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Piemonte
 
 
La sua
posizione in
Italia:

 
Il nome Il nome Piemonte viene da Pedemontium ovvero ai piede dei
Piemonte: monti.
 
DATI ESSENZIALI
 
Statuto: Regione a statuto ordinario.
 
Superficie: 25.403 km2 Il Piemonte è la seconda regione
  italiana per superficie dopo la Sicilia. La
sua superficie rappresenta l'8,4% del
territorio nazionale.
 
Popolazione 4.457.335 abitanti
:  
Densità di 175 abitanti per km2
popolazione
:
 
Province: Torino - capoluogo di regione
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
Verbano - Cusio - Ossola
Vercelli
 
GEOGRAFIA FISICA
 
Confini: a Ovest: Francia
a Nord: Valle d'Aosta - Svizzera
a Est: Lombardia - Emilia Romagna
a Sud: Liguria - Francia
 
Territorio: Montagna: 43% del territorio della regione
Collina: 30% del territorio della regione
Pianura: 27% del territorio della regione
 
Monti: Monte Rosa (m In Piemonte manca una fascia prealpina
4.618) - Alpi cioè una zona caratterizzata
Pennine da montagne di altitudine modesta. 
Gran Paradiso (m  
4.061) - versante Le Alpi piemontesi scendono con pendii
occidentale - Alpi molto rapidi verso la pianura.
Graie Procedendo da Sud a Nord troviamo: 
Monte  le Alpi Marittime (Alpi
Argentera (m. Occidentali);
3.927) - Alpi  le Alpi Cozie (Alpi Occidentali
Marittime  le Alpi Graie (Alpi Occidentali
Monviso (m  le Alpi Pennine (Alpi Centrali);
3.841) - Alpi  le Alpi Lepontine (Alpi Centrali
Cozie In Piemonte troviamo anche l'Appennino
Monte Ligure le cui montagne sono molto più
Basodino (m modeste rispetto a quelle delle Alpi.
3.275) - Alpi  
Lepontine
 
Valli: VALLI ALPINE: Le valli alpine sono molto incassate tra le
Val di Susa - montagne e prendono spesso il nome
percorsa dal dei fiumi che le solcano. Un'eccezione è
fiume Dora costituita dalle due principali valli alpine:
Riparia la Val di Susa e la Val d'Ossola.
Val
d'Ossola - percor
sa dal fiume Toce

 
Valichi: VALICHI ALPINI:
Colle di Tenda - Alpi Marittime - collega con la Francia
Colle della Maddalena - Separa le Alpi Marittime dalle Alpi
Cozie - collega con la Francia
Passo di Monginevro - Alpi Cozie - collega con la Francia
Passo del Frèjus - Alpi Cozie - collega con la Francia
Passo del Moncenisio - Alpi Cozie - collega con la Francia
Passo del Sempione - separa le Alpi Pennine da quelle
Lepontine - collega con la Svizzera - il passo si trova in
territorio svizzero
 
VALICHI APPENNINICI:
Colle di Cadibona - Appennino Ligure - collega con
la Liguria
Passo del Turchino - Appennino Ligure - collega con
la Liguria
Passo dei Giovi - Appennino Ligure - collega con la Liguria
 
Colline: Colline del Le Langhe sono le colline che
Canavese - raggiungono la maggiore altitudine:
intorno a Ivrea arrivano fino a 700 m. Esse hanno origine
Colline del Po o tettonica come anche le colline
Colline di del Monferrato.
Torino - a Sud  
del fiume Po Le colline del Canavese sono di origine
Colline del morenica.
Monferrato - tra
il Po e il Tànaro
Langhe -
attraversate dal
fiume Belbo - a
ridosso
dell'Appennino
Ligure
 
Pianure: Pianura Padana  In Piemonte si trova la parte occidentale
della Pianura Padana. Essa occupa poco
più di 1/4 del territorio della regione.
La zona è particolarmente ricca di acque
ed è la più fertile di tutta la regione.
 
Parchi Parco nazionale d Numerosi sono i parchi naturali
nazionali, pa el Gran Paradiso regionali presenti in Piemonte. Tra i
rchi Parco nazionale  principali ricordiamo il Parco delle Alpi
regionali e ri Val Grande Marittime e il Parco Fluviale del Po nel
serve tratto Vercellese-Alessandrino.
marine:  
Fiumi: Po (m 652) - Il Po nasce nel Piemonte, alle
nasce dal falde del Monviso, e scorre nella regione
Monviso  per 1/4 della sua lunghezza.
Affluenti del Po. Tutti gli
  altri fiumi del Piemonte sono affluenti
AFFLUENTI DI ubaffluenti del Po.
SINISTRA: Gli affluenti di destra del Po scendono
Ticino - nasce in dall'Appennino Ligure.
Svizzera  
Toce Il Piemonte è ricco di corsi
Sesia d'acqua naturali e artificiali: questo
Dora Baltea - aumenta le possibilità di sfruttamento del
nasce in Valle suolo.
D'Aosta  
Stura di Lanzo
Dora Riparia
Pèllice
 
AFFLUENTI DI
DESTRA:
Scrivia
Tànaro (e suoi
affluenti Stura di
Demone - Gesso 
- Bòrmida)
Màira
Varàita
 
Laghi: Lago Maggiore -  Il Lago Maggiore è il secondo lago
sponda italiano per estensione.
occidentale Il lago si estende, oltre che in Piemonte
Lago dell'Orta anche in Lombardia e in Svizzera.
Lago di Viverone  
Clima: Inverno: freddo Il clima è continentale. Esso è più mite
Estate: calda in nella zona del lago Maggiore.
pianura
Piogge/Nevicate:  In pianura, la presenza di umidità,
piogge autunnali provoca nebbie soprattutto in autunno e in
e inverno.
primaverili soprat
tutto nelle valli.  
Nevicate
abbondanti in
montagna.
GEOGRAFIA ECONOMICA
 
Economia in Il Piemonte è una delle regioni più progredite d'Italia. 
generale: I settori economici con il maggior numero di occupati sono
il terziario e l'industria. Tuttavia anche l'agricoltura è ben
sviluppata.
 
Agricoltura: Frumento Il Piemonte è tra i principali produttori
Riso - Novara e nazionali di grano e mais.
Vercelli
Mais Famosi sono i tartufi di Alba.
Ortaggi
Uva - Asti e Tipica delle Langhe è la produzione dei
Cuneo vini Barolo, Dolcetto, Barbaresco. Nel
Monferrato si producono il Barbera e
gli spumanti secchi.

 
Allevamentto: Bovini Il Piemonte è la terza regione italiana per
Suini numero di capi di boviniallevati, dopo
  la Lombardia e il Veneto.
 
Il Piemonte è anche la terza regione
italiana per numero di capi
di suini allevati, dopo la Lombardia e
l'Emilia Romagna.
 
Considerevole è produzione
di burro e formaggio.
 
Industria: Automobilistica: La Fiat
Industria I computer: Olivetti
Chimica
Alimentare Ferrero La nutella.
Tessile
 
Turismo: Diffuso nelle zone montuose dotate di impianti per gli sport
invernali.
 
ALTRE NOTIZIE 
 
Curiosità: A Torino si trova il Museo Egizio. . LA MOLLE
ANTONELLIANA. (Museo Naziole del Cinema)

Piemontesi consciuti mondialmente


Don Bosco Umberto Eco.
Piatti tipici

Ravioli del pli. Bagna Cauda.


 

 
http://www.schededigeografia.net/Italia/Regioni/Piemonte.htm
l Piemonte si trova nella parte nord-occidentale del Paese ed è la seconda regione italiana più
estesa. Il territorio è in maggior parte montuoso (43%), seguono rispettivamente collina (30%)
e pianura (27%).

   Le Alpi raggiungono i 4.634 metri con il Monte Rosa, situato sul confine con la Valle d'Aosta
e la Svizzera, dove è ubicata la vetta con l'altezza massima; segue il Gran Paradiso (4.061 m.),
anch'esso culmina di poco fuori regione. In Piemonte nasce il più lungo fiume italiano, il Po, e
scorrono alcuni fra i suoi iniziali affluenti, come Tanaro, Ticino e Dora Baltea. Sul confine con la
Lombardia si trova il Lago Maggiore, il secondo per estensione in Italia.

   Torino, il capoluogo, è la quarta città italiana e con i sobborghi raggiunge il milione e mezzo
di persone; tutti gli altri capoluoghi provinciali hanno meno di 100.000 abitanti, ad esclusione
di Novara. Gli altri centri più grandi sono Alessandria ed Asti; le province di Biella e Verbano-
Cusio-Ossola si sono aggiunte nel 1992 a quelle già citate ed a Vercelli e Cuneo.

   L'economia è ben sviluppata in ogni settore, anche se l'industria è stata per molto tempo il
motore economico regionale. I prodotti agricoli più coltivati sono i cereali (frumento, mais,
riso), le patate, gli ortaggi, le barbabietole da zucchero, la frutta, i pioppi ed il foraggio; nelle
zone collinari è molto accentuata la coltivazione della vite. L'allevamento è concentrato su
bovini e suini. Il settore industriale trainante è quello meccanico, con l'industria
automobilistica e tutte le attività ad essa collegate, di grande importanza anche il settore
tessile; il turismo è in progressiva espansione.

Superficie:   25.399 Km²


Abitanti:   4.433.000
Densità:   175 ab/Km²

Capoluogo:   Torino (902.000 ab.) Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il


Capoluoghi di Alessandria 93.900 ab. primo ad essere istituito in Italia.
provincia:   Asti 76.000 ab.
Biella 45.200 ab.
Cuneo 56.000 ab. Indirizzi Utili:
Novara 104.800 ab.
Verbania 31.000 ab. Regione Piemonte
Vercelli 47.000 ab. Piemonte Turismo
Altri comuni:   Moncalieri 57.000 ab. inValgrande
Collegno 50.200 ab.
Rivoli 48.900 ab.
Nichelino 48.400 ab. Hotel e strutture turistiche:
Settimo Torinese 47.800
ab. Torino
Grugliasco 38.000 ab. Lago Maggiore
Chieri 36.800 ab. Sestriere
Pinerolo 35.700 ab. Asti
Casale Monferrato Langhe
34.900 ab.
Venaria Reale 34.400
ab.
Alba 31.400 ab.
Bra 29.800 ab.
Carmagnola 29.200 ab.
Novi Ligure 28.400 ab.
Tortona 27.600 ab.
Chivasso 26.800 ab.
Confini:   Svizzera e Valle
d'Aosta a NORD
Francia a OVEST
Liguria a SUD
Emilia-Romagna e Lom
bardia a EST

Monti principali:   Punta Nordend (Monte


Rosa) 4.609 m
Roc (Gran Paradiso)
4.026 m
Fiumi principali:   Po 652 Km
Tanaro 276 Km
Ticino 248 Km
Dora Baltea 160 Km
Agogna 140 Km
Sesia 138 Km
Dora Riparia 125 Km
Stura di Demonte 111
Km
Laghi principali:   Lago Maggiore 212 Km²
(superficie totale)
Lago d'Orta 18,2 Km²
Lago di Viverone 5,8
Km²
Lago di Mergozzo 1,85
Km²
Isole principali:   -

l Piemonte misura 25.399 km quadrati per circa 4 milioni e quattrocentomila


abitanti. Confina con Francia, Lombardia, Valle d'Aosta, Liguria ed Emilia-Romagna.
E' la seconda regione italiana maggiormente estesa, dopo la Sicilia.

Circa la metà della superficie del Piemonte, circondato da Alpi centroccidentali e


Appennino Ligure, è montuosa. La Alpi piemontesi annoverano fra le più alte vette
italiane e difettano di una fascia prealpina; di converso il paesaggio è movimentato
da belle colline per lo più moreniche. Ricordiamo: l'Aiguille de Chambeyron (3409 m)
e il Monviso (3841) nelle Alpi Cozie; il Rocciamelone (3538 m), l'Uia di Ciamarella
(3676 m), il gruppo di Levanna (3619 m) e il massiccio del Gran Paradiso (4061 m)
nelle Alpi Graie; il monte Rosa (4634 m) nelle Alpi Pennine; il monte Leone (3552
m) nelle Alpi Lepontine; l'Ebro (1699 m) e l'Antola nell'Appennino ligure; l'Argentera
(3297 m), il Tènibre (3031 m) e il Marguareis (2651 m) nelle Alpi Marittime.

