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Alejandro Jodorowsky

ALL’OMBRA DELL’I CHING


Postfazione di Antonio Bertoli
Traduzione di Michela Finassi Parolo

Feltrinelli
Titolo dell’opera originale
A LA SOMBRA DEL I CHING
© Alejandro Jodorowsky, 2014
Published by arrangement with Casanovas & Lynch Agencia Literaria
S.L.© Alejandro Jodorowsky, 2014

Traduzione dallo spagnolo di


MICHELA FINASSI PAROLO

© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano


Prima edizione digitale 2016
da prima edizione in “Varia” marzo 2016

Ebook ISBN: 9788858824702

In copertina: elaborazione dell’Ufficio grafico Feltrinelli.

Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.


È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
Nota dell’editore

All’ombra dell’I Ching è una raccolta di meditazioni di Alejandro


Jodorowsky ispirate alla saggezza millenaria del Libro dei Mutamenti.
Come spunto per una lettura originale del testo e per l’eventuale
consultazione divinatoria abbiamo scelto il metodo delle tre monete.
Il lato testa, yang, vale 3; il lato croce, ying, vale 2.
Formulata la domanda che si desidera porre, si lanciano
contemporaneamente le monete per sei volte consecutive.
Le possibili combinazioni dei lanci sono quattro:

2 + 2 + 2 = 6 genera una linea spezzata mutevole.


3 + 2 + 2 = 7 genera una linea intera fissa.
3 + 3 + 2 = 8 genera una linea spezzata fissa.
3 + 3 + 3 = 9 genera una linea intera mutevole.

Si segnano a mano a mano, iniziando dal basso verso l’alto, le sei linee
che sono state generate, per due volte, a formare due esagrammi. Le linee
fisse (7 e 8) sono le stesse in entrambe le figure. Le linee mutevoli (9 e 6)
danno luogo al loro contrario nella seconda figura (da spezzate diventano
intere e il contrario).
Il primo è l’esagramma originario, mentre il secondo è il derivato.
Entrambi sono una risposta alla domanda. Il primo si riferisce alla
situazione attuale e il secondo a un potenziale sviluppo insito in essa.
Ad esempio, se i sei lanci di monete hanno dato i seguenti risultati: 6 – 6
– 7 – 8 – 9 – 6, l’esagramma risultante sarebbe:

L’esagramma derivato sarebbe:


Il rospo filosofico possiede l’oro dentro di sé e non fuori per
farne bella mostra. A quale scopo invero s’adornerebbe un rospo
nascosto e raffermato nelle tenebre?

Michael Maier, Atalanta fugiens


1. Posterità

Ogni attimo con pietoso oblio, senza giungere a esser memoria, si dissolve
nella fragranza del vuoto.
Pensi di rotolare dentro una pietra, cuore prigioniero nella corteccia di ferro,
senza lacrime né chiavi.
Sebbene il mondo conficchi i suoi mille assi nella tua mente, in fondo
all’anima c’è una sfera che non ruota,
ciò che credevi essere si sgretola, si riflette la stessa luna in ciascuna delle
tue foglie.
Ricevi il profumo del porto promesso dopo un viaggio attraverso mille
abissi vestito da meretrice,
senti ardere il bambino racchiuso nel petto, guardalo cadere tramutato in
ceneri millenarie,
resisti alle stoccate del vento con gli occhi fissi al cielo e la mente a
brandelli.
Di ciò che mai sei stato, sii ora il riflesso, le impronte dei tuoi passi diano
lezioni di danza,
le tasche ricolme di eterna assenza, nelle carni della posterità semina larve
trasparenti,
lascia scivolare via il mondo dalle mani aperte, lanciati nel precipizio
tramutato in mela.
2. L’impulso

Non ti riconosci in nulla, vivi a prestito, non riesci a sollevare il velo?


Smetti di brandire il tuo nome, apri la mano e lascialo scorrere via fino a
che ti chiamerai Silenzio.
La caccia è vietata, la pesca è consentita.
Entra nella rete che distendi nel tuo mare interiore.
Sii tu stesso la preda.
Nell’istinto immergi la tua coscienza.
Se smetti di chiedere, ricevi quasi fossi un calice sacro.
Credevi che il tesoro ti sfuggisse via. Hai capito che era la tua ricerca ad
allontanarlo.
Più non sarai un nome tra mille nomi, ma una sfera trasparente che li
contiene.
3. Essere ciò che si è

Se sei acqua, non voler imitare le rocce. Se sei roccia, non cercare di fluire.
La molle lingua non imita i denti. I duri denti non imitano la lingua.
Tra la lingua e i denti, il nutrimento. Tra la notte e il giorno, l’alba.
Non in quello che fu né in quel che sarà. Razionale e intuitivo insieme,
aperto al miracolo.
La materia è bellezza, l’immateriale è verità.
Quando l’eterno genererà negli orologi rose di luce, lingue trafitte da uccelli
d’aria,
mani che trasudano miele e canti che odorano di nuvola,
nel muro della mente si aprirà una crepa da cui far defluire la tua memoria
ladra.
4. Riflettere

Per parlare con un prigioniero non fare resistenza: entra nella sua cella,
trasformati in specchio.
Lascia che si veda in te, perché lui non si vede mai, sempre a rifugiarsi
nello ieri, a mangiare lo stesso tozzo di pane, a bere lo stesso sorso
d’acqua, a chiamare carezza un’unghiata, a rimuginare il piacere
dell’insoddisfazione.
Si blocca, si camuffa, fugge, si nasconde tra le sedie? Insulta, minaccia,
sferra calci all’aria?
Tu fatti riflesso, eco, ombra, cerca il pertugio, penetra al suo interno come
un ladro,
aiutalo a vedere i muri che lo imprigionano, invitalo ad abbatterli, cancella
dalla sua mente le idee tatuate,
iniettagli il desiderio di vivere secondo quello che è e non secondo quello
che gli hanno imposto.
5. Umile mutismo

Manda al macello le tue parole inutili: forme insaziabili, frutti senza


nocciolo, vuoti adornati di illusioni, pelli gonfie di bruma.
Il mutismo discenda nel pozzo della tua lingua, il sapore dell’eternità
conceda pace alla tua mente, la croce su cui inchiodi le definizioni
diventi polvere.
Soltanto allora, scultura di santo lustrata dai baci dei credenti, la tua bocca
potrà versare parole simili a soli.
Non saranno tue, a generarle sarà un’umile gola.
Avranno lettere, suoni, forme, ma fertili stavolta, esplosioni gravide di
canti, cattedrali della crescita perenne, giganteschi dizionari popolati
mille volte da un solitario “grazie”.
6. La semente

Mai muovere un passo senza interrare una semente.


Ciascun istante l’inizio di un’eternità, ciascun gradino il principio di una
scala infinita, ciascun gesto il nucleo di un cosmo nuovo.
Se il saggio non semina, è ragione sterile.
Chi accumula senza dare, si svuota.
Prima di spianare la via, mondala dalle illusioni pietrificate.
Nel deserto della sofferenza, pianta una scintilla di allegria, affondala con
forza su ciò che solo imita quello che è per sempre.
Puoi seguire il cammino inverso: una pietra ruvida, la corrente del fiume
non la rifiuta ma la leviga, la contiene.
Il sassolino abbandonandosi all’illimitatezza le dà un significato.
Una sola semente giustifica l’esistenza della Terra intera.
7. Senza discriminare

Non promettere cadute e non ferire speranze.


I tagli inferti agli altri scavano solchi nelle tue carni.
Lacerando la loro fiducia sgretoli le fondamenta del tuo mondo.
La diffidenza che induci in loro uccide l’amore. Il bambino prigioniero dei
tuoi sogni conficca aghi nel desiderio di essere.
Non sa separare il tempo dalla ferita né il delirio dall’aurora.
Non sa di essere un pesce d’oro che annuncia la sublime esplosione della
meta.
Se per andare avanti disprezzi i passi altrui, le tue maledizioni
rimbalzeranno dalle labbra all’anima, corrodendola.
Insegna ai tuoi occhi a benedire quello che vedono.
Rimani unito per intero, la separazione è un miraggio che ti divora.
Con il cuore vuoto, fissa lo sguardo laggiù in fondo, fino a scovare la tua
stella.
Rispetta le illusioni di chi si abbandona ai tuoi effluvi, insegnagli a morire
sprofondando nelle alture.
8. Il ritorno a te stesso

Non trasformarti in parassita di larve altrui.


Molti sanno imitare, pochi sanno creare.
La verità esibita si fa oggetto promiscuo, incita al furto.
Trattieni la tua fame mentale, non divorare quello che a gran voce chiamano
nutrimento supremo, non ingurgitare artifici.
Ben sapendo che un attimo è solo l’ombra del futuro e ciascuna pietra un
corpo fugace.
Passa di sogno in sogno attraverso un ponte di cristallo con la feroce
allegria di una mente che si va sfumando.
Nessuno può rubarti l’essenziale, nessuno può nutrirsi di ciò che non gli
appartiene.
Non ambire a ciò che l’idolo possiede.
La luce dell’altro è solo l’ombra della tua luce.
Fa’ ritorno al tuo caos personale.
9. Senza alcun vantaggio personale

Non incatenare il cuore di chi aiuti.


Perché vuoi rinchiuderlo in una gabbia di idee?
Vuoi sferzarlo con il tuo nome?
O salire sopra il piedistallo della sua volontà morta?
Sentire tenerezza per quella mente che si svilisce?
Forse nel tuo cuore si annida un bambino amareggiato?
Vuoi affondare i denti nel fantasma dei tuoi padri?
Quegli esseri soggiogati sono lo specchio della tua impotenza.
Non pensare a cosa ottieni in cambio, quando dai.
Soccorri il bisognoso rimanendo nell’ombra.
Non guardare le impronte incrostate nel sudiciume del tempo e va’ avanti,
verso la nuvola di anime che attendono uno sguardo per farsi carne.
10. Il peso delle ricompense

Rinchiudi medaglie e diplomi dentro un feretro.


