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CHIMICA ANALITICA

Analita: sostanza o elemento in analisi


Tracce o basse concentrazioni (ppb)= 1 µg/kg- 1 µg/L
Concentrazioni medie (ppm)= 1mg/kg - 1mg/L

PROCESSO ANALITICO
- Campionamento
- Estrazione degli analisti dalla matrice
- Purificazione dell’estratto
- Concentrazione dell’estratto
- Analisi strumentale
- Elaborazione dei dati
- Interpretazione dei risultati

Estrarre= potare in soluzione

Nell’estrazione dell’analita oltre ala sostanza che ci interessa estraggo anche una pluralità di altre sostanze che
vengano eliminate poi tramite purificazione.
Le sostanze aggiuntive potrebbero influenzare la mia analisi strumentale.

La purificazione dell’estratto non viene sempre svolta, ma dipende dal tipo di campione.

La concentrazione dell’estratto ha senso solo con grandi quantità di campione.

FASI ANALITICHE
1. Sviluppo del metodo (riguarda tutti i processi analitici)
2. Validazione del metodo (metodo “fit for purpose”)
3. Applicazione del metodo

STUDIO DEL PROBLEMA ANALITICO


1. Tipologia/numerosità degli analiti: si tratta di composti chimici o elementi? Differenza a livello di
macromolecole e micromolecole. Per piccole molecole si intendono le low molecular weight. Sempre
nell’ambito di piccole molecole si parla di volatilità delle sostanze, in base ad essa si sceglierà un metodo di
analisi diverso.
2. Livello di concentrazioni attese: bisogna conoscere la concentrazione a seconda dell’analita, che potrebbe
possedere un alto livello di tossicità
3. Caratteristiche della matrice da sottoporre ad analisi: una matrice può essere liquida, considerando il tipo
di liquido (ad es. l’acqua di mare ha una salinità elevata che per certi tipi di analisi è un elemento di
disturbo, perciò si applica un pretrattamento di desalinizzazione), o solida considerando il tipo di solido,
oppure gassosa.

PARAMETRI DI UN METODO ANALITICO


- Precisione: espressa in termini di deviazione standard assoluto o relativa. Descrive la dispersione dei dati
sperimentali di una serie di misure replicate intorno al valore medio dovuto ad errori casuali. Definita dalla
deviazione standard “S” e dal coefficiente di variazione.
cv%= S/m *100 (m=media)
- Esattezza: descrive il grado di accordo fra il valore di riferimento ed il valore misurato. La mancanza di
esattezza è ascrivibile ad errori di tipo sistematico. Sovrastima o sottostima rispetto ai valori di riferimento
- Linearità: dipendenza dal segnale di concentrazione. Relazione lineare tra il segnale analitico (y) e la
concentrazione dell’analita (x) secondo l’equazione y= ax +b (metodo dei minimi quadrati).
Intervallo di linearità: definisce l’intervallo di concentrazione dell’analita per cui si ha una relazione
lineare fra segnale e concentrazione.
- Sensibilità: capacità di un metodo o di uno strumento di discriminare fra piccole differenze di concentrazione
di analita. Dipende dalla pendenza della curva di calibrazione e dalla precisione delle misure effettuate.
- Selettività: capacità di un metodo analitico di determinare un composto o una classe di composti presenti in
una matrice complessa, senza risentire di interferenze di altri componenti della miscela. La massima
espressione di selettività è la specificità
- Limite di rivelazione (LOD): definisce la concentrazione minima dell’analita che può essere rivelata dallo
strumento. Il limite di rivelazione dipende dal rapporto fra il segnale analitico e quello delle fluttuazioni
statistiche nel bianco. Se una sostanza è presente a bassi livelli (qualche ppb) comporta dal punto di vista
tecnico l’ottenimento di segnali molto bassi. Finché non stabiliamo una soglia accettata comunemente con un
grado di accettabilità alto, non possiamo andare avanti. Se il segnale è tale da essere pari ad almeno 3 volte il
rumore di fondo posso affermare con sicurezza che l’analita è presente.
LOD=S/N=3
S= segnale analitico in presenza di analita
N= “noise”, segnale in assenza si analita
- Limite di quantificazione (LOQ): definisce la concentrazione dell’analita che fornisce un segnale pari a 10
volte il segnale del bianco. Abbiamo in parte ancora un contributo del noise e dal punto di vista quantitativo
si lavorerebbe con una dispersione di dati troppo alta, perciò in fase di validazione si valuta un altro
parametro considerandolo più alto.
LOQ= S/N=10
- Limite di linearità (LOL): definisce la concentrazione dell’analita per cui si osserva la deviazione della
linearità

CARATTERISTICHE DELLE MATRICE DA ANALIZZARE


- Complessità della matrice
- Presenza di possibili interferenti
- Uniformità di distribuzione dell’analita nel campione

CAMPIONAMENTO
L’obiettivo non è semplice te prelevare un campione ma farlo rispettando la rappresentatività e l’omogeneità:
bisogna che le aliquote (porzioni) che andiamo a prelevare siano rappresentative, ovvero con le stessa
composizione del materiale da cui è stato eseguito il prelievo; e omogenee, ovvero con composizione uguale in
ogni sua parte.

Integrità del campione


Le fasi di campionamento devono essere tali d evitare possibili perdite di analiti o contaminazione del campione
(ad es. i campioni volatili possono essere facilmente persi nel tragitto dal sito di prelievo al laboratorio,
dobbiamo quindi impiegare accorgimenti semplici grazie al piano di campionamento a monte, considerando il
tipo di sito, la possibile disomogeneità che potrei incontrare nel campione).

Dobbiamo far attenzione a tutti i fattori che potrebbero indurre alterazioni derivanti da:
- Condizioni di conservazione
- Modalità di campionamento
- Modalità di trasporto
Tenendo conto di:
- Tenore di umidità
- Esposizione a fonti di calore
- Esposizione alla luce
DEFINIZIONI
- Partita (Lot): quantità identificabile del prodotto, consegnata in una sola volta e avente caratteristiche
comuni ufficialmente riconosciute, quali l’origine, la varietà ed il tipo di imballaggio
- Sottopartita (sub-lot): porzione di una partita designata per essere sottoposta a campionamento secondo le
modalità stabilite. Ciascuna sub-lot deve essere separata ed identificabile
- Campione elementare (incrementale sample): porzione di materiale prelevato in un solo punto della partita
o della sottopartita
- Campione globale (aggregate sample) aggregazione di tutti i campioni prelevati da una partita o sottopartita
- Campione di laboratorio (Laboratory sample= sub-sample): parte/ quantità rappresentativa del campione
globale destinata al laboratorio

CLASSIFICAZIONE DEI METODI ANALITICI


- Metodo di analisi qualitativa: metodo analitico che ha come scopo l’identificazione di una sostanza sulla base
delle sue proprietà chimiche, biologiche o fisiche
- Metodo di analisi quantitativa: metodo analitico che ha come scopo la determinazione della concentrazione
o della quantità di una sostanza
- Metodo di conferma: metodo in grado di fornire informazioni complete o complementari per l’identificazione
univoca di una sostanza. Un metodo di conferma può avere anche finalità di analisi quantitativa per la
determinazione dell’analita al livello di interesse
- Metodo di screening: metodo usato per rivelare la presenza di una sostanza o di una classe di sostanze al
livello di interesse. I metodi di screening sono caratterizzati da elevata produttività e sono usati per
evidenziare risultati positivi (“non-compliant”) su numeri elevati di campioni. Essi sono specificamente
sviluppati in modo da evitare risultati falsi negativi (“compliant”).

REGOLE PER UN CORRETTO CAMPIONAMENTO


- Deve essere eseguito da personale qualificato e addestrato
- Ciascuna partita da analizzare è oggetto di campionatura separata
- Devono essere utilizzati strumenti di prelievo appropriati e tali da proteggere il materiale campionato da
qualsiasi contaminazione
- I campioni elementari devono essere prelevati in punti diversi della partita o sottopartita. Qualsiasi deroga a
tale procedura deve essere segnalata
- Il campione globale viene ottenuto mescolando i campioni elementari
- I campioni di laboratorio sono ottenuti dal campione globale opportunamente omogeneizzato.

SCELTA DEI METODI DI CAMPIONAMENTO


In funzione di:
- omogeneità o eterogeneità degli analiti nella partita da analizzare
- stato fisico del materiale (gassoso, liquido, solido, in pasta, in polvere)
- dimensione del lotto
- dimensione e forma dei componenti del prodotto

Un campionamento non idoneo potrebbe condurre ad un’errata valutazione del tenore di contaminati portando
all’accettazione di lotti contaminati o scarto di lotti idonei al consumo

Come operare?
- Eventuale suddivisione delle partite in sottopartite in funzione del peso della partita
- Aumento del numero di campioni elementari da prelevare
- Differenziazione della dimensione dei campioni elementari in funzione della dimensione dei singoli
componenti
Maggiore è la dimensione del campionamento:
- minore è la probabilità di respingere i lotti idonei e/o accettare i lotti contaminati
- aumento dei costi

Il protocollo di campionamento dovrebbe essere un compromesso tra i costi, il lavoro richiesto per il
campionamento e la variabilità attesa nei risultati.

Step successivo=> preparazione del campione per l’analisi


Nel caso di prodotti solidi, ciascun campione deve essere macinato finemente ed accuratamente mescolato,
utilizzando un metodo che ne garantisca una completa omogeneizzazione (ad es. la triturazione del materiale
deve consentirne il passaggio attraverso un setaccio a maglie di 1 mm; in presenza di un tenore di umidità
troppo elevato, è buona norma asciugare i campioni prima della triturazione).

Nel caso di prodotti liquidi, è sufficiente effettuare una agitazione del campione per ottenere l’omogeneizzazione
prima della rimozione delle aliquote da sottoporre ad analisi.

TECNICHE SPETTROSCOPICHE
Le tecniche spettrofotometriche sono tecniche che basano la loro analisi sull’interazione tra radiazione
elettromagnetiche con la materia.
La materia viene colpita dalla radiazione elettromagnetica che presenta una certa energia, questo avrà un effetto
di ricaduta sulla molecola stessa.

Modello corpuscolare= la radiazione elettromagnetica è costituita da pacchetti di energia chiamati fotoni; un


fotone è il “quanto” di radiazione, ossia la quantità di energia elettromagnetica, derivante dal campo elettrico e
dal campo magnetico generati da cariche in movimento.

hv
Energia: E = h v =
λ
h= costante di Planck (6,63 x 10 -34 J x s)
v= frequenza
c= velocità della luce
λ= lunghezza d’onda

Queste tecniche sono utilizzate per acquisire determinate informazioni, ad esempio la concentrazione di un
determinato analita.

SPETTROSCOPIA UV-VISIBILE MOLECOLARE


Determinazione= analisi quantitativa
La radiazione elettromagnetica è descritta in termini di fotoni; nella molecola determinano transizioni
elettroniche utilizzate poi per trarre informazioni utili all’analisi.

SPETTROFOTOMETRIA DI ASSORBIMENTO MOLECOLARE


Radiazioni UV-visibile (180-350nm UV - 350-900 nm Visibile)

Un elettrone da un livello allo stato fondamentale ad un livello allo stato eccitato; questo stato però non può
perdurare quindi si ha un rilassamento, ovvero si ritorna al livello fondamentale
perdendo calore (energia cinetica, ovvero urti tra le molecole dell’analita).

Il rilassamento avviene senza emissioni di radiazioni.

Tramite la strumentazione verrà analizzato l’assorbimento della molecola, correlato alla


sua concentrazione.

All’istante t1 l’atomo o la molecola nel suo stato fondamentale assorbe una quantità di
energia ΔE (E2-E1) attraverso interazione con una radiazione elettromagnetica e passa
ad uno stato eccitato (livello energetico E2). Subito dopo si verifica un processo di
rilassamento e all’istante t2 si ha emissione dell’energia acquisita con ritorno al livello
energetico di partenza.

SPETTROFOTOMETRIA DI EMISSIONE
L’analita assorbe energia sotto forma di calore fino a raggiungere un valore energetico superiore all’energia
elettronica (livello elettronico eccitato).

