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PASQUALE MINER Intervista allalter ego di Baglioni Che la definizione migliore per Pa- squale Minieri sia «I"Archimede Pi- tagorico dell’elettronica» me I’ha suggerita Elena Martelli, promoter della CBS, alla quale devo anche la tempestivita di contatto con Claudio Baglioni. Minieri & ben conosciuto non solo dagli addetti ai lavori: pri- ‘ma una lunga militanza in gruppi le- gati al circuito folk italiano, come il Canzoniere del Lazio e i Carnascia- lia; poi la collaborazione con Fare ‘Musica, una rivista che ha meriti an- che storici non indifferenti. E poi la ereazione di sigle, la collaborazione con musicisti ¢ tecnici. A Pasquale Minieri, che della tournée del suc- cessivo disco di Claudio Baglioni & stato il principale ideatore ed artefice tecnico, abbiamo chiesto di spiegarci in modo approfondito Vaspetto me- ramente tecnico di questa esperienza, IL palco era progettato in modo che ci fossero tre punti-chiave: uno per la chitarra, uno per un piano acustico (diciamo cosi, anche se in realta le cose erano diverse) ed un terzo pun- to per la postazione elettronica. Nel «piano acustico» c’era una tastiera Roland MK 1000, una master key- board; nella postazione pit elettroni ca c’era una RD 1000 ¢ su tutto il palco c’era una rete MIDI che ci era- vamo fatta da noi perché allora non C"erano ancora scatole di derivazione ed altre cose che sono entrate in com- mercio di li a pochi mesi. I! che vuol dire che ovunque Claudio andasse, alla chitarra, al piano o all’RD 1000, venivano comunque comandate se- dici tastiere che erano sistemate da uun‘altra parte, controllate da un ad- detto a questo compito. Le tastiere che abbiamo usato erano: T'RD 1000, che aveva campionati i suoni del piano, piano Fender e via dicendo; il Kurzweil, due Roland MK 80 Super Juppiter, sei expander della DX-7, di quelli a rack, due TX~ una DX7, due campionatori Akai 612, un campionatore Akai 900, una batteria RX 11 © un QX-1. Come cl tarra abbiamo usato, nelle prime da- te, la mia Steinberger con i pickup per il guitar-synt Roland. In seguito abbiamo preferito usare il convertito- te Shadow collegato ad una Stratoca- ster Squier. Abbiamo invece avuto dei problemi per quanto riguarda I'acustica: esclu- sa la Ovation, che Claudio trovava troppo dura, abbiamo optato per la Gibson Chet Atkins, che & una chi- tarra fenomenale. I problema é che avrebbe avuto bisogno di qualche modifica per pilotare le tastiere attra- verso il MIDI. Durante la tournée ne abbiamo fatte parecchie, ma questa non abbiamo trovato il tempo di far- la, anche se ci ripromettiamo di prov- vedere per il futuro. Il punto & que- sto: lo Shadow prende i segnale da rilevatori ceramici singoli posti sotto ogni corda. La Chet Atkins funziona con lo stesso sistema, per cui abbia- ‘mo tentato di pilotare lo Shadow di- rettamente con quei pickup, visto che non volevamo modificare una chitar- ra cosi preziosa: sarebbe stato un peceato, nonostante tutto. Abbiamo allora provato ad aprire la parte elet- tronica della Chet Atkins per vedere se era possibile fare quello che aveva- ‘mo in mente. In realta si potrebbe fa- re, ma il segnale che esce dalla chitar- +a & troppo alto per il multiplex dello Shadow, per cui sarebbe stato neces- sario inventarsi_ un piccolo circuito cche abbassasse tutti i liveli. C’% anche da notare che internamen- te la Chet Atkins ha sei piccoli poten- ziometri a rotella che permettono di regolare individualmente il volume di ciascuna corda, ma anche al minimo Pus abbiamo avuto il tempo di sistemare questa faccenda durante la tournée, ma la prossima volta non ci saranno fa era sempre troppo alta. Non problemi. Ne abbiamo