Dal bruco che divora elogi non nasce la farfalla.
Il frutto dell’opera non è l’opera.
Tutto quello che esibisci ti paralizza.
Il peso dei premi ti inabissa nella memoria.
L’immagine di te stesso diventa una prigione.
Smetti di essere quello che fu e quel che sarà.
Da’ alle fiamme il tuo passato e il tuo futuro.
Cammina scalzo lungo la dorsale del presente.
11. Senza corazza

Mostrati senza fama, nudo e in ginocchio.


Smetti di sapere chi sei.
Il nome è una trave conficcata nell’occhio illimitato.
Le idee ereditate ti rivestono di una crosta di gesso.
L’ego artificiale deve inginocchiarsi di fronte all’essenza vera.
Elimina gli orpelli, vinci la paura, abbandònati senza difese,
non vendere il vuoto ben confezionato nell’apparire,
esalta quello che senti, da’ senza costringere a ricevere,
ama quello che esiste come fossi sua madre.
Essere senza imporre è la legge.
12. Resurrezione dell’anima

Sei forse una pietra millenaria in attesa


di una mano leggiadra che venga ad accarezzarla,
o di una nuvola nera che la liberi dalla luna?
Dentro la tua mente decapita gli antenati.
Nel mausoleo degli anni ogni comando diventa arbitrario.
Te li porti addosso, incrostati nella pelle e nel cervello.
Va’ verso il futuro liberandoti della loro tirannia.
Si eredita la memoria, non l’anima, un seme che tu soltanto puoi far
germogliare.
Nel cervello raffrena il torrente di scorie concettuali.
Nel cuore detronizza la spaventosa unione con il passato.
Nell’adesso fa’ del tuo giudizio un orfano, porta aperta a tutte le
resurrezioni.
13. Liberazione

La sozzura del calice trasformala in diamanti.


Non definire ciò che è con ciò che lo invade.
Non confondere il volume con la sua ombra.
Da quello che dici leva il chi, il come, il quando e il dove.
Non è violento il venerabile mondo, la violenza è in esso: parassiti che
divorano senza seminare, ego immondi.
Non succeda lo stesso alla tua anima, affronta spontaneamente la
sofferenza, versa amore sui tuoi bruchi fino a che non dispiegheranno ali
profumate.
Possa la tua fortezza aggressiva tramutarsi in un tempio senza mura.
14. Vacuità

Nel rifugio dell’insicurezza, accetta l’inevitabile.


Tutto, presto o tardi, si dissolve.
Perfino le montagne di granito sono nuvole.
Non ti rifugiare in piazze d’armi né in idee.
In fondo alla fugacità si cela l’imperituro.
Nei capelli dietro la nuca risiede l’infinito.
Le rughe della pelle ti liberano dalla seduzione.
Fa’ della malattia un maestro che t’insegni la bellezza dell’effimero,
danza fra le nuvole di petali che cadono dal ciliegio,
balla un tango con la morte.
15. Libertà interiore

Prigioniero della legge comune, sii libero nelle tue viscere.


Proibizioni e ordini fioriscono solo in superficie, dentro il tuo cranio risiede
l’insondabile.
La coscienza è una barca che naviga nel mare della follia.
Essendo mortale sei libero.
Dentro il tuo corpo incatenato danzi lo scheletro!
Suggendo moralismi pietrificati, saprai dissolverti nell’infinito?
16. Abbellire

Fa’ dell’odio un roseto nel giardino del tuo silenzio.


Ricevi come un regalo le frecce che ti scagliano contro.
Netta le aderenze oscure che le parole si portano appresso:
passando di mente in mente non sono più scrigni trasparenti ma diventano
lune opache.
Nelle terre del mutismo cresce il fiore d’oro.
17. Niente di più

Demolisci i muri che ti separano da te stesso.


Distruggi il burattino costruito intorno alla tua coscienza.
T’iniettarono le storture dell’apparire.
T’inchiodarono nel tempo, definendoti con l’età.
Ti appiccicarono sul volto le smorfie degli antenati.
Rinchiusero il tuo essere in un passaporto, una lingua, un abito di fango.
Mutilarono le tue peculiarità.
Smettila di vivere intorno a te, lìberati del superfluo, cerca la radice
invisibile fino a che ti ritroverai libero dalle definizioni, immerso in un
lago di felicità.
18. Essere e non essere

Nella rinuncia oscura inghiotti fiumi d’aria


credendo di essere un involucro di pelle da sempre vuoto?
Fuggi da ciò che ti fa dimenticare lo scheletro.
Non trasformarti in un superbo che rinnega la sua medaglia d’argento.
Dimenando le anche come un forsennato non cancellerai la morte.
Il fiore nasce, profuma, rilascia il polline e alla fine i petali, puoi forse dire
che scompare?
In ogni momento sei quello che sei, così come quello che non sei.
Solo andando avanti lungo sentieri che si dissolvono, giungerai alla verità.
19. L’attimo miracoloso

Quello che saprai un giorno non hai bisogno di saperlo adesso.


Se la luce attraversa le pareti, bene.
Se si consuma nell’abisso, bene.
Entra nella cattedrale del cuore,
perdi la coscienza della coscienza,
a braccia spalancate cadi nel torrente,
abbi fede senza dubitare, ringrazia per i tuoi errori,
accetta che la realtà sia un incessante disintegrarsi.
Nell’energia che sorregge il mondo
non c’è tristezza né paura,
ricevi le onde concentriche del suo piacere.
Il più banale attimo della tua vita è un germoglio.
20. Contemplazione

Viaggia dalla veglia al sonno senza cambiare meta.


Cavalca la freccia invisibile che trafigge la ragione di ferro.
Giungi al miraggio dove navigano i perfetti labirinti del disordine.
Fa’ di tutte le tue sfaccettature un solo diamante.
Venera la causa segreta della moltiplicazione delle tue cellule.
Le viscere palpitanti in fondo all’effimero nutrono le radici della tua
Coscienza.
Sii il testimone eterno.
21. Mordere e unire

Concentra viscere e anima in un solo disegno.


Il tuo corpo si confonda con l’aria.
La tua mente si scavi il nido nella terra.
La danza tra il denso e il sottile plasmi la bocca perpetua da cui sgorga un
torrente di illusioni.
Lo spazio infinito sarà il tuo organismo e il tempo che non nasce e non
muore la tua azione appassionata.
Congiungendo i mille estremi sarai il cavaliere di un androgino
impensabile.
22. Intensa meta

Non i cieli né gli inferi alterino le tue intenzioni.


I tentacoli dell’insulto e dell’adulazione scivolino via dalla tua anima come
esche defunte.
Nessuno corroderà il tuo entusiasmo, nessuno ti legherà con catene di
lusinghe.
Non per fame di guadagno né per timore di perdere, ma per necessità.
Al fiore che nasce nella palude, l’universo intero non può impedire di
schiudersi.
Una sola meta per tutti i tuoi sentieri,
un solo punto in cui confluisca il bosco di linee,
un solo grido che conglobi valanghe di discorsi,
un solo respiro che attraversi le innumerevoli morti.
Addèntrati nudo nella fonte dove in ogni momento nasce il tuo essere.
23. Luce dell’ombra

La malattia sia per te una scala.


Essa viene a rivelare dove il tuo spirito si è pietrificato,
invitandoti a trasformarlo fino a che fluirà come un torrente a primavera.
Non lottare contro di lei, la sua missione è ricordarti che solo il cammino
etereo ti conduce alla realtà, ossia a te stesso.
Quello che ti hanno detto che eri senza che lo fossi davvero è la malattia.
Ama il tuo carcere mentale, grazie a esso ti stai fabbricando un’aureola.
24. Correzione

Il tuo intelletto non sia un tirannico rapace.


I suoi gelidi arpioni non offendano la tua carne.
La rigidità delle idee non blocchi lo schiudersi del miracolo.
Ti illudi se credi di regnare sugli specchi.
Pensare non è seppellire il mondo in uno stampo.
Non è tuo il posto dell’altro.
Rilascia la tua energia senza attendere nulla in cambio.
Trasforma in concime i problemi.
Lascia circolare nelle tue viscere la gioia dei frutti marcescenti.
Se vuoi inseminare la vergine di marmo, non essere troppo calcolatore.
25. Innocenza

La pietra sia pietra e l’occhio sia occhio.


Per trovare l’acqua riconosci la tua sete.
Non sei quello che vuoi, sei quello che sei.
Quando aprirai il ventre, da un secondo sgorgherà il tempo intero,
mille canti t’invaderanno il petto,
cerchi rilucenti ruoteranno intorno al tuo capo,
navigheranno nel tuo sangue tutti i morti e tutti i nascituri,
più non ricoprirai con i tuoi ritratti ogni centimetro del mondo,
smetterai di trasformare il prossimo tuo in un riflesso,
non nasconderai dietro a maschere opache i volti sfolgoranti,
accetterai la notte senza rimpiangere il giorno,
accetterai il giorno senza ricoprire il cielo azzurro con un velo nero,
accetterai i tuoi sentimenti per quanto siano sublimi.
26. Domesticazione

Il gesto corrisponda alla vetta su cui regna la tua Coscienza.


Con la soavità di una brezza, manipola gli oggetti quasi fossero farfalle.
Rispetta il fuoco del falò, ma anche le sue ceneri.
Demolisci il muro che serpeggia tra dentro e fuori.
Non osservare quello che accade, dissolviti nell’accadimento.
Non esibire i sentimenti, dissimula il rullo dei battiti del cuore.
Non mostrare quello che sei oggi ma quello che sarai domani.
Non tentare di rivelare quello che sai, insinua soltanto quello che sospetti.
Cerca te stesso in quello che credi di non essere.
27. Inizio eterno

Non dimenticare mai il miracolo della tua ombra.