Il ritorno al livello fondamentale avviene per emissione di un fotone e quindi di radiazioni nel campo spettrale
UV-visibile.
SPETTROFOTOMETRIA DI FLUORESCENZA
Questa tecnica comporta sia un assorbimento preliminare sia un’emissione di un fotone con energia E2 (E2=h
v2), con E2 minore di E1.

Durante il processo di ritorno allo stato fondamentale gli elettroni scendono di livello energetico, perdendo una
frazione dell’energia assorbita attraverso un meccanismo non radioattivo; si ha infatti un meccanismo misto: una
parte è ceduta come energia cinetica e la restante parte, sotto forma di fotone.

Nel caso di molecole le transizioni elettroniche, associate a radiazioni UV-visibili, sono


accompagnate da transizioni rotazionali e vibrazionali.
Lo spettro, quindi, deriva dalla sovrapposizione dello spettro elettronico con quello
vibrazionale e rotazionale. Ciò determina uno spettro a bande allargate.

Invece, nel caso di analiti allo stato atomico, non essendo possibili transizioni roto-
vibrazionali, le transizioni associate a radiazioni nell’UV-visibile danno origine a spettri
elettronici PURI (spettro a righe).

TRANSIZIONI
Le transizioni che possono potenzialmente verificarsi sono 4.
Si va da uno stato fondamentale ad energia più bassa ad uno stato eccitato, ad energia più alta con lunghezza
d’onda diverse.
Oltre a gli elettroni σ e π esistono degli elettroni n, cioè di non legame, l’unica transizione possibile di questi
elettroni è n—> σ* nel caso di singoli legami, mentre nel caso di doppi legami la transizione è n—>π*

Quando si parla di assorbimento molecolare si parla di una banda larga poichè vi sono numerosi sottolivelli
roto-vibrazionali che determinano l’allargamento della banda.

TRANSIZIONI σ—>σ*
Tipiche degli alcani e di gruppi in cui vi sono solo legami singoli.
Ad essa corrisponde il più grande ΔE quindi vi sono più basse lunghezze d’onda (legami molto forti).
Cadono in una zona dell’UV molto bassa e da un punto di vista strumentale vi sono dei problemi a lavorare in
quella zona, poichè vi sono dei rumori che disturbano l’analisi.

TRANSIZIONI π—>π*
Eccitazione di un elettrone in un orbitale π di legame ad un orbitale π* di antilegame.
Avvengono quando si hanno doppi o tripli legami ed hanno un ΔE minore, che ricade nell’UV senza problemi di
disturbo.

TRANSIZIONI n—>σ*
Si riscontrano ad esempio nelle ammine o nel gruppo ossidrile o alogenuri alchilici.
Il segnale di assorbimento si acquisisce al valore di lunghezza d’onda più alto.
Eccitazione di un elettrone di una coppia elettronica non condivisa ad un orbitale molecolare σ* di antilegame.
Transizione di energia più bassa di quelle di una transizione σ—>σ*.

TRANSIZIONI n—>π*
Le ritroviamo in tutti i carbonili.
Eccitazione di un elettrone n ad un orbitale π* di antilegame.
Se una coppia di elettroni non condivisa è associata ad un atomo implicato in un doppio legame in una molecola,
è possibile una transizione n—>π* a valore energetico inferiore. Transizioni importanti per aldeidi e chetoni.
Esempi

Si definisce cromoforo un gruppo funzionale o parte di una molecola in grado di assorbire una radiazione
elettromagnetica nella regione UV-visibile.
Il cromoforo non si comporta sempre allo stesso modo; i sostituenti alchilici uniti al doppio legame determinano
una spostamento del massimo di assorbimento a valori di lunghezza d’onda più alti. (SHIFT BATOCROMO).

EFFETTO IPERCROMICO
Quando un eteroatomo (N, O, S, Cl, P, etc) contenente almeno una coppia di elettroni non condivisi è unito a
un doppio legame, il composto assorbe ad una lunghezza d’onda superiore rispetto al composto in cui
l’eteroatomo non è presente

Eteroatomo= atomo appartenente ad una molecola organica, a catena carboniosa, diversa da C e H

Questo effetto comporta uno spostamento della lunghezza d’onda, mentre ε (intensità di assorbimento)
aumenta.

I gruppi che contengono questi eteroatomi sono chiamati auxocromi.


Esaltazione del segnale dovuto a questi gruppi auxocromi legati ad un C con doppi legami (es. ossidrile -OH,
aminogruppi -NH2, mercaptogruppi -SH, gli alogeni).

SISTEMI CONIUGATI
Se due, o più, gruppi cromoforici in una molecola sono separati fra loro da due o più legami singoli, lo spettro
UV della molecola sarà costituito dalla somma degli spettri dei due cromofori isolati.

In caso di coniugazione dei due gruppi cromoforici, essi formano un nuovo cromoforo dando luogo ad un
assorbimento a lunghezza d’onda superiore (effetto ipercromico) e di intensità più elevata (shift batocromico).

La coniugazione determina uno spostamento batocromico di circa 30-40 nm ed un effetto ipercromico.

Le misure sono fatte in soluzione, quindi bisogna trovare un solvente che abbia due caratteristiche adeguate:
- Solubilità
- Proprietà di assorbimento
Il solvente deve avere dei valori bassi di trasparenza per evitare che copra l’analita.
I migliori solventi sono l’H2O e l’acetonitrile.
SPETTROFOTOMETRIA UV-VIS IN ASSORBIMENTO MOLECOLARE
Strumentazione:
1. Sorgente di radiazione, emette radiazioni nell’intervallo spettrale d’interesse, è fornita da lampade che
hanno uno spettro di emissione. I fotoni andranno a colpire il campione posto in soluzione
2. Selettore di lunghezza d’onda! seleziona una lunghezza d’onda; poichè la lampada emette radiazioni in
spettro continuo (luce bianca), mentre il campione dev’essere colpito da radiazioni monocromatiche.
Vi sono due tipi di selettori di lunghezza d’onda:
- Monocromatore, in cui la lunghezza d’onda in uscita può essere variata continuamente in un intervallo
spettrale considerevole.
3. Campione
4. Rivelatore
5. Sistema di lettura del segnale

Non si possono coprire tutte le lunghezze d’onda perciò ci sono due diverse lampade:
- Lampada a deuterio: emette la radiazione nel campo dell’ultravioletto, mentre nel campo dell’UV visibile
perde
- Lampada a filamento di tungsteno: emette radiazioni nel campo del visibile.

Celle o cuvette
I contenitori per i campioni, che sono usualmente chiamati celle o cuvette, devono avere finestre costruire con
un materiale trasparente nella regione spettrale di interesse. Si usa generalmente il quarzo, che è cristallino.

Polietilene e polistirene, materiali plastici, non sono utilizzabili nell’UV perché presentano già un proprio
assorbimento; si possono usare nel visibile.

Le migliori celle hanno finestre che sono normali alla direzione del raggio per minimizzare le perdite dovute alla
riflessione. La lunghezza di celletta più comune è 1 cm.

Rivelazione del segnale


Al rivelatore arrivano del fotoni, i quali vengono poi trasformati
in elettroni per ottenere un segnale in corrente elettrica. Il
rivelatore viene utilizzato proprio a questo scopo: si applica un
potenziale di 90V a due elettrodi; il catodo è costituito da un
materiale elettroemettitore ed un anodo che serve solo a fornire il
potenziale.

Dietro ci saranno tanti altri elettrodi, dinodi, che permettono di


amplificare il segnale. Il prototipo semplice è definito fototubo,
ma i rivelatori fotoni i di più largo impiego sono i
fotomoltiplicatori.

Guadagno= numero di elettroni prodotti/ numero di fotoni


incidenti

La variazione di calore può determinare la concentrazione:


- Prima misura: 0, ho solo solvente
- Misurazioni successive: concentrazione crescente

La soluzione più concentrata non assorbirà allo stesso modo della soluzione meno concentrata poichè si sfrutta
una dipendenza dell’assorbimento dalla concentrazione della specie in soluzione per le nostre misure analitiche.
La dipendenza non è una dipendenza qualunque, ma di tipo lineare, sfruttata a scopo di analisi quantitativa.

Una volta costruita una retta di taratura, analizzando soluzioni standard a concentrazione nota, siccome
l’obiettivo è determinare la concentrazione incognita di un campione reale, sulla base della retta, sottoponiamo a
misura il mio campione reale incognito, leggiamo l’assorbanza e sulla base del valore calcoliamo la
concentrazione.

Sono due i termini impiegati per misurare l’attenuazione del raggio incidente:
1. TRASMITTANZA
È definita come la frazione di radiazione espressa dal mezzo
P
T =
Po
P= intensità della radiazione emessa, intesa come numero di fotoni che attraversa una sezione unitaria del
campione nell’unità di tempo.
2. ASSORBANZA
È la frazione di potenza dell’onda elettromagnetica monocromatica assorbita dall’analita.

Trasmittanza e assorbanza sono legate tra loro dalla seguente equazione:


P
A= -log T= - log ( )
Po

A può assumere qualsiasi valore maggiore di 0


T% può variare tra 0 e 100

[I o P]= intensità della radiazione trasmessa dal campione

[I0 o P0]= intensità di radiazione incidente proveniente dalla sorgente

Un aumento di A è correlato ad un incremento dell’attenuazione di Po seguito dalla diminuzione del valore di T.

La T non ha una correlazione lineare con la concentrazione, ma esponenziale, ovvero diminuisce


esponenzialmente all’aumentare della concentrazione.

L’A aumenta linearmente al crescere della concentrazione.

LEGGE DI LAMBERT-BEER
A= aλ x b x c

aλ= assorbanza specifica


b= cammino ottico
c= concentrazione dell’analita

A= ελ x b x c

Nel caso in cui la concentrazione sia espressa in mol/L e la misura del cammino ottico è uguale a 1 cm, aλ è
indicata con ελ ed è definita assorbanza specifica molare o coefficiente di estinzione molare.

ελ= determinerà la pendenza della retta, cioè il coefficiente angolare, è riferito ad una certa lunghezza d’onda

Vale per reazioni monocromatiche


Oltre un valore di 0,01 M la legge non è più rispettata, assisto ad una deviazione dalla linearità.

L’A non cresce più con un andamento lineare ma curvilineo, ad un certo punto va in plateau.

Parlando di sensibilità si intende una tecnica dalla quale ottengo un segnale che cambia in modo apprezzabile al
variare anche di concentrazioni. Devo cercare di stare su bande con ε più elevato perché ha un guadagno
intrinseco alla sensibilità della mia valutazione.

Deviazione dalla linearità


Cause:
- Elevata concentrazione: Si intende una concentrazione superiore a 10-2 M. Ad alta concentrazione possono
esserci effetti perturbativi, perciò la molecola si comporta in modo diverso in base alla concentrazione
- pH: Quando si opera con elettroliti deboli, acidi deboli come il fenolo, che è in equilibrio con la specie fenato;
quando ho un ossidrile tutti i polifenoli sono acidi deboli, anche le ammine sono molecole in equilibrio il quale
potrà essere spostato verso destra, ovvero verso la forma fenato, molto diluito, o verso sinistra, ovvero verso
la forma fenolo concentrato, che non assorbono alla stessa lunghezza d’onda.
Quando le specie chimiche assorbenti subiscono reazioni di associazione o dissociazione i prodotti di queste
possiedono ε differenti. Le deviazioni dalla legge di LB dipendono quindi dai valori delle costanti di equilibrio di
tali reazioni e dai valori di ε. Vengono indicate come deviazioni chimiche.

SPETTROFOTOMETRIA DI FLUORESCENZA MOLECOLARE


Meccanismo misto: si ha inizialmente un assorbimento e
successivamente un’emissione di radiazione da parte della molecola; il
meccanismo è detto misto poichè il ritorno allo stato fondamentale
avviene con una cessione dell’energia come energia cinetica e come
emissione di un fotone di energia E2<E1.
Quindi il ritorno allo stato fondamentale è sia elettronico che
vibrazionale.

Le transizioni elettroniche coinvolte sono del tipo:


n—>π*
π—>π*

Rendimento quantico Φf= no fotoni emessi/ no fotoni assorbiti

Il no di fotoni emessi è sempre minore del no di fotoni assorbiti poichè quando viene emessa fluorescenza alcune
molecole perdono per collisione l’energia acquisita prima che possano emettere un fotone.

