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UnidTest - Manuale Di Teoria PDF
UnidTest - Manuale Di Teoria PDF
UnidTest
Manuale di Teoria
per la preparazione del test di
Medicina e Odontoiatria
Copyright © 2018 - UniD S.r.l.
Via Ventotto Luglio 218
47893 - Borgo Maggiore
Repubblica di San Marino
Segreteria: 0549.98.00.07
Numero Verde: 800.788.884
E-mail: info@unidformazione.com
Website: www.unidformazione.com
ISBN: 978-88-99714-06-2
Indice
Introduzione XXVII
• LOGICA
Prefazione 2
1 Logica verbale 4
1.1 I vocaboli 5
1.2 Significato dei termini 5
1.3 Etimologia delle parole 6
1.4 Sinonimi e contrari 9
1.5 Figure retoriche 10
1.6 Analogie verbali e concettuali 14
1.6.1 Individuare il termine improprio 14
1.6.2 Individuare le relazioni tra termini 15
1.6.3 Stabilire le proporzioni 17
1.7 Quesiti 19
1.8 Risposte commentate ai quesiti 20
2 Logica deduttiva 23
2.1 Insiemi e diagrammi di Eulero-Venn 23
2.2 Valutazione di argomenti 26
2.3 Sillogismi 26
2.4 Condizionali 31
2.5 Ragionamento deduttivo 36
2.6 Proposizioni aristoteliche 36
2.7 Proposizioni con negazioni multiple 40
2.8 Ordine di elementi e di eventi 41
2.8.1 Sequenza spaziale 43
2.8.2 Sequenza temporale 45
2.8.3 Relazioni di parentela 47
2.9 Quesiti 47
2.10 Risposte commentate ai quesiti 49
5 Logica matematica 81
5.1 Successioni numeriche 82
5.1.1 Successioni monotone con relazione indipendente dalla posizione
del termine 83
5.1.2 Successioni monotone con relazione dipendente dalla posizione
del termine 84
5.1.3 Successioni non monotone a carattere alternato 85
5.1.4 Successioni non monotone non a carattere alternato 86
5.2 Successioni letterali 87
5.3 Successioni alfanumeriche 88
5.4 Matrici numeriche 89
5.5 Configurazioni geometriche di sequenze numeriche 91
5.6 Interpretazione di tabelle e di grafici 93
5.6.1 Interpretazione di tabelle 94
5.6.2 Interpretazione di grafici 98
5.7 Problemi logico-matematici 106
5.7.1 Frazioni 106
5.7.2 Percentuali 107
5.7.3 Proporzioni 109
5.7.4 Carte geografiche 110
5.7.5 Proporzionalità inversa 111
5.7.6 Spazio, tempo e velocità 112
5.7.7 Equazioni ed incognite 113
5.7.8 Crittografia 115
5.7.9 Probabilità 116
5.8 Calendario 118
5.9 Tempi combinati 119
5.10 Problem Solving 121
5.10.1 Sostituzione 121
5.10.2 Semplificazione e generalizzazione 122
5.10.3 Approssimazione 123
5.10.4 Osservazione 123
5.10.5 Eliminazione e congetture 124
5.11 Quesiti 125
5.12 Risposte commentate ai quesiti 126
Indice V
• CULTURA GENERALE
1 Storia 147
1.1 Cronologia 147
1.1.1 Grecia antica 147
1.1.2 Roma antica 154
1.1.3 Il Medioevo 160
1.1.4 Storia moderna 166
1.2 Il XIX Secolo 170
1.2.1 La Restaurazione 170
1.2.2 La Santa Alleanza e la Quadruplice Alleanza 171
1.2.3 I moti degli anni Venti 171
1.2.4 I moti degli anni Trenta 171
1.2.5 Il Quarantotto 172
1.2.6 La guerra di indipendenza 172
1.2.7 Il 1850-1870 172
1.2.8 Il Risorgimento 173
1.2.9 L’unità d’Italia 173
1.2.10 Spedizione dei Mille 174
1.2.11 L’età dell’imperialismo 174
1.2.12 Guerra di Secessione americana (1861-1865) 175
1.2.13 La situazione tra fine ‘800 e primo ‘900 in Europa 176
1.2.14 I primi anni di unità nazionale italiana 177
1.3 La prima guerra mondiale 179
1.3.1 Le cause 179
1.3.2 Lo scoppio della prima guerra mondiale 180
1.3.3 1914 180
1.3.4 1915 181
1.3.5 Intervento dell’Italia 181
1.3.6 1916 182
1.3.7 1917 183
1.3.8 1918 183
1.3.9 1919: I Trattati di pace 184
1.3.10 La nascita della Società delle Nazioni 185
1.3.11 La rivoluzione russa 185
VI Indice
2 Letteratura 232
2.1 Le origini della letteratura 233
2.1.1 Il Duecento 233
2.1.2 Il Trecento 235
2.1.3 Il Quattrocento 239
2.1.4 Il Cinquecento 240
Indice VII
4 Geografia 299
4.1 La Terra 299
4.1.1 Grandezze geografiche 300
4.2 America del Nord, Centro America e Caraibi 302
4.3 Americhe del Sud 305
4.4 Africa 307
VIII Indice
• MATEMATICA
Premessa 324
3 Radicali 381
3.1 Radicali aritmetici ed algebrici 381
3.2 Radicali e potenze con esponente razionale 383
3.3 Estrazione di radice 384
3.4 Prodotto e rapporto tra radicali 384
3.5 Potenze di radicali 385
3.6 Somma algebrica di radicali 386
3.7 Radicali doppi 387
3.8 Razionalizzazione 387
3.9 Condizioni di esistenza 390
3.10 Quesiti 391
3.11 Risposte commentate ai quesiti 392
5 Funzioni 420
5.1 Definizione di funzione 420
5.2 Grafico di una funzione 421
5.3 Funzioni iniettive e suriettive 422
5.4 Funzioni biettive e funzioni inverse 424
5.5 Funzioni elementari 425
5.6 Funzioni composte 427
X Indice
10 Goniometria 502
10.1 Circonferenza goniometrica 502
10.2 Definizione di seno e coseno 503
10.3 Definizione di tangente e cotangente 505
10.4 Funzioni goniometriche inverse 506
10.5 Relazione fondamentale e formule goniometriche 507
10.6 Angoli notevoli 508
10.7 Riduzione al primo quadrante 509
10.8 Formule goniometriche per i triangoli 510
10.9 Quesiti 512
10.10 Risposte commentate ai quesiti 513
12 Statistica 525
12.1 Scopo e definizioni 525
12.2 Frequenze assolute e relative 527
12.3 Rappresentazione dei dati statistici 528
12.4 Indici statistici 530
12.5 Distribuzioni statistiche 534
12.6 Quesiti 535
12.7 Risposte commentate ai quesiti 536
XII Indice
14 Probabilità 553
14.1 Eventi aleatori 553
14.2 Modelli probabilistici 554
14.3 Eventi compatibili e incompatibili 556
14.4 Eventi complementari 557
14.5 Eventi unione 557
14.6 Eventi dipendenti e indipendenti 558
14.7 Eventi intersezione 560
14.8 Probabilità e calcolo combinatorio 561
14.9 Quesiti 563
14.10 Risposte commentate ai quesiti 564
• FISICA
Prefazione 567
1 Misure 569
1.1 Grandezze fisiche 569
1.2 Misurazione 569
1.3 Sistemi di unità di misura 570
1.4 Analisi dimensionale 571
1.5 Conversioni 573
1.6 Risposte commentate ai quesiti 575
3 Cinematica 588
3.1 Moto del punto materiale 588
3.2 Posizione 588
3.3 Coordinate, traiettoria e spostamento 589
3.4 Velocità media e istantanea 590
3.5 Accelerazione media e istantanea 590
3.6 Classificazione dei moti 591
3.7 Moto rettilineo uniforme (M.R.U.) 591
3.8 Moto uniformemente accelerato (M.U.A.) 592
3.9 Moto dei gravi 593
3.10 Moto del proiettile 594
3.11 Moto circolare uniforme (M.C.U.) 595
3.12 Moto armonico 597
3.13 Moto vario 597
3.14 Moti relativi 598
3.15 Risposte commentate ai quesiti 600
4 Dinamica 602
4.1 Obiettivi della dinamica 602
4.2 Concezione newtoniana di spazio e tempo 603
4.3 Sistemi di riferimento inerziali 603
4.4 Principio di inerzia 604
4.5 Secondo principio di Newton 605
4.6 Massa inerziale 605
4.7 Principio di azione e reazione 606
4.8 Principali forze macroscopiche 606
4.8.1 Reazioni vincolari 606
4.8.2 Tensioni 607
4.8.3 Forze di attrito 607
4.8.4 Forze viscose 608
4.8.5 Forza peso 608
4.8.6 Forza elastica 609
4.9 Moto di caduta libera 610
4.10 Moto lungo un piano inclinato 610
4.11 Moto di un oscillatore armonico 611
4.12 Moto di un pendolo 611
4.13 Forze apparenti 612
4.14 Moto di tipo orbitale 613
4.15 Quesiti 614
4.16 Risposte commentate ai quesiti 615
7 Statica 636
7.1 Definizione di corpo rigido 636
7.2 Momento di una forza 636
7.3 Coppia di forze 637
7.4 Momento angolare 638
7.5 Baricentro di un corpo 638
7.6 Equazioni cardinali 640
7.7 Equilibrio 640
7.8 Leve 642
7.9 Quesiti 643
7.10 Risposte commentate ai quesiti 644
9 Termologia 660
9.1 Sistema termodinamico 660
9.2 Stati di equilibrio 660
9.3 Grandezze di stato 661
9.4 Temperatura 662
9.5 Scale termometriche 662
Indice XV
10 Termodinamica 675
10.1 Leggi di Gay-Lussac 675
10.2 Legge di Boyle 676
10.3 Definizione di mole 677
10.4 Equazione di stato dei gas perfetti 677
10.5 Legge di Dalton 678
10.6 Gas reali 678
10.7 Teoria cinetica dei gas 679
10.8 Lavoro 679
10.9 Primo principio della termodinamica 680
10.10 Trasformazioni isobare 681
10.11 Trasformazioni isocore 681
10.12 Trasformazioni isoterme 682
10.13 Trasformazioni adiabatiche 682
10.14 Trasformazioni irreversibili 683
10.15 Entropia 683
10.16 Secondo principio della termodinamica 684
10.17 Macchine termiche 685
10.18 Ciclo di Carnot 686
10.19 Terzo principio della termodinamica 687
10.20 Quesiti 688
10.21 Risposte commentate ai quesiti 689
11 Elettrostatica 691
11.1 Definizione di carica elettrica 691
11.2 Conduttori, isolanti e semiconduttori 692
11.3 Tipi di elettrizzazione 693
11.4 Legge di Coulomb 695
11.5 Campo elettrostatico 696
11.6 Energia potenziale elettrostatica 697
11.7 Potenziale elettrico 697
11.8 Tensione e lavoro 698
11.9 Teorema di Gauss 699
11.10 Capacità elettrica 701
11.11 Condensatore 701
11.12 Condensatori in serie e in parallelo 702
11.13 Quesiti 703
11.14 Risposte commentate ai quesiti 705
XVI Indice
12 Elettrodinamica 707
12.1 Corrente elettrica 707
12.2 Prima e seconda legge di Ohm 708
12.3 Effetto Joule e altri effetti connessi alla corrente 710
12.4 Principi di Kirchhoff 712
12.5 Resistenze in serie e in parallelo 713
12.6 Corrente elettrica nei fluidi 715
12.7 Quesiti 716
12.8 Risposte commentate ai quesiti 717
13 Magnetismo 719
13.1 Fenomeni magnetici 719
13.2 Campo magnetico 720
13.3 Proprietà magnetiche della materia 722
13.4 Legge di Biot e Savart 725
13.5 Campo magnetico in una spira 725
13.6 Solenoide 726
13.7 Forza di Lorentz 727
13.8 Quesiti 728
13.9 Risposte commentate ai quesiti 729
14 Elettromagnetismo 731
14.1 Interazioni tra campi magnetici e correnti elettriche 731
14.2 Definizione di Ampere 732
14.3 Induzione elettromagnetica 732
14.4 Corrente alternata 733
14.5 Spettro del campo elettromagnetico 735
14.6 Quesiti 738
14.7 Risposte commentate ai quesiti 739
• CHIMICA
Prefazione 763
8 Le soluzioni 887
8.1 Introduzione 887
8.2 Soluzioni ed unità di concentrazione 887
8.2.1 La molarità (M) 888
8.2.2 La molalità (m) 890
8.2.3 La normalità (N) e gli equivalenti chimici 891
8.3 Il fenomeno della dissoluzione 893
8.3.1 Fattori che influenzano la solubilità 893
8.4 Proprietà colligative delle soluzioni 895
8.4.1 Innalzamento ebullioscopico (o del punto di ebollizione) (∆Teb ) 895
8.4.2 Abbassamento crioscopico (o del punto di congelamento) (∆Tcr ) 895
8.4.3 Pressione osmotica (Π) 897
8.4.4 Legge di Raoult (1886) 898
8.4.5 Proprietà colligative e grado di dissociazione 900
8.5 Titolazioni 902
8.6 Quesiti 903
8.7 Soluzioni commentate ai quesiti 904
9 Elettrochimica 906
9.1 Introduzione 906
9.2 Pile chimiche 906
9.2.1 La Pila Daniell 906
9.3 Potenziale di riduzione 907
9.4 Elettrolisi 911
9.5 Le leggi di Faraday (1833) 912
9.6 Quesiti 914
9.7 Soluzioni commentate ai quesiti 915
Indice XXI
11.10.10Ammidi 972
11.11 Cenni di Nomenclatura per classi funzionali 973
11.11.1 Alogenuri 973
11.11.2 Alcoli, tioli e fenoli 974
11.11.3 Eteri ed epossidi 974
11.11.4 Aldeidi e chetoni 975
11.11.5 Acidi carbossilici 976
11.11.6 Esteri 978
11.11.7 Ammine 978
11.11.8 Ammidi 978
11.12 Quesiti 980
11.13 Soluzioni commentate ai quesiti 981
12 Glossario 983
• BIOLOGIA
Prefazione 994
3 Bioenergetica 1071
3.1 La termodinamica biologica 1071
3.2 La valuta energetica delle cellule (ATP) e i coenzimi delle ossido-riduzioni 1072
3.3 Glicolisi e respirazione cellulare 1073
3.3.1 Glicolisi 1075
3.3.2 Il ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA) o ciclo di Krebs 1077
3.3.3 La catena di trasporto degli elettroni 1079
3.3.4 La fosforilazione ossidativa: la sintesi di ATP 1081
3.3.5 Efficienza energetica globale della respirazione 1083
3.3.6 Fermentazioni 1083
3.4 La fotosintesi 1085
3.4.1 Le reazioni alla luce: i pigmenti fotosintetici 1086
3.4.2 Le reazioni alla luce: i fotosistemi 1087
3.4.3 Le reazioni alla luce: il trasporto degli elettroni 1089
3.4.4 Il ciclo di Calvin-Benson 1090
3.4.5 La fotorespirazione 1091
3.5 Quesiti 1093
3.6 Soluzioni commentate ai quesiti 1094
7 Glossario 1280
Prefazione
Se stai leggendo questa pagina probabilmente sei in dirittura d’arrivo all’esame di maturità,
oppure stai già stringendo con orgoglio il prezioso e agognato diploma. Se stai leggendo questa
pagina inoltre molto probabilmente hai intenzione di iscriverti ad una Facoltà a numero chiuso,
Medicina, Veterinaria e Odontoiatria.
Ecco dunque che il sogno di un meritato riposo, di una vacanza con gli amici o di un’estate
all’insegna del dolce far niente viene improvvisamente minacciato da una nuova ombra: il Test
di ammissione all’Università.
Ti capiamo, e comprendiamo allo stesso tempo quanto sia importante per te superare la
prova d’ingresso, cosı̀ da poter proseguire la tua carriera universitaria come desideri:
con soddisfazione, profitto e successo.
Per questo abbiamo ideato un nuovo e dinamico sistema di studio, per andare incontro
a tutti gli studenti che si trovano alle prese con la preparazione ai Test di ammissione.
Questo manuale è rivolto alla preparazione delle prove di ammissione ai corsi di laurea
dell’Area Medica: Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Veterinaria; oltre che
per i corsi universitari dell’Area Scientifica: Biologia, Biotecnologie, Farmacia, CTF, nonché
per Scienze Motorie.
UnidTest rappresenta un punto di riferimento per tutti gli studenti che vogliono sa-
perne di più sul sistema universitario e sulle modalità di accesso ai corsi di laurea a numero
programmato. L’ingresso al mondo universitario è complesso e il Test di ammissione è il primo
scoglio davanti al quale un ragazzo rischia di rimanere incagliato. Per questo motivo UnidTest
ha creato una comunità di professionisti della formazione vicini alle tue esigenze. Coloro che
si affidano alla nostra esperienza hanno l’opportunità di trovare davanti a sé un team capace
di ascoltare in maniera attiva e modellare un percorso formativo che aderisca alle necessità e
alle problematiche messe in evidenza da ciascuno, facendo emergere le proprie potenzialità.
UnidTest opera su tutto il territorio con i Corsi in aula disponibili in 33 città a partire
dalla stagione autunnale e fino a pochi giorni prima delle date dei test, avvalendosi della
collaborazione di oltre 300 docenti, selezionati tra docenti universitari, brillanti ricercatori
e professionisti. Ha ideato e realizzato nel 2010 i primi Corsi Online di preparazione ai test
di tutte le facoltà, costantemente aggiornati e tutt’ora ineguagliati.
Ringraziamenti
UnidTest ringrazia tutti coloro che hanno collaborato alla redazione della Collana “Test Uni-
versitari”, in particolar modo Desiree Pelliccia per la realizzazione delle fotografie d’autore,
Prof.ssa Ivania Avolio per i preziosi confronti scientifici e didattici, tutto il corpo docente
UnidTest e i partecipanti ai corsi per i suggerimenti pratici.
Aggiornamenti
È possibile scaricare gli aggiornamenti del presente volume sul sito web www.libriunidtest.com,
all’interno del dettaglio prodotto.
Introduzione
1. Come prepararsi ai Test Universitari
L’accesso ad alcuni Corsi di Laurea Specialistica a livello nazionale (come Medicina e Chirur-
gia, Odontoiatria e Protesi dentaria, Medicina Veterinaria, Scienze della Formazione Primaria
e Architettura), alcune importanti Università private (come Università Cattolica, San Raf-
faele, Campus Biomedico e Humanitas) e molti Corsi di Laurea triennali (come Fisioterapia,
Dietistica, Logopedia, Infermieristica e Ostetricia) sono disciplinati dalla legge n. 264 del 1999
che ne stabilisce il numero programmato.
Il numero programmato indica il numero di matricole ammesso ogni anno alla frequenza
dei suddetti corsi.
Gli studenti che desiderano frequentare tali facoltà universitarie devono pertanto supera-
re un test di selettivo volto a valutare le potenziali attitudini e competenze dei candidati
indispensabili per proseguire il corso di laurea prescelto.
In seguito alla riforma universitaria, inoltre, numerose facoltà i cui corsi erano ad accesso
libero, hanno introdotto la presenza di Test valutativi per accertare le conoscenze pregresse e
le attitudini personali. In questo caso si tratta di una prova di valutazione orientativa, il cui
esito non preclude l’iscrizione al corso di laurea.
Nel caso di valutazioni negative, tuttavia, viene attribuito un debito formativo da sanare
entro il primo anno di studi, a dimostrazione del superamento delle lacune rivelate.
Il presente manuale racchiude le principali normative di riferimento e le procedure
previste per le prove di ammissione. Inoltre al seguente indirizzo:
http://www.unidformazione.com/test-di-ammissione/test-di-ammissione/bandi-decreti-leggi-2/
è possibile scaricare i test ufficiali precedenti, consultare i documenti ministeriali nella loro
versione integrale e rimanere costantemente aggiornati sulle novità relative ai test.
La Collana UnidTest consente di raggiungere una preparazione completa, attraverso
l’apprendimento di tutte le nozioni e tecniche di risoluzione proposte nei seguenti testi:
UnidTest Teoria – Manuale di preparazione: contiene la trattazione teorica,
mirata e specifica, di tutte le conoscenze necessarie per rispondere correttamente ai
quesiti a risposta multipla e seleziona le informazioni rilevanti per tutti coloro che si
candidano al superamento del Test. Il testo è inoltre integrato al termine di ogni capitolo
da numerosi esercizi risolti e commentati, arricchito da tabelle, schemi e glossari che
aiutano a fissare i concetti essenziali;
UnidTest Esercizi – Eserciziario commentato: contiene centinaia di quesiti
inediti suddivisi per materia, aggiornati alle più recenti direttive ministeriali e coerenti
alle prove di ammissione degli ultimi anni. Tutte le domande sono corredate da soluzioni
e commento esaustivo utile per acquisire le tecniche più rapide ed efficaci per risolvere
i quesiti a risposta multipla;
UnidTest 12.000 Quiz: contiene la più completa raccolta di quesiti a risposta
multipla, tratte in parte dall’archivio ufficiale delle prove di ammissione a Me-
dicina, Odontoiatria e Veterinaria e in parte inedite. Questa raccolta di domande,
suddivise per materia, sono corredate da soluzioni e rappresentano uno strumen-
to aggiornato di studio indispensabile per familiarizzare con le prove d’esame e per
perfezionare la preparazione teorica;
UnidTest Prove di Verifica: contiene dieci prove di verifica coerenti per difficoltà e
caratteristiche con le prove ufficiali: il numero dei quesiti, la suddivisione per materia
e le tipologie seguono fedelmente i contenuti dei test più recenti e includono i nuovi
quesiti Cambridge. Tutte le domande sono corredate da un commento esaustivo utile
per acquisire le tecniche più rapide ed efficaci per risolvere i quesiti a risposta multipla;
XXX Introduzione
Glossari e Tabelle
Il Manuale è arricchito da glossari e tabelle riepilogative, utili per ripassare e chiarire la
terminologia specialistica, contributo indispensabile per la comprensione dei vari argomenti e
per l’approfondimento del sapere.
Allenamento psicologico
Lo studio teorico mirato, la risoluzione dei quesiti proposti nei test ufficiali degli anni pre-
cedenti, i consigli ed i suggerimenti pratici predispongono lo studente ad affrontare la prova
con maggiore competenza, familiarità e serenità. Dopo un percorso guidato, pensato appo-
sitamente per la preparazione ai Test di ammissione alle facoltà a numero programmato, lo
studente acquisirà una maggiore sicurezza, necessaria per sostenere la prova con lucidità e
consapevolezza.
Introduzione XXXI
4. Tecniche più efficaci: vengono trasmesse le tecniche e le strategie per risolvere effi-
cacemente e velocemente i quesiti a risposta multipla, che consentono di ottenere un
punteggio superiore rispetto agli altri candidati;
5. Materiale aggiuntivo: durante le lezioni vengono consegnate dai docenti Unidtest
dispense teoriche e di esercizi all’uopo realizzate.
UnidTest propone inoltre Vacanze-Studio in Repubblica di San Marino, per tutti coloro
che desiderino conciliare lo studio con il divertimento e il relax.
L’offerta formativa è consultabile al seguente link:
http://www.unidformazione.com/corsi/corsi-in-aula/.
All’atto dell’iscrizione UniD fornisce l’edizione aggiornata dei Manuali UnidTest-ultima edi-
zione (Teoria, Esercizi, Prove di verifica e raccolta di Quiz), il Corso Online, Test e Simulazioni
online illimitate e l’accesso al Forum docenti/studenti per chiarire i dubbi anche da casa e
iniziare uno studio preliminare indispensabile per acquisire le conoscenze di base.
Accanto alla professionalità e competenza che contraddistingue l’operato di UniD Forma-
zione è essenziale l’impegno da parte dei partecipanti durante la frequenza delle lezioni e nello
studio individuale. È importante quindi che il corsista si prepari preventivamente attraverso
lo studio approfondito dei manuali.
UniD S.r.l.
Via Ventotto Luglio 218
47893 Borgo Maggiore (RSM)
Numero Verde: 800.788.884
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www.unidformazione.com
Introduzione XXXV
DURATA DELL’ESAME:
Per lo svolgimento della prova il candidato dispone di un tempo massimo di 100 minuti.
Il candidato deve dimostrare:
di aver acquisito un’elevata capacità di concentrazione;
di comprendere immediatamente il quesito posto;
di individuare prontamente e correttamente la risposta.
XXXVI Introduzione
GRADUATORIA
A partire dall’Anno Accademico 2013/14 è stata introdotta la graduatoria nazionale di merito.
Nella tabella sottostante è possibile visionare le Statistiche relative alla prova di ammissione
2015/16; vengono presi in considerazione il numero di posti disponibili, i partecipanti alla
prova, il rapporto di candidati per posto disponibile e il punteggio minimo dell’ultimo am-
messo. La selezione per questi corsi di laurea è molto severa e negli anni si è riscontrato un
aumento costante del numero di aspiranti matricole a fronte di una variazione minima dei
posti disponibili.
Medicina e Chirurgia – Odontoiatria e Protesi Dentaria
3.3 Struttura dei test per i corsi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
La selezione dei candidati per i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi
Dentaria presso l’Università Cattolica di Roma è basata su una graduatoria di merito
determinata dai risultati della prova scritta. La prova scritta consiste nella soluzione di 120
quesiti a risposta multipla sui seguenti argomenti:
test psico–attitudinale: logica, ragionamento spaziale visivo, comprensione dei brani,
attenzione e precisione, ragionamento numerico, problem solving (90 quesiti);
cultura religiosa (10 quesiti);
lingua inglese (20 quesiti).
Per lo svolgimento della prova è assegnato un tempo massimo di 120 minuti.
POSTI DISPONIBILI:
Statistiche
3.4 Struttura dei test per i corsi della Libera Università Vita e Salute San Raffaele
L’esame di ammissione alle Facoltà di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria,
prevede 100 domande a risposta multipla di cui il 10% formulate in lingua inglese
POSTI DISPONIBILI:
Statistiche
3.5 Struttura dei test per i corsi della Libera Università Campus Bio-Medico
La selezione dei candidati per i corsi attivati presso la Libera Università Campus Bio-Medico di
Roma è basata su una graduatoria di merito finale determinata dal voto conseguito all’Esame
di Maturità, dai risultati della prova scritta e della prova orale.
L’esame di ammissione alla Libera Università Campus BioMedico prevede 100 quesiti a
risposta multipla con 5 alternative di cui solo una esatta.
Logica: 50 quesiti
Biologia: 15 quesiti
Chimica: 15 quesiti
Fisica: 10 quesiti
Matematica: 10 quesiti
I colloqui della prova orale vertono su temi di cultura generale, attitudinali e motivazionali,
al fine di verificare la predisposizione dei candidati verso la scelta degli studi presso la Libera
Università Campus Bio-Medico.
POSTI DISPONIBILI:
Statistiche
POSTI DISPONIBILI:
Statistiche
ATTENZIONE: I termini per iscriversi al test sono tassativi pena l’esclusione dalla
partecipazione al concorso
La pagina facebook di UniD Formazione, inoltre, è un ottimo modo per trovare aggiornamenti,
consigli e informazioni, oltre che uno scambio di pareri e suggerimenti da parte di altri studenti:
https://www.facebook.com/UniDFormazioneTestAmmissioneUniversitari
Sebbene di anno in anno la composizione e la modalità di svolgimento della prova sia sog-
getta ad alcune modifiche, una conoscenza di massima dell’impostazione può essere utile per
familiarizzare con la prova.
Si raccomanda tuttavia di prestare la massima attenzione alle indicazioni definitive fornite
in sede d’esame.
La compilazione del test deve avvenire esclusivamente mediante penna nera a sfera.
La seconda copia può dunque essere utilizzata in caso di errori nella compilazione,
danneggiamento o usura.
La copia non valida dovrà essere annullata con una barra di cancellazione.
Gli altri documenti (il modulo risposte non utilizzato o annullato, i quesiti oggetto di prova,
il modulo anagrafico) saranno consegnati separatamente alla commissione.
Consigliamo la visione del Video Informativo redatto dal MIUR al seguente link:
www.universitaly.it/index.php/highered/accessoprogrammatopresenta
Allenarsi a gestire il tempo già prima della prova d’esame. Durante la preparazione si consiglia
innanzitutto di imparare a risolvere le diverse tipologie di esercizi con calma e serenità, cosı̀
da comprenderne a fondo le diverse dinamiche;
In un secondo momento è importante simulare delle vere prove d’esame, cronometrando le
proprie prestazioni. In questo modo ci si abituerà a reggere la concentrazione durante il tempo
a disposizione e si capirà quali sono le tipologie di quesiti più semplici e quelle che compor-
tano maggior dispendio di tempo. Su questa base ci si potrà allenare per migliorare le proprie
performances sugli esercizi più impegnativi.
In sede d’esame:
Indossare un orologio;
Portare una penna a sfera nera;
Ricordare il tempo medio di risoluzione da dedicare ad ogni quesito;
È importante leggere con la massima attenzione il quesito e prima di indicare la soluzione, pre-
stare attenzione a tutte le risposte. L’impulsività porta a commettere molti errori di leggerezza,
soprattutto laddove si è maggiormente preparati. Quando si è sicuri di conoscere la risposta,
non indicarla precipitosamente ma valutare bene anche le altre alternative;
Si consiglia di non soffermarsi eccessivamente sui quiz complessi ma di risolvere innanzitutto
quelli di cui si è immediatamente certi. È bene indicare con un segno sulla copia contenente
le domande gli esercizi su cui si intende ritornare. In questo modo, una volta svolti i primi, si
potranno individuare più rapidamente i quesiti lasciati in sospeso;
Indicare sulla copia delle domande i quesiti che fanno emergere incertezze. Segnandosi even-
tualmente l’alternativa delle risposte su cui si ha un dubbio, cosı̀ da non dover riprendere il
ragionamento da capo in un secondo momento, al fine di economizzare il tempo a disposizione;
Una volta terminata una prima scrematura, tornare alle domande lasciate in sospeso contras-
segnate.
del lettore in sede di correzione. 10. 30. 50.
11. 31. 51.
Di seguito riportiamo le indicazioni per con-
12. 32. 52.
trassegnare le risposte. 13. 33. 53.
Si consideri che le presenti indicazioni fanno 14. 34. 54.
riferimento ai moduli degli anni scorsi e che tale 15. 35. 55.
16. 36. 56.
regolamentazione potrebbe essere soggetta a mo-
17. 37. 57.
difiche. È fondamentale pertanto, prima di co- 18. 38. 58.
minciare l’esame, leggere con attenzione le istru- 19. 39. 59.
zioni per prendere visione di eventuali cambia- 20. 40. 60.
menti.
Introduzione XLV
Dal momento che ogni modulo di risposte contiene un codice a barre identificativo, è impor-
tante non scambiare i documenti con altri candidati.
Tutti i documenti propongono i medesimi esercizi, l’ordine dei quesiti tuttavia potrebbe
non essere rispettato. Non cercare dunque suggerimenti dalle postazioni vicine, poiché alla
numerazione potrebbero non corrispondere gli stessi esercizi.
e commentate, saranno una palestra essenziale per l’allenamento dei neuroni. Nel caso
della logica l’esercitazione è davvero molto importante.
Solo la pratica assidua porterà alla sicurezza necessaria per affrontare una tipologia
di quesiti particolarmente intricati.
Logica
Inoltre, spesso il tempo di risoluzione degli esercizi di logica è più lungo rispetto
a quello di materie più nozionistiche. Uno studente non sufficientemente allenato può
giungere, con la sola forza del ragionamento alla risoluzione degli esercizi. Il tempo
impiegato sarà però necessariamente più lungo, proprio perché il ragionamento richiede
riflessioni e considerazioni articolate.
In un Test che misura la capacità di rispondere correttamente al maggior numero
di risposte in un breve lasso di tempo, la familiarità e la dimestichezza con i quesiti
può diventare dunque un importante fattore discriminante.
Logica verbale
1
La Logica è la scienza del ragionamento e dei suoi procedimenti.
Logica verbale
Logica deduttiva
Figura 1.1: Non sempre è banale
Comprensione dei testi comprendere il significato dei termini.
Logica matematica
Logica visuo-spaziale
1.1 I vocaboli
I vocaboli hanno un peso rilevante nei Test di ammissione.
Principalmente si possono individuare 5 macro tipologie di quesiti:
Logica
Significato dei termini
Etimologia delle parole
Sinonimi e contrari
Figure retoriche
Analogie verbali e concettuali
Nelle sezioni seguenti analizzeremo le singole tipologie per illustrare le strategie risolu-
tive più adeguate.
In questo tipo di esercizi i distrattori sono spesso costituiti dai significanti del termine
proposto.
Per prepararsi a questo tipo di esercizi inoltre può essere utile, ogni qual volta si
sente, legge o utilizza un termine non perfettamente chiaro, andare ad appurare
il reale corrispettivo sul vocabolario.
Verbale
Registrandovi gratuitamente al sito La parola del giorno, riceverete ogni giorno una mail
contenete un termine con relativo significato. È un semplice modo per imparare ogni giorno
almeno una parola nuova:
http://dizionari.zanichelli.it/paroledelgiorno/
Inoltre si rimanda al link del Vocabolario Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/
Nella maggior parte dei casi, i termini della lingua italiana derivano dal greco o dal
latino. L’italiano è infatti una lingua neolatina.
Le lingue neolatine (o di origine romanza) sono le lingue derivate dal latino volgare
in seguito dell’espansione dell’Impero Romano. Le lingue neolatine hanno come radice
il latino, ma nel corso degli anni si sono fuse ai dialetti locali. L’italiano, lo spagnolo,
il francese, il rumeno, il portoghese sono le più importanti.
Logica
moda e della cucina nel caso dell’inglese. Le parole
di origine francese sono invece più difficili da indi-
viduare perché naturalizzate da più tempo, con una
grafia e un suono simile all’italiano.
Figura 1.2: In molte lingue nomi e
termini hanno un’etimologia illuminante.
Alcuni termini di uso comune di origine inglese:
week - end, computer, internet, random, pc, pressing, assist, fallo, corner, bomber,
casual, mobbing, stop, smoking, pullover. . .
La tabella che segue presenta alcuni prefissi e suffissi di origine greca e latina che
possono comporre le parole italiane. Tali elementi risultano utili per comprendere il
significato e l’etimo di termini sconosciuti.
Logica
-onnivoro che mangia onnivoro, carnivoro, erbivoro
Lo studio dei suffissi è molto utile per superare con successo gli esercizi di vocabolario
e quelli etimologici.
Qualora non si conosca esattamente il termine proposto può essere d’aiuto pensare
a espressioni o luoghi comuni che contengano il suddetto termine. In questo caso
è nota l’espressione cuore impavido per indicare qualcuno che non teme pericoli e
avversari.
Verbale
Nel caso non si conosca il significato del termine l’etimologia può aiutare a dedurne
il senso. Filantropo deriva dai due termini greci: filos = amico e antropos = uomo.
Il filantropo dunque è un amico dell’uomo, una persona ben predisposta al prossimo.
Nella maggior parte dei casi gli esempi sono tratti dai testi classici della lette-
ratura italiana. Non è da escludere dunque che nei test si possano incontrare i
medesimi versi.
Infine, l’abbinamento delle opere letterarie ai relativi autori può essere utile
nell’ottica delle domande di cultura generale e nelle analogie verbali, in cui si
richiede di individuare gli accostamenti tra opere e scrittori.
Aferesi Indica la caduta di una vocale o di una sillaba all’inizio di parola. Es.:
Lo ’ntelletto di Padron ’Ntoni (G. Verga, I Malavoglia).
Logica 11
Logica
Allitterazione Ripetizione di una lettera o una sillaba. Es.: Il pietoso pastor
pianse al suo pianto (T. Tasso, Gerusalemme Liberata). Si noti la ripetizione
ossessiva della lettera p e della sillaba pi.
Anafora Ripetizione di una o più parole all’inizio della frase o del verso. Es.:
Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse (G.
D’Annunzio, La pioggia nel pineto).
Anastrofe Inversione dell’ordine abituale dei termini. Es.: A egregie cose il forte
animo accendono l’urne de’ forti, o Pindemonte (U. Foscolo, Dei Sepolcri). La
sequenza canonica è: O Pindemonte, l’urne de’ forti accendono il forte animo a
cose egregie.
Le dame, i cavalier
L’arme, gli amor
Logica
d’autunno).
Similitudine Si utilizza per chiarire un concetto paragonandolo a qualcuno o
a qualcosa di ben noto. Es.: Fresche le mie parole ne la sera ti sien / come il
fruscio che fan le foglie/ del gelso. . . (D’Annunzio, La sera fiesolana).
Zeugma Collegamento di un verbo a due o più elementi della frase che invece
richiederebbero ciascuno un verbo specifico. Es: Fuori sgorgando lagrime e sospiri
(Dante. La Divina Commedia). Sgorgando si riferisce sia a lacrime che a sospiri.
Le lacrime sgorgano, comunemente però non può dirsi lo stesso per i sospiri.
Le figure retoriche sono frequenti anche nel linguaggio comune. Proverbi, luoghi co-
muni, canzoni e articoli di giornale si servono spesso di questo strumento. Anche il
linguaggio pubblicitario fa un grande utilizzo delle figure retoriche. In tale ambito gli
artifici linguistici permettono di ottenere delle frasi accattivanti e di forte impatto.
Si rimanda ad un articolo sull’uso delle figure retoriche in pubblicità. Nel testo vengono ri-
portati alcuni esempi che renderanno immediatamente visibili e facilmente memorizzabili gli
stratagemmi retorici.
http://sicapisce.wordpress.com/2009/10/07/le-figure-retoriche-in-pubblicita/
Logica
La risposta corretta è la E. Si tratta di un nesso geografico. Tutte le città proposte si
trovano in Cina, ad eccezione di Fukushima che si trova in Giappone.
In questi esercizi, data una serie di coppie di termini, è richiesto di individuare l’abbi-
namento errato o l’accoppiamento improprio.
Verbale
È bene un ripasso delle diverse branche mediche e della denominazione dei vari spe-
cialisti. Anche in questo caso l’etimologia dei termini può essere d’aiuto per ricostruire
il significato di un vocabolo.
Logica
Angiologia: dal greco angios, vaso sanguigno, e logos, studio.
Podologia: dal greco pods, piede, e logos, studio.
Geriatria: dal greco gheron, vecchio, e iatreia, cura.
Risorgimento : X = Rinascimento : Y
A) X= Cavour, Y= B) X= Cavour, Y= Lorenzo C) X= Pietro il Grande, Y=
Napoleone il Magnifico Leonardo da Vinci
D) X= Mazzini, Y= E) X= Brunelleschi, Y=
Garibaldi Donatello
La risposta corretta è la B. Si tratta di una relazione temporale. Cavour (1816-1861)
è uno dei protagonisti del Risorgimento italiano, cosı̀ come Lorenzo il Magnifico (1449
-1492) lo è del Rinascimento. Sebbene non sia semplice dare una datazione precisa delle
correnti storiche e culturali, il Risorgimento si colloca tra il 1815 e il 1871, il Rinascimento
tra il 1350 e la fine del 1400. I distrattori sono la risposta D, in cui i personaggi sono
entrambi protagonisti del Risorgimento italiano e la E, in cui i personaggi appartengono
al Rinascimento.
Per risolvere questo tipo di quesiti è bene fare mente locale del periodo storico in
cui si collocano i personaggi e qualora non si ricordi esattamente la loro datazione,
accostarli a personaggi storici con cui hanno interagito.
Piano : Pianista = X : Y
A) X= forte, Y= auto- B) X= mensa, Y= commen- C) X= violino, Y= concerto
mobile sale
D) X= ludico, Y= gio- E) X= sposato,Y= spietato
coso
La risposta corretta è la B. Si tratta di una relazione etimologica che si basa sul si-
gnificato dei termini e sull’etimo comune. Il termine commensale è costituito dal suffisso
con, + una derivazione dal termine mensa, che significa appunto condividere la mensa.
La soluzione A si riferisce ad un’associazione di idee arbitraria, la C collega uno stru-
mento all’occasione in cui viene utilizzato, la D propone due sinonimi e la E si basa su
un’assonanza sonora evidentemente sbagliata.
Logica 19
Logica
uno schema delle relazioni più comuni.
Una volta compresa la dinamica delle relazioni sarà più semplice individuare anche
quelle di altro tipo.
RELAZIONI ESEMPI
Relazione geografica:
Regione / Città, Torino: Piemonte
Stato / fiume, Polonia: Vistola
Continente/ Stato Asia: Laos
...
Relazione di appartenenza:
Scrittore / Opera Italo Svevo: La coscienza di Zeno
Romanzo / Protagonista Il nome della Rosa: Guglielmo da Baskerville
Corrente artistica / Artista Espressionismo: Paul Gauguin
Relazione grammaticale:
Verbi Andato (participio): dormire (infinito)
Sostantivi Riflessione (s. astratto): Sedia (s. concreto)
Avverbi Apparentemente (a. di modo): Qua (a. di
luogo)
Relazione temporale:
Epoca / Personaggi Rivoluzione francese: Luigi XVI
Epoca /Avvenimenti importanti Anni Trenta: New Deal
Relazione etimologica:
Comune etimo dei termini Eremo: Eremita
Cavalleria: Cavallo
Relazione causale:
Causa / Effetto Esplosione: Macerie
Azione /Conseguenza Bere: Dissetarsi
Relazione tra un lavoratore e Pescatore: Amo,
lo strumento utilizzato: Scultore: Scalpello
1.7 Quesiti
1) Per OGM s’intende: 2) Individuare il termine anomalo:
Logica
2) La risposta corretta è la D . Tutti gli altri termini si rifanno alla radice etimologica
mel, miele. La risposta D , mieloma, pur avendo un significante simile alle altre
soluzioni, ha un significato decisamente diverso. Per comprendere l’accezione di
questo termine è utile rifarsi alla tabella dei suffissi. Il suffisso -oma molto spesso
compone parole che indicano un tumore. Il mieloma infatti è un tumore maligno
che deriva dalle plasmacellule del sangue e che spesso colpisce, oltre a molti altri
organi, anche l’osso.
4) Tutti i termini proposti si costituiscono con il suffisso pan- dal significato di intero,
totalità. Panlogismo significa che tutto è razionale e indica una visione di vita posi-
tivistica. Paneuropeo è un vocabolo che unisce o tende a unire l’intera Europa e le
popolazioni che vi abitano. Il panpsichismo è un concetto appartenente all’ambito
filosofico, ritiene che tutti gli esseri, viventi e non viventi, posseggano delle capa-
cità psichiche. Il termine panteismo si applica a tutte quelle dottrine secondo le
quali è Dio tutto ciò che è, la natura e l’universo. L’unica parola che si discosta è
panflettista, la cui origine è pamphlet, termine francese per indicare un breve sag-
gio. Conseguentemente il panflettista è l’autore di pamphlet. La risposta corretta
pertanto è la risposta D .
5) Anche in questo caso è molto importante prestare attenzione al prefisso delle parole
proposte. Ogni termine incomincia con il prefisso -poli. In quattro casi è utilizzato
con accezione di diversità, pluralità. L’anomalia risiede nel termine politico, in cui
il prefisso -poli fa invece riferimento alla polis greca, la città. La risposta corretta
dunque è la D .
Solo una parte dell’insieme degli interlocutori noiosi è inserito in quello degli intel-
lettuali. Questa rappresentazione corrisponde all’affermazione di partenza, infatti una
parte degli interlocutori noiosi è costituita dagli intellettuali. La risposta B dunque è
quella corretta.
La soluzione non è corretta perché i due insiemi sono distinti, quindi non c’è relazione
tra gli elementi.
Logica 25
Logica
(a) Risposta A: Tutti gli inter- (b) Risposta B: Alcuni interlocutori
locutori sono intellettuali noiosi. noiosi sono intellettuali.
Questa risposta è una sorta di inversione della relazione tra gli insiemi delle due cate-
gorie oggetto della proposizione di partenza. Inoltre l’affermazione Tutti i noiosi non
rispetta fedelmente l’insieme di partenza costituito dagli Interlocutori noiosi. Per cui
non sarebbe corretto considerare Tutti i noiosi allo stesso modo degli Interlocutori
noiosi.
Se piove mi bagno
Mi bagno
L’ultima riga di ogni esempio costituisce la conclusione del relativo argomento.
Gli esercizi di valutazione di argomenti richiedono generalmente di completare un
argomento a cui manca la conclusione o parte di essa, scegliendola tra le opzioni propo-
ste. Il metodo di risoluzione di questo tipo di esercizi varia a seconda che l’argomento
in oggetto sia un sillogismo o un condizionale.
2.3 Sillogismi
AS V AS V
1 2 3 1 2 3
Logica
5 5
6 4 6 4
7 7
A A
AS V AS V
1 2 3 1 2 3
5 5
6 4 6 4
7 7
A A
ne deriverebbe che
A) l’asino vola
B) l’asino non può volare
C) non è vero che ogni animale vola
D) non tutti gli asini volano
E) non tutti gli animali volano
Conosciamo già la risposta corretta, ma proviamo a valutare le opzioni errate alla luce
del diagramma di Figura 2.4(d).
Risposta B: Non può essere corretta perché afferma che per gli asini è impossibile
volare, ovvero nei termini del nostro diagramma che le sezioni 2 e 5 devono essere
cancellate.
Risposta C: Non può essere corretta perché afferma che non è vero che ogni
animale vola, il che è equivalente a dire che esiste almeno un animale che non
vola. Nei termini del nostro diagramma significa che deve esistere almeno un
oggetto nelle aree 6 o 7.
Risposta D: Non può essere corretta perché afferma che non tutti gli asini
volano, ovvero nei termini del nostro diagramma che deve esistere almeno un
oggetto nelle aree 1 o 6.
Risposta E: Non può essere corretta perché afferma che non tutti gli animali
volano, il che è equivalente a dire che esiste almeno un animale che non vola. Le
risposte E e C sono quindi equivalenti.
Prima di passare all’analisi di un altro esempio è utile rappresentare tutte le
possibili intersezioni tra due insiemi di oggetti come illustrato in Figura 2.5.
Molti esercizi prevedono sillogismi in cui oltre a termini categorici compaiono termini
che si riferiscono ad individui o singoli oggetti. Questi casi vanno trattati come i casi
di Qualche x è y e Qualche x non è y : l’oggetto singolo citato nell’argomento sarà
rappresentato da un punto e posto nella sezione del diagramma appropriata.
Nella maggior parte dei casi i sillogismi proposti sono composti da due premesse più
una conclusione e non contengono più di tre termini categorici.
x y x y
Logica
1 2 3 1 2 3
5 5
6 4 6 4
7 7
(a) Tutti gli x sono y (b) Nessun x è y
a
x y x y
1 2 3 1 2 3
5 5
6 4 6 4
7 7
(c) Qualche x è y (d) Qualche x non è y
Figura 2.5: Possibili intersezioni tra due insiemi.
a a
Nei casi in cui una delle premesse faccia riferimento ad un oggetto particolare
invece che ad una classe, si consiglia di rappresentarla per ultima, perché spesso la
rappresentazione delle categorie di oggetti influenza quella degli oggetti singoli.
È importante ricordare che i sillogismi sono dei ragionamenti formali. Per una corretta
risoluzione dei quesiti non bisogna considerarne il significato. È indispensabile ragionare
prestando attenzione esclusivamente alla forma e non al contenuto.
Gli esercizi sui sillogismi generalmente si rifanno principalmente alle due tipologie
seguenti:
30 Logica deduttiva
Tutti i liguri sono europei, tutti i liguri sono italiani, quindi. . . Individua la
conclusione corretta per il sillogismo:
A) Tutti gli italiani sono europei
B) tutti gli europei sono italiani
C) qualche italiano è europeo
D) qualche europeo non è italiano
E) nessuna delle precedenti
Dall’analisi dei diagrammi di Venn (fig. 2.7a) notiamo che la risposta A richiede che siano
cancellate le aree 3 e 4 (falso), la risposta B richiede che siano cancellate le aree 1 e 6
(falso), le risposte C e D richiedono l’esistenza di almeno un oggetto (falso). Resta quindi
la risposta E, che è quella corretta.
E I Ma Mo
1 2 3 1 2 3
5 5
6 4 6 4
7 7
L C
(a) Nessuna opzione di risposta rende (b) Nessuna opzione di risposta rende
valido il sillogismo. valido il sillogismo.
Logica
B) qualche
C) almeno un
D) ogni
E) nessuna delle precedenti
Anche in questo caso costruiamo i diagrammi di Venn (figura 2.7b) e analizziamoli.
La risposta A richiede che siano cancellate le aree 2 e 5 (falso); la risposta B richiede
l’esistenza di un oggetto nelle aree 2 o 5 (falso); la risposta C è equivalente alla B; la
risposta D richiede che siano cancellate le aree 3 e 4 (falso). Resta la risposta E, che è
quella corretta.
2.4 Condizionali
Qualsiasi altra combinazione diversa dalle due presentate, in qualsiasi ordine di premes-
se, è invalida. Modus ponens e modus tollens sono forme argomentative basilari della
logica, e perciò vengono chiamate forme note. A e B prendono invece, rispettivamente,
il nome di antecedente e conseguente del condizionale.
Deduttiva
Questo argomento non è riconducibile a nessuna delle forme note, quindi è invalido e
la risposta non può essere corretta.
Risposta C
Logica
Carlo non ha preso il treno è la negazione di A, quindi ¬A; Carlo è arrivato in ritardo è
la B della proposizione di partenza. L’argomento espresso dalla risposta C sarà quindi:
P1 A ⇒ B (la proposizione condizionale di partenza)
P2 ¬A
C B
Questo argomento non è riconducibile a nessuna delle due forme note, quindi è invalido
e la risposta non può essere corretta.
Risposta D
Carlo è arrivato in orario è la negazione di B, quindi ¬B; Carlo ha preso il treno è la
A della proposizione di partenza. L’argomento espresso dalla risposta D sarà quindi:
P1 A ⇒ B (la proposizione condizionale di partenza)
P2 ¬B
C A
Questo argomento non è riconducibile a nessuna delle due forme note, quindi è poten-
zialmente invalido e la risposta non può essere corretta
Risposta E
Carlo non ha preso in treno è la negazione di A, quindi ¬A; Carlo è arrivato in orario
è la negazione di B, quindi ¬B. L’argomento espresso dalla risposta E sarà quindi:
P1 A ⇒ B (la proposizione condizionale di partenza)
P2 ¬A
C ¬B
Questo argomento non è riconducibile a nessuna delle due forme note, quindi è invalido
e la risposta è incorretta. Come si vede, ad eccezione della A nessuna delle alternative
esprime una forma nota e quindi è possibile scartarle.
TERZO RAGIONAMENTO
Rossi ha appena vinto una gara.
Ogni volta che vince una gara, Rossi fa impennare la moto.
Deduttiva
Argomento espresso:
P1 A⇒B
P2 A
C B
VALIDO (modus ponens)
Secondo Ragionamento
Argomento espresso:
P1 A⇒B
P2 B
C A
INVALIDO
Terzo Ragionamento
Argomento espresso:
Logica 35
P1 A
P2 A⇒B
C B
Logica
VALIDO (modus ponens)
Quarto Ragionamento
Argomento espresso:
P1 B
P2 A⇒B
C A
INVALIDO
Gli argomenti logicamente accettabili sono quindi due, e la risposta corretta è la A.
con evidenza dal considerare la presente parte del manuale. Il ragionamento a sua volta
viene suddiviso in due tipi: deduttivo e induttivo. Sebbene le risoluzioni dei quesiti
richiedano soltanto il primo tipo, è opportuno definirli entrambi prima di entrare nei
dettagli.
I quesiti devono essere intesi dal punto di vista esclusivamente strutturale, bisogna
considerare cioè solamente quanto dichiarato espressamente.
Ognuno dei quattro tipi di proposizioni possiede numerose varianti, come mostrato in
Tabella 2.3.
Logica 37
Sono proposizioni aristoteliche tutte le proposizioni che possiedono una delle forme di
Tabella 2.2.
Logica
Tutti gli x sono y proposizione universale affermativa (A)
Nessun x è y proposizione universale negativa (E)
Qualche x è y proposizione particolare affermativa (I)
Qualche x non è y proposizione particolare negativa (O)
Tabella 2.2: Forme delle proposizioni aristoteliche.
un nemico è una universale affermativa e quindi sarà del tipo A. La sua negazione
sarà quindi una proposizione di tipo O, particolare negativa. Tra le opzioni di risposta
l’unica proposizione di tipo O è quella alla risposta (A), esistono uomini senza nemici,
Deduttiva
Vediamo un esempio:
Logica
A) Nessuna casa ha due scale
B) Ogni casa ha due scale
C) Qualche casa ha una scala
D) Ogni casa ha almeno una scala
E) Qualche casa non ha una scala
A quale delle seguenti affermazioni equivale la frase: Non tutti i miopi portano
gli occhiali ?
A) Non vi è un miope che non porti gli occhiali
B) Nessun miope porta gli occhiali
C) Tutti i miopi portano gli occhiali
D) C’è almeno un miope che non porta gli occhiali
E) Tutti i miopi evitano di portare gli occhiali
La proposizione di partenza contiene una proposizione di tipo A tutti i miopi portano gli
occhiali a cui è anteposto un non. La richiesta dell’esercizio può essere quindi riformulata
in questo modo: qual è la negazione di tutti i miopi portano gli occhiali? La risposta sarà
quindi l’opzione che contiene una proposizione di tipo O, ovvero l’opzione D.
40 Logica deduttiva
Ad esempio non mangio i cibi non salati equivale a mangio i cibi salati. Sulla base di
questa regola, ogni volta che una proposizione contiene una coppia di negazioni si può
cancellare la coppia e considerare la proposizione come una affermazione.
Nella proposizione data, se si cancellano le prime due negazioni si ottiene:
è necessario impedire che Marco non vada in palestra.
Cancellando anche le ultime due:
è necessario che Marco vada in palestra.
L’esempio è tratto dal seguente esercizio:
Non è possibile dubitare della necessità di impedire che Marco non vada in
palestra. Qual è il corretto significato della precedente affermazione?
A) È possibile che Marco vada in palestra
B) È necessario che Marco non vada in palestra
C) È necessario che Marco vada in palestra
D) L’asserzione non può essere giudicata vera o falsa
E) Marco non deve andare in palestra
La risposta corretta è quindi la C.
Nel volgere in modo positivo le proposizioni bisogna però fare attenzione a mante-
nere la sfumatura del testo di origine. In particolare bisogna prestare bene attenzione
alla presenza di una frase assoluta o attenuata.
Logica
L’espressione di partenza viene complicata dalla presenza della doppia negazione: Non
vi è ragione di pensare che nessuno. Per risolvere esercizi di questo tipo è bene ricordare
che la doppia negazione equivale ad un’affermazione, ossia, una negazione annulla l’altra.
L’enunciato di partenza si può dunque considerare come: È possibile che qualcuno abbia
appetito.
