.
Per gli USA, il lancio dello Sputnik 2. segnalò che era arrivato il tempo di
prendere adeguate contromisure, rispondendo ai sovietici con le medesi·
me armi. Quella disponibile sul momento era il Vanguard TV3, un missile
a tre stadi progettato per scopi scientifici dalla marina statunitense. Un'e·
voluzione della serie di missili V iking nata nel 1947 da una commessa del
Naval Research Laboratory degli Stati Uniti alla fabbrica di aerei e veicoli
spaziali fondata dal pioniere dell'aviazione Glenn Martin. Si trattava dd
vettore su cui Eisenhower contava quando, nel 1955, si sbilanciò ad annun·
ciare la produzione di «piccoli satelliti tnrestri senza equipaggio come
contributo della partecipazione degli Stati Uniti ali' IGY ».
In effetti, esisteva anche un'altra possibilità, rappresentata dal razzo a
tre stadi, di cui due a combustibile solido, sviluppato al Redsrone Arse·
nal dall'Agenzia per i missili balistici dell'esercito degli Stati Uniti sotto
la direzione di von Braun, che nel frattempo aveva fatto carriera nella sua
nuova patria, a capo di un'efficiente squadra di fisici e ingegneri, tra cui
molti tedeschi.
Per gli scienziati di Peenemiinde, il cammino sul suolo americano era ri·
sultato meno agevole di quanto potessero sperare, visto il valore che essi ave·
vano sul mercato militare. All'arrivo negli Stati Uniti, al termine di un pelle·
grinaggio reso duro dalla volontà di far scontare loro un po' delle sofferenze
che avevano procurato, erano stati parcheggiati a Fon Bliss, nella concea di
El Paso in Texas, in alloggi spartani e sott(! la tutela della polizia militare.
Lì erano stati raggiunti da von Braun, debitamente ripulito dai suoi prece·
denti "peccati" per evitare le critiche dei benpensanti. Come dire: pemnia
non o/et, ma non farlo sapere ai cuoi elettori, specialmente se puritani. Allo
scoppio della guerra di Corea erano stati trasferiti in massa presso la base
del Redstone Arsenal, vicino a Hunrsville, in Alabama. Una sistemazione
spartana (il villaggio aveva «due ristoranti in tutto» e un'unica piazza an·
tistante il locale tribunale, dove gli intermediari incontravano i produttori
di cotone), ma un incarico di prestigio e di responsabilità: progettare missili
balistici per impieghi bellici. Il loro mentore, l'ex maggiore delle ss, non
CUORE DI CANE 103
aveva mai smesso di pensare anche alla guerra e di suggerire, insieme agli
impieghi civili e scientifici, un uso milicare della Luna come base per batterie
di missili puntati verso la Terra6 •
Era stata proprio questa esplicita finalità bellica a condannare il razzo
Jupiter, ultimo parto dei cervelli tedeschi era il 1956 e il 1957, sconsiglian
done l'uso quale possibile vettore di un sacelli ce artificiale. La Casa Bianca
non voleva porgere il fianco alle inevitabili accuse di imperialismo e di
spionaggio da parte sovietica, né desiderava che l'Arnerica entrasse nel co
smo per merito di un ex nazista. La preoccupazione di urtare l'opinione
pubblica aveva addirittura spinto l'amministrazione a boicottare il tese
completo del razzo Jupiter-C. Il 2.0 settembre 1956, quando era stato lan
ciato da Cape Canaveral7 in Florida, il suo ultimo stadio conteneva sabbia
al posto del carburante. Lo spazio profondo avrebbe dovuto essere con
quistato da un vero americano.
Jupicer-C 8 fece tuttavia il suo dovere così bene da far pensare a Korolev,
cui non mancavano le informazioni sulle mosse degli avversari, che_gli yan
kee stessero per lanciare un satellite e che il successivo volo dell'8 agosto
1957 fosse una prova abortita. Un sospetto che gli mise le ali ai piedi. Come
Napoleone, lui non poteva perdere nessuna baccaglia, pena la corona.
In questo scenario confuso, conseguenza dei troppi attori sulla scena e
della rivalità era i diversi corpi delle forze armate statunitensi, il 6 dicem
bre 1957 il Vanguard TV3, progettato dalla marina, venne lanciato da Cape
Canaveral con un minuscolo satellite sulla puma. Una sfera in alluminio
«grande quanro un pompelmo», avrebbe beffardamente commentato
Chruscev, del modesto peso di 1,4 kg, equipaggiato anch'esso, come lo
Sputnik , con un trasmettitore radio e un termometro. Al via, il razzo si
sollevò di circa un metro e poi ricadde su sé stesso disintegrandosi e dan
neggiando seriamente la base di lancio. Il satellite venne espulso dal suo
alloggiamento e cadde al suolo inspiegabilmente intatto, continuando a
trasmettere il suo bip come un animale ferito. Un disastro su cui la scampa
americana, che notoriamente non fa sconci, si accanì inventando nomi
gnoli beffardi come "Flopnik" e "Kapucnik". A Wall Street il titolo della
Martin, l'industria che aveva costruito il razzo, precipitò e venne sospeso
per eccesso di ribasso. I bolscevichi gongolavano e gli yankee cominciaro
no a temere il peggio.
Per correre ai ripari, la Casa Bianca decise di lascia� perdere le questio
ni morali e di mettere in sella l'ex ingegnere del Fiihrer, che in America
sembrava essere l'unico a capirne di razzi. Venne approntato a tempo di
104 LUNA ROSSA
Nella sua seconda vira non si aggiravano più le ombre dei lager e dei neri
cappelli col teschio, ma continuavano a esserci i razzi.
Se von Braun vegliava, di certo il suo rivale Korolev non dormiva.
Come fa, se ha ancora gambe, il ciclista in fuga che voltatosi vede con la
coda dell'occhio un inseguitore avvicinarsi, il progettista capo era pronto
a imprimere un'ulteriore accelerazione al suo programma. Il magistrale
colpo di pedale arrivò punrualmente nelle prime ore del 15 maggio 1958,
quando da Baikonur il solito R-7, costantemente ritoccato per aumentarne
le prestazioni, mise in orbita Io Sputnik 3. Il nuovo satellite aveva la forma
di un cono alto come una casa a un piano e largo alla base come un ma
terasso a due piazze, pesante quasi tre volre di più della capsula di Laika,
collocato su un'orbita con un apogeo di 11.000 km, con una previsione di
vira di quasi due anni.
Nessuna indulgenza allo spettacolo questa volta: il carico consisteva in
un laboratorio scientifico completo per esplorare gli strati più alti dell'at
mosfera• e per compiere osservazioni e misure di geofisica.
Si trattava del contributo sovietico all'IGY. Korolev aveva sperato di
poterlo lanciare per primo, ma l'ansia d'un possibile sorpasso l'aveva co
stretto a cambiare i piani e a mandare in cielo una palla lucida, garrula
e quasi vuota. Poi s'era messo in mezzo Chruscev pretendendo un'altra
impresa clamorosa e lui l'aveva accontentato con Laika. Adesso, pensò il
progettista capo, era tempo di servire la scienza, come promesso.
Il glavnij konstrnktor era nuovamente solo in resta alla corsa. Nel grup
po ormai lontano degli inseguitori, von Braun tirava la volata ai ritardatari.
Per gli americani, il 1958 si chiuse con altri due insuccessi del Vanguard, un
lancio riuscito dcli' Explorer 4, un satellite dedicato allo srudio delle fasce
di Van Allen, e poi ben sette flop consecutivi. Uno di questi, però, merita di
essere ricordato perché fu il primo della nuova gestione NASA e segnò l'avvio
della corsa alla Luna. L'11 ottobre alle 3,40 del mattino da Cape Canaveral
partì un potente missile multisradio che combinava l'esperienza dei razzi
Thor'0 con quella dei Vanguard. Portava in cima la sonda Pioneer I con I' am
bizioso mandato di immetterla in un'orbita lunare. Un tentativo precedente
era aborrito in una palla di fuoco dopo soli 4 minuti di volo. Questa volta le
cose andarono meglio ma, a causa di un malfunzionamento del lanciatore,
il "pioniere celeste" coprì solo un terzo del tragitto e poi ricadde sulla Terra.
Insomma, gli yankee sparavano a mitraglia ma con pessima mira. I
russi, parsimoniosamente, tiravano molro meno, ma pareva proprio che
a ogni nuovo colpo facessero centro. In realtà, l'impressionante efficien-
106 LUNA ROSSA
Al momento del via, il 2.4 ottobre 1960, il secondo stadio prese fuoco,
provocando anche l'esplosione del primo. Nedelin, che si trovava a poca
distanza, fu incenerito da una palla di fuoco. Insieme a lui morì un centi
naio di persone; Yangel si salvò miracolosamente perché proprio allora era
rientrato nel bunker a fumare una sigaretta, cosa proibita sulla piattafor
ma. Come dire, il fumo uccide ma talvolta può anche salvarci la vita!
Nonostante il disastro sotto il profilo umano e i gravissimi danni ma
teriali (la nuova rampa di lancio ne era uscita completamente distrutta),
il progetto non venne fermato. Ci fu una rapida inchiesta a porte chiuse
per stabilire cause e responsabilità e a distanza di un anno l'R-16 fece il suo
volo inaugurale con successo. La "catastrofe Nedclin", accuratamente cela
ta al mondo••, ebbe due conseguenze: sbarazzò Korolev di un pericoloso
concorrente e convinse Chruscev che, per far pari con l'America, avrebbe
dovuto installare una batteria di missili balistici sovietici a medio raggio
sull'isola di Cuba, a due passi dal suolo statunitense. Una decisione che
portò alla famosa crisi internazionale e al duello a distanza con il nuovo
inquilino della Casa Bianca,John Ficzgerald Kennedy.
Lo scenario mondiale stava cambiando, insieme ad alcuni degli accori
principali. Il 4 novembre 1958 era stato incoronato papa Giovanni XXIII
e 1'8 novembre 1960 il cattolico Kennedy aveva vinto di misura le elezio
ni presidenziali in USA, grazie anche all'involontario aiuto offertogli dal
ritardo americano nella corsa allo spazio, che il senarore democratico del
Massachusetts aveva abilmente cavalcato attribuendolo a colpevoli distra
zioni e sprechi dcli' amministrazione repubblicana.
Perfetta rappresentazione del sogno americano, il giovane presidente
ereditava un nuovo stato di forte tensione tra USA e URSS causato dall'ab
battimento, il 1° maggio 1960, del!' u2. in volo lento ad alta quota sul terri
torio sovietico. Una faccenda sporca, che era costata parecchio imbarazzo
a Washington, nonché la rottura delle trattative ginevrine per un disarmo
controllato. Chruséev era davvero furibondo per la slealtà del!' avversario.
li 1960 si chiuse con un'altra mossa a sorpresa da parte di Korolev, che
ormai stava togliendo il sonno ai funzionari della NASA: il lancio in succes
sione rapida di ben due sonde in direzione del pianeta Marce. L'obiettivo era
di studiare lo spazio interplanetario nella regione esterna ali 'orbita terrestre
e poi, una volta raggiunto il Pianeta rosso, raccogliere dati e immagini.
I deliri di Percival Lowell, il ricco astronomo americano che all'inizio
del xx secolo aveva sostenuto l'esistenza di tracce di una civiltà intelligen
te su Marce, capace di sfruttare l'acqua ghiacciata dei poli con mirabili reti
CUORE DI CANE 115
lo sono Gagarin.
Per primo ho volato,
e voi volaste dopo di mc.
Sono stato donato
per sempre al ciclo, dalla Terra,
come il figlio dell'umanità.
[ ... ] Sulla Terra mi sono schiantato,
quella che per primo ho visto tanto piccola,
e la Terra non mc l'ha perdonata.
Ma io perdono la Terra,
sono figlio suo. in spirito e carne,
e per i secoli prometto
di continuare il mio volo.
Evgcnij Evruscnko
Edwin Hubble
aveva scherzato: «Tra cinque anni per andare nel cosmo basterà fare do
manda ai sindacati».
Gagarin aveva scritto alla moglie pregandola, nel caso il volo fosse an
dato male, di crescere le due figlie «come degni membri della nuova socie
tà comunista». Non aveva paura. «Parto domattina, e ancora non credo
che sia vero!». Con la sua richiesta voleva piuttosto ribadire la fede in un
sistema sociale capace di trasformare un contadino in un'aquila.
Al momento di andare a letto, ai due cosmonauti era stato offerto un
sonnifero: «Giovanotti, avete bisogno che vi aiuti ad addormentarvi?»,
aveva domandato loro il medico, ma entrambi avevano rifiutato. Il lun
go sonno tranquillo, «senza incubi e senza sogni», testimoniava che il
barbiturico sarebbe stato inutile, a conferma di quella profonda serenità
interiore che il progettista capo tanto cercava nei sui puledri.
Dopo la colazione con i soliti tubetti {patè di carne, gelatina di ribes
nero e caffè}, i due vennero trasferiti al centro medico per un ultimo con
trollo, che entrambi passarono senza problemi. È ragionevole pensare che
T itov, relegato al ruolo di riserva di Gagarin, in cuor suo sperasse in qual
che piccolo acciacco dell'ultima ora così da poter soffiare in extremis al
compagno il ruolo di pilota titolare. In palio c'era l'opportunità di diven
tare il primo cosmonauta della storia. Un'occasione che gli era sfuggita
all'ultimo momento. Aveva creduto infatti di poter essere proprio lui il
prescelto per via d'una migliore professionalità, invece gli era stato preferi
to Gagarin, la cui umile estrazione faceva gioco a Chrusèev. Se tutto fosse
andato per il giusto verso, il leader avrebbe potuto vantare i meriti di un
socialismo che riscatta un uomo dalla zolla e lo promuove al cielo. La scel
ta era stata condivisa in pieno anche dalglavnij konstruktor, per tutt'altra
ragione: German era più forte diJurij e avrebbe potuto essere più utilmen
te impiegato in una prossima e più impegnativa missione.
Ma come erano stati selezionati questi "eroi giovinetti"? Attraverso
un'operazione cominciata due anni prima in seno ali' Istituto di ricerca
scientifica dell'aviazione sovietica {Nnvvs - Nauchno-lssledovatelskij
lnsrirur Voyenno-Vozdoosnykh Seel} a Mosca, dove una commissione di
esperti aveva definito le caratteristiche degli aspiranti cosmonauti. Innan
zitutto, dovevano essere pilori militari con una grande esperienza di volo.
Questa condizione, posta anche dagli americani per il loro programma di
reclutamento, si fondava sulla ragionevole certezza che la capacità di do
mare un aereo supersonico in ogni condizione di tempo e di luce, gestendo
con freddezza e rapidità le emergenze, fosse già un filtro efficace a selezio-
ÙCARO ROSSO 119
colore arancione, pensato per renderli ben visibili in caso di necessità. Ven
nero poi richiusi gli scarponi e fu fatto loro indossare un casco speciale che
li isolava dai rumori, sormontato da un elmetto bianco con un'ampia visie
ra trasparente che poteva essere sollevata. Per completare l'abbigliamento e
sigillare lo scafandro mancavano i guanti. Si decise per il momento di non
farli infilare ai cosmonauti, in modo che potessero avere le mani libere pri
ma del volo. I due ricevettero anche una pistola ciascuno, da usarsi nel caso
in cui la discesa in un luogo ostile l'avesse richiesto.
Lo scafandro era a tenuta d'aria. Una precauzione pretesa dai medici per
minimizzare i rischi in caso di depressurizzazione della capsula, non condi
visa però da Korolev per ragioni di peso e perché temeva che la realizzazione
dell'indumento potesse ritardare il via. «Khoroio, va bene, fatelo pure»,
sencenziò alla fine, «ma in tempo! Io non aspetterò». E in tempo lo fecero,
poiché tutti sapevano che Sergej Pavlovic non prometteva mai invano.
L'elmetto bianco «recava quattro lettere maiuscole: CCCP» che, se
condo la leggenda, furono dipinte all'ultimo momento da un ingegnere
dotato di bella calligrafia, perché qualcuno aveva fatto notare che, in caso
di atterraggio al di fuori del territorio dell'URSS, il cosmonauta avrebbe
potuto essere scambiato per una spia. Tutti avevano in mente il freschissi
mo caso del tenente Powers, il pilota statunitense catturato sul suolo sovie
tico dopo l'abbattimento dell'uz su cui volava.
Durante la vestizione si fece vivo anche il progettista capo, «stanco e
preoccupato per la notte insonne», avrebbe poi ricordato Gagarin, «ma
con un sorriso benevolo che a tratti gli illuminava il volco tirato. L'avrei
abbracciato volentieri, come se fosse stato mio padre». Intanto il giovane
cosmonauta ascoltava gli ultimi consigli di un abile paracadutista, il quale,
con un lancio da un aereo, aveva sperimentato il modello di discesa basato
sull'espulsione del seggiolino dalla capsula. La decisione di adottare que
sta procedura era stata presa negli ulcimi giorni. L'ipotesi iniziale era in
fatti di far atterrare il passeggero dentro la navicella, ma Korolev dubitava
che un uomo potesse sopravvivere all'impatto con il terreno. Questo cam
bio di procedura comportava un serio problema perché, secondo le norme
contenute nello speciale accordo internazionale garantito dalla Fédération
Aéronautique lnternationale (FAI), per richiedere la registrazione di un re
cord aeronamico i piloti dovevano rimanere nei loro aeromobili per tutto
il tempo della prova. «Pazienza!», tagliò corto Korolev. «Se necessario,
taceremo su questo punto». E così fecero'.
Finalmente giunse il tempo di andare. Gagarin e Titov, accompagnati
12.2. LUNA ROSSA
del volo lo informò che il decollo sarebbe avvenuto dopo un'ora e mez
zo. Un'eternità! Il giovane chiese allora che gli mandassero in cuffia delle
canzoni d'amore della tradizione russa. Forse, durante l'inerzia della !un•
ga attesa rivide tutta la sua vita, riandando ai momenti salienti della sua
esistenza. Era nato in una modesta casa operaia nel villaggio di Klusino,
nell' oblast di Smolensk7, una regione pianeggiante dell'alto corso del fiu
me Dnepr, oggi ai confini con la Bielorussia, che aveva conosciuto le in
vasioni di Gengis Khan e di Napoleone, e da non molto tempo quella di
Hitler. Tutte finite male.
«Vengo da una famiglia comune», avrebbe orgogliosamente scritto in
seguito, «una famiglia di lavoratori come ce ne sono milioni nella mia
patria socialista. I miei genitori sono due semplici russi ai quali la Rivo
luzione d'Ottobre ha dato una vita piena e dignitosa». Suo padre Alexeij
lvanoviè faceva il carpentiere e muratore e, nonostante una grave invalidità
a una gamba, padroneggiava «ogni genere di mestieri, perché sapeva co
struire con le sue mani tutto ciò che può essere necessario in campagna».
