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Che cosa sono i servizi socioassistenziali?

Una definizione nell’art. 128 del D.Lgs.31 marzo 1998, n° 112:


“Si intendono per servizi sociali tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi,
gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di
bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse quelle assicurate
dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione
della giustizia”. Altri elementi che definiscono i servizi sociali sono: la selettività, perché l’erogazione del
servizio deve essere indirizzato alle persone che presentano un effettivo bisogno; la residualità che deriva dal
fatto che tali servizi costituiscono una sorta di risorsa per i loro destinatari qualora essi non siano in grado di
provvedere alle proprie esigenze.
La natura dei servizi socioassistenziali
L’assistenza sociale tra servizi e trasferimenti monetari
Con il concetto di trasferimento monetario si intende l’erogazione di un contributo economico da parte di
un ente pubblico a favore di un individuo o di una famiglia, finalizzate a fronteggiare i particolari bisogni,
individuali e/o familiari. Tale contributo è a fondo perduto: in genere non si prevede una restituzione della
somma di denaro ricevuta dal destinatario. I servizi consistono in un insieme di prestazioni di assistenza
che richiedono un’interazione diretta e consistente tra erogazione e beneficiario. I trasferimenti monetari
rappresentano la soluzione più idonea per fronteggiare un bisogno contingente. L’erogazione di un
contributo economico non risolve il bisogno di un individuo. Su scala nazionale, più di un quarto della spesa
sociale dei Comuni si traduce in trasferimenti monetari. L’opzione del trasferimento monetario garantisce
agli enti un risparmio in termini di costi di transizione: gestire l’erogazione di un contributo economico è
senza dubbio più semplice rispetto all’insieme di procedure da seguire per l’erogazione diretta di un servizio.
Ciò non significa che il trasferimento monetario rappresenta una scelta più efficiente e più efficace rispetto
alla fornitura diretta di un servizio.
I servizi socioassistenziali come “Attività ad alta intensità di personalità”
Richard Normann, nel 1984, studioso di gestione dei servizi. Nella sua analisi traccia una distinzione
preliminare tra il concetto di prodotto e il concetto di servizio. Il prodotto rimanda all’idea di un bene
concreto ossia materialmente tangibile; il servizio richiama un atto immateriale. I servizi alla persona
costituiscono una particolare fattispecie di attività di servizio. Richard Normann li definisce servizi a
elevata intensità di personalità, perché la loro realizzazione implica un contatto diretto tra erogatore e
beneficiario. Le caratteristiche che presentano i servizi alla persona sono quindi: la consistenza
immateriale; il contatto diretto tra erogatore e beneficiario; la partecipazione dell’utente alla
produzione del risultato finale (output); l’inizio di un servizio comincia nel momento stesso in cui viene
prodotto ed erogato. I servizi alla persona: non possono essere immagazzinati; non possono essere ceduti né
traferiti a soggetti terzi; sono finalizzati alla produzione di un output che non esiste prima dell’erogazione del
servizio stesso, vale a dire prima dell’incontro tra produttore e “Consumatore”.
I servizi come relazioni
I servizi possono essere inquadrati come “Relazioni che producono relazioni”. L’esito di un servizio è
quello di riprodurre delle relazioni sociali. Questo enfatizza la dimensione sociale dei servizi socio-
assistenziali, perché essi lavorano proprio sulle relazioni che intercorrono tra i soggetti e non sulla fornitura
di prestazioni o interventi circoscritti. Si riconosce ai servizi la loro dimensione sociale in quanto essi
assumono una rilevanza collettiva perché generano e rigenerano legami sociali. Si può parlare di servizio
come un processo di coproduzione, in particolare nelle attività assistenziali. Nella prestazione di un
servizio, i ruoli dei soggetti si possono configurare secondo una gerarchia che prevede posizioni attive
(coloro che erogano la prestazione) e passive (coloro che la ricevono). La concettualizzazione dei servizi
come relazioni va mantenuta come riferimento conoscitivo e analitico, sebbene la sua visibilità nel mondo
organizzativo e professionale sia ostacolata da una serie di fattori. In primo luogo, la divisione sociale del
Lavoro sociale: la specializzazione dei compiti e delle responsabilità professionali ha generato un’elevata
frammentazione delle attività lavorative, favorendo la prevalenza di una rappresentazione dei servizi come
azioni focalizzate sull’erogazione di prestazioni. In secondo luogo, le relazioni che emergono dai servizi
possono rivelarsi conflittuali e dar luogo a contrasti e contrapposizioni. Le dinamiche conflittuali sono viste
come un fallimento dell'intervento assistenziale, del quale si cercano cause responsabilità. Questo è un
inevitabile riflesso della natura dei servizi come processi di coproduzione di relazioni: l'incontro tra
professionista e utente è una situazione il cui esito non è prevedibile né misurabile.
Servizi e progetti Un intervento può essere configurato come servizio o come progetto. Un servizio
costituisce un'attività realizzata da un'organizzazione; intercetta bisogni ed esigenze più diffusi e consolidati.
Un progetto si configura come un' attività circoscritta nel tempo; si concentra su bisogni e problemi specifici
ed emergenti. I progetti offrono più opportunità di sperimentare metodologie di intervento innovative,
poiché si prestano alla collaborazione interorganizzativa, poiché prevedono la collaborazione tra
organizzazioni di natura diversa. La realizzazione di un progetto predispone una struttura più orizzontale
dei ruoli, favorendo la valorizzazione delle competenze dei professionisti. Lavorare per progetti implica una
maggiore flessibilità a livello organizzativo. La prevalenza della logica di progetto introduce, però, una forte
incertezza rispetto alla continuità organizzativa degli interventi assistenziali. Il rischio è quello di fornire
soluzioni di breve termine a problemi di lungo termine.
2. L’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI
Che cosa si intende con l'espressione "organizzazione dei servizi socioassistenziali"?
L'organizzazione dei servizi socioassistenziali prende forma come un processo dinamico e mutevole. Il
risultato complessivo può prendere la forma di un sistema organizzato, nel senso di un insieme di attività
allineate tra loro. Ciò permette di studiare le criticità che si celano dietro ciascun passaggio organizzativo, sia
di natura locale sia di più ampia portata. Parlare di costruzione organizzativa dei servizi socioassistenziali
significa dunque mettere in luce gli snodi organizzativi attraverso i quali tali servizi vengono progettati,
gestiti e erogati. Gli snodi attraverso il quale il processo si compie possono essere individuati a livello micro,
quando riguarda il rapporto tra individui e organizzazioni, vale a dire le relazioni che intercorrono tra coloro
che lavorano per l'organizzazione. A livello meso, quando le questioni si concentrano sulle relazioni tra le
organizzazioni che concorrono alla programmazione, gestione e produzione di servizi; a livello macro, gli
snodi organizzativi acquisiscono il senso di tendenze sistemiche; predispone una visione d'insieme che coglie
più complessivamente l'andamento di ambiti d'azione più ampi, denominati settori (es. sanità..). Il primo
livello di analisi ha una dimensione micro: si focalizza sulla costruzione interna delle organizzazioni. La
definizione dei ruoli di ciascuno individuo diviene uno dei principali presupposti per la regolazione dei
contributi individuali per la definizione del contesto organizzativo. La suddivisione dei ruoli nelle
organizzazioni si compie lungo due assi: uno verticale e uno orizzontale l'asse verticale delinea la
distribuzione della autorità gerarchica, attribuendo secondo un ordine decrescente il potere decisionale.
L'asse orizzontale traccia la specializzazione funzionale delle varie componenti di un'organizzazione (uffici,
settori, divisioni..) i criteri che orientano tale specializzazione funzionale sono molteplici: la tipologia di
prodotto o servizio erogato; la tipologia di clientela/utenza; le tecnologie adottate. Ogni organizzazione deve
assicurarsi che i singoli soggetti seguono delle direttrici comuni. La suddivisione e specializzazione dei ruoli
genera la struttura sociale di un'organizzazione. I modelli di struttura organizzativa più diffusi sono
quattro: semplice; funzionale; divisionale; a matrice.
La struttura semplice è la forma più elementare di struttura di un'organizzazione. Si applica alle piccole
organizzazioni, specializzate in un'unica attività. La differenziazione dei ruoli è molto flessibile. La scala
verticale prevede una forte concentrazione dell'autorità decisionale ai vertici. La struttura funzionale è una
struttura semplice più articolata. Può essere adottata da quelle organizzazioni che operano in un unico
contesto territoriale, erogano una singola tipologia di prodotto o servizio e si rivolgono a un'utenza dalle
caratteristiche omogenee. L'accentramento dell'autorità decisionale ai vertici è elevato. La struttura
divisionale è invece più adeguata a quelle organizzazioni che soddisfino alcuni requisiti, quali: avere più
sedi e contesti di attività; erogare una pluralità di prodotti/servizi; relazionarsi con una gamma eterogenea di
utenti. La suddivisione delle componenti interni dell’organizzazione viene svolta considerando il diverso
output che ciascuna di essa deve produrre. L'elemento che contraddistingue le strutture organizzative
divisionali è l'elevato grado di decentramento dell'autorità. La struttura a matrice combina le due logiche di
suddivisione orizzontale dei ruoli: la specializzazione funzionale e quella dell'output. La sua configurazione
prevede un intreccio tra ambiti funzionali (l'amministrazione, la comunicazione, la progettazione) e ambiti di
attività di un'organizzazione (ad es. i vari reparti di un ospedale...). Ciascun operatore ha almeno due
responsabili in questa struttura: un responsabile funzionale, il quale deve riferire per le questioni più
specifiche; un responsabile di prodotto o attività, rispetto al quale deve relazionarsi per le esigenze specifiche
delle attività. A livello intermedio, le organizzazioni assumono la valenza di attori che interagiscono nella
società sia attraverso la realizzazione di specifiche attività, sia tramite le relazioni che esistono tra loro. È
stata introdotta la nozione di stakeholder, categoria analitica per individuare i principali soggetti con i quali
un’organizzazione sviluppa e mantiene delle relazioni. Uno stakeholder è un soggetto che è in grado di
esercitare un'influenza su un'organizzazione, o che è influenzato dalle scelte della stessa. Gli stakeholder
possono essere soggetti interni a un’organizzazione, soggetti che beneficiano dei servizi di questa realizzati, i
fornitori, le istituzioni pubbliche, le agenzie di regolazione, nonché gli azionisti, le banche, i mass media.
Quando si parla di fini organizzativi bisogna riconoscere che essi non sono unanimemente condivisi tra i suoi
membri. Essa si compone di quel gruppo di leader che, in virtù del loro potere formale o informale, riescono
a costruire una rappresentazione dei fini organizzativi coerente con la propria visione.
La convergenza delle scelte e dei comportamenti di organizzazioni assai diverse tra loro prende il nome di
isomorfismo: indica l'esito di un insieme di tendenze che spingono molte organizzazioni a uniformare le
proprie azioni, creando un elevato grado di omogeneità a livello ambientale. Le ragioni che spingono le
organizzazioni a uniformare le proprie scelte sono tre e danno luogo a diverse dinamiche di isomorfismo:
coercitivo, mimetico e normativo. Una situazione di isomorfismo coercitivo sì vieni a creare quando
l'organizzazione impone all'altra un determinato comportamento. L'isomorfismo mimetico prende forma
nell'allineamento a comportamenti e scelte già seguiti da un'altra organizzazione, e viene assunta come
modello da imitare. L'isomorfismo normativo si genera laddove alcune categorie di professionisti riescono
a imporre determinate scelte alle organizzazioni nelle quali lavorano. Molte organizzazioni adottano una
strategia che consiste in una sorta di sdoppiamento della propria identità: da un lato, mostrano verso l'esterno
di aderire a quelle tendenze che ne possono accrescere il prestigio e la reputazione, ma, dall'altro,
mantengono schemi di comportamento molto più impermeabili ai cambiamenti. I rapporti tra le
organizzazioni si configurano spesso come transazioni economiche. Il concetto di transazione sottintende
qualsiasi forma di scambio che, attraverso la regolazione di un contratto, un'organizzazione può sviluppare
con altri soggetti per la realizzazione di un prodotto di un servizio. La gestione di una transazione ha un suo
costo. Da un punto di vista macro, la costruzione organizzativa dei servizi socioassistenziali sottintende
l'esito dell'adozione di una particolare logica d'azione nella regolazione dei rapporti Intra e
Interorganizzativi. A partire dagli anni '80 molte pubbliche amministrazioni hanno attraversato un graduale
processo di riconfigurazione dei propri assetti organizzativi. Questo fenomeno ha ridefinito i numerosi
presupposti delle relazioni tra utenti, professionisti e istituzioni, favorendo la comparsa e la diffusione di
nuove logiche di azione nella programmazione, gestione ed erogazione dei servizi. L'inquadramento
organizzativo dei servizi socioassistenziali si traccia seguendo alcune direttrici: il consistente imprinting
burocratico che ha segnato la costituzione e il consolidamento delle pubbliche amministrazioni in Italia, la
ridefinizione delle dinamiche operative di alcune unità organizzative e la crisi e il declino del paradigma
burocratico. Con il concetto di burocrazia si intende una particolare logica di configurazione dell'azione di
un'organizzazione che ha contribuito innovare e consolidare il funzionamento delle pubbliche
amministrazioni. Il concetto di burocrazia si è diffuso grazie all'opera di Max Weber (1961) utilizzò questo
termine per descrivere un particolare modello di gestione delle pubbliche amministrazioni. Il criterio
esclusivo di legittimazione delle decisioni organizzative è la legge.
