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LaLegge Orlando dell’8 luglio 1904, n. 407, prolunga l’obbligo scolastico fino al 12°
anno di età (4 anni di scuola elementare propriamente detta ed il passaggio alla
scuola media, dopo un esame di maturità, per i più fortunati, oppure la frequenza dei
due anni del corso popolare per chi è destinato alle attività lavorative manuali);
istituisce le scuole serali per gli analfabeti, la refezione e l’assistenza scolastica a carico
dei Comuni per i più poveri e la creazione della Direzione generale
dell’istruzioneelementare.
Anche stavolta, però, gli effetti non furono quelli sperati, in quanto i contributi statali
si rivelarono ben presto inadeguati. L'analfabetismo non decrebbe, mentre acquistò
sempre più forza il convincimento che all'istruzione e alla formazione dei cittadini non
dovessero provvedere i Comuni, bensì lo Stato.
Dopo il primo conflitto mondiale lo Stato si impegnò a fornire un assetto organico al
sistema scolastico, riesaminando le norme in vigore e rimuovendo quanto di
improduttivo e imperfetto sussisteva nell'organizzazione della scuola.
Giovanni Gentile in tutto l'arco della sua produzione culturale, dell'attività di docente
e di ministro, sostenne sempre i principi su cui impostò la sua riforma. Un programma
variamente documentato ed argomentato, che ruota attorno alla differenziazione
della scuola popolare, dei lavoratori e dei tecnici, da quella delle élites sensibili alle
problematiche culturali e filosofiche.
Gentile crede che la scuola serva alla classe dirigente, che per definizione deve dare
sempre il meglio di sé per guidare le masse e tutto il Paese e quindi è quel ceto che
deve poter frequentare al meglio la scuola migliore.
È, infatti, ancora e più di prima il liceo l’elemento caratterizzante di tutto il nuovo
impianto istituzionale: il ginnasio opera la selezione, ergendosi a barriera tra coloro
che sono destinati ad alti ruoli sociali (e quindi all’accesso all’Università) e quanti che
sono destinati nell’immediato futuro ai lavori manuali o all’attività professionale.
La riforma Gentile non aveva niente a che fare con le proposte che il fascismo aveva
avanzato fino a qualche tempo prima sulla scuola. Essa era una riforma che traeva le
sue origini dalla legge Casati. La differenza tra le due normative sta nel fatto che la
riforma Gentile cerca di dare una base teoretica e filosofica a un sistema scolastico
che la legge Casati aveva costruito spinta soprattutto da preoccupazioni politiche.
Gli altri punti-chiave della riforma furono:
- estensione dell'obbligo scolastico fino al 14° anno di età, con un corso elementare
della durata di cinque anni e un corso di avviamento professionale della durata di 3
anni;
- istituzione di scuole speciali per gli handicappati sensoriali;
- riformulazione di tutti i programmi scolastici;
- istituzione del liceo scientifico, dell'istituto magistrale e dell'esame di maturità;
- insegnamento obbligatorio della religione cattolica;
- istituzione di rigidi controlli sull'inadempienza dell'obbligo scolastico.
La riforma inserisce, nel sistema scolastico, la Scuola materna (3 anni); essa non è
statale ed è facoltativa.
La Scuola elementare divisa in 2 cicli (2+3). Programmi della scuola elementare saranno
elaborati sempre nel 1923 dal pedagogista Lombardo-Radice. Essi mirano a valorizzare
la spontaneità, la creatività e l’espressività del bambino attraverso l’educazione
religiosa, linguistica ed artistica. Il maestro non è vincolato a comportamenti educanti
prescritti ma è lasciato libero di agire in base alle esigenze della realtà concreta in cui
opera.
La «Carta della scuola» (1939) del Ministro Bottai stabilisce che la scuola materna deve
accogliere bambini in età da 4 a 6 anni e prepararli alla scuola elementare.
Costituzione e dopoguerra
“Ogni individuo ha pieno e uguale diritto all’educazione e all’istruzione, un diritto
indispensabile al graduale sviluppo della personalità. Se questo diritto non fosse concesso al
fanciullo, sarebbe compromessa quella formazione dell’uomo che sta alla base di una
Costituzione democratica”.
Aldo Moro
Gli articoli principali, pur nei limiti della loro formulazione, sono stati un costante
punto di riferimento ed anche uno strumento di difesa e di proposta per quelle forze
politiche, sindacali e degli insegnanti, delle famiglie, degli allievi, che durante gli anni
difficili della storia della Repubblica non hanno mai smesso di puntare su un
rinnovamento democratico e civile della nostra scuola.
Relativamente al mondo dell’istruzione e della scuola, gli articoli più importanti sono:
Art. 31, comma 2: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”Questo secondo
comma porta una reale innovazione nel modo di impostare i rapporti tra la
formazione della persona e la situazione economica, sociale, politica.
Art. 9. “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
1
Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua,
di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.”
Tale articolo consacra lo Stato italiano come Stato di cultura, col preciso compito di
farsi carico della promozione culturale dei suoi cittadini, ovvero di fornire le condizioni
e i presupposti per il libero sviluppo della cultura e dell’istruzione, considerate fra i
più rilevanti parametri di crescita dell’individuo sotto il profilo personale e civile.
Gli artt. 332 e 343disciplinano l’istruzione scolastica secondo i seguenti principi:
- libertà di insegnamento
- disponibilità di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione
- libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione
- obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo
- riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi, purché
capaci e meritevoli, mediante borse di studio, assegni e altre provvidenze da
attribuirsi per concorso
- ammissione, per esami, ai vari gradi dell’istruzione scolastica e dell’abilitazione
professionale
- libera istituzione di scuole da parte di enti o privati
- parificazione delle scuole private a quelle statali, quanto agli effetti legali e al
riconoscimento professionale del titolo di studio.
Oltre che dallo Stato in prima persona, i compiti sopra indicati sono e devono essere
espletati anche da altri soggetti: Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni,
Comunità montane, Aziende/ASL ecc.