Figlio di un poverissimo contadino, semianalfabeta lui stesso - aveva fre
quentato solo le prime due classi della scuola elementare parrocchiale - e
tuttavia curioso e ingegnoso, Alexeij era «severo ma giusto». Un uomo
la cui parola in famiglia aveva la forza della legge e la cui opinione veniva
tenuta da conto nel soviet del kollektivnoe chozjajstvo (kolchoz), l'azienda
agraria collettiva in cui lavorava insieme alla moglie. Anna T imofeyevna
svolgeva mansioni di mungitrice, accudendo alle vacche dall'alba al tra·
monto, cosicché il buon latte non mancava mai ai suoi quattro figli, Valen
tin, Zoja,Jurij e Boris, e ai loro amici.
La vita nel kolchoz scorreva tranquilla. Le purghe staliniane, con le loro
grigie paure, non sfioravano nemmeno questo avamposto agricolo lontano
dagli intrighi e dagli stenti delle grandi città. Jurij come Tom Sawyer: un
ragazzino scalzo che si godeva la campagna e la libertà di immensi spazi
aperti, che spiava i fratelli maggiori desiderando di essere simile a loro e
cominciava a porsi le prime domande esistenziali. Soprattutto una: che c'è
oltre la siepe? «Anch'io, da ragazzo, credetti che non vi fosse nulla oltre
il Vesuvio, dal momento che non potevo scorgervi niente al di là di esso»,
aveva scritto Giordano Bruno (De immenso, VIII, n). Gagarin, invece, sa
liva sul retto del granaio per allargare il suo orizzonte, sognando di volare
lontano. E quando poteva, interrogava lo zio Pavel, fratello del padre e
assistente veterinario, che la sapeva lunga e ammaliava i nipoti con le sue
storie. Notti intere passate scesi sul fieno a guardare il cielo.
0
L ICARO ROSSO 125
Poi l'incantesimo svanì di colpo. Una domenica del giugno 1941 - Jurij
aveva 7 anni - il padre tornò a casa scuro in volto dopo una riunione del
soviet del villaggio. Parlottò con la moglie che poi «si accasciò su una pan
ca, nascose il viso nel grembiule e cominciò a piangere silenziosamente».
Era scoppiata la guerra. Per un po' a Klusino non successe nulla, a parre il
primo incontro tra Jurij e un aeroplano, un caccia sovietico atterrato nei
pressi del villaggio per raccogliere un compagno abbattuto da un Messer
schmitt. Poi, a novembre, le truppe della Wehrmacht in marcia su Mosca si
impadronirono del villaggio, che rimase nelle loro mani per quasi due anni.
I Gagarin patirono il sequestro della casa e si ridussero a sopravvivere in
una capanna di fango approntata alla meno peggio. I due fratelli più grandi
furono deportati in Polonia come forza lavoro coatta. Sarebbero ritornati
solo alla fine della guerra. Il padre si arruolò volontario nell'Armata Rossa
nonostante il suo handicap. e il fratello minore di Jurij rischiò di morire
impiccato per mano di un soldato bavarese che «odiava i bambini». In
effetti, a modo loro anche Jurij e Boris combattevano i tedeschi, spargen
do frammenti di verro sulla strada, annacquando gli acidi delle batterie e
infilando patate nei tubi di scappamento. Furono 21 mesi di paure, spe
ranze, umiliazioni e tanta fame. Poi i tedeschi cominciarono la ritirata.
Non erano più gli arroganti guerrieri biondi della prima ora, ma uomini
stanchi e demoralizzati che sognavano di tornare a casa. Nemmeno Jurij
era più lo stesso spensierato fanciullo. Doveva affrontare la vira e scegliersi
una strada.
La musica in cuffia si interruppe e con essa il Ausso dei ricordi. Una
voce dalla sala di controllo chiese: «Come va?». «Ricevuto», rispose
il cosmonauta. «Mi sento bene, il morale è eccellente, sono pronto per
partire». «Tra un'ora». Concluso il breve scambio, la musica riprese e,
presumibilmente, ricominciò il viaggio neUa memoria, a fil di voce, con la
mente e il corpo pronti a scattare al primo segno di attività.
Nel 1946, la famiglia, che nel frattempo s'era riunita, lasciò il kolchoz
e si trasferì a Gzarsk, un paese vicino (rinominato Gagarin alla morte del
cosmonauta), dove Jurij poté completare il primo livello scolare. A 16 anni,
calcando le orme del nonno materno, entrò in qualità di apprendista in
una grande fonderia nei pressi di Mosca. Di giorno lavorava e di sera stu
diava: per poter progredire gli serviva il diploma di settimo grado. Infine,
venne ammesso a un corso di educazione tecnica speciale (tecnicum) sui
trattori presso la Scuola industriale di Saratov, un grosso centro urbano
nel basso Volga, 800 km a sud-est della capitale. I trattori andavano di gran
126 LUNA ROSSA
moda. Impegnato nella ricostruzione del paese devastato dalla guerra, Sta
lin aveva varato due piani quinquennali, uno nel 1946 e un secondo nel
1951, che contemplavano una massiccia meccanizzazione dell'agricoltura.
«Continuavo i miei studi al tecnicum, ma ogni volta che udivo nel cie
lo il rombo di un morore o incrociavo per strada un pilota, non potevo
non commuovermi. Era la mia passione incosciente per gli spazi». Saputo
dell'esistenza di un aeroclub e disponendo di qualche soldo racimolato la
vorando come scaricatore sulle banchine del Volga, vi si iscrisse, imparan
do presto a lanciarsi con il paracadute. Rappresentava la conditio sine qua
non per iniziare a volare. Il suo tirocinio di pilota avvenne dapprima su un
datato biplano e poi su un monomotore biposro prodotto subito dopo
la Seconda guerra mondiale, lo Yakovlev Yak-18. Jurij aveva trovato la sua
strada.
«Cedro, tra mezz'ora si parte!». Ancora una volta l'annuncio in cuffia
del direttore di volo aveva interrotto un amarcord cullato dalla dolcezza
languida delle canzoni russe. Korolev, il cui nome in codice sarebbe stato
da allora N. 2.0, si inserì per ricordargli che nella dispensa c'era abbondan
te cibo e per raccomandargli, con l'umorismo tenero di un padre preoc
cupato, di non darci troppo dentro per non ingrassare. Gagarin rispose a
entrambi e tornò sui suoi ricordi. Non c'era nulla che potesse fare se non
aspettare.
Ripreso il filo dei pensieri, gli tornò in mente il diploma al tecnicum, ap
pena sei anni prima, l'addio al suo istruttore di volo e all'aereo che lo aveva
accompagnato nei primi passi in cielo, e la partenza per il servizio di leva.
Molti allievi dell 'aeroclub erano ingaggiaci dall'aviazione civile, attratti dai lunghi
viaggi di linea attraverso il paese o dai voli all 'escero sugli itinerari ormai numerosi
delJ'AeroAoc. Altri avevano scelto l'aviazione specializzata al servizio dell 'agricol
cura, della medicina, della geologia. Quanto a me volevo una cosa sola, adesso:
diventare pilota militare [ ... ]. Mi piaceva la disciplina e l'uniforme mi attirava.
Volevo essere, infine, un difensore del mio paese[ ... ]. Ottenni un biglietto di pre
sentazione per la scuola aeronautica di Orenburg.
Sempre più lontano da Smolensk, ai confini tra Europa e Asia. La base, si
tuata alla periferia della città, era intitolata al pioniere dcli'aviazione sovie
tica Valerij Ckalov, l'uomo che alla maniera di Giulio Cesare aveva detto:
«Se devi esserci, sii il primo». Messaggio che il giovaneJurij avrebbe facto
suo scegliendo sempre la strada più difficile per cimentare sé stesso.
L'ICARO ROSSO 12.7
dei giovani più ardimentosi e ambiziosi. Così, Jurij prese una decisione.
«Rispettando le gerarchie militari, mi misi a rapporto presso i miei co
mandanti e presentai la domanda di ammissione al gruppo dei cosmonau
ti». Intanto era nata la prima figlia, Elena•.
La selezione andò benissimo. Gagarin impressionò la commissione per
le sue qualità fisiche e intellettive, per l'incredibile memoria, la grande ca
pacità di concentrazione, le reazioni rapide, la perseveranza e una discipli
na ferrea che però non gli impediva di difendere le proprie opinioni. Così,
nel 1960 venne scelto assieme ad altri 19 coraggiosi piloti. «Per il cosmo
ci volevano uomini dal cuore ardente, dallo spirito vivace, dai nervi saldi,
dalla volontà di ferro, dal morale alto e dall'umore inalterabile». La mo
glie non la prese bene. A l di là dei problemi familiari che la scelta di Jurij
comportava, Velja si preoccupava per la sicurezza del marito. L'impresa in
cui s'era imbarcato aveva la medesima probabilità di successo e di insuc
cesso: 50 e 50. «Ma mio padre aveva piena fiducia nel progettista capo e
Korolev gli voleva molto bene», avrebbe poi ricordato la secondogenita
Galina, nata giusto 36 giorni avanti la data del fatidico viaggio nel cosmo'.
Man mano che il momento del possibile lancio si avvicinava, l'ansia di
Velja aumentava. Aveva appena partorito, quando J urij prese l'aereo per
Tyuracam. Lui preferì mentirle, dicendole che il volo era stata rinviato a
data da destinarsi.
Il "cedro" indugiava ancora in questi pensieri quando Korolcv gli co
municò che tutto era pronto per la partenza. I motori del primo stadio
del razzo vennero accesi per il preriscaldamento e il gigante prese a vibra
re come un tarantolato. Il rumore cresceva assordante, sebbene attutito
dalla cuffia protettiva. «Stadio preliminare... intermedio... principale...
decollo! Ti auguriamo buon volo. Tutto va bene», urlò quasi il N. 20.
«Poyekhali», "andiamo", fu l'asciutta risposta di Gagarin. Alle ore 9 e 7
minuti l'imponente obelisco bianco si sollevò dalla piattaforma e prese a
scalare il cielo verso est, sempre più rapido.
Nella Vostok, Jurij cominciava ad avvertire il peso dell'accelerazione
che gli schiacciava il petto e gli bloccava i muscoli degli arei. Non riusciva
nemmeno a parlare, ma non se ne preoccupò. Aveva sperimentato molte
volte questa sensazione durante gli allenamenti nella centrifuga. Dopo due
minuti, al distacco del primo stadio un attimo di requie. «Sto bene», co
municò. Le migliaia di persone dell'immensa base, tecnici, militari, operai
e alcuni blasonati ospiti che assistevano con naso all'insù e con il cuore in
gola, quasi per incanto videro formarsi nel cielo una croce fiammeggiante,
L'ICARO ROSSO 129
detta poi "di Korolev". Era il tuffo carpiato multiplo dei quattro boosters
laterali, sganciati dal vettore perché ormai esauriti.
Con l'entrata a regime del motore del secondo stadio, l'accelerazione
tornò a farsi sentire rabbiosa. Gagarin riusciva a stento a parlare. Ciò no
nostante, trasmetteva alla base tutta la sua serenità. «Mi sento bene. Con
tinuo il volo. I sovraccarichi aumentano. Va tutto bene». Dopo circa 150
secondi dal decollo il missile aveva superato gli strati densi dell'atmosfera.
L'aria non disturbava piì1. Da Baikonur partì un segnale e alcune piccole
cariche esplosive fecero saltare le giunzioni tra i due segmenti che compo
nevano il naso del razzo sotto cui era annidata la Vostok. Eliminato il co
perchio della matrioska, la luce del sole inondò la capsula penetrando dai
tre grandi oblò e il cosmonauta ebbe un primo assaggio del panorama che
si gode da 100 km di quota. Nessuno lo aveva mai veduto prima. «Come è
bello! Il grido mi era sfuggito dalle labbra», avrebbe ricordato in seguito.
«Ma mi fermai». Cavia intelligente e disciplinata, Gagarin capiva perfet
tamente che la sua missione «non consisteva nell'ammirare il paesaggio,
bensì nel trasmettere informazioni utili».
Intanto, il secondo stadio continuava a spingere furiosamente, dispo
nendo ciò che rimaneva del razzo su una traiettoria sempre più parallela
all'orizzome. Poi il potente motore si spense e il macigno che Jurij avver
tiva sul petto si dileguò quasi di colpo. Erano trascorsi quattro minuti e
mezzo dal lancio. Per qualche attimo il cosmonauta non sentì più la forza
di gravità. Ma, per raggiungere l'obiettivo mancava ancora una spinta che
portasse la velocità della navicella a 7,9 km/s, così da bilanciare esattamen
te l'attrazione gravitazionale terrestre. Questo era il compito del terzo
stadio. Quando anch'esso si spense, alle 9 e 18 minuti, separandosi dolce
mente dalla Vostok, il N. 20 tirò un primo, profondo sospiro di sollievo. Il
"cedro" era in orbita sano e salvo!
Tutto aveva funzionato, ma non alla perfezione. La navicella s'era si
stemata su una traiettoria un po' più alta di quanto preventivato, con un
perigeo a quota 190 km e un apogeo a 330. Bisognava riprogrammare la
tempistica e la logistica del rientro, e incrociare le dita sperando nel buon
funzionamento dell'unico motore di cui la Vostok era dotata per la dece
lerazione. Per ragioni di peso, infatti, non era stato previsto alcun dupli
cato da tenere di riserva (back up). S'era preferito collocare a bordo una
riserva di cibo e di aria per sette giorni, contando sul fatto che in questo
lasso di tempo la navicella sarebbe stata comunque frenata dall'attrito con
l'atmosfera. Ora però, con un'orbita 100 km più alta, la tempistica per un
130 LUNA ROSSA
rientro "naturale" si allungava ben oltre i limiti delle scorte. Non restava
che sperare per il meglio. Korolev decise di non caricare Gagarin di questa
preoccupazione. Non era il caso di mettere il carro davanri ai buoi. Per
parte sua "cedro", che invece aveva capito cucco, si astenne dal farlo sapere
al glavnij konstruktor per evitare di farlo agitare inutilmenre. ln seguito,
cucci si dimenticarono di raccontarlo al mondo, per non macchiare la nar
razione dell'impresa.
Jurij incanto si godeva il panorama e si produceva in esclamazioni di
meraviglia frammezzate a frasi, diventate famose, che fanno pensare a "spi
ritose invenzioni" costruite dagli specialisti della propaganda del Partito.
Dichiarazioni presumibilmente preparate a tavolino come questa: «Si
vede tutto. Da quassù la terra è bellissima, senza frontiere né confini. Con
tinuo a volare. Tutto procede normalmente, tutto funziona perfercamcn·
te, sto molto bene. È magnifico: la Terra è blu». E al ere ancora, riguardanti
la presenza di Dio ( «Non c'è nessun Dio quassù»), che vennero pronun
ciate da altri (in particolare, German T itov) ma che, secondo gli esperti
del Cremlino, stavano bene in bocca a un'icona del socialismo ateo.
L'ICARO ROSSO 131
soli otto mesi ricevette oltre un milione di lettere, per lo più da ammi
ratrici che si proclamavano perdutamente innamorate di lui e disposte a
qualunque pazzia. La stessa Gina Lollobrigida riuscì a intrufolarsi tra gli
invitati al ricevimento organizzato in onore del cosmonauta durante il fe
stival del cinema di Mosca e, quando Gagarin fu a tiro, gli schioccò sulla
guancia un sonoro bacio che fece indispettire la moglie Velja. «Non era
lei, Valjusha, ma tu ad accompagnarmi nel gelo del Circolo Polare Artico.
Ti apparterrò fino alla morte»'', commentò rassicurante il marito, forse in
quel momento sincero, ma non veritiero.
Dopo il 12 aprile 1961, data poi celebrata in URSS come Giorno del co
smonauta, il numero di neonati chiamatiJurij crebbe a dismisura. «Certo,
la nostra famiglia era molto famosa», ricorderà la figlia Elena. «La gente
ci ha sempre trattato con particolare attenzione e curiosità, e ciò ha avu
to un impatto sul nostro comportamento in pubblico, cosicché abbiamo
sempre dovuto, e dobbiamo ancora, controllare praticamente ogni passo
e ogni parola».
In effetti, colui che per primo aveva viaggiaco a bordo di un satellite
artificiale della Terra divenne l'emblema della propaganda sovietica, un
prezioso ambasciatore da usare sapientemente per rafforzare presso gli Sta
ti amici la fiducia nel modello URSS e promuoverlo in quei paesi dell'ar
cipelago capitalista in cui la presenza di simpatizzanti era significativa. li
maggiore Gagarin venne nominaco membro del Soviet supremo e spedito
in Egitto da Nasser e nei Caraibi dall'alleaco Fide! Castro in veste di pre
sidente della Società per l'amicizia sovietico-cubana, e anche nel!' Europa
occidentale e in Giappone. Ovunque andasse, veniva ricevuco con tutti gli
onori. Nella sua visita a Londra, fu invitato a pranzo dalla regina Elisabet
ta II, un grande onore che non era staro concesso nemmeno a Chruscev,
cui la sovrana aveva offerto un semplice tè con pasticcini. La micologia
gagariniana si fonda anche su un celebre aneddoco, un episodio che, a
detta dei sovietici, accadde durante il sontuoso banchetco a Buckingham
Palace. Di fronte al gran numero di posate d'ogni forma e dimensione che
attorniavano il suo piatco, Jurij si trovò in difficoltà. Non aveva la più vaga
idea di come adoprarle e in quale ordine. Senza perdersi d'animo, afferrò il
cucchiaio più grande e, affondandolo nell'insalata, esclamò sicuro: «For
za, mangiamo alla russa». I commensali si guardarono l'un l'altro tra lo
sbalordito e l'indignato. La regina, invece, prese a sua volta il cucchiaio e
disse ad alta voce: «Signori, forza, mangiamo alla Gagarin», sussurrando
poi maternamente al cosmonauta: «Neanche io so in che modo utilizzare
L'ICARO ROSSO 135
subito il suo vice Lyndon Johnson per elaborare una contromossa. Fu al
lora che nacque in lui la volontà di vincere a qualunque cosro la corsa allo
spazio.
I ntanto, però, bisognava rispondere al micidiale servizio lungo linea dei
sovietici. In mancanza di meglio, la NASA s'affrettò a effettuare un volo ba
listico di una capsula con passeggero. Lanciata da un razzo Redstone, que
sta avrebbe dovuto scalare lo spazio sino a un paio di centinaia di chilometri
di quota per poi essere riacchiappata dalla gravità e ricondotta a terra''·
Niente a che vedere con l'impresa di Gagarin, che si era sistemato in
orbita beffando per un'ora e mezzo l'attrazione terrestre, tuttavia una can
nonata come mai nessuno, russi a parte, era riusciro a tirare. Si trattava
del primo passo del progetto Mercury che, nato alla fine del 1958, doveva
accertare sia la capacità di mettere in orbita un equipaggio umano e di ri
portarlo sano e salvo sulla Terra, sia la resistenza degli astronauti a lunghe
permanenze nello spazio.