Nel modello ideale di burocrazia la legge legittima e stabilizza l'azione organizzativa, in quanto ne
anticipa e prefigura forme e contenuti, garantendole così uniformità e preservandola dall'influenza
distorsiva di interessi personali e di altri fattori di disturbo. Il concetto di burocrazia inquadra un
insieme di principi atti a garantire la conformità dell'azione organizzativa alle norme. Il criterio della
conformità alle norme viene ritenuto imprescindibile per un’organizzazione burocratica, in quanto
garantisce la sopravvivenza dell'organizzazione. I principi, attraverso i quali si delinea l'azione di una
burocrazia, si declinano nella regolamentazione del rapporto professionale che lega un individuo a una
pubblica amministrazione. L'assunzione da parte dell'organizzazione è subordinata all'esito di un concorso
pubblico, nel quale sono verificate le capacità del candidato; l'attività lavorativa come funzionario
burocratico deve essere svolta a tempo pieno e come professione principale; Il funzionario burocratico è
tenuto al rispetto della segretezza degli atti d'ufficio e alla fedeltà nei confronti dell'organizzazione. Il
funzionamento delle pubbliche amministrazioni in Italia si è fortemente ispirato alle logiche
burocratiche. Si è trattato di un imprinting che ha generato un profondo radicamento delle logiche
burocratiche nelle culture organizzative e professioni di molte pubbliche amministrazioni. Le pubbliche
amministrazioni italiane si sono distinte per il rilievo che il diritto amministrativo ha assunto come
fonte di validazione dell'operato delle organizzazioni. La logica d'azione burocratica presuppone una
rigida standardizzazione dei comportamenti individuali dei membri di un'organizzazione e dei
risultati che si devono produrre collettivamente. Si parla di burocrazie professionali che mantengono un
assetto burocratico pur riconoscendo un consistente grado di discrezionalità ai propri membri. La
discrezionalità deve essere concessa a coloro che operano in prima linea nell'erogazione di un servizio. Si
tratta di professionisti che devono intervenire in diverse fasi delle loro attività. Riconoscere la discrezionalità
non significa ammettere una sorta di libero arbitrio a tali professionisti. Michael Lipsky (1980) ha
denominato tale professioni con l'espressione di "burocrati di strada". In molte pubbliche amministrazioni
convivono logiche d'azione differenti e a volte contraddittorie. La costruzione organizzativa dei servizi socio
assistenziali si fonda su contrapposizioni, perché il lavoro di molti professionisti è incastonato all'interno di
strutture che mantengono le rigidità tipiche degli aspetti burocratici tradizionali. Il declino delle logiche di
azione burocratica sono riconducibili a molti fattori. In primo luogo, molte pubbliche amministrazioni hanno
sofferto a causa di un fenomeno chiamato "gigantismo organizzativo", vale a dire di dilatazione delle
strutture organizzative, in senso sia verticale che orizzontale. Questo processo ha reso più complessa la
gestione di molte burocrazie, influendo negativamente sull’efficacia e l’efficienza di diverse pubbliche
amministrazioni. In secondo luogo, molte pubbliche amministrazioni molti operatori sono stati costretti a
interpretare il dettato legislativo e ad agire sulla base della propria interpretazione, introducendo maggiore
incertezza nell’azione organizzativa. Un quarto parametro riguarda la pervasività dei rapporti tra politica e
pubbliche amministrazioni. Infine, negli ultimi decenni si è intensificata la presenza di attività gestionali
promossi e sviluppate da un insieme di organizzazioni. Si è profilata una nuova logica di azione
organizzativa che, ha ridefinito, sia la configurazione dei contesti organizzativi, sia la valenza delle
organizzazioni come attori sociali. Viene costituita così una nuova organizzazione definita "struttura di
implementazione". Strutture di implementazione sono composte da frazioni di altre organizzazioni, vale a
dire da membri di organizzazioni preesistenti che vengono temporalmente assegnati a un incarico
presso la nuova unità organizzativa. Tra le organizzazioni partecipanti prevale una logica di cooperazione,
che attenua il ricorso all'autorità nei processi decisionali. La specializzazione dei ruoli risulta funzionale agli
obiettivi del programma. Un aspetto distintivo delle strutture di implementazione è la possibilità che esse
siano costituite da organizzazioni pubbliche e private. La formalizzazione di queste esperienze prende
genericamente specifiche forme, quali associazioni temporanee di impresa (ATI) o associazioni
temporanee di scopo (ATS). Si tratta di forme giuridiche che delineano una realtà organizzativa composta
da più organizzazione che definiscono gli accordi per l'allocazione delle risorse, la gestione delle attività. Le
strutture di implementazione sono una sorta di veicolo amministrativo che consente anche a delle piccole
organizzazioni di concorrere a bandi per la realizzazione di progetti di notevole rilevanza, in competizione
con Imprese di maggiori dimensioni.
3. L’ASSETTO ISTITUZIONALE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI
L'espressione assetto istituzionale si riferisce all'insieme di fattori che regolano i rapporti tra i diversi
attori che sono chiamati in causa nella programmazione, gestione ed erogazione dei servizi
socioassistenziali, nonché i rapporti tra questi attori gli utenti dei medesimi servizi. I provvedimenti
legislativi non sono le uniche leve che plasmano l'azione di professionisti nelle organizzazioni. L'analisi
degli assetti istituzionali deve tenere presente che i territori nei quali si devono attenuare le politiche
mostrano notevoli differenze. La differenziazione territoriale emerge già dal confronto tra Regioni che
appartengono alla medesima macroarea territoriale. La composizione dell'assetto istituzionale delle forme di
governo, della programmazione della produzione dei servizi socioassistenziali può essere letta considerando
alcune tendenze di fondo che ne hanno scandito l'evoluzione e i cambiamenti negli ultimi decenni: il
decentramento amministrativo e legislativo e la “territorializzazione” dell'offerta di servizi;
l'universalismo dei diritti di accesso e l'uniformità dell'offerta di prestazioni; il riconoscimento e la
valorizzazione del ruolo del terzo settore; il richiamo alle tendenze di aziendalizzazione che hanno
contrassegnato più distintamente alcuni settori. Il risultato è un complesso e articolato assetto
istituzionale, caratterizzato da diversi elementi di differenziazione.
Il decentramento amministrativo e legislativo e la “territorializzazione” dell'offerta di servizi
Il decentramento amministrativo corrisponde al trasferimento di autorità da enti centrali a enti periferici, che
assumono così maggiori responsabilità nella gestione e programmazione dei servizi. A partire dagli anni
Settanta ha preso piede in Italia un processo di decentramento amministrativo dell'offerta di servizi socio-
assistenziali. In primo luogo, il decentramento prese forma grazie a un complesso insieme di iniziative
istituzionali di matrice statale, culminate in due importanti provvedimenti legislativi: il D.P.R. n°616/1977
che disponeva il trasferimento di una serie di competenze amministrative dallo stato alle regioni e agli enti
locali; dall'altro, la legge n° 833/1978 che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), imperniato
organizzativamente sulle Unità Sanitarie Locali (USL): queste costituivano l'organo di riferimento a livello
territoriale per la programmazione e l'erogazione di servizi e prestazioni sanitarie. In secondo luogo, molti
enti locali sperimentarono nello stesso periodo delle stanze di decentramento seguendo una logica che prende
forma di iniziative per la gestione di servizi assistenziali: alcuni comuni iniziarono a costituire una serie di
servizi e realizzare delle economie di scala, cercando di innalzare la qualità e la capillarità dei servizi. Negli
anni 90 le politiche a favore del decentramento dei servizi trovano nuovo vigore nelle leggi n° 142/1990,
conosciuta come Testo Unico degli Enti locali (TUEL), nella legge n° 59/1997 denominata riforma
Bassanini e nel decreto legislativo n°112/1998, che sancirono il trasferimento di una serie assai corposa di
competenze amministrative dallo Stato alle Regioni. Nel 2001 si compie un'importante atto di decentramento
politico, con la riforma del Titolo V della Costituzione che trasferì dallo Stato alle Regioni la competenza
legislativa esclusiva in diverse materie.
L'universalismo dei diritti di accesso e l'uniformità dell'offerta di prestazioni
Con la legge 328/2000: uno dei suoi presupposti è il riconoscimento dell'accesso ai servizi sociali come
diritto soggettivo di ogni singolo cittadino e sono stati introdotti i cosiddetti "livelli essenziali di assistenza
sociale" (LIVEAS). Questi individuano un insieme di prestazioni socio assistenziali che dovrebbero essere
erogati sull'intero territorio nazionale.
Il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo del terzo settore
Il terzo fattore che ha caratterizzato l'evoluzione dell'assetto istituzionale del sistema dei servizi socio
assistenziali in Italia è la crescente rilevanza che hanno acquisito le organizzazioni che compongono il
cosiddetto "terzo settore". La diffusione delle organizzazioni di terzo settore. è stato il mutamento del quadro
istituzionale e organizzativo dell'offerta di servizi socioassistenziali. Si è ricomposta secondo una logica di
welfare mix, nella quale gli attori privati assumono un peso sempre più rilevante nel complessivo intervento
di prestazioni assistenziali. I fattori che hanno favorito la formazione di questa configurazione di welfare mix
sono: l'irrigidimento delle strutture burocratiche delle amministrazioni pubbliche; la costante riduzione della
spesa pubblica destinata all'assistenza sociale; l’aumento del grado di complessità dei bisogni sociali;
l'intensificazione delle istanze di partecipazione civile e democratica sostenuta dall'affermazione di
movimenti sociali e politici di diverso genere e ispirazione. la diffusione delle politiche di governance
multilivello nel campo dell'assistenza sociale, è legato a un passaggio fondamentale, ovvero l'introduzione
dei Piani di zona (PDZ), con la legge 328/2000. Il piano di zona costituisce un innovativo strumento di
programmazione locale dei servizi socioassistenziali. L'elemento che lo contraddistingue e l'apertura alla
partecipazione degli attori del terzo settore nei processi di programmazione. Le organizzazioni di terzo
settore grazie al PDZ esse possono intervenire direttamente in modo riconosciuto nei processi di
programmazione locale.
Tendenze di aziendalizzazione della pubblica amministrazione
L'aziendalizzazione della Pubblica Amministrazione è un tema che si può ricondurre a quella dottrina
gestionale che prende il nome di New Public Management. Il presupposto è una visione della società ispirata
ai Principi liberisti, secondo la quale le logiche di mercato devono divenire criteri predominanti anche nella
gestione delle politiche pubbliche.
Quale impatto hanno avuto le tendenze di aziendalizzazione e, quindi, il NPM, nel settore dei servizi socio
assistenziali in Italia?
Da un lato, l'aziendalizzazione si è sviluppata nel verso dell’esternalizzazione di alcuni servizi e
prestazioni socioassistenziali, favorendo così lo sviluppo di un assetto che combinasse l'offerta pubblica
con quella privata. Dall'altro lato, la titolarità della gestione amministrativa dei servizi socioassistenziali è
rimasta nelle veci dei Comuni.
I PASSAGGI LEGISLATIVI
Hanno segnato il percorso di trasformazione dell'assetto istituzionale dell'offerta di servizi socioassistenziali,
alcuni provvedimenti legislativi, quali: la legge 833/1978, che ridefinisce la gestione dei servizi sanitari
istituisce il SSN; la legge 328/2000, legge quadro in materia di assistenza sociale; la legge di riforma
costituzionale n°3/2001 che redistribuisce le competenze legislative in materia di assistenza sociale. La
legge n.833/1978 (Riforma del Sistema Sanitario Italiano) sottolineava che la tutela della Salute non doveva
limitarsi alle attività di cura, ma doveva includere anche i processi di prevenzione e riabilitazione. Al tempo
stesso, simpatizzò il tema della partecipazione dei cittadini ai processi di gestione e programmazione delle
politiche sanitarie, nonché il diritto dei cittadini all'informazione in merito ai servizi. Inoltre, la legge
n°180/1978, legge Basaglia, portò alla chiusura dei manicomi. La legge n°833/1978 a ogni cittadino venne
riconosciuto il diritto di accedere ai servizi sanitari, a prescindere dalla propria condizione lavorativa e
occupazionale. Si incentiva una logica di programmazione dell'offerta dei servizi, individuati su tre livelli:
statale, regionale e locale. Aggiunse la costituzione dell’USL, il nuovo enti che si poneva come il riferimento
istituzionale e organizzativo per la programmazione, la gestione e l'erogazione dei servizi sanitari. La genesi
delle USL fu un processo di grande portata in chiave istituzionali organizzativa. Esso portò all'istituzione, a
livello nazionale, di ben 659 USL. La presenza di queste strutture consenti di passare da un modello di
gestione e programmazione dei servizi sanitari accentrato e settoriale a un modello decentrato e unitario.
