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SIMBOLISMO

1876-primo decennio ‘900


Questo senso di estraneità porta a una progressiva specializzazione
linguistica
= poesia lontana da vocazione “popolare” del Romanticismo.

“Simbolismo” per poetica che va per simboli: con intuizione si passa da


finito a infinito; rifiuta le pretese della scienza di spiegare l’universo.

=> quindi coesistono tra il 1876-1890:


ma poi il Simbolismo domina dal 1890-1910; poi confluisce nel
Decadentismo (Simbolismo=poetica, Decadentismo=cultura e civiltà
artistica/letteraria).

TENDENZA AL SIMBOLISMO
Baudelaire con i Fiori del male teorizza:
il Simbolismo e le correspondances: analogia fra sensi umani e gli aspetti
della natura attraverso sinestesia (figura retorica 2 parole di sensi diversi);
uso quindi di simboli e tendenza all’oscurità.
l’Espressionismo con la scissione e alienazione della vita (es. la Perdita
dell’aureola); la realtà viene raccontata con allegorie e l’apologo
narrativo.

SIMBOLISMO EUROPEO
Parnassianesimo francese 1866-1876:
modello: Théophile Gautier, 1852, poesie di perfezione e impassibilità
stilistica
Parnaso = monte sacro ad Apollo
recupero classicismo; arte impassibile: senza emozioni e assolutamente
con impegno politico/sociale.

Simile il movimento preraffaellita:


in Inghilterra, 1848 nasce la Confraternita con Dante Rossetti
ritorno verso lo Stilnovo della Vita nuova di Dante e neogotico
anni ‘70/’80 va verso l’Estetismo.

In Francia, dopo il Parnassianesimo, si pongono le basi di una nuova


poetica: in particolare Rimbaud con la Lettera del Veggente 1871 pone le
basi della nuova poetica.
Tendenza si afferma con l’antologia I poeti maledetti (1884) contenente
testi di Verlaine, Mallarmé, Rimbaud.
Punti principali:
Rinuncia alla ragione per logica comune
La poesia si scioglie in musica (Verlaine) e poesia fonosimbolica (Rimbaud
ne Le vocali)
Linguaggio poetico si specializza
Sinestesia e procedimenti analogici: sensazione come di una
partecipazione mistica al mondo
Andamento del sogno e dell’inconscio
La parola è centrale, e questo porta al soggettivismo e valorizzazione del
poeta: poesia ab-soluta, sciolta di legami.
Da questa poesia assoluta nascerà l’idea estetica e della poesia “pura”.
LA LETTERA DEL VEGGENTE
Destinatario è Paul Demeny, scritta nel 1871.
Esprime caratteri del Simbolismo:
Il poeta non ha responsabilità esterne: deve concentrarsi sul coltivare
l’anima, provando tutte le sue tendenze anche oltre il limite morale. “Ma
si tratta di fare l’anima mostruosa”.
Il poeta è veggente e Sommo Sapiente: “il poeta si fa veggente mediante
un lungo e ragionato disordine di tutti i sensi”. Deve passare “tutte le
forme d’amore, di sofferenza e di pazzia”, grazie alle quali “diventa il
grande infermo, il grande criminale, il grande maledetto e il sommo
Sapiente”. Giunge alla suprema sapienza attraverso un
autoannientamento.
L’obiettivo della poesia è l’ignoto e il suo fondo: lì il poeta diventa poeta
veggente. Ha un dovere nei confronti dell’umanità e degli animali stessi.
La lingua: verrà il tempo di un linguaggio universale, e quello sarà
“dall’anima per l’anima, riassumerà tutto: profumo, suoni, colori” =
ripresa delle corrispondenze di Baudelaire.
La poesia non imiterà più le azioni ma le precederà: una poesia
d’avanguardia, materialista e rivoluzionaria.
Femminismo teorico di Rimbaud: anche loro saranno poetesse, quando
“l’uomo -finora abominevole- l’avrà congedata”.

⇨ questo tipo di Simbolismo, anarchico e rivoluzionario, non troverà


riscontro in Italia.

