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INTRODUZIONE

A. Il ruolo dei protagonisti


Le tavolette rinvenute tra il 1952 (data in cui Ventris e Chadwick
annunciavano di avere scoperto che la scrittura lineare B nascondeva un
dialetto greco anteriore di molti secoli a Omero) e oggi hanno confermato la
validità della dimostrazione e l’appartenenza della lingua dei Greci micenei
alla famiglia dialettale arcado-cipriota.
Schliemann aveva intuito che alla base di qualunque mito narrato dagli
Antichi vi è una verità storica che la critica moderna deve tentare di ritrovare.

B. La storia delle scritture egee e le loro decifrazioni


1.
 Le necessità economiche create dall’apparizione del sistema palaziale
spingono i primi amministratori cretesi a inventare la scrittura
 È probabilmente sulla scia delle esperienze del Vicino Oriente e
dell’Egitto, laddove la scrittura è in uso da vari secoli, che i responsabili
dei magazzini dei Primi palazzi cretesi inventano la scrittura
MA
L’originalità delle scritture egee esclude una filiazione da scritture
preesistenti
 Se geroglifico cretese e lineare A coesistono nel periodo
protopalaziale, è probabilmente la scrittura lineare A la prima a essere
stata inventata. Infatti sui più antichi documenti scritti dell’Egeo, i sigilli
di Arkhanes a Creta, che risalgono al 2200 ca. a.C, leggiamo una
sequenza di 5 sillabogrammi molto vicina a quella dei segni lineare A
08-31-31-60-13 nelle iscrizioni votive del periodo neopalaziale (XVI sec.
a.C.). In queste due sequenze leggiamo rispettivamente A-SA-SA-RA-
NE ed A-SA-SA-RA-ME tutto lascia supporre che sia la lineare A ad
essere la prima, perché la parola A-SA-SA-RA-NE non può che essere
una variante all’interno di uno stesso sistema grafico, vale a dire la
lineare A, della parola A-SA-SA-RA-ME attestata nelle iscrizioni lineari
A rinvenute.
 La lineare B nasce sul continente greco come dimostra la scoperta a
Kafkania di un’iscrizione su pietra risalente all’inizio del XVII sec. a.C.
così i greci micenei hanno imparato a scrivere presso scribi minoici che
frequentavano il continente greco o colonie minoiche delle isole
dell’Egeo.
 La lineare B è stata utilizzata su supporti diversi dall’argilla per scrivere
testi diversi da quelli economici.
2.
Tra la scrittura geroglifica, la lineare A e la lineare B, individuate da Evans
negli strati del Palazzo di Cnosso, solo la lineare B è stata decifrata. Nella
sua prefazione alla ristampa della “Lettre à M. Dacier”, nella quale
Champollion annunciava la decifrazione della scrittura geroglifica egiziana,
Sottas ha elencato le condizioni necessarie a ogni decifrazione:
1) Occorre avere un’idea del contenuto del testo
2) È necessario avere un’idea precisa del sistema di scrittura utilizzato
3) Occorre disporre di un elemento in grado di suggerire un’ipotesi.
Ventris disponeva di questi tre elementi per decifrare la lineare B:
 Sapeva che le tavolette in lineare B erano documenti economici
 Sapeva che la scrittura era sillabica
 Grazie a Evans, era già stata sottolineata la parentela tra alcuni segni
del sillabario cipriota classico e alcuni sillabogrammi della lineare B
4) Occorre disporre di un numero di segni abbastanza elevato da
consentire di sperimentare e valutare le ipotesi di decifrazione proposte.
Il geroglifico cretese
1) Tutti i documenti in geroglifico sono economici; possiamo immaginare
che antroponimi o titoli siano incisi sui sigilli. 
2) Il sistema di scrittura è sillabico.
3) Non siamo in grado di individuare un’ipotesi di partenza. X
4) Il capitale dei segni è esiguo. X
La lineare A
1) Tutti i documenti sono economici
+
I testi incisi su tavole in pietra e su gioielli sono votivi.
2) Il sistema di scrittura è sillabico.
3) Ipotesi di partenza: il confronto con il sillabario greco miceneo che
deriva dal sillabario lineare A.
MA
Se la lineare B deriva dalla lineare A, il popolo minoico è diverso dal
popolo miceneo e quindi le lingue sono diverse è probabile che
adottando i segni del sillabario minoico i micenei ne abbiano cambiato i
valori fonetici. Estendere i valori fonetici dei segni della lineare B ai
segni omomorfi della lineare A si potrà fare soltanto dopo aver
confrontato i gruppi di segni comuni alla lineare A e alla lineare B e
studiato la posizione dei vari sillabogrammi in seno ad ognuno dei due
sistemi di scrittura. X
4) Il capitale dei segni è esiguo. X
Tuttavia le speranze di trovare nuove iscrizioni sono fondate ogni anno
l’insieme del corpus si arricchisce.
Il disco di Festo.
1) Non abbiamo idea del contenuto. Non troviamo segni ideografici o
numerici (≠ documenti di archivio in geroglifico cretese, in lineare A e in
lineare B), il che potrebbe indicare che ci troviamo di front ea un testo
non economico. X
2) I segni diversi stampati nel disco di Festo sono 45 la scrittura era
sillabica. 
3) Un’associazione tra i segni del disco e quelli di altre scritture del bacino
orientale del Mediterraneo, del Vicino Oriente o dell’Egitto non pare
possibile. X
4) A meno che vengano fuori iscrizioni simili, sarà possibile decifrare
questo testo. 

C. L’arrivo dei greci in Grecia e la storia della lineare B.


Alla fine del III millennio a.C., mentre i Palazzi fanno apparizione a Creta, il
resto dell’Egeo, compresa la Grecia continentale, è il teatro di gravi disordini
che sembrano provocati dall’arrivo di nuove popolazioni. Il problema
dell’origine di questi invasori divide storici e archeologi:
 Alcuni, basandosi sulla mancanza di continuità tra la Grecia del bronzo
antico e quella del bronzo tardo (= tra il 2100 e il 1500 a.C), vogliono
associare queste ondate migratorie alle invasioni indoeuropee
 Altri sostengono che gli indoeuropei, i greci, sarebbero giunti in Grecia
più tardi.
Un simile problema può solo essere risolto attraverso la scoperta di
documenti scritti in grado di informarci sulla lingua parlata da tali popolazioni.
Ventris ha dimostrato che i micenei del Peloponneso e del resto della Grecia
parlavano il greco a partire dal 1400 ca. a.C
MA
L’assenza di documenti scritti anteriori a quella data rendeva ardita ogni
considerazione sulla lingua parlata in Grecia prima del XV sec. a.C. 
l’ipotesi che le popolazioni installate sul continente greco all’indomani della
fine del bronzo antico II (2100 a.C) fossero “proto-greci” non era dimostrabile.
Scavando un edificio distrutto nell’elladico medio III (inizio del XVII sec. a.C),
la direttrice delle antichità dell’Elide, Arapogianni ha scoperto una pietra
incisa con un’iscrizione in lineare B, che porta il nome ka-ro-qo, un nome
greco attestato in Omero le popolazioni nel Peloponneso in quel periodo
parlavano e scrivevano il greco.
+
È chiaro che la lineare B è stata inventata sul continente.
La lineare A era insegnata dagli scribi minoici alla popolazione micenea della
Grecia continentale.
La cultura dell’elladico medio III si iscrive nella tradizione della cultura elladica
della fine del III millennio a.C.  le popolazioni giunte in Grecia intorno al
2100 a.C erano indoeuropee i Greci sono arrivati in Grecia in quel periodo.
Fino a poco tempo fa, molti hanno considerato che il periodo dell’elladico
medio, che va dal 2100 al 1600 a.C., fosse un periodo di povertà culturale.
L’apparizione verso il 1600 delle tombe a fossa di Micene avrebbe segnato
una frattura con la cultura elladica del medio bronzo e la civiltà delle “tombe a
fossa” avrebbe rappresentato il primo momento importante nella storia della
Grecia continentale. La scoperta di Kafkania ci costringe a rivedere le vecchie
posizioni l’attestazione di documenti scritti nel Peloponneso all’inizio del XII
sec. a.C. significa che le comunità micenee locali avevano raggiunto un livello
di sviluppo notevole
+
Altre tombe scavate e molti abitati anteriori al 1600 a.C. dimostrano che la
cultura dell’elladico medio, che sulla base della scoperta di Olimpia possiamo
chiamare micenea, era estremamente sviluppata.
Poco dopo il loro arrivo in Grecia alla fine del III millennio a.C., i greci entrati
in contatto con le popolazioni di Creta che stavano gettando le basi della loro
espansione in tutto il Mediterraneo orientale, hanno imparato dai maestri
minoici l’arte della scrittura e quella dell’organizzazione dello Stato è nata
la lineare B derivata da una forma arcaica di lineare A attestata in età
protopalaziale
+
Sono nate le tante forme d’arte micenea ispirate alle arti cretesi.
Fino al 1450 a.C.  Come dimostrano i documenti egiziani, una
collaborazione
ha visto minoici e micenei associati al grande commercio
internazionale convogliare le merci dalla costa siro
palestinese verso la valle del Nilo.
I greci poi, approfittando dell’indebolimento della potenza minoica
all’indomani dell’esplosione del vulcano di Santorini, sono scesi verso
Creta da quel momento la lineare B s’impone su tutta Creta. Oltre il 1280
a.C. non abbiamo altri documenti in lineare B da Creta.

Nella Grecia continentale, gli strati dei centri che hanno restituito documenti
d’archivio in lineare B risalgono al 1200 a.C.
Con la definitiva caduta della civiltà palaziale micenea nel grande cataclisma
del 1200 a.C scompare anche la scrittura lineare B.

D. Dalla fine dei Primi palazzi minoici (2100-1700 a.C.) alla


scomparsa della civiltà palaziale micenea (1200 a.C.)
Sulle cause che hanno provocato la distruzione della civiltà protopalaziale
cretese, l’ipotesi di un’invasione esterna non è credibile:
2800 a.C. – 1450 a.C.  Creta non subisce invasioni.
+
È improbabile che un cataclisma possa avere avuto gli stessi effetti
devastanti su centri situati nell’Ovest, nel centro e nell’Est.
QUINDI
L’ipotesi di turbolenze interne legate alle rivalità tra Palazzi è cominciata a
emergere. Questa ipotesi poggia su indizi come la costruzione di un apparato
difensivo a Pirgo e sulla scoperta di alcuni vasi in bronzo nascosti sotto al
pavimento di una stanza.

I dati nella Creta occidentale sembrano diversi. Ad Apodoulou, le impronte di
sigilli nell’argilla sono state cotte per caso, come tutti i documenti di archivio
scoperti a Creta e nell’Egeo dell’età del bronzo, in un incendio. Si tratta di
documenti applicati sull’orlo di contenitori per assicurarne la chiusura. La
presenza di impronte identiche a Monastiraki e a Festo dimostra che vi erano
relazioni pacifiche anche la caduta dei tre centri è avvenuta nello stesso
momento. Elementi affermano che la loro caduta è dovuta a un terremoto,
che ha provocato poi l’incendio.
Pursat nota che la presenza negli strati di distruzione di Mallia e di Pirgo di
stili di ceramica che si ritrovano a Cnosso e a Festo soltanto all’inizio del
periodo successivo potrebbe indurci a pensare che la fine del periodo
protopalaziale è posteriore nella Creta orientale rispetto a quella occidentale.
1700 a.C Un terremoto ha generato turbolenze in tutta Creta nasce
insicurezza a Mallia e a Pirgo.
Verso il 1200 tutte le residenze principesche micenee vengono distrutte più o
meno contemporaneamente.
La situazione economica e politica della Grecia continentale alla fine del tardo
elladico IIIB è simile a quella della Creta del medio bronzo:
 Il territorio della Grecia è suddiviso in varie entità statali, ognuna delle
quali è dominata da una struttura palaziale
 L’economia micenea, come quella minoica, è basata sulla consegna e
la ridistribuzione dei prodotti.
Alcune delle tavolette di Tebe presentano tracce di obliterazioni che sono
state provocate dalla caduta di materiali sull’argilla ancora imbevuta di acqua.
Un simile tasso di umidità dell’argilla si verifica soltanto nel momento in cui
questa è modellata per poter accogliere il testo. Una volta conclusa
l’incisione, questo tasso di umidità si mantiene soltanto per alcuni minuti: è
durante questo lasso di tempo che si è verificata la caduta dei materiali lignei,
provocata dalla catastrofe finale la quale, seguita dall’incendio, ha permesso
la cottura e la conservazione delle tavolette. Le tavolette di Tebe trattano di
offerte alcuni minuti prima della catastrofe finale la vita culturale dello Stato
tebano e l’attività amministrativa dei suoi scribi non lasciavano trasparire nulla
di quanto stesse per accadere. La società palaziale, la cui economia dipende
dalla consegna al centro di potere e dalla ridistribuzione a partire dal centro
dei prodotti indispensabili alla gestione interna dello Stato e al suo commercio
estero, era fragile e i cataclismi naturali avevano distrutto suoi centri
importanti la scomparsa di alcuni dei punti di riferimento del potere
miceneo ha provocato una crisi della quale hanno approfittato le masse.

E. Le tavolette di Tebe e la religione greca.


L’archivio di Tebe è il terzo per importanza degli archivi micenei.
Alcuni nomi di animali sono associati al culto della Madre Terra.
L’analisi delle tavolette di Tebe dimostra che i culti tebani della fine del III
millennio a.C. anticipano la liturgia dei misteri di Eleusi:
o Triade divina Madre Terra – Zeus – Kore.
o Ritroviamo nelle tabelle tebane riferimenti alle offerte fatte in occasione
dei Grandi Misteri in onore di Demetra e di Kore.
o Troviamo addetti ai santuari con mansioni identiche a quelle di Eleusi in
età storica.
I testi di Tebe sono anche ricchi di riferimenti alle relazioni tra la Beozia e
altre regioni del mondo miceneo o egeo. Per esempio, la presenza della
parola Lakedaimonios (il Lacedemone) e delle sue varianti grafiche è la più
antica attestazione di quella parola. Il toponimo Lakedaimon era presente in
Omero e Lakedaimonios in Erodoto. Di solito i testi in lineare B si riferiscono
a movimenti interni a ogni regno acheo

La presenza nell’archivio di Tebe del termine Lacedemone costituisce un
riferimento a contatti tra due diverse province del mondo miceneo.
Non possiamo escludere che il Lacedemone sia il re di Sparta e il ra-]ke-da-
mo-ni-jo-u-jo suo figlio.
Le attestazioni tebane sottolineano l’importanza di Mileto nella storia dei
rapporti tra i Palazzi micenei del continente e le colonie achee d’Oriente.

L’EGEO, CROCEVIA DI TRE CONTINENTI


Nel corso della storia, le civiltà la cui posizione apriva agli incontri con altri
popoli hanno conosciuto un’evoluzione più veloce le prime città-stato
nascono nella Mesopotamia. Il Tigri e l’Eufrate costituivano le rotte obbligate
per chi dall’Oriente e dal golfo Persico si spingeva verso Occidente.
L’Egeo è cosparso di isole e bagnato da un mare che tocca i lidi di tre
continenti. Qui il marinaio non perde quasi mai di vista la terra ed è
incoraggiato ad andare sempre più lontano. Alcune isole più di altre sono
state favorite dalla natura; tra tutte Creta pianure fertili, montagne, acqua,
crocevia tra Asia, Africa ed Europa. I popoli che si sono insediati nel corso dei
millenni sulle rive dell’Egeo e nelle isole non appartengono tutti a una stessa
matrice etnica
MA
Li accomuna l’appartenenza a un ambiente geografico che segna, più che
altrove, le civiltà chi vive sulle sponde dell’Egeo deve adottare lo stesso
modo di vivere, caratterizzato da un duplice legame con l’ambiente:
I. Legame con la terra, percettibile ancor oggi a Creta il cretese è un
contadino
II. Legame con il mare.
Così gli abitanti dell’Egeo diventarono contadini, allevatori e marinai. Non vi
sono mai avventure senza ritorno nella mente dei marinai dell’Egeo negli
egei, gli aspetti nomadi sono assenti. I loro viaggi sono finalizzati agli scambi
per incrementare la qualità della vita nella madrepatria (es. metalli). Certo,
per facilitare il commercio si favorì la nascita di colonie in terre lontane, ma
furono solo scali commerciali.
I millennio a.C.  Colonizzazione greca. Il viaggio era considerato senza
ritorno.
Nel peregrinare, gli egei hanno imparato tecniche e arti nuove, si sono
confrontati con culture e strutture politiche e hanno adottato usi e costumi
trasformandoli secondo la propria cultura. L’intensità dei rapporti tra i popoli
egei e le civiltà del bacino orientale del Mediterraneo si riflette anche sulla
storia della scrittura i primi strumenti amministrativi e i primi testi egei
subiscono l’influenza dei testi e degli strumenti amministrativi utilizzati
precedentemente dai popoli della Siria o dell’Egitto.
IV millennio a.C.  La scrittura nasce nell’Asia anteriore e nella valle del
Nilo.

