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232 Qualche frammento ne si fornia allenigma della prefazione: «nel canto, Paltezea del ea mancenuta fsa ‘mentre nello Sprechgesang si lascia Paltezza con caclta o una salita»? Eppure mette in guardia Vesecutore sia contt0 Xo di parlare «cantando» sa conto un perlarereaistco onatral,, a; qhmisteo di questa prefzione ssiede forse in un erore a col di Schoenberg relativo ai rapport fea la voce palate la voce canta Pe un cst person, a fesiura cantata & pi estesa c acuta dll ‘ee et 7 , 'a volta piti ristretta e tendente verso il grave; d’s a pat, parc individ con fests cantata nol se = ressitura Piuttosto diversa — etl donne. Questo problema di tessitura per® non viene pratca nat post aire: ¢ Vopera 8 ad un tempo troppo acuta e troppo La voce parlata infine non on timane sul suo Brctend Schoenbers: a voce Parlaa aban >revita dell’emissione; se si vuole, la voce puramente parlata & ei. gran on Honan lo breed ge Pimps le del suono parlato propriamente detto su una dutata lunpa, (O al ator debboo fener sono, pe exp, poem insemeeal nanza dell’organo vocale e sul canto nella tesei eli com sorta delfongano veal > nella tessitura che gli & comune seni parlte) Per non consderare il bisbiglio, «:umoze bianco» senga Non facciamo che fornite uno schi ‘ ino schizzo delle numerose di {ncontano sul cammino mal dfnito che separa porare de ol Pebgenbers ha avuto i grande metto di afrontare questa al fondamentle, ma Panis da ui fata del fenomene voce con eal trun ce esa hs dimentcto di tisolvere, ci lasciano di fronte a . ili... juest tivo, come: ris ne, il teatro dell Estzemo Oriente ci fornisce ia loeeamere a $0 poiché ha recato delle soluzioni insieme silistiche recncbe 1 ‘uropa, timangono ancora da trovate. Se a no, infatti, ma non come lona il suono a causa della Schoenberg é morto Prendere posizione quanto a Schoenberg? ‘ertamente una necessita delle piti urgenti ma nondimeno un pro- hilema fuggevole che respinge la sagacia; forse & una ricerca senza esito woddisfacente. ‘Sarebbe vano negatlo: il «caso» Schoenberg & prima di tutto irri- tnnve, perché comporta delle flagranti incompatibilita Patadossalmente lesperienza essenziale costituita dalla sua opera & Jprematura nel senso stesso in cul manca di ambizione. Si potrebbe volen- {ict capovolgere questa proposizione e dire che si manifesta 'ambizione pill esigente [a dove compaiono gli indizi pid superati. Si sazebbe porta Wveredere che in questa ambiguita maggiore risieda un malinteso pieno ‘i Uisagio alPorigine delle reticenze pit o meno coscienti, pits o meno Violente, provate di fronte a ur’opera della quale, nonostante tutto, si coglie la necessita ae ‘Con Schoenbergrassistiamo a uno dei piti importanti sconvolgimenti nai subiti dal linguaggio musicale. IT materiale propriamente detto, cer- to. non cambia: i dodici semitoni; ma la struttura che organizea questo Inateriale viene messa in causa: dall’organizzazione tonale passiamo al- Vorganizzazione seriale. Come & venuta alla luce questa nozione di serie? In quale momento dellopera di Schoenberg si colloca? Di quali dedu: Jlontt il risultato? Seguendo questa genesi, pare che si sara molto vicini ‘vivelare certe divergenze irreducibili. Diciamo prima di tutto che le scoperte di Schoenberg sono essenzial- snente morfologiche. Questa progressione evolutiva parte dal vocabola- tio postwagneriano per arrivare a una « sospensione » del linguagaio 1 hale, Anche se in Verklarte Nacht, nel primo Quartetto, opus 7, nell Sinfonia da camera, si possono vedere indicate delle tendenze nettss tne, soltanto con cette pagine dello Scherzo ¢ del Finale del Quartetto, Opus 10, si assiste a.un reale tentativo di decollo. Tutte le opere appena Ultnte sono dunque, in un certo senso, delle preparazioni; ogai possiamo Jiermetterci di guardarle soprattutto'sotto l'aspetto documentario, 234 Qualche frammento La sospensione del sistema tonale si produce con efficacia nei Tre pezzi per pianoforte che costituiscono opus 11. Poi le ricerche assumo- ‘no un’acultezza sempre pid penetrante e giungono allo strepitoso Pierrot lunaire. Osserviamo nella scrittura di queste partivure tre fenomeni sor- prendenti: il principio della variazione costantemente efficace, vale a rela non-tipetizione; la preponderanza degli intervalli « anarchici » —che presentano relativamente al mondo tonale la tensione maggiore ~ ¢ l’e- liminazione progressiva del mondo tonale per eccellenza: V'ottava; scru- polo manifesto di costruire contrappuntisticamente. Vie gia