Il comma 1 dell’art. 33 Cost. stabilisce che “L’arte e la scienza sono libere e libere ne è
l’insegnamento”. I termini arte e scienza devono essere intesi nell’accezione più
ampia possibile, in modo da abbracciare qualunque manifestazione dello spirito
compatibile con l’insegnamento. Secondo la comune accezione, la libertà
d’insegnamento dei docenti si specifica ulteriormente nella:
- libertà di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo possibile di diffusione;
- libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione;
- libertà di svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia opportuno
adottare.
È dunque riconosciuta al docente la libertà di esercitare le proprie funzioni didattiche
e di ricerca scientifica senza vincoli di ordine pubblico, religioso o comunque
ideologico.
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Art. 33: “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai
loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione
all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi
dello Stato.”
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Art. 34: “La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere
attribuite per concorso.”
La scuola democratica
Il primo importante provvedimento strutturale in materia scolastica, in un'Italia che
da paese agricolo si trasformava in paese industriale, è la Legge n. 1859/1962 che
istituì per la prima volta la scuola media unica e obbligatoriae senza lo studio del
latino, che permetteva l'accesso a tutte le scuole superiori, dando attuazione al
principio costituzionale dell'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione impartita per
almeno otto anni (da 6 a14 anni).
Le convergenze politiche e le motivazioni democratiche si sommano al venir meno
delle resistenze da parte del ceto imprenditoriale, il quale comprende, ormai, che la
professionalità anticipata e per di più scarsamente specializzata si traduce in un
danno per l’organizzazione del lavoro; la scuola media assume caratteri orientativi e
formativi, tende a creare una certa omogeneità della cultura di base contemporanea
e cerca di saldare la cultura umanistica con quella scientifica e tecnologica.
L’inserimento della metodologia della ricerca, dei laboratori intende cambiare le
modalità dell’insegnamento e dell’apprendimento, anche per garantire una maggiore
apertura al mondo esterno ed alle problematiche quotidiane, compresa la vita reale
della società, delle famiglie ed in particolare dei ragazzi: si tratta in sostanza di
svecchiare il sistema scolastico.
La contestazione studentesca, anche se non priva di contraddizioni, ebbe il merito di
porre al centro delle questioni politiche i problemi presenti e connessi con la scuola:
nel 1969 (Legge n. 910) fu approvata la legge sul riordinamento degli esami di Stato di
maturitàe si aprirono tutte le facoltà a tutti i diplomati.
Gli anni ’70 sono caratterizzati da iniziative legislative orientate a soddisfare istanze di
natura “sociale” emerse sia prepotentemente attraverso le lotte studentesche del ’68
sia più pacatamente attraverso la riflessione delle diverse componenti della società.
Dall’insieme del dibattito emergono due esigenze complementari: da una parte che la
Scuola si apra alla Società, dall’altra che la Società si impegni a sostenere ed integrare
l’azione formativa della Scuola.
Nel 1974 furono emanati molti Decreti delegati (confluiti poi nel Testo unico delle
leggi sulla scuola del 1994) che mirano a promuovere la “gestione sociale” della
scuola e a metterla nelle condizioni di rispondere più adeguatamente ai bisogni della
società introducendo forme di flessibilità (curricoli, orari, programmi, metodologie)
attraverso la “sperimentazione”.
Con i Corsi sperimentali si è cercato di venire incontro al diritto allo studio dei
lavoratori, di rendere effettiva la norma costituzionale, di ovviare ai fenomeni
dell’emarginazione e dell’abbandono scolastico ed, inoltre, di migliorare la
preparazione culturale dei lavoratori. Per la prima volta la scuola italiana e gli
insegnanti entrano in contatto con la fabbrica, con gli imprenditori, con i lavoratori,
con una realtà umana e sociale conosciuta molto spesso solo attraverso le indagini, le
inchieste, i libri. Si modifica anche tutto l’armamentario pedagogico, didattico,
educativo, scolastico relativo all’educazione popolare; la presenza di nuovi soggetti
sociali (lavoratori, sindacati) pone il problema dell’educazione degli adulti in termini
più realistici con modalità di riscontro decisamente nuove.
L’introduzione dei Decreti Delegati ha avuto nella scuola italiana un indubbio effetto
di mobilitazione di risorse e le molte sperimentazioni avviate hanno fortemente
contribuito ad innovare il modo d’essere e di funzionare delle istituzioni scolastiche.
Ma, in realtà, l’autentica carica riformatrice dei decreti si spense velocemente.
Ciò spiega perché l’Amministrazione scolastica abbia deciso di ricondurre a sistema la
varietà delle esperienze, accogliendone la migliore eredità e disseminandola
attraverso i “ProgettiAssistiti”.
La Legge n. 517/1977 abolì gli esami di riparazione nella scuola elementare e media,
(mentre per le superiori, la legge che abolì gli esami di riparazione è la legge
352/1995) introdusse i giudizi al posto dei voti, sostituì la pagella con la scheda di
valutazione e soprattutto integrò gli alunni disabili nelle classi normali prevedendo gli
insegnanti di sostegno.
Nel corso degli anni ’80 l’ampia diffusione dei Progetti assistiti ha permesso un
profondo rinnovamento dei curricoli, nonostante l’assenza di una riforma della scuola
secondaria, su cui è mancato l’accordo delle forze politiche.
Nel 1988 furono rivisti i programmi della scuola secondaria superiore, potenziando la
lingua inglese, la matematica e l'informatica.
Negli anni ʼ90si registra un'attenzione particolare del legislatore in materia scolastica.
Si chiede alla Scuola di fornire un “prodotto” diverso, di qualità, e di aprirsi
effettivamente alla Società, accettando di condividere con altri soggetti la
responsabilità dei processi formativi.
Legge Bassanini e il processo autonomistico: DPR 275/1999
Nella seconda metà degli anni ʼ90 si avvia un processo riformatore di
modernizzazione e razionalizzazione della pubblica amministrazione italiana, portato
avanti da una serie di provvedimenti promossi dall'allora Ministro della funzione
pubblica Franco Bassanini. Con tali leggi si realizzò una radicale riforma del sistema
amministrativo volta a creare amministrazioni più efficienti, più snelle e capaci di
assicurare servizi di maggiore qualità. Tale obiettivo è stato perseguito seguendo due
linee: la semplificazione amministrativa e il federalismo amministrativo.