I primi documenti scritti rinvenuti nell’Egeo (i sigilli di Arkhanès, a Creta)
risalgono alla fine del III millennio a.C. .
MA
In Mesopotamia, in Egitto e nell’Egeo i processi che hanno portato alle prime
testimonianze scritte risultano simili. La loro scoperta è recente.

LA RISCOPERTA DEL MONDO EGEO


La storia della scoperta del mondo egeo è segnata da tre colpi di scena
provocati da tre uomini.
1. Schliemann
Le civiltà dell’antico Egeo erano scomparse senza lasciare traccia e l’unico
indizio della preistoria della Grecia e dell’Egeo era legato ai racconti degli
autori antichi, in particolare Omero.
Schliemann nacque nel 1822 in Germania ed era attratto dai racconti che
riguardavano la sua regione. Un Natale il padre gli regalò “Storia Universale
per bambini”, libro in cui si vede la città di Troia in fiamme presa d’assalto dai
greci. Il padre gli disse che si trattava di una leggenda, ma la risposta di
Schliemann fu: “Non è vero! Io ritroverò i resti della città di Priamo”. Nel 1847
diventa commerciante e nel 1852 apre a Mosca una succursale della sua
impresa, specializzata nella vendita dell’indaco. Il 4 ottobre del 1854 scoppia
la guerra di Crimea. La Russia si schiera contro Turchia, Gran Bretagna,
Franca e Regno Sardo. I porti russi sono sottoposti a embargo e tutte le
merci destinate a San Pietroburgo vengono deviate verso i porti prussiani di
Koenigsberg e di Memel e di qui convogliate verso destinazione. Centinaia di
casse di indaco, spedite da Amsterdam agli agenti di Schliemann a Mamel,
dovevano raggiungere San Pietroburgo. Un incendio devastò Memel e i soli
magazzini di Schliemann furono risparmiati. I prezzi dell’indaco salirono e
Schliemann si lanciò in una speculazione su tutti i materiali di cui i belligeranti
avevano necessità. Nel 1856 si mise a studiare il greco moderno, poi passò
al greco antico, dicendo: “L’unico metodo per imparare la grammatica è la
lettura della prosa classica e l’imparare a memoria i passi più significativi dei
buoni autori.” Nel frattempo viaggia, e nell’aprile del 1868 sbarca a Itaca per
ritrovare i resti del Palazzo di Ulisse. Qui apre le sue prime trincee, invano.
MA
All’interno di un recinto funerario scopre vasi, frammenti di una spada e un
coltello sacrificale.
Successivamente si reca a Micene e a Tirinto, ma è Troia che l’interessa e
s’imbarca per la Turchia. Molti pensavano che Troia sorgesse sull’altura di
Pinarbasi

Per lui era escluso che i cenni topografici contenuti nell’Iliade e nell’Odissea
fossero falsi. Nell’Iliade, greci e troiani, combattendo, si spostavano spesso
dalla città di Priamo al luogo dove erano ancorate le navi Troia doveva
trovarsi più vicino alla costa. La collina di Hissarlik è la più vicina al mare e
divide i corsi dello Scamandro e del Simoenta, come viene narrato dall’autore
dell’Iliade. Lì doveva sorgere Priamo. L’11 ottobre 1871 Schliemann comincia
la sua prima campagna di scavi a Hissarlik. Scoprì i resti di Troia, le porte
Scee e il tesoro di Priamo: era nata l’archeologia omerica.
Dopo i successi a Troia, Schliemann avrebbe concentrato i suoi sforzi a
Micene e a Tirinto. I greci attribuivano la paternità di Micene ai Ciclopi. Nel
1874 iniziano i lavori, e Schliemann scopre una piccola testa di mucca in
argilla.
Intanto, il governo turco ha iniziato un processo contro Schliemann per
ottenere la restituzione della metà degli oggetti scoperti e portati via da
Troia Schliemann è condannato a pagare 10000 franchi aurei al governo
turco.
MA
Ha in mente di proseguire gli scavi a Troia manda 50000 franchi aurei al
ministro della Pubblica Istruzione.
1876 A Micene, Schliemann scopre le tombe dei re di Micene e i loro resti.
Niente e nessuno sembra più in grado di opporglisi.
Schliemann ha capito che bisogna poter disporre di piante che consentano di
collocare gli oggetti rinvenuti, di ripercorrere le tappe delle scoperte e di
interpretare i testi Doerpfeld gli fornirà l’apporto scientifico. L’équipe dovrà
affrontare mille difficoltà poste dalle autorità turche; un militare bersaglia la
spedizione archeologica, convinto che i lavori di Schliemann siano un
pretesto per fare il rilievo di alcune fortificazioni del tracciato dei Dardanelli
vieta a Doerpfeld di utilizzare qualsiasi strumento sugli schiavi + non potendo
capire quello che si scrive sul cantiere, impedisce che si prenda nota.
Il tedesco sbarca a Creta, la leggendaria isola di Minosse. In superficie si
possono notare i resti di costruzioni (Palazzo di Cnosso).
MA
Prima di scavare, bisogna acquistare terreni, e Schliemann e un proprietario
terriero litigano, e il tedesco abbandona l’idea di scavare il Palazzo di
Cnosso.

2. Evans
All’entusiasmo romantico del commerciante tedesco si sostituiva
l’universitario Arthur John Evans. Nato nell’Hertfordshire nel 1851, figlio di un
archeologo, studia storia moderna e partecipa a scavi in Finlandia, Lapponia,
Dalmazia e Sicilia. Nel 1884 è nominato direttore dell’Ashmolean Museum di
Oxford. Cominciò a interrogarsi sul significato delle ricchezze delle tombe di
Micene. Un antiquario, Chester, arriva al museo e vende a Evans una pietra
sulla quale sono incisi dei segni. Secondo Chester, l’oggetto dovrebbe
provenire da Sparta. I segni sembrano rappresentare simboli convenzionali,
utilizzati per notare una scrittura pittografica. La testa di cane con la lingua di
fuori che appare sull’oggetto si ritrovava nei documenti ittiti e, sulla base di
questo paragone, Evans avanzò una duplice ipotesi:
 O questo oggetto era di provenienza ittita
 O un sistema di scrittura di ispirazione anatolica si era sviluppato in
Grecia nel II millennio a.C.
MA
 Non si conoscevano sigilli identici in Anatolia
 Il carattere indipendente della cultura micenea rendeva l’adozione di un
sistema di scrittura anatolico da parte dell’Egeo difficile.
1893 Evans si reca in Grecia.
Trova ad Atene altri sigilli simili un sistema grafico convenzionale era stato
utilizzato per questi documenti. Interrogando i rivenditori, Evans stabilì che
tutte le pietre incise da lui acquistate provenivano da Creta. Sapeva che il
museo di Berlino possedeva gemme antiche, quindi pregò il conservatore
Furtwaengler di fargli prevenire le copie di tutti gli originali. Evans notò che:
 I caratteri (che battezzò geroglifici) incisi sulle pietre corrispondevano a
quelli presenti sui documenti comprati ad Atene
 L’insieme dei segni sembrava costituire un sistema grafico coerente
1894 Comincia a percorrere la Creta centrale e la Creta orientale,
contribuendo a far nascere nella mente degli studiosi la convinzione
che la parte occidentale presentasse uno scarso interesse
archeologico.
La Creta che si apre a Evans è la Creta del re Minosse. Le fasi ulteriori della
storia dell’isola, i periodi dorico, romano, bizantino, arabo e veneziano,
avevano lasciato meno tracce.
L’inglese dedicò alla ricerca delle pietre incise il suo primo soggiorno
nell’isola. Le donne chiamavano queste pietre galopetres, “pietre del latte”, e
le portavano appese al collo convinte che favorissero l’allattamento. Evans fu
presto in grado di mettere insieme una collezione e, nel 1895, pubblicò i
risultati della sua campagna cretese nel “Journal of Hellenic Studies” con
l’articolo “I pittogrammi cretesi e la scrittura prefenicia”.
Su un vaso scoperto a Prodromos Botsanou erano incisi segni che già
sembravano evolvere verso un tipo di scrittura che Evans considerava
alfabetica. Questa scrittura, che Evans battezzò lineare A, si leggeva da
sinistra verso destra.
1896 Scoppia la rivoluzione cretese contro l’occupazione turca
MA
Evans non interrompe le ricerche. Si mette sotto la protezione dei comandi
militari francesi e italiani di stanza nell’est dell’isola. La zona cristiana viene
incendiata e scompaiono tanti resti. Successivamente, Creta otterrà
l’indipendenza.
Zachirakis aveva mostrato a Evans, nel 1895, un frammento d’argilla bruciata
recante un’iscrizione composta da segni che parevano scrittura; era stato
trovato in superficie non poteva essere datato, ma, secondo Zachirakis,
proveniva dai resti sepolti sulla collina di Kephala.
Evans aveva allacciato i rapporti con i proprietari della collina riuscì
laddove il tedesco aveva fallito.
1900 Evans scopre la prima tavoletta.
La scrittura che contiene è identica a quella sul frammento mostrato da
Zachirakis.
Evans scavò il Palazzo di Minosse: la tana del Minotauro, il labirinto e il
capolavoro di Dedalo erano opere reali di un popolo. I documenti scritti
emersi dalle rovine del Palazzo di Minosse erano centinaia tre scritture si
erano sovrapposte negli strati che risalivano al II millennio a.C.:
1. La più antica era una scrittura pittografica, che Evans aveva già
individuato sulle pietre del latte. Ma emergevano anche tavolette e sigilli
di argilla. I segni di questa scrittura ricordavano vagamente i geroglifici
egiziani, perciò Evans la battezzò scrittura geroglifica.
2. La seconda scrittura fu chiamata lineare A perché gli scribi ne avevano
ordinato il testo seguendo una linea tracciata da sinistra verso destra.
3. La maggioranza dei documenti erano redatti in una scrittura che Evans
chiamò lineare B, e che fu usata durante l’ultima fase della costruzione.
Lo studio stratigrafico del Palazzo di Cnosso rivelava che due aree palaziali
distinte si sovrapponevano e che sul versante est della collina sussistevano i
resti di una costruzione ancora più antica.
+
Sotto gli strati palaziali si potevano individuare tracce di costruzioni risalenti
alle più alte epoche neolitiche.
La civiltà cretese era molto più antica della civiltà micenea scoperta da
Schliemann. La leggenda raccontava che la Grecia continentale era stata
sottomessa a Creta. Le similitudini che si potevano notare tra l’arte micenea e
l’arte cretese erano dovute al fatto che la Grecia continentale era stata una
provincia della Creta minoica nel II millennio a.C. tale era la conclusione di
Evans.
1905 Evans distingue tre periodi nell’età del bronzo:
I. Bronzo antico
II. Bronzo medio
III. Bronzo tardo
In onore delle scoperte di Cnosso, sostituisce al termine bronzo il vocabolo
minoico, proponendo di scindere in tre periodi la protostoria cretese:
I. Antico minoico
II. Medio minoico
III. Tardo minoico Segnato dalla conquista cretese e dalla
colonizzazione del continente greco da parte degli
uomini di Minosse.
MA
Dal 1920, alcuni archeologi avanzarono l’ipotesi che la cultura continentale,
benché posta sotto l’influenza cretese, fosse autonoma proposero di
chiamare antico elladico, medio elladico e tardo elladico le tre fasi della
cultura continentale corrispondenti ai tre periodi coevi della storia cretese.
Per Evans, Creta era stata la dominatrice del bacino egeo e della Grecia tra il
1600 e il 1200 a.C
MA
A Koraku fu rinvenuta una ceramica efirea che risale al tardo elladico II. I vasi
efirei sono caratteristici per la decorazione a motivi floreali e marini. Alcuni
vasi del genere erano stati rinvenuti a Cnosso nel 1920 e appartenevano allo
stesso periodo
MA
Gli esemplari cretesi erano meno ricchi e meno armoniosi.
Evans aveva trovato vasi in alabastro dello stesso tipo nella sala del trono del
Palazzo di Cnosso e aveva affermato che gli alabastra rinvenuti sul
continente erano di origine e ispirazione cretese.
MA
Tsountas, in alcune tombe a Micene, aveva trovato due vasi del genere
indubbiamente di fattura continentale
+
I Palazzi sul continente presentavano sale del trono integrate all’insieme
architettonico del Palazzo, mentre la sala del trono di Cnosso sembrava
esser stata inserita in una pianta preesistente nel tardo minoico II ciò
poteva far pensare a un intervento architettonico pilotato da persone venute
dal continente.
QUINDI
Si può affermare che esistevano contatti tra Creta e il continente greco nel
bronzo tardo
MA
Questi contatti sembrano esser stati gestiti dalle popolazioni del continente
MA
L’autorità del signore di Cnosso era tale che nessuno osava sussurrare il
proprio disaccordo.
In tale contesto storico nasce la scoperta di un altro grande sito omerico,
quello di Pilo (Palazzo di Nestore). “Perché non immaginare che altre città
famose ai tempi omerici potessero giacere sotto terra?” è la domanda che si
pose Blegen, uno specialista della preistoria greca si mise alla ricerca del
Palazzo di uno dei re che avevano combattuto sotto le mura di Troia. Dove si
trovava Pilo? La questione era già stata affrontata dai commentatori
alessandrini nel III secolo a.C. ed era sempre oggetto di dibattiti. Blegen
scelse di affidarsi a Omero e di cercare Pilo in Messenia. In questa provincia
del sud-ovest del Peloponneso esiste una città “moderna” chiamata Pilo: si
trova a sud della baia di Navarino. Blegen, a nord della baia di Navarino,
individuò una collina cosparsa di cocci micenei e di resti antichi e, nel 1939,
ottenne dal governo greco il permesso di iniziare gli scavi. Gli operai
portarono alla luce delle tavolette in lineare B Blegen aveva aperto la sua
prima trincea sopra i resti della sala d’archivio di re Nestore. Questa scoperta
sconvolgeva la visione che le teorie di Evans avevano accreditata i
documenti in lineare B erano scritti nella stessa lingua usata nei testi di
Cnosso. Come conciliare questo fatto con la tesi secondo la quale un regno
cretese avrebbe esteso il suo dominio a tutta la Grecia nel II millennio a.C.?
Come spiegare che micenei del continente avessero potuto disporre di
documenti simili a quelli scoperti a Creta, in un Palazzo che non era un
Palazzo greco?
 Alcuni avanzarono l’ipotesi che le tavolette di Pilo provenissero da una
razzia compiuta a Creta da pirati messeni
 Per altri il re miceneo di Pilo avrebbe catturato degli scribi cretesi e li
avrebbe costretti a tenere, in minoico, i conti della sua amministrazione
 Altri rimisero in discussione l’appartenenza dei micenei al mondo greco.
Nessuno osò prendere in considerazione l’ipotesi che le tavolette in lineare B
di Cnosso e di Pilo fossero scritte in greco.

