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ORCHESTRA SINFONICA

DEL CONSERVATORIO
GUIDO CANTELLI

TEATRO COCCIA
Sabato 10 Gennaio 2023
Ore 21.00

Jingzhi Zhang
violino

Nicola Paszkowski
direttore

Mendelssohn
Concerto in Mi minore op. 64
Sinfonia in La maggiore op. 90

INFORMAZIONI
Tel. 0321 233201 - Fax 0321 233250
www.fondazioneteatrococcia.it

Via Collegio Gallarini, 1 | 28100 Novara Via Fratelli Rosselli, 47 Novara


Programma

Felix Mendelssohn Bartholdy


Amburgo 1809 - Lipsia 1847

Concerto per violino e orchestra op. 64 in Mi minore

I- Allegro molto appassionato


II - Andante
III - Allegreto non troppo. Allegro molto vivace

Sinfonia N.4 op. 90 in LA Maggiore Italiana

I - Allegro vivace
II - Andante con moto
III - Con moto moderato
IV - Saltarello
Felix Mendelssohn Bartholdy

Componitore, diretore d'orchestra, pianista e organista nato il 3 Febbraio 1809 ad


Amburgo in famiglia di origine ebraica con la quale nel 1811 si trasferì a
Berlino. Nel 1816 la sua famiglia si convertì al protestantesimo e Felix mostrò di
accetare la nuova religione con molta convinzione, pur senza mai rinnegare le
proprie origini ebraiche. Nei primi anni di vita ricevete l'istruzione diretamente dai
genitori: francese e aritmetica dal padre, tedesco, leteratura, belle arti e pianoforte
dalla madre. Si interessò anche di linguistica, bilologia e filosofia. Studiò pianoforte
con madame Marie Bigot de Marognes a Parigi e prosegui a Berlino con Ludwig
Berger dove studio anche violino con Carl Wilhelm Henning e teoria musicale e
composizione con Carl Friedrich Zelter, diretore della Singakademie di Berlino e
amico di Goethe a cui lo presentò. Mendelssohn si esibì nel suo primo concerto
all'età di nove anni e ½n dalla più tenera età si rivelò un compositore proli½co,
infati scrisse le sue prime dodici sinfonie dagli undici ai quatordici anni.
Mendelssohn intraprese numerosi viaggi per l'Europa, incontrando le personalità di
spicco della musica di quel tempo, tra i quali Gioachino Rossini, Giacomo
Meyerbeer e Luigi Cherubini e Hector Berlioz. Gli fu inoltre riconosciuto il merito di
riportare alla luce la musica di Johann Sebastian Bach, caduta in oblio in quel
periodo, mediante il successo di un ambizioso progeto che vide la luce l'11 marzo
del 1829 nella Singakademie di Berlino con la sua direzione (non integrale e
rimaneggiata nella strumentazione da lui stesso) della Passione secondo Mateo,
mai più interpretata dalla morte di Bach. L'impresa riscontrò un grandissimo
successo che gli permise di guadagnare un'otima reputazione, e i cui effeti di
riscoperta verso la musica bachiana durano tut'oggi, segnando l'inizio della
cosiddeta Bach-Renaissance. La sua vita si svolse su binari piutosto convenzionali,
se comparata a quella di altri compositori dell'Oto- cento. Nel 1837 sposò Cécile
Jeanrenaud, matrimonio che fu coronato dalla nascita di cinque ½gli. Dal 1829 al
1832 intraprese un viaggio in Inghilterra, Svizzera, Francia ed Italia (Venezia, Firenze,
Roma e Napoli) cogliendo quasi ovunque grande successo. Successiva- mente
lavorò con molta intensità alle sue opere, dividendosi tra la composizione e le
tournée. Nel 1835 fu nominato diretore dell'Orchestra del Gewandhaus di Lipsia e
nel 1843 fondò il Conservatorio di Lipsia. Patì di cativa salute negli ultimi anni di
vita, con problemi che gli impedirono in gran parte di esibirsi come pianista, soffrì
di una grave forma di depressione a causa della morte della sorella Fanny nel 1847
e morì a causa di una serie di infarti che in½ne portarono in½ne ad un ictus, il 4
Novembre 1847 a Lipsia, lasciando incom- piuta l'ultima sua composizione, il
Christus.
Il Concerto per violino e orchestra in Mi minore venne composto a Francoforte
nel 1844 e vide la sua prima esecuzione il 13 Marzo 1845 a Lipsia. Come la gran
parte dei Concerti di epoca romantica, anche questo illustra a pieno titolo la
collaborazione tra compositore e interprete, in questo caso il violinista Ferdinand
David, primo violino dell'Orchestra del
regolarmente sia per questioni di strutura formale e di detagli che sugli aspeti
pratici della scritura per solo. Di più, una buona parte della cadenza del primo
movimento come noi la conosciamo, si crede sia stata scrita proprio da David. Il
caratere esecutivo del pezzo, tutavia, è legato all'equilibrio che deve instaurarsi tra
virtuosismo e rigore, in una asciutezza che non ammete sbavature sentimentali pur
nell'ampia retorica espressiva romantica. Il primo tema del primo movimento,
