Una definizione nell’art. 128 del D.Lgs.31 marzo 1998, n° 112:
“Si intendono per servizi sociali tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”. Altri elementi che definiscono i servizi sociali sono: la selettività, perché l’erogazione del servizio deve essere indirizzato alle persone che presentano un effettivo bisogno; la residualità che deriva dal fatto che tali servizi costituiscono una sorta di risorsa per i loro destinatari qualora essi non siano in grado di provvedere alle proprie esigenze. La natura dei servizi socioassistenziali L’assistenza sociale tra servizi e trasferimenti monetari Con il concetto di trasferimento monetario si intende l’erogazione di un contributo economico da parte di un ente pubblico a favore di un individuo o di una famiglia, finalizzate a fronteggiare i particolari bisogni, individuali e/o familiari. Tale contributo è a fondo perduto: in genere non si prevede una restituzione della somma di denaro ricevuta dal destinatario. I servizi consistono in un insieme di prestazioni di assistenza che richiedono un’interazione diretta e consistente tra erogazione e beneficiario. I trasferimenti monetari rappresentano la soluzione più idonea per fronteggiare un bisogno contingente. L’erogazione di un contributo economico non risolve il bisogno di un individuo. Su scala nazionale, più di un quarto della spesa sociale dei Comuni si traduce in trasferimenti monetari. L’opzione del trasferimento monetario garantisce agli enti un risparmio in termini di costi di transizione: gestire l’erogazione di un contributo economico è senza dubbio più semplice rispetto all’insieme di procedure da seguire per l’erogazione diretta di un servizio. Ciò non significa che il trasferimento monetario rappresenta una scelta più efficiente e più efficace rispetto alla fornitura diretta di un servizio. I servizi socioassistenziali come “Attività ad alta intensità di personalità” Richard Normann, nel 1984, studioso di gestione dei servizi. Nella sua analisi traccia una distinzione preliminare tra il concetto di prodotto e il concetto di servizio. Il prodotto rimanda all’idea di un bene concreto ossia materialmente tangibile; il servizio richiama un atto immateriale. I servizi alla persona costituiscono una particolare fattispecie di attività di servizio. Richard Normann li definisce servizi a elevata intensità di personalità, perché la loro realizzazione implica un contatto diretto tra erogatore e beneficiario. Le caratteristiche che presentano i servizi alla persona sono quindi: la consistenza immateriale; il contatto diretto tra erogatore e beneficiario; la partecipazione dell’utente alla produzione del risultato finale (output); l’inizio di un servizio comincia nel momento stesso in cui viene prodotto ed erogato. I servizi alla persona: non possono essere immagazzinati; non possono essere ceduti né traferiti a soggetti terzi; sono finalizzati alla produzione di un output che non esiste prima dell’erogazione del servizio stesso, vale a dire prima dell’incontro tra produttore e “Consumatore”. I servizi come relazioni I servizi possono essere inquadrati come “Relazioni che producono relazioni”. L’esito di un servizio è quello di riprodurre delle relazioni sociali. Questo enfatizza la dimensione sociale dei servizi socio- assistenziali, perché essi lavorano proprio sulle relazioni che intercorrono tra i soggetti e non sulla fornitura di prestazioni o interventi circoscritti. Si riconosce ai servizi la loro dimensione sociale in quanto essi assumono una rilevanza collettiva perché generano e rigenerano legami sociali. Si può parlare di servizio come un processo di coproduzione, in particolare nelle attività assistenziali. Nella prestazione di un servizio, i ruoli dei soggetti si possono configurare secondo una gerarchia che prevede posizioni attive (coloro che erogano la prestazione) e passive (coloro che la ricevono). La concettualizzazione dei servizi come relazioni va mantenuta come riferimento conoscitivo e analitico, sebbene la sua visibilità nel mondo organizzativo e professionale sia ostacolata da una serie di fattori. In primo luogo, la divisione sociale del Lavoro sociale: la specializzazione dei compiti e delle responsabilità professionali ha generato un’elevata frammentazione delle attività lavorative, favorendo la prevalenza di una rappresentazione dei servizi come azioni focalizzate sull’erogazione di prestazioni. In secondo luogo, le relazioni che emergono dai servizi possono rivelarsi conflittuali e dar luogo a contrasti e contrapposizioni. Le dinamiche conflittuali sono viste come un fallimento dell'intervento assistenziale, del quale si cercano cause responsabilità. Questo è un inevitabile riflesso della natura dei servizi come processi di coproduzione di relazioni: l'incontro tra professionista e utente è una situazione il cui esito non è prevedibile né misurabile. Servizi e progetti Un intervento può essere configurato come servizio o come progetto. Un servizio costituisce un'attività realizzata da un'organizzazione; intercetta bisogni ed esigenze più diffusi e consolidati. Un progetto si configura come un' attività circoscritta nel tempo; si concentra su bisogni e problemi specifici ed emergenti. I progetti offrono più opportunità di sperimentare metodologie di intervento innovative, poiché si prestano alla collaborazione interorganizzativa, poiché prevedono la collaborazione tra organizzazioni di natura diversa. La realizzazione di un progetto predispone una struttura più orizzontale dei ruoli, favorendo la valorizzazione delle competenze dei professionisti. Lavorare per progetti implica una maggiore flessibilità a livello organizzativo. La prevalenza della logica di progetto introduce, però, una forte incertezza rispetto alla continuità organizzativa degli interventi assistenziali. Il rischio è quello di fornire soluzioni di breve termine a problemi di lungo termine. 2. L’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI Che cosa si intende con l'espressione "organizzazione dei servizi socioassistenziali"? L'organizzazione dei servizi socioassistenziali prende forma come un processo dinamico e mutevole. Il risultato complessivo può prendere la forma di un sistema organizzato, nel senso di un insieme di attività allineate tra loro. Ciò permette di studiare le criticità che si celano dietro ciascun passaggio organizzativo, sia di natura locale sia di più ampia portata. Parlare di costruzione organizzativa dei servizi socioassistenziali significa dunque mettere in luce gli snodi organizzativi attraverso i quali tali servizi vengono progettati, gestiti e erogati. Gli snodi attraverso il quale il processo si compie possono essere individuati a livello micro, quando riguarda il rapporto tra individui e organizzazioni, vale a dire le relazioni che intercorrono tra coloro che lavorano per l'organizzazione. A livello meso, quando le questioni si concentrano sulle relazioni tra le organizzazioni che concorrono alla programmazione, gestione e produzione di servizi; a livello macro, gli snodi organizzativi acquisiscono il senso di tendenze sistemiche; predispone una visione d'insieme che coglie più complessivamente l'andamento di ambiti d'azione più ampi, denominati settori (es. sanità..). Il primo livello di analisi ha una dimensione micro: si focalizza sulla costruzione interna delle organizzazioni. La definizione dei ruoli di ciascuno individuo diviene uno dei principali presupposti per la regolazione dei contributi individuali per la definizione del contesto organizzativo. La suddivisione dei ruoli nelle organizzazioni si compie lungo due assi: uno verticale e uno orizzontale l'asse verticale delinea la distribuzione della autorità gerarchica, attribuendo secondo un ordine decrescente il potere decisionale. L'asse orizzontale traccia la specializzazione funzionale delle varie componenti di un'organizzazione (uffici, settori, divisioni..) i criteri che orientano tale specializzazione funzionale sono molteplici: la tipologia di prodotto o servizio erogato; la tipologia di clientela/utenza; le tecnologie adottate. Ogni organizzazione deve assicurarsi che i singoli soggetti seguono delle direttrici comuni. La suddivisione e specializzazione dei ruoli genera la struttura sociale di un'organizzazione. I modelli di struttura organizzativa più diffusi sono quattro: semplice; funzionale; divisionale; a matrice. La struttura semplice è la forma più elementare di struttura di un'organizzazione. Si applica alle piccole organizzazioni, specializzate in un'unica attività. La differenziazione dei ruoli è molto flessibile. La scala verticale prevede una forte concentrazione dell'autorità decisionale ai vertici. La struttura funzionale è una struttura semplice più articolata. Può essere adottata da quelle organizzazioni che operano in un unico contesto territoriale, erogano una singola tipologia di prodotto o servizio e si rivolgono a un'utenza dalle caratteristiche omogenee. L'accentramento dell'autorità decisionale ai vertici è elevato. La struttura divisionale è invece più adeguata a quelle organizzazioni che soddisfino alcuni requisiti, quali: avere più sedi e contesti di attività; erogare una pluralità di prodotti/servizi; relazionarsi con una gamma eterogenea di utenti. La suddivisione delle componenti interni dell’organizzazione viene svolta considerando il diverso output che ciascuna di essa deve produrre. L'elemento che contraddistingue le strutture organizzative divisionali è l'elevato grado di decentramento dell'autorità. La struttura a matrice combina le due logiche di suddivisione orizzontale dei ruoli: la specializzazione funzionale e quella dell'output. La sua configurazione prevede un intreccio tra ambiti funzionali (l'amministrazione, la comunicazione, la progettazione) e ambiti di attività di un'organizzazione (ad es. i vari reparti di un ospedale...). Ciascun operatore ha almeno due responsabili in questa struttura: un responsabile funzionale, il quale deve riferire per le questioni più specifiche; un responsabile di prodotto o attività, rispetto al quale deve relazionarsi per le esigenze specifiche delle attività. A livello intermedio, le organizzazioni assumono la valenza di attori che interagiscono nella società sia attraverso la realizzazione di specifiche attività, sia tramite le relazioni che esistono tra loro. È stata introdotta la nozione di stakeholder, categoria analitica per individuare i principali soggetti con i quali un’organizzazione sviluppa e mantiene delle relazioni. Uno stakeholder è un soggetto che è in grado di esercitare un'influenza su un'organizzazione, o che è influenzato dalle scelte della stessa. Gli stakeholder possono essere soggetti interni a un’organizzazione, soggetti che beneficiano dei servizi di questa realizzati, i fornitori, le istituzioni pubbliche, le agenzie di regolazione, nonché gli azionisti, le banche, i mass media. Quando si parla di fini organizzativi bisogna riconoscere che essi non sono unanimemente condivisi tra i suoi membri. Essa si compone di quel gruppo di leader che, in virtù del loro potere formale o informale, riescono a costruire una rappresentazione dei fini organizzativi coerente con la propria visione. La convergenza delle scelte e dei comportamenti di organizzazioni assai diverse tra loro prende il nome di isomorfismo: indica l'esito di un insieme di tendenze che spingono molte organizzazioni a uniformare le proprie azioni, creando un elevato grado di omogeneità a livello ambientale. Le ragioni che spingono le organizzazioni a uniformare le proprie scelte sono tre e danno luogo a diverse dinamiche di isomorfismo: coercitivo, mimetico e normativo. Una situazione di isomorfismo coercitivo sì vieni a creare quando l'organizzazione impone all'altra un determinato comportamento. L'isomorfismo mimetico prende forma nell'allineamento a comportamenti e scelte già seguiti da un'altra organizzazione, e viene assunta come modello da imitare. L'isomorfismo normativo si genera laddove alcune categorie di professionisti riescono a imporre determinate scelte alle organizzazioni nelle quali lavorano. Molte organizzazioni adottano una strategia che consiste in una sorta di sdoppiamento della propria identità: da un lato, mostrano verso l'esterno di aderire a quelle tendenze che ne possono accrescere il prestigio e la reputazione, ma, dall'altro, mantengono schemi di comportamento molto più impermeabili ai cambiamenti. I rapporti tra le organizzazioni si configurano spesso come transazioni economiche. Il concetto di transazione sottintende qualsiasi forma di scambio che, attraverso la regolazione di un contratto, un'organizzazione può sviluppare con altri soggetti per la realizzazione di un prodotto di un servizio. La gestione di una transazione ha un suo costo. Da un punto di vista macro, la costruzione organizzativa dei servizi socioassistenziali sottintende l'esito dell'adozione di una particolare logica d'azione nella regolazione dei rapporti Intra e Interorganizzativi. A partire dagli anni '80 molte pubbliche amministrazioni hanno attraversato un graduale processo di riconfigurazione dei propri assetti organizzativi. Questo fenomeno ha ridefinito i numerosi presupposti delle relazioni tra utenti, professionisti e istituzioni, favorendo la comparsa e la diffusione di nuove logiche di azione nella programmazione, gestione ed erogazione dei servizi. L'inquadramento