3. Ventris
1936, Londra Arthur Evans tiene una conferenza.
Tra il pubblico vi è un quattordicenne appassionato delle scritture antiche:
Michael Ventris, che promette a se stesso di diventare un giorno il decifratore
dei testi cretesi.
L’esito della decifrazione di una scrittura scomparsa dipende dal materiale di
cui si dispone: l’ideale è poter lavorare su una bilingue o almeno su un
numero consistente di testi abbastanza diversificati.
Evans fu il primo a capire che le scritture cretesi erano composte da:
 Sillabogrammi
 Ideogrammi che rappresentavano l’oggetto delle transizioni registrate
nei testi
 Cifre che di solito erano associate a questi ideogrammi
Il sistema numerico in uso presso gli scribi cretesi era il sistema decimale.
Evans aveva anche notato che vi erano rapporti grafici tra A e B e il sillabario
cipriota classico, la cui decifrazione, intrapresa dall’inglese Smith, risaliva al
1870. La coincidenza era impressionante, ma Evans preferì non lasciarsi
condizionare accettando un’ipotesi del genere avrebbe dovuto ammettere
che la lineare B potesse servire a notare una lingua greca. Evans aveva
avanzato l’ipotesi che la scrittura lineare B (= scritture cuneiformi o scrittura
egiziana) fosse caratterizzata dalla presenza di determinativi (= segni che
non rappresentano un suono ma servono a classificare la parola alla quale
sono associati in una determinata categoria.
1943 Alice Kober si occupò delle iscrizioni in lineare B, ponendo tre quesiti:
 La lingua era flessa e utilizzava desinenze?
 Esisteva il plurale?
 Esisteva una distinzione tra i generi?
Dimostrò che esisteva una distinzione tra i generi
+
Poté stabilire il procedimento grafico usato per indicare il sesso degli animali
+
Dimostrò che gli scribi, sulla base di una forma semplice, avevano creato
forme complesse la lingua era flessa.
Fra i lavori che furono utili a Ventris nell’elaborazione della sua teoria, merita
spazio quello di Bennett all’indomani della IIGM, Blegen aveva affidato a
Bennett la pubblicazione delle tavolette in lineare B provenienti dal Palazzo di
Nestore. Bennett ordina questo materiale studiando le varianti dei segni e
classifica i testi in serie.
Chiunque intenda intraprendere una decifrazione può trovarsi di fronte a
diverse situazioni:
I. Può dover affrontare una lingua conosciuta ma nascosta dietro a una
scrittura sconosciuta (es. antico persiano)
II. Può dover affrontare una lingua sconosciuta espressa attraverso una
scrittura conosciuta (es. etrusco)
III. Può avere a che fare con una scrittura sconosciuta che serve a notare
una lingua sconosciuta (es. lineare B)
La prima cosa da determinare era il tipo di sistema grafico usato nelle
tavolette. Vi sono tre sistemi grafici nelle scritture del mondo:
1) Sistema ideografico
2) Sistema sillabico: ogni segno corrisponde a una vocale o a una
consonante più vocale (es. oggi: la kana giapponese). Le scritture
sillabiche necessitano 60/90 segni.
3) Sistema alfabetico, legato a un numero ristretto di segni
La scrittura lineare B comportava circa 80 segni. Erano troppi per una
scrittura alfabetica e troppo pochi per una scrittura ideografica la lineare B
era sillabica.
1940 Ventris pubblica un articolo nell’ “American Journal of Archaeology”
intitolato “Avviamento alla lingua minoica”
L’idea era di cercare una lingua apparentata al minoico; l’etrusco, agli occhi di
Ventris, era un candidato valido, poiché esiste una teoria secondo la quale gli
etruschi sarebbero approdati in Italia provenendo dall’Egeo.
Ventris era convinto, in legame con le deduzioni di Evans, che i cretesi non
avessero nulla a che fare con i greci.
1948 Ventris ottiene il diploma di architetto
1950 Fa circolare, in seno a un gruppo di 12 specialisti, un formulario con
quesiti
Mette in ordine le risposte e fa circolare un dattiloscritto con un suo parere.
Insiste sul fatto che il primo passo verso una decifrazione della lineare B è
legato all’identificazione delle alternanze tra i segni del sillabario B,
indipendentemente dal valore fonetico di questi ultimi. Secondo la
confessione dello stesso Ventris, il suo compito si sarebbe fermato lì:
numerosi impegni si facevano pressanti nel campo dell’architettura
MA
Già iniziava nuove ricerche che avrebbero portato alla decifrazione
1952 Propose di riconoscere una lingua greca dietro i sillabogrammi della
lineare B.
Cominciò effettuando delle statistiche sulla frequenza di ogni segno in
iniziale, in finale di parola o in qualsiasi altra posizione. Risultò che tre segni
erano molto frequenti in iniziale di parola (p. 41), e uno dei tre, il trono, anche
in finale. In alcuni casi, inoltre, capitava di ritrovare questi segni all’interno
delle parole. Due dei tre segni, la doppia ascia e il trono, erano stati
interpretati da Evans come determinativi; il fatto che si trovassero anche in
posizioni diverse da quella iniziale o da quella finale, consentiva di escludere
tale ipotesi.
+
In un sillabario composto da vocali e da consonanti più vocali, i segni vocalici
sono utilizzati all’iniziale ogniqualvolta una parola comincia per vocale, e
appaiono invece all’interno dei gruppi di segni solo nei casi in cui seguono
una vocale è facile immaginare che si troveranno soprattutto all’iniziale vi
sono buoni motivi per ritenere che questi tre simboli siano dei segni vocalici.
Alcune parole presentano una variante di un solo segno. Ciò non può essere
casuale tali varianti dimostrano l’esistenza di una parentela tra i segni che
si sostituiscono l’uno all’altro. Le varianti più numerose sono attestate in
finale. Alice Kober aveva avanzato l’ipotesi che si trattasse di flessioni in
modo da poter esprimere una relazione grammaticale. Ventris notò che, se le
parole attestate erano principalmente degli antroponimi, le flessioni erano
probabilmente il frutto di declinazioni. Si accorse che alcuni gruppi di segni
erano attestati a volte sotto forme flesse, che apparivano a volte precedute
da un gruppo di due segni (p. 43) che doveva indicare una preposizione, e
potevano essere espresse con la sostituzione di un segno alla presumibile
desinenza del nominativo. La presenza di fenomeni di sostituzione può
essere legata a due fattori:
 O all’aggiunta di suffissi indipendenti
 O a flessioni simili a quelle del latino
Il fatto di ritrovare nella lineare B vari tipi di flessioni, testimoniava a favore
della seconda ipotesi Ventris poté stabilire una nuova serie di relazioni tra i
segni che, verosimilmente, potevano avere la stessa consonante ma vocali
diverse. Disponendo di esempi ripetuti di alternanze identiche, Ventris era in
grado di proporre un prospetto abbastanza ricco che consentiva di avvicinare
tra loro un numero cospicuo di segni della lineare B; in alcuni casi le
alternanze erano dovute a un cambiamento di genere, perché la loro
presenza era legata all’associazione con l’ideogramma dell’uomo o della
donna Ventris fu in grado di redigere un elenco che distingueva tra segni
associati al maschile e segni associati al femminile. Partendo dal principio
che il femminile derivasse dal maschile come nel latino, si poteva supporre
che ognuno dei segni di queste due colonne avesse la stessa vocale. Nel suo
“Appunto di lavoro n.15”, Ventris compila un prospetto che tiene conto di tutti
questi dati: i segni vi sono disposti in colonne a seconda della funzione
presunta attribuita al suffisso per poter capire immediatamente le parentele
vocaliche o consonantiche tra i segni (p.45). A partire da tale lavoro, si potrà
estrarre una griglia che rappresenterà un’intelaiatura dei valori fonetici da
attribuire ai sillabogrammi della lineare B; così fece Ventris propose un
nuovo prospetto contenente 5 colonne, che corrispondevano alle 5 vocali da
lui postulate per la lineare B. All’interno di ognuna delle 5 colonne, 15 posti
erano riservati alle consonanti.
Secondo Ventris, i vocaboli corrispondevano a nomi di luoghi e ai loro derivati
e non a nomi di persone i ruppi di segni più lunghi, costruiti sulla forma
originale, dovevano essere i derivati maschili e femminili dei nomi di città, e
indicare gli abitanti di queste località.
Secondo Ventris, i terzetti attestati nei testi di Cnosso offrivano maggiori
possibilità di identificazione rispetto a quelli delle tavolette di Pilo, poiché più
numerosi sono i toponimi antichi sopravvissuti nella toponomastica cretese,
anche nel vocabolario moderno.
Dopo l’identificazione dei nomi di località, Ventris passa all’analisi di un nome
che serve verosimilmente a indicare un prodotto agricolo, trascritto con i
sillabogrammi 70-53-57-14-52 a Cnosso e 70-53-25-01-06 a Pilo. L’inizio di
questa parola si legge ko-li o ko-ri e la finale to-no o ta-na può solo
corrispondere al nome greco del coriandolo, che si legge koriannon. Tale
parola è greca, ma potrebbe essere uno dei tanti nomi stranieri di spezie
introdotti nel greco l’identificazione di 70-53-57-14-52 con koriandron non
significa necessariamente che la lingua della lineare B possa avere qualcosa
a che fare col greco.
+
I nomi utilizzati per indicare i ragazzi e le ragazze sono già stati individuati da
Cowley. Ambedue iniziano con il sillabogramma 70, il cui valore fonetico è ko.
Vi è solo un vocabolo che presenta tale valore per indicare i nomi dei ragazzi
e delle ragazze: è il nome greco “koros” al maschile, “korè” al femminile, due
termini attestati in ionico-attico per i quali l’etimologia restituisce gli archetipi
“korwus” e “korwa”. I sillabogrammi 42 e 54 della lineare B potrebbero quindi
avere valore fonetico wo e wa. In tal caso, la consonante II della griglia
sarebbe -w-; 42 e 54 sono sul rigo II. Ora 42 può solo essere -wo- ed elimina
così 10 dalla colonna II la flessione -10/-42/-75, preceduta da un segno
della colonna III con timbro vocalico e, è quindi del tipo e-10, e-wo, e-we, il
che fa pensare alla declinazione dei nomi di mestieri in -Єvç del greco.
+
La parola usata per indicare il totale è 05-12 per il maschile e 05-31 per il
femminile o il neutro. Foneticamente, essi corrispondono a delle forme to-so
e to-sa che ci ricordano le parole greche tosos e tosa utilizzate per significare
il totale.
QUINDI
L’ipotesi greca diventa sempre più verosimile e Ventris deve convincersi che
la lingua delle tavolette in lineare B di Cnosso e di Pilo è una lingua greca.
Ventris intitola il suo “Appunto di lavoro n. 20” “Le tavolette di Cnosso e di
Pilo sono scritte in greco?”. La comunità scientifica gli darà ragione, così
come la ricerca archeologica, perché si scopriranno nuovi testi che
consentiranno di provare che Ventris non si era sbagliato.

I GRANDI VICINI E LE LORO SCRITTURE


Per capire la storia delle scritture egee occorre aprire una finestra sulle
decifrazioni e la struttura dei testi dell’Egitto faraonico e dell’Asia anteriore.

1. L’Egitto e Jean-François Champollion


Il nome Egitto deriva dall’egiziano Hikuptah (castello del ka), anima di Ptah,
uno dei nomi della città di Menfi; i greci hanno trasformato questo termine in
Aiguptos.
La civiltà dell’Egitto è una delle più antiche del mondo, ma soltanto durante il
XVIII secolo la storia di questo paese iniziò a esercitare fascino. Prima,
l’unica arte degna di questo nome era quella greca.
Gli enciclopedisti hanno cominciato a scuotere una società secolarizzata e un
loro discepolo, Constantin de Chasseboeuf (Volney), nel 1787 pubblica
“Viaggio in Egitto e in Siria”: “Se la terra d’Egitto fosse nelle mani di una
nazione amante delle Arti, vi si troverebbero, per la conoscenza dell’Antichità,
risorse che per ora il resto della terra sembra rifiutare”.
Napoleone darà all’egittologia uno slancio decisivo, lanciando la spedizione
d’Egitto. Da tempo illustri pensatori francesi hanno rivolto lo sguardo verso
l’Egitto l’impero ottomano è sul punto di crollare ed è opportuno che la
Francia tenti di accaparrarsi parte delle sue spoglie e dell’Egitto.
1798 Il ministro Talleyrand sostiene che l’Egitto aspetta un governo
illuminato per valorizzare il suo patrimonio. Se tale governo agisse
sotto la guida della Francia, sarebbe possibile riaprire a rotta verso le
Indie attraverso Suez e portare così un colpo decisivo al commercio
dell’Inghilterra.
Talleyrand vuole allontanare dalla Francia Bonaparte, il cui prestigio potrebbe
far correre dei rischi al fragile governo di Parigi.
Bonaparte deve accettare di partire per l’Egitto; anni dopo confesserà che
quello che gli importava allora era attirare l’attenzione sulle sue prodezze e
risvegliare l’interesse dell’Europa per l’antico splendore dell’impero dei
faraoni. Berthollet fu incaricato di reclutare gli uomini più autorevoli per
partecipare a una spedizione scientifica il cui obiettivo finale era segreto.
L’attività di questi studiosi avrebbe puntato a risolvere i problemi più
immediati, poi avrebbe fornito una valutazione scientifica dell’Egitto
contemporaneo e si sarebbe orientata verso la riscoperta dell’Egitto antico.
MA
La spedizione fu un disastro politico e militare.
17 luglio 1799 Michel-Ange Lancret annunciava la scoperta a Rosetta di
iscrizioni: “Una pietra di granito nero con tre iscrizioni
distinte,
disposte in tre strati paralleli:
1. Caratteri geroglifici
2. Caratteri demotici (versione tardiva della scrittura
geroglifica)
3. Greco”
Gli scopritori di tale meraviglia si sono resi subito conto di quanto linguisti e
specialisti delle scritture antiche avrebbero potuto ricavare dallo studio di
questo monumento. La pietra divenne causa di litigio tra francesi e inglesi.
Questi ultimi pretesero la pietra di Rosetta come bottino di guerra fu
collocata al posto d’onore nel British Museum è su copie imperfette che
lavora l’uomo che sarà il decifratore della scrittura dei faraoni: Jean-François
Champollion.
Champollion nasce il 23 dicembre del 1790 a Figeac (non ha avuto nulla a
che fare con la spedizione d’Egitto) e studierà presso l’abate Dussert, che nel
1803
Scrive al fratello maggiore di Jean di essere molto soddisfatto dell’allievo, e
perciò lo autorizza a “studiare non soltanto l’ebraico ma anche l’arabo, il
siriaco e l’aramaico” è questo il punto di partenza che porterà Jean-
François al copto e all’Egitto. Egli giungerà al copto leggendo la Bibbia nella
lingua originale e all’Egitto tramite la conoscenza di autori greci specialisti dei
geroglifici.
Il termine geroglifico usato per designare la scrittura dell’antico Egitto è stato
utilizzato per la prima volta da Clemente d’Alessandria. Tale tipo di scrittura è
attestato principalmente sui monumenti, mentre su altri supporti si sono
sviluppare forme raffinate ma più semplici di scritture.
La scrittura ieratica è attestata sin dalle prime dinastie dell’antico Egitto e
resta in uso fino alla fine del Nuovo Impero.
VII sec. a.C. Comincia a sostituire la scrittura ieratica una scrittura ancora
più corsiva, nella quale non è più possibile risalire ai disegni
della scrittura geroglifica la scrittura demotica, che
conoscerà larga diffusione nel I sec.
V sec. d.C. I geroglifici rappresentano un enigma per i filologi.
1640 Un gesuita di Hesse, Athanasius Kircher afferma che il copto, scritto
con caratteri molto vicini al greco, è la lingua parlata dagli antichi
abitanti della terra dei faraoni.
Kircher è una specie di genio dai molteplici interessi che vive a Roma.
L’identificazione del copto con l’antica lingua dei faraoni avrà un ruolo
determinante sulle scelte scientifiche di Champollion e sulla decifrazione della
scrittura egiziana.
Ai genitori, Jean-François scriveva: “Voglio fare uno studio approfondito
dell’Egitto”.
1809 I due fratelli partono per Parigi.
Champollion studia il copto ricopiando i manoscritti della Biblioteca
Nazionale è convinto della validità della teoria di Kircher. Legge tutto
quanto è stato pubblicato sulla scrittura dei faraoni, compresi i lavori di Jean-
Jacques Barthélemy (capace di predicare in un numero impressionante di
lingue e appassionato di egittologia sostiene che i geroglifici riuniti
all’interno dei cartigli incisi o dipinti sui monumenti egiziani rappresentano
nomi di re o di divinità
+
Sottolinea la parentela esistente tra la scrittura geroglifica, ieratica, e le forme
di scrittura corsive, demotica).
In Inghilterra, anche Thomas Young (medico e fisico) affrontava i misteri della
pietra di Rosetta. Young rileva il numero dei gruppi isolati in ognuna delle tre
grafie della pietra e li paragona tra loro, tenendo conto della teoria di
Barthélemy: la parola “re” è attestata 30 volte in greco e un gruppo di segni
identici è menzionato 37 volte nel testo in demotico. La parola “Tolomeo” è
citata 11 volte nella versione greca, e nel testo in geroglifico troviamo un
cartiglio contenente un medesimo gruppo di segni ripetuto 4 volte. Si tratta,
secondo Young, della traduzione in scrittura sacra del nome greco
Ptolemaios propone di attribuire ai segni del cartiglio i valori fonetici
attestati nella parola greca. 8 segni sono disposti nel cartiglio: un quadrato
che si leggerà P, una mezza luna che si leggerà T, un nodo di cui non si terrà
conto, un leone sdraiato al quale si attribuirà il valore OLE, una spilla
allungata che si trascriverà MA, due giunchi che avranno valore I e una forma
verticale che corrisponderà a OS.
MA
Young fa entrare nella composizione elementi eterogenei di ordine alfabetico,
sillabico, disillabico e un elemento zero
MA
Le congetture di Young circa le coincidenze tra alcuni gruppi di segni del
geroglifico e alcune parole della versione greca sembrano confermate.
Per Champollion, il contenuto dell’iscrizione era noto dalla versione greca e
dalla decifrazione parziale del testo demotico effettuata da Sacy, Akerblad e
Young
+
Il punto di partenza era rappresentato dall’identificazione del nome
“Ptolemaios” in quattro dei cartigli del testo geroglifico
MA
Il sistema grafico del geroglifico era ideografico, alfabetico o sillabico?
Esistevano davvero segni che non avevano alcun significato fonetico?
Champollion, paragonando i segni del geroglifico a quelli della scrittura
ieratica, riesce a dimostrare che lo ieratico “è soltanto una semplificazione del
sistema geroglifico”, che si scosta da quest’ultimo unicamente a causa della
forma dei segni questa dimostrazione permette (agosto 1821) di formulare
il principio della strettissima parentela tra i tre sistemi grafici egiziani
MA
Champollion è sempre convinto che la scrittura geroglifica sia una scrittura
ideografica.
23 dicembre 1821 Champollion ha l’idea di effettuare il calcolo preciso dei
segni geroglifici, demotici e greci attestati sulla stele di
Rosetta:
A fronte di 486 parole greche vi sono 1419 geroglifici, scomponendo i quali si
ottengono 180 segni diversi la conclusione che si impone è che questi
segni non rappresentano degli ideogrammi esprimenti ognuno un’oggetto
la scrittura geroglifica non poteva essere né puramente ideografica né
puramente alfabetica
+
i suoi segni dovevano avere un valore fonetico. Champollion comincia a
rivedere l’insieme dei valori proposti da Young per i segni del cartiglio di
Tolomeo considerava sicuri solo i valor P, T, L, M e S.
1822 Giunge all’ellenista Letronne, autore della migliore analisi del testo
greco inciso sulla pietra di Rosetta, una litografia rappresentante un
obelisco dedicato alla regina Cleopatra.
Il testo è bilingue.
Champollion paragona i cartigli di Ptolemaios e quello di Cleopatra
rintraccia il segno con valore L; la forma della T è diversa Champollion
pensa che si possa scegliere tra vari segni geroglifici per notare uno stesso
suono. Prende in esame tutti i nomi di sovrani di cui l’abate Barthélemy ha
scoperto l’esistenza nei cartigli decifra 12 segni.
+
Studiando le costellazioni che adornano il monumento astronomico di
Dandera scopre il valore dei determinativi, elementi essenziali del sistema
grafico egiziano.
1822 Champollion riassume:
1. La lingua copta è la lingua degli dèi, dei re e dei sacerdoti
2. Le tre scritture dell’antico Egitto, la geroglifica, la ieratica e la
demotica, formano un sistema unico
3. I geroglifici hanno un valore fonetico e anche, a volte,
ideografico.
4. I nomi greci e romani si scrivono sottoforma geroglifica in
caratteri alfabeto-sillabici.
5. Alcuni segni hanno una funzione muta.
Interpretando due nomi di re dei periodi precedenti al periodo ellenistico-
romano, delle grandi dinastie dell’antico Egitto, Champollion penetra nel
cuore del sistema geroglifico.
27 settembre 1822 La “Lettre à M. Dacier” viene letta davanti
all’Accademia.
L’EGITTOLOGIA ENTRA NELLA STORIA.
Per esprimere azioni e idee percettibili ai sensi, si possono utilizzare
logogrammi senza indicazioni fonetiche (es. “regnare” può essere reso dallo
scettro).
MA
Spesso conviene che il suono sia a sua volta precisato molto presto
l’egiziano riuscì a rimpiazzare la rappresentazione di concetti difficilmente
traducibili in immagini con delle figure, le quali, tradotte foneticamente,
presentavano un suono identico ma avevano un significato diverso (es. una
casa, “pr”, per rappresentare “prj”, uscire) lo scriba poteva esprimere
“orecchio”, “msdr”, sia con il logogramma dell’orecchio, sia scrivendo l’uno
accanto all’altro i segni “ms”, ventaglio, e “dr”, paniere. La scrittura egiziana
non teneva conto delle vocali. Furono creati dei segni che non si
pronunciavano, piazzati alla fine della parola per consentire di distinguere le
parole omomorfe o omografe (es. casa + piedi).
Il fatto che non abbiano mai abbandonato questa scrittura, è dovuto al fatto
che senza tutti gli elementi di questo sistema la scrittura diventa un veicolo
ambiguo per il pensiero, uno strumento di difficile interpretazione.

