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DIRITTO PUBBLICO Pt. 2
DIRITTO PUBBLICO Pt. 2
Organo di garanzia: massimo garante del corretto ed efficace svolgimento dei processi istituzionali posti in essere dai
diversi organi e soggetti cui la Costituzione affida funzioni di indirizzo politico o di garanzia.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87).
È un organo elettivo, il cui potere di elezione spetta in seduta comune al Parlamento e, in aggiunta, dei delegati (3
per regione tranne la Valle d’Aosta che ne ha 1) rappresentanti le 20 regioni. L’elezione del Presidente avviene con
voto segreto a maggioranza dei 2/3; al terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Può essere eletto a Presidente ogni cittadino che abbia compiuto 50 anni di età e goda di diritti civili e politici.
Il mandato presidenziale dura 7 anni, in modo tale che non coincida con quello del Governo.
Negli ultimi 6 mesi del mandato presidenziale (semestre bianco) c’è il divieto per il Presidente della Repubblica di
sciogliere le camere. Ciò non si applica quando gli ultimi 6 mesi del Presidente coincidono con quelli del Parlamento.
Poteri del Capo dello Stato (non possono incidere sull’indirizzo politico), classificati in base all’organo (a favore di):
Corpo elettorale:
- indice le elezioni delle nuove Camere
- indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione
Parlamento:
- indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione
- promulga le leggi
- può inviare messaggi alle Camere
- può sciogliere le Camere, una o entrambe (devono essere d’accordo i due capi delle Camere e il Capo del
Governo)
Governo:
- emana i decreti aventi valore di legge e i decreti
- nomina i funzionari dello Stato
- riceve i rappresentanti diplomatici e ratifica i trattati internazionali
- formazione del Governo (nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri)
Ha inoltre il comando delle forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa (ha valore puramente simbolico).
Dichiara lo stato di guerra.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura (ha valore simbolico, per garantire che la magistratura, pur nella
sua indipendenza, rimanga collegata al resto della Repubblica).
Ha il potere di nominare 5 giudici della Corte Costituzionale.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Tutti gli atti sopra citati possono essere classificati a seconda della volontà che prevale. Quando incorporano la
volontà del Presidente prendono il nome di atti presidenziali; quando prevale la volontà del governo prendono il
nome di atti governativi; quando gli atti sono caratterizzati da volontà sia del Governo sia del Presidente prendono il
nome di atti complessi.
Speciali responsabilità del Presidente della Repubblica (ereditati dal Monarca, come anche la concessione di grazia e
la commutazione delle pene):
il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni. Perciò tutti gli
atti del Presidente devono essere controfirmati dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilità (è una
responsabilità politica, non penale).
Gli unici casi in cui il Presidente può essere ritenuto responsabile sono l’alto tradimento e l’attentato alla
Costituzione. Viene in tali casi giudicato, accanto alla Corte di Giustizia, da 16 giudici non togati, ovvero appartenenti
alla società civile.
CONTESTO STORICO
Agli inizi della storia del nostro paese (dal 1861) il vertice del Governo è il sovrano; pian piano c’è un’evoluzione: i
ministri acquistano potere e si comincia ad utilizzare la fiducia. Il Governo diventa un organo a sé stante rispetto al
re. In questa fase nascono i poteri normativi del governo, ovvero potere di poter adottare una serie di norme
giuridiche. In epoca fascista assume una forte centralità, nonostante venga stravolto e sospeso il rapporto di fiducia.
Dopodiché si tenta di tornare ad un modello di inizio secolo.
Secondo la divisione tripartita di Montesquieu, il Governo detiene il potere esecutivo: garantire che le pubbliche
amministrazioni portino a termine gli obiettivi che il Governo si è preposto (anche se è riduttivo dire ciò, in quanto il
governo più che esecutore è l’organo dal quale prendono avvio le iniziative che vuole organizzare un certo indirizzo
politico: è propositore, dà l’impulso). Alla divisione del potere di Montesquieu vanno aggiunti almeno altre due
funzioni (o poteri): funzione di garanzia e funzione di indirizzo politico (scelta di una linea politica e politiche da
realizzare): quest’ultima spetta al Governo e la condivide con la maggioranza parlamentare.
