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La Natura, I Paesaggi - Sardegna
La Natura, I Paesaggi - Sardegna
SARDEGNA
SARDEGNA
Direttore responsabile:
ELIANA FERIOLI
coordinamento redazionale:
Cesare Della Pietà
redazione:
Antonella Colicchia,
Antonio Lopez, Elisabetta Planca,
Metello Venè
dipartimento fotografico:
Lello Piazza (photo editor)
ufficio grafico:
6 GALLURA
di Albano Marcarini
DOVE IL GRANITO DÀ SPETTACOLO
16 SUGHERA
Catia Quinterio
segreteria di redazione:
UN ALBERO, UNA TERRA
Laura Belloni di Albano Marcarini
A questo numero hanno contribuito,
per i testi:
24 GESTURI
Valerio Agnesi, Stefano Ardito,
Antonella Colicchia, Dario Cossu, LA GIARA DEI CAVALLINI
Antonio Lopez, Albano Marcarini, di Antonio Lopez
Nanni Marras, Domenico Ruiu,
Egidio Trainito, Metello Venè
32 BARBAGIA
per le fotografie:
Stefano Ardito, Nevio Doz, Vittorio DOVE IL PASTORE È RE
Giannella, Johanna Huber, Mastrolillo, di Antonella Colicchia
Giorgio Marcoaldi, Gianmario Marras,
Angelo Mereu, Daniele Pellegrini,
Enrico Pinna, Guido Alberto Rossi,
Domenico Ruiu, Egidio Trainito
per le illustrazioni:
Massimo Demma, Paolo Rondini,
Franco Testa
40 NURAGHI
di Stefano Ardito
LE RADICI
Hanno collaborato:
Piero Bevilacqua, Carlo Felice Casula,
Rosalba Mariani, Giampiero
Pinna, Giovanni Sistu, la casa editrice
AM & D edizioni di Cagliari
48 STAGNI COSTIERI
di Antonella Colicchia
LE PERLE CONTESE
DI COPERTINA
66 LA COSTA
PRESIDENTE:
URBANO CAIRO
Il nuraghe Santa Sabina, nei DOVE VOLANO I GRIFONI
Consiglieri: pressi di Silanus. Sono di Stefano Ardito
Giuliano Cesari, Maurizio Dell’Arti, oltre 8.000 queste costruzioni
Roberto Cairo, Marco Pompignoli censite finora in Sardegna:
Indirizzo e-mail: airone@edgm.it
Indirizzo postale:
corso Magenta 55, 20123 Milano
inevitabile che l’enigmatico
monumento megalitico finisca
con l’apparire quasi un logo
74 TANCHE
di Albano Marcarini
I MURI DELL’ARRAFFA-ARRAFFA
80 PISCINAS
L’Airone di Giorgio Mondadori e Associati
S.p.A. Tutti i diritti riservati. Testi e foto- ne segna tutti i paesaggi, dalle IL NOSTRO SAHARA
grafie non possono essere riprodotti senza coste ai monti, alle campagne, di Metello Venè
l’autorizzazione dell’Editore. Fotolito: Adda
Officine Grafiche, via delle Industrie 18, dove il tempo pare essersi
Filago (BG). Stampa: Elcograf, via Na- fermato. E per diventare, esso
88 SUPRAMONTE ’
zionale 14, Beverate di Brivio (LC). Airone:
pubblicazione mensile registrata presso il stesso, paesaggio. L ANIMA SELVAGGIA
Tribunale di Milano il 7/3/1981, n. 89. Foto di Angelo Mereu di Stefano Ardito
SOMMARIO 5
DANIELE PELLEGRINI
GALLURA
dove il granito dà spettacolo
‘‘
‘‘
EGIDIO TRAINITO
GALLURA dove
il granito dà spettacolo
La Gallura è disseminata di massi, quasi bombardata attraverso i millenni dalle meteo-
re. Tanti, e di forme così strane, che quando vi si è perduti nel mezzo sembrano ani-
marsi e muoversi, quasi si assistesse ad una immensa migrazione di popoli pietrificati.
(Guido Piovene, 1956)
DI ALBANO MARCARINI
8 GALLURA
COME È PROTETTA
Lungo le coste della Gallura
si trovano due importanti
PAOLO RONDINI
aree protette: il Parco
nazionale dell’Arcipelago
della Maddalena, istituito
STEFANO ARDITO
nel 1996, e l’Area naturale
marina di Tavolara-Capo
Cavallo, istituita nel 1997. 1 l’acqua penetra nelle fessure 2 la roccia più tenera si disgrega
Di notevole rilevanza
la recente realizzazione,
nell’entroterra gallurese, del Questo gioco di forme si riflette anche nel profilo morfologico ge- sugli altri (3) e spesso soggetti
Parco regionale
del Monte Limbara, per una nerale. Il rilievo è tormentato, si direbbe montagnoso se non fosse che a ulteriore erosione con un
superficie di 19.833 nove decimi del territorio si trovano a meno di 500 metri sul livello processo di desquamazione, “a
ettari. Vi sono state del mare. All’estremità settentrionale, la lunga dorsale sarda si sfalda pelle di cipolla”. I tafoni si
individuate 22 aree di in una meravigliosa successione di penisole, anfratti, insenature, cale. Una formano invece in ambiente
grande interesse
naturalistico fra cui morfologia figlia dell’abbassamento del litorale e dell’innalzamento aereo (4): è l’azione combinata
sugherete, la stazione di del mare e che si completa con un corredo di scogli, isolotti o vere iso- del vento e dell’acqua salata
pino marittimo di le, di cui La Maddalena e Capre- diffusione del granito in Sardegna a scavare la dura roccia. Il
Carracanu, la stazione di ra sono le maggiori. vento accelera l’evaporazione 3 emergono isolate forme compatte
pioppo tremolo
di Monte Longheddu, Se il vento ha effetto sulle pie- QUANDO IL VENTO dell'erosione nel sottosuolo, e quindi il deposito di
i boschi di leccio, la tre, immaginiamoci sulla vege- che agisce sulla naturale cristalli di cloruro di sodio che,
macchia e la vegetazione tazione. Il suo soffio e il sale che
SI FA SCULTORE fessurazione della roccia (1). aumentando di volume,
di Monte Acuto, la
trasporta stremano gli alberi. I È l’erosione a plasmare i graniti L’acqua circola nelle fratture e disgregano la roccia. Il processo
vegetazione riparia del Rio
Mannu e del corso lentischi e gli olivastri soppor- della Gallura: piccoli e grandi dissolve e disgrega la roccia inizia con l’asportazione di un
superiore del Coghinas. tano la calura, ma non la spinta blocchi arrotondati scavati formando depositi di detriti (2). primo cristallo: si crea così una
del vento (li si vede prostrati e scolpiti dai tafoni (lu tavoni, Quando i sedimenti vengono piccolissima nicchia che
con la chioma sviluppata da un in gallurese) disegnano gli asportati dal dilavamento, progressivamente s’ingrandisce
unico lato, come bandiere issa- scenari dell’interno e lungo le rimangono solo i massi verso l’alto, per desquamazione
te su aste deformi). Vicino alla coste. I primi sono il risultato arrotondati, accatastati gli uni della volta. (Egidio Trainito) 4 l’erosione prosegue la sua opera
GIANMARIO MARRAS
SPICCA SUL CAOS DEI MASSI LAVORATI
DALL’EROSIONE. IN ALTO: “L’ORSO”,
LA PIÙ FAMOSA TRA LE “SCULTURE
NATURALI” DELLA COSTA GALLURESE.
APPUNTI DI NATURA
EGIDIO TRAINITO
Guglie e massi della Gallura
costituiscono l’habitat di una
fauna e di una flora molto
specializzate. I tafoni
possono essere enormi, o avere
VITTORIO GIANNELLA
più caratteristico dei graniti
galluresi, dal mare alle
zone più elevate, è la lucertola
di Bedriaga (Archaeolacerta
bedriagae), endemica della
Corsica e della Sardegna
nord-orientale. Ha dimensioni
notevoli (arriva fino
a 30 cm di lunghezza), corpo
massiccio e punteggiato,
e origini antichissime (risale a
circa 30 milioni d’anni fa).
Sul granito nelle nicchie
di detrito, apparentemente
BECCO DI GRU CORSO costa, dov’è spesso impetuoso, la macchia non ha la forza di erger-
(ERODIUM CORSICUM) si; solamente all’interno prende vigore e portanza, ma è nelle valli
più recondite che diventa vera foresta. Vi predominano, in succes-
sione altimetrica, prima la sughera e poi il leccio.
Ancora mezzo secolo fa questo paesaggio poteva considerarsi intatto. Tut-
to il tratto costiero occidentale della Gallura, da Castelsardo a Santa
Teresa, era privo di strade e di abitati. Il giornalista Benito Spano che
lo visitò nel 1960, per conto de Le Vie d’Italia, lo descrive come “un
lembo di deserto autentico, fra i più spettacolari d’Italia”, per l’impo-
nenza e l’estensione della cornice di dune mobili, in grado di spin-
gersi nell’entroterra a ricoprire di sabbia le più alte colline.
Dopo è venuta la stagione del turismo e delle grandi operazioni
immobiliari. Costa Smeralda, Arzachena, Porto Rotondo si possono
intendere come i più privilegiati luoghi di vacanza o come le più offensive con-
A FRONTE PAESAGGIO DELL’INTERNO taminazioni di un ambiente naturale di eccezionale bellezza. Ciò che più di-
DELLA GALLURA, LUNGO IL CORSO DEL sturba sono però le copie riduttive derivate da quei modelli. Buona
FIUME LISCIA. IN ALTO: IL MONTE
LIMBARA; I SUOI 1.359 METRI SONO LA parte della costa gallurese è punteggiata di lottizzazioni, vagamente
MASSIMA QUOTA DI QUESTA REGIONE. mimetizzate nel paesaggio. Ma neppure la macchia, con la sua fitta
GALLURA 13
cortina, può cancellare la grottesca volgarità di certi villini neosardi,
arabeggianti o spagnoleschi, i bizzarri mininuraghi, le terrazze pin-
invito alla visita nacolari, gli archivolti di granito grezzo e i serramenti in alluminio.
Per ritrovare la vera Gallura bisogna lasciare il litorale e puntare verso
l’interno. Ancora oggi ha la minore densità di abitanti per chilometro
JOHANNA HUBER/SIMEPHOTO
Granito rosa, rigogliosa mac- Costa Paradiso e il lontano Ca- quadrato. Tutto ciò si spiega sulla base di precise ragioni storiche. La
chia e mare limpidissimo: non a po Testa), s’imbocca un sentiero prima colonizzazione, di Còrsi e Toscani, fu sporadica e arrivò dal ma-
caso questo tratto del litorale che scende a ripidi tornanti. Al- re; poi avvenne un progressivo ripiegamento nell’entroterra sotto la
gallurese è chiamato Costa Pa- la fine della discesa si procede minaccia delle scorrerie saracene; infine, a partire dal XVII secolo, si
radiso. Punto di partenza dell’i- tra rigogliosi corbezzoli e anno- ebbe il ripopolamento secondo un insediamento polverizzato e strut-
tinerario è il termine della ster- si ginepri fenici sino alla foce turato sugli stazzi contadini. Alcuni centri, come Tempio, si sono svi-
rata che dalla strada Castelsar- del Rio Pirastru (laghetto retro- si costeggia un’insenatura, si luppati solo ai bordi meridionali della regione con giurisdizione su
do-Santa Teresa Gallura porta dunale) e alla spiaggetta sasso- oltrepassa un cancello (richiu- territori vastissimi che giungevano fino alla costa; altri, più marittimi,
al Monte Tinnari (216 m). La- sa di Cala Tinnari. Risalendo le derlo!), si valica un ruscelletto come Olbia, hanno una storia illustre che inizia dai Romani (o forse
sciata l’auto presso un gruppo rocce al lato opposto dell’inse- e si sale a uno spiazzo (vi arri- prima), ma si tratta di eccezioni rivolte al continente più che all’isola.
di villette (vista splendida sulla natura si ritrova il sentiero, che va una carrareccia dall’inter- Per cui il “vuoto” umano della Gallura si può intendere come un prezioso
s’insinua in una fittissi- no) circondato da dune fossili dono di natura da proteggere. Un ambiente e un paesaggio che hanno
ma macchia di corbez- dove abbondano elicriso e Ar- commosso personaggi insospettabili, come Gabriele d’Annunzio. In
I CONTATTI
zoli e lentischi e, dopo meria pungens, che fiorisce a una lettera a un tasgiadore – termine che indica un cantante in un coro
qualche su e giù (vari maggio. Poche centinaia di me- di cinque elementi – egli scrisse: “Se tu e gli altri quattro veramente Associazione escursionistica
tracciati parallele aper- tri conducono alla spiaggia di mi amate, portatemi ad Aggius; e fatemi una capanna in un bosco di Camminalimbara,
via Puchoz 22, 07029
ti nel tempo da turisti li Cossi: un arco di sabbia dora- roveri là sul Tumoneusoza ch’io veda il golfo e tutto il lido insino alla
Tempio Pausania
e pastori), sbuca su un ta chiuso tra alte pareti di gra- Maddalena, e ch’io sia svegliato ogni alba dal Gallo di Gallura, che ie-
(SS), 079 670704;
pianoro disseminato di nito, con un ruscello che forma ri mescolava le sue note al vostro coro antico quanto l’alba”.