2. L’Oriente cuneiforme
La scrittura cuneiforme giaceva dimenticata sotto le colline (tell) d’Oriente.
Già nell’antichità le conoscenze del mondo classico sulla scrittura dei popoli
orientali erano scarse. La prima notizia è in una lettera del 1621 a firma di
Pietro della Valle, viaggiatore veneziano, da Shiras (in Persia).
1674 Il francese Chardin visita le Indie e la Persia e pubblica la prima copia
integrale di un’iscrizione persiana.
Fine ‘700 Engelbert Kaempfer è il primo a utilizzare il termine “cuneiforme”
per designare l’antica scrittura orientale.
Carsten Niebuhr, durante un soggiorno a Persepoli, fece delle trascrizioni di
iscrizioni trilingue che furono pubblicate nel 1788. Niebuhr riconosceva tre
scritture in quei documenti:
 Antico persiano Il più semplice, poiché comportava solo 42 segni
 Sistema elamitico
 Babilonese
Tutto quanto si conosceva sulla storia degli assiri era dovuto al racconto
biblico.
Il più importante monumento mesopotamico era il “caillou Michaux”,
depositato al Cabinet des Médailles di Parigi.
Non si sapeva nulla dei sumeri, degli accadi e degli ittiti
+
Delle lingue solo il fenicio era stato decifrato nel 1764 dall’abate Barthélemy,
grazie a un testo bilingue scoperto nell’isola di Malta.
1842 Per la prima volta si intraprende uno scavo su una delle colline
artificiali
che caratterizzano il deserto, costituite dall’accumulo dei resti del
passato (tell).
Le prime collezioni di antichità orientali giungono al Louvre nel 1847 e al
British Museum nel 1848.
Gli americani scavano Nippur e scoprono migliaia di documenti in argilla.
Furono i greci a chiamare Mesopotamia il paese incastrato tra il Tigri e
l’Eufrate, ma le antiche civiltà dell’Asia anteriore non si limitano alla regione
da essi bagnata. I più antichi abitanti della zona sono i sumeri, un popolo di
provenienza discussa.
Inizio III millennio a.C. Accanto ai sumeri troviamo i babilonesi, semiti
nomadi
venuti dal deserto siriano.
2000 a.C. Arrivano gli amorriti, altri nomadi semiti
Fine II millennio a.C. Arrivano gli aramei, altri semiti.
I millennio d.C. La Mesopotamia è occupata dagli arabi.
La diffusione della scrittura cuneiforme
Metà II millennio a.C. Troviamo il sistema cuneiforme a est nell’Elam, la
regione del sud-est iranico che aveva relazioni
commerciali con le culture sumeriche e babilonesi.
Questo sistema serviva a notare l’accadico e anche l’elamitico, che è la
scrittura di una lingua che non è né indoeuropea, né semitica.
I millennio a.C. I persiani emigrarono dall’America in Iran e conservarono
amministrazione, lingua e scrittura elamitiche.
A ovest, l’influenza della civiltà mesopotamica si fece sentire ancora
maggiormente gli urriti adottarono la scrittura cuneiforme per notare la loro
lingua che non era né semitica né indoeuropea. Attraverso gli urriti, la
scrittura cuneiforme si diffuse tra i popoli dell’Asia Minore, soprattutto presso
gli ittiti, che erano indoeuropei gli ittiti utilizzarono il cuneiforme per scrivere
i testi anche nella lingua dei popoli vicini.
IX/VI sec. a.C. Gli urartei occuparono l’Armenia.
Essi scrissero i testi della loro lingua con l’aiuto della scrittura cuneiforme
neoassira, importata dall’Assiria in quell’epoca.
Esistono nell’Oriente antico due creazioni di nuove scritture sulla base della
scrittura cuneiforme:
1. A Ugarit (sulla costa siropalestinese) è stata creata una scrittura
alfabetica di una trentina di segni, senza ideogrammi e segni
determinativi, che imita la scrittura cuneiforme
2. La scrittura dell’antico persiano, che ha in comune con la scrittura
cuneiforme babilonese il motivo del cuneo, ma è una scrittura alfabetica
con 36 segni fonetici e qualche elemento di scrittura sillabica.
L’elemento comune a tutti i regimi che si sono succeduti in Mesopotamia è la
scrittura cuneiforme. Essa era all’inizio costituita da disegni che
rappresentavano oggetti, ma poiché, a differenza dei testi egiziani incisi su
pietra o dipinti su papiri, il supporto della scrittura mesopotamica era
soprattutto l’argilla, gli scribi furono costretti a procedere nella stesura dei loro
documenti con incisioni a forma di cunei. Per esprimere la sintassi, gli scribi
hanno dovuto utilizzare dei segni con un valore fonetico.
Sistema grafico Sistema misto nel quale, a seconda della sua posizione
nel discorso, un medesimo segno può esprimere realtà
differenti.
Nella scrittura cuneiforme ritroviamo ideogrammi, segni fonetici e segni
determinativi un segno ideografico può pronunciarsi in modo diverso nelle
scritture dei vari popoli. I segni fonetici delle scritture cuneiformi sono sillabe; i
determinativi vengono collocati prima delle parole e raramente dopo. Questi
determinativi sono identici in tutte le scritture cuneiforme. Le ragioni del suo
successo duraturo ed esteso risiedono probabilmente nel fatto che la scrittura
cuneiforme consentiva a tanti popoli di notare altre lingue dell’Asia anteriore,
ed è quindi diventata uno strumento apprezzato per la comunicazione tra i
mercanti e gli stati.
+
Il fatto che sia stata utilizzata fuori dalla sua terra d’origine ne dimostra la
grande duttilità.
Le decifrazioni nell’Asia anteriore
1798 Oluf Gerhard Tychsen scopre che, in antico persano, un solo cuneo
obliquo ha il ruolo di interpunzione
+
Giunge alla conclusione che le tre scritture scoperte da Niebuhr
corrispondono a tre lingue diverse.
1802 Friedrich Muenter afferma che le iscrizioni degli antichi re di Persia
appartenevano alla dinastia degli achemenidi.
Questi sovrani avevano regnato sulla Persia dalla seconda metà del VI sec.
a.C. fino alla conquista di Alessandro Magno nel 332. La loro lingua doveva
essere l’avesta, la lingua del libro sacro degli indiani.
Muenter aggiunge inoltre che le prime iscrizioni in antico persiano erano
alfabetiche, mentre quelle in elamitico e in babilonese erano rispettivamente
sillabiche e ideografiche. Il loro contenuto era identico, cosa frequente nei
testi antichi: le ripetizioni di parole della prima iscrizione si potevano rilevare
anche nella seconda e nella terza.
L’uomo che riuscì a penetrare i misteri dell’antico persiano fu un dilettante,
giovane professore di liceo: Georg Friedrich Grotefend di Goettingen (1775-
1853). Egli non aveva alcuna conoscenza delle lingue orientali e non
disponeva di nessuna iscrizione bilingue
MA
Il suo lavoro era basato su dati precisi:
 Il cuneo obliquo attestato nelle iscrizioni di Persepoli era
un’interpunzione.
 L’iscrizione in antico persiano era probabilmente alfabetica tra due
interpunzioni si potevano, in alcuni casi, contare fino a 10 segni: è quasi
impossibile riscontrare casi del genere nelle scritture sillabiche
 Erano i tre achemenidi ad aver ordinato le iscrizioni di Persepoli
 Le iscrizioni del primo gruppo erano redatte nella lingua di questi
sovrani che doveva essere l’antico persiano
 Le iscrizioni dovevano consistere in genealogie.
Grotefend esaminò la genealogia dei nomi di re persiani tramandata da
Erodoto e cercò i nomi che potevano meglio corrispondere ai segni
dell’iscrizione. Notò che il padre dell’autore della seconda iscrizione aveva
anch’egli il titolo di “re”, mentre il padre dell’autore della prima iscrizione non
aveva un titolo del genere l’autore della seconda iscrizione doveva essere
Serse, il cui padre, Dario, era re, mentre l’autore della prima iscrizione
doveva essere Dario, il cui padre, Istaspe, non aveva diritto al titolo Erano
stati identificati i nomi di Serse, Dario e Istaspe; bastava trovare il loro
corrispondente in antico persiano e, per ottenerlo, era sufficiente passare
attraverso l’avestico Gotefend riuscì ad ottenere 15 valori fonetici.
Altri studiosi completarono il lavoro di Grotefend.
1836 Il francese Emile Burnouf e il tedesco Lassen riuscirono, grazie a un
elenco di popoli ripreso in una delle iscrizioni, a definire la maggior
parte dei valori fonetici.
Nello stesso periodo, l’inglese Henry Rawlinson entrava al servizio della
Persia come consigliere militare. Fu lui a scoprire l’iscrizione di Dario
scolpita sulle rocce di Behistun. Non sapeva molto del lavoro di Grotefend, e
decise di affrontare la decifrazione dell’iscrizione le conclusioni cui giunse
risultavano simili a quelle di Grotefend. L’iscrizione di Behistum gli aveva
consentito di affermare la validità dell’avvicinamento tra l’antico persiano,
l’avestico e il sanscrito e, sulla base del paragone tra queste lingue, interpretò
le parole e le forme grammaticali dell’antico persiano.
Ma le iscrizioni dei re achemenidi erano trilingue: una volta decifrata la
versione in antico persiano, sarebbe stato molto più semplice affrontare le
versioni in cuneiforme elamitico e in cuneiforme babilonese. L’iscrizione in
elamitico era notata tramite una scrittura sillabica che comprendeva circa 111
segni diversi. L’assenza di interpunzione rappresentava un ostacolo per i
decifratori.
1853 L’inglese Norris pubblicava la versione elamitica dell’iscrizione di
Behistun.
Il genere di scrittura assiro-babilonese era attestato su monumenti e tavolette
d’argilla che venivano alla luce da tutti gli scavi d’Oriente la scrittura
accadica era servita ad alimentare una letteratura particolarmente ricca ed
estesa (≠ antico persiano e elamitico). Per decifrare questi testi, era di nuovo
necessario partire dall’iscrizione in antico persiano. L’impresa non era
semplice perché questa scrittura contava più di 300 segni diversi e non
esistevano interpunzioni. Oggi sappiamo che una parola poteva essere
trascritta con vari segni sillabici o con un logogramma, ma i primi che
s’interessarono a questi testi nulla sapevano di un simile modo, perciò questa
scrittura li disorientò. Le tappe che portarono alla decifrazione della scrittura
accadica:
1) Grotefend riuscì a isolare le grafie accadiche delle parole corrispondenti
ai nomi di Dario, Serse e Istaspe
+
Avanzò l’ipotesi che il nome del re Nebukadnezar fosse attestato su
alcuni mattoni trovati a Babilonia.
2) Lo svedese Isidore Loewenstern fu il primo a sostenere che la lingua
accadica era semitica e ad avanzare l’ipotesi che i segni fonetici
dell’accadico fossero consonanti, poiché le scritture semitiche più
recenti omettono di notare le vocali
+
Fece notare che esistevano segni diversi per notare ogni consonante.
3) 1850 Edward Hincks constatò che non esisteva un unico segno della
scrittura accadica per indicare una consonante ognuno
rappresentava una consonante seguita da vocale o una vocale
seguita da consonante; altri avevano il valore di consonante più
vocale più consonante e potevano essere scomposti in due
elementi sillabici.
Hincks dimostrò che lo stesso segno poteva essere utilizzato come
logogramma, come segno sillabico e come determinativo
+
Riuscì a identificare i determinativi utilizzati per i nomi di divinità e di
paese e gli antroponimi maschili e femminili.
4) Botta, lo scavatore del Palazzo di Khorsabad, scoprì che una parola
poteva essere resa o da un ideogramma o da un gruppo di segni
sillabici.
5) Rawlinson dimostrò come gran parte dei segni assiri è polifonica. Fece
un elenco di 246 segni che oggi costituisce la base delle tavolette di
segni che vengono proposti nelle ricerche in assiriologia.
La lingua sumerica non presenta affinità con nessuna delle lingue in
Mesopotamia
+
È scomparsa come lingua vivente poco dopo il regno di Hammurabi; da quel
momento fu utilizzata unicamente per motivi religiosi dai sacerdoti babilonesi.
I babilonesi hanno tentato in ogni modo di imparare la lingua morta dei
sacerdoti hanno redatto elenchi dei più rari valori fonetici del sumerico,
esempi grammaticali e vocaboli e hanno conservato testi religiosi sumerici.