nonostante la melodia seducente, è di grande semplicità e di mezzi armonici
relativamente contenuti.
Nella nebbia degli archi gravi, scandita da due colpi del timpano esso si stacca con il carate-
ristico ritmo anapestico. L'orchestra è sempre ancella del solista e ne riprende il
tema nell'esposizione presentando poi un tema derivato dal primo che il solista si
affreta a riprendere variandolo. I fiati introducono il secondo tema in Sol maggiore
con andamento di semplice corale e il dialogo col solista nello sviluppo prosegue ½no
alla cadenza, articolatissi- ma, che, con una certa novità formale, precede la ripresa.
Il rientro dell'orchestra a ora dalle ultime batute in pianissimo del violino e l'effeto
di sospensione è straordinario. La ripresa con il riascolto del tema di corale precede
la coda brillante che si conclude con una nota tenuta del primo fagoto che
permete di collegare questo movimento diretamente all'Andante. Questo "sipario"
che dal Mi minore conduce al Do maggiore rievoca paesaggi beethoveniani e
costituisce il fondale ideale perché la melodia purissima in forma di Lied tripartito
possa aprirsi. La grazia del tema è decisamente sentimentale e intimistica e offre
all'esecutore la possibilità di sfoggiare arcate, legati e note tenute. I corni e
l'orchestra introducono la sezione centrale che vira verso un tono più drammatico
½no alla riesposizio- ne del Lied che conclude in pianissimo il movimento. L'Allegro
molto vivace in Mi maggiore è preceduto da una frase recitativa di poche batute
con funzione di collegamento, in realtà più emotivo che struturale, nella quale
riappare in forma variata il tema dell'Allegro molto appassionato. In tal modo lo
stacco Leggiero dell'arpeggio del violino offre un effeto plastico superiore, dando
vita ad un movimento elegante in forma di Rondò-Sonata. Anche questo appare di
semplicità melodica e armonica, anche se Mendelsshon "sporca" di cromalismi i
movimenti del basso che appaiono fra il primo e il secondo tema, fra la ripresa e la
coda e fra la coda e la cadenza conclusiva per creare interesse. Il dialogo con
l'orchestra si fa più serrato, nello scambio reciproco dei temi, dando modo al solista
di esporsi con gli effeti di pizzicato e di staccato all'otava acuta. La cadenza ½nale
annunciata dai trilli ascendenti del violino, punteggiati dai fiati, conclude con slancio
e brillantezza il movimento, nella cifra tipica di Mendelssohn che non rinuncia alla
costruzione "dota" ma la dissimula in una superiore eleganza formale.
La Sinfonia n. 4, conosciuta con di venne abbozzata durante il
soggior- no dell'autore in Italia tra il 1830 e il 1831 e vide la sua prima esecuzione
13 Maggio 1833 alla Società Filarmoniaca di Londra nel Hanover Square Rooms,
soto la direzione dell'autore stesso. Essa fu accolta in modo molto lusinghiero,
suscitando però sin d'allora e per molto tempo ancora diverse discussioni in sede
critica circa la classificazione dell'opera nel genere romantico o classico.
Discussione piutosto arti½ciosa e completamente superata, perché questa
sinfonia è l'espressione di un felicissimo equilibrio spirituale, in cui i termini di
classico e di romantico si fondono e si integrano magnificamente in una sintesi di
vivaci colori mediterranei e di autunnali sentimenti nordici. Come ogni artista
tedesco anche Mendelssohn subì il fascino della "terra dove fioriscono i limoni" il
cui folclore mediterraneo emerge in lievi, ed estremamente stilizzate allusioni,
fuse in un organismo perfetamente scorrevole e funzionale caraterizzato da
un'accurata elaborazione tematica. Il caratere 'italiano' della composizione vive
nella sua spumeggiante freschezza, nella cantabilità mediterranea di molti temi,
nella luminosità della magistrale strumentazione, che privilegia spesso i colori
solistici agli impasti, e fa un uso parsimonioso degli otoni. Per quanto riguarda gli
aspeti formali, è caraterizzata da una straordinaria sicurezza struturale che la
rende gemella della terza sinfonia op. 56 in LA minore deno- minata "Scozzese",
composta tra il 1829 e il 1842. Queste due opere formano una coppia di
composizioni in cui la ricognizione degli schemi classici è compiuta con originalità
tanto maggiore quanto più solido è il controllo dei problemi costrutivi. La cornice
formale classica, in quatro movimenti con ordinati ritornelli e riprese, nella
snellezza delle proporzioni sembra guardare sopratuto ai modelli haydniani e
