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Scuola di

Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in


Ingegneria Edile

Studio e modellazione
di gusci a forma di
paraboloide ellittico

Revisore
Enzo Marino

Studenti
Chiara Chiavarini
Cosimo Giganti

Anno Accademico 2020/2021


INDICE

Premessa 3

1. Stato dell’arte 4

2. Guscio a forma di paraboloide ellittico: esempi applicativi 6

3. Soluzione analitica esatta per il caso membranale di un paraboloide ellittico 9

4. Modellazione numerica del paraboloide ellittico 12


4.1 Definizione della geometria 12
4.2 Creazione del modello su AutoCAD 13
4.3 Modello su SAP2000 16

5. Confronto tra la soluzione esatta e la soluzione numerica 24

6. Test di convergenza 32

7. Nuovo modello 35
7.1 Analisi carichi 36
7.2 Comportamento membranale a confronto con Modello A 39

8. Analisi di stabilità 44

9. Conclusioni 51

2
Premessa

Tale esercitazione è volta all’analisi ed alla modellazione di un guscio a forma di paraboloide


ellittico.
Dopo una breve ricerca bibliografica riguardo esempi applicativi di tale geometria,
l’attenzione è stata rivolta allo studio della soluzione esatta per il caso membranale di un
paraboloide ellittico da noi definito.
In seguito, utilizzando il programma di calcolo agli elementi finiti SAP2000, si è proceduto
con la modellazione numerica.
L’obiettivo è stato quindi quello di mettere a confronto i risultati ottenuti dalla soluzione esatta
e quella numerica.
Si è proceduto infine con l’analisi di un caso reale di guscio a forma di paraboloide ellittico,
del quale è stata studiata anche la stabilità.

3
1. Stato dell’arte

Quando si parla di guscio, ci si riferisce a quella struttura bidimensionale, il cui spessore


risulta essere molto piccolo rispetto sia alle dimensioni planimetriche che ai raggi di
curvatura.
Negli ultimi due secoli le strutture a guscio sottile sono state ampiamente utilizzate in
numerose applicazioni ingegneristiche. Uno dei motivi principali che ne giustifica l'uso è il
rapporto resistenza-peso ottimale. I gusci possono coprire grandi aree utilizzando pochi
supporti e ridurre i costi rispetto ad altri sistemi costruttivi, risultando notevolmente efficienti
rispetto alle strutture ingegneristiche convenzionali di forme geometriche lineari. Le strutture
a guscio possono presentarsi in diverse forme e, come già accennato nella premessa,
questo elaborato tratterà gusci a forma di paraboloide ellittico. Essi occupano una posizione
importante sia nell’ingegneria aerospaziale che nell’ingegneria civile. Esempi di tali strutture
a guscio sono i componenti di veicoli, le coperture di grande luce, come quelle di stadi, sale
espositive, auditorium e sale di musei. Per dar forma a tali gusci sono principalmente
impiegati materiali come il cemento armato, soprattutto per costruzioni civili, e sistemi
reticolari in acciaio - gridshell -, ma anche legno multistrato e plastica rinforzata con fibra di
vetro.
Il paraboloide ellittico è una superficie sinclastica a curvatura gaussiana positiva, ottenuta
mediante la traslazione di una parabola secondo una direttrice parabolica; entrambe le
parabole sono caratterizzate dallo stesso segno della curvatura.
L’equazione di tale geometria, nel caso in cui la proiezione sul piano ( , ) sia di forma
rettangolare, può essere scritta come:

= +
ℎ ℎ
dove:

ℎ =

ℎ =

Figura 1. Paraboloide ellittico con


proiezione rettangolare sul piano (x,y).

Con , semiassi della geometria e , altezze massime degli archi parabolici ai bordi.

4
L’intersezione della superficie con i piani = dà luogo a delle parabole con asse parallelo
all’asse , caso analogo nel caso dei piani = .

Figura 2. Intersezione del paraboloide con i piani x=k. Figura 3. Intersezione del paraboloide con i piani y=k.

L’intersezione del paraboloide ellittico con i piani = genera delle ellissi nel caso in cui
≠ .

Figura 4. Intersezione del paraboloide con i piani z=k.

Se = , allora si ottiene un paraboloide di rotazione, e l’intersezione della superficie con i


piani = creano delle circonferenze.

5
2. Guscio a forma di paraboloide ellittico: esempi applicativi

Nel sito archeologico della città medievale africana Great Zimbabwe si trova una torre che
presenta la forma di un paraboloide alto quasi 10 m e dall’aspetto affusolato, con base
apparentemente circolare. Secondo gli archeologi, il cuore della città nella quale si trova la
torre, che si ipotizza essere un granaio, risale ai primi del 900. Questa struttura è realizzata
in muratura a secco, utilizzando conci di pietra regolari.

Figura 5. Great Zimbabwe.


Yeh, Lynn (Fotografo)
da: “https://www.shutterstock.com”

A Budapest, in Ungheria, è possibile osservare la copertura di un impianto sportivo che


presenta la forma di un paraboloide ellittico. Tale struttura, costituita da tubolari in acciaio,
atti a sostenere pannelli di vetro stratificato, sovrasta due campi da tennis e copre un’area
di circa 96x64 m, e a sua volta è sostenuta da colonne in acciaio.

Figura 6. Schema della disposizione degli archi parabolici


dello Sport Hall, Budapest.
Da: S.N. Krivoshapko and G.L. Gbaguidi-Aisse, (2016) “Geometry,
Static, Vibration and Bucking Analysis and Applications to Thin
Elliptic Paraboloid Shells”.

6
Un altro caso di costruzione civile che presenta una copertura a guscio dalla forma di
paraboloide ellittico è l’Oklahoma State Fair Arena (USA). Questa, costruita nel 1965,
assume un aspetto del tutto singolare poichè la concavità della superficie quadrica risulta
verso il basso. Tale copertura ha dimensioni importanti pari a 122x98 m ed è realizzata in
calcestruzzo precompresso e prefabbricato, così come la struttura che la sostiene.

