Il protagonista della novella è Rosario Chià rchiaro, un pover uomo
considerato dagli abitanti del suo paese come un portatore di sfortuna, uno iettatore, costretto a sopportare le manifestazioni di scaramanzia, come il gesto delle corna, ogni qual volta si avvicinava ad un compaesano. A causa della sua fama, fu licenziato dal banco dei pegni in cui lavorava e non riuscendo a trovare un altro impiego, ridusse ben presto la sua famiglia sul lastrico. Stanco della sua situazione disagiata, decide di sporgere denuncia verso due suoi accusatore, non per condannarli, ma piuttosto per farsi riconoscere un certificato che attesti il suo essere iettatore, una patente quindi che gli permetta di esercitare la sua “professione”, avvicinandosi per esempio alle “botteghe” o alle “case da giuoco” e facendosi pagare una sorta di tassa per andare via e non portare più sventura in quei luoghi. Il racconto di Pirandello si apre con un'attenta descrizione di un altro personaggio fondamentale della storia, il giudice D'Andrea che dovrà istruire il processo voluto dal Chià rchiaro. Da questa presentazione si scoprono sia i tratti estetici “Non era vecchio, aveva appena quarant'anni; al suo smunto sparuto viso; capelli crespi gremiti da negro” che i tratti più interiori dell'amministratore di giustizia. Viene detto che passava quasi tutte le notti insonni affacciato alla finestra a pensare guardando le stelle, perdendosi nella maestosità del cielo. D'Andrea era quindi un uomo che amava riflettere e ponderare a lungo ed anche molto dedito al suo lavoro, difatti “Come non dormiva lui, così sul suo tavolino nell'ufficio d'Istruzione non lasciava mai dormire nessun incartamento”. Nella seconda parte del brano, lo scrittore siciliano vuole far notare come persino negli uffici giudiziali regnasse il pregiudizio e la scaramanzia, laddove l'imparzialità dovrebbe essere la prima cosa. Quando il giudice che non era affatto scaramantico, “tentava di parlarne coi colleghi”, quest'ultimi, in preda a gesti quali l'afferrare i gobbetti d'argento del panciotto o a stringere una chiave in mano gli rispondevano “Per la Madonna Santissima, ti vuoi star zitto?”. Pirandello vuole quindi sottolineare come l'ignoranza e la superstizione dilaniassero anche le menti più istruite del tempo e non solo i paesani poco educati. In ultimo troviamo finalmente la figura di Chià rchiaro, che recatosi nell'ufficio del giudice sotto sua chiamata, appare come un disperato che non sopportando più le infami insensate ingiurie che la gente gli riversava contro giornalmente, ha pensato bene di trovare un modo per trarre profitto dalla sua situazione facendosi rilasciare la famosa patente una volta perso il processo e essendo stato ufficialmente dichiarato iettatore. All'inizio D'Andrea non capiva appieno le intenzioni dell'uomo che si trovava nel suo ufficio, infatti lo guarda “più imbalordito che mai”, ma dopo le spiegazioni di Chià rchiaro, intende benissimo la drammatica situazione che poi è anche il nocciolo dell'intera novella. Il tema principale è quindi la maschera attribuita a Rosario Chià rchiaro che pian piano ha trasformato l'individuo nella maschera stessa, lo si nota quando va in visita nell'ufficio del giudice vestito proprio da iettatore “Il Chià rchiaro si era combinata una faccia da jettatore, ch'era una meraviglia a vedere....”. Consapevole del fatto che non riuscirà mai a liberarsi di quella infima maschera cerca di trarre vantaggio da questa situazione passando dal lato della vittima a quello del vendicatore verso le malelingue che lo offesero per gran parte della sua vita adattandosi ed accettando il ruolo di iettatore che gli hanno imposto riuscendo finalmente a stare in pace con se stesso. In questo racconto di Pirandello, l'umorismo come da tradizione è una delle parti più importanti per capire il messaggio della novella. Se da un primo momento la figura dello iettatore vestito in modo strambo che reclama a gran voce una patente per la sua “abilità ” può farci sorridere, una volta compreso il vero significato del comportamento, le risate svaniscono di colpo dai nostri volti e compare un sentimento di compassione verso un uomo distrutto dalle cattiverie della gente e che cerca di riscattarsi con un piano a tratti paradossale.
Quest’opera è tipico della narrativa di Pirandello, creare situazioni
bizzarre ed umoristi- che, ma al di là del sorriso, suscitato dall’«avvertimento del contrario», emerge il «sentimento del contrario» che mette a nudo pessimisticamente tutta la pena del vi- vere del personaggio. Il contrasto tra apparenza comica e tragicità di fondo rende Chiàrchiaro personaggio non comico ma umoristico, testimoniando quel complesso sentimento che Pirandello, nel suo saggio su L’umorismo (1908), definì «sentimento del contrario». Si tratta di un modo particolare di osservare la vita, integrando la realtà come appare con la riflessione su quello che si nasconde dietro le apparenze. La riflessione consente di osservare contemporaneamente la realtà da un punto di vista diverso, di vederne il suo contrario, cioè il suo aspetto nascosto: un atteggiamento ridicolo, per esem- pio, può essere letto come il risultato di una sofferenza, o in un sentimento tragico possiamo vedere l’aspetto ridicolo. Una vecchia signora – scrive l’autore – coi capelli ritinti, orribilmente truccata e con abiti da ragazza, suscita il sorriso (il comico), ma se scatta il sentimento del contrario (l’umorismo) e rifletto sul fatto che forse quella signora si abbiglia così solo per trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, allora partecipo al dolore del personaggio e ne provo pietà.
Relazione testo-altri testi dello stesso autore In entrambe le novelle
il contrasto tra vita e forma si mani- festa attraverso situazioni paradossali: il fischio di un treno spinge Belluca a prendere coscienza dell’atrocità della propria esistenza e a ribellarsi inaspettatamente, così da essere preso per pazzo; Chiàrchiaro chiede di ottenere la “patente” di iettatore. In Il treno ha fischiato ( ), però, il protagonista si ribella alla forma che gli è stata imposta dagli altri e rivendica il diritto alla vita; al contrario, in La patente la richiesta del protagonista sancisce la prevalenza della forma (la fama di iettatore) sulla vita.
Tutti ci vogliono , come ci vuole la società , ma non sanno che ognuno
di noi ha un suo cuore e una sua vita e che se alcune volte ci comportiamo in modo diverso dietro a ciò sono nascosti tutti i problemi e le peripezie della vita che dobbiamo affrontare. Nessuno é perfetto ed é per questo che nessuno dovrebbe indossare la maschera per esserlo vivendo nella finzione e sopratutto cadendo nella mediocrità . Purtroppo dobbiamo convivere anche con laforma e non solo con la vita. Nonostante tutto dobbiamo continuare ad essere noi stessi, dobbiamo continuare a lottare per realizzarci anche se gli altri faranno di tutto per farci cadere.