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La valutazione della capacità resistente e la messa a punto di idonee tecniche di adeguamento


sismico di edifici esistenti, progettati per soli carichi verticali, costituiscono temi di grande
interesse nella ricerca e nella pratica professionale. Nel presente lavoro viene descritta ed utilizzata
una procedura per l'accertamento della capacità resistente di edifici in c.a., progettati e realizzati in
un certo periodo, articolata in quattro fasi essenziali. Vengono inizialmente selezionate le tipologie
da esaminare sulla base delle caratteristiche strutturali più tipiche degli edifici in c.a. realizzati nel
periodo in esame. Successivamente si effettua il progetto degli elementi strutturali con riferimento
alle norme all'epoca vigenti ed adottando criteri analoghi a quelli desunti dall’esame della
manualistica e di progetti tipici. Nella terza fase viene valutata la risposta sismica mediante analisi
dinamiche non lineari considerando diversi livelli di intensità sismica. Infine viene individuata la
capacità resistente delle strutture in esame sulla base di curve di fragilità relative a parametri di
danno strutturale e non strutturale.

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The evaluation of seismic vulnerability and the retrofit of R/C building structures is a fundamental
step in the process of determining and reducing the impact of earthquakes. The vulnerability
evaluation is a formidable task, mainly because of the practical impossibility of knowing the exact
characteristics of each structure (geometry, material characteristics and degradation, reinforcement
arrangements, characteristics and interaction of non-structural elements). Therefore references
shall be made to the normative and the current practice at the time of construction. In this paper a
critical review of 1970-1980 italian structural codes on R/C buildings was firstly carried out. At
the same time, a critical exam of the past available handbooks and technical documentation was
carried out, pointing out the typically adopted technological solutions. As a result of that review,
some typical configurations of R/C buildings were defined and designed. After, the seismic
response of these structures was evaluated through non linear dynamic analyses and examined by
means of fragility curves relevant to some structural and non structural damage parameters.
Finally, the seismic resistance of each typology in terms of maximum acceptable values of PGA
was evaluated.


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Il tema dell'accertamento della capacità resistente degli edifici in conglomerato cementizio armato è di grande
interesse nella pratica professionale e nella ricerca sia per finalità di previsione del rischio sismico che di scelta
di opportune soluzioni di adeguamento. Infatti, gli edifici in c.a. rappresentano una quota consistente del
patrimonio edilizio di tutti i paesi (in Italia oltre il 50%) e di essi una parte rilevante è stata costruita in assenza di
norme sismiche o adottando vecchi criteri di progettazione antisismica. Durante passati terremoti (Irpinia 1980,
Turchia 1999, Grecia 1999) si è frequentemente osservato un comportamento non soddisfacente, in particolare
nei casi in cui la progettazione di tali strutture è stata effettuata sulle base dei soli carichi gravitazionali, cioè
prima della entrata in vigore della classificazione sismica.
La grande attenzione dedicata all'accertamento è conseguente anche alla natura peculiare del problema che
richiede di operare su una struttura per la quale, in genere, non si dispone di informazioni tecniche sufficienti. La
limitata conoscibilità della struttura determina una serie di problemi di non facile soluzione conseguenti alla
impossibilità, o quantomeno alla difficoltà, di individuare con sufficiente accuratezza alcune caratteristiche
strutturali. Ciò riguarda in particolar modo le caratteristiche meccaniche dei materiali, la quantità e disposizione
delle armature, i dettagli costruttivi, le eventuali condizioni di degrado fisiologico e/o patologico.
A tale riguardo, il poter disporre della documentazione tecnica dell'edificio è di fondamentale importanza. In
assenza di documentazione specifica o se, operando a grande scala per valutazioni di vulnerabilità, non è
proponibile l’adozione delle metodologie utilizzate nello studio di un singolo edificio (prove in sito e di
laboratorio, analisi dettagliata degli elaborati progettuali esistenti, ecc.), un elemento di grande utilità, ai fini
della conoscibilità della struttura, è il periodo di costruzione. Dal periodo di costruzione possono essere ottenute
informazioni molto preziose, tra le quali:

ƒ normative vigenti all’epoca della costruzione;


ƒ metodiche di progettazione e tecniche di esecuzione tipiche del periodo;
ƒ tipologie costruttive frequentemente adottate.

In termini generali, mettendo insieme tutte le informazioni suddette, possono essere individuate una serie di
caratteristiche tipiche di edifici in c.a. progettati e costruiti in un certo periodo.
In particolare, l’analisi delle normative permette di definire, periodo per periodo, quali fossero le caratteristiche
meccaniche previste per calcestruzzo ed acciaio ed i relativi controlli, le percentuali minime di armatura, le
prescrizioni dimensionali ed i metodi di verifica consentiti. Si possono ottenere, in tal modo, alcune indicazioni
sui valori previsti per le azioni e le resistenze dei materiali, sulle dimensioni degli elementi e sulle quantità di
armatura da attendersi, mentre mancano informazioni sui valori delle sollecitazioni effettivamente adottati nei
calcoli, sulla disposizione delle armature e sulla cura dei dettagli costruttivi.
Per ottenere tali informazioni è necessario avvalersi della manualistica tecnica consolidata nei diversi periodi
che, essendo il punto di riferimento per i progettisti dell’epoca, dà indicazioni più precise sia sulla metodologia
di calcolo che sulle modalità di disposizione delle armature nei diversi elementi strutturali.
Per accertarsi se e come le indicazioni della manualistica venissero poi realmente seguite nella pratica
progettuale, l’ulteriore passo è l’esame di progetti tipici di edifici reali reperiti presso strutture tecniche
pubbliche, imprese edili e studi professionali. Tali progetti, oltre a rappresentare un importante elemento di
verifica delle informazioni ottenute dall’esame della normativa e della manualistica, consentono di avere una
indicazione delle consuetudini costruttive delle diverse zone.


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Il primo aspetto da esaminare per la individuazione delle caratteristiche tipiche degli edifici esistenti è costituito
dalle normative tecniche sull'argomento. L'esame del quadro normativo nazionale sulle costruzioni in c.a., dal
dopoguerra ad oggi, mostra una articolazione temporale diversa per le norme specifiche relative alle strutture in
c.a., ai carichi e sovraccarichi ed alle costruzioni in zona sismica.

Per le costruzioni in c.a. un primo periodo è conseguente alla entrata in vigore del Regio Decreto 16/11/1939 n.
2229 "Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato" [1]. Tale normativa
ha regolato le modalità di progettazione ed esecuzione delle costruzioni in c.a. per circa trent'anni, fino alla
entrata in vigore della legge 5/11/1971 n. 1086 "Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio
armato, normale e precompresso ed a struttura metallica" [2] e dei relativi Decreti Ministeriali di attuazione. Il
primo di tali decreti è il D.M. del 30/5/1972 [3], seguito da numerosi aggiornamenti fino al vigente D.M.
9/1/1996 [4], senza che venissero introdotte sostanziali modifiche per quanto riguarda le dimensioni minime
degli elementi strutturali, i minimi di armatura ed i dettagli costruttivi.