Per l'impresa era stato scelto un pilota dell'aviazione militare non più
giovanissimo''. Alan Shepard (192.3-1998) aveva già compiuto 37 anni, per
metà spesi a servire la patria in guerra o in difficili e rischiose attività di
collaudo di aviogetti e di procedure di volo. Rampollo di ottima famiglia
(il suo albero genealogico radicava addirittura era i passeggeri del May
flower), per essere ammesso tra i candidati a viaggiare nello spazio aveva
rinunciato a una vita da scavezzacollo, smettendo di fumare e di correre
dietro alle gonnelle per dedicarsi a intensi allenamenti fisici". Sperava di
essere il primo uomo a guardare la Terra dal cielo e, quando seppe di Ga
garin, fu preso da un accesso d'ira e quasi sfondò un cavolo con un pugno.
Ma "cosa fatta capo ha": dovette accontentarsi di essere il secondo••.
Partì da Cape Canaveral alle 9,34 (ora locale) del mattino del 5 mag
gio 1961 a bordo della navicella Freedom 7, 2.3 giorni dopo il volo della
Vostok-1. Aveva fatto colazione con bistecca e uova, come un pugile in
allenamento. Un menù che sarebbe diventato una regola per gli astronauti
targati USA, a riprova dell'universalità dei rituali apotropaici. Il lancio era
stato posposto di un'ora a causa delle nubi basse che avrebbero ostacolato
la ripresa fotografica dell'evento. A 2.,5 minuti dal take-off, il propulsore si
spense e la capsula, liberatasi della zavorra, continuò da sola la salita per
inerzia sino a 187 km di altezza.
Anche gli USA hanno il loro aneddoto sulle esigenze fisiologiche degli
astronauti. Data la brevità del volo, i progettisti della NASA non avevano
previsto alcun accorgimento per consentire di urinare in caso di necessità.
0
L ICARO ROSSO 137
durante la guerra di Corea. Gus, come veniva chiamato dagli amici, prese
il via sulla Liberty Beli 7 con le stesse modalità di Shepard e con eguale
risultato. La NASA ce l'aveva fatta per due volte di fila con le sue cannonate
ultrastratosferiche. Restava comunque alle spalle degli odiati sovietici.
Nell'arco di cento giorni, tre uomini avevano violato il cielo sopra le
nubi, volando molto più in alto del condor, là dove l'atmosfera confina
con il vuoto cosmico. Stranamente, sarebbero tutti e tre morti in circo
stanze tragiche. Gagarin, ancora giovane, in un misterioso incidente ae
reo, Shepard dopo una lunga lotta con la leucemia'• e Grissom nel rogo
dell'Apollo 1. Stanca di aggredire i pionieri dello spazio, la sorte avversa
avrebbe finto di gettare la spugna con Titov, I "'aquila" della Voscok-2, per
prendersi anche con lui una rivincita mentre il cosmonauta, alle soglie del
la vecchiaia, si godeva il relax della sua banja, la tipica sauna russa. Quasi
una Maledizione di Tutankhamon.
Avanti popolo
Stephen Hawking
zione di due moti circolari con diversi assi di rotazione, del tutto analoga
a quella con cui vengono arrotolati i gomitoli di lana.
Alla quota della Vostok', la deriva del punto di atterraggio implica
va un'uscita fuori dai confini dell'URSS dopo appena tre orbite. Per ri
acchiappare il patrio suolo in condizioni di sicurezza per i cosmonauti e
per il territorio impegnato - nessuno voleva rischiare di vc::dere sfondato il
tetto d'una casa, o peggio - bisognava attendere poco meno di un giorno.
Sul piatto restavano dunque due sole opzioni: non più di tre giri prima di
ridiscendere a terra, oppure tirare dritto per almeno 24 ore.
Genuinamente preoccupato della salute dei suoi "ragazzi", Kamanin
non aveva dubbi. Le missioni con i cani avevano evidenziato una critici
tà nel sistema vestibolare degli animali proprio allo scadere di tre orbite.
Andare oltre, per un cosmonauta umano sarebbe stato un azzardo. Ma il
glavnij konstruktor la pensava diversamente. Avvezzo ai rischi, riteneva che
il gioco valesse la candela, anche in considerazione del fatto che il distur
bo sperimentato dai quadrupedi era risultato passeggero e privo di conse
guenze. La discussione proseguì per un paio di giorni sulla spiaggia e alla
fine Korolev prese la sua decisione. La Vostok-2 sarebbe stata una missione
d'un giorno affidata al "superman" di riserva, German Titov. Indubbia
mente un uomo poco fortunato: gli sarebbe toccata la prova più difficile e
la ricompensa più bassa. Così va il mondo.
Di 18 mesi più giovane di Gagarin, German era nato a Verkh-Zhilino
nella regione del Grande Altaj. I suoi bisnonni s'erano trasferiti in quel
la landa remota, là dove la Siberia meridionale confina con la Mongolia,
attratti dal programma di distribuzione gratuita della terra, e lì i nonni
avevano contribuito alla costituzione della prima comune di contadini,
la Mattina di maggio. Suo padre Stepan aveva attinto il nome German
dal racconto di Puskin La donna di picche. Uomo di buona cultura, era
insegnante elementare a Polkonikovo, il villaggio nel quale il futuro co
smonauta crebbe con l'amore per la letteratura, per la musica e anche per
lo spore, in particolare la ginnastica. Un'infanzia tutto sommato borghese,
ben diversa da quella contadina di Gagarin. Secondo il mito, che sempre
circonda gli eroi, fin da ragazzo German mostrò eccezionali doti di tenacia
e coraggio, salvando i compagni persi in un'improvvisa tempesta di neve e
restando a guardia di un preziosissimo sacco di farina a costo di rimanere
assiderato. Nel 1953, a 18 anni, quando giunse l'ora di scegliere il percorso
della vita, sedotto dai racconti d'uno zio aviatore si iscrisse alla Scuola mi
litare dell'aria di Kustanaj, in Kazakistan.
AVANTI POPOLO
Sngcj Korokv (in lx1sso ,ti centro) c I suoi cosmon:1.Uti, in una foto del 1961 ca.Ju.rij Gagarin
(con b cravatta. a �inisrra ckl progcnisra capo) c Gcrman Tirov (secondo da de.sera in alto)
furono le prime due Maqu1k". Tucri d1 bassa sc:nura. come si vede dal confronto con Gagarin,
che LT:t alta �Ol;'!mtnre 157 t:m.
J\ff:lcciat0 :1.l Cremi mo, <;;ul/.1 P1:12z:1 Ro,s:1 di 1V1osca, Nikir:1 ChruSèCv (al centro) esibisce i
�uo1 gioit:111 '-p:i.d .1l1,Jun1 C.1g,1rin (:1 dc<::tD) e Gcrman Tirov (a sinistra). I due cosmonau
ti hanno da poLO rcg:tl:no ;:ili' Unione.' Sovkcica il prim:iro assoluto nelb conquista dello
spnio c1rcum[t:1-rnrn:, ,balorcft:ndo gl, :1.1nericani per b. seconda volta. dopo gli Sputnik
(agosto 1961).
la redazione delle sue memorie', una laurea in ingegneria spaziale, belle don
ne, alcool e automobili veloci, incarichi prestigiosi, un impiego al ministero
della Difesa e un seggio nella Camera bassa, la Duma, quando ormai falce
e martello erano caduti assieme al Muro di Berlino8• Sessantacinquenne,
!'"aquila" si accomiaterà dal mondo proprio al giro del millennio, nell'anno
2.000, ucciso dall'ossido di carbonio della sua sauna o forse da un infarto. Il
suo volo aveva dimostrato che lo spazio era alla portata dell'uomo.
L'impresa di Titov fu l'ultima goccia nel calice amaro dei primi mesi di
Kennedy alla Casa Bianca. Eppure, il giovane presidente aveva già avviato
contromisure adeguate a controbattere le mosse vincenti dei sovietici. Su
bito dopo il volo di Gagarin, aveva incaricato il suo vice Johnson di studiare
la questione e proporgli una soluzione. Il vigoroso senatore aveva intervi
stato il massimo esperto della questione, Wernher von Braun, che nel frat
tempo aveva fatto carriera: nel 1960 la NASA lo aveva nominato direttore
del Marshall Space Flight Center, sottraendo al controllo dei militari lui
e la sua squadra di specialisti venuti da Peenemunde, la "Huntsville gang".
Già da tempo von Braun aveva avviato lo studio di un nuovo lanciatore, un
autentico mulo per trasferire carichi pesanti sia in orbita terrestre sia nel
lo spazio profondo, battezzandolo Saturn per segnalare la continuità con
la sua precedente creatura, il razzo Jupiter (Giove). Aveva trascorso oltre
dieci anni della sua vita americana a convincere la gente della possibilità e
bellezza dei viaggi interplanetari, scrivendo libri e articoli di divulgazione,
accettando ogni tipo di intervista e partecipando a show televisivi. Abile
promotore di sé stesso, per aumentare la sezione d'urto con il pubblico si
era legato a famosi personaggi della scienza e dello spettacolo. Tutti ormai
lo conoscevano e lo apprezzavano, ma non la Casa Bianca, sempre preoc
cupata di mescolare il diavolo con l'acqua santa.
Accettando la direzione del Centro spaziale della NASA, l'ex nazista di
ventato ormai cittadino americano, fece la voce grossa, esigendo di passare
dai progetti alla produzione. Gli fu dato il via libera per la realizzazione e
il test del Sacurn. Von Braun sapeva come trasportare un astronauta ameri
cano sulla Luna. Ma era stato sprecato molto tempo e non era chiaro se ce
ne fosse ancora abbastanza per recuperare sui sovietici; di certo non se ne
poteva perdere altro. Per tentare di vincere occorrevano una forte volontà
politica, tanti soldi e un pizzico di fortuna. Questo disse aJohnson, il qua
le lo riferì a Kennedy.
La soluzione, continuò Johnson nel suo rapporto al presidente, poteva
essere cercata in un impegno massiccio del paese per un'impresa pacifica di
AVANTI POPOLO 147
conquista della Luna, oppure nella messa in orbita di una stazione spaziale
attorno alla Terra. La seconda ipotesi aveva però due controindicazioni
forti: 1. sembrava difficile disconoscerne un possibile utilizzo militare, con
tutte le ovvie conseguenze sui delicati equilibri internazionali in tempi di
Guerra fredda; 2.. essendo la soluzione tecnologicamente più semplice,
era anche quella di più pronta realizzazione, e questo facto costituiva un
handicap. Per rientrare degnamente in corsa, alla NASA serviva infatti un
po' di tempo, e la Luna appariva ancora un bersaglio sufficientemente lon
tano da raggiungere anche per gli ingegneri comunisti.
Nacque così nello Studio ovale, in una tiepida giornata di primavera, il
germe del progetco Apollo. Per renderlo concreto occorreva delineare una
strategia e affrontare il Congresso in modo da ottenere i finanziamenti ne
cessari all'impresa, cosa non semplice, perché si trattava di una retromar
cia rispetto alla posizione assunta in campagna elettorale contro i presunti
sperperi dell'amministrazione repubblicana di Eisenhower.
In verità, nel gennaio 1961 il presidente soldato aveva chiuso il suo se
condo mandaco con parole di grande saggezza, un vero e proprio monito
contro la crescente corsa agli armamenti e gli interessi industriai-militari a
essa legati, che conviene rileggere e meditare:
Un elemento virale nel mantenimento della pace sono le nosrre istituzioni milita
ri. Le nosrre armi devono essere poderose, pronre all'azione istantanea, in modo
che nessun potenziale aggressore possa essere renrato dal rischiare la propria di
struzione. La nosrra organizzazione milirare oggi ha poco a che fare con ciò che
conoscevano i miei predecessori in rempo di pace o, in efferri, i combattenti della
Seconda guerra mondiale o della Corea. Fino all'ulrimo conflitto mondiale, gli
Stari Uniti non avevano un'industria degli armamenti. I produttori americani di
vomeri potevano, con il tempo e la necessità, forgiare anche le spade. Ma non
possiamo più rischiare l'improvvisazione nell'emergenza della difesa naziona
le. Siamo sraci costretti a creare un'industria di armamenti permanenti di vaste
proporzioni. [ ... ] Ora quesro legame era un escablishment militare immenso e
un'industria delle armi di grandi dimensioni è nuovo nell'esperienza americana.
[ ...] Riconosciamo l'assoluta necessità di raie sviluppo. Tuttavia, non dobbiamo
mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. [ ... ] li potenziale per l'ascesa
disasrrosa di poteri malriposci esisre e persisterà[ ...]. Soltanto una cittadinanza at
tenta e informata può esercitare un giusto amalgama rra l'enorme macchina indu
striale e mili rare di difesa e i nosrri metodi e obierrivi pacifici, affinché la sicurezza
e la libertà possano prosperare insieme•.
Pochi mesi dopo, Kennedy, ancora debole per la figuraccia alla baia dei
Porci, si presentò il 2.5 maggio 1961 davanti al Congresso {a maggioranza
LUNA ROSSA
Se vogliamo vincere la battaglia che si sta svolgendo nel mondo era libertà e tiran
nia, gli straordinari successi spaziali che si sono verificati nelle ultime settimane
avrebbero dovuto rendere evidente a tutti noi, come è accaduto per lo Sputnik
nel 1957, l'impatto dell'avventura sulla mente degli uomini che ovunque sono alla
ricerca della via da prendere [... ]. Credo che disponiamo di tutte le risorse e le
capacità necessarie. Ma il dato di farro è che non abbiamo mai preso le decisioni
a livello nazionale, né schierato le risorse del paese richieste per raie ruolo guida.
Non abbiamo mai indicato gli obiettivi a lungo termine su un calendario delle ur
genze, né gestito le nostre risorse e il nostro tempo per assicurarne l'adempimento.
Pur riconoscendo il divario esistente con i sovietici grazie ai loro grandi motori a
razzo, che dà loro molti mesi di vantaggio, e pur riconoscendo che con ogni pro
babilità essi porranno sfruttare raie vanraggio ancora per qualche tempo per orte
nere dei successi ancor più notevoli, siamo rucravia chiamati a dei nuovi sforzi10•
Una premessa forte, senza scuse o infingimenti, per arrivare alla proposta
concreta:
Credo che questo paese debba impegnarsi a raggiungere, prima della fine di que
sto decennio, l'obiettivo di far sbarcare un uomo sulla Luna e di riportarlo sano
e salvo sulla Terra. In questo periodo nessun singolo progetto spaziale sarà più
impressionante per l'umanità, o più imporrante per l'esplorazione dello spazio a
largo raggio; e nessuno sarà così difficile e così costoso da realizzare".
Credo che dovremmo andare sulla Luna. Ma penso che ogni cittadino di questo
paese, nonché i membri del Congresso, dovrebbero considerare attentamente la
questione nel formulare il loro giudizio[... ] perché l'onere è grave, e non ha sen
so accettare o desiderare che gli Stati Uniti prendano una posizione di controllo
nello spazio esterno, a meno che non siamo pronti a fare il lavoro e sopporr.are il
peso per riuscirci[ ... ]. Nuovi obiettivi e nuovo denaro non possono risolvere tali
problemi, anzi, li potrebbero aggravare ulreriormente - a meno che ogni scienzia
to, ogni ingegnere, ogni mili rare, ogni tecnico, fornitore e funzionario pubblico si
impegni personalmente affinché questa nazione possa andare avanti, con tutta la
velocità della libertà, nel! 'entusiasmante avventura dello spazio".
Tutto ciò alla luce del sole, documentato dalla stampa e ribadito con pa
role ancora più forti l'anno successivo. Il 12. settembre 1962., a Houston in
Texas, Kennedy parlò a una folla raccolta nello stadio della Rice Univer
sity per celebrare l'avvio dei lavori del nuovo Manned Spacecrafr Center,
il centro di controllo delle missioni vicino alla baia di Galverston, oggi
intitolato al texano Lyndon B.Johnson,
Il guanto era stato lanciato. Per scoprirlo non occorreva il solito strisciante
lavoro di intelligence. Korolev aveva ricevuto il messaggio di sfida. Poteva
tentare di correre ai ripari, nella consapevolezza del divario di mezzi tra
sé e gli avversari. Da un lato il sistema America, con le sue enormi risorse
economiche, il robusto tessuto industriale privato e l'organizzazione me
ritocratica, basata sulla concorrenza (non importa se sleale, per chi crede
che il fine giustifichi i mezzi). Dall'altro il caos d'un paese ancora acerbo e
LUNA ROSS A
I pettegoli insinuavano che ci fosse del tenero tra lei e l'unico scapolo
della banda dei cosmonauti, Nikolaev, fatto confermato al momento dei
saluti prima del suo lancio, quando Andrijan l'aveva più volte abbracciata
e baciata. L'indiscrezione aveva valicato le mura del Cremlino raggiun
gendo l'orecchio di Chruscev, sempre attento a cogliere le buone occasio
ni per mettere in luce sé stesso e le conquiste del regime socialista. E infatti
si racconta che fu lui, con i buoni uffici di Kamanin, a spingere i due eroi
proletari, simbolo del riscatto socialista, a unirsi in matrimonio. Un'abile
manovra per risollevare con un evento in rosa di sicuro richiamo mediati
co un'immagine pubblica offuscata dal cedimento nel braccio di ferro con
Kennedy sulla faccenda dei missili cubani". Per gli scienziati, invece, cale
unione rappresentava un prezioso strumento, con cui verificare gli effetti
dello spazio sugli organismi umani, in particolare per quanto riguarda gli
apparati riproduttivi.
Così, in un bianco novembre del 1963, Valja e Andrijan convolarono
a nozze in pompa magna nel Palazzo dei matrimoni di Mosca. Seguì un
banchetto cui partecipò anche Chruscev. I due sposi ricevettero in dono
un bell'appartamento su una centralissima arteria della capitale e, quasi
in restituzione dei tanti favori ottenuti, l'anno successivo regalarono allo
Stato una bimba, Alenka, bellissima e sana, la cui crescita sarebbe stata
seguita dai medici per ragioni di studio. Lei stessa sarebbe poi diventata
un affermato clinico.
Dopo 17 anni di convivenza, i due si separarono. Andrijan era il classico
maschilista, tribale, più incline a regalare il suo tempo agli amici e alla vodka
che alla moglie. Nel 1982 Valentina si risposò con un medico militare, non
prima d'avere ottenuto il permesso del nuovo leader Leonid Breznev (quan
do si dice integralismo!), ma negò sempre che il precedente legame fosse sta
to motivato dalla sola ragione di Stato. La fedeltà all'ideologia e al PCUS le
aveva procurato la fama e nel 1966 le avrebbe assicurato addirittura un posto
nel Soviet supremo dell'URSS. Un ruolo di spicco per questa "lady di ferro",
conservato anche dopo il collasso dell'Unione Sovietica, tanto da essere stata
lei il portabandiera della Federazione russa alle Olimpiadi di Soci del 2014.
Quarantacinque giorni prima delle "cosmiche nozze", il 20 settembre
1963, davanti all'assemblea generale delle Nazioni Unite, Kennedy aveva
fatto ai sovietici e al mondo una straordinaria offerta:
In un settore nel quale gli Stati Unici e l'Unione Sovietica hanno una speciale
competenza - nel campo spaziale - esistono le condizioni per una nuova coopc-
AVANTI POPOLO
Abbiamo una lunga strada da percorrere. Molte settimane e mesi e anni di lungo
e duro e noioso lavoro davanti. Ci saranno passi indietro e frustrazioni e delu-
LUNA ROSSA
sioni. Ci saranno, come ci sono sempre, pression i nel paese per fare meno in
questo settore così come in molti altri, e tentazioni di fare quakos' altro di più
facile. Ma questa ricerca deve andare avanti. Questo sforzo in direzione dello
spazio deve andare avant i. La conquista dello spaz io deve andare avanti e andrà
avanti. Questo è ciò che sappiamo. Questo è ciò che possiamo d ire con fiducia e
convinzionc1s.
