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SCRITTURA E SIMBOLISMO LITURGICO: L’'USO DEI TESTI BIBLICI NEL “COMMENTO DELLA DIVINA LITURGIA” Assaad E. Kattan Dato il carattere limitato del presente studio, non é possi- bile offrire una descrizione esaustiva dell’ermeneutica biblica di Nicola Cabasilas quale si disegna in filigrana nel suo Com- mento della divina liturgia. Il presente contributo, dunque, si li- mita a farne emergere i tratti principali, senza tuttavia ridursi auna semplice descrizione che rinunci all’analisi critica. Esso guindi, nella misura in cui stabilird alcuni punti fermi nell’inten- to di cogliere i procedimenti interpretativi di Cabasilas', servi- 14 a districare il cammino verso uno studio globale dell’ermeneu- tica del maestro bizantino, cosa che non é mai stata fatta ogget- to di studio’. Attraverso un duplice approccio, affronterd, in primo luogo, la questione del simbolismo liturgico, per passa- re successivamente all’analisi della modalita in cui Cabasilas fa uso dei testi scritturistici. * Pur evocando alcuni aspetti di carattere diacronico, il presente studio & principal- mente di tipo sincronico. Le opere di Cabasilas sono state esaminate in una prospetti- va diacronica soprattutto da W. Vilket, Die Sakrumentsmystik des Nikolaus Kabasila, Steiner, Wiesbaden 1977 A parte alcune osservazioni pertinenti di R. Bornert, Les commentaires byzantins de ladivine liturgie du vue au xvesiéele, Institut Frangais d’Etudes Byzantines, Paris 1966 139 Assaad E. Kattan II simbolismo liturgico Innanzitutto é importante segnalare che, lungo tutto il suo Commento della divina liturgia, Cabasilas non sviluppa alcuna teologia della parola di Dio nel senso sistematico del termine E sebbene si accinga all’interpretazione della liturgia da cono- scitore esperto dei libri santi, dando prova di una “profonda ispirazione biblica”’, il ruolo che assegna alle sante Scritture si iscrive nondimeno nel quadro piti vasto della funzione propria dell’insieme dei testi, dei canti e dei gesti liturgici i quali servo- no tutti a purificare i fedeli, a predisporli a ricevere degnamen- te la santa comunione e a conservare in se stessi la santificazio- ne trasmessa dai santi misteri*. In compenso, in questo stesso quadro si profila un principio ermeneutico talmente caro al teologo bizantino che egli cerca, a pitt riprese, di farlo emergere e di esplorarne il potenziale esege- tico, cio’ il simbolismo. Al pari dei canti e dei gesti liturgici, i testi biblici obbediscono a una duplice semantica, dove una por- tata “allegorica” viene a innestarsi su un senso “letterale”. E vero che i termini qui impiegati sembrano tradire uno schema interpretativo estraneo al pensiero di Cabasilas, poiché, lungi dall’articolare la propria ermeneutica intorno alla tensione tra la (Archives de Orient Chrétien 9), pp. 218-221, Permeneutica di Cabasilas non & ans ra stata fatta oggetto di uno studio approfondito. » Ibid, p. 226. Lo stesso autore scrive: “Le citazioni dell’ Evangelo di Giovanni e delle lettere paoline sono le pitt numerose e l’influenza profonda di questi due sit ha determinato, in gran parte, 'orientamento cristocentrico della spititualta di Cx basilas” (ibid., p. 222). Cf. anche M. Metzger, “Liturgie, spiritualité et vie en Chis Nicolas Cabasilas et Ignace de Loyola”, in Revue des Sciences Religieuses 65 (1991) pp. 233 ss.; C, Habelea, “Die Erklirung der géttlichen Liturgie nach Nikolaus Kx basilas”, in Osthirchliche Studien 51 (2002), P. 290. +CE. Nicola Cabasilas, Commento della divina liturgia 1, Messaggero, Padova 198s, Pp. 56-57. 