parlato anche con i tecnici della Shadow e della Gibson, anche perché sarebbe una cosa interessante da produrre in se- rie, senza aleuna controindicazione. Oleretutto allinterno della Chet At- kins, c°@ posto per la scatola del mul- tiplex Shadow. Si tratta dun cireuito rnon molto complicato che perd, co- me ti dicevo, non abbiamo avuto il tempo di progettare e costruire du- rante la tournée. Quindi la Chet At- kins era l’unico strumento collegato normalmente, come pure la Takami- ne. Tra Ialtro la Takamine avrebbe tun modello gi predisposto per essere collegato allo Shadow, ma qui in Ita lia sembra non sia ancora disponibi- le, purtroppo; © comungue non lo era quando ci sarebbe servito. Il concetto, insomma, era che, trami- te derivazioni, dovungue Claudio si spostasse, quella postazione diventa- va master keyboard, ossia lo stru- mento destinato a pilotare Mintero complesso di apparecchiature. Le ta- stiere pilotate dalla master keyboard erano a loro volta regolate dal com- puter QX-1. B chiaro che ad ogni brano i timbri di tutte le tastiere do- vevano cambiare, per cui avevamo presettato ... Insomma, non voleva- mo fare una cosa alla Howard Jones, dove ci fossero parti musicali gia seritte, ma lidea era di avere un rap- porto assolutamente umano con I'e- Iettronica € i computer. Quindi noi avevamo splittato la tastiera in modo che ogni nota comandasse un detet- minato suono, ovviamente, sempre con quella nota. Per esempio: tutta la tastiera di base, ti dava il suono del piano. Poi sulla sinistra c'ra il bas so, separando dal resto quella parte di tastiera che andava bene per quel particolare brano e con il giusto tim- bro di basso, sempre per quel brano. Da quel punto in poi, la tastera ti dava un altro suono, mentre dall‘o- tava in alto partivano altri strumenti per quinte € per seste ... Insomma, era tutto un vivisezionare la tastera E tutto cid, naturalmente, cambiava 2 per ogni brano. Certo, ¢ quella era la cosa pit diffici- le, per Claudio, perché lui stava li dat vivo a cantare e ogni volta che tocca- va la tastiera i suoni che ne uscivano erano Mentre quella che lui suonava era la stessa chitarra del bra- no precedente o la stessa tastiera. Da tun punto di vista mentale era uno scoglio difficilissimo da superare, pensaci bene. In alcuni brani per ave- re delle parti ritmiche senza dover ri- correre alla batteria avevamo ulte- riormente complicato le cose. Dicia- mo innanzi tutto che non abbiamo mai cercato di fare giochi di prestigio tentando di riprodurre suoni cono- sciuti: abbiamo piuttosto tentato di Ora, quando Claudio faceva un accordo sulla tastiera 0 sul- la chitarra ne veniva fuori, diciamo, tun suono di piano; quando sollevava Ja mano veniva generato un altro im- pulso musicale di basso € con questo gioco di colpire la tastiera della chi- tarra e sollevare la mano si creava la base ritmica. Le cose si complicavano ancora di pit! quando avevamo pro- grammato dei suoni ribattuti, che suddividevano ulteriormente Ie no- te, Tutto questo, perd, era pilotato esclusivamente da Claudio, che pote- vva cosi cambiare a suo piacere la ve- locitd del brano senza avere il proble- ‘ma di suonare su parti predetermina- te in modo ferreo. Quindi per Claudio voleva dire suo- are con una tecnica completamente Si, e se poi calcoli che fino all'aprile dello scorso anno Claudio non aveva ‘mai praticamente suonato un zatore, ma in prevalenza pianoforte ¢ piano Fender ... E stato un lavoro enorme. Non solo, ma é stato anche molto rischioso fare una cosa simile inventareeli tie dal vivo. Parliamo dell'amplificazione dei monitor. La marca dell’impianto era Maryland Sound, di proprieta della Britannia Row. Anche i monitor erano della