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Alessandro Manzoni

I Promessi Sposi
Alessandro Manzoni: vita e opere
Nasce a Milano il 7 marzo 1785.
Il legame di Manzoni con la tradizione dell’Illuminismo lombardo sta già nella sua famiglia → è
figlio di Giulia Beccaria e nipote di Cesare Beccaria, l’illuminista autore di Dei delitti e delle pene. Il suo
vero padre è Giovanni Verri, fratello di Pietro Verri, fondatore della rivista illuminista lombarda «Il Caffè».
Il padre legittimo è comunque il conte Pietro Manzoni, che si separò da Giulia Beccaria dopo pochi
anni di matrimonio. Giulia andò a risiedere a Londra e poi a Parigi, convivendo con Carlo Imbonati.
Alessandro si avvicina a posizioni giacobine in campo politico e neoclassiche in letteratura.
Fra il 1805 e il 1810 Manzoni vive a Parigi accanto alla madre.
Frequenta gli illuministi parigini, divenendo molto amico di uno di loro, Claude Fauriel. Questi, per
quanto illuminista, è aperto alle nuove idee romantiche, e ciò favorisce in Manzoni un graduale passaggio
dall’Illuminismo al Romanticismo.
Nel 1810 avviene la conversione religiosa e si verificano in questo periodo le prime manifestazioni di
disturbi psicologici, come l’agorafobia.
Tornato a Milano, fra il 1812 e il 1815, scrive quattro Inni sacri: La Resurrezione (1812), Il nome di
Maria (1812-13), Il Natale (1813), La Passione (1814-15). Avrebbe voluto scriverne dodici, corrispondenti
alle principali festività del calendario liturgico secondo il culto cattolico. In realtà riesce poi a comporne
solo il quinto, La Pentecoste, mentre il sesto, Ognissanti, sarà reso noto dall’autore solo molti anni dopo.
Alessandro Manzoni: vita e opere
Il decennio fra il 1815 e il 1825 è per Manzoni pieno di fervore creativo: di questo periodo si ricordano
le due tragedie, Il conte di Carmagnola (scritta fra il 1816 e il 1819 e pubblicata nel 1820) e l’Adelchi
(1822); due odi, entrambe del 1821, Il cinque maggio e Marzo 1821; il trattato teologico Osservazioni
sulla morale cattolica (1819).
Fra il 1821 e il 1823 Manzoni scrive Il Fermo e Lucia, prima stesura dei Promessi Sposi.
Fra il 1825 e il 1827 esce la «ventisettana». Nel 1827 Manzoni compie un viaggio a Firenze per
imparare meglio il fiorentino e poter così lavorare con maggiore cognizione alla revisione linguistica del
romanzo.
In questi anni prende parte alla cosiddetta questione della lingua.
A partire dal 1840 compie la revisione linguistica sui Promessi Sposi e nel 1842 esce la
«quarantana».
Nel 1860, con l’unità d’Italia, Manzoni, da tempo considerato il maggiore scrittore italiano, è nominato
senatore del Regno.
Nel 1868 scrive una relazione, come presidente parlamentare della commissione sulla lingua, intitolata
Dell’unità della lingua e dei mezzi per diffonderla.
Manzoni muore a Milano il 22 maggio 1873, all’età di ottantotto anni. Il grande musicista e
compositore Giuseppe Verdi comporrà una Messa di requiem nell’anniversario della morte.
Il romanzo nell’età romantica
In Inghilterra il romanzo è già a pieno rigoglio nel Settecento, mentre in Europa diventa il genere
dominante solo nel Romanticismo; perché? Varie ragioni:
1) La dissoluzione delle regole classiciste favorisce un genere non canonizzato;
2) lo sviluppo della borghesia e l’ampliamento del pubblico richiedono forme espressive più accessibili;
3) la borghesizzazione degli autori, che in Inghilterra e in Francia non sono più di estrazione nobiliare,
ma vivono con i risultati del proprio lavoro, agevola la diffusione di una forma di scrittura narrativa,
piacevole e istruttiva a un tempo, che può incontrare il successo di un largo pubblico.