Ricco il paesaggio di valli, ammantate da castagneti e abetine e percorsi da fiumi


ricchi di acque. Ricordiamo: la val d'Ossola, la val Sesia, le tre valli di Lanzo, la val di
Susa, la val Pellice, la val Locana, la valle Stura di Demonte, la val Vermenagna, la
valle del Po, la val Maira e la val Tanaro. Fra i corsi d'acqua, impetuosi e ricchi,
annoveriamo il Po e i molti affluenti di quest'ultimo come la Dora Baltea, la Dora
Riparea, il Tanaro, lo Scrivia e i subaffluenti Bormida e Stura di Demonte. Il territorio
del Piemonte annovera molte sorgenti fra le quali quelle di Bossea, della val di Pesio
e di Fontane; tra le sorgenti minerali ricordiamo quelle di Acqui Terme (salso-bromo-
iodiche sulfuree), Bognanco (bicarbonato-magnesiaco-calcico-ferruginose), Crodo
(sofato-bicarbonato-calciche), Catelletto d'Orba, Vinadio e Agliano.

La pianura piemontese è a nord del Po, mentre a sud si prolunga con la piana di
Cuneo e quella di Alessandria. La Regione è attraversata dalla parte meridionale del
Parco nazionale del Gran Paradiso, il parco di più antica istituzione in Italia.

Importanti i grandi bacini di escavazione glaciale: il Lago Maggiore o Verbano, il lago


d'Orta o Cusio e il lago di Viverone.

Il clima è temperato continentale, più rigido nelle zone montuose. Ampia la forbice
delle precipitazioni; le precipitazioni medie annue oscillano fra i 600-1000 mm nel
Piemonte meridionale, Langhe e Monferrato fino agli oltre 2500 mm che si registrano
nel triangolo fra Biella, la Val Sesia e Verbanio.

Per segnalare aggiunte o correzioni da effettuare sulla scheda della regione


Piemonte, inviaci un'email
Piemonte
Enciclopedie on line

Piemonte Regione dell’Italia settentrionale (25.402 km  con 4.401.266 ab. nel


2

2008, ripartiti in 1206 Comuni; densità 173,2 ab./km 2). È situata ai piedi delle Alpi
Occidentali e comprende un arco montuoso che, dall’Appennino Ligure, si estende
lungo il versante italiano delle Alpi fino al Lago Maggiore e il lembo sottostante
della Pianura Padana. Le Alpi la separano dalla Francia, dalla Svizzera e dalla
Valle d’Aosta, i crinali dell’Appennino dalla Liguria, mentre lunghi tratti delle sponde
del Ticino e del Po la dividono dalla Lombardia. Il capoluogo di regione è Torino.
1. Caratteristiche fisiche

Il territorio si articola al proprio interno in quattro zone morfologiche: montagna,


collina, alta e bassa pianura. Quasi la metà della superficie regionale è montuosa,
mentre la parte pianeggiante occupa solo il 20% del totale. Spicca, nella
configurazione fisica del P., la mancanza di una zona pedemontana collinare
addossata alle Alpi, come invece si riscontra nelle regioni contermini: alla
montagna si alterna quindi la pianura, e al centro di quest’ultima il sistema collinare
del Monferrato. Questa peculiarità morfologica fa scaturire una grande varietà di
paesaggi e di unità geografico-ambientali minori: dagli ambiti marcatamente alpini,
dove si superano i 4000 m di altezza (Monte Rosa, 4634 m; Gran Paradiso, 4061
m), alla bassa pianura vercellese, posta a circa 100 m s.l.m., si ha infatti una vasta
gamma di situazioni altimetriche e di modellamenti naturali del terreno che si
traducono in una complessa e maestosa scenografia naturale. La pianura, che
forma un grande semicerchio intorno all’area collinare, è stata generata in larga
parte dall’azione dei corsi d’acqua alpini e si presenta ancor oggi, nonostante un
secolare lavoro di bonifica, ciottolosa e permeabile nella parte più alta,
impermeabile e fertilissima nella parte bassa. L’alta pianura, al di sopra dei 300 m
s.l.m., partendo dal Cuneese corre parallela ai rilievi alpini fino alla regione del
Verbano, mentre la media e bassa pianura da Torino si allarga nel Vercellese, nel
Novarese e nell’Alessandrino.
La posizione geografica e le caratteristiche morfologiche fanno sì che il clima, di
tipo prevalentemente continentale, sia anche assai vario. Nelle zone meno elevate
si nota un’escursione termica annua notevole con minime invernali anche
lievemente inferiori a 0 °C e massime estive di 25-28 °C; la regione montuosa,
invece, presenta condizioni di clima decisamente alpino. Il regime delle
precipitazioni è vario da zona a zona: la pianura ha inverni caratterizzati da
abbondanti nevicate e nebbie frequenti; le punte di massima piovosità si
riscontrano nella regione compresa tra il Lago Maggiore e il Biellese (1600 mm);
l’intensità stagionale, comunque, è per tutto il P. massima in primavera e in
autunno, minima in inverno.

L’idrografia piemontese è in prevalenza connessa con il suo fiume principale, il Po:


i maggiori corsi d’acqua, infatti, sono suoi affluenti, e ciascuno di essi ha un bacino
assai ricco di fiumi secondari e torrenti. Il P. ha numerosi laghi alpini di varia
grandezza nella zona montuosa, ai piedi della quale giacciono il Lago d’Orta e il
Lago Maggiore, di cui appartiene al P. soltanto parte della sponda occidentale.

2. Popolazione

Negli ultimi decenni del 20° sec. la popolazione regionale è andata costantemente
diminuendo, a causa della tendenza negativa del saldo naturale (manifestatasi già
a partire dalla metà degli anni 1970) e della progressiva riduzione dei flussi
immigratori interni. Il declino demografico ha riguardato, secondo dinamiche
diverse, aree agricole in crisi produttiva, soprattutto nel Sud della regione, e zone
interessate dallo smantellamento di vecchi impianti industriali. La perdita
demografica è via via diminuita fino ad arrestarsi, nei primi anni del 21° sec., anche
grazie all’apporto dell’immigrazione esterna. Notevole peso ha assunto il fenomeno
dell’invecchiamento della popolazione: nel 2008 oltre il 22% degli abitanti superava
i 65 anni di età. Più del 50% degli abitanti è concentrato nella provincia di Torino, in
cui, oltre al capoluogo, cinque città superano i 40.000 abitanti
(Collegno, Moncalieri, Nichelino, Rivoli, Settimo Torinese). La struttura insediativa
fa perno, oltre che sull’area metropolitana torinese, anche su alcuni sistemi
urbano-territoriali policentrici quale quello dei centri pedemontani orientali
(Biella, Borgosesia, Borgomanero), quello della pianura cuneese
(Saluzzo, Savigliano, Fossano, Cuneo), dell’Albese-basso Astigiano (Alba, Asti,
Canelli, Nizza Monferrato), dell’asse Novara-Domodossola e di quello Casale-
Alessandria-Valle Scrivia. Queste configurazioni urbane sono, peraltro, cinte
tutt’attorno da un’estesa area di rarefazione demografica costituita da buona parte
delle aree alpine e dell’alta collina, anche se la diffusione insediativa lungo gli assi
stradali ha teso a frazionare e interrompere la loro unità.

3. Condizioni economiche

In P. le caratteristiche fisico-ambientali del territorio hanno per lungo tempo


contribuito a modellare la distribuzione geografica della popolazione e delle attività
economiche. A partire tuttavia dai primi decenni del 20° sec., e in particolare dagli
anni 1950, la crescita di questa regione si è in larga misura/">misura identificata
con quella di Torino, della sua area metropolitana e di pochi altri centri, tra cui i
capoluoghi di provincia. Il successo ottenuto dalla FIAT, da altre grandi imprese
meccaniche, elettroniche, tessili, alimentari e dal loro indotto ha infatti accentrato
una crescente massa di forza lavoro, di capitali, di mezzi di produzione, di servizi e
di infrastrutture in queste aree. Su circa il 15% del territorio regionale è andato così
a concentrarsi più del 60% della popolazione e oltre il 70% dei posti di lavoro.
Questa crescita innovativa e tumultuosa, che quasi non trova riscontro in altri
contesti regionali italiani, ha tuttavia accresciuto i divari già esistenti con le aree più
spiccatamente agricole, come quelle del Cuneese, dell’Astigiano e del Vercellese,
e con i distretti sede della prima industrializzazione, come il Pinerolese, parte del
Biellese, la Valsesia e l’alto Novarese. Questi processi e le relative dinamiche si
sono tuttavia arrestati nel corso degli anni 1970, quando si sono manifestati i primi
sintomi della crisi economica e, in maniera evidente, gli svantaggi derivanti
dall’eccessiva concentrazione urbana e dalla grande dimensione d’impresa.

All’incalzante crescita dell’industrializzazione, è corrisposta una grave crisi


dell’agricoltura. Soprattutto negli anni 1960, pesanti tassi di deruralizzazione hanno
profondamente segnato un settore che pure manifestava una discreta vitalità
economica. In quegli anni molte aziende agricole, in prossimità dei principali centri
urbani, sono state riconvertite in unità part-time, con una accentuata
semplificazione degli indirizzi produttivi; altre aziende, localizzate negli ambiti meno
accessibili delle aree collinari e montane, fortemente frazionate e scarsamente
meccanizzabili, sono state invece abbandonate. Sono sfuggite a queste
caratteristiche alcune zone in cui sono rimaste significative forme di agricoltura
specializzata. Nello spazio regionale queste aree risultano in parte sovrapposte
agli ambiti della struttura industriale e in parte dotate di una loro precisa identità
territoriale. Al primo gruppo possono essere ascritte le aree di agricoltura intensiva
ad alto carico bovino del Cuneese, mentre alle seconde le aree risicole del
Vercellese, quelle vitivinicole dell’Albese e dell’Astigiano meridionale, nonché
quelle frutticole del Saluzzese. In queste aree, infatti, le conseguenze dello
sviluppo extra-agricolo e dell’impoverimento della base sociale sono apparse meno
accentuate che altrove, in quanto il pur elevato tasso di deruralizzazione che esse
hanno subito non ha inciso sull’efficienza complessiva delle loro attività
caratterizzanti. Tra queste aree specializzate, notevole lo sviluppo di quelle viticole,
le quali, pur restringendosi entro un ambito territoriale limitato, hanno compreso
anche buona parte delle industrie di trasformazione, delineando un sistema agro-
industriale integrato.

