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Appunti video-pillole storia e teoria dell’educazione

EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI EDUCAZIONE

Dal secolo scorso ai primi anni del nuovo secolo.

Gianni Rodari ci ha trasmetto un’ideologia dell'infanzia che ha rivoluzionato il modo


di interpretare i vissuti del bambino e le proposte educative. Con la proposta
rodariana la categoria della FANTASIA è diventata una lente (una categoria di
interpretazione) verso la quale leggere un mondo che si presentava favoloso,
competente e creativo. 

L’utopia rodariana comincia a nascere nel ‘50 e a sfiorire negli anni ‘80, quando si
impongono nuovi modelli educativi ed economici ed esistenziali legati al
pragmatismo tecnologico. Nasce così una nuova ANTROPOLOGIA legata alle
NUOVE TECNOLOGIE.

Negli anni ‘80 la letteratura dell’infanzia, e quindi l’educazione, era considerata


inferiore e quindi vi erano meno scrittori per bambini. Prima vi era un’idea di
educazione che implicava il senso si sacrificio.

Da una parte vi è un’educazione che valorizzasse la creatività del bambino,


un’eduzione che favorisce la leggerezza, la giocosità e facilità dell’apprendere;
ovvero il ludico la fantasia, il piacere (immagini d’infanzia legata alla fantasia che è
insita nel bambino) = IMAAGINE RODARIANA.
Dall’altra abbiamo la fatica dello studio e della ragione e dell’impegno (mondo
adulto legato alla scuola) è legato ad una razionalità noiosa che non valorizza i
saperi che i bambini già hanno di natura.  Quindi vi è stato un momento evolutivo
molto importante rispetto al passato.

La PROPOSTA DI GIANNI RODARI= è legata ad un’immagine di bambino e di


un’educazione giocosa gioiosa, spontanea, che si impone in quegli anni del dopo
guerra. L’idea di bambino che ci viene fornita dalla proposta di Gianni Rodari è
rimasta fino ai giorni nostri.
Un’idea di bambino e di educazione competente, gioioso, felice di andare a scuola,
la scuola deve far emergere le competenze del bambino= idea d’infanzia che è ben
radicata nell’immaginario degli insegnanti e dei genitori dei giorni nostri.
OGGI l’immagine d’infanzia si arricchisce di una nuova competenza la
TECNOLOGIA. Questo complica la relazione adulto-bambino, e la questione
educativa.  Ad oggi emerge una idea di bambino abilissimo nel manovrare
strumenti tecnologici, che però nella percezione degli adulti un bambino senza
strumenti tecnologici non sa più giocare, si annoia e disturba. 

Alcuni genitori affermano che hai bambini non bisogna insegnare, ma accorre
giocare e divertirsi….dalla loro mente scaturisca un sapere giocoso (lezione di
Gianni Rodari). Si ipotizzava che il bambino necessita di un insegnamento giocoso
ma che di fatto il bambino è già educato, di per se intelligente perché è in contatto
con gli strumenti tecnologici.
Possiamo osservare che questa competenza tecnologica (di cui i bambini sono
dotati) li renda di fatto intelligenti e di fatto superiori agli adulti. 
Invece l’idea di infanzia che hanno gli insegnanti è diversa. Infatti gli insegnanti
registrano una preoccupante diminuzione delle competenze del rendimento
scolastiche e nell’attenzione. Vi sono sempre più ragazzi che manifestano un calo
di abilità nella creatività (quella categoria essenziale del bambino che aveva
scoperto Gianni Rodari) e nell’esercizio astratto. I bambini hanno appreso a
manipolare i nuovi apparati, hanno visto che il sapere che ricavano dagli apparati è
immediato, stimolante e piacevole e non è necessario impegnarsi a lungo. Quindi si
crea una nuova idea di infanzia e di giovinezza nella quale dobbiamo confrontarci
per fare un nuovo lavoro educativo. 

PROPOSTA educativa RODARIANA= trae ispirazione dell’arte di inventare storie


senza il minimo riferimento alla realtà e il buon senso (molto lontana dall’immagine
dell’infanzia tecnologica). 

Ciò ha radicato nell’immaginario adulto e quindi nell’epistemologia (proposta


educativa) questa insanabile dicotomia tra il pensiero rodariano (immagine
d’infanzia giocosa,) e l’immagine di un’infanzia tecnologica (che senza sforzo vuole
adattarsi al mondo). OGGI viviamo questa contradizione. 

Abbiamo ereditato un’idea di infanzia ludica e leggera che non vuole più cambiare il
mondo, ma che vuole e che sa adattarsi con competenze in questo mondo.
L’immagine d’infanzia e quindi il modello educativo di cui si ispirano le scuole è
quella di un’infanzia libera, giocosa e competente che non vuole cambiare il mondo
ma che sa adattarsi a questo modo perché conosce la ragione tecnica. Questo
crea problemi perché i nostri insegnanti si trovano di fronte a bambini super
competenti sul paino tecnologico, super stimolatati che hanno bisogno di un
risultato immediato e di sempre nuovi stimoli.
Oggi la razionalità tecnica è una razionalità pragmatica, che non ha tanto tempo
per giocare ai giochi di parole (ribaltamento della realtà), che non ha voglia di
inventare giochi o artefatti linguistici surreali perché il pensiero di questa razionalità
tecnica non è divergente.
Le più recenti ricerche sul tema ci mostrano, che l’insegnati hanno una
rappresentazione della prima infanzia come di un bambino esposto con la
tecnologia. Secondo gli insegnati la frequentazione della tecnologia ridurrebbe
notevolmente le occasioni di gioco libero e di socializzazione...una infanzia che per
giocare ha bisogno della tecnologia. 
Sta cambiando limacine d’infanzia, l’immagine d’infanzia si coniuga con la
tecnologia. 
Se Gianni Rodari inaugura una nuova stagione educativa, oggi abbiamo un nuovo
paradigma dell’infanzia che sa interpretare, leggere il mondo perché conosce a
dimestichezza con le nuove tecnologie. Per Gianni Rodari l’infanzia è portatrice di
valori che dalla fantasia alla creatività si fa prospettiva per il rinnovamento dell’etica
e della politica. L’educazione serve per cambiare il mondo (il bambino è il padre
dell’uomo nuovo). Con Gianni Rodari la struttura moralistico e didascalica della
vecchia letteratura e della vecchia scuola viene abbandonata alla luce di una
rinnovata tecnologia dell’infanzia che si contrappone ad un pensiero adultocentrico
e moralistico che è ancora ancorato al passato.

IL BAMBINO TECNOLOGICO

Cercare di capire le direttrici di senso del mondo nel quale viviamo, mondo nel
quale la tecnologia è diventata un elemento ontologico, cioè strutturale, una lente
attraverso la quale osservare la realtà.
Per raggiungere questo scopo [per studiare e capire le direttrici del nostro tempo] è
indispensabile studiare l’idea di tecnologia.

Oggi la TECNOLOGIA è una sorta di matrice totale= ovvero che la tecnologia


diventa imprescindibile nella lettura, nella comprensione e nell'orientamento del
nostro tempo.
La tecnologia è una sorta di matrice totale= una struttura della conoscenza del
pensiero, della realtà nei criteri di giudizio e di conseguenza di valore sociale e nei
processi di determinazioni delle identità e soprattutto dei più giovani. La tecnologia
è fondamentale nei processi di costruzione identitaria dei bambini e dei ragazzi,
essa svolge un ruolo implicitamente educativo, già a partire dai primi anni di vita. Le
nuove tecnologie offrono un nuovo spazio ai bambini che oggi appare infinito,
affascinante, di grande interesse sul piano della socializzazione online e sul piano
ludico. Il bambino si concepisce in relazione a questi nuovi apparati tecnologici. Il
suo sentimento di sé è legato agli apparati tecnologici, questo ha delle forti
conseguenze sul piano educativo e sulla creazione di una nuova antropologia. Le
tecnologie assumano sempre più una importanza economica e antropologica.

Oggi vediamo sorgere delle nuove mentalità, nuovi modelli di pensiero. Sono
cambiati i concetti di tempo e di spazio, perché i bambini assistono fin da piccoli ad
una velocizzazione delle esperienze virtuali (prima era impensabile) e si dilata il
campo d’azione. La tecnologia aiuta i bambini ad acquisire delle abilità concrete
come la destrezza di muoversi su uno schermo digitale, ma ostacolo i processi
meta-cognitivi.

META-COGNIZIONE= consiste nella capacità di trasferire delle conoscenze, delle


competenze da un contesto all’altro, essendo anche in gradi di modificare quelle
conoscenze e competenze.

La frequentazione delle nuove tecnologie Crea fin dai primi anni di vita delle
abitudini cognitive che possono ostacolare la meta-cognizione, questo accade
quando la fruizione non è supportata, da parte dei genitori e insegnanti, da un
sostegno pedagogico ed da una consapevolezza epistemologica. I genitori
dovrebbero essere messi al occorrente di come si creano certe abitudini
all’apprendimento attraverso il gioco ludico.
Gli adulti sono ammirati dalla destrezza tecnologica con la quale si muovono i
ragazzi e non si preoccupano dei problemi che questo può portare. La situazione
peggiora quando la fruizione diventa dipendenza (abuso della tecnologia). Un uso
intelligenti, invece,è una grande opportunità di conoscenza, di autonomia, di
creatività e di socializzazione. Le tecnologie sono uno strumento che si può
utilizzare per migliorare il mondo, se è usato in modo intelligente.
Un utilizzo intelligente dalla tecnologia da parte della scuole presuppone la
capacità di creare percorsi formativi meta-cognitivi, trasdisciplinari e magari anche
POSTDISCIPLINARITA’, ovvero percorsi formativi che vanno oltre alla
alfabetizzazione digitale che si è fatta fino ad ora.

Il fascino che gli apparati tecnologici esercita sui bambini deriva da quella che
Jerome Bruner definiva la RAPPRESENTAZIONE ENATTIVA= ovvero la facilità con
cui i bambini associano, definiscono e classificano gli oggetti in base alla loro
funzione. La tecnologia gratificazione facili e immediate.
Il pensiero divergente aiuta ad riorganizzare i campi interpretativi, cioè la
conoscenza, perché mette in relazione gli elementi se no considerati strani fra di
loto. Il pensierino divergente aiuta a forgiare un senso critico della realtà, perché ci
fa immaginare una realtà che non esiste, e qui che mettiamo in crisi glia spetti
disfunzionali, negativi della realtà stessa. Il pensiero divergente (pensiero surreale)
di cui parlava Rodari, oggi è utilmente enfatizzato da un utilizzo consapevole delle
nuove tecnologie. Il bambino rivoluzionario, innovatore, fantasioso, competente
rimane nelle rassicuranti convinzioni degli adulti di oggi (facilità con i quali i bambini
accedano al computer secondo i genitori).
Un nostro politico dichiarava che il suo ideale di scuola era la scuola delle tre I
(impresa-internet ed inglese). Scuola che non ha tempo per perdere tempo, per
coltivare un pensiero divergente.
Questa competenza è una patente di intelligenza, e arriva a tal punto che un
genitore arriva a contestare il voto di un insegnante.
Nell'immaginari adulto i bambini di oggi hanno ereditato dall’icona rodariana quella
leggerezza che si scambia facilmente per disimpegno. I bambini di oggi non
cambieranno il mondo e quindi non hanno bisogno di un pensiero divergente.

L’arte di sbagliare le storie=

–> Attività ludica e didattica di Rodari per punzecchiare il pensiero convergente,


cioè per stimolare, per far cogliere i diversi pensieri, per utilizzare un uso creativo
del pensiero. Un uso estatico del pensiero.

–>Non è solo un racconto di Rodari ma anche una proposta educativa, di una


attività ludica. Che ha risvolti formativi nel versante linguistico cognitivo e in quello
epistemologico (cioè di teoria della conoscenza), perché induce a nuove domande
su cosa è la conoscenza.
META-COGNIZIONE il bambino utilizza storie che già conosce mescolandone le
strutte ricavandone storie differenti storie nuove, questo è il pensiero divergente. A
queste abitudini cognitive che lo preparano ad essere più analitico e che lo avviano
al pensiero astratto astratto. Tutto ciò serve a costruire un pensiero, competente,
autonomo e creativo.

Quali sono i processi affini? Noi dobbiamo essere in grado di individuare i


contenuti, i metodi le strategie nelle esperienze cognitive. Infatti la metacognitività
utilizza concetti, immagini, in modo nuovo, per creare nuovi percorsi di conoscenza.

La scuola dovrebbe agire nel promuovere un utilizzo, consapevole, creativo e


divergente delle nuove tecnologie. E per questo non è sufficiente l’alfabetizzazione
digitale, e nemmeno saper utilizzare il computer. Per questo i nuovi apparati digitali
possono rappresentare straordinarie occasioni di crescita. Il bambino ha bisogno dii
diventare competente, non è sufficiente saper utilizzare in modo spontaneo i nuovi
apparati tecnologici. Secondo Jacob la conoscenza e il pensiero che l'anima sono
costruiti su miliardi di osservazioni che convergono nell'emergere di un
apprendimento e di un’innovazioni di nuovi paradigmi.

Rodari afferma che l'educazione non si deve limitare a stare al passo con il modo
ma deve anche cambiarlo. Ma per cambiarlo i bambini devono essere aiutati a
costituire gli strumenti culturali, metodologici per comprendere il mondo. La
conoscenza non si può limitare alla destrezza digitale ha bisogno di esercitare un
pensiero complesso, connettivo e creativo. Per esempio un pensiero divergente.

La lezione di Socrate= interroga l'oracolo di Delfi e riceve una risposta che farebbe
contento contento chiunque: che afferma che Socrate è il più sapiente degli uomini.
Socrate si preoccupa perché non si sente tale, perché lui ha l'unica certezza di
sapere di non sapere. Allora interroga quelli che gli sembrano i sapienti o quelli che
il popolo ritieni sapienti. Il pensiero di Socrate è un PENSIERO DIVERGENTE, e
molti secoli dopo Bascla adopera lo stesso approccio e afferma che lo spirito
scientifico per progredire deve divergere, deve imparare a conoscere contro la
tradizione del pensiero precedente e ciò avviene attraverso lo sforzo coerente e
paziente dell’approssimazione cosi come tramite l'errore ratificato. L'errore
appartiene alla nostra umanità fragile. Saper rivedere il proprio processo
conoscitivo con umiltà e con metodo è segno della duttilità strategica della nostra
mente. Coltivare il pensiero divergente ci aiuta a riflettere su di noi nel mentre che
apprendiamo.

Cartesio aveva inserito come 4 regola del metodo enumerazione e revisione. La


prima si focalizza sull’analisi e la seconda sulla sintesi stabilendo la necessità del
controllo da parte del soggetto pensante senza il quale il metodo di revisione dei
propri errori non avrebbe ragione di essere.
Ma l'uomo non è solo ragione, e il tracciato epistemologico deve intervenire
riflessivamente su tutti i fattori che contribuiscono alla conoscenza. Ponendo
particolare attenzione alla dimensione non razione, la quale ha che fare con la
passione, i sentimenti, l'intuizione, con le reazioni corporali dello sforzo.

Cosa consiste il rigore scientifico del sapere pedagogico? Consiste nella profondità
e nell’utilità. Il rigore emerge nella chiara consapevolezza delle amatrici
epistemologiche impiegate. E quindi un’interrogazione continua fra le evidenze i
risultati del lavoro educativo e i modelli impiegati.

LA RELAZIONE FRA TECNOLOGIA E FORMAZIONE

La tecnologia è diventata la lente attraverso la quale guardiamo il mondo.


Definiamo attraverso il grado di possesso della tecnologia il nostro stesso stato
sociale, definiamo l'appartenenza ad una cultura e il livello della nostra esperienza
tecnica. La tecnologia ha una importanza enorme. La tecnologia si impone come
l’impero di un mito è indiscutibile. Il criterio attraverso il quale noi esibiamo il nostro
tasso di modernità è dato dalla tecnologia, la quale ha conseguenze sul piano
dell’educazione. È indispensabile capire questa lente sia sul piano della
trasformazione del mondo, per risolvere dei problemi, per soddisfare e suggerire
dei bisogni.

Che cosa è la tecnologia? La tecnologia in relazione al pensiero e alla formazione.