organizzativo dei servizi socioassistenziali si traccia seguendo alcune direttrici: il consistente imprinting burocratico che ha segnato la costituzione e il consolidamento delle pubbliche amministrazioni in Italia, la ridefinizione delle dinamiche operative di alcune unità organizzative e la crisi e il declino del paradigma burocratico. Con il concetto di burocrazia si intende una particolare logica di configurazione dell'azione di un'organizzazione che ha contribuito innovare e consolidare il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Il concetto di burocrazia si è diffuso grazie all'opera di Max Weber (1961) utilizzò questo termine per descrivere un particolare modello di gestione delle pubbliche amministrazioni. Il criterio esclusivo di legittimazione delle decisioni organizzative è la legge. Nel modello ideale di burocrazia la legge legittima e stabilizza l'azione organizzativa, in quanto ne anticipa e prefigura forme e contenuti, garantendole così uniformità e preservandola dall'influenza distorsiva di interessi personali e di altri fattori di disturbo. Il concetto di burocrazia inquadra un insieme di principi atti a garantire la conformità dell'azione organizzativa alle norme. Il criterio della conformità alle norme viene ritenuto imprescindibile per un’organizzazione burocratica, in quanto garantisce la sopravvivenza dell'organizzazione. I principi, attraverso i quali si delinea l'azione di una burocrazia, si declinano nella regolamentazione del rapporto professionale che lega un individuo a una pubblica amministrazione. L'assunzione da parte dell'organizzazione è subordinata all'esito di un concorso pubblico, nel quale sono verificate le capacità del candidato; l'attività lavorativa come funzionario burocratico deve essere svolta a tempo pieno e come professione principale; Il funzionario burocratico è tenuto al rispetto della segretezza degli atti d'ufficio e alla fedeltà nei confronti dell'organizzazione. Il funzionamento delle pubbliche amministrazioni in Italia si è fortemente ispirato alle logiche burocratiche. Si è trattato di un imprinting che ha generato un profondo radicamento delle logiche burocratiche nelle culture organizzative e professioni di molte pubbliche amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni italiane si sono distinte per il rilievo che il diritto amministrativo ha assunto come fonte di validazione dell'operato delle organizzazioni. La logica d'azione burocratica presuppone una rigida standardizzazione dei comportamenti individuali dei membri di un'organizzazione e dei risultati che si devono produrre collettivamente. Si parla di burocrazie professionali che mantengono un assetto burocratico pur riconoscendo un consistente grado di discrezionalità ai propri membri. La discrezionalità deve essere concessa a coloro che operano in prima linea nell'erogazione di un servizio. Si tratta di professionisti che devono intervenire in diverse fasi delle loro attività. Riconoscere la discrezionalità non significa ammettere una sorta di libero arbitrio a tali professionisti. Michael Lipsky (1980) ha denominato tale professioni con l'espressione di "burocrati di strada". In molte pubbliche amministrazioni convivono logiche d'azione differenti e a volte contraddittorie. La costruzione organizzativa dei servizi socio assistenziali si fonda su contrapposizioni, perché il lavoro di molti professionisti è incastonato all'interno di strutture che mantengono le rigidità tipiche degli aspetti burocratici tradizionali. Il declino delle logiche di azione burocratica sono riconducibili a molti fattori. In primo luogo, molte pubbliche amministrazioni hanno sofferto a causa di un fenomeno chiamato "gigantismo organizzativo", vale a dire di dilatazione delle strutture organizzative, in senso sia verticale che orizzontale. Questo processo ha reso più complessa la gestione di molte burocrazie, influendo negativamente sull’efficacia e l’efficienza di diverse pubbliche amministrazioni. In secondo luogo, molte pubbliche amministrazioni molti operatori sono stati costretti a interpretare il dettato legislativo e ad agire sulla base della propria interpretazione, introducendo maggiore incertezza nell’azione organizzativa. Un quarto parametro riguarda la pervasività dei rapporti tra politica e pubbliche amministrazioni. Infine, negli ultimi decenni si è intensificata la presenza di attività gestionali promossi e sviluppate da un insieme di organizzazioni. Si è profilata una nuova logica di azione organizzativa che, ha ridefinito, sia la configurazione dei contesti organizzativi, sia la valenza delle organizzazioni come attori sociali. Viene costituita così una nuova organizzazione definita "struttura di implementazione". Strutture di implementazione sono composte da frazioni di altre organizzazioni, vale a dire da membri di organizzazioni preesistenti che vengono temporalmente assegnati a un incarico presso la nuova unità organizzativa. Tra le organizzazioni partecipanti prevale una logica di cooperazione, che attenua il ricorso all'autorità nei processi decisionali. La specializzazione dei ruoli risulta funzionale agli obiettivi del programma. Un aspetto distintivo delle strutture di implementazione è la possibilità che esse siano costituite da organizzazioni pubbliche e private. La formalizzazione di queste esperienze prende genericamente specifiche forme, quali associazioni temporanee di impresa (ATI) o associazioni temporanee di scopo (ATS). Si tratta di forme giuridiche che delineano una realtà organizzativa composta da più organizzazione che definiscono gli accordi per l'allocazione delle risorse, la gestione delle attività. Le strutture di implementazione sono una sorta di veicolo amministrativo che consente anche a delle piccole organizzazioni di concorrere a bandi per la realizzazione di progetti di notevole rilevanza, in competizione con Imprese di maggiori dimensioni. 3. L’ASSETTO ISTITUZIONALE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI L'espressione assetto istituzionale si riferisce all'insieme di fattori che regolano i rapporti tra i diversi attori che sono chiamati in causa nella programmazione, gestione ed erogazione dei servizi socioassistenziali, nonché i rapporti tra questi attori gli utenti dei medesimi servizi. I provvedimenti legislativi non sono le uniche leve che plasmano l'azione di professionisti nelle organizzazioni. L'analisi degli assetti istituzionali deve tenere presente che i territori nei quali si devono attenuare le politiche mostrano notevoli differenze. La differenziazione territoriale emerge già dal confronto tra Regioni che appartengono alla medesima macroarea territoriale. La composizione dell'assetto istituzionale delle forme di governo, della programmazione della produzione dei servizi socioassistenziali può essere letta considerando alcune tendenze di fondo che ne hanno scandito l'evoluzione e i cambiamenti negli ultimi decenni: il decentramento amministrativo e legislativo e la “territorializzazione” dell'offerta di servizi; l'universalismo dei diritti di accesso e l'uniformità dell'offerta di prestazioni; il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo del terzo settore; il richiamo alle tendenze di aziendalizzazione che hanno contrassegnato più distintamente alcuni settori. Il risultato è un complesso e articolato assetto istituzionale, caratterizzato da diversi elementi di differenziazione. Il decentramento amministrativo e legislativo e la “territorializzazione” dell'offerta di servizi Il decentramento amministrativo corrisponde al trasferimento di autorità da enti centrali a enti periferici, che assumono così maggiori responsabilità nella gestione e programmazione dei servizi. A partire dagli anni Settanta ha preso piede in Italia un processo di decentramento amministrativo dell'offerta di servizi socio- assistenziali. In primo luogo, il decentramento prese forma grazie a un complesso insieme di iniziative istituzionali di matrice statale, culminate in due importanti provvedimenti legislativi: il D.P.R. n°616/1977 che disponeva il trasferimento di una serie di competenze amministrative dallo stato alle regioni e agli enti locali; dall'altro, la legge n° 833/1978 che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), imperniato organizzativamente sulle Unità Sanitarie Locali (USL): queste costituivano l'organo di riferimento a livello territoriale per la programmazione e l'erogazione di servizi e prestazioni sanitarie. In secondo luogo, molti enti locali sperimentarono nello stesso periodo delle stanze di decentramento seguendo una logica che prende forma di iniziative per la gestione di servizi assistenziali: alcuni comuni iniziarono a costituire una serie di servizi e realizzare delle economie di scala, cercando di innalzare la qualità e la capillarità dei servizi. Negli anni 90 le politiche a favore del decentramento dei servizi trovano nuovo vigore nelle leggi n° 142/1990, conosciuta come Testo Unico degli Enti locali (TUEL), nella legge n° 59/1997 denominata riforma Bassanini e nel decreto legislativo n°112/1998, che sancirono il trasferimento di una serie assai corposa di competenze amministrative dallo Stato alle Regioni. Nel 2001 si compie un'importante atto di decentramento politico, con la riforma del Titolo V della Costituzione che trasferì dallo Stato alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in diverse materie. L'universalismo dei diritti di accesso e l'uniformità dell'offerta di prestazioni Con la legge 328/2000: uno dei suoi presupposti è il riconoscimento dell'accesso ai servizi sociali come diritto soggettivo di ogni singolo cittadino e sono stati introdotti i cosiddetti "livelli essenziali di assistenza sociale" (LIVEAS). Questi individuano un insieme di prestazioni socio assistenziali che dovrebbero essere erogati sull'intero territorio nazionale. Il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo del terzo settore Il terzo fattore che ha caratterizzato l'evoluzione dell'assetto istituzionale del sistema dei servizi socio assistenziali in Italia è la crescente rilevanza che hanno acquisito le organizzazioni che compongono il cosiddetto "terzo settore". La diffusione delle organizzazioni di terzo settore. è stato il mutamento del quadro istituzionale e organizzativo dell'offerta di servizi socioassistenziali. Si è ricomposta secondo una logica di welfare mix, nella quale gli attori privati assumono un peso sempre più rilevante nel complessivo intervento di prestazioni assistenziali. I fattori che hanno favorito la formazione di questa configurazione di welfare mix sono: l'irrigidimento delle strutture burocratiche delle amministrazioni pubbliche; la costante riduzione della spesa pubblica destinata all'assistenza sociale; l’aumento del grado di complessità dei bisogni sociali; l'intensificazione delle istanze di partecipazione civile e democratica sostenuta dall'affermazione di movimenti sociali e politici di diverso genere e ispirazione. la diffusione delle politiche di governance multilivello nel campo dell'assistenza sociale, è legato a un passaggio fondamentale, ovvero l'introduzione dei Piani di zona (PDZ), con la legge 328/2000. Il piano di zona costituisce un innovativo strumento di programmazione locale dei servizi socioassistenziali. L'elemento che lo contraddistingue e l'apertura alla partecipazione degli attori del terzo settore nei processi di programmazione. Le organizzazioni di terzo settore grazie al PDZ esse possono intervenire direttamente in modo riconosciuto nei processi di programmazione locale. Tendenze di aziendalizzazione della pubblica amministrazione L'aziendalizzazione della Pubblica Amministrazione è un tema che si può ricondurre a quella dottrina gestionale che prende il nome di New Public Management. Il presupposto è una visione della società ispirata ai Principi liberisti, secondo la quale le logiche di mercato devono divenire criteri predominanti anche nella gestione delle politiche pubbliche. Quale impatto hanno avuto le tendenze di aziendalizzazione e, quindi, il NPM, nel settore dei servizi socio assistenziali in Italia? Da un lato, l'aziendalizzazione si è sviluppata nel verso dell’esternalizzazione di alcuni servizi e prestazioni socioassistenziali, favorendo così lo sviluppo di un assetto che combinasse l'offerta pubblica con quella privata. Dall'altro lato, la titolarità della gestione amministrativa dei servizi socioassistenziali è rimasta nelle veci dei Comuni. I PASSAGGI LEGISLATIVI Hanno segnato il percorso di trasformazione dell'assetto istituzionale dell'offerta di servizi socioassistenziali, alcuni provvedimenti legislativi, quali: la legge 833/1978, che ridefinisce la gestione dei servizi sanitari istituisce il SSN; la legge 328/2000, legge quadro in materia di assistenza sociale; la legge di riforma costituzionale n°3/2001 che redistribuisce le competenze legislative in materia di assistenza sociale. La legge n.833/1978 (Riforma del Sistema Sanitario Italiano) sottolineava che la tutela della Salute non doveva limitarsi alle attività di cura, ma doveva includere anche i processi di prevenzione e riabilitazione. Al tempo stesso, simpatizzò il tema della partecipazione dei cittadini ai processi di gestione e programmazione delle politiche sanitarie, nonché il diritto dei cittadini all'informazione in merito ai servizi. Inoltre, la legge n°180/1978, legge