BAUDELAIRE
BIOGRAFIA
Charles Baudelaire nacque a Parigi nel 1821; suo padre morì quando egli
aveva soltanto sei anni e il matrimonio della madre, che si risposò poco
dopo, determinò in lui una profonda sofferenza destinata a durargli tutta
la vita, camuffata spesso da cinismo e spavalderia. Dopo aver conseguito
la licenza liceale, Baudelaire cominciò una vita sregolata; il patrigno sperò
di ottenere un cambiamento persuadendolo ad un viaggio nelle isole
dell'Oceano Indiano, ma al suo ritorno, ormai maggiorenne, Baudelaire
riprese la vita stravagante, dissipò rapidamente il patrimonio ereditato
dal padre, si avvilì sempre di più nell'alcool, nella droga, nella
frequentazione di ambienti malfamati e di personaggi equivoci. Fu
costretto a lavorare per vivere e scrisse saggi e articoli di pittura (sui
Saloni di Esposizione di Parigi), di musica (ebbe l'intuizione
dell'importanza di Wagner), di letteratura (studiò e tradusse le opere
dello scrittore americano E.A Poe).
Nel 1857 pubblicò la sua raccolta di versi, I fiori del male, un libro che gli
procurò subito un processo per alcune liriche considerate immorali; fu
pubblicato in seconda edizione, riveduta e purgata, nel 1861. L'opera non
ebbe risonanze e il poeta, amareggiato e prostrato nel fisico e nel morale,
si allontanò da Parigi la cui atmosfera gli era diventata insopportabile, e
andò a vivere a Bruxelles. Ma non fu molto soddisfatto del cambiamento
perché anche questa era una città meschina e soprattutto perché si
aggravò il suo già precario stato di salute. Nel 1866 ebbe il primo attacco
di paralisi e l'anno dopo morì in una clinica di Parigi. dove era stato fatto
trasportare dalla madre.

L’ALBATRO
Fra le prime poesie dei Fiori del male.
Come la Perdita dell’aureola Baudelaire ci mostra il cambiamento della
condizione del poeta: il prestigio è l’albatro che vola maestoso, la “perdita
d’aureola” è la sua caduta e lo sbeffeggiamento da parte dei marinai.
Antecedente in Coleridge, La ballata del vecchio marinaio: ma lì albatro=
messo divino (annunciante la possibile unione fra uomo e Natura) che
viene ucciso, rompendo questo legame d’armonia.
Qui l’albatro è il poeta.
Allegoria perfetta:
albatro-poeta
marinai-pubblico borghese
Richiama un’altra lirica dei Fiori del male, il Cigno: entrambi immagini
dell’esilio.

CORRISPONDENZE
Considerato manifesto del Simbolismo.
Natura vista come tempio dove tutto ha un significato nascosto (“foreste
di simboli”) che solo il poeta può cogliere. Poeta come sacerdote: coglie
l’eco e la voce della Natura e le relazioni misteriose che legano fra loro gli
aspetti della realtà.
Procedimento analogico/alogico e sinestesia: 
analogia accosta l’inconciliabile
sinestesia accosta sfere di sensi diverse.
Decifrando queste si arriva alla verità del simbolo e da questa il poeta può
ricostruire l’immagine della totalità della realtà.
Non messaggio morale ma culto della parola: spersonalizzazione.