La tecnologia induce delle abitudini cognitivi (cioè dei modi per affrontare la
conoscenza).
La tecnologia è logos tecnico (pensiero del discorso), ovvero una riflessione sulla
tecnica. Tecnè (dal greco) significa arte e conoscenza d’azioni. Questa etimologia ci
suggerisce un sapere concreto, cioè un sapere che si realizza di fatti tangibili, di
conseguenza che tende al fare.
La tecnologia utilizza e produce una conoscenza secondo scopi che sono pratici,
allora ne possiamo dedurre che si tratto di uno strumento, perché la tecnologia è
anche metodo non solo apparato. La tecnologia non è solo uno strumento fisico ma
anche concettuale, che ci aiuta ad arrivare a dei risultati, alla soddisfazione di
bisogni e alla generalizzazione. La tecnologia è una MACCHINA, ma è anche
prassi, cioè elementi che compongono la tecnologia. Questi elementi condividono
una logica che dobbiamo studiare se volgiamo utilizzarlo in modo consapevole.
La tecnologia oggi rappresenta un sistema dinamico, Inter-relazioni che presenta
una forma reticolare. Questa irruzione della tecnologia colonizza tutti gli aspetti
della nostra vita nelle società definite a tecnologia evoluta.
È indispensabile capire che l’idea che noi abbiamo di tecnologia, si deve
confrontare con la percezione di che cosa è la tecnologia altrimenti c'è conflitto e
confusione. Se non esiste questa consapevolezza noi siamo usati dalla tecnologia,
cioè attiviamo un'attitudine passiva che ostacola il pensiero astratto perché ne
impedisce un utilizzo meta-cognitivo. Infatti l'idea che noi abbiamo di tecnologia
orienta le nostre domande in merito ai suoi rischi. Capire l'architettura logica della
tecnologia significa individuare la gerarchia costruttiva degli elementi che la
compongono (non sono solo elementi fisici, ma anche intellettuali). Se noi
abituiamo la nostra mente ad ottenere risultati precisi e in poco tempo ci portano da
un lato a scegliere dei comportamenti di tipo additivo (di dipendenza). Oggi la
persona rischia di essere individuata come strumento di soddisfazione dei propri
bisogni in modo strumentale, perché la nostra mente ha costruito il suo approccio
con la realtà attraverso queste abitudini cognitive che sono state create già nei
primi anni di vita con un utilizzo intensivo della nuova tecnologia.
Dobbiamo studiare la struttura logica che sottende l’apparato tecnologico e il suo
programma, questo programma si avvale degli esiti di una conoscenza formale,
come delle sue digressioni. Cioè dei suoi salti di significato metodologico.
Se noi non abbiamo allenato la nostra mente al pensiero divergente noi non siamo
in grado di capire il potenziale logico educativo e tecnologico di queste digressioni.
Non siamo capaci di capire la struttura logica della tecnologia e di conseguenza è
più alto il rischio della dipendenza sia di un utilizzo passivo.
L'educazione e la suola attraverso le nuove tecnologie, per utilizzare in modo
consapevole, deve coltivare la creatività, fantasia e anche il sogno. Il nostro
presente vive attraverso la tecnologia. Il nostro quotidiano è dominato dai tempi e
dalla tecnica e di conseguenza la nostra ragione insegue sempre più logiche
tecnologiche. Queste logiche sono alla basa della tecnoscienza, ovvero un insieme
di azioni basate sulla conoscenza scientifica e volte alla trasformazione della realtà
secondo degli scopi che quella realtà impone. La tecnoscienza è la forma
prevalente del sapere contemporaneo, il suo carattere ha una natura pragmatica,
dinamica e applicativa (cioè è in continua trasformazione e mira a caratteri concreti
e delle applicazioni tecniche). Questo significa che svolge una funzione
ermeneutica, cioè che la tecnica (condizione essenziale della scienza) riverbera sul
sapere e quindi sull’educazione un modello di interpretazione del mondo di un
mondo che contribuisce a trasformare.
Il rapporto tra scienza, società, formazione rappresenta un nesso epistemico, cioè
questa relazione ha delle forti conseguenze sulla teoria della cono scienza, sui
processi di costruzione e divulgazione della conoscenza e quindi è un nodo
cruciale del campo dell'epistemologia della formazione. Infatti questa relazione tra
scienza, società, tecnologia ed educazione comprende sia la struttura della
tecnologia che è elaborata dalla scienza che a sua volta è condizionata dalla
tecnica che quella della società.
Si viene ad determinare nel nodo epistemico tra tecnologia scienza ed educazione
e ci porta alla questione della responsabilità educativa del soggetto e alla centralità
dell’etica.
Cosa intendiamo per tecnoscienza?
La tecnica è una condizione della scienza e quindi del sapere. La scienza e quindi il
sapere hanno bisogno da subito di inglobare il termine tecnica.
Evoluzione nella storia di questo concetto:
Nell’antichità la scienza era episteme, che significa fondamento, un sapere certo e
indubitabile, quindi la scienza elaborava un sapere che era sufficiente a sé stesso.

Sino a non molti decenni fa la scienza si definiva per l'applicazione rigorosa dei
metodi, delle divulgazioni dei risultati, la coerenza con i modelli di riferimento e poi
viene provata e poi la verifica. La scienza pedagogica segue gli stessi principi. La
scienza fino pochi decenni fa si demandava il compito di studiare il mondo in cui
viviamo, doveva svelarne le leggi.
Oggi il ruolo della scienza è fondamentale nella trasformazione del mondo. La
scienza è diventata teoria e merce, epistemologia e mercato. Il sapere della
scienza e della tecnica è trasformativo storico ed evolutivo. Questi cambiamenti di
paradigmi hanno dei riflessi notevoli sul piano della formazione e sulle prassi
educative che questa formazione inaugura. L'oggettività del sapere è un valore
della scienza, la sua soggettività e il valore della tecnica (per questo dobbiamo
usare il termine tecnoscienza). Se la scienza si occupa di cosa è e la tecnica di
cosa serve ecco che la tecnoscienza è pensiero e azione, unisce i due aspetti.

Quali sono gli snodi strutturali fondamentali sono:


1. la scienza e la società sono in una interdipendenza dinamica che le costituisce
entrambe: sul piano educativo significa che l'educazione è un prodotto di relazione
fra scienza e società e da questa relazione emergono le esigenze formative di una
società.
2. la relazione scienza e società rappresenta un principio ontologico, cioè questa
relazione è strutturale tanto della scienza quando della società e quindi ha a che
vedere con la formazione che questa società elabora e di quello che ha bisogno.
3.l’etica che scaturisce da questa relazione fra la tecnoscienza e la società oggi
rischia di avere una natura pragmatica, perché il frutto di una razionalità tecnica.
Quindi il bene deve tendere in tutti i poli coinvolti nella relazione soggetto-mondo. E
quindi una tecnologia che porta ad un pensiero passivo e che porta ad una
dipendenza non produce un’etica, perché non porta del bene. Quindi un’etica
pragmatica deve saper inseguire dei risultati che non sono immediatamente
tangibili,
[Cosa intendiamo per etica? Una teoria del bene. Cosa si intende con il bene? Il
bene si esprime in una relazione solidale fra tutti coloro che agiscono in un
contesto].
4.Cosa intendo per benessere e benessere sociale? Deriva in gran parte dalla
consapevolezza estesa che sta alla base dei processi di relazioni relativa a questa
dinamica tecnoscienza società. Quindi il benessere sociale deriva dalla possibilità
di costruire e pensare ad un’etica solidale.
5.l valore di una scienza, di un sapere, di un’educazione in quanto prodotto sociale,
non possono essere neutrali, in quanto incidono sui valori, sulle scelte.
Noi come soggetti non esistiamo al di fuori della relazione con il mondo. Questo ha
delle conseguenze:
-la tecnologia non realizzala la sua natura nell’applicazione della scienza.
Dobbiamo chiarire le definizioni di tutti i costrutti teorici che utilizziamo (la
definizione di scienza di tecnologia, di società e di formazione). La formazione è un
processo interrelazione, perché il soggetto è sempre attivo, multifattoriale che dura
tutta la vita. I fattori che intervengono nel processo della formazione sono tanti.
All’interno della formazione esiste una progettualità che è Educazione che ha
elementi esistenziali (morali, etici) e elementi disciplinari legati ai contenuti
(elementi che ci aiutano a interpretare e a capire il mondo).
Scienza e tecnologia esercitano una sottesa azione formativa nella costruzione
delle mentalità, dei comportamenti, delle identità a livello collettivo, individuale e
comunitario.
Il sistema formativo deve educare le persone a cercare, studiare e capire le
dinamiche relazionali che creano la nostra realtà, cioè il mondo nel quale viviamo. Il
nostro sistema educativo dovrebbe aiutarci ad affinare uno sguardo sistemico, cioè
cercare di capire sempre i contesti nei quali noi siamo collocati o nei quali
colloquiamo il fenomeno che stiamo studiando. Sviluppare questo sguardo vuol
dire essere in grado di indagare i contesti, di studiarli e questo significa esplicitarne
l’epistemologia (cioè le basi fondanti). Significa essere in grado di capire sia il
valore simbolico sia le conseguenze pratiche degli atteggianti delle scelte e dei
pensieri che sono attivati in questo nesso epistemico scienza-società e tecnologia-
formazione. Il sistema formativo dovrebbe sviluppare o educare ad una sensibilità
relazionare, ossia dovrebbe aiutaci a costruire gli strumenti intellettuali celebrali
cognitivi per cogliere le relazioni che costituiscono un fenomeno un soggetto, un
contesto. Quindi una sensibilità connettiva. Noi dovremmo insegnare la meta-
struttura, ossia la struttura della struttura.
L’educazione in relazione alla tecnologia è un’educazione che deve renderci
padroni della nostra mente. La formazione deve aiutare noi (insegnati, studenti...) a
elaborare le informazioni, cioè a manipolare i prodotti tecno-scientifici consapevoli
che sono anche simboli sulla base di regole etiche. Gli oggetti tecnologici con cui
viviamo sono prodotti ibridi, composti da materiale tecnico quanto istanza
ideologiche. Di conseguenza questi manofatti, oggetti tecnologici configurano piani
d’azioni di visioni socio-politiche o opzioni etiche. Configurano un multi universo
simbolico, configurato attraverso l’utilizzo dei prodotti tecnologici che devono
essere codificati [componente semantica] e poi deve essere interpretato
[componente ermeneutica].
Un sapere (che deve costruire la scuola) che non offre solo strumenti solo per
chiavi di lettura e mappe di orientamento nel reale ma che aiuta a cercare
autonomamente delle risposte al bisogno d’identità.
Che cosa è la conoscenza alla quale facciamo riferimento alla nostra proposta
formativa? È una conoscenza che si costruisce e che quindi fa riferimento ad un
concetto di formazione che riguarda tutti gli individui per tutta la durata della loro
vita. L’educazione è legata alla responsabilità che il soggetto assume nei confronti
di sé e del contesto nel quale vive. C’è bisogno di una antropologia della
formazione che fa riferimento ad una umanità rinnovata.
Le esperienze accendono dei processi di conoscenza del mondo e di noi stessi ma
non ne determinano la sua oggettiva attualità. La conoscenza costruisce le
correlazioni che connettono la realtà al nostro sistema di rappresentazione, cioè
quello che noi crediamo che sia la realtà. È importante in qualsiasi processo
educativo un’opera di autoanalisi critica nel processo educativo e nell’utilizzo delle
tecnologie.
La conoscenza si configura sia come esito ma anche come cammino.

LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA


Come si costruisce la conoscenza? Attraverso le esperienze acquisiamo
informazioni, queste informazioni vengono inglobate nella struttura epistemologica
(che ha una sua logica). Le informazioni acquisite, attraverso le esperienze,
vengono inglobate in una struttura epistemologica che ha a che vedere con la
conoscenza ma anche con la struttura neuronale. Queste informazioni vengono
interpretate e collocate da queste strutture o meglio vengono assimilate. Questa
struttura assimila i dati nuovi ma nello stesso tempo si accomoda, si ristruttura, si
amplia accogliendo i caratteri salienti delle esperienze conoscitive che facciamo
senza perdere la sua
fisionomia, c’è un cambiamento di carattere quantitativo e poi anche qualitativo.
Conoscere un fenomeno significa comprenderlo, cioè avere una chiara
consapevolezza, ovvero essere consapevoli di se in relazioni ai problemi che quel
fenomeno ci pone.
La conoscenza è sia contenuto sia metodo, in quanto è fenomenica, cioè si occupa
di oggetti ma è anche processuale si occupa di tattiche e metodi.
La conoscenza riguarda il come e il cosa. La conoscenza è fenomeno e
movimento. Lo studio della conoscenza è qualcosa di pratico, perché ci permette di
raggiungere dei fini la cui concretezza è tangibile.

Lo studio della conoscenza è l’epistemologia, cioè una scienza concreta. Lo studio


della conoscenza ha a che vedere con l’educazione. Lo studio della conoscenza
riguarda anche la scelta delle informazioni che l’esperienza ci suggerisce la loro
interpretazione, la loro collocazioni all’interno del nostro sistema conoscitivo. Lo
studio della conoscenza si occupa anche delle relazioni di tali processi con il sé
cognitivo. Il sé cognitivo è molto importante, gli studenti sono tenuti a scoprirlo
dentro loro, devono conoscersi sempre meglio. Lo studio della conoscenza ha a
che vedere con la relazione che esiste fra i processi della costruzione della
conoscenza e quindi con la percezione che noi abbiamo di noi stessi.
Molto spesso gli studenti credono di conoscersi bene ma in realtà a volte non è
così, ma succede anche il contrario. Ecco perché si deve capire le caratteristiche
dei campi cognitivi (nostro e dei nostri studenti) e la percezione che abbiamo del
nostro sé cognitivo. La conoscenza si occupa di questo, ma si occupa anche di
studiare gli strumenti di controllo dei fondamenti delle varie discipline, il linguaggio
specifico, il campo di studio e di applicazione. Studiare la conoscenza vuol dire
anche studiare la trasversalità e le contaminazioni epistemologiche che esistono
nei vari ambiti della conoscenza e fra i vari ambiti disciplinari.

In sintesi, studiare la conoscenza e i sui processi significa acquisire una


competenza meta-cognitiva ma anche una competenza scientifica
interculturale, intendendo per interculturale non solo ciò che fa riferimento
alle culture diverse ma anche e soprattutto ai diversi segmenti scientifici che
partecipano ad un discorso complesso in riferimento all’educazione.

Che cosa è la competenza? È la conoscenza di base che però ha un valore meta-


cognitivo, cioè attiva una serie di acquisizioni in altri contesti.

Fino a pochi anni fa si aveva un’immagine sociale della conoscenza e del sapere
enciclopedico. Invece oggi l’immagine sociale della conoscenza e del sapere, ha un
carattere contestuale, conoscenza di contesto. Questo ha delle conseguenze sul
piano educativo. L’idea di conoscenza che abbiamo suggerisce le scelte
metodologiche sul piano educativo. Mentre prima l’idea del sapere come
enciclopedia esplicava un comportamento di carattere ricognitivo e accumulativi per
settori. Oggi invece valorizza la funzione euristica, cioè di ricerca autonoma e
strategica di ogni teoria, senso meta-cognitivo. Nelle prospettiva di oggi è
fondamentale il pluralismo dei punti di vista, dei linguaggi, dei costrutti teorici,
perché fa riferimento a un pensiero connettivo, sapere complesso, sensibilità
razionale. Una conseguenza di intendere in questo modo la conoscenza è che
molte concettualizzazioni approdano ad ambiti disciplinari assai differenti a quelli
che sono germinati (parto da uno studio e arrivo ad altri).la conoscenza
interculturale quindi non attiene solo all’ambito di un sapere acquisito ma
contempla anche le sue matrici di senso quelle culturali, educative, biologiche e
fisiche.

Caratteristiche della conoscenza

La dinamica è la prima caratteristica fondamentale della conoscenza, perché la


conoscenza ha un andamento processuale è un processo relazionare che ha effetti
trasformativi, un processo che nel mentre agisce cambia (auto poiesi=auto
rigenerante e auto conservante), acquisisce nuovi elementi, innesca nuove
dinamiche. In questo processo le informazioni catturare attraverso le esperienze e
organizzate in strutture significanti vengono connesse a nuovi raggruppamenti di
nuove informazioni e generano in tal modo ulteriori dati conoscitivi. Questo
prosecco si acquisizione delle informazioni aiuta il soggetto a muoversi
nell'ambiente in cui vive con competenza e trasformarlo per viverci meglio.
Un’altra caratteristica della conoscenza è il suo essere creativa, ovvero produce
altre conoscenze. La conoscenza è anche intelligente, non si muove a caso,
perché interpreta e costruisce ulteriori conoscenze secondo un’impalcatura
organizzativa che ha una natura attiva (si muove) e concreta (trova soluzioni ai
problemi che la vita ci pone).
La conoscenza Ci offre chiavi di lettura del mondo, punto di orientamento,
strumentisti concettuali e meteorologici di costruzione del sapere stesso.
Un’altra caratteristica della conoscenza è la sua natura ermeneutica.

SUNTO: La conoscenza è un’entità concettuale di natura processuale e


relazionale.
Come si giunge alla conoscenza: intercettiamo un dato e ne elaboriamo la sua
rappresentazione mentale, la quale verrà stoccata nella nostra memoria. Ed è solo
così che costruiamo il pensiero ASTRATTO. Ma se noi abbiamo un'attitudine
passiva nei confronti dell’apparato tecnologia questa operazione non si verifica,
siamo continuamente immersi da stimoli dai quali non facciamo nemmeno in tempo
o la fatica di elaborare delle rappresentazioni mentali, perché il computer ci porge
già la solazione il problema e quindi non abbiamo bisogno di farne una
rappresentazione mentale e nemmeno ricordarlo, perché possiamo sempre arrivare
a captare la stessa informazione.
Quindi la CONSAPEVOLEZZA è un altro elemento che appartiene al fascio
semantico della conoscenza, cioè la conoscenza che noia abbiamo di noi stessi nel
mentre che elaboriamo una rappresentazione mentale
La coscienza è la consapevolezza di sé nel contesto secondo un principio di
integrazione. La coscienza ci permette di percepirci nella conoscenza, cioè di
percepire me stessa nel mentre che conosco.
Cosi facendo costruisco una narrazione del mio sé cognitivo, se faccio errori devo
ripercorrere tutto il processo che mi ha portato a fare quell'errore. Così affiniamo la
conoscenza del ostro sé cognitivo.
La conoscenza è come un sistema sinergico di relazioni che ha una unità una
fisionomia le quali unità e fisionomia sono determinate dal proprio agire.
Attraverso la costruzione della conoscenza l’attività mentale è suscettibile ad una
modificazione strutturale, mentre apprendiamo si modifica sempre qualcosa di
nuovo nel nostro cervello: si costruiscono nuove sinapsi, nuovi collegamenti nella
rete neuronale. La mente è suscettibile alla modificazione strutturale ma anche di
evoluzioni (a tutte le età, ma soprattutto nei primi anni di vita il cervello è molto più
plastico però non smettiamo mai di apprendere).

