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I RESTI ARCHEOLOGICI NELLA MARINA DI CRAPOLLA

Gianluigi de Martino

e rilevanze archeologiche sono sicuramente unemergenza tra le pi appariscenti dellapproccio che si ha con il sito della marina di Crapolla. Il primo studio compiuto sui ruderi archeologici sicuramente quello di Paolino Mingazzini del 19461, con delle aperture assai interessanti sulla rilevanza archeologica di numerosi luoghi della penisola Sorrentina. Questopera, la Forma Italiae, costituisce indubbiamente uno dei primi contributi che apre degli squarci anche sul versante a sud della penisola sorrentina. Le numerose descrizioni letterarie delle ville da Strabone a Stazio ecc. che ricadono in essa, ci mostrano la ricchezza di un patrimonio insediativo antico che trova il suo momento di massimo sviluppo tra il primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo Cristo, quindi una ricchezza di forme e di oggetti e di episodi su tutto il territorio. Tali episodi erano situati essenzialmente proprio nella parte del crater, quello che va dalla parte di Pozzuoli fino a tutta la Punta della Campanella (figg. 1-4). oramai nozione ampiamente diffusa, peraltro accreditata dalla lettura, tra gli altri di Strabone nel Libro V della sua Geografia, che la fascia costiera che abbracciava non solo il golfo di Napoli ma dai Campi Flegrei (Misenum, Baiae, Dicearchia-Puteoli) fino al versante meridionale della penisola sorrentina, fosse talmente densa

Le testimonianze archeologiche di Crapolla e lurbanizzazione antica della Costiera

di insediamenti e di residenze e piantagioni da apparire come una unica citt senza soluzioni di continuit2. La situazione descritta da Strabone trova un puntuale riscontro sulla fascia costiera settentrionale della penisola sorrentina a partire da Stabia fino alla Punta della Campanella. Sulla collina di Varano, dopo la distruzione dellantica Stabia da parte di Silla, era stata edificata in periodo tardo-repubblicano tutta una serie di ville in posizione panoramica, con portici sul profilo della collina e discese a mare, documentate oltre che dagli imponenti resti, dalle fonti storiche e letterarie. A Vico Equense linsediamento romano di origine arcaica si affacciava, come oggi, sul promontorio il cui costone occidentale era stato occupato nella seconda met del I sec. a.C. da una imponente villa a pi piani (villa del Pezzolo) che discendeva fino al mare e si estendeva verso ponente sulla piana alluvionale a destra dellampio sbocco a mare del Rivo dArco. Una sequenza pressoch ininterrotta di ville marittime era poi su tutta la costa sorrentina: la villa nel giardino del Pizzo e la grandiosa villa del convento dei Cappuccini-Cocumella a S. Agnello; la villa dellhotel Loreley-Garzilli, gli edifici delle terme e della palestra dellhotel Royal e la villa imperiale Cesarano allhotel Vittoria nellarea suburbana di Sorrento; le ville sul fronte mare del centro urbano di Surrentum dellhotel Tramontano e di Agrippa Postumo - oggi hotel Syrene - a piazza della Vittoria. La

The archaeological emergencies are definitely among the most striking of the approach that it is possible to have with the site of Crapolla Harbour. The archaeological evidence of this pattern of organization and management of the territory is remarkable, not only with regard to the cities, for the most part, historically layered and evolved in the current cities, but also for all constructions of different extension marking the territory. The work of rebuilding the so-called system of seaside villas is more complex, widespread especially as constructive system since the mid-second century BC. Encountering significant archaeological complex on a site, as the gorge of Crapolla, arouses thoughts in the visitor so much as the scholar, not necessarily so far away from each other. The 'value of antiquity' of partial structures in a state of ruin offers immediate observation. The particular situation of the site quickly leads to the conclusion that, due to the exposure and the relative inaccessibility, we are not faced with foundation of something that was developed in height. On the other hand, the plaster of the largest and most intact of these spaces, suggests the configuration of a tank rather than general stores. The current state of conservation of the complex (which is already in a state of ruin) highlights the urgent need for restoration. The need to save a precious piece of architectural heritage is certainly one of the main reasons, but the need is also to find a use compatible with the architectural peculiarities of the structures and with the characteristics of an environment such as this rocky ridge on which the complex rises.