Il Governo ha un ruolo centrale, ma deve tenere in considerazione che il nostro Stato è organizzato in forma
regionale e, inoltre, deve tenere in considerazione le autorità amministrative indipendenti (non dipendono dal
Governo).
Tornando al discorso della disciplina troppo stringata, è evidente in questi tre articoli, in quanto non si esplicita ad
esempio su che base il Presidente della Repubblica scelga il Presidente del Consiglio o i Ministri.
Perciò si sono sviluppate delle consuetudini costituzionali, non scritti nella Costituzione ma a cui ci si deve attenere:
attraverso le consultazioni (ovvero delle convocazioni per capire che maggioranza si stia formando in Parlamento:
senatori a vita, presidente delle due camere, capi gruppo parlamentari, …): il Presidente della Repubblica conferirà
il ruolo di Presidente del Consiglio a quel soggetto che dimostrerà di avere la maggioranza in Parlamento: ma prima
c’è il mandato esplorativo, ovvero un pre-incarico, per capire se effettivamente la maggioranza in Parlamento
reggesse; il pre-incarico di solito non viene dato a quello che si prospetta possa essere il futuro Presidente del
Consiglio. Conferito l’incarico al Presidente del consiglio, deve cominciare a predisporre la lista dei ministri, che viene
effettuata a partire da criteri politici (peso che hanno i vari individui), più che da criteri di competenza. Una volta
completa, la lista viene condivisa con il Presidente della Repubblica che poi li nomina su proposta del Presidente del
Consiglio.
Una volta che il Governo si è a tutti gli effetti formato, come abbiamo detto nel capitolo dedicato al Parlamento,
questo ha una serie di poteri sul Governo.
Quando e se si dovesse arrivare al momento in cui il Governo non ha più la maggioranza in Parlamento, si ha la
mozione di sfiducia (prevista dalla Costituzione). La mozione è un atto scritto, firmato da almeno 1/10 dei
componenti della Camera, dove sono esplicitati i motivi per cui un Governo in carica non debba più continuare il suo
operato. La mozione viene depositata nella Camera dalla quale parte e occorre attendere 3 giorni prima di arrivare
alla discussione e poi alla votazione: questi 3 giorni sono una sorta di ultimatum per il Governo: può dimettersi da
solo: crisi extra parlamentare oppure se la mozione viene approvata il Governo deve dimettersi: crisi parlamentare.
La mozione di sfiducia riguarda l’intero Governo, ma esiste anche la mozione di sfiducia diretta ad un singolo
individuo: mozione di sfiducia individuale. (ciò non è presente in Costituzione). Per effetto di una sfiducia individuale
o di una dimissione spontanea, può essere necessario nominare dei nuovi ministri: può accadere però che non venga
nominato un nuovo ministro ma che le sue funzioni vengano distribuite ad un altro ministro o al Presidente del
Consiglio (rimpasto). (anche questo non è presente in Costituzione)
Il Ministro o il Presidente può anche incorrere in una responsabilità penale. L’art. 96 dice che un giudice per poter
avviare un’indagine giudiziaria a carico di un Ministro 8anche se cessati dalla carica) deve chiedere l’autorizzazione a
una delle due Camere qualora il reato sia connesso all’esercizio delle sue funzioni ministeriali. La Camera che deve
dare l’autorizzazione è quella a cui appartiene il Ministro, se non è un parlamentare, la Camera che si esprime è
sempre il Senato. Se si dimostra che il ministro ha avuto un determinato comportamento non per interesse
personale ma per realizzare un interesse della collettività, la Camera potrebbe non dare l’autorizzazione.