Figura 7. Oklahoma State Fair Arena.


Da: “https://okcmod.com”

Gli architetti T.P. Bennett e Son, insieme all’ingegnere Ove Arup, nel 1961 progettano la
copertura a forma di paraboloide ellittico del Smithfield Poultry Market, Londra (UK),
sostitutiva di quella andata distrutta nell’incendio di tre anni prima. Sebbene le dimensioni
siano imponenti, circa 69x38 m e 9 m di altezza, lo spessore della copertura nel colmo è di
soli 7.5 cm, mentre agli angoli si ispessisce fino a 20 cm. Il guscio è realizzato in cemento
armato e presenta dei fori vetrati che fungono da lucernari. Come nell’esempio del Kresge
Auditorium, ubicato a Cambridge, in Massachussets, anche in questo caso sono state
utilizzate travi di bordo irrigidenti in calcestruzzo armato. A differenza del progetto del
designer Eero Saarinen, la copertura non poggia solamente nei quattro angoli, ma è
sostenuta ulteriormente da esili pilastri sempre del medesimo materiale del resto della
struttura.

Figura 8. Smithfield Poultry Market. Figura 9. Smithfield Poultry Market.


Da: “https://www.pinterest.co.uk/” Da: “https://www.timeout.com/”

7
La Crawford Gym, edificio facente parte del complesso del Campus dell’Università di
Louisville, fu costruita nel 1964 ed era un fabbricato come nessun altro nella sua zona, per
il fatto che presentava una copertura a forma di paraboloide ellittico. Inizialmente, di fronte
a tale progetto, la popolazione fu scettica. In seguito, fu impossibile non constatare i
vantaggi che poteva portare tale progetto, ovvero la totale assenza di sostegni all’interno
del fabbricato. La struttura infatti poggia solo sui quattro angoli; il paraboloide ellittico
risultava la forma che offriva il maggior volume a fronte del minimo costo. La copertura era
realizzata in cemento armato e al colmo lo spessore raggiungeva il minimo di 10 cm. Dato
che le campate misuravano circa 30 metri furono utilizzati, anche in questo caso, archi
irrigidenti ai bordi della struttura. Sfortunatamente la palestra fu demolita nel 2016 per fare
spazio ad un nuovo edificio di proprietà della università stessa.

Figura 10. Crawford Gymnasium, University of Figura 11. Crawford Gymnasium inside.
Louisville. Da: “https://uoflcardgame.com/”
Da: “http://digital.library.louisville.edu/”

8
3. Soluzione analitica esatta per il caso membranale di un paraboloide
ellittico

La soluzione analitica del problema membranale, per un guscio di forma qualunque, può
essere descritta studiando l’equilibrio su una proiezione della generica superficie su un
piano orizzontale anziché sulla superficie stessa.
Tale approccio, noto come “metodo di Pucher”, consente una notevole semplificazione delle
equazioni risolventi il problema. In tale metodo il sistema di riferimento locale assunto per
l’elemento infinitesimo non è un sistema con asse diretto come la normale alla superficie
nel punto considerato, ma un sistema con l’asse verticale e con gli assi e contenuti nel
piano orizzontale ed ortogonali tra loro.
L’equilibrio non viene fatto sull’elemento infinitesimo di membrana su cui agiscono e ,
ma viene trovato in riferimento alla proiezione dell’elemento sul piano orizzontale, ovvero
e .

La figura di fianco mostra un elemento infinitesimo


di un guscio di traslazione e la sua proiezione su un
piano orizzontale ( , ). Le relazioni che sussistono
tra gli elementi infinitesimi proiettati e e gli
elementi curvi corrispondenti e sono:
=
=
Dove e sono gli angoli che e formano con
gli assi e .
La relazione tra gli sforzi membranali e e le
loro rispettive proiezioni e sul piano ( , )
Figura 12. Rappresentazione del piano curvo ed
sono: orizzontale
!"
= =
Da: G.M. Calvi, R. Nascimbene, 2011, “Progettare i
 gusci”, IUSS Press.
!#
!#
=  =
!"

9
La soluzione analitica individuata riporta il caso semplificato in cui un carico uniforme per
unità di superficie orizzontale proiettata è applicato in direzione parallela all’asse , per cui:
= =0 , % = = &

Un’ ulteriore ipotesi è che il paraboloide


ellittico considerato abbia una proiezione
rettangolare sul piano ( , ) con dimensioni
2 e 2 come indicato nella figura a fianco.
Sotto queste ipotesi si riporta l’equazione
che rappresenta il piano medio:
( (
=) +)
* (

Dove: Figura 13. Geometria paraboloide ellittico


Da: G.M. Calvi, R. Nascimbene, 2011, “Progettare i gusci”, IUSS Press.
+( ,(
ℎ = , ℎ =
* (

Per la risoluzione del problema analitico è necessario ipotizzare inoltre che il paraboloide
ellittico sia vincolato lungo il bordo = ± . Il testo non specifica il tipo di vincolo da
utilizzare. Nei paragrafi successivi verrà definito il vincolo da noi adottato per la
modellazione.
Nel caso del paraboloide ellittico le trattazioni solitamente usate per arrivare alla migliore
soluzione approssimata risultano essere complesse, sia perché necessitano di numerose
ipotesi al contorno, sia per la complessità di alcuni passaggi e funzioni matematiche usate.
Per questo si è deciso di riportare, oltre alle ipotesi a contorno, unicamente le soluzioni finite
delle sollecitazioni utili a fare un confronto tra il modello teorico e quello eseguito tramite il
software SAP2000.
Si riportano le equazioni degli sforzi proiettati sul piano orizzontale:
34*
.+( (2 ) ( 5678 (9 )
= /0 ∑A
:B ,C,D,… : 5678 (9+)
cos(λy) − F
*

34*
., ( (2 ) ( 5678 (9 )
=− / 0 ∑A
:B ,C,D,… cos(λy)F
( : 5678 (9+)

Dove i coefficienti G e λ landa sono definiti come:


:0
G= H
*
+ (

:0
λ=
,

10
Una volta definiti gli sforzi proiettati si possono
calcolare le sollecitazioni membranali reali:
(
H IJK(L* NKONP
= M M
(
H IJK(L( NKRNP
Q Q

(
H IJK(L( NKRNP
= Q Q
(
H IJK(L* NKONP
M M

= ± del paraboloide ellittico = 0.