Molti comuni scelsero di delegare alle USL la gestione dei servizi per i minori e per le famiglie. Questa
scelta fu Favorita perché, le USL permettevano di coniugare le esigenze di economia nell'erogazione di
servizi con le richieste di contiguità con il territorio, e, in secondo luogo, i comuni potevano comunque
mantenere un controllo diretto sull'operato delle USL, attraverso i comitati di gestione. La legge 833/1978
cambiò radicalmente l'organizzazione dell'offerta dei servizi sanitari. Le criticità che emersero riguardo
questo assetto istituzionale furono: la sovrapposizione tra responsabilità politiche e responsabilità tecniche
nella guida delle USL. Non vi fu un coordinamento gerarchico nelle politiche gestionali, in particolare da
parte dello Stato nei confronti delle Regioni. Le ricadute di questo problema furono gravi soprattutto nel
controllo della spesa e ciò causò un'enorme dilatazione del budget per i servizi sanitari, provocando un forte
indebitamento nei conti pubblici statali. Si resero urgenti degli interventi di riorganizzazione, che ebbero
luogo nel corso degli anni '90. Questo percorso di riforme si articola lungo un trittico di iniziative legislative:
Il D.Lgs. 502/1992, il D.Lgs. 517/1993 e il D.Lgs. 229/1999. Queste iniziative legislative segnarono
radicalmente la struttura di governo delle USL, le competenze a essi assegnate e la loro distribuzione su scala
territoriale; i principali cambiamenti riguardarono: USL divennero aziende dotate di personalità giuridica
pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Questa
trasformazione comportò anche il cambiamento della loro denominazione da USL ad ASL. La dimensione
attuale di un'ASL corrisponde tendenzialmente al territorio provinciale di riferimento. Nel corso degli anni
'90, si avviò il cosiddetto processo di regionalizzazione della sanità, attraverso il trasferimento dallo Stato
alle Regioni delle competenze legislative per la gestione dei servizi sanitari, attuando così un decentramento
di competenze dallo stato alle regioni.
LA LEGGE 328/2000
La legge 328/2000 è la legge fondamentale nella storia delle politiche di assistenza sociale. La legge si
approccia alle politiche ai servizi socioassistenziali inquadrando l'assetto istituzionale del settore. La legge
specifica chiaramente le competenze spettanti allo Stato, alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Nella
distribuzione delle competenze spicca il ruolo assegnato ai Comuni: essi divengono il soggetto centrale nella
gestione dei servizi socioassistenziali. La legge chiarisce le principali competenze dei Comuni, ovvero : la
titolarità delle funzioni amministrative degli interventi sociali; la programmazione, progettazione e
realizzazione del sistema dei servizi sociali a rete; ecc. I comuni si muovono per mezzo della cornice
normativa e regolamentativa costruita dalle Regioni. Le principali competenze delle Regioni sono: la
definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche,
avviamento al lavoro e il reinserimento lavorativo, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni; la
definizione dei criteri per stabilire i costi di compartecipazione degli utenti alla spesa sociale; la
determinazione dei criteri per definire le tariffe che i Comuni devono corrispondere ai soggetti accreditati. Le
province mantengono un ruolo marginale di supporto all'attività dei Comuni. Allo stato compete la questione
dei LIVEAS: la legge prevede che alcune categorie di servizi e prestazioni siano qualificate come livelli
essenziali di assistenza sociale. La legge 328/2000 introduce una serie di sostanziali innovazioni nelle
dinamiche di erogazione dei servizi socioassistenziali. Viene riconosciuto il principio dell’universalismo
selettivo come criterio di regolazione dell'accesso e dell'erogazione dei servizi. Si delinea l'adozione dei titoli
sociali come strumento per l'accesso ai servizi sociali. La prima innovazione della legge 328/2000 è l'articolo
18 che prefigura, infatti, una logica di governance multilivello dei servizi socio-assistenziali. In questo livello
di governance e programmazione dei servizi socio assistenziali Si colloca una delle innovazioni più
importanti della legge 328/2000: il PDZ, lo strumento disegnato dalla legge per la programmazione dei
servizi a livello locale. Il pdz risiede nell' apertura alla partecipazione degli attori del terzo settore che
concorrono all'erogazione dei servizi socio-assistenziali. Il terzo settore è quindi chiamato a svolgere una
partecipazione più attiva alla programmazione al governo dei servizi socio-assistenziali su scala locale.
LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE
Le aspettative dalla legge 328/2000 vennero attuate dalla legge di riforma costituzionale 3/2001. Questa
modifica il Titolo V della Costituzione, specificamente nell'articolo 117, nel quale si definisce la ripartizione
delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Nella sua nuova formulazione, l'articolo 117 della
Costituzione predispone tre opzioni: il mantenimento della competenza legislativa esclusiva allo Stato;
l'assegnazione alle regioni di una potestà legislativa concorrente, prefigurando una disposizione combinata
dell'azione legislativa tra Stato e Regioni; l'assegnazione alle Regioni di una potestà legislativa esclusiva,
privando quindi il Parlamento di ogni competenza riguardo a una specifica materia.
MOLTEPLICITÀ ED ETEROGENEITÀ
Le regioni a statuto ordinario che hanno provveduto a emanare delle normative di riordino del settore dei
servizi socio assistenziali sono 12. Si distinguono le regioni che, dopo il 2001, hanno promulgato una propria
e normativa di riordino del settore dei servizi socio assistenziali, da quelle che non si sono mosse in questa
direzione. Tutte le leggi regionali hanno confermato la suddivisione delle competenze tra Regione, Province
e Comuni delineata dalla legge 328/2000. Le Regioni mantengono la potestà legislativa. I comuni preservano
la titolarità amministrativa dei servizi e la responsabilità delle procedure di esternalizzazione degli stessi
servizi. Le province si concentrano su compiti di supporto analitico e formativo. In tutte le regioni, il PDZ
rimane l'unità organizzativa e istituzionale di riferimento per la programmazione locale. Analogamente, nelle
leggi regionali si prevede la partecipazione dei soggetti del terzo settore al processo programmatorio. Si
rilevano, tuttavia, una serie di criticità trasversali e comuni alle normative. In molte leggi regionali vige una
vaga enunciazione di principi e una confusa rappresentazione di concetti di fondo che dovrebbero porsi come
riferimenti precisi per l'implementazione delle politiche.
LE DIVERSE CAPACITA’ E DINAMICHE DI IMPLEMENTAZIONE DEI SERVIZI
Le variabili attraverso le quali è possibile cogliere le diverse dinamiche e capacità di realizzazione di servizi
riguardano: l'incidenza della spesa in servizi socio assistenziali a livello regionale; gli orientamenti nelle
politiche di spesa all'interno di questo settore; la capacità di utilizzo delle risorse. Possono essere
approfonditi grazie all'analisi di Madama, nel 2010, che fornisce un'indicazione sugli orientamenti della
spesa in servizi e interventi socio assistenziali. L'autrice identifica 4 Cluster di regioni: 1) comprende 7
regioni del sud, acquistabili in virtù del basso livello di spesa, della preferenza per i trasferimenti monetari a
discapito dell'erogazione di servizi, di una gestione della spesa concentrata nei singoli Comuni. 2) include
Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia-Giulia: regioni che si caratterizzano per l'elevato livello della spesa. 3)
si compone di quattro regioni: Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana e Liguria: la spesa complessiva si
mantiene alta mentre l'aria prioritaria è quella della "famiglia" e si privilegia lo sviluppo di servizi. 4)
Regioni dell'Italia centrale: seguono sostanzialmente lineamenti del terzo Cluster ma denotano una spesa di
livello mediamente inferiore.
ASSETTI DIVERGENTI O VARIAZIONI SUL TEMA?
Questi aspetti indicano come ogni Regione ha una propria storia e come tentativi di armonizzazione
(compiuti in primis con la legge 328/2000) abbiano inciso poco nelle dinamiche di implementazione ed
erogazione di interventi e prestazioni a livello territoriale. Emergono pertanto notevoli differenze a livello
regionale, che prefigurano una disuguale configurazione delle opportunità di accesso ai servizi socio
assistenziali e delle loro modalità di realizzazione.
IL FINANZIAMENTO DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI
Il costo dei servizi socio assistenziali è coperto dalle le risorse a disposizione dei comuni e del SSN e dalla
compartecipazione diretta degli utenti. La ripartizione del carico della spesa tra questi tre attori è pertanto
variabile di Regione in Regione. I Comuni fanno fronte generalmente alla parte maggiore del corso di
servizi. La spesa non è però sostenuta esclusivamente da risorse proprie comunali ma sorretta da una serie
più articolata di fonti di finanziamento. Il finanziamento dei servizi alla persona è ripartito tra Stato, Regioni
e Comuni. Lo Stato interviene attraverso una serie di fondi. Tra questi, il Fondo Nazionale per le Politiche
Sociali (FNPS) rappresenta il principale canale di finanziamento per i servizi della persona. A partire dal
2001 il FNPS ha rimpiazzato i Fondi. Le risorse del FNPS vengono suddivise tra INPS, Regioni e ministero.
Oltre ai finanziamenti statali, i servizi alla persona vengono alimentati da risorse messe a disposizione
direttamente dalle Regioni e dai Comuni. Le regioni si muovono attraverso la predisposizione di specifici
finanziamenti che vengono destinati ai Comuni. Secondo i dati ISTAT, si può notare come la quota
percentuale di spesa coperta tramite il FNPS sia tendenzialmente più alta al sud che al nord; viceversa, la
quota percentuale coperta da risorse proprie dei comuni è maggiore al nord che al sud. Questo delinea una
maggiore dipendenza dalle risorse statali nelle regioni meridionali.
4. L’OFFERTA DI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI
LA COMPOSIZIONE DELL’OFFERTA
La composizione dell'offerta di servizi socioassistenziali può essere esaminata attraverso principali
parametri, quali: La categoria di utenza alla quale servizi sono destinati (servizi per anziani, minori,
famiglie, disabili ecc); La natura del servizio offerto (servizi sociali, socio-sanitari e sanitari); La finalità del
servizio (servizi preventivi e di informazione, di pronto intervento e di risposta a situazioni emergenziali); La
collocazione operativa del servizio (servizi non residenziali, semiresidenziali e residenziali); l'inquadramento
organizzativo del servizio che prefigura una differenziazione tra servizi erogati in pianta stabile e
continuativa da un'organizzazione e progetti di natura più estemporanea.
LA CLASSIFICAZIONE PER AREE DI UTENZA: VANTAGGI E LIMITI
Le principali aree di utenza verso le quali tipicamente si indirizza alla composizione dell'offerta di servizi
socio assistenziali sono: le persone anziane e gli anziani non autosufficienti; i minori; i soggetti adulti in
difficoltà; le persone con disabilità; le persone con problemi di dipendenza da sostanze; le persone affette da
problemi di salute mentale.
SERVIZI PER ANZIANI: L'area dell'utenza anziana costituisce un importante bacino di destinazione dei
servizi socio-assistenziali. L'invecchiamento della popolazione è una tendenza rilevante nell' evoluzione
demografica e sociale. I servizi per le persone anziane possono assumere varie forme e prefigurano una
logica di intervento che integra la dimensione sociale con quella sanitaria. Negli ultimi decenni, i servizi per
gli anziani hanno seguito la logica della domiciliarizzazione, vale a dire l'implementazione di soluzioni che
consentano di mantenere il più possibile la persona nel proprio contesto abitativo. Gli interventi assistenziali
prevedono la permanenza al proprio domicilio, la dimensione di semiresidenzialità e infine la completa
residenzialità presso una struttura di cura. I Servizi di Assistenza Domiciliare (SAD) includono tipologie
diverse di interventi e prestazioni, quali: l'assistenza per l'igiene personale e per la pulizia e la cura degli
ambienti domestici; i servizi di consegna pasti a domicilio; ecc. In questa categoria si collocano anche i
servizi di ADI ( Assistenza Domiciliare Integrata). Gli interventi di ADI si attivano prevalentemente a
seguito di dimissioni da strutture ospedaliere e hanno la finalità di consentire l'erogazione di servizi di
carattere sanitario direttamente al domicilio dell'utente. Una delle forme più diffuse di assistenza domiciliare
per persone anziane non autosufficienti e il ricorso alle cosiddette badanti. I servizi semiresidenziali vengono
invece erogati in apposite strutture. Alcuni di questi servizi possono avere una prevalente finalità terapeutica,
mentre altri si pongono l'obiettivo di favorire le possibilità di socializzazione, contrastando i rischi di
isolamento sociale. I servizi residenziali sono rivolti agli individui che soffrono per la perdita di autonomia
personale, anche a causa di patologie degenerative. La tipologia di struttura residenziali è la residenza
sanitaria assistenziale (RSA). L’offerta di servizi socio assistenziali per la popolazione anziana si completa
con una serie di interventi di carattere sociale e ricreativo, la cui organizzazione compete generalmente agli
enti locali. Tra questi, due iniziative importanti sono: i soggiorni climatici, ossia l'organizzazione di un
periodo di vacanza presso località balneari; la predisposizione degli orti comunali, piccoli lotti di terreno nei
quali effettuare la coltivazione e il raccolto di ortaggi e verdure; i trasferimenti monetari predisposti
primariamente per fronteggiare situazioni di non autosufficienza. Il contributo più rilevante è quello della
cosiddetta "indennità di accompagnamento" per le persone invalide: viene concesso dal 1988 agli individui
anziani non autosufficienti. Si tratta di un contributo che viene fornito universalmente e uniformemente,
senza distinzioni e graduazioni in base alla condizione economica.
