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Pasolini Interprete Del Proprio Cinema
Pasolini Interprete Del Proprio Cinema
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3. All'interesse di Pasolini per la musica e in particolare alle scelte delle musiche per
i film è dedicato il ponderoso e importante volume di R. Calabretto, Pasolini e la mu-
sica, Pordenone, Cinemazero, 1999.
4. Cfr. P. Baldelli, Film e opera letteraria, Padova, Marsilio, 1964, pp. 345-346.
5. Al lettore nuovo, in Poesie, Milano, Garzanti, 1970, p. 5.
6. Cfr. Il «cinema di poesia», in Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972, pp. 171-191.
7. Una visione del mondo epico-religiosa, in «Bianco e nero», n. 6, 1964.
8. Lettera ad Alfredo Bini, in II Vangelo secondo Matteo, Milano, Garzanti, 1964,
p. 20.
9. Poesia informa di rosa, Milano, Garzanti, 1964, p. 26. La serie delle Poesie mondane
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Welles, inquadrato mentre tiene in mano, ben visibile, una copia della
sceneggiatura di Mamma Roma. Analogamente, in Teorema , il giovane
ospite appare, ripreso frontalmente, mentre è assorto nella lettura di
un'edizione economica delle poesie di Rimbaud (anche in questo caso
la copertina è rivolta verso la macchina da presa). Anche nella forma
concreta del libro, dunque, la poesia diviene oggetto e soggetto cine-
matografico.
Di questo pastiche di letteratura e cinema sono eloquente testimo-
nianza le sceneggiature pubblicate in volume, spesso corredate di poe-
sie scritte durante la lavorazione dei film, a conferma dell'osmosi, quasi
del rapporto di metonimica complementarità intercorrente tra i due
codici: Accattone , Mamma Roma , Il vangelo secondo Matteo , Uccellacci e
Uccellini , Edipo Re , Medea, Teorema , Ostia ,10 II padre selvaggio11 e la Tri lo-
gia della vita (il volume comprende le sceneggiature di Decameron , dei
Racconti di Canterbury e del Fiore delle Mille e una notte). Teorema costitui-
sce un caso limite di questa contaminazione pasoliniana di autonomia
di scrittura letteraria ed eteronomia di scrittura per il cinema: è una
sceneggiatura scritta come racconto (o viceversa); «più che un rac-
conto è quello che nelle scienze si chiama referto», avverte Pasolini nel
risvolto di copertina del volume, dal titolo un po' precettistico: Come
leggere nel modo giusto questo libro. Ci si trova di fronte ad un esito
estremo, apparentemente paradossale, della composizione a quattro
mani sopra considerata: questa volta però, invece che una sceneggia-
tura, Pasolini ha scritto una specie di romanzo, o di lungo racconto. Lo
conferma lui stesso, non senza una punta di narcisismo nel creare un
ennesimo sdoppiamento: «in tale natura anfibologica, non so sincera-
mente dire quale sia prevalente, se quella letteraria o quella filmica».12
Il film ed il racconto sono due esiti omologhi, anzi complementari di
un'operazione condotta contemporaneamente su due sistemi di segni
diversi, su due organismi stilistici paralleli. È un caso di programmatico
sdoppiamento all'interno del quale è impossibile stabilire quale dei due
testi - il racconto ed il film - sia l'antigrafo e quale l'apografo (anche se
naturalmente il racconto-sceneggiatura è stato scritto prima della rea-
lizzazione del film). Siamo cioè in presenza di due creazioni distinte e
cui appartiene il brano di diario in versi (datato io giugno 1962) era apparso per la prima
volta con il titolo Le poesie di " Mamma Roma" in appendice alla sceneggiatura del film
(Mamma Roma , Milano, Rizzoli, 1962, pp. 153-160).
10. Regista del film fu Sergio Citti; Pasolini scrisse il soggetto e la sceneggiatura.
11. Sceneggiatura per un film poi non realizzato, pubblicata dapprima in «Cinema e
film» (3-4, 1967), poi in volume (Torino, Einaudi, 1975).
12. Come leggere nel modo giusto questo libro, in Teorema, Milano, Garzanti, 1968. Di se-
guito Pasolini precisa che «Teorema era nato come pièce in versi, circa tre anni fa, poi si è
tramutato in film, e, contemporaneamente, nel racconto da cui il film è stato tratto e
che dal film è stato corretto».