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SUMMARY

Figura 1

Restituzione grafica delle costruzioni sulla Marina di Crapolla. In evidenza i gruppi di costruzioni: ABC, approdo; D, muri ad andamento longitudinale addossati alla collina; E, le costruzioni dei pescatori; F, i depositi di epoca romana; G, altre porzioni di muratura prolungamento di una intercapedine di incanalamento dellacqua (da P. Mingazzini, F. Pfister, Forma Italiae, Regio I, Latium et Campania, volumen secundum, Surrentum, Firenze 1946).

Figura 3

Restituzione grafica degli ambienti voltati. Genericamente definiti depositi, probabilmente ospitavano anche delle cisterne idriche (lettere L, M). Si noti inoltre il sistema di isolamento e di incanalamento delle acque del rivo in una sorta di intercapedine sanitaria tra i depositi stessi e il costone roccioso (da P. Mingazzini, F. Pfister, op. cit.).

Figura 2

Figura 4

Foto (1946) della zona dove P. Mingazzini individua lapprodo del sito di Crapolla (da P. Mingazzini, F. Pfister, op. cit.).

Foto (1946) dei ruderi come si presentavano fino alla met del secolo XX. Sostanzialmente la condizione appare simile allattualit, eccetto forse per unaria pi viva di tali ambienti riutilizzati in magazzini (monazeni) e ricovero per i pescatori (da P. Mingazzini, F. Pfister, op. cit.).

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terrazza che si configurava in questo tratto del costone era, per chi guardava dal mare, tutto un susseguirsi di portici, esedre panoramiche, discese a mare, aperte e in galleria, imponenti ninfei, a mezza costa e sul mare, peschiere, cavate nel tenero banco tufaceo di ignimbrite campana. Banchine, moli di attracco e in qualche caso scali di alaggio, completavano gli apprestamenti marittimi di queste sontuose dimore edificate per la maggior parte tra la met del I sec. a.C. e la prima met del I sec. d.C. Lasciata Sorrento, tutti i punti pi panoramici della costa fino allo stretto di Capri esibivano ville adagiate sui promontori o sui pendii verso il mare, con ampi territori retrostanti di pertinenza i cui limiti erano per lo pi costituiti da elementi naturali caratterizzanti il paesaggio: rivi, gole, penisolette. La prima che si incontrava era il cosiddetto Gavianum nella propriet Correale-Serracapriola; seguivano poi, non molto distanti luna dallaltra, le ville del Capo-S. Fortunata, della Calcarella-Puolo (villa di Pollio Felice) e del Portiglione o Capo di Massa (villa Astarita-Lauro-Del Giudice). In territorio lubrense, sul pendio di Pipiano la grandiosa e lussuosa villa (in propr. Cutolo) con leccezionale ninfeo a mosaico era seguita, oltre la marina della Lobra, sul capo Corbo che la chiude a ponente, da unaltra dimora che si estende sotto la torre di Toledo e discende verso la marina. Tracce di ville sono anche sul promontorio di Gesigliano, a Punta Lagno e, in particolare, a Mitigliano (Metellianum), ma lultimo importante edificio, prima della villa-guarnigione di Punta della Campanella, come si deduce dai notevoli e significativi resti, quello che ricopre tutto il promontorio di Punta S. Lorenzo ai piedi del villaggio di Marciano. Sul versante meridionale della penisola, molto pi impervio, si incontrano vistose tracce di costruzioni romane alla marina del Cantone, presso la Torre di Nerano e nellinsenatura di Crapolla fino alla sovrastante abbazia di S. Pietro e le ville dellisolotto dIsca e quella sul Gallo Lungo, con i loro portici e belvedere. Qui, sul sito dellormai abbandonato santuario di Athena, preceduta da portici ed esedre panoramiche, e provvista di un faro che dominava i due golfi, svettava una villa-guarnigione a pi piani, di fronte alla villa imperiale di Tiberio a Capri. da osservare che la parte meridionale della penisola sorrentina era ed ancor oggi decisamente pi impervia; la situazione geo-