SERVIZI PER MINORI: L'area dei servizi per i minori inquadra una costellazione di interventi assai
eterogenei con finalità diverse e dedicati a problematiche altrettanto diversificate. Gli interventi destinati ai
minori si possono distinguere in due grandi categorie: da un lato, si hanno i servizi rivolti alla generalità dei
minori, dall'altro quelli pensati per minori e famiglie che vivono condizioni di fragilità. I servizi rivolti alla
generalità dei Minori prescindono dall'azione specifica degli uffici dei servizi sociali e si collocano tra il
dominio delle politiche sociali e quello delle politiche educative: asilo nido, centri di aggregazione. I servizi
per minori e famiglie che vivono condizioni di fragilità vertono direttamente su questioni di assistenza
sociale sono orientati a prevenire e ridurre situazioni di disagio per minori e famiglie. I servizi per l'affido
sono seguiti dai Comuni. Ulteriore area di lavoro di quest'ambito riguarda i servizi per la tutela dei minori
rispetto a situazioni di violenza e maltrattamento. Si tratta di un'area che intreccia l'azione di diverse
organizzazioni, riconducibili a una duplice polarità: da un lato, il sistema dei servizi socio assistenziali che
operano al livello territoriale e che trovano nel Comune il nucleo centrale; dall'altro, la magistratura e i
tribunali minorili.
SERVIZI PER ADULTI E FAMIGLIE: La categoria dei servizi socio-assistenziali per individui adulti e
famiglie è la più estesa e composita. È dovuto all'espansione delle situazioni di disagio occupazionale,
riconducibili all'aumento del numero dei disoccupati e delle persone che scontano una condizione di
precarietà lavorativa. Le organizzazioni che erogano servizi di assistenza sociale da un lato, esse devono
gestire e contenere l'aumento della domanda; dall'altro, esse si trovano a intervenire nei confronti di utenti la
cui situazione di bisogno non è il frutto di condizioni di disagio cronico. Nuove forme di intervento sono
l'erogazione di contributi economici di sostegno al reddito e la contribuzione al pagamento di utenze e
affitto. Laddove le condizioni di povertà sono più gravi e richiedono interventi più urgenti, una forma di
supporto sempre più rilevante è la fornitura di beni di prima necessità. Un'altra area di intervento riguarda la
ricerca di strutture che offrono posti letto per individui in condizioni di emergenza abitativa. Comunque sia,
è difficile elencare tutte le possibili prestazioni di assistenza sociale che riguardano i servizi agli adulti, a
causa dell’eterogeneità delle forme di intervento, della diversità degli utenti e delle rispettive esigenze.
SERVIZI PER PERSONE CON DISABILITA’: L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e
l'organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) hanno proposto differenti definizioni e classificazioni delle
diverse forme di disabilità e delle relative implicazioni sociali. Si basa fondamentalmente sulla distinzione
tra i concetti di menomazione, disabilità e handicap. Una menomazione viene intesa come qualunque perdita
o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. A una
menomazione possono seguire differenti forme di disabilità, intese come qualsiasi limitazione o perdita della
capacità di compiere un'attività nel modo nel l'ampiezza considerati normali per un essere umano. Il concetto
di handicap inquadra la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità, che
impedisce a un individuo di adempiere pienamente alle attività associate a un particolare ruolo sociale. La
disabilità viene vista come una condizione che non deriva esclusivamente da disturbi problematiche di
matrice organica, ma che può maturare anche nel corso dell'interazione tra individuo e ambiente. Le
dimensioni della disabilità divengono 4: funzioni corporee, strutture corporee, fattori ambientali e infine
attività e partecipazione. I servizi assistenziali che possono essere forniti alle persone disabili spaziano su
diversi ambiti. Un primo fronte di intervento riguarda i servizi di integrazione scolastica per le persone che
presentano disabilità fisiche e/o sensoriali gravi. Gran parte dei servizi vengono erogati direttamente dalle
scuole spesso con la collaborazione di organizzazioni del terzo settore, come le cooperative sociali. Un altro
importante ambito d'azione dei servizi socio assistenziali riguarda l'integrazione lavorativa, attraverso le
cooperative sociali di tipo B. L'esperienza lavorativa viene concepita e costruita come un percorso di
inclusione in dinamiche di interazione sociale strutturate e tendenzialmente orientate verso l'acquisizione di
competenze sia lavorative che relazionali. Le situazioni di disabilità più gravi, sul piano fisico psichico,
richiedono interventi di cura e sostegno più intensi e articolati. Questi possono prendere la forma di servizi
domiciliari, che hanno la finalità di favorire la permanenza della persona con disabilità nel proprio contesto
familiare e possono riguardare la mobilità, la cura dell'ambiente domestico, la comunicazione e il controllo
di una serie di attività fisiologiche. A questi interventi si possono affiancare i servizi erogati presso apposite
strutture, come i Centri socioeducativi (CSE), i Centri diurni per disabili (CDD), o Centri diurni integrati
(CDI). I CSE e i CDD, gestiti prevalentemente da enti privati, offrono servizi educativi, atti sia favorire lo
sviluppo di relazioni sociali ed evitare l'isolamento sociale della persona disabile, sia a consentire il sollievo
della famiglia da una parte delle attività di cura. Infine, è utile menzionare il ruolo dell'amministratore di
sostegno. Si tratta di una figura incaricata della gestione del patrimonio di una persona disabile, qualora
questi manifesti l'incapacità di provvedervi autonomamente.
SERVIZI PER PERSONE CON PROBLEMI DI DIPENDENA DA SOSTANZE E NUOVE
SOSTANZE: Dagli anni ’70, iniziano a prendere forma e a diffondersi sul territorio dei servizi assistenziali
rivolti ai tossicodipendenti. I primi servizi si muovevano nell'ottica del recupero della persona
tossicodipendente e del suo reinserimento sociale. Per quanto riguarda la dipendenza da sostanze si possono
identificare quattro principali tipi di servizi riabilitativi e di cura: le comunità residenziali o comunità
terapeutiche: strutture che prevedono soggiorni continuativi di durata variabile, promosse da enti privati E
pertanto richiedono all'utenza il pagamento di una quota; le comunità semiresidenziali o diurne, nelle quali
non è previsto un soggiorno notturno; i centri di accoglienza o comunità aperte, che si differenziano dalle
precedenti perché offrono all'utenza la possibilità di un accesso discontinuo, sebbene nell'ottica di un
percorso di recupero; i servizi per le tossicodipendenze (SERT), gestiti dalle ASL e finanziati dal SSN,
offrono una serie di attività preventive, di cura e riabilitative, e si caratterizzano per la distribuzione del
metadone alle persone tossicodipendenti in tutti questi servizi, l'ipotesi di fondo è la valorizzazione delle
relazioni sociali come strumento terapeutico. Invece, le nuove dipendenze si individuano considerando il
l'assuefazione che possono produrre: il gioco d'azzardo, lo shopping compulsivo, il consumo di alcol, la
sessualità. Per fronteggiare le nuove dipendenze, un ruolo importante svolto dai Sert che stanno sviluppando
innovative forme di intervento. Molti Sert stanno cambiando la propria denominazione, assumendo
l'acronimo di SERD (Servizi Per Le Dipendenze).
SERVIZI PER PERSONE AFFETTE DA PROBLEMI DI SALUTE MENTALE: La “legge Basaglia”
sancì una svolta paradigmatica nelle dinamiche di cura e assistenza delle persone affette da problemi di
salute mentale. Infatti, stabili la progressiva chiusura dei manicomi e degli ospedali psichiatrici, ossia delle
strutture residenziali nelle quali erano assistiti i malati mentali. La legge 180/1978 indirizzava verso la
costruzione di strutture territoriali extraospedaliere, al fine di garantire una maggiore prossimità tra luogo di
cura e ambiente di vita del paziente. Inoltre, la legge prevedeva che l'avvio di un trattamento di cura dovesse
essere il frutto della libera scelta di un individuo, riducendo gli spazi per l'attuazione di trattamenti sanitari
obbligatori. Due “Progetti obiettivo” hanno rilanciato le linee tracciate dalla legge 180/1978, contribuendo a
definire i ruoli, finalità e assetti organizzativi degli enti coinvolti nell'erogazione di servizi assistenziali in
questo campo. Il disegno complessivo che ne emerge ruota attorno al dipartimento di salute mentale (DSM),
inteso come unità organizzativa presente in ciascuna ASL. Il DSM ha il compito di coordinare le attività di
cura e assistenza erogati nelle strutture ospedaliere ed extra ospedaliere. Le strutture con le quali un DSM
sviluppa la propria azione a livello territoriale sono: un Centro di salute mentale (CSM): esso costituisce la
sede organizzativa del DSM e offre attività sia ambulatoriali che di assistenza domiciliare; un Servizio
psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC), nel quale vengono forniti i trattamenti medici che richiedono brevi
periodi residenziali; il Day hospital è situato in un ospedale; offre prestazioni diagnostiche e terapeutiche
riabilitative, a breve e medio termine; il Centro diurno persegue obiettivi di socializzazione attraverso lo
svolgimento di attività collettive. Gli utenti sono seguiti secondo un percorso personalizzato.
5. PROGRAMMAZIONE GESTIONE EROGAZIONE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI
LA GOVERNANCE MULTILIVELLO
Il concetto di GOVERNANCE sottintende una nuova modalità di governo e programmazione delle politiche
pubbliche. La nozione è emersa in contrapposizione al concetto di GOVERNMENT. Con quest'ultimo
termine si indicano. Infatti le forme tradizionali di programmazione e gestione delle politiche pubbliche,
fortemente concentrate sulle autorità degli organi di governo istituzionali. Essi, in principio della
rappresentanza democratica, assumono la responsabilità esclusiva delle scelte necessarie alla realizzazione di
una specifica politica pubblica e la gestione dei processi decisionali. Il concetto di governance delinea un
cambiamento nelle relazioni tra istituzioni pubbliche e gli attori che possono concorrere alla realizzazione di
una politica pubblica. Si parla di governance quando il processo implica un mutamento del ruolo delle
istituzioni pubbliche che devono predisporsi per favore dello sviluppo di relazioni. Il profilo organizzativo
che le esperienze di governance assumono è quello del network. Esso rappresenta una soluzione intermedia
tra la logica del controllo gerarchico e la logica del controllo contrattuale. In questa prospettiva, emerge il
carattere di interdipendenza e complementarità che lega i soggetti impegnati in una determinata attività. Le
cause principali della diffusione delle dinamiche di governance sono state la privatizzazione e la
liberalizzazione di molti settori del sistema di welfare; ma anche le politiche di decentramento
amministrativo e politico che hanno interessato diversi Stati europei negli ultimi decenni. Il processo sì
coglie lungo due dimensioni: la dimensione verticale, che scansiona le competenze tra le istituzioni Stato,
Regioni, Province e Comuni; la dimensione orizzontale, che presuppone la partecipazione di soggetti non
istituzionali ai processi decisionali. Si parla quindi di governance multilivello perché i processi
decisionali inerenti le politiche da attuare in un determinato settore si dipanano lungo più livelli di
raccordo, che incrociano e definiscono diversi ambiti di competenze. Le decisioni inerenti
all’organizzazione, la programmazione e l'erogazione dei servizi sono su più livelli, concatenati tra
loro.