140 Serittura e simbolismo liturgico lettera e Vallegoria, egli opta, sovente, a favore di un linguaggio che é pitt fedele alla tradizione patristica e che, inoltre, riflette una certa ottica platonica: “L’intera mistagogia é come un’uni- ca rappresentazione (eikdn) di un medesimo corpo, che @ lope- ra del Salvatore”. Per Cabasilas, oltre alla capacita di santifica- rei fedeli, le divine Scritture ¢ le parole ispirate rappresentano (semaino) Vopera redentrice’. Tuttavia, l’uso dei termini qui im- piegati serve a mettere in evidenza il punto principale dell’erme- neutica di Cabasilas. Niente potrebbe rinforzare meglio ques potesi della sua opposizione a un diverso modello d’interpreta- zione. Appoggiandosi sulla distinzione fatta da de Lubac ¢ Dani lou tra allegorismo e tipologia’, Bornert fa notare che il simboli- smo di Cabasilas & meno di ordine allegorico che tipologico, nella misura in cui il maestro bizantino stabilisce una corrispon- denza “tra i riti liturgici e le tappe della vita terrena di Cristo”®. Piuttosto che tessere relazioni arbitrarie tra fatti storici, concet- ti teologici e gradi di maturita spirituale, la tipologia, secondo Bornert, metterebbe in atto delle relazioni “reali” e un fonda- mento storico “oggettivo” tra gli stadi successivi dell’economia divina’. Ora, per quanto sottile, questa distinzione resta poco convincente. In effetti, che si tratti di una tipologia che accosti due eventi della storia salvifica oppure di un’apertura allegorica che trasponga il banale in mistico, il compito dell’interprete con- siste meno nell’evidenziare che nello stabilire tali corrispondenze. Lungi dal ricondursi a un’analogia oggettivamente decifrabile nei fatti storici stessi, queste corrispondenze non sarebbero tributa- tie che della vena creatrice dell’interprete, cosa che spiega il loro carattere inesauribile in seno alla tradizione esegetica. L’ap- {Ibid p. 60; ef. anche ibid., p. 58; x6, p. 116. °C ibidt6,potrs cle, go’ B Boomer, Les commentaires byzanins dela divine liturgie du ye au xve se » PP. 44 ss slbid., p. 24x CE ibid. p44. 141 Assaad E. Kattan proccio ermeneutico di Cabasilas, quando si richiama al modo di procedere ermeneutico abbozzato da Teodoro di Mopsuestia che vede nei riti delle rappresentazioni di atti storici, non é forse quello stesso allegorein greco, cioé il fatto di scoprire, at- traverso le parole, un senso altro rispetto a quello suggerito dalla grammatica e dal contesto? Non abbiamo qui a che fare con lo stesso principio che ha orientato l’ermeneutica antica dallo stoi- cismo fino a Massimo il Confessore (580 ca.-662)'! ¢ che ha ispi- rato ai teologi del medioevo la teoria del quadruplice senso” permettendo cosi di andare oltre Origene, pur sottoscrivendo le sue intuizioni ermeneutiche pit feconde? Quanto pili si sottolinea la pertinenza di questa osservazio- ne iniziale, tanto meno ci si pud sottrarre all’ obbligo di meglio penetrare il simbolismo di Cabasilas per individuarne alcune linee di forza. La tela di fondo sembra costituita dalla distinzio- ne che il bizantino pone tra un senso diretto suggerito dal con- tenuto dei testi e un senso indiretto che si ricollega maggiormen- te alla loro concatenazione in seno alla liturgia: Le divine Scritture contenendo parole ispirate e inni a Dio, esortano alla virti ¢ insieme santificano coloro che le leggo- no o le cantano. Non solo, ma per la scelta che ne & stata fatta e per lordine nel quale quei passi sono stati disposti, esse pos siedono ancora un’altra forza, in quanto servono a significs re la venuta di Cristo e la sua opera!’ Occorre sottolineare, ancora una volta, che i termini qui im- piegati possono indurre in errore. II senso “indiretto” per un teo- "CE, ibid, pp. 81 ss "Cf. A.E, Kattan, Verleiblichung und Synergie. Grundziige der Bibelhemenenit bei Maximus Confessor, Brill, Leiden 2003 (Supplements to Vigiliae Christianae 6) "CE, HL de Lubac, Esegesi medievale. 