Applicando per la prima volta nel nostro ordinamento il principio di sussidiarietà, già
presente nella normativa europea (principio in base al quale le decisioni vanno prese
dell'ente più vicino possibile ai cittadini), si assistette a un massiccio trasferimento di
funzioni amministrative (e di beni e risorse connessi) dall'amministrazione statale alle
amministrazioni regionali e locali sulla base del principio per il quale ogni funzione
amministrativa e ogni compito non esplicitamente mantenuto in capo allo Stato
devono necessariamente essere attribuiti alle competenze delle Regioni o di altri enti
locali.
Con la Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e
compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per
la semplificazione amministrativa, il Parlamento italiano ha dato una prima risposta
alle istanze autonomistiche provenienti ormai da tutto il Paese, delegando il Governo
a conferire alle Regioni e agli enti locali tutte le funzioni che, alla luce della
Costituzione vigente, non devono necessariamente essere esercitate dallo Stato e a
realizzare una generale riforma dell’amministrazione dello Stato.
Nel quadro della riorganizzazione e della ridistribuzione delle competenze tra Stato,
Regioni ed enti locali, l'articolo 1 ha previsto che nella materia dell'istruzione spettano
allo Stato le funzioni e i compiti riconducibili agli ordinamenti scolastici, ai programmi
scolastici, all’organizzazione generale dell'istruzione scolastica e allo stato giuridico del
personale della scuola. Per bilanciare tale determinazione, che di fatto ribadisce la
prevalente competenza statale in materia di istruzione, l'articolo 21 dellamedesima
legge ha realizzato un decentramento molto spinto di competenze in favore delle
istituzioni scolastiche, attribuendo loro autonomia didattica, organizzativa, di ricerca
e di sviluppo e dotandole, a tal fine, di personalità giuridica. Le disposizioni
sull’autonomia delle istituzioni scolastiche sono quelle attorno alle quali ruota tutta la
riorganizzazione del sistema dell’istruzione sia dal punto di vista dei contenuti che da
quello dell’organizzazione amministrativa.
Il cuore della riforma, dunque, per quanto riguarda il sistema scolastico italiano sta in
quella parte dell’articolo 21 della legge n. 59 che definisce l’autonomia didattica e
organizzativa attraverso la quale le scuole che abbiano ottenuto la personalità
giuridica e l’autonomia amministrativa potranno differenziare e ampliare l’offerta
formativa ed essere sedi di ricerca, sperimentazione e sviluppo. Dalla legge emerge,
con tutta evidenza, che tali aspetti dell’autonomia, benché apprezzati come valore in
se stessi, non costituiscono il fine della riforma, ma il mezzo attraverso il quale lo
Stato intende assicurare un migliore e più efficace servizio nel settore dell’istruzione e
della formazione. In altre parole, l’autonomia è vista come lo strumento per rendere
possibile il raggiungimento di migliori livelli di successo formativo, sia dal punto di
vista qualitativo (mediante una maggiore attenzione ai bisogni di singoli e di gruppi)
sia dal punto di vista quantitativo (mediante l’arricchimento dell’offerta formativa e la
possibilità di esercitare opzioni). In questo quadro alle scuole è affidata la
responsabilità di individuare strategie, metodi e strumenti per il conseguimento degli
obiettivi e degli standard nazionali, che costituiscono il limite invalicabile per
l’esercizio dell’autonomia.
L'attuazione dell'autonomia finanziaria, organizzativa e didattica delle istituzioni
scolastiche costituiva il percorso obbligato che il legislatore doveva seguire per
realizzare una riforma della scuola in termini di modernità ed efficienza.
Con questa riforma la scuola diventava un centro di erogazione di servizi, un soggetto
protagonista in grado di progettare, programmare percorsi didattici, elaborare nuovi
metodi e ottemperare ai compiti di ricerca e sperimentazione.
Per dare attuazione all'art. 21 della Legge Bassanini fu emanato il DPR 8 marzo del
1999 n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni
scolastiche.
L’autonomia organizzativa, di cui all'articolo 5 del DPR 275/1999, si sostanzia
nell'adozione di modalità organizzative e di utilizzo dei docenti che sono espressione
di libertà progettuale in coerenza con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e
indirizzo si studio, al fine di curare la promozione e il sostegno dei processi innovativi
e il miglioramento dell'offerta formativa.
Per effetto dell’autonomia organizzativa le scuole possono, ad esempio, definire il
calendario delle lezioni, anticiparne o posticiparne l’inizio o la fine, fissare periodi
ordinari o straordinari di vacanza, organizzare attività didattiche esterne, prevedere
per i docenti periodi destinati all’aggiornamento, promuovere attività di
formazione,etc.
L'autonomia organizzativa, utilizzando la variabilità dei tempi, degli spazi e dei gruppi,
determina il passaggio da un assetto rigido a un'organizzazione che favorisce
l'interconnessione delle variabili dell'organizzazione scolastica in funzione di una
migliore pianificazione dell'offerta formativa, in conformità con le caratteristiche della
popolazione studentesca e delle sue esigenze. Essa libera le scuole da tutti i vincoli
interni ed esterni ed allarga verso l’esterno la loro capacità giuridica consentendo la
realizzazione di progetti integrati anche tra diversi sistemi formativi e ampliamenti
dell’offerta formativa che vanno dall’educazione permanente a rapporti di
interscambio con il mondo del lavoro, alla partecipazione a programmi nazionali,
regionali o comunitari.
L’autonomia didattica, di cuiall'art. 4 del DPR 275/1999, concede alle istituzioni
scolastiche, nel rispetto della libertà d'insegnamento, della libertà di scelta educativa
delle famiglie e delle finalità generali del sistema, la possibilità di adattare gli obiettivi
nazionali ai percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e
alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscendo e valorizzando le diversità,
promuovendo le potenzialità di ciascuno, adottando tutte le iniziative utili al
raggiungimento del successo formativo.
