You are on page 1of 3
10 6 Coptolo 3 - Scittri europe nelfeta del Naturalism Emile Zola [a> Stemi cave | i i aO1 . 'alcolisr Lalcol inonda Parigi 1 pass ete goa e i Pt da ’Assommoir, cap. I Le pagine che riportiamo si collocano allinizio della vic . bettola dove sirtravano Gervaise e Coupeau che si sono appena conosciuti. cenda e rappresentano fambiente delAssommoi la ’Assommoir si era riempito. Si parlava forte, con scoppi di voce che rompevano ilsordo gorgoglio delle raucedini, Pugni sferati sul banco, ogni tanto, facevano tintinnare i bic- thieri. Tutti in piedi, con le mani incrociate sul petto o dietro la schiena, i bevitori forma- vano dei crocchi stretti gli uni agli altri. Vi erano, vicino alle botti, capannelli' che dove- vvano aspettare un quarto d’ora prima di poter ordinare loro bicchierini a pap Colombe. “Ohila! Guarda un po’ quell’aristocratico di Cadet-Cassis*» esclam Mes-Bottes dando tuna gran manata sulle spalle di Coupeau. «Un signore che fuma sigarette e mette in ‘mostra la biancheria! Vuol sbalordire l’amica e le offre leccornie, costui!». «Non mi seccare, va'» gli diede sulla voce Coupeau, innervosito. Ma V'altro sogghignava: «Basta! Siamo all’altezza della situazione, E voltd le spalle dopo aver saettato un’occhia indietro un po’ spaventata. Il fumo delle pipe, vano nell’aria satura di esalazioni alcooliche, ed ella se ne sentiva soffocare, tuna tossettina intermittente. «Oh! che brutta cosa @ mai il bere!» esclamd a mezza voce. E racconté che in altri tempi, con sua madre, a Plassans?, beveva I’anisetta*. Un giorno, pera, era stata Iii per morire e se n’era disgustata: i liquori non li poteva pitt vedere. «Ecco», aggiunse mostrando il bicchiere «la susina I’ho mangiata; soltanto, lascer® il liquore, mi farebbe male». Coupeau non comprendeva neppure lui come si potessero tracannare bicchieri colmi di acquavite. Una susina ogni tanto non c’era nulla di male. Quanto al vetriolo, all’as- senzio® e alle altre porcherie, buona notte; non ne voleva sapere, lui. Avevano voglia i compagni a sbeffeggiarlo; rimaneva sulla porta, lui, quando quegli ubriaconi entrava- no nella bettola. Padre Coupeau, che era lattoniere anche lui, s’era sfracellata la testa sul lastrico di rue Coquenard, cadendo, in un giorno di sbornia, dalla grondaia del numero 25, e quel ricordo di famiglia li rendeva tutti saggi. Quand’egli passava per rue Coque- nard e vedeva quel posto, avrebbe preferito bere I'acqua del rigagnolo, che buttar git anche un solo bicchiere gratis all’osteria. Concluse con queste parole: «Nel nostro mestiere le gambe devono essere ben salde». Gervaise aveva ripreso la cesta; perd non si alzava, e la teneva sulle ginocchia, con lo sguardo smarrito, sognando, come se le parole del giovane operaio risvegliassero den- {10 di lei lontani pensieri di esistenza. E, lentamente, senza un apparente passaggio lo- gico, aggiunse: «Mio Dio, non sono affatto ambiziosa io; non chiedo poi un gran che. Il mio ideale sa- rebbe di lavorare tranquilla, di aver sempre un tozzo di pane e un buco un po’ decente per dormire; capite? un letto, un tavolino, due seggiole e nientaltro. Ah! vorrei anche amico. I gradassi sono gradassi, ecco tutto!» taccia terribile a Gervaise, che si trasse Yodore acre di tutti quegli uomini sali- presa da }-@pannel rappidlpersone. nero). Il senso del soprannome potrebbe Provence, lono in giro Coupeau perché, anziché ac- della Francia, Iuogo dorigine dei Rougon- tiene un liquore amaro di colore verde. ‘uate, beve solo sciroppo di cassis (ribes Macquart. Vi si pud riconoscere Aix-en- A Ee ea ie eee ge cr a cepa te 101 FREE ossibile. Ho un ideale ancora, ecco, rarGultmietfiglioli, fare dei braviragazzi 8° POS piacere at ron essere mai bastonata, se mi rimettessi con sere 4 bastonata, Tutto qui, vedete tutto niente che la tentasse stl se, Cercava, interrogava i suoi desideri e non HFOV® E, dopo aver esitato, riprese: «Si, si pud, in fin dei conti, desidera dato tutta la vita, morirei volentieri nel 45 Sialzd. Coupeau, che approvava pienamen' ora. Ma non uscirono subito. ion 4 eae be yr curiosita di andare a dare un’occhiata in fondo, dietro al tramezzo ¢ legno, al grande alambicco di rame rosso che funzionava so la veo del cortiletto: e il lattoniere, che ’aveva seguita, le spiegd come funzie) ae ticando con 50 il dito le varie parti dell’apparecchio, mostrandole l’enorme sa *, da cui lis a limpido filo di alcool. L’alambicco, con i suol recipienti di forme see cont sue lun- ghe serpentine, aveva un aspetto cupo; non ne usciva uno sbuffo: si sentiva appena i respiro interno, come un russare sotterraneo. Era come un lavoro notturo fatto in pieno giomo da un lavoratore ingrugnato, possente e muto. Intanto Mes-Bottes, con j 55. suoi due compagni, era andato ad appoggiarsi al tramezzo in attesa che si rendesse|i- ero un cantuccio del banco. Aveva un riso di carrucola arrugginita, scuoteva il capo con gli occhi inteneriti fissi sulla macchina da ubriacare. Fulmini del cielo”! quanto