1 quattro sensi della Scrittuna Ll, Jaca Boss Milano 1979 " Nicola Cabasila Commento della divina lturgia x, p. 64 142 Scrittura e simbolismo liturgico logo bizantino non é meno importante, meno denso, meno le- gato alla realt& del testo biblico; & piuttosto un senso evocato dalla scelta e dall’ordine, cioé dal modo in cui i testi si contestua- lizzano all’interno del cammino ascendente della liturgia divina. Cerchiamo ora di precisare meglio questa duplice semantica che abbiamo abbozzato. Si tratta, si potrebbe dire, della diffe- renza tra testo e contesto, usando questi termini nel loro senso pitt comune, lontano da qualsivoglia teorizzazione linguistica Poiché se il senso letterale emerge in primo luogo dal testo in quanto unita di senso, quello allegorico é legato piuttosto al con- testo liturgico. Non che testo e contesto possano essere sepa- rati. Del resto é Cabasilas stesso che imprime alla semantica te- stuale un timbro contestuale evidente ricordando che ’inten- to dei testi biblici @ quello di preparare i fedeli all’eucaristia. Ne risulta che, secondo la logica del Commento, il senso, nella sua funzionalita ultima, si dispiega necessariamente in seno a un contesto liturgico. Ma se testo e contesto si compenetrano, non & pit’ necessario distinguerli. Secondo lo schema tracciato da Cabasilas, la semantica testuale si origina nelle formule ispira- te e nelle lodi che racchiudono i testi che, collocati all’interno di un quadro liturgico, producono la purificazione e la santifi- cazione, mentre la semantica contestuale non dipende da nes- sun altro riferimento semiotico all’infuori dell’ ordine liturgico. Di conseguenza, il senso allegorico si ricollega meno al tenore dei testi che alla loro collocazione liturgica. Questa collocazione rinvia a una struttura abbastanza sem- plice che Cabasilas applica all’insieme dell’atto liturgico com- mentato: mentre la morte di Cristo, la sua resurrezione e la sua ascensione sono significate dall’atto di trasformazione dei doni preziosi, cid che precede latto del sacrificio ricorda quanto & accaduto prima della sua morte, cio’ la sua venuta, la sua apparizione ela sua perfetta manifestazione. Cid che invece segue ricorda 143 3. Kattan Assaad . la discesa dello Spirito sugli apostoli, la conversione delle genti al vero Dio da essi compiuta e la loro divina societa Ne risulta che le letture bibliche, in considerazione della lo- ro appartenenza a cid che precede, simbolizzano “la manifesta. zione del Salvatore, come quella che ebbe luogo poco dopo la sua apparizione”", Oltre a non elaborare una concezione teo- logica della parola di Dio, il maestro bizantino si astiene dal chiarire i fondamenti teorici di questa struttura simbolica. Tut- tavia questo non gli impedisce di spingere il suo simbolismo nel- Ja pratica attuando due distinzioni, l’una di ordine terminologi- co, l’altra relativa al senso. Mentre definisce “d’utilita pratica” (chreta) la funzione del testo biblico strettamente legata al suo tenore testuale, cio® quella di purificare i fedeli e di preparar- li alla grande santificazione dei misteri, riserva il termine “si- gnificato” (sesaséa) al senso allegorico derivante dall’ordine li- turgico"’, Certamente questa distinzione, esaminata alla luce della terminologia semiotica moderna, non & priva di interes. se. Del resto, il simbolismo biblico, in Cabasilas, presenta al tem- po stesso una sottigliezza ulteriore, tanto pil che l’evangelo, in quanto libro chiuso, simbolizza la prima apparizione del Salva- tore, anteriore alla sua missione pubblica, mentre |’evangelo aper- to rappresenta la sua manifestazione pil perfetta, quando, civé, si mescolava alla folla e si faceva conoscere pubblicamente. In che modo Cabasilas concepisce il rapporto tra semantica testuale e semantica contestuale? A dire il vero, ci tiene a sot- tolineare la loro coesistenza, se non addirittura Vimpossibilita di favorire l’una a detrimento dell’altra. E soprattutto facendo appello all’immagine degli abiti che cerca di affermare questo punto di vista: "Ibid. 16, pp. 115-116. Thid. 22, p. 138; ef. anche ibid, x, p. 61 CE, ibid. 22, p. 138; 24, p. 146. 