stessa marca, assolutamente eccellen- ti, E Io stesso impianto che usano Laurie Anderson, Eric Clapton, gli Eurithmycs, un impianto da alta fe- delta dalle caratteristiche eccezionali Apparentemente il modulo é banale: Ia cassa del basso ha quattro woofer JBL, per i medio alti ci sono quattro JBL da dodici pollici pit un drive per Te frequenze pit acute. Ma la cosa pitt importante dell’impianto & che ogni cassa & P.500, che in Italia non existe, Ogni sezione ha un immenso stabilizzatore di corrente piti un altro stabilizzatore solo per il palco, Ogni finale & ali- mentato direttamente dallo stabiliz~ zatore con cavi di enorme portata tutti della stessa Iunghezza. I cavi tra finali ¢ casse sembrano tubi per l'ac- qua, tanto sono di grande sezione, per cui ti rendi conto che @ un im- pianto curato in ogni particolare, co- me dovrebbe essere sempre. raleuno ha capito che i scorsi dell'alta fedelt non sono va- jimentata da un SAE Finalmente li stanza, ma vanno applicati anche du- rante i concerti. Certo. E incredibile vedere Ia cura che hanno posto in ogni particolare: i cavi sono addirittura marchiati Ma- ryland Sound, perché loro vendono solo l'impianto completo e non i sin- goli componenti che poi tu magari colleghi con cavetti da niente che im- poveriscono il suono. L'impianto co- munque, l'abbiamo preso a noleggio dalla Britannia Row che ha l'esclusi va per I’Europa della marca america- na. La Britannia Row, per inciso, & una ditta di service che appartiene ai Pink Floyd. Quali cambiamenti ci sono st corso della tournée? Ce ne sono stati soprattutto sugli arrangiamenti, tenendo presente che per noi gli arrangiamenti erano gli splittagai della tastiera, Si, c'erano anche cambiamenti melodici, ma cer- cavamo soprattutto trucchi per dare maggior spessore ritmico: molte ta- solo tra le quattro mura di una stiere, le avevamo programmate per dare una specie di ribattuti a tempo, per esempio ... Era tutto un modo molto strano di coneepire gi arran- giamenti anche perché la cosa pit in- teressante del tuto, a parte la tecnica che abbiamo usato, é stata la dispo- nibilita di Claudio ad abbandonare completamente gli arrangiamenti ori- ginali dei brani, riconsiderandoli co- superare, almeno per ora, é lostaco- lo nato con la chitarra acustica. Non proprio. A quel punto abbia- mo preferito usare I'acustica solo in quanto tale, mentre in altri brani che potevano essere «acustici» abbiamo preso il segnale solamente dai rileva- tori ceramici applicati alla Squier, i rilevatori Shadow che, se ci pensi be- ne, sono rilevatori acustici, per cui anche li siamo riusciti a fare cose no- In «Uomini persi», ad esem- pio, si parte con un armonico sola- ‘mente, perd fatto dalla DX-7. Che cosa intendi con «fatto dalla DX-7»? E si, perché attraverso Shadow noi continuavamo a pilotare tutte le ta- stiere con la chitarra. Quindi il suono di partenza era quello acustico dei ri- levatori ceramici della Squier, poi questo armonico andava al sintetizza- tore Shadow, alla DX-7 ¢ solo verso Ja fine ne useiva un suono simile a un tappeto. Insomma, era programmazione. Certo, oppure anche di splittaggio, nel senso che decidevamo quale suo- no dovesse avere ogni corda della chitarra. Per essere pit chiar, il bas- so cont sesta corda, con il pollice. A quel punto doveva studiarsi una serie di rivolti che consentissero al basso di salire sempre sulla stessa corda, senza mai sconfinare sulla quinta corda. Doveva sempre salire di posizione. Nella parte centrale della tastiera c'e- rano poi dei cori di donna e in altre tevol ito un fatto di pre- uo Claudio lo faceva sulla parti delle percussioni che Tui poteva richiamare colpendo determinate no- te. Quindi era anche una