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IMPRESA E AMBIENTE:

APPROCCIO EVOLUTIVO

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Agenda
 Una teoria dell’impresa per le discipline
manageriali
 Varietà e variabilità delle forme di impresa: il
principio di equifinalità
 Le rivoluzioni industriali e i cambiamenti evolutivi
prodotti nell’impresa e nell’ambiente

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1
Sapere “pratico” e sapere
“teorico” nel management
Gap tra
 Impresa (astratta) della teoria d’impresa e
 l’impresa (concreta) del management impegnato
in un problema decisionale

Il gap difficilmente può essere colmato a priori

Rischiosa tendenza: “…senza teoria è meglio”.

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Sapere “pratico” e sapere


“teorico” nel management
Tre assunti per rispondere a questa affermazione.
 La teoria e la pratica manageriale non sono
separabili (la teoria svolge una funzione essenziale
nell’apprendimento e nella sperimentazione
pratica della capacità manageriale)
 La teoria non può proporsi di dare una
rappresentazione deterministica dell’impresa, ma
deve entrare a far parte di un circuito di
sperimentazione
 La teoria d’impresa deve essere storicizzata
questo perché il capitalismo industriale è per sua
natura evolutivo.
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Sapere “pratico” e sapere
“teorico” nel management
 Il contesto di decisione (sperimentazione
dell’uso della teoria) è COMPLESSO

 Il management è una SCIENZA o


un’ARTE?

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La teoria d’impresa come meta-decisione


Dato il contesto complesso qual è il ruolo della
teoria?
 E’ quello di offrire una pre-riduzione della
complessità rispetto al momento della decisione vera
e propria.
 Sono degli “occhiali” con lenti specifiche che fanno
vedere le variabili secondo specifiche prospettive.
 Al decisore il compito di utilizzare il proprio intuito per
colmare il gap tra teoria e pratica.
 La selezione di una certa teoria si può definire meta-
decisione
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La teoria d’impresa come meta-
decisione
 Compito di una teoria d’impresa interna alle
discipline manageriali e quello di organizzare in
schemi interpretativi la varietà e la variabilità
dell’ambiente industriale, collocando in questa
varietà anche la specifica identità (storica ed
individuale) dell’impresa che è oggetto delle
decisioni.
 Le categorie astratte di cui la teoria è composta
devono confrontarsi con la storia in senso
diacronico (processo evolutivo) e sincronico
(contesto di riferimento)
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La teoria d’impresa come meta-


decisione
La teoria d’impresa:
 nell’economia politica (descrivere
comportamento di un attore micro-economico)
 nell’economia aziendale (descrivere le leggi di
comportamento economico delle imprese)

Entrambe non affrontano praticamente la


complessità crescente.

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Teoria dell’impresa: finalità
L’obiettivo è dare risposta a due
domande:
 Perché esistono le imprese e come
funzionano internamente
 Come si rapportano le imprese con
l’ambiente esterno e cosa spiega la
loro diversità

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Quindi
Quando parliamo di impresa dobbiamo
guardare come questa è organizzata al suo
interno e come si rapporta con l’ambiente.
Dobbiamo inoltre tenere conto dello stato della
tecnologia perché esiste una relazione tra
essa e l’organizzazione.
Dobbiamo anche considerare l’evoluzione dei
consumatori e del mercato.

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Agenda
 Una teoria dell’impresa per le discipline
manageriali
 Varietà e variabilità delle forme di impresa: il
principio di equifinalità
 Le rivoluzioni industriali e i cambiamenti evolutivi
prodotti nell’impresa e nell’ambiente

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Varietà e variabilità delle forme di


impresa: il principio di equifinalità (1/2)

 Vi è grande varietà e variabilità nelle forme


(tecnologiche e organizzative) con cui si realizza
la funzione di produzione in concorrenza,
astrattamente attribuibile all’impresa industriale
 Tale varietà di forme:
 è l’oggetto di una teoria d’impresa che voglia essere utile
al decisore
 è il frutto cumulato delle attività di innovazione attraverso
cui ciascuna impresa cerca di produrre valore
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Varietà e variabilità delle forme di
impresa: il principio di equifinalità (2/2)
 Ciascuna forma d'impresa ha capacità di evolversi
 Non esiste un “one best way”
 Principio di equifinalità: un sistema complesso è
in grado, attraverso opportune correzione della
propria morfogenesi, di raggiungere lo stesso
risultato (legare imprenditorialmente l’evoluzione
della tecnologia con quella dei bisogni) seguendo
percorsi evolutivi e sperimentando soluzioni
differenti (frutto dell’azione innovativa associata
alla funzione imprenditoriale) (es. Illy e Lavazza)
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EGILab
Putting
principles
to work