divergenza — se non contraddizione — in queste tre caratte- ristiche. II principio di variazione si adatta male, in effetti, a una scrit- tura contrappuntistica rigorosa, per non dire scolastica. Nei canoni esat- ti, in particolare, dove il conseguente riproduce testualmente l’antece- dente — le figure sonore come le igure ritmiche —, si osserva una grande contraddizione interna, Se d’altra parte questi canoni si producono al- Vottava, si concepisce Vestremo antagonismo di una successione di ele- menti orizzontali retti da un principio di astensione tonale, mentre il controllo verticale mette in rilievo Ia piti forte componente tonale. Si delinea nondimeno una disciplina che sara feconda nelle sue con- seguenze; prendiamo particolarmente in considerazione la possibilita, ancora tutta embrionale, del passaggio di una suecessione di intervali dalVorizzontale al verticale ¢ reciprocamente; nella separazione delle no- te date di una cellula tematica dalla figura ritmica che V’ha generata, que- sta cellula diviene cosf una successione di intervalli assoluti (se si impiega questo termine nella sua accezione matematica). Torniamo allimpicgo degli intervalli da noi chiamati « anarchici Ritroviamo spessissimo nelle opere di questo periodo delle quarte segui- teda quinte diminuite, delle terze maggiori prolungate da seste maggiori € lutte le inversioni o inteipolazioni che si possono far subire a queste due figure. Osserviamo la preponderanza di intervalli ~ se lo svolgimen- t0 2 orizzontale ~ o di accordi - se si coagula verticalmente ~ che sono {meno riducibili alla classica armonia di terze sovrapposte. D’altra parte notiamo la grande abbondanza di dispositivi disgiunti dai quali risulta un estendersi del registro, e cos{ un’importanza data all’altezza assoluta di un suono, che fino ad allora non era stata quasi mai supposta, Tale impiego del materiale sonoro ha suscitato un certo numero di spiegazioni estetizzanti di cui qualcuno si & servito come requisitoria 0 nella migliore delle ipotesi come arringa benevola escludente per’ qual siasi idea di generalizzazione. Schoenberg stesso si confid’ a questo pro- posito in un modo che autorizza a parlare di espressionismo: «Nelle mie prime opere del nuovo stile, sono state soprattutio delle fortissime Schoenberg & morto 235 licenze espressive a guidarmi in particolare e in generale nell'elaborazio- ne formale, ma anche, e non in ultimo luogo, un senso della forma e della logica eteditato dalla tradizione e bene educato dall'applicazione e dalla coscienza >. ‘Questa citazione ci dispensa da quilsiasi inutile chiosa e non si pud che acconsentire a questa traiettoria prima, dove il modo di pensare mu- sicale manifesta una interdipendenza di equilibrio rispetto alle ricerche considerate soltanto sotto 'aspetto formale. Insomma, estetica, poetica ¢ tecnica sono in fase — se ci si permette di nuovo un paragone matema- tico —, qualunque sia limperfezione che si possa nascondere in ciascuno di questi campi, (Ci asteniamo deliberatamente da ogni considerazione sul valore inttinseco dell’espressionismo postwagnetiano). Pare dunque che nella successione delle sue creazioni a partire dalla Serenata, opus 24, Schoenberg si trovi superato dalla sua stessa scopet~ ta, la no man’s land pud di rigore venire situata nei Cinque pezzi per pianoforte dell opus 23 Punto limite dell’equilibrio, quest’opus 23 2 il manifesto di inaugu- razione della scrittura seriale alla quale ci inizia il quinto pezzo — un Val- zer: a chiungue & permesso meditare su questo incontro molto « espres- sionista » della prima composizione dodecafonica con un prodotto-tipo del romanticismo tedesco (« Sy préparer par les immobilités sérieuses », avrebbe potuto dire Satie). Eccoci dunque in presenza di una nuova organizzazione del mondo sonoro, Organizzazione ancora rudimentale che si codifichera soprattut= toa partite dalla Suite per pianoforte, opus 25, del Ouintetto per fiat, opus 26, per arrivare a una schematizzazione cosciente nelle Variazioni per orchestra, opus 31. Possiamo amaramente rimproverare a Schoenberg questa esplora- vione del campo dodecafonico, poiché & stata condotta con tale persi- stenza nel senso contratio che diffcilmente si incontra, nella storia della musica, un’ottica altrettanto erronea. ‘Non affermiamo questo gratuitamente. Perché? Non dimentichiamo che 'instaurazionedella serie proviene, in Schoen: berg, da una ultratematizzazione dove, come abbiamo detto prima, gli intervalli del tema possono venir considerati come intervalli assoluti, sciolti