0≤φ ≤1
Per φ= 0 la molecola non è fluorescente

Le molecole che presentano assorbimento nell’UV visibile non sono tutte fluorescenti, poichè il meccanismo di
parziale rilassamento vibrazionale e rilascio di radiazione di lunghezza diversa da quella assorbita che ha
causato l’eccitazione richiede delle strutture molecolari rigide, che abbiano scarsa mobilità, quindi strutture che
presentino anelli aromatici, con una resa quantica maggiore se questi anelli sono condensati.

Una molecola è fluorescente quando:


- Ha uno spettro di assorbimento (n o π raggiungono uno stato eccitato)
- Lo stato eccitato ha un tempo di vita (si rilassa lo stato eccitato)
- Lo stato eccitato non si rilassa completamente allo stato fondamentale

Molecole che presentano fluorescenza sono i policicli aromatici e i loro derivati

Nel campo degli amminoacidi solo pochissimi sono fluorescenti (Trp, Tyr, Phe); gli altri non hanno fluorescenza
nativa allora possiamo derivatizzarli: un amminoacido che di per se non è fluorescente si fa reagire con dansil-
cloruro o cloruro di dansile per indurre la fluorescenza. Mentre per quanto riguarda il DNA è necessario
ricorrere all’uso di apposite molecole (probes fluorescenti) come il bromuro di etidio. In particolare il bromuro
di etidio si pone come intercalante tra le coppie di basi del DNA, sottraendosi ai possibili urti con le altre
molecole presenti in soluzione, aumentando quindi la propria resa quantica in maniera proporzionale alla
concentrazione di DNA, o, a parità di questa, in relazione alla sua struttura.
STRUMENTAZIONE
È presente una sorgente con una determinata intensità della radiazione,
la quale è direttamente proporzionale alla fluorescenza, la lampada
usata è una lampada a xenon.

Vi sono due monocromatori: il primo serve a selezionare la lunghezza


d’onda di eccitazione (ΔE1) in seguito si ha l’assorbimento da parte del
campione, successivamente, poichè la soluzione sarà in grado di
emettere una radiazione, abbiamo bisogno di un secondo
monocromatore che seleziona la lunghezza d’onda di emissione.

La strumentazione è disposta a 90 gradi poichè se così non fosse si


avrebbe una radiazione diffusa del campione che influenzerebbe il
segnale.

La spettroscopia di fluorescenza viene applicata, analogamente alla


spettroscopia di assorbimento, per l’analisi qualitativa e quantitativa di campioni incogniti e per la
determinazione di parametri chimico-fisici della sostanza in esame.
Le tecniche analitiche, che hanno il vantaggio di essere molto più sensibili rispetto a quelle di assorbimento, si
basano sull’equazione:
F(l) = 2.303 ɛ c l I0 ɸf
dove I0 è l’intensità della radiazione incidente, l il cammino ottico, c la concentrazione del campione, ɸf la resa
quantica.
Da questa equazione è possibile risalire alla concentrazione c del campione, noti tutti gli altri parametri.

Che prestazioni ha rispetto alla tecnica dell’assorbimento?


- A differenza della legge di Lambert-Beer che ha un segnale di assorbanza definito dell’ε corrispondente
determinando diverse sensibilità analitica; qui invece ci sono tanti altri fattori: ε, c, d o l, I0, ɸf. ε e ɸf fanno la
differenza; poichè vanno ad incidere sul segnale analitico finale.
- Lavorando ad alte concentrazioni la dipendenza non è più lineare con nell’assorbimento ma ciò non è un
problema, perché quando si lavora in fluorescenza si lavora in concentrazioni basse. Infatti la fluorescenza è
molto più sensibile rispetto all’assorbanza, quindi anche piccole tracce possono dare un segnale. Si ha anche
migliore selettività, sono richieste determinate caratteristiche per far si che una determinata molecola dia un
segnale di fluorescenza. Selettività e sensibilità sono i punti di forza della fluorescenza rispetto
all’assorbimento.
- La resa quantica incide sul segnale finale che analizziamo per fluorescenza. Se abbiamo un composto
scarsamente fluorescente, rispetto ad un altro che ha fluorescenza spiccata, devo aspettarmi a parità di
concentrazione un segnale maggiore da quella specie più fluorescente rispetto a quella non fluorescente.

TECNICHE DI SPETTROSCOPIA ATOMICA


Analisi di metalli; non più molecole, ma atomi.

1. Assorbimento molecolare (AAS)


2. Emissione molecolare (ICP-AES)

- È necessario avere atomi gassosi liberi


Sistema di atomizzazione= passaggio dalla forma ionica alla forma atomica
- Le transizioni elettroniche implicate sono tra livelli elettronici puri (UV-Vis)
Gli spettri atomici sono a righe poichè non abbiamo il contributo dei sottolivelli rotovibrazionali.
Sono possibili diverse transizioni elettroniche, corrispondenti ciascuna ad un diverso ΔE, quindi ne
deriverà uno spettro presentante diverse righe ben definite.
- Sono tecniche analitiche adatte all’analisi di elementi in tracce in matrici semplici e complesse.

• Nell’assorbimento l’ atomo passa ad uno stato eccitato assorbendo la radiazione della adatta lunghezza d’onda
e ritorna allo stato fondamentale mediante un meccanismo non radiativo (es. urti)
• Nell’emissione l’ atomo viene portato nello stato eccitato mediante meccanismi non radiativi e ritorna poi allo
stato fondamentale emettendo l’energia sotto forma di radiazione.
La tecnica è utilizzata per determinare la concentrazione.
I metalli pesanti sono indesiderati nell’acqua potabile e li andremo a ricercare a livello di tracce: mg/L; quindi si
lavora a concentrazioni molto basse.

ASSORBIMENTO
Dobbiamo lavorare in assorbimento, quindi dobbiamo
avere una sorgente, un sistema di atomizzazione, poi un
monocromatore ed infine un detector che analizza il
segnale.

Tecnica di analisi strumentale che in linea di principio si


presta sia all’analisi qualitativa che quantitativa. Di fatto
viene usata esclusivamente per determinazioni quantitative.

L’intervallo di concentrazione utile per i metodi atomici va dai ppm (mg/L) ai ppb (mg/L).

Altre prerogative della spettroscopia atomica sono l’alta selettività e la rapidità nei tempi di analisi.

Un limite di tale tecnica analitica è rappresentato dalla necessità di eseguire l’analisi di un singolo elemento per
volta, in quanto si utilizza una sorgente per ciascun elemento.

L’intervallo utile λ dipende dalla sorgente emittente, dai componenti del cammino ottico e dal rivelatore.
In pratica il campo spettrale è compreso tra λ = 852.1 nm (cesio) a λ = 193.7 nm (arsenico).

Lo spettrometro AAS opera di fatto nel campo spettrale degli spettrofotometri UV-vis e le energie coinvolte
sono quelle delle transizioni elettroniche esterne.

Tecnica analitica ampiamente in uso per la determinazione di elementi in tracce in matrici di vario genere, quali
acque, terreni, alimenti, leghe metalliche, ecc.
L'assorbimento atomico utilizza la proprietà che hanno gli atomi allo stato fondamentale di assorbire
determinate radiazioni.
L'atomizzazione è la prima fase della tecnica di assorbimento atomico e consiste in una serie di reazioni che
portano alla dissociazione termica delle molecole organometalliche o la trasformazione degli ioni in elementi allo
stato fondamentale.

Tipi di atomizzatore:
• A fiamma
• Elettrotermico
• A idruri
• A vapori freddi

A FIAMMA
Il campione viene messo in un becher in seguito aspirato tramite un
tubicino in teflon, poi nebulizzato a livello della fiamma ed infine
analizzato all’interno del macchinario.

La sorgente è una lampada dedicata, che contiene lo stesso materiale


che dobbiamo analizzare.

Lampada a catodo cavo: presenta un catodo all’interno di una lampada


incurvata. Questa lampada ha una lunghezza d’onda uguale a quella che
viene assorbita .

Nebulizzatore pneumatico: sospensione in gas di particelle liquide o


solide finemente suddivise.

Il campione nebulizzato da un gas ad alta pressione viene convogliato alla fiamma.

Questo gas funge da comburente per la fiamma.

Solitamente il gas ad alta pressione è l'ossidante, mentre l'aerosol, contenente l'ossidante, è successivamente
mescolato al combustibile.

L’aerosol che si forma presenta gocce di diverse dimensioni, quelle più grandi vengono eliminate altrimenti ci
sarebbe meno efficienza.

La fiamma presenta acetilene come combustibile e aria come comburente.

Alle temperature della fiamma (fra i 2000 e i 2500 °C), gli equilibri di dissociazione sono in genere fortemente
spostati verso la produzione di atomi.

Affinché si realizzi il processo di AA è necessario che la specie chimica


interessata venga trasformata in atomi isolati.

Il campione nebulizzato viene aspirato nel bruciatore dove si miscela con


il combustibile e il comburente.

Sulla fiamma il solvente evapora ed il sale disciolto fonde, evaporando poi


a sua volta.

Fino a questo punto l’elemento in esame si trova legato ad un anione.


L’energia della fiamma permette però la dissociazione in atomi, e la
successiva (indesiderata) eccitazione.

Le interferenze da ionizzazione
La fiamma aria – acetilene, avendo elevate temperature, può causare una
parziale ionizzazione degli atomi di elementi alcalini e alcalino–terrosi.
Perché è un problema?
Perché la specie assorbe a lunghezze d’onda diverse rispetto alla specie atomica.
Per te del nostro metallo ionizza quindi misurando l’assorbimento alla lunghezza d’onda superiore,
corrispondente al metallo in forma atomica, avrò una sottostima.

Per ovviare a questo problema si usa aggiungere al campione e agli standard un diverso metallo alcalino (agente
di soppressione di ionizzazioni) in concentrazione massiccia; in tal modo sarà quest’ultimo a ionizzarsi
principalmente, creando al contempo, a causa del grande eccesso di elettroni nella fiamma, un’atmosfera
riducente che inibirà la ionizzazione dell’elemento che interessa.

L’agente di soppressione è il Potassio, poichè essendo un metallo alcalino esso tenderà a ionizzare; siccome è
stato aggiunto in eccesso anche il numero di elettroni sarà molto elevato; quindi il potassio funge da Pompó di
elettroni. Questi elettroni favoriscono lo spostamento dell’equilibrio verso il metallo in forma atomica, inibendo
la ionizzazione dell’elemento d’interesse.

Questo sistema consente di analizzare elementi in ppm.


Per lavorare in ppb dobbiamo usare una tipologia di atomizzazione diversa.

ELETTROTERMICO
Viene utilizzata per verificare concentrazioni minori. Presenta
una maggiore sensibilità.
Il campione viene introdotto in un forellino all’interno di un
tubicino. Abbiamo un sistema chiuso all’interno del quale
inseriremo un volume finito di campione; il tubicino è
attraversato da un flusso di gas che allontana eventuali fumi di
combustione; è riscaldato tramite una resistenza a temperature
regolabili per effettuare le diverse fasi. Il tubicino si scalda per
effetto joule.
Applicando una determinata temperatura posso regolare il riscaldamento del campione. I valori della
temperatura li troviamo tabulati in base alla temperatura ottimale di esercizio per ogni elemento.

Viene utilizzata una temperatura maggiore della temperatura di atomizzazione per eliminare tutti i residui, nella
fase finale poi viene utilizzato un gas che allontana i residui.
Ad esempio il Fe nella ferritina: 120° (rimozione solvente), 1400° (incenerimento), 2100° (atomizzazione),
2500° (rimozione residui).

Riesco a leggere l’assorbanza nella fase di atomizzazione ottenendo un segnale più pulito.

È più efficiente della fiamma poichè tutto quello che introduco viene atomizzato, riuscendo a raggiungere limiti
di rivelazione più bassi (µg/L); il volume di campione è più limitato.
Si ha una precisione compresa tra il 5 e 10% (1% nel caso dell’atomizzazione a fiamma)

È richiesto un maggior tempo di analisi (diversi minuti) rispetto all’impiego dell’atomizzatore a fiamma

Si ha un maggiore effetto delle interferenze chimiche rispetto all’atomizzatore a fiamma

Intervallo di linearità di risposta limitato.