Figura 14. Sforzi membranali reali
Lungo il contorno Da: G.M. Calvi, R. Nascimbene, 2011,
“Progettare i gusci”, IUSS Press.
Lungo il contorno = ± del paraboloide ellittico = 0.

11
4. Modellazione numerica del paraboloide ellittico

Immaginandoci di dover modellare la copertura di un impianto sportivo, abbiamo stabilito


delle dimensioni plausibili che definiscono la geometria del guscio a forma di paraboloide
ellittico.
Pertanto, in riferimento all’equazione generale della superficie:

= +
ℎ ℎ
Abbiamo fissato:
= 20 S
= 15 S
= 8S
= 6S

ℎ = = 50 S

ℎ = = 37.5 S

Figura 15. Definizione delle dimensioni della geometria

12
Una volta stabilite le dimensioni, siamo passati a definire il passo di discretizzazione della
geometria. I passi scelti sono:
Z = 2.5 S
Z =1S
ZC = 0.5 S
Dopodiché, tramite un foglio di calcolo Excel, è stato possibile determinare le coordinate dei
nodi costituenti le tre mesh. Una volta definite le coordinate e , che corrispondono ai nodi
della griglia di discretizzazione usata, si ottengono i valori delle altezze per ogni singolo
nodo.
Per mantenere contenuta la trattazione si riporta la sola procedura eseguita per la
modellazione della mesh avente passo di discretizzazione Z = 2.5 S.

Coordinate punti (X,Y,Z)


Geometria Paraboloide Ellittico
X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z

0.0 0.0 0.00 0.0 2.5 0.17 0.0 5.0 0.67 0.0 7.5 1.50 0.0 10.0 2.67 0.0 12.5 4.17 0.0 15.0 6.00
= +
ℎ ℎ
Equazione
Paraboloide Ellittico
2.5 0.0 0.13 2.5 2.5 0.29 2.5 5.0 0.79 2.5 7.5 1.63 2.5 10.0 2.79 2.5 12.5 4.29 2.5 15.0 6.13

Lato lungo
2a 40 m 5.0 0.0 0.50 5.0 2.5 0.67 5.0 5.0 1.17 5.0 7.5 2.00 5.0 10.0 3.17 5.0 12.5 4.67 5.0 15.0 6.50
proiettato sul piano (x,y)

Lato corto
2b 30 m 7.5 0.0 1.13 7.5 2.5 1.29 7.5 5.0 1.79 7.5 7.5 2.63 7.5 10.0 3.79 7.5 12.5 5.29 7.5 15.0 7.13
proiettato sul piano (x,y)

Altezza max
c1 8m 10.0 0.0 2.00 10.0 2.5 2.17 10.0 5.0 2.67 10.0 7.5 3.50 10.0 10.0 4.67 10.0 12.5 6.17 10.0 15.0 8.00
bordo lato lungo

Altezza max
c2 6m 12.5 0.0 3.13 12.5 2.5 3.29 12.5 5.0 3.79 12.5 7.5 4.63 12.5 10.0 5.79 12.5 12.5 7.29 12.5 15.0 9.13
bordo lato corto

2
Rapporto ( a / c 1 ) h1 50 m 15.0 0.0 4.50 15.0 2.5 4.67 15.0 5.0 5.17 15.0 7.5 6.00 15.0 10.0 7.17 15.0 12.5 8.67 15.0 15.0 10.50

2
Rapporto ( b / c 2 ) h2 37.5 m 17.5 0.0 6.13 17.5 2.5 6.29 17.5 5.0 6.79 17.5 7.5 7.63 17.5 10.0 8.79 17.5 12.5 10.29 17.5 15.0 12.13

Passo Griglia i1 2.5 m 20.0 0.0 8.00 20.0 2.5 8.17 20.0 5.0 8.67 20.0 7.5 9.50 20.0 10.0 10.67 20.0 12.5 12.17 20.0 15.0 14.00

Figura 16. Coordinate dei punti di un quarto di paraboloide ellittico calcolate tramite Excel.

13
Una volta definite le coordinate ( , , ) di ogni nodo abbiamo creato uno script che
contenesse una sequenza di istruzioni da far eseguire ad AutoCAD per costruire la mesh
del paraboloide ellittico.

Figura 17. Script per la creazione della mesh avente passo i=2.5 m

Lo script creato contiene, nel caso del passo di discretizzazione Z = 2.5 S :


• Il nome del comando di AutoCAD  3DMesh;
• La dimensione M della Mesh  13;
• La dimensione N della Mesh  17;
• Le coordinate dei nodi appartenenti alla mesh, estrapolate direttamente dal foglio di
calcolo Excel riportato in precedenza.

14
Nonostante la procedura sia stata complessa, ciò ha evitato l’inserimento manuale su
AutoCAD di ogni singolo nodo costituente la mesh.
Infatti, eseguendo il comando “SCRIPT” su AutoCAD, si apre la seguente finestra da cui
selezionare il file creato.

Figura 18. Scelta file di script

Una volta selezionato il file e cliccando su “Apri”, si genera in automatico la mesh.


La procedura, come già accennato, è stata eseguita per tre volte al fine di ottenere le tre
diverse mesh con passi di discretizzazione diversi.

Figura 19. Mesh con i=2.5 m Figura 20. Mesh con i=1 m Figura 21. Mesh con i=0.5 m

15
Una volta creato il modello su AutoCAD e salvando il file in formato .dxf, si è proceduto con
l’importazione di quest’ultimo in SAP2000, attraverso i passi spiegati nelle seguenti figure.