Nel corso dell’ultimo decennio del 20° sec., l’economia locale ha manifestato
processi di rallentamento legati a complessi interventi di riassetto degli apparati
produttivi e a condizioni congiunturali. Queste ultime hanno interessato un po’ tutte
le regioni nord-occidentali e il P. in modo particolare, vista la peculiare sensibilità
della regione nei confronti delle oscillazioni dei cicli economici a causa dell’elevato
peso del settore industriale, a sua volta specializzato in produzioni con forte
variabilità ciclica (mezzi di trasporto e beni di investimento). Tra la fine del 20° e i
primi anni del 21° sec., le caratteristiche predominanti dell’apparato economico
regionale sono progressivamente mutate: il numero degli addetti all’industria
(33,5% nel 2008) è diminuito a favore di un incremento dell’occupazione nei servizi
(62,7%); alcuni settori, come il tessile-abbigliamento, sono stati interessati da
processi di rilocalizzazione di intere fasi del ciclo produttivo in paesi caratterizzati
da basso costo della manodopera; altri comparti, come quelli che afferiscono alla
filiera dell’automobile, sono stati riorganizzati mediante l’installazione di nuovi
impianti al di fuori della regione. In stretta correlazione con queste trasformazioni, il
livello di terziarizzazione è aumentato, soprattutto mediante il mutamento delle
tipologie dei servizi offerti: si è ridimensionato il peso in termini di occupati del
commercio tradizionale a favore dei settori della ricerca, dell’informatica, dei servizi
per le imprese, con particolare riguardo alla creazione di strutture specialistiche di
marketing rivolte alla ricerca di strumenti operativi in grado di accrescere
l’accessibilità a specifici fattori informativi, così da favorire l’afflusso di investimenti
esteri nell’industria. Si sono andate modificando anche le tradizionali
specializzazioni produttive, con un ridimensionamento del comparto dei mezzi di
trasporto e di quello delle macchine e apparecchiature elettroniche, in seguito alla
crisi nazionale del settore. La regione mantiene, tuttavia, nel confronto con la
struttura economica dell’intero paese, la propria fisionomia di area a spiccata
vocazione industriale, con una consistenza delle attività manifatturiere che in
termini di addetti e di dimensioni imprenditoriali supera ampiamente la media
nazionale, e con caratteri di accentuata specializzazione nei settori dell’industria di
base. Occorre però rilevare che, nonostante il relativo successo dei processi di
riconversione industriale e riassetto produttivo, il P. ancora risente della crisi che
ha colpito la grande industria, come dimostra il tasso di disoccupazione (5,0% nel
2008), tra i più alti dell’Italia settentrionale. Poco valorizzate sono le attività
turistiche, sebbene la regione possa considerarsi ricca di risorse di base, con
alcuni comprensori sciistici fortemente attrezzati come quelli delle Alpi Marittime,
dell’alta Valle di Susa e della Valsesia. In queste località, a una nutrita struttura
alberghiera e di servizi complementari si è accompagnata la presenza di veri e
propri sistemi di piste e di impianti che si sono estesi addirittura oltre frontiera,
determinando una crescente integrazione delle stazioni sciistiche locali con quelle
del versante alpino francese o svizzero. A esclusione poi delle località turistiche del
Lago Maggiore e del Lago d’Orta, tutti i restanti centri sono caratterizzati da una
debole struttura alberghiera e da una altrettanto carente dotazione di servizi
complementari; i capoluoghi di provincia, e Torino in particolare, nonostante
abbiano conservato testimonianze storico-artistiche e culturali rilevanti,
rappresentano la meta solo di modesti flussi turistici sia nazionali sia internazionali.

4. Preistoria e archeologia

Le tracce di industrie paleolitiche sono scarse, mentre è meglio rappresentato il


Neolitico (grotta di Aisone; strato più antico dell’abitato di Alba; sepolcreti
di Montjovet e di Villeneuve; grotte del Monfenera). Numerose le testimonianze
dell’età del Bronzo (abitati di Avigliana, Alba, Mercurago; materiali provenienti da
San Giovanni dei Boschi e da Trana; abitati palafitticoli sulle sponde del Lago
di Viverone; rinvenimenti effettuati nelle province di Novara e Vercelli). Per l’età del
Ferro, nell’area compresa fra Ticino e Sesia, si hanno numerose e significative
testimonianze sia della cultura di Golasecca sia della crescente influenza culturale
dei Celti, la cui immigrazione, tra 6° e 4° sec. a.C., avrebbe interessato l’intera
regione. Tra le necropoli galliche è da segnalare quella di Dormelletto (3° a.C.
sec.).

La romanizzazione servì da impulso alla fondazione/">fondazione di centri urbani e


alla costruzione di strade e di ponti (finora ne sono stati individuati nove). Sono da
menzionare gli scavi condotti a Ivrea (resti della fondazione della colonia), Alba
(strade con relativi edifici), Asti (abitazioni e un tratto dell’anfiteatro), Vercelli (edifici
urbani e una necropoli), Novara (tratto delle mura urbane e indagini sul territorio).
A Torino sono degni di nota il ritrovamento di un mosaico (reperto raro in P.) a
cocciopesto, probabilmente coevo all’impianto della colonia, e i ritrovamenti relativi
ad assi viari e case della città romana. Nella fase tardoantica, Castelvecchio
di Peveragno, abitato ligneo sede di attività metallurgiche, è esempio significativo
del fenomeno di ritiro della popolazione sulle alture, caratteristico dell’epoca.

5. Storia
In epoca romana il nome P. è sconosciuto e anche nell’Alto Medioevo non
compare come unità a sé; anzi, mentre la quasi totalità dell’odierno P. passava da
Odoacre a Teodorico, ai Bizantini e ai Longobardi, le valli di Susa, di Lanzo e
d’Aosta andarono in mano ai Franchi. Devastato nel 9° sec. da Ungari e Saraceni,
nel 10° sec. il P. si raggruppa quasi tutto nella potente formazione politica della
marca d’Ivrea, sotto gli Anscarici; questa si divide, verso il 950, nelle marche
d’Ivrea propriamente detta, di Torino e della Liguria o, dal nome della sua dinastia,
aleramica. Fu questa l’organizzazione fondamentale su cui s’imperniò la storia
successiva del Piemonte. Nell’11° sec. Olderico Manfredi, marchese di Torino,
dominò anche la marca d’Ivrea, lasciando il potere alla figlia Adelaide che, a sua
volta, sposando Oddone di Savoia, figlio di Umberto Biancamano, trasmise alla
casa sabauda, già padrona della valle d’Aosta, i suoi diritti e la dinastia sabauda
divenne così una delle potenze maggiori nel territorio piemontese. Alla morte
di Adelaide (1091) il grande dominio si sfasciò ma, tra il 12° e il 13° sec., i conti
di Savoia riuscirono a riguadagnare gran parte del territorio perduto. Intanto, si era
pure disfatta la marca aleramica, dalle cui rovine sorsero il marchesato di
Monferrato e quello di Saluzzo, oltre a minori signorie e ai comuni liberi.

Nella prima metà del 13° sec. comparve il nome P., che tuttavia fu attribuito
soltanto al territorio racchiuso all’incirca fra il Po, il Sangone e le Alpi. A partire dal
13°-14° sec., la storia del P. si identifica con la storia della formazione dello Stato
sabaudo.

6. Dialetti

I dialetti del P., che si possono distinguere in un gruppo alto-piemontese (Cuneo,


Torino) e uno basso-piemontese (Vercelli, Alessandria), non s’individuano
nettamente all’interno dei dialetti italiani settentrionali (soprattutto liguri e padani),
con cui partecipano al dileguo delle vocali finali diverse da -a, alla semplificazione
delle consonanti doppie, alla lenizione delle consonanti sorde intervocaliche, alla
palatalizzazione in ü e talvolta in i della ū latina: caratteri, questi comuni a tutta
l’area galloromanza. La conservazione di -s finale e la palatalizzazione di ca- e ga-,
caratteri tipici del francese e del provenzale, non appaiono qui se non come relitti,
e questo dimostra che i dialetti piemontesi erano anticamente più vicini ai tipi
transalpini, mentre in un secondo tempo si sono differenziati da essi sotto gli
influssi italiani provenienti dal sud e dall’est.

PRINCIPE DI P.Titolo dato per consuetudine, dal 15° sec., ai primogeniti della
dinastia di Savoia; gli ultrogeniti, anche come principi ereditari, conservavano il
titolo già loro attribuito.

RAZZA PIEMONTESERazza di bovini dal mantello di color biondo dorato. Di


statura elevata (135-150 cm), raggiungono i 600-900 kg; hanno testa ampia, corna
bianche alla base e nere in punta, collo sviluppato, tronco cilindrico.
Regione
territorio

Già nel nome il Piemonte rivela il suo stretto rapporto con le montagne (presenza costante e incombente, ben
visibile da ogni parte del territorio) che lo circondano da tre lati, mentre solo verso E la Pianura Padana
consente facili rapporti con la Lombardia. Il termine Pedemontium è attestato dal sec. XII, con riferimento ai
possedimenti cisalpini dei Savoia, limitati in un primo tempo al tratto di pianura pedemontana fra Chisone,
Dora Riparia e Po; poi il nome si estese progressivamente a tutta la regione, seguendo l'espansione del ducato
sabaudo. Malgrado la barriera costituita dalle Alpi, il Piemonte ha sempre avuto stretti rapporti con la Francia,
sia pacifici sia conflittuali: frequenti sono state le guerre fra i Savoia e il regno transalpino, ma nel corso dei
secoli la cultura francese ha profondamente influenzato quella della regione. Ancora oggi il Piemonte è la
porta dell'Italia per chi viene dalla Francia, e i trafori ferroviari e stradali hanno riconsolidato i rapporti: la
Francia è tuttora la meta principale delle esportazioni piemontesi.L'altro elemento caratterizzante della
regione è la sua tradizione industriale. Fin dalla fine dell'Ottocento la meccanica del Torinese e il tessile del
Biellese hanno assunto un ruolo e una notorietà nazionale; dopo i decenni di Torino “capitale
dell'automobile”, la regione sta affrontando un processo di riconversione economica che l'ha vista perdere
quote percentuali di produzione rispetto alle regioni del Nordest, sviluppando, invece, le attività di servizio, il
turismo e l'agricoltura specializzata di qualità.Il Piemonte è una regione dotata di una forte coscienza unitaria,
per le vicende della sua storia (il lungo dominio dei Savoia, l'epopea del Risorgimento) e il ruolo
preponderante esercitato da Torino. Soltanto la fascia orientale della regione tende a sfuggire all'influenza del
capoluogo, per gravitare su Milano e (nell'estremo sudorientale) su Genova.

Territorio: morfologia
Il Piemonte corrisponde alla sezione superiore del bacino idrografico del Po, con la sola notevole eccezione
del bacino montano della Dora Riparia, che dal 1948 costituisce la regione autonoma della Valle d'Aosta; tre
testate vallive della valle di Susa appartengono alla Francia, mentre sono liguri le testate di quasi tutte le valli
del confine meridionale. Al contrario, non esiste area del Piemonte che non mandi le sue acque al Po, se si
eccettuano due piccoli lembi della provincia di Cuneo (i comuni di Alto, Caprauna e alcune frazioni di
Garessio), posti sul versante marittimo.Si possono distinguere in Piemonte cinque principali strutture
morfologiche. In primo luogo le Alpi, che si innalzano a N oltre i 4000 m (Monte Rosa, 4637 m; Gran
Paradiso, 4061 m), mentre più a S si erge l'ardita piramide del Monviso (3841 m), a lungo creduta la vetta più
alta delle Alpi a causa del suo maestoso isolamento. Le Alpi piemontesi – nelle
sezioni Marittime, Cozie e Graie – sono costituite in prevalenza da rocce cristalline e hanno spesso forme
aspre e dirupate; sono incise da numerose valli trasversali, in genere abbastanza brevi data la vicinanza della
pianura allo spartiacque. A N, le Alpi piemontesi comprendono anche segmenti parziali delle Pennine e
delle Lepontine, separate dal bacino del Toce e dalla val d'Ossola.La seconda struttura morfologica è
costituita dalle Prealpi, che sono presenti in Piemonte solo nella sua sezione nordorientale, con le colline del
Biellese e dell'alto Novarese. Più a W altre formazioni collinose prealpine, ma di diversa origine, sono quelle
degli anfiteatri morenici di Rivoli e di Ivrea, allo sbocco delle valli di Susa e di Aosta.La terza struttura
morfologica, la Pianura Padana, si articola in Piemonte su tre livelli. Alle due consuete formazioni dell'alta e
della bassa pianura (più permeabile e arida la prima, fertile e ricca d'acque la seconda) si aggiunge, infatti, un
terzo livello ancora più elevato: sono le vaude e le baragge, ampi conoidi fluvioglaciali spesso sopraelevati sul
piano sottostante con una scarpata, un tempo coperte di boschi e brughiere e ancora solo in parte coltivate.Al
centro della regione le colline del Monferrato, costituite in prevalenza da sabbie e argille, sono il regno della
vite, che si alterna a boschi e campi di grano. Verso SE, infine, attraverso le colline delle Langhe, che nella
parte più elevata cominciano ad assumere tratti appenninici, si passa nel quinto ambiente morfologico della
regione, cioè l'Appennino Ligure, dalle forme dolci e arrotondate, ma di aspetto quasi selvaggio per lo scarso
popolamento e la presenza di estesi boschi.La rete idrografica piemontese è costituita dal Po e dai suoi
affluenti e subaffluenti. Mentre gli affluenti di sinistra sono numerosi: Pellice (in cui confluisce il
Chisone), Sangone, Dora Riparia, Stura di Lanzo, Orco, Dora Baltea, Sesia, Agogna, Ticino (cui giungono
anche le acque del Toce, attraverso il Lago Maggiore), il versante destro, a parte i minori bacini dei
torrenti Varaita, Maira e Scrivia, è drenato essenzialmente dal Tanaro, che raccoglie le acque di un ampio
arco alpino e appenninico anche attraverso importanti affluenti, come la Stura di Demonte e la Bormida. Il
regime dei fiumi piemontesi è tipicamente alpino, con portata massima in primavera, in corrispondenza dello
scioglimento delle nevi, e un massimo secondario nel periodo delle piogge autunnali; le minime si registrano
d'inverno, quando le precipitazioni non defluiscono perché bloccate al suolo sotto forma di neve. Le magre
estive sono in genere meno accentuate di quelle invernali, perché temperate dallo scioglimento dei ghiacciai e
dei nevai più alti.Appartiene al Piemonte solo l'estremità occidentale della fascia dei grandi laghi glaciali
prealpini, con il lago d'Orta, la sponda W del Lago Maggiore e il laghetto di Mergozzo, un tempo congiunto al
Lago Maggiore. Altri laghi più piccoli si trovano all'interno degli anfiteatri morenici di Rivoli (laghi di
Avigliana) e di Ivrea (lago di Viverone, lago di Candia e i cinque pittoreschi laghetti di Ivrea).