Per quanto riguarda i carichi e i sovraccarichi non vi sono riferimenti normativi specifici fino all’entrata in
vigore del D.M. 3/10/78 “ Criteri generali per la verifica della sicurezza delle costruzioni e dei carichi e
sovraccarichi” [5], emanato in forza della legge 2/2/1974 n. 64 [6], che fornisce i valori dei sovraccarichi
accidentali rimasti sostanzialmente invariati fino ad oggi.

Anche per quanto riguarda le norme per le costruzioni in zona sismica si possono distinguere essenzialmente due
periodi. Il primo va dall’entrata in vigore del R.D. 22/11/37 n. 2105 [7] che ha regolato le costruzioni in zona
sismica fino all’entrata in vigore del D.M. 3/3/1975 [8] che ha introdotto le analisi statica equivalente e dinamica
tuttora utilizzate. Va però detto che, le norme sismiche hanno trovato diffusa applicazione a partire dai primi
anni '80, a seguito della vasta operazione di classificazione sismica conseguente al sisma del novembre 1980.

Incrociando i periodi di emanazione e vigenza delle diverse normative esaminate (c.a., azioni, zone sismiche) è
emerso come il quadro normativo dal dopoguerra ad oggi si articoli essenzialmente in tre periodi principali:

ƒ I periodo: 1940 – 1970 (R.D. del 1939);


ƒ II periodo: 1970 – 1980 (L. 1086/71);
ƒ III periodo: 1980 - … (norme sulle azioni, vasta classificazione zone sismiche).

Nel presente lavoro la determinazione delle capacità resistenti degli edifici esistenti in c.a. verrà effettuata con
riferimento al periodo 1970-1980. In tale periodo è stato costruito circa un quinto del totale di edifici in c.a.
attualmente esistente sul territorio italiano e di esso più della metà è stato costruito in assenza di norme sismiche.
Verranno pertanto considerate le norme specifiche sulle costruzioni in c.a. vigenti in tale decennio, mentre non
verranno esaminate le norme sismiche vigenti in quel periodo in quanto l’oggetto dello studio è l’edificio non
antisismico ai fini del suo adeguamento.

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L'esame delle normative è stato effettuato prendendo in esame gli aspetti legati alle proprietà di resistenza e
duttilità dei materiali, delle sezioni, degli elementi e dell’intero complesso strutturale, evidenziando tutti quegli
aspetti che si ritengono utili in una valutazione complessiva della capacità resistente.
Particolare attenzione è stata rivolta alle specifiche sui materiali e sui dettagli costruttivi, alle verifiche di
sicurezza, alle azioni di progetto, alle procedure di modellazione ed analisi.
Si è fatto riferimento al D.M. del 30/5/72 [3], come norma che caratterizza essenzialmente il periodo di
costruzione preso in esame; degli altri DD.MM. emanati nel corso del decennio 1970-1980 vengono evidenziate
soltanto le differenze più rilevanti.

Le classi di resistenza del calcestruzzo previste dal D.M. 30/5/72 vanno da un minimo di 150 fino a 500 kg/cm2
intesi come valori caratteristici 5  . Le tensioni ammissibili variano, in funzione della 5  , da 60 a 147.5 kg/cm2
nel caso di flessione o pressoflessione. Vanno ridotte del 30% per elementi calcolati a compressione semplice o
per solette di spessore inferiore a 5 cm, ovvero vanno da 42 a 103 kg/cm2 con un tasso di lavoro σac/5  del 28-
22%. Il valore di τco è compreso tra 4 e 8.67 kg/cm2. Per valori superiori si deve disporre una idonea armatura
costituita da staffe e ferri piegati in grado di assorbire integralmente il taglio, con almeno il 40% del taglio da
affidare alle staffe. In ogni caso la tensione tangenziale non deve essere superiore a τc1 compresa tra 14 e 24
kg/cm2.
Per le armature sono previsti due tipi di acciaio: liscio e ad aderenza migliorata. Per l’acciaio liscio si prevedono
due classi di resistenza, indicate con FeB22 ed FeB32, aventi tensione caratteristica di rottura I  compresa tra 34
e 50 kg/mm2, tensione caratteristica di snervamento tra 22 e 32 kg/mm2, allungamento a rottura non inferiore a
24-23% e tensioni ammissibili comprese tra 1200 e 1600 kg/cm2 con un tasso di lavoro σa/I  compreso tra 35–
32%. Per l’acciaio ad aderenza migliorata si prevedono tre classi di resistenza indicate con A38, A41 e FeB44
aventi tensione caratteristica di rottura compresa tra 46 e 55 kg/mm2, tensione caratteristica di snervamento tra
38 e 44 kg/mm2, allungamento a rottura non inferiore al 14-12%. Le tensioni ammissibili sono comprese tra
2200 e 2600 kg/cm2 per acciai controllati in stabilimento con un tasso di lavoro σa/I  compreso tra 58–47%, e tra
1900 e 2200 kg/cm2 per acciai non controllati in stabilimento con un tasso di lavoro di circa il 40%.
Per quanto riguarda la progettazione degli elementi strutturali, il D.M. 30/5/72 prevede che nelle travi la
percentuale di armatura longitudinale, riferita all’intera sezione, sia non minore dello 0.15% per barre ad
aderenza migliorata e dello 0.25% per barre lisce. Tale armatura deve essere convenientemente diffusa. Non
viene fornita alcuna indicazione per quanto riguarda le armature trasversali.
Nei pilastri soggetti a compressione centrata od eccentrica deve essere disposta armatura longitudinale di sezione
non minore dello 0.6% e non maggiore del 5% della sezione di conglomerato strettamente necessaria per carico
assiale, in base alla tensione ammissibile adottata, e non minore dello 0.3% della sezione effettiva. Il diametro
delle barre non deve essere inferiore a 12 mm. Va disposta una staffatura di diametro minimo pari a 6 mm, con
passo non superiore a 15 volte il diametro minimo delle barre longitudinali e con un massimo di 25 cm. Sia nei
pilastri che nelle travi va previsto un copriferro di almeno 2 cm ed un interferro almeno pari al diametro ma non
inferiore a 2 cm.
Per quanto riguarda gli ancoraggi, si prevede che le barre tese vengano prolungate oltre la sezione nella quale
viene richiesto il loro intero contributo in misura sufficiente a garantire l’ancoraggio nell’ipotesi di ripartizione
uniforme delle tensioni tangenziali di aderenza. La tensione di aderenza τb vale 1.2 τc0 per barre lisce e 2.4 τc0
per barre ad aderenza migliorata.
Il metodo esplicitamente previsto per le verifiche di sicurezza è quello delle tensioni ammissibili. Le tensioni del
conglomerato compresso e dell’armatura sono calcolate trascurando il contributo a trazione del conglomerato,
assumendo come area della sezione trasversale quella del conglomerato compresso e delle aree metalliche
omogeneizzate mediante il coefficiente n=10. È ammesso anche l’impiego del coefficiente n = 15.