Il cambiamento strutturale è quello che Feuerstein (Forestain) intende come una


modificazione stabile nel tempo della struttura cognitiva.
La conoscenza produce trasformazione ma mentre mi trasforma mi forma, questa
trasformazione produce cambiamenti nel soggetto, lo educa continuamente. Ma per
conoscere il mondo, noi stessi e il nostro campo cognitivo dobbiamo conoscere la
conoscenza. I livelli e i procedimenti della costruzione della conoscenza sono
condizionati dalle opinioni, dai pregiudizi, dalle emotività e che solo in parte sono
consapevoli.
Secondo Gregory Bateson (Betson) noi siamo la nostra epistemologia, ossia noi
crediamo di essere e pensiamo di essere quello che percepiamo del nostro sé
cognitivo. Il quale è la metafora di quello che noi siamo (secondo l’autore).
Noi ci identifichiamo con il racconto di noi stessi. Le metafore che noi siamo ci può
aiutare a capire i processi attraverso i quali giungiamo a quella conoscenza di noi
stessi che ci può aiutare a conoscere la conoscenza stessa.
La conoscenza richiede un processo continuo di revisione critica, una auto
ermeneusi, una auto revisione costante.

La conoscenza ci forma e ci trasforma, nel senso che costruisce e perfeziona le


nostre conoscenze. La conoscenza ha a che vedere con la nostra vita. La
conoscenza ci aiuta a capire il mondo, ci fornisce le chiavi di lettura per capire il
mondo. La conoscenza interviene nella risoluzione dei problemi. La conoscenza ci
aiuta ad esprimere un’opzione etica. La conoscenza ci rende consapevoli che
esistono più opzioni e nel riflettere intorno ad una gerarchia di valori. Attraverso la
conoscenza possiamo creare e realizzare i nostri progetti, n un senso contingente
(risolvere il problema qui ed ora) ma anche in senso esistenziale (risoluzione di
problemi che hanno dei risvolti nel futuro). La conoscenza ci aiuta a raggiungere i
nostri fini. La conoscenza serve a formarci ci aiuta risolvere ed affrontare i problemi
perché ci fornisce gli strumenti e le strategie d’azioni e ci aiuta a forgiare la nostra
identità.

L’educazione è un processo dinamico interattivo. La vita ci forma (anche fuori dai


contesti educativi), perché siamo nati per imparare. Il nostro cervello implica
l'elaborazione automatica di informazioni e di stimoli. Il cervello umano ha una rete
complessa di neuroni che è diversa dagli altri primati.
Le abilità cognitive fanno riferimento a specifiche reti e sistemi neuronali, questa è
la nostra peculiarità. Noi impariamo di più rispetto agli altri animali, perché in noi la
conoscenza approda all’astrazione e giunge ad una teoria del bene. Abbiamo delle
abilità raffinate e complesse rispetto agli altri animali.

Lo studio della conoscenza è una epistemologia (teoria della conoscenza), ossia


una scienza estremamente concreta. La tecnologia è l’insieme di assunti
fondamentali che forniscono la base concettuale al cui interno la nostra teoria della
conoscenza acquisisce significato rendendo possibile la formazione
scientificamente argomentata e l’applicazione empirica dei dati che andiamo via via
conoscendo.
I valori epistemici stabiliscono ed elaborano una gerarchia di criteri tesa alla
giustificazione, ovvero alla coerenza della nostra teoria della conoscenza in
relazione alle sue applicazioni e sia alle premesse teoriche e metodologiche. Lo
studio della conoscenza riguarda i processi di costruzione dei saperi.
Conoscere la conoscenza significa poter apprendere quali sono le possibilità di
sviluppo del potenziale di apprendimento che ognuno di noi ha.

L’APPROCCIO NEUROBIOLOGICO ALL’EDUCAZIONE

Lo scienziato Edoardo Boncinelli afferma che la mente è sia quello che noi
percepiamo della conoscenza sia quello che accade ma che non siamo in gradi di
percepire.
Quindi la mente è un processo che può essere osservato e vissuto tanto
dall’esterno (quando qualcuno analizza i nostri comportamenti) quanto dall’interno
(quando ci aiuto studiamo). La mente che è una potenzialità emergente del cervello
esprime una straordinaria capacità: l’intelligenza consiste nell’individuare nessi,
relazioni tra fenomeni e contesti (è un’abilità relazionare). Il pensiero più intelligente
è quello che riesce a costruire più relazioni significanti.

La mente è un sistema aperto, cioè un’organizzazione relazionare e complessa di


strutture, cioè un processo interpersonale e coordinata di funzioni. Questa struttura
ha la facoltà di evolversi. La mente per funzionare deve essere attraversata da un
flusso energetico di informazioni. Diciamo che deve essere alimentata, se non lo è
sì atrofizza e muore. Questo flusso è utile per controllare il funzionamento dei
congegni che compongono il sistema mente.

La struttura della mente è data da un equilibrio di forze che sostiene la dinamica


mentale. Le forze sinergiche (costruiscono delle relazioni di significato fra me e il
mondo) sono solidali alla struttura mente. Le forze ostili non ci fanno apprendere.
La struttura mente può essere definita come un’organizzazione formale,
quest’ultima è
data dall’esito della continua consultazione di una serie di istruzioni che ogni cellula
del nostro organismo ha nel suo nucleo. Queste istruzioni compongono il genoma,
ovvero DNA della cellula (codice genetico). Il DNA è una macromolecola costituita
da una successione ordinata nel tempo e nello spazio di informazione.
Il sistema nervoso consiste in tutto ciò che la nostra lunga evoluzione ha interposto
tra i vari sensori ed effettori cioè tra la nostra capacità di percepire le informazioni
acquisirle ed elaborarle.
In sintesi, quindi la reattività della nostra mente consiste nell’intensità e densità che
nel flusso di informazioni che elaboriamo e conserviamo nella nostra memoria. Il
cervello è un’organizzazione reticolare di cellule interconnesse, cioè cellule che
sono collegate da sinapsi che trasportano le energie tra neuroni e neuroni. Se le
sinapsi non comunicano più tra loro si interrompe il legale e anche il flusso di
energia di cui le cellule hanno bisogno per essere attive. Il pensiero è una proprietà
(della mente) di un intero sistema dinamico che non può essere riferibile alle sue
singole cellule nervose, quindi l’intelligenza è una particolare funzione del pensiero
che sa stabilire nessi di significato. L’aumento quantitativo del numero degli
elementi costitutivi del sistema mente e anche del discorso porta un cambiamento
di carattere qualitativo.

Quando si fa ricerca nell’ambito dell’educazione è importante porre l'attenzione


all’analisi dei fenomeni, ovvero individuare le relazioni che costituiscono un
fenomeno e analizzare la relazione che il fenomeno stesso intreccia con il contesto.
Quindi l’analisi qualitativa pone l'attenzione sulla qualità dei fenomeni studiati
(ovvero quei caratteri che non sempre sono traducibili in numero). Gli elementi che
determinano il fenomeno sono plurali.

La mentalità tecnocratica tende a forgiare un pensiero che privilegia gli aspetti


quantitativi in quanto depositari di un sapere oggettivo, ma la nostra proposta è
quella di valutare tutti gli aspetti. Quantità e qualità sono due caratteri interpretativi
delle cose, sono due categorie ermeneutiche, cioè sono dati interpretativi. Queste
due categorie si sovrappongono e mutano l’una nell'altra.

Che cosa intendiamo per complessità degli elementi e quindi (dato quantitativo) di
un fenomeno? La complessità è un’organizzazione a vari livelli di aggregazioni
significanti (portatori di un significato). Queste aggregazioni sono tali secondo una
logica, esistono dei nessi di significato che uniscono i singoli elementi di queste
informazioni. L’aumento delle aggregazioni implica l'aumento delle interrelazioni
sulla base di una logica. Questo aumento di interrelazioni implica un intreccio di
comunicazione che si propagano e si sommano.
DOMINIO DI COERENZA= la configurazione strutturale, dinamica che sottende la
trama delle sinapsi neuronali. Schema organizzato che vita all’unità del sistema
centrale che è il cervello. Ogni essere vivente è una trappola per catturare delle
informazioni.

Il concetto di errore si collega in generale alla più ampia concettualizzazione di


erranza. L’errore nel suo significato complesso rappresenta una forma della
coscienza e ha a che fare con la formazione.
Perché l’errore è così importante? Perché l’errore ci consente l’erranza, ossia la
possibilità di errare, ossia di esplorare mondo di significato differenti. Quando
analizzo i processi mentali che mi hanno portato a fare l’errore scopro quale sia.
Questa procedura errata però in altri contesti può portare a risultati che invece sono
utili. Un errore può essere una grande risorsa sul piano degli apprendimenti
(PROCESSO META-COGNITIVO). Negare l’errore senza analizzarne i processi ci
priva delle grandi risorse. Chi nega l’errore è fermo ad osservare il mondo, non è
un errante e si priva di questa esplorazione del mondo, costui non è in grado di
auto osservarsi, non conosce la propria conoscenza, non esplora il mondo e ha
paura di inciampare.

Se l’educazione ci aiuta a problematizzare il mondo, ossia a comprenderlo


(comprendere il nostro posto nel mondo) anche nei suoi aspetti più complessi,
l’educazione ci aiuta anche ad elaborare una geografia del mondo (costruire dei
punti di riferimento nel mondo, punti di decodifica del mondo). Così facendo
aiutiamo noi stessi e i nostri studenti ha trovare la strada che ci aiuta a governare
affrontare in modo creativo il nuovo e anche l'errore.
Per fare questo l’educazione deve saper coltivare un pensiero errante [inteso come
divergente di Rodari] che esplora, in grado di vedere l’errore.

Valenza formativa su il METODO, non come una ricetta didattica nel nostro mondo
teocratico, perché il metodo in sé ha un valore trasformativo, ci forma e trasforma
nel mentre che esso stesso cambia, la fisionomia del
metodo è la stessa, ma il metodo è in grado di corporare nuovi elementi e anche
errori nel suo sistema.
Il metodo migliore è quello che impara, attraverso la conoscenza della conoscenza,
è in grado di ripercorrere i processi che mi hanno portato in errore, è in grado di
capire che in altri contesti posso arrivare ad esiti positivi. Perché sa compiere il
percorso a ritroso. Il metodo è un cammino generativo e strategico per il pensiero. Il
metodo è attività pensante del soggetto vivente (capace di apprendere). Di
conseguenza la teoria educativa non è che un possibile punto di partenza che
andrà a perfezionarsi, a riconfermarsi durante un processo di ricerca. La teoria è un
punto di partenza di qualsiasi processo euristico, cioè di ricerca in quanto è
immanente al metodo stesso.

La conoscenza può essere interpretata come una struttura della vita. Senza
conoscenza non esiste un atto vitale, come atto di cognizione(= è energia). Ogni
essere vivente si accoppia in modo strutturale con il proprio ambiente attraverso
delle relazioni che a loro volta innescano dei cambiamenti sistemici quanto
nell’individuo quanto nel contesto. Questo accoppiamento (tra individuo e contesto)
segna il confine tra vivente e non vivente. Non esiste un individuo separato dal
contesto. Quando una cellula non è più in gradi di instaurare questo accoppiamento
fra la cellula stessa e il contesto essa non si nutre, non assorbe energia e infine
muore.
Non esiste un individuo se è separato dal contesto. Io non posso esistere al di fuori
del mio contesto, perché non posso respirare, non posso magiare. Quindi il
significato del soggetto è nella sua relazione con il contesto, così come il significato
della sua formazione è nella relazione con il contesto.
ESEMPIO: Quando entriamo in un gruppo con la quale facciamo formazione, prima
di tutto dobbiamo comprendere le caratteristiche di questo gruppo e per quando
riguarda i singoli soggetti dobbiamo capire la loro storia formativa, perché ciò ha
molto a che vedere con il loro sé cognitivo.

Prima di fare formazione bisogna comprendere i soggetti che abbiamo di fronte,


quindi conoscere la loro conoscenza.
Questi modi di relazione nel contesto hanno a che vedere sulla qualità delle
relazioni che attraverso questa proposta formativa può incidere sul contesto stesso
in uno scambio di inter-indipendenze.

LA MODIFICABILITÀ COGNITIVA

METODO FORESTEIN= sulla modificabilità cognitiva.


L'educazione, la formazione è un processo razionale trasformativo del soggetto nel
suo ambiente. L’unita epistemica non è l’individuo ma bensì il soggetto nel suo
ambiente. Non possiamo separare l’individuo dal suo ambiente, perché l’ambiente
appartiene al soggetto nella misuro anche del suo contrario. Individuo muore se
non ha continui contatti con il suo ambiente (non può più respirare).

Secondo Gregori Betzon: l’individuo è un bosco di quercine. L’individuo è un


ecosistema, un insieme di relazioni che agiscono al suo interno ed esterno
trasformandolo e trasformando il contesto. La relazione (soggetto-contesto)
risponde alla natura costitutiva della formazione. La conoscenza è una particolare
manifestazione di questa relazione (fra soggetto e ambiente). Elemento centrale
della conoscenza è la FORMALIZZAZIONE, capacità che la nostra mente ha di
trasformare l’esperienza in simboli. Perché se non riusciamo a fare ciò non
riusciamo a riflettere sulla nostra esperienza. La relazione formativa è il fine
dell’educazione e diviene in tal mondo la conscentizzazione della propria specifica
individuale responsabilità della costruzione della conoscenza.
Se è vero che l’educazione è un fenomeno relazionale e trasformativo noi (come
insegnanti e studenti) abbiamo la responsabilità di relazione io-mondo e l’identità di
tutti i poli coinvolti nell’educazione formativa.

L’integrazione formativa (nel campo della disabilità) non può non essere se non
nella consapevolezza della reciprocità. L’integrazione è un processo costruttivo di
pensieri, sentimenti, azioni estetiche giudizi morali saperi che insieme agli altri ci
coinvolge trasforma nell’avventura della conoscenza. Questa conoscenza ci porta a
scegliere gli strumentisti culturali, metodologici, operativi adeguati ad orientarci nel
mondo (di differenze) e ha scegliere con responsabilità per agire in senso
strategico. Lu struttura della formazione ci porta sempre al principio della differenza
dal punto di vista etico, biologico, ecologico, epistemologico. La cultura, la
conoscenza più interessante è quella che è più ricca di differenze.
La formazione deve elaborare una teoria della conoscenza, ovvero
un’epistemologia in grado di costruire una conoscenza competenze per il cittadino
post-moderno. L’epistemologia della conoscenza mi deve aiutare di essere in grado
di capire quali sono le direttrici del mio tempo.

La formazione del cittadino post-moderno deve rendere (i nostri studenti) possibile


l’accesso a quelle forme di orientamento critico nella realtà che solo
un’epistemologia concreta del presente gli può fornire. (Foucault parlava di
epistemologia concreta del presente). Questa epistemologia si esercita, si rende
attiva nella valutazione di qualsiasi tipo di giudizio, perché valuta il grado di
perdizione del giudizio stesso alle categorie di riferimento. Perché la verità
scientifica (di un percorso di ricerca educativa), conoscitiva di un fenomeno o di un
comportamento è un’operazione complessa che si svolge nel gioco umile.
Ermeneutica che non si accontenta di capire il mondo, che gli studenti imparano a
lavorare per trasformare il mondo. La capacità di intraprendere il mondo per
trasformarlo all'interno di un orizzonte di responsabilità. Una formazione creativa:
sia da parte dello studente e dall'insegnante.

Si parla di un sapere meticcio, ovvero che è aperto a riconfigurarsi nel mentre che
ingloba differenze e quindi un’epistemologia che è aperta alle contaminazioni. È
importante, in ogni proposta educativa, la competenza linguistica. Il pensiero, sia
quello tecnico e scientifico, si serva di rappresentazioni per spiegare i fenomeni e
utilizza linguaggi che a loro volta sono strutturate secondo logiche che sono le
grammatiche tipiche dei singoli linguaggi. Si differenzia nei prodotti di ricerca delle
varie discipline ma si differenzia anche per spettro interpretativo.

Si deve imparare ad inaugurare un modo che cerca i nessi etici nella elaborazione,
nella conoscenza e nella costruzione nei processi di educazione e conoscenza. Il
sapere a cui stiamo facendo riferimento ora è un sapere ‘meticcio’ ossia aperto alle
contaminazioni, altre discipline non solo delle scienze umani. Il pensiero si serve di
rappresentazioni per spiegare fenomeni. Il grafico e quindi l’esperimento scientifico
stanno alla realtà che descrive esattamente come una mappa sta al territorio,
importante la mappa ma non è il territorio quindi la REALTÀ [mappa e territorio
sono due metafore].

Importante la lezione di Bordieu (studioso francese), il quale afferma che è


necessario conoscere le condizioni sociali con cui si svolgono le teorie, le
condizioni sociali in cui vengono fatti gli enunciati. La dimensione simbolica del
reale Bordieu: ogni elemento del reale ha una sua dimensione simbolica, se no noi
non veniamo in contatto con il reale. Non si deve mai ignorare il contesto in cui si
formano i fenomeni.

Quando il cittadino è competente? IL CITTADINO COMPETENTE è QUELLO


CAPACE DI ELABORARE UNA DESCRIZIONE ELASTICA, FLESSIBILE DEL
PROPRIO MONDO CONTEMPORANEO, è in grado di creare una proposizione
concettuale dinamica ed ecologica del sistema socioculturale cui appartiene (quindi
una visione sistemica). Il cittadino competente deve essere in grado di costruirsi
una struttura di spiegazione del mondo e di orientamento nella realtà, che
contempli anche la possibilità e le strategie di una sua revisione. l cittadino
competente ha la capacità di elaborare proposizioni (interpretazioni, spiegazioni,
comprensioni) in grado di collegare i fenomeni con la quale viene in contatto in un
sistema di cosmo visione (visione generale del nostro multi verso culturale) un
sistema coerente ed elastico, ma alla luce di una gerarchia di valori che salvino la
qualità di una relazione. Soggetto che è in grado di predisporre un sistema
complesso di conoscenza che genera i suoi stessi meccanismi regolatori. Le
esperienze attivano i processi di conoscenza del reale ma non ne determino la loro
oggettiva e totale determinazione.