Oltre alla fiducia iniziale e alla mozione di sfiducia presente in Costituzione, c’è la ‘questione di fiducia’ che non è
presente in Costituzione. La questione di fiducia parte dal Governo, non dal Parlamento. Le finalità sono due: la
prima è riuscire a far approvare una questione o un provvedimento a cui il Governo tiene particolarmente; la
seconda è quella di riuscire, da parte del Governo, a tenere sotto controllo la maggioranza in Parlamento, riportando
disciplina attraverso una sorta di ricatto. Il Governo si dimetterà nel caso in cui l’assemblea di pronunci in modo
difforme rispetto alle proprie indicazioni. Il mancato raggiungimento dei voti, quindi il voto contrario di una di
entrambe le Camere, il Governo non è obbligato a dimettersi.
FUNZIONI NORMATIVE
Il Governo si vede riconosciuto dalla Costituzione varie funzioni: amministrative, di indirizzo politico e normative:
quelle normative permettono di produrre delle norme giuridiche: possono essere atti di natura primaria (decreti) e
atti di natura secondaria (approvazione di regolamenti). Il potere normativo del Governo secondo la Costituzione
dovrebbe essere di normazione secondaria, ovvero norme subordinate alla legge, mentre le norme primarie
dovrebbero essere di derivazione parlamentare.
I caratteri normativi di natura primaria assegnati al Governo sono esplicitati nell’art. 76 e nell’art. 77 (collocati nella
parte della Costituzione dedicata al Parlamento); questi sono però poteri che il Governo può assumersi
sporadicamente: nel concreto ciò non accade.
- decreti legislativi (art. 66): possibilità che il Parlamento deleghi il potere al Governo, con una legge di delega
che vada a disciplinare: i principi e i criteri direttivi soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti (il
Governo non sarà completamente libero da vincoli, bensì deve seguire dei principi presenti dalla legge di
delega prodotta dal Parlamento, oltre che i criteri, oltre che il limite temporale e oltre che l’oggetto definito).
Il Governo assume questa funzione quando si deve andare a disciplinare una materia che abbia aspetti
fortemente tecnici e aspetti che presuppongono un’attività amministrativa significativa rispetto alla quale si
ritiene che il Governo possa avere una maggiore competenza rispetto al Parlamento.
Alla fine il Presidente della Repubblica firmerà ed emanerà il decreto.
- decreti legge (art. 77): il Governo non può, anche in questo caso, senza delegazione delle Camere, emanare
decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Il Governo può adottare, sotto sua responsabilità,
provvedimenti provvisori con forza di legge in casi straordinari di necessità e di urgenza (di solito stato di
emergenza di durata semestrale). Il Governo il giorno stesso deve presentare non solo il decreto, ma anche il
disegno di legge, alle Camere che si riuniscono entro 5 gg: in questo modo il disegno di legge viene
esaminato e verificato e, in seguito, convertito: in questo modo non è più provvisorio. Le Camere hanno
tempo 60 gg per convertirli in legge, dopodiché perdono efficacia. Le Camere possono tuttavia regolare con
legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti (ovvero regolare gli effetti che il decreto
non ancora convertito ha avuto prima dello scadere dei 60 gg).
I caratteri di natura secondaria: i regolamenti:
classificazione in base alla discrezionalità del Governo rispetto al sistema normativo primario:
- di esecuzione
- di attuazione
(questi sono i principali, soprattutto l’attuazione, ma ci sono altre tipologie)
classificazione in base all’oggetto, al contenuto:
- di organizzazione (interna delle pubbliche amministrazioni)
(ci sono altre tipologie)
Il regolamento dal punto di vista formale si presentano con la dicitura D.P.R.
Procedimento formale:
1. parere del Consiglio di Stato: organo che assume funzioni che dovrebbero essere separate, è un organo di
consulenza di natura giuridico – amministrativa, ovvero produce dei pareri nei confronti del governo circa gli atti che
questo vuole adottare se siano o meno conformi alla legge.
2. delibera e approvazione del Consiglio dei Ministri.
3. firma del Presidente della Repubblica. D.P.R = decreto del Presidente della Repubblica (non è un decreto in cui è
contenuta la sua volontà, bensì quella del Governo).