 Illy & Lavazza: due imprese del caffè a


confronto
 Prova, assieme ad un tuo collega, a
ricostruire la loro storia individuando i
punti critici della loro evoluzione.
 Prepara due slide (una per azienda)

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Di cosa si occupa allora l’economia e
gestione delle imprese? (1/2)
 (a) Si occupa di affrontare la
metamorfosi dell’impresa industriale e
della sua differenziazione evolutiva nei
diversi contesti competitivi quindi dei
processi evolutivi che hanno interessato
e definito impresa, ambiente e mercato
nel tempo per comprendere l’attuale
contesto competitivo.

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Di cosa si occupa allora l’economia e


gestione delle imprese?
 (b) Si occupa dello sviluppo delle
imprese, delle modalità e degli
strumenti di analisi preliminare per il
supporto delle sue decisioni
(strategiche, di business o funzionali) e
della loro implementazione.

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8
EGILab
Putting
principles
to work

 Visita il sito web di alcune delle seguenti


aziende.
 Sapresti individuare il loro processo
evolutivo?
 Sapresti cogliere i principi di fondo del
loro essere impresa?
 Ne parliamo insieme in aula la prossima
settimana.
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Imprese

 Amazon  Illy Caffè


 Balocco  Lavazza
 Gruppo Barilla  Brunello Cucinelli
 Comau  Ferrero
 Brembo  H&M
 Coca Cola  IKEA

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Agenda
 Una teoria dell’impresa per le discipline
manageriali
 Varietà e variabilità delle forme di impresa: il
principio di equifinalità
 Le rivoluzioni industriali e i cambiamenti evolutivi
prodotti nell’impresa e nell’ambiente

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Qual è l’obiettivo di queste prime


lezioni?
 Fornire la conoscenza di base utile alla
comprensione delle principali variabili
che le imprese devono gestire per
mantenere e rafforzare il loro
posizionamento competitivo negli attuali
contesti imprenditoriali e di mercato.

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«SENZA PASSATO NON C’È FUTURO»

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Per iniziare
 Cosa ha caratterizzato le diverse
rivoluzioni industriali?
 Che cosa dobbiamo analizzare?
Impresa Ambiente

• Modello di business • Tecnologia


• Organizzazione • Mercato/Clienti
• Scelte Strategiche

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Le rivoluzioni industriali

Fonte: MISE 23
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La Seconda rivoluzione industriale


 Produzione di massa, basata su sistema di
macchine interdipendenti, che realizza
produzioni ripetitive di larga scala di prodotti
standardizzati (commodity)
 Taylor sviluppa «l’organizzazione scientifica del
lavoro» e Ford inizia la «meccanizzazione della
produzione»: possibilità di frammentazione
della produzione in fasi e compiti
elementari affidabili a macchine
rigide. Nasce la grande fabbrica.
 Ford model T
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Organizzazione della linea di produzione
fordista
 Se per realizzare il prodotto finito
servono 1000 lavorazioni semplici, ci
saranno 1000 macchine disposte in
linea e sincronizzate nelle loro
operazioni da un programma, che per
ogni postazione, definisce in modo
puntuale l’operazione da compiere
(parcellizzazione del lavoro) e i secondi
assegnati per realizzarla (tempi e
metodi). 25
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Il modello della grande impresa


fordista (impresa manageriale)
 L’organizzazione ha il compito di ricomporre in un sistema
interconnesso le parti elementari frutto della
parcellizzazione dei compiti.
 È presidiata da manager; l’imprenditore-fondatore diviene
mero azionista (assenza di potere di comando)
 La notevole crescita dell’impresa tipica del modello
fordista si accompagna progressivamente alla rottura tra
proprietà e controllo e all’emergere delle public company
(grande corporation americana) e del cosiddetto
capitalismo manageriale
 Alla «fabbrica» si affiancano altre funzioni e la rete di
relazioni con l’ambiente esterno e i suoi stakeholders
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Teoria economica dell’agenzia
 Berle e Means 1932 la separazione tra proprietà e
controllo produce una situazione in cui gli interessi delle
parti divergono ed emerge un potere discrezionale dei
manager.
 Si ha un rapporto di agenzia quando una parte, l’agente,
opera per conto di un’altra parte, il principale
 Le due parti hanno obiettivi diversi e perseguono ognuna il
proprio interesse.
 Il principale incentiverà l’agente ad agire in modo da
conseguire i propri obiettivi e soddisfare la
massimizzazione della remunerazione dei diritti di
proprietà, partendo dal presupposto che questo disponga
di un vantaggio informativo e abbia interessi divergenti. 27
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Assunti comportamentali della