Il SISTEMA COGNITIVO è un sistema che ha una sua fisionomia determinata dalle


relazioni che stringono la sua rete di riferimento ad una energia armonica che ne
conserva nel cambiamento l’entità, ciò significa che i dati che vengono acquisiti
attraverso le esperienze vengono assimilati nella struttura epistemologica (nella
teoria della conoscenza), neuronale, che quindi li riceve e che di conseguenza si
accomoda alcuni caratteri salienti (Piaget-ingloba) e non perde la sua fisionomia
strutturale. Aumento l’elemento quantitativo di questa rete di conoscenze e di
conseguenza la fisionomia di questo sistema diventa più complessa. Circolarità di
azione chinato auto-poiesi, il sistema cognitivo si auto-crea, auto riproduce senza
cambiare la propria struttura.
Il sistema cognitivo ha una struttura di carattere auto poietico, cioè si configura a
fronte delle esperienze fatte, per questo il metodo migliore è quello che impara.
Il movimento è indispensabile quindi per vivere, perché il sistema cognitivo
sopravviva a sé stesso. Ogni atto di conoscenza è un atto cognitivo, contribuisce
alla creazione del nostro sistema cognitivo. Questo significa che non solo cambia
ma si auto conserva. L’attività è immanente a tutti gli esseri vivente, anche quelli
che sono privi di un sistema nervoso centrale.

Il giudizio critico è alla base dell’agire etico che ci differenzia dagli altri esseri viventi
e che si avvale della capacità di astrazione, ovvero della possibilità di creare
simboli. Cosa sono i simboli? Sono spazi di organizzazione e di elaborazione di
nozioni ed oggetti.

Questi simboli vengono organizzati alla luce di una semantica, ossia un discorso
sul senso profondo del significato. Quindi se io unisco i vari simboli in percorsi di
significati allora ho le basi per ragionare. Quindi la semantica è una facoltà
emergente dei simboli e della loro capacità di aggregare e di organizzare i concetti.
Anche la coscienza è una facoltà emergente. La coscienza è la consapevolezza
della situazione. Essa ci aiuta a compiere delle scelte.

L’epistemologia concreta è complessa, perché fa riferimento ai nostri


comportamenti, alla nostra vita quotidiana e contempla un repertorio di nessi
complessi e strumenti tanto amplio quanto variamente articolato in strutture
differenti (che sono i nodi di questa rete di Inter-relazioni che connette il soggetto
con il suo ambiente). Questa epistemologia complessa rende meno difficile la
nostra scelta valoriale. Questa epistemologia è in grado di interpretare il disordine
creato da un presente tecnocratico, costruendo un dominio di coerenza cioè
estendendo nel tempo e nello spazio una rete di relazioni significanti fra i fenomeni
che connotano il nostro mondo.

Questa epistemologia è attiva, perché agisce al surreale e ha a che fare con


l’organizzazione dei dati conoscitivi. Questa epistemologia è concreta, perché si
riferisce al mondo in cui guardiamo al mondo, alle domande che ci poniamo
quando agiamo. La conoscenza è nello stesso tempo oggetto e ambiente di studio
di questa epistemologia. La conoscenza ci deve orientare nel groviglio di relazioni
nel quale ci muoviamo. La conoscenza mi può aiutare a costruire nuovi scenari
esistenziali e quindi a migliore almeno un po' il mondo intorno a noi.

I PROCESSI BIOCOGNITIVI DELL’APPRENDIMENTO

IL RUOLO FORMATIVO DELLE EMOZIONI


(Oliviero)Uno studio ha dimostrato che alcune esperienze emozionali favoriscono lo
sviluppo delle facoltà cognitive, perché regolano gli ormoni che influenza la
trascrizione genica potenziando alcuni geni. La relazione tra emozione e
cognizione dipende da relazione tra corteccia celebrale e sistema limbico ovvero
dalle numerose condizioni nervose che li associano. L’educazione può sollecitare la
produzione di mediatori nervosi che ottimizzano l’efficienza dei circuiti neuronali e la
trasmissione dell’informazione. Questo spiega lo sviluppo della lateralizzazione,
ossia la fissazione del linguaggio dell’emisfero sinistro. Le abitudini sono sentieri
cognitivi, ovvero che le abitudini nel campo dei processi cognitivi sono modelli di
apprendimento, schemi di azioni già sperimentati con cui noi ci relazioniamo al
mondo e apprendiamo. Questi sentieri cognitivi segnano (schemi d’azione)
segnano i limiti e le potenzialità del campo cognitivo di ciascuno di noi. Importanza
del dialogo tra neurobiologia e pedagogia, perché è importante al fine di
apprendere e stimolare varie aree del cervello e stabilire nuove forme di
connessione.

Le emozioni esercitano un’influenza importante sui processi della memoria agendo


sui meccanismi della memoria stessa. Il cervello infatti agisce sul corpo
stimolandolo a produrre sostanze come l’adrenalina che ci aiutano a fronteggiare
situazioni emotivamente importanti, l’adrenalina a sua volta stimola i ricettori
nervosi che modulano i processi della memoria stessa. È indispensabile nei
processi d’apprendimento emozioni, apprendimenti e memoria. Saper gestire le
proprie emozioni durante il processo di apprendimento significa capire come
interpreto il mondo intorno a me e come interpreto la mia stessa dimensione
emozionale. Essere consapevoli delle proprie emozioni ci porta a scegliere
determinati comportamenti apprenditivi. L'analfabetismo emotivo è una delle cause
dell’egocentrismo, perché questa carenza di competenze empatiche non favorisce
la relazione dal punto di vista cognitivo e con la relazione con il prossimo.
Il cervello necessita di esperienze emozionali, tattiche, motorie, per questo motivo
tutto il gioco per i bambini è tanto importante, perché giocando imparano a
padroneggiare i propri movimenti, a sviluppare l’immaginazione.
La reattività della nostra mente sia determinata dalla intensità e dalla densità del
flusso di informazioni.

Difficoltà cognitive:
Uno dei maggiori problemi che l’insegnate si ritrova ad affrontare è la soglia di
attenzione dei loro studenti, che è bassa. Gli insegnanti denunciano: gli studenti si
distraggono facilmente, perché sono sollecitati dai giochi elettronici. È
indispensabile un coinvolgimento attivo, occorre sviluppare una attenzione
semantica legata ai significati e affinare una memoria abile a saldare associazioni
in nessi significanti. L’attenzione rimane viva solo quando intercetta trame di
significa che coinvolgono la persona in senso globale. Ci deve essere della
complicità nel processo di insegnamento e di apprendimento aiuta a sviluppare
forme di auto controllo, a concentrare l’attenzione su un progetto, a trattenere in
memoria l'esperienza conoscitiva e a ripercorrerne i passaggi fondamentali. È
importante ridurre l’impulsività delle risposte e sviluppare un affinamento delle
capacità cognitive, capacità che ci aiuta a raccogliere le sfumature, ad individuare
le differenze. Lo studente è il vero protagonista di processo formativo, nel momento
in cui è consapevole del suo metodo di studio. L’insegnamento è facilitato quando
si predispone un ambiente d’apprendimento olistico.
I NATIVI DIGITALI. NUOVI STILI COGNITIVI E RISPOSTE FORMATIVE
NELL’ERA DELLE TECNOLOGIE DIGITALI

I nativi digitali hanno una relazione che investe tutto gli ambiti della loro esistenza, il
gioco, la cognitività, le relazioni sociali e l’affettività.
La tecnologia è la più grande forma mitologica del presente, senza di essa non c’è
innovazione, mercato e questo presente nel quale viviamo. Sono cambiati i
concetti di tempo e di spazio, da un lato si assiste alla velocizzazione delle
esperienze dall’altro si dilata il campo di azione delle esperienze. Si verifica una
cesura tra la vera identità e quella proposta in rete.
La comunicazione web chat è una comunicazione simultanea e frammentaria e
favorisce la distrazione e ostacola l’attitudine agli apprendimenti profondi (ostacola
quei sentieri cognitivi che favoriscono un determinato tipo di apprendimento e
pensiero).

Assistiamo ad un fenomeno nuovo che è all’origine di molti disordini, di difficoltà di


apprendimento-→ questo si verifica quando si parla di dipendenza da internet.
Questa dipendenza è un problema comportamentale che manifesta sintomi
comparabili con le dipendenze da sostanze, perché vi è una perdita di controllo
nella gestione del tempo, la compromissione sociale e i fenomeni di neuro
adattamento. Questa condizione implica la necessità di incrementare la frequenza
dell’immersione digitale, con la conseguenza di manifestazioni di malessere (fino
anche a crisi di dipendenza). Questi soggetti assumono comportamenti ossessivi
immergendosi continuamente nel mondo digitale e presentano un calo
dell’apprendimento scolastico (nella capacità di attenzione e di memoria).
La cognitività di questi soggetti è tutta orientata ad un utilizzo ai nuovi media così
come al loro vissuto personale. L’abuso delle nuove tecnologie aiuta bambini e
ragazzi a d acquisire abilità concrete ma ostacola la metacognitivià. I disturbi di
apprendimento sono spesso ricollegati a bullismo e a sai-ber bullismo. Le nuove
tecnologie usate in modo intelligente portano anche del bene, posso portare
istruzione. Già da quando vengono al mondo centinaia di bambini sono immersi
dalla connessione digitale. L’iterazione con i nuovi media porta a sostanziali
modifiche sia sul piano neurobiologico che su quello cognitivo.

Le motivazioni dell’apprendimento si legano ad un immaginario e ad una


antropologia che è differente rispetto a pochi decenni fa. Abuso di internet: bambina
muore malnutrita in quanto i genitori era attaccati ad un videogioco (casi estremi).
Fattori predisponenti ai disturbi del comportamento (causa ed effetto): scarso
rendimento scolastico, scarse competenze emozionali sociali, solitudine, difficoltà
comunicative in famiglia.
Il fascino che gli apparati tecnologici esercitano sui bimbi deriva dalla
rappresentazione enattiva, cioè la facilità con cui i più piccoli associano,
classificano e definiscono gli oggetti in base alla loro funzione. Da questo punto di
vista il mondo digitale è stimolante e offre gratificazioni immediate.

Le conseguenze di un utilizzo compulsivo nei confronti delle nuove tecnologie (uso


scorretto della tecnologia) sono sintetizzabili in questi fenomeni: riduzione della
capacità di attenzione (tendenza generalizzabile), la difficoltà di un’elaborazione del
testo, la regressione nei processi di apprendimento, la difficoltà nella riflessione e
nella capacità di stabilire dei nessi di significato. Si tende a dimenticare le
informazioni facilmente reperibili in rete, non c’è un impegno a memorizzarle, quindi
la difficoltà nel ricordare, la diminuzione di competenze empatiche relazionali, la
desensibilizzazione nei confronti del sentimento altrui, la difficoltà di attenzione e la
ricerca continua di nuovi stimoli. Gli effetti di questi comportamenti compulsivi
sarebbero la prima causa in età scolare di disturbi socio-emozionali, aumento dei
comportamenti aggressivi.

L’utilizzo dei nuovi media digitali contrasta sempre più con le difficoltà che invece
vivono gli ‘immigrati digitali’ (genitori-nonni) che molto spesso vengono delegittimati
dal loro ruolo educativo. Le abitudini cognitive dei migranti digitali sono modellate
su uno schema apprenditivo di tipo analogico, cioè preferibilmente razionale.
I nativi digitali sono esperti in informazioni rapide, hanno bisogno di una
gratificazione immediata a differenza degli immigrati digitali. I nativi digitali mancano
delle premesse per un’elaborazione profonda dei contenuti e per una competenza
metacognitiva, perché ce la tendenza a trovare informazioni ma non a elaborare le
conoscenze. La mitologia del contemporaneo è la conoscenza che si impone senza
discussione con un sentimento di verità che basta a sé stessa che non si analizza.
I nativi digitali cadono nell’illusione di saper padroneggiare il mondo virtuale e
potere risolvere con poco sforzo i problemi conoscitivi, qualche volta arrivano a
negare i saperi che provengono dai luoghi che producono i saperi stessi (scuola,
uni ecc.).

Gli apprendi-mendi dei nostri studenti risentono del nuovo contesto socio-culturale
dominato dalle nuove tecnologie. L’educazione e l'epistemologia non possono
ignorare queste nuove tecnologie. È in questo contesto tecnocratico che i giovani
avviano il loro processo della propria identità. Vi è un nuovo nesso di significato tra
soggetto e ambiente, ed è in questo contesto tecnocratico che i nostri giovani
cercano la loro autodeterminazione. In questo contesto si crea l’antropologia delle
nuove relazioni.
Abbiamo assistito, in questo contesto, ad un mutamento di significati
(TRASLITTERAZIONE) attribuiti ai segni e ai testi che richiede la competenza
nell’interagire ad un ventaglio di codici e linguaggi.
Si è convinti che la formazione che le nuove tecnologie sollecitano al fine di essere
cittadini (critici e partecipativi) questa nuova formazione debba essere funzionale,
debba aiutarci a conoscere i linguaggi e i codici dei nuovi media. Quindi si deve
avere una conoscenza funzionale, critica e creativa. I tre attributi della conoscenza
per utilizzare in modo intelligente la tecnologia sono: una conoscenza funzionale,
conoscenza critica e una conoscenza creativa.
La frammentazione del proprio sé e del proprio vissuto ostacola la capacità
strategica di pianificazione e di progettazione sia nell’ambito cognitivo che nella
gestione della dimensione socio-affettiva. L’utilizzo compulsivo delle nuove
tecnologie porta ad un adolescente rischia di essere prigioniero nel suo presente
virtuale in cui trova tutto e subito e dove cerca gratificazione.

L’idea che noi abbiamo dei nostri processi mentali influenza sia la costruzione della
conoscenza sia la memoria stessa, perché i nostri pregiudizi agiscono sul nostro
modo di apprendere. Il fenomeno cognitivo è sia processo e risultato e da accesso
alla competenza nel campo dell’organizzazione delle conoscenze. Non è sufficiente
sapere dove intercettare una informazione ma dobbiamo essere in grado di
elaborarla e mentalizzarla.

Nell’antropologia contemporanea abbiamo un pragmatismo che ostacola la


capacità di concettualizzare eventi esperienze e conoscenze, perché solo nella
nostra mente le informazioni assumono un significato cognitivo. L’intelligenza non si
esaurisse nel muoversi su uno schermo digitale. I saperi quando non vengono
interiorizzati danno origine a modelli in conclusi. Le nuove tecnologie possono
incentivare l’intelligenza, se usate in modo intelligente. È fondamentale educare in
modo intelligente i ragazzi alle nuove tecnologie, fin dai primi anni di vita. La
conoscenza metacognitiva ci aiuta ad individuare le costanti fra processi affini e a
tener sotto controllo le fasi del processo conoscitivo. La tecnologia può essere
utilizzato come uno strumento che costruisce nuove conoscenze, utilizzato in modo
intelligente.

I più piccoli giocano con i tablet sperimentando quel sentimento dello straordinario
che si erano vissuti (negli anni precedenti) con le fiabe. Questo sentimento dello
straordinario si forgia oggi sulle nuove tecnologie. Questo significa che la
tecnologia ha portato dei cambiamenti sia nelle dinamiche sociali sia nei processi
della costruzione della conoscenza e nell’elaborazione del pensiero. Le
conseguenze si vanno evidente anche nei comportamenti e quindi nelle scelte
etiche.

Secondo uno studio condotta dal centro per la salute del bambino diretto dal
professor Tamborlini: 1 bambino su 5 prende contatto con gli apparati tecnologici
(soprattutto con il cellulare della mamma) il primo anno di vita. Il cervello è
estremamente plastico in questi anni. Secondo questo studio, fra i 3 e i 5 anni 80%
il bambino è in grado di usare perfettamente il telefono. Nel secondo anno di vita il
60% dei genitori lascia utilizzare il cellulare ai figli. E fra la fascia dei 3-5 anni
questa percentuale sale fino a sfiorare l’80%. Il 50% degli adolescenti trascorre
dalle 3 alle 6 ore al giorno con il cellulare in mano, il 16% tra le 7-10 ore e il 10%
degli adolescenti supera le 10 ore quotidiane. Gli effetti di questa esposizione
sarebbero osservabili già in età scolare con la comparsa di disturbi socio-relazioni,
si assiste ad un incremento dell'aggressività.
Un motivo di questa fascinazione rispetto alle tecnologie riguardi la costruzione
della propria identità.

La dipendenza di abuso sembrerebbe sempre più una sorta di carenza di


competenze empatiche. Dobbiamo cercare di far capire cos'è la conoscenza ed è
utile partire da quello a cui serve. La nostra ragione insegue sempre più logiche
tecniche (sapere pragmatico). A cosa serve la conoscenza e in particolare quella
veicolata dalle nuove tecnologie? Questo significa (per noi educatori) considerare
lo studio un livello pratico per la vita vissuta.
Per noi ragazzi la conoscenza è prevalentemente quella veicolata agita attraverso
le nuove tecnologie, questo ha portato a far sì che elaborassero una epistemologia
della conoscenza pragmatico (ovvero loro stabiliscono il valore della conoscenza in
base al risultato pratico). La conoscenza in relazione alla nuova tecnologia per i
ragazzi riguarda il come, a che cosa serve. Per le persone formate nella scuola di
anni passati la conoscenza è contemporaneamente il come e cosa è (a che cosa
servono). La conoscenza e il suo studio è una scienza pratica che ci permette di
raggiungere fini la cui concretezza è tangibile.
Perché la robotica quando è educativa può risolvere le criticità di un utilizzo non
intelligente della tecnologia? I processi di costruzione, di organizzazione,
divulgazione dei saperi attraverso i sistemi robotici sono qualcosa aderente del
mondo contemporaneo. Questo sapere per i ragazzi è interessante. In caso della
robotica i ragazzi hanno un ruolo attivo e creativo. Il lavoro di gruppo dove ognuno
ha il proprio ruolo aiuta i nostri ragazzi a maturare il rispetto delle regole.
La robotica quando è educativa può aiutare a risolvere le criticità usate dalle
tecnologie digitali. I processi di organizzazione costruzione divulgazione e
trasformazione attraverso i sistemi robotici sono vissuti come aderenti ad un mondo
contemporaneo. Questi saperi sono gratificanti. I ragazzi partecipano nella
costruzione, di sistemi robotici semplici, attivi.