Occorre ora fare attenzione. Un caso è dire: Non vi è ragione di pensare che nessuno
abbia appetito. Un altro è dire: Non vi è alcuna ragione di pensare che nessuno abbia
appetito. Nel primo caso la frase ha una sfumatura meno perentoria che la seconda. La
soluzione corretta dunque è la D. La risposta E è molto simile alla D ma presuppone una
certezza che non è data dall’affermazione di partenza. In questo caso il distrattore è la
risposta C in quanto afferma che è logico affermare, la seconda parte della frase però non
è corretta.
Le diverse domande che costituiscono l’esercizio, a meno che non espressamente indica-
to, devono essere intese come indipendenti. Le risposte non devono dunque influenzarsi
vicendevolmente.
Sequenza spaziale
Sequenza temporale
Un caso comune risolvibile meccanicamente è quello in cui l’esercizio descrive una serie
composta da non più di quattro oggetti, ognuno dei quali può assumere solo una tra
due proprietà.
42 Logica deduttiva
Quarta informazione Solo uno tra Bruno e Carlo è laureato. Elimineremo dalla
tabella tutte le righe in cui sia Bruno che Carlo sono laureati, ovvero le righe 1 e
5. Dopo aver valutato tutte le informazioni, la tabella assume la forma di Tabella
2.5.
Logica 43
Non resta che valutare le opzioni di risposta ed in- Aldo Bruno Carlo
dividuare quella che risulta vera in entrambi i casi 2 L L N
ammessi dalla tabella. L’unica risposta che risul- 6 N L N
ta vera sia nella riga 2 che nella riga 6 è Bruno è
Logica
laureato, quindi la risposta corretta è la B. Tabella 2.5: Eliminazione delle risposte
non vere.
Nei casi in cui il numero di oggetti coinvolti sia maggiore di quattro o il numero di
proprietà maggiore di due, la costruzione della tabella completa richiede un tempo
troppo lungo ed è necessario elaborare un metodo di risoluzione ad hoc.
Questi esercizi fanno riferimento alla posizione reciproca nello spazio di oggetti o
persone. Per illustrarne le strategie risolutive consideriamo l’esempio seguente.
In uno studio medico si trovano, di fronte ad una scrivania per le accettazioni, quattro
file di posti. Nella sala ci sono quattro persone: i signori Loi, Magris, Fazi e Giacomelli.
Uno è seduto dietro la scrivania, gli altri sono disposti ciascuno in una fila, una delle file
rimane dunque vuota. Inoltre si conosce che:
Loi è due file più avanti di Magris
Fazi è tre file indietro rispetto a Giacomelli
Loi da cinque anni è ormai in pensione
E Magris C Fazi
4) Se Magris avanzasse di tre file, D Giacomelli
chi si troverebbe più lontano alla
scrivania? E Loi
Per risolvere questo tipo di esercizi è importante leggere con attenzione la premessa.
Inoltre può essere molto utile ricorrere ad una rappresentazione per schematizzare la
situazione.
Scrivania
Fila 1
Fila 2
Fila 3
Fila 4
Dai dati forniti si può sapere che Loi non potrà sedere dietro la scrivania delle accet-
tazioni essendo ormai in pensione da 5 anni. Inoltre Loi siede due file avanti rispetto
a Magris, dunque anche Magris non sarà l’addetto alle accettazioni. Si conosce inoltre
che Fazi siede tre file indietro a Giacomelli. È possibile dunque stabilire che Giacomelli
sia l’incaricato alle accettazioni.
Scrivania Giacomelli
Fila 1
Fila 2
Fila 3 Fazi
Fila 4
Proseguiamo con il ragionamento: dalle premesse sappiamo che Loi siede due file avanti
rispetto a Magris. È possibile cosı̀ stabilire che Loi siede nella seconda fila e Magris
nella quarta.
Scrivania Giacomelli
Fila 1
Fila 2 Loi
Fila 3 Fazi
Fila 4 Magris
Scrivania Giacomelli
Fila 1 Magris
Fila 2 Loi
Fila 3 Fazi
Logica
Fila 4
Per rispondere alla quarta è sufficiente far avanzare Magris di tre file.
La risposta corretta al quarto quesito è la C . Fazi ora occupa la posizione più
lontana rispetto alla scrivania.
Per la risoluzione di questi esercizi, che ad una prima lettura possono sembrare
particolarmente intricati, si consiglia di ricorrere ad una rappresentazione schematica
come quella illustrata. Aiutandosi con uno schizzo o una tabella, la situazione risulta
immediatamente più chiara.
Oggi Carlo è andato all’università (1) appena finito di studiare (2). Tornerà
all’università (3) dopo aver comperato un libro in libreria (4) che aveva or-
dinato dieci giorni fa (5). Individuare l’ordine cronologico con cui Carlo ha
svolto le diverse attività.
A) 42135
B) 51234
C) 52143
D) 12345
E) 13254
Anche in questa tipologia di esercizi può essere di grande aiuto una rappresentazione.
Nel caso di una sequenza temporale generalmente si tratta di tracciare una linea del
tempo come in Figura 2.12.
46 Logica deduttiva
Deduttiva
A questo punto si può procedere inserendo sulla linea gli elementi del testo, come illu-
strato nella Figura 2.13. Oggi Carlo è andato all’università (1): Figura 2.13(a). Appena
finito di studiare (2) : Figura 2.13(b). Tornerà all’università (3) dopo aver comperato
un libro in libreria (4). Queste due frasi è bene considerarle insieme perché sono en-
trambe nel futuro, ma la 4 precede la 3: Figura 2.13(c). Che aveva ordinato dieci giorni
fa (5). Questa espressione, nonostante venga espressa per ultima, cronologicamente
avviene per prima: Figura 2.13(d).
Una volta tracciata la linea del tempo risulta chiaro che la risposta corretta è la C.
(a) (1)
(b) (2)
(d) (5)
Figura 2.13: Ordinamento temporale.
Per maggiore chiarezza abbiamo tracciato una linea del tempo ogni qual volta si è
inserito un elemento nuovo nella frase. Il candidato, una volta compreso il metodo
per la risoluzione, potrà servirsi di un’unica retta sulla quale collocare, via via, le
diverse informazioni.
Logica 47
Logica
Giovanni ha acquistato un dono per l’unica cognata del marito dell’unica
sorella di sua madre. Di chi si tratta?
A) sua madre
B) sua cugina
C) sua nipote
D) sua nonna
E) sua zia
Per risolvere questo tipo di quesiti è opportuno semplificare il legame tra i personaggi
chiarificando il significato di termini come: cognato, suocero, nuora. In questo caso la
cognata è la sorella della moglie del marito. Una volta chiarificato il significato del
testo è consigliabile rappresentare schematicamente la situazione, ad esempio nel modo
seguente.
La soluzione corretta è la A perché la sorella della moglie del marito è la cognata del
marito.
Le soluzioni grafiche risultano molto utili per rendere visibili i legami di parentela
descritti. Si consiglia di partire dai rapporti più stretti e semplici per andare poi
via via ad integrare l’albero genealogico inserendo le parentele più complesse.
2.9 Quesiti
1) Leggere il testo del seguente pro- II: Tutti coloro che vogliono soste-
blema e rispondere alle relative nere l’esame da giornalista si
domande iscrivono a Lettere
III: Chi si laurea in Lettere trova
I: Anna è laureata in Lettere impiego entro tre anni.
48 Logica deduttiva
Logica
vera?
A alcuni bugiardi
B i bugiardi A Pedro è spagnolo
C tutti gli uomini B Pedro è generoso
D alcuni uomini C non si può sapere se Pedro sia o
E alcuni buoni meno spagnolo
D gli spagnoli sono tutti generosi
10) Gli spagnoli sono simpatici
Pedro è simpatico E il nome Pedro è diffuso in Spagna
8) Negare che ogni animale ha un cucciolo significa ammettere che esiste almeno un
animale senza cucciolo. Non è possibile stabilire quanti animali siano senza cuccioli,
nè se lo siano tutti, ma solamente che ne esiste uno o più di uno. La soluzione
corretta è rappresentata dall’alternativa E , che ammette l’esistenza di alcuni ani-
mali senza cuccioli. Le altre tre risposte invece asseriscono la totalità o l’esclusione
completa: tutti o nessuno.
Dal momento che questi esercizi non vertono su conoscenze pregresse in un certo
senso possono essere considerati come un’ancora di salvezza per il candidato. A diffe-
renza di materie come la matematica o la cultura generale, che richiedono anche molte
conoscenze nozionistiche, per risolvere i quesiti di comprensione dei brani è sufficiente
il ragionamento.
Proprio per questo è importante che il candidato impari a conoscerne bene il codice
e prenda dimestichezza con le tipologie di quesiti. Una volta comprese le insidie e le
difficoltà più ricorrenti, lo studente potrà risolvere gli esercizi con sicurezza.
Inoltre è importante considerare il fattore tempo. La lettura e la comprensione dei
brani comporta un tempo di svolgimento piuttosto lungo. L’esercizio costante donerà
allo studente la prontezza necessaria per affrontare i quesiti rapidamente.
Per decodificare la fonte di un testo si consideri la Tabella 3.1: le informazioni in essa riportate
sono importanti per comprendere meglio il linguaggio, il tono o le idee dell’autore.
Anno di
Autore Titolo Editore
pubblicazione
Una lettura rapida e superficiale non permette di cogliere lo sviluppo del ragionamento
e le sfumature delle riflessioni. È importante dunque che la prima lettura sia attenta e
non precipitosa.
Logica
3.1.4 Come affrontare la lettura di un testo
Innanzitutto occorre comprendere il tema centrale del testo. Spesso la fonte è
un grande aiuto in questo senso. Si consideri infatti il seguente esempio:
Bisogna naturalmente essere ben consapevoli del fatto che si tratta solo di un’intuizione,
unicamente da un’attenta lettura del testo avremo infatti la conferma delle tesi espresse
nell’articolo.
Poi bisogna comprendere lo sviluppo del ragionamento.
Nella codificazione dei testi è importante dare la corretta importanza alla scansione dei
paragrafi.
È molto importante prestare attenzione alla scansione dei paragrafi perchè solitamente
ciascuna parte di testo, cosı̀ distribuita, sviluppa un concetto a se stante. Durante la
lettura del brano bisogna dunque mettere a fuoco il concetto principale espresso da
ogni paragrafo.
Nel caso dei testi più complessi, articolati o più lunghi è d’aiuto annotare un breve
titolo che riassuma molto sinteticamente il concetto espresso dal paragrafo. In questo
modo sarà più semplice individuare immediatamente il passaggio in cui viene espresso
un determinato concetto.
Spesso le alternative offrono risposte simili. In questi casi bisogna optare per quella
che contiene il maggior numero di informazioni strettamente desumibili dal brano.
Infine, nel caso non si sia comunque sicuri della risposta esatta, ma indecisi tra due
o più opzioni, indicare sulla brutta copia le eventuali soluzioni. In questo modo in un
secondo momento sarà più semplice focalizzare rapidamente l’attenzione sulle possibili
risposte senza dover riprendere daccapo il ragionamento.
Logica
Figura 3.3: Un lessico ricco è fondamentale. Ad esempio l’im-
magine vi fa venire in mente solo termini come pranzo, cena o
spuntino? Dovete allora leggere di più e da fonti diverse. Che
dire infatti di parole come dejeuner, desco e desinare?
La prima tipologia che affrontiamo consiste nei quesiti che ruotano intorno alle co-
noscenze lessicali. Sono facilmente individuabili dal momento che le domande fanno
chiaramente riferimento ai singoli vocaboli presenti all’interno di un brano.
Sostanzialmente si possono incontrare due sottocategorie:
1. Individuare, tra una serie di possibili soluzioni, i termini omessi nel testo.
Una delle componenti del moderno . . . è . . . (la dottrina secondo cui la verità è relativa
al nostro ambiente intellettuale, ambiente che si suppone determini in qualche modo la
cornice all’interno della quale siamo in grado di pensare: che la verità possa cambiare
da una cornice all’altra) e, in particolare, la dottrina che sostiene l’impossibilità della
reciproca comprensione tra differenti culture, generazioni, o periodi storici - anche all’in-
terno della scienza, e persino della fisica. (da Karl R. Popper, Il mito della cornice, Il
Mulino, 1994 )
Scegliete la coppia che, nell’ordine, completa il senso della frase di Popper:
A) relativismo, la sfiducia
B) irrazionalismo, il relativismo
C) cinismo, l’incomunicabilità
D) indifferentismo, l’irrazionalismo
E) irrazionalismo, l’incomunicabilità
La risposta corretta è la B.
La difficoltà del quesito è data dal fatto che i vocaboli da inserire si trovano all’inizio del
testo, quando ancora non si conosce l’argomento del brano, e, soprattutto, si tratta di
individuare i termini chiave del testo.
Un forte aiuto viene però fornito dall’inciso fra parentesi, in cui è fornita la spiegazione
della parola mancante. Leggendo con attenzione la definizione: la dottrina secondo cui la
verità è relativa al nostro ambiente intellettuale si comprende immediatamente che il
vocabolo omesso è relativismo, di conseguenza il primo termine è irrazionalismo.
Con i suoi canoni, Bach ci offre un primo esempio della nozione che qui definiremo degli
Strani Anelli.
56 Comprensione dei testi
Il fenomeno dello Strano Anello consiste nel fatto di ritrovarsi inaspettatamente, salen-
do o scendendo lungo i gradini di qualche sistema gerarchico, al punto di partenza (nel
Comprensione
nostro esempio il sistema è quello delle tonalità musicali). (. . . ) A mio avviso, le più
belle e imponenti realizzazioni visive del concetto di Strano Anello si trovano nell’opera
del grafico olandese M.C.Escher, vissuto tra il 1898 e il 1971. Escher ha creato alcu-
ni disegni che sono tra i più intellettualmente stimolanti di tutti i tempi. Molti hanno
la loro ispirazione in paradossi, illusioni o doppi sensi. I matematici furono tra i primi
ammiratori dei disegni di Escher, e si capisce perchè: spesso essi sono basati su princı̀pi
matematici di simmetria o di regolarità (. . . ). Ma in un disegno tipicamente escheriano
c’è molto di più di semplici simmetrie e regolarità; c’è spesso un’idea di fondo che viene
realizzata in forma artistica. In particolare lo Strano Anello è uno dei temi più frequenti
dell’opera di Escher; (. . . ) pensiamo all’interessante Mani che disegnano, dove si vedono
due mani ognuna delle quali disegna l’altra: è uno Strano Anello a due componenti. (. . . )
Il concetto di Strani Anelli contiene quello di infinito: un anello infatti non è proprio un
modo per rappresentare un processo senza fine in modo finito? (. . . ) E come gli anelli di
Bach e di Escher fanno appello ad intuizioni molto semplici e antiche come la scala mu-
sicale o la scala di un edificio, cosı̀ la scoperta ad opera di K. Gödel di uno Strano Anello
in un sistema matematico trae le sue origini da intuizioni semplici e antiche. La scoper-
ta di Gdel, nella sua forma essenziale, comporta la traduzione in termini matematici di
un antico paradosso della filosofia. Si tratta del cosiddetto paradosso di Epimenide, o
paradosso del mentitore. Epimenide era un cretese che pronunciò questo paradosso im-
mortale: Tutti i Cretesi sono mentitori. Una versione più incisiva di questo enunciato è
semplicemente: Io sto mentendo; o ancora: Questo enunciato è falso. (da Douglas R.
Hofstadter, Gödel, Hescher, Bach: un’eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, 1992)
Le cinque parole sotto elencate compaiono, sottolineate, nello scritto di D.
R. Hofstadter; delle definizioni che spiegano il significato che esse assumono
nel testo, UNA è imprecisa:
A) tonalità: definizione della nota tonica che definisce una scala o un pezzo di musica
B) grafico: rappresentazione di dati attraverso una costruzione grafica
C) simmetria: disposizione regolare, equilibrata degli elementi di un insieme
D) paradosso: deduzione che contiene una contraddizione intrinseca
E) enunciato: formulazione di un teorema, di una questione
Apparentemente, se estrapolate dal contesto, tutte le soluzioni proposte sono corrette. Se
si considera il loro utilizzo all’interno del brano, però, emerge chiaramente come una delle
definizioni non tenga conto dell’ambito in cui viene utilizzata. Si tratta della soluzione
B. Il termine grafico all’interno del brano è utilizzato per indicare l’artista olandese
M.C. Escher, è evidente dunque che non può essere inteso come rappresentazione di dati
attraverso una costruzione grafica.
il tema centrale viene presentato nei primi paragrafi del testo. È bene dunque prestare
particolare attenzione alle prime righe del brano per comprendere quale potrebbe
essere l’argomento trattato. La prosecuzione della lettura servirà da conferma.
Gli esercizi sul significato complessivo generalmente richiedono di:
Logica
Individuare quale titolo rappresenta nel modo migliore il passo proposto.
Oppure, al contrario, quello che esula dai temi trattati.
Il prodotto interno lordo dell’Italia nel quarto trimestre 2011 è calato dello 0, 7% sul
trimestre precedente e dello 0, 5% su base annua. Lo rileva l’Istat nella stima preliminare.
Il Pil è in calo per il secondo trimestre consecutivo: si può dunque parlare di recessione
tecnica.
IL DEBITO NEL 2011 - Intanto la Banca d’Italia ha comunicato che a dicembre 2011 il
debito pubblico italiano si è attestato a 1.897,9 miliardi, in aumento di 55,1 miliardi sui
1.842,9 miliardi di fine 2010 e in calo dai 1.904 miliardi del mese di novembre.
SETTORI E CONFRONTI - Il risultato congiunturale complessivo è la sintesi di di-
namiche settoriali del valore aggiunto positive per l’agricoltura, negative per l’industria,
sostanzialmente stazionarie per i servizi. Nello stesso periodo, tuttavia, l’Istat ricorda
come il Pil sia aumentato in termini congiunturali dello 0, 7% negli Stati Uniti contro
un calo dello 0, 2% nel Regno Unito e dello 0, 6% in Giappone. In termini tendenziali, il
Pil è aumentato dell’1, 6% negli Stati Uniti e dello 0, 8% nel Regno Unito ed è diminuito
dell’1, 0% in Giappone.
IL PRIMO CALO DAL 2009 - Il 2011 chiude con un Pil in aumento dello 0, 4%, secondo
la stima preliminare dell’Istat che precisa che il dato è corretto per gli effetti di calendario.
La crescita risulta cosı̀ in forte frenata, nel 2010 era stata pari all’1, 4% (dato corretto
effetti calendario). Il calo dello 0, 5% su base annua è il primo dal 2009.
RISCHIO NUOVA FRENATA - La crescita acquisita per il 2012, quella cioè che si
verificherebbe per il puro effetto trascinamento del 2011 se in tutti e quattro i trimestri
dell’anno si registrasse crescita zero è negativa, pari a −0, 6%. (da Il Sole 24 ore,15
febbraio 2012)
Il titolo che meglio esprime il tema centrale del brano è
A) necessità di crescita per l’Italia
B) positiva l’agricoltura, negativa l’industria
C) rischio nuova frenata
D) Italia in recessione, Pil −0, 7% a fine 2011
E) miglioramenti in vista
Fra le cinque alternative proposte quattro colgono il tema del testo. L’unica che esula,
fraintendendo completamente il significato del brano è la E. Consideriamo pertanto le
altre soluzioni. La A implica delle considerazioni arbitrarie da parte del candidato. La B
è troppo restrittiva, coglie un aspetto specifico del testo ma non lo rappresenta nell’in-
sieme. La C è troppo generica. La risposta corretta è dunque la D: è esaustiva e coglie il
significato generale del brano.
58 Comprensione dei testi
Nell’individuazione del titolo di un articolo occorre optare per quello che coglie il
significato del testo nel suo insieme. Il titolo non deve fare riferimento a un singolo
passaggio, non deve essere eccessivamente generico, né derivare da una considerazione
Comprensione
Una volta focalizzato il concetto è bene rileggere con attenzione la frase per cercare un
riscontro sulla risposta.
Generalmente si tratta di capire quale affermazione, tra le soluzioni proposte, è coerente
Logica
o incoerente, giustificata o ingiustificata, corretta oppure inconciliabile con il contenuto
del testo.
La prima cosa che fa il naufrago Robinson Crusoe, appena approdato sull’isola, è co-
struirsi un calendario, per sapere quando è domenica e sentirsi idealmente parte di una
comunità. (Spiega Paolo Spinicci, professore di filosofia teoretica all’Università di Mila-
no). Orologi e calendari hanno sempre avuto questa funzione: scandire il tempo obiettivo
ma si sono scontrati con la difficoltà di tenere insieme gli eventi astronomici usati per
definire l’anno, i mesi e i giorni, cioè la rivoluzione della Terra intorno al Sole, le fasi
lunari e la rotazione della Terra su se stessa. In Editti nel 237 a.C., durante il regno di
Tolomeo III Emergete, fu promulgato a Canopo un editto in cui si prescriveva l’inser-
zione di un giorno ogni quattro anni per evitare lo sfasamento del calendario rispetto al
ciclo solare. Bisognava intervenire per impedire la distruzione dell’ordine cosmico. Oggi
la necessità di questo aggancio tra tempo umano e tempo cosmico è avvertita in modo
meno drammatico: il tempo, come dimostra l’ora legale, si plasma sulle esigenze della
società, anche contro il corso del Sole. La marcia verso un orario uguale per tutti è stata
lenta. Probabilmente è iniziata in Europa nel XIV secolo, con la diffusione degli orologi
meccanici sui campanili. Ma quelli scandivano un tempo locale che valeva solo per il vil-
laggio. (da Luca Fraioli, Tempi moderni. Cosı̀ l’umanità ha deciso di sincronizzarsi, in Il
venerdı̀ di Repubblica, 24 marzo 2006)
Individuare quale, tra le seguenti affermazioni, è coerente con il testo
proposto:
A) gli adattamenti del calendario erano eventi periodici frequenti a cui tutti erano
abituati
B) i calendari, attraverso interventi aggiuntivi riportavano la giornata al ritmo del sole
esclusivamente per rispettare i ritmi dei riti religiosi
C) l’ora legale potè affermarsi in Europa con il passaggio dalla società agricola a quella
industriale
D) le variazioni dei calendari erano avversate da alcune religioni perchè determinavano
la distruzione dell’ordine cosmico
E) l’ora legale è fondata su un principio opposto a quello che ha determinato le riforme
storiche dei calendari perchè antepone le esigenze della società al corso del sole
Nel testo possiamo individuare due frasi fondamentali:
Orologi e calendari hanno sempre avuto questa funzione: scandire il tempo obiet-
tivo ma si sono scontrati con la difficoltà di tenere insieme gli eventi astronomici
usati per definire l’anno.
Oggi la necessità di questo aggancio tra tempo umano e tempo cosmico è avvertita
in modo meno drammatico: il tempo, come dimostra l’ora legale, si plasma sulle
esigenze della società.
Una volta focalizzate le due tesi centrali è possibile comprendere come la sola soluzione
corretta sia la E. Questa considerazione infatti è una rielaborazione della frase: Il tempo,
come dimostra l’ora legale, si plasma sulle esigenze della società, anche contro il corso
del Sole.
60 Comprensione dei testi
risposta C.
Quanti vestiti e camicie e cravatte ci sono nel vostro armadio? Quanti divani nel vostro
salotto e stoviglie nella vostra cucina? Quanti televisori e computer e stereo ed elettrodo-
mestici in giro per la casa? E quante macchine nel vostro garage? [. . . ] Il 95% di quello
che ci serve ce lo abbiamo già. [. . . ] Se di questi beni ne volessimo di più, non sapremmo
neanche dove metterli. [. . . ] Ci è finito lo spazio. Ma attenzione, solo lo spazio fisico.
Quanta memoria volete nel vostro Pc e quanta banda per le vostre connessioni in rete?
Quanti canali volete in televisione o varietà di voci sulla stampa? Di quanta energia vo-
lete disporre per la vostra casa e per l’ufficio? [. . . ] Mai abbastanza. E qui, invece, di
spazio ne abbiamo a dismisura. Perchè [. . . ] tutti questi beni sono immateriali. Sono bit,
energia, informazioni. [. . . ] Stiamo parlando [. . . ] del sintomo di un trend, in crescita
vigorosa e dilagante. La crescita a due cifre del consumo è ormai diventata appannaggio
dell’immateriale. O della Cina, dove alla saturazione dei beni materiali c’è un bel po’ di
gente che ci deve ancora arrivare. Grande mercato, tenetelo da conto. Finchè dura. (da
Vito Di Bari, La crescita dei beni immateriali, Il sole 24 ore, 14.2.2005)
Una delle affermazioni seguenti risulta ingiustificata alla luce di quanto
affermato nel brano. La si individui:
A) la grande maggioranza dei beni materiali che ci servono li possediamo già
B) la prospettiva di una crescita a due cifre dei nostri consumi di beni materiali sembra
irrealistica
C) anteporre i beni materiali a quelli immateriali è indubbiamente riprovevole
D) la situazione della Cina lascia presagire una vigorosa crescita dei consumi di beni
materiali
E) possiamo aspettarci che crescano a due cifre solo i nostri consumi di beni immateriali
Dopo aver letto il brano analizziamo le soluzioni proposte:
La risposta A è tratta direttamente dal brano: Il 95% di quello che ci serve ce lo abbiamo
già. Lo stesso può dirsi per la risposta E: La crescita a due cifre del consumo è ormai
diventata appannaggio dell’immateriale, e per la D: Cina, dove alla saturazione dei beni
materiali c’è un bel po’ di gente che ci deve ancora arrivare.
Rimangono l’alternativa B e C. Entrambe richiedono un ragionamento sul significato
del testo e una conclusione autonoma da parte del candidato. La B è espressa in modo
ipotetico, ed esprime un’incertezza sulla crescita dei consumi materiali. La C invece è
espressa in modo perentorio, quindi non ammette sfumature. Soprattutto però implica
un confronto di valore tra i beni materiali e quelli immateriali, inesistente nel testo.
Non ci sono elementi per dedurre che sia riprovevole anteporre i beni materiali a quelli
immateriali. Al contrario, nel testo è ben specificato come Ci è finito lo spazio. Ma
attenzione, solo lo spazio fisico. La risposta corretta per tanto è la C perchè l’unica
ingiustificata.
Terminiamo la sezione con un quesito complesso dal punto di vista della lingua.
Logica 61
A uno principe adunque non è necessario avere in fatto tutte le [. . . ] qualità, ma è bene
necessario parere di averle. Anzi ardirò di dire questo, che avendole e osservandole sem-
pre, sono dannose, e parendo di averle sono utili; come parere pietoso, fedele, umano,
intero [onesto], religioso, ed essere; ma stare in modo edificato con l’animo che, biso-
Logica
gnando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario. [. . . ] Uno principe [. . . ] non
può osservare tutte quelle cose per le quali gli uomini sono tenuti buoni, sendo spesso
necessitato, per mantenere lo stato, operare contro alla fede, contro alla carità [. . . ]. E
però bisogna che egli abbi uno animo disposto a [. . . ] non partirsi dal bene potendo, ma
sapere intrare nel male, necessitato. (da Niccolò Machiavelli, il Principe, 1513)
Una delle seguenti note di parafrasi distorce il pensiero che il Segretario
fiorentino ha inteso esprimere nel brano riportato. La si individui:
A) un principe non può assoggettarsi alle norme di comportamento che, se osservate
dall’uomo comune, inducono a giudicarlo buono
B) al Principe si conviene, piuttosto che esserlo realmente, apparire pietoso, fedele,
umano, onesto e religioso
C) essere effettivamente pietoso, fedele ecc. potrebbe impedire al Principe di adottare,
all’occorrenza, il comportamento opposto che la situazione imponesse
D) è bene che il Principe, nell’esercizio del potere, adotti sistematicamente una linea
di deliberata trasgressione delle norme etiche e dei precetti della religione
E) in ogni circostanza in cui gli fosse possibile, il Principe non dovrebbe allontanarsi
dal bene ma, ove costretto, dovrebbe anche saper intraprendere il male
La complessità di questo quesito è sostanzialmente linguistica. Il brano è un estratto de Il
Principe di Machiavelli, opera composta nel 1513. Da una lettura attenta tuttavia emerge
come nel testo non ci siano parole arcaiche o incomprensibili, il senso di disorientamento
è dato dall’ordine delle parole che non rispetta quello odierno. Una volta compreso tale
principio il passo si può decifrare con maggiore semplicità.
Tutte le risposte rielaborano con parole più semplici il testo proposto. L’unica alternativa
che distorce il pensiero dell’autore è la D. Machiavelli non dice che il Principe deve
adottare sistematicamente una linea di deliberata trasgressione alle regole, ma piuttosto
che Bisogna che egli abbi uno animo disposto a [. . . ] non partirsi dal bene potendo, ma
sapere intrare nel male, necessitato. Questa frase, più semplicemente, significa: Bisogna
che il Principe, qualora sia possibile, sia disposto a non allontanarsi dal bene, ma nel
caso in cui sia richiesto, sia in grado di agire contro la fede e la carità.
Questi quesiti solitamente richiedono di individuare quale sia oppure non sia una
deduzione logica a partire dal testo in questione.
Comprensione
Da ciò consegue che la risposta C non può essere una deduzione del testo, secondo questa
soluzione infatti la struttura logica è identica per tutti i linguaggi. L’autore, al contrario,
sostiene che Dietro ogni linguaggio c’è un’epistemologia, una particolare struttura logica
che coglie una prospettiva, un punto di vista.
Logica
Questa tipologia di esercizi richiede un’interpretazione supplementare, che non si limita
a considerare unicamente quanto espresso esplicitamente. Lo studente deve trarre le
conseguenze non dichiarate chiaramente. Una volta compresa la soluzione corretta è
tuttavia consigliabile cercare conferma della risposta direttamente nel testo.
Nel caso riportato come esempio, per avere la certezza che la deduzione scorretta
sia la C è utile individuare il relativo passaggio nel testo: Dietro ogni linguaggio c’è
un’epistemologia, una particolare struttura logica che coglie una prospettiva, un punto
di vista.
Nei Test d’ammissione allo stesso brano possono fare riferimento domande differen-
ti. Tale evenienza implica il vantaggio di risparmiare del tempo per la lettura e la
comprensione di un solo testo. In questi casi le domande devono essere considerate del
tutto autonome e le risposte di un esercizio non devono influenzare quelle dell’esercizio
successivo.
Una sola delle seguenti affermazioni può essere dedotta dal testo di Salvucci:
A) non è lecito finalizzare la scienza, che è autonoma, e la tecnologia alla felicità
dell’uomo
B) differenziazione e autonomizzazione possono essere conciliate ed è interesse di tutti
che si lavori in questa direzione
C) quando non vi riescano i docenti, saranno gli studenti a mettere in relazione le
diverse discipline e metodologie
D) l’interdisciplinarietà permette straordinarie acquisizioni conoscitive in ogni campo
del sapere
E) la tecnologia minaccia sempre inevitabilmente la libertà degli uomini, come dichiara
Orwell nel suo 1984
Una volta compreso il significato del testo ed aver evidenziato i concetti chiave, si può
facilmente comprendere quale sia l’unica deduzione corretta: la risposta B. Salvucci so-
stiene infatti come si possa giungere ad un arricchimento culturale grazie all’incontro e
alla sinergia delle diverse e autonome discipline.
Per eliminare le altre soluzioni è importante individuare i passaggi non conformi
all’affermazione della risposta:
La risposta A sostiene che non è lecito finalizzare la scienza, che è autonoma, e la tecno-
logia alla felicità dell’uomo. Nel testo però si può leggere: Scienza e tecnologia debbono
tornare a essere strumenti finalizzati all’uomo, alla sua felicità e libertà.
La risposta C afferma: quando non vi riescono i docenti, saranno gli studenti a mettere in
relazione le diverse discipline e metodologie. L’autore non sostiene però che i docenti non
riescono a mettere in relazione le diverse discipline ma piuttosto che i docenti non possono
delegare ai singoli studenti il problema di far interagire linguaggi. . . In questo caso è la
sfumatura dei due verbi: riuscire e potere, a differenziare notevolmente il significato della
frase.
64 Comprensione dei testi
complesso di conoscenze, è una metodologia, anche didattica, una forma mentis, un mo-
do diverso non solo di costruire conoscenze e d’insegnare, ma anche di comprendere e
di vivere la realtà, l’ambiente socio-culturale e storico-geografico che ci circonda. Da ciò
non si può dedurre dunque che l’interdisciplinarietà permetta straordinarie acquisizio-
ni conoscitive. L’interdisciplinarietà non permette di conoscere cose straordinarie ma è
un’attitudine, un modo più ampio ed articolato per comprendere la realtà.
La risposta E infine sostiene che la tecnologia minaccia sempre inevitabilmente la libertà
degli uomini, come dichiara Orwell nel suo romanzo 1984. L’autore è meno perentorio,
secondo Salvucci bisogna prevenire che la scienza diventi una minaccia per la libertà.
La scienza e tecnologia debbono tornare a essere strumenti finalizzati all’uomo, alla sua
felicità e libertà, per prevenire quella eliminazione della libertà personale, quella dittatura
non più fisica, ma mentale, ipotizzata da George Orwell in 1984.
Le due frasi, sebbene molto simili nella prima parte: Questo libro è avvincente, espri-
mono due concetti diversi. La prima è un’affermazione neutra e veritiera. La seconda è
evidentemente ironica ed esprime esattamente il concetto contrario di quanto dichiarato
in prima battuta.
Diamo una breve definizione dei diversi caratteri che può assumere un testo.
Logica
Testo divulgativo: Il brano si propone di far conoscere un’idea, un argomen-
to. Il linguaggio è solitamente molto semplice, proprio per far conoscere il
contenuto al maggior numero di persone possibile.
Testo apologetico: Questi testi sono scritti in difesa di una persona o un
comportamento precedentemente criticati o accusati.
Testo propagandistico: Spesso utilizzato in politica, ha lo scopo di
convincere e persuadere i lettori a sostenere l’idea o il personaggio
propagandato.
Talvolta possono anche essere presenti quesiti che richiedono di comprendere l’epoca
e il luogo in cui si svolgono gli avvenimenti oppure il destinatario dello scritto. In
questo caso è bene prestare attenzione ai dettagli del testo che possono rivelarsi delle
utili spie per comprendere delle informazioni non espresse chiaramente.
Quello che impera oggi, non solo nel campo dello spettacolo, dove in fondo è abbastanza
naturale e consueto, ma anche in campo politico, letterario, filosofico e persino, talora,
scientifico, è il pettegolezzo. Sarà perchè le portinerie sono ormai un lusso di condomini
o ville per pochi privilegiati, ora il pettegolezzo da portineria è uscito dai sottoscala e ha
fatto fuori l’interpretazione sociologica, la lettura marxiana e quella psicanalitica degli
eventi e delle biografie, l’impostazione crociana e quella strutturalista dell’analisi dei te-
sti poetici, persino la discussione sui progressi (perniciosi) delle scienze e sulla dittatura
(catastrofica) della tecnologia. Oggi gli intellettuali cercano le lettere di Einstein alle sue
amanti, indagano sulla vanità di Goethe e del dottor Barnard, scrutano la corrispondenza
privata di Churchill e la miopia di Toscanini, si deliziano dell’agorafobia di Manzoni e
della gobba di Leopardi, interrogano medici, servitori, mogli tradite, eredi delusi. . . perchè,
come insegna Montaigne, nessuno è grande per il proprio cameriere. E la grandezza di-
sturba, non suscita nemmeno invidia ma fastidio, ci offre il metro per misurare la comoda,
ottusa e pigra mediocrità. Di cui tuttavia non riusciamo sotto sotto a non vergognarci.
(da Enrico Orlando, La vendetta dei pettegoli, ed. N.A, 2004)
Individuare il tono del brano:
A) polemico
B) apologetico
C) divulgativo
D) ironico
E) propagandistico
Il tono del brano è ironico. A sostegno della propria tesi l’autore riporta esempi buffi e
parodistici per far comprendere al lettore come, per esorcizzare la grandezza altrui, ci sia
la tendenza a sminuire i meriti dei grandi personaggi.
Il distrattore è rappresentato dalla risposta A.
66 Comprensione dei testi
L’autore potrebbe infatti apparire polemico nei confronti degli intellettuali che si soffer-
mano sulla gobba di Leopardi o la miopia di Toscanini piuttosto che sulle loro opere.
Comprensione
Questo brano però è vivace, brioso, scherzoso e simpatico, come lo dimostra l’espressione
Sarà perchè le portinerie sono ormai un lusso di condomini o ville per pochi privilegiati,
ora il pettegolezzo da portineria è uscito dai sottoscala e ha fatto fuori l’interpretazione
sociologica, la lettura marxiana. Enrico Orlando ha adottato dunque uno stile ironico.
Quando si analizza un brano, tutte le informazioni in nostro possesso sul tema trat-
tato che non sono esplicitamente espresse dal brano o dalle opzioni di risposta sono
irrilevanti e non vanno considerate. Se, ad esempio, in un brano leggiamo che negli
animali la misura del cervello cresce in proporzione alla misura del corpo, ma d’altra
parte sappiamo che questa correlazione non è sempre vera, dobbiamo mettere da parte
le nostre conoscenze e limitarci a quanto stabilito nel brano.
In termini logici, diciamo che il contenuto del brano va assunto come vero. L’obiet-
tivo di questi quesiti non è quello di stabilire se le conoscenze dei candidati su un certo
68 Logica argomentativa (Cambridge)
Operazione da svolgere
Cambridge
Logica
La funzione e i significati dipendono dal contesto
Nei quesiti di analisi logico/argomentativa abbiamo sempre a che fare con brevi testi
(brani) che contengono un argomento, ovvero un insieme di asserzioni divise in un certo
numero di premesse e una conclusione. Imparare a individuare la struttura argomen-
tativa dei brani semplifica l’analisi perché ci permette di concentrare l’attenzione sulla
struttura logica e non farci distrarre dalla particolare forma che un argomento assume
nella lingua italiana.
Consideriamo ad esempio il seguente brano:
Nella stragrande maggioranza dei casi, la conclusione sarà collocata o alla fine (come
nell’esempio sopra) o all’inizio di un brano. Casi in cui la conclusione si trova in altre
posizioni (al centro) sono estremamente rari.
Per quanto riguarda il ruolo, bisogna ricordare che la conclusione segue logicamen-
te le premesse, ovvero deve essere una loro conseguenza. Per aiutarci ad individuare
la parte del brano che segue dalle altre (la conclusione) possiamo provare a cercare
70 Logica argomentativa (Cambridge)
delle particelle specifiche che nella lingua italiana hanno la funzione di introdurre la
conclusione. Nel nostro esempio, la particella che introduce la conclusione è pertanto.
Cambridge
Le particelle italiane che più frequentemente sono utilizzate per introdurre le conclusioni
sono le seguenti:
quindi, pertanto, in conclusione, vediamo che, è evidente che, in ultima analisi, segue
che, ciò dimostra che, ecc.
Bisogna prestare particolare attenzione a particelle come perciò e perché, che pur po-
tendo essere usate per introdurre una conclusione possiedono anche altre funzioni e
possono quindi trarre in inganno. Infine, è bene notare che quando la conclusione è col-
locata all’inizio di un brano non è generalmente introdotta da una particella specifica
(vedremo un esempio di questo caso più avanti).
Proviamo a riscrivere il brano precedente eliminando tutti i termini che non fanno parte
della struttura logica:
Come si vede la gran parte del brano originale viene di fatto ignorata nell’analisi della
struttura logica.
Logica 71
In linea generale, i seguenti elementi non hanno una funzione logica specifica e
possono essere ignorati:
Logica
espressioni di enfasi: è ovvio che, è evidente che, ecc.;
descrizioni: elementi che si limitano a descrivere un contesto ma non
aggiungono informazioni rilevanti.
È importante non dimenticare che ogni brano è un caso a sé e che un particella o
elemento superfluo in un brano può essere fondamentale in un altro. Per questo motivo
è necessario, in fase di preparazione, svolgere quanti più quesiti possibile, in modo da
abituarsi a riconoscere la struttura logica, le particelle superflue, ecc.
Dopo aver eliminato le parti ridondanti possiamo focalizzare l’attenzione sugli elementi
superstiti, alla ricerca di particelle logiche che svolgono ruoli specifici e ci permettono
di portare a termine alcune operazioni sui brani. Queste particelle prendono il nome di
connettivi e connettono tra loro le diverse asserzioni che costituiscono le premesse o la
conclusione.
o e non sono gli unici due connettivi presenti nel brano: il primo unisce le due asser-
zioni che formano la prima premessa, mentre il secondo nega la seconda premessa. Se
includiamo le informazioni sui connettivi nella struttura argomentativa otteniamo:
Anche per quanto riguarda i connettivi non bisogna dimenticare che in alcuni casi
il contesto può contribuire a determinare o modificare la funzione di una specifica
particella.
Cambridge
Nella moderna società americana il successo viene spesso correlato alla quantità di beni
materiali posseduti. La carenza di beni materiali viene reputata come una mancanza di
successo personale. Coloro che possiedono scarsi beni materiali, quindi, devono avvertire
un grosso senso di fallimento.
Su quale supposizione implicita si base il brano precedente?
A) la maggioranza degli americani ha successo
B) il successo può essere misurato precisamente
C) il desiderio eccessivo per i beni materiali crea problemi psicologici
D) in America coloro i quali possiedono pochi beni materiali desiderano essere
considerate persone di successo
E) l’eccessiva attenzione data ai beni materiali crea tensioni sociali
Una supposizione implicita non è altro che una premessa necessaria per rendere valido
un argomento che non viene però esplicitata.
Il termine tecnico per indicare gli argomenti che non esplicitano tutte le premesse
necessarie è entimematici. Poiché il nostro compito è quello di individuare una premessa
non espressa dall’argomento contenuto nel brano, cerchiamo di estrarre la struttura
argomentativa, partendo dall’individuazione della conclusione e muovendo a ritroso
verso le premesse.
Logica 73
Notiamo subito che l’ultimo periodo contiene un quindi, una delle particelle che intro-
ducono la conclusione, e quindi ipotizziamo che l’ultimo periodo del brano contenga la
conclusione. La scriviamo eliminando contemporaneamente tutto quello che ci sembra
ridondante (tempi verbali, enfasi, ecc.):
Logica
Conclusione. Chi non possiede beni materiali avverte un senso di fallimento
Passiamo alla ricerca delle premesse. Escludendo il periodo che contiene la conclusione
nel brano contiamo altri due periodi che potrebbero contenere due premesse distinte.
Leggendoli con attenzione dovremmo però notare che il secondo non è altro che una
specificazione del primo: il primo periodo dice che esiste una correlazione tra successo e
possesso di beni materiali; il secondo che questa correlazione è diretta, ovvero che ad una
minore quantità di beni è correlato un minore successo. Scriviamo quindi l’unica premessa
del nostro argomento, sempre eliminando tutto ciò che è logicamente ridondante:
Anche senza considerare le risposte dovremmo percepire che a questo argomento manca
qualcosa, e cioè un legame tra la mancanza di successo e la sensazione di fallimento. La
forma corretta dell’argomento precedente sarebbe infatti:
Senza la premessa 2 non è possibile concludere che chi non possiede beni materiali si
sente un fallito, poiché è tranquillamente possibile che ci sia qualche individuo per nulla
interessato ai beni materiali (pensiamo ad un eremita o ad un monaco di clausura) che
non si sente affatto fallito. Se, al contrario, includiamo una premessa che ci garantisce
che tutti desiderano possedere beni materiali, allora è corretto concludere che chi non
possiede beni materiali (e quindi non ha successo) si sente un fallito.
Alla luce di questa semplice riflessione è ovvio che la risposta corretta deve essere la D
che certifica che tutti desiderano possedere beni materiali. Notiamo che poiché il quesito
parla dell’America, la risposta D si riferisce a tutti gli americani. Questo è un dettaglio
logicamente irrilevante, il quesito sarebbe stato equivalente se si fosse parlato di tutti gli
uomini del mondo.
Notiamo anche che in questo caso specifico tutte le altre opzioni di risposta contengono
elementi irrilevanti rispetto all’argomento espresso dal brano: per essere una potenziale
premessa implicita, un’opzione di risposta deve limitarsi a citare gli elementi già con-
siderati nel brano (possesso di beni, successo, senso di fallimento), mentre le opzioni di
risposta A, B, C, E introducono tutte degli elementi estranei al brano quali la maggioranza
degli americani, i problemi psicologici, la misura precisa del successo e le tensioni sociali.
Per questo motivo possiamo scartarle immediatamente come estranee all’argomento che
stiamo analizzando.
74 Logica argomentativa (Cambridge)
Nell’industria tessile le microfibre sintetiche sono sempre più diffuse a scapito delle fibre
naturali, a causa della maggiore resistenza nel tempo e del miglior impatto sulle risorse
naturali. D’altra parte, produrre un qualsiasi tessuto in microfibre sintetiche costa fino a
3 volte più di uno di fibre naturali, e quindi allo stato attuale il passaggio alle microfibre
sintetiche non è consigliabile da un punto di vista finanziario.
Quali dei seguenti enunciati, se vero, indebolisce l’argomento precedente?
A) garantire una buona durata ai capi di abbigliamento in fibra naturale è meno
dispendioso che garantire una buona durata ai capi di qualsiasi altro materiale
B) l’utilizzo di microfibre sintetiche richede il rinnovamento delle fabbriche e
l’assunzione di manodopera extra
C) mentre il costo di produzione delle microfibre sintetiche rimarrà stabile in futuro,
quello delle fibre naturali sarà ridotto grazie all’introduzione di nuovi programmi
di riciclaggio dei tessuti
D) il costo degli smacchiatori per le microfibre sintetiche è verosimilmente maggiore
rispetto al costo degli smacchiatori per fibre naturali
E) la manutenzione di un prodotto in microfibra sintetica costa la metà rispetto alla
manutenzione richiesta da un prodotto in fibra naturale
Anche in questo caso è utile estrarre la struttura argomentativa del brano e anche in
questo caso un quindi nell’ultimo periodo ci indica la conclusione:
I calcolatori dovrebbero essere proibiti nelle scuole finché i bambini non imparano a svol-
gere i calcoli aritmetici a mente. È importantissimo che i bambini imparino a svolgere i
calcoli a mente o scrivendoli. Ad esempio nelle scienze mediche il ricorso eccessivo ai cal-
colatori ha portato a clamorosi errori di sovra o sotto dosaggio perché i medici non erano
Logica
in grado di calcolare le dosi corrette a mente né di identificare una risposta incorretta del
calcolatore.
Quale delle seguenti affermazioni, se considerata vera, rafforza l’argomentazione
precedente?
A) gli errori di sotto o sovra dosaggio non sono dovuti all’incapacità di svolgere i calcoli
a mente ma piuttosto all’incapacità di usare la calcolatrice
B) i medici che superano un semplice test di aritmetica compiono meno errori di
dosaggio rispetto ai medici non lo superano
C) l’eccesso di fiducia nei calcolatori porta ad approssimazioni più rilevanti nel calcolo
delle dosi
D) i medici che usano la calcolatrice sono molto più rapidi nel risolvere i problemi di
dosaggio
E) nessuna delle precedenti
A differenza dei casi considerati finora, questo argomento presenta una struttura più
complessa, in cui una conclusione parziale viene riutilizzata come premessa per un
argomento generale. Possiamo rappresentare la struttura nella Tabella 4.3.
Argomento Argomento
principale subordinato
Premessa 1.1. i medici che si affidano ai calcolatori non
sono in grado di calcolare le dosi corrette
e di identificare gli errori.
Premessa 1.
Conclusione. Il ricorso eccessivo ai calcolatori porta i
medici a commettere errori di dosaggio
Premessa 2. La capacità di svolgere calcoli corretti a mente si sviluppa nell’infanzia
(implicita)
Conclusione. I calcolatori devono essere vietati finché i bambini non imparano a svolgere
i calcoli a mente
Come si vede dalla struttura, l’argomento presentato dal brano comprende un argomen-
to principale (relativo all’utilità di vietare le calcolatrici nelle scuole) e uno subordinato
che viene usato come premessa per quello generale e si basa su un esempio specifico di
come l’incapacità di svolgere calcoli a mente sia fonte di errori.
76 Logica argomentativa (Cambridge)
Come si può intuire anche leggendo le risposte, l’argomento che ci interessa per risolvere il
quesito è quello subordinato, quello principale può essere del tutto trascurato. Indichiamo
quindi la conclusione dell’argomento subordinato.
Cambridge
Alcuni disabili trovano difficile l’accesso ad alcuni tra gli edifici pubblici più antichi a
causa della presenza di gradini all’ingresso. Molto spesso il problema viene risolto grazie
all’installazione di rampe d’accesso. Tutti gli edifici pubblici devono essere accessibili a
tutti, pertanto tutti devono essere provvisti di rampe d’accesso.
Quale delle seguenti asserzioni costituisce il passaggio logico errato nel brano?
A) gli edifici pubblici inaccessibili dovrebbero essere sostituiti con edifici accessibili a
tutti
B) alcuni edifici pubblici antichi possono risultare accessibili ai disabili anche senza
rampe d’accesso
C) è irragionevole suggerire che i disabili possano accedere a tutti gli edifici pubblici
D) i disabili devono aver accesso a tutti gli edifici, non solo a quelli pubblici, pertanto
tutti gli edifici dovrebbero avere rampe d’accesso
E) l’installazione di rampe in tutti gli edifici pubblici sarebbe estremamente costosa
Le premesse sono contenute nei primi due periodi del brano. Come al solito semplifichiamo
il più possibile il testo eliminando tutte le parti logicamente ridondanti:
Logica
Premessa 1. Alcuni disabili hanno problemi di accesso rispetto ad alcuni edifici
pubblici
Premessa 2. Qualche problema di accesso si risolve installando rampe
Conclusione. Tutti gli edifici pubblici devono essere provvisti di rampe d’accesso
Notiamo che nella semplificazione il passaggio Molto spesso il problema viene risolto è
diventato Alcuni problemi. . . . Questo perché in logica sono previsti due soli quantificatori:
tutti e qualche. Tutto quello che non si può rendere con tutti va reso con qualche, quindi
anche espressioni come la maggior parte, spesso, il 99% dei casi, ecc.
Fatta questa precisazione soffermiamoci un attimo sulla struttura argomentativa che
abbiamo estratto. Anche senza considerare le risposte è evidente che l’argomento ha
qualcosa che non va: dal fatto che qualche disabile ha problemi con qualche edificio
che qualche volta viene risolto installando una rampa, si conclude che tutti gli edifici
devono installare una rampa.
L’errore sta quindi nel passare dal caso in cui qualche volta la rampa è utile a quello in
cui è sempre utile e la risposta che meglio descrive questo passaggio errato è la B, in cui
giustamente si fa notare che ci sono anche edifici antichi accessibili senza rampa, quindi
non c’è bisogno di installare una rampa in ogni edificio.
Consideriamo le opzioni di risposta scorrette:
La risposta A non descrive un errore logico ma si limita a proporre una conclusione
alternativa per l’argomento: invece di installare rampe sostituiamo gli edifici inacessibili.
Il nostro compito però non è quello di trovare conclusioni alternative ma piuttosto di
individuare errori logici nell’argomento cosı̀ com’è presentato, quindi la risposta A non
fa al caso nostro.
La risposta C esprime un giudizio di valore sul problema dell’accesso dei disabili e
stabilisce che è irragionevole pensare di risolverlo. Ancora una volta non è questo il
nostro compito, quello che ci interessa è trovare l’errore logico, non esprimere giudizi
sulla reale possibilità di risolvere un problema.
La risposta D, come la A, propone di sostituire la conclusione con un’altra. Non è questo
il nostro compito.
La risposta E, come la C, esprime un giudizio sui costi di installazione delle rampe.
Anche questo tipo di riflessione non ha nulla a che fare con la ricerca di errori logici
nell’argomento di partenza.
L’errore logico commesso nel brano rientra nella categoria delle fallacie, errori di ragio-
namento più o meno comuni dovuti alla naturale preferenza per i ragionamenti semplici,
anche quando sono logicamente scorretti.
In tutti i quesiti in cui la traccia chiede di individuare l’errore logico, quello che si sta
chiedendo al candidato è di cercare la fallacia commessa dall’autore di un certo brano.
78 Logica argomentativa (Cambridge)
Le fallacie sono nell’ordine delle centinaia (si potrebbe scrivere un intero manuale
solo per elencarle e spiegarle) ma fortunatamente non è necessario conoscerle tutte e
una lettura attenta del brano e delle opzioni di risposta dovrebbero essere sufficienti
Cambridge
per identificarle.
D’altra parte, poiché alcune fallacie sono molto frequenti, ne riportiamo la descrizione
con un breve esempio esplicativo nella Tabella 4.4.
Fallacie comuni
Nome Generalizzazione indebita (secundum quid)
Descrizione Dedurre una premessa generale da premesse particolari
Esempio Ho sempre visto corvi neri, quindi tutti i corvi sono neri
Nome Falsa causa (post hoc ergo propter hoc)
Descrizione Scambiare una causa per un effetto o una correlazione per una
relazione causa-effetto
Esempio 1) Le persone gravemente malate sono spesso depresse, quindi la
depressione è la causa delle malattie gravi.
2) Tutte le volte che Piero va a Parigi piove, quindi Piero è la causa
della pioggia a Parigi.
Nome Uomo di paglia
Descrizione Ricostruire una tesi avversa in modo diverso da come è stata
presentata
Esempio Paolo dice: I fumatori devono pagare per le loro spese mediche; Mario
ribatte: è assurdo sostenere che tutti quelli che non hanno uno stile
di vita sano devono pagare per le loro spese mediche! (Paolo non ha
mai parlato di tutti quelli che non hanno uno stile di vita sano)
Nome Petizione di principio (petitio pincipii)
Descrizione Assumere la conclusione che si vuole raggiungere come premessa
Esempio Paolo: Dio esiste perché lo dice la Bibbia; Mario: e come sai che la
Bibbia dice il vero? Paolo: Perché l’ha scritta Dio.
Nome Lo fai anche tu/Lo fanno tutti (tu quoque)
Descrizione Considerare un’azione legittima solo perché è stata compiuta
dall’interlocutore o viene compiuta abitualmente
Esempio 1) Paolo: Evadere le tasse è sbagliato; Mario: Ma anche tu qualche
anno fa hai evaso, quindi non puoi dire che è sbagliato.
2) Paolo: Non bisogna votare i politici disonesti ; Mario: Ma tutti i
politici sono disonesti, qualcuno dovrai pur votare. . .
Logica
Vi è stato un momento storico in cui la situazione economica impose al Governo italiano
di sostenere direttamente la Lira nei mercati valutari o, altrimenti, di innalzare i tassi
d’interesse. Tuttavia, il Governo non potè alzare il tasso di interesse in quanto questo
avrebbe significato un suicidio politico. Il Governo, pertanto, dovette sostenere la Lira,
sebbene l’operazione si sia rivelata costosa.
Quale delle seguenti affermazioni segue la stessa struttura logica del suddetto
ragionamento?