Nel D.M. 30/5/74 [9] le prescrizioni per il calcestruzzo e l' acciaio liscio sono rimaste invariate, mentre per
l’acciaio ad aderenza migliorata si prevedono due classi di resistenza indicate con FeB 38k e FeB 44k aventi
caratteristiche meccaniche identiche alle classi A38 e FeB 44 previste nel D.M. del 30/5/72. Nei pilastri soggetti
a compressione centrata od eccentrica deve essere disposta armatura longitudinale di sezione non minore dello
0.6% della sezione di conglomerato strettamente necessaria per carico assiale, in base alla tensione ammissibile
adottata, e compresa tra lo 0.3% e il 5% della sezione effettiva. Per il calcolo delle lunghezze di ancoraggio la
tensione di aderenza τb va assunta pari a 1.5 τc0 per barre lisce e 3 τc0 per barre ad aderenza migliorata. Il metodo
esplicitamente previsto per le verifiche di sicurezza rimane quello delle tensioni ammissibili, ma in alternativa a
tale metodo si introduce, senza fornire indicazioni dettagliate, la possibilità di utilizzare anche il calcolo agli stati
limite.

Infine, l'
esame del D.M. 16/6/76 [10] non evidenzia significative variazioni alle prescrizioni sui materiali e sugli
elementi strutturali.

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La prima normativa specifica sulle azioni è costituita dal D.M. 3/10/1978 [5], emanato in forza della legge
2/2/1974 n. 64 [6].
In realtà un riferimento ai carichi da prendere in esame sulle strutture in c.a. è già contenuto nel R.D. del 1939
[1], il quale stabilisce per il “FRQJORPHUDWR DUPDWR´ un peso proprio di 2500 kg/m3 e che i carichi accidentali
debbano essere stabiliti in funzione del tipo, dell’importanza e della destinazione d’uso dell’opera da realizzare.
Una indicazione sulle azioni da assumere è contenuta anche nella legge 25/11/1962 n. 1684, “Provvedimenti per
l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche” [11], la quale prescrive per i solai per abitazione un
sovraccarico accidentale di 200 kg/m2.

Il D.M. 3/10/1978 fornisce i pesi di elementi costruttivi per la determinazione dei carichi permanenti e, per la
determinazione dei sovraccarichi, sono date prescrizioni relativamente a carichi di esercizio, neve e vento. Nelle
verifiche con il metodo delle tensioni ammissibili si assumono direttamente tali valori, mentre nelle verifiche con
il metodo semi probabilistico agli stati limite gli stessi valori si considerano come caratteristici e trasformati, con
opportuni coefficienti, in carichi di progetto. In particolare, per quanto riguarda i sovraccarichi, il D.M. 3/10/78
stabilisce che nei locali d’abitazione o servizio e di ufficio non aperto al pubblico il sovraccarico accidentale
venga assunto pari a 200 kg/m2.

Il carico neve viene determinato in base alle condizioni locali di clima e di esposizione. In ogni caso per località
con altitudine non maggiore di 300 m, il carico neve al metro quadrato di proiezione orizzontale della
costruzione non dovrà essere minore di 90 kg/m2 e 60 kg/m2, rispettivamente per le regioni appartenenti alla
zona I e zona II. Per località con altitudine maggiore di 300 m, tale carico va aumentato di 0.15 (h - 300) kg/m2.

L’azione prodotta dal vento viene valutata mediante un carico 3 F T, dove F è il coefficiente di esposizione e
forma e T è la pressione cinetica esercitata dal vento che dipende dalla localizzazione e dall’altezza dell’edificio.
Per quanto riguarda le modalità di combinazione delle diverse azioni il D.M. rimanda a quanto indicato dalle
singole normative in funzione del tipo, delle modalità costruttive e della destinazione dell’opera.
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L'accertamento della capacità resistente di alcune tipologie rappresentative di edifici in c.a. del periodo 1970-
1980 è stato effettuato adottando una procedura articolata in quattro fasi essenziali (fig. 1).
Inizialmente sono state selezionate le tipologie da esaminare. La scelta è stata effettuata esaminando le
caratteristiche strutturali più tipiche degli edifici in c.a. non antisismici realizzati nel periodo 1970-1980.
Successivamente si è passati al progetto degli elementi strutturali dei diversi telai considerando l’azione dei soli
carichi verticali con riferimento alle norme allora vigenti ed adottando criteri analoghi a quelli desunti
dall’esame di progetti tipici. In particolare, i pilastri sono stati dimensionati a sforzo normale centrato ed armati
con i minimi di normativa, mentre le travi sono state progettate adottando schemi di calcolo semplificati
considerandole continue su più appoggi. Laddove la valutazione delle dimensioni degli elementi e delle armature
non era imposta dall’entità delle sollecitazioni e/o da prescrizioni normative, ci si è basati su quelle che erano le
indicazioni della manualistica più autorevole [12-14] e le consuetudini progettuali ed esecutive del periodo.

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Nella terza fase è stata valutata la capacità resistente mediante analisi dinamiche non lineari utilizzando un
classico codice agli elementi finiti. Le analisi sono state effettuate con 6 diversi livelli di intensità sismica. Per
ogni intensità sono stati considerati 8 accelerogrammi artificiali ricavati dallo spettro di risposta EC8 tipo B. Per
ottenere una valutazione realistica della massima capacità resistente dei telai, nelle analisi si sono assunti valori
medi, sia per le azioni che per le resistenze dei materiali, e coefficienti di sicurezza unitari.
Infine, la risposta è stata esaminata mediante curve di fragilità relative ad alcuni parametri di risposta collegabili
al danno strutturale o non strutturale (richieste di duttilità nelle travi e nei pilastri, drift) al variare dell'intensità
sismica (PGA) e mediando i valori massimi ottenuti dagli 8 accelerogrammi.
In fig. 1 è riportato un diagramma di flusso in cui vengono schematicamente riportati i passi principali della
procedura seguita.