In questi casi i ragazzi capiscono la specificità dei ruoli e rispettano le regole


imparandole. Le condizioni con le quali si costruisce un sistema robotico pongono il
problema della verificabilità dei processi attivati con il robot, cosa che costringe il
ragazzo a rivedere i passaggi delle procedure fatte. La relazione di questi processi
di costruzione delle conoscenze con il sé cognitivo degli alunni (ovvero con la
percezione consapevole o non del proprio campo cognitivo) ci permette di
individuare le criticità, le difficoltà cognitive e le potenzialità.

La didattica con la robotica educativa aiuta a interrogarsi sul linguaggio della


disciplina, sui metodi, sulle procedure della disciplina. La robotica facilità la
attraversabilità, cioè la possibilità di lavorare insieme mettendo in atto conoscenze
che vengono da diverse discipline. La robotica educativa agita con competenza
pedagogica favorisce una competenza scientifica interculturale, trans-disciplinare.

METACOGNIZIONE E ANALISI FORMATIVA DEI CAMPI COGNITIVI

Vi è una grande distinzione tra saperi scientifici e umanistici, si crede che con
l’utilizzo della nuova tecnologia si possa sanare questa distanza. La rivoluzione
scientifica e tecnologica in atto ci impongono competenze linguistiche
pluridisciplinari., conoscenze che ci permettono di capire la struttura logica delle
nozioni, dei paradigmi e dei codici che utilizziamo con le nuove conoscenze. La
concezione di conoscenza non attiene più solo all’ambito del sapere acquisito ma
contempla anche le sue radici culturali, fisiche e biologiche. Questo sapere produce
esiti straordinari sul piano della ricerca. Dobbiamo quindi a imparare a riconoscere
le costruzioni dei modelli. La metacognizione è conoscenza della nostra capacità
cognitiva e della nostra attitudine a modificare il modo, lo stile e gli approcci
dell’apprendimento. Per raggiungere questo scopo però si deve conoscere il valore
metacognitivo dei linguaggi e dei codici con cui costruiamo la conoscenza in
particolare la conoscenza digitale.

Quindi dobbiamo costruire una conoscenza che ci aiuti a rafforzare i nostri campi
cognitivi (a diventare più intelligenti). Ma cosa si intende per intelligenza? Una
proprietà dinamica della mente, se è dinamica è una proprietà modificabile. Una
conoscenza epistemologica della tecnica e della scienza possa aiutare nel
processo di costruzione di quel sapere che induce al pensiero complesso (ma è
vero anche il contrario), perché rende consapevole il soggetto dei processi mentali
che mette in atto quando impara.
La scienza ha elaborato prodotti tecnologici e ha creato dei manufatti linguistici
(cornici teoriche chiamate da Gregory Bateson), cioè dei confini narrativi del loro
pensiero che segnano delle gerarchie organizzate di valori, di risultati, di concetti.

Tutto questo è importante per capire come agisce il nostro cervello a contatto con
la tecnologia, perché la tecnologia ci aiuta ad analizzare a modificare i campi
cognitivi.
Il metodo Feuerstein: per lui è importante fare in modo che il ragazzo apprenda a
controllare l’impulsività (far riflettere prima di compiere anche la più piccola azione)
quando deve risolvere un problema.
Dobbiamo (l’educatore) liberarci dall’ingenuità da pensare che esiste solo una
razionalità che è la nostra (diversa da quella tecnologica) diversa da quella onirica,
estetica.

La conoscenza ci da delle risposte su come fare formazione, ma abbiamo bisogno


dell’etica. È molto importante interrogarci sulle forme di pensiero che sottendono
questo sapere.
I limiti del campo cognitivo sono i sentieri, abitudini cognitive, ovvero modelli di
compartimenti sperimentati attraverso i quali noi ci rapportiamo al mondo. Le
abitudini cognitive segnano sia i limiti che le potenzialità del campo cognitivo. I limiti
possono essere modificate.
I comportamenti cognitivi più comuni sono: comparare, sperimentare, descrivere,
creare, valutare, interpretare, comprendere, osservare, analizzare, riflettere,
sintetizzare, ipotizzare, individuare, aggregare. Le conoscenze fondamentali di
base hanno senso se tutti coloro che sono coinvolti nel gioco formativo sono
consapevoli di queste azioni. Ne deduciamo quindi che gli apprendimenti
metacognitivi sono caratterizzati da un sapere dinamico e combinatorio. Questo
significa convertire le conoscenze nell’attivarle modificandole in contesti differenti.
Quando si parla di funzione cognitive si intende processi cognitivi di base, fra questi
consideriamo i seguenti: la percezione, l’emozione, l’attenzione, la memoria, il
linguaggio e l’empatia. I processi cognitivi riguardano la pluralità degli studi
linguistici, l’orientamento spaziale, l’intuito la creatività e consapevolezza del sé
cognitivo.
Quest’ultimo è la consapevolezza più o meno chiara delle azioni che dobbiamo
compiere per accrescere la nostra intelligenza. Il sé cognitivo riguarda anche la
consapevolezza dei compiti che dobbiamo svolgere.

La competenza metacognitiva è sempre transdisciplinare e impara ad imparare


(esempio rappresentare un evento, argomentare su di un fatto, inventare una
nuova soluzione, progettare, pianificare un’attività coordinata nel tempo alla luce
degli obbiettivi che vogliamo raggiungere). La metacognizione ci aiuta a conoscerci
nel mentre che conosciamo. Lo scopo di un’educazione metacognitiva è insegnare
a riflettere sui percorsi di apprendimento e attivare in mondo creativo la loro
combinazione a la loro modificabilità.

Da un lato bisogna analizzare le criticità rilevate negli approcci cognitivi degli


adolescenti (es. incapacità di attenzione), dall’altro dobbiamo cercare di dimostrare
come un utilizzo consapevole di questi approcci cognitivi aiuti di questi approcci
cognitivi aiuti sia i docenti ad analizzare i campi cognitivi degli alunni, ma anche agli
studenti a sentirsi complici nel processo formativo.

Per fare un’analisi del campo cognitivo abbiamo bisogno di cercare mettere in atto
attività che mi facciano capire, attraverso esercizi, a che livello siamo riguardo a
questa competenza. Quando abbiamo analizzato alcuni casi salienti su la quale
occorre intervenire per risolvere la criticità o per potenziare un’abilità, dovremo
cercare di fare una ricognizione della raccolta dei dati che abbaiamo fatto. Questa
operazione cci rende più attivi. Noi educatori dobbiamo pensarci come inventori di
buone prassi educative.
Ovviamente facciamo riferimento ad una pedagogia ermeneutica, interpretativa e
narrativa, che prima di spiegare cerca di comprendere le persone che ha difronte i
problemi relazionari o comportamentali o cognitivi affinché sia possibile per ogni
studente scoprire il proprio spazio talentuoso. Questo sapere è molto importante
perché fa riferimento a differenti stili di pensiero.

IL GIOCO

Che cos’è il gioco? È una attività straordinaria, non solo nel senso che l’attività è
fuori dall’ordinario, ma anche perché esso è il regno trasgressivo dell’ordinario
(trionfo della fantasia). Il gioco non ha confini. Il gioco traccia uno spazio d’azione
libero ma contemporaneamente vincolato da norme. LIBERTÀ’ una delle
caratteristiche del gioco. Il gioco è libero in quanto è legato alla gratuità (si gioca
perché dà piacere) e nessuno può obbligarci a giocare.
Pur essendo libero il gioco è governato da regole (che definiscono il tipo di gioco),
queste regole possono essere bizzarre e illogiche ma inseguono il piacere stesso
del gioco. Il gioco coltiva il pensiero divergente (perché le regole sono paradossali),
regole fuori dall’ordinario. Il disordine può essere stabilito come una regola del
gioco, ovvero come una idea differente di ordine. Giocando tutti noi poniamo in
azione un pensiero alternativo, straordinario, illogico.
Azione ludica=gioco. Giocare è una cosa serissima, perché ha importanti risvolti si
educativi sia cognitivi. Lo spazio ludico è un luogo privilegiato della formazione,
perché il gioco pone in atto un pensiero strategico. Il piacere evocato dal gioco
consiste in una operazione intellettuale, perché deve interpretare le regole,
inventare mondi immaginari ecc. E’ una interpretazione che si volge ad una realtà
inventata.

Platone incita gli esseri umani ad adottare uno stile di vita ludico. Il gioco è anche
rappresentazione. La conoscenza nel gioco è sensibile, in quanto è accompagnata
da sentimenti e la conoscenza nel gioco appassiona tutti gli interlocutori che ne
sono coinvolti.
Il gioco è un elemento immateriale, nella facoltà di far delirare nella quale esiste il
piacere, induce una tensione di gioia. Il gioco è una forma di vita, che ha un
significato primario perché ha una struttura sociale, ma è anche un mondo
provvisorio.

Il gioco è un elemento immateriale e la sua nota fondamentale consiste nella


facoltà di far delirare, il gioco è una forma di vita che ha un significato primario.
Roger Caillois (caluà) dice che esistono tante forme di gioco quindi tante
definizioni, pertanto da questo punto di vista esiste una evoluzione del gioco
interpretabile come uno specchio dell’evoluzione umana a partire dai contesti storici
in cui è iniziato. Ma non è la strada giusta da seguire.

Gregory Bateson dice che il termine gioco non limita né definisce gli atti che
costituiscono il gioco, nel linguaggio ‘gioco’ è il nome di una cornice dell’azione,
quindi il gioco è un labirinto trans-contestuale, ossia un labirinto dove incontriamo
contesti differenti che aiuta gli esseri umani ad orientarsi. Il gioco è formalizzazione,
trasformazione degli oggetti in simboli. Il gioco imponga una sorta di
metallizzazione dei processi implicati nell’azione ludica, cioè aiuta a implicare
strumenti di lettura e di orientamento nel mondo ed esplora ruoli ed socializzazioni
(invento di essere un'altra persona).

Il gioco è un fenomeno in cui le azioni sono collegate (ad azioni) o denotano altre
azioni di non gioco. L’evoluzione gioco è una tappa fondamenta nell’evoluzione
della comunicazione. Gioco serve ad inventare più intelligenti. Bateson afferma
che a lui piace giocare con le idee allo scopo di comprenderle e metterle insieme.
Si tratta di un’azione cognitiva che mette tra di loro idee per confrontarle. Lo scopo
del giocare è il divertimento, non l'apprendimento che è solo una conseguenza.
L’azione ludica reca sempre un messaggio.
Le regole del gioco elaborano una logica che può seguire percorsi differenti da
quelli della scienza e filosofia.
I bambini nel gioco possono interpretare contemporaneamente diversi ruoli e
fingere azioni e comportamenti
contemporaneamente perché è una logica onirica (no logica conseguenziale),
vincolata dalle leggi dello straordinario. Il contesto ludico è lo spazio privilegiato
della sperimentazione (poltrona del salotto diventa un’astronave). Nel gioco il
pensiero impara a strutturarsi nel confronto con un universo di significati che è
assolutamente inedito. Il gioco è un esercizio dei apprendimento, per Bateson il
gioco è uno stratagemma per cui l’individuo esplora l’universo.

Ogni gioco ha la sua logica, ha bisogno di regole, la conseguenza è un incessante


movimento della mente, movimento trasformativo. Secondo Bateson il gioco un
processo necessario senza il quale le altre cose sono inconcepibili. Il gioco segna il
momento in cui l’essere umano ha scoperto che un atto significativo poteva
costituire un messaggio che a sua volta poteva influenzare un individuo. Il ludico
forza le categorie logiche, il gioco può essere ripetuto nel gioco, ossia possiamo
giocare nel giocare attraverso la fantasia.
I giochi producono molte metafore, perché esso è un’azione simbolica di una
rappresentazione del senso del mondo. La logica del gioco è ribellione, perché è
straordinaria (fuori dall’ordine consueto). La ribellione è il seme della creatività.

Giocando si impara. Giocando il bambino impara a padroneggiare i propri


movimenti, a sviluppare l'immaginazione, a elaborare ipotesi, a tener conto delle
regole del gruppo. I giochi di movimento favoriscono la socializzazione e
favoriscono le competenze emotive.

Per Fink il gioco è simbolo del gioco, perché evidenzia un modo originario nel quale
il soggetto si rappresenta con il reale. Giocando si impara. I giochi di movimento
aiutano la socializzazione, inventano strategie per arrivare a risposte efficaci. Nel
gioco si possono intraprendere delle scelte che nella realtà non si farebbero, anche
nel gioco il bimbo mentalizza tutte le azioni che svolge, quindi capire i passaggi che
messo in atto durante il gioco. Il luogo del gioco è inesistente perché è finzione, un
momento di quiete tra sognato, il gioco regala il presente. Il ragazzo sperimenta un
modo di pensare alternativo, così da potersi emancipare da quell’egocentrismo che
vi è nei primi anni dell’infanzia. Nel gioco l’invenzione di altri mondi è alla base della
creatività che impara a sovvertire le regole per stabilirne delle nuove.
Attraverso l’invenzione di mondi nuovi il ragazzo utilizza immagini mentali e reali,
saperi in modo
alternativo. Il gioco è come un Bricolage. La mente umana utilizza elementi vecchi
in modo nuovo, recupera oggetti scartati modificandoli o inserendoli in processi
nuovi (in modo creativo BRICOLAGE). La mente umana utilizza elementi vecchi in
modo nuovo. Il gioco allena la mente a quella metaconsocenza che ci rendente
competente a trasformare quello che abbiamo fra i nostri oggetti e lo fa in modo
creativo. Ci incita a sperimentare una funzione differente secondo una logica
alternativa e secondo regole nuove. La mente abbandona i sentieri cognitivi
consueti per tracciarne dei nuovi ed è così che diventiamo più intelligenti. Il gioco
(non tutti) ci rende più intelligenti a stimolare nuove aree del cervello, ci aiuta a
creare nuovi circuiti ormonali.

Il gioco ci piace perché offre delle emozioni che sono piacevoli, se no non
giocheremo. Nel gioco siamo più consapevoli delle nostre emozioni più che nella
vita reale. Il gioco è importante dal punto di vista formativo, perché questa
consapevolezza dell’emozione nel gioco ha rilevanti conseguenze nei processi di
costruzione della conoscenza, perché favorisce in colui che gioca la
consapevolezza del proprio mondo emozionale. La maturità della consapevolezza
emozionale è il contrario della dipendenza da quelle sensazioni che inducono ad
una ripetizione stereotipata e ossessiva di uno stimolo quando questo è
gratificante.
Quando noi giochiamo stiamo creando processi cognitivi.
La conoscenza condiziona i processi di apprendimento, il giocare è una cosa seria,
l’apprendimento lo è anche può essere un gioco. Quando noi mettiamo in atto un
apprendimento noi costruiamo degli strumenti di interpretazione del mondo.

Occorre saper fantasticare, non occorre solo studiare, la fantastica non è meno
importante della grammatica.
Lo studio, la ricerca, la scoperta devono emozionarci. L’insegnamento è facilitato
quando prevede un apprendimento olistico. I processi cognitivi che l'azione ludica
pone in campo possano essere facilmente utilizzare nelle proposte educative per
utilizzare basi solide del pensiero creativo.
Il gioco allena la mente a costruire mappe cognitive di esplorazione del mondo,
anche quello virtuale. L’educazione deve iniziare a pensarsi in un modo diverso
solo con il principio della serietà. Il giocatore non scarta nessun materiale, non
scarta gli attrezzi, non scarta i metodi, non scarta le parole, non scarta gli errori
perché tutto può essere utilizzato. Il gioco può essere utilizzato con competenza
pedagogica, dove si introduce un discorso sull’etica sulle diverse opzioni di scelta
che condizionano le nostre menti.

VIDEOGIOCO

I videogiochi sono interessanti ai fini educativi. I videogiochi rendono possibili


interconnessioni a più livelli di immagini parole, narrazioni e immagini. Mentre noi
quando leggiamo utilizziamo un certo tipo di grammatica nell’azione del videogioco
si mettono in atto dei processi di comprensione di quel videogioco usando diversi
codici. Il videogioco consente di muoversi con competenza con diversi codici. Il
videogioco pone in atto diverse operazioni logiche temporali e causali.
Il ragazzo si alfabetizza con modelli di comportamento che sono inediti rispetto ai
giochi dei bambini pre-informatici. I ragazzi mettono in atto modelli di
comportamenti inediti che hanno forgiata una nuova antropologia. I ragazzi hanno
costruito un’idea di conoscenza attraverso abitudini cognitive che sono attivate
dalle nuove tecnologie.

Nei videogame i ragazzi sperimentano situazioni che sono pericolose nella vita
reale (corse pazza), il bambino simula una realtà ad alto rischio, ad alta intensità
emozionale nella quale il ragazzo si sente il protagonista. Es spara al nemico. Il
nemico nel videogame (non nasce a scopo ludico) è perfetto perché sono animino:
sono la rappresentazione astratta e schematica di un male assoluto che il bambino
sconfigge. Il bimbo vincendo sperimenta il protagonismo e il proprio essere bravo.
Questi nemici perfetti non hanno emozione, il bimbo non ha contatto con il dolore o
con la sfera emozionale, quindi non si possono sviluppare emozioni empatiche.