Luigi Pirandello
Il 13 ottobre 1964 a Baikonur faceva molto freddo. Nel bunker del cen
tro di controllo l'orologio mostrava l'una passata, ma nessuno avvertiva
la farne. L'ansia cresceva con il trascorrere dei minuti. L'ultimo segnale
dalla Voskhod-1 e dal suo equipaggio era giunto al passaggio della navicella
sul Caucaso, a riprova che l'ordine di discesa era stato correttamente rice
vuto. Tuttavia, né il pilota Vladirnir Kornarov, né l'ingegnere Konstantin
Feokcistov, né il medico Boris Yegorov avevano più dato alcun segno di
vita. Korolev sapeva bene di stare giocando a un'autentica roulette russa.
La nuova procedura di atterraggio non era stata provata a sufficienza. O la
va o la spacca!
Poteva succedere di tutto e, se le cose fossero andate male, i gerarchi
dell'aviazione militare e i colleghi con cui era in perenne conflitto avreb
bero avuto finalmente la carta vincente per liberarsi di lui e del!' OKB-1. La
tensione era alle stelle. Poi, giunse notizia che un pilota militare aveva av
vistato un oggetto dondolante in cielo, appeso a una coppia di paracaduti.
Poco dopo la conferma: la capsula giaceva accasciata al suolo in un luogo
sperduto della steppa, 300 km a nord della città di Kostanay, nel Kaza
kistan. Attorno, tre individui in abiti leggeri si sbracciavano per attirare
l'attenzione. Per il N. 20 ancora uno strike.
Nel centro di controllo grandi abbracci, rituali bevute e pronta comu
nicazione del successo a Mosca. Erano tutti in attesa della consueta pater
na telefonata del "caro leader", che però non arrivava. Nessun messaggio di
congratulazioni. Al contrario, per Korolev e Kamanin giunse perentorio
LUNA ROSSA
l'ordine di raggiungere la capitale, con l'ulteriore nota del rinvio della pa·
rata in Piazza Rossa. Per i tre cosmonauti, che erano già rientrati in volo
a Baikonur, la disposizione era invece di rimanere nella base fino a nuovo
comunicato.
Qualcosa doveva essere successo ai piani alti del Cremlino, sussurrava·
no voci sommesse. Ma certo non si aspettavano che a cadere fosse addi
rittura la testa coronata del compagno Chruscev, tagliata di netto da una
congiura di palazzo capitanata da Leonid Breznev (1906-1982.), presidente
del Soviet supremo, e da un pugno di cospiratori.
Chruscev, che si trovava in vacanza nella sua dacia di Pitsunda sul Mar
Nero in compagnia del fedele amico Anastas Mikojan', aveva ricevuto
una telefonata dal suo ufficio con cui gli si chiedeva di rientrare per una
riunione straordinaria del Presidium. Problemi urgenti di agricoltura, gli
era stato spiegato. Pur sospettando un tranello, era quindi volato a Mosca,
senza prendere particolari precauzioni. Fu un errore, perché appena ebbe
messo piede all'aeroporto di Vnukovo, venne subito preso in consegna dal
KGB, condotto al Cremlino e sottoposto a un vero e proprio processo da
parte di Breznev, del segretario del Comitato centrale Alcksandr Selepin
e del capo del KGB V ladimir Semicasmij. Ma nessuna violenza fisica. Ai
cospiratori interessava agire in modo che l'operazione non sembrasse un
colpo di Stato. Meglio non fare nulla che non fosse strettamente necessa·
rio, considerato che Chruscev non manifestava grande volontà di resistere.
Logorato dagli anni, il vecchio leone non aveva più la determinazione dei
tempi di Stalingrado o dell'esecuzione di Berija, di cui talvolta, quand'era
ubriaco, si vantava d'essere l'autore materiale. Si limitò a commentare con
Mikojan che, se in sella ci fosse stato Stalin, dei congiurati « non sarebbe
rimasta neppure l'ombra».
Stanco e forse spaventato, la mattina del 14 ottobre comunicò le sue
dimissioni volontarie « a causa del!' età avanzata e del!'aggravamento dello
stato di salute», scrisse poi la "Pravda"', accontentandosi d'una modesta
pensione - meno di quanto guadagnavano Gagarin e Titov dopo le loro
imprese - e del possesso delle sue abitazioni, l'appartamento a Mosca sul•
le Colline Lenin e la dacia. Breznev venne subito eletto primo segretario
e Alexej Kosygin (1904-1980) premier. Secondo lo stile sovietico, iniziò
immediatamente la "dechruscevizzazione", un'operazione capillare che ar·
rivò al punto di cancellare l'immagine del vecchio leader dalla fotografia
in cui stringeva la mano di Gagarin sul tradizionale sfondo del muro del
Cremlino.
IL CANTO DEL CIGNO
Trasferimento dcUa sonda Voskhod-1 dall'officina di assembla gg io alla piatra forma di lan
cio di Bai.konur. Alcune figure umane sottostanti il missile danno l'idea delle dimensioni
dd razzo R-7. li lancio sarebbe stato effettuato con grande successo il 12 onobre 1964.
sentava un bersaglio sin troppo facile per via del persistente anonimaco. Se
il Cremlino lo avesse abbandonaco ai suoi nemici, ben pochi si sarebbero
accorci della sua scomparsa e molri avrebbero potuto giovarsene.
Pur sul filo del rasoio, nel 1963 Korolev aveva avuro comunque l'auco·
rizzazione a realizzare alrre quattro Vosrok. Che farne, se il programma
andava chiuso? Nel!' imptZJse del momenco, venne in soccorso la notizia,
nient'affatto segreta, che gli americani avevano avviato un progetto bat·
tezzato "Gemini" perché contemplava il lancio di navette spaziali con due
astronauti a bordo, in luogo del solito navigarore soli cario.
«Dobbiamo farlo prima noi!», aveva ruonaro Chrusccv, ormai droga·
to dai successi della sua scuderia spaziale. Ma poiché mancava il tempo per
inventare qualcosa di genuinamente nuovo con cui vincere anche questa
sfida, Korolev pensò di modificare le Vostok che aveva in officina adacran·
dole a minibus per ben ere passeggeri, uno in più della capsula Gemini. Il
fatto che non fosse un progetto autonomo, bensì un taroccamento, andava
accuratamente nascosto agli americani per non far trapelare il momento
di difficolrà tecnica e politica. Venne perciò deciso di aggiornare il nome
della navicella da Vostok ("Oriente") a Voskhod ("Alba"), mantenendo più
o meno lo stesso suono e il medesimo significato, visco che l'alba compare
a oriente.
IL CANTO DEL CIGNO
la privativa sulla scelta dei cosmonauti che, a suo avviso, dovevano venire
comunque dai quadri delle forze armate.
Alla fine, dopo estenuanti discussioni, alcuni colpi bassi e un inutile
ricorso alla mediazione di Chruscev, venne composto un terzetto che pa
reva vincente. Tre giorni prima della data proposta per il lancio, due dei
componenti furono però sostituiti, uno perché - si scoprì - era fratello di
espatriati in Francia e figlio di un "nemico del popolo" giustiziato durante
la Grande purga, e un altro - ma il motivo non è certo - perché ebreo. Era
no rigurgiti di stalinismo, destinati a rinverdire presto anche al Cremlino.
La nuova terna era comandata da V ladimir Komarov (192.7-1967),
nome in codice rubin ("rubino"), un ingegnere-pilota di grande espe
rienza e competenza. Moscovita trentasettenne, aveva avuto un'infanzia
difficilissima anche a causa della guerra che fra l'altro gli aveva portato
via il padre, morto in azione in circostanze sconosciute. Stimatissimo dai
colleghi, che l'avevano soprannominato "il professore" per la sua scienza
e la sua saggezza, era amico fraterno di Gagarin. Non aveva ancora volato,
nonostante fosse tra i più qualificati candidati della prima ora, perché il
progettista capo aveva posto un tassativo limite d'età ai suoi piloti. Adesso,
con una missione a più mani, questo requisito saltava.
Dei due passeggeri "laici", l'ingegnere Konstantin Feoktistov (192.6-
2.009) lavorava nell'oKB-1 di Michail Tichonravov e aveva collaborato
alla realizzazione degli Sputnik e delle Vostok. Sarebbe stato il primo e
l'unico progettista a volare con una propria creatura . Ma non possedeva il
physique du role e nemmeno la tessera del Partito, cui non aveva mai voluto
'.1derire per ripulsa allo stalinismo.
Boris Yegorov (1937-1994), medico ventisettenne, proveniva invece da
una famiglia di illustri clinici moscoviti ammanigliati con il Cremlino. Si
mormorava che il suo posto sulla Voskhod fosse uscito dal cilindro a segui
to di una segnalazione diretta dal Palazzo. Che pensare? Forse, anche per
volare nello spazio occorrono le raccomandazioni!
I nuovi arrivati ricevettero entrambi una formazione sommaria: appe
na quattro mesi di allenamenti e giusto un'infarinatura di astronautica. Il
treno doveva partire e non si poteva farlo aspettare, nonostante le gravi
incertezze tecniche e una certa atmosfera di abbandono. Korolev, afflitto
dal pensiero della moglie Nina ricoverata all'ospedale del Cremlino per
una difficile operazione, appariva insolitamente distratto, così come una
parte del personale, che sembrava più che altro preoccuparsi dell'immi
nente visita a Baikonur del premier Chruscev, il 2.4 settembre.
IL CANTO DEL CIGNO
Venne infine I' 11 ottobre. Dopo reiterati rinvii per lasciare spazio sulla
rampa agli Zenit, che avevano priorità militare, e per riparare ogni sorta di
difetti e di guasti prodotti dalle novità e dalla fretta, il N. :2.0 sentenziò che
«il razzo poteva essere rifornito e lanciato». li decollo avvenne la mattina
alle ro,30, ora di Mosca, in un'atmosfera ammorbata dal timore che qual
cosa potesse andare storto. Senza tuta e privati della via di fuga, in caso
di incidente i cosmonauti non avrebbero avuto scampo alcuno nei primi
cruciali 45 secondi di volo.
Fortunatamente, invece, tutto filò liscio e in appena 9 minuti la Voskhod
raggiunse l'orbita, collocata tra 180 e 400 km di quota. Feokristov scoprì
presto che il breve allenamento non era bastato a prepararlo ai fastidiosi
effetti dell'assenza di gravità. Tuttavia si mise subito al lavoro, insieme ai
colleghi, per svolgere le attività programmate: per lo più ricerche biome
diche, test sui liquidi e prove di coordinamento delle attività multidisci
plinari.
Trascorsa un 'ora e un quarto, l'agenzia statunitense United Press lnter
narional batté la notizia, ripresa poco dopo dalla radio di Mosca: «Au
torevoli fonti non ufficiali sostengono che oggi l'Unione Sovietica abbia
lanciato la prima nave spaziale al mondo con tre uomini a bordo»7• I co
smonauti fecero di tutto per farsi notare: raccontarono del meraviglioso
spettacolo di un'aurora boreale e, sorvolando il Giappone dove si svolge
vano i XVIII Giochi olimpici, mandarono il loro ecumenico saluto a rutti
gli atleti in gara.
Dalla sua dacia in Crimea, Chruscev li chiamò per la consueta telefona
ta benaugurale. «Anastas Mikojan è in piedi accanto a me ed è desideroso
di levarmi di mano il ricevitore del telefono», scherzò il leader. Ancora
ignorava che a Mosca già si preparavano a strappargli anche il trono.
L'atterraggio andò abbastanza bene. La navicella toccò il suolo con no
tevole velocità, poi rotolò per diversi metri scavando un solco sul terreno
e si fermò con i passeggeri a resta in giù, ma incolumi. La missione era
durata 2.4 ore e 17 minuti, per un totale di 16 orbite complete, equivalenti
a 700.000 km, tanto quanto il raggio del Sole. Il mondo ancora una volta
plaudiva.
Sia pure con cinque giorni di ritardo, i nuovi padroni del Cremlino
resero onore ai tre eroi nella Piazza Rossa con la consueta liturgia. Com
mentando l'impresa, James E. Webb (1906-1992.), amministratore della
NASA dal 1961 al 1968, la definì un significativo successo e «una chiara
indicazione che i russi stanno continuando un ampio programma spaziale
LUNA ROSSA
tenuta da esterno. Non rimaneva che rinunciare a uno dei tre passeggeri. Bi
sognava soltanto scegliere colui che avrebbe affrontato la terribile prova di
trovarsi da solo a gaUeggiare nel vuoto celeste, senza la rassicurante presen
za delle pareti ddla navicella. Ovviamente serviva un professionista con i
nervi d'acciaio. Nemmeno il "liberista" Korolev se la sentiva di obiettare su
questo punto. Considerando le defezioni per motivi diversi, dei 2.0 cosmo
nauti della prima ora ne restavano 7 in attesa di un'occasione per volare.
Da questo ventaglio furono estratte due coppie da addestrare rispettiva
mente per il ruolo di comandante e di "podista celeste". Due in modo da ave
re, come al solito, un equipaggio di riserva per un eventuale piano B. Dopo
un intenso programma di alienamenti ed estenuanti consultazioni tra i vari
attori d'una commedia che ormai cominciava ad avere troppi comprimari,
aU'inizio di febbraio 1965 venne decretato che il comando deUa Voskhod-2.
sarebbe toccato a Pavel lvanovic Beljaev (192.5-1970 ), mentre l'attività extra
veicolare sarebbe stata affidata ad Aleksej Archipovic Leonov (1934-).
La missione venne fatta precedere dal solito lancio a vuoto. Una proce
dura necessaria anche questa volta a verificare il funzionamento dei nuovi
apparati sviluppati nell'arco di soli nove mesi, e comunque non troppo
dispendiosa visto che ormai Korolev disponeva di più Voskhod di quante
avrebbe mai potuto lanciarne in futuro. La corretta apertura della camera
di compensazione, battezzata "Volga", venne documentata da una teleca
mera. Con un sospiro di sollievo, il progettista capo decretò che si poteva
dare corso alla missione.
Una a una le varie commissioni preposte a monitorare l'impresa diede
ro la loro autorizzazione al lancio e così, il 18 marzo 1965 alle 10 del mat
tino, ora di Mosca, la sonda prese il via dalla consueta rampa di Baikonur,
collocandosi in un'orbita tra i 170 e i 480 km di quota. Dopo neppure un
giro attorno al pianeta, iniziarono le operazioni per l'attività extraveico
lare. Con l'aiuto del compagno, Leonov indossò la tuta spaziale, che era
un'evoluzione di quella usata dai passeggeri delle Vostok, con uno zaino
di metallo bianco per la scorta dell'ossigeno. Doveva bastargli per un mas
simo di tre quarti d'ora. Anidride carbonica, calore e umidità del corpo
sarebbero stati trasferiti ali 'esterno attraverso una valvola di sfogo.
Poi il comandante Beljaev dispose la fuoriuscita del tunnel Volga che si
gonfiò nel!' arco di 7 minuti, creando una struttura rigida alle cui estremità
si trovavano due Range metalliche con le relative chiusure. Leonov entrò
nel tunnel, serrò il boccaporto dietro di sé, depressurizzò il cunicolo, aprì
l'accesso allo spazio e si infilò nel vuoto. A Mosca erano le 10,30. Unico
172. LUNA ROSSA
Sono sgusciato fuori con precauzione e con una spinta mi sono allontanato dalla
nave.[... ] Nero inchiostro, sedie dappertutto e il Sole così brillante che a malape
na riuscivo a sopportarlo.[ ...] Ho filmato la Terra, perfettamente rotonda, il Cau
caso, la Crimea, il Volga. Era stupendo[...]. Niente a che vedere con il coraggio.
Sapevo che andava facto e basca•.
Alcksej Leonov fu d primo uomo al mondo a eseguire, il 18 mano 1965, un 'attività cxtra
vdcolare durante b. missione Voskhod-2. comand:ua da Pavel Bcljaev.
lato dai cosmonauti. Mentre la maggior parte dei progettisti del bureau di
Korolev era impegnata a realizzare i primi voli orbitali di creature viventi,
un gruppetto di sognatori - tra cui lo stesso glavnij konstruktor - si eserci
tava a immaginare, alla maniera di Ciolkovskij, un volo di tre uomini fino a
Marce per effettuare un passaggio ravvicinato attorno al pianeta e poi fare
ritorno sulla Terra. Un viaggio della durata di tre anni a bordo di una gran
de sonda interplanetaria lanciata da un colossale razzo alto 12.0 m e largo 2.0
alla base. La nave celeste avrebbe dovuto avere un ampio spazio abitabile
doppiamente schermato per proteggere i passeggeri dalle radiazioni cosmi
che (per quel che allora si comprendeva del problema) e reso confortevo
le da una gravità artificiale". li progetto di massima, firmato da Korolev e
autorevolmente condiviso dal fisico e matematico estone Mstislav Keldys
(1911-1978), presidente dell'Accademia delle Scienze, venne sottoposto a
Chruscev che non ne fece nulla.
Korolev non si diede per vinto. Nonostante un impegno a tempo pieno
per lo sviluppo delle Vostok, il 12. aprile 1960, giusto un anno prima del
volo di Gagarin, tornò a battere cassa per un progetto ancora più ambi
zioso. Uno sbarco sia su Marte che su Venere, da eseguirsi con una forma
zione di tre o quattro navi spaziali, ciascuna del peso complessivo di 40-50
tonnellate. Più che l'ingegneria del vettore e delle sonde, il documento
illustrava la strategia del lancio e quella del rientro, basate su una prima
sosta in orbita terrestre bassa, un hub per assemblare i pezzi della nave
spaziale spediti con più lanci e, in fase di ritorno, sul recupero di risorse
ivi parcheggiate. Venivano proposte anche soluzioni di motori a energia
nucleare e veicoli per la movimentazione degli astronauti sulla superficie
del Pianeta rosso. Veri e propri treni di piattaforme con diverse funzioni,
dalle attività minerarie agli alloggiamenti per i cosmonauti, alla produzio
ne dell'energia necessaria alla minicolonia.
Sfortunatamente, le missioni esplorative senza equipaggio inviate a
Marte nel 1962. fallirono tutte quante per motivi diversi, con grave dan
no economico e di immagine: tre voli delle sonde Mars spinte dal vettore
Molnija, di cui una sola riuscì a lasciare la Terra per perdersi poi nel nulla
del Sistema solare. Un pessimo viatico per un progetto che cominciava a
fare gola a molti, in un comparto spaziale dove ormai confusione e im
provvisazione regnavano sovrane.