Basaglia, portò alla chiusura dei manicomi. La legge n°833/1978 a ogni cittadino venne riconosciuto il diritto di accedere ai servizi sanitari, a prescindere dalla propria condizione lavorativa e occupazionale. Si incentiva una logica di programmazione dell'offerta dei servizi, individuati su tre livelli: statale, regionale e locale. Aggiunse la costituzione dell’USL, il nuovo enti che si poneva come il riferimento istituzionale e organizzativo per la programmazione, la gestione e l'erogazione dei servizi sanitari. La genesi delle USL fu un processo di grande portata in chiave istituzionali organizzativa. Esso portò all'istituzione, a livello nazionale, di ben 659 USL. La presenza di queste strutture consenti di passare da un modello di gestione e programmazione dei servizi sanitari accentrato e settoriale a un modello decentrato e unitario. Molti comuni scelsero di delegare alle USL la gestione dei servizi per i minori e per le famiglie. Questa scelta fu Favorita perché, le USL permettevano di coniugare le esigenze di economia nell'erogazione di servizi con le richieste di contiguità con il territorio, e, in secondo luogo, i comuni potevano comunque mantenere un controllo diretto sull'operato delle USL, attraverso i comitati di gestione. La legge 833/1978 cambiò radicalmente l'organizzazione dell'offerta dei servizi sanitari. Le criticità che emersero riguardo questo assetto istituzionale furono: la sovrapposizione tra responsabilità politiche e responsabilità tecniche nella guida delle USL. Non vi fu un coordinamento gerarchico nelle politiche gestionali, in particolare da parte dello Stato nei confronti delle Regioni. Le ricadute di questo problema furono gravi soprattutto nel controllo della spesa e ciò causò un'enorme dilatazione del budget per i servizi sanitari, provocando un forte indebitamento nei conti pubblici statali. Si resero urgenti degli interventi di riorganizzazione, che ebbero luogo nel corso degli anni '90. Questo percorso di riforme si articola lungo un trittico di iniziative legislative: Il D.Lgs. 502/1992, il D.Lgs. 517/1993 e il D.Lgs. 229/1999. Queste iniziative legislative segnarono radicalmente la struttura di governo delle USL, le competenze a essi assegnate e la loro distribuzione su scala territoriale; i principali cambiamenti riguardarono: USL divennero aziende dotate di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Questa trasformazione comportò anche il cambiamento della loro denominazione da USL ad ASL. La dimensione attuale di un'ASL corrisponde tendenzialmente al territorio provinciale di riferimento. Nel corso degli anni '90, si avviò il cosiddetto processo di regionalizzazione della sanità, attraverso il trasferimento dallo Stato alle Regioni delle competenze legislative per la gestione dei servizi sanitari, attuando così un decentramento di competenze dallo stato alle regioni. LA LEGGE 328/2000 La legge 328/2000 è la legge fondamentale nella storia delle politiche di assistenza sociale. La legge si approccia alle politiche ai servizi socioassistenziali inquadrando l'assetto istituzionale del settore. La legge specifica chiaramente le competenze spettanti allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Nella distribuzione delle competenze spicca il ruolo assegnato ai Comuni: essi divengono il soggetto centrale nella gestione dei servizi socioassistenziali. La legge chiarisce le principali competenze dei Comuni, ovvero : la titolarità delle funzioni amministrative degli interventi sociali; la programmazione, progettazione e realizzazione del sistema dei servizi sociali a rete; ecc. I comuni si muovono per mezzo della cornice normativa e regolamentativa costruita dalle Regioni. Le principali competenze delle Regioni sono: la definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e il reinserimento lavorativo, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni; la definizione dei criteri per stabilire i costi di compartecipazione degli utenti alla spesa sociale; la determinazione dei criteri per definire le tariffe che i Comuni devono corrispondere ai soggetti accreditati. Le province mantengono un ruolo marginale di supporto all'attività dei Comuni. Allo stato compete la questione dei LIVEAS: la legge prevede che alcune categorie di servizi e prestazioni siano qualificate come livelli essenziali di assistenza sociale. La legge 328/2000 introduce una serie di sostanziali innovazioni nelle dinamiche di erogazione dei servizi socioassistenziali. Viene riconosciuto il principio dell’universalismo selettivo come criterio di regolazione dell'accesso e dell'erogazione dei servizi. Si delinea l'adozione dei titoli sociali come strumento per l'accesso ai servizi sociali. La prima innovazione della legge 328/2000 è l'articolo 18 che prefigura, infatti, una logica di governance multilivello dei servizi socio-assistenziali. In questo livello di governance e programmazione dei servizi socio assistenziali Si colloca una delle innovazioni più importanti della legge 328/2000: il PDZ, lo strumento disegnato dalla legge per la programmazione dei servizi a livello locale. Il pdz risiede nell' apertura alla partecipazione degli attori del terzo settore che concorrono all'erogazione dei servizi socio-assistenziali. Il terzo settore è quindi chiamato a svolgere una partecipazione più attiva alla programmazione al governo dei servizi socio-assistenziali su scala locale. LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE Le aspettative dalla legge 328/2000 vennero attuate dalla legge di riforma costituzionale 3/2001. Questa modifica il Titolo V della Costituzione, specificamente nell'articolo 117, nel quale si definisce la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Nella sua nuova formulazione, l'articolo 117 della Costituzione predispone tre opzioni: il mantenimento della competenza legislativa esclusiva allo Stato; l'assegnazione alle regioni di una potestà legislativa concorrente, prefigurando una disposizione combinata dell'azione legislativa tra Stato e Regioni; l'assegnazione alle Regioni di una potestà legislativa esclusiva, privando quindi il Parlamento di ogni competenza riguardo a una specifica materia. MOLTEPLICITÀ ED ETEROGENEITÀ Le regioni a statuto ordinario che hanno provveduto a emanare delle normative di riordino del settore dei servizi socio assistenziali sono 12. Si distinguono le regioni che, dopo il 2001, hanno promulgato una propria e normativa di riordino del settore dei servizi socio assistenziali, da quelle che non si sono mosse in questa direzione. Tutte le leggi regionali hanno confermato la suddivisione delle competenze tra Regione, Province e Comuni delineata dalla legge 328/2000. Le Regioni mantengono la potestà legislativa. I comuni preservano la titolarità amministrativa dei servizi e la responsabilità delle procedure di esternalizzazione degli stessi servizi. Le province si concentrano su compiti di supporto analitico e formativo. In tutte le regioni, il PDZ rimane l'unità organizzativa e istituzionale di riferimento per la programmazione locale. Analogamente, nelle leggi regionali si prevede la partecipazione dei soggetti del terzo settore al processo programmatorio. Si rilevano, tuttavia, una serie di criticità trasversali e comuni alle normative. In molte leggi regionali vige una vaga enunciazione di principi e una confusa rappresentazione di concetti di fondo che dovrebbero porsi come riferimenti precisi per l'implementazione delle politiche. LE DIVERSE CAPACITA’ E DINAMICHE DI IMPLEMENTAZIONE DEI SERVIZI Le variabili attraverso le quali è possibile cogliere le diverse dinamiche e capacità di realizzazione di servizi riguardano: l'incidenza della spesa in servizi socio assistenziali a livello regionale; gli orientamenti nelle politiche di spesa all'interno di questo settore; la capacità di utilizzo delle risorse. Possono essere approfonditi grazie all'analisi di Madama, nel 2010, che fornisce un'indicazione sugli orientamenti della spesa in servizi e interventi socio assistenziali. L'autrice identifica 4 Cluster di regioni: 1) comprende 7 regioni del sud, acquistabili in virtù del basso livello di spesa, della preferenza per i trasferimenti monetari a discapito dell'erogazione di servizi, di una gestione della spesa concentrata nei singoli Comuni. 2) include Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia-Giulia: regioni che si caratterizzano per l'elevato livello della spesa. 3) si compone di quattro regioni: Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana e Liguria: la spesa complessiva si mantiene alta mentre l'aria prioritaria è quella della "famiglia" e si privilegia lo sviluppo di servizi. 4) Regioni dell'Italia centrale: seguono sostanzialmente lineamenti del terzo Cluster ma denotano una spesa di livello mediamente inferiore. ASSETTI DIVERGENTI O VARIAZIONI SUL TEMA? Questi aspetti indicano come ogni Regione ha una propria storia e come tentativi di armonizzazione (compiuti in primis con la legge 328/2000) abbiano inciso poco nelle dinamiche di implementazione ed erogazione di interventi e prestazioni a livello territoriale. Emergono pertanto notevoli differenze a livello regionale, che prefigurano una disuguale configurazione delle opportunità di accesso ai servizi socio assistenziali e delle loro modalità di realizzazione. IL FINANZIAMENTO DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI Il costo dei servizi socio assistenziali è coperto dalle le risorse a disposizione dei comuni e del SSN e dalla compartecipazione diretta degli utenti. La ripartizione del carico della spesa tra questi tre attori è pertanto variabile di Regione in Regione. I Comuni fanno fronte generalmente alla parte maggiore del corso di servizi. La spesa non è però sostenuta esclusivamente da risorse proprie comunali ma sorretta da una serie più articolata di fonti di finanziamento. Il finanziamento dei servizi alla persona è ripartito tra Stato, Regioni e Comuni. Lo Stato interviene attraverso una serie di fondi. Tra questi, il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) rappresenta il principale canale di finanziamento per i servizi della persona. A partire dal 2001 il FNPS ha rimpiazzato i Fondi. Le risorse del FNPS vengono suddivise tra INPS, Regioni e ministero. Oltre ai finanziamenti statali, i servizi alla persona vengono alimentati da risorse messe a disposizione direttamente dalle Regioni e dai Comuni. Le regioni si muovono attraverso la predisposizione di specifici finanziamenti che vengono destinati ai Comuni. Secondo i dati ISTAT, si può notare come la quota percentuale di spesa coperta tramite il FNPS sia tendenzialmente più alta al sud che al nord; viceversa, la quota percentuale coperta da risorse proprie dei comuni è maggiore al nord che al sud. Questo delinea una maggiore dipendenza dalle risorse statali nelle regioni meridionali. 4. L’OFFERTA DI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI LA COMPOSIZIONE DELL’OFFERTA La composizione dell'offerta di servizi socioassistenziali può essere esaminata attraverso principali parametri, quali: La categoria di utenza alla quale servizi sono destinati (servizi per anziani, minori, famiglie, disabili ecc); La natura del servizio offerto (servizi sociali, socio-sanitari e sanitari); La finalità del servizio (servizi preventivi e di informazione, di pronto intervento e di risposta a situazioni emergenziali); La collocazione operativa del servizio (servizi non residenziali, semiresidenziali e residenziali); l'inquadramento organizzativo del servizio che prefigura una differenziazione tra servizi erogati in pianta stabile e continuativa da un'organizzazione e progetti di natura più estemporanea. LA CLASSIFICAZIONE PER AREE DI UTENZA: VANTAGGI E LIMITI Le principali aree di utenza verso le quali tipicamente si indirizza alla composizione dell'offerta di servizi socio assistenziali sono: le persone anziane e gli anziani non autosufficienti; i minori; i soggetti adulti in difficoltà; le persone con disabilità; le persone con problemi di dipendenza da sostanze; le persone affette da problemi di salute mentale. SERVIZI PER ANZIANI: L'area dell'utenza anziana costituisce un importante bacino di destinazione dei servizi socio-assistenziali. L'invecchiamento della popolazione è una tendenza rilevante nell' evoluzione demografica e sociale. I servizi per le persone anziane possono assumere varie forme e prefigurano una logica di intervento che integra la dimensione sociale con quella sanitaria. Negli ultimi decenni, i servizi per gli anziani hanno seguito la logica della domiciliarizzazione, vale a dire l'implementazione di soluzioni che consentano di mantenere il più possibile la persona nel proprio contesto abitativo. Gli interventi assistenziali prevedono la permanenza al proprio domicilio, la dimensione di semiresidenzialità e infine la completa residenzialità presso una struttura di cura. I Servizi di Assistenza Domiciliare (SAD) includono tipologie diverse di interventi e prestazioni, quali: l'assistenza per l'igiene personale e per la pulizia e la cura degli ambienti domestici; i servizi di consegna pasti a domicilio; ecc. In questa categoria si collocano anche i servizi di ADI ( Assistenza Domiciliare Integrata). Gli interventi di ADI si attivano prevalentemente a seguito di dimissioni da strutture ospedaliere e hanno la finalità di consentire l'erogazione di servizi di