Contemporaneamente nega ogni volta che affermi.
Accompagna la mano che dà con la mano che toglie.
Per navigare nell’oceano oscuro, fa’ della tua coscienza un punto di fuoco.
Sopra di te, sotto di te, davanti, dietro, alla tua destra e alla tua sinistra,
palpita il miracolo.
Il tuo cuore segue quel ritmo. A ciascun battito nascono mondi, negli
universi soccombenti fioriscono foreste di luce.
Sebbene il passato abbracci un tempo dalla vastità impensabile, questo che
stai vivendo adesso è soltanto un inizio.
28. Il meraviglioso eccesso

Soddisfa la sete che ruggisce nel calderone delle tue carni.


Non impedirti di fare quello che desideri, non costringerti a ricevere quello
che non vuoi.
Smetti di lottare contro la belva sacra, abbandònati al piacere della
dissoluzione nella cripta della sua essenza.
La perfezione dell’intelletto, in assenza del rettile che si annida nel tuo
sesso, è pura vanità.
Estrai gli aghi che ti si sono conficcati nella mente. Con il filo dell’amore,
usali per unirti all’orgasmo incessante dell’impensabile Dio.
29. Violento abisso

Tu decidi di morire per ritrovare il segreto perduto.


Balzi fuori dallo specchio in mezzo al disfacimento.
Abbandonando la via dell’apparenza vai verso il ventre luminoso.
Il tuo sguardo si gonfia di un vuoto possibile.
Varchi per sempre la soglia dell’infinito.
Nel calice del fiore eterno si riversano i fiumi della tua anima.
30. Fremito ardente

Ultimo rifugio della materia, è tua l’energia della bestia.


Senti nel midollo delle ossa il diluvio vitale.
Senti pulsare dentro il cranio il cuore formativo.
Come se fossi vivo, danza nudo spargendo pollini.
Come se fossi morto, libero dai tentacoli terrestri, ondeggia in un feretro
d’aria.
Getta nella fossa comune la paura di perdere,
smettila di caricarti in spalla padroni tirannici,
smetti di erigere frontiere di metallo intorno al tuo respiro,
e di incollare etichette con la tua firma sopra tutto quello che vedi.
Condannato a una perenne trasformazione,
colonna d’anima in mezzo al deserto,
innalzati verso il tuo doppio, la stella del mattino.
31. Dimenticare per ricevere

Al centro del groviglio di universi, danzi girando intorno a te stesso.


La divisione è fallace quanto l’unione, non vi sono crepe in ciò che esiste.
Tutto esulta nell’esplosione di un attimo.
Il fuoco arde sul palmo della tua mano.
Ricevi nella bocca i fiumi millenari.
Sei una deflagrazione bianca dentro un occhio cieco.
Quello che oggi ti pare importante diverrà oblio.
Lascia che si dissolvano i tuoi ritratti sanguinari.
Niente nasce, niente muore, niente fu, niente sarà, in te mormora l’eternità.
32. Totalmente in tutto

Per raggiungere il tuo essere reale, smetti di crescere dove non sei.
Gli zoccoli delle definizioni non calpestino l’ascesa illimitata del tuo essere.
Brucia il passaporto e getta le ceneri al di là delle stelle.
Accetta che gli specchi voraci inghiottano il tuo riflesso.
Rinchiudi gli anni nel tempio delle chimere, affermando che la tua età è la
stessa del cosmo.
Non definirti per il mormorio della pelle, né per gli antenati delle tue carni,
né per quello che ti si annida tra le gambe.
Eliminando rancori, giudizi lividi e pretese infinite, il tuo cuore diventerà
una cattedrale in cui dimora un bambino d’oro.
Nessuna esca, nessuna freccia, nessuna vampata seminale o palpitare di
ovaie impediranno all’energia del desiderio di condurti dal dio che ti
abita.
Libero da ogni frontiera, riconoscerai come patria soltanto le tue scarpe.
33. La ritirata

Tra addizioni e sottrazioni verso un destino illusorio,


in un mondo di materia che si finge tangibile,
con voce color meringa, prostràti come cani,
l’animo aggrappato unghie e denti al denaro,
navigano sopra un diamante perennemente infangato.
Non consentono alle muse di profumare le loro paludi,
non scendono dalle montagne buttando via il superfluo,
né affondano i denti nelle carni dell’anima.
Hanno trasformato la mente in una cella,
emanano sentimenti che odorano di belva,
dietro alle loro facce si apre un buco nero.
Con la certezza di non essere mai stati visti
un orologio li divora mentre cadono nell’Averno.

Incapace di separarti dalla notte


che mai finisce di partorirti,
di fronte a porte chiuse per sempre
come possono le tue dita afferrare una stella?
Cadavere a forma della bara che lo contiene,
ricordi solo quello che in realtà non hai vissuto.
Smettila di volerti fare una corazza di spuma,
in ogni secondo abita uno smeraldo eterno,
la tua lingua reclama il sapore di un altro mondo.
Va’ al di là del creato, trova l’energia
che manipola gli uomini con i suoi fili vuoti.
Ricoperto di un rosso che non è sangue
dissolviti nel mare sconosciuto,
lasciando dietro di te solo un diamante in fiamme.
34. Forza segreta

Esternamente cammina come una bestia condotta al macello,


ma dal di dentro assorbi la forza del drago eterno.
Con la mente satura di negazioni, muoviti a piccoli passi
come guidando un cane cieco.
Senza meta né fine, eludi la concretezza per penetrare nell’ineffabile.
Lìberati dalle forme, intreccia le tue vie in una sola via.
Vibra un fendente infinito alla materia, oltrepassa le frontiere del cosmo,
fermati al centro della tua anima.
Nessun superbo osi definirti. Assumendo le sembianze di un uccello
addormentato disgrègati davanti ai suoi occhi.
Sempre più rarefatto, diventerai sarcofago invisibile. Potrai sembrare una
roccia addormentata,
ma quando cercheranno di afferrarti troveranno solo una folata di vento che
farà volar via loro il cappello.
35. Bellezza occulta

Il volto irreprensibile dei truffatori


le mani leggere del ladro
il suono zuccheroso di una preghiera senza fede
i pugnali che navigano sul mare di parole
l’allegria che si cela nei funerali compunti
il fiore che nessuno si lascia crescere in fronte
la solitudine incollata alla nuca degli anziani vedovi
l’illuminazione immediata che ti promette un falso Buddha
miraggi depravati che il vento si porta via
mentre a poco a poco il deserto svanisce.
Fòrnica tutto il giorno.
Frègatene delle contraddizioni.
36. Corpo sacro

Esalta e venera il tuo corpo


quale animale che s’offre in sacrificio
esso trasporta la tua anima immortale.
Non è una palude venefica in cui naufraga la coscienza
non è un felino arcaico che aspira a essere il sole del centro
non è un’ansia carnivora generata dalla sete di essere
non è una mummia che rimbalza attraverso i secoli
non è una forma senza senso scolpita da innumerevoli echi
non è un albero di cui mille uccelli ciechi si dichiarano sovrani.
Il tuo corpo è la metamorfosi di un bruco sognante
generoso come il sangue che sgorga dal seno materno
allegro come la folgore che riluce e poi scompare
è molto di più della percezione di sé.
Bestia illimitata, aquila invisibile
angelo assassino, leone carbonizzato
come la terra non ammette proprietari
come il vento è un esodo eterno
come il fuoco rivela il calore dell’anima
come l’acqua consente al sogno di trovare una fugace unità.
37. Clan imperfetto

Rifiutando di svegliarti esalterai l’incessante flusso del piacere.


Piacere di elevare la percezione sensoriale più in alto ancora della fede
e di fingerti sordo quando tentano di trasmetterti conoscenze profonde
piacere di farti un sonnellino invece di percorrere le vie illusorie del sapere
e di indagare tra i rantoli della carne privandola della tirannia dello spirito
piacere di abbandonare il silenzio di velluto per andare a caccia di conflitti
e di benedire gli ostacoli e gli eventi nefasti perché sono il tuo riflesso
piacere di affermare che nulla devi agli altri e che l’unità è la più feroce
delle illusioni.

Accettando di svegliarti esalterai l’incessante flusso della Verità


raggiungerai il distacco assoluto senza sradicare il corpo dal presente
pianterai i tuoi gesti come radici nella vacuità terrestre
spoglierai l’immagine dei tuoi cari da ogni caratteristica personale
rifiuterai di fare predizioni distruggendo nella memoria la struttura di ogni
parola
smetterai di pretendere coscienza dagli esseri che desiderano dissolversi
nella notte
cercherai in ciascuna delle tue opere l’essenziale imperfezione.
38. Opposizione

Per parlare del Reale devi accettare che tutti i tuoi gesti siano falsi.
Per parlare di Santità devi vomitare sangue sui testi sacri.
Per parlare della Salute devi ascoltare sulla tua pelle il canto dei vermi.
Per parlare di Poesia devi metterti in ginocchio e leccare le pietre.

Per domare la tua generosità ti rinchiuderai dentro il castello blindato


dell’avarizia.
Per domare la tua obbedienza ti perderai negli innumerevoli meandri
dell’indisciplina.
Per domare la tua pazienza ti tufferai negli abbacinanti oceani della collera.
Per domare il vizio della meditazione ti scatenerai in danze sfrenate sulle
tombe di un cimitero.

Qualsiasi riconoscimento ti inciterà a seminare il disordine.


