Capitolo 4
Contagio e malattia
non sono sinonimi
“{...] I germi che causano le malattie
infettive possono appartenere a diverse ca-
tegorie e principalmente a virus, batteri
o funghi. [...] Per contrarre una malattia
infettiva, l’individuo deve essere esposto al
germe e trovarsi in uno stato di suscettibi-
lita, cioé quando non ha difese (naturali o
acquisite) contro lo specifico agente infet-
tivo. Per prevenire una malattia infettiva,
si puo agire sul contatto o sulla suscetti-
bilita: la rimozione di una delle due cause
rende Valtra incapace di provocare la ma-
lattia. [...]”451
Queste parole, tratte da EpiCentro Il
portale dell’epidemiologia per la sanita
pubblica, sono chiarissime: entrare in
contatto con un virus, un batterio o un
altro patogeno non vuol dire automati-
camente ammalarsi; occorre che il con-
tagiato sia anche in uno stato di suscet-
Pagina 17 i179 5%tibilita, cioé che non abbia difese contro
Yaggressore diturno.
Per prevenire una malattia infettiva
possiamo quindi agire riducendo sia la
possibilita di contatto con l’agente pato-
geno, sia la suscettibilita ad esso.
Ridurre la possibilita di contatto é
quanto ad esempio abbiamo messo in
pratica per il Covid-19 rispettando il di-
stanziamento fisico, le norme igieniche e
utilizzando i dispositivi di protezione in-
dividuale.
Siamo peraltro tutti d’accordo sull’uti-
lita di queste misure: un nemico po-
tenzialmente letale é sempre meglio non
incontrarlo. Sappiamo pure tutti, perd,
che se dovessimo incontrarlo la migliore
garanzia di uscirne bene risiederebbe nel
risultare non suscettibili al virus.
Si pud indurre uno stato di non suscet-
tibilita?
Con un vaccino efficace si, possiamo
riuscirci in buona parte della popola-
zione, ma c’é anche qualcos’altro che pos-
siamo fare utilmente su questo fronte.
Pagina 17 i179 6%I soggetti contagiati dal Covid-19 ma
non suscettibili, quelli cioé che in questi
giorni di pandemia abbiamo imparato a
conoscere come “positivi asintomatici”,
se da un lato costituiscono un problema
sanitario perché possibile fonte di tra-
smissione del virus, dall’altro sono l’ul-
teriore prova, qualora ce ne fosse stato
bisogno, che contagio non significa obbli-
gatoriamente malattia.
Cos'é che rende asintomatico un con-
tagiato? Senza dubbio lefficienza delle
difese di cui questi dispone; difese
che, nel momento del contatto con un
agente patogeno sconosciuto e nei giorni
immediatamente successivi, sono neces-
sariamente quelle immediate e aspecifi-
che dell’immunita innata, perché le di-
fese dell’immunita acquisita, specifiche e
provviste di memoria, vengono appron-
tate soltanto successivamente (nel Co-
vid-19, ad esempio, uno studio recente
ha dimostrato che la risposta anticorpale
sisviluppa entro 17-19 giorni).
Pagina 18 i 179 6%Ora, l’efficienza dell’immunita innata,
ma anche di quella acquisita, non
sono caratteristiche indipendenti, preco-
stituite e invariabili; variano col variare
di molti parametri dell’individuo inclusi
quelli nutrizionali. Siamo a conoscenza,
ad esempio, del ruolo fondamentale eser-
citato nei processi immunitari da alcuni
nutrienti essenziali (ad esempio le vita-
mine A, C, D) e dei problemi infettivi
che la loro carenza, anche sub-clinica,
pud comportare. Carenze di questo ge-
nere non sono infrequenti, specie tra gli
anziani fragili; dovremmo correggerle, se
non vogliamo lasciare chi ne soffre in una
situazione di handicap potenziale contro
qualsiasi patogeno, SARS-CoV-2 incluso.
E questo, quindi, un possibile livello di
intervento per ridurre la suscettibilita a
contrarre le malattie infettive. Un altro
possibile livello di intervento é rappre-
sentato dall’utilizzo di sostanze chiave
dell’immunita innata: lisozima e lattofer-
rina in primis.
Pagina 18 i 179 %Presenti fisiologicamente nelle secre-
zioni delle mucose (saliva, lacrime, muco
eccetera), queste sostanze hanno una ri-
conosciuta attivita antivirale, oltre che
antibatterica, e la loro concentrazione
si riduce progressivamente col passare
degli anni.
Per contrastare i processi che dal con-
tagio conducono alla malattia, quindi, ci
sono vie che possono essere perseguite,
vie che a mio avviso bisognerebbe tenere
in considerazione.