Ai troppi leader e a un numero esorbitante di programmi ambiziosi,
condotti senza adeguato coordinamento e senza economie di scala, face
vano pendant l'assenza di una strategia unica e chiara, una pervicace voca-
LUNA ROSSA
rinunciò all'idea e lui non finì in un gulag in Siberia. Ma per quale ragione
prese questa posizione? Presumibilmente si rendeva conto che i suoi razzi,
così simili alle vx, avrebbero inferto ben pochi danni al nemico. Infatti, finì
quasi in galera quando i suoi missili uscirono perdenti nel confronto col
progetto di Korolev, che invece replicava le efficaci vz. Il suo bureau ven
ne riassegnato ad Anem Mikojan (1905-1970). progettista capo dei celebri
caccia MIG, il quale stava giocando anche il jolly di aver dato un impiego a
un figlio di Berija, capo della sicurezza di Stalin. V ladimir dovette accon
tentarsi di un incarico di docente all'Alta scuola tecnica di Mosca.
Di lì a poco il dittatore morì e Malenkov, che aveva preso in mano le re
dini del paese, si ricordò del giovane e brillante ingegnere e lo mise a capo
di un Gruppo speciale di progettazione, l'sKG-10, con base a Tusino pres
so Mosca. Qui éelomej sviluppò un missile con grandi ali particolarmente
adatto all'impiego nei sottomarini. Nel 1955, l'SKG-10 venne nuovamente
ristrutturato nella NPO Mashinostroyeniya OKB-52, un bureau per la pro
gettazione missilistica associato a un grande complesso industriale situato
a Reurov, cittadina alla periferia est di Mosca. Alter ego e acerrimo rivale
dell'oKB-1 di Korolev, éelomej dovette comunque misurarsi nuovamen
te con altri giganti dell'aerospazio sovietico, Mikojan e Iljusin, ma il suo
progetto di missile subacqueo questa volta la spuntò. Poi cambiò temati
ca e si diede ai vettori balistici intercontinentali, sia per scopi militari sia
come lanciatori di sonde spaziali. Volle anche giocare d'anticipo e assicu
rarsi un paracadute politico dando a sua volta un posto di lavoro a Sergej
Chruscev, figlio del premier in sella in quel momento. Intendeva entrare in
competizione con Korolev e ci riuscì.
Tuttavia, il progettista capo era un osso duro. Già nel 1962, più per rea
zione all'invadenza di éelomej che per un interesse concreto, aveva avanza
to una proposta nuova e molto articolata di un lanciatore multiuso deno
minato NI. Diventerà l'unica sinfonia incompiuta di questo straordinario
compositore di melodie spaziali. L'NI avrebbe dovuto servire per cinque tipi
di missioni lunari: un semplice sorvolo (LI); l'allunaggio di un veicolo semo
vente senza equipaggio (u); lo sbarco umano sul suolo del satellite (q); l'as
semblaggio di un'avveniristica stazione spaziale che non superò mai la fase
puramente concettuale (L4) e l'invio di un rover pilotato da un cosmonauta
(L5). Per lo più cappelli sulla sedia. Non c'erano né il tempo né le risorse
economiche e neppure il contesto industriale per realizzare tutto ciò.
Con la caduta di Chruscev ricominciarono i problemi, soprattutto per
ché l'ostilità aperta di Ustinov nei confronti di èelomej spianava la strada
IL CANTO DEL CIGNO 181
Gli americani hanno unificato le loro forze in un solo colpo e non fanno mistero
dei loro piani di dominare lo spazio. Noi invece manteniamo i nostri piani segreti
anche a noi stessi. Nessuno ha stabilito i nostri piani spaziali futuri - l'opinione
dell'OKB-1 differisce da quella del ministro della Difesa, che differisce da quella
del NIIYVS [ Istituto di ricerca scientifica dell'aeronautica], che differisce da quella
del VPK [ Commissione militare-industriale]. Alcuni vogliono che costruiamo più
Vostok, altri Voskhod, mentre ali' interno di questo ufficio la nostra priorità è an
dare avanti con la Sojuz. L'unica preoccupazione di Breznev è di lanciare qualcosa
presto, per dimostrare che le faccende spaziali vanno meglio sotto il suo governo
rispetto a quello di Chruséev' 1 •
Tuttavia, l'immortale Celomej restò in gioco con un accordo che non ac
contentava nessuno'6: il lanciatore per l'orbita bassa di parcheggio sarebbe
LUNA ROSSA
stato il suo Proton, potenziato con un quarto stadio per il viaggio sulla Luna
preso in prestito dall'N1 in studio ali' OKB-1. Il 31 dicembre, due settimane
prima della scomparsa di Korolev, i due progettisti firmarono l'armistizio,
cui però non si conformò Glucko, per rancore verso l'antico amico Sergej,
preferendo dedicarsi ad altro. Segno di una mortifera anarchia.
Il patto contemplava il lancio di 11 missioni di sorvolo della Luna, le LI di
Korolev, di cui le prime sette senza equipaggio per collaudare i diversi sotto
sistemi. Tale scelta implicava la strategia di automatismo rotale sponsorizza
to dalglavnij konstruktor, che riteneva di non poterne fare a meno. Sebbene
avesse le sue ragioni, lasciare il completo controllo ai computer di bordo e al
centro di coordinamento del volo a terra presentava alcune forti controindi
cazioni perché complicava l'hardware e mortificava gli equipaggi.
In ogni modo, dall'accordo nacque una miniastronave performante e
longeva, ancora oggi in servizio "permanente effettivo". Lunga 7 m e larga
quasi 3, con un volume abitabile di 10 m' e un peso di 6,8 tonnellate al lancio,
che al momento della discesa diventavano meno della metà, la Sojuz consi
steva di tre elementi connessi era loro. Sul retro un modulo di servizio con i
retrorazzi, i motori di assetto, la riserva di carburante, le antenne di comu
nicazione e gli agganci dei pannelli solari. Al centro un modulo di rientro a
forma di ghianda, destinato a proteggere i cosmonauti nelle fasi di lancio e
di rientro, con il periscopio, l'oblò e il comparto per i paracadute. Infine, sul
davanti un modulo orbitale con la funzione di Living room durante il volo.
Simile a una grossa palla, era equipaggiato con il meccanismo d'aggancio per
le operazioni d'attracco a un'altra unità, il portello per la passeggiata spazia
le, la cambusa con le leccornie in tubetto, le apparecchiature per il monito
raggio e il controllo del volo, e le attrezzature per gli esperimenti scientifici.
Il primo test senza uomini a bordo ebbe luogo nel novembre 1966, a
quasi un anno dalla morte di Korolev. Una Sojuz doveva collocarsi in orbi
ta e attendere un'altra navetta per un tentativo di attracco automatico. Ma,
dopo il lancio della prima sonda, questa perse il controllo d'assetto, av
viandosi a un rientro naturale. Quando si capì che sarebbe caduta sul suolo
cinese, creando un caso di invasione di campo e soprattutto consegnando
a una nazione non più amica un autentico patrimonio di tecnologie, ven
ne fatta esplodere in volo. Un insuccesso, per mascherare il quale si usò la
solita tecnica di chiamare la missione Cosmos (n. 133 per la cronaca), così
da eliminare il riferimento ai mancati obiettivi.
La successiva prova, il mese seguente, andò anche peggio. Come qual
che volta fanno i cavalli di fronte a un ostacolo, il missile rifiutò di avviarsi
IL CANTO DEL CIGNO
cielo in direzione delle prime ombre del tramonto. Dopo 8 minuti, il "ru
bino" si trovava in orbita a provare una macchina molto sofisticata, la più
complessa mai lanciata nel cielo e per il momento la meno sicura. Giù,
nel centro di controllo a Baikonur, non c'era a guidarlo il N. 2.0 con la sua
magica mano. I guai cominciarono subito. Uno dei pannelli solari rifiutò
di aprirsi, con il che la potenza elettrica si dimezzò. Poi si manifestarono
ulteriori problemi nell'assetto, nel controllo termico e nelle comunica
zioni con la base. A Baikonur stavano meditando di riparare il pannello
difettoso utilizzando i cosmonauti della Sojuz 2. in modalità extraveicolare
- sarebbe stato un plus straordinario per la missione, una prima volta per
degli operai in assenza di gravità- quando una terribile tempesta d'acqua
e di vento si abbatté sulla base.
Pareva un'ottima ragione per rinunciare al secondo lancio e riportare
subito a casa il cosmonauta in volo, visto anche che le batterie, prive di
alimentazione. stavano per esaurirsi. In considerazione di ciò che stava per
succedere, viene quasi da pensare che Giove pluvio avesse deciso di salvare
la pelle a Bykovskij e compagni. La morte giocò invece con Komarov come
fa il gatto col topo, con una serie di zampate tutte abilmente schivate dal
cosmonauta, salvo l'ultima.
Il dramma ebbe inizio quando dal centro di controllo del volo venne
lanciato il comando di rientro al sistema automatico, che si rifiutò di fun
zionare. Memore dei precedenti di Beljaev e Leonov, Komarov fece scorre
re un'altra orbita prima di passare al controllo manuale, che tra l'altro non
aveva avuto modo di praticare in precedenza. Niente di tragico sin qui. Se
c'era qualcuno in grado di domare la Sojuz, questi era proprio lui.
La procedura di discesa prevedeva che la navicella venisse fatta ruotare
in modo da posizionare i retrorazzi nella direzione del movimento, per
frenare la corsa e poter lasciare l'orbita. Sebbene il controllo di assetto fun
zionasse male, il cosmonauta, che aveva già cavalcato molti rori scatenati,
non si perse d'animo e si rimboccò le maniche. Ottenuto a fatica l'allinea
mento desiderato, avviò i motori, che però si spensero prima del previsto.
Niente panico! Era già successo in precedenza. Avrebbe significato una
traiettoria di discesa più lunga e un atterraggio fuori bersaglio, quasi come
da copione. Il tuffo verso Terra, però, cominciò male perché, con un pan
nello solare monco, la navicella risultava sbilanciata e ali' ingresso in atmo
sfera prese a piroettare su sé stessa. Non avendo la possibilità di manovra
re, Komarov non riusciva ad addomesticarla. La Sojuz scendeva come una
trottola. Nulla di irreparabile sin qui. Ma, raggiunti gli strati più densi, il
186 LUNA ROSSA
Ora è tempo di fare passi più lunghi - tempo per una gran
de nuova impresa americana -, tempo per questa nazione di
assumere un ruolo chiaramente da protagonista nella con
quista dello spazio che, sotto molti aspetti, potrebbe rappre
sentare la chiave del nostro futuro sulla Terra.
John F. Kennedy
Nei! Armscrong
capsula ben sigillata per timore che potesse affondare, soffrendo persino il
mal di mare. Il colmo per chi aveva sopportato formidabili accelerazioni
e galleggiato in assenza di peso! Poi vennero recuperati e messi in salvo.
Complessivamente fu un successo. Ora si poteva fare uno scatto in avanti
e tentare di mettersi alle costole dei sovietici in fuga.
La vera rimonta avvenne con l'entrata in orbita della Gemini 4, lancia
ta da Cape Kennedy il 3 giugno 1965 con a bordo James McDivitt (192.9-)
e Edward White (1930-1967 ), entrambi novizi, per un raid di 62. giri della
Terra da farsi in quattro giorni. Nettamente meglio di Phileas Fogg e del
suo servo Passepartout che un secolo prima ne avevano impiegati ottanta
per fare un solo giro.
Oltre a vari esperimenti scientifici e alcune verifiche tecnologiche, la
missione contemplava due novità: un tentativo di rendezvous con il secon
do stadio del vettore Titan II e una passeggiata spaziale, resa però meno
esaltante dall"exploit di Leonov di due mesi prima. «Solo là fuori puoi
sentire la grandezza - l'enorme dimensione di tutto ciò che ci circonda»,
aveva detto il russo'0• Anche White avrebbe provato questa sensazione ine
briante, ma in seconda battuta, e questo ritardo in una gara ti toglie l'appe
tito. « Signore, dài forza al mio nemico e fallo vivere a lungo, affinché possa
assistere al mio trionfo», sosteneva con ragione Napoleone Bonaparte.
L'avvicinamento della Gemini al mozzicone di Titan fallì per il rapido
esaurimento del propellente a disposizione per la manovra. L'EVA venne
invece effettuata per una durata complessiva di 2.3 minuti, il doppio del
tempo in cui Leonov era stato a galleggiare nel nulla, e senza nemmeno
il bisogno di mantenere l'abitacolo in pressione per garantire il raffred
damento dell'elettronica. Un passo avanti verso la semplificazione delle
procedure, con l'eliminazione della camera di compensazione. White di
mostrò un grande adattamento al vuoto, aiutandosi nei suoi spostamenti
con una pistola ad aria compressa che però si scaricò quasi subito. Una
specie di minirazzo molto rischioso da gestire perché al più piccolo erro
re avrebbe potLJCo sparare l'astronaLJCa lontano nello spazio, rendendone
problematico il rientro se non fosse stato per un cordone ombelicale di
8 metri che lo ancorava alla navicella. Una precauzione apparentemente
ovvia che tuccavia generò qualche fastidio.
In assenza di gravità, infacci, la lunga fune sembrava animata di vita
propria e si aggrovigliava a ogni possibile appiglio, intralciando non poco
il camminatore spaziale. «Il momento (in cui mi hanno ordinato di rien
trare) è stato il più triste della mia vita», affermò poi White. Una spacco-
194 LUNA ROSSA
Li l giugno 196s, Edward White, pilota della Gemini 4, sperimentò la passeggiata spaziale
intrapresa per la prima volta in assoluto dal sovietico Lconov due mc.:si e mezzo prim:i.
mostrando con questo gesto che b rincorsa era finita e chi.: gli USA si scavano preparando
al sorpasso.
direttamente tra due navicelle. L'idea piacque così tanto che fu lo stesso
presidente Johnson a darne notizia alla nazione durante una trasmissione
televisiva. Un azzardo, perché una volta detto bisognava farlo. James Webb
aveva deciso di metterci la faccia e anche, eventualmente, il collo. Si tratta
va di invadere il campo dei sovietici che da tempo accarezzavano l' idea di
fabbricare una stazione spaziale in orbita terrestre bassa assemblando, alla
maniera dei bambini col Lego, moduli porcari via via nello spazio da una
processione di missioni.
Con questo intento venne lanciata prima Gemini 7, il 4 dicembre 1965,
perché l'equipaggio sarebbe dovuro rimanere in volo per ben 14 giorni,
record di durata destinato a restare imbattuto sino al volo della Sojuz 9
nel 1970". I due astronauti, Frank Barman ( 192.8-) e James Lovell ( 192.8-),
dovevano dimostrare di potere resistere a lungo in assenza di peso speri
mentando cuce leggere, inadatte però alla sopravvivenza in caso di depres
surizzazione rapida. Assunsero il ritmo lavorativo delle giornate terrestri,
conducendo esperimenti scientifici e medici: il programma dei turni al
ternaci di riposo era infatti miseramente naufragato di fronte alla consta
tazione dell'impossibilità di un minimo di privacy per il sonno. In attesa
della Gemini 6, utilizzarono il loro tempo per saggiare il rcndczvous con
il secondo stadio del Titan 11, che però oscillava pericolosamente, ragione
per cui non gli si avvicinarono più di 15 metri.
Il 15 dicembre 1965, Gemini 6 prese il volo con Walter Schirra e Thomas
Stalford. C'era grande preoccupazione per la gestione da terra di due missio
ni in simulcanea. Invece andò tutto per il meglio. Le due navicelle colmaro
no la distanza inziale di 1.900 km (più di quella era Roma e Londra) in poco
più di cinque ore e si avvicinarono sino quasi a toccarsi, muovendosi con una
velocità relativa di soli 3 cm al secondo (100 m l'ora, come in certi ingorghi a
Ferragosto in autostrada). Non era una novità. Le Vostok lo facevano già da
tre anni, ma in modalità automatica, attraverso precisi calcoli delle traietto
rie di lancio. Per incontrarsi, le due navicelle americane sfruttavano invece la
loro agilità di movimento e la capacità dei pilori nel guidarle.
In effetti, ad agire fu soprattutto Gemini 6, perché la sua breve missione
le consentiva maggiore libertà nell'utilizzo del propellente. Si dice che, nel
momento di massima vicinanza, il pilota di Gemini 7 abbia chiesto ai com
pagni dell'altra navicella: «Come è la vista?», e che Schirra abbia rispo
sto: «Pessima. Infatti, se guardo dalla finestra posso vedere i vostri brutti
musi». L'americano medio andava in delirio per questo genere di battute.
Le due navette restarono per un po' a 110 metri di distanza, giocherel
lando a mosca cieca. Poi, dopo cinque ore di tira e molla, si allontanarono
TAKE ME TO THE MOON 197
Nato in una famiglia benestante a Poltava, allora città dell · impero russo
nel Sud-Est dell'Ucraina, il suo vero nome era Oleksandr Ignat'evic Shargei.
Il padre aveva studiato fisica all'università. La madre, insegnante di france
se e attivista dei diritti civili, discendeva da un ceppo di militari di fama.
Giudicata pazza, era stata rinchiusa in manicomio quando Oleksandr era
ancora bambino, cosicché lui era staro cresciuro dai nonni paterni. Mentre
frequentava il Grande politecnico di Pietrogrado, lo zar dichiarò guerra al
Kaiser, e il giovane venne arruolato per combattere i tedeschi e spedito nel
Caucaso settentrionale a comandare un plorone di mitragliatrici. Lì trovò
il tempo per riempire di riflessioni e calcoli sui voli spaziali alcuni quaderni
cominciati quand'era diciassettenne. Un altro Ciolkovskij con un destino
persino più singolare del genio di Kaluga. I concetti anticipati nei quaderni
riguardavano delle protocelle a combustibile alimentate dal calore solare,
un razzo multistadio per andare sulla Luna utilizzando un parcheggio in
orbita attorno al satellite, una tuta spaziale, il controllo d'assetto dei razzi
mediante un giroscopio e la sua celebre fionda gravitazionale per guadagna
re spinta dal!' incontro « ben temperato» con un corpo celeste''.
Alia firma dell'armistizio con le Aquile nere tentò di tornare a casa.
Venne invece forzosamente arruolato dai Bianchi del generale Kornilov.
Disertò e fuggì a Poltava, ma il suo nome era ormai nelle liste di proscri
zione degli ufficiali zaristi e dei disertori. Per salvarsi la pelle decise allora
di cambiare la propria identità con quella di un morto e di lasciare i luoghi
dove poteva essere riconosciuro. Con il nuovo nome di Jurij Kondratyuk
si stabilì a Novosibirsk, in Siberia. Qui radunò i suoi appunti in un libretto
pubblicaro nel 192.s con il tirolo La conquista dello spazio inte,planetario.