Wwf, sezione di
affioramenti di granito. un laghetto trasparente prima PER SAPERNE DI PIÙ Santa Teresa Gallura, via
Raggiunte le prime pro- d’incontrare il mare. Ritorno Nei libri: M. Brigaglia, F. Fresi, Tempio e il suo volto, Sassari, 1995. D. Calabria, 07028
PAOLO RONDINI
paggini di dune fossili, per la stessa via. L’itinerario si Panedda, Il Giudicato di Gallura, Sassari, 1978. Nei siti: www.legam- Santa Teresa Gallura (SS),
si supera un muro a sec- può percorrere in ogni stagione bientegallura.com (ottimo, con molte informazioni sulla natura e il 0789 755788.
co (casolare diroccato), e richiede circa 4 ore (a/r). paesaggio); www.tempioweb.com (con dati sul Parco del Limbara).
18 SUGHERETE
dei pastori senza il corredo di un’onusta e protettiva quercia? “Que- GHIANDAIA
(GARRULUS GLANDARIUS)
sto paesaggio”, ha scritto il grande botanico Valerio Giacomini, “è a
un tempo fisico e biologico, perché si integra in modo sorprendente
con le strutture rupestri granitiche, che dominano specialmente nella
Gallura. Dal suolo, disseminato di blocchi levigati, emergono le chio-
me ostinatamente verdi, i tronchi grigi, nocchieruti, contorti di questo
albero frugale, selvatico e domestico, così intimamente connaturato
alla solenne austerità di queste terre”. Eppure, girando per la Gallu-
ra, la prima impressione è quasi di pietà. A vederle nelle campagne, fra i
blocchi levigati dei graniti, sui pascoli alle pendici dei monti, queste
‘‘
la fase più virulenta, ricomincia a germogliare e a
produrre nuove foglie: in 30-40 giorni è come prima.
Il danno subìto lo si può quantificare misurando
Il sughero viene estratto da lavoratori abili, in modo che si stacca a strisce larghe, alquanto a poco a poco l’aria balsamica li risana, la natura li riveste pietosa d’un primo velo poroso
concave, che vengono bagnate per allargarsi e appianarsi, e infine legate a pacchi come lastre come la garza che avvolge le piaghe; i ciclamini e i funghi calpestati si risollevano ai loro
di gomma rossastra, preziosa quanto il marmo. (…) Gli alberi padri di tanta chiassosa ric- piedi e la pernice d’oro svolazza fra i loro germogli. Un’altra èra deve passare prima che
chezza rimangono fermi sulle loro profonde radici, scorticati e sanguinanti come martiri; ma vengano di nuovo martirizzati. (Grazia Deledda, Novelle, 1912)
20 SUGHERETE SUGHERETE 21
invito alla visita piccole radure erbose. A volte la
chioma delle querce è così conti-
nua da impedire la crescita del
I CONTATTI
Isolate, a formare macchie o e- 2. MONTE LA ELTICA E SAN sottobosco; in altri punti, inve- Gruppo azione locale Barbagia-
stesi boschi, le sughere sono SALVATORE DI NULVARA. A ce, eriche e corbezzoli coprono Mandrolisai, 0784 60390.
Stazione sperimentale del
una presenza diffusa. Le indica- sud della statale 127, nel tratto il terreno periodicamente visi- sughero, via Limbara 9, Tempio
zioni che seguono sono dunque fra Calangiànus e Telti. Fra le tato dai cinghiali. Pausania, 079 72200,
solo alcune fra le tante possibili più belle e folte sugherete del 4. L’ALTOPIANO DI BUDDUSÒ. e-mail: sperimentale-sughero
per incontrare questo paesag- gruppo del Monte Limbara, im- Seguendo la statale 389 da Bud- @regione.sardegna.it
gio così affascinante. preziosite anche dalle forme con- dusò a Bitti, ci si addentra nel
1. MONTI. Un’ampia sughere- torte e bizzarre del granito. vasto altopiano dove sono le sor-
ta, in parte tenuta a pascolo, 3. ALÀ DEI SARDI. La sughera genti del Tirso, il maggiore fiu-
che si estende lungo la statale domina il paesaggio che circon- me della Sardegna. Fra isolati
199 Sassari-Olbia presso il paese da il paese di Alà, lungo la sta- ammassi granitici si distendo-
di Monti e risale verso un alto- tale 389, da Buddusò in direzio- no ampie sugherete. Molto belle
piano a leccio e a macchia me- ne di Olbia. La foresta più bella quelle poste nelle vicinanze del
diterranea. Nella valle del Rio si trova a est dell’abitato: una piccolo lago Sos Canales.
Petra Iscotta, la sughereta con- successione di modesti rilievi, 5. SA SILVA MANNA. Lungo la
serva un sottobosco spontaneo solcati dai rami sorgentizi del valle del Temo. Vi si accede dal
con varie essenze erbacee, gio- Rio Bolloro. La monotonia del- cimitero di Montresta, circa 15
vani querce e arbusti. la sughereta è rotta qua e là da chilometri a nord di Bosa. Rive-
la l’alto grado di adattamento
della sughera. A differenza che
PAOLO RONDINI
22 SUGHERETE
GESTURI
la giara dei cavallini
DOMENICO RUIU
GESTURI
la giara dei cavallini
DI ANTONIO LOPEZ
EGIDIO TRAINITO
macchia di mirti, lentischi e cisti marini di questa piccola sa-
vana alberata, sospesa nel cielo, che è la giara. Il tramonto ci
sorprende nel bosco di sughere di Paùli Maiori di Tuili, mentre le partengono a privati dei comuni di Genoni, Tuili e Setzu, 180 all’Isti- MAGNANINA SARDA
luci radenti dell’ultimo sole incendiano di rosso i tronchi scorticati e tuto per l’incremento ippico di Ozieri e il restante alla locale comu- (SYLVIA SARDA)
✦ si riflettono nel rigagnolo della vicina sorgente. È una Sardegna dalla nità montana. Pascolano liberamente, e sono ghiotti dei ranuncoli
bellezza selvaggia quella che si profila davanti ai nostri occhi; sembra d’acqua che crescono abbondanti in primavera nei paùli, una sessan-
DOMENICO RUIU
(i sardi la chiamano sa Jara), primavera è il tripudio del bianco, Lepidurus apus lubbocki,
che dista una settantina con la fioritura simultanea degli vecchio di 200 milioni di anni,
di chilometri da Cagliari. Si asfodeli, del biancospino, del cisto che si è adattato alla perfezione
raggiunge seguendo marino, del giglio pancrazio ai cambiamenti stagionali.
la statale 131 per Oristano e e l’invasione dei ranuncoli che QUANTO ALLA FAUNA maggiore,
deviando, prima di Sanluri, ricoprono i paùli, avvallamenti le presenze più significative sono
per Gèsturi-Barùmini. allagati dall’acqua piovana. il cinghiale, la volpe, la martora,
L’ALTERNANZA CON LA SICCITÀ il coniglio selvatico, la lepre e
ha fatto di questi stagni la pernice sarda, lo sparviero che
temporanei un ecosistema del caccia i fringillidi del bosco,
tutto particolare, ricco di il falco pellegrino, e un’infinità
di migratori sia di terra (tordi
RAGANELLA COMUNE vari, merli, colombacci, beccacce),
(HYLA ARBOREA) sia legati alle zone umide (aironi,
A DESTRA: IN PRIMAVERA I anatre, beccaccini, falco di
PAÙLI SI COPRONO DI ANEMONI palude). Tra gli uccelli nidificanti,
E RANUNCOLI. A FRONTE
IN ALTO: PECORE AL PASCOLO si possono ricordare il frosone,
NELLA SUGHERETA. NELLE la tordela, la tottavilla, e le
PAGINE PRECEDENTI: STALLONE specie di macchia, come l’averla
DELLA RAZZA DI GÈSTURI
SORPRESO TRA LE BIANCHE capirossa, lo zigolo nero e la
FIORITURE DEGLI ASFODELI. magnanina. (Domenico Ruiu)
PAOLO RONDINI
dal 1976, l’Azienda regionale per le foreste, in 12 chilometri quadrati to al parcheggio di Scala Corte
di natura incontaminata e protetta, ne tiene sotto osservazione una Brocci. S’imbocca la sterrata di
mandria del tutto rinselvatichita. E da sette anni, sulla giara, l’Istituto fronte che, tra mirto e lentisco,
d’incremento ippico opera per
COME difendere la purezza di questa raz-
DOMENICO RUIU
‘‘
NEVIO DOZ
30 GIARA DI GESTURI
BARBA GIA
dove il pastore è re
BARBAGIA
dove il pastore è re
DI ANTONELLA COLICCHIA
DOMENICO RUIU
vistati, è immaginario, “perché i fatti narrati sono tratti da documenti
nel 1998 ma di fatto
personali e rischierebbero di ledere l’onore di persone viventi. Onore ancora inesistente.
che, da queste parti, è sacro”. Storie e cifre riportate nel libro di Melo- I tacchi di Perda Liana e
Texile sono protetti
DOVE SI TROVA ni però sono tutte rigorosamente
come Monumenti
vere, frutto d’interviste e di anni
naturali regionali; il
La Barbagia, complesso di regioni nella parte centro-occidentale di ricerche negli archivi comu- APPUNTI DI NATURA insulare, ribes sardo, aquilegia), Corpo Forestale
dell’isola, si estende lungo il massiccio del Gennargentu. È delimitata nali. Capire Siniele significa per- e pure a un cardo esclusivo gestisce
a est da Gennargentu e Ogliastra, a nord dal Supramonte ciò capire Isili, Austis, Orgosolo, Il Gennargentu è il tetto della (Lamyropsis microcephala) la foresta demaniale
di Montarbu.
e dalla Gallura, a sud dal Campidano, a ovest dalla valle del Tirso. Aritzo, Belvì. “Leggerne” il terri- Sardegna. Qui in breve spazio si di cui si conoscono solo minuscole
torio aspro e roccioso, modellato concentrano le uniche cinque colonie. All’arrivo dell’estate,
dai venti, fatto di pascoli rudi, cime che superano i 1.800 metri il Gennargentu si avvolge dei
monotoni, inospitali. Dove l’uni- (la più alta, 1.834 m, è Punta colori delle fioriture (la delicata il culbianco e, probabilmente, la
EGIDIO TRAINITO
ca traccia della presenza umana La Marmora). Il profilo arrotondato viola corsa, l’endemica monachella. Nei corsi d’acqua,
sono gli ovili di pietra e di ginepro, della montagna si deve all’erosione Armeria morisii, le sassifraghe, ricoperti di gallerie di ontano nero,
e i paesi restano ancora isolati e omogenea che ha modellato gli i vistosi tappeti di genziane) sopravvivono preziose popolazioni
refrattari ad aprirsi a culture di- scisti paleozoici che ne costituiscono e della fragranza penetrante dei di trota sarda assieme all’euprotto
verse dalla tradizione. l’ossatura. Solo alcuni nuclei fiori violacei del timo. (Euproctus platycephalus),
“Il paesaggio risulta segnato di granito e spettacolari filoni di QUI VIVONO diverse coppie di la singolare salamandra locale.