Il bambino si sente nei videogiochi si sente nella realtà, mentre nelle fiabe il luogo
raccontato è lontano dalla realtà, perché il codice di riferimento è un codice molto
lontano dal mondo reale. L’allestimento nel videogioco ha un ruolo molto importante
è connaturato, cioè molto vicino alla realtà. Qui il bambino cade in un equivoco, non
capisce quale sia finzione o non e quindi molto spesso si comporta ugualmente in
entrambe le situazioni. La differenza fra realtà rappresentata e vissuta nella
concretezza sembra sfumare.
Nei linguaggi multimediale dei videogame la trama si intreccia con le immagini di un
linguaggio post televisivo di grande efficacia facendo riferimento all’oralità, i codici
del linguaggio multimediali sono tanti e vari. Questo consente al bimbo di viversi
come un personaggio della storia. I bambini nei videogiochi è il protagonista, è
l'eroe positivo, è attivo, quindi è dentro un gioco che è anche un giocattolo.

I videogame sono così affascinanti perché offrono risposte semplici a stimoli


complessi, a sogni e desideri di eroismo. Offrono temi cruciali nella vita di ognuno
di noi, e offrono delle risposte gratificanti e offrono delle chiavi de lettura semplici.

I bambini/ragazzi sono dei formidabili manipolatori dello schermo, in questo modo i


ragazzi hanno imparato ad amministrare informazioni di diverso carattere e
spessore in modo simultaneo. Il gioco ludico proporre una simulazione della realtà,
però il gioco tradizionale impone esercizio della fantasia a più vasto raggio.
Il piacere della formalizzazione del reale che il gioco esperisce (attua) insegue le
icone di un immaginario scientifico e tecnologico che risente delle sue radici
belliche e offre delle dinamiche suggerite e dei percorsi già avviati. È una libertà
orientata e le scelte del bimbo sono suggerite. Nel videogame non esiste la
conquista trasformativa dell’ambiente (ambiente prefigurato). Il bambino è dentro
una struttura, quella del videogioco di cui non coglie la complessità tecnologica, ma
nemmeno il disegno sotterraneo, non sono chiarissime le regole del gioco, o meglio
sono chiare le regole che lui deve adottare. Questo disegno sotterraneo è quello di
predisporre le risposte ai possibili percorsi che il bimbo crede di scegliere in modo
libero. Il bimbo è lui stesso un inconsapevole giocattolo dove rappresenta solo un
nodo.

La simulazione agita nei videogame è perfetta, perché è più realistica. Nelle


simulazioni libera, dove il bambino gioca con oggetti semplici, le situazioni si
risolvono in chiave onirica. Nel videogame
Il processo della conoscenza fa leva soprattutto a queste doti: al fare, all’intuire e
alla sensazione. Il bambino acquisisce determinati comportamenti cognitivi che
hanno bisogno di uno stimolo continuo, di concretezza.
Se da un lato il linguaggio multimediale può incentivare un pensiero connettivo
dall’altro lato può ostacolare l’attitudine ad un pensiero astratto.
Il videogioco ci offre un’occasione interessante per studiare come funziona la
mente nei processi di costruzione della conoscenza. La logica formale fatica a
riconoscere il valore conoscitivo delle strategie nei procedimenti che il bambino
mette in atto mentre videogioca.

I processi formativi che il bimbo incontra giocando sono organizzati in una


simulazione della realtà e tutti quelli elementi sono cuciti in una realtà narrativa che
risultano meno astratti. Bruner li esprime con chiarezza i caratteri salienti del
pensiero narrativo:
- LA STRUTTURA DI UN TEMPO: tempo determinato dalle azioni che si svolgono
in quello spazio,
-LA PARTICOLARITÀ GENETICA: il particolare partecipa diventando funzionale
nella storia stessa,
-LE RAGIONI DELLE AZIONI: legate agli stati intenzionali e all’intervento,
-LA COMPOSIZIONE ERMENEUTICA: le possibili interpretazioni e i possibili
itinerari nella vicenda narrata,
-LA CANONICITÀ IMPLICITA: che prevede l’irrompere imprevisto dell’ostacolo
dentro il tessuto dell’ordinario,
-L'AMBIGUITÀ DI REFERENZA: ossia riferirsi in modo non univoco ad un possibile
intreccio, il bambino si trova a fare delle scelte,
-LA CENTRALITÀ DELLA CRISI: cioè lo spunto che fa scattare l'azione,
-LA DISPONIBILITÀ A COGLIERE DIFFERENTI INTERPRETAZIONI E SVILUPPI
DELLA VICENDA: a metà della vicenda il bambino non sanno quale sia la fine della
storia e anticipano esiti differenti,
-LA CAPACITA’ DI ESPANSIONE STORICA: evadere l’intreccio tracciato per
esplorare tutte le opzioni.

Questi sono elementi che ritroviamo dentro i videogiochi anche in quelli più
complessi. Il videogioco è un gioco- giocattolo e la sua struttura è più grande dei
giochi normali. Ciò che differenzia i due tipi di gioco è la complessità strutturale, nei
giochi normali l’azione di fantasia ha un ruolo di fantasia. Le icone a bassa
tecnologia si andranno ad arricchire di simboli, perché l’immaginario del bambino li
contenderà tutti. Nei videogame il bambino diventa parte del gioco.

Il ludico che si esprime nel videogioco è diverso da quello che si esprime nelle
fiabe, il quale il primo è sullo sfondo della legge del mercato. Il bambino ha
l’impressione illusoria di avere il controllo sul gioco ma non è così. Alcuni giochi
didattici consentono l’acquisizione di nozioni attraverso l’esplorazione di realtà
virtuali che conduce ai ragazzi dall’apprendimento di concetti viso spaziali alle
risoluzioni di problemi. Alcuni videogame possono essere utilizzati in modo proficuo
per l’apprendimento, in questi casi il comportamento apprenditivo dei bambini
privilegia la comprensione intuitiva e giocosa.

Il ragazzo mentre gioca usa diversi tipi di intelligenza. Il pensiero che vola sulle
avventure dei giochi da computer è di tipo connettivo relazione perché incrocia
diversi tipi di linguaggi delle nuove tecnologie. Questo ha una rilevanza educativa,
perché porta il bimbo a ricodificare le grammatiche dei singoli codici presenti del
linguaggio multimediale, cioè a modificare modelli e strategie che fanno riferimento
ad un unico tipo di codice nella combinazione di più codici.

Il bambino ha la possibilità di inventare nel senso che sviluppa in modo esperto


connessioni istantanee a più livelli di significato. Questa particolare struttura
linguistica del videogame può servire per ampliare i campi cognitivi dei ragazzi,
diventando più intelligenti. Il tipo di pensiero che si attiva con i videogame può
svilupparsi in modo esperto e competente connessioni neuronali e anche
connessioni semantiche di significato a più livelli.
È un tipo di pensiero che rende funzionale la comunicazione tra linguaggi differenti.
Il mondo, i saperi e l’individuo il soggetto vengono letti e definiti attraverso una
categoria, la logica, che si autolegittima. Sullo schermo del computer possono
convivere dati che nel mondo potrebbero comparire contrastanti, ci stiamo
familiarizzando con concetti di tempo e spazio completamente diversi da quello che
conoscevamo. In tutte le avventure ludiche e relazionali è saper cogliere in ogni
procedimento una mossa della mente. La mente si muove anche nelle emozioni
che la animano. La strategia ideologica dei grandi è di tipo verticistico astratto e
non ammette labirinti intrecci il contrario che accade sullo schermo dei videogame.

PEDAGOGIA DELLE EMOZIONI

Le paure dei bambini trattate nelle fiabe dell’infanzia.


La paura dell’abbandono è il sentimento dominante, è dominante nelle emozioni dei
bambini e anche nella letteratura a loro dedicata. Questa dominanza ha molte
conseguenze sul piano educativo. La paura è un’emozione primaria, il sentimento
dell’abbandono prelude e contempla la paura di non essere amati o peggio di non
essere meritevoli di essere amati e poi quasi come conseguenza la paura di non
sapersi difendere, di essere ingannati, di essere rapiti, di essere aggrediti, infine la
paura di morire, la paura di perdersi la paura della propria fragilità a fronte degli altri
che sono più grandi, più sicuri di sé , che sono più forti che già conoscono i segreti
della vita e poi la paura di essere diversi e di essere emarginati ecco quindi come
questo sentimento della paura che risponde alla fragilità bambina ne contiene molte
contiene molte sfaccettature che noi dobbiamo cercare di conoscere interpretare e
che possiamo ritrovare nel mondo virtuale nei videogame per esempio vediamo
come questo sentimento originario complesso e riccamente sfaccettato trova delle
risposte che per i bambini sono semplici e gratificanti ma spesso non sono
educative cioè non gli aiutano in un processo di chiarificazione delle loro stesse
dinamiche emozionali.

La paura di essere emarginati richiama o implica la paura dell’esclusione, dove si


sperimenta una sorta di lontananza dal senso concreto con cui si interpreta il
mondo. Nella paura dell'esclusione il bambino sperimenta il
sentimento di perdita. Si tratta di uno stato d'animo che radicalizza il sentimento di
fragilità che il gruppo ha di fronte ai grandi.

La narrazione è una forma di pensiero, perché si suggerisce le strutture per


organizzare la nostra conoscenza e per creare e delimitare diversi campi. Per
questo la narrazione, quindi può essere utile in questa proposta di pedagogia delle
emozioni. Attraverso la narrazione i bambini comprendono le proprie esperienze
attraverso un rimando ai propri vissuti. La semantica profonda della narrazione è
meta formativa, ossia favorisce lo sviluppo della personalità perché costruisce
prassi di auto interpretazione, aiuta i bimbi a conoscersi meglio, prepara a processi
di interrelazione. Il sentimento è l'esperienza mentale dell’emozione. Si tratta quindi
di proporre dei processi di metallizzazione delle dinamiche che noi viviamo
attraverso l'esperienza, ci portano a una maggiore consapevolezza di noi. Secondo
Damasio la conoscenza amplifica l’impatto di sentimenti e di emozioni nella mente ,
egli sostiene che è la prima nostra autorizzazione per conoscere e ci aiuta a
perfezionare l’arte della nostra vita.

L'esperienza educativa che si propone attraverso la narrazione aiuta ad affinare la


sensibilità dei bambini nel rintracciare in sé e negli altri il mondo affettivo. Il
fantastico e lo straordinario alimentano una percezione prospettica della realtà. La
narrazione che abbia un senso educativo aiuta a costruire strumenti di
orientamento delle paure del loro immaginario. Ogni narrazione è ricca di metafore,
elemento fondamentale del mondo ludico, essa svolge una funzione di
interpretazione(ermeneutica) sia come struttura dell’elemento narrativo e sia come
elemento evocativo.

La fiaba è una narrazione complessa, perché evoca una esperienza estetica


(densamente relazionale). Le fiabe proiettano i bambini nell’universo ludico ‘come
se’. Le fiabe sono importanti dal punto di vista dell’educazione, perché evocano
una polisemia di messaggi e valori che fa leva sugli aspetti emozionali ed affettivi. Il
processo di immersione della storia durante la lettura delle fiabe o nei videogame
favorisce l'identificazione del bambino nell’eroe e con la soluzione dei suoi dilemmi.
Hansel e Gretel hanno paura perché si sento smarriti perché non posso più contare
sulla protezione del padre e la paura di non essere per questo cerca di superare
tutte le prove per essere degni dell’amore del padre. Possiamo prendere in
considerazione la fiaba di Hansel e Gretel che non possono più far riferimento alla
protezione del padre e solo dopo aver dato la prova di essere astuti il padre gli
accoglie in casa. La matrigna e la strega figure opposto alla figura materna. La
paura, sentimento dominante è il contrario dell’amore. Il disamore viene
rappresentato come segno di una colpa. (cenerentola/Biancaneve la quale
risponde all’ingiustizia con l’amore/la bella addormentata).

La nostra prima paura è di non essere abbastanza amati, nell’amore del nostro
genitore abbiamo la prova dell’autostima e nelle fiabe abbiamo messo la paura più
antica ‘non essere amate’.
BOSCO=luogo simbolico dove la paura assume dimensione enormi. Nel bosco la
percezione che il bambino ha del mondo cambia e con essa cambiano i
comportamenti stessi del bambino. Il bosco rappresenta un universo di pericolo,
dove si fa esperienza della morte, metafora della perdita di senso.

Dopo la lettura delle fiabe si è proposta un’attività che è esempio di ermeneutica


(interpretazioni), applicata a queste forme della letteratura, ai quali i bimbi devono
rispondere. Il fine di questa proposta non è il negare la paura ma lo scopo è quello
di aiutare i più piccoli ad interpretare queste emozioni e a costruire schemi d’azione
che non li blocchino. Questo significa che è possibile non soccombere davanti alla
paura. Vivere la paura nei giochi o nella letteratura deve significare comprendere
un fenomeno che ha una natura esistenziale e che nel corso della vita dovrà essere
affrontato con competenza. Il come se della narrazione consente un movimento
dall’ordinario allo straordinario. I personaggi, gli eroi positivi sono facilmente
identificabili, ci offrono delle chiavi di lettura semplici, consente ai bimbi di capre
come di fronte alle emozioni è possibile elaborare dei piani d’azione.

Il tema della paura introduce il bambino ad una interpretazione della questione del
male. Il male è secondo Bauman, è ciò che sfida e disintegra quell’inintelligibilità
che rende vivibile il mondo. La valutazione del bene e del male si radica nelle
emozioni, nelle abitudini sociali.

Il dualismo tra male e bene implica la dimensione dell’opzione etica, ma scegliere il


bene significa conoscersi, superare le prove e vincere. Le storie si presentano
come modelli di comportamento umano, e per questo hanno una funzione
ermeneutica in senso educativo. Le storie dedicate ai più piccoli aiutano a
comprendere in modo chiaro i dilemmi emozionali complessi. Lo spirito moderno è
nato alla ricerca della felicità, ogni membro della società è sollecitato a cercare la
felicità individuale. Si cresce con l’idea che il male sia immeritato, davanti al dolore
siamo educati a togliere lo sguardo. Invece la narrativa insegna che il dolore e il
male esistono e che bisogna affrontarli.

L’opzione di scelta tra giusto e ingiusto (tra bene e male) richiama una progressiva
emancipazione dal proprio egocentrismo. Il male è attraente, ognuno di noi ha
desiderato essere il più bello, il più bravo ecc.… i cattivi delle fiabe lo desiderano a
tutti i costi, è qui che l’identificazione con l’eroe buono aiutano a smascherare le
velleità del cattivo, in questo processo egli costruisce la propria identità.
La pervasiva pedagogia sociale nella quale siamo immersi opera una sorta di
sollecitazione continua a perdere di vista l’interiorità a favore dell’esteriorità, i nostri
giovani sono sempre meno abituati all’introspezione.

È importante riconoscere le emozioni. Attraverso un’educazione emozionala, un


insegnate un genitore possa avviare i bambini a sopportate le frustrazioni ma
anche controllare la propria collera, a prevenire comportamenti autolesionisti
ovvero a realizzare il sé in noi. Attraverso essa il soggetto si libera del suo
egocentrismo e quindi diventare un adulto cosciente si sé e responsabile delle sue
azioni nel mondo.

L’AGORA’ DIGITALE (storia dell’educazione)

L’agorà è un simbolo e un mito della democrazia fondato sul discorso e sul dialogo.
Questi luoghi oggi possono rappresentare alcuni elementi di criticità. L’Atene del V
secolo a.C. e la Roma Repubblicana sono i simboli di questa agorà (piazza).
Queste due città sono i simboli della democrazia. Socrate mette alla luce un
inconveniente, ossia che è illusorio pensare che qualunque uomo libero possa
governare. Governare è un’arte che richiede una competenza specifica e quindi è
follia sorteggiare le cariche pubbliche anche far scegliere alla popolazione non è la
cosa più adeguata. Nella cultura greca classica abbiamo due concezioni della
politica:
1. ideale di Protagora, andare alla ricerca di una giustificazione filosofica
dell’uguaglianza degli uomini liberi di fronte alla legge. Bisogna avere il talento
politico, ovvero sapere che cosa è il bene pubblico.
2. per Socrate la scienza del bene è alla portata di tutti, ma questo non significa
che tutti possano governare.

Le conseguenze della riflessione di Platone sul piano educativo sono: ognuno deve
essere educato a dare il meglio secondo il proprio talento e nell’acquisire le
competenze per sentirsi soddisfatto nella propria arte ed è necessario che si
acquisisca il senso del proprio limite (per il bene pubblico, non per il proprio
narcisismo). Platone dice che per natura noi abbiamo i nostri talenti (non possiamo
avere tutti i talenti) e metterli a disposizione per la società per il suo bene.
Nell’antichità la parola è strumento della democrazia quando si pone al servizio
pubblico e quando è regolata dalla logica (che rende colui che parla esperto nella
sua arte). Quando la parola ha perso questo valore si riduce ad una banale
propaganda (che oggi è aumentata con i mezzi di comunicazione di massa).

Hannah Arendt riflette sulla libertà e sostiene di avere una libertà che passa
attraverso la consapevolezza critica del proprio mondo e degli universi culturali che
dominano questo mondo. Oggi l’agorà non è il luogo fondamentale dell'esercizio
della propria libertà. Atteggiamento logico e consapevole, non bisogna farsi
prendere dalle emozioni. Gli isola sono il consumo, lavoro, il benessere ai quali il
soggetto è invitato a sacrificare ogni pretesa di libertà. Quali fattori abbiamo inciso
sull'agire politico: l'affermarsi della sfera sociale nella modernità ha valorizzato il
lavoro, svalutando il valore dell’azione.