A) Carolina aveva bisogno di prendere un antidolorifico e potevano darle paracetamolo
o aspirina. Essendo allergica all’aspirina, dovette prendere il paracetamolo
B) nell’ambulatorio sono presenti due dottori, un uomo e una donna. La dottoressa è
sempre gentile mentre il dottore talvolta è scortese, quindi spero di essere visitato
dalla dottoressa
C) Mario ha l’allergia o ha contratto un’infezione virale. Se si tratta di un virus, non
vi è alcuna cura che possa aiutarlo quindi potrebbe comunque sottoporsi ad una
cura per l’allergia
D) se Marco avesse seguito i consigli del medico e fosse rimasto a casa, adesso sarebbe
già guarito completamente. Tuttavia, non ha potuto assentarsi dal lavoro, quindi
sta ancora poco bene
E) questo farmaco è disponibile sia con prescrizione medica che direttamente al banco
in farmacia. Tuttavia, è meno costoso acquistare il farmaco con prescrizione medica
perciò dovrà andare dal medico
Come nei casi precedenti, estraiamo la struttura argomentativa cercando di semplificare il
più possibile il brano originale (dato che questo brano è già stato analizzato in precedenza,
possiamo riportare direttamente il risultato dell’analisi):
Quando la traccia chiede di individuare un ragionamento analogo ad uno dato può essere
utile evidenziare i connettivi presenti nel brano di partenza, per poi andare alla ricerca
del brano che contiene gli stessi connettivi tra quelli delle risposte.
In questo caso abbiamo una o nella prima premessa e un non nella seconda premessa,
mentre nelle riposte abbiamo:
Risposta A: c’è una o nella prima premessa e apparentemente non ci sono non nella
seconda, teniamo da parte questa risposta.
Risposta B: non sembrano esserci o, scartiamo la risposta.
Risposta C: c’è una o nella prima premessa, un non e un se. . . allora nella seconda.
Poiché nella traccia non c’è traccia di se... allora scartiamo questa risposta.
Risposta D: non c’è traccia di o nella prima premessa, scartiamo la risposta.
Risposta E: non c’è traccia di o nella prima premessa, scartiamo la risposta.
Fino a questo punto, l’argomento più simile rispetto a quello di partenza è quello della
risposta A, in cui però non siamo riusciti a ritrovare il non presente nella seconda premessa
dell’argomento originale. Proviamo allora ad analizzare con più attenzione la risposta A:
poiché dire che Carolina è allergica all’Aspirina equivale a dire che Caterina
80 Logica argomentativa (Cambridge)
I fumatori che soffrono di malattie cardiache causate dal fumo non dovrebbero poter
usufruire di cure mediche gratuite, poiché tali casi sono tipici esempi di malattie auto-
indotte. Coloro i quali hanno causato malattie o traumi a se stessi dovrebbero contribuire
economicamente alle loro cure mediche.
Quale delle seguenti affermazioni mette in luce il principio che sta alla base del brano
precedente?
A) i bambini dovrebbero ricevere le cure dentistiche gratuitamente anche se mangiano
dolciumi che provocano la carie
B) chi soffre di malattie cardiache e può permettersi di pagare le cure mediche non
dovrebbe usufruirne gratuitamente
C) i fumatori che non possono permettersi di pagare le cure mediche dovrebbero poter
usufruire gratuitamente dell’assistenza sanitaria in caso di malattia
D) le persone che si infortunano in un incidente stradale dovrebbero poter usufruire
gratuitamente delle cure mediche a prescindere dal fatto che stessero indossando o
meno le cintura di sicurezza
E) i motociclisti che si feriscono alla testa per non aver indossato il casco dovrebbero
contribuire economicamente alle loro cure
Nei quesiti in cui la richiesta della traccia è di ricercare il principio generale alla base
del brano fornito non è necessario individuare premesse e conclusione ma è sufficiente
leggere con attenzione il testo, cercare di cogliere il principio generale che viene applicato
ad un caso specifico e infine cercare tra le risposte il caso in cui è stato applicato lo stesso
principio.
Nel caso in esame il principio generale viene proprio enunciato nell’ultimo periodo del
brano: Coloro i quali hanno causato malattie o traumi a se stessi dovrebbero contribuire
economicamente alle loro cure mediche.
È evidente che l’opzione di risposta in cui è stato applicato lo stesso principio è la E, che
descrive il caso di un motociclista che si è procurato una ferita per non aver indossato il
casco. Tra le altre risposte, la A descrive un’applicazione del principio opposto a quello
del brano, in cui anche chi è causa di trauma o malattia deve usufruire di cure gratuite;
la B descrive un caso diverso da quello di partenza (quello di chi è sufficientemente ricco
da provvedere a tutte le spese mediche); la C e la D, come la A, applicano il principio
opposto a quello del brano originale.
Logica matematica
5
Tra i quesiti di logica ve ne sono diversi improntati
sulla logica matematica, ossia su ragionamenti che
coinvolgono conoscenze e competenze nell’ambito
dell’aritmetica, dell’algebra e della geometria.
La seconda classe di quesiti viene discussa con dovizia di particolari nella quinta sezione.
Il livello di astrazione su cui fondare il ragionamento è lievemente più alto, sebbene la
determinazione della risposta corretta sia generalmente più semplice rispetto ai quesiti
precedenti. Ciò diviene vero nel momento in cui si è in grado di estrarre rapidamente
informazioni da grafici e tabelle. Questa operazione non è particolarmente complicata,
82 Logica matematica
ma richiede un’intensa pratica per poter essere acquisita in modo tale da garantire il
successo.
A 1 N 12
L’ultima sezione tratta dei problemi di logica
B 2 O 13
Numerica
In questo genere di quesiti noti i primi elementi della sequenza bisogna determinare
il termine che completa correttamente la successione. A tal fine è necessario dedurre
la legge matematica che lega i termini. Esistono diversi principi su cui sono fondate le
relazioni tra i vari termini della sequenza, nel seguito le esploreremo in ordine crescente
di complessità.
La prima informazione da ricavare dopo aver letto tutti i componenti della sequenza
è se essa sia monotona o alternata.
Una sequenza numerica è monotona quando l’ordinamento relativo tra i suoi termini
è mantenuto: è monotona crescente quando ogni termine è maggiore dell’antecedente,
monotona decrescente quando ogni elemento è minore del precedente.
Logica 83
Logica
5.1.1 Successioni monotone con relazione indipendente dalla posizione
del termine
Sono le più facili da risolvere, in quanto la legge che lega ogni termine al suo antecedente
e al suo successivo è costante.
La monotonia della sequenza implica che tutta la sequenza è governata dalla stessa
legge.
Figura 5.2: Sequenza monotona crescente con addizione indipendente dalla posizione.
Figura 5.3: Sequenza monotona decrescente con sottrazione indipendente dalla posizione.
Figura 5.4: Sequenza monotona crescente con moltiplicazione indipendente dalla posizione.
4. Per passare da ogni termine al successivo si divide sempre per la stessa quantità,
come nella sequenza 5.5 in cui l’incognita vale 5.
Figura 5.5: Sequenza monotona decrescente con divisione indipendente dalla posizione.
84 Logica matematica
Figura 5.6: Sequenza monotona decrescente con operazione indipendente dalla posizione.
I casi più complessi di questa tipologia di sequenze si hanno quando, pur applicando
sempre la stessa operazione, essa è purtroppo composta da due operazioni, come nella
sequenza 5.7 in cui l’incognita vale 161.
Figura 5.7: Sequenza monotona con operazione composta indipendente dalla posizione.
Ad esempio ogni termine può essere prima moltiplicato per un numero e poi al risultato
si può aggiungere un altro numero (cioè indicando l’operazione composta con ♠ si ha
ad esempio ♠n = n · 2 + 3).
Alternativamente può capitare che prima ad ogni termine viene aggiunto un numero
e poi il risultato viene moltiplicato per un altro numero (ad esempio si ha ♠n =
(n + 2) · 3).
La pratica consente comunque di determinare con poco sforzo la legge che governa
lo sviluppo della successione.
1. Per passare dal primo al secondo termine si somma un numero, dal secondo al
terzo si somma il successivo, dal terzo al quarto il successivo del successivo e cosı̀
via, come nella sequenza 5.8 in cui l’incognita vale 27.
2. Per passare dal primo al secondo termine si sottrae un numero, dal secondo al
terzo si sottrae il successivo, dal terzo al quarto il successivo del successivo e cosı̀
via, come nella sequenza 5.9 in cui l’incognita vale 45.
3. Per passare dal primo al secondo termine si moltiplica per un numero, dal secondo
al terzo si moltiplica per il successivo, dal terzo al quarto per il successivo del
successivo e cosı̀ via, come nella sequenza 5.10 in cui l’incognita vale 480.
Logica
Figura 5.10: Sequenza monotona con moltiplicazione dipendente dalla posizione.
4. Per passare dal primo al secondo termine si divide per un numero, dal secondo al
terzo si divide per il successivo, dal terzo al quarto per il successivo del successivo
e cosı̀ via, come nella sequenza 5.11 in cui l’incognita vale 1.
Figura 5.12: Sequenza monotona con operazione composta dipendente dalla posizione.
Figura 5.13: Sequenza monotona con operazione composta dipendente dalla posizione.
l’elemento ignoto, che è composta da almeno 3 termini noti. Se esiste una legge co-
stante che governa il passaggio tra il primo e il secondo termine della sottosequenza
e tra il secondo e il terzo, cioè se la sottosequenza è simile a quelle discusse nella se-
zione 4.1.1, allora deve esistere un’altra legge costante che governa i termini dell’altra
sottosuccessione.
Individuate le possibili relazioni (come sommare un certo numero o moltiplicare per
un certo numero) che legano il primo e il secondo termine della sottosequenza conte-
nente il termine ignoto, si guardano le alternative e si vede quale di esse corrisponde
alle possibilità trovate.
Figura 5.14: Sequenza alternata scomponibile in due sottosequenze ognuna con un propria legge.
Consideriamo l’esempio della sequenza 5.14. Si nota subito che la serie non è monotona,
perché dal 3 all’1 diminuisce ma subito dopo dall’1 al 6 aumenta. Il termine ignoto è
il sesto, quindi appartiene alla sottosequenza di posto pari, cioè 1, 5, ?. Focalizziamo
l’attenzione sui termini di posto dispari, ossia su 3, 6 e 12. È evidente che 6 è il doppio
di 3 e 12 è il doppio di 6, quindi esiste una legge costante che governa questa sottoserie.
Se ne deduce che deve esisterne una che regola l’altra serie. Possiamo solo considerare il
passaggio da 1 a 5. Abbiamo due possibili regole: o è stato aggiunto 4 o si è moltiplicato
per 5. Guardiamo dunque le alternative, tra cui dobbiamo cercare o 9 o 25.
1. ogni termine è il risultato della stessa operazione applicata ai due che lo precedo-
no. Ad esempio il terzo termine è la somma dei primi due, il quarto è la somma
Logica 87
del secondo e del terzo e cosı̀ via, come nella sequenza 5.15 in cui l’incognita vale
5.
Logica
Figura 5.15: Sequenza in cui un termine dipende dalla somma dei due precedenti.
Figura 5.16: Sequenza divisibile in due terne di cui l’ultimo termine dipende dalla somma dei due
precedenti.
Figura 5.17: Sequenza divisibile in due terne a somma delle cifre di ogni termine costante.
Una sequenza letterale è una successione di lettere dell’alfabeto italiano o inglese legate
da una certa regola.
Le regole che governano lo sviluppo dei termini non sono grammaticali o sintattiche ma
numeriche: ad ogni lettera va sostituito il numero corrispondente al suo ordinamento
nell’alfabeto. In altri termini alla A va sostituito 1, alla B 2 e cosı̀ via.
Questi esercizi sono del tutto analoghi a quelli presentati nelle sezioni 4.1.1, 4.1.2 e
4.1.3. Riportiamo a titolo di esempio un paio di quesiti. Cominciamo con un quesito
relativamente semplice come la sequenza 4.18.
88 Logica matematica
Come si nota dalla Figura 4.18, ogni passaggio noto consiste nell’aggiunta di 3 posizioni.
Inoltre tra la E e la M vi sono esattamente 7 posizioni, il che fa capire che il termine
incognito è la lettera corrispondente al numero 8 dell’alfabeto, ossia la H. La risposta
corretta è la C.
Come per le sequenze letterali, ad ogni lettera presente nella sequenza bisogna sostituire
il numero corrispondente al suo ordinamento nell’alfabeto, con l’unico accorgimento di
capire se è rischiesto l’alfabeto italiano o quello inglese.
È semplice capire quali dei due: se nella sequenza si trova una delle 5 lettere inglesi
J, K, W, X, Y allora si usa un ordinamento che va da 1 a 26, se queste lettere
sono assenti l’ordinamento va da 1 a 21. Talvolta, tuttavia, un quesito potrebbe
anche seguire l’ordinamento corrispondente all’alfabeto inglese nonostante non siano
espressamente presenti le 5 lettere indicate.
Logica 89
Le strategie risolutive sono ancora analoghe alle sequenze numeriche, quindi riportiamo
un paio di quesiti come esempio.
La numerazione delle lettere può essere anche ciclica, cioè ricominciare da 1 dopo 21
Logica
(italiano) o dopo 26 (inglese).
Una matrice numerica quadrata è una tabella composta dallo stesso numero di righe e
di colonne. Ogni entrata della tabella corrisponde ad un numero.
In quesiti di questo tipo uno degli elementi della matrice numerica è incognito e va deter-
minato. Ci sono diverse possibili regole che determinano la disposizione degli elementi
nella matrice:
90 Logica matematica
Logica
di ogni figura si riesce a decifrare la sequenza.
Poiché sarebbe inutile e troppo lungo illustrare tutti i criteri ammissibili lasciamo
che alcuni esempi chiariscano la filosofia di questi quesiti.
Come illustrato nella Figura 4.26, la regola è abbastanza facile: in ogni triangolo la somma
delle basi fornisce il numero del vertice in alto. Si ricava che la risposta corretta è la A.
Come illustrato nella Figura 4.29, la regola è molto complessa: in ogni stella a partire dal
vertice in basso si sommano tutti i numeri dei vertici tranne quello nel vertice in basso
a destra e si divide la somma per il valore posto nel centro per ottenere il numero nel
vertice in basso a destra. Si ricava che la risposta corretta è la E.
Logica
Figura 4.29: Sequenza numerica con stelle a 6 punte.
gramma (grafico a torta o pie chart) l’ampiezza dell’angolo corrispondente a una certa
cella è proporzionale al numero in essa contenuto. Nel poligono delle frequenze si ha
la stessa filosofia rappresentativa dell’istogramma, mentre nell’ogiva ogni spostamento
verso destra in orizzontale corrisponde a sommare le altezze delle rispettive celle.
Analizziamo un case study da utilizzare come esempio per diversi quesiti che sfruttano
le varie rappresentazioni grafiche. Ipotizziamo che un istituto scolastico privato abbia
attivato con l’ultima riforma del settore 5 indirizzi di studio per le scuole secondarie di
secondo grado: Liceo Scientifico (L.S.), Liceo delle Scienze Umane (L.S.U.), Tecnico Am-
ministrazione Finanza e Marketing (A.F.M.), Tecnico Informatica e Telecomunicazioni
(I.T.) e Tecnico Costruzione Ambiente e Territorio (C.A.T.). Per ogni indirizzo il bacino
di utenza e le esigenze didattiche consentono di avere due sezioni.
A sei anni di distanza dall’attivazione dei corsi di studio, dopo il completamento del primo
ciclo consistente in un quinquennio di sperimentazione, la direzione intende elaborare
informazioni relative al numero di studenti e al trend di iscrizioni per poter decidere
se sopprimere alcuni indirizzi, se potenziare le attrezzature di altre e in generale dove
investire le somme destinate a tal scopo dal consiglio di amministrazione.
Il modo migliore per prendere decisioni è quindi svolgere un’analisi sui dati, in modo che la
risposta ad alcuni quesiti specifici possa favorire il processo decisionale. Nella Tabella 4.3
sono riportati i dati relativi al termine del primo ciclo, nella Tabella 4.4 si trovano invece
gli stessi dati relativi all’anno successivo.
Classe L.S. L.S.U. A.F.M. I.T. C.A.T. Totale
IA 25 22 23 29 27 126
IB 24 20 25 28 27 124
II A 23 20 21 25 23 112
II B 22 19 21 25 22 109
III A 23 18 21 25 23 110
III B 21 18 20 24 21 104
IV A 18 17 20 23 23 101
IV B 17 18 20 24 22 101
VA 17 16 18 22 21 94
VB 15 18 20 24 22 99
TOT 205 186 209 249 231 1080
Tabella 4.3: Iscrizioni alle diverse classi al termine del primo ciclo dei nuovi indirizzi.
Logica 95
Logica
II B 22 19 22 27 22 112
III A 22 19 21 25 22 109
III B 21 18 20 26 21 106
IV A 17 18 20 25 23 103
IV B 18 18 20 25 21 102
VA 16 17 19 23 22 97
VB 16 18 20 25 21 100
TOT 190 193 210 261 225 1079
Tabella 4.4: Iscrizioni alle diverse classi a sei anni dall’attivazione degli indirizzi.
Dai dati delle iscrizioni alle varie classi negli ultimi due anni scolastici è
corretto affermare che:
A) le iscrizioni alle classi prime del Liceo Scientifico sono in aumento
B) le iscrizioni alle classi prime sono complessivamente in aumento
C) il totale delle iscrizioni all’istituto è in aumento
D) le iscrizioni alle classi prime del Tecnico Informatica e Telecomunicazioni sono in
aumento
E) le iscrizioni alle classi prime del Tecnico Amministrazione Finanza e Marketing sono
in aumento
Poiché si parla di aumento, cioè di variazione rispetto a due diversi momenti, è ne-
cessario un confronto tra due tabelle, che peraltro presentano valori molto simili in
tutte le proprie celle. Il modo migliore per determinare la risposta corretta è analizzare
un’alternativa alla volta sino a trovare quella corretta.
A i dati di questa alternativa si trovano nella cella più in alto a sinistra della
tabella e in quella immediatamente sotto. Nella prima tabella la somma dei due
valori è 29, nella seconda è 36. Poiché il numero è in diminuzione l’alternativa va
scartata.
B i dati di questa alternativa si trovano nella cella più a destra della prima riga
e in quella immediatamente sotto per entrambe le tabelle. Nella prima tabella la
somma dei due valori è 250, nella seconda è 237. Poiché il numero è in diminuzione
l’alternativa va scartata.
C i dati di questa alternativa si trovano nella cella più a destra dell’ultima riga
per entrambe le tabelle. Nella prima tabella il valore è 1080, nella seconda è 1079.
Poiché il numero è in diminuzione l’alternativa va scartata.
96 Logica matematica
D i dati di questa alternativa si trovano nella prima cella della quinta colonna
(sotto l’intestazione I.T.) e in quella immediatamente sotto per entrambe le ta-
belle. Nella prima tabella la somma dei due valori è 57, nella seconda è 59. Poiché
Numerica
Nel Test sarebbe opportuno interrompere qui l’analisi. Per completezza della tratta-
zione, invece, consideriamo anche l’ultima alternativa:
E i dati di questa alternativa si trovano nella prima cella della quarta colonna
(sotto l’intestazione A.F.M.) e in quella immediatamente sotto per entrambe le
tabelle. Nella prima tabella la somma dei due valori è 48, nella seconda è 47.
Poiché il numero è in diminuzione l’alternativa è errata.
Si arguisce che è relativamente semplice individuare le celle da cui estrarre i dati per
ogni alternativa.
Per acquisire maggiore dimestichezza consideriamo un ulteriore quesito sempre
relativo alle Tabelle 4.3 e 4.4.
Dal confronto delle iscrizioni a tutte le classi dei diversi indirizzi di studio
negli ultimi due anni scolastici non è corretto affermare che:
A) l’indirizzo di studio con il trend più preoccupante è il Liceo Scientifico
B) l’unico indirizzo con trend positivo è il Tecnico Informatica e Telecomunicazioni
C) le iscrizioni al Tecnico Amministrazione Finanza e Marketing sono più o meno
costanti
D) la variazione complessiva delle iscrizioni ai licei è maggiore in modulo di quella ai
tecnici
E) il Liceo delle Scienze Umane e il Liceo Scientifico hanno andamenti opposti
A i dati di questa alternativa si trovano nelle celle dell’ultima riga per ogni in-
dirizzo. Confrontando i valori delle due tabelle per ogni colonna si ricava che
l’indirizzo che presenta una variazione negativa maggiore in modulo è lo Scien-
tifico, le cui iscrizioni totali vanno da 205 a 190, con una perdita di 15 unità.
L’affermazione è corretta, come si desume facendo lo stesso confronto per le altre
colonne, quindi l’alternativa va scartata.
B i dati di questa alternativa si trovano ancora nelle celle dell’ultima riga. Con
un procedimento analogo al precedente si calcola subito che anche gli indirizzi
L.S.U. e A.F.M. sono in attivo, passando rispettivamente da 186 a 193 unità il
primo e da 209 a 210 il secondo. L’affermazione è quindi errata, il che implica
che questa è la risposta esatta.
Nel Test si potrebbe già interrompere l’analisi. Per completezza consideriamo anche le
restanti alternative:
Logica 97
Logica
D i dati di questa alternativa si trovano nelle celle dell’ultima riga per entrambe
le tabelle. Sommando le prime due nella Tabella 4.3 si ottiene un totale di 391
studenti per il primo anno e di 383 per l’anno successivo, con una variazione di 8
unità. Un procedimento analogo per i tre indirizzi tecnici indica un totale che da
689 passa a 696 con una variazione di 7 unità. L’affermazione è dunque corretta
è va esclusa.
A i dati di questa alternativa si trovano nelle prime due righe della tabella.
Confrontando i valori delle celle si nota che i numeri presenti nelle tre caselle dei
tecnici sono superiori a quelli nelle due caselle dei licei, quindi la media dei tecnici
deve essere superiore a quella dei licei. Si deduce che l’alternativa va scartata.
Nel Test bisogna interrompere l’analisi. Per completezza consideriamo anche le restanti
alternative:
Dopo aver dato uno sguardo d’insieme che consente di prendere nota delle diffe-
renze tra le grandezze rappresentate bisogna spendere qualche secondo per leggere la
legenda, ossia la parte di grafico che assegna ad ogni colore o simbolo una determinata
grandezza. Una volta che le proprietà e le tendenze dei dati riportati nel grafico sono
state assimilate, almeno a grandi linee, si può procedere a leggere il testo del quesito e
ad analizzare le alternative una alla volta.
Per illustrare come procedere per risolvere questi quesiti riprendiamo il case study
rappresentato dalla Tabella 4.3: tutti i grafici che analizzeremo riguarderanno le iscri-
zioni nelle diverse classi e nei diversi indirizzi di studio dello stesso istituto a 5 anni
dall’attivazione degli indirizzi stessi.
Grazie a tale scelta il lettore può fare pratica nella traduzione dalla rappresentazione
tabulare alle diverse rappresentazioni grafiche.
B) le iscrizioni ai tecnici sono in costante calo mentre quelle nei licei sono costanti
C) sia le iscrizioni ai tecnici che quelle ai licei aumentano anno dopo anno
D) il divario percentuale tra iscritti ai tecnici e iscritti ai licei è all’incirca costante per
Logica
le cinque classi
E) nessuna delle precedenti affermazioni è corretta
Figura 4.30 Iscritti alle varie classi divisi tra licei e tecnici a cinque anni dall’attivazione.
B sia le altezze dei rettangoli chiari che di quelli scuri diminuiscono anno dopo
anno, il che significa che per entrambi i tipi di secondaria di secondo grado si
ha un calo delle iscrizioni. La seconda parte dell’affermazione è errata, quindi
l’alternativa va esclusa.
D la differenza tra l’altezza del rettangolo scuro e quella del rettangolo chiaro è
più o meno uguale nelle 5 coppie di rettangoli, il che conferma quanto affermato
nell’alternativa: la D è la risposta corretta.
Il confronto con le altre alternative, che le porta ad escludere, è una conferma della
nostra scelta. I 10 secondi che si possono perdere nell’esaminare le alternative restanti
possono garantire la certezza della risposta e rappresentano un buon investimento di
Numerica
tempo.
Oltre agli istogrammi, un altro tipo di grafici che si possono incontrare nei quesiti
sono quelli a nastro. La filosofia di rappresentazione è uguale a quella degli istogrammi
ma gli assi sono invertiti. Il modo di leggere le informazioni da questo tipo di grafico,
quindi, è analogo a quello utilizzato nel caso precedente.
Le stesse informazioni riportate nell’istogramma 4.30 possono essere specificate
maggiormente grazie a un tipo di grafico detto grafico a barre cumulative o so-
vrapposte.
Grafico a barre cumulative Può avere sia barre verticali come l’istogramma che
orizzontali come i grafici a nastro mostrati oltre. Ogni barra di questo grafico è suddivisa
in aree, cioè è composta da più barre poste una dopo l’altra. Se una grandezza viene
suddivisa in classi, la barra intera rappresenta tutta la grandezza e le barre che la
compongono indicano le frazioni corrispondenti alle singole classi.
Nell’esempio relativo all’istogramma 4.30, ogni barra chiara può essere suddivisa
nelle classi del Liceo Scientifico e in quelle del Liceo delle Scienze Umane (quindi in
due barre sovrapposte), mentre ogni barra scura può essere scomposta in tre barre so-
vrapposte: una per ognuno degli indirizzi tecnici dell’istituto. In tal modo l’informazione
che si può ricavare dal grafico è più dettagliata, come mostra il grafico 5.31.
Volendo si sarebbe anche potuta graficare una barra sola per ogni anno di studio
composta da cinque barre sovrapposte, senza differenziare tecnici e licei in due barre
separate. Si possono anche avere grafici a barre cumulative aventi tutte la stessa
lunghezza, pari al 100% della grandezza da graficare. In quel caso le barre componenti
indicano la percentuale della singola barra, dato su cui si vuole porre l’accento.
Logica 101
Logica
una gran mole di informazioni e di effettuare un’ottima analisi della situazione.
Figura 5.32: Iscritti alle varie classi per ogni indirizzo di studio a 5 anni dall’attivazione.
B nel grafico si osserva che il rettangolo con lunghezza maggiore è quello nero
relativo alle prime IT, quindi anche questa alternativa è corretta e va esclusa.
maggiore tra il primo rettangolo e il suo successivo di ogni serie del grafico. Ciò si
ha in concomitanza del gruppo più in basso di rettangoli, corrispondenti al CAT
e non all’IT. Ne deriva che questa alternativa, essendo non corretta, rappresenta
la risposta esatta.
Di nuovo, sebbene la C possa apparire subito esatta conviene prima leggere e meditare
qualche secondo anche sulle alternative restanti, per poter segnare la risposta corretta
senza timore.
Un piccolo dubbio, infatti, farà accrescere l’agitazione durante il resto della prova
con un conseguente calo della performance. Per risparmiare pochi secondi si rischia
di compromettere l’esattezza di diversi quesiti a causa dello stress accumulato.
Analizzando il grafico 5.33, in cui sono riportate le iscrizioni alle classi prime
per ogni indirizzo di studio, si individui quale delle seguenti proposizioni è
corretta:
A) il numero di iscritti agli indirizzi AFM e IT rappresenta più della metà del totale
delle iscrizioni
B) il numero di iscritti al Liceo Scientifico rappresenta circa un quarto del totale delle
iscrizioni
Logica 103
Logica
Per rispondere al quesito analizziamo ancora le singole alternative:
A nel grafico si nota che la parte di torta corrispondente all’unione dei due
spicchi relativi a AFM e IT è minore di metà torta, quindi l’alternativa è falsa e
va scartata.
B nel grafico si osserva che lo spicchio bianco, corrispondente al Liceo Scientifico,
è correlato ad un angolo al centro minore di un angolo retto, quindi è minore di
un quarto del totale. Anche questa alternativa è falsa e va esclusa.
C nel grafico ci sono 5 spicchi. Se fossero tutti della stessa ampiezza ognuno di
essi rappresenterebbe esattamente un quinto del totale. Quello corrispondente
all’IT è il maggiore di tutti, quindi deve necessariamente essere maggiore di un
quinto del totale. Se ne deduce che l’alternativa è errata e va esclusa.
D l’ampiezza dei due spicchi più chiari (LS + LSU) è maggiore dell’ampiezza
dello spicchio grigio scuro (IT), quindi senza nemmeno fare la somma tra i numeri
riportati come etichetta degli spicchi si può capire che l’affermazione è corretta e
rappresenta la risposta esatta.
E possiamo subito scartare questa alternativa per quanto affermato sinora.
Si noti che non è sempre ovvio scartare istantaneamente un’alternativa simile all’ultima.
Può infatti capitare che tutte le affermazioni siano corrette o errate e che quindi la
risposta esatta sia proprio come la E del quesito precedente.
Un tipo di grafico che consente di osservare l’evoluzione temporale di una serie di
dati o di confrontare le evoluzioni di diverse serie contemporaneamente è il poligono di
frequenza. In questo caso ogni serie è rappresentata da una spezzata che unisce i punti
di ogni serie. Di fondamentale importanza è la pendenza di ogni tratto di spezzata, il
confronto tra le pendenze e l’altezza relativi dei tratti di una serie rispetto alle altre.
Riprendiamo il case study di Tabella 4.3 e consideriamo il grafico per spezzate
4.34, anche chiamato poligono di frequenza, che riporta per ogni indirizzo di studi
il numero di iscritti nelle varie classi a 5 cinque anni dall’attivazione degli indirizzi di
studio.
Analizzando il grafico 4.34, in cui sono riportate le iscrizioni alle 5 classi per
ogni indirizzo di studio, si individui quale delle seguenti proposizioni è non
corretta:
A) il numero di iscritti all’indirizzo AFM ha un calo apprezzabile solo tra il primo e il
secondo anno
B) l’andamento delle iscrizioni all’indirizzo LSU è all’incirca costante durante i 5 anni
del percorso di studi
104 Logica matematica
Numerica
Figura 5.34: Andamento delle iscrizioni alle 5 classi per ognuno dei 5 indirizzi di studio a 5 anni
dall’attivazione.
Logica
Consideriamo ad esempio il grafico ad aree 4.35, in cui sono state rappresentate le iscri-
zioni a tutte le classi dei vari indirizzi dell’istituto eccetto il Liceo Scientifico. L’analisi dei
grafici precedenti, infatti, ha mostrato come il numero di bocciati tra il terzo e il quarto
anno nel Liceo Scientifico sia elevato rispetto agli altri indirizzi. La dirigenza vuole quindi
determinare se tra gli altri indirizzi vi siano disparità notevoli nel terzo e quarto anno o
se il Liceo Scientifico costituisca appunto un’indirizzo anomalo.
Grazie al grafico si può ad esempio rispondere al seguente quesito:
Determinare dalla rappresentazione 4.35 quale delle seguenti proposizioni è
corretta:
A) il numero di iscritti alle terze è maggiore per l’IT mentre per le quarte è maggiore
per l’AFM
B) il numero di iscritti alle terze è maggiore per l’IT mentre per le quarte è maggiore
per il CAT
C) il numero di iscritti sia alle terze che alle quarte è maggiore per l’IT
D) il numero di iscritti alle terze è maggiore per il LSU mentre per le quarte è maggiore
per l’IT
E) nessuna delle precedenti affermazioni è corretta
Per rispondere basta osservare il grafico e notare che l’area colorata in nero è maggiore
delle altre e che la massima del gruppo sia in corrispondenza delle classi quarte che
delle classi terze (come si può verificare anche dai dati della Tabella 4.3). Se ne deduce
che la risposta corretta è la C.
Le ogive non sono solitamente presenti nei quesiti di interpretazione di grafici. Un
esempio è riportato nella parte di matematica relativa alla statistica. Ad ogni modo
le informazioni in esse vengono lette esattamente come in un poligono delle frequenze,
con l’unica differenza che il valore di ogni nuovo elemento della serie viene sommato
106 Logica matematica
5.7.1 Frazioni
I quesiti sulle frazioni sono abbastanza semplici da risolvere. Se il testo afferma che
una quantità A è una certa frazione a/b di una quantità B, questa frase si traduce in
un’uguaglianza matematica tramite le seguenti regole:
Il verbo essere, declinato in un tempo qualsiasi, corrisponde al simbolo di uguale
=
la preposizione di o le sue varianti articolate come dei, delle, della, degli, etc. si
traducono in una moltiplicazione ·
a
(5.1) A è la frazione a/b di B =⇒ A= ·B.
b
Se in un mese una famiglia realizza un risparmio pari a 1/5 delle entrate mensili, sapendo
che la somma degli stipendi dei componenti la famiglia ammonta a 2500 e calcolare
quanto viene risparmiato in 3 mesi.
Per risolvere basta calcolare il risparmio mensile R e poi moltiplicare per il numero n
di mesi. Il risparmio mensile R è semplicemente una frazione di una quantità nota: ogni
mese viene messo da parte 1/5 di 2500 e. La somma totale T accantonata è
1
(5.2) R= · 2500 e = 500 e ⇒ T = n · R = 3 · 500 e = 1500 e .
5
Vediamo un esempio
2 6 2 6 4
(5.3) A= ·B, B= ·C ⇒ A= · ·C = ·C.
3 7 3 7 7
Logica 107
5.7.2 Percentuali
Una percentuale è una frazione di una certa quantità e rappresenta quindi una gran-
dezza adimensionale in quanto espressa come rapporto tra due grandezze omologhe.
Logica
Per esprimere una quantità come percentuale di una seconda scelta come riferimento
occorre dividere la prima per la seconda e poi moltiplicare per 100.
Se si vuole determinare una certa percentuale di una quantità nota occorre moltiplicare
il numero percentuale per la quantità e poi dividere per 100. Spesso è molto utile
semplificare prima della moltiplicazione, ad esempio elidendo uno 0 al numeratore e
uno al denominatore.
Nel seguito illustreremo alcuni esempi per calcolare sconti e interessi; ricorrere a
una percentuale o usare una proporzione sono spesso procedure analoghe, ognuno può
decidere di usare quella che risulta più congeniale.
Sconti Se un collo del costo iniziale di 840 e è venduta al 15% di sconto qual
è il prezzo di vendita? Ci sono due modi di procedere: o calcolare lo sconto e
poi sottrarre la quantità dal prezzo iniziale per determinare il prezzo di vendita
o calcolare la percentuale del prezzo iniziale come 100− percentuale di sconto e
poi calcolare la percentuale ottenuta del prezzo iniziale. Mostriamo la seconda
procedura: in questo caso la percentuale del prezzo iniziale è 100% − 15% = 85%.
Il prezzo di vendita si calcola quindi come (85 · 840)/100 = (85 · 84)/10 = 714 e.
Capitali e interessi Se su un capitale di 2500 e si ha un interesse semplice del
4% su base semestrale, quale somma si ritira dopo 3 anni di giacenza? Innanzitut-
to occorre determinare quante unità temporali utilizzate per stabilire l’interesse
sono contenute nell’intervallo di tempo considerato. Come prima cosa, quindi,
bisogna convertire gli anni in semestri. Poiché in un anno ci sono 2 semestri si ha
che 3 anni sono pari a 6 semestri.
Dopo un semestre la somma ritirata, chiamata montante M , è composta dal
capitale iniziale C più gli interessi I: M = C + I. In regime di interesse semplice
dopo n periodi il montante si calcola con la formula M (n) = C · (1 + i)n , dove i
è il tasso di interesse. Nell’esempio i = 4% = 0, 04, quindi M (6) = 2500 · (1 +
0, 04)6 ≈ 3163 e. Gli interessi I sono dati da M − C = 3163 − 2500 = 663 e.
Restando in tema di interessi, un errore tipico che si commette è quello di non con-
siderare adeguatamente le percentuali successive, ossia il corretto ammontare di una
grandezza che varia due volte di una certa percentuale.
108 Logica matematica
Concludiamo la sezione con l’utile Tabella 1.2 che illustra alcune uguaglianze tra fra-
zioni, percentuali e decimali. Le ultime quattro entrate sono ottenute semplicemente
come multipli di relazioni precedenti, ad esempio 2/5 è il doppio di 1/5 e cosı̀ via.
Logica
1 100% 1, 00 1/20 5% 0, 05
1/2 50% 0, 50 1/25 4% 0, 04
1/3 33% 0, 33 1/50 2% 0, 02
1/4 25% 0, 25 2/3 66% 0, 66
1/5 20% 0, 20 2/5 40% 0, 40
1/6 17% 0, 17 3/5 60% 0, 60
1/10 10% 0, 10 4/5 80% 0, 80
Tabella 5.5: Utili corrispondenze tra frazioni, percentuali e decimali.
5.7.3 Proporzioni
Una proporzione è un’uguaglianza tra due rapporti, ovvero tra due frazioni appar-
tenenti alla stessa classe di equivalenza. Il numeratore della prima frazione e il deno-
minatore della seconda sono detti estremi della proporzione, gli altri due sono detti
medi.
1 3
(5.8) 1 : 4 = 3 : 12 ⇔ = ⇔ 1 · 12 = 4 · 3 .
4 12
Le proporzioni godono di numerose proprietà:
Tipici problemi risolvibili con le proporzioni sono il calcolo degli sconti applicati, il
calcolo dell’interesse semplice su un capitale e le similitudini tra triangoli.
110 Logica matematica
Due triangoli rettangoli ABC e DEF sono simili. Se il lato AB misura 10 cm e il suo
omologo DE è lungo 25 cm, determinare la lunghezza di BC sapendo che il suo omologo
EF misura 75 cm.
Numerica
Per definizione se due triangoli sono simili i rapporti tra i lati omologhi sono uguali. In
questo caso si può scrivere la proporzione AB:DE=BC:EF. Il lato incognito è BC, che
chiamiamo x. Dalla proprietà fondamentale delle proporzioni si ricava BC = 30 cm:
10 x (10 · 75)
(5.9) = ⇔ x= = 30 .
25 75 25
Il fattore di scala di una carta geografica è il rapporto tra la distanza reale tra due punti
della superficie terrestre e la corrispondente distanza sulla carta geografica. L’inverso
del fattore di scala è chiamato rapporto di scala.
Vi sono tre tipi di problemi relativi alle carte geografiche, tutti e tre risolvibili con le
proporzioni come illustrato di seguito.
Calcolare la distanza reale In questa situazione si conoscono il fattore di
scala e la distanza sulla carta. Dopo aver trovato D attraverso la proprietà
fondamentale delle proporzioni bisogna convertire i centimetri in kilometri.
Se d = 20 cm e D = 2 km per calcolare F s si ha
(5.12)
20 cm 1 1 1
20 cm : 2 km = 1 : F s ⇒ = ⇒ = ⇒ F s = 10000 .
2 × 105 cm Fs 104 Fs
Logica
5.7.5 Proporzionalità inversa
È abbastanza frequente trovare quesiti che si ba-
sano su una relazione di proporzionalità inversa
tra due grandezze. Questa tipologia viene anche
denominata problemi di o sul lavoro.
y
(5.13) x∝y ⇔ y =k·x ⇔ = k.
x
Sono ad esempio direttamente proporzionali il costo totale di un acquisto di tot oggetti
identici e il numero di oggetti acquistati. Un ulteriore esempio di proporzionalità diretta
si ha tra lo spazio percorso e il tempo trascorso in un moto rettilineo uniforme di un
oggetto che è partito dall’origine di un sistema di riferimento.
1 k
(5.14) x∝ ⇔ y= ⇔ y ·x = k.
y x
112 Logica matematica
Se due operai impiegano 10 ore per montare 40 pezzi, quanto tempo occorre a 4 operai per
montare 80 pezzi? In questi casi è opportuno ricavare l’unità di base, che qui corrisponde
a quanti pezzi monta un operaio in un’ora. Ovviamente se due operai ne montano 40 in
10 ore nello stesso tempo un operaio ne monta 20. La proporzione è allora 10 : 20 = 1 : x.
Risolvendola si ha 10 · x = 20 · 1 ovvero x = (20 · 1)/10 = 2. Si può allora calcolare il
numero di pezzi montati da 4 operai in un’ora semplicemente moltiplicando per il numero
di operai: 2 · 4 = 8. Dividendo il totale richiesto per il numero di pezzi montati all’ora si
trova il numero di ore: 80/8 = 10.
Si poteva giungere alla soluzione notando che sia il numero di operai che il numero di
pezzi montati sono raddoppiati. Poiché le due grandezze sono state moltiplicate per lo
stesso fattore il tempo deve restare costante.
Altre volte il testo del quesito sfrutta soltanto le grandezze indicate, ma per la riso-
luzione occorre applicare le frazioni, come illustrato nella sezione 4.7.1. Analogamente
possono essere richieste l’applicazione di una percentuale o di una proporzione.
Logica 113
Lo stesso quesito precedente poteva essere risolto molto più semplicemente realizzando
che la velocità del secondo atleta è i 4/5 di quella del primo. Se quindi devono giungere al
traguardo nello stesso tempo il secondo deve percorrere una distanza pari a 4/5 di quella
percorsa dal primo. Ne consegue che il vantaggio deve essere 1/5 della distanza totale,
Logica
cioè 1/5 di 100 m, ovvero 100 m/5=20 m.
Può essere utile rappresentare le distanze come segmenti, in modo da poter confrontare
i rapporti tra le diverse distanze presenti nel quesito.
√ √
Ar = b · h = 2 m · 6 m = 12 m2 = Aq
p
⇒ l= Aq = 12 = 2 3 m
(5.17) √ √ √ √
d = l 2 = 2 3 m · 2 = 2 6 m.
In altri casi è possibile impostare semplici equazioni per risolvere quesiti numerici.
Vediamo un esempio:
114 Logica matematica
Andrea, Barbara, Camillo e Dario hanno ricevuto 450000 Euro in eredità. Ad Andrea
spetta il doppio di Barbara, a Camillo spetta una volta e mezza la cifra di Andrea e a
Dario il triplo di Barbara. Quanto riceve Dario?
Numerica
x + 2x + (2x + 12 ) + 3x = 450000
Il passaggio cruciale in questi quesiti è la scelta della quantità da rappresentare con l’in-
cognita, perché i calcoli da svolgere per risolvere le equazioni impostate dipenderanno
dai valori espressi in funzione dell’incognita scelta.
Infine, si possono anche incontrare quesiti numerici nella cui traccia compaiono delle
incognite da calcolare. Possiamo indicare questi quesiti come quesiti di sostituzione,
vediamo un esempio:
n=1 s = 30 x=2
Sulla base di questa interpretazione possiamo fornire una risposta preliminare alla doman-
da del quesito: se per effettuare 1 calcolo il calcolatore impiega 30 secondi, per effettuarne
due impiegherà 1 minuto.
Andiamo quindi a sostituire i nostri valori all’interno delle opzioni di risposta, quella
corretta sarà quella che fornisce come risultato 1, ovvero il tempo (in minuti) che secondo
i nostri valori è necessario per compiere 2 calcoli:
Logica 115
Logica
x 2 2
E) 60ns
= 60(1×30)
= 1800
8
Poiché abbiamo ottenuto un risultato ambiguo (due risposte corrette), verosimilmente la
nostra interpretazione delle incognite non era la più adatta a risolvere il quesito. In questi
casi è sufficiente effettuare una nuova sostituzione solo per i casi ambigui, scegliendo nuovi
valori per le incognite:
n=2 s = 30 x=8
In generale, la strategia per risolvere questo genere di quesiti è quella di sostituire dei
valori ad hoc alle incognite, scelti in base ad un criterio di comodità di calcolo: sono
preferibili valori che permettono di effettuare operazioni rapide, semplici e senza resto.
Se la scelta è effettuata con criterio è sufficiente una sola sostituzione, altrimenti (come
nell’esempio sopra) si rende necessario procedere con ulteriori tentativi.
5.7.8 Crittografia
Nella trattazione delle sequenze di lettere abbiamo già visto come sia possibile far
corrispondere due insiemi simbolici, ad esempio assegnando ad ogni lettera l’intero cor-
rispondente al suo ordine nell’alfabeto. Il risultato della relazione, cioè della cifratura,
è un messaggio criptato.
Se in un espressione matematica operiamo una trasformazione simbolica, ossia
stabiliamo una relazione che ad ogni simbolo originale ne associa uno nuovo secondo
una determinata legge, otteniamo un’altra espressione analoga a quella di partenza.
Per semplicità la trasformazione coinvolge soltanto gli operandi (cioè i numeri) e non
gli operatori, che restano identificati dagli usuali simboli delle operazioni: somma (+),
sottrazione (-), moltiplicazione (·) e divisione (: o /). Il simbolo di uguale (=) mantiene
il suo significato solito.
Nei quesiti che riguardano queste uguaglianze criptate bisogna decifrare il codice
per giungere alla soluzione e stabilire il valore numerico di uno dei simboli presenti.
I nuovi simboli possono essere figure geometriche o altre figure. Per rendere possibile
risalire al valore incognito alcuni numeri originali mantengono il proprio simbolo.
Per risolvere il sistema di uguaglianze rappresentato dal testo del quesito si procede
con le usuali regole di soluzione dei sistemi di equazioni riportate nella parte di ma-
tematica. Utilizzando più volte il metodo di sostituzione si eliminano via via i simboli
116 Logica matematica
fino a restare con un’unica uguaglianza in cui compaiono solo numeri e la figura di cui
si ignora il valore. A quel punto le usuali regole dell’algebra consentono di determinare
la soluzione.
Numerica
♠+♥=0
2♦ + ♠ = 3
(5.18)
♣+♦=2
♠−♣=1
La risposta deve giungere dalla prima equazione, che invertita dà ♥ = −♠.
Per determinare il valore di ♠ bisogna risolvere il sistema delle altre tre equazioni. In-
vertendo la seconda si ha ♠ = 3 − 2♦. Dalla terza si ricava ♦ = 2 − ♣ e dalla quarta
−♣ = 1 − ♠. Sostituendo quest’ultima nella precedente si ottiene ♦ = 2 + 1 − ♠ = 3 − ♠.
Sostituendo questo risultato nella seconda si ha ♠ = 3 − 6 − 2♠, da cui ♠ = −1 e quindi
♥ = 1.
5.7.9 Probabilità
Fanno parte dei problemi logico-matematici anche i quesiti sulla probabilità. Una trat-
tazione esaustiva di tale soggetto richiede diverse precisazioni e per essa si rimanda alla
parte di matematica, dove i numerosi esempi possono aiutare a discernere tra i diversi
ragionamenti da attuare per trovare la soluzione corretta.
Nel seguito mostriamo alcuni semplici problemi chiarificatori che possono contribuire
ad evitare errori tipici in cui si incorre in questi quesiti.
Logica 117
Logica
A) 2 e 23 perché sono i due con maggiore ritardo
B) 23 e 54 perché sono quelli con i valori più lontani dagli estremi dell’intervallo
ammesso
C) 2 e 23 perché sono quelli con il valore minore
D) non si può rispondere al quesito se non si conosce la città in cui si trova la ricevitoria
E) tutte le possibili coppie hanno la stessa probabilità di vincita
Un bambino di 5 anni lancia in aria una moneta e ottiene testa per 6 volte
di seguito. Qual è la probabilità che anche alla settima volta esca testa, se
nei precedenti 4 esperimenti uguali a quello in corso è uscita croce al settimo
lancio?
A) 1/7 B) 1/2 C) 5/7 D) 1/35 E) nessuna delle precedenti
Nel quesito ci sono diversi numeri che hanno il solo scopo di confondere, come l’età
del bambino. Prima di cominciare a calcolare in quanti modi diversi si possono avere
tot teste e tot croci, etc., bisogna riflettere un momento con calma. Come nel caso
precedente, il fatto che prima del settimo lancio vi siano stati altri 6 lanci non inficia il
settimo lancio, perché ogni lancio è un evento indipendente dai precedenti. Allo stesso
modo, l’esperimento attuale è indipendente dai 4 già svolti e quindi il loro esito non
influisce sulla probabilità dell’esperimento attuale.
118 Logica matematica
Il fatto che i primi 6 lanci siano testa è semplicemente un evento registrato, ora
bisogna chiedersi qual è la probabilità che nel lancio di una singola moneta esca testa?
La risposta è semplicemente 1/2, in quanto le due facce della moneta sono equiprobabili,
Numerica
5.8 Calendario
Alcuni quesiti richiedono di effettuare calcoli realtivi al calendario. Vediamo un esempio:
Se il 22 Gennaio è il quarto mercoledı̀ del mese, quando cade il quarto lunedı̀ di Gennaio?
A) 20 Gennaio
B) 21 Gennaio
C) 26 Gennaio
D) 27 Gennaio
E) 28 Gennaio
Per risolvere questo genere di quesiti è naturalmente possibile scrivere la parte rilevan-
te del calendario che ci interessa in modo da visualizzare la risposta corretta. Questo
metodo riproduce quello che succederebbe se il candidato avesse la possibilità di consul-
tare un calendario per visualizzare la risposta. Nell’esempio proposto sopra si potrebbe
infatti generare un calendario in cui il 22 gennaio corrisponde al quarto mercoledı̀ del
mese, andando a ritroso per visualizzare in che giorno del mese cade il quarto lunedı̀.
Il risultato sarebbe una tabella simile alla successiva:
Gennaio
L M M G V S D
1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31
Figura 5.37: Calendario per la risoluzione con il metodo forza bruta
Questo metodo di risoluzione che utilizza la cosidetta “forza bruta”, può richiedere
molto tempo e va considerato come l’ultima risorsa per risolvere i quesiti sul calendario,
da utilizzare quando tutto il resto è fallito e non si hanno altre idee. Prima di passare alla
forza bruta è possibile fare riferimento alle seguenti regole, che in molti casi permettono
di risolvere i quesiti sul calendario attraverso semplici calcoli e senza necessità di dover
visualizzare il calendario.
Logica 119
Regola 1. Per riconoscere un anno bisestile è sufficiente verificare che la cifra sia
divisibile per 4: 2000, 2004, 2008, 2012, ecc. Sono tutti anni bisestili.
Regola 2. Negli anni non bisestili, gli stessi giorni del mese di febbraio e marzo
Logica
cadono sempre nello stesso giorno della settimana. Ad esempio, nel 2001 (anno non
bisestile) il 15 febbraio e il 15 marzo cadono entrambi di giovedı̀; mentre nel 2000
(bisestile) il 15 febbraio è un martedı̀ mentre il 15 marzo è un mercoledı̀.
Regola 3. Dati due anni non bisestili consecutivi, nel secondo anno lo stesso giorno
del mese cade nel giorno della settimana successivo rispetto a quello del primo anno.
Ad esempio, nel 2001 (anno non bisestile) il 15 agosto cade di mercoledı̀, mentre nel
2002 (anno non bisestile) cade di giovedı̀.
Regola 4. Dati due anni consecutivi di cui il secondo è bisestile, nel secondo anno
lo stesso giorno del mese cade due giorni della settimana dopo rispetto a quello del
primo anno. Ad esempio, nel 1999 (anno non bisestile) il 15 agosto cade di domenica,
mentre nel 2000 (anno bisestile) cade di martedı̀.
Naturalmente questa regola si applica a tutti i giorni del secondo anno (quello
bisestile) successivi al 29 febbraio) e similmente ai giorni dal primo gennaio al 28
febbraio del secondo anno rispetto ad un eventuale terzo anno (nell’esempio precedente
il 2001) che non sarà bisestile. Infatti il 28 febbraio 2000 è un lunedı̀ mentre il 28 febbraio
2001 è un mercoledı̀.
Regola 5. Sapendo che un certo giorno del mese cade in un certo giorno della
settimana, possiamo calcolare in che giorno della settimana cade il primo giorno del
mese sottraendo 7 dal giorno del mese fino ad arrivare ad 1 oppure ad un numero
minore di 7. Se si arriva ad 1 il primo giorno del mese cade nello stesso giorno della
settimana rispetto al giorno di partenza, se si arriva ad un numero minore di 7 diverso
da 1 è sufficiente contare i giorni della settimana a ritroso. Ad esempio, se il 22 gennaio
è un mercoledı̀, calcoliamo che 22 7 = 15; 17 7 = 8 e 8 1 = 1; quindi il primo gennaio
sarà un mercoledı̀. Se invece il 16 gennaio è il terzo sabato del mese calcoliamo che 16
7 = 9 e 9 7 = 2; quindi il 2 gennaio sarà un sabato e il primo gennaio sarà un venerdı̀.
Regola 6. Poiché non necessariamente un mese inizia di lunedı̀, la prima occorrenza
di un giorno della settimana precedente può essere successiva alla prima occorrenza di
un giorno della settimana successivo. Ad esempio, se un mese inizia di mercoledı̀, il
primo lunedı̀ sarà successivo al primo mercoledı̀, nonostante il lunedı̀ sia un giorno
della settimana precedente al mercoledı̀ (per un esempio concreto si veda il quesito
illustrato a inizio sezione).
Se Ciro riesce a riverniciare una casa in 6 ore e Olga in 9 ore, quanto tempo impiegheranno
i due se lavorano insieme?
Numerica
A) 7h 30min
B) 4h 32min
C) 4h 24min
D) 3h 45min
E) 3h 36min
18/5 di ora è già la risposta al quesito, dobbiamo solo convertirla nel formato presente
nelle opzioni di risposta. Procediamo dividendo 18 per 5 e ottenendo 3,6. 3,6 ore equivale
a 3 ore più il 60% di un’ora, ovvero 3 ore e 36 minuti. La risposta corretta è quindi la
E.
Questo genere di quesiti può essere presentato in una forma leggermente diversa da
quella vista sopra. Vediamo un esempio:
Se quattro ragazzi scavano una buca in due ore, quanti minuti impiegheranno cinque
ragazzi per scavare la stessa buca, se si assume che tutti lavorano alla stessa velocità?
A) 480
B) 96
C) 100
D) 48
E) nessuna delle precedenti
Logica 121
In casi come questo non è possibile utilizzare le due regole illustrate sopra ma bisogna
fare riferimento alla seguente regola:
Regola 3. Se n soggetti completano un lavoro in h ore, m soggetti impiegano
Logica
(n · h)/m ore.
Per risolvere il quesito precedente convertiamo le 2 ore della traccia in 120 minuti
e applichiamo la regola 3: (4 · 120)/5=96. La risposta corretta è dunque la B.
5.10.1 Sostituzione
Il metodo di sostituzione è un’alternativa ai ragionamenti algebrici che permette di
andare a ritroso dalle opzioni di risposta alla traccia e che può essere potenzialmente
utilizzato tutte le volte che il quesito è risolvibile attraverso un ragionamento algebrico.
Vediamo un esempio:
Mario vende le sue azioni della Pinguino S.p.a. per 36 e l’una e quelle della Mela S.p.a.
per 52 e l’una. Se in tutto ha venduto 300 azioni al prezzo medio di 40 e per azione,
quante azioni di Mela S.p.a. ha venduto?