Figura 23. Scelta delle unità di misura

Figura 22. Procedura di importazione .dxf Figura 24. Scelta dei layer da importare

Si è passati quindi alla definizione del materiale e delle sezioni delle aree che costituiscono
la mesh.

Figura 25. Definizione del materiale

Per definire il materiale si procede con l’apertura della finestra “Define Materials” (Define /
Materials).

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Si clicca su “Add New Material” e si imposta il calcestruzzo C25/30:
• Alla voce “Region” si seleziona “Italy”;
• Alla voce “Material Type” si seleziona “Concrete”;
• Alla voce “Standard” si seleziona “UNI EN 206-1:2006 e UNI 11104:2004”;
• Alla voce “Grade” si seleziona “C25/30”.

Figura 26. Impostazione del nuovo materiale

Dalla finestra “Material Property Data” (Define / Materials / Modify/Show Material) è possibile
visualizzare ed eventualmente modificare i valori dei parametri caratteristici del materiale.

Figura 27. Caratteristiche del materiale

17
Per definire la sezione delle aree si apre la finestra “Area Sections” (Define / Section
Properties / Area Sections).

Figura 28. Definizione della sezione

Alla voce “Select Section Type To Add” si seleziona “Shell”, dopodiché si clicca su “Add
New Section”.
Nella finestra appena aperta è necessario eseguire le seguenti modifiche:
• Si rinomina la sezione nella casella di testo a destra di “Section Name” in “Area Shell”;
• Alla voce “Type”, si sceglie “Shell-Thin”;
• Si modificano le dimensioni della sezione sotto la voce “Thickness”, impostando il
medesimo valore, ovvero 0.25 S, sia per la voce “Membrane” che “Bending”;
• Nel menu a tendina “Material” si seleziona la voce C25/30, ovvero il materiale definito
nella fase precedente.

Figura 29. Caratteristiche della sezione

18
Per assegnare la sezione appena creata al nostro shell, si apre la finestra “Assign Area
Sections” (Assign / Area / Sections), si selezionano tutte le aree che compongono la mesh,
si seleziona la voce “Area Shell”, e infine si clicca prima su “Apply” e poi su “ok” per
confermare. A questo punto alla mesh è stata attribuita la sezione in calcestruzzo da noi
creata.

Figura 30. Vista estrusa della mesh

A questo punto per avere rispondenza tra soluzione analitica e numerica è necessario
ruotare gli assi locali delle singole aree della mesh in accordo con le Figure 12-14 della
soluzione analitica spiegata al capitolo precedente. Per effettuare questo passaggio è
necessario selezionare tutte le aree della mesh, poi aprire la finestra “Assign Area Local
Axes” (Assign/ Area/ Local Axes) e cliccare su “Specify Advanced Local Axes” e quindi su
“Modify/Show Advanced Parameters”.

Figura 31. Impostazione degli assi locali

19
Nella finestra appena aperta è necessario indicare a quale piano locale ci stiamo riferendo
e quindi specificare le direzioni degli assi.

Figura 32. Definizione dei nuovi assi locali Figura 33. Nuovo sistema di coordinate locali

Sempre facendo riferimento alla soluzione analitica trovata in letteratura, abbiamo vincolato
la geometria nei lati = ± effettuando i seguenti passaggi: si selezionano i nodi
appartenenti ai bordi = ± , si apre la finestra “Assign Joint Restraints” (Assign/ Joint/
Restraints), si spuntano i Gradi di Libertà “Traslation 2”, “Traslation 3” ed infine si clicca su
“Apply”. Si ripete il passaggio selezionando i nodi dei 4 spigoli della geometria e si spuntano
i Gradi di Libertà “Traslation 1”, “Traslation 2”, “Traslation 3”.

Figura 34. Definizione dei vincoli Figura 35. Mesh vincolata

Per definire i carichi a cui il guscio in esame sarà soggetto, si apre la finestra “Define Load
Patterns” (Define / Load Patterns). Qui si troverà già definito il carico “DEAD” corrispondente
al peso proprio del guscio a forma di paraboloide ellittico, calcolato direttamente dal
programma sulle basi degli elementi definiti fino ad adesso. Resta da definire il carico
uniformemente distribuito che agisce sul guscio. Per farlo si scrive “Carico” sotto la voce

20
“Load Pattern Name”, si lascia “DEAD” sotto la voce “Type”, si inserisce “0” sotto la casella
“Self Weight Multiplier”, si clicca prima su “Add New Load Pattern” e dopo su “ok”.

Figura 36. Definizione del carico uniformemente distribuito

Il passo successivo è quello di assegnare il carico uniformemente distribuito alle aree della
mesh. Per farlo si selezionano tutte le aree e si apre la finestra “Assign Area Uniform Loads”
(Assign / Area Loads / Uniform (Shell)). Si seleziona dal menu a tendina accanto alla voce
“Load Pattern” il carico definito in precedenza e si inserisce il relativo valore alla voce “Load”.
Sempre per mantenere la rispondenza tra soluzione esatta e numerica, in questo passaggio
è necessario fare attenzione ad inserire la corretta direzione del carico. Nella spiegazione
della soluzione analitica è specificato che è necessario considerare un carico uniforme per
unità di superficie orizzontale proiettata e diretto verticalmente lungo l’asse z, pertanto alla
voce “Load Direction” bisogna inserire “Z projected”.

Figura 37. Assegnazione del carico uniformemente distribuito alla mesh

21
Prima di passare all’analisi del modello è necessario avere bene a mente come siano
disposti gli assi locali (1,2,3) e quelli globali (x,y,z) e di conseguenza sia gli sforzi normali
[ e [ che i momenti sollecitanti il guscio \ e \ .