dall’organizzazione pastorale e- porfidi (formidabile quello aquila reale, che beneficiano A NORD E A OVEST del massiccio,
stensiva”, spiega il sociologo. di Su Susciu) interrompono la dell’abbondanza di mufloni, lepri, il granito prende il posto dello
“Un modello ecologico-economico continuità del paesaggio. piccoli mammiferi e serpenti. scisto. È un susseguirsi di monti
raro, che non prevede più l’origi- A MANO A MANO CHE SI SALE dal La pernice è presente anche alle accavallati, che un’erosione
naria alternanza fra pascoli e col- fondovalle, le residuali formazioni quote più alte, dove nidificano eccentrica ha scolpito in forme
ture di cereali”. L’agricoltura di lecceta cedono il passo al bosco bizzarre, rivestite di boschi
estensiva infatti è scomparsa ne- rado di roverelle sino all’area MUFLONE di querce. Il paesaggio rupestre
gli anni Sessanta, in coincidenza sommitale, dove resistono (OVIS MUSIMON) suscita un’avvertibile sensazione
con le grandi ondate migratorie all’imperversare del vento d’isolamento. È la Barbagia,
che hanno letteralmente spopo- gli arbusti prostrati cuore segreto della Sardegna,
(ginepro nano, pruno terra antica di pastori,
FRANCO TESTA
A LATO: PANORAMA DAL “TACCO” prostrato, ginestra di cinghiali, di rapaci, di
CHIAMATO SA CATTEDRALI, NEI DINTORNI corsica) che fanno presenze elusive,
DI LÀCONI. A FRONTE: IL MONTE da felice corollario a di vecchie tradizioni
ORTOBENE, SOPRA NUORO, AVVOLTO
DALLE NUBI. NELLE PAGINE PRECEDENTI:
una serie di preziosi tenacemente conservate.
MUNGITURA A BRUNCU SPINA. endemismi (santolina (Domenico Ruiu)
BARBAGIA 35
A LATO: IL “TACCO” DI TEXILE. IN BASSO:
GINEPRI SECOLARI PRESSO ARCU CORREBOI.
PAOLO RONDINI
da ’e Liana, imponente torrione calcareo che do- di agnelli. “A differenza che sulle Per spiegarne l’origine occorre sarebbe diventata la Sardegna
mina la foresta. Scesi dal treno, procedete lungo Alpi, non vi sono malghe, stalle, né si- fare un viaggio indietro nel conobbe un periodo di
la ferrovia in direzione del tunnel da cui si è ap- stemi d’irrigazione”, fa notare Meloni. tempo. Con tre fondamentali tranquillità dal punto di vista
pena usciti. Sulla destra, prendete la mulattiera “I pastori delle montagne e delle al- tappe, l’ultima delle quali tettonico. Per circa 70 milioni di
che sale ripida per circa 250 metri, fino a incro- la strada di sinistra, che in circa 6 chilometri giun- te colline della Barbagia compiono coincide con la chiusura della anni, fino al Giurassico, gli
ciare la carreggiabile forestale da imboccare an- ge a s’Arcu ’e su Pirastu Trottu. Da qui, risalite a una transumanza a senso unico”. Tetide (l’oceano che divideva la agenti atmosferici erosero le
cora verso destra. Dopo 600 metri si arriva alla destra sul crinale fino al sentiero anulare intorno a Scendono lungo la media e bassa zolla eurasiatica da quella rocce metamorfiche e cristalline
casermetta forestale di Montarbu; continuate sul- Perda ’e Liana. Si può tornare a San Girolamo sui valle del Tirso fino ai pa- di cui era fatta, creando
la strada per s’Arcu e su Pirastu Trottu. Dopo 2 propri passi, o scendere lungo un itinerario un scoli non coltivati del un vasto altopiano ondulato.
chilometri e mezzo c’è un primo bivio, con strada po’ più complesso (tratteggiato sulla carta) che Campidano settentrio- 170 MILIONI DI ANNI FA
che s’immette da destra; andate oltre. Percorsi al- incrocia Rio sa Onna, costeggia Rio Sammuccu e nale o fino ai monti di (Giurassico). Movimenti
tri 200 metri, trovate un secondo bivio. Scegliete torna al bivio iniziale aggirando Serra s’Ilixi. Pula e Teulada, dove ab- verticali della crosta terrestre
bonda la macchia. Paga- inabissarono la regione, che
no un canone ai com- fu ricoperta da un mare poco
mercianti caseari che profondo (epicontinentale,
spesso sono proprietari per i geologi). In queste acque
o affittuari terrieri. calde e vitali sedimentarono
“L’aspetto più esclu- le rocce calcaree, piene
sivo di queste terre, re- di fossili di molluschi, che
taggio dell’alternarsi tra pascolo e agricoltura, è però l’uso del Cumona- costituiranno in seguito i tacchi.
le”, sottolinea Meloni. “Significa ‘terra di tutti’. Da sempre è utilizza- 130 MILIONI DI ANNI FA (fine
ta, a rotazione, dalle famiglie di pastori che vi spostavano le greggi in del Giurassico). La regione
cerca di foraggio. È terra per la quale ogni Comune fissa ancora una riemerge definitivamente. Sul
percentuale da adibire a seminerio (coltivazioni di cereali), a ghianda- vasto altopiano calcareo si
tico, legnatico o pascolo, e stabilisce quali famiglie possano accedere forma una rete idrografica che
alla raccolta (di grano, ghiande, legname) e quale canone debbano dà origine a profonde valli e
pagare. È soprattutto per l’uso di queste terre, inserite in un comples- rilievi calcarei isolati: appunto i
so e parcellizzato sistema di proprietà agraria unico della Barbagia, tacchi. Negli ultimi 7 milioni di
che si sono perpetuate antiche faide, vere e proprie guerre di paese, anni (Plio-pleistocene) l’erosione
fenomeni di abigeato e incendi e, non ultima, la strenua opposizione fluviale e carsica causa
alla creazione di un parco. Il suo funzionamento (vedere a pagina 94) una drastica riduzione dei
prevedrebbe infatti chiarezza e trasparenza sull’utilizzo del suolo. calcari e il riaffioramento
Pratiche (o divieti) di semina e di pascolo, opere di manutenzione de- delle rocce paleozoiche (570-
DOMENICO RUIU
gli ovili, che fermino l’erosione e l’incuria. Oggi una cinquantina di 240 milioni di anni fa). Un
gruppi pastorali piuttosto forti occupano queste terre quasi a loro piacimen- processo che continua sotto i
to e le amministrazioni non riescono a contrastarli”. nostri occhi. (Valerio Agnesi)
BARBAGIA 37
DANIELE PELLEGRINI DONNE DI DÈSULO NEL TIPICO COSTUME
BARBARICINO. IL PAESE SI TROVA NEL
PARCO NAZIONALE DEL GENNARGENTU,
ISTITUITO CON DECRETO MINISTERIALE
NEL 1998 MA DURAMENTE OSTEGGIATO
DALLA POPOLAZIONE LOCALE.
‘‘
prese: la Barbagia di Bitti, segna-
ta dal bastione calcareo del Mon-
te Albo; quelle di Orotelli, di Ol-
lolai e di Belvì. Quest’ultima ri-
La donna, nei periodi di as- sulta caratterizzata dal sistema dei tacchi calcarei (vedere il riquadro nella
senza del pastore, prende tut- pagina precedente) intervallati dalle valli scistose del più ricco bacino
ti i pesi sulle spalle. Un po’ idrografico sardo: al centro c’è il rilievo di Perda ’e Liana, dal quale
diventa il capo, un maschio partono i tre corridoi dell’alto Flumendosa e dei rii Flumineddu e
a metà, va all’orto, innaffia, Pardu. Tra queste valli si estende, infine, la Barbagia Seulo”.
raccoglie le olive. Una sola Diverse Barbagie, stesso habitat e stesse architetture. Qui il lavoro conta-
divenne bandito, a Orgosolo, dino (campi di pochi ettari coltivati a grano, orzo, fagioli, fave, patate,
si chiamava Paska Devaddis. qualche vigna, un po’ di ulivi e, sui pendii più elevati, mandorli) non
(Giuseppe Fiori, 1968) ha lasciato tracce, a parte alcune capanne, rifugio provvisorio quando
piove. Fanno eccezione, nella Barbagia centro-meridionale, Dèsulo e
Fonni, dove il territorio consente la presenza di cereali, castagni, peri
e ciliegi fino a 1.200-1.300 metri; gli orti arrivano a 1.600 e i coltivi re-
cintati (detti “terre chiuse”) s’incastrano nei terreni da pascolo secon-
do una geometria della sussistenza in cui non si spreca neppure un
IL CONTATTO palmo di terra. In prossimità dei villaggi, si trovano siepi e muri a
secco. Gli animali vivono rigorosamente fuori dell’abitato. I cuìles
Wwf, Nuoro, 0784
288016-202953. (ovili) stanno in montagna e svolgono la doppia funzione di riparo
Ad Aritzo: Proloco, per gli animali e per l’uomo. La zona per le pecore è a cielo aperto,
0784 629808; contraddistinta da sa corte (dove vengono chiuse per la mungitura).
Museo etnografico, Nei dintorni s’incontra spesso una chiesetta campestre. Nei paesi le
0784 629223.
A Dèsulo: Proloco, case sono addossate l’una all’altra, sovrastate dal campanile o dalla
0784 619887. sagoma di qualche palazzetto baronale. Colpisce la densità degli abi-
Su Internet: www. tati, in confronto ai vasti spazi spopolati dove si pratica la pastorizia.
parcogennargentu.it: E colpisce anche l’antica (bio)edilizia: le case in granito (di Olzai, Gavoi,
link sui singoli comuni,
ambienti, itinerari. Fonni), con travi e porte in castagno o ginepro, mattoni in terra cruda,
battenti in ferro. Di estrema modernità, buon auspicio per il futuro.
38 BARBAGIA
NURA GHI le radici
NURAGHI le radici
IL NURAGHE SU NURAXI,
ABARÙMINI. PAGINE PRECEDENTI:
IL NURAGHE SANTA SABINA,
NELLE CAMPAGNE DI SILANUS.
T E S T O D I S T E FA N O A R D I T O F O T O D I A N G E L O M E R E U
42 NURAGHI
invito alla visita
Gli altipiani centrali della Sardegna danno la possibilità di fare
PAOLO RONDINI
molte escursioni a piedi, a cavallo o in mountain bike. Attenzio-
ne: spesso orientarsi è difficile perché i sentieri non risultano
evidenti, e la segnaletica non c’è. Non è questo il caso, comun-
que, per l’itinerario da Torralba a Bonorva (a lato): tutto in ter-
reno aperto, non presenta problemi di orientamento. Percorso a
piedi, richiede 4-5 ore. Si parte dal centro di Torralba; imboc-
cata la vecchia statale per Cagliari, dopo circa 1.500 metri si
piega a sinistra, si passa sotto la superstrada, si sale alla chie-
setta di San Giorgio e si scende a visitare il nuraghe Santu
Antine, con quello di Barùmini il maggior esempio di architet-
tura megalitica. Si riparte verso il ben visibile nuraghe Oes, si
attraversa la ferrovia e si continua sull’altopiano, scavalcando i
muri a secco delle tanche, fino al nuraghe Don Furadu. Supe-
rato un ponte si procede a sud senza via obbligata, aggirando a
sinistra lo sperone roccioso che regge il nuraghe Feruledu. ne hanno censiti oltre 8.000. I primi vennero costruiti quasi 4.000 anni fa, IL NURAGHE LOSA, SULL’ALTOPIANO
Una salita nel vallone di Campu de Olta porta a una strada quando l’uomo aveva già eretto nell’isola luoghi di culto e le sepoltu- DI ABBASANTA: CON LA SUA
STRUTTURA A TRE LOBI, È FRA I PIÙ
sterrata, che a sua volta immette su quella asfaltata che provie- re rupestri poi chiamate domus de janas (case delle fate). Altrettanto BELLI E MEGLIO CONSERVATI.
ne da Giave. Seguendo quest’ultima si passa accanto ai carat- primordiali, e affascinanti, sono i santuari a pozzo: come quello pres- A FRONTE: IL NURAGHE MANNU
teristici Tres Nuraghes per salire infine a Bonorva. Il ritorno so Santa Cristina, sull’altopiano di Abbasanta, o Su Tempiesu presso NELL’ENTROTERRA DI CALA
GONONE, DA POCO RESTAURATO.
si può effettuare in treno (le corse utili sono però pochissime). Orune, nel Nuorese. Qui gli antichi Sardi praticavano il culto dell’ac-
qua e celebravano sacrifici. Pozzi e scalinate, chiusi da coperture in
pietra che li riparavano dalle intemperie, stupiscono per stato di con-
servazione ed eleganza.