3. L’Anatolia e gli ittiti


Gli ittiti sono tra i popoli che hanno avuto stretti contatti con gli egei.
Fine III millennio a.C. Gli ittiti hanno occupato l’altopiano anatolico.
II millennio L’ittita soppianta la lingua indigena non indoeuropea parlata nel
paese di Hatti.
La lingua ittita si presenta sotto due forme differenziate:
 XVII-XV sec. Paleoittita dell’antico regno
 XIV-XIII sec. Ittita imperiale
A sud di Cesarea e del monte Argeo doveva trovarsi la linea di demarcazione
tra il paese ittita e quello luvio. Il luvio è una denominazione linguistica la
lingua luvia è una lingua indoeuropea di struttura identica all’ittita, da cui si
distingue per la morfologia più evoluta e il lessico invaso da elementi
straniera. Ittita e luvio sono considerati i due rami dialettali di una lingua
anatolica.
Se facciamo un elenco delle località a ovest dei confini del territorio degli ittiti,
constatiamo che ci si avvicina all’Egeo senza arrivare fino alle sue sponde, e
si ottiene una linea che congiunge la Lidia orientale alla Panfilia passando per
l’alto Meandro. A nord e a ovest di questa linea, le lingue anatoliche
contemporanee del mondo miceneo sono sconosciute. Lì sono i confini
dell’impero, le regioni che gli ittiti comprendevano sotto il termine etnopolitico
di Arzawa, zona che è stata militarmente controllata per tre o quattro secoli
dai re di Hattusa. I principi di Arzawa hanno nomi luvi è possibile
immaginare che il luvio si estendesse a ovest della regione dei laghi fino ai
confini della Licia-Pisidia. In quell’area, i re dell’Arzawa sarebbero entrati in
contatto con gli achei, i principi di Ahhiyawa.
1924 Forrer cercò di dimostrare che gli ahhiyawa menzionati nei documenti
ittiti erano re achei.
Il popolo di Ahhiyawa, che controllava la regione di Millawanda, non è mai
stato sotto il dominio degli ittiti il re degli ahhiyawa, sotto Tudhaliya IV,
veniva considerato un pari del sovrano ittita, accanto ai re d’Egitto, di
Babilonia e d’Assiria. Ahhiyawa commerciava con la Siria perché il re ittita
vietava il transito delle merci di Ahhiyawa in direzione dell’Assiria. Queste
informazioni coincidono con quanto sappiamo del versante egeo.
L’intensità dei rapporti tra il continente greco e la parte orientale dell’Egeo,
che possiamo ricavare dai testi, era reale e le amministrazioni palaziali
facevano sentire la loro presenza sulle cose anatoliche i micenei, come i
loro predecessori minoici, commerciavano con la Siria l’identificazione degli
ahhiyawa con gli achei o i micenei è convincente.
Sulla base dei testi ittiti è sicuro che verso la metà del II millennio a.C. gli ittiti
abbiano conosciuto degli achei nell’ovest anatolico. È probabile che Mileto sia
stata al centro dei dissidi tra ittiti e achei.
L’identificazione del regno degli ahhiyawa con una regione precisa resta
ipotetica.
La presenza micenea è incontestabile lungo le rive dell’Anatolia
MA
Nulla prova l’intensità dei contatti tra micenei e ittiti, poiché questi ultimi non
sono molto presenti nell’Egeo si ha l’impressione che gli ittiti siano stati da
sempre attratti dal sud-est siro-mesopotamico, non dall’Egeo.
La storia della riscoperta del mondo ittita è tutta legata al nostro secolo.
1906 Hugo Winckler scopre l’archivio dei re ittiti.
I documenti erano scritti su tavolette d’argilla e in cuneiforme babilonese; solo
una piccola parte era in accadico: la maggior parte erano in ittita cuneiforme.
All’inizio della Prima Guerra mondiale, lo studioso ceco Bedrich Hrozny
decifra questi testi che risultano appartenere a una lingua indoeuropea. Egli
prese in considerazione i testi ittiti collegati tra loro; il metodo consisteva nel
partire dal tipo di scrittura ideografica peculiare dell’ittita. Un testo ittita
contiene sempre: logogrammi sumerici, parole e frasi accadiche e parole ittite
+
Molti testi ittiti sono ripetitivi, e questo aiutò il decifratore.
Hrozny ha voluto applicare allo studio dell’ittita anche il metodo
etimologico partì dall’indoeuropeo per spiegare le parole che resistevano
all’interpretazione combinatoria
MA
È pericoloso isolare una parola dal suo contesto per interpretarla.

L’ORIGINE DELLA SCRITTURA


NELL’EGEO
Ne “La Préhistoire. À la recherche du paradis perdu” del 1982, Gabriel
Camps tenta ti comparare l’elaborazione della scrittura con lo sviluppo della
civiltà. Ci si rende conto che i progressi che si sono verificati grazie al
rapporto tra le civiltà e la scrittura sono recentissimi.
12.000.000 di anni fa Il ramapiteco abbandona la foresta per la savana
3 milioni di anni fa Australopitechi
500.000/100.000 a.C. Appare il pitecantropo
400.000 a.C. L’ominide usa il fuoco
250.000 a.C. Fabbrica degli arnesi c’è una forma di pensiero concettuale.
100.000/30.000 a.C. Uomo di Neanderthal (nostro diretto avo), capace di
pensiero riflessivo.
Dal 35.000 a.C. Appare l’homo sapiens sapiens.
Da qui la storia si accelera.
10.000 anni fa Rivoluzione neolitica che si conclude nel:
V millennio a.C. Comparsa della scrittura.

1. I primi documenti amministrativi egei.


La civiltà dell’isola di Creta ha dominato il bacino dell’Egeo e più di qualunque
altra condizionato la sua cultura.
L’origine della scrittura nell’Egeo non risale al periodo (2.800 a.C. ca.) in cui i
primi coloni (minoici) provenienti dall’Anatolia nord-occidentale si sono
stanziati nell’isola di Creta. Essi hanno raggiunto presto un notevole
benessere, grazio allo sviluppo dell’agricoltura e alle prime imprese
commerciali di cui sono stati promotori le realizzazioni architettoniche e
artigianali illustrano il salto di qualità compiuto dalla civiltà minoica tra il 2.800
a.C. e la fine del bronzo antico (fine del III millennio a.C.) non vi sono case
di pianta complessa nel bronzo antico I (3.000-2.500 a.C. ca.), mentre a
partire dal bronzo antico II (2.500-2.300 a.C. ca.) cominciano a sorgere
costruzioni più articolare. Dall’aggiunta frequente di nuovi ambienti se ne
ricava l’impressione di uno sviluppo costante, dettato da condizioni
economiche in perenne incremento. La costruzione di complessi architettonici
come quello di Vassiliki e i corredi che accompagnano le sepolture
dimostrano che vi sono delle diversità tra le classi della società minoica
colui che abita a Vassiliki gode di privilegi.
I viaggi verso il levante e verso l’Egitto hanno messo i minoici a contatto con
popoli che conoscevano l’arte della lavorazione della pietra e l’arte della
scrittura presto i minoici assimileranno l’arte della lavorazione della pietra,
seguendo, all’inizio, i modelli egiziani
MA
Rimarranno per un lungo periodo passivi di fronte alle testimonianze scritte.
Per quanto concerne il mondo greco e la penisola balcanica, su alcuni oggetti
ritrovati appartenenti al periodo neolitico si possono distinguere decorazioni
complesse che sarebbero potute sembrare, a causa di gruppi di segni
simbolici, una protoscrittura.

Altri oggetti (sigilli) apparsi nello stesso periodo sono stati interpretati come
portatori di annotazioni simboliche. Conosciuti nel Vicino Oriente, in Anatolia,
nelle regioni settentrionali dell’Egeo e nei Balcani durante il neolitico, i sigilli
sono in terracotta o in pietra, e la loro sagoma è irregolare. I motivi sono il più
delle volte composti di meandri o di spirali o motivi geometrici o concentrici
questi motivi sono stati considerati da alcuni come i segni di una scrittura in
formazione
MA
Ignoriamo la funzione di questi oggetti.
Nel periodo del bronzo antico fanno apparizione due serie di annotazioni
simboliche:
1) Marche di vasai che ritroviamo lungo tutto il corso della storia. Si tratta
di segni incisi, in genere prima della cottura, su vasi, o stampati con un
sigillo. Spesso si tratta di un motivo geometrico. Il fatto di ritrovare
alcuni di questi segni nelle scritture egee del II millennio a.C. non
significa nulla, poiché gli stessi motivi appaiono presso popoli che non
sono mai stati in contatto tra loro. La funzione di queste marche di vasai
è quindi indipendente da ogni messaggio scritto il fatto che siano
state eseguite prima della cottura esclude che possano essere servite a
indicare il contenuto futuro dei vasi e giustifica l’appellativo di marche di
vasai. Esse rappresentano, nell’Egeo, un’innovazione dell’età del
bronzo.
2) Dei sigilli possiamo venire a conoscenza sia direttamente sia attraverso
la sua impronta su un supporto. I sigilli sono poco attestati nel bronzo
antico I; li ritroviamo, in numero limitato, nel bronzo antico II, ma è dal
bronzo antico III che diventano frequentissimi. I materiali utilizzati
comprendono terracotta, metallo, avorio e pietra, e troviamo sigilli
zoomorfi, conici, prismatici e cilindrici. I motivi sono incisi meno
profondamente che nelle pintaderas neolitiche, e si tratta per la maggior
parte di motivi geometrici e di alcuni identici ad alcune marche di vasai.
Il continente
Alcuni sigilli servono a stampare decorazioni sulla ceramica, altri per
imprimere marche sui vasi, altri a stampare su cretule d’argilla. A Lerna,
cretule d’argilla sono state cotte nell’incendio della Casa delle Tegole. La
cretula d’argilla con le impronte di sigilli sigillava il locale, è un documento
amministrativo. È probabile che, a causa delle dimensioni dell’edificio e dei
suoi magazzini e della quantità di beni conservati, ci fosse bisogno di
documenti amministrativi in grado di supplire alle défaillances della memoria
e capaci di informare il signore del luogo delle operazioni contabili effettuate
dagli impiegati. La Casa delle Tegole è probabilmente la prima dimora del
continente greco che si trovi al centro di un sistema di produzione che
prevede la consegna e la ridistribuzione dei beni provenienti dalle campagne
poste sotto il controllo del padrone. Tali costruzioni dovevano essere
sottoposte a un controllo per evitare che i raccolti fossero soggetti a furti il
sistema di controllo utilizzato a Lerna si colloca nel processo dell’evoluzione
dell’economia neolitica. È difficile immaginare che il proprietario della
costruzione non abbia esercitato un controllo sugli abitanti del territorio di
Lerna è in questo contesto che appare, per la prima volta in Grecia, un
embrione di sistema amministrativo.
All’interno del medio minoico, si distinguono:
1) 2100-1900 Medio minoico IA
2) 1900-1800 Medio minoico IB
3) 1800-1700 Medio minoico II
4) 1700-1600 Medio minoico III
L’inizio del bronzo medio a Creta è stato segnato da un incremento
demografico
+
I siti dei periodi precedenti si estendono
=
Valorizzazione del territorio.
Contrariamente a quanto si pensava, la Creta occidentale non è rimasta
tagliata fuori dallo sviluppo. Le testimonianze archeologiche mostrano che
una straordinaria koinè coinvolgeva tutta l’isola di Creta all’inizio del II
millennio a.C. In questo contesto nascono i Primi palazzi. Alcuni hanno
pensato che tale innovazione fosse dovuta allo sviluppo dei contatti con le
civiltà vicine nel Vicino Oriente le strutture palaziali risalgono a un periodo
largamente anteriore, e non si può escludere che i minoici siano stati
influenzati.
Centri palaziali Grandi insiemi architettonici che raggruppano ambienti con
finalità diverse; nascono nelle zone fertili del territorio
cretese.
Vi si possono rintracciare:
 Funzione economica: la più importante, documentata dall’ampiezza dei
magazzini
 Funzione politica: è la conseguenza della nuova situazione; colui che
riesce a controllare una porzione di territorio è chiamato a esercitare un
potere sulle persone che abitano la regione
 Funzione religiosa: altra conseguenza; l’ambito cultuale avvolge l’ignoto
e il mistero. Esistevano sacerdoti e stregoni in grado di intercedere tra
gli uomini e gli dèi (= in tutte le civiltà). Il nuovo potere di Creta, per
sopravvivere, non può lasciare da parte la sfera cultuale e religiosa
non è sufficiente dominare le necessità degli uomini, bisogna anche
regnare sulle loro anime i padroni dei complessi architettonici del
medio minoico avevano adibito alcuni ambienti a santuari.
I complessi che sorgono a Creta all’inizio del II millennio a.C. sono chiamati
Palazzi, e il signore del Palazzo viene chiamato re o principe. I Primi palazzi
sembrano esser stati costruiti nel medio minoico IB. Si è pensato che i
Palazzi fossero stati inseriti in un tessuto urbano preesistente: il Palazzo
sarebbe stato imposto alla città, e la comunità avrebbe accettato un’autorità
in grado di assicurare protezione.

In realtà, i Palazzi nascono sui resti di edifici che risalgono all’antico
minoico le città si sviluppano insieme ai Palazzi il principe emerge dalla
comunità nella quale è inserito.
Le ossidiane, pietre vulcaniche adatte per fabbricare lame, hanno avuto un
ruolo determinante nello sviluppo della Creta preistorica e protostorica.
L’ossidiana doveva essere importata da Melo, un’isola della Cicladi non
facilmente raggiungibile coloro che erano in grado di recarsi a Melo e
riportarne le ossidiane hanno goduto della massima considerazione dei loro
concittadini, e le loro imprese hanno contribuito a incrementare la loro
ricchezza e il loro ascendente sugli altri
=
Lo stesso vale per chi era in grado di dominare le tecniche ignote ai più (es.
lavorazione dei metalli). Tale posizione privilegiata deve aver generato
ricchezza e potere ed essersi tradotta nella realizzazione di strutture
architettoniche più importanti. Il potere centrale ha bisogno di uno strumento
che sia in grado di supplire alle lacune della memoria e di fornire garanzie sia
alle autorità sia ai lavoratori il Palazzo ha bisogno di una struttura
burocratica la funzione amministrativa si aggiunge alle tre precedenti
1982 A Creta sono venuti alla luce documenti amministrativi, ritrovati nelle
rovine di un insediamento protopalaziale distrutto intorno al 1700 a.C.,
a Monastiraki.
Sono stati scoperti documenti d’argilla che presentavano impronte di sigilli:
servivano a chiudere vasi, panieri e porte. Il locale presentava le
caratteristiche di una sala d’archivio. Quando il terremoto della fine del medio
minoico II ha colpito tutti i centri palatini di Creta, l’étagères e il loro contenuto
si sono sparpagliati al suolo, e si è scatenato un incendio che ha cotto le
cretule. Le cretule venivano raccolte in una sala d’archivio per consentire ai
responsabili dei magazzini di controllare le operazioni. Siamo in grado di
seguire il cammino dei documenti d’archivio lungo tre tappe:
1. Fase di prelievo, da parte dell’autore della cretula, delle razioni
alimentari spettanti
2. L’amministratore locale classificava le cretule rimosse dai contenitori in
una sala d’archivio
3. Al termine dell’anno amministrativo, dopo i controlli, gli amministratori
dei magazzini eliminavano tutte le cretule nelle sale d’archivio e
facevano posto agli strumenti amministrativi destinati a rendere conto
del nuovo ciclo stagionale.
Il ruolo di intermediazione tra il Palazzo e i villaggi era assunto da individui di
cui possiamo percepire l’identità attraverso le cretule. Essi erano incaricati di
vigilare sull’esecuzione degli ordini del Palazzo e sul mantenimento dei tassi
di produzione e di assicurarsi del pagamento da parte delle comunità
contadine dei compensi in natura previsti dal potere centrale si
presentavano ai preposti alla custodia dei magazzini palaziali per ritirare le
razioni alimentari da distribuire al loro personale. Erano in possesso di
documenti d’identità rappresentati dai sigilli, che servivano ad autenticare i
documenti contabili.
Sulla burocrazia delle residenze principesche, c’è continuità tra il mondo
minoico e il mondo miceneo.
Il sistema degli amministratori dei Primi palazzi minoici è efficace ma:
 È complicato perché ogni cretula corrisponde a una sola operazione
contabile e non ci informa sulla natura dei prodotti
 È incompleto perché una cretula non ci dice le ragioni per cui un
individuo poteva pretendere una, due o venti razioni alimentari. Si
ignora tutto dell’economia palaziale a cui afferisce e non si ha idea del
ruolo svolto dai personaggi tra i quali questi beni avrebbero dovuto
essere ripartiti.
Gli amministratori minoici dovranno far fronte allo sviluppo dell’economia e
alle sue esigenze, soprattutto quelle connesse all’intensificarsi delle relazioni
internazionali ormai la presenza cretese è radicata lungo le coste del
Mediterraneo, dalla Siria alla valle del Nilo e alle rive dell’Anatolia.
Parallelamente alle cretule appaiono tavolette d’argilla. Le più antiche
provengono dal Palazzo minoico di Festo e rappresentano la più antica
testimonianza di lineare A a Creta quale la ritroviamo nel periodo dei Secondi
palazzi qualche centinaio di anni dopo. Vi sono inoltre altri testi rozzi ed
elementari, redatti da scribi che non hanno saputo padroneggiare l’uso della
scrittura, come la tavoletta PH11 di Festo. Essa è divisa in scompartimenti
all’interno dei quali sono incisi dei trattini verticali e orizzontali. La tavoletta è
divisa in 10 scompartimenti in modo da separare i conti relativi all’una o
all’altra registrazione. La tavoletta rappresenta un progresso rispetto alle
cretule, poiché in un solo documento sono raccolte decine di operazioni
contabili. L’autore della tavoletta PH11 ha inventato le cifre. Poiché gli
uomini posseggono 10 dita, presto il sistema numerico decimale farà la sua
comparsa: già lo ritroviamo in questo periodo protopalaziale ogniqualvolta
saranno state effettuate 10 operazioni contabili, si abbandoneranno i trattini
verticali per un trattino orizzontale.
MA
Nulla si sa circa la natura dei beni contabilizzati fanno apparizione gli
ideogrammi
MA
Rimangono da registrare i motivi della transazione e spiegare le
circostanze appaiono i segni della scrittura, i simboli che, raggruppati,
formano le parole e danno al discorso un carattere universale che documenti
composti di sole cifre e ideogrammi non posseggono. Nello stesso vano XXV
del Palazzo di Festo sono stati ritrovati documenti che hanno già tali
caratteristiche (es. PH7, in lineare A) Il periodo protopalaziale è dunque
un momento decisivo per quanto concerne l’invenzione della scrittura
nell’Egeo.
A Lerna si trovavano le condizioni che avrebbero consentito ai primi strumenti
amministrativi di evolvere verso forme più strutturate di scrittura
MA
L’invenzione delle cretule di Lerna è rimasta un fatto a sé stante, perché
l’insediamento di Lerna è rimasto una cattedrale nel deserto.