questione di sintonia tra me € lui, di accordi presi tra di noi in modo che io non aprissi il canale delle percussioni prima di un certo momento del brano. Prima di quel momento Claudio poteva usare quella stessa nota, se gli serviva per tun accordo: poteva usarla tranquilla- mente, Il problema era quindi quello di trovare sempre i rivolti giusti, che spesso erano anche quelli meno co- modi Dey'essere stato un lavoro mostruo- so, perché per ogni brano avete do- ‘vuto decidere quali fossero i rivolt piit convenienti per ciascun specifico momento dell’esecuzione. Esatto. Si, @ stato un lavoro mo- struoso. (ride) Quanto tempo c’é voluto? Mah, in pratica abbiamo cominciato ad aprile pasando venticinque giorni ‘a casa mia per fare il grosso del lavo- 0. Poi abbiamo fatto un concerto a Lecce, che doveva essere unico; dopo quel concerto abbiamo deciso che ci andava di provare a proseguire per quella strada e siamo andati avant A questo punto parliamo della realiz- rarione del disco, che & Aspetta, & necessario dire prima altre cose. Eravamo rimasti al fatto che qualunque fosse lo strumento suona- to da Claudio, questo diventava una master keyboard, Il segnale, attraver- so il MIDI, faceva suonare tutte le tastiere che, chiaramente, subivano prima dell’inizio del brano 'imposta- zione del patch ¢ cioé I'assegnazione di quali suoni dovessero stare su qua- le ottava della tastiera, il modo di splittarli e via dicendo. Quando ab- biamo cominciato a pensare di fare tun disco io mi sono chiesto: « Come faccio a mettere sedici tastiere, la maggior parte delle quali stereo, su ventiquattro piste? ». Senza contare che c’era anche la voce, alcune per- \e ... Era cussioni, le chitarre acusti tuna cosa impossibile. A quel punto 4 mi sono fatto un‘altra domanda: «Perch devo registrare su nastro le sedici tastiere? ». E in effetti non c’e- +a nessun obbligo di farlo, perché po- tevo registrare su computer, attraver- so il MIDI, Vintera esecuzione stru- mentale di Claudio. I mio computer, il QX-1, ha una de- finizione altissima: divide un quarto in 385 parti; ha un controllo di livello da 0 a 250 e cosi via ... Se registri su floppy Vesecuzione ¢ poi la riascolti ti rendi conto che a tutti gli effetti @ tun vero e proprio registratore, tanto che lo chiamerei registratore MIDI, piit che sequencer. In pratica mi regi stra nel computer quale nota é stata suonata, con quale tocco € quanto durata. Allora registro esecuzione su floppy € poi faccio comandare dallo stesso floppy le stesse tastiere: in questo modo ho una perfetta e completa riproduzione dell’esecuzio- ne. B chiaro che non mi conveniva pill usare un normale registratore per le tastiere. In pratica, quindi, abbia- ‘mo registrato sul ventiquattro piste il pubblico, la voce di Claudio, un mix di tastiere per poter poi controllare la perfetta sincronia del tutto, una linea i frequenza per sincronizzare il ven: tiquattro piste col computer e basta Sera per sera, poi, registravamo sul computer 'esecuzione strumentale. Sera per sera, quindi con le identiche Possibilith di scelta dell’esecuzione migliore che avreste avuto con un normale registratore. Esatto. Su ogni floppy disk c’entrava un’intera serata. Teniamo presente che avevo registrato le serate anche in un altro modo: con il V 8 della Sony IV 8 é un videoregistratore che pud anche essere usato come un registra- tore audio digital. economico, perché costa circa due milioni e duecentomila lire; puo regi- strare digitalmente su sei tracce ste- reo (senza la possibilita di registrare singolarmente un solo canale dei due che compongono il suono stereofoni co) e si registra solo una traccia ste- E relativamente reo alla volta. Con una cassetta da