L’ARCHEOLOGIA
Da quello che sappiamo di loro, i Sardi del Paleolitico e del Neoliti-
co erano dei pacifici agricoltori. Il quadro cambiò con l’arrivo delle
nuove armi di bronzo. Diventati prevalentemente pastori (una carat- Reperti e testimonianze della
teristica destinata a durare nei millenni), gli abitanti dell’isola si diedero a Sardegna nuragica sono
guerricciole e saccheggi su larga scala. “Da allora noi sardi siamo uniti custoditi nei musei archeologici
nell’invidia, e divisi nella pace”, commenta Gavino Ledda, lo scritto- di Torralba ( 079 847298),
re di Sìligo (Sassari) autore di Padre padrone. Ittireddu ( 079 767623),
I costruttori dei nuraghi non erano dediti solo alla guerra. Per cono- Dorgali ( 0784 96113),
scerli meglio, è bene parlare con Giovanni Lilliu, il decano dell’ar- Sardara ( 070 938613) e
cheologia sarda (è nato a Barùmini 87 anni fa) che, oltre a dirigere il Villanovaforru ( 070
memorabile scavo di Su Nuraxi, ha fornito un contributo decisivo alle 9300050). In quest’ultimo
ricerche sui primi abitanti dell’isola. “Prima delle invasioni fenicie, centro merita una visita
puniche e romane, la Sardegna era ricca, legata al resto del mondo me- la bottega di Roberta Cabiddu
diterraneo”, rivela lo studioso. “La sua civiltà aveva molte affinità con ( 070 9300001),
quella della Grecia arcaica. Gli insediamenti nuragici ci hanno dato artista che lavora riproducendo
sculture di pietra e bronzo, vasi, armi raffinate che testimoniano di lo stile e le tecniche
una cultura complessa ed evoluta”. Fiorente dal 1800 fino al 400 a.C., artigiane degli antichi. Da non
la civiltà nuragica era di tipo pastorale, divisa in tribù analoghe a quelle perdere, ovviamente,
dei popoli italici della Penisola: governate da capi eletti, vivevano in i musei archeologici di Cagliari
uno stato di conflittualità permanente. È il succedersi di attacchi e ( 070 655911) e Sassari
scorrerie a spiegare l’impressionante proliferazione dei nuraghi. ( 079 272203). L’elenco dei
Nonostante gli scontri, la Sardegna intorno al 1000 a.C. era aper- musei dell’isola è sul sito
ta e prospera. “Gli scavi hanno dimostrato che i Sardi nuragici sa- www.emmeti.it/Arte/Sardegna.
pevano navigare, e commerciavano con le Baleari, la Grecia e il Me-
NURAGHI 45
APPUNTI DI NATURA
Nelle campagne di Esporlatu, nel Goceano,
c’è un nuraghe dal nome strano: Erismanzanu.
Significa ieri mattina e come mai abbia questo
nome non si sa. La stranezza più evidente di quel
nuraghe sono però i quattro lecci alti 3 metri che
crescono rigogliosi sulla cima della torre. Proprio
il leccio, assieme al lentisco, è uno dei problemi
maggiori per gli studiosi che scavano i nuraghi
perché le sue radici penetrano profondamente
nella struttura in pietre
della costruzione, spesso
in sardo, è uno scinco dal corpo lucido e tozzo
con piccole zampe. Quando il nuraghe ha ancora
la camera interna gli ospiti più usuali sono
i pipistrelli. Ma nel Supramonte, pure i mufloni
cercano a volte riparo nei resti delle torri
nuragiche. Sui terreni umidi sono invece i rospi
a rintanarsi tra le grosse pietre, mentre la
testuggine marginata (Testudo marginata) vi si
ritira nelle ore notturne. (Egidio Trainito)
‘‘
È tutto un popolo a mostrarsi nelle statuine bronzee di Sardegna; dai capi, i re pastori, ai
guerrieri, alle donne dolenti per la morte dei figli in combattimento; dagli umili popolani
contadini e artigiani ai pastori di buoi; dagli eroi ai superstiti delle continue razzie e guer-
riglie. E inoltre animali, domestici e selvatici, modellini di nuraghi, faretrine votive, e tan-
te, tantissime navicelle, segno tangibile di un’abitudine al mare. (Claudio Finzi, 1982)
FRANCO TESTA
sconvolgendone le parti basse. dio Oriente. Calcoliamo che allora
ANCHE ROVERELLE e frassini a l’isola desse da vivere a 200-250.000
volte rendono arduo il lavoro persone: un livello a cui si tornerà
degli archeologi; mai comunque solo nel XV secolo”, prosegue Lil-
CREDITO
come la salsapariglia (Smilax liu. “Come i Greci che si riunivano
aspera), che avvolge i ruderi a Olimpia o a Delfi, i Sardi delle
con le sue fronde intricate e età del Bronzo e del Ferro s’incontra-
spinose. Nemico degli vano in santuari che dovevano gode-
archeologi, questo arbusto (che re di qualche forma di extraterrito-
in Toscana chiamano rialità. La tendenza a vedere nel
GONGILO
stracciabrache) ha però doti (CHALCIDES passato le radici di certi stereotipi
officinali. Il decotto ottenuto OCELLATUS) di chiusura e arretratezza associati
dalle radici essiccate (altri all’isola è un grave errore, in cui gli
adoperano le bacche) è usato storici cadono periodicamente”,
in varie zone dell’isola come sottolinea il professore.
diuretico, per le infiammazioni A mettere termine a questa “età dell’oro” furono, alla fine, le occu-
di reni, fegato e prostata, pazioni straniere. I Fenici, giunti intorno all’XI secolo a.C., si limitaro-
per le dermatiti, e soprattutto no a fondare modesti empori costieri. Invece i Cartaginesi, sbarcati
contro il mal di pancia. nel 535 a.C., cominciarono a conquistare l’interno. “La guerra, lunga e
SE CHIEDETE invece a sanguinosa, spinse i Sardi a ritirarsi nelle zone più impervie e a iso-
un archeologo qual è l’animale larsi dal punto di vista economico e culturale. Una situazione che
che s’incontra più spesso continuò sotto Roma e ancora nel Medioevo”, conclude Lilliu.
nei nuraghi, la risposta Ma il racconto storico e la visita dei musei e dei nuraghi più noti –
arriverà immediata: il gongilo Santu Antine, Losa, Palmavera, Barùmini – non bastano per capire i
(Chalcides ocellatus). Sardi di 3.000 anni fa. Il fascino di queste opere dell’uomo si esprime in
Tilicuccu, tiligugu, ziricuccu pieno nel loro rapporto con gli spazi, i rilievi, la vegetazione dei paesaggi
in cui si elevano. Chi non teme le scarpinate può andare nel Supra-
monte e incamminarsi verso il nuraghe Mereu o il villaggio di Tiscali,
nascosto in una profonda dolina. Ben più comodo è percorrere gli alti-
piani del cuore dell’isola, dove il paesaggio è rimasto quasi immutato
nei millenni. Tra la Valle dei Nuraghi e gli altipiani di Abbasanta e
Campeda, le sughere, il basalto, gli esigui appezzamenti a pascolo
permettono d’immaginare la Sardegna com’era al tempo dei pastori
nuragici. Centinaia di piccoli e grandi ruderi si confondono con le
rocce, spuntano all’improvviso tra asfodeli e ferule. Gli uomini dalle
armi di bronzo sembrano potersi materializzare dal nulla.
PER SAPERNE DI PIÙ Claudio Finzi, Le città sepolte della Sardegna, New-
ton Compton, 1982. Rainer Pauli, Sardegna, Idea Libri, 1990 (il capitolo
sull’archeologia). Stefano Ardito, Sui sentieri della storia, De Agostini,
1992, e A piedi in Sardegna I, Iter, 1993 (per le escursioni tra i nuraghi). ANCORA IL NURAGHE SANTA SABINA. NELL’AREA RESTANO ANCHE UN POZZO CULTUALE E UNA TOMBA.
46 NURAGHI
DOMENICO RUIU
STAGNI COSTIERI
le perle contese
STAGNI COSTIERI
50 STAGNI COSTIERI
COME SONO PROTETTI
Come zone umide d’importanza
internazionale, gli stagni sardi
sono protetti dalla Convenzione di
invito alla visita
Ramsar. La legge Galasso inoltre li
sottopone ai vincoli validi per le Ogni stagno merita la visita, da supera un maneggio e
zone di grande interesse affrontare binocolo alla mano, si devia a sinistra su u-
paesaggistico. La Regione si limita
a definire gli stagni “oasi con due semplici accorgimenti: na sterrata. Si prosegue,
faunistiche” dov’è vietata la caccia scarpe comode (stivali in au- ancora per 1 chilometro
EGIDIO TRAINITO
e a stabilire, come avviene in tunno-inverno) e prodotti anti- e mezzo, fino ad arriva-
mare, periodi di riposo biologico zanzare (in primavera-estate). re alla riva settentriona-
durante i quali è proibito pescare.
Paùli ’e Sali è stato gestito dal A chi ha poco tempo ne consi- le di Paùli ’e Sali. Da
Wwf assieme alla Cooperativa LA PESCHIERA PONTIS, A CABRAS. SULLA SPONDA, I RESTI DI UN RIPARO DI CANNE. gliamo tre, all’insegna della va- qui si avanza, a piedi o
Pontis per due anni, nell’ambito di rietà. Piccoli e di acque salma- in bicicletta, costeggian-
un progetto Life dell’Unione O meglio, in quelle delle cooperative che gestiscono la pesca, e degli stro-dolci Mar ’e Paùli e Paùli do le rive dei due stagni,
PAOLO RONDINI
Europea. Ma l’amministrazione
comunale non ha garantito la abitanti sui quali incombe una sfida: difendere il delicato ecosistema ’e Sali; più grande e salato quel- separati da una lunga e
continuità, com’è accaduto anche di terra e acqua da cui dipende l’economia locale e tramandare una lo di Mistras. Prima di esplo- stretta lingua di terra e
a Paùli Maiori e a s’Ena Arrubia. cultura che è scolpita nel paesaggio. rarli, è bene osservarne i con- basse dune. L’habitat, la
Nel Cagliaritano, la zona
L’ambiente e la storia dello stagno di Cabras, e la gerarchia feudale torni dall’alto della Torre del vegetazione e le nume-
di Molentargius-Saline-Poetto è
inclusa, dal 1989, nelle aree della peschiera, sono stati raccontati con insuperata efficacia da Giuseppe porto di Cabras, da cui si domi- rose specie di uccelli rari
protette regionali. (D. C.) Fiori nel suo Baroni in laguna (Edizioni del Bogino, Cagliari, 1961). A na l’incantevole puzzle di terra, (tra cui il pollo sultano) rendo- spettacolo è offerto dalla vege-
quarant’anni di distanza, lo scenario non è molto cambiato. Stessi ca- acqua e mare dell’Oristanese. no la visita di estremo interesse. tazione di piante resistenti alla
nali, qualche bicicletta che li costeggia, le barche in fila nel porticcio- MAR ’E PAÙLI E PAÙLI ’E SALI. MISTRAS. Da Cabras, passato salsedine (salicornia, giunchi e
lo. I pescatori riposano sulle sedie impagliate, fuori delle case. È cam- Sono entrambi sul lato nord- il canale scolmatore, s’imbocca tamerici), ideale per la nidifica-
biata però l’economia. Nel 1600 le acque erano demaniali, cioè della orientale dello stagno di Ca- sulla sinistra una strada bianca zione di molte specie di uccelli.