Territorio: clima
Il clima presenta caratteri tipicamente continentali, con elevate escursioni termiche stagionali e giornaliere,
inverni lunghi, freddi e, nella bassa pianura, puttosto nebbiosi ed estati calde e afose nelle aree pianeggianti,
più fresche e ventilate nelle zone collinari o montuose. Le Alpi e l'Appennino Liguri costituiscono una vistosa
barriera climatica, particolarmente percepibile d'inverno, quando fra il versante padano e quello marittimo
possono esserci anche dieci gradi di differenza. Le precipitazioni presentano massimi nei mesi autunnali e
primaverili, ma non mancano in nessuna stagione; le regioni più piovose (fin oltre 2000 mm annui) sono le
aree del Verbano e del Cusio, la Valsesia e il Biellese. La neve è particolarmente abbondante, in proporzione
all'altezza, sulle Alpi Marittime e Liguri, più vicine al mare ed esposte a N.

Territorio: demografia
Il Piemonte è la seconda regione italiana per superficie dopo la Sicilia, ma solo la sesta per numero di abitanti,
così che la densità di popolazione è leggermente inferiore a quella nazionale. Terra di emigrazione fino agli
inizi del sec. XX (con l'eccezione del capoluogo, meta di immigrazione dalle campagne fin dall'Ottocento), il
Piemonte è diventato la meta di un cospicuo flusso immigratorio a partire dagli anni Cinquanta del
Novecento, prima per l'arrivo di numerosi veneti, dopo la disastrosa alluvione del Polesine del 1951, poi per il
ben più massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Mezzogiorno d'Italia, dalla fine degli anni Cinquanta
alla metà dei Sessanta, richiamati soprattutto dalla grande offerta di posti di lavoro nell'industria
automobilistica torinese in pieno sviluppo. Negli anni Novanta, cessati praticamente i flussi migratori interni,
si è sviluppata l'immigrazione straniera, che vede al primo posto le comunità marocchina e romena. Gli
stranieri residenti sono il 3,3% della popolazione piemontese.Circa il 40% della popolazione del Piemonte si
concentra nell'area metropolitana torinese; altre aree densamente popolate sono il Biellese, terra di precoce
industrializzazione tessile, e il Novarese, che risente della vicinanza del polo economico milanese. Poco
popolata è naturalmente la montagna, il cui regresso demografico si è arrestato solo dove ha potuto
svilupparsi il turismo.Il tasso di natalità è piuttosto basso, tanto che negli anni Ottanta le scuole primarie
andavano spopolandosi; l'arrivo degli immigrati stranieri ha rivitalizzato il movimento naturale della
popolazione, ma questa continua, comunque, complessivamente a calare, salvo che nelle province di Cuneo e
Novara. Particolarmente notevole è stato il calo demografico del capoluogo: ciò non solo per il trasferimento
di molti cittadini nei comuni della cintura, ma anche per la progressiva deindustrializzazione in atto.In tutte le
valli piemontesi delle Alpi Marittime, Cozie e Graie, con la sola eccezione della Valchiusella, sono ancora
vive le parlate provenzali e franco-provenzali, che accomunano quelle popolazioni ai loro vicini transalpini.
Nella zona alpina settentrionale una parte della popolazione parla dialetti di origine tedesca (walser) nei
comuni di Alagna Valsesia, Rima, Rimella (in provincia di Vercelli), Macugnaga e Formazza (nella provincia
del Verbano-Cusio-Ossola). Le valli Pellice, Germanasca e Chisone (provincia di Torino) ospitano invece la
comunità valdese, minoranza religiosa insediatasi qui fin dal sec. XIII.

Territorio: struttura urbana e vie di comunicazione


La struttura urbana del Piemonte è fortemente accentrata, con Torino che svolge un ruolo di coordinamento
per tutta la regione, salvo che per le province orientali di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola, che fanno più
riferimento a Milano, e per la parte meridionale della provincia di Alessandria, che gravita su Genova. Al di
sotto di Torino, la rete urbana si articola in centri di secondo livello che sono più numerosi dei capoluoghi
provinciali, corrispondendo piuttosto alle antiche province sabaude: oltre ai capoluoghi, svolgono infatti
rilevanti funzioni urbane centri come Ivrea, Pinerolo, Alba, Saluzzo, Savigliano, Mondovì, Casale
Monferrato, Tortona e Novi Ligure. Regione periferica in Italia, ma centrale in Europa, il Piemonte ha sempre
svolto intensi traffici transalpini, malgrado l'ostacolo dei monti: basti pensare che già nel 1480 venne aperta
sotto il colle delle Traversette, ai piedi del Monviso, una galleria lunga 75 m per facilitare il transito dei muli.
Ma fu con la costruzione dei grandi trafori alpini (i primi furono quello ferroviario del Fréjus, nel 1871, e
quello stradale del colle di Tenda, nel 1883) che il Piemonte divenne definitivamente un crocevia del traffico
europeo. Una moderna rete stradale e autostradale collega la regione al resto d'Italia e conduce ai trafori del
Fréjus (A32) e del colle di Tenda (SS 20), verso la Francia, e al traforo del Sempione (SS 33), verso la
Svizzera; la rete ferroviaria, già sviluppata in epoca preunitaria, è molto fitta ed è stata potenziata con la
realizzazione della ferrovia ad alta velocità Torino-Milano, costruita parallela all'autostrada, e il progetto di
una galleria di base lunga 50 km fra la valle di Susa e la Maurienne francese. I principali assi ferroviari e
autostradali sono quelli che uniscono Torino a Milano, Torino ad Alessandria, diramandosi qui verso Genova
e Piacenza e quello che porta a Savona (A6), inizialmente a una corsia. La rete autostradale è stata ampliata
con la costruzione del tratto da Genova Voltri a Gravellona Toce (A26) e quello che collega Asti a Cuneo
(A33). La navigazione interna, che un tempo era praticata anche sul Po da Villafranca Piemonte a Torino, è
limitata al trasporto passeggeri sui laghi d'Orta e Maggiore. Il traffico aereo è concentrato per la quasi totalità
nell'aeroporto internazionale di Torino-Caselle, ma qualche volo di linea fa capo anche a Cuneo-Levaldigi.

Territorio: ambiente
In Piemonte quasi la metà del territorio è montagnoso (43,3%); solo il 26,4% della regione è pianura e il
restante 30,3% è riservato alla collina. Le montagne, formate quasi esclusivamente da rocce cristalline,
garantiscono una scarsa sismicità e sono poco franose. Il rischio di alluvioni invece, è piuttosto alto: la
presenza di versanti ripidi e impermeabili, il diboscamento montano, la rapidità del deflusso, dovuta alla
discreta pendenza dei fiumi, e infine il forte carico umano che si addensa lungo gli alvei fluviali sono la causa
di frequenti inondazioni rovinose, con ingenti danni e non di rado vittime umane: come quella del 1994,
dovuta allo straripamento della Bormida e del Tanaro, che ha devastato Alessandria.Al di là degli eventi
occasionali, sussistono nella regione due tipi di problemi legati al degrado ambientale: da un lato, nelle valli
montane e in alcune zone di alta collina, lo spopolamento graduale ha portato alla rovina delle architetture
rurali, al rinselvatichimento della vegetazione e all'impraticabilità dei sentieri. Dall'altro, nelle aree urbane
della pianura, sono l'eccessivo carico umano e il grande sviluppo delle attività industriali e commerciali a
provocare problemi di congestione edilizia, traffico caotico, inquinamento dell'aria e dell'acqua, smaltimento
dei rifiuti.La Regione Piemonte e gli enti locali, comunque, sono molto attivi nel campo della tutela
ambientale. Oltre ai due parchi nazionali del Gran Paradiso (condiviso con la Valle d'Aosta) e della Val
Grande, sono presenti numerosi parchi naturali regionali; contando anche le riserve naturali di vario tipo,
risulta protetto l'8% del territorio piemontese. Destinati a tutelare ambienti d'alta montagna, in tutti i loro
aspetti (floristici, faunistici, geomorfologici, insediamenti), sono i Parchi Regionali dell'Alpe Veglia e Alpe
Devero, dell'Alta Valsesia, delle Alpi Marittime, dell'Alta Valle Pesio e Tanaro, dell'Orsiera-Rocciavrè e
quello della Val Troncea. Per proteggere zone umide o ambienti legati ai fiumi sono stati istituiti i Parchi
Regionali dei Laghi di Avigliana, del Lago di Candia, delle Lame del Sesia, dei Lagoni di Mercurago, della
Valle del Ticino. I Parchi Regionali del Gran Bosco di Salbertrand, di Rocchetta Tanaro e quello del Bosco
delle Sorti della Partecipanza comprendono aree boschive ben conservate, ricche anche dal punto di vista
faunistico; mentre hanno il loro fulcro in emergenze architettoniche i Parchi Regionali della Collina di
Superga, della Mandria, di Stupinigi e quello del Sacro Monte di Crea.Un'efficace opera di presidio del
territorio svolgono le comunità montane, che, in una regione alpina come il Piemonte, sono naturalmente
molto numerose; importante è il ruolo di molte di esse per la tutela e la valorizzazione delle minoranze
linguistiche.

Economia: generalità
Regione a forte vocazione industriale per tutto il sec. XX, il Piemonte va perdendo questa sua specificità, per
allinearsi con la struttura economica delle altre regioni europee a economia avanzata, in cui a un settore
manifatturiero sempre robusto si affiancano attività terziarie non solo di base, come il commercio e il turismo,
ma anche più sofisticate, come i servizi alle imprese, le attività finanziarie e la ricerca scientifica e
tecnologica. Come accade in tutta l'Italia settentrionale, il processo non è però indolore, traducendosi in una
perdita consistente di posti di lavoro stabili (mentre aumentano gli impieghi atipici e precari) e in una generale
perdita di peso economico, soprattutto rispetto alle regioni del Nordest e del versante adriatico.Pur non
essendo più una delle regioni trainanti dello sviluppo italiano, come ai tempi del “miracolo economico” del
1957-63 (fra le regioni interessate dal “triangolo industriale”, Piemonte, Lombardia e Liguria, solo la
Lombardia è riuscita a mantenere tale ruolo), il Piemonte conserva, tuttavia, un'economia ricca e diversificata,
che vede accanto ai settori secondario (dove lavora il 38,2% degli occupati) e terziario (58,4%) anche
un'agricoltura che impiega solo il 3,4% dei lavoratori piemontesi , ma comprende colture specializzate di alta
redditività. Gli squilibri economici fra le province non sono molto forti, perché anche quelle un tempo più
povere, come Cuneo, hanno riguadagnato posizioni, allineandosi alle altre (Cuneo è la seconda provincia
esportatrice del Piemonte, dopo Torino). Solo la montagna (eccetto i centri sciistici) si trova in condizioni
economiche più arretrate.