Agency Theory
Gli assunti comportamentali sono di tipo
neoclassico. Si tratta di esseri razionali
che:
max le rispettive utilità personali
elaborano ipotesi circa “lo stato della
natura”
nutrono avversione o neutralità nei
confronti del rischio

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L’opportunismo nella relazione di agenzia
Le cause della sua insorgenza sono rinvenibili :
 nella difficoltà di valutazione diretta dei comportamenti
dell’agente
 nella presenza di asimmetria informativa tra principale e
agente:
 Azione nascosta: l’agente usa le proprie informazioni per
mettere in atto comportamenti non osservabili dal principale e
non in linea con il suo interesse.
 Informazione nascosta: l’agente possiede informazioni private
inerenti l’oggetto del contratto che può usare a proprio
vantaggio prima dell’esecuzione dei suoi compiti.

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I costi di agenzia (agency costs)


 Costi di controllo e sviluppo di incentivi
sostenuti dal principale per orientare il
comportamento dell’agente;
 Costi di obbligazione e di assicurazione per
evitare o coprire azioni lesive dell’agente nei
confronti degli interessi del principale;
 Perdita residuale cioè il costo opportunità
derivante dallo scarto tra il risultato dell’agire
dell’agente rispetto al principale.

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Relazione di agenzia (Jensen&Meckling, 1976)

 Una relazione di agenzia è una relazione di scambio tra


un attore (il principale) che delega ad un altro attore
(l’agente) il potere discrezionale di agire nell’interesse
del principale, dietro ricompensa.
 Si occupano principalmente della relazione tra manager
(agente) e azionisti esterni (principale) e tra creditori e
azionisti.
 Il contratto di agenzia è l’elemento fondamentale su cui
si reggono le organizzazioni.
 L’organizzazione è una “finzione legale”.
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La teoria degli Stakeholder

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L’impresa non è un’isola ma si pone al centro di una serie di
rapporti con differenti gruppi sociali, rispetto ai quali attiva
relazioni di scambio, di informazione, di rappresentanza.

Fonte: Sciarelli, 2017 33


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Teoria degli stakeholder
 Costellazione di soggettività differenti: i soggetti esterni si
legano in rapporti di reciproca dipendenza diventando
stakeholder dell’impresa:
 Portatori di interessi e con una posizione di forza (non
sostituibilità)
 Sono presenti fattori firm-specific relativamente a:
 l’impresa non può fare a meno delle prestazioni di una o
più categorie di stakeholer
 i soggetti che collaborano con l’impresa non operano in un
mercato ma hanno relazioni specifiche
 Vi sono interdipendenze tra impresa e stakeholder
 Il negoziato è il passaggio attraverso cui si riconoscono i
reciproci interessi e l’impresa incanala i comportamenti in
direzioni preordinate e gestibili attraverso routine
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Le routine
riducono l’incertezza nei
comportamenti reciproci di più
soggetti in una situazione di
interdipendenza
riducono il conflitto tra i vari
centri decisionali
conservano la memoria
organizzativa delle soluzioni che
funzionano
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L’impresa e i suoi stakeholder
Ambiente
Ambiente Tecnologico
socio- Governo e
culturale amministrazioni
pubbliche
Fornitori Clienti

IMPRESA
Concorrenti Proprietà/CdA Movimenti di
Manager opinione
Lavoratori
Sindacati
Comunità
locali
Intermediari
finanziari
Forze Ambiente
Economiche politico-
Globali istituzionale
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Categorie di stakeholder
 Gli stakeholder primari hanno un
interesse diretto nella vita dell’impresa e
sono collegati alla stessa mediante
rapporti giuridici (contratti), gli
stakeholder secondari possono incidere
soprattutto sul clima sociale delle
relazioni aziendali (interne ed esterne) e
influenzare i comportamenti di lungo
termine. (Sciarelli, 2017)
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Caso tratto da: Baroncelli e Serio, 2020