La metodologia tradizionale (libro di testo, lezione frontale, orario frazionato) non è
più indispensabile ed è consentita la programmazione di percorsi e tempi di
insegnamento più consoni alla natura e alle esigenze delle singole discipline e alle
esigenze formative degli studenti. Essa consiste nella formulazione dei curricoli a
livello delle scuole: in concreto ogni istituto, in base alle indicazioni nazionali del
Ministero della Pubblica Istruzione (obiettivi formativi generali), alle indicazioni di
indirizzo e alle singole discipline (obiettivi formativi specifici) ha la possibilità di stilare
un curricolo autonomo. Al posto dei programmi nazionali vengono organizzati degli
obiettivi didattici per permettere ad ogni studente, in base alle proprie capacità, di
completare il programma annuale previsto. Tutto l’insegnamento è perciò regolato sui
ritmi di apprendimento del singolo alunno. L'autonomia didattica apre inoltre la
strada all’individuazione di obiettivi locali che integrino gli obiettivi nazionali
mediante l’attivazione di insegnamenti facoltativi, opzionali oaggiuntivi.
L'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, sancita in base all'articolo 6 del
DPR 275/1999, in ambito scolastico si sostanzia nella possibilità di rispondere
adeguatamente ai bisogni educativi degli studenti e alle attese delle famiglie e del
territorio migliorando l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento,
tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà
locali e della libertà d’insegnamento dei docenti.
Fra le prerogative assegnate sulla base di tale articolo figurano:
• la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
• la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale
scolastico;
• l’innovazione metodologica e disciplinare;
• la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi;
• la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della scuola;
• gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
• l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e con i soggetti
competenti dei diversi sistemi informativi.
La riforma Moratti, Legge 53 del 2003,delinea una compiuta e organica riforma della
scuola i cui punti rilevanti sono:
- nuova articolazione degli studi e della formazione scanditi in: scuola dell'infanzia,
primo ciclo e secondo ciclo;
- istituzione di nuovi licei;
- valorizzazione del sistema dell'istruzione e della formazione professionale anche
attraverso il sistema dell'alternanza scuola-lavoro, percorso alternativo riservato ai
giovani compresi nella fascia d'età dai 15 ai 18 anni per assicurare loro l'acquisizione
di competenze spendibili nel mercato del lavoro;
- valorizzazione della qualità del sistema dell'istruzione, attraverso le procedure di
valutazione nazionali.
In sintesi la riforma Moratti fu caratterizzata dal principio tradizionale della
personalizzazione che ribadiva la centralità della persona nel contesto educativo,
riconosceva la ricchezza delle differenze e ne faceva la base per differenziare l'offerta
formativa in termini sia di contenuti che di metodologia. Il diritto all'istruzione
diventava così anche un dovere sociale nel senso che la fruizione dell'offerta di
istruzione e formazione avrebbe dovuto costituire per tutti i minori non solo un
dovere soggettivo ma anche un dovere sociale (articolo 4, comma 2 Costituzione).
Nel nuovo contesto europeo si imponeva anche in Italia l’esigenza di una riforma di
sistema della scuola che:
- investa l’intero ordinamento degli studi, i contenuti dell’insegnamento, le
metodologie didattiche e organizzative
- riguardi l’istruzione e la formazione professionale, in raccordo sia con l’università, sia
con il mondo del lavoro
- si collochi all’interno dei processi innovativi dello Stato e della Pubblica
amministrazione
- si inserisca quindi a pieno titolo nel quadro europeo.
Sul sostrato normativo rappresentato da tutti gli interventi riformatori degli anni ’90 e
2000, si diede avvio ad una complessiva riorganizzazione di tutto l'assetto
ordinamentale e didattico del sistema d’istruzione e formazione che comunemente
prendono il nome di riforma Gelmini. Tra le varie modifiche si segnalano:
- la reintroduzione del maestro unico nella scuola primariae il riordino del primo ciclo:
DPR 89/2009;
- la reintroduzione dei voti nel primo ciclo;
- l'innalzamento dell'obbligo scolastico fino a 16 anni;
- l’introduzione, in tutto il sistema scolastico, dell’insegnamento di Cittadinanza e
Costituzione;
- il riordino della scuola secondaria di secondo grado4 (DPR 87-88-89 del 2010);
- l'introduzione delle Indicazioni nazionaliper il primo ciclo5e di quelle per i Licei6delle
Linee guida per gli istituti tecnici7 e quelle per gli istituti professionali8atte a definire i
saperi ineludibili, le conoscenze fondamentali che lo studente dovrebbe possedere al
termine del proprio percorso di studi;
4
DPR 87-88-89 del 2010.
5
Decreto Ministeriale 254 del 16 novembre 2012.
6
Decreto Interministeriale MIUR-MEF 7 ottobre 2010, n. 211.
7
Direttiva Ministeriale 57/2010, Linee guidaper il primo biennio istituti tecnici e Direttiva Ministeriale 4/2012, Linee guida per il
secondo biennio e quinto anno istituti tecnici.
8
Direttiva MIUR 65/2010,Linee guida primo biennio istituti professionalie Direttiva MIUR 16.01.2012 n. 5 Linee guida secondo
biennio e quinto anno istituti professionali.
- viene potenziato l’insegnamento della lingua inglese o d’italiano per gli studenti
stranieri;
- si amplia lo spazio all’uso delle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (TIC).
LEGGE 107/2015
Con il riconoscimento dell’autonomia, la scuola si apre alla società e lo fa attraverso il
piano dell’offerta formativa e la costruzione dei curricoli di studio, a riprova del fatto
che l’apprendimento e la diffusione della cultura della conoscenza sono alla base della
sua istituzione.
In tal senso la Legge 107/2015 (“Buona scuola”, Renzi-Giannini) porta a compimento
un processo teso a fare della scuola un’istituzione a servizio della persona, nella
convinzione che la crescita di una comunità dipenda dalle azioni che l’uomo saprà e
vorrà intraprendere in autonomia e responsabilità. Lo studente è posto così “al centro
dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei,
estetici, etici, spirituali, religiosi”.
La Legge è nata anche dal bisogno di un complessivo rilancio dell’organizzazione
scolastica e al fine di assumere i docenti precari, a seguito del “richiamo” avuto
dall’Italia da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea che dichiarò
contraria al diritto dell’Unione la normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo
determinato, in quanto non era giustificato il rinnovo illimitato di tali contratti per
soddisfare le esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali9.