4. la Corte dei conti lo registra approvandolo se non presenta irregolarità. In caso contrario lo segnala il Governo che
può tenere conto del giudizio della corte dei conti, oppure lo può ignorare.
5. pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Altri regolamenti possono invece essere fatti non dal Governo nella sua interezza, ma da un singolo ministro (D.M.) o
dal Presidente del Consiglio (D.P.C.M)
La procedura è diversa da quella sopra citata solo per la mancata firma del Presidente della Repubblica.
INTRODUZIONE: C’è un diritto particolare da applicare alle pubbliche amministrazioni, non è il diritto dei privati, ma è
un diritto speciale: diritto amministrativo. Viene considerato speciale perché quello ordinario-della quotidianità è
quello dei privati (nato prima nella storia), con la nascita dello Stato si è andato a sviluppare il diritto per gli appartai
pubblici. La Francia è stato il primo Stato ad occuparsi di questo diritto speciale.
Quando noi cittadini entriamo in contatto con una pubblica amministrazione dobbiamo utilizzare il diritto
amministrativo.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: apparato pubblico, preposto alla produzione di attività che complessivamente sono
funzionali al soddisfacimento dei bisogni e interessi della collettività. La pubblica amministrazione si è espansa con lo
Stato Sociale, in quanto sono aumentate le funzioni che gravano sullo Stato e dunque lo Stato deve adottare appositi
apparati.
Da amministrazione autoritativa a amministrazione di prestazione: nel primo caso la PA è chiamata a adottare atti di
esecuzione di leggi che impongono ordini o divieti o comunque a porre regole destinate in diverso modo a
restringere o ad ampliare la sfera di autonomia dei privati.
In un secondo momento, con l’avvento dello Stato Sociale, ‘900 inoltrato, accanto ad un a attività amministrativa
concepita come potere (primo caso), si affianca un’attività da concepire come funzione: amministrazione di
prestazione, preposta alla produzione di prestazioni e chiamata a svolgere un’attività diretta alla realizzazione di
attività di interesse generale (rendere effettivo)
Due tipologie di attività e di funzioni della PA: attività di potere, attività di funzione.
Noi ci occuperemo della amministrazione autoritativa.
Art.97 “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea, assicurano l’equilibrio dei
bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.”
Il primo comma è stato aggiunto con la revisione costituzionale del 2012, disposizione che richiama due concetti
nuovi: equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito pubblico. Riafferma l’obiettivo delle pubbliche amministrazioni,
non è solo efficienza delle Pubbliche amministrazioni, ma devono rispettare il pareggio di bilancio.
La sostenibilità del debito, significa che le Pubbliche Amministrazioni usano risorse che andranno poi restituite nel
tempo, devono quindi fare attenzione ed essere sicuri di riuscire a restituire queste risorse.
È stata un’introduzione che ha suscitato perplessità in quanto significa che alcune prestazioni, se si superano le
entrate, potrebbero non essere assicurate in quanto prevale la legge di equilibrio e sostenibilità. Si deve temere il
caso in cui per tutelare i conti pubblici vengono tagliate completamente certe prestazioni fondamentali per
soddisfare i nostri bisogni.
Equilibrio: per lo Stato è impossibile eguagliare entrate ed uscite, quindi si considera pareggio anche con disavanzo
(stabilito con l’UE); per le Regioni corrisponde davvero all’uguaglianza fra entrate ed uscite.
Art.97 “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.”
Riserva di legge (secondo disposizioni di legge): quando la Costituzione rimanda alla legge, la Costituzione dice che ci
sarà una legge a regolare una certa materia. Di questa materia si dovrà occupare il Parlamento e non l’esecutivo, il
Governo sarà escluso e soprattutto sarà escluso dall’uso di fonti secondarie. La riserva di legge è anche riserva di
competenza.
La riserva di legge può essere:
• Riserva assoluta su una certa materia può intervenire solo la legge, mai potranno esserci regole dettate da una
fonte secondaria.