grafica e orografica rendeva pi difficile l approdo, per cui particolarmente significativo che la natura offra un rifugio improvviso subito prima di doppiare il capo che ha reso difficile la navigazione di questa parte della costiera. Un approdo costituisce un elemento indispensabile per un insediamento antropico (figg. 5-6). I riscontri archeologici di questo quadro di organizzazione e gestione del territorio sono notevoli, non solo per quanto riguarda i centri, per la maggior parte storicamente stratificati ed evoluti nelle attuali citt, per non menzionare i siti archeologici di Herculaneum e Pompeii, ma anche per tutte le costruzioni pi o meno estese che punteggiano il territorio compreso tra i centri maggiori. Pi complesso risulta il lavoro di ricostruzione del cosiddetto sistema delle ville marittime, diffuse in special modo come tipo costruttivo a partire dalla met del II secolo avanti Cristo. Basandosi sulla maggiore o minore consistenza dei reperti, i primi studi di archeologia in tal senso, hanno psicologicamente cercato di attribuire ad illustri proprietari i siti di maggiore interesse. Solo raramente per si riusciti ad individuare con certezza un dato che peraltro non sempre aggiunge valore a tesi di studio quale la propriet. Interessanti sono le considerazioni fatte da P. Mingazzini sul tema delle ville marittime o ville costiere, classificate secondo una distribuzione di tipo sparso. Le necessit di configurare gli spazi utili alle funzioni vitali di queste costruzioni domus vera e propria, xystus e parte marittima si piegano qui alle asperit della costa, ne sfruttano le naturali disposizioni aprendosi a funzioni puramente panoramiche, non potendo rispondere semplicemente a regole compositive quali simmetria o disposizione su assi prospettici. Il campionario delle architetture viene quindi sbloccato dalle rigide lezioni razionalistiche delle ville urbane e si offre a sempre nuove sfide di originalit e ricchezza di forme e decorazioni, oltre ovviamente alle esigenze pratiche per la gestione domestica (cisterne, approdi, peschiere, bagni).

Lanalisi diretta dei manufatti. Le caratteristiche costruttive

Imbattersi in un rilevante complesso di archeologia in un sito cos particolare come la gola di Crapolla, suscita riflessioni tanto nel visitatore quanto nello studioso, non necessariamente cos lonta-

Figura 5

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La parte rocciosa sporgente su un tratto ancora sufficientemente profondo per poter essere approdo naturale. Addirittura sulla propaggine della banchina rocciosa sembrerebbe potersi interpretare un simbolo inciso. Linterno delle cavit presenta comunque abbondati tracce di opere artificiali. Ancora una volta per costruzioni utilitarie prive anche di ipotesi decorative delle grotte come per altri episodi simili trasformati in ninfei (ad es. sullisolotto di Isca).

Figura 6

Residui di apparecchi murari in opus quasi reticulatum (?) parte di costruzioni di servizio per lapprodo di Crapolla. Il sistema pi complesso e probabilmente con diversi terrazzamenti realizzati su questi cisternoni, ci appare oggi troppo frammentario per poter essere interpretato con certezza.

ne tra di loro (fig. 7). Prima ancora di verificare la bibliografia corrente e di avere conferma alle congetture sulluso di questi vasti ambienti, si comincia con lintravedere linconfondibile opera muraria realizzata con i cubilia di tufo giallo a configurare un opus reticulatum molto regolare, ancorch eroso in parecchi punti (fig. 8). Il valore di antichit delle strutture parzialmente allo stato di rudere, si offre immediatamente allosservazione. La particolare situazione del sito conduce rapidamente alla conclusione che per lesposizione e la relativa inaccessibilit, difficilmente ci si trova davanti ad ambienti di fondazione di qualcosa che si sviluppava

in altezza. Daltro canto gli intonaci superstiti del maggiore e pi integro di questi spazi, ci suggerisce la configurazione di una cisterna pi che di generici magazzini3 (figg. 9-12). Il bonario rimbrotto di Maiuri nelle sue Passeggiate sorrentine ai filologi che in tutte le epoche si erano cimentati per trovare ascendenti mitici per questi luoghi, andrebbe tuttora seguito nel dare interpretazione di questi luoghi come di una mansio, una sorta di fattoria ed approdo, magari anche con piccoli abituri per servit, al servizio delle ville marittime sui Galli, segnatamente Isca. E il nome Torca forse segnala ulteriormente la presenza di attrezzatu-

Figura 7

Rielaborazione della planimetria di P. Mingazzini, con linserimento nel pi recente rilievo (1987).