A) 57
B) 75
C) 90
D) 136
E) 1184
Una volta individuata la risposta corretta non è necessario testare le altre opzioni
poiché (a meno di errori nella formulazione del quesito) non può esserci possibilità di
ambiguità nelle risposte. Va notato anche che spesso alcune risposte possono essere
escluse senza alcun test, come ad esempio la risposta E nel quesito di esempio (1184 è
maggiore del numero totale di azioni, impossibile).
Il vantaggio del metodo di sostituzione è che prevede una componente meccanica più
marcata rispetto al tradizionale metodo algebrico, mentre lo svantaggio è che in alcuni
casi la sua applicazione può richiedere tempi lunghi. La scelta di utilizzare il metodo
di sostituzione va necessariamente fatta caso per caso, tenendo presente le specificità
del quesito in analisi.
Arturo vuole piantare una fila di alberi nel giardino della sua villa di campagna. La-
sciando fra un albero e l’altro la distanza di 8 metri, sono necessari 26 alberi. Quanti ne
occorrerebbero se la distanza tra 2 alberi consecutivi si dimezzasse?
A) 40
B) 48
C) 50
D) 51
E) 52
Semplifichiamo il problema immaginando che gli alberi siano solo 2: quanti ulteriori
alberi sarebbero necessari in questo caso? La risposta è “1”, poiché dimezzare la di-
stanza equivale a inserire un albero tra i due già presenti. Cosa succederebbe invece se
gli alberi fossero 3? In questo caso avremmo bisogno di inserire 2 alberi che andrebbero
a dimezzare lo spazio tra il primo e il secondo albero e tra il secondo e il terzo albero.
E se gli alberi fossero 4? In questo caso avremmo bisogno di 3 alberi.
Logica 123
Logica
Applicando questo principio al problema originale otteniamo 26 alberi + 25 = 51
alberi, che è proprio la risposta corretta.
5.10.3 Approssimazione
Approssimare i calcoli può essere un metodo per arrivare alla soluzione di un problema
senza dover svolgere calcoli troppo complessi (e quindi lunghi). Vediamo un esempio:
Che percentuale della superficie coperta da boschi si trova in Finlandia considerando che
la Finlandia possiede 53,42 milioni di ettari di bosco contro gli 8,076 miliardi di ettari di
bosco del pianeta?
A) 0,0066%
B) 0,066%
C) 0,66%
D) 6,6%
E) 66%
8,076 miliardi equivale a 8.076 milioni, che possiamo approssimare a 8.000 milioni;
allo stesso modo approssimiamo 53,42 milioni a 53 milioni. A questo punto possiamo
dividere 53 per 8.000 ottenendo 0,0066, che convertiamo in percentuale moltiplicando
per cento e ottenendo quindi 0,66%, la risposta corretta. Approssimando siamo riusciti
a risolvere il quesito attraverso un singolo calcolo (53/8000), che si può a sua volta
svolgere in modo approssimato equiparando 53 all’1% di 8000, ovvero 80 e notando che
53 corrisponde a circa i 2/3 dell’1%, quindi 0,66%.
5.10.4 Osservazione
Nei quesiti con figure, grafici o diagrammi possiamo basare i nostri ragionamenti sulla
mera osservazione senza necessità di svolgere alcun calcolo. Vediamo un esempio:
D A
C B
Figura 5.38
124 Logica matematica
Nella figura 5.38 il quadrato ha un lato che misura 4 unità, qual è l’area del cerchio
inscritto, approssimata al numero più vicino?
Numerica
A) π
B) 4
C) 8
D) 13
E) 16
Per risolvere il quesito notiamo che qualunque sia l’area del cerchio, sarà sicuramente
poco più piccola dell’area del quadrato. L’area del quadrato è 16, quindi l’opzione
di risposta su cui concentrarsi è sicuramente la D. Se svolgiamo i calcoli otteniamo
infatti 3,14·22 = 12,56. Notiamo però che in questo caso non è assolutamente necessario
svolgere i calcoli, poiché solo la risposta D è visivamente compatibile con la figura e
il calcolo richiesto. Prima di provare a risolvere un quesito per mera via osservativa
è necessario, naturalmente, assicurarsi che la scala in cui è riprodotta la figura non
influisca sui ragionamenti visivi che si stanno per svolgere.
Un broker investe i suoi risparmi nel mercato azionario. Durante il primo anno incrementa
il suo patrimonio del 50% mentre durante il secondo anno registra perdite per il 30%.
Qual è la variazione percentuale tra il patrimonio iniziale e quello al termine del secondo
anno?
A) -5%
B) 5%
C) 15%
D) 20%
E) 80%
Seguendo le 3 regole esposte sopra possiamo eliminare la risposta A (è l’unica negativa);
la risposta D (è direttamente derivabile dalla traccia, che contiene 50% e 30%); la
Logica 125
risposta E (è un valore troppo grande). A questo punto le nostre congetture si possono
limitare alle risposte B e C. Notiamo che il metodo delle eliminazioni e congetture non
porta necessariamente ad una risposta univoca e come tale non è un vero e proprio
metodo risolutivo.
Logica
Per risolvere il quesito direttamente risolviamo il seguente calcolo: (150%·70%)
100% = 5%.
5.11 Quesiti
1) Quale valore completa la serie 5) Se un quadrato Q di area 400 m2 ha
5,6,5,7,7,? ? estensione doppia di quella di un se-
condo quadrato q, quanto misura il
A 5 lato di q?
B 6 √
A 20 m
C 7 √
B 2m
D 8 √
C 10 2 m
E 9 D 20 m
2) Quale lettera completa la serie E 40 m
A,B,4,H,16,? ? 6) Se due punti distano nella realtà
200 km e su una cartina soltanto 4 cm,
A L
qual è la scala della cartina?
B M
A 1 : 5000000
C Z
B 1 : 20000000
D W
C 1 : 2000000
E G
D 1 : 50000000
3) Dalla Tabella 4.3 quale anno di stu- E 1 : 25000000
dio ha il maggior numero di iscrizioni
7) Se ♣ + ♥ = 2 e ♥ − ♠ = 1, quale delle
complessive?
seguenti uguaglianze è corretta?
A le classi prime A ♣=1−♥
B le seconde B ♣=1−♠
C le terze C ♣=1+♥
D le quarte D ♣=1+♠
E le quinte E ♣=♥
Logica
che il volume è lievemente diminuito.
10) I lanci dei dadi sono eventi indipendenti e i lanci precedenti non influenzano quelli
successivi. La probabilità di avere 5 è dunque 1/6, quindi la risposta corretta è la
E.
Logica visuo-spaziale
6
Secondo lo schema proposto dallo psicologo Howard Gardner uno dei 9 tipi di intel-
ligenza è quella visuo-spaziale. I quattro capitoli precedenti della parte di logica di
questo testo hanno illustrato come affrontare quesiti che vanno a saggiare l’intelligenza
linguistica e quella logico-matematica. Il presente capitolo, invece, è interamente de-
dicato alla logica visuo-spaziale, che richiede abilità peculiari che vanno ad integrare
quelle messe in campo per risolvere quesiti di logica matematica.
Logica
In questa sezione riportiamo gli esempi più ca-
ratteristici che coinvolgono diversi criteri. Com-
binando le possibilità rappresentate si potrà
affrontare qualunque quesito di tale tipologia.
Si ha una riflessione quando la figura viene divisa in due da un asse, che di solito è
verticale o orizzontale ma potrebbe avere una direzione qualsiasi, e le due parti della
figura sono simmetriche rispetto all’asse.
Quale delle seguenti immagini rappresenta la Figura 5.3 (a)? riflessa rispetto
a un asse verticale?
(b) Alternative
Figura 5.3: Riflessione di un’immagine.
6.1.2 Rotazioni
Spesso i quesiti di logica visuo-spaziale coinvolgono rotazioni di figure. La definizione di
rotazione in questo ambito è uguale al senso che le si attribuisce in geometria euclidea
piana.
130 Logica visuo-spaziale
Quale delle seguenti immagini rappresenta la Figura 5.4 (a)? ruotata di 45◦ ,
in senso orario?
(b) Alternative
Figura 5.4: Rotazione di un’immagine.
Si nota che la A rappresenta la Figura 5.4 non ruotata affatto, la B implica una rotazione
oraria di 90◦ , la C una rotazione oraria di 45◦ , la D una rotazione antioraria di 45◦ , e la
E una rotazione oraria di un angolo minore di 45◦ . Se ne ricava che la risposta corretta
è la C.
Questi quesiti non sono particolarmente complicati, basta osservare con attenzione le
immagini alternative. Riportiamo l’esempio di Figura 5.5.
Logica 131
Logica
(a) Testo del quesito
(b) Alternative
Figura 5.5: Negativo di un’immagine.
Altre tipiche trasformazioni composte si hanno quando una riflessione o una rotazione
o un negativo sono seguiti da una sovrapposizione di una figura sull’altra.
In genere in questi casi i quesiti si differenziano in due tipologie:
L’ordine con cui associare i colori potrebbe essere differente, quindi bisogna vagliare
ogni possibile criterio. Ciò a maggior ragione quando non vi sono evidenti differenze
Visuo-Spaziale
(b) Alternative
Figura 5.6: Permutazioni cromatiche di un’immagine.
In base alla definizione di permutazione si deduce che la risposta corretta è rappresentata
dall’alternativa D della Figura 5.6 (b), che rispetta proprio la permutazione indicata nella
definizione.
(b) Alternative
Figura 5.7: Trasformazioni composte di un’immagine.
La risposta corretta è la E. Nella A, infatti, la circonferenza interna viene sovrapposta al
triangolo. Nella B la circonferenza viene ruotata. Nella C il triangolo bianco si sovrappone
al rettangolo grigio di sinistra. Nella D, infine, ai due triangoli si sovrappone il rettangolo
grigio di sinistra.
Logica 133
Logica
Per risolvere quesiti di questo tipo è necessario individuare l’insieme di cui fanno
parte tutte le figure del testo tranne una.
(b) Alternative
Figura 5.9: Criteri di eliminazione.
6.3 Analogie
In numerosi quesiti viene richiesto di determinare quale sia la figura mancante in base
ad un’analogia presente tra le figure date. In altri termini si tratta di decodificare
134 Logica visuo-spaziale
Visuo-Spaziale
una sorta di proporzione tra due coppie di figure, di cui una completamente nota e la
seconda con un termine incognito.
A differenza delle proporzioni matematiche, nelle analogie la relazione tra le due figure
note può essere di tipo cromatico (positivo-negativo), geometrico (rotazione, riflessione,
rapporto tra grandezze) o consistere in inclusioni, intersezioni, aggiunte o sottrazioni
di elementi grafici e altro.
Con l’allenamento non è difficile trovare la risposta corretta in un tempo breve. Per
avere idee più chiare consideriamo l’esempio seguente, in cui il cromatismo e la logica
degli insiemi predominano su altre considerazioni.
(b) Alternative
Figura 5.10: Analogia di figure.
Nell’esempio di Figura 5.10 (a) si nota che tutte le figure possono essere interpretate come
sovrapposizione parziale di due figure uguali di cui una ha subito riflessione. Nella coppia
di sinistra si osserva che nella prima figura è stata colorata l’intersezione delle due figure
componenti, mentre nella seconda figura l’intersezione è l’unica parte a non essere stata
colorata. Questo stesso criterio deve quindi regolare anche la seconda coppia. Si ricava
che la risposta corretta è la B, dove l’unica parte a non essere colorata è l’intersezione
tra due esagoni equivalenti.
Logica
(a) Testo del quesito
(b) Alternative
Figura 5.11: Analogia di figure.
Nell’esempio di Figura 5.11 (a) si nota che tutte le figure possono essere interpretate come
sovrapposizione parziale di due elementi: nella figura di sinistra di ogni coppia si ha una
figura dentro un’altra, in quella di destra della prima coppia si ha una barra sovrapposta.
Poiché le figure di sinistra di entrambe le coppie soddisfano una definizione comune (una
figura dentro l’altra), se si capisce il criterio che regola la trasformazione tra la prima
e la seconda figura della coppia di sinistra lo si può applicare alla coppia di destra per
risolvere il quesito. Si osserva che la seconda figura si ottiene dalla prima deformandola e
barrandola, infatti l’ellisse è una deformazione della circonferenza. Ciò porta a concludere
che la risposta corretta è la C, in quanto il rettangolo è la deformazione di un quadrato
e si ha ancora la barra sovrapposta.
6.4 Sequenze
Una sequenza di figure è una successione di figure in cui ogni elemento è legato al
precedente da un determinato criterio logico.
(b) Alternative
Figura 5.13: Sequenza di figure.
Nell’esempio di Figura 5.13 (a) si nota che l’estremità scura di ogni stella a sei punte si
sposta ogni volta di due posti in senso orario e che l’elemento scuro interno alla stella
si trova sempre nell’estremità opposta rispetto a quella scura. Si ricava che la risposta
corretta è la A.
Prestiamo attenzione all’esempio di Figura 5.15 per avere un’idea di come procedere.
Logica
30 Figura 5.15: Famiglie di figure.
A) il triangolo appartiene all’insieme di sinistra e il quadrato a nessuno dei due
B) il triangolo appartiene all’insieme di sinistra e il quadrato a quello di destra
C) il triangolo appartiene all’insieme di destra e il quadrato a quello di sinistra
D) il quadrato appartiene all’insieme di destra e il triangolo a nessuno dei due
E) entrambe le figure appartengono all’insieme di sinistra
Nell’esempio di Figura 5.15 (a) si può osservare che l’insieme di sinistra è composto da
poligoni aventi un numero dispari di lati, mentre l’insieme di destra contiene solo poligoni
con un numero pari di lati. Si ricava che la risposta corretta è la B.
6.6 Domino
Alcuni quesiti utilizzano le tessere del domino per stimolare le competenze di logica
visuo-spaziale di chi si cimenta con i Test.
Una tessera del domino è divisa in due metà di pari grandezza recanti due numeri
compresi tra 0 e 6 e indicati con un ugual numero di pallini neri in campo bianco.
In questo caso bisogna considerare sia la relazione tra i due numeri presenti nella stessa
tessera, sia le relazioni tra i numeri presenti su tessere adiacenti o opposte. Potrebbero
essere coinvolte anche relazioni riguardanti somme o differenze dei numeri indicati sulle
tessere, come pure una divisione tra tessere interne ed esterne nel caso queste siano
disposte con una simmetria radiale.
Non bisogna assolutamente lasciarsi fuorviare: le regole del gioco del domino non sono
utilizzate. Le tessere sono soltanto simboli visivi recanti numeri al proprio interno.
138 Logica visuo-spaziale
(b) Alternative
Figura 5.16: Tessere del domino.
Nell’esempio di Figura 5.16 (a) si può notare che non ci sono chiari criteri che regolano
i numeri presenti sulle facce interne delle tessere ne quelli sulle facce esterne. Passando
ai rapporti tra i numeri sulle singole tessere si osserva che nella diagonale in cui sono
presenti entrambe le tessere in chiaro i numeri sulle facce esterne sono la metà di quelli
sulle facce interne. Ciò non è vero per la tessera dell’altra diagonale, che presenta però
un andamento opposto, ovvero il numero sulla faccia interna è la metà di quello sulla
faccia esterna. La disposizione spaziale, dunque, ricalca un po’ le considerazioni fatte per
le serie alternate: se un criterio regola una diagonale, segnifica che un altro criterio regola
la seconda diagonale. Nella tessera mancante uno dei due valori deve essere il doppio
dell’altro. Si ricava che la risposta corretta è la A.
6.7 Matrici
Una matrice quadrata 3x3 di figure è una tabella di immagini composta da 3 righe e 3
colonne ed è anche chiamata matrice di Raven.
Negli esercizi sulle matrici bisogna individuare il criterio che regola la composizione
Logica 139
dell’intera tabella, di solito basato su relazioni che coinvolgono gli elementi delle righe
o delle colonne.
Logica
per due righe, allora lo stesso va-
le anche per la terza riga. Allo
stesso modo se un criterio regola
due colonne, deve dettare anche la
composizione della terza.
I criteri sono quelli già illustrati nelle sezioni pre- Figura 6.17: Matrici o gruppi di figure
cedenti: possono riguardare bordi, colori, numeri di simili prive di ordine sono usate nell’arte
lati e operazioni su di essi, inclusioni o intersezioni contemporanea.
tra figure, posizioni reciproche di diversi elementi
della figura e cosı̀ via.
Mostriamo per esempio la matrice 5.18.
(b) Alternative
Figura 5.18: Matrice di figure.
Nell’esempio di Figura 5.18 (a) si nota che in ogni riga è presente una figura che non
è un poligono (ellissi o circonferenza). Si nota inoltre che dei due poligoni presenti in
ogni riga quello con il maggior numero di lati è colorato in modo più scuro. Lo stesso
criterio formato da queste due considerazioni deve quindi regolare la terza riga. Tra le
alternative le uniche due che potrebbero andar bene in quanto poligoni con un numero
di lati maggiore del pentagono (che è bianco, quindi deve essere il poligono con il numero
di lati minore) sono la C e la E. Nelle due righe precedenti, però, la colorazione è più
marcata, quindi la risposta giusta deve essere la C.
140 Logica visuo-spaziale
Nell’esempio di Figura 5.18 si nota che in ogni riga è presente una figura che non è
un poligono (ellissi o circonferenza). Si nota inoltre che dei due poligoni presenti in
Visuo-Spaziale
ogni riga quello con il maggior numero di lati è colorato in modo più scuro. Lo stesso
criterio formato da queste due considerazioni deve quindi regolare la terza riga. Tra le
alternative le uniche due che potrebbero andar bene in quanto poligoni con un numero
di lati maggiore del pentagono (che è bianco, quindi deve essere il poligono con il numero
di lati minore) sono la C e la E. Nelle due righe precedenti, però, la colorazione è più
marcata, quindi la risposta giusta deve essere la C.
In realtà l’ultima considerazione è leggermente ambigua. Ciò che assicura che la rispo-
sta corretta è la C è la relazione tra il numero di lati dei poligoni di ogni riga: quello
con il numero maggiore ha sempre due lati in più dell’altro.
Nella matrice appena considerata non c’era alcun criterio che poteva reggere le figure
delle colonne, ma non bisogna dare per scontato che tutte le matrici siano organizzate
per righe. Consideriamo a tal proposito la matrice 5.19.
(b) Alternative
Figura 5.19: Matrice di figure.
Nella matrice 5.19 si osserva che gli elementi della terza riga sono la sovrapposizione degli
elementi della stessa colonna presenti nelle due righe precedenti. Ciò che contraddistingue
ognuna delle 5 alternative è la relazione tra i colori delle varie parti della sovrapposizione.
Tornando alle due colonne complete bisogna vedere che nella figura sovrapposta viene
colorata in grigio la figura che originariamente era nera, mentre l’intersezione delle due
figure viene colorata in nero. Si ricava che la risposta corretta è la A.
Logica 141
Logica
I criteri che regolano le matrici di carte da gioco possono basarsi sia su relazioni
matematiche (somma o differenza tra i valori o di un valore costante o di un valore
dipendente dalla posizione) sia su relazioni che coinvolgono i semi (ad esempio in ogni
riga o colonna il numero di carte dello stesso seme deve essere costante).
Per maggiore chiarezza consideriamo l’esempio seguente.
(b) Alternative
Figura 5.20: Matrice di figure.
Nella Figura 5.20 (a) si osserva che nelle prime due righe dalla prima alla seconda carta
il numero è aumentato di 2, mentre dalla seconda alla terza di 3. Nella prima e nella
seconda riga, inoltre, si ha una carta di cuori, una di quadri e una di picche. Unendo
questi due criteri si ricava che la risposta corretta deve essere l’otto di picche, ossia la A.
142 Logica visuo-spaziale
6.9 Quesiti
Visuo-Spaziale
A la tessera A
B la tessera B
A la A
C la tessera C
B la B
D la tessera D
C la C
E la tessera E
D la D
2) Quale figure completa la sequenza? E la E
A la A
B la B
C la C A la A
B la B
D la D
C la C
E la E
D la D
3) Quale carta completa la figura? E la E
Logica 143
Logica
D la D
E la E
A la A
B la B
C la C
D la D
A la A
E la E
B la B
6) Quale delle alternative rappresenta C la C
una rotazione di un angolo retto in
senso orario della figura? D la D
E la E
A la A
B la B
C la C
D la D
E la E
7) Quale delle seguenti figure va esclu- A la A
sa?
B la B
C la C
D la D
E la E
144 Logica visuo-spaziale
C la C
D la D
E la E
2) Osservando le tre figure della sequenza si nota che ognuna di esse è composta da
quattro figure: un’ellisse, un triangolo, una quadrato e un rombo. Di queste solo
una, il quadrato, è colorata. Ciò che dovrebbe saltare all’occhio è il fatto che nel
passaggio dalla prima alla seconda figura quella delle 4 che era la figura più esterna
diventa la più interna. Lo stesso accade ricorsivamente nel passaggio dalla seconda
alla terza, il che implica che questo criterio deve regolare la sequenza. Si ricava
quindi che la risposta corretta è la D .
3) Dalla figura si vede che non esiste un criterio legato ai semi che regola le righe o le
colonne. Focalizzando l’attenzione sui numeri delle carte, si vede che in ogni riga nel
passare dalla prima alla seconda carta si toglie 2 e lo stesso avviene dalla seconda
alla terza. Ne deriva che il numero della carta mancante deve essere 5. Da ciò si
ricava che la risposta corretta è la A .
7) In tutte le alternative tranne che nella C si hanno due poligoni il cui numero di
lati differisce di 2. Le considerazioni cromatiche, quindi, possono essere ignorate e
prevale il criterio sul numero dei lati. La risposta corretta è la C .
Logica 145
8) Non è banale risolvere il quesito. L’unico criterio che si può individuare nell’analogia
è che il numero di figure componenti l’elemento di destra della coppia è pari al
numero di elementi trasversali della figura di sinistra di ogni coppia. Poiché la terza
figura ha tre elementi trasversali la soluzione deve essere composta da tre figure.
Logica
Da ciò si ricava che la risposta corretta è la D .
9) Nelle prime due righe della matrice si osserva che l’ampiezza dell’angolo al centro
di ogni elemento va decrescendo da sinistra verso destra. L’ampiezza dell’elemento
centrale di ogni riga, quindi, è minore di quella del primo elemento della riga ma
maggiore del terzo elemento della stessa riga. Ciò si verifica soltanto per l’alternativa
D che rappresenta dunque la risposta corretta.
10) Sebbene sembri che il criterio della sequenza sia cromatico, in realtà a ben guardare
si può osservare che in ogni figura il numero di elementi simili cambia. In particolare
nella prima si hanno 5 figure simili, nella seconda 4, nella terza 3 e nella seconda
2. Si ricava che la risposta corretta non deve avere figure simili, quindi la risposta
corretta è la E .
Cultura generale
Storia
1
1.1 Cronologia
La storia europea generalmente viene suddivisa in quattro grandi periodi:
2. Storia Medievale
3. Storia Moderna
4. Storia Contemporanea
I Test di ammissione solitamente ruotano intorno alla storia del Novecento, seguendo
abbastanza fedelmente il programma di studi dell’ultimo anno delle scuole medie su-
periori. Non si può escludere tuttavia la presenza di quesiti sull’età antica, moderna e
medievale.
Per questa ragione nelle pagine seguenti proponiamo una cronologia schemati-
ca a partire dalla storia della Grecia antica fino alla storia moderna. Una maggiore
attenzione è rivolta invece al periodo che va dalla I Guerra Mondiale ai giorni nostri.
Le domande presenti nei Test sono di tipo nozionistico, valutano la conoscenza di date,
personaggi ed eventi principali. Per facilitare lo studio gli elementi da memorizzare
saranno posti in evidenza.
Considerata la vastità del tema, si è scelto di offrire allo studente una panoramica in
grado di fornire soprattutto le informazioni fondamentali. Una precisa conoscenza dei
principali accadimenti storici permetterà di inquadrare e localizzare il quesito proposto,
riducendo il numero delle alternative tra le risposte.
Nel 900 a.C. la civiltà micenea volge al declino e ha inizio un periodo denominato
Medioevo greco, caratterizzato dall’invasione delle popolazioni doriche della penisola
greca.
Al termine del medioevo greco ha inizio il Periodo classico. Gli studiosi distin-
guono a sua volta questa fase in quattro fasi storiche.
Periodo arcaico Inizia nel XIII secolo e si conclude nel XI secolo a.C. con le guerre
persiane.
Periodo classico Dal V al IV secolo a.C.. In questa fase si sviluppano le poleis, le
città-Stato.
Cronologia
Cronologia
3000 - 1400 a.C. I primi coloni provenien- 1450 a.C. Gli Achei invadono Creta e la
ti dall’Anatolia sbarcano sull’isola di Creta e assoggettano alla civiltà micenea.
danno vita alla prima importante civiltà eu- 1449 a.C. Esplosione dell’isola-vulcano di
ropea: la Civiltà Minoica. La civiltà deve il Thera (odierna Santorini, di area minoica).
proprio nome a Minosse, il leggendario re di Creta viene distrutta.
Cnosso.
1390 a.C. Gli achei micenei popolano la
2800 - 2100 a.C. Periodo elladico antico. Grecia.
2100 - 1620 a.C. Periodo elladico medio. 1294 a.C. A Creta, inizia il regno di Minosse
2000 a.C. Creta domina politicamente tut- II.
to l’Egeo. Sorgono le città di Cnosso, Festo e 1210 a.C. In Grecia avvengono le prime mi-
Mallia. grazioni dei Dori che provocheranno la caduta
1700 a.C. Nel Peloponneso e nell’Attica della civiltà micenea.
giungono gli Achei, una nuova popolazione 1184 a.C. Una lega di sconfitti micenei
proveniente dal nord. A Creta si sviluppa la (Achei), cacciata dai Dori, invade Troia. Ome-
scrittura Lineare A. ro ne poeticizzerà poi le gesta nell’Iliade e
1620 - 1150 a.C. Periodo elladico tardo / Odissea.
fase micenea. In Argolide si sviluppa la Ci- 1000 a.C. L’insediamento dei Dori in Grecia
viltà Micenea o Achea. Sorgono le città di permette di porre le prime basi delle polis o
Micene, Argo, Tirinto, Epidauro. città stato.
1570 a.C. Creta viene distrutta da un 900 a.C. I Dori, che occupano il Peloponneso,
catastrofico terremoto. danno origine alla città di Sparta.
1462 a.C. Su Creta ricostruita regna 850 a.C. A Sparta Licurgo elabora una se-
Minosse. vera costituzione che prevede una rigida divi-
Storia 149
sione delle classi sociali in dirigenti, cittadini, 561 - 510 a.C. Tirannia dei Pisistratidi ad
liberi e iloti (schiavi). Atene, al padre Pisistrato, morto nel 527, se-
776 a.C. Si svolge la “Prima Olimpiade” a guono i figli Ipparco, assassinato nel 514 e
Olimpia. Ippia, cacciato da Atene nel 510.
758 a.C. La colonizzazione greca si rivolge 550 a.C. Nasce la Lega peloponnesiaca, sotto
verso oriente: nel Mar Nero viene fondata la il predominio militare di Sparta.
città di Sinope. 546 a.C. Ciro il Grande s’impadronisce del
753 a.C. Fondazione di Roma. potere e diventa re dei persiani. Inizio del
dominio persiano.
740 - 720 a.C. Prima guerra messenica.
540 a.C. Ciro il Grande sottomette la Ionia
730 a.C. Composizione dell’Odissea e dell’I-
e diventa signore dell’Asia Minore.
liade.
Storia
520 a.C. Sparta, sotto la guida di Cleomene
720 - 650 a.C. Sparta instaura la propria
I, sconfigge Argo.
egemonia sul Peloponneso sudoccidentale.
685 a.C. Ad Atene la monarchia viene so- 514 a.C. Ad Atene il tiranno Ipparco vie-
stituita dal sistema dell’arcontato (costituito ne assassinato da Armodio e Aristogitone, gli
da tre magistrati annuali). Creonte è il primo succede il fratello Ippia.
arconte. 511 a.C. Sparta sconfigge il tiranno ateniese
667 - 660 a.C. Fondazione di Bisanzio. Ippia.
657 - 580 a.C. Periodo della Tirannide a 510 a.C. Ad Atene Clistene caccia definiti-
Corinto. vamente il tiranno Ippia.
654 - 628 a.C. Gli spartani dominano defi- 509 - 507 a.C. La riforma di Clistene dà
nitivamente l’intera regione del Peloponneso. avvio alla democrazia ateniese.
632 a.C. Ad Atene Cilone fallisce il tentativo 506 a.C. Atene sottomette l’Eubea, Sparta,
di insediare la tirannide. Beozia e Calcidia.
624 a.C. Nascita di Talete, primo filosofo 499 – 493 a.C. I popoli della Ionia, istigati
greco. Fondatore della scuola filosofica ioni- dal tiranno di Mileto Aristagora, si ribellano
ca. Attribuisce all’acqua il principio di tutte e proclamano l’indipendenza. L’azione suscita
le cose. il risentimento del re dei persiani Dario I.
621 a.C. Ad Atene, l’arconte Dracone 493 a.C. Ad Atene è arconte Temistocle.
promulga il suo severo codice di leggi. Milziade, tiranno di Chersoneso, fugge ad
Atene per sottrarsi ai persiani.
610 a.C. Nascita di Anassimandro. Intui-
sce che la terra è un disco al centro dello 492 a.C. Sparta con Cleomene I sconfigge
spazio-universo. Egina.
594 a.C. Solone viene eletto arconte con pie- 491 - 490 a.C. Scoppia la prima guerra
ni poteri su Atene. Promuove la “costituzio- greco-persiana. Dario occupa l’Eubea e sbar-
ne”, volta a limitare i poteri dell’aristocrazia. ca in Attica. Gli ateniesi, guidati da Milziade,
I cittadini sono divisi in quattro classi, in base a Maratona lo respingono.
al reddito viene concesso il diritto a parteci- 486 a.C. Muore re Dario I di Persia. Gli suc-
pare alle assemblee per deliberare le leggi, la cede il figlio Serse, il cui obiettivo è conqui-
pace e la guerra. stare la Grecia e regnare su un unico grande
590 a.C. Ad Atene inizia la costruzione regno asiatico.
dell’Acropoli. 482 a.C. Ad Atene, ostracismo contro Ari-
579 a.C. Solone porta a termine la guerra di stide, oppositore della politica navale di
Megara e occupa definitivamente Salamina. In Temistocle.
guerra emerge Pisistrato. 481 - 479 a.C. II guerra persiana contro Ser-
561 a.C. Pisistrato fa un colpo di stato ed se. Formazione della Lega ellenica tra Sparta
instaura la tirannide. e Atene contro i persiani.
150 Cronologia
480 a.C. Serse si spinge fino in Tessaglia per 454 a.C. Atene subisce una sconfitta du-
colpire Atene. Un tradimento consente a Serse rante la spedizione in Egitto, in lotta per
di aggirare i greci. Al Passo delle Termo- l’indipendenza dalla Persia.
pili, dopo una battaglia navale al Capo Arte- 449 a.C. Pericle conclude la “Pace di Callia”
misio, Leonida con 300 spartani si sacrifica con la Persia, liberando cosı̀ le città greche
per coprire la ritirata dei greci. I persiani oc- dell’Egeo.
cupano temporaneamente Atene. Aristide vie-
447 - 432 a.C. Costruzione del Partenone
ne richiamato in patria. A Salamina vittoria
sotto il governo di Pericle che chiama a sé
navale degli ateniesi guidati da Temistocle.
Fidia e i migliori artisti scultori.
479 a.C. I greci, con lo spartano Pausania, 447 a.C. La Beozia, alleata con gli aristo-
sconfiggono le truppe persiane nella batta-
Cronologia
421 a.C. Con la Pace di Nicia fra Sparta 405 a.C. A Egospotami, la flotta ateniese
e Atene (che sarebbe dovuta durare 50 anni), viene sconfitta dal generale spartano Lisan-
si conclude il primo periodo della guerra del dro, alleato con la Persia. Cimone entra al
Peloponneso. servizio dei persiani.
418 a.C. Riprende la guerra del Peloponne- 404 a.C. Dopo la sconfitta di Egospotami,
so. Mantinea, prima alleata di Sparta, passa Atene viene conquistata dagli spartani che im-
ora con Atene di Alcibiade, insieme con Elide, pongono condizioni durissime instaurando il
Argo e Corinto. governo aristocratico dei “Trenta tiranni”.
Termina la guerra del Peloponneso. Tebe e
415 - 413 a.C. Spedizione di Atene in Si-
Corinto propongono che Atene venga rasa al
cilia per aiutare Segesta contro Selinunte e
suolo. La Lega delio-attica viene sciolta. A Po-
Siracusa.
tidea viene cacciata la cleruchia ateniese. Sa-
Storia
413 - 404 a.C. La guerra di Decelea è l’ul- mo è presa da Lisandro, ma presto recupera
tima fase della guerra del Peloponneso. Occu- l’indipendenza.
pazione di Decelea da parte degli spartani con 404 - 395 a.C. Sparta impone la restaura-
il re Agide. zione dei governi oligarchici.
412 a.C. I persiani aiutano Sparta che 403 a.C. Trasibulo, che si era rifugiato in
rinuncia alle città della Ionia. Beozia, predispone il ritorno in patria con
411 a.C. La democrazia è ritenuta la cau- le armi e rientra ad Atene dove restaura un
sa principale delle sconfitte ateniesi. Con un governo democratico sostituendo quello dei
colpo di Stato si instaura il governo oligar- “Trenta tiranni”.
chico dei “Quattrocento Saggi”, ma vi sono 399 a.C. Condanna a morte di Socrate.
sommosse e disordini e la città è sull’orlo di 396 - 387 a.C. Guerra corinzia: Corinto
una guerra civile. Alcibiade riallaccia rap- passa dalla parte di Atene, Tebe e Argo, al-
porti con Atene e viene eletto stratega della leate contro Sparta. A Megara e Corinto si
flotta di Samo, riportando vittorie presso Ci- restaura il regime aristocratico.
nossema, ad Abido. In Eubea una nuova ri-
394 a.C. A Coronea lo spartano Agesilao
bellione di Eretria, di Calcide e di Caristo.
sconfigge le forze unite di Atene e Tebe.
Formazione della Lega eubotica, che assume
A Cnido l’ateniese Conone, comandante del-
soprattutto importanza economica.
la flotta persiana, sconfigge gli spartani di
410 a.C. Con la battaglia di Cizico, Alcibia- Pisandro.
de vince sulla flotta peloponnesiaca e occu- 393 a.C. Atene si libera dalla dominazione
pa Calcedonia e Bisanzio. Restaurazione del spartana.
governo democratico ad Atene.
391 a.C. Corinto esce sconfitta per terra e
409 a.C. Atene conquista Calcedonia. per mare.
407 a.C. Dopo le vittorie riportate Alcibia- 387 a.C. Platone fonda L’Accademia di
de torna ad Atene e assume il comando del- Atene.
le forze navali contro la coalizione spartano- 386 a.C. Pace di Antàlcida tra Sparta e la
persiana costituita da Lisandro e Ciro il Persia: le città greche dell’Asia Minore ri-
Giovane. tornano sotto il dominio persiano. La Lega
406 a.C. Con la sconfitta di Antioco, luogo- beotica viene sciolta.
tenente di Alcibiade, a Nozio, terminano le 384 a.C. Nasce Aristotele a Stagira.
speranze degli ateniesi di tornare a trionfa-
378 a.C. Rifondazione della seconda Lega na-
re sui mari; Alcibiade, ritenuto responsabile
vale attica. Riprendono le ostilità tra Sparta
dell’insuccesso, viene privato di ogni potere.
e Atene.
Conone sostituisce Alcibiade al comando della
flotta, ma viene bloccato dallo spartano Cal- 377 a.C. L’Eubea entra nella seconda Lega
licratida nella baia di Mitilene; è poi liberato di Atene.
con la vittoria delle Arginuse. 375 a.C. Battaglia di Tegira.
152 Cronologia
371 a.C. Battaglia di Leuttra: il teba- 341 a.C. Demostene nella Terza Filip-
no Epaminonda batte gli spartani liberando pica smaschera la politica di Filippo di
la Messenia e l’Arcadia, che fonda la capi- Macedonia.
tale Megalopoli. Sparta cessa definitivamente 340 a.C. I Macedoni avanzano fino a Perinto
di essere una grande potenza e pone fine al e Bisanzio. Nascita di Epicuro.
conflitto con Atene.
339 a.C. Filippo II, con la complicità dei fo-
371 - 362 a.C. Supremazia tebana su Sparta cesi, occupa la fortezza di Elatea che domina
che intanto si allea con Atene contro Tebe. l’accesso alla Beozia.
368 a.C. Il futuro re di Macedonia, Filip- 338 a.C. Filippo II sconfigge nella battaglia
po II, è inviato a Tebe dove assorbe la cultu- di Cheronea le truppe della Lega panelleni-
Cronologia
ra greca e prende coscienza delle innovazioni ca (ateniesi, tebani e beoti tutti uniti). Fine
militari di Epaminonda. dell’indipendenza greca.
365 a.C. Samo è riconquistata da Atene. 337 a.C. A Corinto Filippo II viene nomi-
362 a.C. Nel Peloponneso battaglia decisiva nato capo della confederazione ellenica Lega
di Mantinea. Gli eserciti tebani battono quelli Corinzia.
spartani e ateniesi, ma la morte in battaglia 336 a.C. A Palatitsia Filippo II di Mace-
di Epaminonda segna la fine dell’egemonia donia viene assassinato durante le nozze di
tebana. Alessandro I che gli succede al regno.
359 a.C. Filippo II diventa re di Macedo- 336 - 323 a.C. Regno di Alessandro
nia. 359 – 336 a.C. Regno di Filippo II in Magno.
Macedonia. 335 a.C. A Corinto si svolge un altro congres-
357 - 346 a.C. Guerra sociale (Chio, Coo, Bi- so che rinnova ad Alessandro i poteri conferiti
sanzio, Rodi) contro Atene; interviene Filippo a Filippo II. Un tentativo di rivolta di Te-
II, alleato di Atene, che con abili colpi di ma- be comporta la distruzione totale della città
no s’impadronisce della Tracia e conquista il da parte di Alessandro. Aristotele fonda ad
suo primo sbocco sul mare ad Anfipoli. Atene la scuola del Liceo (o peripatetica, per
l’usanza di parlare e passeggiare).
356 a.C. Nasce Alessandro, figlio di Filippo
II. 334 a.C. Alessandro, alleandosi con i greci,
inizia la guerra contro la Persia. Vittoria di
353 a.C. Filippo II, proseguendo verso la Granico. Alla partenza per l’Asia, Alessandro
Grecia occupa la Focide, appoggiata da Atene affida la Macedonia e la Grecia ad Antipatro.
e Sparta.
333 a.C. A Isso, Alessandro sconfigge Dario
352 a.C. Filippo II penetra in Grecia. Do- III, ultimo re di Persia, e dà inizio alla sua
po aver esteso la sua influenza sulla Tessaglia decennale campagna in Asia.
avanza fino alle Termopili. 331 a.C. Alessandro sbaraglia ogni eserci-
348 a.C. Filippo II conquista la penisola to, conquista l’Egitto, spazza via i persiani
calcidica, Potidea, Metone, Stagira e Olinto. e prosegue vittorioso su Babilonia, Persepoli.
Muore Platone. Fonda la città di Alessandria in Egitto.
346 a.C. Filippo II, con la pace di Filocrate, 330 a.C. Alessandro Magno ha il proget-
dove sono riconosciute le conquiste macedo- to di unificare l’immenso impero. Promuo-
ni in Tracia, conquista la fiducia degli atenie- ve matrimoni misti con lo scopo di fondere
si che vedono in lui un potente alleato per etnicamente i popoli.
liberarsi dei nemici persiani. 327 - 325 a.C. Alessandro si spinge in oriente
343 a.C. Demostene pronuncia la Seconda fino alle rive dell’Indo. Fonda città e regni.
Filippica, denunciando le mire espansionisti- 326 a.C. Alessandro Magno conquista il
che in Grecia del re macedone Filippo. Punjab, la città di Neapolis e si allea a Roma.
342 a.C. Aristotele diventa precettore di 323 - 13 giugno a.C. Dopo aver conquista-
Alessandro. to Grecia, Egitto e l’oriente fino all’Indo (ai
Storia 153
confini della Cina), Alessandro muore a soli 294 a.C. Demetrio I, dopo essersi impa-
33 anni. dronito nuovamente di Atene, penetra in
323 a.C. La data della morte di Alessandro Macedonia e si fa proclamare re.
rappresenta il convenzionale passaggio dal- 290 a.C. Ad Alessandria viene costituita la
l’età classica a quella ellenistica. Grandi con- grande biblioteca con 1.000.000 di opere.
trasti seguono per la successione e suddivisio-
289 a.C. In Macedonia Demetrio Poliocrete
ne dell’immenso impero. Con vari compromes-
lascia il regno al figlio Antigono I Gonata, per
si si arriverà poi all’istituzione dei diadochi.
recarsi in Asia con l’intenzione di riprendere
Demostene rientra trionfalmente ad Atene per
il piano egemonico del padre.
riprendere la lotta. Le città greche si ribellano
alla Macedonia e iniziano la guerra lamiaca. 286 a.C. Durante la campagna in Asia De-
metrio Poliorcete è costretto a arrendersi a
Storia
323 - 301 a.C. I Diadochi (generali di
Seleuco.
Alessandro Magno) lottano per la divisione
dell’impero. 285 a.C. Euclide dirige la biblioteca di
Alessandria. La biblioteca verrà bruciata dai
323 - 322 a.C. Guerra lamiaca condot-
romani nel 45 a.C.
ta da ateniesi e spartani per sottrarsi alla
dominazione macedone. 283 a.C. Muore Demetrio I Poliorcete.
322 a.C. Le speranze degli ateniesi di sottrar- 281 a.C. Si ricostituisce la Lega achea.
si alla dominazione macedone vengono tron- 277 a.C. Antigono I Gonata, figlio di Deme-
cate nella battaglia di Crannone. A Calcide trio I Poliorcete, si impadronisce con la forza
muore Aristotele. della Macedonia precipitata nell’anarchia.
318 a.C. Viene rovesciato il governo oligar-
272 a.C. Ad Argo viene ucciso Pirro, re
chico di Atene. Cassandro controlla Macedo-
dell’Epiro.
nia e Grecia.
267 - 262 a.C. Antigono Gonata di Mace-
307 a.C. Ad Atene Demetrio Poliorcete cac-
donia doma la rivolta di Atene e Sparta nella
cia Demetrio Falereo, reggente di Cassandro,
cosiddetta guerra cremonidea.
e restaura il governo democratico, ricevendo
in cambio onori divini. 265 a.C. A Corinto, il re Areo si oppone
306 a.C. Nelle acque di Salamina, a Cipro, al disegno egemonico del macedone Antigono
Demetrio Poliorcete riporta una grande vit- Gonata e viene ucciso.
toria navale su Tolomeo e assume il titolo di 262 a.C. A Megalopoli, il re Acrotato si
re. Ad Atene, Epicuro fonda il Giardino. oppone al disegno egemonico del macedone
305 a.C. Assedio di Rodi da parte di Antigono Gonata e viene ucciso.
Demetrio. 262 - 229 a.C. Atene, sottoposta nuova-
303 a.C. Demetrio I Poliorcete, si volge di mente all’egemonia macedone, si avvicina ai
nuovo contro Cassandro sconfiggendolo presso Tolomei d’Egitto e agli Attalidi di Pergamo.
le Termopili, liberando la Grecia dal dominio 244 a.C. Corinto subisce un assedio ad ope-
macedone. ra di Antigono Gonata, re di Macedonia,
302 a.C. Demetrio I Poliorcete ricostituisce ma viene salvata da Arato, capo della Lega
la Lega di Corinto e assume il comando delle Achea.
forze militari. 235 - 222 a.C. Tentativo di riforme a Sparta
301 a.C. Nella Battaglia di Ipso in Frigia, da parte di Cleomene III.
muore Antigono per opera dei Diadochi Se- 229 a.C. Sparta, con Cleomene III, muove
leuco, Lisimaco, Cassandro e Tolomeo. In guerra alla Lega Achea.
Macedonia ha termine il periodo dei Diadochi.
228 a.C. Dopo la guerra demetriaca la Le-
300 a.C. In Grecia si afferma la Lega etolica. ga achea, espulsi i macedoni, abbraccia tut-
297 a.C. Alla morte di Cassandro, Demetrio to il Peloponneso, eccetto Sparta, Messene e
I si impadronisce della Macedonia. l’Elide. I romani scoprono la civiltà di Atene.
154 Cronologia
226 a.C. Sparta ricostituisce la Lega pelo- e apre trattative di pace con i romani. Viene
ponnesiaca e la Lega achea comincia a declina- organizzata la biblioteca di Pergamo.
re. La Sardegna, la Corsica, la Sicilia vengono 179 - 168 a.C. Perseo, figlio di Filippo V
organizzate come province romane. di Macedonia, riprende il rafforzamento della
224 a.C. In Grecia si costituisce una lega el- potenza macedone.
lenica con l’intento di inglobare la Lega achea 172 - 168 a.C. III guerra macedonica.
e portare aiuto contro gli spartani.
168 a.C. Nella battaglia di Pidna Perseo vie-
223 a.C. Sparta riporta le vittorie di Argo e ne sconfitto dai romani. Fine della monar-
Corinto contro la Lega achea. chia macedone che viene divisa in quattro
222 a.C. A Sellasia, Antigono Dosone, re di repubbliche democratiche indipendenti.
Cronologia
Macedonia alleato degli achei, sconfigge il re 148 a.C. In Macedonia fallisce la rivol-
di Sparta Cleomene III e domina su quasi ta antiromana. La regione diviene provincia
tutta la Grecia. romana.
221 - 179 a.C. Filippo V diventa re di 148 - 146 a.C. A Corinto, la Lega Achea
Macedonia. si ribella ai romani. Con la battaglia di Leu-
220 - 217 a.C. Guerra delle due leghe. copetra L. Mummio conquista la città che
212 - 205 a.C. I guerra macedonica: Filippo viene saccheggiata e incendiata. La Grecia
V e la Lega achea si schierano contro i romani viene annessa a Roma come provincia di
alleati con Sparta e la Lega etolica. Macedonia.
207 a.C. Nei pressi di Mantinea si svolge 88 a.C. Atene si ribella a Roma e si allea a
la battaglia che vede vincitore l’esercito della Mitridate VI, re del Ponto.
Lega achea. 86 a.C. A Roma Silla riparte per la Gre-
205 a.C. Pace di Fenice tra Filippo V e cia e assedia Atene che verrà duramente
Roma. saccheggiata.
200 a.C. In Egitto si redige la “stele di ro- 86 a.C. Silla sconfigge gli eserciti di Mitridate
setta” trilingue, fondamentale in seguito per in Macedonia.
decifrare i geroglifici. 85 a.C. Con la pace di Delo termina la guerra
200 - 197 a.C. II guerra macedonica. mitriadica.
197 a.C. A Cinocefale, in Tessaglia, Filippo 55 a.C. I daci tentano di espandersi in
V di Macedonia è sconfitto da romani e ate- Grecia.
niesi. Finisce la II guerra macedonica: libertà 48 a.C. A Farsalo, in Epiro, Cesare sconfigge
della Grecia. Pompeo.
196 a.C. A Corinto i romani vincono in 42 a.C. A Filippi, in Tracia, Antonio e
Grecia. Ottaviano sconfiggono i cesaricidi.
191 a.C. L’Eubea passa ai romani. 27 a.C. Augusto costituisce la Grecia come
190 a.C. Scipione parte per l’Asia contro il provincia a se stante col nome di provincia
siriano Antioco II, ottiene vittoria a Magnesia d’Acaia.
L’anno di fondazione della città, il 753 a.C., è una data fittizia e indicativa, stabilita
solo successivamente nel I sec a.C.
La repubblica, sino alla fondazione dell’impero per opera di Augusto, 30 a.C.
In questa fase si avvia l’espansione militare, si assiste alla nascita dei primi commerci
e dei primi eserciti di professione. Tali attività aiutano la plebe ad accrescere la propria
ricchezza e il proprio potere politico e sociale. La società si apre, passando dunque
da una società fondata sulle caste (nella quale conta esclusivamente la nascita), a una
basata sulle classi (in cui anche la ricchezza, frutto del lavoro e dell’iniziativa privata,
diviene una fonte di potere).
L’impero, sino alla caduta dell’Impero d’occidente, nel 476 d.C.
In questo periodo sorge e si afferma una concezione globale dello stato. Lo stato
Storia
viene inteso come complesso di regioni e province che intrattengono tra loro scambi
commerciali e culturali. L’Impero conosce inizialmente un momento di evoluzione po-
sitiva, al quale segue però una forte crisi e recessione economica che culminerà nella
caduta dell’Impero d’Occidente. Nell’ultima fase, in cui comincia a svilupparsi l’econo-
mia feudale, lo Stato, si allea con la Chiesa cristiana. La parte Occidentale dell’Impero
vive la propria dissoluzione con la nascita dei regni barbarici, mentre l’area Orientale è
caratterizzata da una ristrutturazione e da maggiore vivacità commerciale e culturale.
Cronologia
814 a.C. Fondazione di Cartagine. 508 a.C. Roma stipula il primo trattato
753 a.C. Fondazione di Roma. Romolo è commerciale con Cartagine.
il primo re di Roma. 491 a.C. Guerra con i Volsci.
715 a.C. Sale al trono Numa Pompilio. 481 a.C. I siracusani hanno la meglio sui
670 a.C. Sale al trono Tullo Ostilio. cartaginesi nella battaglia di Imera.
471 a.C. Calcidesi e siracusani vincono gli
665 a.C. Sconfitta di Albalonga.
etruschi nella battaglia di Cuma.
640 a.C. Sale al trono Anco Marzio. Guerre
470 a.C. Il territorio romano viene suddiviso
con la popolazione dei Latini.
in 16 tribù rurali ed in 4 urbane.
616 a.C. Sale al trono Tarquinio Prisco.
456 a.C. Emissione della Lex Icilia: seconda
600 a.C. Primi contatti con la popolazione legge agraria.
degli Etruschi.
451 a.C. I Decemviri vengono spodestati.
578 a.C. Uccisione di Tarquinio Prisco I ad Redazione delle XII Tavole.
opera dei figli di Anco Marzio.
444 a.C. I plebei sono ammessi al tribunato
568 a.C. Sale al trono Servio Tullio. Servio consolare.
introduce la riforma che regola l’ordinamento 431 a.C. Cincinnato ottiene vittoria sul
delle centurie e la suddivisione della plebe in popolo degli equi.
classi e tribù.
405 a.C. – 367 a.C. Guerre tra Dionigi e
534 a.C. Sale al trono Tarquinio il Superbo. Cartagine.
524 a.C. Cade la Monarchia. 390 a.C. Dopo la disfatta al fiume Allia,
509 a.C. Fondazione della Repubblica. Roma è conquistata dai Galli.
156 Cronologia
358 a.C. Latini ed Ernici rinnovano il pat- 260 a.C. Il console C. Duilio vince per mare
to di alleanza con Roma. Riorganizzazione a Milazzo.
dell’esercito. 259 a.C. I Romani perdono la rocca di Enna.
356 a.C. Rutilo è il primo dittatore plebeo. 256 a.C. Sconfitta cartaginese a Ecnomo.
354 a.C. Trattato di alleanza tra romani e 255 a.C. Sconfitta e cattura di A. Regolo in
sanniti. Africa.
351 a.C. Rutilo è il primo censore plebeo. 254 a.C. Conquista di Palermo.
348 a.C. Rinnovo del trattato commerciale 249 a.C. P. Claudio Pulcro è sconfitto per
con Cartagine. mare a Trapani.
Cronologia
343 a.C. – 341 a.C. Prima guerra sannitica. 247 a.C. Amilcare Barca è inviato in Sicilia.
338 a.C. Sconfitta sui Latini insorti. Sciogli- 241 a.C. L. Catulo sconfigge i Cartaginesi al-
mento della Lega Latina. Vittoria di Siracusa le isole Egadi – Pace con Cartagine. La Sicilia
su Cartagine nella battaglia del Crimiso. è assorbita a provincia romana.
337 a.C. I Romani assediano Napoli. 238 a.C. I Romani occupano Sardegna e
327 a.C. – 304 a.C. Seconda guerra Corsica (237 a.C.).
sannitica. 237 a.C. Amilcare raggiunge la Spagna.
326 a.C. Resa di Napoli e annessione a 234 a.C. Nascita di Catone.
Roma. 229 a.C. Morte di Amilcare, alla guida del-
314 a.C. Scontri tra Agatocle e i Cartaginesi. l’esercito cartaginese gli succede Asdrubale.
308 a.C. Rulliano vince gli Etruschi e si 225 a.C. Sconfitta dei Galli a Talamone.
stipula una tregua di 40 anni. 223 a.C. Campagna di C. Flaminio nella
306 a.C. Nuovo trattato commerciale tra Transpadana.
Roma e Cartagine. 222 a.C. Resa di Mediolanum. Il console
298 a.C. – 290 a.C. Terza guerra sanniti- M.C. Marcello sottomette gli Insubri.
ca. Etruschi, Galli, Sanniti, Umbri e Piceni si 221 a.C. Uccisione di Asdrubale. In Spagna
coalizzano contro Roma. gli succede Annibale.
290 a.C. Si stipula la pace con i Sanniti. L’e- 219 a.C. Assedio di Sagunto
conomia romana si espande e la città entra 218 a.C. Roma dichiara guerra a Cartagine.
in contatto con il mondo ellenistico e con la Publio e Gneo Scipione vincono in Spagna.
Magna Grecia. 216 a.C. Vittoria di Annibale a Canne.
283 a.C. Vittoria sui Galli Boi al Lago 212 a.C. M. Claudio Marcello espugna
Vadimone. Siracusa.
281 a.C. Guerra con Taranto. 209 a.C. Scipione espugna Cartagine. Fabio
280 a.C. Pirro, re dell’Epiro, sbarca in Italia Massimo riconquista Taranto.
e vince ad Eraclea. 207 a.C. Sconfitta di Cartagine al Metauro.
278 a.C. Alleanza tra Cartagine e Roma. 205 a.C. Pace tra Romani e Macedoni.
278 a.C. – 276 a.C. Pirro ottiene numerose 204 a.C. Scipione l’Africano sbarca in
vittorie in Sicilia. Africa.
275 a.C. Pirro viene sconfitto a Maluentum 203 a.C. Vittoria romana sui Cartaginesi e
e parte per l’Epiro. su Siface, re della Numidia.
273 a.C. Trattato tra Roma e Tolomeo 201 a.C. Fine della seconda guerra punica.
Filadelfo, sovrano egiziano. 200 a.C. Seconda guerra macedonica.
272 a.C. Resa di Taranto. 197 a.C. Vittoria romana a Cinocefale su
264 a.C. Sbarco di Roma a Messina. Inizio Filippo V. Catone, dopo l’edilità, riceve la
della prima guerra punica. pretura in Sardegna.