IL PIANO DI ZONA (PDZ)
Il Piano di Zona rappresenta un importante tassello nell'implementazione di logiche di governance
multilivello nel settore delle politiche sociali in Italia. Ha segnato le dinamiche di programmazione dei
servizi socioassistenziali. Per molti versi, il Piano di Zona assume una duplice natura: è un processo che
chiama a raccolta gli enti locali di un determinato territorio, al fine di individuare gli assetti dell'offerta locale
di servizi socioassistenziali. Ciò ha fatto sì che In molti casi siano state individuate nei comuni nuove unità
organizzative (come l'Ufficio di Piano) e nuove figure professionali (come il Responsabile dell'Ufficio di
Piano) necessarie per presidiare l'intero percorso di programmazione e le attività a esso connesse; può essere
inteso come il prodotto di tale processo formalizzato in un particolare documento nel quale sono specificati i
contenuti strategici e operativi che orientano l'offerta di servizi socioassistenziali. I caratteri innovativi del
Piano di Zona sono: strumento che definisce in termini istituzionali un nuovo livello di programmazione dei
servizi socioassistenziali; i Comuni che appartengono a ciascun ambito sociale sono sollecitati a redigere un
Piano di Zona attraverso il quale definiscono un programma unitario di offerta di servizi socioassistenziali;
culmina con l'implementazione di servizi che vengono offerti in forma associata a tutti i cittadini residenti
nell'ambito sociale; è il veicolo istituzionale attraverso il quale promuovere nuove forme di gestione
associata e raccordare quelle già esistenti; la partecipazione degli enti privati alla programmazione delle
politiche socioassistenziali territoriali.
Come funziona un PDZ?
I passaggi che caratterizzano il funzionamento e la valenza istituzionale di un PDZ sono: 1) la strutturazione
dei rapporti tra gli enti partecipanti, con riferimento preliminare gli enti istituzionali; 2) i rappresentanti
istituzionali dei comuni che appartengono determinato ambito sociale si riuniscono in assemblea e delineano
i contenuti dell'accordo di programma che agirà come presupposto del PDZ; 3) è necessario individuare un
ente capofila: questo è, tendenzialmente, il Comune di maggiori dimensioni dell'ambito. La scelta della sede
organizzativa viene scelta secondo tre opzioni; 4) il Comune capofila gestisce all'interno della propria
struttura il processo di programmazione sociale, senza costituire nuove metà organizzative; 5) il Comune
capofila costituisce uno specifico Ufficio di piano, che si occuperà del coordinamento dell'intero percorso di
programmazione sociale; 6) l'Ufficio di piano viene costituito presso l'organizzazione esterna ai Comuni
dell'ambito, alla quale verrà assegnata la responsabilità della gestione del PDZ. Il processo di
programmazione sociale prende forma attraverso l'attivazione di una serie di organi che hanno un ruolo sia
consultivo che deliberativo. Questi organi vengono generalmente chiamati "tavoli" e possono essere di due
tipi: tavoli politici: riservati ai referenti istituzionali dei Comuni interessati dal PDZ; tavoli tecnici o
tematici: aperti alla partecipazione di figure professionali degli enti locali e i rappresentanti delle
organizzazioni private chiamate a partecipare alla stesura del PDZ. Il Documento di piano è quindi l'esito di
un percorso strutturato, che prevede una dimensione sia politica che tecnica. In questo percorso si
congiungono le traiettorie verticali e orizzontali dei processi di governance multilivello.
MODELLI ORGANIZZATIVI PER LA GESTIONE ASSOCIATA DEI SERVIZI
SOCIOASSISTENZIALI
Le dinamiche di governance multilivello interessano anche l'erogazione e la gestione associata al livello
intercomunale dei servizi. Significa che i diversi enti appartenenti a un ambito sociale possono predisporre
dei servizi che verranno erogati a tutti i cittadini dell'ambito, a prescindere dal loro specifico comune di
residenza. Ciascun Comune può decidere quali servizi offrire in forma di gestione associata e quali
autonomamente. I vantaggi di una gestione associata dei servizi socioassistenziali sono: la possibilità di
una consistente riduzione dei costi; favorisce una maggiore equità nell'accesso ai servizi; uniformare i livelli
di qualità dei servizi; creare le condizioni organizzative che favoriscono un maggiore sviluppo delle
professionalità degli operatori. le soluzioni per implementare una gestione associata dei servizi
socioassistenziali sono: i patti di collaborazione amministrativa; la delega enti di natura pubblica preesistenti
o costituiti ad hoc; la delega enti di natura privata costituiti ad hoc.
LA GESTIONE ASSOCIATA MEDIANTE PATTI DI COLLABORAZIONE AMMINISTRATIVA:
Questa categoria include: le formule organizzative che prevedono la gestione associata dei servizi svolta
direttamente dagli enti partecipanti; non vi sono deleghe a enti terzi, bensì una suddivisione dei compiti
gestionali tra gli enti. Un esempio tipico di patto di collaborazione amministrativa è la convenzione
intercomunale, una delle forme di collaborazione tra Comuni prospettate dal TUEL (Testo Unico degli Enti
Locali).
LA GESTIONE ASSOCIATA MEDIANTE DELEGA A ENTI PUBBLICI: la gestione associata dei servizi
socioassistenziali non è svolta dai comuni dell'ambito sociale, ma viene da questi delegata a un ente terzo di
natura pubblica. La terzietà dell’organizzazione offre alcuni vantaggi: permette uno sgravio del lavoro
amministrativo ai Comuni che possono così concentrarsi sulle fasi di programmazione dell'offerta di servizi;
consente di individuare una struttura che acquisisce una specializzazione specifica in termini gestionali. La
delega della gestione può essere assegnata alternativamente a: un ente già esistente e polivalente; un ente
pubblico creato ad hoc è dedicato alla gestione associata dei servizi socio-assistenziali. LA GESTIONE
ASSOCIATA MEDIANTE DELEGA A ENTI PRIVATI : In questa categoria le funzioni di gestione
associata dei servizi socio assistenziali sono affidati a un ente di natura privata. Le tipologie di enti privati
che possono svolgere un simile ruolo sono due: le fondazioni; le imprese private nella forma di Società a
responsabilità limitata (S.r.l.). Sono due tipologie di organizzazioni che non mostrano i tratti burocratici
caratteristici delle pubbliche amministrazioni. Ciò consente loro un più elevato grado di autonomia nella
gestione del personale, nella regolamentazione di acquisti e forniture, nonché nell'eventuale vendita di
servizi. La delega della gestione associata dei servizi socioassistenziali a un ente privato presenta alcune
criticità sul piano politico e istituzionale. In sintesi, si profila il rischio che la gestione di risorse pubbliche
venga in parte affidata a soggetti privati, esautorando così cittadini dalle proprie facoltà di voce e controllo.
PRODUZIONE ED ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIOASSISTENZIALI
Il baricentro di tali processi è il Comune. I comuni mantengono la responsabilità della scelta delle modalità
di produzione ed erogazione dei principali servizi socioassistenziali. Provvede a compiti secondo 3 diverse
opzioni: la produzione ed erogazione dei servizi direttamente da parte del Comune; erogazione da
parte del Comune attraverso il cosiddetto in house providing; l' esternalizzazione della produzione ed
erogazione dei servizi. La produzione ed erogazione dei servizi direttamente da parte del Comune è la
formula più semplice da un punto di vista organizzativo. Il comune ricorre al proprio personale e utilizza
risorse e strutture. Questa soluzione viene definita "produzione in economia", poiché riduce il numero delle
transazioni da compiere con soggetti esterni al fine di conseguire il risultato atteso. Questa soluzione
presenta una serie di limiti: le Amministrazioni comunali mantengono un elevato grado di rigidità
organizzativa ostacolando lo sviluppo di interventi da impostare in modo flessibile per fronteggiare
problematiche emergenti; gli spazi per i possibili contributi che i soggetti della società civile possono offrire
nell'erogazione dei servizi sono limitati, in quanto compiti e responsabilità nella produzione di servizi rimani
è di competenza del comune e dei suoi operatori. L'erogazione da parte del comune attraverso il cosiddetto in
house providing richiama una situazione nella quale l'ente locale affida la produzione dei servizi a un ente
formalmente esterno a esso, nei confronti del quale esercita tuttavia un controllo completo dal punto di vista
della governance. I processi di in house providing prevedono che un ente locale costituisca una nuova
organizzazione, sulla quale possa esercitare un completo controllo nella nomina degli organi direttivi, e che a
essa affidi i compiti di produzione dei servizi socioassistenziali. Si hanno due tipologie di enti che si prestano
a soluzioni di in house providing gestiti dai Comuni: l'istituzione; l'azienda speciale. La gestione e a
produzione dei servizi vengono affidati a enti che hanno un proprio organo direttivo e possono definire un
proprio statuto, acquisendo discreti livelli di autonomia amministrativa e finanziaria. Il vincolo è che il
controllo delle loro attività è comunque riconducibile al Comune fondatore. L'esternalizzazione della
produzione ed erogazione dei servizi prevede la loro esternalizzazione a soggetti privati. Questa scelta può
essere favorita perché introduce nuove istanze di relazione tra utenza e pubblica amministrazione. Le ragioni
che spingono un ente locale a esternalizzare la produzione di servizi socio assistenziali sono: una logica
economica, poiché molte amministrazioni pubbliche ritengono che l'adozione di una logica di mercato porti a
risultati più efficienti sul versante finanziario; un maggior grado di efficacia degli interventi che gli attori
organizzativi privati sono in grado di assicurare rispetto agli enti pubblici. L'esternalizzazione dei servizi si
compie attraverso: il Contracting out: prevede che un'amministrazione pubblica esternalizzi la produzione
di un servizio affidandola a un unico soggetto privato, che acquisisce così una sorta di esclusiva nella
produzione ed erogazione di un determinato servizio. l'Accreditamento: prefigura una più ampia libertà. Le
procedure di accreditamento prevedono che l'ente pubblico non individui un unico soggetto al quale affidare
in esclusiva l'erogazione di un servizio, bensì una pluralità. La competizione che si instaura tra i potenziali
soggetti erogatori è: una competizione per ottenere l'accreditamento da parte dell'ente pubblico; una
competizione che si gioca sulle preferenze dell'utenza. L’esternalizzazione mediante CONTRACTING
OUT : La forma più tradizionale di esternalizzazione dei servizi socio assistenziali. Le procedure prevedono
che: 1. un ente pubblico assegna l'erogazione di un servizio all' ente privato vincitore di una specifica gara
d'appalto; 2. l'organizzazione appaltante valuta diverse offerte e seleziona quella che ritiene più appropriata
rispetto agli obiettivi e alle caratteristiche del servizio. Le forme di contracting-out prefigurano due categorie
principali di soluzioni amministrative e organizzative: PROCEDURE CONCORSUALI: Si distinguono in:
APERTE: le prime riconducibili alla formula giuridica dell'asta pubblica prevedono che l'ente pubblico
indica una gara d'appalto alla quale possono partecipare liberamente tutti i soggetti in possesso dei requisiti
specificati nel bando. RISTRETTE: includono la licitazione privata e appalto concorso, limitano la
partecipazione alla gara di appalto alle organizzazioni invitate dall'ente appaltante. In sostanza, l'ente
pubblico opera una preselezione dei soggetti che ritiene adeguati all’erogazione del servizio. Gli enti invitati
a partecipare alla gara devono presentare un progetto specifico che illustri modalità e condizioni per la
realizzazione di un servizio. L'appalto concorso è una modalità utilizzata per l'esternalizzazione di servizi
molto complessi, per i quali l'ente pubblico non dispone delle competenze sufficienti per un'adeguata
progettazione. PROCEDURE NEGOZIALI: l'ente pubblico si limita a consultare uno o più soggetti con i
quali negozi e costi contenuti del servizio che intende esternalizzare. L’estrenalizzazione mediante
ACCREDITAMENTO: Molti enti locali adottano la strada dell'accreditamento come forma di regolazione
delle esternalizzazioni dei servizi. Il concetto di accreditamento assume due diverse accezioni:
ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE: Consiste in una sorta di attività di valutazione che un ente
terzo effettua nei confronti di una di un'organizzazione, al fine di verificare la conformità delle sue procedure
a criteri e protocolli standard definiti antecedentemente. L'esito di questa valutazione è il rilascio di una
certificazione che attesti tale conformità. L'esempio è quello delle Certificazioni di qualità rilasciate dal
International Standard Organization (ISO). Le caratteristiche dell’accreditamento professionale sono: è
richiesto volontariamente da un'organizzazione; hanno una durata limitata nel tempo e devono essere
rinnovate. Il rinnovo viene compiuto considerando nuovamente la conformità agli standard tecnici.
ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE: È una pratica che regola direttamente i rapporti tra un ente
pubblico, che intende esternalizzare un servizio o un'attività, e gli enti privati, che si propongono per la sua
realizzazione. L'esito di tale procedura è il riconoscimento del diritto dell'ente privato a erogare col servizio
in nome e per conto dell'ente pubblico che lo ha esternalizzato. Con l'accreditamento istituzionale si pongono
le basi per garantire all'utente una potenziale libertà nella scelta del soggetto presso il quale rivolgersi per un
intervento assistenziale. L’accreditamento attesta il rispetto di una serie di norme igienico sanitarie in materia
di sicurezza degli ambienti lavorativi. L'accreditamento è un passaggio successivo, attraverso il quale
un'organizzazione privata viene autorizzata dall'ente pubblico accreditante a opera re in suo nome e per suo
conto. L'accreditamento è quella clausola che consente una struttura privata di offrire servizi e prestazioni
socioassistenziali che saranno rimborsati dall'ente pubblico. L'organizzazione privata può effettivamente
proporre i propri servizi contando che il loro costo verrà rimborsato dall'ente pubblico e non graverà
interamente sull'utenza. L'accreditamento istituzionale delle organizzazioni che intendono erogare i servizi
sociali spetta ai Comuni (singoli o associati); questi devono rifarsi alle linee guida definite a livello
regionale; l'accreditamento istituzionale delle organizzazioni che intendono erogare i servizi socio sanitari è
di competenza delle regioni. Le procedure di accreditamento istituzionale hanno una duplice funzione:
hanno una funzione certificatoria poiché attestano il possesso da parte dell'organizzazione accreditata dei
requisiti di qualità richiesti dall'ente pubblico. Ha una funzione equiparatoria, perché, consente di
equiparare i livelli di qualità offerti da ciascuna organizzazione accreditata. Questa procedura riduce le
differenze nella qualità del servizio offerto dalle varie organizzazioni accreditate, rendendo in tal modo più
agevoli le scelte degli utenti.
LA REGOLAZIONE DELL’ACCESSO L'adozione di criteri di selettività nell'accesso alle prestazioni
assistenziali è condensata nel principio di "universalismo selettivo" che, nella legge 328/2000, viene
presentato come criterio di equilibrio tra domanda e offerta. La regolazione dell'accesso si snoda attraverso
un processo di 4 FASI: la definizione di livelli essenziali di assistenza sociale da riconoscere e garantire
a tutti i cittadini; l'informazione e l'orientamento quali presupposti per un'effettiva e adeguata
fruizione dei servizi che spettano ai cittadini; l'istituzionalizzazione e l'utilizzo sistematico di strumenti
amministrativi di valutazione della condizione socioeconomica dei cittadini che richiedono interventi e
prestazioni socio assistenziali; l'assegnazione di voucher, intesi come titoli di accesso a determinati
prestazioni socioassistenziali, al fine di attenuare le distorsioni derivanti dal ricorso eccessivo ai
trasferimenti monetari come risposta al bisogno sociale.
I LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SOCIALE
sono stati introdotti nel settore dell'assistenza sociale dopo la promulgazione della legge 328/2000, che
introduce questo concetto per definire il cosiddetto sistema integrato di interventi e servizi sociali. I
LIVEAS sono un insieme di interventi che garantiscono i diritti sociali imprescindibili per persone e
famiglie e per specifiche categorie di soggetti che vivono condizioni di disagio e bisogno. Essi riconoscono i
Diritti Sociali. I LIVEAS possono essere codificati secondo tre livelli: i liveas come codificazione di diritti
esigibili: tutti i cittadini presenteranno il medesimo bisogno avendo la garanzia di ricevere un uguale
trattamento; i liveas come diverse tipologie di offerta di servizi e prestazioni, al fine di rendere omogenea la
presenza a livello territoriale; i liveas come standard di qualità di prestazioni e servizi.
L’INFORMAZIONE E L’ORIENTAMENTO DELL’UTENZA: I SERVIZI DI SEGRETARIATO
SOCIALE La conoscenza dei propri diritti sociali, dei servizi disponibili e delle relative modalità e
condizioni di accesso, è un fattore decisivo per un funzionamento corretto ed efficace della regolazione
dell'accesso agli interventi di assistenza sociale. Dagli anni 70 comincia a prendere forma l'attuale
configurazione del servizio di segretariato sociale. Questo processo si è mosso su più direzioni. il comune è
stato identificato come lente istituzionale più appropriato per l'erogazione di tale servizio. l'implementazione
del servizio di segretariato sociale ha visto sempre più protagonista la figura professionale dell'assistente
sociale, a cui sono state riconosciute le competenze più adeguate per lo svolgimento delle diverse attività che
costituiscano il servizio di: ascolto della domanda dell'utente; valutazione rispetto al suo stato di bisogno;
elaborazione di una risposta informativa e di orientamento. il segretariato sociale si distingue per essere un
servizio a vocazione universale, ossia non rispondenti a quei criteri di selettività che invece demarcano
l'accesso ad altri interventi assistenziali. l'accesso al servizio di segretariato sociale e libero per qualunque
cittadino. Il processo di regolazione dell'accesso implica una consistente dose di discrezionalità
professionale, poiché la decisione sull'accoglimento della domanda dell'utente spetta al singolo professionista
che conduce il colloquio di segretariato sociale.
LA REGOLAMENTAZIONE AMMINISTRATIVA DELL’ACCESSO AI SERVIZI
SOCIOASSISTENZIALI: L’ISEE E LE SUE VALUTAZIONI
Il più conosciuto e utilizzato strumento di regolazione amministrativa è l’ISEE (indicatore della situazione
economica equivalente). Si tratta di un indicatore impiegato per regolare l'accesso a diverse tipologie di
interventi assistenziali e non. consiste in una formula che determina un valore che a sua volta esprime il
livello di condizione economica del richiedente. Questo valore viene quindi utilizzato per valutare
l'ammissibilità o meno della richiesta di un cittadino, confrontandolo rispetto alla soglia fissata dall'ente che
regola l'accesso al servizio richiesto: qualora il valore ISEE del richiedente sia inferiore alla soglia, la
domanda viene accolta; in caso contrario viene respinta. L'ISEE è uno strumento selettivo che contribuisce in
forma sostanziale alla costruzione e regolazione del sistema di welfare assistenziale ispirato a logiche di
universalismo. Per la misurazione della condizione socio economica dei cittadini rappresenta un passo
fondamentale per equilibrare l'erogazione dei servizi rispetto al bisogno.
L’ACCESSO AI SERVIZI TRAMITE SERVIZI VOUCHER
Il voucher è una sorta di ticket spendibile per l'acquisto di determinati servizi. Se non viene utilizzato, esso
perde il suo valore, in quanto non è convertibile in denaro, né cedibile o trasferibile. Il voucher può essere
impiegato per usufruire di una determinata prestazione assistenziale erogata. Il beneficiario può scegliere
l'organizzazione alla quale rivolgersi e utilizzare il servizio senza doverne pagare il costo: sarà il soggetto
erogatore rivolgersi all'ente pubblico a ricevere il rimborso del costo del servizio offerto all'utente. I vantaggi
del voucher sono: è uno strumento che permette di trasferire risorse ponendo vincoli sul loro uso da parte del
beneficiario; accorda un ampio grado di libertà di scelta all'utente permettendogli di selezionare
l'organizzazione che ritiene più adeguata al suo bisogno.
L’INTEGRAZIONE TRA SERVIZI SOCIALI E SANITARI
La costruzione di un'integrazione tra gli interventi di servizi sociali e servizi sanitari è un'operazione
complessa e articolata. Le dinamiche di integrazione tra i servizi alla persona possono essere classificate
prefigurandone 5 passaggi essenziali: 1. condivisione di informazioni e conoscenze tra i professionisti; 2.
cooperazione e coordinamento degli interventi a opera dei professionisti che lavorano in organizzazioni
diverse. 3. collaborazione: gli accordi tra enti e professionisti vengono formalizzati e prevedono la
condivisione di risorse e sistemi informativi; 4. consolidamento: prevede la presenza di un'organizzazione
alla quale sono riconducibili i compiti e le responsabilità di ulteriori unità organizzative; integrazione:
presuppone la costituzione di un sistema organizzativo che traccia un'unica linea di autorità per la gestione
dei casi. Nell'analisi delle forme di integrazione tra assistenza sociale e sanitaria si tende più a identificare
tre dimensioni: 1. professionale: ha un carattere fortemente operativo; declina nella collaborazione sul piano
interdisciplinari tra professionisti con competenze e ruoli diversi; è corredata da una logica di integrazione
gestionale da parte delle organizzazioni responsabili dei differenti interventi sociali e sanitari. 2. gestionale:
Implica il coordinamento dei processi lavorativi, al fine di calibrare gli interventi assistenziali con quelli
sanitari. 3. istituzionale: Si verifica quando gli enti che hanno la responsabilità della programmazione della
gestione dell'offerta di servizi di diversi settori concordano programmi di collaborazione e partnership.
6. LE ORGANIZZAZIONI
Nel settore dell'assistenza sociale convivono una pluralità di organizzazioni, caratterizzate dalla loro
molteplicità ed eterogeneità. MOLTEPLICITA’ intesa come -> Gli elementi di differenziazione delle
organizzazioni (struttura-ruolo), ETEROGENEITA’ intesa come -> gli elementi di insieme che distinguono
le organizzazioni. Le organizzazioni che operano nel settore dell'assistenza sociale vengono distinte in base
alla natura giuridica e alla funzione esercitata. LA NATURA GIURIDICA: Le organizzazioni sono
distinte in base a tre livelli: enti pubblici; organizzazioni imprenditoriali private; associazioni e
organizzazioni di volontariato. I tre livelli vengono classificati ulteriormente considerando alcuni sottolivelli.
Classificazione delle organizzazioni per natura giuridica: 1. Enti pubblici: Nazionali (Ministeri);
Regionali (Regione, ASL, AO); Locali (Comune, EX IPAB e ASP, Consorzi, Aziende speciali, Comunità
montane); 2. Organizzazioni imprenditoriali private: Nonprofit (Cooperative sociali (A e B), fondazioni,
imprese sociali, aziende per i servizi alla persona); Profit: (Imprese (S.r.l. o S.p.a)); 3. Associazioni e
organizzazioni di volontariato Associazioni (Organizzazioni di volontariato, Associazioni di promozione
sociale, Gruppi informali, Gruppi di auto-mutuo-aiuto, Gruppi di ispirazione religiosa). LA FUNZIONE: Le
funzioni delle organizzazioni sono distinte in tre categorie principali: pianificazione e programmazione:
concerne le attività che implicano le decisioni di carattere istituzionale, sulle aree problematiche sulle quali
intervenire sull'allocazione delle risorse economiche; gestione e amministrazione: funzioni inerenti
all’attivazione, il controllo e la valutazione dei servizi; produzione ed erogazione: fase conclusiva in cui i
servizi vengono realizzati ed erogati. IL COMUNE assolve tutte le tre funzioni principali.
ENTI PUBBLICI
Alcuni criteri che possono orientare nella qualificazione di un ente come “pubblico” sono: la qualificazione
esplicita come ente pubblico; l'ingerenza dello Stato, delle Regioni (o dei Comuni) nella nomina e revoca dei
dirigenti e nell'amministrazione dell'ente; Il finanziamento delle attività con risorse provenienti
istituzionalmente dalla fiscalità generale; l'attribuzione di potestà pubbliche. Alcuni enti pubblici mostrano
un profilo chiaramente pubblico mentre altri mantengono una dimensione pubblica meno evidente e, si
qualificano formalmente come enti pubblici, sebbene la loro gestione si ispiri a criteri di matrice aziendale
privata (le ASL). I principali enti che rispecchiano tutte queste caratteristiche sono: MINISTERI:
Rappresentano un’emanazione diretta dello Stato, quindi sono gli assi portanti, sia in chiave istituzionale e
politica, sia in chiave organizzativa e amministrativa. È a livello ministeriale che si svolgono un'opera di
programmazione, regolazione e controllo di molti interventi. È importante considerare il ruolo del
Ministero della Giustizia e del Ministero dell'Interno. Il Ministero della Giustizia coordina i servizi rivolti
ai condannati ai quali sono state concesse misure alternative alla detenzione carceraria. I servizi per
l'implementazione di queste misure sono coordinati dagli uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), uffici
periferici del Ministero della Giustizia la loro attività ha importanti implicazioni sociali, poiché, devi fornire
il recupero e il reinserimento sociale dei detenuti che godono di tali prerogative. REGIONI: Le regioni
svolgono un ruolo preminente a livello istituzionale. La riforma del Titolo V della Costituzione ha attribuito
loro potestà legislativa esclusiva in materia di servizi socioassistenziali. Le regioni sono divenute l'organismo
di riferimento in chiave normativa. Gli organi di governo delle Regioni sono tre: il Presidente, la Giunta e il
Consiglio Regionale. Le regioni combinano due sfere d'azione: svolgono in chiave istituzionale un'ampia
serie di attività di regolazione normativa di numerosi ambiti della vita sociale, economica e culturale di un
territorio; La regione orienta la propria azione amministrativa e definisce la distribuzione delle risorse a sua
disposizione tramite i provvedimenti approvati dagli organi competenti (il consiglio e la giunta regionale);
agiscono come erogatori di servizi e interventi di vario genere. I compiti di regolazione si sviluppano
attraverso le attività di rilascio di autorizzazioni, concessioni e atti amministrativi che regolamentano lo
svolgimento di iniziative professionali e imprenditoriali o l'accesso a determinati servizi e prestazioni. Le
competenze delle Regioni, nel campo dei servizi socio-assistenziali, erano state inquadrati dalla legge
328/2000. Le principali competenze assegnate alle Regioni riguardavano: la definizione di politiche integrate
in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento
lavorativo, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni; criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e
la vigilanza delle strutture pubbliche e dei soggetti accreditati; i criteri per la determinazione dei costi
dell'eventuale compartecipazione degli utenti alla spesa per gli interventi assistenziali; i criteri per la
concessione dei titoli sociali. COMUNI: Principale Ente Locale nell'architettura istituzionale dello Stato.