era graziosa! C’era, in quel grosso pancione di rame, tanto da tenersi lubrificata 'ugola per edi morire nel proprio letto, Io, dopo aversfaccen, 1 mio letto, a casa mia, ecco» te i suoi sogni, era gid in piedi, preoccupas, 6. storta: pola divetrodalcolloalungato. ne ha inizo il discorso indirtto libero del _sioni gergalll, che arrva sino a «quel somare 7.Fulmini del cielo: da questa esclamazio- _personaggio (neliorginale fitto di espres- d'un papa Colombe, Edouard Manet, La Prugna, 187 circa, olio su tela, ‘Washington D.C, National Gallery oF Art. Nel 1877, anno di questo pinto, Edouard Manet® i famoso. Opere come Olympia (1863) 0 la Djier sur Verbe (“Colazione sull’erba”, Taney hoe, suscitato l"indignazione dei critici ufficiali e, al tempo stesso, 'ammirazione dei giovani intellettuali, Tia {utti si distingue Emile Zola, che riconosce nella piltura di Manet un parallelo della sua ricerca ‘etteraria. Entrambi,infati, pongono al centro propria attenzione la societh contemporaneay Senza sentimentalismi ¢ fermata: sulla pagini ‘cla con la lucidita della nascente ate folograios donne e gli uomini entrano nei quadri dei’ (cost vengono definiti in un Primo momento. Zoli pittor iy kk * Capitol 3 Seritor europe nets del Na "Sse otto giomni almeno. Lui avrebbe voluto, ecco, che gli saldassero l’estremita della serpen sul 49 tina frai denti, per entire la grappa ancora calda che lo riempisse, gli scendesse fino af Serig, calcagni, sempre, sempre, come un ruscelletto. Diavolo! non si sarebbe pitt scomodato’ 1 By © cosl avrebbe degnamente sostituito i ditali di quel somaro dun papa Colombe. F i ‘Seen, compagni ghignavano, asserendo che quell’animale di Mes-Bottes aveva uno scilin- a guagnolo* ben sciolto, non c’era da dire. L’alambicco, sordamente, senza una fiamma, CUpal 66 senza alcuna gaiezza nei riflessi stinti del suo rame, continuava a lasciar colare il suo ; sudore, Y’alcool, come una sorgente lenta e perenne, che alla fine dovesse allagare la ae & stanza, spandersi sui boulevard estemni®, inondare I’immensa conca® di Parigi. 108A de, Allora Gervaise, presa da un brivido, arretro d’un passo: ma cercd di sorridere, mormo- cando rando: lava 70 «Buna sciocchezza, ma questa macchina mi mete freddo; anche la grappa mi mete le sue) freddo». appena) Poi, tornando sull'dea di una felicita perfetta, che ella accarezzava: 10 fatto in «Eh! non @ vero, forse? Sarebbe assai meglio lavorare, mangiare un po’ di pane, avere Dts, con un buco per sé, tirar su i figlioli, morire nel proprio letto...» ; endessej, 75 «E non essere battuta» aggiunse Coupeau allegramente, «Ma io non vi batterei, se mi eva iles, voleste, signora Gervaise. Non c’é pericolo; io non bevo mai; e poi, vi voglio troppo quanto, 2 bene... Vediamo, via, potremmo riscaldarci un poco i piedi, questa sera?». id Aveva abbassato la voce, le parlava all‘orecchio, mentre lei, con la cesta avanti, si apriva Pe il passo nella calca. Ma ella disse ancora di no, piit volte, con la testa. Tuttavia si voltava, 80. glisorrideva, sembrava contenta di sapere che lui non beveva. Certo, gli avrebbe detto di a quel somay si,se non avesse giurato di non rimettersi pit con gli uomini. Arrivarono alla porta, usci- rono. Dietro di loro la bettola restava gremita e ne giungeva fino alla strada il frastuono delle voci roche e I'odore dei giri di grappa. Si udiva Mes-Bottes trattar da farabutto papa Colombe, accusandolo di avergli empito il bicchierino solo a mezzo. Era un dritto", a lui 85 nessuno la faceva; ci voleva altro! Ma aspetta! quello scimmione poteva spulciarsi a pit cer suo; ui alla sua trappola non sarebbe pitt tomato di sicuro, e non gliene sarebbe im- = portato proprio un fico. E proponeva ai compagnoni di andare all’Omino che Tossisce, tuna «miniera di pepe» della barriera Saint-Denis, dove se ne beveva di quella purissima. Zola, L’Ascrimor, tad. it iL. G, Tencon, Rizzi, Milano 1964 8. singuagnolopalantna 10.timmensa conca: foriginale ha une 11.Fraun dritor ato disor indieto I comallazione. Loscritore sole” Stboulevard esternl: | grandi vial di cit spressione pil forte ele trou immenses, I bero, nellorginale pieno di espressionl in buco immensot ergo. > Lantitesi ad effetto episodio 2 costruito su urYopposizione che preannuncia tutti gli svolgimenti futuri della vicenda: da un lato si collocano i due giovani proletari, che ostentano la ripugnanza per Traleol propria delle persone morigerate ¢ assennate erivelano le loro modeste aspirazioni a una vita tranquilla tra lavoro e famiglia; dall’altro Pimmagine cupa e minacciosa dell’a- Jambioco, che segnera la loro rovina. Una costruzione del genere @tipica della narrativa di Zola, che ama le grandi antitesi ad effetto. Esse sono la conseguenza della sua posizione di ‘erittore impegnato, che vuole lottare contro le “piaghe” della societa, e per questo vuole impostare la narrazione in modo che comunichi chiaramente il suo messaggio al pubblico ced eserciti su di esso una forte suggestione. 103

You might also like