Storia 157
196 a.C. T. Quinzio Flaminino proclama la 102 a.C. Quarto consolato di Mario. Mario
libertà della Grecia. La Spagna Ulteriore e sconfigge i Teutoni ad Aquae Sextiae.
Citeriore diventano province romane. 101 a.C. Quinto consolato di Mario. Mario
195 a.C. Consolato di Catone. sconfigge i Cimbri ai Campi Raudii.
192 a.C. Guerra tra Romani ed Etoli. 100 a.C. Sesto consolato di Mario. Secondo
tribunato di Saturnino.
191 a.C. Vittoria romana alle Termopili su
Antioco III re di Siria. 98 a.C. Nasce Lucrezio.
187 a.C. Contrasti tra Scipione Africano e 91 a.C. Livio Druso tenta di promuovere
Catone. riforme, ma viene assassinato.
183 a.C. Morte di Scipione Africano. 88 a.C. Consolato di Silla. Silla assume il co-
mando della guerra contro Mitridate. Con una
Storia
181 a.C. Demetrio, figlio di Filippo V, è legge il comando della guerra viene trasferito
ucciso dal fratello Perseo. da Silla a Mario. Scoppia la guerra civile e
178 a.C. Muore Filippo V e gli succede Mario è bandito da Silla.
Perseo. 87 a.C. Silla parte per la guerra mitridati-
171 a.C. Terza guerra macedonica. ca. Mario, giunto in aiuto di Cinna, occupa
168 a.C. L. Emilio Paolo vince Perseo a Roma.
Pidna. 86 a.C. Settimo consolato di Mario. Nello
167 a.C. La Macedonia, sconfitta, è divisa in stesso anno Mario muore. Secondo consolato
quattro distretti. di Cinna – Silla vince Mitridate a Cheronea e
ad Orcomeno. Nasce Sallustio.
149 a.C. Inizio della terza guerra punica.
85 a.C. Terzo consolato di Cinna – Pace
Morte di Catone. Fiorisce il Circolo culturale
di Dardano che sancisce la fine della prima
degli Scipioni.
guerra midridatica.
148 a.C. La Macedonia diviene provincia
84 a.C. Quarto consolato di Cinna, ma viene
romana.
ucciso. Nasce Catullo.
147 a.C. – 139 a.C. Insurrezione spagnola 83 a.C. Silla fa ritorno in Italia e riprende
guidata da Viriato. la guerra civile. L. Murena attacca Mitridate
146 a.C. Distruzione di Cartagine. L’Afri- con scarso successo.
ca diventa provincia romana. L. Memmio 82 a.C. Silla vince i Mariani e instaura la
distrugge Corinto. propria dittatura.
133 a.C. Tribunato di Tiberio Gracco. 81 a.C. Fine della seconda guerra mitridati-
125 a.C. Conquista della Gallia Narbonese ca.
che diviene provincia romana. 79 a.C. Abdicazione di Silla.
124 a.C. Tribunato di Gaio Gracco. 78 a.C. Il generale Sertorio sconfigge Metello
113 a.C. Invasione dei Cimbri e Teutoni. Pio in Spagna. Morte di Silla.
111 a.C. Inizia la guerra contro Giugurta, re 76 a.C. Pompeo giunge in Spagna combatte
della Numidia. contro Sertorio e riesce ad avere la meglio.
109 a.C. Quinto Cecilio Metello assume il 75 a.C. Questura di Cicerone in Sicilia.
comando della guerra in Africa. 74 a.C. Lucullo e Cotta sono inviati dal Se-
nato contro Mitridate, Cotta rimane sconfit-
107 a.C. Primo consolato di Mario. Egli
to. Mitridate assedia Cizico ma Lucullo ha il
assume il comando della guerra giugurtina.
sopravvento.
106 a.C. Nasce Cicerone.
73 a.C. Mitridate è sconfitto a Cizico.
105 a.C. Fine della guerra contro Giugurta. 72 a.C. Morte di Sertorio.
104 a.C. Secondo consolato di Mario. 70 a.C. Primo consolato di Pompeo e Cras-
103 a.C. Terzo consolato di Mario. Primo so. Mitridate si rifugia presso Tigrane. Nasce
tribunato di Saturnino. Virgilio.
158 Cronologia
67 a.C. Ritorno di Mitridate dal Ponto. Pom- 43 a.C. Secondo Triumvirato di Ottavia-
peo assume il comando della guerra contro i no Augusto, Marco Antonio e Marco Emilio
pirati che assediano il Mediterraneo. Varrone Lepido.
si distingue nella guerra contro i pirati. 42 a.C. Bruto e Cassio, sconfitti, cadono a
66 a.C. Pompeo assume il comando della Filippi.
guerra contro Mitridate. 36 a.C. Vittoria navale di Agrippa sui Pom-
65 a.C. Fuga di Mitridate. Nasce Orazio. peiani. M. Antonio si ribella in Egitto. Lepido
esce dal Triumvirato.
64 a.C. Pompeo conquista la Siria. Ponto e
Bitinia sono eretti a provincia. 31 a.C. Vittoria di Ottaviano su
Antonio ad Azio.
63 a.C. Morte di Mitridate. Congiura di
Cronologia
117 d.C. Morte di Traiano a Selinunte di 313 d.C. Editto di Milano sulla libertà di
Cilicia – Regno di Adriano. culto.
132 d.C. Insurrezione giudaica in Palestina. 324 d.C. Costantino sconfigge Licinio e
136 d.C. Adriano designa suo successore ricostituisce l’unità dell’impero.
Lucio Ceionio Commodo. 325 d.C. Concilio di Nicea.
138 d.C. Morte di Lucio Ceionio Commodo e 330 d.C. Solenne inaugurazione della Nova
nuova designazione nella persona di Antonino. Roma sul Bosforo.
161 d.C. Subentra Marco Aurelio. 337 d.C. Morte di Costantino e nuova
165 d.C. Pace tra Roma ed i Parti. divisione dell’impero.
175 d.C. Vittoria di Marco Aurelio sui 353 d.C. Costanzo II, figlio di Costantino,
Marcomanni. riunisce il governo nelle proprie mani.
Storia
176 d.C. Marco Aurelio designa Commodo 361 d.C. Morte di Costanzo II e successione
suo successore. al trono di Giuliano l’Apostata.
180 d.C. Commodo diventa imperatore. 364 d.C. Pace di Gioviano con i Persiani. Sal-
198 d.C. Caracalla è nominato “Augusto”. gono al potere Valentiniano in Occidente e suo
212 d.C. Caracalla emana la Constitutio fratello Valente in Oriente.
Antoniniana sulla cittadinanza. 375 d.C. Graziano e Valentiniano II succedo-
218 d.C. E’ imperatore Elagabalo. no al padre Valentiniano I.
222 d.C. Sale al potere Severo Alessandro. 378 d.C. Battaglia di Adrianopoli. Vittoria
235 d.C. Subentra all’impero Massimino il dei Visigoti sui Romani. Uccisione di Valente.
Trace. Teodosio viene nominato imperatore.
244 d.C. Filippo l’Arabo viene nominato 392 d.C. Morte di Valentiniano.
imperatore. 395 d.C. Morte di Teodosio. Divisione de-
248 d.C. Celebrazione del primo millenario finitiva dell’Impero in Orientale e Occiden-
dell’Urbe. tale. In Occidente è imperatore Onorio, figlio
249 d.C. Riconoscimento ufficiale di Decio di Teodosio, in Oriente, invece, sale al potere
imperatore. Arcadio, altro figlio di Teodosio.
251 d.C. Battaglia di Abritto e morte di De- 408 d.C. In Oriente diventa imperatore
cio – Regno di Treboniano Gallo che si associa Teodosio II.
al figlio Volusiano. 410 d.C. I Goti di Alarico saccheggiano
253 d.C. Nella battaglia di Terni Treboniano Roma.
e Volusiano sono sconfitti ed uccisi dal preten- 423 d.C. Morte di Onorio. Gli subentra
dente Emiliano, soppresso poi a Spoleto dai Valentiniano III.
suoi stessi soldati. Subentra Valeriano con il 438 d.C. Pubblicazione del Codice Teodosia-
figlio Gallieno. no.
259 d.C. Inizia il regno di Gallieno. 451 d.C. Ezio sconfigge gli Unni di Attila a
268 d.C. E’ imperatore Claudio II il Gotico. Chalons sulla Marna
270 d.C. Subentra al potere Aureliano. 452 d.C. Papa Leone Magno arresta la
275 d.C. Tacito viene eletto imperatore. marcia di Attila su Roma.
276 d.C. Regno di Probo. 455 d.C. I Vandali saccheggiano Roma.
285 d.C. Sale al potere Diocleziano. Si co- 475 d.C. Deposizione di Giulio Nepote
stituisce la nuova costituzione dell’impero: la e proclamazione ad imperatore di Romolo
tetrarchia. Augustolo.
305 d.C. Abdicazione di Diocleziano e 476 d.C. Odoacre, una volta deposto Ro-
Massimiano. molo Augustolo, inizia in Occidente i regni
306 d.C. Sale al potere l’imperatore Costan- romano-barbarici, mentre l’autorità dell’im-
tino. pero sopravvive formalmente nell’imperato-
312 d.C. Vittoria di Costantino a Ponte re di Oriente. Fine dell’Impero Romano
Milvio. d’Occidente.
160 Cronologia
1.1.3 Il Medioevo
Il Medioevo comprende il periodo che va dal V secolo al XV secolo.
Generalmente la storiografia individua la nascita del Medioevo con la Caduta del-
l’Impero romano d’Occidente nel 476. Le date che ne stabiliscono la conclusione possono
essere il 1453, anno della Caduta dell’Impero Romano d’Occidente o il 1492, anno della
scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo.
Il termine “Medioevo” è coniato per la prima volta nel XV secolo dagli umanisti i
quali vedono in tale periodo una decadenza e deviazione dalla cultura classica rifiorita
poi durante il Rinascimento.
A partire dal IX secolo in Europa occidentale si sviluppa la struttura feudale. Tale
Cronologia
sistema sopravvive fino alla nascita dei primi Stati nazionali in Europa e al sorgere
della realtà Comunale in Italia, intorno all’ XI secolo.
Il Medioevo è caratterizzato dalla comune radice religiosa basata sul Cristianesimo,
ereditata dall’ultimo periodo romano e proseguita fino all’XI secolo con la separazione
della Chiesa ortodossa dalla Chiesa cattolica nel 1054.
Questa radice comune porta ad una commistione tra potere temporale e religioso
che si esplica nel fenomeno delle crociate.
La storiografia italiana tende a suddividere il Medioevo in due periodi. L’alto Me-
dioevo, caratterizzato dall’invasione dei popoli barbarici responsabili di impoverimento
economico e culturale, e il basso Medioevo, che vede la nascita dei Comuni e la ripresa
che condurrà all’Età Moderna.
Cronologia
697 Elezione del primo doge di Venezia: 855-875 Ludovico è imperatore e re d’Italia.
Paoluccio Anafesto. Gli succede, dopo un’aspra lotta, Carlo II il
712-744 Regno di Liutprando. Calvo (875-877), già re di Francia.
728 Liutprando toglie ai bizantini Bologna e 879 Carlomanno (877-880) re d’Italia e di
Sutri, ma papa Gregorio II lo induce a ritirar- Baviera lascia il governo dell’Italia al fratello
si e a donare Sutri al papato che costituirà il Carlo il Grosso.
primo nucleo del Territorio di S. Pietro. 881 Carlo III il Grosso è re d’Italia e
733-742 Liutprando, in lotta contro i bizan- imperatore.
tini e il papato, occupa l’Emilia e le Marche, 887 Deposizione di Carlo il Grosso e
e assedia Roma. disgregazione dell’impero carolingio.
749 Astolfo, re dei longobardi, occupa 888 Il Regno d’Italia passa a Berengario I del
Storia
Ravenna e attacca i territori della Chiesa. Friuli, nipote di Ludovico il Pio.
752 Pipino il Breve viene eletto re dei Caro- 889 Berengario è sconfitto da Guido, duca di
lingi. Ottiene il beneplacito papale e sconfigge Spoleto, e si ritira nella marca del Friuli.
i longobardi che assediano Roma. 891 Guido di Spoleto è incoronato imperato-
754 Chiamato dal papa Stefano II (753), Pi- re e il figlio Lamberto gli viene associato co-
pino il Breve scende in Italia, sconfigge il re me re d’Italia e come imperatore. I Saraceni
dei longobardi Astolfo e con la pace di Pavia si installano in Costa Azzurra e prendono ad
lo costringe a restituire al papa le terre tolte assediare l’Italia e la Francia.
ai bizantini. 896 Arnolfo di Carinzia, sceso in Italia contro
756 Astolfo riprende le ostilità contro il papa Lamberto di Spoleto, è incoronato a sua vol-
e assedia Roma. Pipino il Breve scende nuo- ta imperatore da papa Formoso. Gli Ungari si
vamente in Italia, sconfigge Astolfo e con il insediano nella piana del Danubio e prendono
secondo trattato di Pavia lo obbliga a rinun- a saccheggiare l’Europa.
ciare all’esarcato e alla Pentapoli, che cede a 899 Scomparsi Arnolfo e Lamberto, Beren-
sua volta al papa (donazione di Pipino). Lo gario si riprende la corona d’Italia, ma viene
Stato della Chiesa ora si estende dal ducato sconfitto dagli ungari sul Brenta.
di Roma alle Marche e alla Romagna. 900 Ludovico, re di Provenza, chiamato dai
756-774 Regno di Desiderio, re dei longobar- signori italiani contro Berengario, è incorona-
di. to re d’Italia, ma è poi vinto da Berengario
(905).
772 Desiderio invade lo Stato della Chiesa.
911 I Normanni ottengono dal re di Francia
773-774 Carlo, re dei franchi, chiamato da
la terra che prenderà il nome di Normandia.
papa Adriano scende in Italia e fa prigionie-
ro Desiderio. Carlo viene proclamato re dei 915 Incoronazione imperiale di Berengario a
franchi e dei longobardi. Roma. Battaglia del Garigliano: una lega di
forze bizantine, papali e longobarde condot-
800 Nella notte di Natale papa Leo-
te dal papa Giovanni X sconfigge i saraceni e
ne incorona Carlo Magno imperatore.
distrugge la loro base.
Ha formalmente inizio il Sacro Romano
Impero. 921 I grandi feudatari italiani si ribellano a
Berengario e chiamano in Italia Rodolfo II
814 Morto Carlo Magno gli succede sul trono
di Borgogna, che sconfigge Berengario e si fa
imperiale Ludovico il Pio.
nominare re d’Italia (923).
827 Inizia la conquista araba della Sicilia. 924 I feudatari italiani abbandonano Rodolfo
839 Gli Arabi conquistano la Puglia. II e si appellano a Ugo di Provenza.
840 Lotario diventa Imperatore del Sacro 926 Ugo di Provenza scende in Italia contro
Romano Impero. Rodolfo e ottiene la corona del Regno d’Italia.
849 La vittoria navale bizantina di Ostia sui 948 Muore Ugo di Provenza lasciando erede
saraceni argina l’avanzata musulmana. il figlio Lotario.
162 Cronologia
1130 Scisma fra Innocenzo II e Anacleto II. 1189 Morte di Guglielmo II di Sicilia. Per
Costituzione del regno dei Normanni e del Re- impedire la successione di Enrico VI i baroni
gno di Sicilia. Definitiva espulsione di Arabi e eleggono re Tancredi di Lecce.
Bizantini dall’Italia. 1190 Inizia la terza crociata. Muore Federi-
1132-1139 Ribellioni nel sud contro Rugge- co Barbarossa e gli succede il figlio Enrico VI,
ro II. Spedizione dell’imperatore Lotario II e che viene incoronato imperatore. Poi (1195) è
papa Innocenzo II, che investono Rainulfo di incoronato re di Sicilia. Il re d’Inghilterra Ric-
Alife del ducato di Puglia (1137). cardo Cuor di Leone ottiene il controllo della
costa della Terrasanta.
1139-1154 Espansione mediterranea del Re-
gno di Sicilia controllato da re Ruggero 1197 Morte di Enrico VI. Gli succede Fede-
II. rico II. Si scatenano in Germania e in Ita-
Storia
lia aspre lotte di successione tra Ottone di
1143 I cittadini romani si costituiscono in Brunswick e Filippo di Svevia.
libero comune.
1198-1216 Pontificato di Innocenzo III.
1147-49 Bernardo di Chiaravalle bandisce la
seconda crociata. 1202-04 Quarta crociata. Venezia, che ave-
va fornito le navi per la spedizione, si assicu-
1152-90 Regno di Federico di Hohenstau- ra importanti basi nell’Egeo e sul mar Nero. I
fen, detto il Barbarossa. Deciso a restau- crociati conquistano Costantinopoli e fondano
rare l’autorità imperiale in Italia discende una l’Impero Latino d’Oriente.
prima volta nel 1154-55. Federico entra in Ro-
ma, pone fine al libero comune ed è incoronato 1210 In seguito all’aggressione di Ottone di
imperatore dal papa Adriano IV. Brunswick nell’Italia meridionale, il papa lo
scomunica e sostiene Federico II per le coro-
1158-62 Seconda discesa di Barbarossa. Con ne del regno di Sicilia e del Sacro Romano
la Constitutio de regalibus fissa i diritti Impero.
imperiali e incendia le ribelli Crema e Milano.
1212 Federico II viene incoronato re di
1159 Elezione al soglio pontificio di Alessan- Germania.
dro. Riprende la lotta fra papato e impero
1215 Il re inglese Giovanni Senza Terra ema-
sulla questione delle investiture.
na la Magna Charta che limita il potere
1167-77 A Pontida si costituisce una forza della monarchia in favore della nobiltà.
antimperiale. Dopo due anni di ostilità l’eser- 1220 Federico II è incoronato imperatore da
cito imperiale e quello della lega si affrontano Onorio III.
presso Legnano (1176). Federico I, sconfitto,
avvia trattative, a Venezia chiude la pace con 1226 Si costituisce la seconda lega lombarda
Alessandro III (1177). in funzione antimperiale.
1183 La pace di Costanza chiude la lunga lot- 1228 Per via diplomatica Federico II ottiene
ta tra i comuni italiani e Federico I. Riconosci- Gerusalemme.
mento da parte dei comuni della suprema au- 1231 Costituzioni di Melfi.
torità imperiale, a sua volta l’imperatore rico- 1237 Federico II sconfigge a Cortenuova i
nosce ai comuni i diritti di regalia e la facoltà Comuni della lega.
di eleggere i propri magistrati.
1239 Federico II viene scomunicato dal papa.
1186 Enrico VI, figlio di Federico I, viene in-
coronato re d’Italia. Il suo matrimonio con 1241 I pisani, alleati di Federico II, assalta-
Costanza d’Altavilla, figlia del Re Gugliel- no la flotta genovese che scortava i vescovi
mo di Sicilia, determina l’unione del Regno francesi diretti al concilio per la deposizione
Normanno all’impero. dell’imperatore e li fanno prigionieri.
1187 Saladino sconfigge i cristiani nel me- 1244 Gli Arabi riprendono Gerusalemme.
dio Oriente. Gerusalemme torna in mano 1248 Vittoria su Federico II dei Comuni di
musulmana. Parma.
164 Cronologia
1250 Federico II muore, gli succede il fi- 1303 Filippo il Bello, re di Francia, manda in
glio Corrado IV. In Italia i Comuni vengono Italia una delegazione che arresta il papa ad
soppiantati dalle Signorie. Anagni. Liberato dal popolo, Bonifacio VIII
1254 Alla morte di Corrado IV gli succede il muore poco dopo.
figlio minorenne Corradino. Nel Regno di Sici- 1309 Il papa Clemente V, trasferisce la sede
lia governa come suo tutore, e poi in proprio, pontificia ad Avignone: ha cosı̀ inizio la ’cat-
Manfredi figlio naturale dl Federico II. tività avignonese’ della Chiesa, per cui la
Chiesa viene sottoposta al controllo del re.
1260 Nella battaglia di Montaperti i
ghibellini sconfiggono i guelfi di Firenze. 1310-13 Enrico VII scende in Italia per ten-
tare la restaurazione del potere universale
1265 Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, dell’impero.
Cronologia
1378-81 Guerra di Chioggia tra Genova e 1435 Alla morte di Giovanna II riprende la
Venezia. Si conclude con la vittoria di Venezia. lotta per la successione al trono del regno di
1380-82 Giovanna I d’Angiò, regina di Na- Napoli fra Renato d’Angiò e Alfonso V d’A-
poli, si schiera con l’antipapa Clemente VII e ragona. Filippo Visconti interviene contro Al-
viene scomunicata da Urbano VI, che investe fonso V d’Aragona, che preso prigioniero nella
del regno Carlo III di Durazzo. Questi condu- battaglia navale di Ponza, si allea col milanese
ce contro Napoli una vittoriosa spedizione che e riprende la lotta.
si conclude con la morte di Giovanna. 1442 Alfonso V d’Aragona ottiene il Regno
1382 Restaurazione oligarchica a Firenze che di Napoli, inizia il domino spagnolo del regno
durerà fino all’avvento dei Medici (1434). nell’Italia meridionale.
1385-1402 Signoria di Gian Galeazzo Vi- 1447 Muore Filippo Visconti senza lasciare
Storia
sconti. Egli unifica i domini viscontei e ottiene eredi. I milanesi proclamano la repubblica.
dall’imperatore Venceslao il titolo di duca di 1448 L’orafo tedesco Johann Gutenberg
Milano (1395). inventa la stampa a caratteri mobili.
1389 I Turchi conquistano la Serbia e nel 1393 1450 Francesco Sforza entra a Milano
la Bulgaria. proclamandosi duca.
1404 Venezia si unifica al Veneto. 1453 Termina la guerra dei Cento anni.
L’intera Francia è unificata. I Turchi conqui-
1406 Firenze sottomette Pisa.
stano Costantinopoli e pongono fine all’Im-
1412 Filippo Maria Visconti, alla morte del pero Romano d’Oriente. Secondo alcuni
fratello (Giovanni Maria Visconti), entra in storici questa data segna la conclusione del
Milano e assume il titolo ducale. Medioevo.
1415 Vittoria inglese ad Anzicourt nella 1454 Francesco Sforza e Venezia firmano la
guerra dei Cento anni. pace di Lodi, cui segue la costituzione di
1416 Nella battaglia di Gallipoli Vene- una lega fra i maggiori stati italiani per il
zia sconfigge i Turchi. Amedeo VIII rice- mantenimento dell’equilibrio politico.
ve dall’imperatore Sigismondo il ducato di 1455 Inizia la guerra delle Due rose in
Savoia. Inghilterra.
1417 Fine dello scisma d’Occidente. 1456 I Turchi conquistano Atene e si esten-
1423 Il doge Francesco Foscari accentua la dono nel Peloponneso, Asia Minore, Bosnia e
politica di espansione di Venezia in terraferma Albania.
portandone i confini all’Adda. 1458-64 Pontificato di Pio II. Ferdinando I,
1425-26 Lega antiviscontea tra Venezia, Fi- figlio di Alfonso V è re di Napoli.
renze, Ferrara, Mantova, Monferrato e Savoia. 1464-78 Occupazione di Genova da parte di
Nella battaglia di Maclodio le forze veneziane Francesco Sforza.
hanno la meglio su quelle milanesi. 1469 Lorenzo il Magnifico diventa signore
1428-33 Filippo Maria Visconti cede Berga- di Firenze.
mo e Brescia a Venezia. Ravenna è ceduta 1479 Venezia perde i domini greci a favore dei
a Venezia nella pace di Cremona dopo una Turchi.
ripresa delle ostilità. 1482-84 Una grande guerra coinvolge da una
1429 Giovanna d’Arco sottrae Orléans agli parte Venezia e papa Sisto IV e dall’altra
inglesi. Estensi, Firenze, Milano e Napoli. Con la pace
1434 Cosimo de’ Medici, con la carica di gli Estensi devono cedere a Venezia, Rovigo e
gonfaloniere, assume l’effettivo controllo del il polesine.
comune di Firenze. Inizia la signoria dei 1480 La Russia si sottrae al dominio mon-
Medici. golo. In Spagna si istituisce il tribunale
1431 Giovanna d’Arco viene arsa al rogo dell’Inquisizione.
come strega dagli inglesi. 1483 Nasce Martin Lutero.
166 Cronologia
1485 Congiura dei baroni. I feudatari del re- (Rodrigo Borgia). Muore Lorenzo de’ Medi-
gno di Napoli si ribellano al re che riesce a ci detto il Magnifico. Il genovese, Cristofo-
restaurare l’ordine. ro Colombo approda sul nuovo continente.
Secondo la storiografia questa data segna la
1492 Inizia il pontificato di Alessandro VI definitiva conclusione del Medioevo.
caratterizzati dalla formazione degli stati nazionali, dei primi imperi coloniali, dalla
diffusione della stampa, dalla riforma protestante, dalla rivoluzione industriale, dalla
rivoluzione americana e dalla rivoluzione francese.
La storia moderna può dunque essere considerata il periodo storico in cui si sono
svolti gli importanti avvenimenti politici, economici e scientifici che hanno portato allo
sviluppo della società contemporanea.
Cronologia
1492 Cristoforo Colombo approda in 1508 La Spagna conquista molte terre in
America. Marocco. Nasce la Lega di Cambrai, lega di
Francia, Spagna e Papato contro Venezia.
1493 Sale al trono imperiale Massimiliano
d’Asburgo. 1509 Sconfitta di Venezia.
1494 Carlo VIII, re di Francia, conquista Mi- 1510 Giulio II promuove la Lega Santa per
lano. Il frate Girolamo Savonarola solleva i contrastare i francesi, è composta da Vene-
fiorentini contro i Medici e prende la città zia, Spagna, Svizzera e Inghilterra. Inizia il
di Firenze. commercio di schiavi tra Africa e Americhe.
1497 Savonarola, dopo critiche allo Stato 1512 Milano viene restituita a Massimiliano
della Chiesa, viene ucciso. Sforza.
1515 Francesco I, re di Francia, invade
1498 Carlo VIII muore. Sale al trono Luigi
la Lombardia e conquista il Milanese.
XII. Vasco de Gama circumnaviga l’Africa.
1516 Carlo V d’Asburgo eredita il regno di
1499 Ludovico il Moro lascia Milano e lascia Napoli, di Spagna e le colonie americane, di-
il Ducato ai francesi. ventando re di Spagna con il titolo di Car-
1499/1503 Dominio personale di Cesare lo I. Il trattato di Noyon conferma il domi-
Borgia in Romagna. nio spagnolo su Napoli ed il dominio francese
su Milano.
1500 Nasce Carlo d’Asburgo (chiamato più
tardi Carlo V). Il sud Italia viene spartito tra 1517 Lutero espone sulla Cattedrale di Wit-
Francia e Spagna. tenberg le 95 tesi. Inizio della Riforma
protestante.
1503 Morte di papa Alessandro VI, gli suc-
cede Giulio II. Cesare Borgia comincia a 1519 Alla morte di Massimiliano I viene elet-
declinare. to imperatore Carlo V che eredita i domini
asburgici.
1504 Armistizio di Lione: fine del disaccor-
1521 Scomunica di Lutero da parte di Leone
do fra francesi e spagnoli per il controllo
X. Lutero brucia la bolla di scomunica. Die-
di Napoli.
ta di Worms: Lutero viene bandito come
1507 Il Portogallo occupa Ceylon. Muore Ce- fuorilegge. Il principe Federico III di Sasso-
sare Borgia. nia sostiene Lutero e gli permette di rimanere
Storia 167
in Germania. Inizia la guerra fra Carlo V e il 1545 Inizio del Concilio di Trento.
re di Francia Francesco I. I Turchi conquista- 1547 Enrico II succede a Francesco I.
no l’Egitto e in breve tempo la Spagna perde
1553 Maria Tudor (detta la sanguinaria)
gran parte dei possedimenti africani.
sale al trono inglese
1522 Lutero pubblica la Bibbia in tedesco. I
1554 Maria Tudor sposa il principe ereditario
Turchi conquistano Rodi.
spagnolo Filippo (il futuro Filippo II).
1524 Carlo V conquista Milano ed accerchia 1555 Dieta di Augusta: i principi tedeschi
la Francia. possono scegliere la propria religione, ed i sud-
1525 Francesco I viene fatto prigioniero diti devono seguire la religione del proprio
da Carlo V. principe. Fine dell’unità religiosa europea.
1526 Francesco I viene liberato in cambio del- 1556 Abdicazione e divisione dell’impero di
Storia
la rinuncia di pretese su Milano. Nascita del- Carlo V. La Spagna viene assegnata al fi-
la Lega di Cognac, alleanza di Francia, Ve- glio Filippo II e il titolo imperiale al fratel-
nezia, Firenze e Papato contro l’Imperatore. lo Ferdinando I. I francesi tentano l’invasione
Dopo la sconfitta degli Ungheresi, i Turchi dell’Italia meridionale.
assediano Vienna che scampa la minaccia. 1557 L’esercito di Filippo II sconfigge la
1527 Indignato dalla scelta del papa di far Francia a San Quintino.
parte della lega di Cognac, Carlo V invade 1558 Muore Carlo V. Muore Maria la san-
Roma. guinaria e sale al trono Elisabetta I. Inizio
1529 I principi tedeschi seguono le idee dell’età elisabettiana.
di Lutero. Nuovo assedio di Vienna da parte 1559 Papa Paolo IV istituisce L’indice dei
dei Turchi ottomani. libri proibiti. Fine guerra fra Francia e Spagna.
1530 Sottomissione degli stati italiani a Car- 1560 Carlo IX diviene re francese.
lo V. Carlo V viene incoronato imperatore 1561 Filippo II trasferisce la capitale
a Bologna da Papa Clemente VII. spagnola da Valladolid a Madrid.
1530-1555 Guerra civile fra principi tedeschi 1562 Il duca di Guisa, leader dei cattolici
luterani e cattolici. francesi, fa massacrare a Vassy centinaia di
1534 Enrico VIII, con l’“atto di supremazia” ugonotti. Prima guerra di religione in Fran-
si proclama capo della Chiesa Anglicana, la cia. La capitale della Savoia viene spostata
nuova chiesa inglese. da Chambery a Torino. L’Inghilterra avvia il
1536 Giovanni Calvino si stabilisce a Gi- commercio degli schiavi.
nevra e dà vita al Calvinismo. 1563 Conclusione del Concilio di Trento.
1537 Guerra tra Venezia e i Turchi. 1565 I Portoghesi cacciano i Francesi dal
Brasile.
1540 Sant’Ignazio di Loyola forma la Com-
pagnia di Gesù, l’ordine dei gesuiti. 1566 I Paesi Bassi si ribellano al dominio
della Spagna.
1541 I Turchi conquistano Budapest.
1567 Seconda guerra di religione in Francia.
1542 Scontri tra Carlo V e Francesco I. Gli
inglesi appoggiano la Spagna. Papa Paolo 1569 Terza guerra di religione in Francia.
III riorganizza il tribunale dell’inquisizione. 1570 Venezia perde Cipro a favore dei Turchi.
1543 Niccolò Copernico elabora la teo- 1571 Battaglia di Lepanto. Fine dell’espan-
ria eliocentrica, cioè la teoria che dice che sione turca arrestata dai Cristiani.
la Terra gira intorno al Sole, mettendosi in 1572 Enrico di Borbone e Margherita di Va-
contrasto con la Chiesa. Francesco I stipu- lois si sposano. Strage di calvinisti francesi
la un’alleanza con i Turchi ottomani per nella notte di S. Bartolomeo, quarta guerra
fermare Carlo V. di religione.
1544 Termina il conflitto tra Carlo V e 1574 Sale al trono di Francia Enrico III, il
Francesco I, con la vittoria della Spagna. fratello di Carlo IX.
168 Cronologia
1579 Le province settentrionali dei Paesi Bas- 1625 Il trono inglese passa al figlio di
si spagnoli si staccano dalle meridionali. L’O- Giacomo I, Carlo I.
landa si dichiara indipendente dalla Spagna. 1627 Fine della dinastia Gonzaga a Mantova.
Rivolta cattolica in Irlanda. 1628 Richelieu assalta La Rochelle, la
1580 Dopo la morte del re portoghese Enrico fortezza dei calvinisti francesi.
I, Filippo II annette il Portogallo. 1629 Carlo I scioglie il parlamento inglese.
1584 Muore lo zar Ivan il terribile e per la 1633 Secondo processo contro Galileo, co-
Russia comincia un periodo di disordini. stretto all’abiura delle sue tesi scientifiche.
1585 Guerra per la successione al trono di 1635 La Francia dichiara guerra all’Im-
Francia. pero per contrastare l’espansione imperiale
Cronologia
1682 Luigi XIV e la sua corte si trasferiscono 1720 Vittorio Amedeo II cede la Sicilia al-
a Versailles. l’Austria in cambio della Sardegna e dà vita
1682- 1725 In Russia si instaura il regno di al regno di Sardegna.
Pietro il Grande, ancora bambino. 1721 Fine della guerra fra Russia e Svezia. La
1685 Giacomo II assume il posto di Carlo II Russia si espande in Estonia e Livonia.
sul trono inglese. Luigi XIV emana l’editto 1725 Morte di Pietro il grande.
di Fontainbleau, con cui impone agli ugonotti 1733 Morte del re di Polonia Augusto II.
di diventare cattolici e cerca di distruggere i Inizio della guerra di successione polacca.
giansenisti. 1733-1738 Il Regno di Napoli e la Sicilia di-
1686 – 1699 L’Ungheria è liberata dai Turchi ventano uno Stato indipendente guidato da
e passa agli Asburgo d’Austria. Carlos di Borbone.
Storia
1686 Leopoldo I promuove la lega di Augusta, 1738 Fine della guerra di successione polac-
cui aderiscono Spagna, Inghilterra, Savoia, ca. Il figlio di Augusto II, Augusto, diventa re
Inghilterra, Olanda e principati tedeschi. polacco.
1688 Gloriosa Rivoluzione: Giacomo II 1740-1748 I Savoia si espandono in Italia.
viene deposto spontaneamente e Guglielmo 1748 Maria Tersa d’Asburgo diventa
III d’Orange sale al trono. Affermazione del- imperatrice d’Austria.
la monarchia parlamentare inglese. Luigi XIV 1752 Nasce il regno indipendente dell’Afgha-
conquista Strasburgo, territori savoiardi e ter- nistan.
ritori dei principati tedeschi. Inizia la guerra 1755 Catastrofico terremoto di Lisbona.
fra la Francia e la lega d’Augusta.
1756-1763 Inizio della guerra dei sette an-
1689 Pietro I il Grande diventa formal- ni in cui l’Inghilterra strappa molte colonie a
mente zar di Russia. Ammodernamento del Francia e Spagna.
Paese. 1761 I francesi si ritirano dalla guerra dei
1700 Muore Carlo II e viene designato suo sette anni.
successore Filippo di Borbone, ma alcuni stati 1762 La Russia si ritira dalla guerra dei sette
si oppongono. Inizio della guerra di succes- anni. Sale al trono Caterina II.
sione spagnola. Pietro il Grande comincia
1763 Fine della guerra dei sette anni. Pace di
una guerra contro la Svezia.
Parigi.
1701 Filippo di Borbone diventa re di Spa-
1764 Caterina la grande confisca le proprietà
gna con il nome di Filippo V. L’imperatore
ecclesiastiche dello stato russo.
Leopoldo I dà l’indipendenza alla Prussia.
1765 Giorgio III impone lo Stamp Act. Inizia
1703 Pietro I fonda Pietroburgo. la rivoluzione industriale inglese.
1707 Nasce la Gran Bretagna dalla fusione 1772- 1795 La Polonia viene annullata come
del regno inglese e regno scozzese. Stato e spartita tra Austria, Prussia e Russia.
1710 Luigi XIV ordina la distruzione del 1773 Clemente XIV espelle i gesuiti dall’Eu-
monastero di Port Royal. ropa. Battaglia del tè. In Russia inizia la
1711 Carlo d’Asburgo viene eletto imperato- rivolta contadina guidata da Pugacev.
re. 1774 Luigi XVI diventa re di Francia.
1713 Pace di Utrecht fra Olanda e 1775 Guerra per l’indipendenza degli
Inghilterra. Stati Uniti d’America.
1714 Fine della guerra di successione spagno- 1776 Dichiarazione d’indipendenza delle co-
la. Filippo V diventa re di Spagna in cambio lonie americane e nascita degli Stati Uniti
della cessione dei Paesi Bassi, del sud Italia, d’America.
dello stato dei presidi, di Milano e della Sar- 1779 Nasce la prima fabbrica in Inghil-
degna all’Austria. Vittorio Amedeo II, duca terra.
di Savoia, ottiene la Sicilia. 1780 Alla guida dell’impero asburgico Giu-
1715 Inizia il regno di Luigi XV. seppe II succede alla madre Maria Teresa.
170 Il XIX Secolo
1786 In Prussia muore Federico II. 1798 I francesi cacciano il papa e costituisco-
1787 Gli USA decidono di diventare una re- no la Repubblica Romana.
pubblica federale alla convenzione di Philadel- 1799 Caduta del Direttorio e avvento del
phia. Approvazione della Costituzione degli Consolato. I Francesi istituiscono la Repubbli-
Stati Uniti d’America. ca Partenopea, ottengono vittorie su Austria
1788 Gli inglesi sbarcano in Australia. e Russia. Napoleone nominato primo console.
1789 Inizia la rivoluzione francese. Ema- 1802 Viene istituita la Repubblica italiana.
nazione della Dichiarazione dei diritti dell’uo- 1804 Napoleone imperatore dei francesi.
mo e del cittadino. George Washington è il
1805 La Repubblica italiana si trasforma
primo Presidente degli Stati Uniti.
in Regno d’Italia, affidato al figlio di
XIX Secolo
1.2.1 La Restaurazione
Dal 1 novembre al 9 giugno 1815 si tiene il Congresso di Vienna. In questa occasione
le potenze vincitrici su Napoleone si incontrano per riorganizzare l’assetto dell’Europa
sconvolta dalle battaglie napoleoniche.
Il principe di Metternich, importante esponente dell’Austria, è il promotore di un
principio di equilibrio, secondo cui si auspica che i vincitori giungano ad accordi
diplomatici in grado di garantire una pace duratura in Europa.
Il principe di Talleyrand, esponente francese, sostiene invece un principio di le-
gittimità che prevede la restituzione del potere ai sovrani sconfitti da Napoleone.
Il Congresso di Vienna segna l’inizio del periodo della Restaurazione, in cui ven-
gono ridisegnati i confini europei con gli Imperi di Austria e Russia e i Regni di Prussia
e Gran Bretagna, ristabilendo cosı̀ il potere dei sovrani assoluti dell’Ancien Régime.
Negli ultimi 26 anni di storia (1789-1815) tuttavia l’Europa è ideologicamente
cambiata e i principi della Restaurazione, non tenendo conto di tali mutazioni, so-
no destinati a fallire. I moti del 1830 e 1831 determineranno la fine del processo di
Restaurazione.
Storia 171
Storia
In contrasto con le decisioni politiche sancite dal Congresso di Vienna, negli anni
Venti si assiste alla nascita di società segrete che tentano di destabilizzare l’ordine
costituito.
Nel Regno delle Due Sicilie re Ferdinando I concede l’instaurazione di un governo
liberale, Palermo insorge contro Napoli e la Santa Alleanza interviene sopprimendo il
nuovo governo e imponendo l’insediamento asburgico fino al 1827.
In Piemonte si assiste ad una rivolta delle guarnigioni contro la politica antiriformi-
sta di Vittorio Emanuele I. In seguito a numerosi disordini nel 1821 le truppe austriache
sconfiggono l’esercito liberale e arrestano i principali esponenti della Carboneria.
La Grecia insorge contro il dominio turco e nel gennaio 1822 proclama l’indipen-
denza, ma nel 1827 i turchi la conquistano nuovamente. L’intervento di Russia, Francia
e Inghilterra porta al riconoscimento dell’indipendenza greca nel 1830 e all’autonomia
amministrativa ai Principati danubiani e alla Serbia.
Nel 1825 gli aristocratici e gli ufficiali russi insorgono contro il potere assoluto dello
zar Nicola I: rivolta decabrista.
Nel sud Italia i fratelli Bandiera promuovono una rivolta della Calabria che nel 1844
vede il fallimento.
Negli anni Quaranta in Italia nascono nuove tendenze di unità nazionale. Vin-
cenzo Gioberti (1801-1852) rappresenta un federalismo moderato, per cui l’Italia si
configurerebbe come una federazione di Stati guidati dal papa.
Carlo Cattaneo (1801- 1869) invece si fa portavoce di un federalismo democratico
propugnando una federazione di repubbliche fondate sulla sovranità popolare.
1.2.5 Il Quarantotto
Il 1848 è un anno cruciale per i movimenti rivoluzionari.
XIX Secolo
In Francia si assiste alla cacciata del re Luigi Filippo e alla nascita della Seconda
Repubblica con l’approvazione di una Costituzione repubblicana di stampo borghese.
Nel dicembre 1848 Carlo Luigi Napoleone viene eletto presidente e nel 1852 incoronato
imperatore con il nome di Napoleone III.
A Venezia viene proclamata la Repubblica di San Marco. Tra il 18 e il 23 marzo
Milano vive cinque giornate di violentissime insurrezioni.
1.2.7 Il 1850-1870
In questi anni l’Impero Asburgico subisce una serie di importanti sconfitte. Nel 1866
in seguito alla guerra contro Italia e Prussia perde il Veneto.
A seguito dell’Ausgleich (compromesso) tra la nobiltà ungherese e la monarchia
asburgica, nel 1867 viene costituito l’Impero Austro-Ungarico. L’impero austriaco,
sorto nel 1804, sotto lo stesso sovrano, riconosce l’esistenza di due regni distinti e
in condizioni di parità. Gli Asburgo diventano dunque imperatori d’Austria e re di
Ungheria.
Nel 1852 in Francia nasce il Secondo impero francese guidato da Napoleone III.
Tra il 1853 e il 1856 Francia, Inghilterra e Piemonte intervengono contro l’espan-
sionismo russo nei confronti dei Balcani turchi. Il Trattato di Parigi del 1856 sancisce
la legittimazione del riconoscimento territoriale dell’Impero Turco.
Storia 173
Nel 1859 la Francia interviene, a fianco del Piemonte, in guerra contro gli Austriaci: II
Guerra di indipendenza.
Nel 1870 si assiste alla fine del Secondo Impero e alla nascita della Terza Repubblica
Francese.
Tra il 1862 e il 1890 il principe Otto von Bismarck riveste il ruolo di Primo Mini-
stro della Prussia. La sua politica è volta all’unità nazionale tedesca e all’espansionismo
della Confederazione germanica.
Nel 1864 intraprende una guerra contro la Danimarca.
Nel 1866, a fianco del Regno d’Italia, partecipa alla Terza guerra di indipendenza
contro l’Austria e a Sadowa ottiene la sconfitta delle truppe austriache.
In seguito alla guerra franco prussiana, nel 1871, si giunge ad una piena unità na-
Storia
zionale con la nascita dell’Impero tedesco: il Secondo Reich, guidato da Guglielmo I.
1.2.8 Il Risorgimento
Il Risorgimento italiano è il periodo in cui la nazione italiana consegue la propria unità
nazionale giungendo alla costituzione del regno d’Italia.
Il termine Risorgimento si identifica con il carattere di rinascita culturale che ha por-
tato allo sviluppo di un’identità nazionale in conflitto con l’asservimento straniero ad
opera dei patrioti, i quali hanno contribuito a diffondere il sentimento di indipendenza
a un numero sempre più vasto di cittadini.
La storiografia tende a stabilire l’inizio del Risorgimento a partire dal Congres-
so di Vienna, 1815, e il suo compimento con l’annessione dello Stato Pontificio e lo
spostamento della capitale a Roma nel febbraio 1871.
Storia
con la Cina che porta all’apertura di alcuni porti cinesi all’Occidente e l’acquisizione
di Hong Kong. In seguito alla guerra anglo boera dal 1899 al 1902, l’Inghilterra ottiene
il predominio in Sud Africa. Nell’Africa settentrionale vengono assoggettati Egitto,
Sudan, Somalia, Nigeria e Zanzibar.
La Francia non realizza importanti colonie di popolamento, ma tra il 1830 e la Pri-
ma guerra mondiale conquista la quasi totalità dell’Africa occidentale e il Madagascar,
formando nel 1887 l’Unione indocinese. L’amministrazione francese si caratterizza per
una gestione diretta e autoritaria delle colonie.
Italia e Germania entrano nella corsa imperialistica sostanzialmente più tardi.
Nei tardi anni Ottanta la Germania si orienta verso l’Africa centrorientale (Ca-
merun, Tanganica). L’Italia dal 1885 si indirizza verso il cono etiopico e occupa una
prima volta la Libia nel 1911-1912. Durante il fascismo maturerà una politica imperiali-
stica più decisa (riconquista della Libia, 1922-1932; Etiopia, 1935-1936; proclamazione
dell’impero, 1936).
Anche il Giappone attua la propria politica imperialistica a spese della vasta
periferia dell’impero cinese (Corea).
Gli Stati Uniti compiono il genocidio delle tribù indiane per la conquista degli
Stati del Nuovo Messico, Arizona, Nevada, Utah e Colorado. Tra il 1845 e il 1848
conquistano il Texas e il Colorado.
della Carolina del Sud, Lincoln ordina l’invio delle truppe per sedare la rivolta. I nordisti
sono chiamati ad agire su un fronte assai vasto, Lincoln applica dunque un blocco navale
delle coste meridionali per impedire l’afflusso di rifornimenti dall’Europa, cui sarebbe
seguita l’invasione della valle del Mississippi.
Nel settembre del 1862 Lincoln annuncia che a partire dal 1◦ gennaio 1863, ne-
gli Stati coinvolti nella ribellione secessionista, gli schiavi sarebbero stati “liberi per
sempre”.
La superiorità economica e demografica dell’America settentrionale porta alla vitto-
ria del Nord. Il conflitto si conclude il 9 aprile 1865 con la battaglia di Appomattox
e la capitolazione dei sudisti.
XIX Secolo
Storia
una costituzione e proclama i basilari diritti civili per tutti i sudditi. Il documento
prevede l’elezione di una Duma ossia di un parlamento, anche se con poteri limitati.
Nel 1912 Serbia, Bulgaria, Grecia e Montenegro costituiscono la Lega balcanica contro
l’Impero ottomano.
L’8 ottobre 1912 il Montenegro dichiara guerra all’Impero segnando l’inizio del-
la prima guerra balcanica. Pochi giorni dopo gli altri tre stati dichiarano guerra
alla Turchia.
Il conflitto si conclude con la vittoria della lega balcanica. I dissensi fra gli stati
della lega sfociano però in ulteriori dissensi causati dalla spartizione della Macedonia.
Tali tensioni porteranno alla seconda guerra balcanica che vede la Bulgaria, succes-
sivamente appoggiata dall’ Impero ottomano e dalla Romania, contrapporsi a Serbia e
Grecia.
Nel 1882 si assiste a una svolta moderata, con la fase del Trasformismo, caratte-
rizzata da una politica interna protezionistica. Nello stesso anno l’Italia sottoscrive la
Triplice Alleanza con Germania e Austria.
Al governo Depretis, nel 1887, segue quello di Crispi. Egli attua una riforma am-
ministrativa dello Stato che prevede l’abolizione della pena di morte e il diritto allo
sciopero. In politica estera viene rafforzata la Triplice Alleanza, sancito il Trattato
di Uccialli tra l’Italia e l’Etiopia e nel 1890 si giunge alla colonizzazione di Eritrea e
Somalia.
Il successivo Ministero Giolitti, 1892-1893, è improntato su ideali democratici
nella convinzione che possano favorire lo sviluppo economico e culturale del Paese.
XIX Secolo
Tale direzione subisce un arresto nel 1893 con il secondo Ministero Crispi il quale
sostiene una politica autoritaria e repressiva specialmente nei confronti dei moti di
protesta in Sicilia e Lunigiana.
Gli ultimi anni del secolo sono un periodo difficile per il Regno d’Italia. Nel 1896,
con la Pace di Addis Abeba, l’Italia rinuncia all’Abissinia. In seguito ai rincari nel Paese
scoppiano una serie di rivolte. Il Ministero Pelloux, 1898-1900, interviene limitando
la libertà di stampa e di associazione.
Il 29 luglio 1900, durante il governo Saracco, il re Umberto I viene ucciso a Monza.
Il nuovo re, Vittorio Emanuele III, si dimostra più attento ai mutamenti che
coinvolgono la nazione, inaugurando un corso politico decisamente più democratico.
Egli chiama al governo Giuseppe Zanardelli, sostituito nel 1903 da Giovanni Giolitti.
Il programma politico giolittiano comprende numerose riforme.
In campo sociale avvia provvedimenti che limitano lo sfruttamento del lavoro mi-
norile e nel 1912 viene varato il suffragio universale.
Nella sfera politica compie un avvicinamento ai socialisti riformisti e nel 1913, con
il patto Gentiloni, si raggiunge un accordo tra Stato e Chiesa.
In questi anni l’Italia vive un periodo di fioritura economica, vengono ultimate in-
frastrutture e raddoppiata la produzione industriale, con un conseguente miglioramento
delle condizioni di vita.
Il meridione tuttavia deve affrontare una serie di difficoltà che impediscono il rapido
sviluppo. Giolitti per la prima volta affronta la questione del Mezzogiorno con un
complesso di leggi speciali e di aiuti economici in vista di una riabilitazione delle aree
più arretrate.
Nell’ambito della politica estera si assiste a un miglioramento dei rapporti con
la Francia. L’Italia ottiene la possibilità di espandersi in Libia e lascia il Marocco alla
Francia. In questo periodo in Italia si sviluppa un sentimento nazionalista di rivalsa. Nel
1910 nasce l’Associazione nazionalista italiana che sostiene fortemente l’espansione in
terra africana. Il Paese si risolve dunque ad inviare un contingente in Libia incontrando
le resistenze turche. Nel 1912 si conclude la Pace di Losanna che sancisce il protettorato
italiano sulla Libia.
L’operazione ha un costo molto elevato e non produce consistenti vantaggi econo-
mici. Il governo viene dunque messo in discussione, nel 1914 Giolitti rassegna le proprie
dimissioni e al suo posto sale il liberal conservatore Antonio Salandra.
Le tensioni sociali tuttavia crescono e sfociano nella “settimana rossa”, nelle Marche
e in Romagna scoppiano violente rivolte.
Storia 179
Storia
Le cause del conflitto sono diverse e risalgono
agli ultimi anni dell’Ottocento.
Il contrasto franco-germanico
Il diciannovesimo secolo aveva visto la nascita del- Figura 1.2: Soldato in trincea.
l’importante Impero tedesco in seguito alla guerra
franco-prussiana (dal 19 luglio 1870 al 10 maggio 1871). In Francia nasce un’ideolo-
gia nazionalistica, il revanscismo, caratterizzata da un sentimento di rivincita nei
confronti della Germania causato dall’annessione dei territori di Alsazia e Lorena, un
tempo francesi, all’Impero tedesco.
D’altra parte, sotto la guida del cancelliere Otto von Bismarck la Germania
stringe un’alleanza con l’Impero autro-ungarico, l’Italia e un’intesa con la Russia.
Nel 1888 sale al trono dell’Impero tedesco Guglielmo II il quale, intenzionato a
dirigere autonomamente la politica, ottiene le dimissioni di Bismark.
Il nuovo re non rinnova il trattato con la Russia la quale, nel 1894, stringe un’al-
leanza con la Francia.
Il contrasto anglo-germanico
Intenzionato ad estendere l’Impero tedesco anche in Africa e nel Pacifico, Guglielmo
II dà avvio ad un’importante politica di riarmo navale. Tale decisione viene concepita
come una sfida aperta al secolare predominio navale britannico. La Gran Bretagna
dunque nel 1904 stringe un’alleanza con la Francia e nel 1907 con la Russia.
La causa scatenante
La causa scatenante del conflitto è l’assassinio del futuro erede al trono d’Austria:
l’arciduca Francesco Ferdinando.
Francesco Ferdinando viene ucciso a Sarajevo da un militante di un’organiz-
zazione indipendentista serba.
1.3.3 1914
La Russia offre sostegno alla Serbia dirigendo la propria mobilitazione non solo verso
la frontiera austro ungarica ma anche sul confine occidentale.
Il 31 luglio la Germania intima alla Russia di sospendere i preparativi bellici, ma
il governo russo non desiste. La Francia interviene nel conflitto schierandosi a fianco
della Russia.
Il 4 agosto, violando la neutralità del Belgio, la Germania dà avvio ad un attacco
contro la Francia attraverso le Ardenne.
La Germania è decisa a raggiungere Parigi colpendo cosı̀ il principale sistema
di fortificazione francese schierato sul confine tedesco. L’aggressione tedesca susci-
ta un’immediata reazione della Gran Bretagna che il 5 agosto dichiara guerra alla
Germania.
Inizialmente la manovra tedesca ha un clamoroso successo. Vince nella battaglia
delle frontiere (14–24 agosto) e si dirige verso Parigi. Il 2 settembre i tedeschi sono
a pochi chilometri dalla capitale e il governo francese abbandona la città.
L’intervento della Gran Bretagna però contrasta l’avanzata tedesca e, con l’aiu-
to della British Expeditionary Force, i francesi bloccano l’avanzata nemica nella
prima battaglia della Marna (5–12 settembre).
I tedeschi si dirigono a nord e il 9 ottobre conquistano Anversa. Ma l’intervento
dell’esercito alleato (Francia, Inghilterra e Belgio), con la battaglia di Ypres (15
ottobre-15 novembre), stabilizza il fronte sul fiume Yser. Contrariamente ai piani te-
deschi, che confidavano in una guerra lampo, il conflitto si trasforma in una logorante
guerra di posizione.
Nello stesso tempo la Russia invade la Prussia Orientale. Nelle battaglie di Tan-
nenberg (30 agosto), e dei Laghi Masuri (7- 14 settembre) la Germania sconfigge la
Russia ma è costretta a indebolire le proprie forze sul fronte occidentale.
La guerra assume ora una portata mondiale.
La Turchia interviene a fianco degli Imperi centrali estendendo il conflitto ad Orien-
te. Il Giappone si schiera con i Paesi Alleati.
Dopo due soli mesi il conflitto si prospetta essere molto più lungo e logorante del
previsto.
Storia 181
1.3.4 1915
Durante il 1915 sul fronte occidentale si vedono una serie di offensive reciproche da
parte dei Paesi Alleati e della Germania che non portano tuttavia a sconvolgimenti
territoriali.
Sul fronte orientale la Germania sconfigge la Russia che si vede costretta a liberare
la Prussia orientale, la Galizia e la Polonia.
Nel mese di maggio la Bulgaria entra in guerra a fianco degli Imperi Centrali. La
concertazione dell’esercito austriaco e bulgaro porta al tracollo della Serbia.
Storia
Il 20 maggio 1882 il Paese aveva firmato il patto della Triplice Alleanza, l’accordo
difensivo che lega Germania, Austria Ungheria e Regno d’Italia. L’attacco dell’Austria
alla Serbia però ha carattere offensivo e l’Italia può pertanto considerarsi neutrale.