22
Successivamente, tramite il software si è eseguita l’analisi, che ci ha permesso di
estrapolare gli sforzi membranali cercati F11 [KN/m] e F22 [KN/m] riferiti alla superficie media
del guscio modellato:

Figura 38. Sollecitazioni F11 [KN/m]

Figura 39. Sollecitazioni F22 [KN/m]

23
5. Confronto tra la soluzione esatta e la soluzione numerica

Una volta ottenute sia le soluzioni date dalle formule analitiche degli sforzi membranali
ricavate tramite un foglio di calcolo su Excel, sia quelli estrapolati dal software agli elementi
finiti si può passare al confronto dei risultati per capire quanto questi siano simili tra loro.
Data la simmetria del modello studiato, il confronto è stato effettuato prendendo a riferimento
solo un quarto del paraboloide ellittico. Nello specifico, il quadrante delle ascisse e ordinate
positive, quindi con ∈ [0,20] e ∈ [0,15].
Le sollecitazioni ricavate dal modello su SAP2000 sono state esportate su Excel, a partire
dalle tabelle create dal software stesso. Questo ci ha permesso di creare dei grafici che
meglio fanno capire la comparazione tra la soluzione esatta e quella numerica derivante da
ognuna delle tre mesh create.
Si riportano nelle pagine seguenti i grafici delle sollecitazioni per alcune coordinate
specifiche in modo da non appesantire troppo la trattazione. Tali strisce di punti sono:
- = 0; 0 < < 15
- = 5; 0 < < 15
- = 10 ; 0 < < 15
- 0 < < 20 ; = 0
- 0 < < 20 ; = 5
- 0 < < 20 ; = 10
La soluzione esatta ottenuta tramite le formule analitiche è riportata in rosso mentre i risultati
delle tre mesh sono riportate in scale di blu, la più chiara rappresenta la mesh con Z =
2.5 S, mentre la più scura, quella con ZC = 0.5 S.
Per ogni striscia di punti si riportano sia le sollecitazioni membranali in direzione dell’asse
(F11), sia quelle in direzione dell’asse (F22).

24
Coordinate:
= 0
∈ `0, 15a

Figura 40. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 41. Sforzi normali F22 [KN/m]

25
Coordinate:
= 5
∈ `0, 15a

Figura 42. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 43. Sforzi normali F22 [KN/m]

26
Coordinate:
= 10
∈ `0, 15a

Figura 44. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 45. Sforzi normali F22 [KN/m]

27
Coordinate:
∈ `0,20a
= 0

Figura 46. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 47. Sforzi normali F22 [KN/m]

28
Coordinate:
∈ `0,20a
= 5

Figura 48. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 49. Sforzi normali F22 [KN/m]

29
Coordinate:
∈ `0,20a
= 10

Figura 50. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 51. Sforzi normali F22 [KN/m]

30
Come si evince dai grafici sopra riportati la soluzione numerica, ricavata grazie all’utilizzo
del software, per tutte le diverse mesh modellate approssima in maniera apprezzabile la
soluzione esatta. In particolare, le soluzioni coincidono quasi perfettamente nell’origine del
paraboloide ( , ) = (0,0), mentre allontanandosi da tale coordinata le soluzioni cominciano
a divergere in maniera considerevole soprattutto in prossimità dei bordi del guscio.
In riferimento ai grafici in Figura 46-48-50, è evidente come il tipo di vincolo utilizzato per la
modellazione e disposto sui soli lati corti, non sia totalmente coerente con quello utilizzato
per ottenere le formule analitiche trovate in letteratura. Secondo queste, infatti, sul bordo
del guscio le sollecitazioni membranali F22 avrebbero dovuto raggiungere il valore massimo
delle tensioni, mentre nel caso della soluzione numerica queste tendono ad annullarsi man
mano che si avvicinano al vincolo.
Benché le formule analitiche facciano riferimento alla superficie media del guscio senza
prendere in considerazione lo spessore dello stesso, si è visto come questo influenzi in
maniera importante le sollecitazioni membranali sulla superficie del paraboloide. Tramite
diversi test eseguiti su SAP2000 abbiamo individuato lo spessore che più avvicinava la
soluzione esatta a quella numerica degli sforzi normali [ e [ , ovvero 25 cm.

31
6. Test di convergenza

Una volta ottenuti i risultati delle sollecitazioni membranali [ e [ , sia per la soluzione
esatta sia per la soluzione numerica, si passa ad impostare il test di convergenza per
verificare che ad un infittimento della mesh utilizzata corrisponda una effettiva riduzione
dell’errore.
Come si è mostrato nel capitolo precedente, i risultati della soluzione esatta e del modello
si discostano in maniera significativa man mano che ci si avvicina ai bordi del paraboloide
ellittico. Per tale motivo, si è deciso di effettuare il test di convergenza prendendo in
considerazione i punti interni alla superficie, escludendo i nodi che si trovano a meno di 5 S
dai bordi esterni = ± e = ± . Il dominio sarà dunque ∈ `−15,15a e ∈ `−10,10a
Una volta dunque definiti i vettori bc!+dd , corrispondente al vettore delle soluzioni ([ e [ )
ricavate tramite le formule analitiche e be fcgg , che rappresenta il vettore delle soluzioni
ricavate tramite SAP2000, si è potuti passare al calcolo dell’errore come di seguito:
||bc!+dd − be fcgg ||
||bc!+dd ||
Per ottenere risultati che fossero i più veritieri possibili, le sollecitazioni membranali [ ed
[ sono state calcolate per ogni nodo delle tre mesh all’interno dell’area presa a riferimento.
Nello specifico si hanno:
- 117 punti per la mesh con Z = 2.5 S
- 651 punti per la mesh con Z = 1.0 S
- 2501 punti per la mesh conZC = 0.5 S
Non si riportano le sollecitazioni membranali per i punti sopra individuati per contenere il
numero di pagine di tale relazione.
Di seguito invece si mostrano quelli che sono i risultati ed i grafici dell’errore ottenuti
dall’analisi di convergenza, sia su [ che su [ .