Per grandi temi la struttura della legge può essere così sintetizzata nelle sue parti
essenziali:
- Autonomia scolastica (commi 1-27)
- Percorsi formativi per gli studenti (commi 28-62)
- L’organico dell’autonomia (commi 63-76)
- Norme sulla dirigenza scolastica (commi 78-94)
- Assunzione di personale docente e norme generali per i futuri concorsi
(commi 95-114)
- Anno di formazione e di prova (commi 115-120)
- Formazione e aggiornamento dei docenti (commi 121-125)
- Valorizzazione del merito dei docenti (commi 126-130)
- Open data (commi 136-144)
- Agevolazioni fiscali (commi 145-152)
- Scuola innovative e sicurezza degli edifici scolastici (commi 153-176)
- Deleghe al Governo in materia di sistema di istruzione (commi 180-191).
9
Sez. III, sentenza del 26 novembre 2014, n. C-22/13.
produzione e di diffusione delle immagini e dei suoni;
- Sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva attraverso la
valorizzazione dell’educazione interculturale e il sostegno dell’assunzione di
responsabilità;
- Potenziamento delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria
e di educazione all’autoimprenditorialità;
- Sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto
della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del
patrimonio culturale;
- Potenziamento delle discipline motorie e sviluppo di comportamenti ispirati a
uno stile di vita sano;
- Sviluppo delle competenze digitali degli studenti;
- Potenziamento delle metodologie laboratoriali e delle attività di laboratorio;
- Prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, di ogni forma di
discriminazione e del bullismo;
- Potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio degli alunni
con BES;
- Valorizzazione della scuola intesa come comunità attiva, aperta al territorio e
in grado di sviluppare e aumentare l’interazione con le famiglie e con la
comunità locale, comprese le organizzazioni del terzo settore e le imprese;
- Apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni per classe
o per articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del tempo
scolastico o rimodulazione del monte orario;
- Incremento dell’alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo di istruzione;
- Valorizzazione di percorsi formativi individualizzati e coinvolgimento degli
alunni;
- Individuazione di percorsi e di sistemi funzionali alla premialità e alla
valorizzazione del merito degli alunni;
- Alfabetizzazione e perfezionamento dell’italiano come lingua seconda
attraverso corsi e laboratori per studenti di cittadinanza o di lingua non
italiana, da organizzare anche in collaborazione con gli enti locali e il terzo
settore, con l’apporto delle comunità di origine, delle famiglie e dei mediatori
culturali;
- Definizione di un sistema di orientamento.
IL PROGRAMMA ANNUALE
Per realizzare il Piano dell'offerta formativa, ogni scuola ha bisogno di risorse finanziarie. Al
Consiglio di Istituto compete l'approvazione del Programma annuale, che è bilancio della
scuola, cioè, il documento contabile predisposto dalle scuole per lo svolgimento e l'attuazione
della propria attività finanziaria la cui elaborazione e successiva gestione concreta spettano al
dirigente. Il Programma annuale nasce con la funzione di organizzare le risorse finanziarie di
ciascun istituto autonomo in modo utile per la realizzazione delle attività previste nel PTOF.
Il Programma annuale prevede una razionale suddivisione in singole attività e progetti, per
dotare ciascun settore delle risorse finanziarie e dunque strumentali, necessarie.
IL PEI
Nel DPCM 7 giugno 1995 viene precisato che fra i documenti che devono essere elaborati dalla
scuola figura anche il cosiddetto Progetto educativo d'istituto (PEI), che contiene le scelte
educative e organizzative delle risorse, e costituisce un impegno per l'intera comunità scolastica.
Integrato dal Regolamento d'Istituto, delle proposte culturali, delle scelte educative e degli
obiettivi formativi elaborati dai competenti organi scolastici, provvedendo a regolare, in
particolare, "l'uso delle risorse d'istituto e la pianificazione delle attività di sostegno, di
recupero, di orientamento e di formazione integrata". Inoltre, contiene i criteri concernenti la
formazione delle classi, l'assegnazione dei docenti alle classi stesse, la formulazione dell'orario
del personale docente e ATA, nonché la valutazione complessiva del servizio scolastico.
IL REGOLAMENTO D'ISTITUTO
Comprende le norme riguardanti:
- la vigilanza sugli alunni;
- il comportamento degli alunni e la regolamentazione di ritardi, uscite, assenze, giustificazioni;
- l'uso degli spazi, dei laboratori e della biblioteca;
- la conservazione delle strutture e delle dotazioni.
Nel Regolamento sono altresì definite in modo specifico:
- le modalità di comunicazione con studenti e genitori con riferimento ad incontri con i docenti,
di mattina e di pomeriggio (prefissati e/o per appuntamento);
- le modalità di convocazione e di svolgimento delle assemblee di classe, organizzate dalla
scuola o richieste da studenti e genitori, del Comitato degli studenti e dei genitori, dei Consigli
di intersezioni, di interclasse o di classe e del Consiglio di circolo o d'istituto;
- il calendario di massima delle riunioni e la pubblicazione degli atti.
La frequenza alla scuola secondaria di primo grado è obbligatoria per tutti i ragazzi italiani e stranieri che
abbiano concluso il percorso della scuola primaria. Il primo ciclo d'istruzione, di cui la scuola secondaria
di primo grado rappresenta l’ultimo segmento, si conclude con un esame di Stato, il cui superamento
costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e a quello dell'istruzione e della formazione professionale.
L'orario annuale obbligatorio delle lezioni nella scuola secondaria di primo grado è di complessive 990
ore, corrispondenti a 29 ore settimanali, più 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento
relativamente agli insegnamenti di materie letterarie, per un totale di 30 ore settimanali.
Nel tempo prolungato (spesso poco utilizzato per la mancanza di strutture e servizi idonei) il monte-ore è
determinato mediamente in 36 ore settimanali, elevabili fino a 40, comprensive delle ore destinate sia
agli insegnamenti e alle attività, sia al tempo della mensa.
Il quadro orario settimanale delle discipline per gli insegnamenti, definiti tenendo conto dei nuovi piani
di studio, è determinato come specificato nella tabella che segue:
L'insegnamento della religione cattolica è facoltativo.
Il quadro orario settimanale delle discipline per gli insegnamenti della scuola secondaria di I grado a
tempo prolungato è invece determinato come specificato nella tabella che segue
Le Indicazioni nazionali per il curricolo sono quelle prescritte dal Decreto n. 254/2012 per il primo ciclo
di istruzione. In tutte le classi della scuola secondaria di I grado è impartito l'insegnamento della lingua
inglese per 3 ore settimanali e di una seconda lingua per 2 ore settimanali. A decorrere dall'a.s.