CARDUCCI
BIOGRAFIA
nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello, vicino Lucca, e fino al 1839 vive
immerso nel meraviglioso paesaggio toscano della Maremma. Nella sua
esperienza personale, questi anni in Toscana rivestono un ruolo
fondamentale per la formazione della sua sensibilità: l’immagine di una
natura incontaminata, energica e vitale accompagnerà tutta la sua
produzione poetica.       
Dopo i primi studi, nel 1853 viene ammesso alla Scuola Normale
Superiore di Pisa dove uscirà, laureato in Filologia, nel 1856.
Passando da Pisa a Firenze, negli anni successivi all’Università, partecipa
agli incontri della società “Amici Pedanti” che si batteva per un immediato
ritorno al classicismo della letteratura contro la modernità e le nuove idee
del Romanticismo, un dibattito molto sentito in Italia all’epoca in quanto
ogni intellettuale e letterato del tempo si schierava – e lottava – a favore
o contro il classicismo in contrasto con le idee romantiche. Sua la frase:
«Colui che potendo esprimere un concetto in dieci parole ne usa dodici, io
lo ritengo capace delle peggiori azioni.»
Arrivano anni duri, però, per il giovane Carducci. Suo fratello muore
suicida e presto anche il padre passa a miglior vita lasciando Carducci
responsabile per la madre e per l’altro fratello. Sono comunque anni di
intensa attività editoriale, non si da per vinto, cura varie edizioni di classici
italiani e, negli stessi anni, sposa Elvira Menicucci da cui ebbe quattro
figli.  
Nel 1859 cade il Granducato di Toscana, evento questo che suscita in lui
un grande entusiasmo in vista dei moti risorgimentali, e fino agli anni
immediatamente successivi all’Unità d’Italia insegnerà prima in un liceo di
Pistoia poi all’Università di Bologna, dove vive a partire dal 1860. In
questo periodo sale in lui una crescente delusione verso la nuova classe
dirigente dello Stato Unitario – è soprattutto insofferente verso la
mancata liberazione di Roma - e comincia ad appoggiare ideali
repubblicani e giacobini fino ad un aspro anticlericalismo, tutti
atteggiamenti questi che lo metteranno in cattiva luce davanti al governo
ufficiale che arriverà addirittura a sospenderlo dall’insegnamento.
Il 1870 si apre per Giosuè Carducci con altri gravi lutti: perde la madre e
uno dei figli avuti nel primo matrimonio. Si accompagna però a questo
dolore un grande successo come poeta, pubblica una raccolta di poesie e
comincia una nuova relazione amorosa con una donna intellettuale
entrata in contatto con lui, inizialmente, attraverso scambi epistolari:
Carolina Cristofori Piva.  
Intanto il suo atteggiamento giacobino si affievolisce gradualmente e nel
1876 viene candidato come democratico alle elezioni parlamentari. Pian
piano comincia ad accettare il ruolo dei monarchici Savoia come garanti
dell’Unità italiana e, dopo l’incontro con la regina Margherita a Bologna,
nel novembre del 1878, fu tanto grande per lui il fascino esercitato dalla
donna che scrisse un’ode Alla regina d’Italia avviandosi così,
definitivamente, verso gli ideali monarchici. 
Non solo: Giosuè Carducci diventa il vate dell’Italia umbertina e viene
nominato, nel 1890, senatore del Regno. Gli ultimi anni continuano ad
essere caratterizzati da una febbrile attività editoriale e poetica
consacrando la sua posizione di poeta ufficiale dell’Italia monarchica.
Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1904 e a pochissimi anni da
questo meritato successo muore a Bologna, per una broncopolmonite, il
16 febbraio del 1907.