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Caso tratto da: Baroncelli e Serio, 2020

Gli stakeholder di Granarolo

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Caso tratto da: Baroncelli e Serio, 2020

Criteri e importanza

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Caso tratto da: Baroncelli e Serio, 2020

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© Cagnina

Tra Ambiente e Stakeholder: il caso ILVA


 Già nel 2006, le emissioni erano pari a 30mila tonnellate
l’anno…La quantità di diossina sparpagliata per aria era pari al
50% di tutta la diossina emessa in Italia.
 Per non parlare dell’inquinamento delle falde acquifere, degli scarichi
in mare e delle polveri dei minerali.
 L’Ilva di Taranto è (stata) tutto questo….La decisione di costruire il
Centro siderurgico di Taranto fu presa, nel 1959, dopo un ampio
dibattito nel Governo Italiano, nell’IRI e nella Finsider: l’impianto di
Taranto fu inaugurato ufficialmente il 10 aprile 1965.
 La scelta di Taranto fu politica, ma si scelse proprio questa città
anche per via delle sue aree pianeggianti e vicine al mare, il fatto che
fosse nel Mezzogiorno, la disponibilità di calcare, di manodopera
qualificata e la possibilità dunque di creare tantissimi posti di lavoro,
43mila tra diretti e indotto allora. L’impianto fu costruito nelle
immediate vicinanze del quartiere Tamburi, che conta circa 18mila
abitanti. Nel 2005, sono 188 le imprese pugliesi dell’indotto Ilva, che
fatturano in totale 310 milioni di euro.

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Tra Ambiente e Stakeholder: il caso ILVA
 Tutte le conseguenze della chiusura dell’Ilva
 Chiudere l’Ilva significa fermare tutto un indotto che movimenta
non solo una città, per non dire una Regione. Se chiude l’altoforno
e si fermano sia la produzione che la lavorazione dell’acciaio, oltre
10mila addetti, cioè tutti quelli passati nel 2018 ad ArcelorMittal più
tutti gli altri rimasti in amministrazione straordinaria in cassa
integrazione più tutti gli altri dell’indotto, rischiano di perdere il
lavoro.
 Soltanto a Taranto le imprese segnalano circa 25 milioni di
fatture non pagate. Cifra a cui si devono necessariamente
aggiungere quelle altrettanto onerose delle diverse imprese del
Nord siderurgico e meccanico collegate.
 Anche gli stabilimenti di Genova Cornigliano e Novi Ligure
rischiano effetti dirompenti. Con la conseguenza che il Belpaese
si troverebbe ad acquistare acciaio all’estero. È pur vero che i due
stabilimenti del Nord Ovest potrebbero continuare a lavorare
l’acciaio, non più quello proveniente da Taranto, ma da altri
stabilimenti di ArcelorMittal, oppure acquistato sul mercato.
(tratto da QuiFinanza, 16 febbraio e 1 giugno 2021)

EGILab
Putting
principles
to work

 Quali stakeholder oggi hanno assunto una


maggiore importanza per le imprese?
 Navigate tra le informazioni dei siti web di
alcune delle aziende segnalate all’inizio.
 Sapreste indicare gli stakeholder primari e
secondari di quelle imprese?
 Come si dovrebbe sviluppare secondo voi lo
stakeholder management dell’impresa?
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Gli stakeholders chiave di Zara (Inditex)

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Dalla produzione alla vendita


 Allargamento delle linee di produzione e dei prodotti
(strategie di diversificazione) per sfruttare le economie
di scala tecnologiche e gestionali e aumentare vendite
e fatturato spinge verso la creazione di grandi imprese
multidivisionali e multinazionali. È un modello d’impresa
autosufficiente. Anche il processo innovativo è
«chiuso».
 La crescita accelerata sposta il focus dell’impresa
dall’attività produttiva all’attività commerciale
determinando dal punto di vista del mercato un
passaggio da un «orientamento alla produzione» ad un
«orientamento alla vendita» (Keith, 1960). Nasce la
comunicazione di massa; ma il mktg ancora non esiste.
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Approcci strategici al business
Ford vs. General Motors
 «Ogni cliente può avere una macchina
dipinta di qualsiasi colore che desidera
purché sia nero»
 «Un’auto per ogni tipo di ricerca e
scopo da parte del cliente»