• Riserva relativa la legge fisserà i principi generali, gli aspetti amministrativi possono poi essere disciplinati da fonti
secondarie. (Es: art.97, la legge prevede i principi generali dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, gli
aspetti organizzativi saranno poi disciplinati da regolamenti).
Buon andamento: efficienza (raggiungimento di un obiettivo utilizzando una certa quantità di risorse coerente con le
necessità) ed efficacia (capacita di raggiungere affettivamente gli obiettivi che gli vengono assegnati). Talvolta
l’efficacia può comportare un livello inferiore di efficenza, a volte per raggiungere i loro obiettivi dovranno utilizzare
più risorse di quelle che il mercato ritiene necessarie.
Principio dell’imparzialità: la P nel realizzare la sua attività deve tenersi ugualmente distaccata dai tanti interessi
particolari che possono ricevere conseguenze dalle sue azioni e deve perseguire l’interesse della collettività. Tra la
quantità di interesse che possono essere messi in atto dalla Pubblica Amministrazione, deve essere perseguito solo
quello della collettività, ad esso devono essere subordinati quelli particolari.
(Es: patente: decisione della pubblica amministrazione, interesse per la collettività: soggetto che non mette in
pericolo nessuno. Interesse privato: chi vuole la patente).
Principio di legalità: la pubblica amministrazione deve conformarsi alla disposizione di legge. Gli obiettivi della
Pubblica Amministrazione sono decisi dalla legge o da norme avente forza di legge;
Art.97 “Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità
proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo casi stabiliti dalla legge.”
Occorre che con la legge e le fonti secondarie del Governo si definiscono bene i compiti e le responsabilità di chi
lavora all’interno delle pubbliche amministrazioni. Anche i regolamenti governativi che servono per disciplinare
l’organizzazione interna degli apparati pubblici.
La regola di base secondo la costituzione, per accedere alla Pubblica Amministrazione si fa attraverso la regola del
concorso che dovrebbe garantire la scelta dei più competenti, dei migliori, sempre nell’ottica dell’imparzialità.
È interesse della collettività che nell’amministrazione pubblica partecipino i più competenti.
Tutti i principi detti finora valgono per indistintamente per ogni organo amministrativo, art.97-97 si applicano a tutte
le amministrazioni.
Per effetto dell’art.5 e dalle 114 in avanti, abbiamo un’articolazione di livelli di governo massiccia, che ha portato ad
una proliferazione degli apparati amministrativi.
Queste tre norme ci stanno a dire che abbiamo un’amministrazione dislocata sul territorio e questo caratterizza in
maniera peculiare la nostra struttura amministrativa.
Della funzione
• Attivi: autorità amministrativa che risponde direttamente ai bisogni della collettività o con attività di servizio o di
imperio (sono a contato con la popolazione, interagiscono con la società)
• Consuntivi: autorità amministrative che producono pareri a beneficio dell’amministrazione attiva (non
interagiscono con la collettività) formulano valutazioni funzionali alle decisioni che devono essere assunte dagli
organi di amministrazione attiva.
• Di controllo: autorità amministrativa preposta alla verifica della conformità delle decisioni prese dalle autorità di
amministrazione attiva alla legge
Gli organi consuntivi e di controllo forniscono un’attività di supporto agli organi di amministrazione attiva, non hanno
utilità diretta per i cittadini, sono chiamati organi ausiliari
Della localizzazione
• Centrali autorità amministrativa che sta fisicamente nella capitale (le somministrazioni dello Stato stanno quasi
tutte a Roma);
• Locali autorità amministrative che appartengono ad istituzioni del territorio (Regioni, provincie..), non sono dello
Stato ,ma di istituzioni distinte dallo Stato.
• Periferici organi che dipendono dalle amministrazioni dello Stato, ma che sono volutamente dislocate nel
territorio per essere più vicine ai cittadini. (Organi decentrati)
Inoltre:
2° classificazione:
Gli organi amministrativi centrali, quelli che si trovano necessariamente nella capitale sono le strutture ministeriali.