Corona spagnola. Finché Filippo IV chiese ingenti prestiti a un geno- bras. Lasciato l’abitato si per- e, all’altezza dell’itticoltura Sa Perfetta per fare birdwatching
vese, Gerolamo Vivaldi, offrendo come garanzia stagni, peschiere e corre l’asfaltata verso Riola per Còcciula Bogài, si svolta a de- la parte nord-occidentale dello
dipendenze di Cabras e Santa Giusta. Nel 1853, gli eredi di Vivaldi circa 1 chilometro e mezzo, si stra. Giunti sulle rive, il primo stagno. (Dario Cossu)
cedettero gli stagni a un barone di Oristano: don Salvatore Carta. Le
36 famiglie di eredi (Carta-Boi-Corrias) sono quelle che si opposero
DOMENICO RUIU
per tutti gli anni Cinquanta all’abolizione dei diritti feudali (in soldo-
ni, pretendere il pagamento di un canone e decidere a chi concedere
il diritto di pesca). “Dal 1982, quando la Regione sottrasse la gestione
ai baroni, pesca e manutenzione vengono affi-
date a cooperative di pescatori”, spiega France-
IL FASSONE sco Meli, detto Caboni (il gallo), presidente della
Nuova Cooperativa Pontis. “Attualmente, a un
In sardo, su fassoi. È la tipica consorzio di 11 società, che dà lavoro a 390 ad-
barca costruita con il fieno palustre, detti. Le acque (40 milioni di metri cubi) forni-
a parte gli scalmi di canna e i sostegni in tamerice, scono 3.000-4.000 quintali di pesce. Il novellame
tradizionalmente utilizzata dai palamitai (pescatori (muggini, spigole, orate, sogliole, anguille) en-
di anguille) che vi trasportavano il palamito (corda tra dal mare, trova nutrimento e cresce senza al-
lunga e fitta di ami) e una fiocina. La struttura cun mangime. Può capitare (l’ultima volta è sta-
è la stessa delle imbarcazioni in uso presso antiche to nel 1999) di vedere i pesci a galla, a pancia in LO STAGNO DI S’ENA
ARRUBIA, DI FRONTE ALLA PINETA
civiltà: quelle egizie di papiro, quelle peruviane su. Il caldo qui ha fatto evaporare l’acqua e DI ARBOREA (ORISTANO).
del lago Titicaca e di Dioca, sul Golfo Persico. marcire la materia organica. Risultato: 2.200 et-
Sotto: l’evoluzione nei secoli, in 4 fasi, di su fassoi. tari di fango puzzolente da spalare dai fondali,
PAOLO RONDINI
1 2 3 4
MOLENTARGIUS E LE SALINE futuro. “Diecimila anni fa Molentargius era già un
IL CONTATTO
centro di produzione del sale, risorsa che è stata
Cagliari è circondata da una sequela di stagni. la ricchezza di Cagliari fino all’Ottocento, quando Molto attiva nella zona
di Cagliari, dove ha una
A nord-ovest, l’ampia laguna di Santa Gilla, ricca lo sviluppo della ‘catena del freddo’ ha ridotto segreteria ( 070
di pesce e meta abituale di folaghe, limicoli, l’importanza del sale come conservante per gli 655230) e un sito Internet
aironi, soprattutto cormorani. Più a sud, le saline di alimenti”, spiega Pira. “Nel Settecento, nel porto (www.apmolentargius.
Macchiareddu, separate dal mare da uno stretto rimanevano stabilmente ancorate 50 navi svedesi sardegna.it), è
l’Associazione pro parco
cordone dunale, ideali per volpoche, avocette e (che trasportavano il sale in Scandinavia dove di Molentargius-
fenicotteri. A est, a ridosso della periferia urbana, veniva usato per conservare aringhe e sardine)”. Saline-Poetto, presieduta
Molentargius e Quartu, tra i più importanti stagni LA PRODUZIONE È CESSATA 17 anni fa e da tale da Vincenzo Tiana.
del Mediterraneo. Qui sono state censite 180 cambiamento sono derivati svantaggi (perdita del
specie avicole e, nei giorni d’intenso movimento lavoro), ma pure opportunità. “Chiusi gli impianti
migratorio, sono state contate 20.000 presenze. (motopompe comprese), il livello dell’acqua scende
“LO STAGNO DI MOLENTARGIUS, fino a non molti anche di decine di centimetri al giorno”, continua
anni fa, veniva percepito come un buco di quella Pira. “Pioggia e scarichi urbani hanno aumentato
grande ciambella che è Cagliari: uno spazio la quota d’acqua dolce e materiale organico, che ha
dai confini incerti, dalla funzione dubbia, colpito favorito l’arrivo dell’avifauna”. Oggi siamo a un
dal degrado e dall’inquinamento. Un intralcio passo dall’istituzione di un parco. Una legge
all’espansione della città”. Perciò, Vincenzo Tiana, trasferirà alla Regione il demanio delle saline. E, con
Stefano Pira e altri studiosi e ambientalisti sardi esso, 120 miliardi per la bonifica. Una parte servirà
hanno fatto due cose. Conoscere il passato di questi all’area protetta per cui l’Associazione pro parco
1.600 ettari di laguna e saline, e progettarne il di Molentargius-Saline-Poetto si batte da anni.
‘‘
“Interventi da attuare con il pieno accordo tra comunità scientifi-
ca, pescatori e protezionisti”, avverte Mena Manca, che allo stagno
ha dedicato il libro I pescatori di Cabras (S’Alvure Edizioni, Orista-
no, 1990). Mentre gli stagni, con i pesci che vi ingrassavano, veni-
...nuvole viventi a- vano tolti dalle mani dei baroni per essere affidati a coloro che ci la-
dombrano il cielo, con- voravano, prendeva sempre più corpo una nuova consapevolezza.
fondendosi roteanti Si è capito, insomma, che il valore complessivo di questi specchi
nell’aria: è il carneva- d’acqua non si può limitare a puro fatturato: che è fatto anche di ele-
le degli acquatici... menti naturali, flora e fauna, ed estetici. E che, in quanto tale, appartie-
(Ettore Arrigoni degli ne a tutta la collettività. “Ridurre il numero dei cormorani (oltre CAGLIARI VISTA DALLE SALINE
Oddi, 1901) 10.000 esemplari) che saccheggiano le peschiere (un problema irri- DI SANTA GILLA DOVE, DAL 1993,
NIDIFICANO I FENICOTTERI ROSA.
solto), proteggere i canneti, monitorare temperatura e salinità delle NELLA PAGINA A FRONTE: UN AIRONE
acque sono un impegno globale”, sottolinea Mena Manca. “Se un SOSTA NELLO STAGNO DI CABRAS.
ENRICO PINNA
aspetto della vita degli stagni entra in crisi, s’incrina l’intero siste-
ma economico-ecologico”. E allora, addio pesca, addio turismo, ad-
dio tutto. Tornerebbero i tempi dei baroni in laguna.
MINIERE
cuore di tenebre
‘‘
MINIERE
cuore di tenebre
‘‘
“Bisogna scendere. Sottoterra. All’imbocco del pozzo si lasciano il sole e le nuvole.
Si lasciano la moglie e i figli. Solo Dio, forse, ci si porta appresso nella parte più in-
tima di noi se anch’Egli non ci abbandona laggiù fuggendo la materia più profonda.
Nel terribile mondo della roccia e del buio sopravvivono solo uomini di roccia e di
TESTO DI METELLO VENÈ FOTO DI VITTORIO GIANNELLA
buio che hanno necessità di dimenticare la coscienza di essere uomini”.
(Manlio Massole, minatore e poeta, 1993)
Manlio, che là dentro ha sputato l’anima, ha pianto e ha perso
più di un amico, dice che la miniera è un’assurdità. “Un mo-
numento al vuoto, un edificio a rovescio: invece di aggiungere
58 MINIERE MINIERE 59
cato che, tra cavilli burocratici e ritardi legislativi APPUNTI DI NATURA questa cavità è considerata fra le
(ed è storia di questi giorni), tutto è ancora sulla più antiche del mondo: le
carta. Compresa la “riconversione” di ex addetti È una mattina di aprile del 1952. dimensioni dei colonnati calcarei
al settore estrattivo in attività “socialmente utili” Francesco Salis, 25 anni, mineralizzati a piombo e zinco
(turismo in loco, bonifica del territorio). Così, da professione minatore, infila dei che la contraddistinguono, e
un lato vedi gioielli di archeologia industriale in piedi candelotti di esplosivo in un soprattutto l’esclusiva presenza di
per miracolo; dall’altro incontri uomini e donne tratto di parete della miniera di cristalli di barite (solfato di bario)
che reclamano un futuro, e lo fanno nel classico San Giovanni, a 5 chilometri da a nido d’ape, hanno permesso
stile del minatore disoccupato: occupando. Come Iglesias. L’attesa. Lo scoppio. E la di datarne l’origine a oltre 500
Rosina Carta, di anni 88, che nel giugno scorso si meraviglia: quando il polverone milioni di anni fa. Nel corso
è autoreclusa nei cunicoli di Porto Flavia, dove si dirada, al di là del muro “si dell’esplorazione, il visitatore
da piccola seguiva il padre cavatore, a capo di un scorse il paradiso”. Fu scoperta resta colpito dalle straordinarie
SOPRA: IL POZZO DI ESTRAZIONE SANTA gruppetto di donne. O come Giampiero Pinna, 50 anni, già presi- così, per puro caso, durante il duro lavoro forme di alcune concrezioni: le “canne d’organo”,
BARBARA; È IL “GIOIELLO” DELLA dente dell’Ente minerario sardo (adesso in liquidazione) e consi- di un pugno di operai, una delle cavità carsiche incredibile cascata calcarea; le “orecchie d’elefante”,
MINIERA DI SAN GIORGIO. IN BASSO,
A DESTRA: LE “MONTAGNE ROSSE”, gliere regionale diessino, paladino degli “uomini di pietra”: nel no- più antiche e affascinanti della Sardegna: la stalattiti che sembrano sfoglie; la cosiddetta
DEPOSITI DI SCORIE PRESSO MONTEPONI. vembre 2000 ha lasciato il suo ufficio di Cagliari per scendere nelle grotta di Santa Barbara (qui sopra; vedere anche “ballerina”, che il tempo ha modellato a forma di
gallerie di Monteponi, a Iglesias, dove al momento in cui scriviamo Airone Sardegna, maggio 1994). bambola. Per il momento, l’accesso a Santa Barbara
è tuttora asserragliato con 400 fedelissimi. Costituita da un grande salone ovoidale (50 metri avviene sempre attraverso il “buco” aperto
In attesa che il parco decolli, l’agenda dell’Igea (l’istituto di ripri- di larghezza, 70 di lunghezza e 25 di altezza; dal minatore Salis, ed è quindi vietato ai turisti.
stino ambientale nato dalle costole dell’ente minerario) è fitta d’im- potrebbe contenere un palazzo di quattro piani) e da Nel progetti del parco geominerario, tuttavia,
pegni. Occorrono molti soldi (circa 2.000 miliardi preventivati), e il un canalone inferiore che finisce in un laghetto, rientra pure uno studio per una sua futura fruibilità.
tempo stringe. Dagli anni Cin-
COME SONO PROTETTE
quanta, quando cominciò il len-
to e graduale abbandono delle
Dal 1997, le aree miniere perché era venuta meno
minerarie sarde sono
sotto l’egida la convenienza alla “coltivazio-
dell’Unesco, che ne”, il degrado ha fatto passi da
nell’ambito della nuova gigante. L’acqua è risalita dalle
rete mondiale dei falde freatiche, allagando e dan-
geositi-geoparchi ha
istituito il Parco neggiando gli impianti. Ruggi-
geominerario storico e ne e salinità hanno corroso i pa-
ambientale della lazzi delle direzioni, le falegna-
Sardegna, promosso merie, i pozzi, gli eleganti archi
dalla Regione e
dall’Emsa (Ente ottocenteschi delle laverie.
minerario sardo). Per le strutture che rischiava-
Il territorio dell’isola è no il crollo, come la straordina-
stato diviso in 8 aree; la
ria laveria Lamarmora di Nebi-
principale (65 per cento
del parco) è quella da (foto a pagina 59) e il capola-
del Sulcis-Iglesiente- voro d’ingegneria Porto Flavia
Guspinese. L’intento è (vedere il riquadro a pagina 62),
di conservare e
sono già stati effettuati corposi
valorizzare il patrimonio
architettonico delle lavori di restauro. Altre stanno
miniere dismesse, aspettando il restyling. E presto
aprendole al turismo e partiranno dei veri e propri progetti
impiegando gli ex
minatori e i loro familiari di “destinazione archeologica”: a
in attività “socialmente Montevecchio, vicino alla citta-
utili”. L’area comprende dina di Guspini, il sindaco Tar-
anche due parchi cisio Agus preannuncia la “mes-
naturali: Monte Linas-
Marganai (a nord-est sa a punto di un percorso sotter-
di Iglesias, 22.000 raneo completo, attraverso la
ettari) e Sulcis (tra miniera, lungo 800 metri”.