144 Scrittura e simbolismo liturgico Gli abiti, ad esempio, adempiono alla loro funzione di rivesti- ree ricoprire il corpo, ma per il fatto di essere d’una foggia o di un’altra, essi talvolta indicano la professione, la condi- zione ¢ la dignita di chi li porta”. Resta vero, tuttavia, che, paragonate ai testi liturgici che non sono tratti dalla Bibbia, le letture bibliche non sembrano gode- re di alcuno statuto particolare all’interno del dinamismo litur- gico, e questo per il loro essere quasi sempre assorbite dall’idea predominante di una doppia semantica completamente sogget- ta al primato della comunione: tanto il senso letterale quanto quello allegorico mirano a santificare i fedeli e a disporli a rice- vere degnamente i santi misteri'®. Di conseguenza, non viene prestata alcuna attenzione all’omelia che, per lo meno virtual- mente, deve seguire le letture bibliche. Di fatto quest’ultima non fa parte della struttura liturgica commentata passo dopo passo dal teologo bizantino. L’uso dei testi biblici La seconda parte di questa relazione é dedicata alle modali- ta di impiego dei testi biblici nel Commento della divina litur- gia di Cabasilas. A modo di preambolo é assai istruttivo ricor- dare il pertinente giudizio di Bornert: Nicola Cabasilas da prova di grandissima familiaritd con la Scrittura. I modo di citarla & tuttavia variabile. A volte l'au- " Ibid. x, pp. 60-61. "Ch, ibid. pp. 55-57. 145 Assad E, Kattan tore del commento liturgico si riferisce in maniera quanto mai vaga a un passo biblico: l’identificazione diventa allora molto incerta. Le citazioni esplicite, accompagnate da una formula di introduzione e di riferimento al libro sacro, sono parimen ti frequenti. Ma le citazioni implicite sono le pit ricorrenti il testo biblico, assimilato da una lettura meditativa, affiora spontaneamente alla coscienza e s’inserisce naturalmente nella trama del discorso”. E, aggiunge lo specialista benedettino: “Anche quando la c- tazione é diretta, il testo salmico é trasposto in senso cristiano, cristologico 0 eucaristico””’. Il primo principio osservato da Bornert, il fatto di riferiss in modo vago alla Scrittura, @ ratificato dal testo delle Sources Chrétiennes in cui gli editori evocano, almeno a due riprese, !'im- possibilita di identificare i testi ai quali l’autore fa allusione’. E anche quando l’identificazione risulta possibile, il teologo bi zantino é incline, talvolta, a utilizzare le fonti bibliche con molta libert&. Scrive, ad esempio, nel quadro della sua interpretazio- ne della grande preghiera litanica all’inizio della liturgia, che Y'uomo che si prende cura delle creature onora Dio pit con gue: sta sollecitudine che con il sacrificio”. E chiaro che qui abbie- mo a che fare con un libero rimaneggiamento del famoso testo di Osea 6,6, in cui il Signore chiede la misericordia al posto del sacrificio. Ora, questa liberta di cui Cabasilas da prova non si limita alla maniera di citare i testi, ma si estende alla loro interpreta: zione. Si tratta, ben inteso, del principio di trasposizione gia se- " R, Bornert, Les commentaires byzantins de la divine liturgie du ve au xv si pp. 221 ss * Ibid, p. 222. + Cf, Nicolas Cabasilas, Explication de la divine liturgie, SC 4 bis, Cest, Pais P. 104, 110. 