Esso gode di un relativo grado di autonomia rispetto al governo statale centrale e agiscono in raccordo con
gli enti di governo intermedi a livello territoriale. Il comune esercita funzioni proprie e delegate. Nel
complesso, le funzioni di un comune riguardano le materie di: organizzazione dei servizi pubblici di
interesse generale di ambito comunale; tenuta del catasto; pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito
comunale; pianificazione delle attività di Protezione Civile e coordinamento dei primi soccorsi;
organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e
riscossione dei relativi tributi; progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali; edilizia
scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; Polizia Municipale; tenuta dei registri di Stato
Civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici; Organizzazione generale della propria
amministrazione, anche negli aspetti di gestione finanziaria e contabile. Gli organi di governo di un Comune
sono tre: il Sindaco, la Giunta e il Consiglio Comunale. Il Sindaco è il responsabile dell'amministrazione
comunale e rappresenta l'ente. Il Consiglio è un organo di carattere politico che indirizza e sostiene i
principali atti degli altri organi di governo comunale. La Giunta è presieduta dal sindaco della composta
dagli assessori, ai quali vengono assegnate deleghe specifiche per le materie di competenza. I Comuni hanno
i tratti di un'organizzazione burocratica, con una distinzione netta tra ruoli politici ed esecutivi e
amministrativi. Nell'ambito della struttura organizzativa del comune, la programmazione, la gestione e
l'erogazione dei servizi socioassistenziali competono generalmente all'ufficio dei servizi sociali. Le
competenze in materia di assistenza sociale spettanti al comune sono state chiaramente tracciati dalla legge
328/2000. Il comune svolge la funzione di: programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale
dei servizi sociali; erogazione dei servizi e delle prestazioni economiche finalizzate all'assistenza sociale dei
soggetti beneficiari; autorizzazione, accreditamento e vigilanza degli interventi di assistenza sociale offerte
sia da enti pubblici che privati. Una figura centrale è quella dell'assistente sociale, che lavora a diretto
contatto con l'utenza: gode di uno spazio di discrezionalità professionale significativo e, la sia azione non si
traduce nell'esecuzione di attività predefinite o di contenuto esclusivamente amministrativo. Nell'ufficio dei
servizi sociali possono inoltre operare figure di personale amministrativo, il quale seguono le attività di
carattere gestionale amministrativo. I COMUNI ASSOCIATI: I comuni possono scegliere le varie forme
organizzative e istituzionali per la gestione associata dei servizi socio assistenziali. Gli enti per la gestione
associata dei servizi socioassistenziali si attengono prevalentemente a questioni tecniche nella regolazione
dei meccanismi di governance, dei rapporti con gli enti istituenti e della disciplina dei contratti e delle
forniture. La tipologia di gestione associata (formula ISTITUZIONALE) avviene mediante (formula
ORGANIZZATIVA): Patto di collaborazione amministrativa : formula organizzativa (enti) -
Convenzione intercomunale; Delega a enti pubblici: formula organizzativa (enti): - Enti polivalenti (ASL,
comunità montana, unioni di comuni); Enti costituiti ad hoc: Consorzio, Azienda Speciale Consortile, ASP;
Delega a enti privati: formula organizzativa: fondazione di partecipazione, azienda (nella forma della
società per azioni). PROVINCE: Gli organi di governo delle province richiamano quelli delle Regioni: il
Presidente, il Consiglio, la Giunta. Il Presidente e il consiglio sono eletti direttamente dai cittadini, mentre gli
assessori sono nominati. Le competenze istituzionali in materia di assistenza sociale assegnati alle Province
fungono da cerniera tra Regioni e Comuni. Secondo la legge 328/2000, il ruolo delle province è: la raccolta
di dati e informazioni per l'implementazione di un sistema informativo sui servizi sociali a livello territoriale;
l'analisi dell'offerta assistenziale; a promozione dell'offerta formativa e di aggiornamento rivolto agli
operatori; la partecipazione alla definizione e all'attuazione del PDZ.
AZIENDE SANITARIE LOCALI: Le ASL costituiscono il cardine del SSN. Principali funzioni in
materia di assistenza sociale: svolgono un duplice ruolo nel settore sanitario: agiscono come committenti di
servizi sanitari; provvedono direttamente all'erogazione di tali servizi. I professionisti: Al vertice di un'ASL,
nominato direttamente dalla Giunta Regionale, vi è Il direttore generale: un medico iscritto in un apposito
albo presso il Ministero della Sanità. I professionisti che si occupano di assistenza sociale si concentrano in
settori specifici: nei dipartimenti di servizi per la salute mentale e nei servizi per la tossicodipendenza.
Modelli organizzativi: L'organizzazione di una ASL ha la struttura del modello divisionale con criteri di
differenziazione. Le configurazioni che possono assumere le strutture organizzative di un ASL sono
variabili. Si possono avere: enti che privilegiano la dimensione territoriale distrettuale come primo livello
della struttura organizzativa; enti che delineano i dipartimenti tecnico-funzionali. AZIENDE E PRESIDI
OSPEDALIERI: Gli ospedali, dal punto di vista organizzativo e giuridico, sono inquadrabili in due
categorie: le AO che possono gestire uno o più strutture ospedaliere o i Presidi Ospedalieri gestiti
direttamente dalle ASL.; IRCCS: Istituto di carattere e cura a carattere scientifico. LE EX IPAB E LE
AZIENDE PER I SERVIZI ALLA PERSONA: Le IPAB Furono istituite con la legge 6972/1990, la quale
attribuiva la qualifica di ente pubblico a una serie di organizzazioni di origine e natura privata (Opere Pie).
Le IPAB erano organizzazioni che si situavano tra gli enti pubblici e gli enti privati. Hanno svolto un ruolo
centrale nell'offerta di un'ampia gamma di servizi socio-assistenziali attraverso l'erogazione di contributi
economici e l'erogazione diretta di servizi alla persona. Le attività svolte dalle IPAB erano classificate in 4
categorie: servizi socio sanitari a carattere residenziale; servizi educativi a carattere residenziali; servizi di
ricovero temporaneo; servizi di natura mista mense servizi socio assistenziali a domicilio, borse di studio. La
riforma costituzionale ha conferito loro la competenza legislativa esclusiva in materia di assistenza sociale. Il
d.Lgs. 207/2001 prevede due opzioni per la trasformazione della IPAB: la conversione in un’ASP; la
trasformazione in una fondazione.
GLI ENTI PRIVATI E IL TERZO SETTORE: Si distinguono in enti con finalità di profitto ed enti privi
di finalità di lucro (enti profit e nonprofit). In campo di assistenza sociale, gli enti profit sono molto ridotti
rispetto al numero degli enti nonprofit. Le organizzazioni private che promuovono iniziative di economia
sociale puntano a servire servizi e benefici ai propri soci e alla comunità anziché perseguire l'obiettivo
primariamente della generazione di profitti. Dispongono di un management indipendente dal controllo
pubblico e devono garantire ai propri membri dei processi decisionali democratici. Le caratteristiche degli
enti nonprofit sono: intento mutualistico e/o solidaristico delle attività organizzative; Management
indipendente; democraticità dei processi decisionali; equità nella gestione del capitale economico. Nel terzo
settore rientrano organizzazioni sia strutturate per lo svolgimento di iniziative imprenditoriali (come le
cooperative sociali), sia attività di natura volontaristica (come le associazioni di volontariato). Si classificano
in 3 categorie: funzioni produttive; funzioni erogative di risorse economiche; funzioni di advocacy. Le
organizzazioni non profit sono: la cooperativa sociale; l'associazione riconosciuta; l'associazione non
riconosciuta; la fondazione; altre istituzioni non profit. I settori di attività sono: la cultura sport e ricreazione;
istruzione e ricerca; sanità; assistenza sociale e protezione civile; ambiente; sviluppo economico e coesione
sociale; tutela dei diritti e attività politica; filantropia e promozione del volontariato; Cooperazione e
solidarietà internazionale; religione; relazioni sindacali e rappresentanza di interessi. LE COOPERATIVE
SOCIALI: Sono un tipo di organizzazione orientata in chiave imprenditoriale nel terzo settore. Si presentano
come vere e proprie imprese con fini solidaristici. Tra esse, si distinguevano: le cooperative di servizi sociali:
cooperative che erogano servizi alla persona nell'ottica di garantire occupazione e benefici economici; le
cooperative di solidarietà sociale: perseguivano finalità solidaristiche; traevano origine da iniziative
promosse da gruppi e associazioni di volontariato; le cooperative di produzione lavoro integrate, nate con
l'intento di offrire possibilità di lavoro a soggetti svantaggiati. Negli anni 90, le cooperative sociali vengono
riconosciute e qualificate istituzionalmente, con la promulgazione della legge 381/1991, la quale introduce
nell'ordinamento giuridico una nuova forma di impresa cooperativa distinguendone due forme: le
cooperative sociali di tipo A: si dedicano alla gestione, produzione ed erogazione di servizi alla persona, di
natura socioassistenziale ed educativa; le cooperative sociali di tipo B: impegnate nello svolgimento di
attività produttive finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. La legge introduce un
elemento innovativo per la governance organizzativa. Essa prevede che, possono figurare diverse categorie
di soci: i soci prestatori; i soci volontari; i soci sovventori; i soci fruitori. Le cooperative sociali seguono i
principi di equità.
I CONSORZI non si interfacciano direttamente con utenza finale ma offrono servizi strumentali, essenziali
per lo svolgimento per lo sviluppo delle cooperative di primo grado e per favorirne il compito:
rappresentanza politica e istituzionale; realizzazione di economie di scala nelle forniture; partecipazione a
bandi di gara che singole cooperative non possono affrontare.
ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E ASSOCIAZI DI PROMOZIONE SOCIALE:
Il fattore distinto di tali organizzazioni è l'impegno individuale in un'iniziativa di volontariato, poiché il
volontariato non consegue una retribuzione per la propria opera e si impegna esclusivamente a favore della
tutela dei diritti e l'aiuto dei terzi in stato di bisogno o per la tutela, l'ampliamento o la maggiore fruibilità dei
beni comuni che presiedono alla qualità della vita dei cittadini. Dal punto di vista organizzativo, si
differenziano in: associazioni (APS: Associazione Promozione Sociale): un gruppo di persone si unisce per
perseguire un fine condiviso; organizzazioni (ODV: Organizzazioni di volontariato): strumento per
realizzare gli obiettivi dell'associazione. LE FONDAZIONI: svolgono una varietà di funzioni e ruoli sia nel
campo dell'assistenza sociale che nella vita sociale, economica e culturale del paese. Le forme giuridiche e
organizzative che possono assumere le fondazioni sono: si presentano come un'organizzazione privata, senza
finalità di lucro, che dispone di mezzi destinati a uno scopo, con un carattere di perpetuità. Essa prende
forma a seguito del conferimento iniziale di un patrimonio da parte del fondatore, attraverso il quale Si
delinea l'azione della fondazione stessa. L'obiettivo delle fondazioni è quello di amministrare e gestire il
proprio patrimonio al fine di trarne un rendimento per sostenere le attività che ciascuna fondazione
promuove. Nel settore dell'assistenza sociale possono essere distinte secondo due criteri: in base alla finalità
perseguita, le fondazioni si possono suddividere in due grandi categorie: le fondazioni di erogazione:
devolvono dei contributi finanziari, ottenuti dalla gestione del proprio patrimonio, ad altri soggetti per lo
svolgimento di attività ritenute meritevoli di un sostegno; le fondazioni operative: sono dotati di proprie
strutture, attraverso le quali perseguono direttamente le finalità istituite, Classificando le fondazioni secondo
la natura giuridica, si individuano tre fattispecie: le fondazioni di diritto civile, ovvero le cosiddette
fondazioni tradizionali; le fondazioni di diritto speciale, nelle quali rientrano quelle di origine bancaria; le
fondazioni individuati dalla prassi, che comprendono le fondazioni di partecipazione e quelle comunitarie.