1n seguito, accusato di sabotaggio per aver costruiro un ingegneristico si
los granario privo di chiodi metallici {un'innovazione giudicata come una
congiura per indebolire la struttura), fu condannaro a tre anni di gulag, ma
venne presro trasferito in una farafka per sfruttare la sua creatività e avvia
to a studiare fonti alternative per l'approvvigionamenro energetico delle
campagne. Qui fu notato dal commissario per l'Industria pesante, liberato
e spediro a Charkiv, a sud-est di Poltava. Passando da Mosca, Jurij incon
trò il giovane Korolev che tentò invano di coinvolgerlo nei suoi progetti
spaziali. Chissà che cosa sarebbe successo se ci fosse riuscito. Kondratyuk
trascorse il resto della sua breve vita occupandosi di centrali coliche. Allo
scoppio della Seconda guerra mondiale venne arruolaro in fanteria e morì
in circostanze sconosciute il 2.5 febbraio 1942. nel villaggio di Krivtsov,
oblast di Orci, 2.7 anni prima che le sue elucubrazioni spaziali diventassero
TAKE ME TO THE MOON 2.os
Wernher von Braun posa davanti ai motori del bnc1:1tore S:uurn v che ponn:Ì sulb L11n:1
la navicella Apollo 11 della NASA. consentendo :1 Ncil Armqrong c :1 Buzz A Idrin di pos:in:
per primi il piede sulla superficie del s:ircllitc. Si rr:itr:1 di un vcro vt.:icolo e�posro pre�so lo
US Space Rocker Ccntcr di Humsvillc, in Alabama. Progcrtato e sviluppato dalla compa
gnia Rockerdyne sono la direzione dello Stesso von Braun (1969 ca.).
all'avvio del giorno lunare (di 2.9 giorni terresti), per consentire al pilota
del LEM di sfruttare le ombre lunghe nella scelta del sito adatto. Era es
senziale che il modulo lunare cadesse in piedi, pena l'impossibilità della
ripartenza, con conseguente perdita dell'equipaggio.
Le II missioni umane sull'Apollo mandate nello spazio dall'ottobre
1968 al dicembre 1972. ebbero tutte analogo svolgimento. Come di prassi,
il via alla missione era dato alla fine del conto alla rovescia. Al comando di
"ignition sequence start" venivano accesi i cinque motori del primo stadio
del Saturn V. Servivano IO secondi perché raggiungessero una spinta pari
al peso; a quel punto il razzo, con la navicella Apollo in cima, poteva so
stenersi e decollare. Poi si facevano saltare i bulloni esplosivi che la ancora
vano al castello di lancio e l'incredibile torre bianca spiccava il volo, divo
rando 15 tonnellate di carburante al secondo. Passati due minuti e mezzo,
il razzo raggiungeva la velocità di 10.000 km l'ora e la quota di 60 km.
Avendo esaurito la sua funzione, il primo stadio veniva sganciato e lasciato
cadere in mare al largo di Cape Kennedy. Ora toccava al secondo stadio,
sette volte meno muscoloso perché la massa da accelerare s'era nettamente
ridotta. Triplicate quota e velocità, anch'esso si esauriva e veniva abbando
nato per cedere il passo al terzo e ultimo stadio. Questo aveva un primo
compito di spingere per una manciata di secondi in modo da collocare
in un'orbita terrestre circolare sé stesso e il carico costituito dal CSM, una
navicella simile alla Gemini ma IO volte più pesante e capace di ospitare
tre astronauti, e dal LEM, più somigliante all'incubo di un pittore cubista
che a un'astronave. Mancava infatti totalmente di aerodinamica, dovendo
operare in assenza di atmosfera, ed era esso stesso fatto di due parti: un'u
nità per scendere sulla Luna e una cabina con un motore per risalire.
Effettuato un giro e mezzo attorno alla Terra, il terzo stadio riaccen
deva il motore per inserirsi in un'orbita di trasferimento con destinazione
Luna. Esaurita anche questa incombenza, entravano in azione gli astro
nauti ospitati nel CSM. Essi dovevano disancorare il modulo di comando e
servizio dall'ultimo moncone del Saturn, ruotarlo di 180°, agganciare con
la punta il LEM, estrarlo dal suo contenitore e proseguire il viaggio verso
la Luna, mentre il terzo stadio, ormai inutile, si perdeva nello spazio. La
traversata durava poco più di tre giorni, durante i quali una lenta rotazione
de li 'Apollo attorno ali'asse di simmetria favoriva un'uniforme distribuzio
ne del calore solare.
Raggiunta la Luna grazie anche a qualche piccola correzione di rotta
suggerita dal centro di controllo di Houston, il motore del CSM veniva
2.08 LUNA ROSSA
Tune, ali' infuori di una, proprio quella che avviò il programma e che
portò alla morte degli astronauti Grissom, W hite e Roger Chaffee (1935-
1967 ), arsi nel rogo della navicella Apollo I in un'esercitazione da fermi
il 2.7 gennaio 1967. Non molto tempo prima, Grissom aveva detto: «Se
moriamo, vogliamo che la gente lo accetti. Siamo in un'impresa rischiosa
e speriamo che se qualcosa dovesse accaderci, non ritarderà il program
ma. La conquista dello spazio vale il rischio della vita». La NASA prese
sul serio le sue parole e continuò il programma. Dal novembre 1967 all'a
prile 1968 furono effettuate ere missioni senza equipaggio - Apollo 4, s
e 6 - per collaudare l'hardware. Poi, I' 11 ottobre 1968, Walcer Schirra
(comandante), Donn Eisele (1930-1987) e Walter Cunningham (1932.-)
fecero un primo test dell'astronave lunare restando in orbita terrestre.
Dall'altra parte della Cortina di ferro, Misin proseguiva lungo la linea
tracciata da Korolev. Dopo la tragica fine di Komarov, la Sojuz, la "macchi
na del futuro" a detta del progettista capo che l'aveva concepita, era stata
rivisitata da capo a piedi e modificata in quelle parti che avevano dimostra
to le maggiori criticità, a partire dai paracadute. I sovietici continuavano a
preferire per i rientri il duro terreno alle onde del mare perché disponeva
no di ampie praterie per l'atterraggio mentre avevano difficoltà a trovare
uno specchio d'acqua che non presentasse problemi logistici quasi insupe
rabili e il rischio di consegnare le navicelle in mani indesiderate.
Archiviata la verifica sulle missioni di avvicinamento alla Luna, biso
gnava sperimentare l'aggancio vero e proprio. Vista l'opzione del totale
automatismo, il 30 ottobre 1967 furono lanciate due navicelle Sojuz senza
equipaggio che eseguirono brillantemente l'attracco ma manifestarono
ancora numerose pecche, al punto che una delle due dovette essere distrut
ta in volo. Per camuffare la vera natura delle fallimentari missioni, vennero
chiamate Cosmos 186 e 188. li lupo russo non aveva perduto nemmeno il
pelo, oltre al vizio.
L'esercizio venne ripetuto con le Cosmos 2.12. e 2.13, lanciate il xs aprile
dell'anno successivo, questa volta con grande soddisfazione. Tutto aveva
funzionato a regola d'arte. Si poteva riprovare con un equipaggio umano.
La questione da dirimere era la configurazione della prova, che contempla
va I· aggancio e il passaggio di uno o due astronauti da una Sojuz ali' altra.
Dopo estenuanti discussioni avvelenate da interessi di parte e da fattori
ideologici, che coinvolsero anche la selezione degli equipaggi, si convenne
di ridurre i rischi inviando un solo cosmonauta e una seconda navicella
senza equipaggio. Per governare la Sojuz 3 fu dunque scelto il quarantaset-
2.10 LUNA ROSSA
Il 21. luglio 1969 b corsa alla Luna è uffìcialmcnrc vinta d:igli Sr:ni Uniri d'America. Nei\
Armscrong e Buzz Aldrin. due dei tre cornponcn,i dell'equipaggio dcli 'Apollo 11. possono
pianrarc la bandiera a stelle e strisce sulla superficie:: del satdlirc, primi esseri ununi a ctl�
care il suolo di un corpo cclcsrc diverso dalla Terra {www.nasa.gov).
beffardamente sventolato per lungo tempo dalla sorte davanti agli occhi
dei sovietici. Il loro N 1, provato a gennaio e ali' inizio di I ugl io, aveva fallito.
Non sarebbe mai riuscito a volare. Game over.
La "Pravda" comunicò il trionfo americano con un articoletto in pri
ma pagina seguito da tre colonne all'interno del giornale: la notizia non
poteva essere taciuta, ma neppure le si poteva dare troppa enfasi. Quanto
ai cittadini dell'ormai debole Unione delle Repubbliche Socialiste So
vietiche, come avrebbe detto in un'intervista Sergej Chruscev, essi erano
troppo concentrati a «confrontarsi con problcm i quotidiani crescenti»
per preoccuparsi del colore della Luna, se rosso sangue o a stelle e strisce
bianche e blu.
Penso che la Russia non abbia avuto la possibili,à di arrivare davanti agli america
ni.{ ... ] KorolCv non era uno scienziato, né un progecrisra: solo un brillante mana
ger. li problema era la sua mcnralicà. Intendeva usare in qualche modo il lanciatore
che aveva. La sua lilosofìa era: non lavoriamo per tappe, ma assembliamo tu[[O
e poi proviamo. E alla fine funzionerà. Ci furono diversi tentativi e fallimenti.
Inviare l'uomo sulla Luna è una faccenda troppo complicata, troppo complessa
per un simile approccio. Penso che il progetto fosse condannato fin dall'inizio.
TAKE ME TO THE MOON 213
Non c'è speranza? Homo homini lupus per sempre? «Era una notte mera
vigliosa. Una di quelle notti come forse possono essercene soltanto quan
do si è giovani [...]. Il cielo era così stellato e così luminoso che, guardan
dolo, involontariamente veniva da chiedersi: possibile che sotto un cielo
come questo possano vivere persone adirate e lunatiche di vario genere?»,
scriveva Fedor Dostoevskij nel!' incipit di Le notti bianche". Domanda re
torica. Sappiamo tutti che è possibile! Ce lo insegna la storia. Ma, oltre
agli uomini con la loro ira e cattiveria, ce ne sono altri, «li omini boni» di
Leonardo da Vinci, che guardano le stelle e scalano il cielo. Un pizzico di
speranza nel pessimismo della ragione.
Ringraziamenti
Come sempre nella vita, nulla è mai il frutto di uno solo. Questo libro non
fa eccezione. Molte persone mi hanno aiutato a scriverlo, a correggerlo e
ad arredarlo in modo acconcio. A loro devo un profondo ringraziamento,
conservando per me la responsabilità di errori e omissioni. Ringrazio gli
amici di Mosca e di Charkiv per gli stimoli, le utili conversazioni e gli aiuti
con i cesti in lingua russa. In particolare, Michail V. Sazhin, che sa di fisica
come pochi al mondo, Jurij G. Skuracov, specialista della Luna, il rettore
dell'Università nazionale Karazin di Charkiv, Vii S. Bakirov, e sopraccucco
Elena Y. Bannikova, che ha risposto sempre con sapiente gentilezza alle
mie reiterate richieste. Sono grato i miei amici Alessandro Beccini, fisi
co padovano e uomo di ampia cultura, e Pietro Greco, maestro di divul
gazione scientifica, alle profrssoresse Angela Della Valle Adelini e Paola
Capaccioli Giorgi e alla dottoressa Bella B. Takushinova per aver lecco e
chiosato il manoscritto. Un ringraziamento particolarmente caloroso va a
Luisa Castellani, che non solo ha risciacquato il cesto in Arno con cortese
rigore, passando al pettine ficco ogni singola frase e ogni affermazione, ma
ha anche composto con vera sapienza l'archiceccura della bibliografia ra
gionata. Per merito suo il cesto è più bello, più chiaro e più rigoroso. Infine,
un grazie a Gianluca Mori che mi ha proposto il progetto, costringendomi
così a rivivere le emozioni provate quando, da ragazzo, ascolcavo in diretta
le notizie, allora quasi sconvolgenti, dei successi russi e poi americani nella
corsa alla Luna.
Note*
1. New Space Policy Directive Callsfar Human Expansion Across Solar System, NASA,
Dee. 11, >017, in https://www.nasa.gov/prcss-release/new-space-policy-direccive
calls-for-human-expansion-across-solar-syscem.
>. Trump Orders Space Forcefar /lmerican Dominance" Signs Space-Trajfic Policy, in
https://www.space.com/409,1-trump-space-craffic-policy-american-leadership.hcml.
3. Rema,·ks by President 1ì·1m1p at a Meeting with the National Space Council and
Signing of Space Policy Dil·ective-3, in hccps://www.whicehouse.gov/briefings-scace
mencs/remarks-presidenc-crump-meecing-nacional-space-council-signing-space-po
licy-direcrive-3/-.
L'alba
1. Per ricavare 1 'ora ufficiale di Mosca o di Baikonur, dov'era la base di lancio sovietica
(oggi della Federazione russa), basca aggiungere rispettivamente 3 o 6 ore al tempo di
Greenwich (detto anche tempo coordinato universale o UTC).
>. L'ippogrifo lo conduce al paradiso terrestre dove lo accoglie san Giovanni Evange
lista che lo informa della pazzia d'Orlando e lo accompagna sulla Luna con un carro
volante.
3. Classico "lanciatore", impiegato per sbalordire, come nel racconto del barone di
Miinchhausen, o per uccidere, come il "cannone del Kaiser Guglielmo" e l'hideriano
Schwerer Guscav, due megacannoni fabbricati dalle acciaierie Krupp di Essen e tra
sportati su ferrovia.
4. Verne, ad esempio, tratta correttamente l'inerzia, ma non l'assenza di gravità cui
avrebbero dovuto essere esposri gli inquilini del proiettile-astronave. Né si pone il
problema di stabilire se l'impulso necessario al viaggio alla volta della Luna paresse
essere tollerabile per un organismo umano, limitandosi a immaginare, come conse
guenza, un semplice svenimento.
5. Frustrazioni comuni a molci scienziati fai-da-te, di cui è fulgido esempio Giovanni
• Per tutti i siti menzionati l'ultima consultazione risale a12. aprile 2.019.
2.18 LUNA ROSSA
Battista Odierna (1597-1660), arciprete del feudo dei Tornasi a Palma di Montechiaro
(antenati dell'autore del Gattopm·do), che nel Seicento compilò per primo al mondo
un catalogo di nebulose celesti. Fervente cultore di scienza, dal profondo della Sicilia
lamentava di non avere «socium, ve! amicum, aut propinquum, quo paululum su
blevari possim. Mens mea praeceptor meus, et difficultates meas nulli communico»
("Un partner o un amico o una persona vicina cui potermi appoggiare un poco. Ho
solo la mia mente per insegnante, e nessun altro per condividere le mie difficoltà").
Luoghi e tempi diversi, ma storie comuni ai "geni di periferia".
6. Nel 1918, Lenin sarebbe ricorso all'argomento contrario per riportare la capitale
sulle rive della Moscova.
7. Il cosmismo russo è una teoria che rifiuta la contemplazione a favore della trasfor
mazione, e che ha per fine la creazione, da parte degli uomini stessi, di un mondo nuo
vo dove i vivi non muoiano e i morti risorgano, e dove vi sia pieno possesso del cosmo.
8. La miseria fu costante compagna di Konstantin e della sua famiglia. L'uomo che
voleva conquistare lo spazio aveva un secondo grande sogno, quello di possedere una
mucca come segno di benessere e garanzia per il quotidiano e per il futuro.
9. Un approccio indubbiamente severo e tuttavia più umano di quello di Cristoforo
Clavio (1537-16a), l'arcigno matematico gesuita che, turbato dal reiterato spettacolo
d'una fanciulla intenta ad asciugarsi i lunghi capelli al sole, fece murare la finestra del
la sua cella al Collegio Romano, veicolo del turbamento, tagliando cosi la testa al toro.
10. Ad esempio, il torinese Giuseppe Luigi Lagrange (1736-1813), principe dei mate
matici, il quale attribuiva agli errori del padre, che con speculazioni sbagliate aveva
ridotto la famiglia sul lastrico, la ragione della sua scelta di votarsi alla scienza. Se
fosse rimasto benestante, pensava, forse si sarebbe adagiato sui morbidi cucini d'una
esistenza dorata senza cercare i "più economici" piaceri dell'intelletto.
11. Quelli più leggeri, come gli aerostati e i dirigibili, sfruttano semplicemente la spin
ta di Archimede, cioè quell'eccesso di pressione verso l'alto che mantiene in perfetto
equilibrio con la gravità la massa d'aria entro il volume occupato dal!'oggetto volante.
12. Questa seconda condizione non vale per i razzi a combustibile solido, che hanno
in sé l'agente ossidante.
13. Infatti, il principio d · azione e reazione comporta che il baricentro del sistema che s'è
sdoppiato (l'individuo e una sua scarpa, ad esempio), per l'azione d'una forza interna
(l'azione dei muscoli del braccio), resti immobile e le due parti si separino andando in
direzioni opposte con velocità inversamente proporzionali alle relative masse.
14. Nel 1835, in un'opera dedicata alla filosofia delle scienze fisiche (Corsi di.filoso
fia positiva), il sociologo Auguste Cornee scriveva: « [S]iamo convinti della possibi
lità di misurare le forme degli astri, le loro distanze, dimensioni e movimenti; ma
non potremo mai studiare in alcun modo la loro composizione chimica, o la loro
struttura mineralogica, e, a maggior ragione, la natura dei corpi organizzati che vi
vono sulle loro superfici» (citato in http://adsbit.harvard.edu/cgi-bin/nph-iarti
cle_query?bibcode=2010JAHH ...13...90H&db_key=AST &page_ind=11&plate_
sdect=NO&data_type=GIF&type=SCREEN_GIF&classic=YES). Le ragioni di
questa perentoria affermazione riguardano l'impossibilità di fare le necessarie misure
sia a distanza che in situ, attraverso i viaggi spaziali. Due clamorosi errori in un sol
NOTE
colpo da parte di un uomo di genio ma privo di visione! Analoga miopia mostrò Lord
William Thomson, primo barone Kelvin, quando, all'inizio del Novecento, senten
ziò che ormai non c'era più nulla da scoprire in fisica. Quel che restava da fare sarebbe
stato solo un lavoro di rifinitura delle conoscenze acquisite.
Un genio introverso
1. Nell'estate 1918 aveva preso in moglie T illi Hummel, dalla quale avrebbe avuto
quattro figli, due dei quali morti durante la Seconda guerra mondiale:Julius, dato per
disperso in Ucraina, e lise, uccisa da un'esplosione sul luogo di lavoro.
2.. La questione era già stata affrontata e risolta da Goddard nel suo laboratorio di
Worcester, ma Oberth ne era ali 'oscuro.
3. La lettera, tradotta in italiano, è reperibile ali' indirizzo https://www.scienzanacu
ra.ir/perche-spendere-cosi-ranto-per-lesplorazione-spazialc/.
4. La "svista" verrà corretta nel trattato di pace tra le potenze alleare e l'Italia, firmato
a Parigi nel 1947. L'articolo s1 (United N11tiom - Trenty Series, voi. 49, 1950) recita
infatti: «L'Italia non dovrà possedere, costruire o sperimentare[ ...] alcun proiettile
ad autopropulsione o guidato, o alcun dispositivo impiegato per il lancio di rali pro
iettili». li riferimento è ovviamenre alle v1 e alle Vl.
s- "Difesa del Reich": nome dato alle forze armate tedesche dal 1919 al 1935, quando
venne cambiato in Wehrmacht, "Forze di difesa".