carattere sanitario direttamente al domicilio dell'utente. Una delle forme più diffuse di assistenza domiciliare per persone anziane non autosufficienti e il ricorso alle cosiddette badanti. I servizi semiresidenziali vengono invece erogati in apposite strutture. Alcuni di questi servizi possono avere una prevalente finalità terapeutica, mentre altri si pongono l'obiettivo di favorire le possibilità di socializzazione, contrastando i rischi di isolamento sociale. I servizi residenziali sono rivolti agli individui che soffrono per la perdita di autonomia personale, anche a causa di patologie degenerative. La tipologia di struttura residenziali è la residenza sanitaria assistenziale (RSA). L’offerta di servizi socio assistenziali per la popolazione anziana si completa con una serie di interventi di carattere sociale e ricreativo, la cui organizzazione compete generalmente agli enti locali. Tra questi, due iniziative importanti sono: i soggiorni climatici, ossia l'organizzazione di un periodo di vacanza presso località balneari; la predisposizione degli orti comunali, piccoli lotti di terreno nei quali effettuare la coltivazione e il raccolto di ortaggi e verdure; i trasferimenti monetari predisposti primariamente per fronteggiare situazioni di non autosufficienza. Il contributo più rilevante è quello della cosiddetta "indennità di accompagnamento" per le persone invalide: viene concesso dal 1988 agli individui anziani non autosufficienti. Si tratta di un contributo che viene fornito universalmente e uniformemente, senza distinzioni e graduazioni in base alla condizione economica. SERVIZI PER MINORI: L'area dei servizi per i minori inquadra una costellazione di interventi assai eterogenei con finalità diverse e dedicati a problematiche altrettanto diversificate. Gli interventi destinati ai minori si possono distinguere in due grandi categorie: da un lato, si hanno i servizi rivolti alla generalità dei minori, dall'altro quelli pensati per minori e famiglie che vivono condizioni di fragilità. I servizi rivolti alla generalità dei Minori prescindono dall'azione specifica degli uffici dei servizi sociali e si collocano tra il dominio delle politiche sociali e quello delle politiche educative: asilo nido, centri di aggregazione. I servizi per minori e famiglie che vivono condizioni di fragilità vertono direttamente su questioni di assistenza sociale sono orientati a prevenire e ridurre situazioni di disagio per minori e famiglie. I servizi per l'affido sono seguiti dai Comuni. Ulteriore area di lavoro di quest'ambito riguarda i servizi per la tutela dei minori rispetto a situazioni di violenza e maltrattamento. Si tratta di un'area che intreccia l'azione di diverse organizzazioni, riconducibili a una duplice polarità: da un lato, il sistema dei servizi socio assistenziali che operano al livello territoriale e che trovano nel Comune il nucleo centrale; dall'altro, la magistratura e i tribunali minorili. SERVIZI PER ADULTI E FAMIGLIE: La categoria dei servizi socio-assistenziali per individui adulti e famiglie è la più estesa e composita. È dovuto all'espansione delle situazioni di disagio occupazionale, riconducibili all'aumento del numero dei disoccupati e delle persone che scontano una condizione di precarietà lavorativa. Le organizzazioni che erogano servizi di assistenza sociale da un lato, esse devono gestire e contenere l'aumento della domanda; dall'altro, esse si trovano a intervenire nei confronti di utenti la cui situazione di bisogno non è il frutto di condizioni di disagio cronico. Nuove forme di intervento sono l'erogazione di contributi economici di sostegno al reddito e la contribuzione al pagamento di utenze e affitto. Laddove le condizioni di povertà sono più gravi e richiedono interventi più urgenti, una forma di supporto sempre più rilevante è la fornitura di beni di prima necessità. Un'altra area di intervento riguarda la ricerca di strutture che offrono posti letto per individui in condizioni di emergenza abitativa. Comunque sia, è difficile elencare tutte le possibili prestazioni di assistenza sociale che riguardano i servizi agli adulti, a causa dell’eterogeneità delle forme di intervento, della diversità degli utenti e delle rispettive esigenze. SERVIZI PER PERSONE CON DISABILITA’: L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l'organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) hanno proposto differenti definizioni e classificazioni delle diverse forme di disabilità e delle relative implicazioni sociali. Si basa fondamentalmente sulla distinzione tra i concetti di menomazione, disabilità e handicap. Una menomazione viene intesa come qualunque perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. A una menomazione possono seguire differenti forme di disabilità, intese come qualsiasi limitazione o perdita della capacità di compiere un'attività nel modo nel l'ampiezza considerati normali per un essere umano. Il concetto di handicap inquadra la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità, che impedisce a un individuo di adempiere pienamente alle attività associate a un particolare ruolo sociale. La disabilità viene vista come una condizione che non deriva esclusivamente da disturbi problematiche di matrice organica, ma che può maturare anche nel corso dell'interazione tra individuo e ambiente. Le dimensioni della disabilità divengono 4: funzioni corporee, strutture corporee, fattori ambientali e infine attività e partecipazione. I servizi assistenziali che possono essere forniti alle persone disabili spaziano su diversi ambiti. Un primo fronte di intervento riguarda i servizi di integrazione scolastica per le persone che presentano disabilità fisiche e/o sensoriali gravi. Gran parte dei servizi vengono erogati direttamente dalle scuole spesso con la collaborazione di organizzazioni del terzo settore, come le cooperative sociali. Un altro importante ambito d'azione dei servizi socio assistenziali riguarda l'integrazione lavorativa, attraverso le cooperative sociali di tipo B. L'esperienza lavorativa viene concepita e costruita come un percorso di inclusione in dinamiche di interazione sociale strutturate e tendenzialmente orientate verso l'acquisizione di competenze sia lavorative che relazionali. Le situazioni di disabilità più gravi, sul piano fisico psichico, richiedono interventi di cura e sostegno più intensi e articolati. Questi possono prendere la forma di servizi domiciliari, che hanno la finalità di favorire la permanenza della persona con disabilità nel proprio contesto familiare e possono riguardare la mobilità, la cura dell'ambiente domestico, la comunicazione e il controllo di una serie di attività fisiologiche. A questi interventi si possono affiancare i servizi erogati presso apposite strutture, come i Centri socioeducativi (CSE), i Centri diurni per disabili (CDD), o Centri diurni integrati (CDI). I CSE e i CDD, gestiti prevalentemente da enti privati, offrono servizi educativi, atti sia favorire lo sviluppo di relazioni sociali ed evitare l'isolamento sociale della persona disabile, sia a consentire il sollievo della famiglia da una parte delle attività di cura. Infine, è utile menzionare il ruolo dell'amministratore di sostegno. Si tratta di una figura incaricata della gestione del patrimonio di una persona disabile, qualora questi manifesti l'incapacità di provvedervi autonomamente. SERVIZI PER PERSONE CON PROBLEMI DI DIPENDENA DA SOSTANZE E NUOVE SOSTANZE: Dagli anni ’70, iniziano a prendere forma e a diffondersi sul territorio dei servizi assistenziali rivolti ai tossicodipendenti. I primi servizi si muovevano nell'ottica del recupero della persona tossicodipendente e del suo reinserimento sociale. Per quanto riguarda la dipendenza da sostanze si possono identificare quattro principali tipi di servizi riabilitativi e di cura: le comunità residenziali o comunità terapeutiche: strutture che prevedono soggiorni continuativi di durata variabile, promosse da enti privati E pertanto richiedono all'utenza il pagamento di una quota; le comunità semiresidenziali o diurne, nelle quali non è previsto un soggiorno notturno; i centri di accoglienza o comunità aperte, che si differenziano dalle precedenti perché offrono all'utenza la possibilità di un accesso discontinuo, sebbene nell'ottica di un percorso di recupero; i servizi per le tossicodipendenze (SERT), gestiti dalle ASL e finanziati dal SSN, offrono una serie di attività preventive, di cura e riabilitative, e si caratterizzano per la distribuzione del metadone alle persone tossicodipendenti in tutti questi servizi, l'ipotesi di fondo è la valorizzazione delle relazioni sociali come strumento terapeutico. Invece, le nuove dipendenze si individuano considerando il l'assuefazione che possono produrre: il gioco d'azzardo, lo shopping compulsivo, il consumo di alcol, la sessualità. Per fronteggiare le nuove dipendenze, un ruolo importante svolto dai Sert che stanno sviluppando innovative forme di intervento. Molti Sert stanno cambiando la propria denominazione, assumendo l'acronimo di SERD (Servizi Per Le Dipendenze). SERVIZI PER PERSONE AFFETTE DA PROBLEMI DI SALUTE MENTALE: La “legge Basaglia” sancì una svolta paradigmatica nelle dinamiche di cura e assistenza delle persone affette da problemi di salute mentale. Infatti, stabili la progressiva chiusura dei manicomi e degli ospedali psichiatrici, ossia delle strutture residenziali nelle quali erano assistiti i malati mentali. La legge 180/1978 indirizzava verso la costruzione di strutture territoriali extraospedaliere, al fine di garantire una maggiore prossimità tra luogo di cura e ambiente di vita del paziente. Inoltre, la legge prevedeva che l'avvio di un trattamento di cura dovesse essere il frutto della libera scelta di un individuo, riducendo gli spazi per l'attuazione di trattamenti sanitari obbligatori. Due “Progetti obiettivo” hanno rilanciato le linee tracciate dalla legge 180/1978, contribuendo a definire i ruoli, finalità e assetti organizzativi degli enti coinvolti nell'erogazione di servizi assistenziali in questo campo. Il disegno complessivo che ne emerge ruota attorno al dipartimento di salute mentale (DSM), inteso come unità organizzativa presente in ciascuna ASL. Il DSM ha il compito di coordinare le attività di cura e assistenza erogati nelle strutture ospedaliere ed extra ospedaliere. Le strutture con le quali un DSM sviluppa la propria azione a livello territoriale sono: un Centro di salute mentale (CSM): esso costituisce la sede organizzativa del DSM e offre attività sia ambulatoriali che di assistenza domiciliare; un Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC), nel quale vengono forniti i trattamenti medici che richiedono brevi periodi residenziali; il Day hospital è situato in un ospedale; offre prestazioni diagnostiche e terapeutiche riabilitative, a breve e medio termine; il Centro diurno persegue obiettivi di socializzazione attraverso lo svolgimento di attività collettive. Gli utenti sono seguiti secondo un percorso personalizzato. 5. PROGRAMMAZIONE GESTIONE EROGAZIONE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI LA GOVERNANCE MULTILIVELLO Il concetto di GOVERNANCE sottintende una nuova modalità di governo e programmazione delle politiche pubbliche. La nozione è emersa in contrapposizione al concetto di GOVERNMENT. Con quest'ultimo termine si indicano. Infatti le forme tradizionali di programmazione e gestione delle politiche pubbliche, fortemente concentrate sulle autorità degli organi di governo istituzionali. Essi, in principio della rappresentanza democratica, assumono la responsabilità esclusiva delle scelte necessarie alla realizzazione di una specifica politica pubblica e la gestione dei processi decisionali. Il concetto di governance delinea un cambiamento nelle relazioni tra istituzioni pubbliche e gli attori che possono concorrere alla realizzazione di una politica pubblica. Si parla di governance quando il processo implica un mutamento del ruolo delle istituzioni pubbliche che devono predisporsi per favore dello sviluppo di relazioni. Il profilo organizzativo che le esperienze di governance assumono è quello del network. Esso rappresenta una soluzione intermedia tra la logica del controllo gerarchico e la logica del controllo contrattuale. In questa prospettiva, emerge il carattere di interdipendenza e complementarità che lega i soggetti impegnati in una determinata attività. Le cause principali della diffusione delle dinamiche di governance sono state la privatizzazione e la liberalizzazione di molti settori del sistema di welfare; ma anche le politiche di decentramento amministrativo e politico che hanno interessato diversi Stati europei negli ultimi decenni. Il processo sì coglie lungo due dimensioni: la dimensione verticale, che scansiona le competenze tra le istituzioni Stato, Regioni, Province e Comuni; la dimensione orizzontale, che presuppone la partecipazione di soggetti non istituzionali ai processi decisionali. Si parla quindi di governance multilivello perché i processi decisionali inerenti le politiche da attuare in un determinato settore si dipanano lungo più livelli di raccordo, che incrociano e definiscono diversi ambiti di competenze. Le decisioni inerenti all’organizzazione, la programmazione e l'erogazione dei servizi sono su più livelli, concatenati tra loro. IL PIANO DI ZONA (PDZ) Il Piano di Zona