 Possiamo identificare gli elementi


caratterizzanti le strategie competitive di
base che vedremo più avanti.
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Approcci strategici al business


Ford vs. General Motors
 FORD punta al vantaggio di costo: la
fabbrica e la standardizzazione del prodotto
sono al centro

 Alfred P. Sloan (General Motors) riconosce


che con qualche piccola variante alcuni
clienti potranno essere disponibili a pagare
di più (vantaggio di “falsa”
differenziazione)

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La maturità del fordismo
 Il fordismo “maturo” (anni Sessanta) vede la
sostituzione dell’orientamento alle vendite con
l’approccio al marketing. Si adottano strategie di
differenziazione dell’offerta rispetto ai competitor. Il
potere di acquisto del consumatore aumenta e
aumentano le diversità nei mercati geografici.
 La mondializzazione dei mercati consente un
ulteriore crescita e apre opportunità anche ai
newcomers europei e giapponesi intensificando al
contempo la concorrenza.
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Il fordismo maturo: dalla fabbrica


ai servizi
 Il fordismo “maturo” inoltre comincia a terziarizzarsi,
ossia a divenire un’economia in cui i servizi interni
(terziario implicito) pesano più della manifattura di
fabbrica.
 Al contempo crescono anche i servizi nell’ambiente
esterno (terziario esplicito). Cresce cioè il ricorso a
imprese di servizi (esterne) che offrono all’impresa
e ai consumatori servizi complementari: es. Auto.
 I servizi assumono un ruolo rilevante nelle strategie
competitive e nella distribuzione di risorse.
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Anni ‘70-’80: l’impresa alla ricerca della
flessibilità
 Crisi e declino della produzione di massa da fattori contingenti
(fluttuazione cambi; aumento prezzo petrolio, materie prime, lavoro e
tassi interesse; ecc..)
e strutturali (rivoluzione tecnologica –telematica/informatica- e
cambiamento della domanda che fa emergere nuove esigenze di
consumo- interazione just in time con la D: es. Benetton anni 70-80)

ambiente esterno diventa scarsamente prevedibile e controllabile


dal potere della grande impresa
 Emergono nuovi concorrenti, quali ad esempio le grandi imprese
giapponesi (organizzate in catene di fornitura) e i distretti industriali
italiani (divisione del lavoro tra molte piccole e medie imprese,
specializzate in un particolare settore e addensate in sistemi locali di
prossimità (Prato, Brianza, Vicenza ecc.)
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Centro
Elaborazione
Dati (CED)

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Prodotti

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Processi Produttivi

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Il modello di produzione Toyota
 Obiettivo di Toyota era rendere polivalenti uomini e macchine,
senza rinunciare ai metodi industriali di produzione. Come?
 Uso di procedure per velocizzare le operazioni di riattrezzaggio
delle macchine al fine di usare le stesse linee per lavorare lotti
diversi, utilizzandogli stessi lavoratori
 La squadra nella fase di assemblaggio controlla la qualità del
prodotto in itinere e non solo (TQM)
 Sincronizzazione e velocizzazione di tutti i cicli produttivi,
compresi quelli dei fornitori che garantiscono
approvviggionamenti frazionati in piccoli lotti e ritmi più serrati
di consegna (JIT e lean supply)
 Si riducono così anche i costi di immobilizzo delle materie
prime e dei componenti.
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Grande impresa e distretto industrial: modelli


alternativi di organizzazione della produzione

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Anni ‘70-’80: l’impresa alla
ricerca della flessibilità
 L’impresa della produzione di massa reagisce con la de-
verticalizzazione del ciclo e il decentramento produttivo,
che alimentano l’outsourcing non strategico. Ottiene così
un riduzione dell’investimento necessario e un aumento
della flessibilità nelle scelte produttive
 Sul fronte dell’organizzazione si riduce il grado di
centralizzazione delle informazioni e decisioni
articolandosi in unità di business, rese strategicamente
autonome

Ma alla nuova fase del capitalismo industriale non basta


meno organizzazione ma una diversa organizzazione
che lascerà definitivamente alla spalle il modello della
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produzione di massa 59