6. Anche Dornberger, scampato a una condanna capirale in Inghilterra, emigrò negli
USA, ma venne escluso dal riciclaggio governativo degli ex nazisti. Lavorò quale pri
vato cittadino nella fabbrica aeronautica che avrebbe prodotto la maggior parte degli
elicotteri usati dalle truppe americane in Vietnam. Come dire: il lupo perde il pelo
ma non il vizio!
L'Innominato
1. Secondo il politico di lungo corso Vjaéeslav Molotov, uomo per ogni sragione,
Chrusécv «era indubbiamente un reazionario infiltratosi nel Partito. Sicuramente
non credeva in alcun genere di comunismo».
2.. Primo cosmodromo al mondo, è ancora oggi il più grande. Dopo lo sfaldamenro
dell'URSS, l'arca in cui sorge, un quadrato di 90 km di lato, si trova nel territorio
della repubblica indipendcnre del Kazakisran. Tuttavia un accordo internazionale ne
assegna l'uso alla Federazione russa fino al 2.050.
3. Dal sito della TASS: http://tass.com/history.
4. La componente orizzonrale della velocità non risente della gravità e genera solo un
moto traslatorio che, in assenza di attrito atmosferico, risulrerebbe rettilineo e uni
forme. È la combinazione di questo moto con quello accelerato in direzione verticale
a generare la famosa traiettoria parabolica dei proiettili studiata da Galileo Galilei.
s- L'inclinazione è indispensabile per far sì che il piano su cui si muove il satellite,
ovviamente passante per la località di lancio {Baikonur in questo caso) contenga an
che il cenrro della Terra, che è un fuoco dell'orbita perché lì è idealmenrc concentrata
NOTE 2.2.I
tutta la massa del pianeta che sprigiona la forza gravitazionale. Poiché un piano è
individuato da tre punti, l'inclinazione è identificata a meno di un grado di li berrà,
utile per ottimizzare altre condizioni.
6. Purtroppo, l'immensa energia, il coraggio e il fiuto politico di Stalin, istruito per
fare il pope e divenuto un ribelle armato, non avevano una controparte di pathos al
trettanto grande. Lo ammetteva lui stesso, se è vero che, disperato per la morte della
prima moglie Kato, confessò a un amico: «Questa creatura ha ammorbidito il mio
cuore di pietra. È morta, e con lei sono morti i miei ultimi sentimenti per l'umanità».
7. Essi equipaggiavano il cosiddetto "organo di Stalin", una batteria di decine di mis
sili tattici per lo più trasportata da autocarri.
8. Importante ruolo come informarore ebbe sopratrutro il fisico tedesco naturaliz
zato britannico Klaus Fuchs (1911-1988), il quale nel 1950 confessò ai servizi segreti
inglesi di aver passato ai russi i progetti della bomba aromica, a cui aveva lavorato du
rame il suo soggiorno a Los Alamos, negli Srati Uniti. Si ritiene che senza il suo aiuto
Stalin avrebbe dovuto aspettare altri due anni per produrre un proprio deterrente
nucleare e pareggiare i comi con gli USA.
9. Che differenza c'è tra cosmonauta e astronauta? Nessuna. Significano entrambi
la stessa cosa, cioè essere umano che viaggia nello spazio celeste, cosmo o regno delle
stelle che sia. I russi preferiscono il primo, gli americani il secondo.
10. Secondo Molotov, suo fedelissimo scudiero, «Stalin pensava che la Prima guerra
mondiale aveva strappato una nazione alla schiavitù capitalista, che la Seconda aveva
creato il sistema socialista e che la Terza avrebbe annientato una volta per tutte il capi
talismo» (https://it.wikiquote.org/wiki/Vja%C4%8Deslav_Michajlovi%C4%8D_
Molorov).
11. ChruSCCv «aveva il vezzo di cambiare concinuamcntc versione sulla morte
di Berija. Una volta diceva che l'aveva ammazzato lui, un'altra passava il merito a
Mikoyan, un 'altra al generale Moskalenko» (https://www.ilpost.itho11/o9/I9/
kruscev-a-disneyland/).
12. Ike, come era soprannominato il presidente soldato che aveva riconquistato l'Europa
strappandola ai nazisti, era stanco di guerra. Nell'aprile 1953, poco dopo la morte di Stalin,
tra una partita di golf e l'altra rifletteva sulla pace e sul ruolo che il suo grande paese, uscito
vincitore dal più devastante conflitto d'ogni tempo, avrebbe dovuto avere per far trion
fare la giustizia in un mondo ormai bipolare, dove l'altro polo era !'"impero del male�
per usare l'espressione rubata da Ronald Regan a G11en-e stellari: «Il governo sovietico
ha adottato una visione molto diversa del futuro. Nel suo modo di vedere il mondo, la
sicurezza doveva essere trovata non nella mutua fiducia e mutuo soccorso ma nella forza:
eserciti enormi, sovversione, dominio delle nazioni vicine.[ ... ] L'accresciuto potere sovie
tico ha messo in allerta le nazioni libere contro un nuovo pericolo di aggressione. Li ha
costretti ali' autodifesa, a spendere denaro ed energia senza precedenti per gli armamenti.
Li ha costretti a sviluppare armi da guerra ora in grado di infliggere una punizione istan
tanea e terribile a qualsiasi aggressore. [ ... ] Ogni fucile che viene fabbricato, ogni volta
che si vara una nave da guerra o si lancia un missile significa, alla fine dei conti, un furto
perpetrato ai danni di chi ha fume e non ha cibo, di chi ha freddo e non ha di che coprirsi.
2.2.2. LUNA ROSSA
Questo mondo in armi non sta solo spendendo denaro. Sta spendendo il sudore dei suoi
operai, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi giovani. [ ...] Questo non è affatto
un modo di vivere, in alcun senso legittimo. Dietro le nubi di guerra c'è l'umanità appesa
ad una croce di ferro» (http://www.informationclearinghouse.info/article9743.htm).
13. http://epizodyspace.ru/bibl/inoscr-yazyki/acta-astronavtika/wo8/siddiqi_
spucnik_so.pdf.
14. Dei grandi paesi, solo la Cina maoista rifiutò di aderire.
Cuore di cane
19. Si disse che Nedelin era mono in un incidente aereo, e così anche gli altri tecnici
e operai.
2.0. In generale è più economico volare in direzione opposta al Sole che verso di esso.
La cosa può apparire paradossale perché il Sole è il corpo del Sistema solare che eserci
ta il richiamo gravitazionale di gran lunga più forre. Il fatto è che, partendo dalla Ter
ra, le sonde partecipano già della velocità di rivoluzione del pianeta, che è di 30 km/s.
Essa deve essere compensata per poter liberamente cadere sull'astro.
L'Icaro rosso
1. I sovietici tacquero sulle modalità di atterraggio e il FAI registrò il record del co
smonauta russo. Ma, con il successivo volo di Ticov, il problema venne a galla. Dopo
una lunga indagine e un'inutile azione di lobbying degli americani, furono modificate
le regole in modo che Gagarin mantenesse il suo primato.
2.. La popolare leggenda si scontra con l'effettiva difficoltà di assolvere alla funzione
organica come descritto quando si abbia indosso una cura da astronauta.
3. Ecco le sue ultime parole prima di spiccare il volo. «Cari amici, a me conosciuti
e sconosciuti, compagni russi e gente di tutti i paesi e continenti, era pochi minuti
una possente astronave mi porterà nelle lontane discese dello spazio. Che cosa pos
so dirvi in questi ulcimi pochi minuti prima della partenza? In questo momento,
tutta la mia vita sembra essere condensata in un unico meraviglioso attimo. Tutto
ciò che ho sperimentato e ho fatto fino ad ora è stato in preparazione di questo
momento. Dovete comprendere che è difficile esprimere il mio sentimento ora che
la prova per la quale ci siamo allenaci da tempo e con passione è a porcata di mano.
Non devo dirvi che cosa ho provato quando è stato suggerito di fare questo volo, il
primo della storia. Era qualcosa di più: orgoglio? No, non era solo orgoglio. Mi sen
tivo molco felice. Per essere il primo a entrare nel cosmo, a impegnarmi da solo in
un duello senza precedenti con la natura. Qualcuno poteva forse sognare qualcosa
di più grande di ciò? Ma subito dopo ho pensato all'enorme responsabilità che pesa
sulle mie spalle: essere il primo a fare ciò che generazioni di persone hanno sognato;
essere il primo a spianare la strada verso lo spazio per l'umanità. Questa responsabi
lità non è verso una persona, non verso poche decine, non verso un gruppo. È una
responsabilità verso tutta l'umanità, verso il suo presente e il suo futuro. Sono felice
di partire per questo volo spaziale? Cerco che sono felice. Dopo tutto, in cucci i
tempi e le epoche la più grande felicità per l'uomo è stata quella di prendere parte a
nuove scoperte. Ora è questione di minuti prima dell'inizio. Vi dico, "Fino a quan
do ci incontreremo di nuovo", cari amici, proprio come le persone dicono l'una
ali' alera quando si intraprende un lungo viaggio. Mi piacerebbe molto abbracciarvi
tutti, persone a mc conosciute e sconosciute, amici intimi ed esrranei a!lo stesso
modo. A presto!» (Rzmian Archives Online, in hccp://www.russianarchives.com/
gallery/gagarin/gagarin_speech.hcml).
4. Città sacellice della capitale, da cui dista circa 30 km, già polo della lavorazione
della seta, dopo il 1945 divenne centro dcli'industria spaziale sovietica e delle attivi-
NOTE
volle fare qualcosa di eccentrico: tirare due shot a una pallina da golf con un ferro
6, adatto alle distanze medie ... sulla Terra. Con un'accelerazione di gravità ridotta
di sci volte, il colpo di un ferro 6 diventa molto più lungo di quello lanciato con un
legno 1.
Avanti popolo
15. In https://roundupreads.jsc.nasa.gov/mobi.aspx?pagcid=564.
16. In https://www.nytimes.com/2016/12./08/us/john-glenn-dies.html.
17. Originariamente anche questi satelliti si chiamavano Vostok, ma vennero ribat
tezzati Zenit quando, con il volo di Gagarin, Vostok divenne un nome noto in tutto
il mondo.
18. Federico Faggin (1941-) è uno fisico italiano naturalizzato statunitense, noto per
aver progettato il primo microprocessore commerciale.
19. Nella sua visita negli Stati Uniti nel maggio 1962, T itov era stato invitato a un bar
becue da Glenn e, tra una birra e l'altra, aveva inceso che gli americani volevano im
piegare un pilota donna in una missione Mercury. Tornaco a casa, si affrettò a riferirlo
a Kamanin, che utilizzò l'informazione come leva per convincere l 'cstablishmcnt del
la necessità di un volo al femminile.
20. Tecnicamente superiore alla Tereskova, era però giudicata meno affidabile sul
piano dell'assoluta integrità morale e soprattutto ideologica. Si racconta che, alla do
manda di che cosa volesse dalla vita, Ponomaryova avesse risposto: « Tutto ciò che
posso avere», mentre la collega aveva opportunamente affermato: «Voglio sostenere
con tutte le mie forze[ ...] il Partito comunista».
21. Il cursus di formazione ideologica di un giovane sovietico prevedeva tre livelli: 1. gli
oktyabryata (da "ottobre", mese della Rivoluzione), per scolari di 7-9 anni; 2. i pionie
ri di tutta l'Unione V ladimir Il' ic Lenin (Vscsojuznaja pionerskaja organizacija imeni
V. I. Lenina), per ragazzi di età compresa tra 9 e 14 anni; 3. i giovani del Komsomol,
dai 14 anni in poi. Un ultimo livello, non accessibile a tutti, era l'iscrizione al Partito
comunista dell'URSS.
22. Quando seppe del!' intenzione di ritirare i missili dall'isola, Fide! Castro apostro
fò Chrusccv con epiteti pesantissimi, mentre i cubani intonavano lo slogan: «Nilcita
mariquita, lo que se da no se quita», ossia "Nilcita mammoletta[ma anche gay], quel
che si dà non si riprende» (https://www.newyorker.com/news/news-desk/castros
defining-crisis).
23. In https://www.jfklibrary.org/archives/other-resources/john-f-kennedy-spcechcs/
united-nations-19630920.
24. Dallas è la città simbolo del patriottismo americano, con quel Forte Alamo dove
nel 1836 i texani di William Barrett Travis e la carabina di David Crockett tennero in
chiodate per giorni le preponderanti forze del generale messicano Santa Anna, come
avevano fatto 2.316 anni prima gli Spartani alle Termopili con gli Immortali di Serse.
25. In https://www.jfklibrar y.org/archives/other-resources/john-f-kennedy
speeches/san-antonio-cx-19631121.
3. Quando Chrusccv morì, nd settembre 1971, era ormai una "non persona", come si
diceva a Mosca, appena degna di un misero trafiletto sulla "Pravda" e di una sepoltura
nd cimitero di Novadievici. Eppure, quest'uomo dal]'aspetto contadino, buffo, goffo
e chiassoso, aveva fatto tremare e sperare il mondo intero. «Nikita Sergeevic, mio
padre, è stato amato da alcuni, detestato da altri», sentenzò icasticamente sulla romba
il figlio Sergej. «Ma a nessuno è stato indifferente».
4. In https://www.jfklibrary.org/learn/about-jfk/historic-speeches/american-uni
versity-commencement-address.
5. In http://www.svengrahn.pp.se/trackind/voskhod1/voskhod1.html.
6. I cosmonauti furono anche sottoposti a una rigida dieta così da pesare meno e
occupare un minor volume.
7. In https://artsandculrure.google.com/exhibit/QRACpDMx.
8. Furono proprio le perdite di pressione che danneggiarono le apparecchiature di
trasmissione di molte delle sonde sovietiche dirette a Marte e Venere, ad esempio.
9. In https://www.theguardian.com/world/ 2015/mar/18/russia-soviet-first-space
walk-alexei-leonov.
10. Stazione spaziale raggiunta nel giugno 1971 da una Sojuz con tre uomini a bordo
per un soggiorno di 23 giorni. Tutto andò bene, ma al momento dello sgancio per il
rientro a terra, la rottura di una valvola della Sojuz causò la perdita totale dell'ossige
no e la morte dei cosmonauti per asfissia.
11. Nd 1974, dopo i reiterati fallimenti nella gestione del progetto del megarazzo N1
e dopo la delusione per il sorpasso statunitense nella corsa allo spazio, sarebbe stato
sostituito da Valentin Glusko alla guida dell' OKB-1.
12. Gli effetti della gravità possono essere simulati dalla forza centrifuga in un sistema
rotante con un raggio adeguatamente grande.
13. Tre di queste stazioni vennero effettivamente messe in orbita dall'URSS nel perio
do tra il 1973 e il 1975 sotto il nome di Saljut, per camuffare con una denominazione
civile un'impresa militare.
14. Così recava pomposamente scritto una targa sulla sua porta.
15. In http://www.nmspacemuseum.org/halloffamc/dctail.php ?id=15.
16. Nonostante vi fosse competizione tra i due, Korolev rispettava l'avversario:
«Non sottovalutate Cclomej. È della stessa scuola di progettazione di Tupolev ( ... ).
Se gli diamo la possibilità e i mezzi, i suoi prodotti saranno uguali a quelli degli ame
ricani. Ora è il momento giusto per unire le forze con lui».
17. Gli esperti dcli'intelligence che analizzarono i filmati avevano notato che il nome
della navicella era accompagnato da un numero d'ordine, Sojuz 1, fatto inconsueto
per un prototipo singolo. Questa osservazione faceva il pari con una nota della Reu
ters, apparsa quattro giorni prima del lancio, in cui si speculava su possibili meraviglie
da parte sovietica riguardanti l'aggancio di due cosmonavi in orbita per qualche mi
steriosa avventura in tandem.
18. Esistono sospetti di altre vittime tra i cosmonauti sovietici di cui però non è mai
stata data notizia né ufficiale né ufficiosa.
NOTE 2.2.9
1. La sigla MIG, conosciutissima a partire dagli anni Cinquanta, sta per Mikojan•
Gurevic, nome dei due progettisti di aerei a reazione per l'Armata Rossa.
,. Si disse che, nel preparare l'aereo, i tecnici a terra avessero lasciato inavvcrtitamcn•
te aperto un portello di aerazione della cabina di pilotaggio.
3. Il SU·1s era un jet armato con missili aria-aria per colpire bersagli in volo intcrcet•
tari dal sistema radar sovietico, realizzato dall'oKB dell'ingegnere aeronautico Pavcl
Sukhoj, uno dei geniali progettisti di aeroplani sbocciati al di là della Cortina di ferro.
4. La Guerra dei sei giorni (5-10 giugno 1967) fu un'azione militare iniziata senza atti
formali, con un proditorio attacco alla maniera di Pearl Harbor, segno di un nuovo
"stile" nei rapporti tra le nazioni in tempi di guerra ininterrotta.
5. Il discorso integrale di Martin Luther King, pronunciato il ,8 agosto 1963 si può
leggere in traduzione italiana in https://www.rcpubblica.it/csrcriho13/o8h8/
news/martin_I uther-king-discorso-65443 S 75/.
6. Malcolm Scott Carpenter, Leroy Gordon Cooper Jr., John Herschcl Glcnn Jr.,
V irgil Ivan Grissom, Walter Marty SchirraJr., Alan Bartlett ShcpardJr., Donald Kcnt
Slayton.
7. La prima americana ad andare nello spazio fu Sally Ride, nel 1983, come membro
di un equipaggio dello Space Shuttle Challcnger: terza in assoluto dopo le cosmo•
naute sovietiche Valentina Terdkova e, nel 198,, Svcdana Savickaja (che fu la prima a
volare due volte e a effettuare una passeggiata nello spazio).
8. Fu il nuovo presidenteJohnson a dare l'annuncio del cambiamento di denomina·
zione in un intervento televisivo il giorno del ringraziamento del 1963, a soli sci giorni
dall'assassinio di Kcnnedy. La decisione era stata presa su suggerimento della moglie
Jacqueline.
9. Nel 1995 diventerà Lockheed-Martin Corporation dopo la fusione con la potcn•
tissima azienda aerospaziale californiana.
IO. In http://www.bbc.co.uk/news/special/ ,014/newsspec_9035/indcx.html.
11. Quella dalla Sojuz 9 fu una missione di 17 giorni e 17 ore, mirata a verificare la
resistenza umana a una lunga esposizione alla gravità zero.
IL United States-Congress-Senate-Committec on Aeronautica! and Space Scicnccs,
NASA Authorizationfor Fiscal Year 1907: Hearings, Eighty-ninth Congress, Second Ses•
sion, GPO, W.,shington DC 1966, p. 30.
13. In occasione di un incontro ravvicinato con un pianeta, un corpo di piccola massa
che si trovi in orbita eliocentrica può acquisire oppure cedere energia in funzione
delle modalità con cui l'incontro stesso avviene.
14. Il suo nome compare nella sala internazionale della fama nel Musco di storia
dello spazio ad Alamogordo, nel Nuovo Messico, accanto a quelli di Ciolkovskij,
Gagarin, Korolcv, Leonov, Tereskova, T ichonravov, Zandcr, Oberth e von Braun,
di Armstrong e Aldrin e dei tanti astronauti americani, di Galileo Galilei e di Isaac
Newton.