2. La comparsa della scrittura in Mesopotamia e in Egitto


L’Oriente mesopotamico.
III-II millennio a.C. La funzione palaziale era già all’apice dello sviluppo
nell’Oriente mesopotamico.
Per Jacobsen, l’EN, sommo sacerdote dell’epoca predinastica (fine IV-inizio
III millennio a.C.), sarebbe stato incaricato dalla divinità di raccogliere e
distribuire il cibo prodotto dalla comunità l’economia ridistributiva sarebbe
stata concepita nell’ambito religioso e posta sotto il controllo dell’EN si
trattava di un’economia legata al tempio. La scrittura, come strumento di
controllo dei beni e come mezzo di espressione della classe sacerdotale,
sarebbe nata in seno alla struttura templare. Jacobsen vedrebbe tre fasi
nell’evoluzione del sistema politico-economico del Vicino Oriente:
1) Fase di Obeid Società poco gerarchizzata in continuo sviluppo
2) Fase di Uruk Economia e società nelle mani dell’EN, il quale esercita
il potere tramite la struttura templare.
3) Epoca delle dinastie arcaiche Nascita del sistema monarchico e del
sistema palaziale che ne è il
corollario.
Sembrerebbe che le tappe che hanno portato alla struttura palaziale siano
meno nette di quante descritto da Jacobsen:
1) Nel periodo di Obeid (V-IV millennio a.C.) vi sono trasformazioni
nell’abitato che riflettono una nuova struttura della società,
caratterizzata da una gerarchizzazione più accentuata. L’unità di base
delle comunità rimane il villaggio, ma il villaggio cresce ed ecco
apparire, tra le sue case, una costruzione più importante delle altre.
Nulla ci consente di affermare che il signore di queste costruzioni sia stato un
re. Certo, i Palazzi sono molto simili agli edifici del mondo egeo
MA
Non vi sono contatti tra l’Argolide del III millennio a.C. (in cui è sorta la
Casa
delle Tegole di Lerna) e la Mesopotamia della fase di Obeid.

La comparsa di questi edifici in varie parti del mondo e le convergenze tra
le loro funzioni non sono dovute a collegamenti tra loro, ma all’evoluzione
della comunità.
2) Durante il periodo di Uruk (dal nome del più importante dei siti sumerici)
appaiono insiemi architettonici più estesi di quelli di Obeid; la funzione
di questi complessi è stata messa in relazione con il culto. Vediamo
apparire aggregazioni che attuano la formula dello spazio centrale
allungato che prosegue la situazione del periodo di Obeid, con un salto
di qualità nella raffinatezza. Sono assenti installazioni di tipo sacro.
Alla fine del periodo di Obeid, la pianta a spazio centrale non aveva un
carattere cultuale.
Le costruzioni dell’Eanna di Uruk sono dimore di capi, le cui funzioni
sono
di natura economica e politica.
Si è verificato in Oriente lo stesso processo dei Palazzi cretesi, e la funzione
cultuale si è aggiunta alle funzioni precedenti senza prendere il sopravvento
su di loro.
I primi documenti amministrativi risalgono alla fase di Obeid e sono costituiti
da sigilli simili a quelli del mondo egeo sigilli a forma rotonda o
quadrangolare con decorazioni geometriche o rappresentazioni di animali; il
proprietario del sigillo può essere identificato attraverso l’impronta.
L’uso delle cretule da parte degli amministratori delle prime residenze
palaziali era attestato su un’area più vasta di quella tra il golfo Persico e il
Mediterraneo presso civiltà distinte cronologicamente e geograficamente,
lo spirito umano ha reagito in maniera identica ai problemi della contabilità.
Gli amministratori sumerici sentono la necessità di perfezionare gli strumenti
di controllo ecco apparire documenti che sono disposizioni di servizio e
ordini di missione emanati dal Palazzo e indirizzati a funzionari che
esercitano la loro attività nelle regioni periferiche sono piccoli oggetti in
argilla, pietra o osso, la cui forma rappresenta quella di alcuni prodotti e
quantità, rinchiusi in un involucro d’argilla autenticato dall’impronta del sigillo
del funzionario che ha presieduto all’invio. Quando un funzionario ha bisogno
di richiedere al Palazzo le razioni alimentari necessarie agli operai che il re gli
ha affidato, fa prevenire ai responsabili dei magazzini palaziali un involucro
sigillato contenente l’oggetto che rappresenta i prodotti e le quantità. Il
responsabile del magazzino palaziale consegnerà al portatore le razioni
alimentari richieste e conserverà, per consegnarlo all’archivio, l’involucro
d’argilla con le impronte di sigilli. Presto, per poter identificare il contenuto di
un involucro senza doverlo rompere, si riprodurranno sulla sua faccia esterna
gli oggetti registrati l’involucro diventa il supporto di impressioni
ideografiche e numeriche autenticate dal sigillo di garanzia. Un codice
primitivo, composto di oggetti e simboli, è stato sostituito da un codice
grafico E’ NATA LA SCRITTURA. Presto, le impronte saranno sostituite da
disegni effettuati con calami e stili che comporteranno indicazioni numeriche
e disegni. A questo punto il processo di sviluppo della scrittura accelera e
segue le stesse tappe nell’Egeo un segno sarà utilizzato sia per evocare
l’oggetto sia per rappresentare una parola che ha lo stesso suono.
L’amministrazione diventa il campo più specializzato di quelli che
compongono la struttura statale il funzionario dell’amministrazione è uno
scriba capace di dominare la scrittura, il calcolo e le tecniche e le procedure
amministrative necessita di un apprendimento specifico in scuole, dei
maestri insegnano a gestire i segni, le tecniche di amministrazione e un
vocabolario che servirà alla redazione delle tavolette accanto ai testi di
natura economica e amministrativa si trovano testi di natura scolastica che
hanno l’aspetto di elenchi di segni.
L’Egitto
La scrittura egiziana fa la sua prima comparsa verso il 3150 a.C., con uno o
due secoli di ritardo rispetto la scrittura sumerica
MA
Cretule d’argilla sono attestate in Egitto (=Mesopotamia) sin dalla fine del V
millennio a.C.

La rivoluzione agricola è stata più tarda in Egitto che in Mesopotamia (V
millennio a.C.)
MA
In seguito l’Egitto ha recuperato il suo ritardo appare un sistema di
valorizzazione del suolo e di concentrazione in determinati ambienti delle
risorse agricole un’autorità concentra intorno a sé le funzioni dei Palazzi.
Le differenze del clima e della posizione geografica dividevano inizialmente
l’Egitto in:
 Zona del delta
 Stretta striscia di terra dell’alto Egitto
Questa divisione del potere tra alto e basso Egitto sopravviverà nella
nomenclatura amministrativa, nei titoli reali e nei simboli religiosi alla corte
del faraone vi saranno due magazzini e due tesori diversi.
MA
Questi due paesi dovevano essere gestiti da un’unica autorità, necessità
iscritta nelle condizioni legate alle alluvioni del Nilo tutta l’agricoltura del
paese è tributaria delle alluvioni occorre prevedere un sistema di irrigazioni
che consenta a tutte le terre di ricevere l’acqua. Ogni disordine sociale tra la
sorgente e la foce del Nilo aveva effetti devastanti sulle popolazioni che
vivevano lungo il fiume di qui la necessità di assicurare un’autorità centrale.
L’unificazione avvenne verso il 3150 a.C. sotto il faraone Narmer. Ma non si
poteva gestire un paese esteso senza l’aiuto della scrittura (≠ Egeo e
Mesopotamia) i contatti tra le varie zone del territorio egiziano avvengono su
enormi percorsi il contatto tra il Palazzo e le province è meno permanente
e stretto di quello dello Stato minoico o sumerico.
Uno dei più antichi documenti in cui si trovano caratteri egiziani è una
tavolozza che risale al 3150 a.C.; su questa tavolozza sono utilizzate tutte le
tecniche simboliche. Sembra quindi che gli egiziani abbiano messo a punto in
un sol colpo un sistema di scrittura che utilizzava il fonetismo questo
includerà dei segni che consentano di rappresentare le consonanti nulla
avrebbe impedito di creare un alfabeto consonantico (= i fenici più tardi)
MA
Si preferì mettere il fonetismo al servizio di un simbolismo grafico il sistema
grafico inventato dagli scribi dell’antico Egitto alla fine del IV millennio a.C.
rimarrà immutato per millenni.
Nell’epoca neolitica l’uomo diventa agricoltore e pastore: è in balìa delle
stagioni comincia a immagazzinare immagazzinare = programmare,
acquisire strumenti e mezzi che permettano la conservazione dei prodotti
coloro che sono in grado di gestire le operazioni di immagazzinamento sono
gli stessi che riusciranno a imporsi alla comunità. Le funzioni politica, cultuale
e amministrativa dei Palazzi sono corollari della funzione economica.
La rivoluzione neolitica ha manifestato i suoi effetti in tre grandi momenti:
1. 12000 a.C. nel bacino del Mekong (nord Thailandia)
2. 10000 a.C. nell’Asia anteriore e nella valle del Nilo
3. Qualche millennio più tardi nel nuovo mondo.
La scrittura è legata all’architettura
MA
Quella dei sumeri, degli egiziani e dei minoici non era superiore alle opere di
certi americani che ignoravano la scrittura
+
Tra il momento in cui è stata inventata la scrittura in Mesopotamia, in Egitto e
a Creta e la nascita della scienza moderna, il mondo occidentale ha vissuto
circa 5000 anni durante i quali le sue conoscenze non si sono accresciute di
molto l’umanità ha compiuto passi da gigante prima dell’invenzione della
scrittura

Dopo, le civiltà dell’Occidente hanno conosciuto un lungo periodo di
stagnazione.
La scrittura nasce come strumento atto a favorire lo sfruttamento degli uomini
piuttosto che la loro crescita conoscitiva l’uso della scrittura a fini
disinteressati, tali da offrire soddisfazioni intellettuali ed estetiche, è un
risultato secondario che spesso si riduce a un mezzo per rinforzare,
giustificare o dissimulare il suo scopo di assoggettamento.
A Creta, dal periodo dei Secondi palazzi, vedremo la scrittura lineare A
attestata su oggetti che, pur notando un messaggio che ancora ci sfugge,
non sono documenti d’archivio; sono oggetti votivi e le incisioni di formule
rituali dimostrano che, a un certo punto, la classe sacerdotale ha assimilato la
scrittura per esercitare un potere d’altro genere sulle popolazioni.

L’EGEO E LE CIVILTA’ DEL


MEDITERRANEO

1. Egei, siriani ed egiziani


Gli ittiti erano rimasti estranei alle civiltà dell’Egeo

L’Egitto sembra aver attratto minoici e micenei lungo tutto il corso della
storia i contatti tra l’Egeo e l’Egitto risalgono a un periodo anteriore al
periodo d’oro della XVIII dinastia. Il più antico documento egiziano a parlarci
di Creta è “Ammonizioni di un saggio egiziano”, che risalirebbe a un archetipo
scritto tra l’VIII e l’inizio dell’XI dinastia, quindi tra il 2500 e il 2000 a.C. . Da
questo documento apprendiamo che i re di Creta si facevano imbalsamare,
ma la cosa più interessante consiste nel trovare associati il porto di Biblo,
sulla costa siro-palestinese e l’isola di Creta. Non è forse un caso, poiché è
stato dimostrato che intorno 2300 a.C. i vasi di pietra scoperti nella Creta
orientale imitavano modelli egiziani rinvenuti negli strati del primo tempio di
Biblo è probabile che minoici ed egiziani si siano conosciti in quel periodo e
che questi ultimi abbiano insegnato ai cretesi l’arte della lavorazione della
pietra. I contatti tra l’Egeo e l’Egitto raggiungono l’apice all’epoca della XVIII
dinastia, l’epoca dell’impero dei conquistatori. L’Egitto è al culmine della
sua potenza: tutti i popoli vicini gli sono sottomessi. Disponiamo di documenti
provenienti dalle tombe di Rekhmarè e di Ouseramon, primi ministri di
Tutmosi III, che descrivono il tributo pagato al faraone da vari principi, tra cui
quelli di Creta
MA
Non sembra che la sottomissione dei minoici (i keftiu) e dei micenei (gli
abitanti delle isole in mezzo al mare) sia la conseguenza di una disfatta
militare vi è probabilmente, in questa sottomissione, un’abile manovra
politica da parte dei popoli dell’Egeo. Rekhmarè è stato primo ministro nel
periodo in cui l’Egitto era onnipotente sulla costa siro-palestinese. Creta
aveva da molto tempo rapporti commerciali con Siria e Mesopotamia la
longa manus egiziana rischiava di compromettere l’equilibrio e il commercio
tra l’Oriente e l’Occidente, a meno che gli egei acquisissero la benevolenza
del nuovo padrone del levante.
A partire dal regno di Amenofi IV, i soli interlocutori dell’Egitto sono ormai i
micenei del continente, i quali hanno affermato la loro potenza sull’Egeo e
trionfato sulla Creta minoica e micenea. L’Egitto, malgrado la sua ricchezza in
metalli preziosi, ha uno straordinario bisogno, all’inizio di quel periodo, di oro,
argento e pietre preziose la produzione delle miniere di Coptos, le miniere
del Sudan, le razzie e i tributi non bastano più interviene l’Egeo. Le
carovane convogliano i lapislazzuli dal cuore dell’Asia verso il Mediterraneo e
i navigatori egei li caricano a bordo delle loro navi nei porti siriani, sia per
smerciarli in Egitto, sia per trarne un profitto personale (il lapislazzuli è stato
trovato sia a Creta che a Micene).
+
Rame, bronzo e avorio, che gli egei si procurano in Siria ed esportano in
Egitto, sono utilizzati dagli artigiani della Grecia e di Creta per fabbricare le
opere d’arte che verranno smerciate nella valle del Nilo e altrove.
Degli egei sono rimasti in Egitto
=
Degli egiziani si sono insediati a Creta.
Oggetti eseguiti in Egitto hanno conservato forme egee le raffigurazioni
ieratiche convenzionali dei secoli precedenti cedono il passo a un’arte che si
ispira ai modelli cretesi e minoici
+
Vi è un’influenza dell’arte siriana.
1964 E’ stato scoperto un documento significativo della conoscenza del
mondo egeo da parte dei funzionari e degli artisti tebani: è la stele
dedicata ad Amenofi III, rinvenuta a Kitchen nel Tempio dei Morti,
che
ci fornisce un elenco di toponimi cretesi e continentali.
Ci sono due scritte sul fianco destro della stele: k-f-tj-w e tj-n-jj-w. Il primo è
“keftiu” ed è da collegare con le città cretesi citate sulla parte sinistra del
documento si chiude il dibattito sulla realtà geografica espressa dalla
parola keftiu. Il secondo nome indica la regione alla quale riallacciare i
toponimi continentali attestati sulla stele. Poiché questi toponimi sono tutti
peloponnesiaci, è lecito immaginare che la parola tj-n-jj-w serva a indicare il
Peloponneso. Sulle tavolette della serie Ta di Pilo sono descritti dei vasi, tra
cui alcuni detti “di stile cretese” il parallelismo tra un testo egiziano e uno in
lineare B afferma che tj-n-jj-w era un paese fortemente influenzato dalla
cultura cretese
+
(= Pilo di re Nestore) accoglieva artisti che si ispiravano a modelli cretesi.
Se gli scribi egiziani designano il Peloponneso come un unico paese, è
perché vi si manifestava un’unità politica.
Alcuni elementi egiziani vengono assimilati dalla cultura minoica.
1966 A Mallia, J.-C Poursat scopre una serie di figurine e rilievi la cui
ispirazione egiziana è evidente.
Si tratta di una mano in corallo grigio paragonabile agli amuleti egiziani in
pietra semipreziosa e di rilievi decorativi ottenuti attraverso forme o stampi e
destinati a ornare vasi (datazione: medio minoico II). Oltre ai motivi marini
noti a Cnosso dal medio minoico III, questi rilievi ci offrono raffigurazioni di
ispirazione egiziana originali:
o Una sfinge senza ali con testa e capigliatura minoiche
o Una figura femminile con le gambe divaricate, le mani poggiate sul
ventre, la testa appiattita e l’aspetto scimmiesco.
o Un coperchio con due falchi collocati da una parte e dall’altra dell’ansa
e provenienti da una stessa matrice
o Gatti, alberi e motivi marini
Ma i prestiti non sono circoscritti all’arte.