2009/2010, a richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico, è stato
introdotto l'insegnamento potenziato dell'inglese per cinque ore settimanali complessive, utilizzando
anche le ore d'insegnamento della seconda lingua comunitaria.
La Legge 107/2015 ha confermato il potenziamento dello studio della lingua inglese ed, inoltre, della
musica ed educazione motoria ricorrendo, nell'ambito delle risorse di organico disponibili, a docenti di
scuola primaria in possesso di competenze certificate o a docenti abilitati per altri gradi di istruzione
come specialisti, per i quali è prevista una formazione specifica.
La valutazione finale degli alunni comprende il giudizio di ammissione all'esame e lo svolgimento di una
prova nazionale.
“Il primo ciclo dell’istruzione… ricopre un arco di tempo fondamentale per l’apprendimento e lo sviluppo
dell’identità degli alunni, nel quale si pongono le basi e si acquisiscono gradualmente le competenze
indispensabili per continuare ad apprendere a scuola e lungo l’intero arco della vita.
La finalità del primo ciclo è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali per sviluppare le
competenze culturali di base nella prospettiva del pieno sviluppo della persona. Per realizzare tale finalità
la scuola concorre con le altre istituzioni alla rimozione di ogni ostacolo alla frequenza; cura l’accesso
facilitato per gli alunni con disabilità; previene l’evasione dell’obbligo scolastico e contrasta la
dispersione; valorizza il talento e le inclinazioni di ciascuno; persegue con ogni mezzo il miglioramento
della qualità del sistema dell’istruzione.
In questa prospettiva ogni scuola pone particolare attenzione ai processi di apprendimento di tutti gli
alunni e di ciascuno di essi, li accompagna nell’elaborare il senso della propria esperienza, promuove la
pratica consapevole della cittadinanza.” (Indicazioni Nazionali 2012)
IL SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE
La scuola secondaria di II grado rappresenta il secondo ciclo dell'istruzione e, soprattutto nell'impianto
della Legge 53/2003 (Riforma Moratti), ha la finalità di preparare lo studente agli studi universitari
nonché a fornirgli un'adeguata preparazione per il mondo del lavoro.
In seguito, è stato modificato sostanzialmente l'impianto della normativa, lasciando però, come
conquista acquisita, la pari dignità ai percorsi del sistema dell'istruzione secondaria superiore e quelli del
sistema dell'istruzione e formazione professionale, in cui si realizza il diritto-dovere all'istruzione e alla
formazione.
Dal 1° settembre 2010 è entrata in vigore la riforma complessiva e simultanea del secondo ciclo
d'istruzione e formazione ad opera dei regolamenti emanati nel marzo 2010 (Riforma Gelmini), presidiati
dai livelli essenziali delle prestazioni definiti a livello nazionale.
Il volto della scuola secondaria di II grado, completamente riorganizzata, si presenta così:
- 6 licei
- istituti tecnici suddivisi in 2 settori con 11 indirizzi
- istituti professionali suddivisi in 2 settori e 6 indirizzi
Questa “varietà” ha lo scopo di garantire il più possibile che “nessuno resti escluso” e che “ognuno venga
valorizzato”.
Il Profilo educativo, culturale e professionale sottolinea, in continuità con il primo ciclo, come le
conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità operative apprese (il fare consapevole),
nonché l’insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali intessute (l’agire) siano la condizione per
maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo
costruttore di se stesso in tutti i campi dell’esperienza umana, sociale e professionale.
Allo stesso tempo è stato compiuto un decisivo passo verso il superamentodella tradizionale
configurazione"acanned'organo"delsecondociclo dell'istruzione, che rappresenta un opportuno
tentativo di verticalizzazione del curriculum di studi (comprendendo peraltro anche "conoscenze e
abilità" da raggiungere già al termine del primo ciclo di istruzione secondo le relative Indicazioni vigenti)
finalizzato al raggiungimento di uno "zoccolo di saperi e competenze" comune ai percorsi liceali, tecnici e
professionali e ai percorsi dell'istruzione e dell'istruzione e formazione professionale, anchealfine di
fornire a tutti gli strumenti culturali utili a esercitare lapropria cittadinanza, ad accedere all'istruzione
superiore,apotercontinuare ad apprendere lungo l'intero arco della propria vita e
difavorirel'eventualeriorientamentoepassaggiodaunpercorsoall'altro ai fini
dellalottaalladispersionescolasticaedelsuccesso formativo.
Rafforzando le caratteristiche identitarie dei quattro settori nei quali è stata organizzata l'offerta
formativa dopo il primo ciclo si rende più semplice e chiara l'offerta di istruzione secondaria,
semplificando così il vecchio panorama di centinaia di percorsi che si erano costituiti nei decenni
precedenti.
I piani di studio delle scuole secondarie di II grado nei decenni addietro erano stati ampliati fino a
raggiungere dimensioni anomale – se confrontate con quelle degli altri Paesi europei – sia per estensione
oraria, sia per numero di materie previste. Per questo motivo con la riforma Gelmini, i quadri orari delle
lezioni sono stati alleggeriti in media del 10-15%. Le istituzioni scolastiche, avvalendosi della propria
autonomia, possono ampliare e arricchire il curricolo con attività e insegnamenti facoltativi che, una
volta scelti, comportano comunque l'obbligo di frequenza.
In sostanza la riforma mira ad offrire un'organizzazione più efficiente in un quadro più moderno e
semplificato, mantenendo un servizio analogo a quello precedente dal punto di vista del monte-ore
annuale.
Anche nella scuola secondaria di II grado, l’insegnamento della religione cattolica è facoltativo; per chi
decide di non avvalersene possono essere previste:
- Attivitàdidattiche e formative
- Attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di personale docente
- Libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente (per
studenti delle istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di II grado)
- Non frequenza della scuola nelle ore di insegnamento della religione cattolica.
IL RIORDINO DEI LICEI (DPR n. 89/2010)
Il quadro normativo di disciplina dei licei è rappresentato dal D.P.R. 15 marzo 2010, n. 89, dove si legge:
“I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una
comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento
razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai
problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le
scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore,
all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro.”