rappresenta un importante tassello nell'implementazione di logiche di governance multilivello nel settore delle politiche sociali in Italia. Ha segnato le dinamiche di programmazione dei servizi socioassistenziali. Per molti versi, il Piano di Zona assume una duplice natura: è un processo che chiama a raccolta gli enti locali di un determinato territorio, al fine di individuare gli assetti dell'offerta locale di servizi socioassistenziali. Ciò ha fatto sì che In molti casi siano state individuate nei comuni nuove unità organizzative (come l'Ufficio di Piano) e nuove figure professionali (come il Responsabile dell'Ufficio di Piano) necessarie per presidiare l'intero percorso di programmazione e le attività a esso connesse; può essere inteso come il prodotto di tale processo formalizzato in un particolare documento nel quale sono specificati i contenuti strategici e operativi che orientano l'offerta di servizi socioassistenziali. I caratteri innovativi del Piano di Zona sono: strumento che definisce in termini istituzionali un nuovo livello di programmazione dei servizi socioassistenziali; i Comuni che appartengono a ciascun ambito sociale sono sollecitati a redigere un Piano di Zona attraverso il quale definiscono un programma unitario di offerta di servizi socioassistenziali; culmina con l'implementazione di servizi che vengono offerti in forma associata a tutti i cittadini residenti nell'ambito sociale; è il veicolo istituzionale attraverso il quale promuovere nuove forme di gestione associata e raccordare quelle già esistenti; la partecipazione degli enti privati alla programmazione delle politiche socioassistenziali territoriali. Come funziona un PDZ? I passaggi che caratterizzano il funzionamento e la valenza istituzionale di un PDZ sono: 1) la strutturazione dei rapporti tra gli enti partecipanti, con riferimento preliminare gli enti istituzionali; 2) i rappresentanti istituzionali dei comuni che appartengono determinato ambito sociale si riuniscono in assemblea e delineano i contenuti dell'accordo di programma che agirà come presupposto del PDZ; 3) è necessario individuare un ente capofila: questo è, tendenzialmente, il Comune di maggiori dimensioni dell'ambito. La scelta della sede organizzativa viene scelta secondo tre opzioni; 4) il Comune capofila gestisce all'interno della propria struttura il processo di programmazione sociale, senza costituire nuove metà organizzative; 5) il Comune capofila costituisce uno specifico Ufficio di piano, che si occuperà del coordinamento dell'intero percorso di programmazione sociale; 6) l'Ufficio di piano viene costituito presso l'organizzazione esterna ai Comuni dell'ambito, alla quale verrà assegnata la responsabilità della gestione del PDZ. Il processo di programmazione sociale prende forma attraverso l'attivazione di una serie di organi che hanno un ruolo sia consultivo che deliberativo. Questi organi vengono generalmente chiamati "tavoli" e possono essere di due tipi: tavoli politici: riservati ai referenti istituzionali dei Comuni interessati dal PDZ; tavoli tecnici o tematici: aperti alla partecipazione di figure professionali degli enti locali e i rappresentanti delle organizzazioni private chiamate a partecipare alla stesura del PDZ. Il Documento di piano è quindi l'esito di un percorso strutturato, che prevede una dimensione sia politica che tecnica. In questo percorso si congiungono le traiettorie verticali e orizzontali dei processi di governance multilivello. MODELLI ORGANIZZATIVI PER LA GESTIONE ASSOCIATA DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI Le dinamiche di governance multilivello interessano anche l'erogazione e la gestione associata al livello intercomunale dei servizi. Significa che i diversi enti appartenenti a un ambito sociale possono predisporre dei servizi che verranno erogati a tutti i cittadini dell'ambito, a prescindere dal loro specifico comune di residenza. Ciascun Comune può decidere quali servizi offrire in forma di gestione associata e quali autonomamente. I vantaggi di una gestione associata dei servizi socioassistenziali sono: la possibilità di una consistente riduzione dei costi; favorisce una maggiore equità nell'accesso ai servizi; uniformare i livelli di qualità dei servizi; creare le condizioni organizzative che favoriscono un maggiore sviluppo delle professionalità degli operatori. le soluzioni per implementare una gestione associata dei servizi socioassistenziali sono: i patti di collaborazione amministrativa; la delega enti di natura pubblica preesistenti o costituiti ad hoc; la delega enti di natura privata costituiti ad hoc. LA GESTIONE ASSOCIATA MEDIANTE PATTI DI COLLABORAZIONE AMMINISTRATIVA: Questa categoria include: le formule organizzative che prevedono la gestione associata dei servizi svolta direttamente dagli enti partecipanti; non vi sono deleghe a enti terzi, bensì una suddivisione dei compiti gestionali tra gli enti. Un esempio tipico di patto di collaborazione amministrativa è la convenzione intercomunale, una delle forme di collaborazione tra Comuni prospettate dal TUEL (Testo Unico degli Enti Locali). LA GESTIONE ASSOCIATA MEDIANTE DELEGA A ENTI PUBBLICI: la gestione associata dei servizi socioassistenziali non è svolta dai comuni dell'ambito sociale, ma viene da questi delegata a un ente terzo di natura pubblica. La terzietà dell’organizzazione offre alcuni vantaggi: permette uno sgravio del lavoro amministrativo ai Comuni che possono così concentrarsi sulle fasi di programmazione dell'offerta di servizi; consente di individuare una struttura che acquisisce una specializzazione specifica in termini gestionali. La delega della gestione può essere assegnata alternativamente a: un ente già esistente e polivalente; un ente pubblico creato ad hoc è dedicato alla gestione associata dei servizi socio-assistenziali. LA GESTIONE ASSOCIATA MEDIANTE DELEGA A ENTI PRIVATI : In questa categoria le funzioni di gestione associata dei servizi socio assistenziali sono affidati a un ente di natura privata. Le tipologie di enti privati che possono svolgere un simile ruolo sono due: le fondazioni; le imprese private nella forma di Società a responsabilità limitata (S.r.l.). Sono due tipologie di organizzazioni che non mostrano i tratti burocratici caratteristici delle pubbliche amministrazioni. Ciò consente loro un più elevato grado di autonomia nella gestione del personale, nella regolamentazione di acquisti e forniture, nonché nell'eventuale vendita di servizi. La delega della gestione associata dei servizi socioassistenziali a un ente privato presenta alcune criticità sul piano politico e istituzionale. In sintesi, si profila il rischio che la gestione di risorse pubbliche venga in parte affidata a soggetti privati, esautorando così cittadini dalle proprie facoltà di voce e controllo. PRODUZIONE ED ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI Il baricentro di tali processi è il Comune. I comuni mantengono la responsabilità della scelta delle modalità di produzione ed erogazione dei principali servizi socioassistenziali. Provvede a compiti secondo 3 diverse opzioni: la produzione ed erogazione dei servizi direttamente da parte del Comune; erogazione da parte del Comune attraverso il cosiddetto in house providing; l' esternalizzazione della produzione ed erogazione dei servizi. La produzione ed erogazione dei servizi direttamente da parte del Comune è la formula più semplice da un punto di vista organizzativo. Il comune ricorre al proprio personale e utilizza risorse e strutture. Questa soluzione viene definita "produzione in economia", poiché riduce il numero delle transazioni da compiere con soggetti esterni al fine di conseguire il risultato atteso. Questa soluzione presenta una serie di limiti: le Amministrazioni comunali mantengono un elevato grado di rigidità organizzativa ostacolando lo sviluppo di interventi da impostare in modo flessibile per fronteggiare problematiche emergenti; gli spazi per i possibili contributi che i soggetti della società civile possono offrire nell'erogazione dei servizi sono limitati, in quanto compiti e responsabilità nella produzione di servizi rimani è di competenza del comune e dei suoi operatori. L'erogazione da parte del comune attraverso il cosiddetto in house providing richiama una situazione nella quale l'ente locale affida la produzione dei servizi a un ente formalmente esterno a esso, nei confronti del quale esercita tuttavia un controllo completo dal punto di vista della governance. I processi di in house providing prevedono che un ente locale costituisca una nuova organizzazione, sulla quale possa esercitare un completo controllo nella nomina degli organi direttivi, e che a essa affidi i compiti di produzione dei servizi socioassistenziali. Si hanno due tipologie di enti che si prestano a soluzioni di in house providing gestiti dai Comuni: l'istituzione; l'azienda speciale. La gestione e a produzione dei servizi vengono affidati a enti che hanno un proprio organo direttivo e possono definire un proprio statuto, acquisendo discreti livelli di autonomia amministrativa e finanziaria. Il vincolo è che il controllo delle loro attività è comunque riconducibile al Comune fondatore. L'esternalizzazione della produzione ed erogazione dei servizi prevede la loro esternalizzazione a soggetti privati. Questa scelta può essere favorita perché introduce nuove istanze di relazione tra utenza e pubblica amministrazione. Le ragioni che spingono un ente locale a esternalizzare la produzione di servizi socio assistenziali sono: una logica economica, poiché molte amministrazioni pubbliche ritengono che l'adozione di una logica di mercato porti a risultati più efficienti sul versante finanziario; un maggior grado di efficacia degli interventi che gli attori organizzativi privati sono in grado di assicurare rispetto agli enti pubblici. L'esternalizzazione dei servizi si compie attraverso: il Contracting out: prevede che un'amministrazione pubblica esternalizzi la produzione di un servizio affidandola a un unico soggetto privato, che acquisisce così una sorta di esclusiva nella produzione ed erogazione di un determinato servizio. l'Accreditamento: prefigura una più ampia libertà. Le procedure di accreditamento prevedono che l'ente pubblico non individui un unico soggetto al quale affidare in esclusiva l'erogazione di un servizio, bensì una pluralità. La competizione che si instaura tra i potenziali soggetti erogatori è: una competizione per ottenere l'accreditamento da parte dell'ente pubblico; una competizione che si gioca sulle preferenze dell'utenza. L’esternalizzazione mediante CONTRACTING OUT : La forma più tradizionale di esternalizzazione dei servizi socio assistenziali. Le procedure prevedono che: 1. un ente pubblico assegna l'erogazione di un servizio all' ente privato vincitore di una specifica gara d'appalto; 2. l'organizzazione appaltante valuta diverse offerte e seleziona quella che ritiene più appropriata rispetto agli obiettivi e alle caratteristiche del servizio. Le forme di contracting-out prefigurano due categorie principali di soluzioni amministrative e organizzative: PROCEDURE CONCORSUALI: Si distinguono in: APERTE: le prime riconducibili alla formula giuridica dell'asta pubblica prevedono che l'ente pubblico indica una gara d'appalto alla quale possono partecipare liberamente tutti i soggetti in possesso dei requisiti specificati nel bando. RISTRETTE: includono la licitazione privata e appalto concorso, limitano la partecipazione alla gara di appalto alle organizzazioni invitate dall'ente appaltante. In sostanza, l'ente pubblico opera una preselezione dei soggetti che ritiene adeguati all’erogazione del servizio. Gli enti invitati a partecipare alla gara devono presentare un progetto specifico che illustri modalità e condizioni per la realizzazione di un servizio. L'appalto concorso è una modalità utilizzata per l'esternalizzazione di servizi molto complessi, per i quali l'ente pubblico non dispone delle competenze sufficienti per un'adeguata progettazione. PROCEDURE NEGOZIALI: l'ente pubblico si limita a consultare uno o più soggetti con i quali negozi e costi contenuti del servizio che intende esternalizzare. L’estrenalizzazione mediante ACCREDITAMENTO: Molti enti locali adottano la strada dell'accreditamento come forma di regolazione delle esternalizzazioni dei servizi. Il concetto di accreditamento assume due diverse accezioni: ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE: Consiste in una sorta di attività di valutazione che un ente terzo effettua nei confronti di una di un'organizzazione, al fine di verificare la conformità delle sue procedure a criteri e protocolli standard definiti antecedentemente. L'esito di questa valutazione è il rilascio di una certificazione che attesti tale conformità. L'esempio è quello delle Certificazioni di qualità rilasciate dal International Standard Organization (ISO). Le caratteristiche dell’accreditamento professionale sono: è richiesto volontariamente da un'organizzazione; hanno una durata limitata nel tempo e devono essere rinnovate. Il rinnovo viene compiuto considerando nuovamente la conformità agli standard tecnici. ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE: È una pratica che regola direttamente i rapporti tra un ente pubblico, che intende esternalizzare un servizio o un'attività, e gli enti privati, che si propongono per la sua realizzazione. L'esito di tale procedura è il riconoscimento del diritto dell'ente privato a erogare col servizio in nome e per conto dell'ente pubblico che lo ha esternalizzato. Con l'accreditamento istituzionale si pongono le basi per garantire all'utente una potenziale libertà nella scelta del soggetto presso il quale rivolgersi per un intervento assistenziale. L’accreditamento attesta il rispetto di una serie di norme igienico sanitarie in materia di sicurezza degli ambienti lavorativi. L'accreditamento è un passaggio successivo, attraverso il quale un'organizzazione privata viene autorizzata dall'ente pubblico accreditante a opera re in suo nome e per suo conto. L'accreditamento è quella clausola che consente una struttura privata di offrire servizi e prestazioni socioassistenziali che saranno rimborsati dall'ente pubblico. L'organizzazione privata può effettivamente proporre i propri servizi contando che il loro costo verrà rimborsato dall'ente pubblico e non graverà interamente sull'utenza. L'accreditamento istituzionale delle organizzazioni che intendono erogare i servizi sociali spetta ai Comuni (singoli o associati); questi devono rifarsi alle linee guida definite a livello regionale; l'accreditamento istituzionale delle organizzazioni che intendono erogare i servizi socio sanitari è di competenza delle regioni. Le procedure di accreditamento istituzionale hanno una duplice funzione: hanno una funzione certificatoria poiché attestano il possesso da parte dell'organizzazione accreditata dei requisiti di qualità richiesti dall'ente pubblico. Ha una funzione equiparatoria, perché, consente di equiparare i livelli di qualità offerti da ciascuna organizzazione accreditata. Questa procedura riduce le differenze nella qualità del servizio offerto dalle varie organizzazioni accreditate, rendendo in tal modo più agevoli le scelte degli utenti. LA REGOLAZIONE DELL’ACCESSO L'adozione di criteri di selettività nell'accesso alle prestazioni assistenziali è condensata nel principio di "universalismo selettivo" che, nella legge 328/2000, viene presentato come criterio di equilibrio tra domanda e offerta. La regolazione dell'accesso si snoda attraverso un processo di 4 FASI: la definizione di livelli essenziali di assistenza sociale da riconoscere e garantire a tutti i cittadini; l'informazione e l'orientamento quali presupposti per un'effettiva e adeguata fruizione dei servizi che spettano ai cittadini; l'istituzionalizzazione e l'utilizzo sistematico di strumenti amministrativi di valutazione della condizione socioeconomica dei cittadini che richiedono interventi e prestazioni socio assistenziali; l'assegnazione di voucher, intesi come titoli di accesso a determinati prestazioni socioassistenziali, al fine di attenuare le distorsioni derivanti dal ricorso eccessivo ai trasferimenti monetari come risposta al bisogno sociale. I LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SOCIALE sono stati introdotti nel settore dell'assistenza sociale dopo la promulgazione della legge 328/2000, che introduce questo concetto per definire il cosiddetto sistema integrato di interventi e servizi sociali. I LIVEAS sono un insieme di interventi che garantiscono i diritti sociali imprescindibili per persone e famiglie e per specifiche categorie di soggetti che vivono condizioni di disagio e bisogno. Essi riconoscono i Diritti Sociali. I LIVEAS possono essere codificati secondo tre livelli: i liveas come codificazione di diritti esigibili: tutti i cittadini presenteranno il medesimo bisogno avendo la garanzia di ricevere un uguale trattamento; i liveas come diverse tipologie di offerta di servizi e prestazioni, al fine di rendere omogenea la presenza a livello territoriale; i liveas come standard di qualità di prestazioni e servizi. L’INFORMAZIONE E L’ORIENTAMENTO DELL’UTENZA: I SERVIZI DI SEGRETARIATO SOCIALE La conoscenza dei propri diritti sociali, dei servizi disponibili e delle relative modalità e condizioni di accesso, è un fattore decisivo per un funzionamento corretto ed efficace della regolazione dell'accesso agli interventi di assistenza sociale. Dagli anni 70 comincia a prendere forma l'attuale configurazione del servizio di segretariato sociale. Questo processo si è mosso su più direzioni. il comune è stato identificato come lente istituzionale più appropriato per l'erogazione di tale servizio. l'implementazione del servizio di segretariato sociale ha visto sempre più protagonista la figura professionale dell'assistente sociale, a cui sono state riconosciute le competenze più adeguate per lo svolgimento delle diverse attività che costituiscano il servizio di: ascolto della domanda dell'utente; valutazione rispetto al suo stato di bisogno; elaborazione di una risposta informativa e di orientamento. il segretariato sociale si distingue per essere un servizio a vocazione universale, ossia non rispondenti a quei criteri di selettività che invece demarcano l'accesso ad altri interventi assistenziali. l'accesso al servizio di segretariato sociale e libero per qualunque cittadino. Il processo di regolazione dell'accesso implica una consistente dose di discrezionalità professionale, poiché la decisione sull'accoglimento della domanda dell'utente spetta al singolo professionista che conduce il colloquio di segretariato sociale. LA REGOLAMENTAZIONE AMMINISTRATIVA DELL’ACCESSO AI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI: L’ISEE E LE SUE VALUTAZIONI Il più conosciuto e utilizzato strumento di regolazione amministrativa è l’ISEE (indicatore della situazione economica equivalente). Si tratta di un indicatore impiegato per regolare l'accesso a diverse tipologie di interventi assistenziali e non. consiste in una formula che determina un valore che a sua volta esprime il livello di condizione economica del richiedente. Questo valore viene quindi utilizzato per valutare l'ammissibilità o meno della richiesta di un cittadino, confrontandolo rispetto alla soglia fissata dall'ente che regola l'accesso al servizio richiesto: qualora il valore ISEE del richiedente sia inferiore alla soglia, la domanda viene accolta; in caso contrario viene respinta. L'ISEE è uno strumento selettivo che contribuisce in forma sostanziale alla costruzione e regolazione del sistema di welfare assistenziale ispirato a logiche di universalismo. Per la misurazione della condizione socio economica dei cittadini rappresenta un passo fondamentale per equilibrare l'erogazione dei servizi rispetto al bisogno. L’ACCESSO AI SERVIZI TRAMITE SERVIZI VOUCHER Il voucher è una sorta di ticket spendibile per l'acquisto di determinati servizi. Se non viene utilizzato, esso perde il suo valore, in quanto non è convertibile in denaro, né cedibile o trasferibile. Il voucher può essere impiegato per usufruire di una determinata prestazione assistenziale erogata. Il beneficiario può scegliere l'organizzazione alla quale rivolgersi e utilizzare il servizio senza doverne pagare il costo: sarà il soggetto erogatore rivolgersi all'ente pubblico a ricevere il rimborso del costo del servizio offerto all'utente. I vantaggi del voucher sono: è uno strumento che permette di trasferire risorse ponendo vincoli sul loro uso da parte del beneficiario; accorda un ampio grado di libertà di scelta all'utente permettendogli di selezionare l'organizzazione che ritiene più adeguata al suo bisogno. L’INTEGRAZIONE TRA SERVIZI SOCIALI E SANITARI La costruzione di un'integrazione tra gli interventi di servizi sociali e servizi sanitari è un'operazione complessa e articolata. Le dinamiche di integrazione tra i servizi alla persona possono essere classificate prefigurandone 5 passaggi essenziali: 1. condivisione di informazioni e conoscenze tra i professionisti; 2. cooperazione e coordinamento degli interventi a opera dei professionisti che lavorano in organizzazioni diverse. 3. collaborazione: gli accordi tra enti e professionisti vengono formalizzati e prevedono la condivisione di risorse e sistemi informativi; 4. consolidamento: prevede la presenza di un'organizzazione alla quale sono riconducibili i compiti e le responsabilità di ulteriori unità organizzative; integrazione: presuppone la costituzione di un sistema organizzativo che traccia un'unica linea di autorità per la gestione dei casi. Nell'analisi delle forme di integrazione tra assistenza sociale e sanitaria si tende più a identificare tre dimensioni: 1. professionale: ha un carattere fortemente operativo; declina nella collaborazione sul piano interdisciplinari tra professionisti con competenze e ruoli diversi; è corredata da una logica di integrazione gestionale da parte delle organizzazioni responsabili dei differenti interventi sociali e sanitari. 2. gestionale: Implica il coordinamento dei processi lavorativi, al fine di calibrare gli interventi assistenziali con quelli sanitari. 3. istituzionale: Si verifica quando gli enti che hanno la responsabilità della programmazione della gestione dell'offerta di servizi di diversi settori concordano programmi di collaborazione e partnership. 6. LE ORGANIZZAZIONI Nel settore dell'assistenza sociale convivono una pluralità di organizzazioni, caratterizzate dalla loro molteplicità ed eterogeneità. MOLTEPLICITA’ intesa come -> Gli elementi di differenziazione delle organizzazioni (struttura-ruolo), ETEROGENEITA’ intesa come -> gli elementi di insieme che distinguono le organizzazioni. Le organizzazioni che operano nel settore dell'assistenza sociale vengono distinte in base alla natura giuridica e alla funzione esercitata. LA NATURA GIURIDICA: Le organizzazioni sono distinte in base a tre livelli: enti pubblici; organizzazioni imprenditoriali private; associazioni e organizzazioni di volontariato. I tre livelli vengono classificati ulteriormente considerando alcuni sottolivelli. Classificazione delle organizzazioni per natura giuridica: 1. Enti pubblici: Nazionali (Ministeri); Regionali (Regione, ASL, AO); Locali (Comune, EX IPAB e ASP, Consorzi, Aziende speciali, Comunità montane); 2. Organizzazioni imprenditoriali private: Nonprofit (Cooperative sociali (A e B), fondazioni, imprese sociali, aziende per i servizi alla persona); Profit: (Imprese (S.r.l. o S.p.a)); 3. Associazioni e organizzazioni di volontariato Associazioni (Organizzazioni di volontariato, Associazioni di promozione sociale, Gruppi informali, Gruppi di auto-mutuo-aiuto, Gruppi di ispirazione religiosa). LA FUNZIONE: Le funzioni delle organizzazioni sono distinte in tre categorie principali: pianificazione e programmazione: concerne le attività che implicano le decisioni di carattere istituzionale, sulle aree problematiche sulle quali intervenire sull'allocazione delle risorse economiche; gestione e amministrazione: funzioni inerenti all’attivazione, il controllo e la valutazione dei servizi; produzione ed erogazione: fase conclusiva in cui i servizi vengono realizzati ed erogati. IL COMUNE assolve tutte le tre funzioni principali. ENTI PUBBLICI Alcuni criteri che possono orientare nella qualificazione di un ente come “pubblico” sono: la qualificazione esplicita come ente pubblico; l'ingerenza dello Stato, delle Regioni (o dei Comuni) nella nomina e revoca dei dirigenti e nell'amministrazione dell'ente; Il finanziamento delle attività con risorse provenienti istituzionalmente dalla fiscalità generale; l'attribuzione di potestà pubbliche. Alcuni enti pubblici mostrano un profilo chiaramente pubblico mentre altri mantengono una dimensione pubblica meno evidente e, si qualificano formalmente come enti pubblici, sebbene la loro gestione si ispiri a criteri di matrice aziendale privata (le ASL). I principali enti che rispecchiano tutte queste caratteristiche sono: MINISTERI: Rappresentano un’emanazione diretta dello Stato, quindi sono gli assi portanti, sia in chiave istituzionale e politica, sia in chiave organizzativa e amministrativa. È a livello ministeriale che si svolgono un'opera di programmazione, regolazione e controllo di molti interventi. È importante considerare il ruolo del Ministero della Giustizia e del Ministero dell'Interno. Il Ministero della Giustizia coordina i servizi rivolti ai condannati ai quali sono state concesse misure alternative alla detenzione carceraria. I servizi per l'implementazione di queste misure sono coordinati dagli uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), uffici periferici del Ministero della Giustizia la loro attività ha importanti implicazioni sociali, poiché, devi fornire il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti che godono di tali prerogative. REGIONI: Le regioni svolgono un ruolo preminente a livello istituzionale. La riforma del Titolo V della Costituzione ha attribuito loro potestà legislativa esclusiva in materia di servizi socioassistenziali. Le regioni sono divenute l'organismo di riferimento in chiave normativa. Gli organi di governo delle Regioni sono tre: il Presidente, la Giunta e il Consiglio Regionale. Le regioni combinano due sfere d'azione: svolgono in chiave istituzionale un'ampia serie di attività di regolazione normativa di numerosi ambiti della vita sociale, economica e culturale di un territorio; La regione orienta la propria azione amministrativa e definisce la distribuzione delle risorse a sua disposizione tramite i provvedimenti approvati dagli organi competenti (il consiglio e la giunta regionale); agiscono come erogatori di