LUNA ROSSA
15. Nelle Sojuz, i sovietici non avevano ancota implementato un sistema per transita
re da una nave all'altra senza la necessità di uscire nello spazio.
16. I festeggiamenti per il felice rientro degli astronauà vennero funestati dall'atten
tato a Breznev di cui s'è detto, quasi un segno premonitore per avvertire i sovietici che
la buona sorte li aveva ormai traditi passando al nemico.
17. li giornalista Walter Cronkite, che commentava l'epica impresa in diretta per la
CNN, non riuscì a recepire tutte le parole dcli'astronauta a causa di una lieve inter
ferenza. Solo quando gli furono riportate, una manciata di secondi dopo, le ripeté
al mondo intero {https://www.universetoday.com/113331/one-small-step-quote-on
apollo-11-brieAy-confused-legendary-broadcaster/).
18. li primo, i'HST, è intirolato a Edwin Powcll Hubble {1889-1953), l'asrronomo che
scoprì la natura delle galassie e la legge di espansione dell'universo.
19. I. Asimov, Asimov on Physics, Doubleday, New York 1976, p. 35.
2.0. In https://obamawhitehouse.archives.gov /blog/2.014/01/08/ obama-admini
straàon-cxtends-international-space-station-until-least-2.02.4.
2.1. J. Verne,Dalla Terra alla Luna, in Id., Viaggifantastici, Rizzoli, Milano 1009 {ed.
or. 1865).
2.2.. F. Dostoevskij, Le notti bianche, Garzanti, Milano 1014 {ed. or. 1848).
Bibliografia
L'alba
Per un quadro storico del periodo trattato in questo capitolo, cfr. R. Scrvice, A Pen
guin History o/Modem Russia: From Tsarism to Twenty-First Century, Pcnguin, Lon
don 2.01s•.
Per una lettura tra lo storico e il romanzato della vita di Konstantin Ciolkovskij,
si consiglia T. Bullough, Il bambino che invento le stelle, Piemmc, Milano 2.01s (cd. or.
1013). Una prima biografia della vita del grande scienziato, tradotta in lingua inglese
nd 19s6, si deve ad A. Kosmodemyansky, Konstantin Tsiolkovsky: His Lift and Ulòrk,
University Press of the Pacific, Hawaii 2.000. Alcuni spunti e citazioni presenti in
questo capitolo sono tratti da C. Lega, Sulla Luna di Kostantin Ciolkovskij. Tradu
zione e commento, tesi di laurea, Università di Padova, relatori D. Possamai, D. No
vokhatskij, a.a. 2.014-1s, in http://dspacc.univc.it/bitstrcam/handle/ios79/6714/82.9
72.s-11832.04.pdf ?sequencc=2..
Su Fcdorov e il pensiero cosmista, cfr. G. Young, I cosmisti russi. Ilfuturismo esote
rico di Nikolaj Fedorov e dei suoi seguaci, Tre Editori, Roma 2.017 (ed. or. 2.013).
Un genio introverso
Per un'accurata ricostruzione della figura di Robcrt Goddard, ripulita dalle istanze
agiografiche delle precedenti biografie invariabilmente vagliate dalla vedova dello
scienziato, si consiglia D. A. Clary, Racket Man: Robert H Goddard and the Birth of
the Space Age, Ypcrion, New York 2.003. I ricordi di Goddard citati in questo capito
lo provengono da E. S. Rabkin, Mars: A Tour oJ the Human Imagination, Pracgcrs,
Westport (cT) 2.oos (in particolare pp. 114 ss.}.
Utili notizie si possono ricavare anche dalla lettura del testo online Robert God
dard and His Rockets, in https://www-istp.gsfc.nasa.gov/stargazc/Sgoddard.htm
(ultima consultazione 2.0 marzo 2.019). Più nello specifico, per gli studi sull'altezza
raggiungibile dai razzi si consigliano i due saggi scritti per lo Smithsonian lnstirutc
2.32. LUNA ROSSA
nel 1919 e nel 1936: R. H. Goddard, Rockets: Two Classica/ Papers, Dover Publica
tions, Mineola (NY) 1002 . Più impegnativa la lettura dell'ampia saggistica (frutto dei
finanziamenti dello Smichsonian e dei Guggcnheim) pubblicata nei ere volumi di Id.,
The Papers o/Robert H. Goddard: r93S-r945, McGraw-Hill, New York 1970.
L'Innominato
Sulla vicenda dello Sputnik si suggeriscono Y. Surin, Il segreto degli Sputnik, Laterza,
Bari 1958; R. D. Lanius,J. M. Logsdon, R. W. Smith (eds.),ReconsideringSputnik: Forty
Years since theSovietSatellite, Roucledge, London-New York 2.000; e P. Magionami, Gli
anni della Luna, I950-I972. L'epoca d'oro della corsa allo spazio, Springer, Milano 2.009.
La lettura di L. K. Erickson, Space Flight: History, Technology, and Operations, Tue
Scarecrow Press, Lanham (MD), Toronto, Plymouch 2010, è consigliabile se interessati
anche agli aspetti più propriamente scientifici e tecnologici della storia dei voli spaziali.
Sulla figura di Korolev, ricostruita in dettaglio grazie alle numerose interviste fatte agli
ingegneri e ai progettisti che lavorarono con lui: J. Harford, Korolev: How One Man
Mastenninded theSoviet Drive to Beat America to the Moon,John Wiley and Sons, New
York 1997. Le famfki (in cui Korolev fu confinato) e le condizioni di vita al loro interno
sono descritte in A. Solzcnicyn, Il primo cerchio, Mondadori, Milano 1970 (ed. or. 1968).
Per un inquadramento storico e politico dell'URSS si consiglia D. R. Marples, Rus
sia in the Twentieth Century: The Q!wtfar Stability, Pearson, Harlow 2011, oltre a, na
turalmente, alcuni lavori più specifici sui due leader che segnarono la scoria del paese tra
il 1927 e il 1971. Notizie sulla giovinezza e la formazione di Stalin si trovano in S. Sebag
Montefiore, Il giovane Stalin, Longanesi, Milano 2.010 (ed. or. 2007 ), mentre, per una
diversa lettura ddl'opcram del dittatore, si consiglia: L. Martens, Stalin. Un altro punto
di vista, Zambon, Verona 2017 (ed. or. 1994). Per quanto concerne Nikita Chrusècv,
cfr. la biografia scritta dal figlio: S. Khrushchev, Khrushchev on Khmshchev: An Inside
Account o/the Man and His Era, by His Son, Sergei Khrushchev, ed. by \Y/. Taubmann,
Little, Brown & Company, Boston (MA) 1990, da cui si ricavano utili notizie sul suo
interesse per le esplorazioni spaziali nonché sulla sinergia tra Korolcv e T ichonravov.
L'occupazione sovietica della Germania è il tema trattato da N. M. Naimark, The Rus
sians ;,, Germany: A History ojthe Soviet Zone ofOcmpation, 1945-1949, Harvard Uni
versicy Press, Cambridge (MA)-London 1995, fondamentale per la ricerca aerospaziale
poiché dirottò cer velli e materiali dai centri di ricerca nazisti a quelli dell'URSS.
Sulla rivalità tra sovietici e americani in campo spaziale e, in particolare, sul ten
tativo di sminuire l'impresa russa da parte dei vertici USA, si consiglia la lettura di
M. Brzezinski, Red Jvfoon Rising:Sputnik and the Rivalries that Ignited theSpace Race,
Bloomsbury, London 2.007.
Infine, sull'impatto che lo Sputnik ebbe su un'intera generazione di russi bam
bini o adolescenti al tempo del primo lancio: D. J. Raileigh (ed.), Russia's Sputnik
Generation: Soviet Baby Boomers Talk about Their Lives, Indiana Universicy Press,
Bloomingcon-Indianapolis (IN) 2006.
2.34 LUNA ROSSA
Cuore di cane
Per un riassunto delle fasi preliminari del programma spaziale sovietico e sul ruolo
guida di Sergej Korolev si consiglia la lettura del breve Korolro and Freedom ofSpace:
February r4, r955-0ctober 4, r957, NASA Origins and che Dawn of che Space Age,
Monographs in Aerospace History #IO (hctps://hiscory.nasa.gov/monograph10/
korspace.hcml). Interessante, per il parallelismo tra le ricerche guidate da Kocolev e
quelle statunitensi al cui capo era l'ex nazista von Braun, è il recente S. Pivaco, M. Pi
vaco, I comunisti sulla Luna. L'ultimo mito deLLa Rivoluzione mssa, il Mulino, Bologna
1017.
Per saperne di più sulla vicenda di Laika e, soprattutto, sull'uso di animali nei test
nello spazio si può leggere K. Caswell, Laika 's Window: The Legacy ofa Soviet Space
Dog, Trinity University Press, San Antonio (Tx) 1018.
Per una rapida panoramica della storia dello Sputnik e del suo ruolo determi
nante nella nascita della NASA, si veda R. D. Launius, Sputnik and the Origins ofthe
Space Age, https:/ /history.nasa.gov/sputnik/spucorig.hcml. Ancora sull'origine e gli
sviluppi della NASA, raccontati con dovizia di particolari da uno dei primi control
lori di volo, cfr. M. von Ehrenfried, The Birth o/NASA: The Work of the Space Task
Group, America's First True Space Pioneers, Springer, New York 1016. Sulla crisi se
guita al lancio dello Sputnik negli Stati Uniti negli ultimi mesi del 1957 si consiglia
I. H. Kennedy, The Sputnik Crisis and America 's Response, Master thesis, University of
Centrai Florida, Orlando (FL) 1005 (https://scars.library.ucf.edu/cgi/vicwcontent.
cgi ?referer=https://www.google.com/&httpsredir=1&arcicle=1578&context=etd).
Per la reazione del presidente degli Stati Uniti al lancio dello Sputnik e per le con
seguenze che esso ebbe sul cambio di rotta di Eisenhower per quanto attiene ai suoi
principi, alla sua leadership e ali' approccio nei riguardi del prestigio internazionale
del suo paese, si legga Y. Mieczkowski, Eisenhower 's Sputnik Moment: The Race far
Space and World Prestige, Cornell University Press, !thaca (NJ)-London 1013.
Per una fonte di prima mano sul progetto Horizon, avviato da van Braun nel
1959 per creare un avamposto lunare, cfr. la relazione A. G. Trudeau, Project Horizon,
I: Summary and Supporting Considerations, United States Army, s.l. 1959 (https://
nsarchive1.gwu.edu/NSAEBB/NSAEBB479/docs/EBB-Moono1_sm.pdf).
Per informazioni tecniche sui satelliti, cfr. il dettagliato volume J. A. Angelo Jr,
SateLLius, Infobase Publishing, New York 1006.
Infine, per una visione dall'interno del programma spaziale USA, ricca di dettagli
tecnici, è utile la consultazione di A. Shepard, D. Slayton, J. Barbree, Moon Shot: The
Jnside Story oJAmerica's ApoLLo Moon Landings, Turner Publishing, Nashville (TN)
1994.
BIBLIOGRAFIA
L'Icaro rosso
Per un ottimo quadro d'insieme dd programma spaziale sovietico dai primi passi com
piuti da Korolev negli anni Cinquanta alle vicende dei primi anni Settanta, corredato
da numerose immagini, si rimanda a B. Harvey, Soviet and Russian Lunar Exploratùm,
Springer, New York 2007. Utile, anche se per sua natura più frammentaria, è la collet
taneaJ. T. Andrews, A. A. Siddiqi (eds.),Into the Cosmos: Space Exploration and Soviet
Culture, TueJohns Hopkins University Press, Pitcsburg {PA) 2011. In particolare, al suo
interno si segnala il contributo di S. Gerovirch sulla figura di Nikolaj Kamanin e sullo
stretto concrollo da lui esercitaro sul progetto e sui cosmonauti. Ancora su Kamanin,
preziose testimonianze sono contenute nei suoi diari, tenuti segreti fino al 1995: se ne
danno stralci in http://www.astronautix.com/k/kamanindiaries.html.
Sulla figura di Gagarin, il testo che ne dà il quadro più completo, individuando
l'uomo - con debolezze e contraddizioni - dietro la figura di supereroe che ne fece
il regime è L. Danilk.in, Gagarin, Castdvecchi, Roma 2013. Le citazioni di Gagarin
sono tratte dal volume di memorie che scrisse subito dopo il volo ndlo spazio: nono
stante l'imeneo propagandistico alla base ddla loro pubblicazione, esse costituiscono
un interessante documento: J. Gagarin, Non c'è nessun Dio quassu. L'autobiografia
del primo uomo a volare nello spazio, Red Star Press, Roma 2017. Per ulteriori sfac
cettature della personalità di Gagarin. si rimanda al libro che il cosmonauta scrisse
con lo psicologo, V ladimir Lebedev, che lo seguì e preparò nell'incenso percorso di
addestramento al volo nello spazio: J. Gagarin, V. Lebedev, Quello che ho visto nello
spazio. Psicologia e cosmo ne/l'esperienza del primo uomo a volare tra le stelle, Red Star
Press, Roma 2016.
Sui progetti spaziali statunitensi, si può consulcare il poderoso volume, estrema
mente ricco di documentazione archivistica, diJ. M. Logsdon, R. D. Launius {eds.),
Exploring the Unknown, 7: Human spaceflight: Projects, lvlercury, Gemini, and Apollo,
NASA Hiscory Division, Washington DC 2008.
Sulla figura di Alan Shepard, oltre alla sua autobiografia A. Shepard, The First
American in Space, Tue Rosen Publishing Group, New York 2004, si veda anche
N. Thompson, Light This Candle: The Lift and Times ofAlan Shepard, Three Rivers
Press, Random House, New York 2004. Sui rituali scaramantici degli astronauti:
Astronauts Have Some lféird Pre-La,mch Traditions. Rituals are important when
you're about to rocket into space, Smichsonian.com (https:/ /www.smichsonianmag.
com/smart-news/astronauts-pre-launch-traditions-180956151/).
Una lettura originale sui primi passi dell'avventura spaziale statunitense è O. Fal
laci, Se il Sole muore, Rizzoli, Milano 1965, diario di viaggio durato un anno tra la Ca
lifornia e New York, in un'America che seguiva spasmodicamente i progressi dei suoi
LUNA ROSSA
studi spaziali e le imprese dei suoi astronauti. Di questi astronauti, l'autrice delinea
ritratti di estrema accuratezza.
Avanti popolo
Sulla sfida agli USA rappresentata dal lancio dello Sputnik: Robert A. Divine, The Sput
nik Challenge, Oxford University Press, Oxford-New York-Toronto 1993. Per gli ultimi
anni della vita e della ricerca di Korolev si rimanda a Harford, Korofev, cit. Molte no
tizie interessanti e approfondite sulle prime fasi dei programmi spaziali in URSS e USA
si trovano in F. French, C. Burgess, lnto That Silent Sea: Trailblazers ofthe Space Era,
I9lfr-I9tf5, University ofNebraska Press, Lincoln (NE)-London wo7. da cui sono state
fra l'altro attinte le informazioni su German Titov e sul suo volo nello spazio, nonché
quelle su Valentina Tereskova. ln specifico, su Titov molte informazioni si ricavano dal
le interviste in G. Tirov, M. Caidin, I am Eagfe!, Bobbs-Merrill, Indianapolis (IN )-New
York 1962.. Sulla Terdkova, si veda la breve autobiografia V. Tereshkova, The First Lady
o/Space: In Her Own Words, scaricabile su ](jndJe.
Ancora sulle vicende dei cosmonauti russi è utile la consultazione di C. Burgess,
R. Hall, The First Soviet Cosmonaut Team: Their Lives and Legacies, Springer-Praxis,
New York-Chichester 2.009, oltre alla narrazione di Boris Cherrok (uno degli inge
gneri che lavorò sotto Korolev), Rockets and People, 3: Hot Days ofthe Cold U,',,r, ed.
by A. Siddiqui, NASA History Division, Washington DC 2.009 (scaricabile in pdf in
https://history.nasa.gov/SP-4110/vol3.pdf). A. Zak, RussianSpaceWeb.com, in http://
www.russianspaceweb.com/index.html, è un pot-pourri di informazioni sullo spazio
sovietico e russo, ricco di notizie ma poco equilibrato; serve per una consultazione di
base, grazie alla presenza di numerose voci sulla gara spaziale e sui suoi atrori, alcune
ben scritte e documentate, altre egualmente avvincenti ma scarse di riferimenti.
Il lungo articolo di A. Jenks, The Flight that Launched a Thousand Rumors, in
"Russian History Blog", 5 Aprii 2.011, in http://russianhistory blog.org/2.ou/04/the
Aight-that-launched-a-thousand-rumors/, analizza il passaggio del governo sovietico
dall'atteggiamento di segretezza maniacale sulle prime imprese spaziali a una nuo
va linea politica basata sulla diffusione ad hoc delle notizie e all'esibizione pubblica
dei suoi cosmonauti in veste di rappresentanti ufficiali della potenza dell'URSS. Sulla
creazione di un'immacolata mitologia dei cosmonauti da parte dell'URSS è utile la
lettura di S. Gerovitch, "Why Are We Telling Liesf" The Creation o/Soviet Space Histo
ry Myths, in "Tue Russian Review", 70, 3, 2.011, pp. 460-84 (in https://www.jstor.org/
stable/ 412.89978?seq=1#page_scan_tab_contents).
Riguardo alla reazione statunitense alle missioni dei cosmonauti sovietici e, in
BIBLIOGRAFIA 2.37
Per la successione di Vasilij Misin alla guida dell'OKB-1 dopo la morte di Korolev,
il rendiconto migliore si trova in Harvey, Soviet and Russian Lunar Exploration, cit.
Sulla figura di V ladimir èelomej non esiste una biografia esaustiva in lingua in
glese; occorre quindi fare riferimento a un sintetico cesto online: http:/ /www.ascro
nautix.com/c/chelomei.html, e a un saggio più esteso scritto in occasione del 95° an
niversario della sua nascita e pubblicato sul sito del Politecnico di Kiev in cui compì i
suoi srudi: hctps://kpi.ua/en/node/9234.
I commenti di Sergej Chruséev circa le rivalità interne al programma spaziale so
vietico si trovano in Khrushchev, Khrushchev on Khrushchev, cic.
Da ultimo, sulla crisce vicenda della morte in volo di Komarov si consiglia la lec
rura di Chertok, Rockets and People, 3: Hot Days of the Co/d J¼ir, cic., mentre per la
scoria dell'amicizia tra Komarov e Gagarin e per il tentativo da parte di quest'ulti
mo di impedire la partenza della missione, si vedano due articoli del 2011: R. Krul
vich, Cosmonaut crushed imo Eart "Crying in Rage", in https://www.npr.org/
sections/krulwich/ 2011 I 05/ o 2/ 13 4 597 833/cosmonaut-crashed-in to-earth-crying
in-rage ?t=1554077232984, e Id., A Cosmonaut 's Fiery Death Reto!d, in https://www.
npr.org/blogs/krulwich/2011/05/03/ 13 59193 89/a-cosmonauts-fiery-death-retold.