Con l’avvento della società di massa non è decaduta solo la sfera pubblica ma la
stessa sfera privata. In una società che legge sé stessa in termini di consumo gli
individui sono valorizzati in termini di consumo. I cittadini della polis (per Hannah)
sono protagonisti della vita pubblica la quale esclude il ricorso della violenza. La
filosofa paragona la vita al gioco, la politica è un gioco di gratuità che il soggetto fa
realizzando sé stesso ma per il bene degli altri (non ci sono scopi personali, e qui
realizza sé stesso). Il soggetto inizia a formarsi insieme agli altri, si deve capire che
relazione vogliamo formare. La politica e quindi la costruzione del bene pubblico
devono passare attraverso l’esercizio di grandi parole (che hanno acquisito l’arte
della retorica che inseguano il bene comune). L'educazione per la polis è culto della
bellezza e di piacere intellettuali mentre gli interessi privati procedono in parallelo
agli esercizi dell’attività pubblica (te realizzi te stesso mettendo a servizio degli altri
il tuo talento).
Gli uomini liberi sanno equilibrare interesse pubblico e privato, perché è la città che
li educa. Il dibattito politico anche quando è accesso è parte dell’azione della
costruzione del benessere della polis.

Per la filosofa la messa in discussione del primato della vita attiva era già iniziata
con Platone e Socrate, il decadere dell’azione politica non è causa dell’avvento del
cristianesimo ma è causa della democrazia diretta che non sa autogovernarsi.

Bauman sostiene che la globalizzazione genere incertezza sociale. Bauman


sostiene che l’agorà debba essere uno spazio sia pubblico che privato. Secondo lo
studioso la politica non riesce a dare più stimoli e che anzi, produca conformismo
ed è accettazione di quanto accade. Consegnando la politica nelle mani
dell’economia dei consumi si consegna anche l’educazione e nasce una pervasiva
pedagogia sociale che spinge il soggetto nella ricerca esclusiva di una risposta ai
propri bisogni nel supermarket delle offerte digitali. Ogni azione volta a generare
sicurezza personale produce divisione, in quanto non è frutto di un agire comune
responsabile. Le questioni importanti oggi vengono decise fuori da ogni spazio di
dibattito politico, attivo, pubblico ed educativo.
L’argomento più noto di Bauman, quello della modernità liquida/società liquida
(metafora) trae spunto dalla crisi di valore che si dà alla comunità con la
contropartita di un individualismo egocentrico per il quale non esistono più
compagni di viaggio ma solo nemici.

Foucault (focol) sostiene che sul finire degli anni 70 e gli inizi degli anni 80 siano
cambiate le forme del potere in Occidente in relazione al moltiplicarsi dei fenomeni
di massa. Lui sostiene che non si può pretendere di non essere governati in alcun
modo ma si può lottare per non essere governati in questo modo. Nel 2014 siamo
approdati a quella che lo studioso coreano chiama psico politica nella biopolitica
focoltiana (di Foucault). I dispositivi normativi e di controllo passavano attraverso le
più svariate forme di vita sociale dalla scuola all’ospedale, cioè si trattava di
dispositivi di controllo che certamente erano coercitivi ma potevano essere studiati,
riconosciuti, criticati e persino combattuti nelle lotte locali tanto da poterne tracciare
una storia di antagonismo così detto plebeo.
Attraverso la produzione di un sapere volto all’auto conservazione delle forme del
sapere l’individuo può
acquisire gli strumenti di critica del potere stesso perché attraverso il sapere
l’individuo aumenta la propria
capacità critica e quindi la capacità di costruire delle forme di lotta locale per il bene
pubblico. Nella (psico politica) riflessione del filosofo coreano il potere che ci lascia
liberi, per paradosso, produce costruzioni e quindi lui giunge ad un ribaltamento
della osservazione di Foucault perché secondo quest’ultimo il potere produce un
sapere il quale per sua natura aumenta le nostre facoltà critiche. Invece per lo
studioso coreano il potere
contemporaneo però, ci lascia liberi apparentemente di muoverci in modo infinito
nel mondo virtuale ma così facendo ci sottomette, per questo secondo il coreano il
neoliberalismo è un sistema molto intelligente, perché sfrutta la libertà di ottenere il
massimo risultato da individui che si fanno risultato di essere imprenditori di sé
stessi.

La caratteristica fondamentale dell’agorà digitale contemporanea è uno spazio


pubblico capace di interconnettere il mondo intero con totale reciproca autonomia
di ogni singolo. L’autore coreano considera che il lettore ridotto al rango di
consumatore ha perso ogni interesse per la politica come attività della costruzione
democratica. Il lettore reagisce solo passivamente alla politica. I politici si
preoccupano della persuasione del lettore. Secondo l’autore il sistema digitale è in
grado di passare da sorveglianza passiva a controllo attivo. I dati che vengono
raccolti nella rete sono chiavi di accesso della psiche e alla possibilità di
condizionarla per questo vengono definiti come un sapere di dominio. Siamo di
fronte ad un potere silenzioso e permissivo, data la capacità di trasformare la
libertà di scelta in libera selezione tra le offerte (uso capitalistico delle emozioni).

La comunicazione ludica del digitale si fa strumento di una commercializzazione


che non ha nulla di giocoso
perché ha smarrito quella potenzialità emancipativa e gratuita che permane nel
gioco. Il secondo illuminismo di cui parla lo studioso coreano prevede un futuro
fondato sui dati che non hanno bisogno più di teoria.

Nel 1990, su il mondiale della tecnologia (rivista di Roma), per la prima volta
compare il temine di piazza telematica. L’inclusione e il diritto di cittadinanza
possono trovare nell’utilizzo sapiente delle nuove tecnologie un’agorà efficace per
la costruzione di questo dialogo (tra persone che parlano con cognizione di causa).
Secondo il nostro autore coreano, nel presente, il rischio di distruttivo è incarnato
da uno sciame digitale, che non è una folla poiché non possiede né un’anima né
uno spirito, lo sciame non comprende un ‘noi’ (non hanno fini comuni nel costruire
la polis). I media digitali tendono ad isolare. Il sistema digitale è quindi architettato
per non lasciare più spazio al consumo di informazioni ma sollecita di produrne. I
media digitali tendono a isolare.
La nuova tecnologia ci dv aiutare a realizzare i nostri talenti per il bene pubblico.

RIFLESSIONI DI EDUCAZIONE ESTETICA

L’importanza dell’estetica nel digitale è molto importante comunicativa e formativa.


Il perfezionamento dei mezzi tecnologici ha prodotto qualche equivoco, non sempre
l'accesso alle nuove tecnologie ha consentito da parte dal fruitore automaticamente
una maggiore possibilità di ricezione e di elaborazione delle informazioni ma
neanche di libertà della scelta degli stimoli i quali lo spettatore è sottoposto. Lo
spettatore è passivo, lui non si preoccupa più di cosa sia lo strumento tecnologico
(attraverso il quale dovrebbe potenziare i propri talenti) e non si preoccupa
nemmeno della propria relazione nei confronti degli apparati tecnologici. L’utente si
fa sempre più passivo (spettatore). Per questo dobbiamo far riferimento alla
riproduzione della realtà, riconoscere la differenza tra la realtà vissuta e la sua
rappresentazione. Di fronte alla rappresentazione della realtà siamo di fronte ad un
artefatto dove i ragazzi spesso scambiano per realtà vera. Anche quando siamo di
fronte ad una diretta c’è sempre un allestimento quindi un’organizzazione della
realtà (che non è la realtà spontanea). L’abitudine all’immagine è un’abitudine che
rischia di non avere nulla di civile e che può scatenare nell’immaginario collettivo
un’ossessione filmica con ossessioni inquietanti. Tutto questo è frutto di una
pedagogia sociale, a volte si arriva a registrate la privacy di ognuno di noi. La cosa
strana è che si ha voglia di condividerlo con il mondo senza paura di essere
scoperti. In questo caso l’agorà digitale è un esempio di come alcune persone
operino non per il bene della polis ma operano senza sviluppare quel dialogo
costruttivo. Bisogna educare uno sguardo, ovvero abituare i nostri occhi a
rintracciare percorsi di significato nel mondo per costruire relazioni solidali. Fare un
uso discreto, etico, consapevole dei mezzi tecnologici un uso umanesimo estetico.
Esso di fronte le cose che si guardano con due punti di vista, il primo è Platone,
con la sua argomentazione sull’idea della bellezza, secondo la quale la parola belle
deve essere elegante e vera. Il secondo punto è Kant con la sua duplice visione di
estetica come da un lato dottrina di sensibilità, e dall’altro l’indagine critica.
Secondo Platone la bellezza è forza generatrice che muove lo spirito verso
l’ascesa. La bellezza ispira l’amore per la conoscenza. Il simposio (dialoghi
platonici), esempio, dove si fa una discussione su bellezza amore e conoscenza.
L’amore suscita il desiderio. Il ruolo della bellezza nel pensiero è in stretta relazione
con la teoria della conoscenza, che per Platone è reminiscenza. La bellezza,
l’estetica del web ha un ruolo molto importante per le sue straordinarie capacità
comunicative. Per Platone la bellezza ha una potenza generatrice, produce
conoscenza e quindi produce formazione, essa induce ad un concetto più alto
dell’amore. Fin dai tempi più antichi l’essere umano non può fare a meno della
bellezza.

Kant sostiene che il giudizio di gusto ha un carattere disinteressato, di


conseguenza il bello non risponde a criteri di utilità o necessità, una cosa quindi ci
piace perché è bella e non può essere spiegata ma deve essere universale quindi
si deve essere d’accordo. Il bello non è spiegabile razionalmente, ma deve essere
condivisibile (riconosciuto bello anche dagli altri).
La bellezza poteva essere definita nel suo grado di intensità relazionale, un oggetto
è riconosciuto come bello quando noi riusciamo a stabilire con tante relazioni di
significato all’interno di quell’oggetto (esperienza personale). Noi siamo in grado di
percepire la bellezza all’interno del fenomeno che stiamo osservando e fra il
fenomeno e il contesto altrimenti non cogliamo la bellezza perché non cogliamo le
relazioni di significato che
costituiscono il fenomeno che stiamo osservando.
[SANTORI RUGIU] Il bello artistico non dipende tanto da un giudizio di gusto ma
dalla capacità di produzione che attiene al genio, quest’ultimo è talento che dà la
regola dell’arte. La tecnologia può potenziare le nostre capacità creative. L’arte
pare a ridursi imitazione della natura, perché è la natta stessa che offre le regole
dell’arte. Il soggetto deve capire che la bellezza del mondo virtuale è una bellezza
creata, costruita e quindi deve maturare nei confronti di queste immagini un
atteggiamento critico.

La pubblicità lascia poco spazio all’interpretazione, ai diritti alla differenza. La


pubblicità ha lo scopo di persuadere utilizzando la bellezza per vendere un prodotto
un’idea. I protagonisti della pubblicità sono degli ideali, tutti vorremo essere come
lori (belli, divertenti, di successo). I modelli umani ci vengono presentati come veri
e propri punti di riferimento per i nostri piccoli vissuti. L’estetica tecnologica della
pubblicità influenza i comportamenti delle persone. Dobbiamo guidare i bambini e
gli adolescenti allo smontaggio di queste immagini.
Da questa retorica a sfondo tacitamente genetico dovremmo imparare a difenderci.
La comunicazione e l’estetica nel mondo digitale influenza molto la vita di ognuno
di noi. Dobbiamo cercare di svelare il trucco, far capire l’artefatto tecnologico che è
alla base dell’architettura del prodotto che ci affascina e ci seduce. Esporre la
propria immagine oggettivandole nelle mani degli altri è molto pericoloso per le tribù
dell’America latina, questa timidezza potrebbe essere una metafora per
riconfermare la sacralità della persona. Vi sono tecnologie visive che possono
produrre processi anti educative. Il sapere è un’elaborazione delle informazioni non
è un semplice clic.

LA RELAZIONE TRA EDUCAZIONE E POLITICA NELLA SOCIETÀ’

Il ruolo dell’educazione è quello di aiutare i soggetti a problematizzare il mondo, a


costruire criticamente quelli strumenti per orientarsi nel mondo. Le tecnologie sono
strumento di interpretazione del nostro tempo. Le tecnologie sono un’ermeneutica,
cioè un’interpretazione del mondo. Per essere cittadini attivi occorre essere liberi di
scegliere, e per essere liberi di scegliere bisogna sapersi orientare nel mondo.
Occorre anche conoscere criticamente le opzioni di scelta, se non si conosce non
si può scegliere. Non esiste la democrazia dove manca la conoscenza, non sono
concepibili separatamente. Abbiamo bisogno di una pedagogia di carattere
interpretativo che aiuti l’educazione a costruire gli strumenti per capire il mondo e
che individua nella politica una finalità emancipativa del soggetto nel suo ambiente
(non conservativa dello status quo quando è antidemocratico).

Che tipo di educazione implicita riceve il cittadino? La lettura pedagogica della


politica deve saper interpretare e capire il linguaggio politico per capirne le scelte
ideologiche. L’obbiettivo della pedagogia contemporanea è quello di affinare una
teoria di governo, che individua il nesso: formazione libertà democrazia. La libertà
amplificano il suo spazio e il suo tempo. Dahrendorf fa riferimento ad una libertà
attiva e partecipata e critica/ consapevole che avviene sono quando le persone e le
culture possiedono chance di vita ovvero la capacità di accedere alle cure,
all'educazione e conoscere ed esercitare i nostri diritti. Chance di vita fanno
riferimento quindi a un tipo di persone quelle benestanti.
Il compito della politica sia elaborare le norme che dallo alla libertà una forma
istituzionale. Per fare questo la politica deve aver chiaro che sesse hanno un
impatto pedagogico sul sociale. La questione dei diritti umani si complica in un
modello multiculturale. Noi dobbiamo porci il fine di costruire una libertà attiva dal
punto di vista pedagogico con una politica che dia una norma istituzionale a questa
libertà attiva all’interno all’esercizio dei diritti umani.
La libertà attiva presuppone la differenza. La libertà attiva presuppone un impegno,
un’attenzione, una carica morale che obbliga l’individuo a mettersi a disposizione
degli altri per la società. La scuola si deve consumare nell’esercizio formativo in
senso politico della cittadinanza attiva e ad una istruzione che aiuta i protagonisti a
costruire strumenti di lettura del mondo.

Dall’inizio del processo di globalizzazione, (come data simbolica viene riconosciuta


la caduta del muro di Berlino) inizia una nuova era, chiamata “della complessità e
della globalizzazione”. Da qui (cioè dall’inizio della globalizzazione) assistiamo ad
una rinuncia della politica ad un certo tipo di economia, vista la perdita di potere
dello Stato nazionale (come viene detto nel libro di rovelli). [La perdita di potere da
parte degli stati nazionali dopo il crollo del muro di Berlino, vuol dire che gli Stati
hanno dovuto rinunciare ad alcuni poteri in favore di Wto, Banca Mondiale cioè
organizzazioni più grandi degli Stati stessi]. Sempre di più quindi, la gente ed in
particolare i giovani si allontanano dalla politica (fenomeno detto dell’antipolitica O
“disaffezione della politica”). Nascono quindi organizzazioni di antipolitica ma che
paradossalmente fanno politica. I giovani sempre meno partecipano alla vita
politica del paese e sempre meno vanno a votare. La visione neoliberale è
un’ideologia che si presenta come ontologia, come versione strutturale della realtà.
La crisi della politica oggi è anche una crisi epistemologica, ossia è una crisi di
senso e di valore. Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale, appunto
quindi c’è questa vocazione ontologica nell’uomo che porta a scegliere la polis.
Qualsiasi finalità di liberazione, emancipazione deve passare attraverso processi
che mirano alla coscientizzazione del mondo nel quale viviamo. Se cogliamo la
realizzazione esistenziale e morale dell’essere umano nell’edificazione della propria
ricchezza pecuniaria la sua dimensione relazionare politica risulterà di secondaria
importanza.

Infatti, gli esperti della politica parlano di crisi della politica stessa e chiamano
questa era come era post ideologica [quindi post politica, in sintesi qui dice che
mentre fino agli anni 90 i ragazzi erano interessati alla politica ora non lo sono più].
Io credo che la stessa visione post ideologica sia in ogni caso una ideologia [questo
è importante, secondo lei il fatto stesso di dire “le ideologie della politica non
esistono più” è comunque avere una ideologia politica]. La crisi della politica,
quindi, diventa anche una crisi epistemologica, una crisi di senso, una crisi di valori.
[cioè per lei una politica che si concentra sul l’economia e non sul benessere delle
persone porta anche le persone a pensare più ai soldi che alla propria felicità o ai
valori sociali come la scuola, lo studio finalizzato a sapere e non solo per lavoro].
La politica, quindi, perde senso e valore, non segue un fine emancipativo e
libertario ma segue un interesse di gruppi ristrettì della popolazione. Le implicazioni
educative e epistemologica quali sono? Quali sono le strutture Eidetiche della
politica? Sono la funzione orientativa della teoria di governo, l’organizzazione delle
prassi comunitarie, la tensione ontologica relazionale che definisce l’essere umano
nella sua definizione politica. Aristotele diceva che l’uomo è un animale sociale,
quindi l’uomo è di natura portato alla politica, è un bisogno. L’uomo si sente
realizzato all’interno della politica. Un’altra struttura eidetica della politica è la
struttura della conoscenza come processo sociale per il bene della società. La
teoria del governo è una dimensione irrinunciabile della politica, condiziona le
scelte dei politici. Di conseguenza queste scelte devono contribuire a consolidare i
valori, le identità. Ecco che la funzione politica (Che come quella pedagogica è la
democrazia cognitiva) Può essere scambiato per una funzione meramente
economica [In sostanza qui dice sempre la stessa cosa cioè che la funzione politica
non è più quella di pensare ai valori della società ma solo a una questione
economica, secondo lei sbagliando]. Il rischio è più presente quindi è quello di
scambiare il benessere della società con il benessere dell’impresa [quindi
scambiare felicità per soldi]. Sono sicuramente due obiettivi correlati, ma non sono
certamente la stessa cosa. Soprattutto, una scuola che mira a formare un cittadino
ha sicuramente tempi diversi rispetto una scuola che mira a formare un’impresa.