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L’esame di elaborati progettuali di edifici tipici ha evidenziato una serie di elementi tra i quali il più rilevante, in
termini di comportamento globale, è certamente la mancanza di un doppio reticolo di travi lungo le due direzioni
dell'edificio. In genere è emersa la presenza di telai in una sola direzione, ad esclusione che lungo il perimetro,
con una distribuzione delle rigidezze sostanzialmente simmetrica in direzione trasversale, anche per la
collocazione frequentemente centrale del corpo scala. Per quanto riguarda gli elementi strutturali si sono rilevate
principalmente una attenzione scarsa, se non addirittura nulla, nell’esecuzione dei particolari costruttivi, basse
quantità di armatura longitudinale e trasversale in travi e pilastri in rapporto a quelle normalmente presenti negli
edifici antisismici ed, in alcuni casi, altre soluzioni progettuali errate come ad esempio la presenza di
significative eccentricità tra gli assi di pilastri e travi.
Tra gli edifici costruiti nel periodo 1970-1980 una presenza consistente era costituita da edifici con altezza
compresa tra i tre e i cinque piani. In fig. 2 è riportata, a titolo di esempio, la distribuzione degli edifici in c.a.
rispetto al numero dei piani, relativa alla provincia di Potenza.
Sulla base delle suddette considerazioni, sono state individuate alcune tipologie di edifici in c.a. che possono
essere considerate rappresentative di tipici edifici esistenti a struttura intelaiata in c.a., sia in termini di
concezione globale che di dettagli costruttivi.

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Per poter considerare una possibile variazione della rigidezza dei traversi tra le diverse campate (travi emergenti,
travi a spessore, solaio), è stato individuato come schema di riferimento un telaio piano avente quattro piani e tre
campate. Le dimensioni medie della maglia strutturale sono state assunte pari a (4m x 4m) in pianta e con
un’altezza di interpiano di 3m.
Si è così individuata una serie di tipologie strutturali costituite da telai piani che si differenziano per la rigidezza
dei traversi, che possono consistere in travi emergenti, travi a spessore, travetti e in alcune loro combinazioni
(fig. 3).
In particolare, tenendo conto delle dimensioni più frequentemente osservate per le travi ed il solaio, sono stati
individuati i seguenti cinque casi:

ƒ caso 1: telaio con travi emergenti 30 x 50;


ƒ caso 2: telaio con travi a spessore 70 x 22;
ƒ caso 3: telaio con pilastri collegati soltanto dal solaio (2 travetti 10 x 22);
ƒ caso 4: telaio con travi a spessore e solaio nelle campate di estremità;
ƒ caso 5: telaio con travi a spessore e solaio nella campata centrale.
Nei casi 3, 4 e 5, tenuto conto delle rigidezze a flessione ed a torsione degli elementi strutturali coinvolti, si è
considerata collaborante, in assenza di travi ed ai fini del collegamento tra i pilastri, una fascia di solaio della
larghezza di 1 metro costituita da due travetti 10 x 22 cm.

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I pilastri sono stati dimensionati a sforzo normale centrato ed armati con i minimi di normativa, mentre le travi
sono state progettate adottando lo schema di calcolo semplificato di trave continua su più appoggi ed assumendo
condizioni vincolari agli estremi in grado di esplicare una reazione pari a 0  T ON . Laddove la valutazione
delle dimensioni degli elementi e delle armature non era imposta dall’entità delle sollecitazioni e/o da
prescrizioni normative, ci si è basati su quelle che erano le indicazioni della manualistica più autorevole e le
consuetudini progettuali ed esecutive del periodo.
Il calcolo delle sollecitazioni applicate agli elementi è stato effettuato considerando i valori caratteristici dei
carichi permanenti (peso proprio, sovraccarichi permanenti) ed accidentali, ricavati dalla analisi dei carichi
effettuata secondo i criteri del periodo. In particolare, per il carico accidentale è stato assunto il valore di 200
kg/mq, corrispondente ad una destinazione d’uso da civile abitazione.
La verifica delle sezioni ed il calcolo delle armature sono stati effettuati con il metodo delle tensioni ammissibili,
considerando materiali frequentemente utilizzati negli anni tra il 1970 e il 1980, ovvero calcestruzzo di classe Rck
250 e acciaio A38 (poi diventato FeB 38k).

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 2 30 x 50 2φ14+2φ16 2φ14 2φ14+2φ16 2φ14
3 30 x 50 2φ14+2φ16 2φ14 2φ14+2φ16 2φ14
1 70 x 22 2φ10+4φ14 2φ10+2φ14 2φ10+6φ14 2φ10
 2 70 x 22 2φ10+6φ14 2φ10 2φ10+6φ14 2φ10
3 70 x 22 2φ10+6φ14 2φ10 2φ10+4φ14 2φ10+2φ14
1 20 x 22 2φ12 2φ10 2φ10+2φ12 2φ10
 2 20 x 22 2φ10+2φ12 2φ10 2φ10+2φ12 2φ10
3 20 x 22 2φ10+2φ12 2φ10 2φ12 2φ10
1 70 x 22 2φ10+4φ14 2φ10+2φ14 2φ10+11φ14 2φ10+2φ14
 2 70 x 22 2φ10+11φ14 2φ10+2φ14 2φ10+4φ14 2φ10+2φ14
3 20 x 22 2φ10+2φ14 2φ10 2φ10+2φ14 2φ10
1 70 x 22 2φ10+7φ14 2φ10+4φ14 2φ10+7φ14 2φ10+4φ14
 2 20 x 22 4φ10 2φ10 4φ10 2φ10
3 70 x 22 2φ10+7φ14 2φ10+4φ14 2φ10+7φ14 2φ10+4φ14
Le dimensioni ed armature longitudinali delle travi nei diversi casi sono riportate in tabella 1, tenendo conto che
le travi, essendo state progettate a carichi verticali, hanno le stesse sezioni ed armature a tutti i piani. Le
percentuali d’armatura sono sempre sensibilmente superiori ai minimi di normativa con valori dell’ordine dello
0.7% nelle travi emergenti e compresi tra 0.8 e 1.5% nelle travi a spessore. Per il taglio sono stati considerati i
ferri sagomati derivanti dalla disposizione dell’armatura a flessione e disponendo in aggiunta le staffe necessarie
in base ai valori del taglio e verificando che esse assorbissero almeno il 40% dello scorrimento totale. Il diametro
delle staffe è stato assunto di 8 mm, valore riscontrato più di frequente nei progetti.

I pilastri hanno sempre sezione 30x30 cm, ad esclusione dei pilastri centrali che, per i primi 2 livelli, hanno
sezione 30x35 cm. Le armature longitudinali sono state valutate sulla base delle percentuali minime di
normativa. Pertanto in tutti i pilastri l'armatura è di 6.16 cmq (2 + 2 φ14), con percentuale variabile dallo 0.68%
(pilastri 30x30) allo 0.59% (pilastri 30x35). L'armatura trasversale è costituita da staffe φ6 con passo costante
pari a 20 cm.