Figura 8

Fotomosaico dell interno di uno degli ambienti con le volte crollate. Ben evidente il paramento in opus reticulatum, straordinariamente conservato, considerate le condizioni di sostanziale abbandono ed esposizione alle intemperie.

Figura 9

Fotomosaico con il complesso dei ruderi nel fiordo di Crapolla. La vegetazione appare particolarmente invasiva, anche per mancanza di una manutenzione consuetudinaria.

Figura 10
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Foto (1946) della parte con le volte parzialmente crollate. Dallimmagine depoca evidente il terreno ancora ben governato a terrazzamenti alle spalle dei monazeni.

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Figura 11

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Le volte parzialmente crollate di alcuni degli ambienti archeologici. Le condizioni di degrado sono abbastanza evidenti sia per i materiali che per le strutture, accentuate anche dalle soluzioni spontanee di uso sociale di questi spazi, con suppellettili ormai nemmeno pi legate alla tradizione.

Figura 12
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Sorta di bacino alle spalle delle cisterne. Forse una vasca di decantazione prima di captare acqua o semplicemente una zona di espansione per ridurre limpeto del rivo prima di incanalarlo nellintercapedine alle spalle degli edifici.

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Figura 13

Foto (1946) dellarrivo sulla spiaggia dellintercapedine che conduceva le acque del rivo fino al mare (da P. Mingazzini, F. Pfister, op. cit.).

Figura 14

Lo sbocco attuale dellintercapedine con le recenti opere di presidio dalle mareggiate. In alto a sinistra si noti il proseguimento della stessa muratura.

Figura 15

Particolare interno della notevole opera idraulica. I grossi diatoni servono apparentemente anche a trattenere i detriti di maggiori dimensioni che limpeto stagionale del rivo trascina verso il mare.

Figura 16

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Il paramento superstite dellintercapedine idraulica con i vuoti dove alloggiavano i grossi diatoni che collegavano le opere murarie.

re per la lavorazione delle olive. Suggerimenti utili forse anche per una restituzione didattica attuale di questi luoghi. Sempre Amedeo Maiuri notava come gli storici locali, i filologi fino a tutto il Settecento, ma fino ai giorni nei quali lui scrive, tentavano di attribuire la toponomastica locale a miti sempre pi elevati; invece il suo richiamo sulla toponomastica di Crapolla ha un evidente metatesi - presente peraltro in altre zone della Campania non ultima Capri, Caprile con un richiamo alla vocazione agricola del sito, ovviamente con una vocazione molto meno mitica o divinizzata, come dellA A , la collina di Apollo4. Cos come tutta la storia di questi siti probabilmente segnata gi in epoca classica dalla lavorazione dei prodotti della terra. I grandi proprietari terrieri, quindi una committenza molto avvertita culturalmente ma anche con buone disponibilit economiche, avevano la possibilit di farsi costruire oggetti meravigliosi che competevano decisamente luno con laltro. Dalle cronache risulta abbastanza evidente quante meraviglie potessero contenere queste ville: giochi dacqua, ninfei, peschiere ecc. Le strutture sono di natura molto diversa e non necessariamente differenziata solo rispetto alle fasi costruttive. Rimandando gli indispensabili interventi a seguito di una pi approfondita indagine (anche strumentale) e che metta in campo competenze specialistiche, alcune considerazioni sui campioni di muratura maggiormente presenti si sono potute fare con un esame a vista. Ci si trova di fronte a murature prevalentemente in pietrame appena sbozzato. Gli elementi lapidei, pietre rustiche e calcaree, assemblati con malta, sono frammisti a materiali di riuso, frammenti di cotto e inerti di grosse dimensioni (fig. 13-16). Si configura cos una muratura a grossi giunti irregolari e sfalsati. Tracce di intonaco a calce sono la testimonianza di una finitura ad intonaco, necessaria per la protezione delle malte talvolta di scarsa qualit. Presenti anche numerose ristilature di giunti a raso sasso