Oltre un certo valore c’è una deviazione dalla linearità.

Criteri di scelta
- Livelli di concentrazione attesi
- Natura dell’analita (es. Hg)
Determinazione del mercurio - TECNICA DEI VAPORI FREDDI
L’atomizzazione è ottenuta per via chimica tramite una reazione di ossido-riduzione:

Poniamo il campione in una beuta, lo facciamo reagire con un potente riducente (SnCl2 o NaBH4). Il mercurio
allo stato atomico, cioè in forma vaporizzata (Hg0), viene allontanato dalla soluzione facendo gorgogliare aria
nella soluzione, che viene successivamente essiccata e indirizzata sulla cella di uno spettrofotometro attraversata
dalla radiazione.

Con questo metodo è possibile rilevare tracce di mercurio fino a 9 ng/l.

Questa tecnica è detta a vapori freddi poichè non c’è riscaldamento. Il mercurio è l’unico che presenta questo
comportamento.

Questa tecnica è ultrasensibile, si parla di ppt=ng/L; è anche specifica poichè è solo per il mercurio che
riducendosi ci da la forma vaporizzata già atomizzata e pronta all’analisi.

TECNICA A IDRURI
Usata per la determinazione di alcuni elementi che riescono attraverso una redox a formare idruri volatili.

Questa tecnica sfrutta una riduzione preliminare del metallo che si trova in forma ionica nella soluzione.

Quello che si forma in prima battuta è l’idruro volatile; una volta formato l’idruro viene portato da una corrente
di N2 verso un processo di decomposizione con lo scopo di ottenere M0, quindi l’idruro è un intermedio.

Faccio quindi reagire il campione d’interesse con NaBH4, un agente riducente, in ambiente acido.

Gli elementi interessati sono arsenico, bismuto, germanio, piombo, antimonio, selenio, stagno e tellurio.

La decomposizione è termica ed andrà a formare M0 a partire da MHn.

Prima di un’analisi strumentale di sostanze organiche da una matrice reale, vi sono delle fasi di preparazione del
campione; le operazioni da fare invece nel caso di analisi di metalli sono:
- Distruzione della matrice attraverso calcinazione con microonde, acidi forti, ad alte temperature
- Le ceneri ottenute si riprendono con una soluzione acquosa di acido debole
- Analisi delle ceneri in soluzione acida in fiamma

EMISSIONE ATOMICA

Quando agli atomi di un elemento viene fornita energia termica può verificarsi il passaggio di singoli elettroni
esterni dell’atomo a livelli energetici a maggiore energia.

Sorgente ad altissime temperature, a plasma di argon. Quando il campione viene investito da questo forte calore
l’atomo si forma e si eccita, al tempo stesso otterrò la formazione delle specie eccitate di tutte le possibili forme
ioniche che possiamo ottenere da quel metallo; in seguito alla formazione della specie eccitata avviene il ritorno
allo stato fondamentale emettendo una radiazione che avrà una frequenza relativa al ΔE, correlato quindi al
valore dell’energia.

I processi che hanno luogo nel plasma sono numerosi, quindi la strumentazione usata è più sofisticata e
complessa.
Il monocromatore necessita di un potere risolutivo maggiore poichè lo spettro presenta diverse righe dovute alla
formazione delle specie eccitate di tutte le possibili forme ioniche.
L’emissione atomica consiste quindi nella produzione di onde elettromagnetiche da parte di atomi che sono stati
eccitati fornendo loro calore.
La misura della lunghezza d’onda e dell’intensità delle radiazioni emesse consente di individuare gli atomi che
hanno generato tali radiazioni (analisi qualitativa) e la loro concentrazione nel campione in esame (analisi
quantitativa).

Strumentazione
Non avremo bisogno di una sorgente di radiazione, ma di una fonte di calore, rappresentata da una torcia a
plasma di argon, la quale lavora nel campo delle radiofrequenze.

Il plasma che si genererà è un gas ionizzato all’interno del quale verrà portato il nostro campione in modo tale da
essere colpito dal calore generatosi. Il plasma per spettrofotometria di emissione viene ottenuto fornendo energia
ad un gas (argon) per mezzo di scarica elettrica continua (plasma DC) o mediante un campo magnetico
(plasma-ICP). Una volta formati gli ioni argon sono in grado di assorbire sufficiente potenza da una sorgente
esterna tanto da mantenere la temperatura ad un livello ad un alto livello.

La sorgente a plasma ICP consiste di tre tubi di quarzo concentrici attraverso i quali fluisce argon con un flusso
totale fra 11 e 17 l/min.
Alla sommità del tubo c’è una BOBINA DI INDUZIONE (fatta di due spire) raffreddata ad acqua ed
alimentata da un generatore di radiofrequenze in grado di erogare una potenza di 2 kW a 27 MHz.
La ionizzazione dell’argon che fluisce nel tubo centrale viene fatta partire con una scarica elettrica. Gli ioni così
generati e gli elettroni ad essi associati interagiscono con il campo magnetico alternato H prodotto dalla bobina
di induzione.
Questa interazione fa sì che gli ioni e gli elettroni nella bobina seguano un percorso anulare chiuso
Il campo magnetico H all’interno del gas determina un movimento degli ioni perpendicolare alle linee di forza di
H Si genera una corrente indotta dal campo magnetico dovuta al flusso di ioni ed elettroni ai quali è fornita
energia attraverso H.

Successivamente la radiazione policromatica viene filtrata dal monocromatore, molto più sofisticato
dell’assorbimento, che separa le varie righe spettrali.

In seguito invieremo al detector le radiazioni il quale farà una conversione fotoni—>elettroni, generando una
corrente elettrica.

Il campione del metallo in questione viene prelevato con una pompa peristaltica, inviato ad un nebulizzatore, il
quale invia il campione sotto forma di aerosol alla torcia al plasma, in seguito le radiazioni prodotte vengono
inviate al monocromatore e poi al detector associato ad un sistema di controllo su pc.

Fasi dell’analisi
- Preparazione del campione, eventuali di soluzioni o riscaldamento.
- Nebulizzazione: liquida trasformato in aerosol.
- Desolvatazione/volatilizzazione.
- Atomizzazione.
- Eccitazione/emissione: gli atomi guadagnano energia dalle collisioni ed emettono luce a λ caratteristiche.
- Separazione/ rivelazione: la luce emessa e di spersa e misurata.

All’interno della doccia arriva il campione e in seguito avvengono gli altri processi grazie ad una fiamma di
plasma di argon.

Si parte da un gas inizialmente neutro che viene poi ionizzato.


Ar—> Ar+ + e-
Applicazioni
• Determinazione di metalli a livello mg/L-mg/L

Confronto tra spettroscopia di emissione e di assorbimento


ICP-AES

Vantaggi:
• ampio intervallo di linearità
• produttività
• numero di elementi determinabili
• possibilità di screening

Svantaggi:
• costi elevati di acquisto e di gestione
• limiti di quantificazione inadeguati per qualche elemento

SPETTROSCOPIA DI ASSORBIMENTO NELL’INFRAROSSO


Utilizzata a scopo diagnostico, per “riconoscere” la presenza di una certa sostanza nel campione.
Si lavora nella regione dello spettro delle radiazioni infrarosse.

.λ=103/105

Il campo della radiazione infrarossa è a λ più alte e quindi energia più bassa, perciò arriva a sollecitare
radiazioni rotovibrazionali e non transizioni elettroniche.

Numero d’onda ν= 1/λ

Identificare i composti organici


Ad eccezione delle molecole omonucleari (O2,Cl2 e N2) tutte le molecole organiche ed inorganiche assorbono
radiazioni infrarosse.

Ogni specie molecolare presenta un caratteristico spettro di assorbimento IR.

Si ha un campo elettrico sulla molecola che interagisce con il campo elettrico della radiazione IR.

I possibili moti di una molecola possono essere suddivisi in:


- Traslazioni
- Rotazioni
- Vibrazioni
Ogni atomo di una molecola possiede 3 gradi di libertà (assi x,y,z), mentre complessivamente la molecola,
composta da n atomi, possiede 3n gradi di libertà.

I moti atomici di una molecola di n atomi sono scomponibili in 3n modi normali, dei quali 3n-6 (3n-5 se la
molecole è lineare) sono modi normali di vibrazione.

Ad esempio la formaldeide: 3 x 4 - 6 = 6 moti diversi, gradi di libertà


La posizione di una banda è determinata dal tipo di moto vibrazionale, dalla costante di forza del legame è dalla
massa ridotta.

Ogni moto non va visto come gruppo isolato ma viene influenzato dal suo intorno, troveremo perciò un range e
non un valore fisso.

Parametri caratteristici delle bande IR


Una banda di assorbimento nell’IR è caratterizzata da tre distinti
parametri:
- posizione
- intensità (Weak, medium, strong)
- forma (sharp, broad)

Gli spettri IR presentano una serie di bande più o meno dettagliate,


secondo lo stato fisico del campione in esame.

Gas e vapori : Spettri di tipo rotovibrazionale. L’assorbimento è dovuto sia a transizioni vibrazionali, sia a
transizioni rotazionali che avvengono contemporaneamente.

Solidi e liquidi: Gli spettri appaiono semplificati, in quanto viene perduta la struttura fine rotazionale. Nei solidi
non avvengono rotazioni e nei liquidi, a temperatura ambiente, le molecole si urtano prima di aver compiuto una
rotazione completa.

ANALISI QUALITATIVA
Tecnica adatta alla caratterizzazione in funzione dei GRUPPI FUNZIONALI presenti nella molecola.

A numeri d’onda bassi si trova la regione del “FINGERPRINT”, tipica di una determinata molecola; se ho
alcune molecole della stessa classe e si contraddistinguono solo per per alcune caratteristiche, avendo la
possibilità di analizzarle in quella regione riesco a riconoscerle.

Strumentazione
I dispositivi strumentali sono sostanzialmente classificabili in due tipi:
- Spettrofotometri a dispersione
- Spettrofotometri ad interferenza e trasformata di Fourier (FT-IR)

Spettrofotometri a dispersione
Si basano sul principio della dispersione delle radiazioni
prodotte da una sorgente. Lo spettro di assorbimento viene
registrato confrontando il raggio campione, all’uscita della
cella che contiene l’analita, con un raggio di riferimento.
Si interpone un film di liquido tra due dischi di opportuna
materiale, cristalli ionici (KBr, NaCl, CsI, CaF2)

Quando parliamo di liquidi distinguiamo:


- Liquidi puri: film tra due dischi di NaCl
- Soluzioni: solventi acquosi in celle di AgCl, CaF2; solventi organici in celle di NaCl

Nel caso delle soluzioni si pone il problema dell’interferenza del solvente, per limitarla possiamo preparare
soluzioni molto concentrate, per far si che l’assorbimento del soluto non sia trascurabile rispetto a quello del
solvente.

Per quanto riguarda un solido, lo si polverizza e lo si mescola con un agente disperdente (KBr anidro)
precedentemente messo in stufa e conservato in un essiccatore; successivamente una parte di questo agente
viene mescolato con il solido polverizzato e poi messi in un pastigliatore che genererà una pastiglia che verrà poi
analizzata.
I gas vengono posti in celle di grande spessore o in celle percorse più volte dal raggio, mediante l’uso di specchi ,
allo scopo di costringere il fascio di radiazioni ad effettuare ripetuti passaggi attraverso il campione prima di
uscire dalla cella stessa, aumentando l’assorbimento.

Spettrofotometri ad interferenza e trasformata di Fourier (FT-IR)


Componenti principali:
- Interferometro (dispositivo meccanico)
- Trasformata di Fourier (dispositivo meccanico)
Diversamente dagli spettrofotometri a
dispersione, gli spettrofotometri IR a trasformata
di Fourier registrano lo spettro in modo
simultaneo alle varie lunghezze d’onda
dell’intervallo spettrale, anziché separarle nei
singoli componenti spettrali come fa il
monocromatore di uno strumento dispersivo.

FT-IR: gli spettri sono ottenuti nel dominio del


tempo, mentre nella spettroscopia convenzionale i
valori di potenza radiante sono registrati in
funzione della frequenza (dominio della
frequenza).