Figura 52. Tabella convergenza degli errori su F11 eF22

Come si vede dalla tabella riportata, all’aumentare dei punti della mesh, e quindi all’infittirsi
della maglia, diminuisce l’errore legato alla differenza tra la [ e [ ricavate dalla soluzione
esatta e quella numerica.

32
Per meglio quantificare quale sia la velocità di convergenza è necessario esprimere sia
l’errore, sia i punti usati per ricavarlo, tramite il logaritmo in base 10. Si ottengono dunque
dei nuovi dati che sono:

Figura 53. Tabella convergenza dei logaritmi degli errori su F11 eF22

Si riportano tali dati sui seguenti due grafici.

Figura 54. Test convergenza sforzo normale F11 [KN/m]

Figura 55. Test convergenza sforzo normale F22 [KN/m]

33
Si nota come la soluzione esatta e quella ricavata dal modello siano convergenti. Inoltre, è
evidente come la velocità di convergenza sia maggiore passando dalla mesh con passo
Z = 2.5 S a quella Z = 1.0 S, mentre sembra stabilizzarsi quando si ha un ulteriore
infittimento e si passa alla mesh con ZC = 0.5 S. Questo comportamento si riscontra sia nel
caso dell’errore riferito alla sollecitazione membranale [ che [ .
- Nel caso della [ si ha, passando dalla mesh con Z = 2.5 S a quella con Z = 1.0 S,
una pendenza di circa 1/5, mentre passando dalla mesh con Z = 1.0 S a quella più
fitta la pendenza è circa 1/10.
- Nel caso della [ si ha, passando dalla mesh con Z = 2.5 S a quella con Z = 1.0 S,
una pendenza di circa 1/4, mentre passando dalla mesh con Z = 1.0 S a quella più
fitta la pendenza è circa 1/20.
Si può dunque concludere dicendo che per la porzione di superficie presa a riferimento c’è
convergenza tra la soluzione analitica e quella del modello, anche se la velocità con cui le
due convergono è bassa e risulta diminuire man mano che la mesh viene infittita. Per questo
motivo, nonostante il modello creato tramite SAP2000, nella zona presa a riferimento ∈
`−15,15a e ∈ `−10,10a, risulti coerente con il modello teorico spiegato in letteratura, esso
non risulta essere molto efficiente.

34
7. Nuovo modello

La copertura a guscio descritta in questa sezione prende spunto dalla struttura che copre la
hall del Poultry Market situato a Smithfield (Londra), già descritto al capitolo 2 di questa
esercitazione.
Come nel modello studiato in precedenza, la forma del guscio è sempre un paraboloide
ellittico la cui proiezione in pianta è un rettangolo di 30 x 40 S. In questo caso però la
struttura è supportata da pilastri, aventi interasse pari a 5 S, lungo tutti i bordi. La struttura
è in calcestruzzo armato C25/30, presenta uno spessore pari a 25 S ed è irrigidita ai bordi
da travi ricalate, aventi sezione 50x100 S.
Per la modellazione su SAP2000 di questa nuova struttura, si è proceduto con l’utilizzo della
stessa mesh impiegata nella prima parte dell’esercitazione, alla quale abbiamo aggiunto le
travi ricalate lungo i bordi, modellate tramite frames ed i pilastri con interasse 5 S ridotti a
semplici cerniere, poiché si ipotizza che siano controventati su entrambi i piani grazie
all’utilizzo di tiranti.
La seguente trattazione riguarderà non solo lo studio di questo nuovo modello, ma anche
un confronto con il precedente. Pertanto, per semplicità si è deciso di fare riferimento al
guscio vincolato sui due lati corti come Modello A, mentre di riferirci al guscio vincolato ed
irrigidito su tutti e quattro i bordi come Modello B.

Figura 56. Modello B con cerniere

35
Per effettuare l’analisi delle sollecitazioni a cui è soggetta la copertura è necessario prima
definire i carichi che gravano su di essa. Questi sono sia di tipo permanente che di tipo
accidentale.
Carichi permanenti strutturali G1:
- Struttura in calcestruzzo armato con spessore di 25 cm.
Carichi permanenti non strutturali G2:
- Guaina impermeabilizzante;
- Massetto in calcestruzzo alleggerito, per evitare il sollevamento della guaina;
- Lamiera di rivestimento in rame.
Carichi accidentali Q:
- Carico neve.
Il carico della neve è stato calcolato ipotizzando che l’edificio sia locato a Firenze in Zona II,
con altezza s.l.m. minore di 200 m e pendenza α della copertura compresa tra 0⁰ e 30⁰.
Di seguito si riporta la tabella dove vengono definiti i carichi distribuiti in [KN/m2]:

Figura 57. Tabella analisi dei carichi

I carichi appena riportati verranno poi moltiplicati per i coefficienti parziali delle azioni usati
per le verifiche allo SLU come indicato sulla NTC2018. Tali coefficienti sono:
γG1 (carichi permanenti strutturali) = 1.3
γG2 (carichi permanenti non strutturali) = 1.5
γQ (carichi accidentali) = 1.5

36
Si riportano le distribuzioni delle sollecitazioni F11 [KN/m] e F22 [KN/m] riferiti alla superficie
media del guscio modellato nel Modello B.

Figura 58. Sollecitazioni F11 [KN/m]

Figura 59. Sollecitazioni F22 [KN/m]

37
Si riportano le distribuzioni delle sollecitazioni M11 [KN*m/m] e M22 [KN*m/m] riferiti alla
superficie media del guscio modellato nel Modello B.