Terrai la bocca chiusa davanti a chi vuole soltanto udire.
Segretamente lascerai impronte profonde come abissi.
Sacrificherai i passi che rischiano di definirti.

Vivi il tuo attimo con la passione del figlio che uccide la madre.
La parola acquista realtà quando la pronunci in fondo alla palude.
Se vuoi trovare te stesso, non permettere solo ai poeti di contemplarti.
Doma il tuo ego fino a renderlo invisibile.
39. Saggia correzione

Smetti di lanciare ululati bramosi di destare dal letargo le dee dormienti


smetti di credere che crogiolandoti in un’oasi di pace hai eliminato i
tentacoli del desiderio
smetti di credere che un dio indispensabile compia miracoli tramite la tua
illusoria presenza
smetti di credere che la tua anima sia un corno dell’abbondanza che genera
virtù
smetti di credere che la tua pazienza sia infinita di fronte alla crudeltà di ciò
che si reputa reale
smetti di credere che non rimpiangi più gli orpelli mondani
le pergamene, le coppe d’oro e la fama che insuperbisce
così vincerai la tentazione di essere santo.

Se più non credi che il tuo cuore sia un’invulnerabile cattedrale d’acciaio
se più non credi che la morte sia malattia e la reincarnazione il suo rimedio
se più non credi che seduto come un cadavere diventerai una sfera luminosa
se più non credi perché ti senti in preda a fiamme che nessuno può spegnere
se più non credi perché hai sciolto i lacci altrui e quindi tu stesso non ti
senti legato
vincerai l’illusione della fede.

Dimentica le vie lontane in cui andarono a morire i tuoi antenati


fa’ come il vitellino che è appena nato.
40. Sempre meno, di più

Abbandona la luna e rassegnato cammina, le orbite del pensiero vuote.


Abbandona l’esorcismo che nutre i tuoi dèmoni
la ripulsa del desiderio lo ingigantisce.
Abbandona la cupidigia e danza senza il pensiero di ottenere qualcosa
fatti fiamma.
Abbandona i sogni e fa’ ritorno al tuo corpo
il suo splendore ti indichi i sentieri miracolosi che si schiudono sulla terra.
Abbandona ogni rappresentazione di te stesso
elimina le maschere con cui hai ricoperto gli oggetti del mondo.
Abbandona il desiderio di costringere gli altri a ricevere il tuo aiuto
da’ loro l’opportunità di vivere la propria vita e non la tua.
Abbandona la tristezza dell’effimero.
La morte è illusione individuale
la vita è trionfo collettivo.
Fàbbricati una corona di spine per difendere la mente dai distruttori della
lucidità oggettiva.
41. Il ritorno all’anima

Da una fonte lontana, come lucenti comete giungono i pensieri al cervello,


come fiumi di un sontuoso elisir giungono i sentimenti al cuore,
come lente fiamme profumate giungono i desideri al sesso,
come un branco di felini sapienti giungono i bisogni al corpo.
Il sapore del miele calma la voracità della lingua, il perdono calma la
voracità del cuore,
il silenzio calma la voracità della mente, l’amore calma la voracità del
sesso,
crescere nelle sei direzioni calma la voracità del corpo.
La voracità della Coscienza si calma solo quando divora se stessa.
Nessuna creatura, nessuna cosa può vantarsi di essere intera: è sempre una
metà.
Tutto va accompagnato da un gemello misterioso che detiene lo scettro
dell’attimo.
Fino a quando negherai che dentro il tuo corpo vive un’anima imperitura?
Come il salmone che infaticabile risale la corrente, inizia a ritornare a te
stesso.
Come l’avvoltoio che divora brandelli di cadaveri, elimina dal tuo specchio
le moltitudini di concetti.
Come il gabbiano che riaffiora dall’acqua con un pesce nel becco, scopri il
tuo nuovo essere in ogni momento.
Quando smetterai di abitare nell’insoddisfazione e nella parola,
quando non farai differenza tra il rumore e la sua eco,
quando ti sentirai infinito all’interno del tuo cranio,
quando sarai invisibile, irraggiungibile, senza orme, senza famiglia,
senza patria, senza modelli corporei, senza sacre scritture,
ritornerai finalmente all’anima di tutto quello che esiste.
42. Nobiltà senza simulacri

Se in mezzo a un fiume insegni filosofie stagnanti,


se con in testa un casco d’acciaio ci privi delle libertà,
se sprofondi la tua purezza nel lupanare della Borsa,
se sfoggiando un’aureola di melassa infanghi i bambini,
se tradisci il primo angelo che vedi al mattino,
se continui a negare incessantemente la tua fine mortale,
seguiterai ad affondare con furia i denti nella gola del mondo.
Senti in questa esistenza fugace la nobile presenza del corpo:
le sue vischiose sofferenze danno sostanza alle forme,
la sua vacuità insaziabile assorbe l’apice del sogno,
la sua impersonalità lo rende nutrice degli io individuali,
la sua vecchiaia è il carro della Conoscenza,
le sue malattie sono vestali di una vita che rifiuta l’esattezza.
L’incostanza è l’unica musa degna di esser ascoltata,
il dolore morale è la gatta lussuriosa che ci riservano i cherubini,
la trasparenza del nome consente di esaltare il mistero
e l’espansione della Coscienza consente la fertilità della terra.
I fenomeni senza realtà sono l’intenso aroma del vuoto.
Per giungere a ciò che non è prigioniero dell’indegna apparenza
porrai fine con un taglio netto a tutti i simulacri dell’ego.
Sarai il diamante che impone severo le sue sfaccettature
sull’angosciante brulichio delle ombre.
43. Ferita implacabile

Lascia che sopra il tuo petto s’inerpichi la belva.


Nessun amico migliore di un dèmone famelico:
“La luce occulta il buio e non il contrario,
ombrosa è la natura essenziale del mondo,
il destino delle navi è il fondo dell’oceano,
sotto il fuoco e sopra il fuoco regna il nero”.
Come il carnefice che ignora l’anima dei condannati che sgozza,
come l’acqua misteriosa che mai si riflette nella luna,
come il respiro segreto dei cadaveri all’obitorio,
come la ferita sanguinante che lasciano gli uccelli nell’aria,
così devi vedere gli esseri.
La compassione è il veleno dell’intelligenza.
Nulla è più sublime di una forma senza contenuto.
L’essenza di ogni cosa è l’impurità dello spirito.
Senza fingere è impossibile comunicare.
Afferra la spada dalla mano del morto
e affondala nella corona degli immortali!
44. Accoppiamento senza condizioni

Se non ora, quando troverai la forza dell’anima?


Cambiando incessantemente forma, sprigionando mille profumi
penetrando con dolcezza in ogni particella della tua carne
ogni sua parola è uno scrigno che trasporta germogli luminosi.
Il pensiero, vortice che mai riposa, viaggia verso la notte oscura
sperando, invidioso, di trasportare il divino fulgore.
Fa’ attenzione, non ti appartiene.
Quello che tu sei, essa è. Quello che essa è, tu non sei.
Se intendi possederla, la uccidi con il tuo metallico intelletto.
Guardiano cieco di un tesoro invisibile, in vita tua non hai mai acceso un
fuoco.
Il vicino lo vedi lontano, non riconosci ciò che sta in te.
Quello che ti viene dato, protesti che te l’hanno portato via.
Ovunque tu vada ti trascini appresso un doppione cupo come un ladro
crocifisso.
Accetta l’insegnamento delle pietre:
non riposano, non si ammalano, non invecchiano, non soffrono per fame o
desiderio
ma ruotano, gonfie di linfa, in una tranquilla danza
offrendo il dorso al sole mentre si tramutano in aquile.
Tu invece sei solo riuscito a tramutarti in maschera.
Disprezza i limiti e avvèrtiti come spazio.
Di fronte agli eventi accetta di essere tempo che trascorre indifferente.
Il tuo scopo è abitare nel malinconico tempio degli anziani eterni?
Il paradiso segreto è dove le cose hanno una forma unica.
Zero ardente nella vulva infinita
sii felice che gli dèi che t’inventasti ti abbiano abbandonato.
45. Unione permanente

Viandante,
santifichi il tempio in cui entri,
quattro ali rosse ti spuntano sulla schiena,
il tuo sguardo insemina l’inverno, la strada, i cani,
la polvere e coloro che sanno e coloro che non sanno.
Lassù
un’aquila sta planando
incatenata al tuo cranio con un filo di vertigine.
Un sauro infossato nell’asfalto
scava sotto i tuoi passi gallerie di magma
e tu attraversi la città secernendo sementi
dal profondo delle tue ferite
per seminarle nelle impronte che lasci.
Crolla il muro degli increduli.
Sopra i marciapiedi fiorisce il caso.
Non dimenticarlo: mai, in nessun momento, sei stato solo.
46. Crescita

Ardono le mie ossa e il mio ombelico.


L’io si dissolve in frammenti di cristallo.
Nella vacuità delle origini danzo come una fiaccola innocente.
Sono riuscito a non essere nessuno.
Alleluia, la vita mi partorisce.
Dall’infinito viene a cingermi la fronte una corona d’argento.
Le bandiere si trasformano in farfalle bianche.
Le nuvole conservano la loro forma di tempio.
La via ascendente vibra benigna.
Con sottane di luce danzano le tenebre.
Sulle foglie degli alberi appare il nome ineffabile.
Il giorno trascorre conficcando nello spazio secondi come baci.
Mi carbonizzo evaporo mi conglomero mi disgrego cristallizzo.
La mia memoria si dissolve nel futuro
senza spettatori né immagini di specchio.
Tramutato in una mano trasparente
scoperchio tutti i sepolcri.
Assisto alla sublime resurrezione di chi si credeva morto.
47. Alla fine della desolazione

Grazie per questo scivolare verso la fine della materia.