da qualsiasi obbligo ritmico o espressivo. (Il terzo pezzo dell’opus 23, sviluppandosi su una successione di cinque note & particolarmente significativo al riguardo), a Siamo obbligatia riconoscere che questa ultratematizzazione rimane 236 Qualche frammento soggiacente nell'idea di serie, ne & soltanto il risultato depurato, Del teu la confusione, nelle opere scriali di Schoenberg, fra il tema e la Serie 2 prova sufficientemente esplicita della sua impotenza a intrave- dere l'universo sonoro implicato dalla serie, La dodecafonia non consi- Ste allora che in una legge rigorosa per controllare la scrittura cromatica; ee Sleanto il compite di uno strumento regolatore, il fenomeno-serale &, per cosf dire, passat fato-in- Schoenberg. ‘Qual era dunque, prima di tutto, la sua ambizione, una volta stabili- tala sintesi cromatica pet mezzo della serie — in altri termini, una volta adottato questo coelficiente di sicurezza? Erigere delle opere con la me- desima essenza di quelle dell'universo sonoro appena abbandonato, dove Ja teenica nuova di scrittura « avrebbe fatto le sue prove ». Ma poteva, questa tecnica nuova, dare dei risultati probanti, se non si occupava di Avereare il campo specificamente seriale delle strutture? E, intendiamo proprio la parola structura a partire dalla generazione degli clementi EGmponenti fino all'architettura globale di un'opera. Tutto sommato, tina logica di ingeneramento tra le forme seriali propriamente dette € Ie strutture derivate 2 rimasta assente, in generale, dalle preoccupazioni di Schoenberg. "Ecco cid che crea, pare, Ia caducita della maggior parte della sua ope- 1a seriale. Poiché le forme preclassiche o classiche che reggono la mag- siot parte delle sue architetture non sono, storicamente, per nulla legate Silla scopesta dodecafonica, si produce uno iato inammissibile tra infra- Struttare legate al fenomeno tonale e un linguaggio di cui si scorgono ancora sommariamente le leggi di organizzazione. Non soltanto il pro- getto che si proponeva fallisce: vale a dire che tale linguaggio non viene ensolidato da queste architetture; ma si osserva proprio il contratio: Gueste architetture annullano le possibilita di organizzazione incluse in Mesto nuovo linguagyiv. Duc mondi sono incompatibili: e si # tentato i giustficarli Puno con T'altro. ‘Non si potrebbe certo considerare questo procedimento valido; per di pii ha dato i risultati che si potevano prevedere: il peggiore dei ma- Tintesi. Un «classieismo romantico» sbilenco, dove la buona volont& non ® quel che meno ripugna. Non si faceva certo molto credito all’or- fanizzazione seriale comprimendo i suoi propti modi di sviluppo pet so- Stituirgliene altri apparentemente pid sicuri. Atteggiamento teazionatio che lasciava la porta aperta a tutte le sopravvivenze piti o meno vergo- gnose. Non potremo fare a meno di ritrovarle. La persistenza, per esempio, della melodia accompagnata; di un con- trappunto basato su una parte principale e delle parti secondarie (Haupt- itimme e Nebenstimme). Eccoci in presenza di una delle eredita meno Schoenberg # morto 237 {elici dovuta alle sclerosi diffcilmente sostenibili di un certo linguaggio bastardo adottato dal romanticismo. Non soltanto in queste concezioni superate ma anche nella scrittura stessa, percepiamo le reminiscenze di tit mondo abolito. Dalla penna di Schoenberg abbondano, in effetti, hon senza provocare l'ittitazione —, i clichés di scrittura temibilmente stereotipi, rappresentativi, anche qui, del romanticismo pid ostentato € pid desueto. Intendiamo parlare di quelle costanti anticipazioni con ap- poggio espressivo sulla nota reale; vogliamo segnalare quelle false ap- poggiature; e ancora, quelle formule di arpeggi, di batterie, di ripetizio- prethe suonano terribilmente vuote e sono del tutto degne della loro (jualifica di « parti secondarie », Segnaliamo infine I'impiego lugubre & uggioso di una ritmica derisoriamente povera, brutta, dove certe astuzie Ur variazione nei tiguardi della ritmica classica sconcertano per la loro bonomia e inefficacia. T allora come potremmo legarci senza smarrimento a un'opera che manifesta delle contraddizioni simili, dei tali non-sensi? Se almeny Ii ‘nanifestasse all’interno di una tecnica rigorosa, unica salvaguardia! Ma {he cosa pensare del periodo americano di Schoenberg dove compaiono {I pid grande smarrimento e a pit deplotevole smagnetizzazione? Come potremo giudicate, se non come un indice suppletivo ~ ¢ superfluo = esta mancanza di comprensione e di coesione, questa rivalutazione di