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SIMBOLISMO
SIMBOLISMO
TENDENZA AL SIMBOLISMO
Baudelaire con i Fiori del male teorizza:
il Simbolismo e le correspondances: analogia fra sensi umani e gli aspetti
della natura attraverso sinestesia (figura retorica 2 parole di sensi diversi);
uso quindi di simboli e tendenza all’oscurità.
l’Espressionismo con la scissione e alienazione della vita (es. la Perdita
dell’aureola); la realtà viene raccontata con allegorie e l’apologo
narrativo.
SIMBOLISMO EUROPEO
Parnassianesimo francese 1866-1876:
modello: Théophile Gautier, 1852, poesie di perfezione e impassibilità
stilistica
Parnaso = monte sacro ad Apollo
recupero classicismo; arte impassibile: senza emozioni e assolutamente
con impegno politico/sociale.
BAUDELAIRE
BIOGRAFIA
Charles Baudelaire nacque a Parigi nel 1821; suo padre morì quando egli
aveva soltanto sei anni e il matrimonio della madre, che si risposò poco
dopo, determinò in lui una profonda sofferenza destinata a durargli tutta
la vita, camuffata spesso da cinismo e spavalderia. Dopo aver conseguito
la licenza liceale, Baudelaire cominciò una vita sregolata; il patrigno sperò
di ottenere un cambiamento persuadendolo ad un viaggio nelle isole
dell'Oceano Indiano, ma al suo ritorno, ormai maggiorenne, Baudelaire
riprese la vita stravagante, dissipò rapidamente il patrimonio ereditato
dal padre, si avvilì sempre di più nell'alcool, nella droga, nella
frequentazione di ambienti malfamati e di personaggi equivoci. Fu
costretto a lavorare per vivere e scrisse saggi e articoli di pittura (sui
Saloni di Esposizione di Parigi), di musica (ebbe l'intuizione
dell'importanza di Wagner), di letteratura (studiò e tradusse le opere
dello scrittore americano E.A Poe).
Nel 1857 pubblicò la sua raccolta di versi, I fiori del male, un libro che gli
procurò subito un processo per alcune liriche considerate immorali; fu
pubblicato in seconda edizione, riveduta e purgata, nel 1861. L'opera non
ebbe risonanze e il poeta, amareggiato e prostrato nel fisico e nel morale,
si allontanò da Parigi la cui atmosfera gli era diventata insopportabile, e
andò a vivere a Bruxelles. Ma non fu molto soddisfatto del cambiamento
perché anche questa era una città meschina e soprattutto perché si
aggravò il suo già precario stato di salute. Nel 1866 ebbe il primo attacco
di paralisi e l'anno dopo morì in una clinica di Parigi. dove era stato fatto
trasportare dalla madre.
L’ALBATRO
Fra le prime poesie dei Fiori del male.
Come la Perdita dell’aureola Baudelaire ci mostra il cambiamento della
condizione del poeta: il prestigio è l’albatro che vola maestoso, la “perdita
d’aureola” è la sua caduta e lo sbeffeggiamento da parte dei marinai.
Antecedente in Coleridge, La ballata del vecchio marinaio: ma lì albatro=
messo divino (annunciante la possibile unione fra uomo e Natura) che
viene ucciso, rompendo questo legame d’armonia.
Qui l’albatro è il poeta.
Allegoria perfetta:
albatro-poeta
marinai-pubblico borghese
Richiama un’altra lirica dei Fiori del male, il Cigno: entrambi immagini
dell’esilio.
CORRISPONDENZE
Considerato manifesto del Simbolismo.
Natura vista come tempio dove tutto ha un significato nascosto (“foreste
di simboli”) che solo il poeta può cogliere. Poeta come sacerdote: coglie
l’eco e la voce della Natura e le relazioni misteriose che legano fra loro gli
aspetti della realtà.
Procedimento analogico/alogico e sinestesia:
analogia accosta l’inconciliabile
sinestesia accosta sfere di sensi diverse.