2 CE. Id., Commento della divina liturgia x2, p. 103 146 d Scrittura e simbolismo liturgico gnalato da Bornert, ma che, in verita, va ben al di la di una let- tura cristologica 0 eucaristica dei testi salmici. Di fatto il teolo- go bizantino prende e dispone qua e 1a diversi testi biblici in modo da dimostrare un punto di vista, illustrare un’idea, pro- curare credibilita a un’affermazione, e cosi via. A tale scopo non esita a mettere in atto trasposizioni di senso, mutamenti di con- testo, se non addirittura proiezioni ingiustificabili. Cosi, il muro di separazione, che nella Lettera agli Efesini 2,14 indicava la barriera tra gli ebrei e i gentili, riceve, sotto la sua penna, un’im- pronta puramente ontologica simbolizzando |’abisso tra Dio e gli uomini®, E il desiderio di Gest di mangiare la Pasqua con i suoi discepoli prima della passione é ricondotto al desiderio del Salvatore di vedere awvicinarsi la propria passione”. Questo principio di trasposizione culmina nel modo in cui Cabasilas demitologizza, per cosi dire, alcune metafore bibliche relative al Regno, riconducendole all’eucaristia: Di fatto, cid che procura a quelli dell’aldila ogni gioia e bea- titudine - sia che si dia all’aldila il nome di “paradiso”, o “seno di Abramo”, 0 luogo privo di dolore ¢ di tristezza, 0 regione luminosa, verdeggiante e rinfrescante, sia che lo si voglia chiamare il “regno” propriamente detto - non é nien- t'altro che questo “calice” e questo “pane”® Senza alcun dubbio Cabasilas fa qui riferimento alla liturgia bizantina dei defunti le cui immagini sono per lo pitt tratte dal- la Bibbia. Colloca cosi la dimensione escatologica dell’eucaristia entro i confini di una visione ermeneutica molto personale. Sebbene Cabasilas non si affanni di certo a giustificare il suo utilizzo, spesso arbitrario, dei testi biblici - egli si colloca, in- > Cf. ibid. 14, p. 108. * Cf, ibid. 51, p. 183 > Ibid. 43, p. 222. 147 Assaad E. Kattan fatti, in una lunga tradizione che risale almeno fino a Paolo - nel suo commento liturgico lo si vede alternare esegesi lettera- le ed esegesi allegorica. Nella spiegazione della seconda antifo- na, il consolidamento dell’universo equivale alla fede, mentre la santita che si addice alla casa di Dio corrisponde al culto do- vuto a Dio”. In compenso, il teologo bizantino da prova di un considerevole senso della lettera quando si tratta di spiegare perché il testo liturgico d’origine paolina della Seconda lettera ai Corinti 13,13 attribuisca la grazia al Figlio, l’amore al Px dre e la comunione allo Spirito santo, ricorrendo ad associazio- ni che si possono qualificare come “plausibili”®. E per mostra- re che la misericordia di Dio significa il regno di Dio, elabora inoltre un’argomentazione letterale tanto pitt curiosa in quan- to essa fa appello all’analogia e alla giustapposizione di diversi te sti evangelici”. In modo generale si pud affermare che lo slancio allegorico di Cabasilas é equilibrato, se non contenuto, da un buon senso esegetico che trae la sua legittimita dal metodo lette. rale. Se, per esempio, un’espressione quale “il seno di Abramo” deve essere intesa in una prospettiva eucaristica, questo non ac- cade perché essa é falsa o impossibile dal punto di vista lettera- le, come vorrebbe un alessandrinismo intransigente, ma per il fatto che l’eucaristia & caratterizzata da un’impronta escatologi- ca evidente. Per quanto forte, I’allegorismo biblico di Cabasilas non pende verso un alessandrinismo eccessivo che getterebbe il discredito su molte espressioni figurate in virti di un’ermenev- tica poco sensibile al genio metaforico del linguaggio. Il letteralismo di Cabasilas, invece, per quanto accentuato, manca di finezza. Cosi, sebbene il teologo bizantino stabilisca un legame tra l’incarnazione del Signore ¢ la sua presenza reale % Cf. ibid. 18, p. 124. 