Eppure, in giornie giorni di notizie e in-
formazioni continue sul Covid-19 non ho
sentito una parola su strategie terapeuti-
che preventive di questo tipo. Anzi, relati-
vamente all’uso della vitamina C a scopo
protettivo, ad esempio, ho letto che non ci
sono evidenze che questa sostanza abbia
un’azione sul virus. Non ne ha, é vero, ma
non mi sembra questo il punto, tenuto
conto che la vitamina C non ha capacita
virucide intrinseche.
Pagina 19 i 179 %In oltre 37 anni di professione medica
sono stato testimone di pazienti cui que-
sta sostanza ha cambiato la storia cli-
nica: soggetti che prima di assumerla si
ammalavano frequentemente di patolo-
gie virali o batteriche, dopo averne ini-
ziato l’assunzione hanno smesso di farlo.
Quando esercita la sua azione preventiva
contro problematiche di tipo infettivo la
vitamina C non lo fa direttamente ma
per via mediata, grazie ai suoi molteplici
effetti favorevoli sul sistema immunita-
rio.
Altrettanto vale per le vitamine A e D.
Penso che il motivo del disinteresse
prima descritto origini dal ritenere che la
prevenzione della suscettibilita ai pato-
geni si risolva unicamente nella ricerca,
pur fondamentale, dei relativi vaccini.
Mai vaccini, lo sappiamo tutti, funzio-
nano tramite la risposta immunitaria che
sono in grado di innescare. Cid ha una
conseguenza ineludibile: la risposta im-
munitaria da cui dipende l’utilita della
Pagina 19 i 179 %vaccinazione dipende, a sua volta, dallo
stato del sistema che la genera.
Un vaccino é un po’ come un libretto
di istruzioni: se chi deve eseguire l’opera
non ha gli attrezzi o i materiali giusti, il
lavoro non risultera conforme alle attese.
E noto, d’altra parte, che nell’eta avan-
zata il complesso dei cambiamenti cui
va incontro il sistema immunitario (im-
munosenescenza) rende i vaccini meno
efficaci; anche la disponibilita di alcune
vitamine sembra influenzare l’immuno-
genicita e l’efficacia delle vaccinazioni.
Emerge, cosi, che la ricerca del poten-
ziamento del nostro sistema difensivo
dovrebbe essere un obiettivo prioritario,
quando si parla di prevenire le malattie
infettive attraverso la riduzione della su-
scettibilita al contatto.
Una strategia preventiva che riduca
la suscettibilita ai patogeni puntando
a migliorare in maniera generale l’effi-
cienza immunitaria non presenta alcuna
incompatibilita: pud affiancare le misure
volte a contenere l’esposizione al con-
Pagina 20 i179 a%tatto, pud almeno in parte supplire al
vaccino, quando non c’é, o pud incremen-
tarne l’efficacia, se invece é disponibile.
Pagina 20 i179 a%Capitolo 5
La mia esperienza
con il Lisozima
Pur esercitando la professione dal
1983, non conoscevo e non ho mai pre-
scritto il Lisozima fino al 1993, anno in
cui ho iniziato a frequentare lo studio del
Professor Di Bella che, invece, lo impie-
gava gia da molto tempo (credo abbia ini-
ziato a prescriverlo a partire dalla prima
immissione in commercio del farmaco in
compresse da 250 mg).
Da allora ho potuto verificarne sia la
generale utilita preventiva anti-infettiva,
sia l'utilita nel corso di diverse malattie
causate da patogeni, specie le virosi er-
petiche: herpes simplex, varicella, herpes
zoster, mononucleosi infettiva.
A giugno 2020, quando ho pubblicato
“Contravirus” e, senza pretese di esausti-
vita, ho descritto cid che a mio avviso
pud essere fatto per potenziare la risposta
difensiva antivirale dell’organismo, natu-
Pagina 21 i179 a%ralmente il lisozima figurava fra le so-
stanze utilizzabili.1
Nell’estate 2020, perd, é accaduto qual-
cosa che ha ulteriormente rafforzato il
mio convincimento riguardo alle pro-
prieta di questa sostanza e al suo ruolo
terapeutico.
A meta agosto, dopo una nuotata, co-
minciai ad avvertire un bruciore sulla
schiena. Pensai che fosse la conseguenza
del contatto con una medusa, ma il
giorno successivo, essendo nel frattempo
aumentata la sintomatologia, osservai
che sull’area sede del disturbo erano com-
parse le vescicole tipiche dell’herpes zo-
ster.
Per questa patologia, fino ad allora,
avevo utilizzato il lisozima a una dose
giornaliera non superiore a 2,5 grammi
associandolo ad altri antivirali; nel mio
caso ne triplicai la dose e lo assunsi da
solo.