Esse sono l’organo amministrativo d’eccellenza dell’amministrazione centrale dello Stato. Devono stare a contatto
diretto con il loro vertice: ministro.
ORGANI STATALI E (dipendono dallo stato) DECENTRATI(non stanno nella capitale) (non sono gli unici, ma i più tipici):
Prefetto: autorità dello stato, collocate in un’area della provincia, che dipendono gerarchicamente dal ministero
dell’interno, hanno funzioni relative alla sicurezza e ordine pubblico. Scelto non tramite concorso, ma tra personale
di alto livello, soggetto capace e competente e che gode della massima fiducia da parte del ministro.
Sindaco come ufficiale del governo: organo di vertice del comune, tra le varie funzioni che gli sono affidate alcune le
esercita come massimo esponente dell’ente autonomo (comune), altre le esercita in nome del Governo.
Quest’ultime sono: stato civile (unione civili e matrimonio), ordinanze contingibili e urgenti (potere di prendere una
decisione in materia di sicurezza, se c’è una minaccia per la comunità il sindaco deve immediatamente prendere una
decisione per preservare la sicurezza della comunità, materie rispetto alle quali il sindaco solitamente non può
legiferare).
• Aziende o Amministrazioni autonome (organi) (autonome: non integrate col ministero, sono ben distinguibili)
molte di esse sono state soppresse o ridimensionate. Ad esse venivano affidate funzioni specifiche, svolte con
risorse pubbliche, personale deciso dal ministero a cui erano collegate (es: ANAS struttura preposta alla
manutenzione stradale);
• Agenzie (con personalità giuridica) oggi ne abbiamo ancora parecchio (es: agenzia delle entrate, collegate al MEF,
preposta alla raccolta e riscossione imposte);
• Enti pubblici (enti pubblici economici) realtà estremamente vasta in Italia, strutture più distinta dal ministero,
composta da vari organi con un presidente a se stante, che può vedersi attribuire un’autonomia contabile e di
bilancio e che può porre in essere decisioni proprie. (es: INPS diritto previdenziale, non deve produrre profitto,
dovrebbe rispettare l’equilibrio di bilancio; INAIL, CONI). Tra le missioni degli enti pubblici non rientra quella di
produrre un profitto, ma sono tenuti a seguire il principio di buon andamento. Nella storia repubblicana siamo
andati a creare enti pubblici non preposti solo alla produzione di attività amministrativa, ma destinati a produrre
beni e servizi per il mercato: enti pubblici di mercato sottocategoria all’interno degli enti pubblici (ENEL,ENI,
Buitoni). IRI ente di gestione, contenitore all’interno del quale stavano gli enti pubblici economici, all’interno
dell’IRI troviamo molte aziende private che sono state nazionalizzate quando rischiavano di fallire, hanno
continuato la loro produzione di beni sotto una nuova veste pubblica. Nel caso queste aziende non riuscissero ad
essere produttivi e profittevoli, se non riuscivano a produrre utile non era un problema perché le loro perdite
erano coperte attraverso risorse pubbliche.
Le funzioni che le autorità amministrative indipendenti possono esercitare sono di vigilanza, monitoraggio rispetto ai
settori che sono loro affidati, finalizzate ad individuare eventuali violazioni delle regole applicate a quei settori e
all’adozione di decisioni di richiamo o sanzioni ai soggetti che violano le regole.
Alcune di esse si vedono riconoscere funzioni paragiurisdizionali hanno la capacita di andare a colpire le imprese che
hanno violato le regole anche con misure sanzionatorie (fermare il comportamento illecito di alcune imprese
eventualmente potrebbero arrivare a sanzioni di natura pecuniaria).
Le funzioni paranormative rappresentano l’elemento più specifico delle autorità amministrative. Vengono anche
chiamate autorità di regolazione: esse possono adottare delle norme (secondarie, subordinate alla legge) che non
hanno una portata generale, ma limitata ai settori nei quali l’autorità svolge la vigilanza.
Si è pensata una revisione costituzionale per dare riconoscimento delle autorità amministrative indipendenti e per
darle un modello, ciò non venne fatto. Non c’è dunque un riconoscimento nella costituzione di queste autorità.