In Italia il romanzo arriva dopo a causa del ritardo economico e sociale del nostro paese. E
proprio Manzoni viene considerato il fondatore del romanzo italiano.
Esso nasce in Italia come romanzo storico, introdotto sulla base di un modello straniero, quello
dell’inglese Walter Scott. E si afferma proprio in età romantica perché questa è segnata da una
particolare attenzione per la storia e soprattutto per i momenti di nascita dello spirito nazionale di un
popolo. E poiché l’unità nazionale dei principali paesi europei affonda le proprie radici nel Medioevo, è
appunto in questa epoca che vengono ambientati molti dei romanzi e drammi storici.
In Italia Manzoni aveva scelto il Medioevo per i suoi drammi storici; ma, quando scrive un romanzo che
vuole far ricadere l’attenzione del lettore sul dominio straniero in Italia, ambienta la sua storia nel
Seicento per istituire un implicito parallelo fra il dominio spagnolo in quel secolo e quello austriaco in Italia
dopo il Congresso di Vienne (1815).
L’elaborazione del testo
Il Fermo e Lucia (1821 – 1823) : dal 24 aprile 1821 Alessandro Manzoni inizia la stesura del
romanzo nella sua residenza estiva a Brusuglio, che porta a termine il 17 settembre 1823.
L’impianto narrativo è rigido e l’azione segue in modo rettilineo un protagonista alla volta per un
lungo tratto, procedendo per blocchi compatti. Quanto alla lingua, si trova nella condizione di
inventare in Italia il linguaggio della narrativa in prosa, e ne usa pertanto uno sperimentale, in cui
forte è l’influenza di costrutti e di termini milanesi e francesi. Inoltre, il Fermo e Lucia presenta
lunghe digressioni dedicate alle vicende di alcuni personaggi, e a temi morali, letterari e storici
estranei alla trama narrativa.
Nel marzo 1824 lo scrittore comincia a lavorare a una complessiva revisione del romanzo, che
ne modifica la struttura e la lingua, abolisce le lunghe digressioni e sopprime gli episodi più
accesamente romantici o più corrispondenti al gusto del romanzo nero e gotico. Anche la lingua
subisce una revisione, avvicinandosi al toscano vivo.
Pubblica così I Promessi Sposi nel 1827.
La terza redazione del romanzo, che esce tra il 1840 e il 1842, viene uniformata meglio al
fiorentino dell’uso presso i toscani colti. Manzoni, inoltre, aggiunge un’appendice dedicata al
processo agli untori durante la peste del 1630 → prima chiamata «Appendice storica su la colonna
infame» e dopo «Storia della colonna infame».
La vicenda del romanzo
La vicenda romanzesca occupa lo spazio temporale di due anni: novembre 1628 –
novembre 1630. Il matrimonio tra i due doveva essere celebrato l’8 novembre 1628.

Ambientazione lombarda.

Spunto da vicende storiche svoltesi tra il 1628 e il 1630 nel territorio di Milano e dintorni:
la carestia, i tumulti di San Martino, la discesa dei lanzichenecchi e infine la peste.

Per accrescere l’impressione di veridicità, l’autore finge che anche la storia dei promessi
sposi sia vera, in quanto testimoniata da un anonimo manoscritto del secolo XVII.
La vicenda del romanzo
Il matrimonio tra Renzo e Lucia viene impedito da Don Rodrigo, un signorotto che si è
invaghito della ragazza, e potrà realizzarsi solo dopo la morte di costui.
Dopo aver tentato invano di sposarsi, comparendo d’improvviso davanti al curato, il pavido
don Abbondio, i due fidanzati sono costretti a fuggire dal paese e a separarsi.