Condizioni attuali di degrado

realizzate con intonaco di cemento. Le condizioni generali di questa muratura, pur presentando numerose discontinuit, sono discrete a meno di alcuni punti dove la mancata irrigimentazione delle acque meteoriche associata alle incontrastate spinte orizzontali delle volte sulla muratura libera da orizzontamenti e carichi verticali, ha generato alcune deformazioni da schiacciamento. Questi problemi, da affrontare nello specifico con sistemi di consolidamento compatibili e possibilmente reversibili, andrebbero tuttavia preceduti da unindagine sulla muratura per sondarne leffettiva consistenza e per analizzare le caratteristiche fisiche e meccaniche dei materiali che la compongono. A consolidamento ultimato si dovrebbe procedere alla ristilatura dei giunti di malta (questultima con caratteristiche di alta resistenza alle azioni atmosferiche per svolgere da sola la funzione attribuita in passato allintonaco), posta in leggero sotto-squadro rispetto al filo esterno della muratura. La scelta degli inerti, e quindi della cromia, dovrebbe essere dettata dallesigenza di rendere sempre distinguibile il nuovo intervento dalla preesistenza, purch in sintonia con le caratteristiche delle malte presenti. presente anche una muratura in elementi ben squadrati di tufo giallo di piccole dimensioni allettati con regolari giunti di malta. Attualmente le aree pi esposte sono molto erose dallazione persistente degli agenti atmosferici e i giunti di malta, nel loro spessore sono ampiamente sporgenti rispetto al materiale lapideo. Sarebbe opportuno conservarlo nello stato attuale provvedendo esclusivamente ad eventuali trattamenti di protezione del tufo. In tal caso la datazione deve ricorrere necessariamente alla competenza archeologica, limitandoci ad oggi a sottolineare che dagli elementi materiali e dimensionali non incompatibile con lipotesi di un opus vittatum con tufelli importati dal napoletano o dal puteolano5, ma lipotesi rimane aperta, potendosi trattare anche di riprese murarie di epoca decisamente pi recente (fig. 17). A chiusura di una delle cisterne vi un tramezzo realizzato in pietrame irregolare (fig. 18) fortemente decoeso negli strati inferiori

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Figura 17

Strutture sottoposte al piano di calpestio dei depositi di origine romana. Forse si tratta di una ripresa muraria di epoca successiva, ma dagli elementi materiali e dimensionali non incompatibile anche con lipotesi di un opus vittatum con tufelli importati dal napoletano o dal puteolano (cfr. J. P. Adam, Larte di costruire presso i Romani, Milano 1988). Anche in questo caso, la presenza dellingombrante cisterna metallica, interferisce pesantemente con la percezione della struttura archeologica.

Figura 18

Muratura di tamponamento di uno degli ambienti (N, K dalla pianta di Mingazzini). Successivo alle strutture alle quali si accosta in adiacenza manifestando anche tecniche costruttive differenti e pi grossolane.

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e male ammorsato alla muratura di un passaggio ad arco. Vi si rilevano evidenze di una discontinuit muraria con le pareti. Nei casi di superfici rivestite anche recentemente si trova intonaco di malta comune a protezione della muratura, che si presenta fortemente degradato con ampie lacune. In molte parti decoeso, con visibili fenomeni di sfarinamento da erosione e polverizzazione, anche distaccato in alcune aree circoscritte. Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alle strutture voltate e gi parzialmente crollate, la cui veste caratterizza limmagine storicizzata della struttura archeologica nel suo stato di rudere. Andranno pertanto consolidate per bloccare lavanzamento del degrado nella sua condizione attuale (fig. 19).