Grazie per questa radice eterna nell’istante effimero.
Grazie per questa catena di madri e padri dal cui petto squarciato sgorga
l’ambra.
Grazie per questa saliva che fertilizza il deserto del pensiero sterile.
Grazie per questa felicità che naviga racchiusa nell’albero delle vene.
Grazie per le pulsazioni amorose delle mie viscere, e per l’allegria canina
dei miei organi.
Grazie polmoni che mi obbligate a sentirmi appagato dalla carezza dell’aria.
Grazie piante dei piedi che mi conducete laddove mi sto aspettando.
Grazie per la pelle che canta da tutti i pori
e per la mente che si tuffa nel suo stesso vuoto.
Grazie per l’energia azzurrina che si cela nei neuroni
per i miei capelli che crescono puntando al cielo
per i ricordi luminosi che nuotano nel sangue
per la voce che si divide in sette aure
per l’arcobaleno che sgorga dalla mia bocca
e va a tuffarsi nella tua.
Soddisfazione come una campana dolce
come ostia più grande del suo calice
come cuore in un vortice d’aria
come freccia che trafigge un blocco di marmo.
48. Riemergere dal pozzo

Scuotere via dalla testa diecimila chili, sfilare l’esca dall’amo,


far sì che il rapace lasci la preda, riempire di coscienza ogni secondo,
tramutare il desiderio in obbedienza, dissolvere la paura nella fiducia,
cavalcare in groppa alla bestia, dove il qui e l’oltre s’incrociano,
in questa rosa che nasce dal sangue, restituire al tempo ciò che siamo:
un mucchio di vestiti sopra il nulla. Che importa se tutto si dissolve!
La mia anima continua a spiccare salti, ostinata, la speranza si cristallizza in
diamanti,
le illusioni appassite trovano il significato assente.
Ora mi permetto di latrare come un angelo,
e danzare sprigionando menta e coriandolo.
Tra guerre, pestilenze e uragani scivolo via,
sto raggiungendo la superficie divina.
Il mio scheletro sopporta le ingiustizie,
la mia felicità si trova nel disprezzo.
Una folata lieve disegna templi sulla sabbia,
penseranno che sia io, o forse il vento.
49. Valore dell’infinito

Prima del canto e del profumo, prima dell’acqua e della terra, dov’eri tu?
C’era un disegno nell’ombra che precedeva gli astri?
Laggiù dove nulla ancora si creava, quella volontà intangibile che anelava
farsi materia
se tutto era in essa, c’eri anche tu,
uno dei tanti, innumerevoli esseri, minuscolo, molto meno di un concetto
eppure assolutamente necessario all’equilibrio della prodigiosa macchina.
Ogni formica si carica sulla nuca la totalità dell’universo.
Il peso di una piuma abbandonata può schiacciare il mondo.
Riscuotiti dai dubbi metafisici.
Non chiedere mai più: “Perché tutto questo circo?
Passi dall’eterno all’effimero per la tua sete di specchi?
Hai voluto partorire un punto che invalidi il tuo infinito?
Valeva la pena di esplodere in un terribile cosmo
solo per creare i miei piedi, le unghie?”.
Smettila di scagliare parole.
Distenditi al sole per seminare la tua ombra
nella memoria che attende, acquattata come una tigre
al centro del presente.
Anche se non possono conversare
il pidocchio e il mendicante si capiscono.
Il loro solo contatto basta a sorreggere il mondo.
50. Calice del sacrificio

Al di là del pane o del veleno cerca il luogo dove essere e non essere si
fondono.
Se il corpo è una prigione lo è anche lo spirito.
L’ascensione dell’anima è il frutto di crolli successivi.
Il respiro delle tue ossa ti fu dato per sempre.
Il sepolcro tanto temuto racchiude in sé il vigore dei fermenti.
Suggi il sangue della terra, ravviva il fuoco perpetuo.
Abbandònati infiàmmati carbonìzzati.
La tua mente e le tue carni volino via in mille pezzi.
L’insidiosa pietra dell’io stagnante si dissolva nel torrente universale.
Oceano di piacere orgasmo eterno felicità indelebile segreta vacuità
nessun fulgore può annientare la stella che regna nelle tue viscere.
Ti espandi verso dimensioni rarefatte
raggiungi il luogo dove tutto cresce senza sforzo
la ragione e il suo nemico oscuro in perfetto equilibrio
mai più uguale a te stesso
lo spazio è il prolungamento della tua speranza
cristallo divenuto sorgente
tempio in cui ogni pietra è figlia del silenzio
luogo sacro dove puoi costruire un nuovo mondo
senza paura senza dolore senza censure
e regalare un’aura al capo inerte
scacciare il carnefice che impera nella tua memoria,
unire i due estremi
luce e ombra acqua e fuoco maschio e femmina.
Sotto raggi di giada
sei finalmente l’essere umano magico.
Le impronte che lasci sono abissi
le tue parole sono gioielli
dentro la tua carne danza lo scheletro.
Nulla sai e nulla possiedi
a nulla ti aggrappi nulla rifiuti vuoi soltanto andare avanti.
Il dio che scende dal cielo è lo stesso che sale dalla terra.
51. Terrore versato

Timoroso di roghi infernali o bramoso di orgasmi celestiali


non affermerò più che la nascita della mia anima avviene nel futuro.
È adesso che devo trasformare la sofferenza in arpa
e far fruttare il sacco dei miei inizi.
Accetterò le leggi dettate dalla moltitudine
ma nella mia mente e nel cuore sarò libero di pensare e amare ciò che
fiorisce.
Sarò quello che do e non quello che gli altri vogliono che conservi.
Quando verrà il cambiamento che chiamiamo morte
se è qualcosa nulla m’impedirà di saperlo
se non è nulla anch’io sarò nulla.
Perché dunque preoccuparmi?
Se c’è un al di là non ho bisogno di saperlo adesso.
Non disdegno il presente per un futuro nascosto dietro un velo.
52. Stabilizzazione

Ancora una volta nell’anticamera del mistero


avvolto dalla luce del miracolo
con pazienza perseveranza disciplina
scavo gallerie che sbucano nell’eterno
e toso la mia crosta di dottrine superflue
fino a divenire liscio come un Buddha di pietra.
Nulla da aggiungere
nulla da togliere
nulla da interpretare.
Con l’onestà di un grido di fuoco
più non temo l’incontro con la bestia
né di ritornare a parole come spine
che trafiggono l’abisso degli orecchi sordi.
In mezzo a ventri che vogliono solo digerire materia
e sogni senza porte né finestre
sono capace di desiderare quello che non sono
al di là del pensato della legna del fuoco
e dell’illusione dell’io. Quella firma
quello scheletro nero quella memoria quell’attesa
e quella meta che s’incontra quando
con calore di madre il forno ci carbonizza.
Faccio ritorno con un ramo incandescente
parole che sanno di vino
versi non più profondi di uno specchio
riflettono la lieve illusione.
Smetto di vivere nella convinzione di rubare
quello che la vita mi sta dando.
53. Progresso graduale

Crocifisso al mondo delle forme


attraversi i muri della prigione dell’ego
la tua mente si schiude come un fiore d’aria
in mezzo alle tue gambe scaturisce una luce sublime
le tue parole si disgregano per estendersi eternamente
un fuoco fatuo festeggia sopra il tuo cranio
l’abbandono impersonale.
Lucido abitante dei tuoi sogni
con tenerezza implacabile varchi il ponte
che unisce la tua assenza al mistero dell’essere.
Conosci finalmente la dimensione sublime
dei fatti senza un significato.
54. Melodia a due voci

Le vie dell’essere hanno aromi diversi.


Un palato raffinato non accetta di leccare pietre.
Nel grigiore crudele del giorno l’occhio del pittore vede mille sfumature.
I sensi continuamente restituiscono quanto ricevono.
Il mondo si va modellando secondo la forma in cui lo pensiamo.
Le cose non sono dal momento in cui le chiamiamo nostre.
Possederle è distaccarsi da loro.
È nel dare che si riceve.
Il profumo più gradito è quello del gesto buono
un bicchiere d’acqua servito senza tornaconto personale
liquido puro che è metafora dell’anima
creato dalla sete dell’altro.
In quel gesto l’illusione è illusione incarnata
e gli uccelli cantano perché crediamo in essi.
Realizziamo la melodia noi due
senza di te l’eternità non è.
Parlo dall’angolo più buio.
Dalla lanterna che il fiume si porta via.
La magia della vita è l’incontro con gli innumerevoli decessi.
55. Grido essenziale

Se i tuoi due occhi si aprono come una sola porta


se la tua testa si trasforma in aria
vedrai insetti d’oro libare nettare dal fango
orizzonti verticali unirsi al cielo
fiumi selvaggi trasportare pietre di saggezza.
Ma se sei tu l’inviato
perché nascondi la voce
in una sfera di osso?
Offri la dottrina che vince ogni paura
ma tremi quando un’ape ti parla.
Lìberati dal velo di squame
dalla tua maschera emerga lo sguardo
che liquefà le sottane di marmo.
Trascina finalmente la tua lucidità
lungo sentieri che sfumano.
Vieni a popolare l’ansia dell’alba.
Trasmigra dalla tua mente al cuore dell’aquila.
Lancia il grido essenziale che squarcia le montagne.
56. Viaggiatore

Accettare di esistere ai piedi del muro


tramutarsi in una misera pietra
cogliere il canto della mente cieca
disintegrare l’immagine di se stessi
entrare nella memoria e amalgamarla
al centro del carcere implacabile
riunire i tempi in un solo pane
mentre l’anima incessantemente muove
dagli astri fino al nostro mondo
in cui ardono le lettere sacre
come baci benedetti dal fuoco.
57. Amore