La narrazione segue alternativamente le vicende ora dell’uno ora dell’altro. Lucia, su
consiglio del proprio padre spirituale, Fra Cristoforo, va in un monastero a Monza. Qui però
Gertrude, la Signora che domina il convento, permette che ella venga rapita dagli emissari
dell’Innominato. Ma la conversione di costui lo trasforma da avversario in coadiuvante dei
due promessi sposi e del cardinale Borromeo che li protegge.
Intanto Renzo è andato a Milano dove partecipa ai tumulti popolari di San Martino e viene
arrestato dalla polizia, riuscendo peraltro a fuggire nel bergamasco.
Lucia, che nel frattempo ha fatto voto di castità, è ospitata a Milano da donna Prassede.
Sopraggiunge la peste che uccide Don Rodrigo. Renzo, appena guarito, trova anche Lucia
nel lazzaretto.
Fra Cristoforo scioglie il voto della ragazza, cosicché i due possono sposarsi e trasferirsi nel
bergamasco.
La struttura del romanzo
Il romanzo si organizza in sei nuclei narrativi:
Cap. I-VIII → i due promessi sposi insieme al villaggio e la loro fuga dopo il fallito
matrimonio di sorpresa.
Cap. IX-X → vicenda di Lucia a Monza.
Cap. X-XVII → Renzo a Milano in mezzo ai tumulti, suo arresto e fuga nel
bergamasco.
Cap. XX-XXVIII → Lucia è rapita dall’Innominato e poi viene ospitata da donna
Prassede.
Cap. XXXIII-XXXV → viaggio di Renzo dal bergamasco al paese, poi dal paese a
Milano per ritrovare Lucia nel lazzaretto e infine di nuovo al paese.
Cap. XXXVI-XXXVIII → i due protagonisti insieme, dapprima al paese, dove si
sposano, poi nel bergamasco, dove mettono su casa.
La struttura del romanzo
Vi sono anche tre digressioni:
Cap. XVIII e XIX → digressione relativa all’incontro tra il conte zio e il padre
provinciale e alla storia dell’Innominato.
Cap. XXVIII-XXXII → digressione sulla carestia, sulla guerra, sulla peste, e sulle
vicende di don Abbondio, Agnese e Perpetua che fuggono all’arrivo dei
lanzichenecchi.
Cap. IX e X → storia di Gertrude, la monaca di Monza.
Le tre digressioni sono disposte a intervalli regolari, in modo da isolare i primi due e gli ultimi
due nuclei narrativi (la prima si pone infatti dopo il secondo e la terza prima del quinto) e da
separare il terzo e il quarto nucleo narrativo.
Inoltre servono come intermezzo e raccordo dei quattro nuclei centrali, i quali presentano
come protagonisti rispettivamente dapprima Lucia, poi Renzo, infine di nuovo Lucia e poi di
nuovo Renzo, con perfetta alternanza.
Il sistema dei personaggi
Sistema dei personaggi in equilibrio, costruito su uno schema binario, funzionale al messaggio
ideologico-religioso del romanzo: infatti contrappone «buoni» e «cattivi» o vittime e oppressori.
Otto personaggi principali: Renzo e Lucia (le due vittime), fra Cristoforo e il cardinale Borromeo
(coadiuvanti «buoni»), don Rodrigo e l’Innominato (oppressori), don Abbondio e Gertrude
(strumenti degli oppressori, manifestazione della Chiesa corrotta).
Inoltre in questi otto abbiamo la divisione quattro personaggi laici e quattro religiosi.
Da questo schema derivano i momenti drammatici e di contrasto: il sistema binario trova
opposizione non solo le vittime e i diretti oppressori (tra Renzo-Don Rodrigo e Lucia-Innominato),
ma anche tra i loro rispettivi coadiuvanti (fra Cristoforo-Don Rodrigo e fra il cardinale Borromeo-don
Abbondio).
In questo gioco di pesi e contrappesi, i destini della vicenda si risolvono quando uno dei
personaggi cambia campo, e cioè quando l’Innominato da coadiuvante di Don Rodrigo diventa
invece protettore di Renzo e Lucia.