Le attuali condizioni di degrado del complesso (peraltro gi allo stato di rudere) evidenziano lurgenza di un intervento di restauro. La necessit di salvare un bene architettonico cos prezioso costituisce certamente una delle motivazioni principali, ma lesigenza nata anche dallindividuare funzioni e destinazioni duso compatibili sia con le peculiarit architettoniche della struttura sia con le caratteristiche di un ambiente cos particolare qual il costone roccioso sul quale si arrocca il complesso (fig. 20). Condurre verso una nuova vita un'opera architettonica non significa soltanto risanarla dai suoi malesseri fisici; il restauro conservativo e il consolidamento delle sue strutture sono interventi importanti, ma sono solo momenti di un pi complesso iter progettuale e operativo. Un altro punto nodale di questo processo sicuramente il momento della scelta delle nuove destinazioni d'uso; come viene evidenziato nella Carta Europea del Patrimonio Architettonico (1975): La conservazione integrata il risultato dell'uso congiunto della tecnica del restauro e della ricerca delle funzioni appropriate. Una nuova sensibilit andata crescendo negli ultimi anni e si avverte impellente la necessit di un riequilibrio ambientale, eco-

Indirizzi per la conservazione e la valorizzazione del sito di Crapolla

nomico e sociale, mediante un modello di sviluppo ecologicamente meno distruttivo rispetto al passato. La conservazione del patrimonio culturale e ambientale non in contrapposizione con lo sviluppo economico, e questo vale ancor pi per le aree naturalmente vocate ad attrarre flussi turistici, orientati alla fruizione del ricchissimo patrimonio naturale, artistico ed architettonico della penisola sorrentina. Il primo nodo che il Trattato di Architettura (inteso come topos letterario) affronta sempre la definizione dellarchetipo; dimostrare che ad individuare un oggetto architettonico concorrono elementi codificabili cosa gi sufficientemente complessa, spiegare cosa viene a mancare per determinare uno stato di rudere diviene una specie di corollario di questa dimostrazione, dal momento che nel bilancio di quanto esperienza di architettura la presenza di spazi fisicamente determinati deve corrispondere a qualcosa che subentra ad essi quando divengono indeterminati. Questo ingrediente potrebbe essere un diverso tipo di esperienza, la cui natura va interpretata per sia in presenza che in assenza di involucri architettonici fruibili. I caratteri stabili [dellarchitettura] sono la creazione di un ambiente pi propizio alla vita e lintenzionalit estetica. In questo senso i trattatisti illuministi si riferiscono alla primitiva capanna come al fondamento positivo dellarchitettura6. Riteniamo, per, che imbattersi in questo archetipo dellarchitettura o nel suo rudere, potrebbe non necessariamente rappresen-

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Figura 19 Figura 20

Gli ambienti antichi sulla spiaggia di Crapolla come apparivano in un cortometraggio del 1950 (Archivio Istituto Luce). In questa panoramica particolarmente evidente il rapporto delle costruzioni con la straordinaria struttura del paesaggio di questa stretta gola nella roccia.

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tare una esperienza estetica. Bisogner dunque individuare altri elementi che, accomunando il destino dellarchitettura e i suoi ruderi, ci fanno affermare di essere in presenza di oggetti meritevoli delle nostre attenzioni e per i quali si deve esercitare una azione di tutela. ormai accettato dalla gran parte degli operatori della disciplina che il terreno di indagine e di operativit della conservazione non pu essere limitato agli episodi definiti monumentali, anzi negli esempi che a ciascuno vengono in mente di restauri di occasione evidente quanto la presenza di riflettori possa essere fuorviante alla serena comprensione di tutte le problematiche che la tutela mette in campo. Confrontarsi con una manifestazione della distruzione, della perdita di parti di edifici precedentemente integri, suscita due impatti di segno diverso a seconda del contesto nel quale tale percezione avviene. In contesti configurati come prevalentemente naturali, anzi totalmente non antropizzati, il dubbio che qualcosa manchi induce anche a riflettere sulla mancanza di volontopportunit per luomo di lasciare traccia del suo passaggio; in tal caso imbattersi in un artefatto, per quanto mutilo, aggiunge qualcosa alla nostra esperienza. Lo stato di conservazione delloggetto in questione diviene aspetto secondario rispetto al porsi delloggetto come testimone della necessit di qualcuno di realizzare un manufatto che rispondesse ad una funzione utile alla vita delluomo. Le ipotesi metodologiche di tutela in tal caso comprendono anche la conservazione di uno status incompleto, nel riconoscere assolta la