L'interferogramma prodotto dall'interferometro viene elaborato matematicamente (trasformata di Fourier) al


fine di “ricostruire” lo spettro del campione.
Mediante questo procedimento si ottiene l'intero spettro IR del campione in tempi infinitamente più brevi di
quanto sarebbe possibile con la tradizionale scansione di tutte le lunghezze d'onda di uno spettrometro
dispersivo.

Il raggio emesso dalla sorgente in esame viene diviso in due mediante un divisore di raggio (beam splitter). I due
raggi vengono riflessi da uno specchio e giungono su uno schermo dopo aver seguito due percorsi diversi, con
una lunghezza diversa di una quantità
ΔL = 2 (L2 - L1)
Sullo schermo arrivano così due raggi emessi dalla sorgente in tempi diversi per un differenza di tempo Δt = ΔL/
C.

Sorgenti
Sono disponibili diversi dispositivi che emettono in modo continuo radiazioni elettromagnetiche nel campo IR.

Globar (praticamente in disuso): Piccolo cilindro in carburo di silicio riscaldato a 1200-1800°C. Un dispositivo
di raffreddamento ne impedisce il surriscaldamento

Filamento di Nernst: Piccolo cilindro costituito da una miscela di ossidi fusi (Zr, Y, Th, Ce) portato ad una
temperatura di 1200-1700°C, secondo il tipo di metallo.

Rivelatori
Il rivelatore deve correlare l’intensità della radiazione IR che lo raggiunge con un segnale elettrico.

Rivelatori a cristalli piroelettrici


I rivelatori IR più affidabili e veloci sono oggi costituiti da dispositivi costituiti da cristalli piroelettrici. Questi
cristalli manifestano una differenza di potenziale tra le facce opposte quando vengono riscaldati, generando
cariche elettriche, quando la radiazione IR riscalda il cristallo si genera una tensione.

Rivelatori a fotoconducibilità
Costituiti da un sottile film di materiale semiconduttore (es. solfuro di piombo) o materiale fotoconduttore
(tellururo di cadmio) drogato con mercurio (HgCdTe) e depositati su un vetro non conduttore.
Il fotone genera delle cariche dopo l’incidenza sul cristallo.
Opera a temperature bassissime, infatti i materiali vengono raffreddati alla temperatura dell’azoto liquido.
APPLICAZIONI DELLA SPETTROFOTOMETRIA IR allo studio di biomolecole in soluzione acquosa
(aminoacidi e proteine)

1) Aminoacidi: Spettri di assorbimento IR a differenti pH della soluzione acquosa di aminoacidi: si individuano


notevoli differenze negli spettri di assorbimento IR, in funzione dello stato protonato o deprotonato delle
catene laterali degli aminoacidi polari oppure elettricamente carichi.
2) proteina Citocromo c: molecola coinvolta nella catena di trasporto degli elettroni, per la produzione di ATP
a livello dei mitocondri. Spettri di assorbimento IR del Citocromo C in funzione del pH della soluzione
acquosa; il citocromo c, a valori di pH acidi, subisce un fenomeno di denaturazione, che determina una
variazione della struttura tridimensionale delgi aminoacidi del sito catalitico e quindi la perdità della sua
attività biologica. Attraverso un software di elaborazione dati, è possibile, partendo dagli spettri ottenuti,
stabilire il grado di denaturazione del citocromo c.

SPETTROMETRIA DI MASSA
In questo caso non vi sono radiazioni.

Lo spettrometro è costituito da una sorgente di ionizzazione dove ha luogo la ionizzazione delle sostanze da
analizzare, questi ioni vengono poi separati nell’analizzatore di massa.

Sistema di introduzione del campione


Diretta:
- campioni puri e poco volatili
- miscele che vengono separate con riscaldamento programmato del probe o con analisi MS/MS.

SORGENTI
Funzioni delle sorgenti ioniche
1. Formazione degli ioni
2. Collimazione del fascio ionico

EI: Ionizzazione Elettronica


Nelle sorgenti è presente un filamento metallico che viene riscaldato e gli elettroni che emette vanno a ionizzare
le molecole.

Il picco base rappresenta la maggior probabilità che si formi quel determinato “prodotto”.

All’aumentare del peso molecolare aumenta anche la difficoltà dello spettro.

Lo ione molecolare è corrispondente al valore del suo peso molecolare quando z=1–> m/z = m/1= m.

Quando la molecola possiede catene lunghe lo ione molecolare non viene rilevato poichè ionizza facilmente e le
ionizzazioni sono maggiori; per rilevare lo ione molecolare in questi casi si utilizza un altro metodo.
CI: Ionizzazione Chimica
In sorgente sono presenti:
- gas reagente, R, in eccesso rispetto al campione (pressione fino a 1 Torr)
- campione, M, in tracce

Dato il forte eccesso di gas reagente rispetto all’analita la ionizzazione primaria interesserà il gas reagente.
Quindi saranno le ionizzazioni del gas reagente che andranno a ionizzare con energia minore il nostro analita.

L’effetto finale è quello di lavorare ad un’energia più bassa in modo da riuscire a rilevare lo ione molecolare, il
quale sarà il più abbondante dello spettro, il quale sarà più pulito, ovvero con meno frammenti.

Quello che osservo però sarà lo ione molecolare protonato.

Però ottengo una ridotta informazione riguarda la struttura.

I gas reagenti più usati sono: CH4, NH3, i-C4H10

Le sue sorgenti sono tra loro complementari, la differenza principale sta nell’agente ionizzante, al prima usa
elettroni, l’altra gli ioni reagenti

ANALIZZATORE
Separa in base al rapporto massa/carica gli ioni e li invia al detector.

Lavora a pressioni di 10-6 - 10-7 torr

Serve per l’acquisizione dei dati, il range in cui analizzare lo determinò in base al peso molecolare, senza
allontanarmi troppo dal valore di PM atteso.

Data system: serve ad impostare i parametri strumentali per l’analisi. Serve anche per l’interpretazione del
segnale e quindi la lettura dei database.

SORGENTI DI IONIZZAZIONE A PRESSIONE ATMOSFERICA


La ionizzazione avviene per elettronebulozzazione.
È utilizzato per l’analisi di aa, peptidi e proteine; no EI, no CI.

Elettrospray classico
La nebulizzazione avviene per repulsione elettrostatica tra le particelle cariche.
Ne risulta uno spray molto allargato.
Il potenziale viene applicato ad un capillare molto sottile dal quale fluisce la soluzione campione.
Questo potenziale nebulizza la soluzione creando goccioline cariche.

In base alla struttura della molecola applico un potenziale negativo o positivo.


Se applico un potenziale positivo, quando si formano le goccioline cariche positivamente esse tenderanno ad
uscire dal capillare, mentre quelle negative tenderanno ad essere attirate dalle pareti del capillare stesso.

Gli ioni che si formano sono circondati dalle goccioline e vanno incontro a desolvatazione.

Questa tipologia era limitata a dei flussi molto bassi, qualche µL/min.
Aumentando il flusso il processo non avveniva, non si formava più lo spray, ma dal capillare usciva un liquido.

Electrospray assistito pneumaticamente


La nebulizzazione viene assistita da un nebulizzatore a gas (in genere aria o azoto).
Ne risulta uno spray più direzionale, una maggiore compatibilità con acqua, un posizionamento meno critico e la
possibilità di utilizzare flussi più elevati, più naturali.
Quindi ho anche un’efficienza di campionamento degli ioni maggiore.
La produzione di ioni in fase gas mediante electrospray, a partire da soluzioni di elettroliti, passa attraverso tre
stadi:
• produzione di goccioline cariche nella regione prossima all’uscita del capillare ESI;
• rapida diminuzione delle dimensioni delle goccioline cariche in seguito all’evaporazione del solvente e,
attraverso fenomeni di repulsione coulombiana, formazione di goccioline cariche di dimensioni ridotte;
• produzione di ioni in fase gas originate da queste ultime goccioline cariche.

Qui c’è anche l’influenza del solvente che può modificare lo spettro.

Non esistono librerie di spettri elettrospray poichè non si possono standardizzare le condizioni di analisi.

Nel suo spettro non osserviamo una frammentazione, a differenza dello spettro EI che ne presenta molte.

Ionizzazione soft: il punto di forza dell’elettrospray è la


possibilità di formare ioni multicarica, può avere più cariche,
dal punto di vista strumentale osserverò quindi un rapporto m/
z più basso rispetto all’EI, poichè avendo ioni multicarica z
sarà diverso da 1.
Attraverso l’elaborazione posso ottenere un altro spettro
deconvoluto, sulla base di ioni multicarica, dando segnali della
proteina intatta, proteina ossidata e proteina carbossilata.
Consente di ampliare la spettrometria di massa poichè non c’è
bisogno del requisito volatilità.

ANALIZZATORE DI MASSA
L’analizzatore deve separare gli ioni formatisi in sorgente in base al rapporto m/z.

Ce ne sono tanti tipi. La scelta dell’analizzatore è condizionata dalla risoluzione.


R = M/ΔM
ΔM= differenza di unità di massa tra picchi.
La massa nominale comprende ciò che io calcolo, basandosi sull’isotopo più abbondante e poi approssimando.
Per separare due ioni con massa nominale uguale e massa esatta diversa ho bisogno di un analizzatore adeguato,
con la giusta risoluzione (alta risoluzione).

Se volessi distinguere questi due composti avrei, quindi, bisogno di un analizzatore con al meno risoluzione
minima pari a 1650. Con un analizzatore con risoluzione minima minore non riuscirei a separare i due composti.
Quadruplo
Uno dei più semplici analizzatori. A bassa risoluzione.
Gli ioni entrano in questo sistema detto quadruplo poichè è costituito da 4 barre
metalliche al cui interno viene inviato il fascio ionico che in uscita darà uno ione per
volta, questa separazione avviene per applicazione di opportuni potenziali, applicati
con segno opposto per barre adiacenti e segno uguale per barre una di fronte
all’altra.
Di tutti gli ioni solo uno avrà un percorso stabile e riuscirà ad uscire, gli altri
collidono con le barre, non sono risonanti.
Per avere tutti gli ioni vengono variati i potenziali in modo tale da essere tutti
risonanti uno ad uno.
L’operatore darà il range di intervallo m/z all’interno del quale vuole lavorare, il
valore deve comprendere il peso molecolare.

A trappola ionica
A bassa risoluzione.
Presenta 3 elettrodi: uno superiore, uno inferiore a calotta e un anello
centrale.
Da un lato ho l’ingresso di ioni, in massa, mentre nel quadruplo faccio
entrare tutti gli ioni e solo uno fuoriesce, qui invece in virtù dei potenziali
applicati agli elettrodi vado ad intrappolare tutti gli ioni in una cavità
interna, in seguito verranno applicati diversi potenziali in modo da far uscire
in sequenza gli ioni, uno alla volta secondo un valore m/z crescente.

Poichè si ha un campo elettrico gli ioni non si muovono in maniere limare


ma a zig zag.
Nella trappola si ha un groviglio di ioni in movimento.

Time-of-flight (tempo di volo)


È composto da un semplice analizzatore, è un semplice tubo, senza applicazione di
campo elettrico, gli ioni sono portati al detector in tempi separati. Vengono
analizzati con la stessa energia cinetica, ma con diversa velocità, poichè hanno un
diverso rapporto m/z; ne deriva che, lasciandoli camminare, in assenza di campo,
arrivano al detector in tempi diversi, questi tempi sono determinati in funzione di
m/z.
Uno ione più piccolo quando arriverà con un tempo minore rispetto ad uno più grande.
Bassa risoluzione.
Lavora con pesi molecolari anche molto alti.

RIVELATORE DI IONI
Raccoglie il segnale. Al rivelatore arrivano gli ioni che colpiscono gli elettrodi che emettono elettroni con un
meccanismo a cascata.
Si distinguono:
- a dinodi separati
- a dinodi continui
TECNICHE SEPARATIVE (CROMATOGRAFICHE)
La cromatografia è una tecnica analitica separativa tale da consentire la separazione di miscele di composti.
Si sfrutta per analisi quantitative e qualitative. È una tecnica molto antica, il primo esperimento fu fatto da un
frate botanico nell’800, il quale frazionò un estratto vegetale. Gli scopi sono diversi per l’utilizzo di questa
tecnica.