servizi e interventi di vario genere. I compiti di regolazione si sviluppano attraverso le attività di rilascio di autorizzazioni, concessioni e atti amministrativi che regolamentano lo svolgimento di iniziative professionali e imprenditoriali o l'accesso a determinati servizi e prestazioni. Le competenze delle Regioni, nel campo dei servizi socio-assistenziali, erano state inquadrati dalla legge 328/2000. Le principali competenze assegnate alle Regioni riguardavano: la definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento lavorativo, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni; criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture pubbliche e dei soggetti accreditati; i criteri per la determinazione dei costi dell'eventuale compartecipazione degli utenti alla spesa per gli interventi assistenziali; i criteri per la concessione dei titoli sociali. COMUNI: Principale Ente Locale nell'architettura istituzionale dello Stato. Esso gode di un relativo grado di autonomia rispetto al governo statale centrale e agiscono in raccordo con gli enti di governo intermedi a livello territoriale. Il comune esercita funzioni proprie e delegate. Nel complesso, le funzioni di un comune riguardano le materie di: organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale; tenuta del catasto; pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale; pianificazione delle attività di Protezione Civile e coordinamento dei primi soccorsi; organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e riscossione dei relativi tributi; progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali; edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; Polizia Municipale; tenuta dei registri di Stato Civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici; Organizzazione generale della propria amministrazione, anche negli aspetti di gestione finanziaria e contabile. Gli organi di governo di un Comune sono tre: il Sindaco, la Giunta e il Consiglio Comunale. Il Sindaco è il responsabile dell'amministrazione comunale e rappresenta l'ente. Il Consiglio è un organo di carattere politico che indirizza e sostiene i principali atti degli altri organi di governo comunale. La Giunta è presieduta dal sindaco della composta dagli assessori, ai quali vengono assegnate deleghe specifiche per le materie di competenza. I Comuni hanno i tratti di un'organizzazione burocratica, con una distinzione netta tra ruoli politici ed esecutivi e amministrativi. Nell'ambito della struttura organizzativa del comune, la programmazione, la gestione e l'erogazione dei servizi socioassistenziali competono generalmente all'ufficio dei servizi sociali. Le competenze in materia di assistenza sociale spettanti al comune sono state chiaramente tracciati dalla legge 328/2000. Il comune svolge la funzione di: programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali; erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche finalizzate all'assistenza sociale dei soggetti beneficiari; autorizzazione, accreditamento e vigilanza degli interventi di assistenza sociale offerte sia da enti pubblici che privati. Una figura centrale è quella dell'assistente sociale, che lavora a diretto contatto con l'utenza: gode di uno spazio di discrezionalità professionale significativo e, la sia azione non si traduce nell'esecuzione di attività predefinite o di contenuto esclusivamente amministrativo. Nell'ufficio dei servizi sociali possono inoltre operare figure di personale amministrativo, il quale seguono le attività di carattere gestionale amministrativo. I COMUNI ASSOCIATI: I comuni possono scegliere le varie forme organizzative e istituzionali per la gestione associata dei servizi socio assistenziali. Gli enti per la gestione associata dei servizi socioassistenziali si attengono prevalentemente a questioni tecniche nella regolazione dei meccanismi di governance, dei rapporti con gli enti istituenti e della disciplina dei contratti e delle forniture. La tipologia di gestione associata (formula ISTITUZIONALE) avviene mediante (formula ORGANIZZATIVA): Patto di collaborazione amministrativa : formula organizzativa (enti) - Convenzione intercomunale; Delega a enti pubblici: formula organizzativa (enti): - Enti polivalenti (ASL, comunità montana, unioni di comuni); Enti costituiti ad hoc: Consorzio, Azienda Speciale Consortile, ASP; Delega a enti privati: formula organizzativa: fondazione di partecipazione, azienda (nella forma della società per azioni). PROVINCE: Gli organi di governo delle province richiamano quelli delle Regioni: il Presidente, il Consiglio, la Giunta. Il Presidente e il consiglio sono eletti direttamente dai cittadini, mentre gli assessori sono nominati. Le competenze istituzionali in materia di assistenza sociale assegnati alle Province fungono da cerniera tra Regioni e Comuni. Secondo la legge 328/2000, il ruolo delle province è: la raccolta di dati e informazioni per l'implementazione di un sistema informativo sui servizi sociali a livello territoriale; l'analisi dell'offerta assistenziale; a promozione dell'offerta formativa e di aggiornamento rivolto agli operatori; la partecipazione alla definizione e all'attuazione del PDZ. AZIENDE SANITARIE LOCALI: Le ASL costituiscono il cardine del SSN. Principali funzioni in materia di assistenza sociale: svolgono un duplice ruolo nel settore sanitario: agiscono come committenti di servizi sanitari; provvedono direttamente all'erogazione di tali servizi. I professionisti: Al vertice di un'ASL, nominato direttamente dalla Giunta Regionale, vi è Il direttore generale: un medico iscritto in un apposito albo presso il Ministero della Sanità. I professionisti che si occupano di assistenza sociale si concentrano in settori specifici: nei dipartimenti di servizi per la salute mentale e nei servizi per la tossicodipendenza. Modelli organizzativi: L'organizzazione di una ASL ha la struttura del modello divisionale con criteri di differenziazione. Le configurazioni che possono assumere le strutture organizzative di un ASL sono variabili. Si possono avere: enti che privilegiano la dimensione territoriale distrettuale come primo livello della struttura organizzativa; enti che delineano i dipartimenti tecnico-funzionali. AZIENDE E PRESIDI OSPEDALIERI: Gli ospedali, dal punto di vista organizzativo e giuridico, sono inquadrabili in due categorie: le AO che possono gestire uno o più strutture ospedaliere o i Presidi Ospedalieri gestiti direttamente dalle ASL.; IRCCS: Istituto di carattere e cura a carattere scientifico. LE EX IPAB E LE AZIENDE PER I SERVIZI ALLA PERSONA: Le IPAB Furono istituite con la legge 6972/1990, la quale attribuiva la qualifica di ente pubblico a una serie di organizzazioni di origine e natura privata (Opere Pie). Le IPAB erano organizzazioni che si situavano tra gli enti pubblici e gli enti privati. Hanno svolto un ruolo centrale nell'offerta di un'ampia gamma di servizi socio-assistenziali attraverso l'erogazione di contributi economici e l'erogazione diretta di servizi alla persona. Le attività svolte dalle IPAB erano classificate in 4 categorie: servizi socio sanitari a carattere residenziale; servizi educativi a carattere residenziali; servizi di ricovero temporaneo; servizi di natura mista mense servizi socio assistenziali a domicilio, borse di studio. La riforma costituzionale ha conferito loro la competenza legislativa esclusiva in materia di assistenza sociale. Il d.Lgs. 207/2001 prevede due opzioni per la trasformazione della IPAB: la conversione in un’ASP; la trasformazione in una fondazione. GLI ENTI PRIVATI E IL TERZO SETTORE: Si distinguono in enti con finalità di profitto ed enti privi di finalità di lucro (enti profit e nonprofit). In campo di assistenza sociale, gli enti profit sono molto ridotti rispetto al numero degli enti nonprofit. Le organizzazioni private che promuovono iniziative di economia sociale puntano a servire servizi e benefici ai propri soci e alla comunità anziché perseguire l'obiettivo primariamente della generazione di profitti. Dispongono di un management indipendente dal controllo pubblico e devono garantire ai propri membri dei processi decisionali democratici. Le caratteristiche degli enti nonprofit sono: intento mutualistico e/o solidaristico delle attività organizzative; Management indipendente; democraticità dei processi decisionali; equità nella gestione del capitale economico. Nel terzo settore rientrano organizzazioni sia strutturate per lo svolgimento di iniziative imprenditoriali (come le cooperative sociali), sia attività di natura volontaristica (come le associazioni di volontariato). Si classificano in 3 categorie: funzioni produttive; funzioni erogative di risorse economiche; funzioni di advocacy. Le organizzazioni non profit sono: la cooperativa sociale; l'associazione riconosciuta; l'associazione non riconosciuta; la fondazione; altre istituzioni non profit. I settori di attività sono: la cultura sport e ricreazione; istruzione e ricerca; sanità; assistenza sociale e protezione civile; ambiente; sviluppo economico e coesione sociale; tutela dei diritti e attività politica; filantropia e promozione del volontariato; Cooperazione e solidarietà internazionale; religione; relazioni sindacali e rappresentanza di interessi. LE COOPERATIVE SOCIALI: Sono un tipo di organizzazione orientata in chiave imprenditoriale nel terzo settore. Si presentano come vere e proprie imprese con fini solidaristici. Tra esse, si distinguevano: le cooperative di servizi sociali: cooperative che erogano servizi alla persona nell'ottica di garantire occupazione e benefici economici; le cooperative di solidarietà sociale: perseguivano finalità solidaristiche; traevano origine da iniziative promosse da gruppi e associazioni di volontariato; le cooperative di produzione lavoro integrate, nate con l'intento di offrire possibilità di lavoro a soggetti svantaggiati. Negli anni 90, le cooperative sociali vengono riconosciute e qualificate istituzionalmente, con la promulgazione della legge 381/1991, la quale introduce nell'ordinamento giuridico una nuova forma di impresa cooperativa distinguendone due forme: le cooperative sociali di tipo A: si dedicano alla gestione, produzione ed erogazione di servizi alla persona, di natura socioassistenziale ed educativa; le cooperative sociali di tipo B: impegnate nello svolgimento di attività produttive finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. La legge introduce un elemento innovativo per la governance organizzativa. Essa prevede che, possono figurare diverse categorie di soci: i soci prestatori; i soci volontari; i soci sovventori; i soci fruitori. Le cooperative sociali seguono i principi di equità. I CONSORZI non si interfacciano direttamente con utenza finale ma offrono servizi strumentali, essenziali per lo svolgimento per lo sviluppo delle cooperative di primo grado e per favorirne il compito: rappresentanza politica e istituzionale; realizzazione di economie di scala nelle forniture; partecipazione a bandi di gara che singole cooperative non possono affrontare. ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E ASSOCIAZI DI PROMOZIONE SOCIALE: Il fattore distinto di tali organizzazioni è l'impegno individuale in un'iniziativa di volontariato, poiché il volontariato non consegue una retribuzione per la propria opera e si impegna esclusivamente a favore della tutela dei diritti e l'aiuto dei terzi in stato di bisogno o per la tutela, l'ampliamento o la maggiore fruibilità dei beni comuni che presiedono alla qualità della vita dei cittadini. Dal punto di vista organizzativo, si differenziano in: associazioni (APS: Associazione Promozione Sociale): un gruppo di persone si unisce per perseguire un fine condiviso; organizzazioni (ODV: Organizzazioni di volontariato): strumento per realizzare gli obiettivi dell'associazione. LE FONDAZIONI: svolgono una varietà di funzioni e ruoli sia nel campo dell'assistenza sociale che nella vita sociale, economica e culturale del paese. Le forme giuridiche e organizzative che possono assumere le fondazioni sono: si presentano come un'organizzazione privata, senza finalità di lucro, che dispone di mezzi destinati a uno scopo, con un carattere di perpetuità. Essa prende forma a seguito del conferimento iniziale di un patrimonio da parte del fondatore, attraverso il quale Si delinea l'azione della fondazione stessa. L'obiettivo delle fondazioni è quello di amministrare e gestire il proprio patrimonio al fine di trarne un rendimento per sostenere le attività che ciascuna fondazione promuove. Nel settore dell'assistenza sociale possono essere distinte secondo due criteri: in base alla finalità perseguita, le fondazioni si possono suddividere in due grandi categorie: le fondazioni di erogazione: devolvono dei contributi finanziari, ottenuti dalla gestione del proprio patrimonio, ad altri soggetti per lo svolgimento di attività ritenute meritevoli di un sostegno; le fondazioni operative: sono dotati di proprie strutture, attraverso le quali perseguono direttamente le finalità istituite, Classificando le fondazioni secondo la natura giuridica, si individuano tre fattispecie: le fondazioni di diritto civile, ovvero le cosiddette fondazioni tradizionali; le fondazioni di diritto speciale, nelle quali rientrano quelle di origine bancaria; le fondazioni individuati dalla prassi, che comprendono le fondazioni di partecipazione e quelle comunitarie. LE IMPRESE SOCIALI: l’Espressione di impresa sociale si designa il concetto stesso di organizzazione non profit attiva nel terzo settore. La promulgazione della legge n° 118/2005 è stata introdotta una norma che delinea la possibilità di svolgere attività di impresa per fini diversi dal profitto e di interesse collettivo, operando anche al di fuori dei settori nei quali è concentrata l'azione delle cooperative sociali. Possono avvalersi del titolo di impresa sociale “Le organizzazioni private che esercitano in via Stabile principale un'attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale”. Si tratta, essenzialmente, delle Cooperative Sociali, delle ODV, delle APS e delle Fondazioni. LE ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA’ SOCIALE: Le organizzazioni di terzo settore sono costituite dal titolo di Onlus, una qualifica addizionale. La denominazione ONLUS interviene sugli aspetti fiscali delle attività delle organizzazioni nonprofit. Le organizzazioni che vogliono il titolo di Onlus devono svolgere attività ritenute di utilità sociale e prevedere il vincolo della assenza di finalità lucrative nella loro azione. 