nuova funzione di tale oggetto, nel ruolo di testimonianza, di traccia, di frammento superstite, senza che venga meno il ruolo relazionale instaurato con lambiente circostante. In altri termini la filosofia dellintervento si dovrebbe basare sul rispetto del valore delledificio in quanto tale, ma anche e soprattutto sulle sue condizioni ambientali, secondo quanto recita anche la Carta di Venezia allarticolo 1: La conservazione di un monumento implica quella delle sue condizioni ambientali. Per il consolidamento delle murature si interverr con le tecniche tradizionali dello scuci e cuci e, ove necessario, con iniezioni di malta. In particolare le superfici verranno trattate in maniera da fare leggere le stratificazioni e la presenza dei differenti materiali, e delle diverse regole dellarte, pertinenti a epoche costruttive diacroniche, integrando gli intonaci solo l dove sar strettamente necessario per scopi protettivi. Le parti maggiormente esposte al rischio di ulteriori crolli (volte e murature ad esse collegate) andranno necessariamente messe in sicurezza, limitando in tal modo qualunque velleit di reintegrazione dei manufatti. Una volta assicurata la conservazione della materia come ci pervenuta ed al contempo garantita lincolumit dei fruitori, ci si dovr premurare di inserire le strutture, segnatamente quelle che gi ora in maniera spontanea vengono utilizzate prevalentemente dagli abitanti di Torca, al fine di un pi complesso obiettivo di valorizzazione della marina di Crapolla.

N O T E P. Mingazzini, F. Pfister, Formae Italiae. Regio I Latium et Campania, vol. II Surrentum, Sansoni, Firenze 1946. Strabone, Geografia. LItalia. Libri V-VI, V, 8, a cura di A. M. Biraschi, Rizzoli, Milano 1988, (2007). 3 Cfr. P. Mingazzini, F. Pfister, Forma Italiae, cit., pp. 157-160. 4 A. Maiuri, La capitale degli agrumi e la capitale degli ulivi. Variazioni sul tema dai taccuini inediti, in Id., Passeggiate sorrentine, a cura di B. Iezzi, Franco di Mauro, Sorrento 1990, p. 88. 5 Cfr. J.P. Adam, Larte di costruire presso i Romani, Longanesi, Milano 1988. 6 Cfr. A. Rossi, Architettura per i musei, in Teoria della progettazione architettonica, Bari 1968, p. 124, cit. in L. Patetta, Storia dellarchitettura. Antologia critica, Etas libri, Milano 1975, p. 31.
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PROFILO AUTORE Gianluigi de Martino (Napoli, 1970), si laureato in Architettura presso lUniversit degli Studi di Napoli Federico II. Nel 2003 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Conservazione dei Beni architettonici presso il Politecnico di Milano, con una tesi su Ledificio allo stato di rudere. Dal 2005 ricercatore presso la Facolt di Architettura dellUniversit di Napoli Federico II dove fa parte del Dipartimento di Conservazione dei Beni architettonici ed ambientali. A Napoli titolare del corso di Laboratorio di restauro architettonico. Ha insegnato anche presso la Facolt di Architettura di Siracusa, tenendo i corsi di Laboratorio di tesi finale e Teorie e storia del Restauro. membro del Collegio dei Docenti del Dottorato di ricerca in Storia e conservazione dei beni architettonici e del paesaggio. autore di numerosi saggi ed articoli su volumi e riviste nazionali ed internazionali, su temi attinenti la metodologia e la storia del Restauro. Ha partecipato con relazioni a numerosi convegni nazionali ed internazionali. Si occupato come consulente e collaboratore di diversi progetti di restauro. Ha partecipato con esito positivo a diversi concorsi di progettazione. 69

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