Quarantotto ore pit tardi non avver-
tivo pit il bruciore e le lesioni erano ap-
pena visibili; la completa risoluzione del
Pagina 21 i179 a%quadro clinico si perfeziond nel giorno
successivo.
Qualche tempo dopo, a fine settembre,
venne in studio Moreno M., un paziente
di cinquantaquattro anni; aveva uno zo-
ster a localizzazione addominale. Gli rac-
contai della mia esperienza; lui decise di
fare la stessa terapia che avevo fatto io.
Gliela prescrissi a un dosaggio giorna-
liero di 4 grammi: dopo tre giorni le le-
sioni erano sparite (vedi testimonianze).
Capitd successivamente che un mio
assistito cinquantaduenne, Claudio R.,
in terapia immunosoppressiva, si pre-
sentasse da me per l’insorgenza di uno
zoster localizzato sulla superficie volare
dell’avambraccio sinistro. Negli anni pre-
cedenti avevo trattato sua madre, affetta
da uno zoster interessante la branca of-
talmica del trigemino, somministrandole
il lisozima oltre a un canonico antivirale;
a Claudio, tenuto conto delle esperienze
di Moreno e mia, consigliai di assumere
soltanto il lisozima ai soliti generosi do-
saggi giornalieri.
Pagina 22 di179 0%ILrisultato fu molto favorevole (vedi te-
stimonianze).
Pitt o meno nello stesso periodo pro-
posi la stessa terapia alla paziente di un
collega che fa parte della medicina di
gruppo alla quale appartengo. Era un sa-
bato in cui ero di turno; la signora era
venuta in studio per una sensazione di
peso e prurito che avvertiva sulla spalla
sinistra; ’esame obiettivo rivelé che si
trattava di uno zoster. Il lisozima fu riso-
lutivo anche in questa circostanza (vedi
testimonianze).
Nel frattempo il SARS-CoV-2 aveva ri-
preso la sua corsa; cosi anche fra i miei
pazienti cominciarono i contagi.
Gia nei mesi precedenti, a coloro che
mi chiedevano consigli in materia di
prevenzione antivirale avevo proposto il
potenziamento delle difese immunitarie
ricorrendo all’utilizzo di vitamina C, liso-
zima, lattoferrina e, qualora necessarie,
vitamine A e DJ17I Nei primi giorni di
ottobre 2020, perd, cominciarono a per-
venire dal Dipartimento di Prevenzione
Pagina 22 di179 0%le comunicazioni delle positivita ai tam-
poni molecolari per nuovo coronavirus;
con esse, purtroppo, giunsero pure le in-
fezioni sintomatiche.
Anche in forza di cid che avevo visto
riguardo all’herpes zoster, ai pazienti
Covid-19 sintomatici decisi di sommi-
nistrare il lisozima a dosaggi fra 4
e 7,5 grammi giornalieri, associandolo,
quando necessario, a farmaci preventivi
delle trombosi e ad antibiotici per la cura
di eventuali infezioni batteriche sovrap-
poste.
Devo precisare, a questo punto, che
Yimpiego terapeutico del lisozima nel
corso di una virosi, quindi anche nel Co-
vid-19, é pienamente legittimato dall’at-
tivita antivirale e dalle indicazioni tera-
peutiche riconosciute a questo enzima,
indicazioni che ne autorizzano l’uso
anche nella terapia “di processi flogistici
localizzati o sistemici”.1281
Non solo, un’ulteriore motivazione al
suo utilizzo - lo vedremo meglio nelle
prossime pagine — é rappresentata dalla
Pagina 23 di179 10%possibilita che il lisozima contrasti anche
Yiperproduzione di sostanze infiamma-
torie e la diminuzione dei linfociti tipiche
delle forme gravi di Covid-19.
Ma veniamo alla mia esperienza: nel
momento in cui scrivo (@ il 5 febbraio
2021) ho avuto 72 pazienti positivi al
SARS-CoV-2 (5 di eta inferiore ai 18 anni;
23 di eta compresa fra 18 e 39 anni; 32
fra 40 e 65 anni; 8 fra 66 e 80 anni; 4
ultraottantenni), 26 dei quali hanno svi-
luppato l’infezione in forma sintomatica
[6 nel gruppo 18-39 anni (aa), 9 in quello
40-65 aa, 7 in quello 66-80 aa e 4 fra gli
ultraottantennij.
Per 3 pazienti si @ resa necessaria
Yospedalizzazione: un uomo di 58 annie
una donna di 65 anni, che, avendo svi-
luppato una polmonite interstiziale bila-
terale, sono stati ricoverati per un breve
periodo ma non hanno avuto bisogno di
ricorrere alla ventilazione invasiva, e una
paziente di 84 anni, deceduta per distress
respiratorio.
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