7.PROFESSIONI E COMPETENZE NEL LAVORO SOCIALE IL LAVORO: OCCUPAZIONI, PROFESSIONI, RUOLI, COMPETENZE I concetti di occupazione, professione, ruolo e competenze rimandano alla dimensione distinta di un’attività lavorativa. Occupazione: rappresenta il contenuto dell'attività lavorativa svolta, nonché la formula contrattuale. Quindi, definisce e rappresenta la condizione lavorativa di un soggetto. Professione: identifica e distingue una serie di occupazioni, che si contraddistinguono perché hanno assunto, nel tempo, un particolare rilievo sul piano sociale, culturale e istituzionale. È l'esito di quello che viene detto processo di professionalizzazione. Tale processo si compie lungo 5 tappe: la comparsa di una certa attività lavorativa come occupazione a tempo pieno; l'istituzione di scuole di formazione specialistiche; la costituzione di associazioni professionali; il riconoscimento da parte dello stato e la protezione monopolistica rispetto all'accesso e all'esercizio della professione; l'elaborazione di un codice etico o deontologico. Il risultato complessivo di questo processo di professionalizzazione è l'accrescimento della legittimazione sociale di un'occupazione. Nel campo specifico dell'assistenza sociale, Le occupazioni che assumono i tratti della professione sono quelle dello psicologo e dell'assistente sociale. Ruolo: il ruolo viene assunto qualora un professionista lavori per un'organizzazione. Un ruolo può essere descritto come << l'insieme delle norme e delle aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione in una più o meno strutturata rete di relazioni sociali, ovvero in un sistema sociale >>. Il ruolo individua la posizione che un membro dell'organizzazione andrà a occupare all'interno della sua struttura sociale e, in base alla quale, sarà tenuto a svolgere determinate attività. Competenza: la competenza può essere declinata in diverse forme. Si parla di competenze organizzative per descrivere le qualità distintive che un'organizzazione possiede, nonché le competenze individuali, in riferimento a determinate caratteristiche di una persona. Ogni competenza si compone di tre dimensioni essenziali: una componente oggettiva, identificata con il concetto di "sapere"; Una componente soggettiva, sintetizzata nella nozione e "saper fare"; una componente contestuale, alla quale ci si riferisce con l'espressione "saper essere". Nel settore dell’assistenza sociale le competenze professionali si esprimono lungo tutte e tre le componenti descritte. La dimensione del saper essere assume una rilevanza centrale nei servizi alla persona, poiché è attraverso di essa che possono emergere sia le basi motivazionali di un operatore, sia le sue capacità di dare consistenza e valore al suo intervento. IL LAVORO SOCIALE Le attività lavorative che permettono l'erogazione di servizi socioassistenziali, spesso, vengono classificate con il concetto di "lavoro sociale". Il concetto di lavoro sociale è diversamente interpretato a livello nazionale e a livello internazionale. Nel mondo anglosassone, il concetto di lavoro sociale fa riferimento alla nozione di Social Work, per descrivere una più ampia serie di attività di carattere socio-assistenziale, oltre le attività condotte dagli assistenti sociali. Non identifica una specifica occupazione ma diviene una categoria. A livello nazionale, la nozione di Social Worker non esiste né come singola attività lavorativa né come insieme di occupazioni e professioni. Secondo L’International Federation of Social Workers << il lavoro sociale nelle sue varie forme affronta le molteplici e complesse transazioni tra le persone proprio ambienti. La sua missione e di fare in modo che un individuo possa sviluppare il proprio potenziale, arricchendo la propria vita e prevenendo delle disfunzioni >>. <<Non esistono scale universali di definizione del lavoro sociale, perché si assume significato incisività rispetto alle contingenze sociali, culturali ed economiche con le quali si confronta>>. LAVORO SOCIALE E ASSISTENZA SOCIALE: Il Social Care allude alle attività di cura e assistenza erogate in strutture residenziali e/o presso il domicilio di un individuo. Gli interventi assistenziali assumono una loro tangibilità fisica, riscontrabile nelle specifiche prestazioni erogate a un utente. La nozione di Social Care include quella di Social Work. Ciò perché il concetto di social care è inteso come l'insieme di servizi alla persona, attraverso le quali si delinea il lavoro sociale. IL LAVORO SOCIALE COME PRATICA DISCORSIVA: Il lavoro sociale e la produzione di servizi socioassistenziali si fondano sulla relazione tra un utente ed erogatore. Il concetto di pratica discorsiva nasce a partire dagli anni '90, laddove si riscontra che, molte attività lavorative si fondano sulla comunicazione e sul linguaggio. La comunicazione non viene più Intesa come il vettore attraverso il quale si sviluppano le interazioni sociali, ma diviene a sua volta un oggetto di lavoro. Con l'espressione conversazione istituzionale si intende un'interazione che segue degli schemi rintracciabili secondo: le scelte lessicali dei partecipanti alla conversazione (ad esempio un assistente sociale e utente); il disegno dei turni di conversazione e l'organizzazione delle sequenze di interazione; l'organizzazione complessiva della struttura internazionale e le dinamiche relazionali che da essa conseguono sulle quali essa si basa. Le conversazioni istituzionali si delineano attraverso la stabilizzazione dei fattori descritti, in modo da rendere uniformi e prevedibili i singoli episodi di integrazione che si possono sviluppare in un determinato contesto lavorativo. In quest’ottica si contraddistinguono perché: danno vita al repertorio di pratiche comunicative, composto da precise scelte lessicali, modalità di gestione dei turni ecc..; implicano lo sviluppo di una competenza per interagire adeguatamente. LA MATERIALITA’ DEL LAVORO SOCIALE: Il lavoro sociale, mantiene una sua componente materiale. Si tratta di una materialità che ha una natura intrinsecamente corporea, in quanto presuppone un’interazione fisica, tra utente e operatore. Il corpo come strumento lavorativo deve essere considerato come una forma di comunicazione, mediante la quale si produce quella che viene definita Conoscenza Sensibile: una conoscenza che passa attraverso percezioni e movenze corporee. Molte caratteristiche distintive del Lavoro sociale prendono forma proprio mediante il corpo. Il corpo diviene quindi veicolo comunicativo. Il lavoro sociale si costruisce lungo una dimensione di plurisensorialità. Un'altra dimensione risiede invece nelle attività di documentazione e amministrazione. OCCUPAZIONI E PROFESSIONI SOCIALI Le principali occupazioni e professioni che si ritrovano nel settore dei servizi socioassistenziali, sono definite professioni sociali. Sono generalmente rappresentati come professioni dedite ad attività di aiuto e resistenza; lavorano in una sorta di frontiera tra situazioni di normalità e devianza, promozione e disagio; utilizzano la relazione con le persone come strumento principale per lo svolgimento delle proprie attività, che sono finalizzate a fornire aiuto, cura, sostegno, educazione e assistenza. ASSISTENTI SOCIALI Le attività di loro competenza sono oggetto di uno specifico percorso formativo e sono regolamentate da uno specifico ordine professionale. L'ordine degli assistenti sociali ha promosso la promulgazione di un codice deontologico. Il ruolo degli assistenti sociali è centrale nelle politiche assistenziali, in quanto essi assumono una posizione nodale sia per l'accesso ai servizi socio-assistenziali, sia per la realizzazione degli interventi assistenziali. Secondo la norma, le mansioni che competono a un’assistente sociale si articolano in cinque categorie principali : Area relazionale, Area gruppi e comunità, Area didattico-formativa, Area studio e ricerca, Area progettuale, programmatoria e di amministrazione dei servizi. Per svolgere la professione di assistente sociale è oggi necessario possedere una laurea in servizio sociale e iscriversi all'ordine nazionale (istituito nel 1993). La professione dell'assistente sociale figura oggi come un'occupazione "matura", cioè ha compiuto molti dei passaggi tipici dei processi di professionalizzazione. Sono da segnalare i rischi di deprofessionalizzazione che giungono da più versanti: in particolare, la tendenza di esternalizzazione dell'erogazione di molti interventi, assieme al massiccio ricorso ai trasferimenti monetari, porta con sè il pericolo di trasformare l'assistente sociale in una sorta di dispencer di titoli sociali e contributi economici, privo della possibilità di seguire da vicino l'evoluzione della situazione di un utente. EDUCATORI: La figura dell'educatore non coincide con la figura dell'insegnante. L'educatore rappresenta << un aggancio, per soggetti che non hanno potuto introiettare modelli di comportamento adeguati alla vita sociale, per apprendere, in situazione, comportamenti, valori e atteggiamenti che permettono un vero e proprio reinserimento sociale >>. L’educatore si dedica a individuare i fattori che possono promuovere e sostenere un cambiamento nella condizione di un individuo o un gruppo. Cerca di identificare e promuovere le azioni concrete per sviluppare un progetto di reinserimento. L’educatore è l’operatore che può entrare in gioco quando si verifica una situazione di crisi all'interno del sistema di esperienze educative dalle quali sono interessati i soggetti individuali e collettivi. In quanto agente di cambiamento, Egli deve muoversi su tre fronti: un piano di promozione delle potenzialità di un soggetto, Affinché queste si traducano in atti cognitivi, affettivi e relazionali; un piano preventivo, per ridurre il rischio che le potenzialità di un individuo rimangano inespresse; un piano riabilitativo, per recuperare le potenzialità che un soggetto non riesce più ad attivare. AUSILIARISOCIOASSISTENZIALI (ASA) E OPERATORI SOCIOSANITARI (OSS) Gli ASA e gli OSS rappresentano due occupazioni che si occupano entrambe della cura e dell'assistenza di una persona che è temporaneamente o permanentemente incapace di soddisfare delle minime necessità di cure sussistenza. Gli operatori ASA e OSS costituiscono un riferimento importante nella dimensione relazionale di una persona in condizione di bisogno. La differenza che intercorre tra queste due figure di operatori è che l'OSS può somministrare dei farmaci e collaborare alla realizzazione di prestazioni terapeutiche, mentre Italia attività sono formalmente precluse agli ASA. Il titolo di un OSS è una qualifica a livello nazionale, mentre il titolo di un ASA è una qualifica a livello regionale. ASSISTENTI FAMILIARI. Gli assistenti familiari sono quelle figure di caregiver definite con il termine "badanti". Le attività delle badanti consistono nella cura e nell'assistenza a domicilio di persone anziane non autosufficienti. La diffusione delle badanti ha ridotto la pressione verso gli enti pubblici che dovrebbero offrire servizi alternativi per l'assistenza domiciliare degli anziani non autosufficienti. Questa situazione costituisce un ostacolo allo sviluppo di un'offerta di assistenza domiciliare regolarizzata sotto il profilo contrattuale e amministrativo. PSICOLOGI: La strutturazione professionale dell'attività dello psicologo è assai articolata. Il costo delle prestazioni erogate dei liberi professionisti è peraltro regolato da un tariffario definito dall'ordine stesso, all'interno del quale sono specificate dettagliatamente le diverse tipologie di intervento. Nell'ambito dei servizi socioassistenziali, le pratiche che gli psicologi svolgono sono molteplici: Attività di psicoterapia; diagnosi psicologiche che accedono al servizio; ecc. ALTRE PROFESSIONI E OCCUPAZIONI: L'implementazione dei servizi socioassistenziali richiedi la cooperazione di numerose altre figure professionali. Un ruolo decisivo lo svolgono i medici e il personale infermieristico. Un'altra figura della quale si deve tenere conto è quella del mediatore linguistico-culturale. In molte organizzazioni pubbliche e private, un ruolo decisivo viene svolto dal personale amministrativo.