Carbonia e Cagliari, Così, insomma, verrà valoriz-
68.868 ettari).
(segue a pagina 64)
60 MINIERE MINIERE 61
1
PAOLO RONDINI
4
62 MINIERE MINIERE 63
invito alla visita (133 metri). All’altezza delle ul-
time case di Masua ha inizio u-
no stradone in salita che porta
L’“anello” Iglesias-Fluminimag- dopo circa 8 chilometri si arri- al villaggio minerario di Mon-
giore-Iglesias (circa 100 chilo- va alla miniera di Nebida, nel tecani. Continuando ancora, si
metri) è sicuramente la via più cuore del golfo di Gonnesa: da ridiscende verso la costa; la-
indicata per esplorare il parco non perdere la discesa (400 sca- sciata sulla destra la miniera di
geominerario. Gran parte del lini) alla splendida laveria La- Acquaresi, a sinistra s’imbocca
percorso è asfaltata e si può ef- marmora, costruita nel 1897 e una stradina per l’incantevole
fettuare in auto; una mountain ristrutturata. Procedendo sul- Cala Domestica, ideale per un
bike a bordo è comunque auspi- l’asfalto si giunge alla miniera tuffo e un po’ di sole. Più avan-
cabile, per affrontare gli sterra- di Masua: ne fa parte l’impian- ti, si arriva a Buggerru (lave-
ti più stretti nei pressi degli im- to di Porto Flavia (vedere il ri- ria di Malfidano) e si procede
pianti. Prima di lasciare Igle- quadro a pagina 62). Proprio lungo la bellissima spiaggia di
sias, vale la pena fare una visi- di fronte alla costa, si staglia Portixeddu. Ripiegando all’in-
ta ai reperti intorno alla città: il il caratteristico scoglio calca- terno, s’incontra un bivio: a si-
villaggio abbandonato di Sed- reo chiamato Pan di Zucchero nistra si va alle miniere di In-
das Moddizzis (strada per Car- gurtosu e Montevecchio, a de-
PAOLO RONDINI
bonia, grande sterrata a sini- stra si passa Fluminimaggiore.
stra all’altezza del cavalcavia La strada che prosegue per I-
della statale 126); nei pressi, il glesias (la statale 126) offre in-
pozzo Santa Barbara della mi- teressanti deviazioni verso la
niera San Giorgio, le minie- grotta di Su Mannau (lunga 7
re di San Giovanni e di chilometri), il tempio punico
Monteponi. Seguendo poi romano di Antas e le cosiddette
le indicazioni per il mare, “miniere montane”.
64 MINIERE
LA COSTA
DOMENICO RUIU
dove volano i grifoni
LA COSTA
LE BIANCHE SCOGLIERE
VITTORIO GIANNELLA
DI CAPO CACCIA. NELLE PAGINE
PRECEDENTI: LA COSTIERA DI
BOSA OSPITA L’ULTIMA COLONIA
D I S T E FA N O A R D I T O
‘‘
pramonte di Oliena. Oggi sono allo studio alcuni progetti di rein-
DOVE SI TROVA
L’ultima roccaforte
del grifone sardo è la costa
nord-occidentale dell’isola,
tra Bosa e Capo Caccia.
La si raggiunge in pochi
chilometri da Porto Torres
(dove arrivano i traghetti da
Genova) e in circa 150
da Olbia. Da Cagliari, si segue
la statale 131 Carlo Felice
troduzione. Le uniche colonie
autoctone, però, nidificano nel
nord-ovest della Sardegna, sui
calcari di Capo Caccia e sulle
scure falesie di basalto che do-
minano l’estuario del Temo.
Distanti in linea d’aria una
cinquantina di chilometri, questi
due ambienti hanno paesaggi
piuttosto diversi tra loro, anche
se uniti – oltre che dalla conti-
guità geografica e dall’icona del
grifone – dalla bellezza, dalla vi-
La roccia è coperta di
‘‘
macchie e cespugli bassi,
il colore sembra scarso
giacché il nero domina
con il grigio: ma quel ne-
ro, quel grigio diventano
colori di straordinaria
intensità sotto quel cielo
e quelle nuvole attizzati
senza posa dal vento.
fino a Macomer, e qui si cinanza del mare, dalla forza del (Guido Piovene, 1961)
devia verso Bosa. Si può anche maestrale che spazza le alture
utilizzare il vicinissimo della Nurra con una violenza
aeroporto di Alghero-Fertilia. sconosciuta al resto della regio-
ne. Tra i due sorge Alghero, cuore della Sardegna catalana e città più
bella dell’isola (vedere il riquadro a pagina 70).
Verso nord, i bianchissimi calcari di Capo Caccia formano il promonto-
rio più spettacolare di tutta la Sardegna, e offrono il più tipico dei
paesaggi costieri mediterranei. Poco ripido a oriente, dove pendii ri-
vestiti di fitta macchia scendono in direzione dell’insenatura di Porto
Conte, il capo presenta un aspetto prettamente dolomitico in direzio-
ne del mare aperto, dove le scogliere verticali si allungano per chilo-
COME È PROTETTA
Anche se non figura sugli elenchi ufficiali, l’Arca di Noè (4.000 ettari) è una delle più importanti aree protette della
Sardegna, ed è formalmente compresa dal 1999 nel Parco regionale di Porto Conte (5.200 ettari)
che è però assolutamente inesistente sul terreno. Non c’è traccia nemmeno delle riserve naturali di Capo Caccia (2.515
ettari) e della Valle del Temo (4.699 ettari), previste dalla legge regionale n. 31 del 1989.
La legge nazionale n. 979 del 1982 ha previsto l’istituzione della Riserva marina di Capo Caccia-Isola Piana.
GIANMARIO MARRAS
ECHI DI CATALOGNA
invito alla visita
PAOLO RONDINI
I turisti arrivati ad Alghero
possono credere di aver sbagliato
paese. Nei cartelli stradali le La strada che collega in 63 chilometri Bosa con
vie si chiamano carrer, le piazze Capo Caccia è una delle più panoramiche della
plaça, le porte portal. Anche Sardegna, e permette di osservare con calma la
il dialetto della città che i suoi costa. Lasciata Bosa (meritano una visita il ca-
abitanti chiamano L’Alguèr stello e la chiesa di San Pietro extra Muros) il punti di particolare
non è il Logudorese parlato nel tracciato sale fino a un piccolo valico, poi scen- interesse dell’itinerario
resto della provincia di de in direzione del mare. Questa è la zona dov’è
Sassari, ma una forma arcaica più facile avvistare i grifoni. Poco più avanti,
di catalano: la lingua merita una deviazione a piedi la ben visibile
di Barcellona e delle Baleari. Torre Argentina, che si raggiunge prendendo
Tra le comunità “straniere” Santa Maria, e nelle poderose metri, sfiorando i 300 metri di al- un’evidente carrareccia. Poi la strada si alza di
immigrate a partire dal fortificazioni (qui sopra, tezza. Queste rocce hanno attirato nuovo fino alle pendici di Monte Mannu: alcuni
Medioevo in Sardegna (liguri a i bastioni) scandite dalle torri l’attenzione di grandi nomi dell’al- slarghi consentono di posteggiare per ammirare
Carloforte, ponzesi a Cala di San Giovanni, degli Ebrei pinismo come Cesare Maestri, A- dall’alto i canaloni e le scogliere di Capo Ma-
Gonone, còrsi alla Maddalena), e de l’Esperò Reial (lo Sperone lessandro Gogna e Manolo. rargiu. Un lungo tratto solitario ma meno spet- di Tramariglio si trova l’in-
quella dei catalani di Alghero Reale). L’integrazione fra Dal piazzale dove termina la stra- tacolare conduce alla spiaggia di Cala Griecas e gresso dell’Arca di Noè. La suc-
è la più consistente. A far catalani e sardi è iniziata nel da asfaltata, i 656 gradini della E- all’inizio del litorale di Alghero. La zona è otti- cessiva salita porta al piazzale del Bel-
traversare loro il mare, dal 1708 con la fine della scala del Cabiròl (la scala del ca- ma per fare un bagno. Oltrepassata la città, la vedere, affacciato sull’Isola Foradada, da cui
1355, furono gli Aragonesi che dominazione spagnola, e si è priolo, in catalano) conducono alla visita del nuraghe Palmavera precede l’arrivo a comincia il sentiero (un’ora e mezzo tra andata e
avevano conquistato da poco progressivamente consolidata. Grotta di Nettuno, che si apre al li- Porto Conte, una delle insenature più belle della ritorno) per la torre della Pegna. La strada ter-
l’isola. Scopo dichiarato, “tenir Parlare di contrapposizione tra vello del mare e contende a quella Sardegna. Imboccando la strada per Santa Ma- mina al piazzale di Capo Caccia da dove parte
apretada e sotmesa la naciò i due gruppi, oggi, sarebbe del Bue Marino il titolo di principa- ria La Palma e Sassari si possono raggiungere la Escala del Cabiròl. L’estremità del promonto-
sarda”. Per un secolo, come i sbagliato e fuorviante. Non c’è le “grotta turistica” dell’isola. Al- Porto Ferro e il lago di Baratz. Accanto al borgo rio è un’area militare e chiusa al pubblico.
neri nella Johannesburg prima dubbio, però, che la gente l’interno, dove una lapide ricorda
di Mandela, i sardi furono de L’Alguèr conservi uno stretto le visite di re Carlo Alberto, si tro-
ammessi in città solo dall’alba rapporto con Barcellona e la vano un lago dalle acque trasparen-
IL PITTORESCO CENTRO STORICO
al tramonto. Per lavorare. Catalogna, e che Alghero e ti, ampi saloni e imponenti forma- DI BOSA, AFFACCIATO SUL TEMO
La ricchezza e l’importanza Sassari – che pure distano solo zioni di stalattiti (la più vistosa è la E DOMINATO DAL CASTELLO.
militare della Alghero catalana 35 chilometri – non si amino cosiddetta “Reggia”).
si manifestano ora nel gotico troppo. I sassaresi, per andare Ancora più a nord, oltre la torre
della chiesa di San Francesco, al mare, preferiscono puntare cinquecentesca della Pegna che se-
del suo chiostro e del Duomo di verso Stintino e Castelsardo. gna con i suoi 271 metri il punto più
elevato del promontorio, un vasto
pianoro ondulato è il cuore dell’Arca
di Noè, la riserva di 4.000 ettari gestita dall’Azienda forestale regiona-
NEVIO DOZ (2)
FULVUS) lentisco e di olivastro. Il pascolo è brado, così dei campi. Quando il maestrale
capita spesso che un capo vada a male. Della sua soffia e il cielo appare corruccia-
presenza si accorgeranno per primi i corvi to, è facile immaginare di essere
imperiali e le cornacchie grigie. Poi sarà il turno in Cornovaglia o in Irlanda.
della volpe. Infine arriveranno loro, i grifoni. Tra Cala Griecas, Capo Marar-
I rapaci si alzano nella tarda mattinata, quando giu, Torre Argentina e Bosa, si
l’aria riscaldata dal sole offre le correnti viaggia lungamente senza in-
ascensionali che li sostengono senza fatica. contrare tracce di presenza uma-
na. Qui, al contrario che a Capo
Caccia, il grifone gode di ottima salute. Lo confermano le strisce bian- SOLO POCHI ALBERI RIESCONO
che degli escrementi che macchiano la roccia e segnalano che ci sono A RESISTERE ALLA FORZA DEL
LA COSTA A NORD DI BOSA (SI VENTO, COME QUESTO LECCIO
RICONOSCE TORRE ARGENTINA) dei nidi, fatti con rami, frasche e asfodeli sulle pareti di Badde Orca e SCARNIFICATO DAL MAESTRALE
BATTUTA DALLA MAREGGIATA. del Monte Pittada. Ogni giorno gli avvoltoi si lanciano in volo verso la SUI PENDII DEL MONTE MANNU.
strada costiera, sorvolano Bosa e la foce del Temo, prendono quota
con larghi centri concentrici. Quindi virano decisamente a oriente, e
puntano verso i pascoli degli altipiani dell’entroterra. Lì trovano le
carcasse di pecore e capre di cui hanno bisogno per nutrirsi.