Economia: agricoltura e allevamento


In corrispondenza delle tre regioni fisiche, si possono distinguere in Piemonte un'agricoltura di montagna, una
di collina e una di pianura. L'agricoltura montana – vocata naturalmente all'allevamento bovino, da cui si
ricava un'ottima carne, e alla lavorazione del latte – non ha nel quadro regionale una grande rilevanza, ma
fornisce alcuni formaggi molto rinomati, come il famoso castelmagno, prodotto in val Grana. La collina è il
regno dei vigneti, da cui si ricavano vini DOC e DOCG noti in tutto il mondo; ma nelle Langhe sono molto
estesi anche i noccioleti. L'agricoltura di pianura presenta le caratteristiche tipiche dell'agricoltura padana, con
moderne aziende irrigue in cui si coltivano il grano, il granoturco (destinato soprattutto all'alimentazione del
bestiame) e si allevano bovini e suini; peculiare del Piemonte (e della vicina Lomellina, in provincia di Pavia)
è però la coltura del riso, tipica delle province di Vercelli e Novara, resa possibile da un sistema di irrigazione
vastissimo e capillare, che nei mesi di maggio e giugno, quando le risaie sono allagate, crea un immenso e
pittoresco paesaggio acqueo da cui emergono come isole i paesi e le cascine.Molti comuni di pianura e di
collina, poi, sono caratterizzati da specifiche colture orticole o frutticole, di cui si possono ricordare, a titolo di
esempio, la menta di Pancalieri, le pesche di Canale e di Borgo d'Ale, gli asparagi di Santena e Poirino, le
fragole di San Mauro Torinese e i peperoni di Carmagnola.

Economia: industria
Già prima dell'Unità d'Italia alcuni comparti produttivi avevano assunto in Piemonte dimensioni industriali: la
lavorazione della lana nel Biellese, la seta e la produzione di armi a Torino . Ma erano isole nel mare di
un'economia ancora essenzialmente agricola. Lo sviluppo dell'industria piemontese è segnato da alcune tappe
salienti. La prima è quella immediatamente successiva all'Unità: persa la sua funzione di capitale, Torino
avviò, anche investendo in infrastrutture i capitali ricevuti come indennizzo, una decisa politica di
industrializzazione, che utilizzò in un primo tempo, come forza energetica, l'acqua di numerosi canali. La
diffusione dell'elettricità consentì di potenziare queste industrie, soprattutto tessili e meccaniche,
avvantaggiando al tempo stesso agli inizi – quando ancora non era possibile trasmettere l'energia a distanza –
l'industrializzazione della basse valli, vicine ai primi impianti idroelettrici. La seconda fase è quella del
decollo dell'industria automobilistica, dagli inizi nel sec. XX: Torino divenne rapidamente il maggiore polo
italiano dell'auto, intorno a cui nacquero numerosi altri stabilimenti di subfornitura. La terza fase è quella del
“miracolo economico”, fra gli anni Cinquanta e Sessanta: non solo la FIAT e il suo indotto si ingigantirono,
attirando numerosa manodopera dal Mezzogiorno, ma l'industria si diffuse in tutta la regione, trasformando in
centri industriali città di antica tradizione agricola e commerciale come Asti, Cuneo e Vercelli. Infine, l'ultima
fase, iniziata negli anni Ottanta e ancora in corso, non è più di sviluppo, ma di recessione: l'industria
regredisce, cedendo spazio al terziario e lasciando dietro di sé grandi stabilimenti abbandonati, che si cerca di
recuperare e riqualificare.Il comparto più sviluppato è tuttora quello meccanico, nel quale primeggia
l'industria automobilistica dell'area metropolitana torinese, rappresentata essenzialmente dalla FIAT, cui si
affianca tutta una serie di attività collaterali, che negli ultimi decenni del sec. XX hanno subito un
significativo ridimensionamento a causa della crisi del settore automobilistico. La stessa crisi aveva già
colpito l'Olivetti di Ivrea, una delle maggiori industrie italiane nel campo dell'informatica, delle macchine per
ufficio e delle telecomunicazioni. La connessione fra l'industria meccanica e quella informatica ha però
favorito lo sviluppo della branca tecnologicamente più innovativa dell'industria piemontese, quella delle
macchine utensili a controllo numerico e della robotica. Ulteriore punto di forza del settore manifatturiero è
quello tessile, sia laniero (Biellese e bassa Valsesia) sia cotoniero, con localizzazione più diffusa. Sono
presenti anche grandi stabilimenti siderurgici e chimici, cementifici (soprattutto intorno a Casale Monferrato)
e numerosi mobilifici. Discreto sviluppo ha l'industria alimentare e, in particolare, quella dolciaria, di antica
tradizione a Torino e più di recente (dal dopoguerra) sviluppatasi ad Alba con una delle maggiori aziende
mondiali del settore, la Ferrero. A Torino e Novara hanno sede alcune prestigiose aziende grafiche e case
editrici (tra cui De Agostini , UTET, Einaudi).

Economia: servizi
Come in tutte le regioni italiane, il settore terziario è quello che occupa più manodopera, grazie alla notevole
offerta di lavoro nel commercio, nella pubblica amministrazione e nei trasporti (dove si può segnalare la
particolare concentrazione di imprese di autotrasporto nella zona di Alessandria e Tortona) . Accanto a queste
attività terziarie tradizionali, se ne stanno sviluppando di nuove più sofisticate, come i servizi alle imprese
(che subiscono però la pesante concorrenza di Milano) e la ricerca scientifica e tecnologica, in cui invece il
Piemonte può vantare punte di eccellenza di livello internazionale, in particolare nei campi della meccanica,
dell'informatica e delle telecomunicazioni. Hanno sede a Torino e Novara alcuni istituti bancari di importanza
nazionale; Torino è anche uno dei maggiori centri italiani nel campo delle assicurazioni.Gli enti locali
piemontesi stanno compiendo grandi sforzi per potenziare le attività turistiche del Piemonte, spesso visto
dagli stranieri più come regione di transito che come meta da visitare. Non mancano in effetti le attrattive
turistiche, dalle residenze sabaude, intorno a Torino, ai centri montani (come Sestriere, Bardonecchia,
Macugnaga, Alagna Valsesia, Alpe di Mera, Limone Piemonte e altri, alcuni dei quali sedi delle Olimpiadi
invernali del 2006), dalle sponde del Lago Maggiore al prestigio enogastronomico di regioni come le Langhe
e il Monferrato. Ma la mancanza del mare e di centri d'arte di notorietà internazionale fa sì che il movimento
totale si mantenga nel complesso modesto (2,4% delle presenze italiane, comprendendo anche quelle
numerose legate ai viaggi d'affari e alle manifestazioni fieristiche).

Economia: distretti industriali


Sono presenti in Piemonte diverse aree fortemente specializzate in un solo comparto produttivo, anche se non
tutte sono classificate come distretti industriali. Molto ampio è il distretto di Biella, culla dell'industria laniera
italiana, esteso per quasi tutta la provincia e affiancato da stabilimenti operanti nel settore meccano-tessile
(produzione di macchinari per l'industria tessile). Praticamente ridotto a un solo comune è invece il distretto
orafo di Valenza, dove viene lavorato l'80% dei diamanti e delle pietre preziose importati in Italia. Di
dimensioni intermedie sono i due distretti contigui del Cusio-Valsesia, che ha il suo centro a Borgomanero, e
del Verbano-Cusio-Ossola, dove nella zona di Omegna viene prodotta una parte cospicua delle caffettiere e
delle macchine per il caffè italiane, oltre a piccoli elettrodomestici, pentole a pressione e pentolame ordinario.
Poco distante è anche il comprensorio tessile di Oleggio-Varallo Pombia, mentre il distretto meccanico
torinese di Pianezza-Pinerolo è più indefinito, riguardando produzioni diffuse in realtà molto più ampiamente
sul territorio. Fra le altre aree industriali specializzate si possono ricordare quella dello stampaggio a caldo
delle lamiere, in Canavese (soprattutto fra Forno Canavese e Rivara), e il comprensorio enomeccanico
(macchine per la lavorazione, l'imbottigliamento e il trasporto del vino) di Canelli, il più importante d'Europa.
A Crusinallo (nel Verbanese) ha sede una delle più importanti “Fabbriche del design italiano”, Alessi SpA,
che produce elettrodomestici e articoli per la tavola e la cucina famosi in tutto il mondo.

Preistoria
Il popolamento della regione iniziò certamente con il Paleolitico medio, anche se è ancora discusso l'effettivo
significato di alcuni materiali litici attribuibili al Paleolitico inferiore scoperti a Cuorgnè.
Industrie musteriane sono state rinvenute nel Piemonte settentrionale, sul Monfenera (bassa Valsesia) e, in
particolare, nelle grotte “Ciota Ciara” e “Ciutarùn” e nel riparo sottoroccia del Belvedere. Scarsi elementi del
Paleolitico superiore, riferiti all'Epigravettiano evoluto, sono stati ritrovati in strato soprattutto in quest'ultimo
riparo. Industrie epipaleolitiche sono state segnalate nella grotta di Boira Fusca, presso Cuorgnè.
All'Eneolitico e all'Età del Bronzo sono attribuite le palafitte di Mercurago, nei pressi di Arona, quella di
Trana e quella di Viverone, esplorata alla fine del sec. XX, che hanno restituito anche ruote di carro e canoe
lignee. In base ad attenti studi tipologici è stato possibile attribuire all'Età del Bronzo un gruppo di incisioni
rupestri sul monte Bego, che costituiscono un grandioso santuario rupestre, in cui è già presente la figura
umana. Nella prima Età del Ferro la parte orientale della regione è caratterizzata dalla cultura di
Golasecca (necropoli di Castelletto sopra Ticino, di Ameno, di San Bernardino, frazione di Briona), con
caratteristiche urne cinerarie a stralucido nella fase più tarda. Della seguente cultura celtica, caratteristica
della seconda Età del Ferro fino alla conquista romana, restano tracce in diverse località (sepolcreto
di Ornavasso, insediamento messo in luce sul colle della Burcina e compreso nella Riserva Naturale Speciale
“Felice Piacenza”, tra i comuni di Pollone e di Biella).