LE IMPRESE SOCIALI: l’Espressione di impresa sociale si designa il concetto stesso di organizzazione
non profit attiva nel terzo settore. La promulgazione della legge n° 118/2005 è stata introdotta una norma
che delinea la possibilità di svolgere attività di impresa per fini diversi dal profitto e di interesse collettivo,
operando anche al di fuori dei settori nei quali è concentrata l'azione delle cooperative sociali. Possono
avvalersi del titolo di impresa sociale “Le organizzazioni private che esercitano in via Stabile principale
un'attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi di utilità sociale,
diretta a realizzare finalità di interesse generale”. Si tratta, essenzialmente, delle Cooperative Sociali, delle
ODV, delle APS e delle Fondazioni.
LE ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA’ SOCIALE: Le organizzazioni di terzo
settore sono costituite dal titolo di Onlus, una qualifica addizionale. La denominazione ONLUS interviene
sugli aspetti fiscali delle attività delle organizzazioni nonprofit. Le organizzazioni che vogliono il titolo di
Onlus devono svolgere attività ritenute di utilità sociale e prevedere il vincolo della assenza di finalità
lucrative nella loro azione.
7.PROFESSIONI E COMPETENZE NEL LAVORO SOCIALE
IL LAVORO: OCCUPAZIONI, PROFESSIONI, RUOLI, COMPETENZE
I concetti di occupazione, professione, ruolo e competenze rimandano alla dimensione distinta di un’attività
lavorativa. Occupazione: rappresenta il contenuto dell'attività lavorativa svolta, nonché la formula
contrattuale. Quindi, definisce e rappresenta la condizione lavorativa di un soggetto. Professione: identifica
e distingue una serie di occupazioni, che si contraddistinguono perché hanno assunto, nel tempo, un
particolare rilievo sul piano sociale, culturale e istituzionale. È l'esito di quello che viene detto processo di
professionalizzazione. Tale processo si compie lungo 5 tappe: la comparsa di una certa attività lavorativa
come occupazione a tempo pieno; l'istituzione di scuole di formazione specialistiche; la costituzione di
associazioni professionali; il riconoscimento da parte dello stato e la protezione monopolistica rispetto
all'accesso e all'esercizio della professione; l'elaborazione di un codice etico o deontologico. Il risultato
complessivo di questo processo di professionalizzazione è l'accrescimento della legittimazione sociale di
un'occupazione. Nel campo specifico dell'assistenza sociale, Le occupazioni che assumono i tratti della
professione sono quelle dello psicologo e dell'assistente sociale. Ruolo: il ruolo viene assunto qualora un
professionista lavori per un'organizzazione. Un ruolo può essere descritto come << l'insieme delle norme e
delle aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione in una più o
meno strutturata rete di relazioni sociali, ovvero in un sistema sociale >>. Il ruolo individua la posizione che
un membro dell'organizzazione andrà a occupare all'interno della sua struttura sociale e, in base alla quale,
sarà tenuto a svolgere determinate attività. Competenza: la competenza può essere declinata in diverse
forme. Si parla di competenze organizzative per descrivere le qualità distintive che un'organizzazione
possiede, nonché le competenze individuali, in riferimento a determinate caratteristiche di una persona. Ogni
competenza si compone di tre dimensioni essenziali: una componente oggettiva, identificata con il concetto
di "sapere"; Una componente soggettiva, sintetizzata nella nozione e "saper fare"; una componente
contestuale, alla quale ci si riferisce con l'espressione "saper essere". Nel settore dell’assistenza sociale le
competenze professionali si esprimono lungo tutte e tre le componenti descritte. La dimensione del saper
essere assume una rilevanza centrale nei servizi alla persona, poiché è attraverso di essa che possono
emergere sia le basi motivazionali di un operatore, sia le sue capacità di dare consistenza e valore al suo
intervento.
IL LAVORO SOCIALE
Le attività lavorative che permettono l'erogazione di servizi socioassistenziali, spesso, vengono classificate
con il concetto di "lavoro sociale". Il concetto di lavoro sociale è diversamente interpretato a livello
nazionale e a livello internazionale. Nel mondo anglosassone, il concetto di lavoro sociale fa riferimento
alla nozione di Social Work, per descrivere una più ampia serie di attività di carattere socio-assistenziale,
oltre le attività condotte dagli assistenti sociali. Non identifica una specifica occupazione ma diviene una
categoria. A livello nazionale, la nozione di Social Worker non esiste né come singola attività lavorativa né
come insieme di occupazioni e professioni. Secondo L’International Federation of Social Workers << il
lavoro sociale nelle sue varie forme affronta le molteplici e complesse transazioni tra le persone proprio
ambienti. La sua missione e di fare in modo che un individuo possa sviluppare il proprio potenziale,
arricchendo la propria vita e prevenendo delle disfunzioni >>. <<Non esistono scale universali di definizione
del lavoro sociale, perché si assume significato incisività rispetto alle contingenze sociali, culturali ed
economiche con le quali si confronta>>.
LAVORO SOCIALE E ASSISTENZA SOCIALE: Il Social Care allude alle attività di cura e assistenza
erogate in strutture residenziali e/o presso il domicilio di un individuo. Gli interventi assistenziali assumono
una loro tangibilità fisica, riscontrabile nelle specifiche prestazioni erogate a un utente. La nozione di Social
Care include quella di Social Work. Ciò perché il concetto di social care è inteso come l'insieme di servizi
alla persona, attraverso le quali si delinea il lavoro sociale. IL LAVORO SOCIALE COME PRATICA
DISCORSIVA: Il lavoro sociale e la produzione di servizi socioassistenziali si fondano sulla relazione tra
un utente ed erogatore. Il concetto di pratica discorsiva nasce a partire dagli anni '90, laddove si riscontra
che, molte attività lavorative si fondano sulla comunicazione e sul linguaggio. La comunicazione non viene
più Intesa come il vettore attraverso il quale si sviluppano le interazioni sociali, ma diviene a sua volta un
oggetto di lavoro. Con l'espressione conversazione istituzionale si intende un'interazione che segue degli
schemi rintracciabili secondo: le scelte lessicali dei partecipanti alla conversazione (ad esempio un assistente
sociale e utente); il disegno dei turni di conversazione e l'organizzazione delle sequenze di interazione;
l'organizzazione complessiva della struttura internazionale e le dinamiche relazionali che da essa conseguono
sulle quali essa si basa. Le conversazioni istituzionali si delineano attraverso la stabilizzazione dei fattori
descritti, in modo da rendere uniformi e prevedibili i singoli episodi di integrazione che si possono
sviluppare in un determinato contesto lavorativo. In quest’ottica si contraddistinguono perché: danno vita al
repertorio di pratiche comunicative, composto da precise scelte lessicali, modalità di gestione dei turni ecc..;
implicano lo sviluppo di una competenza per interagire adeguatamente. LA MATERIALITA’ DEL
LAVORO SOCIALE: Il lavoro sociale, mantiene una sua componente materiale. Si tratta di una materialità
che ha una natura intrinsecamente corporea, in quanto presuppone un’interazione fisica, tra utente e
operatore. Il corpo come strumento lavorativo deve essere considerato come una forma di comunicazione,
mediante la quale si produce quella che viene definita Conoscenza Sensibile: una conoscenza che passa
attraverso percezioni e movenze corporee. Molte caratteristiche distintive del Lavoro sociale prendono forma
proprio mediante il corpo. Il corpo diviene quindi veicolo comunicativo. Il lavoro sociale si costruisce lungo
una dimensione di plurisensorialità. Un'altra dimensione risiede invece nelle attività di documentazione e
amministrazione. OCCUPAZIONI E PROFESSIONI SOCIALI Le principali occupazioni e professioni
che si ritrovano nel settore dei servizi socioassistenziali, sono definite professioni sociali. Sono generalmente
rappresentati come professioni dedite ad attività di aiuto e resistenza; lavorano in una sorta di frontiera tra
situazioni di normalità e devianza, promozione e disagio; utilizzano la relazione con le persone come
strumento principale per lo svolgimento delle proprie attività, che sono finalizzate a fornire aiuto, cura,
sostegno, educazione e assistenza.
ASSISTENTI SOCIALI
Le attività di loro competenza sono oggetto di uno specifico percorso formativo e sono regolamentate da uno
specifico ordine professionale. L'ordine degli assistenti sociali ha promosso la promulgazione di un codice
deontologico. Il ruolo degli assistenti sociali è centrale nelle politiche assistenziali, in quanto essi assumono
una posizione nodale sia per l'accesso ai servizi socio-assistenziali, sia per la realizzazione degli interventi
assistenziali. Secondo la norma, le mansioni che competono a un’assistente sociale si articolano in cinque
categorie principali : Area relazionale, Area gruppi e comunità, Area didattico-formativa, Area studio e
ricerca, Area progettuale, programmatoria e di amministrazione dei servizi. Per svolgere la professione
di assistente sociale è oggi necessario possedere una laurea in servizio sociale e iscriversi all'ordine nazionale
(istituito nel 1993). La professione dell'assistente sociale figura oggi come un'occupazione "matura", cioè ha
compiuto molti dei passaggi tipici dei processi di professionalizzazione. Sono da segnalare i rischi di
deprofessionalizzazione che giungono da più versanti: in particolare, la tendenza di esternalizzazione
dell'erogazione di molti interventi, assieme al massiccio ricorso ai trasferimenti monetari, porta con sè il
pericolo di trasformare l'assistente sociale in una sorta di dispencer di titoli sociali e contributi economici,
privo della possibilità di seguire da vicino l'evoluzione della situazione di un utente.
EDUCATORI: La figura dell'educatore non coincide con la figura dell'insegnante. L'educatore rappresenta
<< un aggancio, per soggetti che non hanno potuto introiettare modelli di comportamento adeguati alla vita
sociale, per apprendere, in situazione, comportamenti, valori e atteggiamenti che permettono un vero e
proprio reinserimento sociale >>. L’educatore si dedica a individuare i fattori che possono promuovere e
sostenere un cambiamento nella condizione di un individuo o un gruppo. Cerca di identificare e promuovere
le azioni concrete per sviluppare un progetto di reinserimento. L’educatore è l’operatore che può entrare in
gioco quando si verifica una situazione di crisi all'interno del sistema di esperienze educative dalle quali sono
interessati i soggetti individuali e collettivi. In quanto agente di cambiamento, Egli deve muoversi su tre
fronti: un piano di promozione delle potenzialità di un soggetto, Affinché queste si traducano in atti
cognitivi, affettivi e relazionali; un piano preventivo, per ridurre il rischio che le potenzialità di un individuo
rimangano inespresse; un piano riabilitativo, per recuperare le potenzialità che un soggetto non riesce più ad
attivare. AUSILIARISOCIOASSISTENZIALI (ASA) E OPERATORI SOCIOSANITARI (OSS) Gli
ASA e gli OSS rappresentano due occupazioni che si occupano entrambe della cura e dell'assistenza di una
persona che è temporaneamente o permanentemente incapace di soddisfare delle minime necessità di cure
sussistenza. Gli operatori ASA e OSS costituiscono un riferimento importante nella dimensione relazionale
di una persona in condizione di bisogno. La differenza che intercorre tra queste due figure di operatori è che
l'OSS può somministrare dei farmaci e collaborare alla realizzazione di prestazioni terapeutiche, mentre
Italia attività sono formalmente precluse agli ASA. Il titolo di un OSS è una qualifica a livello nazionale,
mentre il titolo di un ASA è una qualifica a livello regionale.
ASSISTENTI FAMILIARI. Gli assistenti familiari sono quelle figure di caregiver definite con il termine
"badanti". Le attività delle badanti consistono nella cura e nell'assistenza a domicilio di persone anziane non
autosufficienti. La diffusione delle badanti ha ridotto la pressione verso gli enti pubblici che dovrebbero
offrire servizi alternativi per l'assistenza domiciliare degli anziani non autosufficienti. Questa situazione
costituisce un ostacolo allo sviluppo di un'offerta di assistenza domiciliare regolarizzata sotto il profilo
contrattuale e amministrativo. PSICOLOGI: La strutturazione professionale dell'attività dello psicologo è
assai articolata. Il costo delle prestazioni erogate dei liberi professionisti è peraltro regolato da un tariffario
definito dall'ordine stesso, all'interno del quale sono specificate dettagliatamente le diverse tipologie di
intervento. Nell'ambito dei servizi socioassistenziali, le pratiche che gli psicologi svolgono sono molteplici:
Attività di psicoterapia; diagnosi psicologiche che accedono al servizio; ecc. ALTRE PROFESSIONI E
OCCUPAZIONI: L'implementazione dei servizi socioassistenziali richiedi la cooperazione di numerose
altre figure professionali. Un ruolo decisivo lo svolgono i medici e il personale infermieristico. Un'altra
figura della quale si deve tenere conto è quella del mediatore linguistico-culturale. In molte organizzazioni
pubbliche e private, un ruolo decisivo viene svolto dal personale amministrativo.

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