Ridurre la sofferenza a un punto


dove i passi non possano arrivare
abbandonarsi alla corrente come una barchetta vuota
lasciarsi trasportare con l’anima aperta
cielo più cielo più cielo senza nessuna terra
complice dell’invisibile vibrante di coscienza
lungi dalla corazza di legalità che cela le tenebre
mille sfumature di silenzio illusioni fugaci
ingannevole bellezza delle costruzioni sordide
ricordi di un cane che si scrolla via le pulci.
Basta! Qui c’è un essere umano
con unghie carne e denti consapevole che l’amore
cancella le apparenze
denuda la mente ci priva delle ossa
trasformandoci in un respiro invisibile.
Se ti dissolvi nell’incessante immobilità
troverai quello che sei
in ciò che per sempre hai smesso di essere.
58. Apri il fiore sacro

Quanti uccelli devono cadere giù dal cielo


perché le nostre lacrime s’innalzino
perché dimentichiamo di adulare le forme
perché obbediamo all’ordine inudibile
perché lasciamo andare ciò che teniamo stretto in pugno
perché infiliamo la testa nell’abisso
e smettiamo di rincorrerci invece di essere?
Dov’è l’inferno promesso
dove le fiammate dell’attimo
dove la parola che diventa anima
dove i leoni che s’impennano
quando corone di pane piovono dal cielo?
Arriveremo all’umiltà del cane? Alla levità della brezza?
Smetteremo di vivere come sfere vaganti nel nulla?
Possa il sublime scollare dai nostri passi le impronte altrui!
Si faccia luce nel buio privo di significato!
Un silenzio odoroso di sandalo pervada la farsa dell’apparire!
Il nostro cuore affondi le radici nei quattro angoli del mondo!
Un ruggito celestiale ci percorra tutte le ossa come un treno senza freni!
Il grugnito dei porci trasformi in gigli i nostri timpani!
Dalla ferita che c’incorona la memoria scaturisca un geyser d’oro!
Nella notte come tigri diurne divoriamo l’attimo fino all’ultimo goccio di
miele!
Basta scandagliare gallerie di gelatina amara!
Basta con gli specchi arroganti!
Basta con tutte quelle bocche orfane
e con le paludi travestite da profeti
e con il vino sterile che sa di femmina
basta adorare un dio fatto di sangue!
C’insegnò la vita a sciogliere i nodi?
Ci liberiamo dalle maschere da eroe
dagli applausi che ci si avvinghiano alle gambe
dall’aureola che ancora ci lega al santo di creta.
Quando il gallo sacro esalerà l’ultimo respiro
l’Arcano si schiuderà come una rosa bianca
al centro del nostro petto canterà una vergine d’argento
estrarremo da ogni occhio di marmo uno sguardo caldo
smetteremo di criticare cosicché si estenda l’anima onirica
accetteremo che la pietra sia pietra, non importa chi la scaglia
ammireremo il fiore che appassisce come quello che sboccia.
Nella materia che corre a disintegrarsi
la nostra coscienza spingerà l’intangibile
verso un volume di presenza eterna.
Popoleremo di illusioni l’ansia dell’alba
semineremo diamanti lungo la scia dei secoli.
La nostra anima nata cieca
si ricoprirà di occhi che non hanno paura di vedere.
59. Abbondanza invadente

è proprio necessario che tutto diventi archetipo?


Chi sono io fra i tanti pezzi di Alejandro?
Incessante naufragio di intenti
ombra sterile
cimitero del nulla
angelo senza testa che dissemina miraggi
acido riflesso di uno specchio altrui.
Navigando in mezzo a urla stagnanti
non dimentico il pane né il vino, né la pelle né la carogna,
né tantomeno gli immondi orologi.
Ho detto quello che ho detto e i suoi infiniti opposti.
Mi ripiego nella tristezza
per accettare la gioia di vivere.
Nominando la luna ho creato un sole.

Fuori dallo specchio


in mezzo alle circostanze
abbandono la via delle apparenze
per andare verso la luce.
Per la prima volta mio padre
si siede sulle mie ginocchia
come un bimbo bellissimo
alla frescura di un ventaglio di primavere.
Il mare disfa la sua cortina di pesci
e lo sguardo si gonfia di un vuoto impossibile.
Mi tuffo nel cielo delle acque
per viaggiare come l’occhio di una barca
che va solo avanti, senza batter ciglio.
Sfuggendo mille volte al vento
varco per sempre
la soglia dell’infinito.
Finiti i miei strilli d’anticamera
nessuna disgrazia nervosa m’insegue,
sopra la fonte dei fiori senza scopo
si riversa il diluvio dell’anima.
60. Senza limiti

Accettando la soddisfazione di vivere insoddisfatti


mente contro mente
sesso contro sesso
corpi coagulati per mancanza di piacere
quali ladri di uccelli
gli amanti si cercano sulle scale del mito.
Ad attenderli, i feroci antenati
sventolano un libro di pietra smangiato.
“Vi lasciamo in eredità il pugnale
che affonderete nell’ombelico del mondo
per piantare nella ferita ancora una volta il passato.
Metterete briglie e paraocchi ai vostri lupi
rispetterete uno straccio chiamandolo bandiera
venererete un’uniforme militare crocifissa
darete la vita in cambio di denaro infetto.
Nulla vi appartiene
per ogni respiro ci dovete una percentuale.
Se accettate il nostro sacro giogo
vi sarà concesso di entrare nel tempio delle medaglie.”
Ormai guidati da un occhio esterno,
morti viventi appostati davanti a una porta sigillata
lo spazio li comprime fino a spaccar loro le ossa
che il tempo si porta via, a pezzi, verso un cielo di carnefici.

È il momento in cui i limiti si dischiudono


crollano le frontiere le definizioni
non si può giudicare né fare paragoni.
Le parzialità illusorie più non sono isole
ma si abbandonano all’estasi del cuore unico.
Il profumo sublime di ogni idea
l’essenza dolce dell’abisso amoroso
la scia splendente dell’azione generosa
la fragranza di ciò che è per sempre.
Calma eterna
lievi folate di vento
disegnano labirinti invisibili
un’alba infinita inonda la memoria
i teschi si ricoprono di parole sacre
la mente si trasforma in una farfalla bianca
i desideri ritornano alla fonte di vita
s’illumina dal centro l’ombra interna
da ogni stella scende una scala.
La pietra sepolta può dare inizio al tempio.
61. Resurrezione quotidiana

Avidi rapaci che con ferocia agitano carte


fanno di noi accumulatori di numeri,
con linee insanguinate si spartiscono la Terra
agitando stracci a stelle e strisce,
orgogliosi delle loro medaglie di plastica
dettano leggi che c’imprigionano l’anima.
Sacerdoti promiscui promettono eden vischiosi
affondando i lividi artigli in ogni atto vitale,
feroci banchieri vendono debiti a prezzi sinistri
usando il credito come un’esca assassina,
commercianti disumani c’innestano nel cervello
pubblicità velenose che occultano minacce astratte,
venditori di narcotici favoreggiati
da assassini in uniforme che fingono di combatterli,
artisti egocentrici che come cani si leccano l’ombelico all’infinito
politici spietati si fanno pubblicità a ogni battito di ciglia
mafiosi superbi con le valigie piene di denaro depravato
vendono accumulatori di ego a sciocchi che si sentono vuoti,
imboscati in automobili di lusso che ululano platino,
gli avvelenatori del mare si ritrovano con gli avvelenatori dell’aria,
della terra, del sangue, per decretare quale lasso di vita
sia consentito a ciascun cittadino prima del pensionamento,
donne inacidite strillano moralità pietrificate per giustificare
le mani vischiose del prete che fruga
nell’innocenza dei loro figli bene ammaestrati,
lupi affondano le zanne per trarre i maggiori benefici
in contratti tutelati da una legge puttana
che giustifica il furto a chi compra illusioni,
bruti camuffati da militari impongono con le bombe
i loro sistemi di latrocinio, eserciti di leccaculo,
cravatte impeccabili sotto lingue sudicie,
si alzano di buon’ora, danno un bacio in fronte alle mogli
e si recano negli uffici dove con indifferenza
continuano a distruggere la trasparenza dell’aria e la fertilità della terra,
architetti assassini di finestre erigono falli di cemento
suddivisi in loculi dai soffitti bassi in cui si annidano
zombie che con le lunghe dita bianche picchiettano sui tasti
per riempirsi gli occhi di immagini fatte di cocaina,
televisori che infettano la vita con burattini
vanitosi, con quelle loro facce da centro del mondo,
seni come palloni per attrarre gli ingordi ottici,
labbra tumide come ostriche in calore, vulve depilate
mostrano labbra simili a orrende creature marine,
adolescenti che disprezzano il sublime con il loro orgoglio parassita,
pagliacci eletti presidenti
da masse che s’ingozzano di spazzatura visiva,
divoratori di spazio, di tempo, di immagini, di sogni zuccherosi,
falsi guru dal cuore purulento che vendono aspirine metafisiche,
dame eleganti che si picchiettano sul viso la placenta dei loro figli
visitano ospedali distribuendo viscere di gomma e rosari,
predicatori che proclamano la fine del mondo per poi raccogliere
i mobili che i credenti hanno buttato dalla finestra.
Nulla hanno a che vedere con la delicatezza, conoscono solo la forza.
Nulla hanno a che vedere con la dignità, leccano le suole del denaro.
Duro, concreto, muro compatto, forma ostinata, tempo invecchiato,
occhi superbi che negano il miracolo, bocche sciorinanti definizioni,
dogmi, petrolio, catene, leggi impermeabili,
cappelli che pesano tonnellate, divoratori di pianeti,
comandi accumulati dentro il petto come enormi macigni,
uomini avvolti da orologi, donne inguainate in calzoni antiproiettile,
preservativi di piombo, letti con lenzuola d’acciaio,
cervelli invasi da avvoltoi. Chi ha trasformato il cittadino
in un imbecille pieno di debiti? Chi ha invaso la Terra
con grattacieli traboccanti di funzionari ciechi?
Chi ha rubato il sapore alla frutta per abbindolare lingue anemiche?
Il sogno attraversa il tutto come un fiume impetuoso e nero.
Ma non voglio lamentarmi né intendo criticare,
voglio aprirgli le ossa del cranio e le ossa dei piedi,
voglio che i loro petti si schiudano come finestre gotiche,
voglio che dal loro ombelico scaturiscano tentacoli d’acqua,
le loro schiene si spezzino e le vertebre sferzino l’aria opaca
sino a farla esplodere in ali dorate.
Sono un mollusco ostinato che si crea la coscienza quotidiana,
mi vesto di ossa e di carne,
scateno una valanga di battiti,
sollevo le saracinesche del torrente di sangue,
respiro l’aria tumefatta sforzandomi di risanarla.
Un’altra resurrezione, mi sollevo dal sepolcro,
apro la cella insipida ed esco, vado a lasciare passi e impronte
sulle strade oppresse da una nebbia solida.
In mezzo a morti che si contendono un brandello di premio
vado cercando sotto montagne di maschere insoddisfatte
il fulgore di un giorno vero.
Come raggiungere il sole che brilla
al centro di questo mare di ombre?
Un giorno, quando la stella
verserà la sua fede sulla fronte di ciascuno,
faremo rinascere gli animali,
restituiremo la terra a ciascuna pianta,
sostituiremo il denaro con i baci,
le parole più non saranno catene,
l’anima genererà un corpo di luce.
62. Sublime fiore della Coscienza