2 Cf. ibid, p. 125, Cf, ibid. 26, p. 156 ® Cf. ibid. 12, pp. 100-1025 13, pp. 104-105 Scrittura e simbolismo liturgico nell’eucaristia”, non giunge mai a interpretare questa presen- za nei termini del dogma di Calcedonia. La sua interpretazione dell’aspetto sacrificale dell’eucaristia’' resta inoltre impermea- bile al potenziale semantico che potrebbe emanare dall’esisten- za ~ da lui riconosciuta - di altri tipi di sacrifici eucaristici quali il sacrificio di lode e la pace in quanto sactificio”. Del resto, i] momento simbolizzante la Pentecoste é, a suo avviso, quel- lo in cui P'acqua calda é versata nel calice”. Dunque, lascian- dosi trascinare dal simbolismo liturgico, Cabasilas si mostra poco sensibile al momento pentecostale che é costituito dall’epi- clesi stessa e che la liturgia attribuita a Giovanni Crisostomo sembra indicare nella supplica rivolta allo Spirito non solo di trasformare le offerte, ma anche - prima di questa trasforma- zione — di comunicarsi ai fedeli. Infine, il teologo bizantino sem- bra prestare scarsa attenzione al “noi” eucaristico a favore del quale il presbitero offre i doni non solo per, ma a nome di tutto il popolo presente, e questo sebbene commentando la grande preghiera litanica abbia sottolineato che il presbitero é il rap- presentante (presbeutés)** dei fedeli: Allora il presbitero offre personalmente il rendimento di gra- zie a Dio: lo glorifica, lo loda insieme agli angeli, lo ringrazia per tutti i benefici a noi concessi fin dal principio del tempo”. Ne consegue che, mancando di rigore letterale, Cabasilas non ha soltanto perso di vista alcuni aspetti della semantica del testo "CE, ibid. 28, p. 163. "CE, ibid. 32, pp. 183-186, “CL. ibid. 26, p. 155) A. E. Kattan, Kennt die orthodoxe Eucharistie eine Messop Jer Theologie? Patristica et Oecumenica, Festschrift Wolfgang Bienert, Elwert, Marburg 2004 (Marburger Theologische Studien 85), pp. 203-210. GE Nicola Cabasilas, Commento della divina liturgia 37, pp. 202-205. CE ibid. 12, p. 99. * Wid. 27, p. 158. 149 Assaad E. Kattan che stava commentando, ma non ha neppure saputo cogliere alcuni tempi forti particolarmente rivelatori da un punto di vista teologico. Conclusione L’esegesi biblica di Nicola Cabasilas, in cui letteralismo e al- legorismo si affiancano, pud suggerire che il metodo esegetico del teologo bizantino si colloca all’incrocio delle due direzioni ermeneutiche maggiori che hanno impregnato la tradizione pa- tristica. Tuttavia, @ difficile consolidare questa ipotesi di in- tersezione ermeneutica perché, oltre al silenzio dell’autore sui suoi presupposti teorici, il suo insegnamento in materia euca- ristica tradisce una certa propensione a rigettare ogni groviglio ermeneutico tra il reale e il simbolico. Scrive: Il pane non é pitt pane, sin qui simbolo del corpo del Signore e semplice offerta che reca in sé l’immagine della vera oble zione ... ma 2 la stessa vera vittima, il medesimo corpo del Signore infinitamente grande™, E possibile arrischiare una riflessione supplementare sulla relazione tra il letteralismo e l’allegorismo in Cabasilas? Se ci si lascia guidare dall’immagine degli abiti impiegata dall’auto- re del commento per illustrare il suo duplice simbolismo litur- gico, letteralismo e allegorismo, lungi dall’escludersi, devono as- solvere funzioni diverse, ma complementari; e questo, ben in- teso, nella misura in cui esegesi biblica e simbolismo liturgico % Ibid., p. 161; cf. anche ibid. 9, pp. 83-85; 11, pp. 91-93; 32, pp.183-186. 150 Scrittura e simbolismo liturgico .. si incrociano nel pensiero di Cabasilas. La prassi esegetica cor- risponde a questo schema di diversita nella complementarieta? A dire il vero, l’esegesi letterale manifestamente piti presen- te quando si tratta di dimostrare, di proibire e di confutare”, mentre le aperture allegoriche sembrano meno condizionate da un interesse dimostrativo, apologetico o polemico e si focalizza- no maggiormente sui testi veterotestamentari per infondere in essi una dimensione cristica. Ora, se tali notazioni possono sug- gerire che é possibile abbozzare una risposta, resta tuttavia vero che ogni tentativo di sistematizzazione sara condannato, a mio avviso, a finire in un vicolo cieco di ordine ermeneutico. Cf. ibid. 29 ss., pp. 164 88- 15

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