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io utilizzo la cinepresa per creare una sorta di mosaico razionale [...]. Questa
tecnica che io avevo in qualche modo sacralizzato, secondo la definizione che
Contini ha dato di Dante - egli dice che la tecnica appartiene al dominio del sa-
cro - non ha più oggi la stessa funzione [...]. 16
13. Cfr. Medea - Un film di Pier Paolo Pasolini , Milano, Garzanti, 1970, p. 93.
14. Cfr. La confiisione degli stili , in Passione e ideologia , Milano, Garzanti, i960, pp. 342-
343.
15. Cfř. le dichiarazioni di Pasolini nell'intervento, Una discussione del '64, pubblicato
a conclusione del volume miscellaneo Pasolini nel dibattito culturale contemporaneo, Pa-
via-Alessandria, 1977, p. 123.
16. Entretien avec Pasolini , a cura di G. P. Brunetta, «Cahiers du cinema», n. 212, mag-
gio 1969.
17. Il sogno del centauro, intervista a cura di Jean Dunot, Roma, Editori Riuniti, 1983,
p. 85.
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18. Cfr. Empirismo eretico, cit., p. 288. Alla semiologia cinematografica di Pasolini Eco
ha mosso aperte e talora vivaci critiche: cfř. Appunti per una semiologia delle comunica-
zioni visive, Milano, Bompiani 1767, e II codice cinematografico, in La struttura assente, Mi-
lano, Bompiani, 1968. Pasolini replica con il saggio JI codice dei codici, in Empirismo ere-
tico, cit., pp. 281-288.
19. La fine dell'avanguardia, in «Nuovi Argomenti», n. 34, nuova serie, luglio-dicem-
bre 1966, poi in Empirismo eretico, cit., pp. 138-139 (corsivo nel testo).
20. Cfr. Il nouveau roman, Milano, Sugar, 1965, pp. 159-167.
21. Cfr. Il «cinema di poesia», in Empirismo eretico, cit., pp. 171-191.
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deir Associazione Internazionale per gli Studi di Lingua e Letteratura Italiana, Firenze,
Olschki 1988, vol. m, pp. 1281-1294. Un utilissimo strumento di consultazione per questo
tipo di indagine è rappresentato dal volume fotografico Pier Paolo Pasolini : corpi e luoghi,
a cura di M. Mancini e G. Perrella, Roma, Theorema 1981; 2aed. ampliata e arricchita
di un inserto a colori, con prefazione di Paolo Volponi, 1982. Si veda inoltre F. Gerard,
Ricordi figurativi di Pasolini , in «Prospettiva», 32, 1983, pp. 32-47.
24. Descrizioni di descrizioni, Torino, Einaudi, 1979, p. 252.
25. Il sogno del centauro, cit., p. 97.
26. Ivi, p. 116.
27. Confessioni tecniche, in Uccellacci e uccellini, Milano, Garzanti 1966, p. 44.
28. Pasolini commenta queste due riproduzioni in una delle interviste raccolte in Con
Pier Paolo Pasolini, a cura di E. Magrelli, Roma, Bulzoni 1977, p. 71.
29. Si veda la dettagliata e minuziosa descrizione dei diversi colori che compongono
l'insieme cromatico delle due scene, e particolarmente della seconda, nel testo della sce-
neggiatura (cfr. Ali dagli occhi azzurri, Milano, Garzanti, 1965, pp. 468-469 e 480-482),
dove emerge anche un mutamento intercorso tra progettazione e realizzazione delTo-
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pera, ovvero tra testo della sceneggiatura e testo filmico. I due inserti pittorici inizial-
mente progettati erano ripresi entrambi dal Pontormo (rispettivamente l'Incoronazione
e la Deposizione). Nella realizzazione del film invece Pasolini sostituisce l'Incoronazione
con la Deposizione di Rosso Fiorentino. Si vedano inoltre le dichiarazioni di Pasolini in
O. Stack, Pasolini on Pasolini, London, Thames and Hudson, 1969, p. 63.
30. Cfr. Mamma Roma, cit., pp. 120-124; si vedano al riguardo le osservazioni di P.
Baldelli in Film e opera letteraria, cit., pp. 375. Si tenga presente che quello presentato in
questo volume è il testo della prima sceneggiatura del film: il testo di Mamma Roma suc-
cessivamente raccolto nel volume Ali dagli occhi azzurri, per quanto datato 1961, è infatti
diverso. A parte l'eliminazione delle didascalie, si ha una sostanziale trascrizione della
sceneggiatura in forma di racconto che anticipa, in parte, l'esperienza di Teorema.