Storia
Anche se nel periodo preistorico risultano stanziamenti di Liguri e di Galli, le condizioni ambientali della
regione non dovettero favorire l'insediamento umano. I Romani ebbero il primo contatto con il territorio
piemontese nel 218 a. C., allo scoppio della seconda guerra punica, quando tentarono, senza successo, di
sbarrare la strada ad Annibale che, sceso dalle Alpi, aveva raggiunto la Valle Padana. Ma vi penetrarono solo
dopo la sottomissione dei Liguri: dopo aver vinto nel 173 a. C. gli Statielli, che occupavano con i Bagienni la
regione a S del Po, installarono guarnigioni a Industria, alla confluenza del Po con la Dora Baltea,
a Potentia e Pollentia, sul fiume Tanaro; nel 120 a. C. fondarono la colonia di Dertona (Tortona). Con
l'influsso romano altri centri tribali si trasformarono in città (Alba Pompeia, Alba; Aquae Statiellae, Acqui
Terme; Caburrum, Cavour), che ricevettero prima il diritto latino e poi la cittadinanza romana. A N del Po, i
Romani fondarono nel 100 a. C un'altra colonia, Eporedia (Ivrea), all'ingresso della Valle d'Aosta, minacciata
dai Salassi, tribù celtiche che solo con Augusto, nel 25 a. C., furono sottomesse definitivamente. Nello stesso
periodo i Romani rinforzarono anche nel territorio dei Taurini la guarnigione installata da Cesare,
trasformandola nella colonia di Julia Augusta Taurinorum (Torino). Poiché instaurarono buoni rapporti con
i Cottii, occupanti la valle di Susa, ebbero il controllo di tutti i passi alpini, così che il territorio piemontese
entrò a far parte, fino ai piedi delle Alpi, dell'Italia romana. Nella divisione regionale dell'Italia, Augusto
attribuì il territorio a S del Po alla IX regione e quello a N alla XI regione. Le zone alpine vennero invece
organizzate in distretti provinciali: Alpes Maritimae, Cottiae, Graiae, Poeninae. Nell'età imperiale, la regione
conobbe una notevole prosperità con lo sviluppo di nuovi municipi e con la costruzione di strade; vi
progredirono l'agricoltura e l'artigianato e il commercio si fece intenso specialmente con la Gallia
Transalpina. Quando Diocleziano, sul finire del sec. III, divise l'Impero Romano in dodici diocesi e ognuna di
queste in province, il territorio piemontese, ormai esteso fino al crinale alpino, fu in gran parte unito alla
provincia di Liguria ed Emilia, mentre la restante parte formò quella delle Alpes Cottiae, entrambe incluse
nella diocesi dell'Italia Annonaria. Nel 402, presso Pollentia, Stilicone vinse in battaglia i Goti. Dopo il 488 il
territorio passò da Odoacre a Teodorico e dal 526 ai Bizantini. Nel 569 ebbe inizio la dominazione
longobarda. Sotto il dominio carolingio (774-888) e sotto il Regno italico indipendente (888-951) si diffuse in
Piemonte il feudalesimo: Berengario II prevalse per un certo tempo sugli altri feudatari e creò
le marche Arduinica, a E (Torino, Alba, Ventimiglia), Aleramica, al centro (Monferrato, Acqui, Savona) e
Obertenga, a W (Genova, Tortona, Bobbio, Pavia, Milano). La sconfitta di Berengario II da parte di Ottone
I di Sassonia segnò la fine del Regno italico e l'ascesa dei principi tedeschi (963). Dopo le lotte che opposero i
marchesi piemontesi a Enrico II e a Corrado II, Adelaide, marchesa di Torino, figlia di Olderico Manfredi, unì
i propri domini a quelli dei Savoia andando in sposa a Oddone, figlio di Umberto Biancamano, primo conte di
Savoia. Con Adelaide la regione piemontese raggiunse l'attuale estensione. Nel sec. XIII si svilupparono
anche i marchesati di Saluzzo e del Monferrato, cui Federico Barbarossa aveva concesso ampliamenti
territoriali per contrastare il diffondersi delle istituzioni comunali. Le lotte fra i comuni favorirono poi Carlo
d'Angiò, sotto il cui dominio passarono spontaneamente alcune città (Cuneo, Busca, Fossano, Savigliano,
Mondovì, Cherasco, Alba, Alessandria, Tortona, Chieri, Bra) che volevano contrastare l'egemonia di Asti. La
lega ghibellina del Monferrato, di Asti e di Genova sconfisse Carlo d'Angiò, ma la contea angioina del
Piemonte venne ricostituita da Carlo II d'Angiò e da Roberto d'Angiò, che sottomisero il Marchesato di
Saluzzo, e le città di Alessandria e Alba. Mentre il Marchesato del Monferrato passava (inizi sec. XIV) alla
dinastia dei Paleologhi, i Visconti riuscirono a insediarsi a Vercelli, Tortona, Bra, Alessandria e Alba, ma la
loro espansione fu frenata da Amedeo VI di Savoia. A quest'ultimo succedette nel 1383 il figlio Amedeo VII,
che nel 1388 assicurò ai propri domini uno sbocco al mare con l'occupazione di Nizza. Questa politica
espansionistica fu continuata da Amedeo VIII, che dal 1426 fu impegnato in una continua contesa con i
Visconti, i quali nel 1427 gli cedettero Vercelli. Risoltasi a tentare di accentuare la propria penetrazione in
Piemonte, anziché in direzione della Francia, la casa Savoia estese nel sec. XV a tal punto la propria influenza
sulla regione da inglobare vasti territori, tranne i marchesati di Saluzzo e del Monferrato, e le città di
Alessandria e Asti. Quest'ultima, lungamente dominata dai duchi d'Orléans, fu nel 1530 concessa da Carlo
V a Beatrice del Portogallo, moglie di Carlo III di Savoia, entrando così a far parte del casato sabaudo, che nel
1601 ottenne anche Saluzzo e nel 1631 poté, grazie alla Pace di Cherasco, prendere possesso di numerose
località del Monferrato. Ulteriori tappe del processo di unificazione del Piemonte nelle mani dei Savoia
furono il Trattato di Utrecht (1713), il Trattato di Vienna (1738), con cui venne annessa Novara, e il Trattato
di Aquisgrana (1748), che consentì ai sovrani del Piemonte di estendere i propri possedimenti anche
nell'attuale territorio lombardo. Tornato ai Savoia dopo la parentesi napoleonica (1801-15), il Piemonte fu
protagonista, nella prima metà del sec. XIX, di un'esperienza politica liberale quasi unica nell'Italia di quel
tempo e riuscì, incentivando il proprio sviluppo in campo agricolo e industriale, a porre le basi per divenire
una delle principali aree produttive dell'Italia unita. Di questa il Piemonte fu il fulcro fino al 1865, quando la
capitale fu trasferita da Torino a Firenze, ma anche fino allo scoppio della prima guerra mondiale la regione si
distinse per il carattere innovativo in campo tecnologico (nascono a Torino il primo politecnico italiano e le
prime grandi società idroelettriche) e industriale (Fabbrica Italiana Automobili Torino FIAT). Negli anni della
Grande Guerra, dal Piemonte arrivò la prima massiccia ondata di scioperi, intrapresa nel 1919 con la lotta per
affermare i Consigli di fabbrica quali nuclei di gestione autonoma delle industrie da parte degli operai e per la
riduzione dell'orario di lavoro. Le proteste iniziarono nel settore meccanico, per poi continuare in quello
ferroviario, dei trasporti e in altre industrie, mentre i contadini occupavano le terre. Gli scioperanti, però,
fecero molto più che un'occupazione, sperimentando per la prima volta forme di autogestione operaia:
500.000 scioperanti lavoravano, producendo per se stessi. Dopo difficili trattative sugli aumenti salariali,
sempre respinti dalla Confederazione Generale dell'Industria, si ritornò all'inasprimento dei contrasti, con
l'occupazione armata delle fabbriche da parte degli operai, il 30 agosto del 1920. Il conflitto si concluse con
una difficile mediazione del Governo Giolitti nel 1920, che riuscì a far accettare un compromesso tra le parti
sociali. Le agitazioni operaie ottennero, in conclusione, miglioramenti nel salario e nelle condizioni di lavoro;
la durata massima della giornata lavorativa passò da 10-11 ore a 8 ore. Durante la seconda guerra mondiale
nacque proprio in Piemonte, dall'iniziativa di uomini come Duccio Galimberti, la Resistenza armata al
nazifascismo, che qui fu caratterizzata dall'apporto fondamentale degli operai delle grandi fabbriche, che
ebbero insieme con le divisioni partigiane un ruolo determinante. In Piemonte (in particolar modo nel
Cuneese), a differenza di altre regioni italiane dove operavano gruppi partigiani legati al Partito Comunista,
ebbero un ruolo decisivo le formazioni (come Giustizia e Libertà) che raccoglievano tra i loro combattenti
repubblicani, socialisti, liberali e monarchici. Sempre in Piemonte, si ricorda una delle prime esperienze di
liberazione dalle forze nazifasciste nella cosiddetta “Repubblica dell'Ossola” (in val d'Ossola), occupata
militarmente dalle forze partigiane nell'agosto del 1944.

Archeologia
Particolarmente ricca è la documentazione archeologica di età romana. Oltre agli scavi delle antiche città
di Augusta Bagennorum (Bene Vagienna), Industria (Monteu da Po) e Libarna (Serravalle Scrivia),
importanti monumenti conservano Torino (porta Palatina, mura, teatro), Novara (mura), Ivrea (mura,
anfiteatro) e soprattutto Susa (mura, porte, foro, anfiteatro, arco di Augusto). Torino è tra le città in cui è
ancora ben evidenziato l'impianto urbanistico romano a scacchiera. Nella produzione artistica, che si inquadra
in quella dell'Italia settentrionale, accanto alla produzione scultorea o ai ritratti, soprattutto imperiali, di arte
“colta”, sono numerose le stele figurate di arte “popolare”, in cui sono rintracciabili anche elementi celtici.
Già il fregio dell'arco di Susa appare romano nella sua concezione, ma indigeno nell'esecuzione, affidata ad
artigiani locali. Da Industria proviene un gruppo di bronzetti con motivi zoomorfi; sono abbondanti anche le
ambre e i vetri.

