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re che li accolsero? La grande razione nts Una emigrazione di massa. Gia nei primi decenni dell'‘Ottocento flussi migratori si erano diretti dal- YEuropa verso l'America. Ma a partire dal 1870 $i eb- be un impressionante aumento degli emigranti: se in- torno al 1840 erano partiti per l’America circa 70 000- 80 000 persone all’anno, nel 1880 lasciarono Europa ben 500 000 individui, nel 1900 un milione, per rag- PARLIAMO DI... Tra gli anni settanta del Ottocento il primo decennio del Novecento, milioni di europel emi- &rarono nelle Americhe in cerca di fortuna. Quali ‘Motiv spinsero un numero tanto elevato di persone a intraprendere un viaggio cosi pieno di incognite? Che cosa fecero e che cosa trovarono gli emigranti nelle ter- tA DOMENICA nas GRRIERE giungere nel 1910 addirittura i due milioni di persone. In,questa nuova fase, la maggior parte degli emigranti non proveniva piu'dalla Gran Bretagna, ma dallTuaia e dalle regioni dellimpero asburgico o russo. La causa principale dell’emigrazione era la poverta, ma molti, come gli ebrei o i polacchi che vivevano nellImpero russo, fuggivano anche dalle persecuzioni ES La fotografia rit ee GaNeree ee immmigrati da pOC' : fa a descrivere le espressioni dei voli deg im Immaginati nei panni degli immigrati della fotog! yigrati fia. Qua 'i sono i tuoi sogni, le tue aspettative, le tue paure? Il contadino italiano e il sogno americano. La maggior parte degli italiani che tra la fine dell Ottocen- to € Finizio del Novecento si imbarcarono verso TAme- rica erano contadini veneti o delle regioni meridionali. Che cosa spingeva un contadino di quell’epoca, che non aveva mai Viaggiato € che non aveva mai visto una grande citta moderna, a partire per un paese ignoto, e- parandosi dalla sua famiglia? Innanzitutto la condizio- ne di miseria, aggravata, dopo gli anni settanta, dalla crisi economica; € poi un sogno: quello di riuscire a guadagnare soldi sufficienti per consentigli di compra- Fe un terreno da coltivare. A quel punto avrebbe potu- to o chiamare la sua famiglia in America, 0 tornare nel ile. ti er il Bras! ‘Molti di lor, itivand uti, par’ ine senza avere wecisa di qual psec cd vita dei paest doves ecavano- rnaro necessario a divenia. ‘o. America rapprc- uesto sogno, son il de! de proprietari Pema elizzare del Sud. Ma per molti, nel nuovo continente, jl sogno svani- diretto in America del Sud, soprat- ree in Brasle o in Argentina, difficilmente, riuscl a a venire proprietario. La maggior parte dealt immigrat Toravn come bracciante salariato, ma la paga era 0a sa e cosi molti si trasferirono in citta cercando lavoro nel commercio. Altri riuscirono a com- prare un terreno facendo dei debiti con i grandi proprietari terrieri, che poi potevano pagare con i prodotti agricoli che il terreno produceva. Spesso, pero, i contadini non riu scivano a saldare il debito ¢ quindi rimanevano legati per sempre al ter- reno del grande proprietario. Svanito il sogno, moti immigrati avrebbero voluto tornare in Ita- lia, ma non potevano farlo, perché avevano investito tutti i loro averi per acquistare il biglietto di andata. Nel 1895 a Buenos Aires, la capitale dell’Argentina, ben il 78% degli abitanti era costituito da stranieri: essi ve- niivano chiamati con il nome spagnolo di gringos. Gli argentini erano creoli, cio® discendenti degli europei che avevano colonizzato America del Sud. Tuttavia Tintegrazione fra gringos europei ¢ creoli argentini non avvenne subito; solo con la seconda generazione, ciot con i figli degli immigrati, si verificd una vera fusione. suo paese Corigine © re un piccolo 0 gra Sentava dunque la sper Gli emigranti in America tuna volta sbarcati vva presto: chi si era Il sogno americano svaniva presto ei gringos non potevano tornare \ TEMA 1+ La grande migyatone OCEANO pactrico Gli emigranti negli Stati uniti. Negli Stati uniti la situazione era diversa: gli immigrati trovavano un pae- se altamente industrializzato e bisognoso di operai stranieri. Gli italiani lavoravano spesso in condizioni