La portata della guerra però non lascia a lungo indifferente l’Italia.
Nel Paese convivono due forze contrastanti: i neutralisti e gli interventisti.
Tra i neutralisti, coloro i quali sostengono che l’Italia debba continuare a mante-
nersi neutrale, configurano:
Giolittiani, i quali temono che il conflitto possa minare il precario equilibrio
liberale.
Socialisti, che ritengono che la guerra non possa portare alcun beneficio alle masse.
Cattolici, in quanto sostenitori di un pacifismo religioso.
Gli interventisti, i sostenitori dell’intervento dell’Italia alla guerra, sono rappresentati
da:
Conservatori: rappresentati dal Presidente del Consiglio, Antonio Salandra, e
dal Ministro degli Esteri, Sidney Sonnino. Essi vedono nella guerra un’opportu-
nità per l’affermazione del prestigio internazionale dell’Italia e l’estensione della
sua influenza nell’area balcanica.
Nazionalisti: vedono nella vittoria della guerra la possibilità della nascita di un
Impero italiano.
Democratici: vedono nell’intervento un consolidamento della democrazia.
Socialisti rivoluzionari: rappresentati da Benito Mussolini, fondatore della ri-
vista “Popolo d’Italia”, considerano la guerra l’occasione per far emergere l’Italia
all’interno dello scenario europeo.
Sindacalisti rivoluzionari: rappresentati da Cesare Battisti, sostengono la guer-
ra in vista della liberazione di Trento e Trieste.
L’opinione pubblica si schiera a favore della neutralità del Paese, e in un primo momento
l’Italia avvia una trattativa con gli Imperi Centrali offrendo la propria neutralità in
cambio di alcuni riconoscimenti territoriali in Trentino e nei Balcani.
L’Austria tuttavia non si dimostra favorevole e l’Italia entra in trattativa con gli
Alleati.
182 La prima guerra mondiale
Il 26 aprile 1915 viene stipulato il Patto di Londra con il quale, in cambio del proprio
sostegno, all’Italia viene garantito il riconoscimento del Trentino, l’Alto Adige, Trieste,
l’Istria e la Dalmazia.
Tale accordo, tuttavia, viene siglato all’insaputa del Parlamento e il governo si trova
a dover affrontare la maggioranza neutralista parlamentare.
In seguito ad una forte spinta da parte degli interventisti e dei nazionalisti, sfociata
in una serie di manifestazioni dette le radiose giornate di maggio, il 23 maggio 1915
la Camera dà pieni poteri al governo e l’Italia dichiara guerra all’Austria.
Il comando dell’esercito italiano viene affidato al generale Luigi Cadorna il quale
I Guerra Mond.
sferra una serie di attacchi contro l’Austria. Tali sforzi non portano a risultati si-
gnificativi, ma limitano il crollo dell’esercito russo posto sotto pressione dall’esercito
austriaco.
1.3.6 1916
Il 21 febbraio 1916, a Verdun, l’esercito tedesco sferra un violento attacco contro le
forze francesi. Lo scontro si rivela logorante e sanguinoso. I tedeschi subiscono ingenti
perdite, la Francia riesce a malapena a resistere fino a quando, nel mese di maggio,
l’Inghilterra interviene in suo favore.
Sulla Somme si disputa un’altra battaglia. In questa occasione l’esercito inglese
utilizza per la prima volta i carri armati e lo scontro provoca la morte di un milione di
uomini.
Nella battaglia dello Jutland, il 31 maggio i tedeschi attaccano la flotta inglese nel
Mare del Nord, ma la Gran Bretagna mantiene il controllo del territorio e prosegue
nella politica del blocco navale nei confronti della Germania.
Sul Fronte Orientale la Russia riesce a recuperare le forze e riottiene la Galizia e la
Bucovina, territori perduti l’anno precedente.
Anche la Romania entra nel conflitto schierandosi a fianco dell’Intesa, ma ben presto
viene sconfitta dagli eserciti di Austria e Germania i quali ne invadono il territorio
sfruttando le risorse di grano e petrolio.
Con una spedizione punitiva, l’Austria attacca l’Italia. Intenzionato a vendicare il
tradimento italiano, l’esercito austriaco tenta di penetrare in Trentino ma l’Italia riesce
faticosamente a resistere sull’Altipiano di Asiago.
Caduto il governo Salandra a causa dell’insoddisfazione generale per gli scarsi risul-
tati dell’offensiva italiana, il 18 giugno Paolo Boselli viene nominato Presidente del
Consiglio dei ministri.
Contemporaneamente il generale Cadorna dirige alcune divisioni sul fronte di Isonzo
e il 9 agosto 1916 riesce ad ottenere Gorizia.
Storia 183
1.3.7 1917
Il 1917 si rivela un anno decisivo per il conflitto.
L’andamento sul fronte Orientale risente dello scoppio della Rivoluzione Russa. Alla
caduta dello zar Nicola II il governo provvisorio presieduto dal socialista Alexandr
Kerenskij decide di proseguire il conflitto. Il generale Brusilov, dopo aver riportato
una serie di successi in Oriente, sferra un attacco in Galizia che si rivela però una grave
sconfitta per l’esercito russo.
Nonostante le sanguinose battaglie combattute sul territorio francese, la situazio-
ne vive un momento di stallo e nessuna potenza riesce ad ottenere il sopravvento. La
Germania reagisce attuando una guerra sottomarina con lo scopo di ostacolare i
rifornimenti per l’Inghilterra e gli stati dell’Intesa. Durante gli scontri la flotta tede-
Storia
sca colpisce diverse imbarcazioni commerciali americane compromettendo le relazioni
diplomatiche fino a quando il 6 aprile gli Stati Uniti fanno il loro ingresso in guerra.
Il 1917 per l’Italia rappresenta un anno difficile.
Il generale Cadorna dirige un’offensiva sull’Isonzo che però non porta a nuove
conquiste e gli uomini sono stremati dopo due anni di conflitto.
La guerra si dimostra costosa e provoca un altissimo numero di vittime creando un
clima di malcontento generale.
Davanti ad un paese stremato, l’esercito austro tedesco coglie l’occasione per sfer-
rare un attacco. Il 24 ottobre l’Austria sfonda la linea difensiva sul fronte carsico
e il 1◦ novembre infligge all’Italia la drammatica disfatta di Caporetto. L’eser-
cito d’oltralpe adotta una nuova tecnica d’infiltrazione che consiste nel sorprende-
re il nemico, guadagnare posizioni ed avanzare rapidamente, senza il consolidamen-
to delle posizioni. Cadono sul campo 40.000 uomini e 275.000 vengono fatti prigio-
nieri.
Nonostante il generale Cadorna non ammetta le proprie responsabilità, l’8 novembre
la guida dell’esercito viene affidata al generale Armando Diaz.
Il 13 novembre le truppe austriache sferrano un altro duro attacco a ovest del fiume
Piave, sul Monte Grappa. In questa occasione l’esercito italiano dimostra un’ecceziona-
le forza difensiva riuscendo ad impedire lo sfondamento nemico. Vittorio Emanuele
Orlando sostituisce il ministro Boselli che aveva apertamente sostenuto il generale
Cadorna.
1.3.8 1918
L’intervento in guerra degli Stati Uniti, oltre che per ragioni economiche, è dettato
dalla volontà di affermare un’ideologia democratica contro la tendenza imperialistica
delle nazioni coinvolte nel conflitto.
L’8 gennaio 1918 il presidente americano Woodrow Wilson (1856 – 1924) elabora
un programma di pace che prevede, tra gli altri punti, l’abolizione della polizia segreta,
la libertà di navigazione, una revisione delle frontiere doganali e la creazione di una
Società delle Nazioni in tutela della pace. Il programma, tuttavia, al momento non
porta ad un accordo tra le nazioni.
La Francia continua ad essere un nodo cruciale all’interno del conflitto.
184 La prima guerra mondiale
A marzo i tedeschi sfondano le linee nemiche nelle Fiandre e giungono alla Marna
dove si disputa la seconda battaglia della Marna (17 luglio) che però non por-
ta ad una sostanziale conquista del territorio da parte tedesca. Guidato dal generale
Foch, l’esercito anglo francese dà avvio a una vigorosa controffensiva, che, supportata
dall’intervento americano, costringe i tedeschi alla ritirata. L’8 agosto ad Amiens la
Germania subisce una forte sconfitta che fa presagire l’esito della guerra. Il corrispon-
dente di guerra Philip Gibbs, notando l’effetto della battaglia sul ritmo della guerra,
il 27 agosto scrive: “Il nemico è sulla difensiva, è cosı̀ decisamente nelle nostre ma-
ni, che siamo in grado di colpire il nemico in molti punti differenti. Il cambiamento è
I Guerra Mond.
stato più grande nelle menti degli uomini, che nella conquista di terreno. Sul nostro
fronte sembra che l’esercito sia incoraggiato dall’enorme speranza di risolvere presto la
questione” e che “c’è anche un cambiamento nella mente del nemico. Non hanno più
la minima speranza di vittoria sul fronte occidentale. Tutto ciò che sperano ora è di
potersi difendere abbastanza a lungo da arrivare ad una pace negoziata”.
Sul fronte orientale, il 3 marzo la Russia firma il trattato di Brest Litovsk col
quale cede alla Germania la Polonia, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania.
Nel mese di maggio la Romania sottoscrive la pace di Bucarest. Il 29 settembre
l’esercito franco serbo avanza in Macedonia e costringe la Bulgaria alla resa.
Le forze inglesi invadono la Siria e costringono la Turchia all’armistizio.
In Italia gli austriaci sferrano un duro attacco, ma il 24 ottobre, con la battaglia
di Vittorio Veneto, inizia la controffensiva che arresta l’avanzata nemica. A Padova,
a Villa Giusti, il 4 novembre l’Austria è costretta a firmare l’armistizio.
La Germania formalmente è ancora in guerra, ma l’esercito e la flotta sono comple-
tamente inefficienti.
Piegata da una rivoluzione interna, l’8 novembre avviene la dissoluzione dell’Impero
e la proclamazione della repubblica.
L’11 novembre, la Germania è costretta a firmare l’armistizio di Rethondes
che determina la fine della prima guerra mondiale.
Storia
Montenegro, Slovenia e Bosnia Erzegovina.
All’Italia vengono assegnati il Trentino, l’Alto Adige, Trieste e l’Istria. Le questioni
relative alla Dalmazia e alla città di Fiume però non trovano risoluzione, suscitando
tensioni da parte dei nazionalisti che rivendicano una “vittoria mutilata”.
Il Trattato di Neuilly, del 27 novembre 1919, stabilisce la cessione alla Romania
e alla Grecia dei territori occupati durante il conflitto da parte della Bulgaria. Con
questo trattato la Bulgaria perde il suo sbocco sul mar Egeo. L’importante sforzo
bellico sostenuto durante il conflitto porta la Bulgaria ad una grave crisi economica.
Il 28 aprile 1920 viene firmato il Trattato Sevres in cui si stabilisce che la Turchia
perde Smirne in favore della Grecia, la Siria, la Palestina e l’Iraq.
Storia
Sito di approfondimento sulla rivoluzione di ottobre http://www.1917.org/
Video: La rivoluzione di ottobre www.youtube.com/watch?v=CzbY2o7k0UI
Il 18 marzo 1921 viene siglata la pace di Riga con la quale si stabiliscono i confini
tra Russia e Polonia dopo che la Polonia aveva approfittato della guerra civile per
assoggettare l’Ucraina, la Georgia, l’Armenia e la Siberia.
Istituzionalmente le assemblee elette dai cittadini sono riconosciute come organi a livello
municipale. I rappresentanti dei soviet confluiscono nel Congresso dei Soviet dell’Unio-
ne. Il potere di fatto poi è accentrato nel Presidium del Soviet Supremo e il Consiglio dei
ministri, gestito dal Politbjuro, l’ufficio politico presieduto da Lenin, Trotskij, Sverdlov
e Stalin.
I dopoguerra
Storia
totale assenza di esportazioni, la sostituzione del carbone all’energia elettrica e le spinte
indipendentiste delle colonie minano la stabilità del Paese.
Dopo un’aspra guerra di indipendenza nel 1921 viene riconosciuto lo Stato
Libero d’Irlanda.
Nel Paese intanto cresce il malcontento, nel 1923 si assiste all’ascesa del Labour
Party, partito laburista. I lavoratori chiedono maggiori garanzie socio economiche e
costringono il partito conservatore ad avviare le trattative con le forze sindacali: le
trade union. I due poli politici riescono a trovare un compromesso e nel 1926 lo stato
vive una decisiva ripresa.
Nel 1931 viene istituito il Commonwealth: uno statuto che concede l’indipendenza
a Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa.
L’Egitto ottiene l’indipendenza nel 1936.
In India emerge la figura di Gandhi il quale, utilizzando la lotta non violenta, nel
1935 ottiene la concessione dell’India Act. Con questo trattato l’India giunge ad una
condizione intermedia tra colonia e Stato libero.
1.4.2 Francia
Anche la Francia, per la ricostruzione nazionale, si trova ad affrontare notevoli spese che
provocano una forte crisi economica. L’improvvisto rialzo del costo della vita scatena
malcontento e disordini popolari.
Nel tentativo di risolvere la situazione al governo si alternano forze conservatrici
e forze democratiche. Nel Paese cresce l’ostilità nei confronti dei partiti comunisti, si
costituiscono movimenti armati di estrema destra come Camelot du roi e Croix de
feu che acquisiscono sempre maggior potere tanto da minare l’equilibrio nazionale.
Per contrastare tale fenomeno nel 1936 i partiti di sinistra si uniscono in un Fronte
popolare guidato dal socialista Léon Blum e ottengono la vittoria alle elezioni.
Nel 1922 l’Egitto ottiene l’indipendenza, nel 1930 spetterà alla Siria e nel 1941 al
Libano.
1.4.5 Spagna
In Spagna nel 1923, in seguito al pronunciamento militare del governatore della Cata-
logna Miguel Primo de Rivera, si assiste alla sospensione della Costituzione e alla
nascita di un direttorio militare con potere dittatoriale.
Nel 1930 il re Alfonso XIII tenta di ostacolare il nuovo regime ma viene costretto ad
abbandonare il paese. Il 9 dicembre 1931 si costituisce la Repubblica di Spagna fon-
data su una Costituzione democratica e sociale. L’incapacità di far fronte alle esigenze
popolari e di una coerente riforma agraria da parte delle forze repubblicane porta alla
nascita di un forte fronte di opposizione. Nel 1933 l’unione delle forze clericali, militari,
borghesi e latifondiste dà vita alla Falange, un movimento di matrice fascista guidato
dal figlio del dittatore, Josè Antonio Primo.
Storia 191
1.4.6 Germania
L’11 agosto 1919 il Primo Presidente della Germania, Friedrich Ebert firma la nuova
costituzione tedesca. Con la Costituzione di Weimar la Germania viene organizzata
in uno Stato federale. Indirizzata a organizzare le proprie strutture politiche in una
democrazia, riconosce ampia autonomia ai singoli territori.
Il potere legislativo è affidato a un Reichstag, di fronte al quale è responsabile il
cancelliere. Il capo del potere esecutivo è rappresentato dal Presidente della Repubblica.
Il Presidente, eletto ogni sette anni dal popolo, è alla guida delle forze armate. La
repubblica federale si costituisce dunque di un governo centrale e di 17 Lander i quali
non hanno però alcun potere legislativo. La Repubblica di Weimar si configura come
una repubblica parlamentare indirizzata verso il potere presidenziale.
Storia
Nell’immediato dopoguerra la Germania si trova a dover affrontare una pesante
crisi economica e sociale, i partiti al governo non si rivelano in grado di sostenere
le gravi conseguenze della sconfitta bellica, con una conseguente crescita delle forze
dell’opposizione.
Fondamentalmente aumenta il peso di due fazioni opposte. Da un lato emerge la
destra conservatrice, contraria alle nuove istanze democratiche. Dall’altro si raffor-
za l’influenza della sinistra, costituita dai socialisti indipendenti e dagli spartachisti.
Questo gruppo fonda il partito comunista tedesco e ha come obiettivo la rivoluzione
socialista e la fondazione di una repubblica basata sulla democrazia proletaria.
Nel gennaio 1919 la socialdemocrazia, con l’appoggio dell’esercito, stronca violen-
temente il movimento spartachista giungendo all’arresto dei suoi leader Karl Liebk-
necht e Rosa Luxemburg i quali vengono uccisi il 15 gennaio.
ra. Tale iniziativa fa pervenire grandi capitali alla Germania permettendo una rapida
ripresa economica.
Tra il 1925 e il 1929 anche l’industria vive un’importante sviluppo, migliorando il
tenore di vita della popolazione.
La crisi economica americana degli anni Trenta tuttavia ha notevoli conseguenze
anche in Germania e il ceto medio basso viene colpito duramente. Il crescente malcon-
tento della massa popolare porta alla vittoria del partito nazionalsocialista alle elezioni
del luglio 1932 e l’anno seguente Hitler riceve la nomina di Cancelliere da parte del
Presidente della Repubblica Hindenburg.
Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler presta giuramento come Cancelliere nella camera
I dopoguerra
I lager
Al fine di neutralizzare i possibili oppositori
al regime, il sistema nazista adotta l’utilizzo
sistematico dei campi di concentramento.
Nel 1938 viene introdotto il lavoro forzato,
utilizzato per incrementare la produzione e
l’industria.
Gli internati, oppositori politici o non ap-
partenenti alla pura razza germanica, sono
sottoposti a un sistema di “rieducazione”. At-
traverso il lavoro estenuante e le condizioni
Storia
igienico nutrizionali notevolmente al disotto Figura 1.4: I lager
dello standard, gli internati devono giungere all’annullamento della propria personalità
e, nella maggior parte dei casi, giungono alla morte. Durante la guerra i lager accolgono
i prigionieri dei popoli conquistati al fine di sfruttarli per il sostentamento dell’industria
bellica.
L’antisemitismo
Fin dall’ascesa del Partito nazionalsocialista l’antisemitismo rappresenta un cardine
dell’ideologia nazista. Nel 1933 vengono introdotte forti limitazioni alla partecipazione
degli ebrei alla vita dello stato. Con lo scopo di tutelare la cittadinanza, il sangue
e l’onore tedesco le leggi di Norimberga, emesse il 15 settembre 1935, codificano
formalmente l’esclusione degli ebrei dal Reich.
A partire da questo momento il regime provvede ad una sistematica eliminazione
degli ebrei additati come il nemico e la causa dei mali della Germania.
Il 20 gennaio 1942 durante la conferenza di Grosser Wannsee viene stilato il piano
della soluzione finale, che prevede lo sterminio della popolazione ebraica dei paesi
occupati e di quelli alleati.
Il Partito Popolare ottiene l’emanazione della riforma elettorale che consiste nel pas-
saggio da un sistema uninominale a quello proporzionale. Tale riforma garantisce
importanza ai partiti i quali si garantiscono maggioranze più stabili.
Le elezioni del 1919 vedono l’affermarsi del Partito Popolare e del Partito Socialista.
Il Partito Socialista tuttavia è diviso da contrasti interni. Durante il congresso di
Livorno del gennaio 1921, in seguito alle crescenti discordie intestine, si assiste alla
nascita del Partito Comunista Italiano, guidato da Antonio Gramsci.
Nello stesso periodo un nuovo schieramento fa la propria comparsa nel panorama
politico italiano: il Fascismo.
Il 23 marzo 1919 Benito Mussolini (Predappio 1883 – Giulino di Mezzegra 1945)
I dopoguerra
Il Governo legalizza l’azione delle forze fasciste che si vedono legittimate ad incremen-
tare le intimidazioni contro gli avversari.
A luglio Giolitti dà le dimissioni e viene sostituito da Ivanoe Bonomi, di matrice
socialista.
Storia
nascente movimento fascista. Nell’ottobre 1922 alcuni socialisti riformisti fondano il
Partito Socialista Unitario, guidato da Filippo Turati.
L’influenza di Mussolini continua a crescere, durante il congresso di Napoli del 24-25
ottobre viene elaborato un piano per l’occupazione dei centri nevralgici del potere e il
28 ottobre 1922 i fascisti mettono in atto una marcia su Roma.
La reazione del re Vittorio Emanuele III è di tolleranza, il 30 ottobre il sovrano
riceve Mussolini e gli affida il governo.
In breve tempo il Governo Mussolini si rivela forte, centralizzato ed autoritario.
Nasce il Gran Consiglio del Fascismo, una milizia di squadristi che agisce con
violenza limitando le libertà democratiche.
I popolari e i cattolici, fino a questo momento alleati dei fascisti, cominciano a
prendere le distanze dal movimento.
Mussolini, interessato al sostegno della Chiesa, avvia una politica contro il Partito
Popolare.
In vista delle prossime elezioni le squadre fasciste minacciano e colpiscono le forze
di opposizione.
Alle elezioni del 6 aprile 1924 la coalizione formata dai fascisti e dai conservatori
ottiene il 65% dei voti.
Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato la situazione di brogli e violenze con
un discorso alla Camera, il 10 giugno 1924 viene rapito, il suo corpo verrà ritrovato
senza vita il 16 agosto.
Nonostante l’opinione pubblica sia profondamente scossa dall’omicidio di Matteotti,
evidentemente avvenuto su commissione dei capi fascisti, il re Vittorio Emanuele III
continua a sostenere il governo Mussolini.
Per sviluppare le risorse del Paese ampie zone sono sottoposte ad interventi di bonifica
incrementando la produzione del grano.
Nel 1927 l’elaborazione di una Carta del Lavoro, in nome dell’interesse nazio-
nale, prevede la collaborazione tra le diverse parti sociali. Il libero sindacalismo viene
eliminato e sostituito dalle nascenti corporazioni, elemento di contatto tra associazioni
di datori di lavoro e sindacati.
Con una nuova legge elettorale nel 1928 viene creata una lista unica composta dagli
esponenti del partito fascista. Alle elezioni politiche del 24 marzo 1929 le votazioni
si svolgono in forma plebiscitaria. Gli elettori possono votare SÌ o NO per approvare
la lista dei deputati designati dal Gran Consiglio del Fascismo. La scheda con il SÌ è
I dopoguerra
tricolore, quella col NO è bianca. L’evidenza del voto e le forti pressioni intimidatorie
portano ai fascisti un trionfale successo.
L’11 febbraio 1929 si concludono i Patti lateranensi con cui si dichiara l’indipen-
denza dello Stato del Vaticano, si riconosce un indennizzo per gli espropri del 1870 e
si raggiunge un Concordato per regolare le questioni di valenza civile e religiosa. In
questo modo Mussolini si garantisce l’appoggio del Vaticano.
Le linee del governo in politica estera mirano al consolidamento dell’influenza italia-
na nell’area del Mediterraneo, al superamento della Società delle Nazioni, dei trattati
del 1919 e all’avviamento di una politica coloniale in Africa.
D’altro canto, Francisco Franco ha l’appoggio di Hitler e Mussolini, che inviano truppe
armate per annientare la Repubblica.
La guerra civile si protrae per tre anni, fino a quando nell’aprile del 1939 le
armate di Franco occupano Madrid. Il Generalissimo assume la guida definitiva della
Spagna, instaurando una dittatura di stampo fascista che reprime violentemente ogni
opposizione al regime.
Storia
1.5 La seconda guerra mondiale
1.5.1 Gli antefatti
Nel 1933 la Germania si allontana dalla Società delle Nazioni e nel 1934 tenta di assog-
gettare l’Austria, il tentativo fallisce a causa dell’intervento di Mussolini che schiera le
proprie truppe sul Brennero. Tale azione porta a un accordo tra l’Italia e la Germania
per contrastare gli interessi inglesi e francesi.
Nel marzo 1938, grazie alla recente alleanza con l’Italia istituita dall’Asse Roma-
Berlino, Hitler penetra in Austria e ne realizza l’annessione. Il 10 aprile 1938 l’unione
dell’Austria con la Germania viene formalmente suggellata da un plebiscito.
La Germania avanza nuove pretese territoriali, giustificate dalla presenza di una
minoranza tedesca nei Sudeti cecoslovacchi. Il 28 e 29 settembre 1938, durante una
conferenza internazionale a Monaco, Hitler ottiene l’annessione dei Sudeti, l’anno se-
guente occupa la Boemia e la Moravia. La Slovacchia rimane indipendente ma di fatto
è uno stato satellite tedesco.
Il 7 aprile 1939 l’Italia occupa l’Albania.
In questo clima di pretese territoriali, Hitler si pone come obiettivo la conquista
della Polonia, in particolare del territorio di Danzica, importante sbocco sul mare.
L’asse Roma-Berlino si converte in un’alleanza militare in cui le parti si impegnano a
partecipare ad un eventuale conflitto e il 22 maggio 1939 il Regno d’Italia e la Germania
nazista firmano il Patto d’Acciaio.
Nello stesso tempo Hitler avvia una trattativa diplomatica con la Russia e il 23
agosto 1939 stipulano il Patto Molotov-Ribbentrop, che sancisce una reciproca
politica di non aggressione.
In questo modo la Russia si assicura la tutela dei confini e ottiene una serie di
riconoscimenti territoriali nei Paesi Baltici, Romania e Polonia. Dal canto suo, la Ger-
mania evita una possibile alleanza tra Russia, Inghilterra e Francia e si appresta alla
conquista di nuovi territori. Il 1◦ settembre 1939 Hitler avvia l’occupazione della
Polonia.
Repubblica di Polonia, sorta nel 1919 in seguito al trattato di Versailles, viene smem-
brata e il suo territorio spartito tra Germania e Russia, cui spetta la parte orientale
del paese come sancito dal Patto Ribbentrop-Molotov.
La Russia avvia la sua espansione sul mar Baltico ottenendo il controllo di Estonia,
Lituania e Lettonia che saranno annesse successivamente. Il 30 novembre 1939 le trup-
pe russe invadono la Finlandia che riesce a sostenere l’attacco senza capitolare. Con
l’armistizio di Mosca del 12 marzo 1940 tuttavia si vedrà costretta a cedere parte del
proprio territorio.
II Guerra Mond.
1.5.3 1940
L’avanzata tedesca
Il 9 aprile 1940 la Germania sferra un attacco alla Danimarca, che si arrende senza
porre resistenze, e alla Norvegia. Nel mese di maggio l’offensiva si dirige verso il fronte
Occidentale. I tedeschi invadono il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo mentre un altro
attacco viene sferrato a Sedan, in Francia.
Le truppe inglesi e francesi si trovano impegnate e strette da due fronti, per non subi-
re una sconfitta sono costrette a imbarcarsi a Dunkerque e rifugiarsi in Gran Bretagna.
La Germania marcia dunque sulla Francia e il 14 giugno occupa Parigi.
In Francia si vede intanto il prevalere della corrente di destra capeggiata dal vicepre-
sidente Philippe Petain. Contrariamente all’opinione del presidente Paul Reynaud,
intenzionato a proseguire il conflitto, il 22 giugno il governo francese chiede l’armistizio.
La Germania occupa dunque la Francia nord orientale, mentre nel resto del Paese
prende potere un governo collaborazionista dittatoriale di destra con sede a Vichy e
capeggiato da Petain: La Repubblica di Vichy.
L’intervento dell’Italia
Fino a questo momento l’Italia non interviene direttamente nel conflitto ma, dopo i
successi tedeschi in Francia, il 10 giugno 1940 anche l’Italia dichiara guerra alla Francia
e all’Inghilterra.
Il 21 giugno, con l’offensiva delle Alpi, sferra un attacco al fronte francese. In questa
occasione risulta evidente l’impreparazione delle truppe italiane, l’attacco costa infatti
631 morti e 1141 prigionieri, contro 37 caduti francesi.
L’Italia subisce pesanti sconfitte anche in Africa. L’esercito tricolore in marcia con-
tro l’Egitto viene duramente affrontato dalle armate inglesi. Nel mese di dicembre
la Gran Bretagna occupa la Cirenaica e Mussolini è costretto a chiedere appoggio
all’esercito tedesco per respingere il nemico.
Il 28 ottobre l’Italia, convinta di una semplice vittoria, attacca la Grecia. Il conflitto
in realtà ha un esito negativo.
Il comando delle truppe passa dal maresciallo Badoglio al generale Ugo Cavallero.
In patria intanto si genera la consapevolezza dell’impreparazione delle truppe ita-
liane e la figura di Mussolini comincia a perdere popolarità.
La reazione inglese
L’Inghilterra è una potenza solida, la sola in grado di fronteggiare la Germania. Con-
sapevole della forza inglese, Hitler si dimostra intenzionato ad avviare una trattativa.
Il primo ministro inglese Winston Churchill tuttavia si dichiara pronto a resistere e
a sconfiggere il nemico.
Storia 199
Consapevole della superiorità della flotta inglese, la Luftwaffe tedesca dà avvio a una
serie di violenti bombardamenti sull’Inghilterra.
La Royal Air Force, RAF, si dimostra però in grado di sostenere l’attacco e per la
prima volta dall’inizio del conflitto Hitler è costretto ad arrestare la propria avanzata.
Il 27 settembre 1940 Germania, Italia e Giappone firmano il Patto Tripartito con
cui si impegnano in un reciproco sostegno. A novembre aderiscono alla trattativa anche
Ungheria e Romania, e nel 1941 si unisce la Bulgaria.
1.5.4 1941
Gli inglesi registrano importanti successi sul fronte africano. Occupano la Somalia ita-
liana, l’Etiopia, e l’Eritrea.
Storia
L’unica sconfitta è quella registrata in Libia, dove le truppe italo tedesche, guidate
dal generale Erwin Rommel, determinano la perdita del controllo della Cirenaica da
parte dell’Inghilterra.
Hitler tuttavia non consolida le posizioni ottenute e a fine anno gli inglesi riguada-
gnano terreno.
Nell’agosto 1941 il primo ministro Churchill e il presidente americano Roosevelt re-
digono la Carta Atlantica con la quale gli Stati Uniti si impegnano nella ricostruzione
bellica e nella protezione del mar Atlantico.
Germania, Italia, Ungheria e Bulgaria invadono e smembrano la Jugoslavia, che si
arrende il 17 aprile. In seguito la Germania e la Bulgaria invadono la Grecia, la cui
resistenza termina all’inizio del giugno 1941.
In seguito ad un ulteriore fallimento delle truppe italiane nella spedizione nei Bal-
cani, Mussolini comincia a rendersi conto dell’impossibilità di sostenere la guerra senza
il sostegno alleato.
Il 22 giugno Hitler decide di affrontare la Russia infrangendo il patto Ribbentrop-
Molotov con l’operazione Barbarossa. L’attacco apre un fronte di 1400 Km. Le
armate tedesche raccolgono una serie di successi e proseguono la marcia fino alle porte di
Mosca e Leningrado, la resistenza russa tuttavia è tenace e impedisce la presa di Mosca.
Nel frattempo giunge l’inverno che coglie impreparato l’esercito nazista e l’inadeguato
alleato italiano. I russi, guidati da Stalin, preparano la controffensiva.
Il Giappone, intanto, intenzionato ad espandersi nel Pacifico, nel luglio 1941 occupa
l’Indocina francese.
La reazione americana e inglese è immediata. Stati Uniti e Gran Bretagna decidono
di applicare un blocco commerciale ai danni del Giappone. Il governo nipponico però
non si dimostra intenzionato ad arrestare il proprio piano espansionistico. Il 7 dicembre
1941, senza una formale dichiarazione di guerra, sferra un attacco aereo contro la flotta
americana stanziata a Pearl Harbour nelle isole Hawaii.
Forte della momentanea superiorità, il Giappone attacca e conquista la Tailandia,
le Filippine, la Malesia, la Birmania e l’Indonesia olandese.
Gli inglesi perdono Hong Kong e la loro flotta risulta estromessa dall’oceano Paci-
fico.
Le forze dell’Asse in questo momento dimostrano una netta superiorità.
1.5.5 1942
I primi mesi del 1942 vedono la conferma del predominio delle potenze dell’Asse.
200 La seconda guerra mondiale
lingrado che viene sottoposta a un duro assedio. La presa della città è un obiettivo
importante per la Germania, rappresentando un punto importante per l’accerchiamento
di Mosca e una base di approvvigionamento di grano e petrolio. Inizialmente le divi-
sioni tedesche ottengono un incontestabile successo e riescono a penetrare nella città,
nel mese di novembre però i russi scatenano una controffensiva sopraffacendo i nemici.
La V armata tedesca viene accerchiata e completamente annientata. La sconfitta di
Stalingrado rappresenta la prima tappa dell’imminente declino delle forze tedesche
sul fronte russo.
Nel maggio 1942 le truppe italiane e l’Africa Korps tedesco scatenano una controf-
fensiva contro la Gran Bretagna per riprendere il controllo sulla Cirenaica riuscendo
ad avanzare fino ad El Alamein, a 80 Km da Alessandria d’Egitto. Mussolini si reca
in Libia per assistere alla conquista dell’Egitto. Al fine di concentrare le forze militari
in Africa settentrionale l’Italia allenta la pressione su Malta. Tale azione si dimostra
però essere un grave errore strategico. Dalle basi situate sull’isola, infatti, gli aerei della
Royal Air Force attaccano i convogli di rifornimento dell’Asse ostacolando il loro arrivo
sui porti africani.
Il 23 ottobre ad El Alamein le truppe inglesi, guidate dal generale Montgomery,
scatenano una dura offensiva. Le divisioni tedesche comandante da Rommel oppongono
una tenace resistenza ma si vedono costrette alla ritirata. Le forze dell’Asse riparano
in Tunisia dove costituiscono una linea difensiva. L’8 novembre sulle coste del Marocco
e dell’Algeria sbarcano centomila soldati americani in appoggio dell’esercito inglese.
Nell’agosto del 1942 Inghilterra e URSS stipulano un’alleanza, estesa poi anche agli
Stati Uniti, secondo la quale i paesi alleati si impegnano a prestare aiuti e forniture
reciproche.
1.5.6 1943
Sul fronte africano la pressione contro le forze dell’Asse si fa sempre più pressante e il
13 maggio 1943 la Tunisia capitola definitivamente.
Durante la Conferenza di Casablanca del gennaio 1943 gli Alleati pianificano
le nuove strategie. Il Primo Ministro inglese Churchill e il Presidente americano Roo-
sevelt ipotizzano uno sbarco sulla costa francese previsto per la primavera dell’anno
successivo. Nel novembre e dicembre 1943, durante la Conferenza di Teheran, viene
ufficialmente presa la decisione dell’attacco francese.
Storia 201
Storia
Armistizio di Cassibile.
Lo stesso giorno in Calabria sbarcano le truppe inglesi guidate dal generale Mont-
gomery, l’8 settembre gli americani giungono a Salerno.
L’8 settembre l’armistizio viene reso ufficiale. La Germania assume il controllo mi-
litare dell’Italia settentrionale e centrale. L’occupazione tedesca di Roma costringe il
re e il governo alla fuga.
L’invasione tedesca in Italia provoca una forte resistenza da parte delle truppe
italiane e dei gruppi di civili.
L’Italia risulta ora divisa.
Le regioni centrali e settentrionali sono sotto il controllo dei tedeschi. Il 22 settembre,
dopo essere stato liberato da un gruppo di paracadutisti tedeschi, Mussolini dà vita
alla Repubblica Sociale Italiana, con sede di governo a Salò.
In questo periodo scoppia una guerra civile che vede scontrarsi i volontari del
movimento partigiano contro le milizie di Salò.
Il movimento di resistenza assume dimensioni sempre più consistenti e giunge ad un
piano di coordinamento con la creazione dei Comitati di Liberazione Nazionale
(CLN) che oltre a combattere contro gli invasori nazisti reclamano le dimissioni del
governo Badoglio e l’abdicazione del re.
Il sud Italia invece è controllato dagli alleati.
Durante una violenta insurrezione popolare, le Quattro giornate di Napoli, il
primo ottobre le truppe tedesche vengono allontanate dalla città.
Il 13 ottobre il governo Badoglio dichiara guerra alla Germania.
1.5.7 1944
Il 1944 è un anno decisivo per le sorti del conflitto.
In Italia
Nel marzo 1944 il segretario del Partito Comunista Palmiro Togliatti sostiene la
necessità della collaborazione di tutte le forze politiche per la liberazione dell’Italia dai
nazisti. Si costituisce un governo di unità nazionale guidato da Badoglio e formato dai
membri del CLN. La popolazione partecipa attivamente alla cacciata degli occupanti
202 La seconda guerra mondiale
cento morti, è uno dei più gravi crimini di guerra contro la popolazione civile perpetrati
dalle forze armate tedesche in Europa occidentale.
Al sud Italia, nel tentativo di aggirare le linee nemiche, il 22 gennaio gli Alleati
realizzano uno sbarco ad Anzio. La reazione tedesca è immediata e riesce ad asserra-
gliare le truppe angloamericane. Dopo aver ricostituito le proprie forze, il 18 maggio
gli Alleati vincono la dura battaglia di Montecassino e il 4 giugno entrano a Roma.
La linea difensiva tedesca viene riorganizzata sull’Appennino tosco-emiliano e in-
terrompe l’avanzata alleata. I partigiani si trovano a fronteggiare da soli le truppe
naziste.
Lo sbarco in Normandia
Gli alleati organizzano l’operazione Overlord che prevede lo sbarco nel nord della
Francia.
Il 6 giugno le truppe angloamericane attraccano sulle coste della Normandia. A
causa delle avverse condizioni atmosferiche l’azione coglie di sorpresa le milizie tedesche.
La resistenza nazista è tenace, ma non si dimostra capace di respingere l’offensiva.
Il 15 agosto un secondo contingente sbarca sulle coste della Francia meridionale
costringendo le forze tedesche alla fuga.
Il 25 agosto De Gaulle entra trionfalmente a Parigi e il fronte si attesta dal mare
del Nord al confine svizzero.
I tedeschi preparano una grande controffensiva e il 16 dicembre attaccano nei pressi
delle Ardenne dando vita alla battaglia delle Ardenne. Il maresciallo Montgomery
organizza metodicamente le sue forze allo scopo di fermare l’avanzata del nemico.
Il fronte orientale
Sul Fronte Orientale la Russia raggiunge numerosi successi. L’esercito russo ottiene
la resa della Finlandia e della Romania, libera la Bulgaria e l’Ungheria e riesce a
raggiungere la Polonia e la Cecoslovacchia.
Nell’oceano Pacifico gli americani proseguono l’offensiva contro il Giappone otte-
nendo la liberazione di Filippine e Malesia.
Il 20 ottobre 1944 le truppe statunitensi invadono l’isola di Leyte. La Marina Im-
periale giapponese subisce una sconfitta importante e perde il controllo delle Filippine.
Il Giappone si trova cosı̀ tagliato fuori dai territori occupati nel sud-est asiatico,
fonte di vitali risorse come il petrolio.
Storia 203
1.5.8 1945
Durante i primi mesi del 1945 le operazioni degli alleati in Italia non producono esiti
significativi. Le forze partigiane al contrario intensificano l’azione. Il 25 aprile i Co-
mitati di Liberazione Nazionale proclamano l’insurrezione generale e costringono alla
fuga le truppe tedesche. Nello stesso giorno gli alleati raggiungono Milano e Mussolini
tenta la fuga verso la Svizzera, ma viene sorpreso a Giulino di Mezzegra sul Lago di
Garda, e il 28 aprile le formazioni partigiane lo fucilano.
Nel mese di gennaio i tedeschi muovono un’offensiva nel settore dei Vosgi ma vengo-
no affrontati dagli alleati che il 5 marzo occupano Colonia, superano il corso del Reno,
accerchiano il bacino della Ruhr e a febbraio giungono a 65 km da Berlino.
Nello stesso tempo i russi stanno assediando la città. Il 30 aprile Hitler si toglie
Storia
la vita e designa suo successore l’ammiraglio Karl Dönitz. Il 7 maggio, presso il
comando di Reims, la Germania firma la propria resa incondizionata.
In estremo Oriente, dopo la conquista delle Filippine e dell’Indonesia, l’America si
appresta a sferrare il colpo decisivo al Giappone.
Il 12 aprile muore il presidente americano Roosevelt e gli succede Harry Truman.
Consapevole che il proseguimento della guerra costerebbe un elevato numero di vittime,
il presidente si risolve ad impiegare l’arma nucleare. Il 6 agosto per la prima volta nella
storia viene utilizzata la bomba atomica che distrugge quasi completamente la città
di Hiroshima, e tre giorni dopo colpisce Nagasaki.
L’8 agosto la Russia dichiara guerra al Giappone invadendo la Manciuria e la Corea.
Il 2 settembre i giapponesi firmano la propria resa sulla corazzata Missouri.
I Trattati di pace
In previsione della risoluzione del conflitto, tra il 4 e l’11 febbraio 1945, Churchill,
Roosevelt e Stalin si incontrano in Crimea, a Jalta, per stabilire il futuro andamento
dell’Europa.
Durante la conferenza le tre potenze stabiliscono che, al termine degli scontri, la
Germania sarebbe stata smembrata in quattro aree assegnate a Francia, Gran Breta-
gna, Stati Uniti e Russia. Berlino sarebbe stata amministrata in modo congiunto dalle
quattro potenze.
La Germania avrebbe inoltre dovuto pagare un risarcimento per le devastazioni
procurate.
In Polonia sarebbe stato instaurato un governo di Unità Nazionale formato da
elementi filosovietici e filoccidentali.
I Paesi liberati avrebbero dato vita a governi rappresentativi del volere popolare.
Tra il 17 luglio e il 2 agosto 1945 si tiene la Conferenza di Potsdam, vicino
a Berlino. Durante il congresso i rappresentati delle potenze vincitrici non riescono
tuttavia a giungere a una conclusione definitiva sulle sorti della Germania e rinviano
la problematica dei confini polacco tedeschi e dei risarcimenti.
204 La seconda guerra mondiale
Si giunge però a un accordo che istituisce un Consiglio dei Ministri degli Esteri,
atto a stabilire i trattati di pace con l’Italia, la Romania, la Finlandia e la Bulgaria.
I Trattati di pace firmati a Parigi il 10 febbraio 1947 stabiliscono che la città di
Berlino venga divisa in due parti: l’est sotto il controllo dell’URSS, e l’ovest affidato
all’occidente.
La conclusione del conflitto porta una notevole espansione dei territori dell’URSS
che allarga la propria area d’influenza su tutti gli Stati orientali liberati dalle sue
armate.
Le nazioni dell’Europa occidentale invece ricevono aiuti economici dagli Sati Uniti
II Guerra Mond.
La Germania
La Germania, punto di incontro tra le due realtà, rimane divisa. Nella parte occiden-
tale nasce la Repubblica Federale Tedesca (RFT), di stampo democratico, nella
parte orientale nasce la Repubblica Democratica Tedesca (RDT), di carattere
comunista.
La RFT, grazie agli aiuti americani, riesce a ricostruire la propria economia e a
integrarsi con gli altri Paesi europei.
La RDT invece vede lo smantellamento delle strutture capitalistiche e un pro-
gressivo indebolimento economico. Date le difficili condizioni di vita nella Repubbli-
ca Democratica, molte persone lasciano il settore orientale per rifugiarsi in quello
occidentale.
Per arginare tale flusso, nell’agosto 1961 Berlino risulta divisa da un filo spinato,
e in seguito viene costruito un muro che contrappone le due parti della città.
1.5.9 L’ONU
Al fine di garantire una pace duratura il 26 giugno 1945, a San Francisco, cinquanta
Paesi alleati sottoscrivono la Carta internazionale dell’ONU (Organizzazione delle
Nazioni Uniti) “al fine di salvare le future generazioni dal flagello della guerra e
mantenere la pace e la sicurezza internazionale”. I Paesi membri che costituiscono il
Consiglio di Sicurezza in modo permanete sono Stati Uniti, URSS, Gran Bretagna,
Francia e Cina. Ogni due anni, a rotazione si aggiungono altri sei Stati membri.
In seno all’ONU si crea la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, con il fine
di risolvere eventuali problematiche sollevate dai Paesi coinvolti, l’UNESCO, organo
predisposto all’organizzazione dell’educazione, la scienza e la cultura, e la FAO inerente
all’agricoltura e all’alimentazione.
Tra le prime disposizioni dell’ONU figurano il processo di Norimberga (1945-
1946) e il processo di Tokyo (1946-1948). Al termine delle udienze vengono condan-
nati i principali responsabili delle atrocità commesse durante la guerra.
Storia 205
1.6.1 USA
Storia
Durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti emergono come potenza economica
caratterizzata da una forte logica liberalista.
Nel 1945 Harry Truman succede a Roosevelt. Il nuovo presidente afferma la vo-
lontà di sostenere l’economia dei paesi amici in opposizione alla crescente potenza
comunista. A partire dagli anni Quaranta si diffonde il maccartismo, dal nome del
senatore Mac Carthy, un atteggiamento di forte ostilità nei confronti dell’URSS che
porta alla caccia degli elementi sovversivi comunisti all’interno della società americana.
Con l’elezione del Presidente Dwight Eisenhower, nel 1952, il sentimento anti-
comunista si acuisce, con un conseguente inasprimento della guerra fredda, negli stessi
anni si intensificano i conflitti raziali e si verifica una recessione economica.
Nel 1961 il democratico John F. Kennedy vince le elezioni. In politica estera egli è il
responsabile dell’intervento americano nella guerra del Vietnam. Il 22 novembre 1963
viene assassinato.
Nel 1968 viene ucciso anche Robert Kennedy, fratello di John, e alla presidenza
sale Richard Nixon. Questi anni sono caratterizzati da un clima di sospetto e violenza.
Anche Martin Luther King, leader del movimento per il riconoscimento dei diritti
degli americani di colore, il 4 aprile 1968 viene ucciso.
Sotto la presidenza di Nixon l’America incrementa le ricerche scientifiche e ottiene
il primato sull’Urss inviando il primo uomo nello spazio: il 21 luglio 1969 l’astronauta
Neil Armstrong è il primo uomo a calpestare il suolo lunare.
Alla presidenza di Nixon seguono quella di Gerald Ford e Jimmy Carter.
Il ruolo di predominio degli Stati Uniti si raggiunge negli anni Ottanta sotto la guida
di Ronald Reagan. A partire dal 1980 egli promuove il rilancio dell’iniziativa privata.
In questa fase muta l’atteggiamento di ostilità nei confronti della Russia davanti alla
perestrojka di Gorbaciov.
1.6.2 URSS
Stalin rappresenta la figura dominante della Russia del primo dopoguerra e la sua
politica repressiva si espande a tutti i Paesi del blocco comunista.
L’intera Europa dell’Est vive sotto l’influenza sovietica. Gli Stati vengono denomi-
nati democrazie popolari, ma nella realtà risultano direttamente sottomessi ai dettami
dell’URSS, caratterizzati da un’economia di stampo collettivista.
206 Il secondo dopoguerra
Alla morte di Stalin, avvenuta il 5 marzo 1953, i maggiori funzionari del partito
comunista assumono una guida collettiva del Paese.
Ben presto emerge la figura di Nikita Kruscev. Egli attua una politica di di-
stensione nei confronti degli Stati Uniti e di destalinizzazione dello Stato Sovietico. In
ambito economico Kruscev sostiene un importante incremento industriale della Russia
che in questi anni diventa una potenza molto forte. Il tenore di vita della popolazione
migliora notevolmente grazie all’incremento dell’introduzione di beni di consumo.
Anche in ambito scientifico l’Unione Sovietica fa grandi passi avanti, nel 1957 i
sovietici sono i primi a lanciare un satellite artificiale nello spazio, lo Sputnik, e il
cosmonauta Yuri Gagarin è il primo uomo a compiere un volo orbitale intorno alla
II dopoguerra
Storia
naio 1958. Viene istituita da Italia Francia Belgio Paesi Bassi Lussemburgo e Germania
per l’integrazione delle singole economie e lo sviluppo della libera circolazione.
1.6.7 Cina
In Cina, nei primi anni del ‘900, si afferma il movimento nazionalista del Kuomintang
e nel 1912 nasce la Repubblica Cinese.
A partire dagli anni Trenta cominciano a sorgere idee di stampo comunista in
opposizione al governo.
Mao Tse-Tung, a capo della rivoluzione comunista, nel 1949 prende il potere
appoggiato dal sostegno della massa contadina.
I primi interventi del leader comunista sono la distribuzione delle terre al popolo e
la nazionalizzazione delle industrie.
Storia 209
Storia
governo di Zhao Ziyang, il potere passa all’autoritario Jiang Zemin. Zemin rimane
in carica fino al 2003 e introduce il capitalismo nel Paese.
Dal 2004 Hu Jintao è alla guida del partito, del governo e dell’esercito della Cina.
1.6.8 La decolonizzazione
La fine della seconda guerra mondiale rappresenta la fine della sudditanza delle colonie
nei confronti delle potenze europee.
India
Le rivendicazioni di indipendenza indiana hanno origine già negli anni precedenti e sono
caratterizzate dal movimento della non violenza guidato da Mahatma Gandhi
(1889 - 1948).
Nel 1935 viene concesso il Government of India che sancisce un ampliamento del
diritto di voto e una maggiore autonomia amministrativa.
Il 15 agosto 1947 l’India viene riconosciuta indipendente e si instituisce lo Stato
dell’Unione Indiana.
Nel 1956 lo Stato musulmano del Pakistan si stacca dall’Unione Indiana e
diventa autonomo. Tra le due nazioni nascono immediatamente dei contrasti per il
controllo dello stato del Kashmir.
Nel 1971 viene riconosciuta la Repubblica indipendente del Bangladesh.
Indocina
In Indocina il Partito comunista, guidato da Ho Chi Minh, è il fautore della rivolta
contro il dominio francese. In seguito agli scontri del 1954 in quest’area si costituiscono
quattro Stati: Laos, Cambogia, Vietnam del nord (a regime comunista) e Vietnam del
sud (sotto l’influsso occidentale).
La divisione del Vietnam sfocia presto in un conflitto, la guerra del Vietnam,
1960 - 1975. Il Vietnam del nord si fa promotore dell’unificazione dello Stato in-
contrando la dura opposizione statunitense. Nel 1963 le truppe americane combattono
contro i vietcong comunisti e bombardano duramente il Paese. L’intervento statuniten-
se comincia a generare dissenso tanto che nel 1973 il Presidente Nixon ordina il ritiro
delle truppe americane dal Vietnam.
Nel 1975 i vietcong entrano dunque a Saigon e nel 1976 viene istituita la Repub-
blica socialista del Vietnam, unione del nord e del sud del Paese.
In seguito all’unificazione migliaia di vietnamiti del sud abbandonano il territorio
a causa degli espropri dettati dal regime comunista.
210 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
Nel 1953 la Cambogia proclama l’indipendenza dalla Francia. Nel 1975 si instaura il
regime dittatoriale di Pol Pot. Egli persegue una dura politica di cambiamento della
società. Sostenuto dai guerriglieri “Khmer rossi” occupa la capitale Phnom Penh e
comincia l’evacuazione della città con l’obiettivo di istituire una società agraria volta
all’isolamento del Paese. Mette in atto un duro sterminio di massa contro intellettuali,
borghesia e contadini.
Nel 1978 i vietcong entrano in Cambogia e nel 1979 pongono fine al regime ditta-
toriale di Pol Pot.
Nel dicembre 1979 le truppe sovietiche invadono l’Afghanistan. I mujaheddin or-
Storia Contemp.
ganizzano le proprie difese ponendo le basi nel vicino Pakistan e ricevono appoggio e
sostegno dagli Stati Uniti per affrontare il nemico moscovita.
Nel 1989 i russi si ritirano dall’area e lasciano il potere al presidente filosovietico Na-
jibullah. Nell’aprile 1992 però i mujaheddin entrano nella capitale Kabul, destituiscono
Najibullah e istituiscono un governo provvisorio.
Africa
Nel 1957 il Sudan ottiene l’indipendenza.
Nel 1960 tocca alla Costa d’Oro che vede la nascita di Ghana, Niger e Somalia
inglese.
Nel 1961 Sierra Leone e Tanganica.
Nel 1962 Uganda, Ruanda e Burundi.
Nel 1963 Kenya.
Nel 1964 Malawi.
Nel 1961 l’Unione sudafricana si rende indipendente dal Commonwealth britanni-
co con il nome di Repubblica Sudafricana. Fin da subito si instaura una politica
razzista fondata sull’apartheid, separazione, da parte della minoranza bianca rispetto
alla maggioranza della popolazione. La discriminazione sfocia in duri scontri razziali
fino a quando il regime dell’apartheid viene rovesciato nel 1989 grazie all’importante
opposizione nera capeggiata da Nelson Mandela.
Storia
pendenti (CSI).
Dopo le dimissioni di Gorbaciov Boris Nikolaevič Eltsin assume la guida della
Russia.
Alle dimissioni di Eltsin, dal 31 dicembre 1999 Vladimir Putin riveste la fun-
zione di Capo dello Stato. Nel 2000 viene eletto Presidente della Federazione Russa e
riconfermato in carica nelle elezioni del 14 marzo 2004.
Impossibilitato ad un terzo mandato per il dettame della Costituzione russa, favo-
risce la vittoria del suo delfino Dmitrij Medvedev, che lo nomina Primo ministro il
giorno stesso del suo insediamento, il 7 maggio 2008.
Il 27 maggio 2008 il Presidente della Repubblica Bielorussa lo nomina Primo Mini-
stro dell’Unione Russia-Bielorussia.
Alle elezioni del 4 marzo 2012 Putin viene eletto per la terza volta Presidente della
Federazione Russa, rimarrà in carica fino al 2018.
Polonia
L’insofferenza polacca nasce già negli anni Settanta. Nel 1980 gli scioperi diventano
sempre più frequenti e importanti. Guidati dal sindacalista Walesa si istituisce un
Comitato di sciopero inter fabbriche. Con gli accordi di Gdansk vengono riconosciuti
la costituzione di un sindacato indipendente, il diritto di sciopero e la possibilità di
seguire la messa in tv.
Nel settembre 1980 nasce il movimento Solidarnosc, costituito da organizzazioni
cattoliche anticomuniste.
Nel 1990 Walesa viene eletto Presidente della Repubblica di Polonia.
Nel 2004 la Polonia entra nell’Unione Europea.
Cecoslovacchia
Nel 1968, durante il periodo definito la Primavera di Praga, il leader del partito
comunista Alexander Dubček promuove una serie di riforme politico istituzionali
che causano l’intervento soppressivo da parte delle truppe sovietiche. Nonostante la
repressione, nel paese si diffonde un sentimento di dissidenza. Nel 1977 gli intellettuali
istituiscono il movimento antisovietico Charta 77.
212 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
Nel 1989 crescono le proteste e gli scioperi a favore dell’indipendenza nazionale. Nel
novembre il potere del partito comunista cecoslovacco si sgretola e Vaclav Havel,
leader di Charta 77, viene eletto Presidente della Repubblica.
Nel 1989 lo stato ridiventa uno stato democratico per mezzo dalla cosiddetta Ri-
voluzione di velluto.