Servirebbe una disciplina uniforme per queste autorità, in quanto c’è una grande eterogeneità.
Sia la loro capacità di creare norme sia la loro capacità di irrogare sanzioni è fatta quasi in maniera non conforme alla
separazione dei poteri: spesso le norme che esse producono sono svincolate da leggi, ma non essendoci norme
primarie nel settore cioè relative alle materie di cui si occupano queste autorità, le loro regole finiscono per essere le
uniche che operano in questo settore. Diventa quasi una normazione di rango primario, va a riempire i vuoti lasciati
dal Parlamento.
Quando esse emettono queste sanzioni, i soggetti sanzionati possono provare a contrastare davanti ad un giudice
(TAR si pronuncia sulla legittimità o non delle decisioni di queste autorità) queste decisioni, esse però spesso
presuppongono una conoscenza talmente tecnica che spesso i giudici non hanno. Non hanno le competenze per
capire se la sanzione sia o non sia legittima. Succede dunque che le autorità amministrative indipendenti si vanno
dunque quasi a sostituire il giudice.
Tutte quelle elencate fino ad adesso sono amministrazioni riconducibili agli apparati statali.
GLI APPARATI STATALI: le tendenze della disciplina relativa al personale e alla dirigenza statale.
Si accede alle pubbliche amministrazioni attraverso la regola del pubblico concorso e l’art.98 ci inquadra lo status del
dipendente pubblico.
Il datore di lavoro del dipendente pubblico è un’autorità amministrativa.
Dal 1983 abbiamo avuto una disciplina del pubblico impiego a se stante totalmente diversa da come era disciplinato
l’impiego privato. Il dipendente pubblico vedeva il suo rapporto di lavoro disciplinato da delle leggi e non da dei
contratti. Maggiori tutele rispetto al settore privato (tempo indeterminato che non poteva essere scisso), tuttavia
c’era un livello di retribuzione più basso e poteva esserci la negazione di alcuni diritti che erano riservati ai
dipendenti privati. La legge era la legge-quadro fino all’83. I giudici per risolvere le controversie erano diversi: giudice
ordinario (per i lavoratori privati) e un giudice amministrativo (per i lavoratori pubblici)
Nel1993 viene superata la differenziazione fra il settore pubblico e privato e si è voluto applicare le norme del
settore privato al settore pubblico, questa riforma viene chiamata “privatizzazione” del pubblico impiego: si è
cercato di applicare il maggior numero di regole possibili del settore privato al settore pubblico.
Il rapporto di lavoro (privato e pubblico) è disciplinato dalle leggi Codice civile a cui si aggiungono le leggi dei
contratti collettivi. (Contratti collettivi: uno stesso schema di contratto viene applicato a tutti coloro che operano
nello stesso settore). Nel 93 avviene anche l’unificazione della materia giudiziaria: il giudice del lavoro: unico giudice
competente a giudicare le controversie che sorgono tra dipendente e datore di lavoro, sia nel settore privato che
pubblico.
Ci sono delle categorie di lavoratori che rimangono totalmente disciplinati dal diritto pubblico: magistrati, avvocati,
professori universitari, diplomatici e prefetti, militari. Dipendenti disciplinati dalla legge e sottoposti al giudice
amministrativo.
I dirigenti pubblici sono sottoposti a un rapporto di lavoro di diritto privato ma hanno un trattamento particolare. Il
ruolo dei dirigenti nelle pubbliche amministrazioni è un ruolo apicale (di apice). Essendo titolari di uffici, il loro
rapporto con l’amministrazione è di diritto pubblico. Non vengono nominati con con concorso pubblico, ma vengono
nominati in quanto devono tenere rapporti di fiducia personale con il ministro o sindaco. Contratto a tempo
determinato, regolati dal diritto privato. Alto livello di retribuzione dovuto alla quantità di responsabilità.
Nelle pubbliche amministrazioni il rapporto gerarchico è il rapporto di base che le caratterizza. All’apice c’è la figura
di legittimazione politica, sotto troviamo il dirigente.