 9$/87$=,21('(//$&$3$&,7$
5(6,67(17(

Dopo aver progettato le diverse tipologie strutturali considerando i soli carichi verticali, si è passati alla
valutazione della capacità resistente in campo non lineare sotto azioni sismiche. A tale scopo sono state
effettuate analisi dinamiche non lineari su modelli semplificati ma che fossero in grado di riprodurre in maniera
sufficientemente affidabile, sia in termini di resistenza che di duttilità, le strutture in esame. Il mezzo di calcolo
utilizzato è stato il DRAIN-2D+ [15] in una versione opportunamente aggiornata [16].
Le analisi sono state effettuate considerando 6 diversi livelli di intensità sismica (tab. 2) al fine di costruire curve
di fragilità delle strutture esaminate in termini di alcuni parametri di risposta. Per ogni intensità, le analisi al
passo sono state effettuate considerando 8 accelerogrammi artificiali ricavati dallo spettro di risposta dell'EC8
per terreno tipo B [17].

7DEHOOD&DUDWWHULVWLFKHGHJOLDFFHOHURJUDPPLXWLOL]]DWLQHOOHDQDOLVL

3*$J O
W  P
W  Q
W  W R STR  U
W  V
, 

 VHF  VHF  VHF  VHF  VHF  PVHF 

 2.6 10 2 14.6 11.7 0.063


 2.6 10 2 14.6 11.7 0.123
 2.6 10 2 14.6 11.7 0.251
 4 15 3 22 17.94 1.341
 6 22.5 4.5 33 27.03 4.151
 7 26.25 5.25 38.5 30.93 6.278

Gli accelerogrammi (tab. 2) hanno andamento trapezoidale con un primo tratto di intensità crescente e durata W ,
un secondo con intensità costante e durata W ed un terzo di intensità decrescente e durata WW , con W , W e WW funzioni
N N
dell’intensità sismica, secondo le indicazioni dell’EC8 e delle Linee Guida italiane sulle strutture isolate alla
base [18]. Sempre in tabella 2 sono riportati i valori della durata effettiva WX , valutata secondo Trifunac e Brady
[19], e dell’intensità secondo Arias, ,Y [20], mediati sugli 8 accelerogrammi relativi ad ogni intensità sismica.
Affianco alla dissipazione di tipo isteretico, nelle analisi non lineari è stata considerata anche una componente
viscosa [21], considerando uno smorzamento proporzionale alla rigidezza istantanea mediante un coefficiente β,
funzione del periodo proprio di oscillazione della struttura e del rapporto di smorzamento ξ assunto pari al 2%.

Come già detto, per ottenere una valutazione realistica della massima capacità resistente dei telai, sia per le
azioni che per le resistenze dei materiali, non si è fatto riferimento ai valori di calcolo convenzionalmente
adottati nella progettazione corrente per conseguire i livelli di sicurezza previsti nelle normative.
In particolare, per quanto riguarda le resistenze di calcolo dei materiali, oltre a non considerare i coefficienti di
sicurezza normalmente utilizzati nella progettazione, si è fatto riferimento ai valori medi e non a quelli
caratteristici. Per calcestruzzo tipo 5  250, con resistenza cilindrica caratteristica I  = 20 MPa, si è assunto come
valore di calcolo il corrispondente valore della resistenza media I Z  = 28 MPa, ricavato dalla espressione I Z  =
(I  + 8) MPa riportata nell'EC2 [22]. La resistenza media dell’acciaio è stata ricavata sulla base delle norme
italiane [4] assegnando all’acciaio A38, che ha una resistenza caratteristica a snervamento I[T  = 380 MPa, una
resistenza media I[5Z = I[5 +10) = 390 MPa.
Per quanto riguarda le azioni si è ipotizzato che durante il sisma sia presente soltanto una quota limitata del
carico accidentale sia in pianta che ai diversi piani, adottando dei coefficienti di riduzione funzione del numero e
della destinazione d’uso dei piani. Sulla base delle indicazioni fornite dalle norme [23, 24] si sono assunti i
seguenti valori dei carichi verticali e dei pesi da assumere per valutare le azioni sismiche:

ƒ carico verticale 9  X 
*  4 
ƒ peso sismico X
6  
*   4 

con * e 4 valori caratteristici dei carichi permanenti e dei carichi accidentali.

0HFFDQLVPLGLSODVWLFL]]D]LRQH

Il meccanismo di plasticizzazione considerato è solo di tipo flessionale, in quanto, come verrà mostrato nei
prossimi paragrafi, le caratteristiche degli elementi strutturali fanno ritenere poco probabili crisi anticipate per
taglio o per perdita di aderenza. Pertanto, le soglie di plasticizzazione sono pari ai momenti ultimi calcolati
assumendo valori medi delle resistenze e considerando, per il calcestruzzo, il classico legame costitutivo
parabola-rettangolo con ε \ = 0.35%. Per portare in conto le variazioni di momento ultimo causate dalle
variazioni di armatura longitudinale disposte in base alle sollecitazioni da carichi verticali, ogni campata è stata
modellata considerando tre elementi. Il momento ultimo dei pilastri è stato valutato considerando lo sforzo
normale costante dovuto ai soli carichi verticali.

φp
0
α 2⋅φp

Kr Ks
K0

α 1⋅φp I
Ks

] P
)LJ,QIOXHQ]DGHLSDUDPHWULD HD VXOFLFORG¶LVWHUHVL

Le analisi in campo non lineare sono state effettuate modellando sia le travi che i pilastri dei telai con elementi
trave a rigidezza degradante, caratterizzati dai parametri α1 e α2 (fig. 4). Il parametro α1 caratterizza il ramo di
scarico nel legame momento-rotazione. Tale parametro può assumere valori compresi tra 0 e 0.4; in particolare,
per α1 = 0, la rigidezza di scarico .^ coincide quella iniziale . _ , mentre un valore di α1 maggiore di zero si
traduce in un maggior degrado delle caratteristiche di rigidezza e, quindi, in una minore capacità dell’elemento
di dissipare energia. Il parametro α2, invece, caratterizza il ramo di ricarico e può variare tra 0 e 0.6. In questo
caso assumere un valore maggiore di zero significa attribuire all’elemento delle capacità dissipative maggiori.
Le tipologie strutturali che si stanno esaminando sono state progettate senza particolari accorgimenti per fornire
loro adeguate risorse di duttilità, pertanto presenteranno una certa danneggiabilità sotto azioni cicliche. Per
portare in conto tale degrado ciclico, si sono assunti α1=0.4 e α2=0, valori cui corrisponde una ridotta capacità di
dissipazione isteretica.

&DSDFLWjUHVLVWHQWHDWDJOLR

La resistenza ultima a taglio 9` è stata valutata sulla base del metodo standard riportato nell' EC2 [22] come
somma del contributo del calcestruzzo 9 e delle armature a taglio 9^  (sono state considerate soltanto le staffe)
ed assumendo al solito per le resistenze i valori medi:

9  ` 
9 9  ^



9  > τ` ÂNÂ Â ρ  Âσ a @ÂEÂG

9  ^ Â$ ^ ^
S ÂGÂI ^Z

dove EeG sono la base e l’altezza utile della sezione, τ` ÂI  T_Bb _dc , N  G ≥ 1 , ρ   $^ e  EÂG con $^ e =
armatura longitudinale in trazione, σ a  1 $ = tensione normale media nella sezione con 1 = sforzo normale
agente.