Figura 60. Sollecitazioni M11 [KN*m/m]

Figura 61. Sollecitazioni M22 [KN*m/m]

38
Si confrontano adesso le sollecitazioni sia di sforzo normale che di momento flettente
presenti nel Modello A e nel Modello B.
Come osservabile dai grafici riportati nelle pagine successive, con la nuova disposizione dei
vincoli si ha un accrescimento sia delle [ che delle [ , soprattutto in prossimità dei bordi.
Infatti, questi, a differenza di quanto accade nel Modello A impediscono gli spostamenti in
tutte le direzioni ( , , ) facendo sì che il guscio sia più sollecitato proprio in corrispondenza
delle cerniere.
Per quanto riguarda invece i momenti flettenti \ e \ sollecitanti il guscio, è evidente
come questi tendano a zero su quasi la totalità della superficie del Modello B. Al contrario
nel Modello A questi, anche se di modulo basso, hanno un andamento più irregolare e
mediamente più distante dallo zero. Ciò è in disaccordo con il risultato atteso della teoria
membranale.
Di seguito si riportano i grafici che confrontano le sollecitazioni, ricavate sia dal Modello A
che dal Modello B, degli sforzi normali [ , [ oltre ai momenti flettenti \ e \ .

39
Coordinate:
= 0
∈ `0, 15a

Figura 62. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 63. Sforzi normali F22 [KN/m]

40
Coordinate:
= 0
∈ `0, 15a

Figura 64. Momenti flettenti M11 [KN*m/m]

Figura 65. Momenti flettenti M22 [KN*m/m]

41
Coordinate:
∈ `0,20a
= 0

Figura 66. Sforzi normali F11 [KN/m]

Figura 67. Sforzi normali F22 [KN/m]

42
Coordinate:
∈ `0,20a
= 0

Figura 68. Momenti flettenti M11 [KN*m/m]

Figura 69. Momenti flettenti M22 [KN*m/m]

43
8. Analisi di stabilità
L'analisi di instabilità (o analisi di buckling) eseguita dal software è un'analisi di tipo lineare,
volta a trovare i modi di instabilizzarsi della struttura sotto l’azione di un carico. La
formulazione del problema si basa sul cosiddetto effetto P-delta e si traduce nella risoluzione
del seguente problema agli autovalori:
`ij + kil am = 0
Dove:
• no è la matrice di rigidezza del sistema;
• np è la rigidezza geometrica che dipende dallo stato di sollecitazione;
• q è la matrice diagonale contenente tutti gli autovalori;
• m è la matrice che ha come colonne gli autovettori.
Ogni autovalore krr e l'autovettore mst ad esso associato definiscono univocamente l' i-esimo
modo di instabilità della struttura. I modi di vibrare sono ordinati per autovalori crescenti.
L'autovalore rappresenta il cosiddetto "fattore di buckling", ovvero lo scalare per il quale
bisogna moltiplicare il vettore dei carichi per innescare l'instabilità della struttura secondo il
modo i-esimo. Fattori di buckling <1 indicano che la struttura si instabilizza per carichi
inferiori a quelli considerati nel vettore. Tale scalare può essere quindi anche inteso come
fattore di sicurezza della struttura nei confronti dell'instabilità.
Su SAP2000 si è quindi definito un nuovo “Load Case” così come riportato in figura:

Figura 70. Load case per il caso di instabilità

44
• Alla voce Load Case Name si è inserito il nome “Buckling”;
• Nel menu a tendina posto in alto a destra abbiamo selezionato Buckling;
• Alla voce Stiffness to Use si seleziona “Zero Initial Conditions – Unstressed State”;
• Per ogni Load Type e Load Name si è potuto definire lo Scale Factor;
• Si è inserito “5” alla voce Number of Buckling Modes.
Di seguito si riportano i primi cinque modi di instabilizzarsi del Modello A e del Modello B gli
autovalori associati.
Modello A

Figura 71. Prima forma di instabilità con λ=6,906

Figura 72. Seconda forma di instabilità con λ=10,217

45
Figura 73. Terza forma di instabilità con λ=10,385

Figura 74. Quarta forma di instabilità con λ=14,075

Figura 75. Quinta forma di instabilità con λ=16,447

46
Modello B

Figura 76. Prima forma di instabilità con λ=232,992

Figura 77. Seconda forma di instabilità con λ=235,166

Figura 78. Terza forma di instabilità con λ=237,293

47
Figura 79. Quarta forma di instabilità con λ=239,648

Figura 80. Quinta forma di instabilità con λ=248,282

48
Nella seguente tabella si riepilogano i fattori moltiplicativi di carico associati alle cinque
diverse forme di instabilità.

Modello A Modello B

Modo λ λ

1 6,906 232,992

2 10,127 235,166

3 10,385 237,293

4 14,075 239,648

5 16,447 248,282

Figura 80. Tabella sui moltiplicatori di carico λ

Da questo quadro riassuntivo si evince immediatamente come i due schemi statici portino
ad avere dei moltiplicatori di carico critico molto diversi tra loro. Sicuramente ciò è dovuto
alla presenza di nuovi vincoli che impediscono la traslazione nelle tre direzioni ( , , ) lungo
tutti i bordi del guscio, ma bisogna anche ricordare la presenza delle travi di bordo 50x100
S che aiutano a distribuire gli sforzi su tutto il perimetro del paraboloide.
Le cerniere distribuite nel Modello B, infatti rendono molto più vincolata e dunque rigido il
guscio rispetto a quello della configurazione del Modello A.
Riferendosi esclusivamente al Modello B è interessante valutare quanto pesino, nel calcolo
di λ, lo spessore usato per la creazione del guscio e la presenza delle travi di bordo 50x100
cm, inserite per irrigidire il paraboloide ellittico. Si osserva dunque come cambia il
moltiplicatore critico utilizzando due nuove e differenti configurazioni del Modello B:
- Modello B1:
Lo spessore viene diminuito passando da 25 cm a 10 S e rimane inalterata la
disposizione delle cerniere.
- Modello B2:
Vengono rimosse le travi ricalate di bordo 50x100 S e rimane inalterata la
disposizione delle cerniere.
Osservando il Modello B1 si vede come il moltiplicatore critico, nonostante questo si sia
ridotto notevolmente risulta essere ancora elevato, per cui anche considerando tutte le
possibili combinazioni di carico, si ipotizza che la verifica di stabilità risulterà comunque
soddisfatta.
Dal Modello B2 emerge come le travi contribuiscano notevolmente a stabilizzare il guscio,
infatti il moltiplicatore di carico in questo caso risulta essere dimezzato rispetto a quello del
Modello B.