“Anche quest’anno è andata bene”, sorride Saverio Biddau, la
guida naturalistica di Bosa che condivide con l’amico Antonello Cos-
su il difficile ruolo di guardiano dei grifoni. “All’ottantina di adulti che han-
no costruito i loro nidi sulla costa si sono aggiunti una dozzina di pic-
IL CONTATTO
coli che hanno preso il volo a primavera. Pure stavolta birdwatcher,
escursionisti e fotografi sono stati attenti. Se ci si apposta come si de-
ve, e si conoscono i luoghi, i grifoni adulti possono essere osservati Per vedere i grifoni, conviene
senza problemi. Avvicinarsi ai nidi nel periodo della cova, invece, può affidarsi alle guide Saverio Biddau
( 0347 7691333) e Antonello
provocare la fuga dei genitori e la morte per fame dei piccoli”. Cossu ( 0347 5482718).
“Ho iniziato a fotografare i grifoni trent’anni fa, tra le rocce del Su- Informazioni sull’Arca di Noè si
pramonte. Poi la diminuzione delle pecore e dei pastori li ha cacciati possono richiedere all’Ispettorato
delle Foreste di Sassari ( 079
dalle montagne dell’interno. Ora vengo a cercarli qui, sul litorale di
2088940). La Cooperativa
Bosa, dove gli avvoltoi sembrano destinati a durare”, spiega Domeni- Dulcamara ( 079 999197)
co Ruiu, il più noto fotografo di animali dell’isola. Chissà se un gior- raggruppa una dozzina di aziende
no, anziché dirigersi nell’entroterra, qualche giovane grifone nato agrituristiche della Nurra.
sulle falesie di Bosa spiccherà il volo per ritornare a Capo Caccia.
TANCHE
i muri
dell’arraffa-arraffa
TANCHE
i muri dell’arraffa-arraffa
DI ALBANO MARCARINI
‘‘
‘‘
giornali. Giorno dopo giorno, la pila aumenta. Sotto, spunta-
no i lembi delle copie vecchie di mesi. Gli angoli sono un po’
effetti di questa progressiva in- zione autonoma delle comunità. I lotti lunghi e stretti del vidazzone erano
Questo genere di paesaggio voluzione “archeologia del pae- sorteggiati tutti gli anni tra i capifamiglia. Si gettava il seme in una
si può ancora incontrare saggio”. Non si limitano a cerca- delle due “regioni” lasciando l’altra a riposo, ripasciuta per 12 mesi
in alcune parti degli altipiani re le ultime tracce dei paesaggi dal pascolo degli ovini. “Ci fu un tempo, non molto lontano”, sintetiz-
centro-settentrionali del passato, ma tentano anche di za lo scrittore Salvatore Cambosu in Miele amaro, “in cui la terra era
dell’isola. Le zone di più fitto ricostruirne le vicende, scorren- aperta come un mare, dove pastori e contadini affrontavano le stagio-
impianto sono l’altopiano do la pila dall’alto verso il basso. ni, godendola sotto consuetudinarie intese, e spartizioni rotatorie: in LEGENDA
di Abbasanta, il Meilogu e la Se dovessimo applicare tale me- una specie di comunismo rurale”. Riservate alle vigne, agli orti, agli 1 il reticolo delle tanche nella
Campeda, il bordo della todo alla Sardegna, l’area mag- uliveti che cingevano da vicino il villaggio, le tanche avevano una di- campagna di Abbasanta:
Planargia. Ciò non toglie, giormente indicata sarebbe quel- stribuzione più limitata; gli unici latifondi riguardavano le terre più
allontanandosi dal centro abitato,
comunque, che il reticolo la degli altipiani centro-settentrionali lontane e accidentate, dominio assoluto dei pastori transumanti.
aumenta l’estensione degli
delle tanche persista anche e gli oggetti di studio la tanca e il Questo prevalente sistema dell’uso collettivo delle terre superò usur-
in altre zone – come nel vidazzone: due reliquati di pae- pazioni feudali, aggressioni coloniche esterne e ogni altro tentativo di appezzamenti cintati. I punti rossi
Nuorese –, seppure in forma saggio, di forma e struttura di- spoliazione arrivando intatto alle soglie dell’Ottocento. Il suo improv- indicano i nuraghi.
frammentata e degradata. versissime, ma decisivi per la viso scardinamento avvenne con la legge delle Chiudende, emanata il 6
2 ricostruzione del vidazzone nei
SOPRA E A FRONTE: TANCHE A RIPOSO storia della Sardegna rurale. ottobre 1820 da Vittorio Emanuele I. Il provvedimento, sostenuto taci-
E COLTIVATE SULL’ALTOPIANO DI pressi di Muravera. Le terre, di
Per i non sardi questi termini tamente dai pochi grandi possidenti e, in buona fede, da chi pensava
ABBASANTA, NELL’ORISTANESE. NELLE
suonano forse oscuri. Ci soccorre che lo sviluppo della proprietà privata fosse uno strumento di pro- proprietà comune e sorteggiate
PAGINE PRECEDENTI: SANTA MARIA
ISCALAS A COSSOINE, NELLA CAMPEDA. l’agronomo Francesco Gemelli gresso, diede facoltà ai Comuni di frazionare il loro demanio, ven- ogni anno, erano in parte lasciate
che, intorno al 1776, scrive: “Le
a pascolo e in parte coltivate.
tanche, così appellate dal sardo ‘tancare’, cioè chiudere, sono terreni
● ●
serrati di siepe, o di muro. Intendo invece vidazzoni le terre divise ab strade asfaltate seminativo
PAOLO RONDINI (2)
● ●
●
antiquo con una linea ideale in due o più regioni, una d’esse ogni an- ● sentieri bordati pascolo
no destinasi alla seminagione, restando l’altra all’uso del pascolare”. ● da muri
●●
muri a secco
Due modi di definire lo spazio rurale, chiuso o aperto a seconda del tipo ●
di conduzione: privata, o “particolare”, nella tanca; pubblica e collet- ● ● ●
● ●
tiva nel vidazzone. Quest’ultimo è una corruzione del termine habita- ●
● ●
cione: lo riporta la Carta de Logu, atto amministrativo della fine del ● ●
● ● ●
XIV secolo relativo ai terreni esclusivi di una data comunità.
●
●
Sin da epoca remota, infatti, ogni villaggio aveva terre di sua perti-
1 2
76 TANCHE
APPUNTI DI NATURA piuma, lungo solo 4 cm (coda dendolo, affittandolo o addirit-
esclusa). Pure il tarantolino tura regalandolo a privati. Il mu-
Probabilmente nessuno saprà (Phyllodactylus europaeus) di ro o la siepe servirono per circo-
mai quanti chilometri di giorno si nasconde nei pertugi scrivere e difendere i nuovi di-
muretti a secco percorrano le delle tanche: geco di abitudini ritti acquisiti. E vennero dei mo-
campagne, le colline e gli unicamente notturne, è tipico menti in cui il muro fu il riparo die-
altipiani rocciosi dell’entroterra delle isole del Tirreno e si tro al quale asserragliarsi armati,
sardo. Incredibile per distingue dagli altri gechi per il perché, come si può intuire, si
estensione, questo ambiente colore scuro, le punte delle verificarono abusi di ogni gene-
EGIDIO TRAINITO
artificiale è stato evidentemente dita allargate e la coda rigonfia, re, aggravati dalla mancanza di UNA DELLE ROCCE VULCANICHE
apprezzato da una quando, come spesso accade, qualsiasi censo o catasto. SPARSE NELLA CAMPAGNA
moltitudine di piccoli animali: è rigenerata. (Egidio Trainito) La legge non diede i risultati DI GIAVE, NEL LOGUDORO.
rettili, uccelli e mammiferi ci dichiarati. I contadini non ave-
vivono dentro, vi si riproducono vano i capitali per sfruttare i fon-
e vi trovano rifugio. di; molti non furono neppure in
invito alla visita zamenti agricoli testimoniano
NEVIO DOZ
L’UCCELLO più caratteristico è grado di realizzare le chiusure, le successive divisioni di pro-
l’upupa, inconfondibile indispensabili per legittimare le prietà che hanno scomposto il
per il volo sfarfallante, che proprietà. Per i possidenti e per Circondata da muretti di pietra, caniche sparse nella campagna. paesaggio sardo. Tornati sulla
depone le uova e alleva quanti godevano di una certa lei stessa tutta in pietra, la chie- Da qui a Bonorva (visitare il strada principale, il giro finisce
i figli nelle nicchie tra i sassi. autorità fu gioco facile incamera- sa di Santa Maria Iscalas do- museo archeologico) e poi, con a Sant’Andrea Prius, la cui
Non occorre il suo andirivieni re a prezzi irrisori ciò che i più mina la campagna di Cossoine, una deviazione, al paese-fanta- necropoli con le Domus de Ja-
a segnalare la presenza del miseri non potevano mantenere. circa 40 km a sud di Sassari. Da sma di Rebeccu: un pugno di nas (tombe ipogee scavate nella
nido, basta usare l’olfatto: Si diffuse un detto, valido evi- qui può partire un giro – in bici- vicoli stretti e vecchie case in trachite) è uno dei siti archeolo-
il suo odore forte e acre non dentemente per pochi: “Qui hat cletta o in auto – che, cercando pietra abbandonate. Nella pia- gici più importanti e forse me-
può passare inosservato. tanca hat banca” (Chi ha tanca ha ciò che resta del sistema delle na sottostante, decine di appez- no noti della Sardegna. (E. T.)