2. L’Egeo e l’Occidente
Il Mediterraneo orientale è stato il polo d’attrazione dei popoli dell’Egeo
MA
Sin dall’elladico recente I (periodo delle tombe a fossa di Micene) comincia a
manifestarsi una presenza egea nel Mediterraneo occidentale che si farà
sentire fino all’elladico recente IIIC. I tre grandi momenti della presenza egea
in Occidente possono essere suddivisi in:
1) Tardo elladico I e II (XVI e XV secolo a.C.) Riguarda le isole del sud
del Tirreno.
2) Tardo elladico IIIA e B (XIV e XIII secolo a.C.) Interessa la Sicilia, le
isole Eolie e lo
Scoglio del Tonno in
Calabria.
3) Tardo elladico IIIC (prima metà del XII secolo a.C.) L’Italia
meridionale non è più la regione dove ci si ferma per approvvigionarsi
d’acqua e di viveri

È la terra dove si cerca di stabilirsi. È il momento in cui la presenza
micenea in Sardegna è documentata.
Le importazioni egee si fanno sempre più rare

Le imitazioni locali diventano più numerose (es. Vasi di stile egeo, che
però nulla possono dirci circa l’intensità del traffico che collegava l’Italia
all’Egeo in questo periodo).
La maggioranza dei reperti è stata scoperta nella fortezza di Antigori a ovest
di Cagliari.
I ritrovamenti egei del XIV secolo a.C. in Sicilia provengono da necropoli

Nell’Italia meridionale e in Sardegna da centri abitati.
Le tombe e gli abitati che ci hanno fornito materiali egei non sono mai
completamente egei, trattandosi sempre di necropoli o abitati indigeni

Nel Mediterraneo orientale esistono tombe e abitati interamente segnati dal
sigillo minoico o miceneo. Rodi è uno dei principali centri micenei sulle rotte
orientali e vi si trovano necropoli di età micenea che dimostrano l’intensità
della presenza coloniale egea.
In Occidente non c’è nulla di tutto ciò questo suggerisce una
frequentazione superficiale dei siti occidentali da parte di una popolazione
poco rappresentativa del commercio egeo. Le ragioni che hanno spinto questi
uomini verso Occidente bisogna ricercarle nel contesto dei traffici tra l’Egeo e
il resto del Mediterraneo. Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che la
frequentazione dei mari occidentali da parte dei marinai dell’Egeo fosse da
mettere in relazione con la necessità di aprire nuovi mercati poiché i mercati
d’Oriente erano in mano ai minoici
MA
Cretesi e minoici sono stati associati nel traffico commerciale che interessava
la costa siro-palestinese e l’Egitto. In seguito, i micenei hanno soppiantato i
cretesi.
Il fatto è che, paragonata al commercio nel Mediterraneo orientale, la
presenza micenea in Occidente era insignificante gli egei che trafficavano
con l’Oriente erano ricchi

Gli altri erano privi di mezzi.
3. Le civiltà dell’Egeo e i loro modelli
Malgrado le divergenze che li dividevano (es. linguistiche), i popoli micenei e
minoici avevano molti punti in comune questa continuità risulta evidente nei
rapporti che entrambi hanno avuto con Siria e Egitto.
Ittiti ed egei si sono incontrati nella zona di Mileto; gli ittiti devono aver
considerato con perplessità i tentativi di sfondamento economico dei micenei
verso la Mesopotamia poiché, nel trattato tra Tudhaliya IV e
Shanshgamuwa di Amurru, il re ittita vieta il transito delle merci degli
ahhiyawa (egei e probabilmente micenei) in direzione dell’Assiria. I rapporti
tra ittiti ed egei si limitano a questi episodi.
La civiltà egiziana, protesa verso l’aldilà, è probabilmente sembrata strana
agli egei, che preferivano costruire Palazzi per i vivi piuttosto che i templi per
gli dèi o per i morti.
Lo studio dei testi in lineare B hanno consentito di chiarire alcuni aspetti della
civiltà micenea i micenei parlavano una lingua greca erano indoeuropei.
Le società “libere” dei popoli appartenenti alla famiglia indoeuropea si
potevano suddividere in tre classi:
o Classe sacerdotale. La ritroviamo nel mondo miceneo, dove da tale
sovranità deriva tutto l’apparato amministrativo e cultuale. Il capo dello
Stato ha il titolo di “anax”, che può essere applicato anche a divinità, e
poteva nominare i suoi funzionari. L’amministrazione micenea
registrava i contrasti tra individui legati al culto e altri che non lo erano.
Il Palazzo, e quindi il re, avevano diritto di controllo sui santuari e sulla
classe sacerdotale, poiché le informazioni che li riguardano sono
trascritte negli archivi palaziali

L’attestazione di proprietà appartenenti agli dèi dimostra che
un’indipendenza economica era appannaggio del culto e dei santuari

Questi ultimi dovevano contribuire allo Stato quando le circostanze lo
richiedevano. Un’autorità religiosa potrebbe essere una caratteristica di
qualsiasi potere assoluto che si manifesti in una società palaziale, sia o
no indoeuropea
o Classe militare. I suoi rappresentanti erano importanti nella società
micenea (es. a giudicare dalle tombe dei “guerrieri” di Cnosso).
Un’aristocrazia militare combatteva con i carri, e accanto a essa si
muoveva una truppa di cui non sappiamo molto: si tratta dei fanti (≠
ufficiali). La Creta micenea poteva armare 600 carri, la Messenia 120.
Ogni veicolo era affidato a un individuo.
o Classe contadina e artigianale
Delle società del III e del II millennio a.C. paragonabili a quella micenea, la
civiltà di Ur è la sola ad essere caratterizzata da una presenza così pervasiva
dell’autorità palaziale.
L’attività economica e il culto
A Ur, lo Stato era incaricato all’approvvigionamento dei templi uno stretto
legame collega il Palazzo e i templi i dignitari ecclesiastici sono oggetto di
nomine del sovrano
MA
I due circuiti economici sembrano indipendenti l’uno dall’altro
=
Questa descrizione dei rapporti può essere applicata ai rapporti tra Stato e
santuari micenei. Che esistessero, nel mondo miceneo e a Ur, due circuiti
economici paralleli, appare nei testi di pastorizia: troviamo menzionate greggi
del patrimonio palatino e altre che appartenevano a un santuario; i tessuti
fabbricati con questa lana erano distinti a seconda del circuito dal quale
provenivano.
La società
La società sumerica è sempre stata suddivisa in uomini liberi e schiavi.
Durante la III dinastia di Ur compare un’ulteriore distinzione nella categoria
degli uomini liberi: nei testi giuridici troviamo delle persone denominate
mashda: il popolo, che gode di minori diritti rispetto ai cittadini agiati.
+
Vi sono persone il cui status non è definito giuridicamente e che sono ridotte
in schiavitù: gli eren; appartengono alla classe artigianale, dipendono da un
ensi (la più alta autorità civile in seno alle province) o da uno shagin (il più
alto responsabile militare a livello provinciale) e sono sottoposti a una stretta
sorveglianza. Alcuni eren erano schiavi, altri uomini liberi. È possibile che le
distinzioni giuridiche si siano affievolite. Il mercato degli schiavi veniva
rifornito da persone che avevano subito condanne o che, per difficoltà
economiche, erano costrette ad autovendersi o a vendere i propri figli. Gli
schiavi in realtà erano dei collaboratori domestici il cui lavoro era considerato
complementare a quello dei loro proprietari, e potevano godere di una
personalità giuridica, sposare persone libere e testimoniare di fronte ai
tribunali
=
La somiglianza tra la situazione descritta a Ur e quella che traspare dai
documenti in lineare B è sconcertante per quanto riguarda sia la classe
artigianale che quella servile. Sulla base della tavoletta An 607 di Pilo,
abbiamo motivi per ritenere che i figli nati da un genitore libero e un genitore
schiavo fossero schiavi. Molti fabbri possiedono uno schiavo che aiuta il
padrone nel suo lavoro quotidiano.
+
Alcuni schiavi potevano essere oggetto di un contratto di compravendita tra
due individui i cui nomi erano registrati negli archivi palatini, il che fa pensare
che il possesso di uno schiavo da parte di un libero cittadino fosse sottoposto
al controllo dell’amministrazione centrale. Gli schiavi sumerici potevano
anche sposare persone libere e possedere terre o greggi

Esistevano schiavi sottoposti a durissime condizioni (sia mondo miceneo che
sumerico. Ai tempi della III dinastia di Ur, gli schiavi erano prigionieri di guerra
o persone rapite durante una razzia, e non godevano di alcuno statuto
giuridico
+
Erano costretti a effettuare i lavori al servizio dello Stato. Lo schiavo è un
bene che può essere venduto o ereditare, sebbene non sia considerato un
oggetto; è sottoposto incondizionatamente all’arbitrio del potere: è il dannato
della terra i veri schiavi micenei non sono chiamati “schiavi”, perché la loro
condizione è implicita.
L’economia
L’industria. L’industria tessile occupava un posto di rilievo nella produzione
statale dei sumeri, ed era soprattutto la manodopera femminile a essere
utilizzata nelle officine. I lavoratori erano sottoposti all’autorità di capisquadra
che rispondevano del lavoro del gruppo davanti a vari sovrintendenti, i quali,
a loro volta, rendevano conto al potere centrale. J. T. Killen ha dimostrato per
Cnosso che l’industria tessile era fondamentale per l’economia dei micenei;
una manodopera essenzialmente femminile era incaricata di far funzionare le
officine (= a Ur). Le donne in questo settore lavoravano insieme ai loro figli e
ubbidivano a donne che dirigevano le officine. Il Palazzo distribuiva ai
lavoratori razioni alimentari che variavano in funzione del grado di
specializzazione dei lavoratori. Questi artigiani erano tenuti a pagare delle
tasse al Palazzo, prova che possedevano beni.
L’agricoltura. All’epoca della III dinastia di Ur, esistevano tre regimi diversi di
sfruttamento delle terre, corrispondenti a tre tipi di proprietà:
1. La riserva dello Stato: le terre sfruttate direttamente dal Palazzo
2. Terre di sussistenza: dei lotti assegnati dallo Stato ai suoi servitori
3. Terre date in usufrutto: venivano affittate a privati che potevano
ricorrere, per i lavori più impegnativi, ai servizi specializzati del tempio, il
quale disponeva di mezzi tecnici adeguati.
=
Esistevano tre tipi di proprietà fondiaria nel mondo miceneo:
1. Terre appartenenti al re o alla seconda autorità dello Stato (lawagetas).
Per coltivare e far fruttare i demani, il re e il lawagetas dispongono di
manodopera specializzata, il che fa pensare che fossero essi stessi ad
amministrare il loro territorio
2. Terre lavorate da privati
3. Ke-ke-me-na: terre comunali. Ke-ke-me-na era probabilmente da
collegare col verbo che significa “lasciare lì” le ke-ke-me-na sono
terre “lasciate lì” dal comune e date in usufrutto a vari beneficiari.
Il commercio. Il commercio era essenziale per la sopravvivenza del paese
sumerico bisognava far arrivare le materie prime introvabili in Mesopotamia
dal Golfo Persico, dall’Asia Minore e dall’Afghanistan. Il commercio era
finanziato dalle autorità governative o dai templi, che affidavano ai mercanti
(dagmar) i prodotti da scambiare. Nel periodo del grande impero di Ur, lo
Stato tollera la costruzione di imprese private. I dagmar utilizzavano a fini
personali i guadagni realizzati durante i loro viaggi ciò spiega come, a poco
a poco, si sia formata una classe media che più tardi, per motivi economici,
avrebbe identificato i propri interessi con quelli dello Stato.
In età micenea, il commercio dell’Egeo è stato diretto dalle amministrazioni
palatine l’industria tessile era nelle mani dello Stato, e una parte importante
dei prodotti scambiati con le materie prime era costituita dai tessuti
provenienti dalle officine palaziali. È probabile che nel mondo miceneo (=
Mesopotamia) i mercanti abbiano saputo utilizzare a fini personali una parte
dei guadagni.
La società sumerica sembra quella più vicina a quella micenea, il che è
sorprendente se si tiene conto del divario cronologico che separa le tavolette
in lineare B dai documenti di Ur III o dal codice di Hammurabi La maggior
parte dei testi continentali è databile alla fine del XIII secolo a.C.

Il grande secolo di Ur III si colloca tra il 2111 e il 2003 a.C.
DAI PALAZZI A OMERO

1. la fine dei regni micenei


La scomparsa dei Palazzi micenei nel II millennio a.C. è ancora avvolto da
una nebbia.
Le distruzioni dei Palazzi
Il continente. Micene è stata coinvolta in due distruzioni durante il tardo
elladico IIIB:
1) Alla fine del tardo elladico IIIB I (1300-1250 a.C.), un incendio ha
distrutto gli edifici della città bassa, nei quali sono stati rinvenuti i
principali documenti d’archivio in lineare B. i siti colpiti non sono mai
stati ricostruiti.
Dopo questi avvenimenti, il nord-ovest della cittadella viene rinforzato in
modo da proteggere l’accesso a una cisterna sotterranea
=
Lo stesso atteggiamento è documentato a Tirinto, ad Atene e a Pilo è
difficile non attribuire queste innovazioni a un senso di insicurezza diffusosi
nelle province micenee.
2) Alla fine del tardo elladico IIIB 2 (1200 a.C. ca.) Micene soccombe
definitivamente, e cadono quasi tutti i grandi centri continentali. Le
devastazioni, che hanno colpito soprattutto i siti palaziali, sono spesso
accompagnate da incendi.
Creta. I siti cretesi palaziali sono Cnosso e La Canea. Il Palazzo di Cnosso è
stato distrutto durante il minoico recente IIIA I (intorno al 1370 a.C.) per opera
dei micenei del continente, e un nuovo potere palaziale miceneo, con sede a
La Canea, si è organizzato nella Creta occidentale all’indomani della
catastrofe che cancellava l’autorità del re cnossio su tutta Creta.
Nell’insediamento palaziale di La Canea troviamo due livelli di distruzione:
1) Nel tardo minoico IIIB I
2) Nel tardo minoico IIIB 2
 Tutto l’Egeo è stato coinvolto nelle distruzioni che hanno segnato il XIII
secolo a.C.
Le cause del disastro
I dori. Per lungo tempo gli specialisti della protostoria greca sono stati convinti
che i responsabili della distruzione dei centri palaziali micenei fossero i dori
l’ipotesi dell’invasione dorica è basata su:
1. I racconti mitici relativi al ritorno dei figli di Eracle
2. Al fatto che a un certo punto in Grecia appaiono i dialetti dorici.
Alcuni hanno ritenuto di avere individuato tracce dei dori nella cultura
materiale del periodo, innanzitutto nella ceramica barbarica, che troviamo
associata con materiale risalente all’inizio del tardo elladico IIIC, mentre è
assente nella fase finale di questo periodo alcuni studiosi hanno pensato
che questa ceramica fosse stata utilizzata da un popolo giunto in Grecia
durante la prima fase del tardo elladico IIIC proveniente dai Balcani o dalla
Tracia, e che si sarebbe reso responsabile delle distruzioni che hanno colpito
la Grecia in quella fase. Verso la fine dello stesso periodo questi “barbari”,
assimilati alle popolazioni invase, avrebbero adottato una ceramica con
decorazioni meno volgari.
Tracce dei dori sono state ricercate in alcune armi presenti in Grecia: le
“spade terribili”
MA
Il fatto che il numero di queste armi sia modesto e la loro comparsa
precedente alle distruzioni non ci consente una correlazione fra la loro
introduzione nei territori dei Palazzi e l’arrivo dei dori

La presenza di tali armi potrebbe dimostrare che alcuni elementi provenienti
dalle zone nord-occidentali della Grecia si sarebbero introdotti nelle province
micenee durante il XIII secolo a.C.
Dal punto di vista archeologico, l’invasione dorica del tardo elladico IIIB 2
sembra essere un non event, poiché, dopo l’ondata di distruzioni, la civiltà
della Grecia continentale e di Creta continua con gli stessi ritmi e le stesse
tradizioni
MA
Dal punto di vista linguistico, grazie alla decifrazione della lineare B, si può
affermare l’esistenza, in età micenea, di un dialetto anteriore ai dialetti dorici
oppure, come anche vengono definiti, ai dialetti greco-occidentali le
tavolette in lineare B introducono delle innovazioni nella lingua greca

I dialetti dorici mantengono la forma ereditata dall’indoeuropeo.