L’aroma di un alimento o di una bevanda è costituito da diversi composti; campionando l’aroma del caffè, ad
esempio, ovvero la frazione volatile, posso determinare più di 500 composti; che insieme contribuiscono al
profumo del caffè.

Esistono dei composti d’impatto, che presentano l’aroma totale del prodotto (es. acetato di isopentile=>aroma di
banana).

La cromatografia si basa su due fasi:


- Fase stazionaria: film liquido con bassa tensione di vapore, che riversate le pareti interne di un capillare,
mediante legami chimici; questo è fisso al supporto e non fluisce sulla silice fusa (gas-liquido). Oppure un
adsorbente solido.
- Fase mobile: gas inerte detto anche carrier-gas (gas di trasporto) perchè è prettamente adibito al trasporto
degli analiti.

La natura della fase mobile in gascromatografia è gassosa ed in cromatografia liquida è liquida.


Ciò ha un impatto sul campo di applicabilità, ovvero sulla natura delle sostanze da separare: il fatto che la fase
mobile sia gas, deve prendere in considerazione delle sostanze in grado di vaporizzare.
I punti di ebollizione delle sostanze, quindi la loro volatilità, è fondamentale e definisce il campo di applicabilità
come discriminante. Gli zuccheri, non essendo volatili, non si prestano alla gascromatografia.

GASCROMATOGRAFIA
Il forno cromatografico fa una temperatura termostatato, ovvero si porta a temperature idonee a determinati
analiti.
La colonna è una matassa avvolta a spirale dove avviene la separazione, installata attorno ad un sostegno
metallico, la camera termostatata. Si vede poi un iniettore necessario ad inserire la miscela da analizzare, che
porterà gli analiti gli analiti in colonna.
Inizialmente abbiamo un pool di sostanze indistinte e grazie al processo che avviene nella colonna è possibile
effettuare il frazionamento. In questo modo, dopo aver attraversato la colonna, gli analiti vengono eluito uno per
uno, con tempi differenti.

Il rivelatore mi darà poi il segnale che si registra come picco cromatografico a livello del recorder.
La separazione avviene nel tempo, perciò nella cromatografia rilevo anche i minuti e quello che vado ad iniettare
è l’estratto del campione, diluito in solvente adeguato. Devo poi iniziare la fase d’analisi e interpretazione dei
dati: posso valutare l’altezza del picco.

I gas più usati per la fase mobile sono l’He e N, si può usare anche H, ma essendo molto pericoloso si preferisce
evitarlo.

La bombola è collegata all’iniettore da un lungo tubo, che permette al gas di immettersi nella colonna con un
flusso continuo. In quel momento posso effettuare l’analisi.

La caratteristica che deve avere il gas che uso è l’inerzia: il gas deve essere inerte e non reagire i nessun modo
con le sostanze.

La fase stazionaria è fondamentale ai fini della separazione, questa è contenuta all’interno della colonna FSOT
(fused silica open tubular, colonne tubolari aperte a sul ice fusa), con un rivestimento esterno di poliammide che
ha semplicemente scopo meccanico, ovvero rendere la cannula in silicio fuso più robusta e stabile. Lo strato che
poi interviene sulla separazione è la fase stazionaria chimicamente legata allo strato di silice fusa e questo può
essere un liquido alto bollente, quindi termicamente stabile alle temperature di esercizio (devo scegliere fasi
stazionarie adatte che decompongono a determinate temperature ) o un solido adsorbente.
Cromatografia gas-liquido (GLC)
Fase mobile: gassosa

Fase stazionaria: liquido trattenuto sulla superficie di un solido inerte mediante adsorbimento o legame chimico.

Meccanismo di interazione: ripartizione liquido/vapore. Nel momento in cui nella colonna arrivano varie
sostanze queste vanno sgranate sulla base della volatilità oltre che della polarità. Succede che di fatto le sostanze
che attraversano la colonna sono soggette a due azioni competitive che intervengono: la tendenza di ogni
sostanza in miscela a passare allo stato di vapore e allo stesso tempo si ha una fase stazionaria con una propria
polarità (si va da fasi polari a molto apolari). A seconda della solubilità e della capacità di ripartirsi sulla fase
stazionaria avrò fasi diverse di rilascio degli analisti nel tempo: una molecola lui esce per prima rispetto ad
un’altra. Se inserisco una serie di alcoli (metanolo, etanolo, propanolo, butanolo) ognuno avrà una propria
costante di ripartizione liquido/vapore.

Cromatografia gas-solido (GSC)


Fase mobile: gassosa

Fase stazionaria: costituita da un solido che esplica interazioni con gli analiti mediante adsorbimento fisico. Gli
equilibri interazione tra analiti da separare e fase stazionaria sono equilibri di adsorbimento. Gli zeoliti sono
composti inorganici solidi usati con questa tecnica. Solo lo strato più esterno e non tutta la massa del solido
viene coinvolta nel fenomeno di adsorbimento con equilibri dati da interazioni di Van der Walls. In questo
processo intervengono continui equilibri di adsorbimento alternati ad equilibri di deassorbimento

Campo di applicabilità: le sostanze che devono necessariamente essere separate con questo meccanismo sono
poche come gas permanenti (NOX, ossidi di azoto, CO2), oppure sostanze organiche molto volatili. Per
sostanze così volatili non ci sarebbe la selettività richiesta per differenziarle utilizzando il processo gas-liquido
perché la competitività tra solubilità e volatilità non ci sarebbe e gli analiti non andrebbero nemmeno a
solubilizzare vista l’alta tendenza a volatilizzare.

COLONNE
Le colonne sono capillari molto sottili avvolte a matassa di circa 10-100 m.
Le diverse lunghezze determinano le diverse condizioni di efficienza. Più lunga è la colonna più stretto è il picco.
Una colonna da 30 m da dei risultati più che soddisfacenti.
Esistono di diametri interni diversi inferiori al millimetro.
L’efficienza è misurata in piatti/m.

La quantità del campione è misurate in nanogrammi.

Sulle pareti interne delle colonne WCOT (wall coated-open tubular) si posiziona un
film di fase stazionaria in micro metri che si lega chimicamente alla parete.

Nella colonna SCOT (support coated open tubular) la superficie interna del capillare
è ricoperta di un film sottile di un materiale di supporto. Presenta una maggiore
capacità di una colonna a pareti ricoperte.

La colonna classica è: 30m (lunghezza) x 0,25 mm (diametro) x 0,25 µm (spessore


del film)

A seconda dello spessore del film possiamo regolare la quantità di campione.

La quantità di campione è in relazione a concentrazione e volume.

Se inietto un volume con concentrazione 1000 volte inferiore avrò inserito un volume inferiore.

Criterio per scegliere la fase stazionaria


Deve essere stabile e non decomporsi e con polarità simile agli analiti.

Si va da una fase relativamente apolare a fasi che rimangono nella stessa polarità crescente.
Nel caso della GLC quello che conta è la solubilità dei composti, la sostanza che dovrò separare deve avere una
buona polarità.

Mi orienterò sulla fase adatta che fa al caso mio.

Se si supera la temperatura per diversi minuti la fase stazionaria si degrada dando un segnale di “sporco”.
Perdendo via via fase stazionaria si perde funzionalità.

Ciò che è determinante dal punto di vista separativo è la temperatura.

Programma di temperatura
La colonna può lavorare a diverse temperature; si inserisce in un forno che viene
poi riscaldato.
La temperatura ottimale di esercizio dipende dal punto di ebollizione degli analiti
in esame e dal grado di risoluzione richiesta.

La separazione cromatografica può usare o essere condotta in due condizioni


diverse:
- Una tipologia è quella isoterma che viene usata con sostanze che presentano
punti di ebollizione simili tra loro al punto da far sì che scelta una temperatura
questa sia ottimale per tutte le sostanze.
- Un’altra è quella a temperatura programmata: la temperatura è variabile nel
corso dell’analisi. Si usa quando le sostanze da separare presentano differenze
significative dal punto di vista della volatilità, quindi presentano punti di
ebollizione diversi. Qualunque temperatura si scelga per realizzare la
separazione, di fatto, quando c’è una situazione di una certa complessità non
potrò mai separare una miscela in modo efficiente mantenendo la temperatura
costante, perciò devo intervenire variandola.

Lavorando in isoterma con temperatura bassa 45 °C riusciremo a rilevare sono le


sostanze con alta volatilità; osservando i picchi capisco che la temperatura è troppo bassa; infatti il
gascromatogramma non rivela tutti gli analiti, questo perché essi restano in colonna. La temperatura non è
adatta né per l’analisi quantitativa né per quella qualitativa. Solo le sostanze più volatili sono state rilevate bene.

Aumentando la temperatura a 145 °C anche questo valore non è adatto poiché rivela solo le sostanze con media
volatilità mentre quelle più volatili presentano dei picchi molto ravvicinati, perché la temperatura è talmente
elevata che nell’azione competitiva tra solubilità/volatilità prevale la volatilità e queste vengono eluite in tempi
brevi con conseguente comportamento cromatografico molto simile: si viene a perdere selettività; al contrario le
sostanze alto bollenti non hanno una temperatura necessaria per essere rilevate. Quindi mi rendo conto di essere
davanti ad una miscela che bisogna realizzare con una tecnica diversa, a temperatura programmata.

Si varia quindi la temperatura nel tempo seguendo un processo logico: la temperatura iniziale è quella più adatta
alle sostanze più volatili ovvero 30 °C, poi andrò a variare la temperatura alzandola in relazione ai campioni
meno volatili ovvero 180 °C.
Dalla temperatura iniziale a quella finale posso arrivare con diverso gradiente: la velocità di crescita esprime la
pendenza della variazione.
Più sostanze ho in miscela e più aumenterà la complessità dell’analisi con più rampe e studiando le tempistiche
corrette.

RIVELATORI GC
Il fine è ottenere un segnale, in questo caso un gascromatogramma, il frutto della separazione avvenuta in
colonna e di un processo avvenuto nel rivelatore.

Il gascromatogramma fornirà informazioni qualitative e quantitative.

I rivelatori sono di diverso tipo, differiscono maggiormente per la solubilità.


Caratteristiche:
- sensibilità adeguata compresa tra 10-8 e10-15 g/s.
- Buona riproducibilità.
- Linearità di risposta.
- Temperature comprese tra 20 °C e 400 °C.
- Tempo di risposta breve.
- Alta affidabilità e facilità d’uso.
- Fattori di risposta uniformi o elevata specificità per classi di analiti.
- Metodo di rivelazione non distruttivo.

Rivelatore FID (flame ionization)


L’estremità della colonna è collegata rivelatore.
Il rivelatore viene acceso attraverso una fiamma a base di idrogeno e aria, i composti
aromatici così procederanno andando a produrre radicali che combinandosi con
l’ossigeno genereranno carbocationi che portano corrente al catodo, questa fluisce
anodo e catodo e viene inviata ad un amplificatore operazionale per la misura.
Corrente di carica 10-12 A.

Quasi tutte le sostanze danno un segnale a questo rivelatore.


Quelle che non danno risposta sono H2O, CO2, CS2, NOX, SO2.

È un rivelatore universale.
La sua sensibilità e di mg/L s, 10-9 g.

Il segnale proporzionale al numero di atomi di carbonio dei composti organici in grado di produrre radicali CH.
I fattori di risposta non sono uniformi.

L’area del picco corrisponde ad un certo valore di concentrazione.

La taratura deve essere fatta per ogni sostanza.

Rivelatori selettivi

NPD (AFID- alcalin flame ionization detector)


È simile al FID.
Presenta selettività di risposta per composti organoazotati e organofosforati.
Non fosfati poiché non sono volatili, neanche azotati.

È un FID modificato, a differenza del FID ha una combustione che avviene in presenza di un sale alcalino,
formando carbocationi di composti organoazotati e organofosforati.

Ottengo un cromatogramma pulito poiché ottengo solo sostanze che contengono azoto e/o fosforo.

È distruttivo.
Presenta elevata sensibilità= LOD: µg/Kg (pg di sostanza iniettata).

FPD (flame photometric detector)


Selettività verso organofosforati e organosolforati.

La combustione e come nel FID, questi composti bruciano, dando luogo a specie eccitate tornando allo stato
fondamentale; emettono radiazioni del visibile (394 nm per lo zolfo e 526 nm per il fosforo).