Detto 9Z&fdg 0[ il massimo valore del taglio ottenibile sulla base della distribuzione dei momenti ultimi My per
situazioni sismiche (andamento lineare ), non si avrà crisi anticipata per taglio se:

`
9 !9 Z&fdg 0  [

Per portare in conto il ridotto contributo del calcestruzzo per elevate richieste di duttilità [25, 26], il confronto
viene anche effettuato considerando un valore ridotto del taglio ultimo:

9`ih j k X    9 9  ^

Nei pilastri le armature longitudinali e la staffatura sono costanti, mentre il momento 0[ e, dunque, il valore del
taglio 9Z&fdg 0[ , dipende dallo sforzo normale agente. Assumendo valori della tensione media σ a   1  $
variabili nell'intervallo 0-6 MPa si possono tracciare diagrammi del tipo 9σ.
In fig. 5 si è riportato il diagramma relativo al pilastro 30x30, da cui emerge come sia sempre 9`ih j k X  ! 9ZlfBg 0[ 
per cui la crisi per taglio non precede quella per flessione. Si noti che, per σ a < 2 MPa, anche il solo contributo
delle staffe supera 9Z&fdg 0[ .

Vmax(My)
200
Vst
VR
160 VR,rid

{| 120

xyz
80

40

0
0 1 2 3 4 5 6
m2n o"prq-s t>u qwv

)LJ9DOXWD]LRQHFDSDFLWjUHVLVWHQWHDWDJOLRQHLSLODVWUL[FP

Nelle travi l'armatura longitudinale varia da sezione a sezione e, a differenza dei pilastri, non è disposta
simmetricamente pertanto, per verificare che non vi fossero crisi anticipate per taglio, sono state considerate le
distribuzioni di momenti 0[ che danno vita ai valori più elevati di 9Z&fdg 0[ . Essendo σ a = 0, per le travi i
diagrammi significativi saranno in funzione del passo delle staffe S^  .
In fig. 6 è riportato il diagramma 9S^  relativo alla trave 30x50, da cui emerge che per S^  ≤ 30 cm il solo
contributo delle staffe supera 9Z&fdg 0[ . Considerando che la staffatura nelle zone critiche di estremità è costante,
e pari a φ8/20 cm sia per le travi emergenti che per quelle a spessore, anche nelle travi si è verificato che la crisi
per taglio non precede mai quella per flessione.
500

Vmax(My)
400 Vst
VR
VR,rid
Œ 300

‰Š‹
200

100

0
5 10 15 20 25 30
}l~€€&#l‚ ~€ƒ ƒ „… †‡#ˆ

)LJ9DOXWD]LRQHFDSDFLWjUHVLVWHQWHDWDJOLRQHOOHWUDYLHPHUJHQWL

&DSDFLWjUHVLVWHQWHGHJOLDQFRUDJJL

Per valutare la presenza di eventuali crisi anticipate per aderenza si è verificata la possibilità che le lunghezze di
ancoraggio usualmente previste fossero tali da consentire alle armature longitudinali di sviluppare la loro
massima resistenza fino allo snervamento.
Per valutare la massima tensione I^ h Z&fdg che può svilupparsi in una barra d'acciaio ad aderenza migliorata prima
che si verifichi la crisi per ancoraggio, può essere utilizzata l'espressione proposta da Priestley [27, 28]:

I^ h Z&fdg  > Of  I N  VφF @ π φN   (1)

dove Of è la lunghezza di ancoraggio disponibile, I è la resistenza a compressione del calcestruzzo, φ il diametro


della barra ancorata, V è l'interferro e F è il copriferro.
Ponendo I^ h Z&fdg   I[5Z nella (1) si può ricavare la lunghezza di ancoraggio minima per evitare crisi anticipate per
aderenza:

Of h Z k    I[TZ  π φ N > I  N  VφF @

In fig. 7 sono diagrammati i valori di Of h Z k  relativi ai diametri delle barre longitudinali utilizzati (10, 12, 14 e 16
mm) ed assumendo I[TZ = 390 MPa, I = 28 MPa, F = 20 mm, V = 75 mm nelle travi e V = 150 mm nei pilastri.

500 PRIESTLEY (travi)

PRIESTLEY (pilastri)
400
EC2 (valori medi)
¦¢
¢ 300
¥
£ ¤¢
Ÿ   ¡ 200

100

0
10 12 14 16
’‘ “€”$•—–d˜ ™šl“l˜ ˜ •#› ™’œ€’‘ –dži’‘ œi“l› ‘

)LJ/XQJKH]]HGLDQFRUDJJLRPLQLPH
I risultati ottenuti con la formula di Priestley sono confrontati (fig. 7) con la formula di progetto riportata
nell’EC2 [22]. Adottando valori medi delle resistenze dei materiali si ottiene la seguente lunghezza di ancoraggio
di base minima relativa a barre ad aderenza migliorata poste nella parte inferiore del getto di calcestruzzo:

O§5¨ ©&ª «  ¬T©


 I φ >   I­ ® ¯ °
  @

La fig. 7 mostra che nei pilastri le lunghezze di ancoraggio richieste per barre φ14 sono dell’ordine di 15 volte il
diametro, in genere disponibili negli edifici esistenti come evidenziato nella fig. 8 tratta dalla manualistica [12],
dove vengono mostrate tipici valori delle lunghezze di sovrapposizione delle armature dei pilastri.

)LJ7LSLFDVRYUDSSRVL]LRQHGLEDUUHORQJLWXGLQDOLQHLSLODVWUL>@

Nelle travi le lunghezze di ancoraggio richieste per i diversi diametri sono maggiori che nei pilastri facendo
sorgere alcune perplessità sulla loro effettiva disponibilità che va ulteriormente verificata. In linea generale però
dall'esame dei progetti sono state rilevate lunghezze di ancoraggio sufficienti sia nelle travi che nei pilastri che,
anche grazie alla presenza di uncini terminali, possono far ritenere che la crisi per aderenza non preceda quella
per flessione, quando si adoperano barre ad aderenza migliorata.

 $1$/,6,'(,5,68/7$7,

I parametri di risposta sono stati valutati mediando i valori massimi ottenuti dagli 8 accelerogrammi.