49
Modello B
• Spessore = 25 cm
• Travi di bordo 50x100 cm
• Moltiplicatore λ = 232,992

Figura 82. Modello B

Modello B1
• Spessore = 10 cm
• Travi di bordo 50x100 cm
• Moltiplicatore λ = 64,344

Figura 83. Modello B1

Modello B2
• Spessore = 25 cm
• Assenza travi di bordo 50x100 cm
• Moltiplicatore λ = 119,068

Figura 84. Modello B2

50
9. Conclusioni

Per ultimo, si riportano le considerazioni finali in merito a tutti i principali argomenti che sono
stati affrontati in questa relazione.
• Creazione della mesh:
La modellazione delle tre mesh utilizzate ha richiesto un grande dispendio in termini di
tempo, poiché per ognuna di esse è stata richiesta l’interazione dei software Excel,
AutoCAD e SAP2000 e degli script creati appositamente per facilitare il passaggio di
informazioni da Excel ad AutoCAD. Sebbene sia stato considerevole il tempo impiegato in
questa fase, le mesh ottenute risultano accurate, in quanto ognuna di esse, essendo creata
a partire da zero, non risente degli errori di approssimazione della mesh a lei meno fitta.
• Soluzione esatta:
La soluzione membranale per un guscio a forma di paraboloide ellittico ricavata dalla
letteratura ha fornito degli elementi utili per ottenere le sollecitazioni ma è risultata non
essere sufficientemente specifica in quanto le formule analitiche sia non tengono conto dello
spessore del paraboloide, dato che si rifanno alla sola superficie media del guscio, sia non
prendono in considerazione il tipo di materiale utilizzato. Inoltre, ha avuto un grande peso,
soprattutto in termini di confronto delle sollecitazioni tra soluzione analitica e numerica, la
mancata precisazione del tipo di vincolo impiegato per giungere alle formule analitiche.
• Confronto tra soluzione esatta e numerica:
Prima di pervenire all’effettiva comparazione tra le soluzioni sono state sperimentate diverse
configurazioni di vincolo con il fine di ottenere quella che più si avvicinava alla soluzione
esatta. La disposizione identificata approssima in maniera discreta le sollecitazioni presenti
nella zona centrale del paraboloide ellittico, mentre avvicinandosi ai bordi la soluzione esatta
e quella numerica dataci dal software divergono in maniera importante. Questo è
certamente dovuto al tipo di vincolo usato, e al fatto che le formule analitiche non tengono
conto di grandezze importanti come detto in precedenza. Inoltre, potrebbe essere lo stesso
software a commettere errori in prossimità dei bordi a causa di grossolane approssimazioni.
• Convergenza tra soluzione esatta e numerica:
Dal momento che, in prossimità dei bordi del guscio la soluzione esatta e quella numerica
si discostano notevolmente, si è effettuato il test di convergenza considerando solo la zona
centrale del paraboloide ellittico con ∈ `−15,15a e ∈ `−10,10a. Prendendo in esame i
grafici riportati al capitolo 6 della presente relazione, è evidente come all’infittirsi della mesh
gli sforzi membranali tendono a convergere nonostante ciò avvenga lentamente. Si ha,
infatti, un coefficiente angolare di circa 1/5 per il primo infittimento della mesh e minore di
1/10 per il secondo.

51
• Comportamento membranale Modello B:
Nel Modello B si è visto come si arrivi ad ottenere un comportamento del guscio quasi
esclusivamente membranale dato che i momenti flettenti presenti tendono a zero nella
maggior parte della superficie. Lievi picchi, comunque minimi rispetto allo sforzo normale
presente, si hanno nelle zone non lontane dai bordi del paraboloide. Si può dire dunque che
i vincoli adottati non solo risultano essere realistici perché realizzabili, ma allo stesso tempo
fanno sì che il paraboloide sia soggetto principalmente a sollecitazioni membranali in
accordo con quanto auspicato dalla teoria.
• Stabilità:
Sia il Modello A che il Modello B risultano essere stabili per la combinazione di carico
ipotizzata, anche se, i due schemi statici portano ad avere dei moltiplicatori del carico critico
molto distanti tra loro. Come già discusso, la presenza delle cerniere e delle travi ricalate
lungo il perimetro del guscio aiutano a distribuire gli sforzi e aiutano la struttura a stabilizzarsi
soprattutto nelle zone limitrofe ai bordi del paraboloide ellittico. Si è osservato infatti come
la mancanza delle travi ricalate porti ad un dimezzamento del moltiplicatore del carico critico
λ. Da notare infine come questo diminuisca in maniera ancor più significativa nel caso della
riduzione di spessore.

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BIBLIOGRAFIA
Asbjӧrn Aass, 1963, “A contribution to the bending theory of elliptic paraboloid shells”,
IABSE publications.
Eduard Ventsel, Theodor Krauthammer, 2001, “Thin Plates and Shells. Theory, Analysis,
and Applications”, Marcel Dekker, Inc.
Gian Michele Calvi, Roberto Nascimbene, 2011, “Progettare i gusci”, IUSS Press.
Huihuan Ma, Feng Fan, Jie Zhong, Zhenggang Cao, 2013, “Stability analysis of single-layer
elliptical paraboloid latticed shells with semi-rigid joints”, in Elsevier.
Povl Ahm, Edwin John Perry, 1965, “Design of the dome shell roof for Smithfield Poultry
Market”.
Sergey N. Krivoshapko, Gerard Leopold Gbaguidi-Aisse, 2016, “Geometry, Static, Vibration
and Bucking Analysis and Applications to Thin Elliptic Paraboloid Shells”, in Bentham Open.

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