Teoria dei costi di transazione


 Coase 1937 è un precursore: perché esistono le imprese?
 O.E. Williamson 1975, 1985 Teoria delle transazioni
 Un sistema funziona e si sviluppa attraverso il
coordinamento delle prestazioni svolte da molti sub-sistemi
di livello inferiore
 Coordinamento di alcune funzioni a livello corporate
 Sviluppo di una logica di prestazioni e transazioni a
livello divisionale.
 Nella storia gli anni ‘70 hanno rappresentato il periodo delle
ristrutturazioni e del superamento della pianificazione e
programmazioni centralizzata (a livello di imprese e come
logica di sistema)

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Teoria dei costi di transazione
Le organizzazioni rappresentano una “struttura di
governo” delle transazioni alternativa al mercato
Dicotomia MercatoGerarchia

Definizione di transazione:
“Trasferimento di beni o servizi attraverso un’interfaccia
separabile sotto il profilo tecnologico” (Williamson,
1985)

“Contratto che trasferisce diritti ed obblighi tra le parti”.


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Teoria dei costi di transazione

Caratteristiche della transazione:


Specificità delle risorse (idiosincrasia)
Incertezza
Frequenza
Sono variabili rilevanti nella scelta
della forma più efficiente
di governo delle transazioni

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Teoria dei costi di transazione

Coordinamento tramite il mercato


Caratteristiche di un mercato “puro”:
istantaneità dello scambio
perfetta informazione
perfetta sostituibilità delle controparti
Il prezzo racchiude tutte le informazioni necessarie
alla realizzazione dello scambio di mercato

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Teoria dei costi di transazione


Ipotesi sul comportamento degli attori:
Razionalità limitata: limitate capacità e conoscenze
Opportunismo: Comportamento umano tale per cui
gli individui perseguono il loro interesse in modo
egoistico, anche con l’inganno. Può essere:
 ex ante (adverse selection): fornendo
informazioni erronee o incomplete
 ex post (moral hazard): comportamento scorretto
messo in atto in situazioni di asimmetria informativa
e di incompletezza del contratto
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Il fallimento del mercato
(market failure)
Fattori umani Fattori ambientali
razionalità incertezza
limitata

blocco
informativo

piccoli
opportunismo numeri

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I costi di transazione
 La presenza di razionalità limitata e opportunismo implica
l’impossibilità di stipulare contratti perfetti o completi
imponendo il sostegno di costi per il loro rispetto: i costi di
transazione
 costi di transazione ex ante: costi di selezione della
controparte, costi informativi
 costi di transazione ex post: costi di esecuzione del
contratto
I costi di transazione comprendono tutti i costi
necessari per progettare, negoziare e tutelare un accordo
di scambio.
Rappresentano i costi d’uso del mercato
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Costi di transazione ed efficienza comparata delle forme di


governo delle transazioni nel market failure

Costi di
transazione
gerarchia mercato

- frequenza delle transazioni +


incertezza delle transazioni
specificità degli investimenti risorse
oggetto della transazione 68
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Internalizzazione (make) o
esternalizzazione (buy)
La definizione del “confine efficiente” dell’organizzazione delle
attività da svolgere all’interno per ottenere il massimo livello di
efficienza operativa, dipende da due valutazioni:
 1. ECONOMICITA’: si  2. RISCHIOSITA’ DELLA
ottiene comparando i costi TRANSAZIONE: Il controllo
d’uso del mercato con quelli delle condizioni
da sostenere all’interno d’acquisizione di beni o
dell’organizzazione di servizi è maggiore nell’ipotesi
impresa (e svolgendo di produzione interna rispetto
all’interno le attività che a quelle di un rapporto
sarebbero più costose se contrattuale di scambio
delegate all’esterno)
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© Cagnina

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Le forme ibride o intermedie di
governo delle transazioni

 Le forme “pure” di governo delle


transazioni non sono facilmente
riscontrabili nella realtà
 tendono a ibridarsi in forme intermedie,
contrattuali e non, complesse
 al variare del contesto transazionale il
“mix” delle forme di governo delle
transazioni cambia

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© Cagnina

EGILab Putting
principles
to work

 Impresa verticalmente
integrata
 Distretto
 Rete di imprese  Mercato
 Outsourcing  Gerarchia
 Contratto di fornitura  Forme ibride
 Joint Ventures
 Alleanze
 Acquisti sporadici

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© Cagnina

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