A minacciare il nido dell’upupa “tavola”, ossia è benestante). tanche, porta a scoprire un pae-
ci pensa un altro inquilino Così, l’immobilismo e l’arretratez- saggio rurale di rara suggestio-
PAOLO RONDINI
dei muretti a secco: la donnola. za che si volevano combattere di- ne. Da Santa Maria Iscalas si
Piccola e furtiva, trova ventarono invece prassi comune va a imboccare verso nord la
anch’essa rifugio tra le pietre, e nel chiuso orizzonte della tan- Carlo Felice (principale arteria
dove spesso sceglie anfratti ca si retrocedette spesso all’in- dell’isola) fino a Giave, dove si
grandi abbastanza per farne la colto o al pascolo brado. Infinite possono vedere i pinnetti, pic-
propria tana e partorire. le ricadute negative: il riaprirsi coli edifici rustici coperti in pie-
BIACCHI E LUCERTOLE escono dell’atavico astio con i pastori tra quasi a imitare le rocce vul-
dai loro nascondigli quando PIETRE IN EQUILIBRIO APPARENTEMENTE (costretti a pagare per accedere
la temperatura sale. Il PRECARIO NEL MURO DI UNA TANCA ai pascoli chiusi), la discontinua
SULL’ALTOPIANO DI ABBASANTA. NELLA
rettile più particolare che si può PIANURA, DOVE NON C’ERA PIETRA, vocazione colturale e la polve-
incontrare sui muretti a secco LE TANCHE ERANO DELIMITATE DA SIEPI. rizzazione (attraverso le eredità)
dell’isola è però l’algiroide dei fondi, la nascita di un prole-
nano (Algyroides fitzingeri). tariato alla mercé dei padroni. Nel 1860 il Nuorese fu teatro di una ria, dell’immensa trama petrosa restano solo alcuni brani. A guardarli non
Endemico di Sardegna sommossa popolare (detta del Su connottu, “il conosciuto”) che riven- rendono la dimensione del fenomeno, però forse bastano a spiegarlo.
e Corsica, è davvero un peso dicava il ripristino delle antiche consuetudini, ritenute più eque. Bisogna tuttavia salire l’altopiano di Abbasanta, aggirarsi per le cam-
Ma la conseguenza più visibile fu la trasformazione di migliaia di ettari pagne di Borutta nella zona del Meilogu, scandagliare la Campeda
di campagne aperte in una frastagliata maglia di campi cintati. Vennero im- fra Macomer e Bonorva. Lì, forse, di fronte all’avida pretesa di un
pilati miliardi di pietre per centinaia di chilometri, a volte per peri- possesso mai scritto sulle carte, anche se fisicamente tracciato sulla
MASSIMO DEMMA
metrare proprietà d’infime dimensioni. Se in pianura, non disponen- terra, si possono capire le crude parole di un vecchio ritornello sardo:
do di pietre, le tanche si dividevano con le siepi, negli altipiani la “Tancas serradas a muru/fattas a s’afferra-afferra/si s’ifferru esseret terra/si
presenza dei muri diventò ossessiva. Ne furono assoggettati i tavola- haìan serradu puru” (Tanche cinte da muro/frutto dell’arraffa-arraf-
ti vulcanici centro-occidentali, il Nuorese, le colline dell’Anglona, del fa/se all’inferno ci fosse terra/avrebbero recintato pure quella).
Logudoro e del Sassarese. Ne rimasero esenti la Barbagia e il Gerrei, PER SAPERNE DI PIÙ M. Le Lannou, Pastori e contadini di Sardegna, Edi-
terre a prevalenza pastorale, e le pianure meridionali. zioni della Torre, Cagliari, 1992. A. Terrosu Asole, “I paesaggi d’alti-
UPUPA Dopo le riforme fondiarie del dopoguerra, le ricomposizioni e la piano e il mondo pastorale”, in La Sardegna, vol. I, Edizioni della Tor-
(UPUPA EPOPS) mai troppo deprecata disattenzione verso questi segni della memo- re, 1982. L. Del Piano, La sollevazione delle Chiudende, Cagliari, 1971.
78 TANCHE TANCHE 79
VITTORIO GIANNELLA
PISCINAS
il nostro Sahara
VITTORIO GIANNELLA
PISCINAS
il nostro Sahara
DI METELLO VENÈ
‘‘ ‘‘
ca. E lo trova: fuggito da tutto e da tutti, indovinate un po’ dove? “In
NELLA PAGINA A FRONTE: LO
SPARTO (AMMOPHILA LITTORALIS), verità, pensavo di farlo finire in Maremma. Ma un paio di giorni a Pi-
PIANTA TIPICA DI QUESTI AMBIENTI, scinas sono bastati a farmi cambiare idea: il luogo ideale per esiliarsi
CONSOLIDA LE DUNE. PAGINE
dalla realtà non poteva essere che qui”.
PRECEDENTI: LA MOLE DELLE DUNE,
ALTE FINO A 60 METRI, SI STAGLIA E già lo immagini, mentre pensa, e scrive, e arranca sugli immensi Angela era tesa a un solo obiettivo: scorgere la striscia azzurra del mare, sotto il globo ros-
SUL VERDE DELL’ENTROTERRA. pendii sabbiosi, ed entra in un mondo “che ti accoglie e ti parla”. Il so del sole che si avviava al tramonto. E di lì a poco, finalmente, si rese conto di essere al
fustigatore dei piani alti del Pa- primo traguardo del suo viaggio: una calma distesa d’acqua, di un bel grigio lucente, e at-
lazzo che cede ai piani alti della torno la perfezione delle dune, macchiate di arbusti verde scuro, mentre la sabbia le sembrò
Costa Verde, “le dune come regine una crema spalmata dovunque, di colore identico a quello del cappuccino con la panna.
COME ÈPROTETTA che mostrano al mare le loro corone Ma qualche istante dopo, Angela fece la prima delle tante scoperte che il mondo di Pisci-
L’area delle dune fa parte della Riserva naturale del Monte Arcuentu di ginepro”. Il cronista di razza nas teneva in serbo per lei: le dune possedevano mille facce, e le esibivano una dopo l’altra
e Rio Piscinas, che si estende per 10.972 ettari; che si appassiona, e, pur riba- in un batter d’occhio, per ordine del sole e del cielo. Difatti, nell’avvicinarsi all’albergo, la
a sud confina con la Riserva naturale di Capo Pecora, promontorio
tufaceo (con imponenti cordoni di dune) di 1.659 ettari. dendo “non sono un ecologo”, sabbia le parve già più scura, quasi marrone, la pelle liscia di un enorme e pacifico anima-
Nel cuore del piccolo Sahara sardo, l’antico deposito minerario trascorre le serate a documentar- le, sdraiato ventre a terra per scrutare il mare. (Giampaolo Pansa, 1998)
collegato alla miniera di Ingurtosu, oggi trasformato si nella piccola biblioteca del-
in un alberghetto, è stato dichiarato monumento nazionale l’Hotel Le Dune, l’alberghetto ex
(1985) dal ministero dei Beni Culturali
per il suo particolare interesse storico e artistico. deposito che da queste parti è
un esempio di come archeologia
82 PISCINAS
DANIELE PELLEGRINI
APPUNTI DI NATURA
Lo scenario fatato di Piscinas si spalanca
all’improvviso davanti agli occhi del visitatore che
percorre la strada. Questa scende in strette
curve, fra ruderi spettrali e bosco magnificamente
invadente, da Montevecchio, paese-mausoleo
dell’epopea mineraria. Le dune si ergono alte e si
allontanano per più di 3 chilometri dal mare,
insinuandosi nel bosco e nella rigogliosa macchia.
La sabbia, sottilissima e ambrata, copre
tutto, assecondando gli umori dei venti, così che
il paesaggio è perennemente mutevole. A dare
fissità ci provano tenaci lentischi, cespugliosi ginepri
coccoloni, filliree, corbezzoli e rudi olivastri,
resi striscianti dalla violenza dei venti. Cannucce
selvatiche, sparse tamerici e giunchi indicano
che in passato c’era l’acqua. E poi euforbie e cisti, e
soprattutto una diffusa presenza floreale che,
all’approssimarsi della precoce primavera, spruzza
di colori la sinuosa coltre dorata. Caute pernici
frequentano il limitare delle dune, mentre le lepri vi
si addentrano costantemente. Come le volpi,
che scavano la tana sotto le radici dei ginepri. In
primavera arrivano i gruccioni, che nidificano
a frotte nei pressi del vicino rigagnolo. Topi selvatici,
scarabei, piccoli passeriformi tessono trame di segni
sulla sabbia, per testimoniare la vita sulla duna.
MA LA SCARICA PESANTE di adrenalina al naturalista
curioso l’assicura la visione delle evidenti tracce
del cervo sardo (Cervus elaphus
SOPRA: UN RAMO SECCO CREA DELICATI GIOCHI D’OMBRA SULLA SABBIA DELLE DUNE. A FRONTE: CERVI (UNA FEMMINA
DOMENICO RUIU
corsicanus). Orme inconfondibili
CON IL CERBIATTO E UN MASCHIO) NELLA MACCHIA CHE SI ESTENDE ALLE SPALLE DELLE DUNE DI PISCINAS.
svelano lunghe traversate
QUASI STERMINATA, LA SOTTOSPECIE PROPRIA DELL’ISOLA (CERVUS ELAPHUS CORSICANUS) È OGGI IN NETTA RIPRESA.
allo scoperto, raccontando una
frequentazione che parrebbe
industriale e turismo possano andare d’amore e d’accordo. fuori luogo soltanto immaginare.
Perché nasce la duna? In che modo il vento costruisce castelli di Scampato a uno stermino
sabbia che cambiano forma ma non cascano mai? Fa un certo effetto che sembrava incombente, il cervo
sentirselo spiegare da uno che non s’è mai occupato di ecosistemi, sardo sta conoscendo qui nuova
ma la competenza acquisita scarpinando tra mare e montagna è in-
discussa: “Volevo impadronirmi del segreto di un piccolo universo,
‘‘
abbondanza. Diversi esemplari
vivono ai confini delle dune, che
FRANCO TESTA/COLL. NATTA
dove tutto sembra finito e, invece, tutto è rimasto vivo”. Finito come attraversano regolarmente,
il mondo minerario, di cui pure Piscinas fa parte (vedere il servizio a offrendo all’osservatore paziente
pagina 56); vivo come le dune, le sue piante e i suoi animali. E allora e fortunato un’emozione
ecco la storia del vento, che per millenni soffia da nord-ovest e rin- indescrivibile. (Domenico Ruiu)
tuzza la sabbia verso l’entroterra; ecco i cumuli color crema coloniz-
zati da vegetali psammofili (letteralmente,
amici della sabbia): la gramigna delle spiag-
GRUCCIONE ge, lo sparto pungente, i ginepri che si prostrano Angela comprese di essere soltanto una formicuzza al cospetto della Grande Duna: un’entità che ti catturava,
(MEROPS APIASTER)
assecondando le raffiche. Piante che chiedono ti rimpiccioliva e ti annullava. Si fermò a osservare Viotti che marciava più spedito ed era già abbastanza lon-
poco, sopportando alti tassi di salinità e fa- tano, dentro la vallata di sabbia costeggiante il bastione rivolto all’hotel. Gli sembrò un microscopico bambino
cendo quasi a meno dell’acqua, e danno mol- che procedeva lasciandosi alle spalle orme come capocchie di spillo. E destinato, di lì a poco, a diventare invi-
to: è il fitto reticolo delle loro radici, infatti, sibile sullo sfondo della piana di Piscinas. (Giampaolo Pansa, 1998)
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DOMENICO RUIU
SOTTO:
IL TRACCIATO DEL BREVE che consolida e stabilizza la duna, un po’ come succede con l’inte-
ITINERARIO CHE PROPONIAMO. laiatura metallica nel cemento armato.
PAGINA A FRONTE: GLI UNICI MODI
PER ESPLORARE LE DUNE SONO
“Con la storia di documentarmi per ambientare il libro, in quel pe-
A CAVALLO O, COME QUI, A PIEDI; riodo a Piscinas ci sono tornato spesso, in ogni stagione”, rivela Pan-
NON SONO ASSOLUTAMENTE sa. E dall’album dei ricordi saltano fuori, nell’ordine: i bagni in piena
AMMESSI I MEZZI MOTORIZZATI.
estate nell’acqua “di un turchese perfetto, ma calda no”; l’escursione
in una notte d’inverno per scovare i cervi sardi (vedere anche il riqua-
dro a pagina 85), con “i loro occhi brillanti nel buio, piccoli faretti fissi,
o gemme fosforescenti”. E un paesaggio che contrappone la mobi-
lità nervosa della duna, mai uguale a se stessa, pronta a cambiar for-
ma e colore a seconda di come la accarezzi il sole, all’immutabilità
assoluta del mare. “Ho letto da qualche parte che piace a chi invec-
chia proprio perché è sempre lo
stesso e non ti fa pensare al tempo
che scorre. Il tempo qui è fermo”, di-
ce Pansa. E l’ha fatto dire pure a
Bruno Viotti, quello del libro, quel
giornalista Stregato dalla Duna che
gli assomiglia fin troppo e, guar-
dacaso, è protagonista “del roman-
zo che mi è più caro”.
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