fAnzioni polatizzanti e persino di funzioni tonali? Il rigore nella strut- tura viene allora abbandonato. Vediamo risorgere gli interval di otta- va, le false cadenze, i canoni esatti all’ottava. Un atteggiamento simile raggiunge una incoerenza massima che del resto 2 soltanto il parossismo, fino all'assurdo, delle incompatibilita di Schoenberg. Si sarebbe dunque ‘usivati a una nuova metodologia del linguaggio musicale soltanto per ercare di ricomporre Pantica? Una deviazione cosi mostruosa e incom prensbe lscia perplessi: nel «caso» Schoenberg vi & una « catastro- re» sconcertante, che restera senza dubbio csemplare. ‘Poteva essere altrimenti? Sarebbe ingenuo arrogante rispondere ora negativamente. Nondimeno & possibile discernere perché la musi sj pia- no titmico e persino il piano sonoro propriamente-detto: Je ‘intensita € tli attacehi. Ma non: sarebbe ridicolo rimproverarglielo? Rileviamo in- vvece una préoccupazione notevolissima nei timbri, con la Klangfarben- nelodie che, per generalizzazione, pud condurre alla serie di timbri. Ma Ta causa essenziale del fallimento tisiede nella disconoscenza profonda delle runzi0nr seriali propriamente dette, generate dal principio stesso della serie ~ se non si indovinano a uno stato piti embrionale che effi- 238 Qualche frammento cace. Vogliamo cos dire che la serie interviene in Schoenberg come un comune denor uatore Wiferione per garantire ‘Tunita semantica dell’ope- ra; mentre gli elementi del linguaggio.cos{ ottenuti vengono organizzati da una retorica preesistente, non seriale, Pensiamo di poter affermare che proprio qui si manifesta NEvIDENZA provocante di-ur’opera senza unit’ intrinseca, ‘Questa inevidenza del campo seriale in Schoenberg ha suscitato a sufficienza disamori o fughe prudenti e per questo, non & necessaria al- cuna messa a punto. Non pretendiamo di dar prova di un ilare demonismo ma manifestare invece il buon senso piti banale dichiarando che,(dopo la scoperta dei Viennesi, qualsiasi compositore 8 inutile al di fuort delle ricerche seriali{ Non ci si potri certo rispondere in nome di una pretesa liberta (il ché per altro non vuol dite che qualsiasi compositore sia utile nel caso con- trario) poiché questa libert4 ha uno strano spettro di setvitd supersti- te. Sel fallimento Schoenberg esiste, non sara eludendolo che si potra intraprendere la ricerca di una soluzione valida al problema posto dal- epifania di un linguaggio contemporaneo. Sidourebbe forse dissociare dapprima il fenomeno seriale dall’opera di Schoenberg. Si sono confust Puno e Pltro-con-visibile piacere, con una malafede spesso poco dissimulata, Si dimentica facilmente che c& stato anche un certo Webern; vero che non se ne @ ancora sentito par- are molto (le cortine di mediocrita sono cosi spesse!) Ci si potrebbe for. se dire che la serie ¢ una conseguenza logicamente storica — 0 storicamen- te logica, come si vuole. Si potrebbe forse cercare, cosf come quel certo ‘Webern, I’zvipenza sonora tentando un ingeneramendo della struttura a partire dal materiale. Si potrebbe forse estendere il campo seriale ad altri intervalli diversi dal semitono: microdistanze, intetvalliirregolari, suoni complessi. Si putrebbe forse generalizzare iI principio della serie alle quattro componenti sonore: altezza, durata, intensitd e attacco, tim. bro. Forse... Forse... si potrebbe pretendere da tin compositore un po’ di immaginazione, una certa dose di ascetismo, anche un po’ di intelligen- za, una sensibilita, infine, che non sprofondi alla minima corrente d’aria. Guardiamoci bene dal considerate Schoenberg come una specie di Most che muote dinanzi alla Terra Promessa, dopo aver riportato le Ta- vole della Legge da un Sinai che certuni vortebbero ostinatamente con- fondere con il Walhalla. (Nel frattempo la danza per il Vitello d’Oro raggiunge il suo culmine). Gli siamo verosimilmente debitori di Pierrot lunaire...; ¢ di alcune altre opere molto pi che invidiabili. Piaccia 0 no alla mediocrita circostante che, molto speciosamente, vorrebbe limitarne i danni all’« Europa centrale», Schoenberg ? morto 239 venta tuttavia indispensabile abolire un malinteso pieno di ambi- is ee cotaddsone; tempo che alien eng etl Non un’impostura gratuita né una fatuita melliflua prendono parte a {questa mesta a punto, ma un rigore esente da debolezza 0 da compro- messi. Non esiteremo percid a scrivere, senza alcuna volonta di stupido Scandalo, ma anche senza ipocrisia pudica e senza inutile melanconia: SCHOENBERG % MORTO,

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