La risposta è stata analizzata mediante curve di fragilità considerando in ascissa il PGA/g e in ordinata un
parametro di risposta collegabile al danno strutturale o non strutturale. I parametri esaminati sono i seguenti:

ƒ '3 ©’± ² duttilità di curvatura richiesta ai pilastri (massimo tra le medie di piano)

ƒ '7 ©&± ² duttilità di curvatura richiesta alle travi (massimo tra le medie di piano)

ƒ 'ULIWK massimo spostamento di interpiano rapportato all’altezza di piano (espresso in millesimi)

Nel caso 1 (fig. 9) i tre parametri di risposta presentano un andamento sostanzialmente simile da cui si discosta
'7PHG solo per i massimi valori del PGA. In particolare '3PHG e 'ULIWK aumentano in maniera significativa
quando il PGA passa da 0.1g a 0.2g a causa delle ampie plasticizzazioni che subiscono i pilastri del terzo piano.
Per tutti i livelli di intensità sismica, i valori massimi della richiesta di duttilità dei pilastri nei singoli elementi
sono molto prossimi a quelli medi di piano, evidenziando il fatto che le escursioni in campo plastico non sono
localizzate ma diffuse nel piano. Al contrario nelle travi vi sono significative variazioni nella richiesta di duttilità
tra una trave e l’altra, con valori massimi della richiesta di duttilità nell’ambito di un piano maggiori del 40÷60%
della media di piano. Le plasticizzazioni maggiori si verificano nelle campate di estremità, mentre quelle
centrali, tranne quella del primo piano, permangono in campo elastico per tutti i valori di accelerazione al suolo
considerati.
Le duttilità di curvatura richieste appaiono accettabili fino a valori del PGA di 0.10g, valore per il quale anche il
danno non strutturale è moderato ('ULIWK < 7 per mille, [29]). Pertanto, il valore limite del PGA per i telai con
travi emergenti può essere collocato tra 0.10g e 0.15g.

&DVR7UDYLHPHUJHQWL
40

35 DPmed
DTmed
30
Drift/h
25

20

15

10

0
0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

)LJ&XUYHGLIUDJLOLWjDOYDULDUHGL3*$J &DVR 

Nel caso 2 (fig. 10) si hanno valori minori delle richieste di duttilità nei pilastri rispetto al caso 1, con valori
massimi di '3PHG dell'ordine di 15. Il 'ULIWK varia tra il 3 ed il 20 per mille ed è maggiore del caso 1 fino a
PGA = 0.2g per poi diventare minore, in conseguenza del forte effetto di degrado subito dai pilastri del caso 1
per elevate accelerazioni al suolo.
Andamento e valori totalmente diversi si evidenziano per la duttilità richiesta alle travi. Per PGA > 0.10g si
hanno valori molto elevati di '7PHG, più che doppi rispetto al caso 1, con punte massime intorno ad 80. Ciò è
causato dal fatto che per PGA > 0.10g si ha l'inversione del segno dei momenti in appoggio, con elevate
plasticizzazioni causate dalla quantità di armatura molto bassa presente negli appoggi al lembo inferiore delle
travi a spessore (2 φ10).
Il valore limite del PGA per i telai con travi a spessore può essere posto pari a 0.10g.

&DVR7UDYLDVSHVVRUH

80

70 DPmed
DTmed
60
Drift/h
50

40

30

20

10

0
0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

)LJ&XUYHGLIUDJLOLWjDOYDULDUHGHO3*$ &DVR 

Nel caso 3 (fig. 11) la richiesta di duttilità nei pilastri è nettamente maggiore dei casi precedenti e, all’aumentare
del PGA, cresce più rapidamente. I valori massimi e medi di piano sono piuttosto simili, con differenze
dell’ordine del 10-20 %. Le massime escursioni plastiche sono localizzate nei pilastri alla base. In questo caso,
non essendo presenti travi, viene valutata la richiesta di duttilità nei travetti del solaio che si considerano
collaboranti ai fini del collegamento tra i pilastri. Essa è superiore a quella delle travi dei casi precedenti per
bassi valori di PGA, per poi assumere valori intermedi all'aumentare dell'accelerazione al suolo. Gli spostamenti
di interpiano sono maggiori rispetto agli altri casi e compresi tra il 3.5 ed il 25 per mille. Il valore limite del PGA
per i telai privi di travi risulta inferiore a 0.10g.
&DVR6RODLR

40
DPmed
35
DTmed
30 Drift/h
25

20

15

10

0
0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

)LJ&XUYHGLIUDJLOLWjDOYDULDUHGHO3*$J &DVR 

&DVR7UDYLDVSHVVRUHHVRODLR HVWUHPR

40
DPmed
35
DTmed
30 Drift/h
25
20
15
10
5
0
0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

)LJ&XUYHGLIUDJLOLWjDOYDULDUHGHO3*$J &DVR 

&DVR7UDYLDVSHVVRUHHVRODLR FHQWUDOH

40
DPmed
35
DTmed
30 Drift/h
25
20
15
10
5
0
0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35
)LJ&XUYHGLIUDJLOLWjDOYDULDUHGHO3*$J &DVR 

Nel caso 4 (fig. 12) i valori di '3PHG risultano minori rispetto al caso 1 e confrontabili con quelle del caso 2,
con valori massimi inferiori a 20. In questo caso le richieste di duttilità nei pilastri mostrano una certa differenza
tra i valori massimi nei singoli elementi ed i massimi delle medie di piano. Nell’ambito dello stesso piano vi
sono elementi con grado di plasticizzazione significativamente diverso, conseguenza della presenza
contemporanea di travi e travetti e, quindi, della irregolare distribuzione delle rigidezze dei traversi. Le richieste
di duttilità nelle travi sono intermedie tra i casi 1 e 2, con valori massimi dell'ordine di 30, in quanto l'effetto di
inversione dei momenti flettenti in appoggio risulta meno marcato rispetto al caso 2. Gli spostamenti di
interpiano hanno valori confrontabili con quelli dei casi 1 e 2 ed addirittura inferiori per PGA = 0.3-0.35g.

Nel caso 5 (fig. 13) l’andamento dei risultati è analogo a quello del caso precedente, con valori leggermente
maggiori di '3PHG e 'ULIWK e minori di '7PHG.
Il valore limite del PGA per i telai con travi a spessore e solaio (casi 4 e 5) risulta dell'ordine di 0.10g.

In conclusione, per ottenere una valutazione sintetica e particolarmente utile per la progettazione di un intervento
di adeguamento sismico con isolamento alla base, la capacità resistente è stata esaminata anche in termini di
accelerazione efficace D± ³ ³ assunta pari al rapporto tra il taglio alla base dei telai e la loro massa totale.
L'andamento dell’accelerazione efficace per i 5 casi esaminati, al variare della massima accelerazione al suolo
PGA normalizzata rispetto a g, è riportato nel grafico di fig. 14.