Tutti i percorsi liceali sono accumunati dalla maggiore sostenibilità per gli alunni del carico annuale
obbligatorio, adattato alle esigenze dei percorsi, che contempla di norma (con delle differenziazioni per
alcuni percorsi) 891 ore per ciascun anno del primo biennio e 990 ore nel secondo biennio e nell’ultimo
anno, prolungato a 1.023 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno per il liceo classico, al fine di
rafforzare gli insegnamenti di lingua straniera e dell’area matematico-scientifica.
L’orario annuale, comprensivo della quota riservata alle Regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e
all’insegnamento della religione cattolica, è articolato in attività e insegnamenti obbligatori per tutti gli
studenti e in insegnamenti eventualmente previsti dal PTOF coerenti con il profilo educativo, culturale e
professionale (PECUP) dello studente elaborato per il relativo percorso liceale, il tutto affidato a un
contingente di insegnanti messo a disposizione degli Uffici scolastici regionali e anche assumendo, in
base al proprio bilancio, esperti qualificati.
Una scuola imprenditrice, dunque, che instaura rapporti più incisivi anche con il mondo del lavoro
(attraverso l’alternanza scuola-lavoro e stage) e con il mondo dell’alta formazione (università, istituti
tecnici superiori, conservatori, accademie).
Tutti i percorsi liceali hanno durata quinquennale, sviluppandosi in due periodi biennali e in un quinto
anno che completa il percorso disciplinare:
Al superamento dell’esame di Stato conclusivo dei percorsi liceali viene rilasciato il titolo di diploma
liceale, indicante la tipologia di liceo e l’eventuale indirizzo, opzione o sezione seguita dallo studente. Il
diploma consente l’accesso all’università e agli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica,
agli istituti tecnici superiori e ai percorsi di istruzione e formazione3 tecnica superiore. Il diploma è
integrato dalla certificazione delle competenze acquisite dallo studente al termine del percorso liceale.
- ARTISTICO
- CLASSICO
- LINGUISTICO
- MUSICALE E COREUTICO
- SCIENTIFICO
- SCIENZE UMANE
- Nel liceo classico è rafforzato l’insegnamento della lingua straniera, previsto anche nel triennio;
è altresì previsto il potenziamento dell’asse matematico-scientifico e della storia dell’arte;
- Nel liceo scientifico è confermato lo studio del latino;
- Nel liceo delle scienze umane, opzione economico-sociale, si studiano due lingue straniere
- Nel liceo musicale e coreutico l’istruzione è subordinata al superamento di una prova di verifica
specifica delle competenze possedute
- In tutti i licei sono previsti stage e tirocini formativi.
____________________________________________
Il decreto di riordino degli istituti tecnici, DPR 15 marzo 2010, n. 8810, li configura quali percorsi
quinquennali di articolazione del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione:
“L'identità degli istituti tecnici si caratterizza per una solida base culturale di carattere
scientifico e tecnologico in linea con le indicazioni dell'Unione europea, costruita attraverso
lo studio, l'approfondimento e l'applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale
e specifico ed è espressa da un limitato numero di ampi indirizzi, correlati a settori
fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, con l'obiettivo di far
acquisire agli studenti, in relazione all'esercizio di professioni tecniche, saperi e competenze
necessari per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l'accesso all'università e
all'istruzione e formazione tecnica superiore.”
Gli istituti tecnici collaborano con le strutture formative accreditate dalle Regioni nei poli
tecnico-professionali costituiti secondo le linee-guida adottate dal Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, anche allo scopo di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e
formazione.
Gli istituti tecnici operano in due settori che comprendono, in totale, 11 indirizzi.
10
Le Linee guidaper il primo biennio sono contenute nella direttiva ministeriale 28 luglio 2010 n. 57, a
completamento delle quali sono state emanate poi le Linee guida per il triennio (direttiva n. 4/2012) che
contengono, a sostegno dell’autonomia degli istituti tecnici, i riferimenti per la definizione del PTOF e gli
orientamenti per l’organizzazione del curriculo.
PRIMO BIENNIO SECONDO BIENNIO e QUINTO ANNO
- 660 ore (20 ore a settimana) di attività e - 495 ore (15 ore a settimana) di attività e
insegnamenti di istruzione generale insegnamenti di istruzione generale
- 396 ore (12 ore a settimana) di attività e - 561 ore (17 ore a settimana) di attività e
insegnamenti obbligatori di indirizzo insegnamenti obbligatori di indirizzo
Ciascun percorso è strutturato in modo da favorire un collegamento organico con ilmondo del lavoro e
delle professioni. È previsto lo sviluppo di metodologie innovative basate sull’indirizzo diffuso del
laboratorio a fini didattici in tutti gli ambiti disciplinari e un raccordo più stretto con il mondo del
lavoroe delle professioni, compresi il volontariato e il privato sociale, attraverso la più ampia diffusione
di stage, tirocini, alternanza scuola/lavoro.
I percorsi degli istituti tecnici si concludono con un esame di Stato, al superamento del quale viene
rilasciato il diploma di istruzione professionale.
____________________________________________
Il DPR 87 del 15 marzo 2010 definisce gli istituti professionali quali percorsi quinquennali di articolazione
del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione.
Gli istituti professionali operano in due settori che comprendono, in totale, 6 indirizzi in luogo degli
originari 28. L’attuale composizione risponde a un’esigenza di razionalizzazione e, in particolare, consente
di evitare il rischio di sovrapposizione con l’istruzione tecnica e soprattutto con il sistema regionale
dell’istruzione e della formazione professionale.
- 396 ore (12 ore a settimana) di attività e - 561 ore (17 ore a settimana) di attività e
insegnamenti obbligatori di indirizzo insegnamenti obbligatori di indirizzo
I percorsi degli istituti professionali si concludono con un esame di Stato, al superamento del quale viene
rilasciato il diploma di istruzione professionale.
Il collegio docenti
Il collegio dei docenti è presieduto dal DS e composto da tutti i membri del personale docente in
servizio nell'istituzione scolastica. Il dirigente affida le funzioni di segretario a uno dei docenti
collaboratori.
Il collegio dei docenti ha potere deliberante in una serie di materie; proponente in altre; in via
residuale è corpo elettorale.