La libertà di Foucault trae origine dall’estetica ed è la natura della parresia, ossia


della volontà di dire la verità con franchezza (poter esprimere al dittatore la propria
opinione). Si forma una lotta locale, per partecipare alla vita politica. L’etica che è a
fondamento della determinazione dell’uomo si fonda sulla libertà (senza libertà non
vi è etica), ma la libertà si fonda sulla conoscenza, senza conoscenza e formazione
non c’è libertà. Meta pedagogia della politica ha un fine che è quello di favorire le
condizioni al fine che si possa formare un cittadino competente. Un cittadino
competente è quello capace di elaborare una descrizione elastica, soddisfacente,
coerente del mondo contemporaneo. Un soggetto che assimilale esperienze e di
accomodamento dell’ermeneutica di compresone del mondo. Il cittadino
competente è un soggetto che sa elaborare una struttura di spiegazione e di
orientamento del mondo e che sa correggere i propri errori. Si fa riferimento ad un
soggetto in grado di elaborare e costruire che sia in grado di configurarsi con le
nuove conoscenze. Oggi le condizioni non sono favorevoli per far si che vi sia un
cittadino competente, perché la conseguenza dell’imperio di questa economia sulla
politica è un etica pragmatica. Studiare l'etica contemporanea significa prendere
atto dalla realtà ai fini etici cercando pragmativamente il benessere. La razionalità
economica porta si che l’individuo è concentrato sull’io, non è in grado di
individuare la tra ma complessa della vita. Bisogna capire le direttrici del nostro
tempo.

DEMOCRAZIA COGNITIVA

L’interdipendenza che oggi la tecnologia ci regala non ci priva della responsabilità


morale nei confronti di chi non ha la possibilità di accedere alla tecnologia o se vi
accedono non hanno la possibilità di discernere nel mare delle informazioni che
servono per vivere. Cioè non abbiamo più alibi per non essere interessati a quello
che succede lontano da noi; oggi siamo in una interdipendenza.

Quest’epoca è come una policromia culturale, oggi abbiamo bisogno di


ermeneutiche semplificate e sono queste le basi per costruire una democrazia.
Questo significa che l’educazione interculturale insegue lo scopo di costruire
strumenti metodologici e culturali in grado di cogliere le relazioni di significato fra le
differenze culturali. Oggi l'educazione deve individuare la forma della nostra realtà,
una realtà in movimento in cui la ragione e il buon senso cambiano in fretta. Solo
questa competenza ci costruisce comportamenti necessari a vivere una vita
gratificante in mezzo alle differenze. Le nostre risorse metacognitive rappresentano
la base condivisa di una democrazia rispettosa nel contesto multiculturale nel quale
noi oggi viviamo.

L’imperio della tecnologia ha posto nel nostro presente ha sostituito l’essere con il
divenire, è quindi la nostra identità e un processo in continuo mutamento. Bauman
afferma che in ogni paese la popolazione è una somma di diaspore. La trama del
nostro vissuto è una policromia, che ci impone la necessità pragmatica della
reciproca ospitalità. Se le forme della conoscenza oggi sono forme prassomorfiche,
cioè sono condizionate dell’azione e dai comportamenti e quindi è da qui che
dobbiamo modificare l’educazione (revisione epistemologica). La revisione
epistemologica ha un cuore di natura etica. Dobbiamo imparare a leggere le
differenze e a costruire l’educazione che ci aiuti a farlo in modo più efficacie e più
esteso possibile.
Il soggetto si forma nell’assunzione di responsabilità verso l’indifferenza dell’altro.
L’io nasce nell’atto del riconoscimento dell’altro. Amare il prossimo come amiamo
noi stessi significa rispettare la reciproca unicità apprezzarsi l’un l’altro.

Oggi nei paesi ad economia avanzata la funzione politica di organizzare le prassi


comunitarie per realizzare una democrazia cognitiva può essere scambiata per
produrre profitto di impresa. La privatizzazione dell’istruzione non mira a realizzare
alla democrazia cognitiva. Bisogna fare un’educazione interculturale a partire da
una diafanizzazione (chiarimento) etica ed epistemologica dei paradigmi del gergo
pedagogico, tecnologico, scientifico ed economico. Per fare un’opera della
costruzione della democrazia cognitiva abbiamo bisogno che tutti i soggetti sia
consapevoli id un patto formativo condiviso. Pedagogia interculturale che miri a
processi di integrazione comune tra i soggetti. L’ontologia dell’educazione, che
trova il suo cuore significante ed etico nella relazione ci aiuta ad interrogarci sulla
struttura. Nella vita senza relazione non ci sarebbe formazione. La formazione è un
processo relazionale, trasformativo del soggetto nel suo contesto, l'unità epistemica
(l'unità significante dal punto di vista della conoscenza) non è l'individuo ma è il
soggetto nel suo ambiente. Quindi l’individuo è un microcosmo, cioè un ecosistema
di relazioni che agiscono all'interno e all'esterno trasformando il contesto. Quando
questa struttura si sfalda il soggetto muore. La conoscenza ne rappresenta una
particolare manifestazione della relazione, quindi la conoscenza è la
trasformazione dell’esperienza in simboli e la loro strutturazione entro schemi
procedurali e metodologici. Nella relazione interculturale il fine dell’educazione è
nella conscetizzazione della propria specifica responsabilità nella costruzione della
conoscenza e nella costruzione della comunicazione e conoscenza nella rete.

IL SAPERE ETOPOIETICO NELLO SPAZIO VIRTUALE

Il sapere etopoietico è quel sapere che produce etica. Il nuovo sapere trova in sé il
fine della conoscenza al di fuori di ogni giudizio di valore sulla base di un approccio
che è empirico e razionale e di un paradigma logico. La questione etica è
importante nei confronti di una scienza che si autolegittima nel proprio percorso di
conoscenza. L’etica riguarda anche la comunicazione. La comunicazione della
scienza si scontra con la povertà (non è presente in tutti i paesi) e con le fake news
(relative alla scienza ecc. che creano disinformazioni). La comunicazione della
scienza raramente raggiunge gli strati più poveri della società, la voce della scienza
non sa parlare per via degli analfabeti. Bisogna studiare le retoriche, tutta la
letteratura che si crea intorno alla scienza contemporanea in quanto prodotto più
evoluto del sapere odierno.
Bisogna capire come questo nuovo universo di simboli che chiamiamo scienza e
tecnoscienza entra a determinare le dinamiche società-scienza e si impone con un
sentimento di verità.

La questione della verità è stata sempre associata alla questione dell’etica. È vero
che la scienza e la tecnologia hanno cambiato la realtà. L’educazione se vuole
partecipare ad una costruzione della democrazia cognitiva deve tener conto di
questa sottesa pedagogia sociale delle ideologie implicite che i prodotti della
scienza veicolano e deve elaborare delle epistemologie che ci aiutino a
comprendere come funziona il nostro pensiero e come si trasforma a contatto con
questo nuovo mondo. Dobbiamo avere una fondamentazione della consapevolezza
epistemologia che orienti l’educazione verso una interpretazione del rapporto
ontologico (strutturale) fra scienza-tecnologia-società. La scuola partecipano ha
questa sfida formativa proponendo modelli educativi orientati ad un sapere
tecnocratico che di natura è addestrativa e non formativa. L’istruzione deve fornire
l’alfabeto delle tecnologie che studiamo. I giovani devono costruire un sapere che
sia in sintonia con il loro mondo e con l’economia e che lo facciano in modo critico
e responsabile. Questo addestramento tecnocratico che non è formativo non aiuta
a capire il senso profondo delle cose [non va bene]. Questo tecno-addestramento
rende i soggetti acritici, quindi meno liberi e li priva della libertà di esprimere le loro
opzioni etiche. Questo suggerisce una educazione asfittica, e poco libertaria e
suggerisce una ricerca scientifica disgiuntiva e atomizzata.
Questo tempo opprimente che non lascia spazio alle conoscenze, che pensa solo
all’addestramento. Questa educazione sembra inseguire una flessibilità economica
il cui scopo è solo quello di liberarsi delle abilità inutili rispetto questo tipo di
economia. Una conoscenza usa e getta, in quanto non ci consente di costruire gli
strumenti critici di orientamento del nostro tempo, ci impedisce di comprendere il
senso profondo delle cose (il perché oltre al come).

La conoscenza fa riferimento ad un sapere meticcio. Dobbiamo studiare il


linguaggio tecnologico.
È fondamentale maturare una competenza epistemologica e una epistemologia del
pensiero tecnologico. È molto importante utilizzare una conoscenza dell’ampio
spettro semantico delle metafore legate alle tecnologie della nuova generazione.

CAMPO E SVILUPPO COGNITIVO

Come già detto il campo è uno spazio delimitato e organizzato secondo una
struttura dinamica processuale e relazionale nel quale agiscono i processi cognitivi.
Quindi il campo è anche una struttura dinamica e relazionale.

–>Quindi cos’è una struttura? È una architettura dinamica e processuale, ma solo


se ha una sua fisionomia una sua logica che ne dà identità.
–>Cos’è il cognitivo? Ha a che fare con la cognizione ossia si riferisce al pensiero
che costruisce la conoscenza, il pensiero che costruisce, che cerca divulga elabora
scopre la verifica e la valuta. Un pensiero che costruisce la conoscenza sia nella
consapevolezza (quando il soggetto è consapevole) e sia nella sua
inconsapevolezza. Il campo quando è cognitivo è spazio ma anche struttura
dinamica della conoscenza. La conoscenza per noi è quell’azione che si verifica
lungo le correlazioni che intersecano il mondo al nostro sistema di relazioni ossia a
quello che noi crediamo sia la realtà stessa. La conoscenza si costruisce lungo le
interrelazioni con quello che noi crediamo essere la realtà. La conoscenza ha a che
vedere con la relazione e di tali processi con il nostro se cognitivo.
Il tempo è uno spazio neuronale dove si costruisce la conoscenza. La conoscenza
è una entità concettuale che ha una natura processuale (perché è in movimento, in
trasformazione) e relazionare perché si verifica in questo insieme di correlazioni
che collegano il sistema di rappresentazione con la realtà e tutto questo con il
nostro se cognitivo. Potremmo anche definire la conoscenza come un sistema
sinergico di relazioni che ha una sua unità e quindi ha anche una sua fisionomia,
determinate dal proprio movimento della conoscenza. La conoscenza è un sistema
sinergico, ha anche una sua fisionomia che sono determinate dalle sue dinamiche
processuali che definiscono la struttura del campo cognitivo. Da ciò si può dedurre
che la conoscenza è un sistema multidirezionale e multi relazionare (sono tante le
relazioni che la conoscenza attiva) ed è interrativo cioè interagisce con altri sistemi.
La mente (facoltà emergente della struttura celebrale) si crea in tutte queste
interrelazioni tra uomo e ambiente.
Nel campo cognitivo ci sono delle proprietà emergenti che possono diventare atto o
rimanere potenzialità (paragonati a semi). Nella struttura del campo cognitivo questi
semi possono germogliare ma tutto dipende dalla forma del campo cognitivo. La
sfrutta del campo cognitivo corrisponde al se cognitivo del campo medesimo. Il se
cognitivo si crea attraverso l’atteggiamento che l’individuo ha rispetto
l’apprendimento, ossia attraverso le sue aspettative, con le sue fantasie,
epistemologia, emozioni, sentimenti ecc.

Cosa è la struttura del campo cognitivo? Corrisponde al sé cognitivo del campo


medesimo. Il sé cognitivo si definisce, si crea, si struttura attraverso l'atteggiamento
che il soggetto nutre verso l’apprendimento. Tutto questo nella consapevolezza e
nell’inconsapevolezza.

Cos’è la consapevolezza? È il soggetto che è consapevole di sé medesimo nel


mentre che è consapevole e percepisce i dati della conoscenza e li organizza
attraverso un processo costruttivo e creativo. Ma esiste anche l’ambito della non
consapevolezza, quindi, cos’è la non consapevolezza? E ciò che non posso
raccontare perché non ne sono consapevole nella biografia del se cognitivo (non
ne sono consapevole). L’ambito della non consapevolezza possiamo definirlo
come il sé inconscio cognitivo è attivo e agisce nella percezione ma non è
percepito o lo è poco da noi stessi.

La specificità degli elementi che definiscono il se cognitivo rappresentano e danno


origine alla forma che in potenza assumeranno quei semi che germoglieranno o
non germoglieranno. Nell'inconscio cognitivo abbiamo tracciato dei sentieri (delle
abitudini cognitive) in modo inconsapevole che seguiamo anche quando non ci
portano a gratificazioni e li percorriamo perché non siamo consapevoli e per
comodità sbagliamo. La forma agisce sull’atto e esse si condizionano esattamente
come la bellezza determina un certo tipo di eleganza.
Lo stile nell’abbigliamento è la ripetizione di una tendenza. Lo stile cognitivo è un
ripetersi di una tendenza morfologica e si paragona la forma e la conoscenza alla
relazione che c’è tra bellezza ed eleganza. Ognuno di noi ha un tipo di stile
cognitivo. La bellezza come principio ispiratore della realtà, non è solo una chiave
interpretativa è anche un punto di vista, un punto dal quale tracciamo un sentiero
cognitivi consapevoli e non di significazione. L'estetica in questo concetto
rappresenta un principio creativo. ESEMPIO: la metafora (cuore della produzione
artistica) cerca di realizzare la creazione del sentimento del bello o della sua
mancanza, perché la metafora è uno strumento di organizzazione della
conoscenza e per questo la metafora è anche uno strumento cognitivo, perché ha
un carattere creativo, inventa percorsi (abitudini cognitive) per la costruzione di
significati. La metafora (composta da seni semantici) amplifica e intensifica questa
operazione di connessione sistemica e così facendo organizza nuovi significati, si
tratta di operazioni cognitive. La metafora si distingue dalle altre organizzazioni
semantiche dalla sua densità relazionale. La metafora infatti è interazione, e questo
accade perché la metafora si muove sia nella logica (campo della chiarezza
concettuale) e nell’extra logica (nel campo della poesia, dell’arte). Questo è
importante perché il pensiero si struttura così.
La creazione ha a che vedere con l’opzione di scelta e qui entra in gioco l’etica
dell'estetica, cioè scelte di valori che hanno abilita nel costruire connessioni di
significato. L’etica estetica è una teoria del bene legata all’idea di relazione e di
conseguenza della bellezza. L’etica estetica fonde il sentimento di una
appartenenza universale.

Gli stili cognitivi hanno a che vedere con gli errori. Inoltre il nostro sé cognitivo ha a
che vedere con quello che siamo sia in senso cognitivo che morale. I nostri
approcci cognitivi condizionano comportamenti, i quali influiscono i modi in cui
apprendiamo. I processi cognitivi e il loro stile hanno a che vedere con il modo in
cui intrecciamo le relazioni sociali. Il campo cognitivo appartieni alla conoscenza,
appartiene al nostro essere nel mondo. È nel campo cognitivo che decidiamo se
agire o no e come agire.

I valori epistemici, criteri con i quali valutiamo la coerenza e l’efficacia dei processi
nosologici [processi attraverso i quali noi costruiamo la conoscenza]. I valori
epistemici hanno una relazione di significato con i valori etici. Il valore è un criterio
di giudizio (esso è una forma di relazione). L’educazione più efficacie è quella che
ci aiuta a stabilire relazioni più solidali nel contesto e nell’ambiente, ovvero nessi di
significato nella conoscenza. Dobbiamo superare il noi, rinuncia all’egocentrismo
che recupera la felicità dell’io nel mondo. I valori epistemici sono importanti perché
individuano e organizzano una gerarchia di criteri tesa alla giustificazione.
L’ESTREMA FRONTIERA DELLA TECNOLOGIA. CONCLUSIONE

Il trans-umanismo è una corrente filosofica molto di moda, si parla di


antropotecnica per migliorare la condizione umana. Per i transumanisti la
tecnologia deve e può intervenire per superare i limiti della condizione umana
dettati dalla malattia, dal maltrattamento e della morte. La relazione del soggetto
con il mondo è tutta mediata da una tecnologia che interviene nella scelta anche
genetica nella generazione degli embrioni e quindi la relazione soggetto-mondo è
mediata dalla tecnologia e si esprime in una relazione di potere sul mondo.
Il soggetto transumano è definibile nel suo essere in transizione nel suo
cambiamento (fisico/genetico).

La perfettibilità tecnologica è una scienza autopoietica (auto creatrici) di


perfettibilità che definisce l’umanità in un nuovo status. L’idea si soggetto. Siamo di
fronte ad un soggetto che si ricrea quando non si piace, si rifà migliorandosi
completamente per sorpassare i limiti opposti dalla natura. Il soggetto oggi è un
essere razionale, tecnologico che opera su di sé e sul mondo senza limiti. È una
trasformazione manipolata tecnicamente sulla psiche e sul corpo senza limiti. La
ragione tecnica fa del corpo un campo d’azione per forgiare il corpo della donna e
dell’uomo del futuro. Se ci saranno i tecnocrati dovremmo sapere orientarli e
prevenirli. Per fare questo dobbiamo capire la tecnologia, è l’uomo del futuro deve
essere un ermeneuta, deve essere padrone della propria mente, per sapere come
funzione la mente a contatto con la tecnologia. Un utile formazione scientifica e
tecnica non può prescindere da una solida base umanistica. Il soggetto del futuro
deve essere un soggetto che ha un'altissima alfabetizzazione tecnologica. Deve
conoscere il linguaggio e la logica che hanno forgiato il suo mondo. Dobbiamo
capire cos'è la tecnologia.
Platone chiama tecnologia non solo il saper fare ma anche la conoscenza del
pensiero che sottende questo fare. L’uomo è padrone della sua mente solo quando
sa come essa funzioni. L’alfabetizzazione tecnologica non è sufficiente. Una
tecnologia della quale conosco il senso profondo negli oggetti e negli strumenti e
che mi rende padrona della mia mente per trasformare il mondo intorno a me.

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