Nel 1992, dopo un lungo periodo di discussioni, il parlamento federale decide di
suddividere lo stato tra la Repubblica Ceca e Slovacchia, la Cecoslovacchia cessa
di esistere il 1◦ gennaio del 1993.
La Repubblica Ceca, da sempre legata all’occidente è più stabile economicamente.
Storia Contemp.
Ungheria
Già nel 1956 l’Ungheria cerca di liberarsi dall’influenza sovietica ma l’esercito russo
sopprime il tentativo. Il nuovo corso gorbacioviano tuttavia avvia un pluralismo politico
e ideologico che porta alla fine del potere comunista. Nel 1988 viene abbattuto il regime
di Kadar e sostituito da un governo riformatore.
Il 23 ottobre 1989 viene ufficialmente dichiarata la Repubblica d’Ungheria (dal
Presidente provvisorio della Repubblica Mátyás Szűrös). La costituzione sottolinea
anche i “valori della democrazia borghese e del socialismo democratico”, e dà eguale
status a proprietà pubblica e privata.
Nel 1990 si verifica il ritiro delle truppe sovietiche, lo scioglimento del patto di
Varsavia e l’introduzione del mercato libero.
Nel 2004 L’Ungheria entra nell’Unione Europea.
Bulgaria
Alla fine del 1989 il leader comunista Todor Živkov, dopo trentacinque anni di potere,
viene espulso dalla presidenza e dal Partito Comunista Bulgaro.
Il partito rinuncia subito dopo al suo monopolio sul potere e nel giugno 1990 si
tengono le prime elezioni libere in Bulgaria dal 1931.
Le elezioni portano al potere il Partito socialista bulgaro e viene eletto Presidente
il leader dell’opposizione di centro Zhelyu Zhelev.
Il Paese continua tuttavia a vivere una forte crisi economica. Nel 2001 l’ex sovrano
Simeone III, giurando fedeltà alla repubblica, vince le elezioni.
Nel 2007 la Bulgaria entra nell’Unione Europea.
Romania
Nel 1980 la Romania è assalita da una gravissima crisi economica. In questo momento
il regime dittatoriale di Nicolae Ceausescu comincia a dimostrare segni di debolezza.
Fino a questo momento Ceausescu aveva goduto di un potere personale rigidissimo.
Nel 1989 a Timisoara scoppia una violenta rivolta in seguito al progetto del
dittatore di distruggere migliaia di villaggi per costruire nuovi centri agroindustriali.
All’interno dello stesso esercito si costituisce un Fronte di Salvezza Nazionale.
Lo spirito rivoluzionario giunge a Bucarest, dove Ceausescu è costretto ad inter-
rompere un proprio discorso a causa delle manifestazioni di protesta.
Il dittatore e la moglie cercano di fuggire ma vengono fermati e arrestati. Il 25
dicembre 1989 Nicolae e Elena Ceausescu vengono condannati a morte dal tribunale
militare e fucilati.
Storia 213
Albania
In seguito all’occupazione dell’Albania da parte dell’Italia, nel 1941 si sviluppa una
reazione antifascista guidata da Enver Hoxha.
Al termine del conflitto il Paese avvia una politica di isolamento dall’Europa che
Storia
provoca arretratezza economica e industriale. Dal 1946 al 1990 l’Albania è uno sta-
to comunista estremamente isolazionista, stalinista e anti-revisionista.
Alla morte di Hoxha, nel 1985, gli succede Ramiz Alia. Egli, a causa delle massicce
proteste e del clima di pressione, nel 1991 concede le prime elezioni libere. A partire
da questo momento il comunismo può considerarsi formalmente concluso.
La prima riforma legislativa riguarda la nuova Costituzione e la transizione ad un
sistema politico ed economico di tipo liberalistico; in particolare la gestione statale dei
beni viene sostituita con il ripristino alla proprietà privata.
Il Paese però continua a soffrire di molti problemi legati al limitato sviluppo socio-
economico. Migliaia di albanesi, in questi anni, decidono di partire per l’Italia.
Successivamente viene intrapresa la lunga strada verso l’adeguamento ai programmi
europei del Patto di stabilità e crescita secondo il protocollo del Trattato di Maastricht.
Il 4 aprile 2009 il Paese diventa membro della NATO.
Germania
Il 1989 è un anno importante anche per la Germania.
In occasione di una visita di Gorbaciov nella RDT, mi-
gliaia di tedeschi fuggono nel settore occidentale attraverso la
Cecoslovacchia, l’Ungheria e l’Austria. Il 9 novembre 1989 il
governo della Germania orientale liberalizza il transito verso
la RFT. Dopo l’annuncio una moltitudine di cittadini dell’Est
si arrampica sul muro e lo supera per raggiungere gli abitanti
della Germania Ovest. Durante le settimane successive picco-
le parti del muro vengono portate via dalla folla; in seguito si
ricorre all’equipaggiamento industriale per rimuovere quello
che è rimasto della struttura.
La caduta del muro di Berlino apre la strada per la riu-
nificazione tedesca che viene formalmente conclusa il 3 ot- Figura 1.5: Germania, Ca-
tobre 1990. Il nuovo stato assume il nome di Repubblica duta Muro di Berlino - 9
novembre 1989.
Federale di Germania.
Nella regione convivono ventiquattro etnie diverse, tra cui prevalgono quella serba e
quella croata, si parlano quattro lingue differenti e si praticano tre diverse confessioni
religiose: musulmana, ortodossa e cattolica.
In seguito alla seconda guerra mondiale emerge la figura di Tito che si era distinto
nella lotta partigiana contro l’occupazione tedesca.
Tito fonda uno Stato socialista federale costituito da sei repubbliche indipendenti:
Croazia, Slovenia, Montenegro, Serbia, Bosnia – Erzegovina e Macedonia.
Negli anni Settanta la crisi economica contribuisce a segnare un divario tra le di-
verse aree, in questo clima si risvegliano le pretese indipendentistiche soprattutto delle
Storia Contemp.
Nel 1998, in seguito all’affermazione dei partiti nazionalisti (in particolar modo l’UCK,
Esercito di Liberazione del Kosovo), in Kosovo si assiste a nuovi feroci scontri tra serbi
e albanesi.
Gli Stati Uniti presentano un piano per risolvere la questione kosovara che prevede
uno statuto di autonomia della regione per tre anni, la smilitarizzazione dell’UCK e il
diritto di extraterritorialità della NATO in Serbia e Montenegro.
Tale soluzione non viene tuttavia accolta e il 23 marzo 1999 le forze della NATO
attaccano direttamente la Serbia e il Montenegro.
L’esercito serbo, sotto attacco NATO, aumenta la pressione sulla popolazione al-
banese, che inizia a rifugiarsi verso la Macedonia e l’Albania. Il numero dei rifugiati
raggiunge gli 800.000.
Storia
Il conflitto armato ha portato a molte perdite di vite umane, distruzione e danni
economici, oltre che il rafforzamento della tensione etnica tra i due popoli.
Il 1o aprile 2001, su mandato del tribunale internazionale dell’Aja, Milosevic viene
arrestato per crimini contro l’umanità. Il processo si è interrotto a poca distanza dalla
sua conclusione, a causa della morte dell’imputato l’11 marzo.
Nel 2006 a Vienna sono iniziati nuovi colloqui bilaterali tra il governo serbo e quello
kosovaro per la definizione finale dello status dell’area.
Guerra di secessione
www.ilpost.it/2012/04/05/assedio-sarajevo-foto/
Francia
Nel 1981 Francois Mitterand viene eletto alla Presidenza della Repubblica e nel
1988 riconfermato per un secondo mandato, fino al 17 maggio 1995. Egli ha contribuito
ad un riavvicinamento alla Germania e a una spinta nei confronti dell’attualizzazione
dell’Unione Europea.
Nel 1955 il gollista Jacques Chirac assume la carica Presidenziale e nel 2002
ottiene nuovamente l’incarico all’Eliseo.
Nel 2007 gli succede Nicolas Sarkozy il quale non viene riconfermato alle elezio-
ni del 2012. L’attuale Presidente della Repubblica Francese è il socialista François
Hollande.
216 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
Gran Bretagna
A partire dal 1979 fino al 1990 il governo inglese è guidato dalla conservatrice Marga-
ret Thatcher. La sua politica si caratterizza per una consistente privatizzazione, lo
smantellamento dello Stato assistenziale e l’astensione del Paese all’ingresso nell’Unione
Europea.
Nel 1990 John Major succede alla Thatcher.
Dal 1997 al 2007 Tony Blair ricopre la carica di Primo Ministro del Regno Uni-
to. Viene dunque sostituito dal laburista Gordon Brown fino al 2010, quando il
conservatore David Cameron assume la carica di premier.
Storia Contemp.
Germania
La riunificazione della Germania, fortemente voluta dal popolo tedesco, comporta una
serie di difficoltà per il nuovo Stato in cui la debolezza della zona orientale pesa no-
tevolmente su quella occidentale. Tra il 1991 e il 1994 la Germania si trova a dover
affrontare una pesante crisi economica che fa insorgere episodi di razzismo nei confronti
degli immigrati.
Il Paese riesce tuttavia a ristabilire la politica e la propria forza economica fino ad
occupare una posizione importante sul piano internazionale.
Nel 1998 Gherard Schroder ricopre l’incarico di Cancelliere tedesco.
Nelle elezioni del 2005 gli succede Angela Merkel, leader del CDU (partito cri-
stianodemocratico), che assume la guida della Germania.
Spagna
Felipe Gonzales guida il governo spagnolo dal 1982 al 1996. Egli dà un importan-
te contributo all’opera di ammodernamento del Paese, nonostante la questione del
terrorismo basco per l’indipendenza continui a rappresentare un forte problema.
Gli succede il popolare José Maria Aznar fino al 2004, anno in cui entra in
carica Luis Zapatero. I provvedimenti principali del governo Zapatero sono il ritiro
dell’esercito spagnolo dall’Iraq, le controverse trattative con l’ETA, la legalizzazione
dei matrimoni tra omosessuali e un programma di regolarizzazione per gli immigrati
clandestini.
Nel 2008 Zapatero torna a vincere le elezioni. Nel 2010 diventa il primo Presidente
dell’Unione Europea dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
A seguito della pesante crisi economica e della speculazione che ha travolto il Paese,
nel luglio 2011 Zapatero comunica l’intenzione di indire elezioni anticipate, previste per
il 20 novembre 2011.
Mariano Rajoy Brey è l’attuale Presidente del Governo spagnolo.
Italia
I giorni che seguono il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro sono molto difficili e
l’ondata terroristica continua a insanguinare l’Italia.
Il 2 agosto 1980 una bomba esplode nella stazione di Bologna provocando 80
vittime, l’azione è attribuita al terrorismo nero di Destra.
Nel luglio 1980 il socialista Sandro Pertini viene eletto Presidente della Repub-
blica.
Storia 217
Nel 1981 nasce il Pentapartito, formato dall’intesa tra i partiti del vecchio centro-
sinistra con l’aggiunta del PLI. Il governo si sostiene mediante l’appoggio di cinque
partiti politici:
la Democrazia Cristiana (DC),
il Partito Socialista Italiano (PSI),
il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI),
il Partito Repubblicano Italiano (PRI),
il Partito Liberale Italiano (PLI).
Storia
La coalizione reggerà il governo fino al 1992.
Nel marzo 1981 i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone,
nell’ambito di un’inchiesta sul presunto rapimento dell’avvocato e uomo d’affari sicilia-
no Michele Sindona, vengono in possesso di una lista cui appartengono 962 componenti
ad un’associazione segreta: la Propaganda, P2.
Sin dal momento della fondazione nel 1877 col nome di Propaganda massoni-
ca, la sua caratteristica principale è stata quella di garantire un’adeguata copertura
e segretezza agli iniziati di maggior importanza. A partire dal 1970 l’organizzazione
viene riorganizzata e guidata dal faccendiere Licio Gelli, il quale sarà condannato per
depistaggio delle indagini della strage di Bologna del 1980.
“Con la P2 avevamo l’Italia in mano. Con noi c’era l’Esercito, la Guardia di Finanza,
la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia.” Licio Gelli.
L’orientamento della loggia è decisamente anticomunista e antisindacale.
Nel giugno 1981 Giovanni Spadolini diventa Presidente del consiglio, egli persegue
un programma di inserimento del Paese all’interno del circuito internazionale e di lotta
alla mafia.
Dal 1983 al 1987 il socialista Bettino Craxi ricopre la carica di Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Dopo brevi governi, nel 1989 la direzione dell’esecutivo passa a Giulio Andreotti
che rimane in carica fino al 1993.
Il decennio si chiude con una crescente conflittualità tra la DC e il PSI, accompa-
gnata da un progressivo indebolimento del PCI.
Gli anni Novanta sono caratterizzarti da una degenerazione del sistema partitico,
partitocrazia.
Tale fenomeno si caratterizza per un’accentuazione del clientelismo, con la promessa
di favori e raccomandazioni in cambio di voti, un incremento delle collusioni con la
criminalità organizzata, la spartizione delle cariche pubbliche tra i vari esponenti dei
partiti e l’introduzione di un consistente sistema di tangenti.
In questi anni si assiste allo scioglimento del Partito Comunista e alla nascita del
PDS, Partito Democratico di Sinistra, guidato da Achille Occhetto. Alcuni delegati si
staccano dalla nuova coalizione e costituiscono il Partito della Rifondazione Comunista.
Si assiste allo sviluppo del fenomeno del Leghismo. Nato nei primi anni Ottanta,
nel 1990 diventa la quarta forza del Paese. La Lega Nord è un movimento federalista
contraddistinto da ambizioni secessioniste.
Le elezioni dell’aprile 1992 si svolgono con un nuovo sistema elettorale maggioritario
e le tradizionali forze politiche escono ridimensionate dalla consultazione elettorale.
218 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
Storia
crisi economica del Paese, Berlusconi rassegna le dimissioni e quelle del suo governo.
Il 13 novembre 2011, a seguito delle dimissioni di Silvio Berlusconi, Mario Monti ri-
ceve dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’incarico per la formazione
di un nuovo governo.
Il 16 novembre Mario Monti assume l’incarico di Presidente del Consiglio dei Mi-
nistri e presenta la lista dei Ministri per la nomina. Il suo governo viene definito
tecnico.
Fino al luglio 2012 Mario Monti ricopre anche la carica di Ministro dell’Economia,
successivamente il Premier lascia la poltrona da lui occupata ad interim e nomina
Vittorio Grilli al dicastero di via XX Settembre.
Il 31 ottobre viene approvato un decreto legge volto a riordinare l’assetto territoriale
dello Stato in particolar modo coinvolgendo le province e le città. Il 6 dicembre il partito
del Popolo delle Libertà lascia la maggioranza causando una crisi di governo.
Il 21 dicembre il Presidente del Consiglio Mario Monti lascia l’incarico rimettendo
il proprio mandato al Capo dello Stato dopo l’approvazione della legge di stabilità.
Il Presidente della Repubblica consulta i partiti e non esistendo spazio in sede
Parlamentare per costituire un nuovo Governo, provvede a sciogliere le Camere ed
indice nuove elezioni politiche nei giorni 24 e 25 febbraio 2013. Il Quirinale ufficializza
con decreto la prima data di convocazione delle nuove Camere per il 15 marzo 2013.
Il quadro politico uscito dalle urne è totalmente frammentato e caotico. La coalizione
di sinistra di Bersani si impone alla Camera per mezzo punto percentuale rispetto
all’alleanza guidata da Berlusconi. Il Movimento 5 Stelle di Grillo risulta il primo
partito nazionale. Viene a crearsi un situazione di estrema ingovernabilità del nostro
Paese.
USA
Nel 1989 George Herbert Walker Bush conquista la presidenza americana. Nel
1991, al fine di liberare il Kuwait dall’aggressione irachena coinvolge gli Stati Uniti
nella Guerra del Golfo.
Nel 1992 non viene riconfermato e gli succede il democratico Bill Clinton il quale
ottiene la rielezione nel 1996.
La Presidenza della Casa Bianca nel 2001 passa a George W. Bush, figlio del
presidente in carica negli anni Novanta.
In seguito all’attentato terroristico dell’11 settembre 2001, Bush intraprende una
dura lotta nei confronti dell’Afghanistan che nel 2002 porta alla caduta del governo
talebano.
220 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
Nel 2003 il Presidente Bush dà inizio alla guerra contro l’Iraq, accusato di detenere
armi di distruzione di massa che non saranno mai rinvenute. Il leader iracheno Saddam
Hussein viene catturato e giustiziato.
George W. Bush viene riconfermato alla Presidenza alle elezioni del 2004.
Le elezioni del 2008 decretano la vittoria del democratico Barack Obama, il primo
Presidente afroamericano nella storia degli USA.
Nelle elezioni presidenziali del 2012 Obama ha la meglio sul rappresentante del
partito repubblicano Mitt Romney ottenendo cosı̀ il governo per altri quattro anni.
Storia Contemp.
Storia
I conflitti interni tuttavia non si arrestano e nel 2000 prende vita una nuova e più
sanguinosa Intifadah.
Nel 2004 muore lo storico leader Arafat.
Nel 2005 le truppe israeliane si ritirano dalla striscia di Gaza.
La tensione continua tuttavia ad essere alta. La causa palestinese viene sostenuta
da gruppi fondamentalisti islamici che fanno del terrorismo la propria arma principa-
le. Al Quaeda, la base, è l’organizzazione responsabile degli attentati di New York
dell’11 settembre 2001. L’azione, guidata da Osama bin Laden, provoca circa tremila
vittime.
La reazione statunitense è quella di attaccare l’Afghanistan, regime fondamentali-
sta musulmano dei taliban. Una coalizione angloamericana invade il Paese provocando,
nel dicembre 2011, la caduta del regime talebano. Dal 2002 Hamid Karzai è alla
guida del Paese.
In reazione al sequestro di due soldati israeliani da parte delle milizie islamiche
Ezbollah stanziate nel Libano meridionale, Israele intenta una guerra contro il Libano.
Gli scontri si perpetuano per trentacinque giorni senza giungere a risultati definitivi.
Il premier israeliano Ehud Olmert in patria viene criticato per non aver riportato
una vittoria decisiva sui nemici.
Dal 2007 il Presidente dello Stato di Israele è Shimon Peres, egli riapre il conflitto
con i palestinesi.
Tra il dicembre 2008 e gennaio 2009 l’esercito israeliano attacca la Striscia di Gaza.
L’azione, intesa come punizione nei confronti del leader palestinese Hamas, ritenuto
responsabile degli atti terroristici arabi, provoca più di 1500 morti e 5000 feriti. Il
29 novembre 2012 l’ONU delibera l’innalzamento dello status dell’autorità palestinese
a Stato Osservatore. Si tratta di un primo passo verso il riconoscimento dello Stato
Palestinese.
Il conflitto si arresta nel 1988 e Hussein riveste il ruolo di difensore degli interessi
occidentali nel mondo arabo.
Dal 1997 l’Iran è guidato dallo sciita moderato Mohamad Khatami.
Le elezioni del 2005 segnano la vittoria alla Presidenza della Repubblica di Mah-
moud Ahmadinejad che dimostra ben presto le proprie idee anti-sioniste, le posizio-
ni anti-americane e anti-occidentali.
Il 3 agosto 2005 riceve l’approvazione della Guida Suprema l’ayatollah Ali Khamenei.
Il 23 agosto 2008 Khamenei annuncia di vedere “Ahmadinejad come Presidente per
i prossimi cinque anni”, un commento interpretato come un sostegno favorevole per la
rielezione di Ahmadinejad.
Durante le elezioni si verificano proteste per presunti brogli elettorali. Il 3 agosto
2009 l’Ayatollah approva formalmente Ahmadinejad come Presidente, il quale presta
giuramento per un secondo mandato.
Le elezioni presidenziali lo riconfermano nella sua carica, ma la correttezza delle
operazioni di voto è oggetto di grande contestazione da parte dell’opposizione. Nei
giorni successivi alle elezioni si tengono numerose manifestazioni di protesta che ven-
gono duramente represse dal governo e si registra la morte di un indefinito numero di
manifestanti.
Il conflitto si conclude a favore degli Stati Uniti il 28 febbraio 1991. L’ONU impone dure
sanzioni all’Iraq che per contro ristabiliscono la figura del leader Hussein all’interno del
mondo arabo.
Il regime instaurato da Saddam Hussein tuttavia, fin dal 1979, ha un carattere
fortemente repressivo nei confronti dei dissidenti politici e delle minoranze etniche
curde e sciite.
In seguito alle rivolte del popolo curdo e ai bombardamenti chimici che il dittatore
aveva sferrato contro i villaggi, nel 1992 a Saddam viene imposto il divieto di sorvolare
le zone occupate dai ribelli.
Il popolo curdo, costituito da venticinque milioni di persone, non ha mai visto il
riconoscimento di un proprio Stato.
Storia
In seguito alle incursioni aeree di Saddam sugli spazi interdetti, nel gennaio 1993 il
presidente americano Bill Clinton attacca nuovamente l’Iraq.
Le rivolte in Tunisia
Dopo il gesto disperato di Mohamed Bouazizi, avvenuto 17 dicembre 2010, la popo-
lazione organizza a Tunisi una serie di manifestazioni duramente colpite dalla polizia.
Nonostante gli atti di violenza da parte delle istituzioni statali le rivolte nel Paese
non si placano. Il 13 gennaio il Presidente tunisino Ben Ali si impegna a lascia-
re il potere nel 2014 e promette di garantire la libertà di stampa. Nonostante que-
sto intervento le manifestazioni continuano. Ben Ali dichiara lo stato d’emergenza
e impone il coprifuoco in tutto il Paese. La sera stessa viene dato l’annuncio che
il Presidente, dopo ventiquattro anni al potere, ha lasciato il Paese. Il 6 febbraio
2011 il Ministro degli Interni annuncia la cessazione delle attività del partito del
Presidente deposto, l’RCD, e la chiusura di tutte le sedi del partito. Il 27 febbra-
io l’ex Presidente della Camera Fouad Mebazaa, che aveva assunto provvisoriamen-
te la presidenza, si dimette. Nel mese di ottobre si assiste alle elezioni per l’Assem-
blea Costituente e a dicembre Hamadi Jebali diventa primo ministro della Tuni-
sia.
Le rivolte in Egitto
Il 25 gennaio 2011 al Cairo, durante le proteste della “giornata della collera”, si svilup-
pano violenti scontri con feriti ed arresti. I manifestanti, contrari al regime di Hosni
Mubarak, invocano la liberazione dei detenuti politici, la liberalizzazione dei media e
accusano la corruzione dell’oligarchia.
Nei giorni seguenti le contestazioni si estendono ad altre città egiziane. Il 5 febbraio
si dimette l’esecutivo del Partito nazionale democratico di Mubarak e l’11 febbraio ven-
gono annunciate le dimissioni del rais. L’Egitto si trova nelle mani di una giunta militare
in attesa dell’emendamento della Costituzione e delle prossime elezioni presidenziali.
Il 23 e il 24 maggio 2012 si svolgono le prime elezioni presidenziali libere del Paese. Il
primo turno vede l’assegnazione del 24,7% dei voti al candidato dei Fratelli Musulmani
Mohammed Mursi, mentre al secondo posto risulta Ahmed Shafiq.
Storia 225
Mohammed Mursi vince il ballottaggio e nel mese di giugno diventa il nuovo presidente
egiziano.
Le rivolte in Libia
Nella città di Bengasi il 16 febbraio si verificano violenti scontri fra manifestanti e
polizia. Parallelamente nel Paese si tengono manifestazioni a sostegno del governo del
Storia
leader Mu’ammar Gheddafi.
Bengasi diventa la città simbolo della rivolta libica a favore della cacciata del ditta-
tore, al potere da oltre quarant’anni. Le forze dell’ordine intervengono violentemente a
sopprimere la protesta, il 20 febbraio il bilancio delle vittime si avvicina ai 300 morti.
Intanto la rivolta si allarga anche alla capitale Tripoli dove, per soffocare la protesta,
si fa ricorso a raid dell’aviazione sui manifestanti. Il 21 febbraio la delegazione libica
all’Onu prende le distanze dal leader Muammar Gheddafi. Le azioni di repressione
sono sempre più violente, tanto da venir definite crimini contro l’umanità. Dopo un
estenuante conflitto il 20 ottobre 2011 Muammar Gheddafi viene catturato e ucciso
vicino a Sirte.
Le rivolte in Siria
Le sommosse popolari sorte in Siria nel 2011 e 2012 assumono connotati violenti sfo-
ciando in sanguinosi scontri tra polizia e manifestanti. L’obiettivo della rivolta è quello
di spingere il Presidente siriano Bashar al-Assad a dare un’impronta democratica
allo Stato. In virtù di una legge degli anni Sessanta che impedisce le manifestazioni, il
regime ha soppresso con violenza le dimostrazioni popolari.
Il conflitto, iniziato il 15 marzo 2011, si trasforma in guerra civile nel 2012. Secondo
le varie fonti sono state uccise fino a 30.000-37.000 persone, di cui circa la metà sono
civili. La Lega Araba, gli Stati Uniti, l’Unione Europea, gli Stati del CCG e altri Paesi
condannano l’uso di violenze contro i manifestanti. Nel dicembre 2011 la Lega Araba
invia una missione di osservatori per una risoluzione pacifica della crisi. Un ulteriore
tentativo di risolvere la crisi è intrapreso con la nomina di Kofi Annan come inviato
speciale dell’Onu. Le violenze tuttavia non si arrestano. Nel corso di una protesta
presso le Alture del Golan, il 5 giugno 2012 i soldati israeliani aprono il fuoco contro
i dimostranti palestinesi. Il 21 agosto il Presidente degli Stati Uniti Obama ammette
la possibilità di un intervento militare degli Stati Uniti se la Siria impiegherà armi
chimiche contro popolazione civile. Il 25 agosto 2012 l’esercito governativo lancia missili
su quartieri residenziali nelle periferie di Damasco. La situazione rimane altamente
critica.
Le truppe del Presidente bombardano gli ospedali e gli edifici civili di Hama e Homs,
il numero delle vittime aumenta tragicamente.
In sede Onu la Russia e la Cina pongono il veto per bloccare la risoluzione con il
regime di Damasco, mentre la Lega Araba vorrebbe delle sanzioni congiunte e chiede
al Rais di lasciare e di porre fine alle violenze.
226 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
1.7.10 Attualità
11 febbraio 2013: il cardinale tedesco Joseph A. Ratzinger, eletto papa nel 2005 con
il nome di Benedetto XVI, annuncia la sua intenzione di rinunciare al soglio pontificio
a partire dal successivo 28 febbraio, a causa dell’età avanzata e delle forze non più
adeguate all’esercizio del ministero.
12 marzo 2013: nelle sale della Cappella Sistina si apre il Conclave per l’elezione
del successore di Benedetto XVI.
13 marzo 2013: dopo cinque scrutini viene eletto papa l’argentino Jorge Mario
Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, il quale assume il nome di Francesco I. Si tratta
Storia Contemp.
del primo papa proveniente dall’America Latina e del primo gesuita innalzato al soglio
pontificio.
Nella storia della Chiesa altri sei pontefici hanno rinunciato volontariamente all’incarico pa-
pale. Il primo in ordine di tempo fu Clemente I (92-97), che, dopo essere stato arrestato ed
esiliato, rinunciò alla carica a favore di Evaristo (97-105). Nel 235 fu la volta di Ponziano,
che, dopo essere stato deportato in Sardegna dai romani, abdicò a favore di Antero per non
lasciare i fedeli senza guida. Nel 537 Silverio, dopo essere stato deposto dal nuovo pontefice
Vigilio gradito all’imperatrice Teodora, fu indotto ad abdicare ufficialmente. Benedetto IX,
divenuto papa nel 1033, abdicò una prima volta nel 1044 a favore di Silvestro III, che resse
il seggio papale fino al 1045. Benedetto IX riprese la carica nel 1045, per poi venderla, dopo
pochi mesi, a Gregorio VI, che venne accusato di averla acquisita illegalmente rinunciando a
sua volta. Il più celebre caso di rinuncia fu quello di Pietro da Morrone, che divenne papa
col nome di Celestino V il 29 agosto 1294 e cinque mesi più tardi rinunciò all’incarico, giudi-
candosi privo delle qualità occorrenti al governo della Chiesa. In seguito alla sua rinuncia fu
eletto Bonifacio VIII, che fece imprigionare Celestino V fino alla sua morte. Di fazione politica
opposta a Dante Alighieri, Celestino fu inviso al poeta che lo collocò nel girone degli ignavi,
etichettandolo come “colui che fece per viltade il gran rifiuto” (Inferno III, 58-60). L’ultima
rinuncia prima di Benedetto XVI è quella del veneziano Angelo Correr, eletto papa col nome
di Gregorio XII all’epoca dello scisma che lacerava la Chiesa d’Occidente, divisa tra ben tre
papi (Gregorio XII “papa di Roma”, Benedetto XIII “papa di Avignone” e l’antipapa Gio-
vanni XXIII). Durante il Concilio di Costanza l’imperatore Sigismondo intimò ai tre pontefici
di abdicare, nel caso che non si trovasse una soluzione e non si raggiungesse l’accordo fra i tre
pretendenti al Soglio. Solo Gregorio XII ubbidı̀ alla richiesta imperiale e si dimise. Benedetto
XIII rifiutò e fu deposto, cosı̀ come Giovanni XXIII. Il concilio pose quindi fine allo scisma
eleggendo all’unanimità un nuovo e unico papa, il cardinale Ottone Colonna, il quale assunse
il nome di Martino V (1417-1431).
16 marzo 2013: L’ex magistrato Piero Grasso viene nominato Presidente del Se-
nato della Repubblica. Nello stesso giorno, Laura Boldrini, in precedenza portavo-
ce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), viene eletta
Presidente della Camera dei Deputati.
18 Aprile 2013: iniziano le elezioni per il nuovo Presidente della Repubblica
Italiana.
20 Aprile 2013: Al sesto scrutinio e con 738 voti Giorgio Napolitano viene rieletto
Presidente della Repubblica, con i voti del Partito Democratico, del Popolo della Li-
bertà, della Lega Nord e di Scelta Civica. Napolitano diventa cosı̀ il primo presidente
nella storia repubblicana italiana ad ottenere un secondo mandato.
24 aprile 2013: Napolitano, appena rieletto presidente della Repubblica, vista
l’impossibilità di dar vita a un governo guidato da Pier Luigi Bersani, capo della coali-
Storia 227
zione di centro-sinistra uscita vincitrice alla elezioni del 24 e 25 febbraio ma priva della
necessaria maggioranza al Senato, conferisce a Enrico Letta, vice segretario del Par-
tito Democratico, l’incarico di formare un nuovo governo. Letta accetta l’incarico con
riserva, che scioglie positivamente il 27 aprile. Lo stesso giorno presenta al Presidente
Napolitano la lista dei ministri.
28 aprile 2013: si insedia il LXII governo della Repubblica Italiana, composto
da esponenti del Partito Democratico, del Popolo della Liberta e di Scelta Civica.
Presidente del Consiglio è Enrico Letta. La carica di vice presidente del Consiglio dei
ministri è affidata al segretario del Popolo della Libertà Angelino Alfano.
29 aprile 2013: il governo Letta ottiene la fiducia della Camera dei Deputati con
453 voti favorevoli, 153 contrari e 17 astenuti. Il giorno successivo ottiene la fiducia
Storia
anche al Senato con 233 sı̀, 59 no e 18 astenuti.
28 settembre 2013: i ministri del Partito della Libertà si dimettono dall’incarico,
prendendo a pretesto la decisione di posticipare il decreto che impediva l’aumento
dell’IVA dal 21 al 22%. Si apre di fatto una crisi di governo. Il giorno seguente Letta
si reca al Colle dal Presidente della Repubblica per cercare una possibile soluzione.
2 ottobre 2013: al termine di una convulsa giornata il governo Letta ottiene la
rinnovata fiducia sia al Senato che alla Camera.
5 dicembre 2013: all’età di 95 anni muore Nelson Mandela, leader sudafricano
simbolo della lotta all’apartheid (“separazione” in lingua afrikaans) e premio Nobel per
la pace nel 1993. Soprannominato Madiba, dopo mezzo secolo di lotte nel 1991 divenne
il primo presidente nero del Sudafrica.
Le rivolte in Egitto
12 agosto 2012: il presidente Morsi ordina la rimozione dall’incarico di Hussein Tanta-
wi, capo dell’esercito e ministro della Difesa del suo governo, e di molti generali di alto
livello; inoltre impedisce ai militari di intervenire sulla legislazione e sulla stesura della
nuova Costituzione. Il nuovo primo ministro Hisham Qandil forma un governo compo-
sto da tecnocrati, islamisti e membri del vecchio governo, escludendo le forze laiche e
liberali. Combattenti islamici attaccano un avamposto militare nel Sinai, uccidendo 16
soldati. Morsi allontana il Ministro della Difese e il Capo di Stato maggiore
novembre 2012: Morsi si attribuisce, mediante decreto, ampi poteri giudiziari,
giustificandosi con la necessità di voler rendere non impugnabili i suoi decreti presiden-
ziali per mettere al riparo il lavoro dell’Assemblea Costituente incaricata di redigere
una nuova Costituzione. Il decreto richiede anche un nuovo processo da intentare agli
imputati legati al regime di Mubarak ed estende il mandato dell’Assemblea Costituente
di due mesi. Inoltre, la dichiarazione autorizza Morsi a prendere tutte le misure neces-
sarie per proteggere la rivoluzione. Il provvedimento scatena una serie di proteste in
Piazza Tahrir e in varie altre località del Paese, fomentate dai partiti all’opposizione.
Nello stesso tempo anche la magistratura egiziana proclama uno sciopero di protesta
contro quello che viene definito un vero e proprio golpe del presidente Morsi. Dopo le
proteste popolari Morsi rinuncia al decreto.
26 dicembre 2012: la nuova Assemblea Costituente, con maggioranza islamica,
approva la bozza della nuova Costituzione, che accresce il ruolo dell’Islam e limita la li-
bertà di parola e di riunione. Un referendum approva la nuova Costituzione, scatenando
in tutto il paese le proteste dell’opposizione laica e cristiana.
228 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
Le rivolte in Siria
ottobre 2012: il governo siriano dichiara di voler rinunciare alle operazioni militari
durante la festa islamica dell’Eid al-Adha (“festa del sacrificio”), ma nondimeno si dice
pronto a rispondere ad ogni offensiva delle truppe ribelli. La tregua non viene accettata
Storia
da tutti i gruppi di opposizione e gli scontri continuano.
novembre 2012: si intensificano i bombardamenti su Damasco da parte dell’eser-
cito regolare mentre i ribelli ottengono conquiste significative nel nord del Paese. Il
fronte dei ribelli si riunisce sotto il cartello della Coalizione nazionale Siriana (Siryan
Opposition Coalition), subito riconosciuta come “unico e legittimo rappresentante del
popolo siriano” da Stati Uniti d’America, Regno Unito, Francia, Turchia e monarchie
del Golfo.
gennaio 2013: proseguono gli scontri tra ribelli e lealisti ad Aleppo e Homs. L’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani quantifica in circa 60.000 le
vittime del conflitto siriano dal marzo 2011, mentre sono stimati in due milioni e mezzo
i profughi.
29 aprile 2013: viene resa nota la scomparsa ormai da una ventina di giorni
dell’inviato della “Stampa” Domenico Quirico, entrato in Siria per un reportage e il
cui ultimo contatto era avvenuto il 9 aprile. Sarà liberato l’8 settembre dopo cinque
mesi di prigionia.
6 luglio 2013: dopo le dimissioni di Moaz al-Khatib, viene eletto il nuovo presidente
della Colazione Nazionale Siriana nella figura di Ahmad al-Jarba.
25 luglio 2013: il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, annuncia che, secon-
do le stime delle Nazioni Unite, dall’inizio del conflitto sono state uccise oltre 100.000
persone.
21 agosto 2013: l’opposizione siriana accusa le forze governative di aver ucciso
centinaia di persone durante attacchi con armi chimiche nella provincia di Ghuta, a
est di Damasco. Il governo nega, ma ritarda di cinque giorni l’autorizzazione a visitare
la zona agli ispettori Onu già presenti nel paese per indagare su precedenti denunce di
uso di armi chimiche.
9 settembre 2013: Damasco accoglie la proposta elaborata dalla Russia di porre
sotto controllo internazionale le armi chimiche siriane. La proposta russa rinvia il voto
al congresso degli Stati Uniti America sull’intervento militare in Siria.
14 settembre 2013: a Ginevra, viene siglato un accordo tra gli Stati Uniti e la
Russia con cui si stabilisce la distruzione delle armi chimiche in mano alla Siria entro la
prima metà del 2014. Qualora il governo siriano non dovesse collaborare alla distruzione,
verrebbe richiesta una risoluzione all’ONU in cui potrebbe essere paventato anche l’uso
della forza.
16 settembre 2013: il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, conferma
l’utilizzo di armi chimiche nella zona est di Damasco, dichiarando che quanto accaduto
costituisce un crimine contro l’umanità di cui i responsabili dovranno rispondere in
230 Storia Contemporanea: dagli anni Ottanta a oggi
futuro di fronte ai Tribunali Internazionali. Tuttavia egli conferma che l’ispezione Onu
non è in grado di stabilire chi abbia utilizzato questo tipo di armi.
Il governo Renzi
14 febbraio 2014: la direzione del Pd approva a maggioranza un documento che
sfiducia il presidente del Consiglio Enrico Letta e sostiene una possibile candidatura del
segretario Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Letta rassegna le dimissioni. Il Presidente della
Repubblica Napolitano avvia le consultazioni per la formazione di un nuovo governo.
21 febbraio 2014: Renzi scioglie le ultime riserve e riceve da Napolitano l’incarico
Storia Contemp.
La crisi ucraina
22–27 febbraio 2014: la tensione esplosa in Ucraina alla fine del 2013 fra il governo
filo-russo e l’opposizione, che spinge per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea,
porta il paese sull’orlo di una vera e propria guerra civile. In seguito alle proteste
di piazza, il premier filo-russo Viktor Yanukovych abbandona il paese e denuncia un
“colpo di Stato”. Arseniy Yatsenyuk, leader del partito di opposizione Patria, viene
nominato primo ministro. Nel paese esplodono gli scontri fra gli insorti e le truppe
fedeli al deposto presidente Yanukovych.
1–2 marzo: il parlamento russo approva la richiesta del presidente russo Vladimir
Putin e autorizza l’uso della forza militare in Ucraina. In molte città hanno luogo ma-
nifestazioni di sostegno al governo di Mosca; la flotta militare russa rafforza il controllo
delle coste navali e circonda la base militare ucraina di Perevalnoe, in Crimea.
3–6 marzo: le truppe paramilitari russe assumono il controllo di vaste zone di
confine tra Crimea e Ucraina. Il parlamento della Crimea si pronuncia all’unanimità
per l’adesione alla Federazione Russa staccandosi cosı̀ dall’Ucraina. Un referendum
ratifica a grande maggioranza l’annessione alla Russia. La legittimità del referendum è
contestata dall’Unione europea e dagli Stati Uniti d’America.
21 marzo: Putin dichiara la Crimea parte della Federazione Russa. In seguito a
questa decisione la Russia viene sospesa dal G8. Pochi giorni dopo, Ucraina, Russia,
Stati Uniti e Unione europea firmano a Ginevra un accordo per porre fine alla crisi,
ma gli scontri si estendono anche ad altre zone del paese.
15 maggio: come la Crimea, anche le città dell’Ucraina orientale indicono un
referendum sull’indipendenza da Kiev.
18 luglio: un Boeing 777-200ER di linea della compagnia Malaysia Airlines preci-
pita al confine tra Ucraina e Russia causando la morte dei 298 passeggeri. La notizia
dell’aereo abbattuto è seguita da un serrato scambio di accuse tra Kiev e i separatisti-
filorussi. Il ministero della difesa ucraina accusa i separatisti di aver colpito l’aereo della
Malaysia Airlines nel tentativo di centrare un aereo da trasporto ucraino che gli era
stato segnalato dalle forze di difesa anti aerea russe.
Storia 231
Siria e Iraq
29 giugno: i miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis) annunciano
la creazione di un califfato islamico, nominando come proprio leader Abu Bakr al-
Baghdadi. Le truppe dell’Isis conquistano Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq,
e altre città irachene. La distruzione di siti religiosi e storici provoca la reazione della
popolazione locale, che si organizza in gruppi armati per combattere l’esercito dello
Storia
Stato Islamico.
25 luglio: l’Isis si impadronisce di Qaraqosh, la pi grande città cristiana in Iraq,
costringendo migliaia di persone a fuggire.
8 agosto: il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama autorizza i primi
bombardamenti mirati contro lo Stato Islamico nel nord dell’Iraq.
15 agosto: il Consiglio Europeo approva la fornitura di armi ai Curdi per fronteg-
giare l’avanzata dello Stato Islamico. Nei giorni successivi l’esercito dello Stato islamico
si rendono responsabili di numerosi massacri di civili sia in Iraq che in Siria.
19 agosto: con l’aiuto dei raid aerei americani l’esercito iracheno lancia un’offensiva
per riconquistare la città irachena di Tikrit. Violenti combattimenti infuriano in tutto
l’Iraq e in Siria.
Conflitto israeliano-palestinese
8 luglio: Israele lancia l’operazione “Margine Protettivo” contro i territori palestinesi
della Striscia di Gaza in risposta al lancio di razzi dei guerriglieri palestinesi di Hamas
contro le città ebraiche.
17 luglio: l’esercito israeliano inizia l’operazione di terra nella Striscia di Gaza per
distruggere i tunnel di Hamas.
5 agosto: i soldati israeliani si ritirano dalla Striscia di Gaza. Israele e Hamas
accettano un cessate il fuoco di 72 ore.
8 Agosto: falliscono i negoziati di pace e riprendono le ostilità.
26 agosto: le parti in conflitto, riunite al Cairo, raggiungono un accordo per una
tregua duratura.
Africa
Nel corso del 2014 si diffonde in Guinea ed in tutta l’Africa occidentale (Liberia, Sierra
Leone, Nigeria) un’epidemia di febbre emorragica della malattia virus detta “Ebola”,
la più grave nella storia che fa registrare migliaia di morti.
Si mobilitano diverse Organizzazioni Internazionali inviando personale e fondi utili
per contrastare l’epidemia.
Letteratura
2
Figura 2.1: Dante Alighieri (Firenze, tra il 22 maggio e il 13 giugno 1265 – Ravenna, 14 settembre 1321)
I quesiti inerenti alla letteratura compaiono con una certa frequenza negli esami d’am-
missione.
Molto spesso sono accorpati a quelli di logica. Per esempio, data una serie di roman-
zi, può essere richiesto di indicare l’elemento estraneo, o di individuare l’accoppiamento
corretto tra autore e la sua opera.
Gli esercizi vertono generalmente sulla letteratura italiana dell’Ottocento e Nove-
cento, tenendo come riferimento il programma della scuola secondaria di secondo grado.
Possono essere presenti tuttavia anche domande sui grandi della letteratura del pas-
sato, come Dante, Petrarca, Machiavelli, Shakespeare, Molière, oppure sugli autori di
spicco degli anni più recenti, come Pier Paolo Pasolini o Umberto Eco.
I quesiti sono essenzialmente di natura nozionistica, vertono soprattutto sui titoli delle
opere, le date di nascita, o le correnti letterarie. Talvolta si possono incontrare anche
domande inerenti al contenuto dell’opera, in questi casi si tratta di testi molto celebri
o di cui comunque si presuppone la conoscenza.
Letteratura
giunto a costituirsi formalmente solo dopo una lunga serie di trasformazioni e muta-
menti intermedi. La prima evoluzione dal latino si ha con l’acquisizione del volgare, la
lingua parlata dal popolo che, con la caduta dell’Impero romano d’Occidente, si evolve
in modo diverso di regione in regione.
2.1.1 Il Duecento
In Italia cominciano a prodursi testi in volgare a partire dal XIII secolo. Questa
letteratura è costituita da opere religiose e laiche, da scritti poetici e in prosa.
La poesia
In ambito poetico si possono distinguere quattro principali correnti:
La poesia religiosa
San Francesco (Assisi, 1181- Assisi, 1226) è il massimo esponente. La sua opera
principale, datata intorno al 1224, è il Cantico delle Creature, una lirica semplice
ma molto delicata, una delle prime opere capitali della poesia italiana.
Jacopone da Todi (Todi, 1236 – Collazzone, 1306) è tra i più celebri autori di laudi
religiose della letteratura italiana. Jacopone ha composto circa 90 Laude, un’epistola
latina a Giovanni della Verna, il Pianto della Madonna e lo Stabat Mater.
La scuola poetica siciliana
Nel Mezzogiorno l’attività culturale raggiunge il proprio apice presso la corte dell’impe-
ratore Federico II e con la scuola poetica siciliana. I rappresentanti principali di questa
corrente sono Jacopo da Lentini, Guido delle Colonne e Rinaldo d’Aquino.
La poesia cortese toscana
La Toscana è in questi anni la regione più fertile in ambito letterario.
Guittone d’Arezzo (Arezzo, 1235 circa – Bologna, 1294) compone le Rime, un cor-
pus che conta 50 canzoni e 251 sonetti. I sonetti amorosi di Guittone sono legati tra
loro da uno sviluppo macrotestuale che anticipa per alcuni aspetti la struttura del Can-
zoniere petrarchesco. Nella sua vasta opera si contano anche molte lettere di argomento
civile e cortese.
Poesia popolare giocosa e burlesca
Cecco Angiolieri (1258-1313) è il principale rimatore burlesco. La sua poetica rispetta
i canoni della tradizione comica toscana. Cecco fa ampio uso della parodia e stravolge
i caratteri propri dello stilnovismo. Molto celebre è il sonetto S’i’ fosse foco, arderei ’l
mondo.
234 Le origini della letteratura
La prosa
La prosa in volgare appare in ritardo rispetto alla poesia. I primi documenti sono
essenzialmente di carattere giuridico, morale, pedagogico o scientifico.
Nel Duecento si eseguono molti volgarizzamenti, traduzioni in volgare di testi
latini e francesi. Tali composizioni hanno contribuito alla formazione dello stile volgare.
L’esponente principale della prosa del Duecento è il fiorentino Brunetto Latini
(Firenze, 1220 – Firenze, 1294 circa), maestro di Dante.
Al suo rientro in patria dopo un esilio in Francia scrive il Tesor o, in lingua d’oil.
L’opera è un’enciclopedia che affronta vari argomenti come la storia, la geografia, la
fisica, l’agricoltura, la teologia, la retorica e la politica. Suo è anche il poema incompiuto
Le origini
il Tesoretto.
Altro grande esponente del Duecento è Bono Giamboni (1240 – 1292 circa).
La sua opera principale è il Libro de’ vizi e delle virtudi, un componimento allegorico-
didascalico del 1270, il testo unisce elementi etico-filosofici con altri allegorico-narrativi.
Il Novellino, pubblicato postumo nel 1476, è una raccolta di cinquanta novelle (di
uno o più autori anonimi) che risale al XIII secolo. L’opera fornisce alla borghesia una
serie di modelli di comportamento e di educazione raffinata. Le novelle sono brevi e
scritte in volgare fiorentino.
In questo periodo si colloca anche il primo grande libro di viaggio: Il Milione,
di Marco Polo (1254-1324). Nel 1271 il mercante veneziano compie un viaggio in
Cina e al suo ritorno, nel 1292, viene fatto prigioniero dai genovesi durante la battaglia
di Curzola. Nel periodo della permanenza in cella Marco Polo compone Il Milione in
lingua d’oil, la più diffusa all’epoca dopo il latino. L’opera, dettata al compagno di
cella Rustichello da Pisa, racconta le esperienze e le avventure vissute dall’autore in
Oriente, la meraviglia e la grande diversità dei paesi e dei popoli incontrati.
Il Dolce Stilnovo
Il Dolce Stilnovo è una scuola poetica che si sviluppa negli ultimi anni del Duecento.
È Dante Alighieri, in alcuni versi del XXIV canto del Purgatorio, ad attribuirgli tale
appellativo.
Guido Guinizzelli (Bologna, 1235 – Monselice, 1276) è l’autore di Al cor gentil rem-
Letteratura
paira sempre Amore, manifesto dello stilnovo. Lo stile è rivolto alla resa del sentimento
interiore che scaturisce dall’amore. Egli rompe con gli schemi cortesi e introduce la
donna angelicata in grado di innalzare l’animo umano.
Guido Cavalcanti (Firenze, 1259 – Firenze, 1300) compone Il Canzoniere, opera che
raccoglie 52 testi, fra canzoni, ballate e sonetti. Il tema principale è l’Amore, inteso
come passione irrazionale, come malattia che porta alla morte morale e a volte anche
fisica.
2.1.2 Il Trecento
Durante il Trecento si assiste al fiorire della letteratura italiana con le composizioni
poetiche di Dante, Petrarca e Boccaccio.
Nonostante la letteratura latina e la tradizione classica siano ancora fonte di grande
interesse per gli scrittori italiani, la nuova forma poetica contribuisce ad unificare e a
costruire l’identità di una realtà geografica frammentaria e divisa.
in seguito alla morte di Arrigo VII. Nel primo libro Dante sostiene la necessità di
una monarchia universale per raggiungere i più alti ideali dell’uomo. Nel secondo si
precisa che la monarchia deve essere romana, erede dell’Impero. Nell’ultimo volume
vengono esaminati i rispettivi poteri del sovrano e del papa. Al papa spetta il compito
di condurre l’uomo alla beatitudine eterna, all’imperatore quello di garantire la felicità
terrena.
Nel 1306 Dante dà avvio alla sua opera più importante a cui lavorerà per tutta la
vita. Il titolo originale è Commedia, cui, nel 1555, Ludovico Dolce accosterà l’attributo
Divina.
La Divina Commedia è composta da 3 cantiche:
L’Inferno (34 canti, compresa un’introduzione)
Il Purgatorio (33 canti)
Il Paradiso (33 canti)
L’opera è composta in endecasillabi riuniti in terzine.
Le Sacre Scritture, i testi classici latini e la letteratura cristiana rappresentano la
fonte di ispirazione e il modello per l’opera.
La Divina Commedia può essere considerata un viaggio allegorico che rappresenta
la conversione, il passaggio dalla conoscenza del male alla redenzione dai peccati, fino
alla scoperta dell’alta spiritualità.
Struttura dell’opera:
Inferno
Il viaggio di Dante nel mondo dell’Aldilà prende avvio dagli Inferi, dove il poeta Vir-
gilio rappresenta la giuda spirituale. L’Inferno ha una struttura ben precisa. Prima di
entrare nell’Inferno c’è un Antinferno, dove risiedono gli ignavi.
Seguono poi 9 gironi:
I – Limbo
II – Lussuriosi
III – Golosi
IV – Avari e i prodighi
V – Iracondi e accidiosi
VI – Eretici
VII – Bestemmiatori, sodomiti e usurai
Letteratura 237
Letteratura
cui si colloca l’Inferno, le anime attendono di essere liberate.
Alla base del Purgatorio si trova un Antipurgatorio dove vi sono: gli scomunicati, i
pigri a pentirsi e i morti di morte violenta. Virgilio continua ad essere la guida spirituale
di Dante.
Il Purgatorio vero e proprio è diviso in cornici, ognuna corrisponde a un peccato
capitale. Quanto più le anime sono in alto, tanto meno grave è il peccato capitale
commesso:
I – Superbi
II – Invidiosi
III – Iracondi
IV – Accidiosi
V – Avari e prodighi
VI – Golosi
VII – Lussuriosi
Sopra la montagna c’è il Paradiso Terrestre.
Paradiso
Nell’ultima tappa del viaggio allegorico Beatrice, che rappresenta Rivelazione, Amore
Divino, Grazia, Fede, Teologia, è la guida spirituale di Dante.
Il Paradiso è diviso in 9 cieli presieduti dagli angeli.
I – cielo della Luna, presieduto dagli Angeli
II – cielo di Mercurio, presieduto dagli Arcangeli
III – cielo di Venere, presieduto dai Principati
IV – cielo del Sole, presieduto dal Potestà
V – cielo di Marte, presieduto dalla Virtù
VI – cielo di Giove, presieduto dalle Dominazioni
VII – cielo di Saturno, presieduto dai Troni
VIII – cielo delle Stelle Fisse, presieduto dai Cherubini
IX – cielo Cristallino o Primo Mobile, presieduto dai Serafini
Nei tre cieli inferiori si trovano coloro che non hanno raggiunto la perfezione assoluta,
nei cieli intermedi si collocano gli spiriti attivi e negli ultimi due cieli il pellegrino si
perfeziona per raggiungere il Paradiso vero e proprio: l’Empireo, la sede dei Beati e
di Dio.
238 Le origini della letteratura
L’Inferno e il Purgatorio sono regolati dalla Legge del contrappasso la quale afferma
che la pena inflitta deve richiamare la colpa commessa, per analogia o per contrasto.
Fin da giovane manifesta un forte interesse per i testi classici e per i padri della
Chiesa. Una figura centrale nella vita del poeta è quella di Laura, donna amata, morta
di peste e fonte di ispirazione per la sua intera opera.
Petrarca trascorre la propria infanzia in Toscana fino al 1311, quando con la famiglia
si trasferisce in Francia, in Provenza. Ad Avignone, nella chiesa di Santa Chiara, il 6
aprile 1327, un venerdı̀ santo, Petrarca incontra Laura e se ne innamora. In seguito
intraprende la carriera ecclesiastica, viaggia molto, ottiene importanti riconoscimenti
e nel 1341 viene incoronato poeta dal Senato di Roma.
Attraverso le Lettere, raccolta epistolare, è possibile conoscere il percorso di vita
dello scrittore, i suoi viaggi, le sue scelte politiche, intellettuali, e riflessioni morali. Le
epistole sono divise per argomento: Rerum familiarum libri (libri delle cose familiari),
Sine nomine (senza nome), Rerum senilium libri (libri della vecchiaia, dove polemizza
contro il papato avignonese), Variae (varie) e Posteritati (alla posterità, una sorta di
riassunto della sua vita).
Intorno al 1342 compone il Secretum. L’opera è divisa in tre libri ognuno dei quali
rappresenta un dialogo fra il poeta e Sant’Agostino.
Petrarca compone numerose opere latine tra cui L’Africa (poema epico su Scipione
l’Africano), il De viris illustribus (raccolta di ritratti di personaggi illustri), il De vita
solitaria (esaltazione della solitudine per giungere alla perfezione intellettuale e morale).
Lo scritto principale di Petrarca è il Canzoniere (1330 – 1365, titolo originale:
Francisci Petrarchae laureati poetae Rerum vulgarium fragmenta), composto da 317 so-
netti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali. Il testo rappresenta una mediazione
tra il classico e il volgare e tra l’amor sacro e l’amor profano.
L’amore viene inteso come esperienza intima, al cui centro vi è l’esaltazione della
figura femminile, incarnata da Laura. Nell’ultimo componimento Petrarca esalta la
“donna divina”, unico porto di salvezza per l’anima e per il raggiungimento della verità
assoluta.