ALLA STAZIONE IN UNA MATTINA D’AUTUNNO


Nelle Odi Barbare 1850-60.
Scritto dopo un incontro milanese con Lidia (la sua amata, che sarebbe
Carolina Cristofori Piva) ma ricordando di una partenza della donna dalla
stazione di Bologna durante l’autunno.
15 strofe alcaiche (da Alceo, e poi Orazio: modello).
Verso 1 e 2 endecasillabo, 3 enneasillabo e 4 decasillabo.
Versi liberi, perché se Orazio è il modello, non può utilizzare rime: trova
altri espedienti, come l'allitterazione (es. quella della F).
Prima strofa, note:
“Fanali” è la parola che emerge, quasi sono umani
Lessico aulico come “rami stillanti”
Fanali e Fango allitterazione della F.
Seconda strofa:
Flebile, Fischia e Fantasma allitterazione F
Plumbeo → esempio del cromatismo di Carducci (detto il poeta del
chiaroscuro).
Terza strofa:
AFFrettarsi e Foschi allitterazione F
“Carri foschi”: climax da “vaporiera”
“Ravvolta e tacita gente” = passeggeri = quasi disperati dell’inferno
Quarta strofa:
Paragone tra il ferroviere che fora il biglietto e il tempo che divora la
giovinezza, i momenti gioiosi e i ricordi.
Quinta strofa:
Ancora cromatismo: “incappucciati di nero i vigili”.
Sesta strofa:
“Tentati”: latinismo, =percossi
Lugubre suono dei freni - eco della noia angosciosa dall’anima.
Settima strofa:
“Grossa scroscia sui vetri la pioggia”: sensazione uditiva, onomatopea.
Ottava strofa:
Il “mostro” è la locomotiva che porta via Lidia
“Immane” è latinismo.
Nona strofa:
“Gli amori miei” è pluralia maiestatis
“Bianca faccia” è cromatismo.
Decima strofa:
“O candida”, “inchinata pura fronte”, “con atto soave”: idea della purezza
Undicesima strofa:
Anafora “fremea”: sottolinea il vivo sentimento
Personificazione del “sole di giugno”.
Dodicesima strofa:
Cromatismo: colori accesi dati da “baciar luminoso”, “i riflessi del crin
castanei”, “aureola”
“Un’aureola”: quasi santifica la figura di Lidia
“I miei sogni”: riprendono i ricordi.
Tredicesima strofa:
Tutta la luce della strofa precedente si spegne: “tra la caligine torno”
“Caligine”=latinismo
Da qui in poi cerca di dissolvere il suo io perché non ha senso vivere senza
quei ricordi e Lidia.
Quattordicesima strofa:
“Caduta di foglie” = caduta dei sogni
“Gelida, continua, muta, greve”: climax per tensione.
Quindicesima strofa:
Ritorno completo al grigio: “questa caligine”
Desiderio quasi di autodistruzione
Ultimi due versi: il “naufragar m’è dolce in questo mare” ora è amaro
Carducci prova forti sentimenti, sia in positivo sia in negativo.

GUIDA ALLA LETTURA:


Divisa in tre parti: partenza alla stazione durante l’autunno, i ricordi dei
giorni estivi, il ritorno a casa abbandonato alla noia e allo squallore
dell’esistenza.
Contrasto tematico (stazione e freddo, tedio VS sole estivo) e anche
stilistico (lessico realistico VS lessico elevato e classico).
Sperimentalismo linguistico, cerca il classicismo moderno.
Figura treno* Inno a Satana.

NEVICATA
Odi Barbare, 1881.
Distici elegiaci.

“Lenta-la neve-cielo-cinereo”: chiasmo


“Lenta fiocca la neve”: distribuzione sintattica (aggettivo-verbo-nome)
che rallenta il ritmo; lentezza perché l’atmosfera è di silenzio
Richiama i mestieri della città (“erbaiola” è la fruttivendola)
Nella Quiete dopo la tempesta di Leopardi succede il contrario: stessi
riferimenti (tipo l’erbaiola) , ma la neve non tuona, è silenzio, e questo fa
ancora più paura
“Roche ore ghemon”: è un tempo che si lamenta
“Un mondo lungi dal dì”: idea di un aldilà, richiamo mondo ultraterreno
(anche poi “gli amici spiriti reduci son”)
“Picchiano uccelli raminghi”: idea di violenza + richiamo a Baudelaire e al
simbolismo (, pipistrelli)
Paesaggio interiorizzato: i sentimenti di Carducci si riflettono nel
paesaggio
“Guardano e chiamano me”: è arrivata la morte a chiamare Carducci.
“Indomito cuore”: solo con la morte potrà aver pace; il rivolgersi al cuore
è significativo, vuol dire che conosceva Leopardi.

GUIDA ALLA LETTURA:


Un po’ poesia delle antitesi: neve-cielo cinereo, luce-tenebra, suoni-
silenzio, gioventù-vecchiaia, velocità-lentezza, vita-morte.
Tema della caducità del tempo, tipico della classicità (Seneca, Orazio).
Tema morte.
Walter Binni: commento sul libro (324).

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