Il sistema dei personaggi principali, oltre ad essere funzionale al messaggio ideologico-
religioso del romanzo, serve anche ad articolare realisticamente l’impianto romanzesco: esso
permette all’autore di considerare sfere sociali diverse.
Una funzione realistica hanno anche i personaggi minori → ambienti sociali diversi. Inoltre sono
degli individui e dei tipi: oltre ad avere un carattere ben individuato, rappresentano anche una
mentalità e un comportamento tipici di una classe sociale.
Il tempo e lo spazio
I primi due terzi del romanzo procedono attraverso una dilatazione del tempo del racconto (=
spazio dedicato all’interno di un testo alla narrazione dei fatti) e un restringimento del tempo della
storia (= tempo reale in cui si svolgono i fatti narrati).
Nell’ultimo terzo il rapporto si capovolge: il tempo della storia si allarga e quello del racconto si
restringe. Questo perché si assiste alla progressiva accelerazione del tempo della storia e al più
frequente ricorso alla tecnica del riassunto. Nella prima parte prevale invece una forma analitica di
narrazione e ciò si spiega con ragioni di tipo ideologico: nella prima parte del romanzo il narratore
deve indugiare per presentare i personaggi principali e l’ambiente e dunque l’azione narrativa vi
risulta dominante; nella seconda prevalgono il momento etico e riflessivo.
Il momento di svolta fra il tempo della storia e il tempo del racconto è la conversione
dell’Innominato.
Lo spazio della narrazione oscilla tra i due poli del paese e della città; benché inizialmente
sembrino in forte antitesi, anche il paese si rivela man mano predominato dalla violenza e dal male
e non il simbolo di una vita idilliaca e incentrata sull’unità famigliare.
Rimangono comunque delle differenze: nel primo i protagonisti si muovono a proprio agio, nella
seconda si trovano disorientati e qui il tempo scorre in modo più veloce, più tumultuoso. Il
personaggio che si muove tra città e paese è Renzo, mentre lo spazio di Lucia è la casa.
Altro elemento importante è il castello.
Il narratore, i destinatari, l’ideologia
Il narratore si sdoppia nell’Anonimo, autore del manoscritto secentesco che racconta la storia di
Renzo e di Lucia, e il narratore onnisciente che lo trascrive in italiano moderno. Questo secondo ne
sa più del primo, perché può controllare la veridicità dei fatti su altri documenti. Inoltre ha un’autorità
culturale e morale superiore.
Il narratore onnisciente conosce presente, passato e futuro dei suoi personaggi, i loro pensieri
segreti, i loro sogni e incubi, i luoghi in cui abitano o in cui viaggiano. Inoltre aggiunge alla
rappresentazione dei fatti continui giudizi d’ordine morale, politico e religioso, indicando con
precisione puntigliosa, ogni volta, dove stanno il bene e il male.
Progetto dell’autore di rivolgersi a un pubblico vasto di borghesi e di ceti popolari alfabetizzati.
L’ideologia dell’autore è assai più complessa di quanto possa apparire a una prima lettura del
romanzo. Il matrimonio finalmente realizzato è solo un apparente «lieto fine», perché I Promessi
Sposi sono un romanzo «senza idillio».
Conclusione problematica → vi si ricorda che i guai possono capitare all’improvviso e senza
colpa e che dunque il problema delle disgrazie e del dolore umano resta senza spiegazione sul
piano della storia. L’uomo dotato di fede ritiene indubbiamente che anche la sofferenza sia una
«provida sventura», ma comunque quest’ultima rimane incomprensibile per la ragione umana.
Di fronte al male l’uomo deve comportarsi secondo i criteri della morale cattolica e della ragione
umana. Questi costituiscono gli unici strumenti che possono tenere a bada la spinta disordinata
delle pulsioni e la forza negativa della natura.

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