Dell’amore bevo la luce degli incendi.


Non è una parola, non è un’azione, non si definisce, non si limita.
S’impone senza condizioni, definitivo, evidente e assoluto.
Per lui ci apparteniamo senza possederci, ci diamo senza perderci.
Le sue radici ci attraversano estendendosi all’infinito.
Il tuo sguardo incrociò il mio, ora le mie ferite trasudano perle.
In sala d’attesa, senza nome né volto,
libero dai passi violenti che devastano il cammino,
dalla memoria che come un acido distrugge l’anima,
cranio vuoto di speranze, illusioni divenute pietre
e il cuore lì a battere sempre nello stesso punto,
io avevo attraversato la vita come una fucilata
per quarantatré anni fino a che nascesti tu.
Abbiamo scavalcato la barriera del tempo, le nostre anime millenarie
sono riuscite a incontrarsi. Tu sapevi che un giorno
avresti presenziato alla mia morte,
lasciandomi dissolvere nella tua memoria.
Io sapevo che avrei dovuto impedire il tuo suicidio
convincendoti che sarei sempre stato, invisibile, insieme a te.
Il presente diventò un gioiello
da noi trasformato in sfera danzante, insieme agli astri
intorno all’occhio di Dio.
Con euforia frammista a tenebrosa angoscia
abbiamo visto l’eternità in ogni secondo e l’infinito
accoccolato come un gatto ai nostri piedi.
I nostri due cuori hanno imparato a battere allo stesso ritmo.
Chiacchiere incessanti le nostre, le bocche incollate l’una all’altra.
Abbiamo regalato ai nostri corpi-cadaveri
l’orgasmo che li vestiva da angeli.
I rumori invadenti sono diventati musica
e la mela che entrambi abbiamo morso ha il sapore
dell’elisir della vita senza fine. Che cosa si può chiedere di più?
Mi dissolvo in te che ti dissolvi
in un mare che si dissolve nelle nuvole.
Camminiamo felici verso lo sterminio
come fanno il sole e i suoi pianeti,
come le miriadi di universi.
Sterminio, una palude
che dà origine al sublime fiore della Coscienza
il cui profumo è l’amore.
63. Fine della traversata

Viaggia da te stesso a te stesso


sforzandoti di essere quello che sarai.
L’unico modo per andare avanti
è di estrarre la voce dalla parola,
estrarre l’atto dall’intenzione,
l’amore dal possesso
e il desiderio dal suo oggetto immaginario,
perforare il tunnel della mente,
perdere una e mille pelli,
distruggere il superfluo in una festa di fiamme,
lasciare che si consumino i volti parassiti,
non essere né questo né l’altro,
riunire i due poli in un solo cerchio,
cercare lo sguardo che si cela dietro lo sguardo,
di occhio in occhio ascendere fino all’ultima coscienza
dove tutto ciò che è artificiale, innestato, tatuato, ricopiato
se lo porta via il vento
in una nuvola di petali.
Circolerà allora nelle tue vene
il liquore delle viscere cosmiche,
esso calma il desiderio, scioglie i nodi ciechi,
e accoglie all’interno del bosco nudo
l’albero corazzato.
La tua patria saranno le impronte dei tuoi piedi scalzi,
e la tua età, l’età del mondo.
Mai più sulla tua fronte una definizione,
mai più nel tuo petto la vipera dell’invidia,
mai più fra le tue gambe
il desiderio di una carne senz’anima,
mai più il tuo corpo sognerà di essere una macchina eterna.
Sceglierai la via dell’ombra impalpabile
e del solido vuoto,
vincerai lo specchio dei paragoni,
demolirai la piramide degli antenati
che ti porti appresso, incrostata nella schiena,
scavando fino in fondo a te stesso
giungerai alle origini, dove la parola si dissolve.
L’ascensione e la caduta si amalgamano,
gli occhi che guardano finalmente si guardano,
la mania di nominare si riduce a un grido,
piacere incessante, orgasmo eterno,
silenzio che è summa di tutte le musiche,
Dio come una trottola di legno
ruota sul palmo della tua mano,
entri nella spirale della danza degli astri,
nell’ombelico del mondo si tuffa la tua anima,
ciascuno dei tuoi capelli si aggancia al cielo,
una nuvola gravida di pioggia colorata
nutre il pianto della tua estasi,
ti fiorisce in bocca un albero bianconero,
le tue dita disegnano geroglifici di fuoco.
La donna che hai atteso per mille vite
la partorisce la tua ombra.
La sua pelle di luna dorata
addolcisce il labirinto amaro
che ti ricopre come un mausoleo.
Gli aghi della sua voce
penetrano nel tuo guscio di pietra,
entrano nella tua memoria,
giungono al punto in cui sboccia la vita
dando origine ai primi battiti
del tuo nuovo cuore.
64. Madre-Padre

Questo è il momento in cui i limiti si schiudono


come i petali di un fiore che cresce nella palude.
Quello che era una cella oscura esplode in raggi di luce.
Finite le frontiere, si sfumano le definizioni,
nessun paragone, nessun giudizio, calma eterna.
Gli ego illusori non sono più isole
ma si abbandonano all’estasi del cuore unico
per dissolversi in poderosi battiti d’amore.
La fragranza di ciascun essere, il solido ronzio delle idee,
il calore essenziale dei sentimenti affettivi,
la scia rilucente dei gesti buoni,
l’indimenticabile fremito della passione,
tutto questo è eterno, non è mai venuto né sta andando via,
è una carezza di quello che è per sempre.

Voglio che queste parole sfiorino con un bacio i tuoi occhi,


le piante dei tuoi piedi
accarezzino il suolo su cui si posano
e il tuo corpo disegni nell’aria labirinti sacri.
Nulla è inutile, tutto serve a qualcosa,
una ricerca che solo può terminare
quando ci trasformiamo in quello che cerchiamo.
Il filosofo si trasforma nella verità,
l’artista si trasforma nella bellezza,
il nuotatore si trasforma nell’acqua,
il poeta apre una porta nella sua poesia.
Possa un’alba senza fine inondare la tua memoria,
le ossa del tuo cranio si rivestano di parole sacre
e, invece di denaro, possa tu scambiare farfalle bianche.
Ogni attimo è la polena
del tempo totale, questo è il momento prescelto,
oggi è l’eternità, il tuo corpo è l’infinito,
il tuo Io è la divinità. Lascia ardere la memoria,
il mondo degli avidi diventi invisibile,
senti tenerezza per ogni mente che si dispregia.
Tu sii come un albero che assume la forma
dettatagli dal canto degli uccelli:
“Madre-Padre nostro che sei sulla Terra e nei cieli
purifica e santifica i nostri nomi.
Rendici parte del tuo regno.
Sia fatta la tua volontà nel nostro corpo come nel nostro spirito.
Dacci oggi la Coscienza che promette il futuro.
Premia i nostri sforzi
come noi premiamo i nostri collaboratori.
Dacci l’entusiasmo di continuare a fare il bene
perché tua è la Pace, tua la Bontà e tuo l’Amore
in questo adesso eterno.
Amen”.
Poesofia, ovvero il viaggio essenziale di Alejandro Jodorowsky
di Antonio Bertoli