31. Cfr. Mamma Roma, cit., p. 13 e Ali dagli occhi azzurri, cit., p. 363 e 367; 1 indicazione
offerta dalla sceneggiatura trova un preciso ed eloquente riscontro figurativo nella
scena d'apertura del film.
32. Intervista sul Vangelo secondo Matteo, in «Settimana Incom Illustrata», 24 maggio
1964 (brano riportato in II Vangelo secondo Matteo, Milano, Garzanti, 1964, p. 301).
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e uccellini , La terra vista dalla luna e Che cosa sono le nuvole. Da Bruegel è
naturalmente ripresa la scena del ballo tondo nel corso del banchetto di
nozze.
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terventi del corvo), insieme alla prima affermazione del tema della bor-
ghesia che ha ormai identificato tutto il mondo con se stessa. Il modulo
del racconto picaresco, della favola si sdoppia nell'alternanza delle due
vicende parallele (come poi in Porcile). Edipo Re inaugura la serie dei ri-
facimenti cinematografici di opere letterarie: faranno seguito i rifaci-
menti della Medea di Euripide, del Decameron , dei Racconti di Canterbury ,
delle Mille e una notte e delle 120 giornate di Sodoma di Sade. Edipo Re apre
inoltre un ciclo di opere che attingono il loro soggetto direttamente
alla mitologia ed alla tragedia greca, cui appartengono la tragedia Pilade
e la successiva Medea (ma già del i960 è una traduzione dell' Ores tiade di
Eschilo). Edipo Re è film scopertamente autobiografico:38 un'autobio-
grafia ripercorsa sovrapponendo Freud a Sofocle, con un distacco nar-
rativo reso possibile dal tempo. In Porcile si può riconoscere un lontano
preannuncio di Salò : l'alternanza delle due vicende parallele - gli antro-
pofagi sulle pendici dell'Etna e la famiglia della borghesia industriale te-
desca - stabilisce una trasparente chiave analogica nella parabola della
borghesia che divora se stessa. Sull'alleanza conclusiva tra vecchio e
nuovo capitalismo si chiude infine la visione anarchico-apocalittica del-
l'autore. La Tńlogia della vita - Decameron, I racconti di Canterbury ed II
fiore delle Mille e una notte - coincide con il periodo erotico e festoso del
cinema pasoliniano: il regista si abbandona al gioco epico e figurativo,
alla rappresentazione della corporalità popolare quale era prima del-
l'età moderna e quale aveva trovato espressione nelle tre raccolte di
novelle, ambientate in contesti geografici ed etnico-culturali profonda-
mente diversi tra loro.39 Pasolini ritorna dunque al passato, al Me-
dioevo - con una vistosa rimozione della realtà presente - per ritro-
varvi le immagini di un'umanità ancora viva e intatta nelle sue manife-
stazioni, soprattutto sessuali; si abbandona al sogno, alla festa, al
gioco:
con questo film [ Decameron ] non solo ho giocato, ma ho capito che il cinema è
gioco [...]. Ma mentre in Porcile e Medea il mio gioco era atroce, ora esso è
lieto, stranamente lieto. [...] gioco. Ma giocando mi distinguo da una realtà
che non mi piace più: nel Decameron gioco una realta che mi piace ancora ma
che nella storia non c'è più.40
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Se volessi continuare con films come II Decameron non potrei più farlo, perché
non troverei più in Italia - specie nei giovani - quella realtà fisica (il cui vessillo
è il sesso con la sua gioia) che di quei films è il contenuto.46
Se io oggi volessi rigirare Accattone, non potrei più farlo. Non troverei più un
solo giovane che fosse nel suo 'corpo' neanche lontanamente simile ai giovani
che hanno rappresentato se stessi in Accattone.47
Il Nuovo Potere brucia il Passato lasciando dietro di sé le livide tracce
di tale distruzione, da cui nasce Salò. L'irruzione trasgressiva del pas-
sato nel presente appare sempre più a Pasolini come la sola «rivolu-
zione» possibile. È l'ultimo sogno della ragione, l'estrema utopia di un
pensiero mitico - divenuto pensiero negativo e apocalittico - di fronte
all'egemonia della nuova storia. Parlare del proprio cinema è divenuto
sempre più per Pasolini - così come ogni altro argomento - un discorso
declinato e rivolto al passato: un passato perduto, non recuperabile,
non risarcibile.
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