I fotoni sono raccolti attraverso un fototubo fotomoltiplicatore, che li converte in elettroni ottenendo un segnale
elettrico proporzionale alla concentrazione.
Questa selettività si ha poiché da un altro composto non otterrei radiazioni.

L’operatore in base alla rivelazione che vuole, sceglie la lunghezza d’onda.


Rivelatore distruttivo.
Elevata sensibilità µg/kg (pg di sostanza iniettata).

ECD (electron capture detector)


Selettivo verso sostanze che presentano elevata Elettronegatività.

Nel rivelatore si ha un catodo costituito da un foglio di metallo su cui è adsorbito un elemento β-emittente, che
emette elettroni che vanno a provocare la ionizzazione del gas di trasporto, avviene bene quando uso azoto come
trasporto, producendo a sua volta elettroni, quando arriva una sostanza in grado di catturare elettroni, ad
esempio clorurati, la corrente di fondo si abbassa poiché gli elettroni vengono catturati, così ionizza anche il
composto generando un anione con mobilità inferiore agli elettroni, quindi assisto ad una diminuzione della
corrente che determina una variazione di segnale.

Questo rivelatore non è distruttivo poiché non si ha combustione.

Esistono dei sistemi TANDEM, un rivelatore sopra l’altro, in cui a fronte di un’unica separazione posso avere
due rivelazioni una con l’ECD e l’altra con l’NPD; devo però sistemare in basso quello non distruttivo.

GC-MS
Spettrometro di massa usato come rivelatore
Diverso dal punto di vista del funzionamento, ci da uno spettro diverso, multidimensionale, avrò un
cromatogramma per la corrente ionica totale, un cromatogramma per ogni singolo ione e uno spettro di massa
dei picchi, individuabile il GC.
Confronto il cromatogramma con uno spettro standard verificando le differenze del tempo di ritenzione.

Se uso GM-MS non ho solo il tracciato del rivelatore ma anche i tracciati dei residui dello spettro spettrometro
di massa.

I flussi di eluizione essendo bassi non vanno ad alterare le condizioni di vuoto quindi è possibile accoppiare GC
e MS.

Se l’obiettivo è quello di analizzare tutti i picchi devo ricavare lo spettro di massa di tutti gli analiti.
Valgono tutte le considerazioni dette sulla MS.

La ionizzazione può essere elettronica o chimica.

Schema:
- Cromatografo= iniettore, sistema di controllo della temperatura e una linea di trasferimenti dalla colonna allo
spettrometro
- Spettrometro= camera di ionizzazione, analizzatore di massa e rivelatore di ioni
Tutto sottovuoto.

GC-FTIR (trasformata di fourier)


Acquisirò uno spettro infrarosso. Informazioni più limitate rispetto alla GC-MS che un’analisi più completa.

Cromatografia in fase liquida (LC)


Fase stazionaria liquida.
Differisce dal punto di vista dell’applicabilità, le molecole analizzabili in LC sono molte di più.

Meccanismi scelti in base alle sostanze ad analizzare.

Può essere eseguita lavorando con due modalità:


1. TLC
2. Su colonna
Tempo e flusso sono correlati.
Cromatografia su strato sottile (TLC)
RF= dS/dFM
RF= distanza dal fronte del solvente
dFM= distanza percorsa dalla fase stazionaria
dS= sia tanta percorsa dallo spot

Applico una goccia di miscela e una goccia per ogni componente e pongo la
latrina nel contenitore che presenterà la fase mobile che ha un ruolo attivo,
competitiva con la fase stazionaria.

La fase stazionaria ha il compito di trattenere, mentre quella mobile di eluire.

Può essere fatto a scopo analitico o preparativo su una lastra dalla quale prenderò poi le sostanze purificate.

Cromatografia su colonna
Ha uno scopo preparativo; vengono impaccate le sostanze con la
fase stazionaria e messi in una colonna, viene poi fatto scorrere
l’eluente.

Quando comincio a far eluire la fase mobile comincia il processo


cromatografico.

Aggiungendo ulteriore volume di eludente riesco ad eluire anche


l’ultima frazione.

Cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC)


HPLC= strumento

Meccanismi separativi
1. Cromatografia di assorbimento (LSC)
2. Cromatografia di ripartizione (LLC)
3. Cromatografia a scambio ionico (IEC)
4. Cromatografia ad esclusione di dimensione (SEC)

Campi di applicazione
1. Sostanze apolari a sostanze con polarità medio-bassa
2. Sostanze a polarità alta
3. Sostanze che formano ioni
4. Ha due sottomeccanismi in base alla polarità

LSC (liquid solid chromatography)


Le fasi stazionarie tipiche sono silice e allumina, molto polari

È presente un granulo di fase stazionaria che assorbe.

Il processo riguarda non solo l’interazione tra soluti e fase stazionaria, ma anche quella tra la fase mobile e fase
stazionaria.
Avviene l’equilibrio a causa di interazioni tra soluti e supporto.
Tramite queste interazioni l’analita viene ritenuto.

Questo equilibrio viene disturbato dalla fase mobile che è in competizione, poiché l’analita deve essere eluito; la
fase mobile quindi stabilisce un equilibrio di interazione con la frase stazionaria e l’analita rimane di sciolto nella
fase mobile.
Xm e Xads = molecole di soluto nella fase mobile e molecole adsorbite.

Sm e Sads = molecole di fase mobile libere e adsorbite sulla superficie


della fase stazionaria.
N = molecole di solvente.

Interazioni tra solvente e soluti:


- Interazioni non specifiche (forza di dispersione).
- Interazioni dipolari.
- Legami a idrogeno.

Al tempo zero i siti attivi della fase stazionaria sono tutti occupati dalla
fase mobile tutte le molecole di soluto sono in soluzione nella fase mobile.

L’ordine di assorbimento è definito dalla polarità.


Le fasi mobili che si possono utilizzare sono miscele di solventi a seconda
dei rapporti cambia la forza eluotropica (Forza del solvente rispetto alla
fase stazionaria).
Ogni solvente possiede un valore ε0 che cambia in base alla polarità, un
solvente è tanto più forte quanto più è alto ε0.

Si ha una ripartizione anche di miscele isomeriche grazie al fatto che la fase


stazionaria è solida e risente degli spazi sulla molecola.
L’isomero para è il più trattenuto poiché più disponibile a formare legami
idrogeno con la silice.

Su silice e allumina riesco solo a fare separazioni per classi e non all’interno di una classe. Poiché ad esempio in
una miscela di aldeidi ciò che interagisce e il gruppo aldeidico quindi gli altri carboni non influenzano.

LLC (liquid liquid chromatography)


Meccanismo di ripartizione.
Fase mobile e fase stazionaria liquida, chimicamente legate ad un supporto.

A differenza di ciò che avveniva nella LSC, in questo caso gli equilibri sono quelli di ripartizione. Le sostanze si
ripartiscono a secondo della loro lipofilia e polarità.
Le due fasi liquide competono, quella stazionaria tende alla ritenzione quella mobile tende ad eluire.

Ripartizione in fase inversa (RP)


Abbiamo fase stazionaria a polare. Le più comuni sono C8 e C18.
La fase mobile è composta da una miscela di acqua, metanolo e acetonitrile con diversi rapporti che cambiano la
forza eluotropica.
In un sistema cromatografico a fase inversa la fase stazionaria è meno polare della fase mobile.

Ripartizione in fase normale (NP)


Ha una fase stazionaria liquida polare mentre le fasi mobili sono miscele uguale a quelle usate nella LSC.
Il soluto non polare è quello eluito prima, mentre il più polare è quello più trattenuto.
Quindi la sostanza più polare ti chiederà un volume di fase mobile è maggiore per eluire.
Anche la fase stazionaria è importante per determinare il tempo di ritenzione dell’analita; il tempo di ritenzione
varia anche a seconda della lunghezza della catena della fase stazionaria, quindi su di esso influisce
contemporaneamente:
- Colonna.
- Fase mobile con determinati rapporti.
- Fase stazionaria.
Le sostanze più trattenute sono quelle più lipofile.

Quando lavoro in RP decido di lavorare con certi rapporti di miscela della fase mobile in base al potere
eluotropo (capacità di trascinare gli analiti), tengo conto che l’acqua ha il minimo potere eluotropo, ad esempio
avendo un tempo di ritenzione troppo elevato per la rivelazione del toluene abbasso la concentrazione di acqua,
più polare.
Se la miscela è molto differenziata in termini di polarità non riesco a eluire in modo corretto tutti gli analiti
presenti in miscela.
Per risolvere questo problema si utilizzano un’eluizione a gradiente con composizioni variabili della fase
mobile.
[Se la fase mobile ha composizione stabile si ha un’eluizione isocratica.]

Adatto la fase mobile alle esigenze di ogni analita, parto con una fase mobile adatta alle sostanze che eluiscono
prima successivamente vario ancora la forza eluotropica in modo da far si che sia adeguata anche alle sostanze
più trattenute.

Guadagno anche dal punto di vista della sensibilità.

La variazione è attuata da un computer.

IEC (Liquido a scambio ionico)


Interessa sostanze con gruppi carichi.
Con questo meccanismo posso anche separare gli ioni derivanti da
sostanze ionizzabili ovvero acidi o basi deboli.
Anche in questo caso vi saranno delle interazioni tra sostanze da
separare, fase mobile e fase stazionaria.
Quindi anche la fase stazionaria deve essere carica o positivamente o
negativamente in base al fatto che si tratti di rispettivamente di
separazione di anioni e cationi.

I gruppi solfonici (SO3-) sono resine cationiche forti.


I gruppi carbonici (COO-) sono resine cationiche deboli; bisogna stare
attenti al pH per avere COO-.
Lo stesso vale per le ammine quaternarie resine anioniche forti e le
ammine secondarie o terziarie resine anioniche deboli.
Posso avere resine polimeriche in cui il gruppo più importante è quello
carico.

Anche la fase mobile per competere deve avere carica, quindi saranno
soluzioni saline.
I composti che non sono ionici non partecipano a questo equilibrio.

I vari soluti vengono separati in base alla carica (monovalente, bivalente, ecc.) e al raggio idrato.
La sfera di idratazione di uno ione che ha raggio dello ione anidro più piccolo sarà la più grande.
Più grande è il raggio maggiore è la distanza tra catione/anione e resina e quindi l’interazione è più debole,
quindi è meno trattenuto ed eluirà prima.
A parità di carica lo ione più piccolo ha densità di carica maggiore e attira su di sé un numero maggiore di
molecole di acqua; presenterà quindi un raggio idrato maggiore.

Se abbiamo necessità di controllare il pH avrò bisogno di tamponi che mantengono il pH a due unità in più
rispetto al pKa dell’acido.

Si pone +2 poichè la forma A- è 100 volte superiore ad HA.


L’equilibrio viene quindi regolato per favorire la concentrazione della specie carica (A-).

Il tampone quindi costituirà alla fase mobile.


Lo scambio avviene tra lo ione analita ed il controione.

Ioni con carica maggiore di 1 eluiscono dopo.


Oltre a ciò prevale il comportamento cromatografico.
Quando riporto il cromatogramma devo riportare anche il tipo di colonna, l’eluente, la temperatura e del flusso
utilizzati.
Se uso una fase mobile troppo forte perderò in specificità poichè otterrò un picco che comprenderà più ioni,
quindi è importante modulare bene la concentrazione.
Troppo diluita: troppo pochi controioni che non riusciranno a scalzare il ioni dell’analita che si legano alla fase
stazionaria.
Per capire le migliori condizioni si fanno delle prove.
Per avere un cromatogramma come quello degli aminoacidi, con pH diversi, userò un gradiente di pH in modo
da rilevarli tutti.

SEC (esclusione dimensionale)


Separa in base alla dimensione.
Questo meccanismo si basa quindi sul peso molecolare.
La fase stazionaria deve essere un materiale poroso, con dimensioni dei pori controllate.

Il meccanismo prevede che ci siano delle molecole più grandi rispetto ai pori e subiscano un meccanismo di total
exclusion, altre invece, essendo molto piccole riescono a permeare in tutti i pori, di dimensioni differenti, altre
ancora riescono a permeare solo in alcuni pori, mentre in altri no, quindi avranno un comportamento
intermedio.
La molecola non permeata poiché è più grande eluirà prima rispetto a quelle che entrano in tutti i pori, le quali
vengono rallentate eluiscono dopo.