Discrezionalità amministrativa: pur nel rispetto del principio di legalità possono utilizzare un ampio margine di
discrezionalità. La discrezionalità indica la possibilità di compiere scelte diverse, discrezionalità amministrativa
significa quindi che vengono lasciati dei margini di scelta. La legge è chiamata ad individuare dei fini che tutte le
attività amministrative devono raggiungere, le attività amministrative si svolgono non a seconda dei fini fissati dalla
pubblica amministrazione, ma esse trovano le loro finalità nella legge. La discrezionalità si apre in relazione ai modi
per raggiungere i fini, le modalità sono molto spesso lasciate alle pubbliche amministrazioni. I margini di
discrezionalità non si aprono rispetto ai fini, ma ai modi che la pubblica amministrazione può scegliere per
raggiungere i fini individuate dalla legge. Le finalità sono generali, che non definiscono le modalità di realizzazione.
Poche attività amministrative sono invece vincolate, non beneficiano di discrezionalità. (Es: sanità -il fine è bloccato,
ma le modalità sono lasciate libere: in base a quante risorse, si decide come impiegarle).
Se con la discrezionalità i fini non vengono raggiunti allora si viola la legge.
Una volta che si sono svolte tutte queste fasi il provvedimento è perfetto ed efficace, ma non è detto che sia
legittimo. Non da conferma che sia conforme alla legge. Queste fasi sono meri atti amministrativi, solo l’ultimo viene
messo a conoscenza dei soggetti interessati.
LE FORME DI TUTELA
Se un soggetto riceve un provvedimento amministrativo rispetto al quale vuole reagire, egli dovrà dimostrare che in
quel provvedimento amministrativo è presente uno di tre vizi, avvalendosi di assistenza legale.
Situazione soggettiva che un provvedimento potrebbe violare:
• Interesse soggettivo posizione di vantaggio che merita tutela di per sé (una libertà personale che viene compressa
dalla PA, es: arresto);
• Interesse legittimo: quando ci rapportiamo con la pubblica amministrazione, interesse di cui è portatore il privato
che entra in rapporto con la PA, ed è una situazione soggettiva caratterizzata dall’essere strettamente collegata al
perseguimento dell’interesse generale. Tutelata da una norma giuridica che va a preservare un interesse generale,
ed indirettamente può dare tutela anche ad interessi particolari, essi sono chiamati interessi legittimi (es: patente
di guida, non non siamo obbligati ad ottenerla ma abbiamo un interesse legittimo, espropriazione per costruzione
bene pubblico).
Sistema dualistico: abbiamo un doppio giudice per giudicare gli atti della PA, ciò si spiega sulla base di queste due
situazioni soggettive: se viene lesa una posizione di interesse legittimo (ricorso davanti al giudice amministrativo), se
viene lesa una posizione di interesse soggettivo (ricorso davanti ad un giudice ordinario).
Nel momento del ricorso, i due giudici hanno poteri diversi, l’unico che può arrivare d eliminare il provvedimento
amministrativo illegittimo è il giudice amministrativo. Al giudice ordinario arriva un ricorso ordinario, di un privato
che lamenta la lesione di un diritto soggettivo, egli ha molti meno problemi, perché il suo obiettivo non è quello di
curare l’interesse della collettività, ma di tutelare il privato che lamenta la lesione. Non può anulare il provvedimento
amministrativo, può solo disapplicarlo, può solo dare tutela al privato e non alla generalità. Il giudice amministrativo
può annullarlo. Disapplicazione significa che un giudice deve sospendere gli effetti di un provvedimento, ma non può
eliminarlo.
Per non avere un’interferenza del giudice ordinario nei confronti della PA, il nostro ordinamento preferisce non
dargli un potere cosi ampio da annullare il provvedimento. Il giudice amministrativo può farlo.
Entrambi possono stabilire il risarcimento dei danni al privato. In caso sia accertata la lesione al privato, possono
costringere la PA a risarcirlo.