Decifrando queste si arriva alla verità del simbolo e da questa il poeta può
ricostruire l’immagine della totalità della realtà.
Non messaggio morale ma culto della parola: spersonalizzazione.
CARDUCCI
BIOGRAFIA
nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello, vicino Lucca, e fino al 1839 vive
immerso nel meraviglioso paesaggio toscano della Maremma. Nella sua
esperienza personale, questi anni in Toscana rivestono un ruolo
fondamentale per la formazione della sua sensibilità: l’immagine di una
natura incontaminata, energica e vitale accompagnerà tutta la sua
produzione poetica.
Dopo i primi studi, nel 1853 viene ammesso alla Scuola Normale
Superiore di Pisa dove uscirà, laureato in Filologia, nel 1856.
Passando da Pisa a Firenze, negli anni successivi all’Università, partecipa
agli incontri della società “Amici Pedanti” che si batteva per un immediato
ritorno al classicismo della letteratura contro la modernità e le nuove idee
del Romanticismo, un dibattito molto sentito in Italia all’epoca in quanto
ogni intellettuale e letterato del tempo si schierava – e lottava – a favore
o contro il classicismo in contrasto con le idee romantiche. Sua la frase:
«Colui che potendo esprimere un concetto in dieci parole ne usa dodici, io
lo ritengo capace delle peggiori azioni.»
Arrivano anni duri, però, per il giovane Carducci. Suo fratello muore
suicida e presto anche il padre passa a miglior vita lasciando Carducci
responsabile per la madre e per l’altro fratello. Sono comunque anni di
intensa attività editoriale, non si da per vinto, cura varie edizioni di classici
italiani e, negli stessi anni, sposa Elvira Menicucci da cui ebbe quattro
figli.
Nel 1859 cade il Granducato di Toscana, evento questo che suscita in lui
un grande entusiasmo in vista dei moti risorgimentali, e fino agli anni
immediatamente successivi all’Unità d’Italia insegnerà prima in un liceo di
Pistoia poi all’Università di Bologna, dove vive a partire dal 1860. In
questo periodo sale in lui una crescente delusione verso la nuova classe
dirigente dello Stato Unitario – è soprattutto insofferente verso la
mancata liberazione di Roma - e comincia ad appoggiare ideali
repubblicani e giacobini fino ad un aspro anticlericalismo, tutti
atteggiamenti questi che lo metteranno in cattiva luce davanti al governo
ufficiale che arriverà addirittura a sospenderlo dall’insegnamento.
Il 1870 si apre per Giosuè Carducci con altri gravi lutti: perde la madre e
uno dei figli avuti nel primo matrimonio. Si accompagna però a questo
dolore un grande successo come poeta, pubblica una raccolta di poesie e
comincia una nuova relazione amorosa con una donna intellettuale
entrata in contatto con lui, inizialmente, attraverso scambi epistolari:
Carolina Cristofori Piva.
Intanto il suo atteggiamento giacobino si affievolisce gradualmente e nel
1876 viene candidato come democratico alle elezioni parlamentari. Pian
piano comincia ad accettare il ruolo dei monarchici Savoia come garanti
dell’Unità italiana e, dopo l’incontro con la regina Margherita a Bologna,
nel novembre del 1878, fu tanto grande per lui il fascino esercitato dalla
donna che scrisse un’ode Alla regina d’Italia avviandosi così,
definitivamente, verso gli ideali monarchici.
Non solo: Giosuè Carducci diventa il vate dell’Italia umbertina e viene
nominato, nel 1890, senatore del Regno. Gli ultimi anni continuano ad
essere caratterizzati da una febbrile attività editoriale e poetica
consacrando la sua posizione di poeta ufficiale dell’Italia monarchica.
Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1904 e a pochissimi anni da
questo meritato successo muore a Bologna, per una broncopolmonite, il
16 febbraio del 1907.
NEVICATA
Odi Barbare, 1881.
Distici elegiaci.