novanta minuti puoi registrare anche tre ore di musica, perché anche a mezza velocita non hai alcun deca mento del segnale visto che il cam- pionamento é fatto sempre alla stessa frequenza; il tutto vuol dire che su una stessa cassetta, visto che hai sei piste stereo a disposizione, puoi regi- strare fino a diciotto ore di musica digitale. Se pensi che una cassetta co- sta ventisei 0 ventisettemila lire Un’ora di registrazione digitale ti co- sta 1500 lire Tutto questo poi @ venuto utile per il disco perché non abbiamo sempre avuto a disposizione il ventiquattro piste, l'abbiamo avuto per dodici concerti, mentre con il V 8 abbiamo registrato tutte le serate. Il segnale re- agistrato dal V 8 era quello che prove- niva dal mixer, e quindi registravamo tutto gia in stereo digitale con risulta ali che cinque o sei brani del disco vengono proprio dalle registrazioni fatte con il V 8, perché abbiamo no- tato che in quei casi l'esecuzione era magica, c’era qualcosa che ci affasci- nava in particolar modo, cosi, anche se qualche errore c’era, abbiamo pre- ferito usare per il disco quelle esecu- Ritornando al punto, ascoltando le registrazioni delle serate fatte con il V 8 sceglievamo i brani che ci sem- bravano migliori per il disco. Fatta questa scelta prendevamo il venti- quattro piste della serata, il floppy di quella serata, si risineronizzavano at- traverso la frequenza di sincronizza- zione € il gioco era fatto. In studio & andata cosi: ho portato le tastiere, le ho ricollegate tutte come nello spet- tacolo, il computer mi riproduceva esattamente lesecuzione di Claudio, il ventiquattro piste mi dava la voce, il pubblico e il mix di tastiere, che mi serviva solo per controllo, per capire se la linea di sincrono era sempre per- fetta Quindi i timitavi ad ascoltarlo in cuffia era solo un controllo che faceva- ‘mo all’inizio per vedere se l’aggancio era perfetto o se c’erano disturbi di registrazione sulla linea di sincroniz- zazione Quel ottenere un effetto ambiente. Si, esatto, Infatti abbiamo avuto dei problemi con il ventiquattro piste perché lo usavamo ad alta velocité ¢ magari una parte dell’esecuzione era finita sulla coda del nastro ed era inutilizzabile. Per noi non costituiva tun problema perché prendevamo la parte dal computer. Il problema na seeva solo con le parti cantate. In studio, quindi, le tastiere le mandavo direttamente sul 1630 Sony, sul ma- ster digitale, senza neanche registrar le sul ventiquattro piste; per cui si ud tranguillamente dire che & un di- sco a meta tra il digitale ¢ I’analo- eee orien Vint aren tan DDD, a parte la voce di Claudio e il pubblico, che sono le uniche due cose registrate in analogico, fatta eecezio- ne per i brani ripresi dal V 8. Anche il pad percussivo che Clauc aveva sul petto durante lo spettacolo era comandato nello stesso modo? E sucesso con «Ninna Nanna», do- jx potevate usarlo anche per ve avevamo bisogno di un altro gene- re di percussioni, ¢ non c’era altro ‘modo per ottenerle. Si, era comanda- to nello stesso modo. Era un po’ co- ‘me fare del solfeggio, per lui, ¢ ha funzionato bene, In « Ninna Nanna » serviva una specie di colpo di canno- ne, ¢ quello era, tutto sommato, il si- stema pit! semplice per ottenerlo, Ne risulta un uso molto umano del- Velettronica. Certo. 