Il comportamento cromatografico deriva dalla permeazione nei pori e dal cammino nella colonna.

Non ci sono interazioni chimico-fisiche.


L’eluente è paragonabile al carrier-gas, deve essere un buon solvente per il campione, non interviene nel
meccanismo di separazione, non deve interagire con la fase stazionaria.
Evita effetti di assorbimento e ripartizione.

Il cromatogramma avrà picchi riferiti a sostanze con pesi molecolari via via decrescenti.

In base a quale sostanza voglio separare, distinte in sostanze idrofile e idrofobe, scelgo uno dei due meccanismi:
Gel filtration
Cromatografia a esclusione dimensionale con impaccamento idrofilo.
Separa specie polari.
Usato per zuccheri.

Gel permeation
Cromatografia a esclusione dimensionale con impaccamento idrofobico.
Separa specie non polari.
Usata per polimeri organici.

STRUMENTAZIONI
HPLC
Fase mobile liquida.
La temperatura non influenza.
Ho bisogno di un sistema di pompaggio idraulico poiché è presente una colonna molto sottile, con un diametro
molto piccolo, perciò non riesco a far percolare un liquido nella colonna dove sarà presente l’analita in polvere.

La prima cosa da fare porre acqua sterilizzata in un recipiente, mentre in un altro porrò la sostanza che insieme
all’acqua genererà la fase mobile; la miscelazione viene fatta attraverso una valvola proporzionatrice o dosatrice
che è capace di prendere i liquidi nelle proporzioni da me scelte; la miscela viene poi inviata ad una pompa che
la manderà alla colonna.
La miscela non può essere fatta dall’operatore, poiché ci saranno sempre errori banali sul prelievo dei volumi, o
anche perché essendo in una situazione in cui ho bisogno di variare le concentrazioni della fase mobile quella
che l’operatore preparerà non servirà più.
Gli altri componenti sono: iniettore, colonna e detector.
Le pompe per HPLC possono essere:
- A siringa.
- Reciprocanti.

Devono soddisfare alcuni requisiti:


1. il flusso del sovente deve essere costante, non pulsato, per evitare un segnale di fondo del rivelatore non
riproducibile. Anche la pressione applicata non deve fluttuare. I flussi comuni sono compresi nell’intervallo
0.2-1.0 ml/min;
2. le pompe non devono produrre un segnale di fondo apprezzabile;
3. il materiale della pompa deve essere chimicamente inerte.

L’iniettore costituito in acciaio con un tubo attraverso il quale


passa ciò che iniettato.
Attraverso una leva si verifica una rotazione portando
l’iniettore, prima in posizione di caricamento e poi di
iniezione.
Se si mette un volume superiore alla capacità del loop il resto
viene scaricato: ciò consente di iniettare con estrema
ripetibilità, poiché introducendo un volume a loop pieno, la
quantità sarà standardizzata.
La fase mobile passa poi dalla pompa alla colonna,
mantenendo un flusso costante di eluente.
Nella prima fase il contenuto del loop non viene trasferito nella colonna, che attraversata sono dal liquido
proveniente dalla pompa.

Manualmente l’operatore ruota la manopola in posizione viene iniezione: a questo punto la fase mobile non va
direttamente in colonna, ma passa traverso il loop e porta il contenuto in colonna. A questo punto ha luogo il
processo separativo.
Scelta della colonna in termini hardware: le colonne più tradizionali e più utilizzate sono quelle impaccate, di
lunghezza di 25 cm, diametro interno di 4 mm, granulometria dai 5 ai 3 micron che consentono di lavorare ad
una buona efficienza.

I solventi per HPLC devono essere in un grado di purezza adeguato, ciò significa costi maggiori. Le impurezze
disturbano molto la fase di rivelazione, perciò è necessario usare solventi dedicati.

A differenza della GC-MS che accoppia direttamente gascromatografia e spettrometria di massa, che si trovano
a lavorare insieme e i flussi sono perfettamente compatibili, al contrario HPLC e spettrometro di massa non si
associano direttamente, uno lavora in fase liquida e l’altro in fase gassosa.
Per risolvere l’accoppiamento se andate verso lo sviluppo di colonne adatte al lavorare a livello di nano-flussi.

RIVELATORI PER HPLC


Ciò che fuoriesce va a finire in un detector, un sistema specifico con un programma in grado di analizzare i dati.
Si tratta di rivelatori che lavorano in soluzione:
- Ottici: ad indice di rifrazione, spettrofotometrico in assorbimento UV-visibile, spettrofotomentrico in
fluorescenza UV-visibile
- Elettrochimici: amperometrico e conduttimentrico

La scelta si basa sulla struttura delle molecole e delle proprietà che presentono, ma soprattutto sui livelli di
concentrazione a cui lavorare.

Prestazioni generali di un rivelatore:


- Intervallo dinamico
- Intervallo dinamico lineare
- Indice di risposta o linearità
- Livello del rumore del rivelatore
- Sensibilità o minima concentrazione rilevabile
Un rivelatore può essere sensibile sia alla concentrazione sia alla massa di un analita.
I rivelatori HPLC sono generalmente sensibili alla concentrazione.

Si prende in esame un intervallo piuttosto ampio e si vede


fino a che punto c’è linearità di risposta, una volta superato
l’intervallo di linearità andrei a commettere errore
estrapolando a questo livello, è importante conoscere tutto
l’andamento nell’ampio range di concentrazioni.

Subentra la necessità di calcolare la minima quantità


rivelabile (LOD). Il limite di rivelazione viene calcolato
come rapporto di segnale su rumore e lavorando a basse
concentrazioni diventa fondamentale.

Il criterio normalmente utilizzato è: S/N=3

Lavorare a questo livello vorrebbe dire lavorare ad un livello


molto basso, dove c’è sia variabilità di segnale che di rumore,
per questo motivo si è deciso di lavorare con un parametro di
qualità diverso, LOQ con rapporto
S/N pari a 10.

La minima concentrazione rivelabile viene stimolata in corrispondenza di S/N=3.

Per analisi quantitativa è sufficiente calcolare LOQ, per analisi qualitativa è necessario calcolare LOD.

I limiti di rivelazione non sono tutti uguali poichè alcune caratteristiche dipendono dalla struttura delle molecole
stesse.

Rivelatore spettrofotometrica UV-visibile in assorbimento


Si ha un flusso dinamico dell’eluato cromatografico che in continuo va al rivelatore; quindi la cella non sarà più
una cuvetta, ma un canale fatto a “Z”; la misura avviene in seguito al cammino orizzontale, che sarà appunto il
cammino ottico interessato.

Quando uso questi rivelatori devo scegliere una lunghezza d’onda adatta, se
non si conoscono i dati dell’analita bisogna acquisire lo spettro dello
standard.

Oltre al rivelatore tradizionale esiste un sistema più evoluto che sfrutta la


tecnologia dei diodi (diode array detector).

Nel rivelatore tradizionale ho luce bianca, proveniente dalla sorgente, che


viene monocromatizzata e attraversando il campione arriva al rivelatore.

Nel rivelatore a serie di diodi la radiazione che arriva al campione è una


radiazione bianca e la monocromatizzazione avviene dopo, i fasci
monocromatizzanti arrivano agli elementi del rivelatore.
Acquisisco lo spettro UV-visibile simultaneamente all’eluizione del picco.

Rivelatore spettrofluorimetrico
Sorgente= lampada a xenon

Struttura a 90 gradi con il secondo monocromatore posto a 90 rispetto al


primo.

Permette l’analisi di composti che presentano fluorescenza (es. fluoraldeide).

La selettività è dovuta al fatto che poche molecole presentano fluorescenza;


inoltre lavoro con una coppia di lunghezze d’onda: lunghezza d’onda di eccitazione lunghezza d’onda di
emissione.

Rivelatore ad indice di rifrazione


È basato sul fatto che tutte le sostanze presentano un indice di rifrazione, però non tutte le sostanze possono
essere livellate.

Quando le sostanze arrivano al rivelatore viene fatto un confronto tra gli indici di rifrazione del composto eluito
rispetto a quello della fase mobile.

Il segnale si ottiene solo quando si ha una differenza apprezzabile tra i due indici di rifrazione, questo limita
l’applicabilità e richiede che le sostanze siano presenti a concentrazioni apprezzabili.

Un limite è dato dal fatto che non si può fare una rivelazione in gradiente di eluizione, poichè variando la
composizione della fase mobile varia anche l’indice di rifrazione portando ad un drift della linea di base.

Rivelatore a deflessione
Si misura la deflessione del raggio di luce al variare dell’indice di rifrazione del liquido nella cella di misura in
confronto alla cella di riferimento.
Quando nella cella fluisce solo la fase mobile, la luce che passa attraverso i due lati viene focalizzata sul
rivelatore.
Quando eluisce il campione, la variazione dell’angolo di rifrazione sposta il raggio, provocando una variazione
nel segnale inviato al rivelatore.

Rivelazione elettrochimica
Può essere:
- CONDUTTIMETRICA
- AMPEROMETRICA
Ampia varietà di molecole non cromofore rivelabili:
- Acidi solfonici, carbossilici, fosfonici
- Alcoli, glicoli
- Carboidrati
- Ammine primarie, secondarie, terziarie, quaternarie
- Solfati, solfossidi, titoli, solfuri, mercaptani
- Anioni e cationi inorganici

Rivelatore conduttimentrico
Misura la conduttanza di soluzioni elettroforetiche, direttamente proporzionale alla mobilità degli ioni in
soluzione, ovvero la velocità di spostamento degli ioni quando sono immersi in un campo elettrico. Non prevede
nessuna scarica dagli elettrodi, gli ioni si muovono spontaneamente verso gli elettrodi di segno opposto

Rivelatore amperometrico
Si hanno delle redox tra l’elettrodo e l’analita. Misura l’intensità della corrente prodotta dalle reazioni redox,
direttamente proporzionale alla concentrazione dei soluti.
CONDUTTIMETRIA

La conducibilità specifica non è adatta a consentire dei confronti tra elettroliti diversi poichè dipende dalla
concentrazione e dalla carica degli ioni; viene infatti utilizzata la conducibilità equivalente:

Per tutti gli elettroliti Λe tende ad un valore limite detto conducibilità equivalente a diluizione infinita.

λ0 si riferisce ad 1 equivalente di un qualsiasi ione (la carica si 1 eq di uno ione è uguale a N e= costante di
Faraday,F)

Legge della migrazione indipendente: ogni ione si comporta senza essere influenzata da un altro

La conducibilità è legata alle concentrazioni ioniche in soluzione dall’equazione della migrazione indipendente

N= concentrazione un eq/L (normalità)

La conducibilità di una soluzione diluita è la somma dei contributi specifici (λ0i) degli ioni per le loro
concentrazioni

Mobilità è direttamente proporzionale alla conducibilità

µ+: mobilità ione positivo


µ-: mobilità ione negativo

Mobilità= velocità degli ioni in un campo elettrico unitario

AMPEROMETRICA
Misura la corrente o la carica risultante dell’ossidazione o dalla riduzione dell’analita, sulla superficie
dell’elettrodo di misura al quale è applicata un opportuno potenziale.

Durante l’ossidazione gli elettroni vanno dall’analita all’elettrodo.


Durante la reazione di riduzione gli elettroni vanno dall’elettrodo all’analita

È un’analisi quantitativa.

L’elettrodo che è coinvolto nelle redox è detto elettrodo di lavoro, composto da oro o carbone vetroso.

Il processo redox avviene in una regione orizzontale.

In base alla specie che devo rivelare, devo lavorare a valori di potenziale diversi; non c’è un valore definito per
ogni classe poichè le strutture delle molecole cambiano, ad esempio per gli esteri devo lavorare a valori di
potenziale tra -1 e -2 V, per le ammine tra +1 e +0,5 V.

Per accoppiare LC e MS ci deve essere un’interfaccia che le unisce e che funge anche da sorgente di
ionizzazione dello spettrometro di massa.
L’interfaccia può essere:
- ESI: elettrospray ionization
- APCI: ionizzazione chimica a pressione atmosferica

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