Dal punto di vista linguistico l’invasione dorica è incontestabile.
Pare assodato che un mutamento culturale si sia verificato in Grecia alla fine
del III e l’inizio del II millennio a.C., quando degli invasori sono penetrati nel
paese, ed è probabile che si tratti dei primi greci. La civiltà di questa nuova
popolazione non subì influenze esterne né affrontò nuovi invasori fino alla
fine del periodo miceneo
MA
Dall’inizio del tardo elladico si verificano, all’interno della cultura elladica,
trasformazioni sociali profonde, documentate soprattutto dall’apparire delle
tombe principesche di Micene e dei primi insediamenti palaziali. Dal punto di
vista archeologico, tali trasformazioni sono la conseguenza dello sviluppo di
una società, NON dell’arrivo di nuovi gruppi etnici.
L’analisi dei dialetti greci dimostra che vi sono 4 gruppi dialettali: il dorico, lo
ionico, l’eolico e l’arcado-cipriota.
MA
L’archeologia esclude 4 ondate di invasori nel II millennio a.C. in Grecia si
è tentato di risolvere il problema considerando che l’eolico e l’arcado-cipriota
fossero i resti di un “gruppo acheo”.
Fine III millennio Il gruppo ionico approda in Grecia.
Inizio tardo elladico Il gruppo ionico sarebbe stato sostituito in parte da
popolazioni che parlavano il dialetto acheo.
Fine tardo elladico Sarebbe arrivata l’ondata dorica.
Se tale tesi fosse sostenibile, i greci della terza ondata avrebbero parlato una
lingua difficilmente intelligibile dai loro cugini

Le similitudini tra questi dialetti sono superiori alle differenze.
+
Le caratteristiche dello ionico e dell’eolico sono legate a situazioni che
appartengono al periodo post-miceneo il dialetto ionico e il dialetto eolico
sono il risultato di nuovi sviluppi della lingua greca all’indomani del periodo
miceneo.

La differenziazione tra i vari dialetti greci si è verificata all’interno del paese ,
in un periodo quindi posteriore all’arrivo dei greci nell’Ellade (2000 a.C.) i
dori non possono rappresentare un’ondata di invasori

Fanno parte della cultura elladica del medio elladico.
1965 E. Risch aveva riconosciuto alcune differenze dialettali all’interno del
miceneo, tanto da parlare di due livelli di lingua nelle tavolette in
lineare
B: un miceneo “normale”, appartenente al gruppo arcado-cipriota, e
un
miceneo “speciale”, che presenta eccezioni rispetto alle lingue di
questa famiglia.
John Chadwick propone di vedere nel miceneo “speciale” un “protodorico”.
Questa tesi è stata aspramente criticata E. Risch ha fatto notare che i
parenti più stretti dei dialetti dorici del Peloponneso e di Creta erano i dialetti
del nord-ovest della Grecia (focese, locrese ed eolico) ciò tenderebbe a
dimostrare che i dori hanno invaso il Peloponneso e Creta a partire dal nord. I
dori non sono mai stati descritti come i distruttori del Peloponneso. Essi
sembrano aver assimilato la civiltà micenea e rielaborato questa cultura.
Emerge una teoria dei due tempi riguardo al crollo della civiltà micenea:
1) Un tempo di crisi interna ai Palazzi, forse favorita da fattori esterni
2) Un tempo, forse intrecciato col processo precedente, dell’avvento di
elementi greci provenienti da un’area esterna al Peloponneso.
Né l’archeologia né le tradizioni ci consentono di ritenere i dori responsabili
dei disastri che hanno colpito la Grecia micenea intorno al 1200 a.C.
I popoli del mare. La fine del XIII secolo a.C. è segnata, nel Mediterraneo
orientale, da movimenti di popolazioni che mutano la fisionomia della
regione. I popoli del mare, ricordati nei documenti egiziani, seminano
distruzione nella costa anatolica, nel litorale siro-palestinese, a Cipro e in
Egitto. I popoli del mare si distinguono in due gruppi:
1. Il primo è coinvolto nella guerra che il faraone Mirneptah conduce
contro una coalizione libica (1228 a.C. ca.); comprende gli eqwesh, i
luka, i shekelesh, i sherden (Ramsete II ne fa un popolo di pirati
bellicosi e si vanta di averli sottomessi) e i teresh.
2. Il secondo tenta di penetrare in Egitto da est durante il regno di
Ramsete III; si compone di nomi quasi tutti differenti tra gli avversari
incontrati da Ramsete III, solo gli shekelesh figuravano già nella
coalizione librica vinta da Mirneptah
+
Questo gruppo avrebbe attaccato l’Egitto NON da ovest ma da est,
attraverso la Siria e la Palestina. Oltre ai shekelesh, il gruppo è
composto da: i denyen, i peleset (identificati coi filistei, originari di
Creta), i tjekker e i weshesh.
Sotto Mirneptah, i popoli del mare non costituiscono la parte prevalente
dell’armata diretta contro la valle del Nilo: l’invasione è essenzialmente
libica la spedizione condotta dai libii è militare e viene arrestata dopo una
battaglia di 6 ore. Non si tratta di un tentativo di insediamento duraturo in
Egitto: i popoli del mare sembrano essere intervenuti solo per appoggiare le
truppe libiche

Sotto Ramsete III la situazione è diversa sui rilievi del tempio di Medinet
Habou sono rappresentati popoli che sembrano in migrazione; l’avanzata di
questi popoli segue un piano prestabilito essi hanno costituito due
formazioni: una che avanza sul mare e l’altra sulla terra ferma. Il loro punto di
partenza sembra l’Asia Minore, perché i loro nomi rimandano a questa
regione e perché i paesi che essi minacciano sono dell’Asia Minore o vicini a
essa.
Documenti provenienti dagli archivi di Ugarit fanno allusione a una minaccia
militare incombente.
Sembra escluso che gli ittiti abbiano occupato militarmente Cipro
+
Non sono mai stati marinai e non hanno mai condotto una spedizione
marittima. (vd. Da pag. 284).
L’invasione dei popoli del mare ha creato nel Vicino Oriente una situazione di
caos tale da sconvolgere i rapporti tra gli Stati della regione all’interno degli
stessi paesi vi sono persone che hanno patteggiato con i popoli del mare
(insoddisfatti del regime palaziale) e altre che si sono opposte.
I testi in lineare B sono molto più avari di notizie dei testi orientali, e la
speranza di trovare (nelle tavolette rinvenute nei Palazzi del continente greco
e di Creta) accenni a una situazione d’emergenza da collegare con la caduta
dei centri di potere sono stati esclusi
MA
Non possiamo tacere i riferimenti a una crisi economica che emergono
dall’archivio di Pilo la tavoletta Jn 829 tratta di un contributo di bronzo
templare ordinato dal Palazzo ai capi dei distretti la mancanza di
rifornimenti di bronzo, che i micenei fabbricavano con il rame di Cipro e lo
stagno dell’Oriente, è da mettere in relazione con l’interruzione delle rotte
commerciali.
MA
L’amministrazione palaziale era riuscita ad inquadrare la situazione negli
schemi previsti dalle norme burocratiche vigenti il Palazzo non era stato
preso alla sprovvista dalla minaccia che incombeva
+
Era stata attuata una politica di austerità. Gli scribi di Pilo avevano avuto il
tempo di registrare la situazione di crisi nel Mediterraneo orientale la crisi è
stata lunga. Il Palazzo doveva operare sgravi nella provincia inferiore del
regno di Pilo la situazione di questa provincia, orientata verso il mare, era
più compromessa di quella della provincia superiore tale constatazione
potrebbe indicare che la minaccia incombente sulla Messenia alla fine del XIII
sec. a.C. veniva dal mare il Palazzo aveva disposto degli osservatori lungo
il litorale messenico per sorvegliare. Gli scribi dell’amministrazione palatina
non hanno indicato nei testi l’identità dei popoli che insidiavano l’incolumità
del regno
MA
Solo i popoli del mare costituivano in quell’epoca un nemico per tutte le
popolazioni del Mediterraneo orientale.
Dobbiamo affrontare una doppia problematica:
 Popolazioni che parlavano un dialetto diverso da quello delle corti
palaziali si sono stanziate nelle province dell’ex impero dopo la caduta
dei Palazzi
 Si devono spiegare le ragioni per cui alcuni elementi provenienti
dall’Occidente sembrano essersi amalgamati a popolazioni anatoliche o
medio-orientali per formare la coalizione designata nei testi egiziani
sotto l’appellativo dei popoli del mare.
[La continuità tra tardo elladico IIIB/tardo minoico IIIB e tardo elladico
IIIC/tardo minoico IIIC è incontestabile: l’unica differenza tra queste due fasi è
costituita dalla scomparsa dei regni micenei]
[Verso la fine del tardo minoico IIIC fanno comparsa alcuni oggetti in ferro
fino ad allora sconosciuti a Creta, e nella necropoli scavata a Prinias nuovi
arrivati saccheggiano le tombe dei loro predecessori. Vi sono 4 fasi nella
storia della necropoli di Prinias: le prime tre vanno dal XIII alla metà del VI
sec. a.C., e la quarta risale all’epoca romana (I/II sec. d.C.).
1) Alla prima fase, contemporanea al primo insediamento costruito sulla
Patela di Prinias, risalgono le tombe contenenti urne funerarie nelle
quali sono state depositate ossa bruciate
2) La seconda fase è quella delle tombe a tholos, nelle quali si praticava
l’inumazione
3) La terza fase è quella del rito dell’incinerazione. Le popolazioni della
terza fase hanno distrutto in parte la necropoli dei loro predecessori.

Questi dati suggeriscono l’arrivo di nuove popolazioni nella terra cretese
poiché il dialetto di Creta nel I millennio a.C. è un dialetto dorico, sembra
logico concludere che le popolazioni colpevoli del saccheggio siano di
origine dorica]
I popoli del mare hanno sferrato un attacco contro i Palazzi micenei. Il ceto
popolare, che comprendeva anche elementi dorici, ha approfittato per
ribellarsi all’autorità della classe dominante micenea ed eliminare la struttura
palaziale. Questo “terzo stato” ha continuato la vita di sempre.
Fine tardo elladico IIIC/tardo minoico IIIC I dori insediati nella zona nord-
occidentale della Grecia hanno
raggiunto il sud del paese e si
sono mescolati con le popolazioni
locali.
Il coinvolgimento di popolazioni egee nelle distruzioni provocate dai popoli del
mare si può dedurre da:
 I nomi dei componenti della coalizione
 La Bibbia ricorda che i filistei provenivano da Creta
 La ceramica associata ai popoli del mare è di influenza egea.
Fine del XIII sec. a.C. Cipro (lontana provincia del mondo egeo) vede
approdare ai suoi lidi popolazioni provenienti
dall’egeo.
Le popolazioni egee portano con sé la lavorazione della ceramica nel
Peloponneso e a Cipro le loro credenze religiose.
L’insediamento dei micenei nell’isola è protratto per circa un secolo. Le loro
città sono state circondate con mura ciclopiche testimonianza
dell’insicurezza di quel tempo. I Palazzi micenei sono stati distrutti dai popoli
del mare
+
Altri micenei si sono alleati ai popoli del mare per portare distruzione in Asia
Minore, nel levante, a Cipro e in Egitto. Un patteggiamento tra il re di Ugarit e
i popoli del mare pare indiscutibile
=
La situazione micenea presenta punti in comune con quella di Ugarit. È
probabile che alcuni tra coloro che avevano sostenuto gli aggressori dei
Palazzi micenei si siano associati alla coalizione e abbiano perpetrato,
insieme ai loro complici, le distruzioni nel Mediterraneo orientale.
Rh. Carpenter ha avanzato una tesi, che per qualche tempo ha riscosso
consensi, secondo la quale la fine dell’età del bronzo in Grecia sarebbe stata
caratterizzata da un brusco cambiamento climatico la siccità avrebbe
rovinato un’economia agricola e provocato la decadenza del sistema
palaziale. È stato obiettato a questa teoria che le differenze tra una regione e
l’altra della Grecia sono troppo forti per aver consentito un cambiamento
climatico uniforme
+
Ci troviamo nell’impossibilità di stabilire la veridicità di un cambiamento
climatico per questo periodo.

K. Kilian, rilevando l’assenza di tracce d’incendio, pensa che il Secondo
palazzo d’Argolide sia stato distrutto da un terremoto alla fine del tardo
elladico IIIB 2 e che lo stesso terremoto sarebbe stato la causa della
distruzione di Micene e di Pilo
MA
Un tale sisma non avrebbe potuto avere le conseguenze devastatrici, dal
punto di vista politico ed economico, legate alla distruzione dei centri palatini
micenei.

2. Il mondo delle tavolette e il mondo omerico


Sia la Grecia micenea sia lo sfondo sul quale si muovono gli eroi dell’”Iliade”
e dell’”Odissea” appartengono a un mondo dove si parlava il greco tra il
momento in cui furono redatte le tavolette in lineare B e il periodo in cui
furono composti i due poemi, le popolazioni delle province micenee hanno
continuato a parlare la stessa lingua vi è una continuità razziale e
linguistica tra la Grecia del II e del I millennio a.C.
700 a.C. Omero compose l’”Iliade” e l’”Odissea” erano trascorsi circa 500
anni quando i fatti esposti da Omero furono ordinati nei due
capolavori.
Una battaglia ha avuto luogo a Troia intorno al 1250 a.C., e la città è stata
distrutta. Omero racconta l’assedio e il saccheggio di questa città la
veridicità dell’avvenimento dell’”Iliade” è accertata.

Il mondo descritto da Omero è molto lontano dalla Grecia del II millennio a.C.
 gli eroi morti sul campo di battaglia sono bruciati sui roghi, mentre i principi
micenei erano sepolti nelle tombe a tholos di cui la letteratura omerica non
parla
+
I funzionari degli stati micenei non sono menzionati nell’epoca omerica.

Troviamo i termini anax e basileus sia nelle tavolette in lineare B che nei
poemi omerici
MA
Il campo semantico è diverso nei due casi basileus indica, nei poemi
omerici, il re, mentre anax può essere applicato a qualunque cosa. Ragioni
economiche e politiche, legate alle trasformazioni subite dalla Grecia tra la
fine dei Palazzi micenei e l’VIII sec. a.C. sono alla base di questa evoluzione
semantica è inevitabile che il termine anax abbia perduto l’accezione
politica che lo caratterizzava ai tempi dello splendore dei Palazzi
MA
La scomparsa del Palazzo non implica la scomparsa del potere assoluto.
Questa volta non è nel cuore di una regione più o meno vasta che si
verificherà la lotta per il potere
BENSI’
All’interno di un territorio più ristretto, quello della città, che i suoi abitanti
dovranno organizzare e difendere i protagonisti della lotta per la conquista
del potere saranno gli abitanti della città; il più forte sarà in grado di opporsi
l’artigiano capace di fabbricare armi e arnesi avrà un ruolo di primissimo
piano nell’organizzazione dell’economia e della difesa della città
+
Sarà apprezzato da coloro che gestiscono i santuari, poiché molte offerte alle
divinità passeranno per le sue mani. Gli artigiani avevano dei capi, i basileus;
è probabile che il rapporto tra il basileus e i semplici artigiani fosse analogo a
quello che esisteva nel medioevo tra un maestro e i suoi apprendisti. Un
capomastro sarà promosso al rango di re. Quando Omero scrive, la
trasformazione è compiuta.
Anche l’universo linguistico e geografico dipinto dal poeta è distante da quello
degli eroi secondo il poeta, a Creta vi sarebbero achei, eteocretesi, cidoni,
dori e pelasgi, e le lingue di questi gruppi etnici dovrebbero essere tutte
distinte

L’analisi dei dati archeologici contraddice la versione omerica: tutte le
popolazioni di Creta, in età neopalaziale, parlavano la stessa lingua la
lingua parlata dagli abitanti dell’antica Cidonia durante il periodo della
dominazione achea di Creta (dal 1450 a.C. fino al 1200) era la stessa
utilizzata sul resto dell’isola: la lingua greca micenea (chiamata anche lingua
achea).
L’Itaca di Ulisse non ha nulla a che vedere con l’Itaca moderna
=
La descrizione di Micene pone gli stessi problemi Omero ci descrive
Micene come la capitale della Grecia d’allora
MA
Attribuisce al regno di Agamennone i territori situati sulla riva meridionale del
golfo di Corinto, come se Micene fosse stata molto più a ovest.
=
Anomalie si riscontrano della descrizione del regno di Nestore Nell’”Iliade”,
il poeta ci parla di 9 città sottomesse a Nestore

Le tavolette in lineare B rinvenute a Epano Englianos ci dicono che il regno di
Messenia era suddiviso in due province comprendenti 9 e 7 città

Emerge che Omero era un greco della Ionia che conosceva molto male
l’Egeo e non lo aveva mai percorso; raccontava una storia vecchia di oltre
500 anni sulla base di testimonianze orali. Lo scopo di Omero era
interessare, NON istruire o informare su una civiltà i re e gli uomini
dell’”Iliade” e dell’”Odissea” si muovono in un mondo che appartiene alla
Grecia del I millennio a.C. e che, economicamente, politicamente e
socialmente, non ha più nulla a che fare con l’universo palaziale.

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