Arte
Le maggiori testimonianze del periodo altomedievale, nel complesso povero di manifestazioni artistiche, sono
le necropoli barbariche di Testona, nei pressi di Moncalieri, alcuni battisteri (Novara, Agrate Conturbia) e
resti di chiese poi ricostruite nel periodo romanico. Alla seconda metà del sec. X risalgono la chiesa
romanico-lombarda di San Michele, a Oleggio, e il duomo di Ivrea (sec. IV, rifatto nel X), primo esempio
locale di grande basilica romanica. Più ricchi di testimonianze artistiche sono i sec. XI-XIII. Massimi
monumenti di arte romanica dell'epoca sono la maestosa abbazia detta “Sacra di San Michele”, a Chiusa di
San Michele, le cattedrali di Casale Monferrato e di Susa e l'abbazia di Santa Maria di Vezzolano, nei pressi
di Albugnano, che mostrano influenze di gusto misto francese e lombardo. Notevoli esempi di scultura
romanica sono i capitelli del presbiterio della “Sacra di San Michele” e il suo portale, fiancheggiato da
capitelli e pilastri scolpiti con le immagini dei segni dello zodiaco e delle costellazioni. A causa del debole
sviluppo comunale, in Piemonte sono pochi i centri urbani che mostrano tracce evidenti dell'età medievale,
mentre sono numerose le abbazie e ancor più i castelli (in genere alterati o distrutti in età successiva). Fra le
città che conobbero un certo sviluppo nei sec. XII-XIII si possono ricordare Novara, Vercelli, Asti, mentre
Alessandria, fondata proprio dai Comuni lombardi durante le guerre con il Barbarossa, rimase un borgo, alla
pari di Torino. Al sec. XIII si datano la basilica di Sant'Andrea a Vercelli, con i bei rilievi attribuiti a B.
Antelami, e l'abbazia di Sant'Antonio di Ranverso, nei pressi di Buttigliera Alta, entrambi esempi di
stile gotico. Nei due secoli successivi, mentre restano a un modesto livello la pittura e la scultura, numerose
costruzioni mostrano l'interpretazione locale del gusto gotico. In particolare le chiese si caratterizzano per le
alte cuspidi, o ghimberghe, che sormontano i portali: fra queste si ricordano la cattedrale e la chiesa di San
Giovanni a Saluzzo (sec. XIII-XVI), il duomo di Chieri, quello di Ciriè e quello di Chivasso. A modelli di
tipo lombardo si rifanno invece, tra gli altri, la cattedrale di Asti e il broletto di Novara. Nell'ambito della
scultura gotica è degna di nota la lavorazione del legno intagliato, che realizza crocifissi, icone e stalli dei cori
(come quelli del duomo di Chieri e della cattedrale di Susa). Il permanere del feudalesimo in larga parte della
regione è testimoniato dal gran numero di castelli (sec. XV-XVI), posti in vari centri in posizione dominante:
particolarmente ben conservati e caratteristici sono quelli del Canavese (Rivarolo, Montalto Dora, Ivrea, San
Giorgio Canavese) e del Monferrato. Di particolare interesse per l'epoca è l'antico centro di Saluzzo, sede di
un marchesato a lungo indipendente. Mentre fino alla metà del sec. XVI la situazione politica e sociale
ostacolò l'affermarsi di manifestazioni artistiche più moderne in gran parte del Piemonte (solo nel 1491-98, a
Torino, con il duomo di Meo del Caprina si assiste alla prima manifestazione di gusto rinascimentale), nel
Vercellese, influenzato dalla vicina Lombardia, sorse una notevole scuola pittorica. Fra i maggiori esponenti
di questa corrente (della quale si hanno opere a Vercelli, Novara, Chivasso, Ivrea, Torino) si possono
annoverare G. M. Spanzotti, G. Giovenone, D. Ferrari e soprattutto G. Ferrari, al quale si devono in
particolare notevoli realizzazioni a Varallo (gli affreschi della chiesa della Madonna delle Grazie, 1513, e
quelli della cappella della Madonna di Loreto e del Sacro Monte). Proprio nella creazione delle cappelle di
questo complesso si ebbe (dal 1560) l'avvio del gusto manieristico in Piemonte, con P. Tibaldi e G. Alessi.
Con il trasferimento della capitale sabauda a Torino, nella seconda metà del sec. XVI, iniziò un periodo di
maggiore fioritura artistica. Durante i regni di Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele ITorino si trasformò in
una grande città, grazie all'opera di architetti quali A. Vitozzi, e Carlo e Amedeo di Castellamonte, che si
ispirano a un classicismo accademico con forti influenze francesi, ben visibile nel palazzo del Valentino
(1620-60). Massimo architetto in Piemonte, nel Seicento, fu però G. Guarini, cui si devono, fra l'altro, la
cappella della Sacra Sindone, annessa al duomo di Torino, la chiesa di San Lorenzo e il palazzo Carignano,
sempre a Torino, dove a influssi borrominiani si affianca un'interpretazione molto audace di motivi barocchi.
Più povere, in questo periodo, la scultura e la pittura, dove peraltro va ricordata l'attività, ai Sacri Monti e in
varie chiese, di Tanzio da Varallo. Agli inizi del Settecento, l'arrivo a Torino del siciliano F. Juvara, chiamato
da Vittorio Amedeo II, segnò una svolta nell'architettura piemontese. Opere quali la basilica di Superga e
Palazzo Madama, a Torino, e la palazzina di caccia di Stupinigi, a Nichelino, sono caratterizzate da motivi
classicistici e da una perfetta sintesi tra spazio e luminosità. Dallo Juvara mossero gli architetti piemontesi del
sec. XVIII, fra i quali il maggiore è forse B. Alfieri, cui si devono tra l'altro il campanile della basilica di San
Gaudenzio, a Novara, e la cattedrale di Carignano. Di minor livello restano, invece, pittura e scultura,
largamente rappresentate da artisti stranieri, e influenzata la prima sia dai veneti Cignaroli e G. B. Crosato, sia
dai napoletani F. Solimena e C. Giaquinto. Da segnalare è anche la ricca produzione di mobili, ricami, arazzi,
maioliche, che fanno del barocco piemontese uno degli esempi più felici del gusto e della sensibilità
dell'epoca. La prima metà dell'Ottocento fu abbastanza povera di realizzazioni architettoniche di rilievo,
mentre buone opere di scultura sono quelle di C. Marocchetti (monumento equestre di Emanuele Filiberto,
1838, in piazza San Carlo, a Torino). Notevole anche la scuola pittorica piemontese, caratterizzata soprattutto
dal paesaggio di gusto romantico, nel quale soprattutto eccelse A. Fontanesi, la cui opera si pone ai vertici
della pittura romantica italiana. Ultimo grande artista prima dell'unificazione italiana fu l'architetto A.
Antonelli, del quale si ricordano la Mole, a Torino e la cupola della basilica di San Gaudenzio, a Novara,
opere in sé uniche per gusto di verticalismo e capacità tecnica. A partire dalla metà del sec. XIX venne
lentamente perdendosi la caratteristica di un'arte regionale piemontese, pur permanendo, nel corso
dell'Ottocento, una scuola pittorica locale influenzata dal Fontanesi e della quale massimo esponente fu L.
Delleani. Sullo slancio della ripresa economica che seguì la lunga crisi iniziata con il trasferimento della
capitale da Torino a Firenze (1865), si inaugurò la grande Esposizione d'Arte Decorativa Moderna del 1902,
che sancì l'affermazione del liberty a Torino e che vide come protagonista l'architetto R. D'Aronco, con il
progetto della fantasiosa struttura del padiglione principale, dove ricordi classicistici si legano a citazioni
desunte dall'arte cinese, giapponese e islamica. Intorno all'Esposizione ruotarono anche altri episodi
estremamente indicativi delle trasformazioni che interessarono la pittura e la scultura a cavallo tra Ottocento e
Novecento. Il cartellone con cui venne tenuta a battesimo l'iniziativa fu realizzato dallo scultore L. Bistolfi,
che in quegli anni sperimentò un nuovo linguaggio plastico, dove l'attenzione per gli effetti luministici della
materia si unisce a una vena struggente di lirismo. Ed è ancora all'Esposizione che venne presentato al
pubblico il Quarto Stato di G. Pellizza da Volpedo (conservato alla Galleria d'Arte Moderna di Milano), frutto
di una lunga elaborazione con cui il pittore cercò di adeguare l'esperienza del postimpressionismo francese a
nuovi contenuti etici, nel contesto di un impegno sociale maturato a contatto con l'ambiente degli intellettuali
socialisti torinesi. La fortuna architettonica del liberty ebbe in Piemonte una vita relativamente breve e può
già dirsi conclusa entro il primo decennio del Novecento. Questo stile, difficilmente compatibile con le
esigenze della produzione industriale e inadatto a rispondere a problemi che riguardavano ormai interi
quartieri e grandi concentrazioni produttive, rimase un fatto sostanzialmente circoscritto. Decisamente
innovativo rispetto ai modelli delle fabbriche ottocentesche si rivelò l'edificio FIAT progettato nel 1919
dall'ingegnere G. Mattè Trucco. Costruito negli anni Venti, il grande stabilimento del Lingotto (in cemento
armato, su più piani raccordati da una rampa elicoidale che sbocca sull'enorme pista di prova posta sul tetto)
rivelò un'impronta di estrema razionalità. La reazione alle ridondanze del liberty e alle bizzarrie
dell'eclettismo si organizzò intorno all'Esposizione torinese del 1928, dove si impose la proposta moderna del
razionalismo aggiornato sulla Secessione viennese. Punti chiave furono i padiglioni progettati da G.
Pagano e G. Levi Montalcini, ai quali si deve anche una delle opere essenziali dell'architettura italiana a
cavallo tra gli anni Venti e Trenta: il palazzo Gualino. Questi anni furono ricchi di fermenti: la presenza di
intellettuali come L. Venturi ed E. Persico e il ruolo di attrazione esercitato dal mecenatismo di R. Gualino
stimolarono un intenso processo di rinnovamento sia nel campo delle arti figurative sia in quello della critica.
Sin dal 1923 F. Casorati divenne il punto di riferimento per i giovani artisti torinesi, mentre su una posizione
antagonista si formò nel 1928 il gruppo dei Sei di Torino (Jessie Boswell, L. Chessa, N. Galante, C. Levi, F.
Menzio, E. Paulucci Delle Roncole). In posizione eccentrica operò L. Spazzapan, che oppose alle costruzioni
pittoriche di F. Casorati un linguaggio di straordinaria spontaneità. Ed è ancora intorno alle differenti proposte
di Casorati e di Spazzapan che si articolò il dibattito nell'immediato dopoguerra, con Spazzapan, M.
Moreni e U. Mastroianni, che lavorarono al rinnovamento del linguaggio artistico in direzione postcubista.
Un'apertura all'astrattismo venne nel 1952 da un gruppo di pittori torinesi, tra cui A. Galvano e P. Levi
Montalcini, mentre negli anni Sessanta un ruolo importante e determinante svolse la galleria Sperone, intorno
alla quale gravitò un gruppo di artisti per i quali G. Celant creerà, nel 1967, la definizione di arte povera, che
collega Torino a un quadro internazionale (la minimal art americana) e che all'utilizzo di materiali non
privilegiati unisce anche un impoverimento essenziale dei segni. Dal punto di vista architettonico, degno di
nota per la sua singolarità fu l'esperimento condotto negli anni Sessanta da Adriano Olivetti a Ivrea,
perseguendo l'idea di un'unità che coinvolgesse fabbrica, città e cultura. In questo contesto vanno letti i
progetti del gruppo di architetti che gravitava intorno all'industria eporediese (L. Figini e G. Pollini, E.
Vittoria, I. Gardella, L. Quaroni, M. Ridolfi, M. Nizzoli). In particolare, l'unità residenziale per i dipendenti
Olivetti (1969-74), progettata da R. Gabetti e A. Isola, rappresenta ancora uno dei massimi esempi di dialogo
ben riuscito fra architettura e paesaggio, a conferma del carattere d'avanguardia del polo sperimentale di
Ivrea. L'intervento che più di altri ha simboleggiato la volontà di rinnovamento di Torino e dell'intera regione
alla fine del Novecento è quello relativo alla riconversione del Lingotto. La sfida fu raccolta nel 1983 da R.
Piano, che è intervenuto nel “monumento” all'industria di Mattè Trucco rispettando sia le esigenze delle
nuove funzioni (centro fiere e congressi, aule universitarie, uffici, auditorium, albergo, negozi) sia quelle della
fabbrica. A conclusione dei lavori, nel 2002, è stato realizzato lo Scrigno, sede della Pinacoteca “Giovanni e
Marella Agnelli”, che domina il panorama della città insieme alla Bolla (una sala riunioni), altra emblematica
struttura ideata da Piano e posta sulla copertura del Lingotto. Nuove architetture espositive sono anche il
Museo Nazionale del Cinema, ricavato all'interno della Mole Antonelliana (architetto F. Confino, 2000), e il
rinnovato Museo di Antichità al centro di Torino (1982-98), con il padiglione ipogeo disegnato da R. Gabetti
e A. Isola. Trascorsa la stagione del moderno, che non ha molto attecchito nel piemontese, fatta eccezione per
le esperienze di Ivrea e per alcuni interventi di C. Mollino, come il Nuovo Teatro Regio di Torino (1965-73),
è prevalsa nella regione una tendenza neostoricista, mirante al recupero di forme e materiali della tradizione,
reinterpretati in modi che denuncino il loro tempo senza tuttavia imporsi prepotentemente nel territorio.
Capofila di tale indirizzo furono, fin dagli anni Cinquanta, R. Gabetti e A. Isola, la cui ricerca architettonica
da sempre ha affondato le proprie radici nella tradizione piemontese, rimanendo indifferente alle mode e alle
tendenze. Le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 hanno incentivato una nuova politica di rinnovamento su
scala regionale, con una serie di strutture concepite per l'occasione, ma destinate a rimanere nel tempo. Tra
queste si ricordano, nella sola Torino, il villaggio olimpico (B. Camerana, H. Dutton, O. Steidle e altri), il
Palahockey (A. Isozaki), il Palavela (G. Aulenti) e lo stadio Oval per il pattinaggio (Studio HOK Sport).

Cultura: generalità
Le residenze sabaude, dichiarate dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, si ergono a testimoniare la solida
presenza di una monarchia che fin dal Medioevo ha caratterizzato il volto della regione, e da cui nel sec. XIX
partì l'impulso che portò all'unificazione di tutta l'Italia in un unico regno. Il fatto di ospitare la dinastia dei
Savoia, che ha regnato in Italia fino all'istituzione della Repubblica nel 1946, è stato determinante nello
sviluppo culturale della regione, che fu quindi anche patria o luogo di incontro di personaggi illustri fra i
principali protagonisti del Risorgimento. Ancora oggi, a Torino, è possibile sedersi agli stessi tavolini dei
caffè storici dove questi si riunivano, così come facevano, nel secolo successivo, letterati e poeti. Anche al
panorama della cultura letteraria, infatti, il Piemonte ha contribuito in misura notevole, con grandi scrittori
come Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, che ci hanno lasciato intense pagine non solo di profondo amore verso i
luoghi e i paesaggi della loro terra, ma anche di narrazione dei fatti legati al periodo della Resistenza, dei cui
ideali furono tenaci sostenitori e di cui il Piemonte fu uno dei capisaldi. A questo si aggiunga la presenza di
grandi case editrici che hanno fatto la storia dell'editoria italiana (con il contributo di figure di alta levatura
come Italo Calvino, piemontese d'adozione) e l'istituzione di due importanti premi letterari, quello della
Resistenza di Omegna e quello di Grinzane Cavour. Torino, oltre a essere la sede della Fiera del Libro (la più
importante a livello nazionale), è anche il luogo di nascita del cinema italiano (l'omonimo museo è la massima
istituzione d'Italia nel settore) e sede di un Politecnico che è fra i più rinomati a livello europeo.