5HOD]LRQH3*$JD ´5µ µ J
0,15

0,12 Caso 1
Caso 2
0,09 Caso 3
Caso 4
0,06 Caso 5

0,03

0,00 3*$J

0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

)LJ&XUYHGLIUDJLOLWjLQWHUPLQLGLDFFHOHUD]LRQHHIILFDFHD ¶· · SHULFDVLHVDPLQDWL

L'esame del grafico mostra che D± ³ ³ cresce sempre più lentamente e molto meno che proporzionalmente al
crescere dell’intensità sismica. Il caso 1 presenta i valori più elevati di D± ³ ³ . Il caso 2 ha valori più bassi ma con un
gradiente di crescita, all’aumentare del PGA, più elevato rispetto al caso 1. Ciò è imputabile al fatto che il caso 2
ha caratteristiche dinamiche che lo collocano in una zona dello spettro delle pseudoaccelerazioni con minore
gradiente di riduzione. Inoltre, essendo in questo caso le richieste di duttilità nei pilastri minori del caso
precedente, si ha un decremento della rigidezza, e quindi un aumento del periodo, più contenuto. I casi 4 e 5
mostrano un andamento simile e molto vicino a quello del caso 2. Le accelerazioni efficaci sono minori del caso
2 a dimostrazione del fatto che la variazione di rigidezza della struttura, è molto più influenzata dalle escursioni
in campo plastico dei pilastri che delle travi. Infatti, se confrontiamo i casi 4 e 5 con il caso 2, abbiamo richieste
di duttilità che sono maggiori nei pilastri e minori nelle travi. Nel caso 3, data la bassa rigidezza del telaio dovuta
alla elevata deformabilità dei traversi, l’accelerazione efficace assume valori nettamente minori rispetto agli altri
casi.

 &21&/86,21,

Nel lavoro viene descritta ed utilizzata una procedura, articolata in quattro fasi essenziali, per l'accertamento
della capacità resistente di edifici in cemento armato.
Vengono inizialmente selezionate le tipologie da esaminare sulla base delle caratteristiche strutturali più tipiche
degli edifici in c.a. realizzati nel periodo in esame. Successivamente si effettua il progetto degli elementi
strutturali con riferimento alle norme vigenti nel periodo ed adottando criteri analoghi a quelli desunti dall’esame
della manualistica e di progetti tipici. Nella terza fase viene valutata la risposta sismica mediante analisi
dinamiche non lineari considerando diversi livelli di intensità sismica. Infine, viene individuata la capacità
resistente delle strutture in esame sulla base di curve di fragilità relative a parametri di danno strutturale e non
strutturale.
In particolare, nel presente lavoro sono state esaminate 5 tipologie (casi 1-5) relative al periodo 1970-1980.
Dal confronto dei diversi casi è emerso che il comportamento peggiore, sia in termini di richieste di duttilità che
di spostamenti interpiano, si ottiene nel caso 3 in cui il collegamento tra i pilastri è affidato esclusivamente al
solaio. In questo caso la dissipazione di energia è affidata quasi completamente ai pilastri cui verrebbe richiesta
una elevata capacità duttile, probabilmente non disponibile, già per bassi valori della intensità sismica
dell’ordine dello 0.07-0.10 g. Anche per quanto riguarda gli spostamenti di interpiano si hanno valori molto
elevati che porterebbero a danni significativi alle tamponature in laterizio già per valori di PGA = 0.05g.

Comportamenti migliori per quanto ancora sfavorevoli sono emersi dall’esame dei risultati relativi ai casi 4 e 5.
In particolare, in tali due casi si evidenzia la presenza di livelli di plasticizzazione significativamente diversi
nell’ambito dello stesso piano, conseguenza della irregolare distribuzione delle rigidezze dei traversi (presenza
contemporanea di travi e travetti di solaio).

Lo schema con travi emergenti (caso 1) ha mostrato richieste di duttilità nei pilastri e nelle travi che appaiono
accettabili fino a valori dell’accelerazione al suolo dell’ordine di 0.10-0.15g.

Interessante è il comportamento del caso 2 in cui si hanno valori minori del 'ULIWK e delle richieste di duttilità
nei pilastri rispetto al caso 1, con valori massimi di '3PHG dell' ordine di 15. Al contrario, per PGA > 0.10g nelle
travi si hanno valori molto elevati di '7PHG e di gran lunga maggiori rispetto agli altri casi. Ciò è causato dal
fatto che per PGA > 0.10g si ha l' inversione dei momenti in appoggio, con elevate plasticizzazioni causate dalla
quantità di armatura molto bassa presente al lembo inferiore delle zone nodali delle travi a spessore (2 φ10).
Pertanto, il valore limite del PGA per i telai con travi a spessore è da ritenersi non superiore a 0.10g.

Va infine detto che, al di là del problema particolare emerso nel caso 2, il confronto fra i diversi casi sembra
mostrare un comportamento globale migliore dei telai con travi a spessore rispetto a quelli con travi emergenti.
Infatti, i primi presentano una minore richiesta di duttilità nei pilastri riducendo il rischio di formazione di un
meccanismo a colonne plasticizzate. Tale comportamento, certamente favorevole in generale, lo è ancor più in
strutture nelle quali le travi, essendo poco armate, hanno una buona capacità duttile a flessione. Peraltro, è da
ritenere che tale capacità duttile rimanga abbastanza stabile anche sotto azioni cicliche in quanto i meccanismi di
collasso per taglio ed aderenza, in presenza di barre ad aderenza migliorata, in genere non precedono il
meccanismo per flessione.

 %,%/,2*5$),$

1. Regio Decreto 16/11/1939 n. 2229, "Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio
semplice ed armato".
2. Legge 5/11/1971 n. 1086, "Norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale
e precompresso ed a struttura metallica".
3. Decreto Ministeriale 30/5/1972, "Norme tecniche alle quali devono uniformarsi le costruzioni in
conglomerato cementizio, normale e precompresso ed a struttura metallica".
4. Decreto Ministeriale 9/1/1996, "Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle strutture in
cemento armato, normale e precompresso e per le strutture metalliche".
5. Decreto Ministeriale 3/10/1978, "Criteri generali per la verifica della sicurezza delle costruzioni e dei carichi
e sovraccarichi".
6. Legge 2/2/1974 n. 64, "Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche".
7. Regio Decreto Legge 22/11/1937 n. 2105, "Norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le
località colpite dai terremoti".
8. Decreto Ministeriale 3/3/1975, "Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche".
9. Decreto Ministeriale 30/5/1974, "Norme tecniche per la esecuzione delle opere in cemento armato normale e
precompresso e per le strutture metalliche".
10. Decreto Ministeriale 16/6/1976, "Norme tecniche per la esecuzione delle opere in cemento armato normale e
precompresso e per le strutture metalliche".
11. Legge 25/11/1962 n. 1684, "Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche".
12. Santarella, L. (1956), "Il cemento armato – La tecnica e la statica", I volume, Edizione Hoepli.
13. Santarella, L. (1968), "Il cemento armato – Le applicazioni alle costruzioni civili ed industriali", II volume,
Edizione Hoepli.
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