mozartiani. Inoltre è avvertibile, nell'ampliamento degli sviluppi e nella ripresa
variata, l'influsso della grande lezione beethoveniana e nell'utilizzo del
contrappunto e del basso barocco quella di Bach. I suoi gusti musicali furono
essenzialmente conservatori, distinguendosi da molti dei suoi contemporanei
musicali più aperti ad innovazioni, infati il conservatorio di Lipsia da lui fondato,
divenne un caposaldo di questa visione antiradicale. I connotati classicisti del suo
stile sono essenzialmente la regolare costruzione simmetrica fraseologica, la
chiarezza del tracciato armonico che non stravolge la logica del sistema tonale, la
levigata fluidità
generosa negli slanci e dalla cantabilità romantica, ma sapientemente equilibrata e
circolarmente conclusa.
Il caratere della sinfonia si rivela subito nello slancio, nella spontaneità e nella gioia che esplode nella
«partenza» festosissima del primo movimento, in La maggiore e nel trasci- nante ritmo di 6/8,
tradizionalmente organizzato secondo la strutura bitematica tripartita della Forma-Sonata. Il primo
tema si apre con un atacco risoluto e giovanile enunciato rispetivamente dagli archi e dai vibranti
otavi ribatuti dagli strumenti a fiato, che incre- mentano la sua componente vivace, gioiosa e
spumeggiante. Successivamente subentra il secondo tema in Mi più dolcemente disteso e pacato,
esposto dai clarineti e dai fagoti e poi dai flauti e dagli oboi, sostenuto dagli arpeggi degli archi. Esso
non si contrappone al primo come negli schemi classici, ma ne è il riverbero ato a intensificarne e a
spanderne le luci. Nello sviluppo introduce un terzo elemento tematico, che compare dapprima negli
archi e viene subito sotoposto a una fitta elaborazione contrappuntistica, per poi intrecciare un serrato
dialogo con il primo tema. La ripresa si
magnificamente preparata da un lungo crescendo e conclusa da un ateggiamento di fanfara dei ½ati
che cedono poi il passo agli archi che chiudono brillantemente il tempo. eccitazione di
questo movimento non compromette la costruzione formale ricca di proposte e di sfumature, lavorata
con profonda atenzione dal punto di vista contrappuntistico e armonico. Il secondo tempo in Re
minore si configura come una canzone nostalgica, in cui il tema principale, esposto dalle viole
all unisono con gli oboi e i fagoti, è costruito su un canto di processione dei pellegrini luterani ed evoca
le atmosfere della musica organistica barocca. Questo solenne moto, basato sulla dominante la con il
suo caratere vagamenente popolaresco, gli andamenti di danza e il sapore austero che talvolta sfocia
nella modalità si configura come omaggio al Maestro Zelter. La coda conclusiva è un momento di
contemplazione che suggerisce un paesaggio che va stemperandosi in luci occidue. Il contrappunto
del tema e sopratuto il movimento dei bassi sembrano realmente rievocare lo spirito barocco di
ispirazione Bachiana. La serenità ritorna nel classicheggiante terzo tempo in La maggiore di di cile
classificazione dal punto di vista formale che sembra essere costituito da un Minueto, un doppio Trio
intrinseca del modulo
metrico utilizzato, ben definito e tutavia oscillante fra il
motivo del Trio risuonano vaghi richiami agresti atraverso le sonorità dei corni e dei fagoti soto un
leggero disegno di violini e flauti,
movimento è rintracciabile nelle opere dei grandi maestri del classicismo
viennese, in particolare in quelle Haydiniane. Il tempo più carateristico ed emblematico è il Saltarello
Finale in La minore che riproduce e rievoca liberamente gli ateggiamenti e le cadenze della
popolare danza romana. Il tema è vivacissimo e brillante e scorre su un ritmo a note
ripetute in un clima di briosa, spigliata e incandescente animazione. A ne ad una sorta di
Tarantella stilizzata, autentico banco di prova per il virtuosismo di orchestre e diretori:
dal turbinio di terzine degli archi agli spericolati passaggi in staccato dei legni, tut to il
brano è u fresco
e scintillante, al mito di una latinità solare, orgiastica, impetuosa. Il fato che segua un
tempo moderato accentua ancora di più, per contrasto, esplosione di vitalità ritmica
in cui sono presenti straordinarie assonanze con il mondo fiabesco delle musiche per il
dì una note dì mezza estate . Verso la fine flauti e clarineti sembrano citare il tema
nella tonalità maggiore del primo movimento, dove la prorompente energia scema
d intensità, prima della brillantissima coda in
contrappuntistica.
Jingzhi Zhang