Le materie in cui è deliberante sono le seguenti:
- funzionamento didattico dell'istituto, in particolare la programmazione educativa e didattica
nonché la valutazione degli alunni;
- la valutazione periodica dell'andamento complessivo dell'azione didattica;
- l'adozione dei libri di testo;
- la promozione di iniziative di sperimentazione;
- la promozione di iniziative di aggiornamento per gli insegnanti;
- la programmazione e l'attuazione di iniziative per il sostegno degli alunni disabili o con DSA,
l'integrazione degli alunni stranieri, il recupero degli alunni in difficoltà di apprendimento.
Nelle materie che seguono formula proposte al DS, tenuto conto dei criteri deliberati dal
Consiglio d'istituto:
- formazione e composizione delle classi;
- assegnazione ad esse dei docenti;
- formulazione dell'orario delle lezioni.
È collegio elettorale quando elegge due docenti nel comitato di valutazione e quando designa i
docenti responsabili delle funzioni strumentali al PTOF.
L'attività del collegio dei docenti si interseca di frequente con quella del consiglio d'istituto, dal
quale lo distingue una diversa competenza generale.
Paradigma significativo della collaborazione fra i due organi è la costituzione del PTOF, elaborato
dal collegio dei docenti e deliberato del consiglio di istituto. La recente legge 107/2015 ha
assegnato al dirigente scolastico il compito di fornire preventivamente al collegio "gli indirizzi
per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione", tutto quello che cioè
verrà a far parte del PTOF.
Al Consiglio di classe, con la presenza dei docenti e dei rappresentanti dei genitori e degli
studenti (articolazione composta) spettano le seguenti competenze:
1. formulare al Collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica;
2. proporre e farsi promotore di iniziative di sperimentazione, attività culturali e formative
che integrano l’insegnamento curricolare come visite e viaggi di istruzione,
frequentazione di mostre, teatri, cinema, partecipazioni a seminari, convegni, visite
aziendali, partecipazione degli alunni a stage, concorsi;
3. agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni.
I Consigli di classe si insediano dopo le elezioni dei rappresentanti dei Genitori e degli studenti.
Si riuniscono secondo il Piano delle Attività proposto dal DS e votato dal Collegio dei Docenti nel
rispetto del tetto fissato dalla programmazione annuale delle quaranta ore; di norma se ne
svolge almeno uno per ogni periodo in cui è suddiviso l’anno scolastico. Può anche essere
convocato su richiesta scritta e motivata della maggioranza dei suoi membri; anche gli studenti
possono richiedere/proporre la convocazione del Consiglio.
La convocazione viene fatta dal DS con preavviso scritto almeno 5 giorni prima (2 gg. in caso di
urgenza) e con indicazione dell’ordine del giorno, dell’ora di inizio e della durata.
I Consigli si svolgono in orari non coincidenti con quelli delle lezioni.
Poiché l’obiettivo ultimo è agire per il miglioramento, è opportuno che i due momenti
siano in costante interazione dal momento che gli esiti dell’apprendimento si
intrecciano inevitabilmente con il tema delle competenze, quali standard nazionali di
livelli accettabili di prestazione.
L’autonomia scolastica, dunque, richiede la definizione di criteri di qualità e di standard
nazionali. Ogni scuola potrà predisporre in maniera flessibile le modalità per la
valutazione in itinere, ma la certificazione finale degli esiti dovrà sottostare a regole e
criteri nazionali, definiti da documenti programmatici, contenenti obiettivi di
apprendimento finalizzati allo sviluppo di traguardi di competenza, da certificare alla
fine dei percorsi.
11
“Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di
modifica dell'ordinamento scolastico”.
12
"Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa".
13
“Disposizioni per la riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria
superiore”.
Il D.P.R. 275/9914 in cui si introduce il concetto di verifica periodica del sistema
scolastico e di certificazione volte a valutare le conoscenze, le competenze, le capacità
acquisite, i crediti formativi.
Con la L. 169/200815 la valutazione torna ad essere espressa con voto numerico.
Secondo la docimologia, cioè la scienza che studia i problemi legati alla valutazione il
cui fine è quello di dare indicazioni su come trovare parametri oggettivi per
l’attribuzione di punteggi nelle prove, si devono distinguere 3 momenti:
- la verifica, cioè l’insieme delle prove somministrate
- la misurazione, ossia l’elaborazione quantitativa delle prove di verifica
- la valutazione vera e propria, l’interpretazione dei dati che deve tener conto di diversi
parametri: gli obiettivi previsti dalle disposizioni legislative, quelli adattati al contesto
classeed, infine, quelli previsti per la storia personale dell’alunno.
LE PROVE INVALSI
Introdotte agli inizi degli anni duemila, le prove INVALSI sono periodiche rilevazioni nazionali sugli
apprendimenti e sulle competenze degli studenti, diventante obbligatorie e, in parte, modificate
dal recente Decreto 62/2017 in particolare riguardo 2 aspetti:
- L’introduzionedellaprovad’inglese
- Prove computer based.
Nella scuola secondaria di II grado le prove INVALSI sono a “carattere nazionale, computer based e
volte a verificare i livelli di apprendimento conseguiti in italiano, matematica e inglese” (art. 19).
I testi relativi alla suddetta prova sono scelti dal Ministero, tra quelli predisposti dall’INVALSI, e
inviati alle istituzioni scolastiche interessate. Poiché tale prova concorre alla valutazione
complessiva dell’allievo che sostiene l’esame di Stato è evidente la responsabilità delle scuole. In
quanto soggetti istituzionali, esse sono chiamate a far sì che lo svolgimento della prova stessa
avvenga nella massima regolarità e in modo da garantire risultati oggettivi e attendibili.
14
“Regolamento in materia di istituzioni scolastiche”, all’art. 10 “verifiche e modelli di certificazione”.
15
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137, recante
disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.
16
Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue.
La prova scritta nazionale, in quanto rilevazione della qualità degli apprendimenti nell’intero Paese,
viene analizzata secondo griglie di correzione fornite direttamente dell’INVALSI.
Anche gli alunni con disabilità e DSA partecipano alle prove INVALSI, prevedendo per loro l’utilizzo
di opportune misure compensative e dispensative o specifici adattamenti delle prove stesse.