11 punto focale di tutta la sto- ria era proprio questo: Claudio dove- va avere il massimo di liberta nell’e secuzione, doveva essere lui a con- trollare tutto, Ora cosa pud fare Claudio? Questo mi sembra un punto di non (ride) Infatti. Indietro non ei pud ri- tornare. Non pud farlo né credo che voglia, perché & molto affezionato al 6 risultato musicale del tutto. Al fatto Gi aver studiato tanto: ora suona in maniera totalmente diversa e miglio- re di prima. Quando Celso Valli ha ascoltato le registrazioni ha notato subito che esiste una simbiosi perfet- ta tra la voce € lo strumento, cosa che sarebbe molto difficile ottenere ricorrendo ad un altro musicista. Al tempo stesso queste soluzioni gli han- no permesso di non presentarsi come il «solite » cantautore con chitarra voce, che pud anche essere noioso, dopo due ore che lo ascolti. Ha sco- perto un altro mondo musicale, un modo diverso di arrangiare, di suo- are, Vedi, c'é anche un’altra cosa. To credo - ¢ I’ho spiegato a Claudio prima ancora di iniziare - che uno strumentista non potrebbe usare bene questo sistema, perché inevitabilmen- te cadrebbe nella tentazione di usarlo per fare dei giochi di prestigio, cose sbalorditive, ma inutili. & il eomposi- tore quello che pud davvero avvan- taggiarsi da questo sistema, perché & lui che ha l'idea della composizione in testa e si limitera ad usare il siste- ‘ma solo per dare corpo al sogno mu- sicale, Uno strumentista perderebbe Ia testa, in tanta abbondanza, ¢ poi comincerebbe subito a chiedermi it suono di quello 0 quell’altro stru- mento, il che & sbagliato. Claudio non aveva questo vizio men- tale tipico degli strumentisti: quando ali proponevo un suono si limitava a dirmi se gli piaceva 0 no, se poteva utilizzarlo e in che modo. Non mi ha mai chiesto i fiati o altri riferimenti su strumenti reali, come invece - Io so per esperienza - accade regolarmente con gli strumentisti. Credo che que- sto sia una chiave di lettura molto importante, e anche per questo non penso che Claudio possa tornare in- dietro. Tieni anche presente che lui ha studiato, ha suonato sette, otto ore al giorno, per sei mesi; era questo il ritmo. Questo gli ha consentito di fare progressi incredibili, che in gran parte, perd, erano finalizzati a suo- nare con questo sistema; é difficile buttar via questo bagaglio prezioso, tun’esperienza che @ stata grande da ogni punto di vista. Un’ultima domanda. E possibile che sia tutto cosi bello? Qual prezzi da pagare? La paura che un floppy si rovini 0 che una macchina impazzisea? Sono cose accadute davvero, dal mo- mento che stavamo al limite della sperimentazione. Tanto per dirtene una: normalmente si consiglia di non usare cavi MIDI lunghi pit) di otto metri, quando noi in aleuni casi sta- vamo sui dieci metri. Abbiamo avuto problemi anche con il « fumo » sceni co, che sporeava i floppy disk, ma... Avevamo due di tutto, © quasi, e al Voccorrenza, in una decina di secon- di, potevamo cambiare tutto. Anche le Squier erano due, senza contare che avevamo di riserva anche una chitarra synth Roland. Com’é nata Vides di questo libro? i affascinava lipotesi di avere per la prima volta uno spartito che tra- scrivesse fedelmente le esecuzioni live di Claudio; un libro davvero « speri mentale», sia per il contenuto che per il sistema con cui é stato realizza- to (computer Macintosh e stampante laser). Per esigenze di spazio, abbia- mo dovuto ritornellare le strofe an- cche se spesso le parti di accompagna- mento erano differenti («Strada fa- cendo », ad esempio), ma credo che lo spirito non sia stato intaccato, Come mai in alcuni casi non avete «adattato » le melodie al testo? E stata una scelta concordata con Walter ¢ Claudio, avanzata di lavorazione ¢ trascrizione delle partiture, per non vincolare le esecuzioni alla rigida struttura sillabi- ca delle parole. Abbiamo quindi scritto delle melodie pit! suonabili che in fase ormai cantabili, pensando che chi desidera cantare i vari brani pud farlo seguen- do come riferimento il testo, diven- tando cosi a sua volta interprete.

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