Jingzhi Zhang, nata in Cina nel 2001, ha iniziato a suonare il violino di


quatro anni. A soli oto anni vinceva numerosi concorsi e borse di studio di Cina; è
inoltre risultata vincitrice al Concorso internazionale Andrea Postacchini nel 2010.
Alla sua giovanissima età ha già tenuto concerti in Cina, Italia, Svizzera, Russia,
Lituania, Sigapore e Stati Uniti. Ha suonato con la National Symphony Orchestra
Sichuan, la Presidential Symphony Orchestra
di Mosca e numerose altre. Ha suonato in contesti istituzionali per le più alte
cariche dello stato cinese. Dal 2014 studia presso il Conservatorio della Svizzera
Italia nella classe del M° Pavel Berman.Suona un violino Giuseppe Guarneri
(1735) della Fondazione Pro Canale di Milano.
Nicola Paszkowski

Ferdinand Leitner, Carlo Maria Giulini e Emil Tchakarov. Collabora con numerose
orchestre e istituzioni tra le quali: Orchestra della Toscana, Teatro Verdi di Pisa,
Orchestra dei Pome- riggi Musicali di Milano, Regionale del Lazio, Filarmonica di
Torino, Sinfonica Siciliana, Haydn di Bolzano, orchestre del Teatro Lirico di
Cagliari e del Teatro Massimo di Palermo, Orchestra Filarmonica di Montecarlo,
Filarmonica di Cracovia. Dal 2000 al 2012 è Diretore
Giovanile Luigi Cherubini e la
Giovanile Italiana a Ravenna Festival su invito di Riccardo Muti. Nel 2010 è di
nuovo alla guida della Cherubini per Il trovatore, con la regia di Cristina

Nel 2012, a chiusura della XXIII edizione di Ravenna Festival, dirige la trilogia
Verdi, Rigoleto, Trovatore e Traviata al Teatro Alighieri e, nello
stesso anno, è alla guida
Sommer International Musikfe- stival. Sempre per la regia di Cristina Mazzavillani

2013. Nel 2015 porta in scena Il barbiere di Siviglia per Opera Studio, inaugura la
stagione estiva del Teatro di Firenze con aggio
Royal Oman
Festival
2015, dirige La bohème, regia di Cristina Mazzavillani Muti. Nel 2016 ha direto La
vedova allegra per Opera Studio e ha ripreso per il teatro Alighieri di
Raven- na il Macbeth; un concerto sinfonico del Teatro Petruzzelli di
Bari, al Savonlin- na Opera Festival ha diretto Falstaff e Macbeth. Nello stesso
anno su invito di Raina Kabaivanska ha diretto la Turandot di Puccini al Teatro
Lirico di So½a. del 2017 ha direto Bohème a San Pietroburgo per il II
Festival di Elena Obrazcova. Fa parte della commissione esaminatrice di
Opera del maestro Riccardo Muti.
i
Via Collegio Gallarini, 1 | 28100 Novara Via Fratelli Rosselli, 47 Novara

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