Cultura: teatro e letteratura popolare


La prima compagnia teatrale sorta per rappresentare esclusivamente copioni in piemontese iniziò le sue recite
nel 1859 al Teatro d'Angennes di Torino, con Cichina ’d Moncalé che voleva essere una parodia
della Francesca da Rimini di S. Pellico, ma che di fatto strappò lacrime a tutta una generazione di spettatori.
La diresse G. Toselli, che aveva recitato in lingua con G. Modena. C'erano già stati, naturalmente, numerosi
esempi di teatro in piemontese fin dal Medioevo: dalle Laudi saluzzesi del Trecento alle sacre
rappresentazioni quattrocentesche del Biellese, della valle di Susa e del Monferrato (tra queste un
fortunatissimo Gelindo, ripreso per secoli in occasione delle feste natalizie), alle farse cinquecentesche
dell'astigiano di G. G. Alione e a isolate commedie del Settecento, come l'anonima El nödar onorà e ’L cont
Piôlet (1784) di G. Tana. Ma è solo con Toselli che si può propriamente parlare di teatro piemontese. Della
sua compagnia, attiva con varie interruzioni fino al 1882, fecero parte attrici destinate a fare una gran carriera
altrove: nel teatro veneto M. Toselli, moglie di A. Moro Lin; in quello in lingua A. Tessero e G. Pezzana. Gli
autori più fecondi furono F. Garelli, G. Zoppis e L. Petracqua; il più importante V. Bersezio, che diede al
teatro piemontese il suo unico capolavoro, le celeberrime Miserie d'Monssù Travèt (1863). Ritiratosi Toselli,
la compagnia passò sotto la direzione di tre attori, E. Gemelli, T. Milone e P. Vaser, che vararono, tra le molte
novità e le frequenti riduzioni da altre lingue e dialetti, due copioni fortunati, il dramma I mal nutrì (1886) di
M. Leoni e la farsa I fastidi d’un grand om (1881) di E. Baretti. Nel sec. XX il teatro piemontese sopravvisse
a se stesso rimanendo fenomeno d'interesse strettamente regionale. I capocomici più importanti furono T.
Cuniberti, D. Testa e M. Casaleggio, che ripresero vecchi copioni, ne proposero di nuovi e finirono per
sfociare nella rivista. Nel teatro piemontese esordì giovanissimo Erminio Macario, che a esso fece ritorno nel
corso degli anni Settanta del Novecento, alla testa di una compagnia dialettale assai gradita al pubblico, come
del resto quella, sorta nello stesso periodo, sotto la direzione del cantante e fantasista G. Farassino. Alcuni
classici del teatro piemontese, dal Gelindo alle farse dell'Alione, dal Cont Piôlet alle Miserie d’Monssù
Travèt, sono stati riproposti dal Teatro Stabile di Torino. Alla tradizione orale si deve un ricchissimo
repertorio di letteratura popolare. Il Piemonte, infatti, come fu osservato già da Costantino Nigra, è stato
centro d'irradiazione in Italia della canzone epico-lirica. Molta parte di questa cultura ha potuto perpetuarsi
nelle ormai desuete veglie nella stalla, momento di ritrovo della comunità alla cui presenza spesso, secondo
un rituale prestabilito, venivano formalizzati i rapporti interindividuali (si ricorda, per esempio, che nel
Novarese il pretendente accettato veniva accolto alle veglie familiari nella stalla), ma anche occasione in cui
più spesso si riprendeva la narrazione di antiche leggende; analoga funzione ebbero le serate sull'aia, che si
trasformavano spontaneamente in feste, durante le quali rivivevano antichi canti e danze. Le trasformazioni
legate al modificarsi della conduzione agricola e alla forte emigrazione dalle campagne verso la città hanno
profondamente modificato il tessuto in cui tutte queste tradizioni trovavano alimento. È ormai un ricordo che
risale agli anni dell'ultimo dopoguerra quello delle risaie del Vercellese e del Novarese popolate dalle lunghe
file di mondine, che, ingaggiate anche in Veneto e poi in Calabria, realizzavano una temporanea comunione
nella fatica collettiva e nel canto corale, composto di veri e propri dialoghi tra una squadra (cubia) e l'altra,
improvvisati in forma di brevi epigrammi (stranot), in cui avevano libero sfogo la fantasia, la malizia, la burla
e la protesta, e che si ispiravano ai fatti della vita di lavoro e del paese. Sostituito il lavoro delle mondine dai
diserbanti chimici, i loro canti sono ormai conservati solo grazie alle registrazioni compiute da appassionati e
studiosi.

Cultura: tradizioni
Terra assai religiosa e patria di cardinali e papi, il Piemonte conserva numerose feste tradizionali, che
mostrano i diversi sviluppi e influssi storico-culturali. Molto vive sono le manifestazioni carnevalesche, tra le
quali si ricorda la più nota, ovvero il Carnevale di Ivrea, vera e propria rievocazione storico-leggendaria, che
si conclude il martedì grasso con la spettacolare battaglia delle arance. Di particolare interesse anche
la Baìo di Sampeyre, carnevale che si svolge ogni cinque anni, nel corso del quale vari personaggi (come
il sapeur e i tamburini) sfilano, ricordando la rivolta popolare contro gli invasori saraceni. Si tratta di una
festa nata dalla sovrapposizione di diverse influenze tradizionali, tra cui spicca la cultura occitana. Un
discorso particolare meritano le sacre rappresentazioni, tra le quali si citano, oltre al Gelindo,il Mistero di
Salbertrand, storia di San Giovanni Battista più volte rappresentata tra i sec. XVI e XVIII; il Mortorio, recita
in versi della Passione, che si tiene a Garessio la notte del Venerdì Santo in sostituzione di una sacra
rappresentazione; la processione delle “macchine”, che si svolge, sempre il Venerdì Santo, a Vercelli, dove le
“macchine” sono cassoni sui quali vengono trasportate in processione statue pregevoli raffiguranti scene della
Passione; il corteo del Venerdì Santo a Romagnano Sesia; e, infine, la Passione rappresentata
a Sordevolo (originariamente ogni cinque-dieci anni, anche se questo calendario non viene più rispettato),
dove personaggi, masse e cori sono interpretati dagli abitanti del paese e, per antica tradizione, ogni
personaggio è scelto sempre nell'ambito della stessa famiglia. È questo uno dei casi in cui, nonostante il
sovrapporsi all'originario spirito mistico di elementi estranei, quale il richiamo turistico esercitato dalla fama e
dalla grandiosità della rappresentazione, rimane immutato lo spirito di partecipazione sincera ed entusiasta di
tutta la popolazione. Carattere militaresco hanno alcune rievocazioni storiche in costume, come La Milizia
di Bannio Anzino o l'Assedio di Canelli, e numerose sono anche le varie danze delle spade (Bal do Sabre), fra
le quali si ricordano quelle di Bagnasco, Castelletto Stura, Fenestrelle e San Giorgio di Susa, per finire con il
Ballo degli Spadonari di Giaglione. In via di riscoperta e valorizzazione sono i lasciti della cultura franco-
provenzale, nelle valli alpine del Cuneese, e di quella walser: dagli antichi dialetti ancora in uso, alle
processioni religiose (nelle quali è possibile ammirare gli antichi costumi), passando per l'architettura
tradizionale, che nell'alta Valsesia, attorno ad Alagna, è documentata dalle caratteristiche abitazioni (che
comprendono anche la stalla e il fienile), formate da un basamento di pietra, sul quale si eleva la struttura di
legno. Anche se il Piemonte è stata una regione in cui lo sviluppo industriale si è manifestato più
precocemente che altrove, interessando pure comunità isolate dai grandi centri di produzione, tuttavia vi
persistono e fioriscono varie attività artigianali. Si va dalla lavorazione dei metalli (artigianato del peltro in
Valstrona; del ferro battuto, soprattutto nel Cuneese; dei vernantin, tipici coltelli a serramanico, a Vernante) a
quella del legno (oggetti decorativi e mobili rustici intagliati, in Valsesia, nella valle Varaita e nel Pinerolese;
pregiati mobili in stile antico, a Saluzzo, ispirati alla tradizione degli ebanisti piemontesi dei sec. XVII e
XVIII); dalla manifattura artistica della pietra (nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola) alla ceramica
(tipiche le pignatte e le stufe in ceramica smaltata di Castellamonte e le stoviglie e gli oggetti ornamentali del
Canavese e del Cuneese). Famosa è l'arte dell'oreficeria, che ha il suo polo principale a Valenza. In molti
centri piemontesi vengono realizzati artigianalmente strumenti musicali: in provincia di Alessandria, si
possono trovare alcune botteghe di liutai, a Centallo si producono organi e a Quarna Sotto strumenti a fiato,
mentre Piasco è famosa a livello mondiale per la fabbricazione delle arpe. L'arte del ricamo e dei merletti a
tombolo si tramanda ancora oggi grazie all'aiuto e all'intervento di scuole e associazioni che hanno contribuito
a superare la fase più critica, quella determinata dal definitivo abbandono dei costumi tradizionali, ai quali era
destinata una parte non secondaria delle produzioni familiari. Una menzione merita l'arte del puncetto,
praticata ancora in provincia di Vercelli, pregiato pizzo, generalmente in cotone, lavorato ad ago, che dà
origine a eleganti motivi geometrici. Al fine di rivalorizzare e tramandare quest'antica tecnica (che secondo
alcune testimonianze avrebbe un'origine saracena) sono sorte scuole specializzate e in diversi centri si
possono ammirare alcuni esemplari utilizzati per arricchire i costumi femminili tradizionali della Valsesia.

Cultura: enogastronomia
Nella cucina piemontese si ritrovano influssi provenienti dalla vicina Francia. Fra le specialità regionali, oltre
alla nota fonduta (diffusa anche in Valle d'Aosta e Lombardia), si segnalano la paniscia, a base di riso,
i tajarin (tagliatelle molto diffuse nelle Langhe) e la bagna cauda, intingolo per tipiche verdure crude
piemontesi, come cardi, sedani, peperoni ecc. Di origine contadina, sono le numerose zuppe (con ceci o patate
o rape), tra le quali spicca in particolare la tofeja, considerata anche come piatto unico, in quanto preparata
con carni di maiale stracotte o stufate, insieme ai fagioli, in una pentola di terracotta. Fra i secondi piatti,
citiamo le grive, dette anche frisse (polpette di frattaglie di maiale avvolte nell'omento, utilizzate anche per
arricchire riso e pasta) e il tapulone, stufato a base di carne di asino, diffuso soprattutto nel novarese. Il
Piemonte è anche una terra dove si è sviluppata un'importante industria casearia, che realizza, oltre alla
nota robiola, il castelmagno (formaggio erborinato, prodotto con latte vaccino, ovino e caprino) e
il bruss (crema da tavola spalmabile, consumata generalmente su fette di pane casereccio). Fra gli insaccati si
ricordano il salame della duja (a base di carne suina magra, conservato nella sugna) e la mortadella di fegato.
Altri prodotti regionali si concentrano soprattutto nel settore dei dolci, come i biscotti di Novara, i cioccolatini
di Torino (gianduiotti, tartufi, alpini), i cuneesi e gli astigiani al rum, i krumiri di Casale Monferrato, i
bicciolani di Vercelli, i baci di dama di Alessandria e Asti, gli amaretti di Gavi e Mombaruzzo e il torrone
di Alba. Sono creazioni piemontesi, diffuse sia in Italia sia all'estero, anche i grissini (pare preparati la prima
volta nel sec. XVII per il re Vittorio Amedeo II). Tipico del Piemonte è poi il tartufo bianco di Alba, cittadina,
divenuta capitale italiana di questo tipo di tubero, che costituisce, con la vicina Bra, uno dei maggiori “poli
gastronomici” nazionali, tanto che in posizione intermedia fra le due città (a Pollenzo) è stata istituita nel
2004 l'Università di Scienze Gastronomiche, condivisa con Colorno in provincia di Parma. Quanto ai vini,
basta l'eccezionale numero di etichette DOC (come il nebbiolo d'Alba, freisa, grignolino) e DOCG
(barolo, barbaresco, gattinara, ghemme, gavi), insieme con spumanti dolci (moscato d'Asti) e secchi e
con grappe a documentare una produzione di altissima qualità, che ha nelle Langhe e nell'Astigiano le patrie
d'elezione. Spicca inoltre il vermut, vino aromatizzato, la cui origine risale al 1786, grazie alla produzione di
A. B. Carpano. La regione vanta numerosi prodotti DOP, tra cui svariati formaggi, come il murazzano, la
raschera, la robiola di Roccaverano, la toma piemontese, il bra e il già citato castelmagno.Il marchio IGP è
stato riconosciuto alla nocciola piemontese (frutto che è anche elemento base del tipico torrone d'Asti).

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