Kahlil Gibran dice che “la poesia non è un modo di esprimere


un’opinione. È un canto che sale da una ferita sanguinante o da labbra
sorridenti”. Condivido queste parole, perché la poesia non è tanto il
lampeggio di un pensiero astratto quanto il riverbero sonoro di un’emozione
che quasi non ci appartiene e però, al tempo stesso, fa parte di noi e si
esprime con parole che spesso sembrano non bastarle. È come l’eco dello
sconosciuto che ci abita, il quale si esprime anche arrotolandosi al pensiero
e divenendo esso stesso pensiero.
La poesia non è un discorso compiuto in senso stretto, infatti. È piuttosto
la forma linguistica che assume un’ispirazione, che è sempre collocata
all’insegna di un vero e proprio “mutamento del pensiero, e che non parte
da questo”. La poesia, cioè, sollecita e trasforma la forza indagatrice del
pensiero in una forma particolare che non è digitale, ma analogica.
È proprio questo uno dei cardini della poesia di Jodorowsky, ovvero di
quel particolare percorso di scrittura – che si differenzia dagli altri per i
quali è forse più famoso – che egli stesso ha spesso definito “poesofia”: il
momento di congiunzione tra linguaggio immaginale e processo filosofico,
l’unione dell’ispirazione con il percorso del pensiero, la casualità della
poesia che dialoga con l’ordine causale del processo logico del discorso, la
sincronicità junghiana che attinge all’inconscio collettivo nella
manifestazione del singolo e viceversa.
In effetti, la poesia di Jodorowsky, ora morbida preghiera e quasi inno,
ora urlo e invocazione straziante, ora denuncia e proclama – ma sempre
costituita come un grappolo di immagini foriero di senso – deroga dal
miope orizzonte dell’uomo ordinario e della vita comune per abbracciare
l’invisibile, il collettivo e l’anelito all’universale, e accogliere così le più
grandi altezze, penetrando la conoscenza e assecondando il fluire della vita
e del divenire.
Ogni poesia diventa così un viaggio essenziale perché si pone e si dà
come una marca di confine, una zona di margine, il tracciato di una rotta
che fa innalzare e librare le parole in un’atmosfera di rinnovamento: una
soglia che riconnette la misera e piccola vicenda umana di ciascuno alla
grande vicenda – e dunque all’essenza – della vita, del mondo e
dell’umanità, in sintonia con il respiro dei versi che si portano sin dentro
l’ombra dello stesso essere, della stessa vita, dell’universo stesso.
È così che la poesia-poesofia di Jodorowsky diventa quasi impersonale e
si avvicina al linguaggio dei libri sacri, assumendo a volte la caratteristica
di una preghiera o di un mantra che supera e sconfigge i dèmoni interni ed
esterni, che abbatte tutti i veli dell’illusione del mondo ordinario e favorisce
la meditazione e l’elevazione della coscienza.
Si tratta di poesia pedagogica, quindi, anche se per niente didascalica,
come lo sono del resto tutti gli insegnamenti e come è solo la grande poesia:
una sorta di protezione, amuleto e distacco contro l’angoscia e la banalità
del vivere quotidiano e delle nostre piccole storie di piccoli esseri di fronte
all’immensità e al mistero del tutto. Un canto, cioè, che riconnette alla vera
salvezza, all’ultima liberazione, al definitivo riscatto: il viaggio essenziale
che tutti dobbiamo intraprendere all’interno di noi stessi per recuperare il
senso originale – essenziale – che la famiglia, la società, la cultura e le
religioni hanno oscurato e occultato.
Per questo alla base della poesia di Jodorowsky c’è anche una sorta di
randagia instabilità interiore, una specie di vortice che fagocita e rimescola
continuamente rabbia e quiete, solcando i sentieri del sogno, della bellezza
e dell’immaginazione, così tanto estranei alla marcia inutile del mondo
sociale, economico e culturale che conosciamo quotidianamente.
L’impronta poetica non è però un sigillo chiuso, inamovibile,
segregatore, ma il vivo contrassegno dell’intimo pulsare all’unisono del
cuore dell’essere umano e dell’universo intero. Questo si esprime tramite
una densa corposità visiva del linguaggio che reinventa, dilata e capovolge i
passi erranti di un individuo che vuole essere connesso al tutto, di un essere
che vuole librare le ali dall’adesso e qui per ricongiungersi al Sempre e
Ovunque.
È come se la poesia di Jodorowsky fosse volta a confermare
continuamente l’immagine archetipica dell’essere umano come viandante
che, nel continuo peregrinare tra i meandri dell’immaginazione e
dell’ispirazione da una parte, nel mondo dei significati opachi e fissi della
realtà dall’altra, procede senza mai scadere nella fissità dell’inazione senza
meta, pur negandone una e facendo del proprio peregrinare la meta stessa.
Un viandante, cioè, che più che alla meta è dedito al suo viaggiare, più che
all’opera è dedito alla creazione.
È così che Jodorowsky si fa portatore di un’assoluta attenzione alla vita:
restituendo nella poesia l’immediatezza del suo dialogo interiore, si fa
tramite di una visione integra e armonica dell’universo metaletterario,
laddove ogni frattura si ricompone in una sostanziale e piena unità
all’insegna della coscienza.
Come nella migliore tradizione esoterica, come nella migliore filosofia e
come nella migliore poesia, la grande opera è sempre e solo una: la
trasformazione del metallo vile in metallo nobile, la metamorfosi
dell’individuo e dell’ego nell’unità e nel “noi”, la fusione dell’inconscio
individuale con l’inconscio collettivo. È l’annullamento della
contraddittorietà degli opposti e del pensiero duale che li vuole oppositivi:
trasformare il fisso in mutevole e viceversa, il secco e l’umido, l’individuo
e la collettività, la parte e il tutto. Si tratta, cioè, di trasformare e mutare il
piccolo in grande e il grande in piccolo, innalzando l’individuo all’umanità
e il nostro piccolo tempo al Sempre.
La fissità della vita, la sua brevità e futilità, si riconnettono al mutamento
e all’eternità della Vita e fanno così emergere e fluire il senso che
ricompatta tutti i significati. E che cosa è la poesofia di Jodorowsky, infine,
se non il senso che sottende sia la poesia sia la filosofia? Che cosa, se non
quella fascia semantica che scorre al di sopra e al di sotto dei significati di
cui la filosofia si nutre, ma che può emergere solo con l’ausilio della
poesia?

L’unico modo per andare avanti


è di estrarre la voce dalla parola,
estrarre l’atto dall’intenzione,
l’amore dal possesso
e il desiderio dal suo oggetto immaginario,
perforare il tunnel della mente,
perdere una e mille pelli,
distruggere il superfluo in una festa di fiamme,
lasciare che si consumino i volti parassiti,
non essere né questo né l’altro,
riunire i due poli in un solo cerchio,
cercare lo sguardo che si cela dietro lo sguardo,
di occhio in occhio ascendere fino all’ultima coscienza
dove tutto ciò che è artificiale, innestato, tatuato, ricopiato
se lo porta via il vento
in una nuvola di petali.
INDICE

Nota dell’editore

1. Posterità

2. L’impulso

3. Essere ciò che si è

4. Riflettere

5. Umile mutismo

6. La semente

7. Senza discriminare

8. Il ritorno a te stesso

9. Senza alcun vantaggio personale

10. Il peso delle ricompense

11. Senza corazza

12. Resurrezione dell’anima

13. Liberazione

14. Vacuità

15. Libertà interiore

16. Abbellire

17. Niente di più

18. Essere e non essere


19. L’attimo miracoloso

20. Contemplazione

21. Mordere e unire

22. Intensa meta

23. Luce dell’ombra

24. Correzione

25. Innocenza

26. Domesticazione

27. Inizio eterno

28. Il meraviglioso eccesso

29. Violento abisso

30. Fremito ardente

31. Dimenticare per ricevere

32. Totalmente in tutto

33. La ritirata

34. Forza segreta

35. Bellezza occulta

36. Corpo sacro

37. Clan imperfetto

38. Opposizione
39. Saggia correzione

40. Sempre meno, di più

41. Il ritorno all’anima

42. Nobiltà senza simulacri

43. Ferita implacabile

44. Accoppiamento senza condizioni

45. Unione permanente

46. Crescita

47. Alla fine della desolazione

48. Riemergere dal pozzo

49. Valore dell’infinito

50. Calice del sacrificio

51. Terrore versato

52. Stabilizzazione

53. Progresso graduale

54. Melodia a due voci

55. Grido essenziale

56. Viaggiatore

57. Amore

58. Apri il fiore sacro


59. Abbondanza invadente

60. Senza limiti

61. Resurrezione quotidiana

62. Sublime fiore della Coscienza

63. Fine della traversata

64. Madre-Padre

Poesofia, ovvero il viaggio essenziale di Alejandro Jodorowsky - di


Antonio Bertoli
Table of Contents
Nota dell’editore
1. Posterità
2. L’impulso
3. Essere ciò che si è
4. Riflettere
5. Umile mutismo
6. La semente
7. Senza discriminare
8. Il ritorno a te stesso
9. Senza alcun vantaggio personale
10. Il peso delle ricompense
11. Senza corazza
12. Resurrezione dell’anima
13. Liberazione
14. Vacuità
15. Libertà interiore
16. Abbellire
17. Niente di più
18. Essere e non essere
19. L’attimo miracoloso
20. Contemplazione
21. Mordere e unire
22. Intensa meta
23. Luce dell’ombra
24. Correzione
25. Innocenza
26. Domesticazione
27. Inizio eterno
28. Il meraviglioso eccesso
29. Violento abisso
30. Fremito ardente
31. Dimenticare per ricevere
32. Totalmente in tutto
33. La ritirata
34. Forza segreta
35. Bellezza occulta
36. Corpo sacro
37. Clan imperfetto
38. Opposizione
39. Saggia correzione
40. Sempre meno, di più
41. Il ritorno all’anima
42. Nobiltà senza simulacri
43. Ferita implacabile
44. Accoppiamento senza condizioni
45. Unione permanente
46. Crescita
47. Alla fine della desolazione
48. Riemergere dal pozzo
49. Valore dell’infinito
50. Calice del sacrificio
51. Terrore versato
52. Stabilizzazione
53. Progresso graduale
54. Melodia a due voci
55. Grido essenziale
56. Viaggiatore
57. Amore
58. Apri il fiore sacro
59. Abbondanza invadente
60. Senza limiti
61. Resurrezione quotidiana
62. Sublime fiore della Coscienza
63. Fine della traversata
64. Madre-Padre
Poesofia, ovvero il viaggio essenziale di Alejandro Jodorowsky - di
Antonio Bertoli

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