di pericolo, soprattutto come muratori o nelle indu- strie tessili. Inoltre era grande il disorientamento di chi arrivava dal mondo agricolo e si ritrovava in una citta moderna, senza neppure conoscere Ia lingua del posto. Fra gli italiani gia presenti cera chi approfittava di questa situazione utilizzando il sistema del “boss”: i nuovi arrivati erano aiutati da un altro italiano a siste- marsi e a trovare lavoro, ma poi erano costretti a rima- nere per sempre legati ai lavori gestiti dal “boss”. Gli immigrati vivevano in quartieri poveri e squallidi. Un fenomeno tipico fu quello della nascita di zone del- la citta nelle quali si insediavano tutti gli stranieri del- la stessa nazionalita: a New York, ad esempio, era fa- moso il quartiere di Little Italy, ciot “Piccola Italia”. Questo fenomeno si spiega con il desiderio, soprattut- to da parte delle prime generazjoni di immigrati, di conservare la propria identita culturale in un mondo che aveva una cultura molto diversa. Fu fra le strade dei quartieri popolari che si formarono Ie prime “gangs” di giovani dediti alla malavita. Alcuni dei “gangster” che divennero famosi negli anni venti del Novecento, come Al Capone, erano di origini italiane; essi riuscirono, con gli anni, a costituire delle organiz~ zazioni mafiose di grandi dimensioni. opposizione all’emigrazione. A partire dal 1880, parte dell’opinione publica americana comincid a iM $37 {coum © e OcEANO PACIFICO SUDAFRICA chiedere limitazioni allentrata degli immigrati. Le mo- tivazioni presentate erano diverse: secondo alcuni non cera pitt sufficiente spazio per tutti; altri sostenevano che i nuovi immigrati provenivano da paesi che non conoscevano la democrazia; altri ancora davano agli stranieri la colpa degli ati di terrorismo; cera persino chi pensava che il massiccio afflusso d'immigrati catto- lici minacciasse la cultura protestante della maggio- ranza degli statunitensi; infine, alcuni erano preoccu- pati che gli Usa perdessero il loro originario carattere anglosassone Dopo molte tensioni, i vari gruppi etnici riuscirono nei decenni suecessivi a integrarsi, ¢ oggi gli Stati uniti so- no la nazione pitt multietnica del mondo. La nostra cultura e quella degli altri. In diversi punti di questo Tema abbiamo parlato di cultura. Ma che cos’ la cultura? Ognuno di noi ha una cultura. Es- saé il risultato di cid che abbiamo sentito, imparato & vissuto nel tempo. E cultura la lingua e il modo in cui parliamo, le cose che conosciamo, i giochi ¢ i balli che facciamo, cid che siamo abituati a mangiare, la religio- ne in cui crediamo, le nostre convinzioni e anche le no- stre paure. La cultura dipende dal luogo ¢ dall’epoca in cui siamo vissuti; essa, infatti, ci viene trasmessa dai nostri genitori, dall'ambiente familiare nel quale siamo cresciuti, dalla scuola che abbiamo frequentato e dai ‘mezzi d'informazione. Inevitabilmente, quindi, la cul- tura di ciascuno di noi é diversa da quella degli altri. Esiste la “cultura italiana’? Si, ma essa non é sempre la stessa, Anche la cultura di una nazione si modifica con 35 “Xi ad esempi, alla sare ; a ty; nse a del to} Non. }U, ci ulture abbastaiye ae aa, due A ja cultura de- sso Mg emigrati @ | Fa Ee - ia stessa ai | figli da, : fli, che or2n0 emigra ret t oo ih Genie cFeSCeVEIg riche ialian Ta cultures cam ; ‘'fondono, st americana jsione © iaggiano emigrano. La diversi ura on ee ‘un problema per la conviy _ i? No, s¢ le culture si Tispeltano a yj, yece una cultura wuole imporsi sy rovoca 1a reazione di chi vuole di rerdentita, cio’ il proprio modo tchi si sente minacciato fini. gni cambiamento. cenda. Se in unaltra, allora p! fendere la propti ‘essere. In questo CaSO, gee spesso per chiudersi @ O wiquartierietnici Nel corso dell’Ottocento : ‘New York divenne sempre pitt popoltaenellarea sudorientale di Manhattan si crearonc dei quarticri etnici: Little Italy (nella foto), Chinatown e altri dove gli immigrati cercavano di ricreare ambiente jamiliare del loro paese ormai lontano. poor

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