I Trionfi , scritti in terzine, trattano il disagio dell’uomo, diviso tra la ricerca
dell’eterno e la dispersione del mondano.
I Trionfi, visione allegorico-didattica, hanno un chiaro intento pedagogico.
Giovanni Boccaccio (Certaldo, 1313 – Certaldo, 1375)
Fin da giovane Boccaccio si trasferisce a Napoli, città che gli permette di frequentare
l’ambiente dei signori e della corte angioina e che segna la svolta nella sua carriera di
letterato. In questi anni scrive Caccia di Diana, Filocolo (romanzo in prosa), Filostrato
e Teseida delle nozze d’Emilia.
Ritornato a Firenze intorno al 1340, ricopre molti incarichi pubblici, svolge un’intensa
attività diplomatica e stringe un’importante amicizia con Petrarca.
Letteratura 239
Letteratura
nel mondo della quotidianità. I sentimenti sono più vividi e le tematiche terrene. Il
Decameron è il preludio alla grande letteratura del Rinascimento.
2.1.3 Il Quattrocento
In Italia nel Quattrocento si afferma la corrente letteraria dell’Umanesimo.
L’umanesimo è caratterizzato dalla riscoperta dei testi classici e dal fiorire degli
studi greci. La cultura classica infatti è considerata la sola forma in grado di elevare
l’uomo spiritualmente. L’attenzione agli scritti antichi porta alla nascita della filologia.
Nei primi anni del Quattrocento la lingua letteraria torna ad essere il latino, verso
la metà del secolo si sviluppa poi nuovamente la letteratura in volgare.
I principali esponenti sono:
Leon Battista Alberti (Genova, 1404 – Roma, 1472) è fondamentalmente un archi-
tetto, egli ha progettato la facciata di Santa Maria Novella a Firenze. Leon Battista
Alberti è tuttavia una figura eclettica, impegnata anche in studi scientifici, artistici e
letterari.
La sua opera più nota è il De famiglia, un trattato sul matrimonio, l’educazione,
la proprietà domestica e la felicità. Il testo ruota intorno al concetto umanistico di
rinascita, possibile attraverso lo studio e la cultura.
Lorenzo Valla (Roma, 1405 – Roma, 1457) è una delle figure più importanti del
Quattrocento italiano. Egli si schiera contro il potere temporale dei papi. Valla applica
la filologia come strumento di conoscenza a favore della libertà di ricerca. Le sue idee
lo costringono a lasciare Roma. Dopo un soggiorno a Milano e a Firenze entra a far
parte della corte di Alfonso V, re d’Aragona e di Sicilia, ma nel 1435 rientra a Roma
nominato segretario apostolico di papa Niccolò V.
Le sue opere principali sono: De vero falsoque bono (1431), De libero arbitrio (1439),
De professione religiosoru (1439), Dialecticae disputatione (1439), De falso credita et
ementita Constantini donatione (1440), Elegantiae Latinae linguae (1444), Historiarum
Ferdinandi Regis Aragoniae libri tre (1447).
Marsilio Ficino (Figline Valdarno, 1433 – Careggi, 1499) è un letterato e un filo-
sofo neoplatonico. Nel 1462 fonda l’Accademia Fiorentina e comincia il suo lavoro di
traduzione dei testi di Platone. Ficino introduce il pensiero platonico nella tradizione
cristiana. Fra le sue opere ricordiamo De religione Christiana, De vita, De voluptate e
Theologia platonica.
Giovanni Pico della Mirandola (Mirandola, 1463 – Firenze 1494), grande studioso
di filosofia, si dedica alla ricerca del principio di mediazione tra la filosofie e la religione,
in particolare tra la cabala e il cristianesimo.
240 Le origini della letteratura
Lorenzo de’ Medici (Firenze, 1449 – Firenze, 1492) detto Lorenzo il Magnifico
è signore di Firenze nella seconda metà del Quattrocento. La sua attività politica
ha un importante influsso nazionale, egli infatti riveste un ruolo di moderatore della
politica italiana, consentendo l’equilibrio fra gli Stati italiani per evitare aggressioni
dagli eserciti stranieri.
Anche dal punto di vista artistico è molto attivo. Oltre ad essere un importante
mecenate si dedica in prima persona alla composizione letteraria. Le sue principali opere
sono Caccia col falcone, Uccellagione di starne, Beon, Nencia da Barberin, Corint,
Canzoni a ball, Canti carnascialeschi, Capitoli, Laude, Sacra rappresentazione dei Santi
Giovanni e Paolo.
Luigi Pulci (Firenze, 1432 – Padova, 1484) lavora alla corte di Lorenzo il Magnifico
dove si dedica alla stesura del suo testo principale, Il Morgante. Quest’opera è un
poema in ottave di carattere cavalleresco che narra le vicende del gigante Morgante al
seguito del paladino Orlando. Pulci ironizza su alcuni temi classici come l’immortalità
dell’anima e la figura dell’eroe.
Agnolo Ambrogini, detto Poliziano (Montepulciano, 1454 – Firenze, 1494) compie
una perfetta sintesi fra la cultura del mondo classico e la tradizione volgare fiorentina.
Precettore dei figli di Lorenzo il Magnifico, nel 1479 si allontana dalla corte Medicea
per trasferirsi presso la corte dei Gonzaga di Mantova. Le sue opere principali sono
Stanze per la giostra, Carmina, Orfeo e Silvae.
2.1.4 Il Cinquecento
Nel Cinquecento si afferma l’impero asburgico di Carlo V, l’Italia diventa una terra di
conquista e nel 1527 Roma viene invasa dai lanzichenecchi.
Nella prima metà del secolo si sviluppa il classicismo rinascimentale, una cor-
rente che tenta di superare la riproduzione della letteratura classica riproponendo una
nuova definizione di “classico”. Uno dei principali esponenti di questa corrente è Pietro
Bembo.
Le figure di spicco in ambito letterario sono Niccolò Machiavelli e Ludovico Ariosto.
Ludovico Ariosto (Reggio Emilia, 1474 – Ferrara, 1533) è una figura centrale del-
la poesia rinascimentale. La sua opera principale è l’Orlando Furioso, un poe-
ma epico-cavalleresco in ottave. L’opera si pone come continuazione dell’ Orlando
innamorato del Boiardo.
Il poema affronta tre temi:
– la guerra fra cristiani e saraceni
– la ricerca di Angelica da parte di Orlando
Letteratura 241
Letteratura
Repubblica fiorentina. In seguito alla caduta della Repubblica fiorentina e al ritorno
dei Medici al potere, viene rimosso da ogni incarico e condannato al confino. Nel 1513
si ritira in isolamento e comincia a comporre i suoi scritti.
La sua opera principale è Il Principe (1513-1514), un trattato di dottrina politica.
Nella prima parte l’autore riflette sui vari tipi di principato (ereditario, nuovo e misto)
e sull’operato di alcuni personaggi analizzati, tra cui emerge la figura di Cesare Borgia,
modello di uomo prudente e virtuoso. Nella seconda parte Machiavelli espone le proprie
teorie secondo cui l’attività politica deve ricercare l’utile per lo Stato. Interessante è la
definizione di Fortuna: sintesi tra instabili e imprevedibili forze storiche che il principe
deve saper dominare e contrastare.
Tra gli altri suoi scritti si ricordano i Discorsi sopra la prima deca di Tito Li-
vio (1515-1517), De re militari (1521), Vita di Castruccio Castracani (1520) e la
Mandragola (1513), capolavoro comico del teatro europeo.
Francesco Guicciardini (Firenze, 1483 – Arcetri, 1540) riveste importanti cariche
pubbliche e dedica i propri sforzi teorici allo studio della storia, egli può essere infatti
considerato il fondatore della storiografia moderna. A partire dalle tesi di Machiavelli,
Guicciardini elabora una propria teoria politica caratterizzata da maggiore pessimismo
e individualismo. Le sue opere principali sono Storia di Firenze, Ricordi civili e politici,
Considerazioni attorno ai discorsi di Machiavelli e Storia d’Italia.
Pietro Bembo ( Venezia, 1470 – Roma, 1547) pone le basi del classicismo rinasci-
mentale e del petrarchismo. I suoi studi contribuiscono alla codifica letteraria della
lingua. Bembo considera il volgare come la lingua della letteratura italiana e sostiene il
recupero della lingua di Dante, Boccaccio e Petrarca. Petrarca è considerato il modello
di perfezione stilistica, riferimento per la lingua letteraria nazionale. La sua opera più
importante è Prose della volgar lingua in cui teorizza una codifica della lingua volgare
unitaria. Tra le altre opere si ricordano Rerum venetarum historiae libri XII, Asolani
e Rime.
Baldesar Castiglione (Casatico, 1478 – Toledo, 1529) lavora a servizio di Fran-
cesco Gonzaga dove ha modo di conoscere Bembo, in seguito intraprende la carriera
ecclesiastica presso la Corte di Carlo V. La sua opera principale è Il Cortegiano, un
trattato in quattro libri scritto in forma di dialogo in cui vengono descritti gli ideali
rinascimentali per la perfetta società aristocratica. L’uomo di corte deve avere nobiltà
morale, essere esperto nell’esercizio delle armi, conoscere le arti e in generale incarnare
gli ideali di equilibrio e classicità.
Tra le opere minori si ricordano i Tirsi, un Epistolario e De vita et gestis Guidubaldi
Urbini ducis.
242 Le origini della letteratura
Giovanni Della Casa (Borgo San Lorenzo, 1503 – Roma, 1556) è un rappresentante
del petrarchismo manierista.
Le sue Rime costituiscono un Canzoniere di grande valore. Narrano la vanità del
mondo, il divario tra realtà e ideale, la disillusione. Lo stile ricalca quello di Petrar-
ca. L’opera più nota di Della Casa è Galateo overo de’ costumi , un trattato sul
comportamento e sulle belle maniere.
Torquato Tasso (Sorrento, 1544 – Roma, 1595) è una figura fondamentale della
letteratura e della poesia cinquecentesca.
La sua è una vita travagliata. Durante il servizio per Luigi d’Este diventa vittima
di manie di persecuzione, tanto da essere rinchiuso in un ospedale psichiatrico per sette
Le origini
anni.
Tasso ha scritto moltissime opere come il Rinaldo, Discorsi sull’arte poetica, l’Aminta,
I Dialoghi, la Genealogia di casa Gonzaga, le Rime e molti poemetti di contenuto re-
ligioso. La Gerusalemme liberata (1581) la sua opera più importante è un poe-
ma epico in cui vengono descritti gli scontri tra cristiani e musulmani nell’assedio di
Gerusalemme alla fine della prima crociata.
Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 1600) elabora una nuova teologia in cui Dio,
oltre ad essere creatore dell’universo, è incarnazione stessa della natura. L’idea di
unità panteistica tra pensiero e materia viene considerata eretica dall’Inquisizione della
Chiesa romana che lo condanna al rogo il 17 febbraio 1600. La sua morte simboleggia
la fine del Rinascimento. Le sue opere sono prevalentemente di natura filosofica, tra le
più importanti si ricordano la Cena de le ceneri, lo Spaccio della bestia trionfante, De
monade e gli Eroici furori.
2.1.5 Il Seicento
Nel Seicento, in ambito artistico e letterario, si afferma lo stile Barocco. L’armonia
e il classicismo, tipiche forme dell’umanesimo e del rinascimento, vengono soppiantate
dal gusto per l’eccezione e l’anomalia. L’attenzione del poeta in questi anni è
volta all’innovazione e all’originalità stilistica. Gli scrittori fanno grande uso di artifici,
enigmi, concettismi, metafore e allegorie, a dimostrazione dell’acutezza dell’ingegno
artistico.
La ricerca forzata della novità nelle forme esteriori ed estetiche si definisce Mari-
nismo. Tale denominazione deriva dal poeta Giambattista Marino (Napoli, 1569 –
Napoli, 1625). Secondo Marino il fine della poesia è la meraviglia delle cose eccellenti.
I suoi componimenti utilizzano in maniera stravagante i moduli stilistici e le situazio-
ni della tradizione poetica. La sua opera principale è il poema mitologico Adone, si
ricordano inoltre i componimenti Galerı̀a, Lira e Sampogna.
Nel Seicento inoltre si sviluppa la letteratura scientifica.
Galileo Galilei (Pisa, 1564 – Arcetri, 1642), padre della scienza moderna, introduce
il metodo induttivo sperimentale, secondo cui l’indagine scientifica deve basarsi sull’os-
servazione diretta piuttosto che sul principio di autorità. Egli sostiene la necessità di
adattare la filosofia all’esperienza del mondo e la superiorità della tesi eliocentrica di
Copernico su quella geocentrica di Tolomeo. Per tali ragioni Galileo viene processato,
costretto a ritrattare le proprie tesi e condannato al carcere perpetuo. Le sue opere
principali, scritte in volgare, sono Dialogo sui massimi sistemi, Nuncius Sidereus e Il
Saggiatore.
Letteratura 243
Letteratura
2.1.6 Il Settecento
La produzione letteraria subisce l’influsso della rivoluzione scientifico-matematica ca-
ratterizzata dal nuovo metodo d’indagine empirico e razionale. L’illuminismo influen-
za anche la letteratura la quale attribuisce un ruolo di primo piano alla ragione intesa
come lume in grado di far luce sulle tenebre dell’ignoranza e della superstizione.
Stilisticamente si torna ad una maggiore linearità. La semplificazione stilistica di-
venta lo strumento necessario per veicolare i messaggi edificanti e morali che maggior-
mente interessano gli scrittori di questo periodo.
Nel 1690 a Roma Gian Vincenzo Gravina e Giovanni Mario Crescimbeni fondano
l’Accademia dell’Arcadia, in riferimento alla tradizione bucolico pastorale e ai poeti
della mitica regione dell’Arcadia. L’Accademia dà vita a un vero e proprio movimento
culturale e letterario che si sviluppa e diffonde in tutta Italia. L’ideologia alla base del
gruppo è la volontà di superare il cattivo gusto del Barocco attraverso una nuova poesia
classicheggiante, regolare e aggraziata, di matrice petrarchesca.
Tra i principali rappresentanti dell’Arcadia si distingue Pietro Metastasio (Ro-
ma, 1698 – Vienna, 1782) che può essere considerato il riformatore del melodramma.
Il tema centrale dei suoi scritti è l’amore che nelle arie e nelle poesie assume un conno-
tato malinconico. Didone abbandonata è il suo scritto più celebre, si ricordano anche
Clemenza di Tito, Temistocle e Attilio Regolo.
Sul fronte dell’impegno civile e dello studio più rigoroso, degno di nota è il lavoro di
Giambattista Vico (Napoli, 1668 – Napoli, 1744) filosofo, storico e letterato precur-
sore dei tempi. Il suo pensiero è racchiuso nei cinque volumi della sua opera maggiore,
La Scienza Nuova.
Fino ad ora la storia è stata considerata come una successione cronologica di eventi. Vi-
co dimostra invece l’esistenza di un ordine fondamentale costituito da leggi immutabili
che ne governano l’evoluzione.
Dal momento che la natura si sottrae alla completa comprensione da parte dell’uo-
mo, la storia appare come l’unica disciplina degna di studio, in quanto è l’uomo stesso
a generarla. L’assunto inziale di Vico è il concetto del verum ipsum factum, per cui si
può conoscere veramente solo ciò si fa. Essendo opera dell’uomo, la storia del mondo
civile può essere pertanto oggetto di vera conoscenza: la Scienza Nuova.
Pietro Verri (Milano, 1728 – Milano, 1797) è un altro importante filosofo del Sette-
cento e una figura di spicco dell’illuminismo italiano. Verri è il fondatore della rivista Il
Caffè e dell’Accademia dei Pugni, intorno alla quale, in Lombardia, viene a crearsi
un importante centro di aggregazione illuminista. Le sue riflessioni spaziano dall’ambito
filosofico (tema della felicità e del piacere) a quello politico economico (liberalizzazione
244 Le origini della letteratura
del commercio e abolizione della tortura e pena di morte). Tra le sue opere principali
compaiono Meditazioni sulla felicità, Discorso sull’indole del piacere e del dolore e
numerosi Carteggi.
Cesare Beccaria, (Milano, 1738 – Milano, 1794) è amico di Verri e prossimo all’am-
biente culturale lombardo.
La sua opera principale, Dei delitti e delle pene (1763), gli conferisce fama
a livello mondiale. In questo testo Beccaria critica fortemente la pratica della pena
di morte e della tortura. Alla base delle riflessioni vi è la convinzione che lo Stato
rappresenti la somma dei diritti e dei doveri dei cittadini. Eseguendo la pena capitale
lo Stato, al fine di punire un delitto, si macchia a sua volta di un ulteriore delitto. La
Le origini
tortura invece è considerata uno strumento disumano poiché vi si ricorre ancor prima
di dimostrare la colpevolezza dell’imputato.
Un’altra istituzione milanese è l’Accademia dei Trasformati. Il gruppo propone
una letteratura legata ai modelli del classicismo rinascimentale, si connota però per il
tentativo di superare il modello pastorale arcadico, aprendosi piuttosto ai temi della
vita contemporanea.
Giuseppe Parini (Bosisio, 1729 – Milano, 1799) ne è il membro di maggior rilievo.
La sua poesia si pone un compito civile e didascalico di educazione all’uguaglianza
sociale.
Secondo Parini la funzione principale della letteratura è quella di rispecchiare la
realtà, offrendo uno stimolo di riflessione sull’acquisizione della virtù umana e civile.
La sua opera principale è Il Giorno, poema didascalico in endecasillabi sciolti. La
voce narrante incarna quella di un precettore che illustra in prima persona le cure e le
attività che impegnano un signore dell’aristocrazia nelle diverse ore della giornata. Il
tono del testo è ironico, a sottolineare la vacuità della vita del ceto nobiliare settecen-
tesco. Gli altri scritti celebri sono le Odi, Dialogo sopra la nobiltà e Discorso sopra la
poesia.
Carlo Goldoni (Venezia, 1707 – Parigi, 1793) è uno dei principali narratori ita-
liani, padre della commedia moderna. Egli compie un’importante riforma del teatro,
superando gli stilemi della commedia dell’arte. Goldoni compie un approfondito lavoro
sul testo prima della rappresentazione, che va ben oltre la modalità dell’improvvisa-
zione. Un altro aspetto dell’innovazione goldoniana consiste nella caratterizzazione dei
personaggi in modo da porre in risalto l’individualità all’interno di un ambiente più
verosimile. Egli scrive oltre duecento commedie, in italiano e in dialetto veneziano;
quelle composte a partire dal 1750 rappresentano i lavori più evoluti. Tra le sue opere
principali si segnalano La bottega del caffè, La locandiera, Il campiello, Trilogia della
villeggiatura, I rusteghi e Il ventaglio.
Vittorio Amedeo Alfieri (Asti, 1749 – Firenze, 1803) è l’altra figura di spicco in
ambito teatrale.
Influenzato del teatro francese di Racine e Corneille, Alfieri si distacca fortemente
da Goldoni. Il narratore piemontese si cimenta nel genere tragico e si serve di una
lingua aulica e solenne. Assente ogni intenzione realistica, non c’è sfondo teatrale che
ambienti i personaggi, né intreccio o azione.
Alfieri concepisce il teatro come mezzo di educazione civile e politica, l’artista è inteso
come sacerdote dell’umanità. I protagonisti della scena sono i grandi personaggi,
capaci di suscitare l’amore per la libertà e l’odio contro la tirannide. Il protagonista
Letteratura 245
delle sue tragedie è il singolo eroe che cerca di opporsi alla tirannia del potente. Il
fato, alla base di ogni vicenda, costringe il protagonista a reagire. Proprio nella lotta
con il fato gli eroi rivelano la loro forza, ricreando modelli esemplari da riproporre ai
contemporanei. Le sue opere principali sono le tragedie Saul , Mirra, i trattati politici
Della tirannide e il Misogallo e la sua celebre autobiografia Vita.
Un’altra reazione alla complessità e all’artificio dell’arte barocca è la corrente del
Neoclassicismo. In seguito alle scoperte archeologiche di Pompei ed Ercolano, duran-
te il Neoclassicismo torna ad affermarsi l’interesse per la cultura classica e mitologi-
ca. J. Winckelmann ripropone il modello dell’arte greca come ideale del bello eterno,
caratterizzato dal dominio delle passioni e dall’armonia interiore.
Letteratura
Vincenzo Monti (Alfonsine, 1754 – Milano, 1828) è l’esponente per eccellenza del Neo-
classicismo italiano. Grande studioso dei testi antichi, Monti è celebre soprattutto per
i suoi lavori di traduzione, si ricorda fra tutti la sua traduzione dell’Iliade di Omero.
Altre opere composte seguendo gli stilemi classici sono Musogonia e Feroniade.
Niccolò Ugo Foscolo (Zante, 1778 – Turnham Green, 1827) è il principale espo-
nente letterario italiano del suo tempo, nelle sue opere si manifestano le peculiarità
del neoclassicismo, del preromanticismo e del romanticismo.
Dopo la discesa dei francesi in Italia, sotto l’influenza delle idee giacobine, s’impegna
in un’intensa attività politica che lo accompagna per quasi tutta la vita. In seguito alle
delusioni riscontrate dai trattati politici e dalla sottomissione straniera cui è costretta
la patria, Foscolo intraprende numerosi viaggi dove stringe vari legami sentimentali.
La sua esistenza è caratterizzata dall’inquietudine, dall’angoscia davanti al nulla
eterno e all’oblio della morte. Il pessimismo e il desiderio di sopravvivenza alla morte,
non trovando sollievo nella religione, cercano sfogo nei componimenti letterari. Nelle
Moderna
sue opere Foscolo dà voce alla propria insofferenza, alleviata da valori fondamentali
come l’amore per la patria, la poesia, la libertà, la bellezza e l’arte. La pratica di tali
attività e le nobili imprese dell’uomo rendono l’individuo degno del ricordo, e il sepolcro
diventa legame di affetto, simbolo di civiltà ed esempio per i compatrioti.
Stilisticamente Foscolo è legato all’estetica neoclassica, nei suoi scritti sono fre-
quenti i richiami alla mitologia e alla Grecia classica, concepita come rifugio ideale di
serenità. La sua composizione poetica comprende le Odi, Le Grazie (1803-1827) I Se-
polcri (1806), il romanzo epistolare Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802-1803)
e numerosi sonetti come Alla sera (1803), A Zacinto (1803), Alla Musa (1803), In
morte del fratello Giovanni (1803).
Giacomo Leopardi (Recanati, 1798 – Napoli, 1837) durante la giovinezza, caratte-
rizzata dall’isolamento e dalla rigida educazione, trova rifugio nello studio “matto e
disperatissimo” dei classici e delle lingue.
Tra il 1815 e il 1816 Leopardi vive una profonda crisi spirituale che lo porta ad
abbandonare l’erudizione per dedicarsi alla poesia. Tale mutamento è stato definito
come una conversione dall’erudizione al bello.
Per tutta la vita Leopardi soffre di una salute cagionevole che contribuisce ad acu-
tizzare il suo disagio sociale, facendolo sentire in condizione di inferiorità nei confronti
del mondo. Tale sentimento lo spinge a indagare il dolore e la condizione umana.
Persa la fede, Leopardi rivolge le sue attenzioni alla filosofia sensistica e materiali-
stica e la sua riflessione vive una nuova conversione, dal bello al vero.
Il pessimismo è l’aspetto filosofico che caratterizza l’evolversi del suo pensiero e nel
corso del tempo assume connotati diversi. Fondamentalmente possono distinguersi tre
fasi del pessimismo leopardiano: il “pessimismo individuale”, il “pessimismo storico” e
il “pessimismo cosmico”.
In giovinezza Leopardi sostiene un pessimismo individuale per cui ritiene che
la vita sia stata spietata con lui solo. Ben presto giunge a considerare la sofferenza
come il frutto negativo dell’evoluzione storica: il pessimismo storico. Secondo questa
concezione il sapere razionale ha negato la spontanea e libera immaginazione, conforto
al disagio esistenziale. Da ultimo, il pessimismo cosmico afferma che l’infelicità è
connaturata alla stessa vita dell’uomo. La natura è la sola colpevole dei mali dell’uomo,
che si trova destinato a soffrire per tutta la vita.
Contraltare al pessimismo, il poeta sviluppa la “teoria del piacere” secondo la
quale l’uomo tende comunque spontaneamente a ricercare un piacere infinito come
soddisfazione di un desiderio illimitato. Grazie alla facoltà immaginativa l’individuo
può figurarsi piaceri inesistenti e illimitati. La speranza dunque si configura come il
bene maggiore e la felicità umana trova realizzazione nell’immaginazione.
Letteratura 247
Letteratura
Alessandro Manzoni (Milano, 1785 – Milano, 1873), nipote di Cesare Beccaria, è
tra i principali autori della letteratura italiana. Manzoni vive un intenso rapporto con
il suo tempo di cui si fa interprete in opere come le Odi Civili (tra cui Marzo 1821 e
Il 5 maggio).
I Promessi Sposi , iniziato nel 1821 e pubblicato in dispense nella sua forma
definitiva tra il 1840 e il 1842, è il primo esempio di romanzo storico italiano. In questo
testo, ambientato nell’Italia del ‘600 sotto la dominazione spagnola, la componente
realistica è dominante, e la grande novità consiste nel continuo alternarsi di racconto
e riflessione. Dal punto di vista linguistico I Promessi Sposi rappresenta una tappa
fondamentale nella nascita della lingua italiana, l’autore introduce infatti l’utilizzo del
linguaggio parlato, fino a ora non ammissibile in letteratura.
Manzoni scrive anche liriche di stampo neoclassico e Inni sacri. Questi scritti co-
stituiscono una svolta nella poesia manzoniana derivante dalla sua conversione al cat-
tolicesimo, evento che influenza non soltanto la vita privata dello scrittore, ma anche
la sua attività letteraria.
Il Conte di Carmagnola (1816-20) e l’Adelchi (1820-22) sono due importanti
opere tragiche che segnano la rinascita del genere in Italia.
Giosuè Carducci (Valdicastello, 1835 – Bologna, 1907), considerato nei suoi anni
come guida nazionale della cultura italiana, è stato insignito del Premio Nobel nel
1906.
Sebbene non rientri in alcuna corrente di pensiero, Carducci prende le distanze dal
romanticismo, prediligendo una forma letteraria più classicista. I temi affrontati dal
poeta sono per lo più edificanti come la bellezza, l’eroismo e il paesaggio. Nelle sue
opere si avverte l’impegno morale rinascimentale, volto a recuperare la forza interiore
attraverso il ricordo nostalgico di un lontano tempo eroico.
Stilisticamente le liriche di Carducci sono auliche e raffinate, spesso impetuose e dram-
matiche. I suoi versi sono raccolti nei testi Levia Gravia, Iuvenilia, Giambi ed Epodi,
Rime nuove e Odi Barbare.
Le sue teorie assumono grande importanza nella definizione dei moderni movimenti
europei per l’affermazione della democrazia. Secondo l’ideologia mazziniana l’arte
deve essere al servizio dell’ideologia civica e politica, operando in funzione del progresso.
Mazzini, impegnato in un’intensa attività politica, esprime le proprie teorie attraverso i
giornali e la composizione di saggi di natura economica e sociale tra cui Della Giovine
Italia e Doveri dell’uomo.
Carlo Cattaneo (Milano, 1801 – Castagnola-Cassarate, 1869) partecipa attivamente
al Risorgimento italiano. Cattaneo è il promotore di un sistema politico basato
su una confederazione di stati italiani. All’alba dell’unificazione italiana le sue idee
federaliste sono incentrate su un pensiero liberale e laico. Il progresso della società
Moderna
deve essere guidato dalla scienza e dalla giustizia acquisendo il valore della libertà di
pensiero per giungere all’evoluzione collettiva. L’individuo è chiamato a partecipare
alla vita della società, solo attraverso il confronto si può infatti giungere al progresso.
Nel 1839 fonda Il Politecnico – Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità
e coltura sociale.
Tra le sue opere si segnalano La città considerata come principio ideale delle istorie
italiane, Notizie naturali e civili su la Lombardia e Dell’analisi delle menti associate.
Ippolito Nievo (Padova, 1831 – mar Tirreno, 1861) alterna la propria attività politica
a quella di letterato.
Affascinato dal programma democratico di Mazzini e Cattaneo, nel 1848 partecipa
all’insurrezione di Mantova.
Negli anni si avvicina al giornalismo militante milanese e collabora al settimanale Il
Caffè.
Nel 1860 partecipa alla Spedizione dei Mille unendosi alle truppe garibaldine. Il
suo lavoro più importante è il romanzo pubblicato postumo nel 1867, Le confessioni di
un italiano. Tra gli altri testi si ricordano Novelliere campagnuolo e altri racconti e Le
invasioni moderne. Silvio Pellico (Saluzzo, 1789 – Torino, 1854) nel 1820 viene arre-
stato dalla polizia austriaca in quanto membro della setta segreta dei “Federati”. Viene
trasferito nella prigione dei Piombi di Venezia, fino all’anno seguente, quando la
sentenza definitiva lo condanna alla pena di morte. La pena viene in realtà commutata
a quindici anni di carcere da scontarsi nella fortezza di Spielberg a Brno in Moravia.
La dura esperienza carceraria è il soggetto del suo libro di memorie, Le mie prigioni .
Massimo D’Azeglio (Torino, 1798 – Torino, 1866), patriota italiano, cosciente delle
profonde differenze tra i vari regni d’Italia, sostiene la creazione di una confederazione
che mantenga le sovranità legittime. Per queste posizioni federali viene osteggiato da
Cavour e dai mazziniani.
Dal 1849 al 1852 riveste la carica di primo ministro del Regno di Sardegna di cui
diventa senatore nel 1853. Nel 1859 riceve l’incarico di costituire un governo provviso-
rio a Bologna dopo la cacciata delle truppe pontificie. L’anno successivo viene nomi-
nato Governatore della Provincia di Milano. Nonostante l’attività politica, D’Azeglio
si dedica all’arte e il suo componimento letterario più celebre è il romanzo Ettore
Fieramosca.
Francesco de Sanctis (Morra Irpina, 1817 – Napoli, 1883) svolge un’intensa attività
politica ricoprendo le cariche di Ministro dell’Istruzione e di Presidente della Camera
del Regno d’Italia.
Letteratura 249
Egli si dedica tuttavia anche agli studi filosofici e letterari. L’incontro tra l’attività
politica e quella accademica deriva dalla convinzione della necessità di superare il di-
stacco tra l’artista e l’uomo, tra la cultura e la vita nazionale, tra la scienza e la vita.
Il progetto letterario di De Sanctis può dunque essere interpretato come una battaglia
culturale inserita nel suo contesto storico.
Il capolavoro critico di De Sanctis è la Storia della letteratura italiana in cui si
instaura un legame tra il contenuto e la forma al fine di ricostruire l’orizzonte culturale
e morale da cui nascono le grandi opere. Tra gli altri lavori si segnalano Il Farinata di
Dante, il Saggio sul Petrarca e L’Uomo di Guicciardini.
Letteratura
Il verismo
Il verismo si afferma in Italia verso la fine del secolo in concomitanza con la co-
stituzione della nazione come Stato unitario. Questa corrente letteraria deriva dal
Naturalismo francese di Emile Zola, Guy de Maupassant e dal Positivismo.
Dal Positivismo trae la fiducia nel metodo scientifico basato sull’osservazione diretta
dei fenomeni, dal Naturalismo l’interesse a fotografare oggettivamente la realtà sociale
e umana.
Il verismo teorizza dunque una rigorosa fedeltà al “vero”, alle situazioni reali, ai
fatti e ai personaggi.
A partire da tale presupposto lo scrittore indaga, scientificamente, le leggi che rego-
lano la società umana. Scompare l’esclusività dell’oggetto artistico, nel senso che anche
le scene più umili e i personaggi più abbietti diventano degni di studio e descrizio-
ne. Il verismo dimostra particolare interesse per le forme sociali basse e disagiate, con
particolare attenzione alle regioni più emarginate della penisola.
Da ciò deriva l’attenzione al quotidiano, agli aspetti “normali” dell’esistenza.
L’atteggiamento adottato dai veristi è scientifico. Lo scrittore cerca le cause deter-
ministiche che muovono i personaggi e le loro azioni, e i sentimenti sono considerati in
termini psicofisiologici. I principali rappresentanti del verismo sono Luigi Capuana e
Giovanni Verga.
Luigi Capuana (Mineo, 1839 – Catania, 1915) può essere considerato il teorico e
il padre del verismo. Nella raccolta di saggi Il Teatro italiano contemporaneo. Studi
sulla letteratura contemporanea (1872) Capuana elabora la poetica del verismo basata
sulla narrazione tratta direttamente dal vero. Secondo tale concezione lo scrittore deve
attingere il materiale per le proprie storie dalla vita contemporanea e narrare i fatti
realmente accaduti, ricostruendo scientificamente il processo dell’azione. Dal punto di
vista della produzione letteraria, il suo romanzo Giacinta (1879), ispirato ad un fatto
di vita reale, rappresenta il primo testo verista. Il romanzo è puramente naturalista, c’è
l’attenzione per i fatti patologici e la figura che emerge è quella di un medico che inter-
viene nella realtà malata con approccio scientifico. L’azione è descritta da un narratore
onnisciente che osserva i fatti dall’esterno ed interviene con i suoi commenti. L’ope-
ra più apprezzata di Capuana è Il Marchese di Roccaverdina, tra i suoi scritti si
segnalano inoltre La Sfinge, Profumo, Rassegnazione.
Nelle sue opere sono presenti i temi veristi dell’attenzione al reale, al quotidiano, alla
popolazione disagiata. La grande innovazione introdotta da Verga consiste nella tecnica
narrativa. Lo scrittore ricerca l’imparzialità di giudizio sopprimendo il proprio pensiero
e la propria ideologia. In questo modo Verga raggiunge una perfetta sintonia con il
materiale narrativo descritto. Lo scrittore si immedesima con i propri protagonisti fino
ad assumerne il linguaggio. Verga riproduce magistralmente la sintassi del dialetto
siciliano restituendone la struttura nella lingua italiana. Da tale immedesimazione
consegue un sentimento di pietà e ammirazione nei confronti dei protagonisti delle
storie: pena per la loro miseria e ammirazione per la loro capacità di sopportazione. Il
romanzo in cui i temi veristi sono espressi al meglio è I Malavoglia.
Moderna
Con il termine Ciclo dei Vinti viene indicato un corposo progetto letterario co-
stituito da cinque romanzi: I Malavoglia, Mastro-don Gesualdo, La duchessa di Leyra,
L’onorevole Scipioni e L’uomo di lusso. L’opera riamane tuttavia incompiuta in quanto
La Duchessa de Leyra è solo abbozzato e gli ultimi due romanzi del Ciclo non vengono
neppure iniziati.
Verga compone inoltre due importanti raccolte di novelle: Vita dei campi (1880)
che comprende, tra le altre, Cavalleria Rusticana, Rosso Malpelo, Nedda e La lupa e
Novelle Rusticane (1883) che include, tra le altre, La roba, Pane nero e Libertà.
Il naturalismo francese
Dal punto di vista letterario il naturalismo francese ha un’importanza rilevante.
Le principali caratteristiche di questo movimento sono l’analisi, condotta con meto-
do analitico e scientifico, dei costumi della società e della vita quotidiana delle classi
inferiori.
Il principale esponente del Naturalismo è Emile Zola (1840-1902). Nel 1867 pub-
blica il suo primo romanzo importante, Teresa Raquin. L’opera narra le vicende di
una donna che fa uccidere il marito dall’amante ma, ossessionata dal delitto, finisce
per suicidarsi insieme al compagno. Il libro viene considerato osceno e immorale, ma
l’autore replica sostenendo che voleva raccontare la vicenda da un’angolatura “scien-
Letteratura
tifica”. Anche nelle opere successive Zola affronta i problemi della piccola borghesia e
del proletariato, fino ad allora ignorati dalla letteratura. Egli descrive con precisione
e impassibilità la condizione dell’uomo del suo tempo ridotto a “bestia umana” dal-
l’industrializzazione. Caposcuola del naturalismo, Zola esprime il proprio pensiero e le
teorie letterarie nel saggio Il romanzo sperimentale, pubblicato nel 1880.
La scapigliatura
La scapigliatura è un movimento artistico e letterario che si sviluppa nell’Italia setten-
trionale a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento. Il termine scapigliatura corrispon-
de alla traduzione del termine francese bohème, in riferimento alla vita anticonformista
e originale degli artisti parigini. L’appellativo viene utilizzato per la prima volta nel
1862 da Cletto Arrighi nel romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio. Questo
testo è la fotografia di un gruppo di scontenti e rivoltosi inseriti nel clima sociale e
politico di quegli anni.
Gli artisti scapigliati sono accomunati da un sentimento di estraneità e ribellione nei
confronti della società borghese e dei suoi valori. Nonostante non si sia mai costituito
formalmente, il movimento della Scapigliatura pone in primo piano il divario che separa
l’artista dalla società ben pensante. Gli scrittori che si riconoscono in questa ideologia
sono accomunati da un sentimento di ribellione e disprezzo nei confronti delle norme
morali precostituite.
I principali esponenti del movimento scapigliato sono Vittorio Imbriani, Giovanni
Camerana, Iginio Ugo Tarchetti, Carlo Dossi, Arrigo Boito ed Emilio Praga.
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 – Bologna, 1912) è una figura em-
blematica della tradizione poetica italiana. La sua opera si inserisce nel panorama del
decadentismo, caratterizzata da una visione pessimistica della vita. Il mondo appare
come misterioso e indecifrabile. Non potendo comprenderne razionalmente il significa-
to, il poeta può pertanto coglierne spiritualmente solo alcuni aspetti particolari. La
poesia di Pascoli pone dunque l’accento al particolare e al quotidiano, con un’attenzio-
ne precisa alla dimensione infantile. Celebre è la sua poetica del fanciullino, secondo
la quale la poesia riesce a trovare la propria espressione migliore nel momento in cui
ritrova la voce del fanciullo. La capacità di stupirsi e la disposizione irrazionale, tipiche
del mondo infantile, permettono al poeta di giungere alla verità dell’esistenza. Attra-
verso l’irrazionalità e l’intuizione, il poeta fanciullo può cosı̀ accedere al mistero della
natura.
Tra le sue opere si segnalano Il fanciullino (testo in cui Pascoli esprime il proprio
pensiero sulla poesia), le raccolte poetiche Myricae, i Poemetti, i Canti di Castel-
vecchio, Odi e Inni, i Poemi Italici, i Poemi del Risorgimento, le Canzoni di re Enzio
e La grande proletaria si è mossa.
Antonio Fogazzaro (Vicenza, 1842 – Vicenza, 1911), ricevuta una forte educazione
cattolica, vive intensamente e conflittualmente il proprio rapporto con la religione. Con
i romanzi Leila e Il Santo Fogazzaro tenta una mediazione al conflitto tra fede e l’idea
di evoluzione scientifica. Questi scritti incontrano il disappunto della Chiesa Cattolica
che li mette all’Indice dei libri proibiti.
Nella trilogia di romanzi Piccolo mondo antico, Piccolo mondo moderno e
Il Santo, Fogazzaro affronta la tesi dell’evoluzione morale e del progresso dell’uomo
che riesce a evolversi da una condizione misera e infelice.
All’interno delle sue opere sono centrali il tema dell’amore infelice e non corrisposto,
la tendenza al misticismo, reazione decadente al positivismo. L’analisi psicologica, il
realismo e la vena umoristica sono una costante dei suoi scritti.
tempo. Al termine della prima guerra mondiale D’Annunzio sviluppa poi un forte
individualismo dai contorni idealisti e nazionalisti.
Il pensiero dannunziano si evolve nel tempo a fianco del processo storico.
Inizialmente abbraccia un naturalismo individualista e ottimista. In questi anni
compone le raccolte di liriche Primo Vere (1879), Canto novo (1882), Le novelle della
Pescara (1902) e i romanzi Il piacere (1889), l0 Innocente (1892) e Il trionfo della
morte (1894).
Una seconda fase si ispira alla morale eroica del superuomo di Nietzsche. In que-
st’ottica dapprima cerca di realizzare la morale del superuomo in relazione alla politica,
compone Le vergini delle rocce (1896)) e La Gloria (1889). In seguito il poeta si
Letteratura
ripiega su se stesso ed esalta la passione fuori da ogni convenzione morale, scrive le
tragedie La Gioconda (1889), Francesca da Rimini (1901), La fiaccola sotto il mog-
gio (1905) e il romanzo Il fuoco (1900). Infine D’Annunzio coglie più sinceramente la
propria essenza e celebra la vita in tutti i suoi valori, incitando a viverla con gioia e
forza. A questo periodo appartengono le Laudi del cielo, del mare, della terra, degli
eroi (Maia, Elettra, Alcione e Mèrope). Le Laudi vengono concepite come un poema in
sette libri intitolato alle Pleiadi, tuttavia solo i primi quattro vedono la pubblicazione.
In una terza fase, con lo scoppio della guerra e con l’impresa di Fiume, D’Annunzio
abbandona l’individualismo ed emerge una rigenerazione morale ed estetica. In questo
periodo il Vate pone il proprio individualismo al servizio della storia e della patria.
In questi anni scrive la novella Leda senza Cigno (1913-1916), le orazioni Per la più
grande Italia (1915), la raccolta di discorsi pronunciati dopo Caporetto, La riscossa
(1918), il diario di guerra Notturno (1921), i discorsi Per l’Italia degli Italiani (1923),
La penultima ventura (1931), I canti della guerra latina (1934) e i diari Cento e cento
pagine del libro segreto di G. D’Annunzio tentato di morire (1935) e Solis ad solam
(1939).
2.3.4 La poesia
In questi anni si sviluppano fondamentalmente due correnti letterarie poetiche: il
crepuscolarismo e il futurismo.
2.3.5 Il crepuscolarismo
Il termine crepuscolarismo viene coniato da Giuseppe Antonio Borghese nel 1911
per indicare la poesia interessata agli aspetti evanescenti, malinconici, crepuscolari,
appunto. Influenzati dalle liriche di Pascoli, i crepuscolari cantano la vita casalinga
e modesta, il piccolo mondo borgese, descritto con mezze tinte e luci morenti. Stili-
sticamente si fa grande utilizzo del verso libero, espressione del carattere quotidiano
Del ‘900
delle tematiche. Oltre all’esponente principale, Guido Gozzano, si segnalano altri poeti
crepuscolari come Sergio Corazzini (Roma, 1887-1907) e Fausto Maria Martini (Roma,
1886-1931).
Guido Gozzano (Agliè Canavese, 1883 – Torino 1916) è il più apprezzato e fecondo
poeta crepuscolare. Egli canta l’umiltà del tempo antico e la nostalgia per la vita
semplice di provincia. All’inquietudine per lo scorrere inesorabile del tempo, la fede
pare l’unico appiglio di speranza e conforto. Tra le sue raccolte di versi si ricordano La
via del rifugio, I primi e gli ultimi colloqui, e il libro Verso la cuna del mondo in cui
racconta un proprio viaggio attraverso l’Italia.
2.3.6 Il futurismo
In contrapposizione al crepuscolarismo, questa corrente avanguardistica sostiene la ne-
cessità di un rinnovamento della vita in senso attivistico, il dinamismo dell’arte e dei
nuovi tempi. Caratterizzata dal disprezzo per la tradizione, la poesia futurista fa ampio
uso delle “parole in libertà”, dell’improvvisazione e del verso libero.
Aldo Palazzeschi (Firenze, 1885 – Roma, 1974) pur rientrando nel movimento futu-
rista e abbracciando l’avanguardia letteraria, risente anche dell’influenza crepuscolare.
Le sue opere più celebri sono le raccolte di versi L’incendiario, l’Antidolore e le Poesie.
Palazzeschi scrive inoltre alcuni romanzi come Sorelle materassi , I fratelli Cuccoli e
Stefanino.
2.3.7 L’ermetismo
L’ermetismo, altrimenti detto poesia pura, si afferma tra gli anni Trenta e Quaranta
e si caratterizza per la sua essenzialità. La poesia ermetica ha un carattere chiuso (er-
metico) e complesso.
Letteratura 255
Perseguendo l’ideale di una “poesia pura”, libera da ogni finalità pratica ed educa-
tiva, il poeta esprime il senso della solitudine e della disperazione umana davanti a un
mondo incomprensibile, sconvolto dalle guerre e dalle dittature.
La parola perde la funzione comunicativa per assumere un carattere evocati-
vo che descrive uno stato d’animo pessimista e sfiduciato dell’uomo. Stilisticamente i
componimenti ermetici sono molto brevi, suggestivi ed essenziali.
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 1888 – Milano, 1970), il maggiore rap-
presentante della poesia ermetica, ha partecipato alla guerra combattendo in Francia
e in Italia.
Letteratura
Nel 1916 scrive Il porto sepolto, canti brevi e scarni in cui emerge l’esperienza del
male e della morte nella guerra.
Allegria di naufragi (1919) rappresenta un momento chiave della storia della lette-
ratura italiana e l’insieme dei componimenti viene ripubblicato nel 1931 con il titolo
Allegria, in cui si percepisce la volontà di ricercare una nuova armonia con il cosmo.
In Sentimento del Tempo (1939) il respiro lirico si fa più ampio e la parola torna
a riprendere il suo valore naturale e più tradizionale. Tra le altre raccolte si segnalano
Il dolore (1945) e La terra promessa (1950).
Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981) è stato insignito del premio Nobel
nel 1975. Detto anche “poeta della disperazione”, Montale vive un forte sentimento di
dolore e proietta il proprio male di vivere sul mondo circostante. Il paesaggio assume
un ruolo centrale nelle sue liriche. La Liguria, arida e rocciosa, diventa protagonista
dei componimenti e si carica di simbolismi esistenziali. Le sue liriche più celebri sono
raccolte nei volumi Ossi di seppia (1925) in cui si intravede qualche spiraglio di
speranza, La casa dei doganieri (1932) in cui si accentua l’elemento umano, Le
occasioni (1939) dall’ermetismo chiuso e di difficile comprensione, La bufera e altre
poesie sul tema della guerra e Satura (1971).
Salvatore Quasimodo (Modica, 1901 – Napoli, 1968), poeta nostalgico e malinconico,
riceve il premio Nobel nel 1959.
La sua prima raccolta di poesie Acque e terre (1930) si rifà alla poesia di Pascoli e
dei crepuscolari. Vengono affrontati temi come l’amore per la Sicilia, la malinconia e il
ricordo dell’infanzia.
In seguito si avvicina allo studio dei lirici greci di cui nel 1940 pubblica un’impor-
tante traduzione.
Nella raccolta Ed è subito sera (1942) il poeta esprime il bisogno di uscire dalla
propria solitudine per confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita.
Le poesie successive sono segnate da un forte impegno civile e politico determinato
dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta dei primi anni assume ora un linguaggio
più comprensibile. In Giorno dopo giorno (1947) il tema dominante è costituito
dalle vicende belliche. In La vita non è sogno (1949) il Sud è cantato come luogo di
ingiustizia, sofferenza e solitudine.
Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) ritorna il tema della Sicilia, ed è presente
una meditazione sui campi di concentramento.
256 Letteratura del ’900
Umberto Saba (Trieste, 1883 – Gorizia, 1957), pseudonimo di Umberto Poli, risente
dell’influenza crepuscolare e si distacca parzialmente dall’ermetismo per il linguaggio
Del ‘900
2.3.8 La prosa
I romanzi del ‘900 presentano caratteristiche nuove rispetto a quelli dell’800. I testi
del secolo precedente erano espressione di una società e di una cultura dai valori ben
definiti in cui i personaggi, i fatti e gli ambienti sociali venivano descritti con puntualità
ed esattezza.
Nel ‘900 invece la consapevolezza dei limiti della scienza, gli sconvolgimenti delle
guerre e il diffuso relativismo portano alla nascita di un nuovo genere di romanzo.
I personaggi appaiono inquieti, in cerca di un’identità, e le azioni sono riferite alla
soggettività degli individui piuttosto che alla collettività.
Molto spesso si tratta di romanzi psicologici, esistenziali, in cui vi è una for-
te componente autobiografica. In questi testi la vita appare tormentata, inquieta e i
protagonisti sono alla ricerca di valori che non riescono a definire.
Il Novecento vede l’introduzione del monologo interiore, in cui le idee non si
susseguono secondo rapporti causali, ma a partire dalla soggettività dei protagonisti.
Il nuovo romanzo non pone al centro dell’attenzione i fatti e gli eventi, ma la rifles-
sione, l’analisi degli stati d’animo e dei conflitti interiori. Si introduce cosı̀ la figura
dell’inetto, alienato, un personaggio incapace di vivere, inadeguato al mondo in cui si
trova catapultato.
I principali narratori dei primi anni del Novecento che incarnano questa nuova
visione del romanzo sono Italo Svevo, Luigi Pirandello, Federigo Tozzi, Emilio Cecchi,
Giuseppe Tommasi di Lampedusa.
Luigi Pirandello (Agrigento, 1867 – Roma, 1936) è insignito del premio Nobel per
la letteratura nel 1934. Riprendendo i temi del verismo verghiano, Pirandello vi
innesta la propria visione pessimistica della vita caratterizzata da una vena malinconica
e umoristica.
Il suo primo grande successo è il romanzo Il fu Mattia Pascal , (1904) che affronta
i temi della famiglia, l’identità, l’inettitudine e il gioco d’azzardo.
Negli anni Venti aderisce al fascismo firmando nel 1925 il Manifesto degli intellet-
tuali fascisti e nello stesso anno fonda la Compagnia del teatro d’arte.
Dopo la guerra lo scrittore si dedica soprattutto al teatro, definito “teatro del-
lo specchio”, in cui raffigura la vita reale, senza la maschera dell’ipocrisia e delle
Letteratura
convenienze sociali.
Il lavoro teatrale di Pirandello attraversa quattro fasi:
1. Il teatro siciliano. I testi sono scritti in siciliano, lingua capace di esprimere
maggiore aderenza alla realtà.
2. Il teatro umoristico e grottesco. Pirandello si distacca dal verismo introdu-
cendo la versione relativistica della realtà con l’intenzione di esprimere la dimen-
sione autentica della vita al di là della maschera. Le opere più significative di
questo periodo sono Cosı̀ è (se vi pare) (1917), Liolà (1916), Il berretto a
sonagli (1917), La giara (1917), Il giuoco delle parti (1918).
3. Il metateatro. È la fase di maggiore innovazione. Pirandello abolisce il concetto
di quarta parete, cioè la parete immaginaria che sta tra attori e pubblico. Il teatro
deve parlare direttamente, viene cosı̀ introdotto il palcoscenico multiplo, in cui si
assiste allo svolgersi di più scene contemporaneamente. In questi anni compone
Sei personaggi in cerca d’autore (1921), Enrico IV (1922), L’uomo dal
fiore in bocca (1923), Ciascuno a suo modo (1924), Come tu mi vuoi (1930),
Questa sera si recita a soggetto (1930).
4. Il teatro dei miti. Un teatro che tenta di fondare valori, di trovare soluzioni al
problema del vivere umano attraverso la religione e l’arte. In questa fase compone
la trilogia delle opere La nuova colonia, Lazzaro e I giganti della montagna.
Sul versante della prosa Pirandello compone sette romanzi: L’esclusa (1901), Il tur-
no (1902), Il fu Mattia Pascal (1904), Suo marito (1911), I vecchi e i giova-
ni (1913), Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1925), Uno, nessuno e
centomila (1925).
L’autore affronta il problema dell’identità, la teoria della crisi dell’io. Il solo modo
per recuperare la propria identità paradossalmente è la follia. Il dire sempre la verità,
al di là delle convenzioni sociali, corrisponde alla piena affermazione di se stessi, ma
conduce all’isolamento da parte della società che in tale atteggiamento riconosce la
pazzia.
L’uomo, infatti, per adeguarsi alla società deve rispettare una parte, un ruolo. L’in-
dividuo dunque non può capire gli altri né se stesso, dal momento che vive indossando
una maschera. Ne deriva l’incomunicabilità tra gli uomini che produce un sentimento
di solitudine ed estraneità.
258 Letteratura del ’900
Federigo Tozzi (Siena, 1883 – Roma, 1920) è stato definito il romanziere della piccola
borghesia. Ispirandosi al verismo di Verga ritrae con stile sobrio e vigoroso la vita della
piccola borghesia di provincia che, schiava dei propri istinti, si dibatte tra aspirazioni
idealistiche e la materialità dell’esistenza. I suoi scritti principali sono Bestie (1917),
Tre croci (1920), Il podere (1912) e Gli egoisti (postumo, 1921).
Emilio Cecchi (Firenze, 1884 – Roma, 1966) è uno scrittore raffinato. Cecchi è con-
siderato il creatore della “prosa d’arte”, una prosa ingegnosa, ricca di umori, magica,
Del ‘900
elaborata e intelligente. I suoi scritti sono raccolti nei volumi Pesci rossi (1920), La
giornata delle belle donne (1924), L’osteria del cattivo tempo (1927) e Corse al
trotto e altre cose (1952).
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo, 1896 – Roma, 1957) è l’autore di un
unico ma celebre romanzo: Il Gattopardo pubblicato postumo nel 1958. Il libro è
ambientato nel Risorgimento in Sicilia e descrive la morte della classe nobiliare sop-
piantata dalla nascente borghesia. Pur trattando di eventi passati, tuttavia l’autore
racconta il tempo presente, in particolare lo spirito siciliano, definito “gattopardesco”.
Nel romanzo sono presenti i temi della decadenza, del fluire del tempo e della morte.
Dino Buzzati (San Pellegrino di Belluno, 1906 – Milano, 1972), affronta temi come
l’angoscia, il mistero, la paura della morte, il sentimento di rivalsa dell’uomo mediocre.
Impregnati di un sentimento fatalista, gli scritti di Buzzati danno particolare rilievo
al destino ineluttabile, onnipotente, imperscrutabile e beffardo. I suoi romanzi più
celebri sono Bàrnabo delle montagne (1933), Il segreto del Bosco Vecchio (1949),
Il deserto dei Tartari (1940), La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), Il
grande ritratto (1960), Un amore (1963).
Tommaso Landolfi (Pico, 1908 – Ronciglione, 1979) oltre ad essere un importante
scrittore ha svolto un’intensa attività di traduttore dal russo. La sua è una scrittura
complessa ed elaborata, attenta soprattutto allo stile e alle sperimentazioni linguisti-
che. Nei suoi scritti vi è un ampio uso di neologismi, vocaboli desueti, termini gergali e
dialettali. Tra i suoi libri si segnalano Dialogo dei massimi sistemi(1937), La pie-
tra lunare. Scene della vita di provinci a (1939), II mar delle blatte e altre storie
(1939), Il principe infelice (1943), Le due zitelle (1942), Racconti (1961), Tre racconti
(1964), Un amore del nostro tempo (1965), Racconti impossibil i (1966), Breve canzo-
niere (1971).
2.3.9 Il neorealismo
Il movimento neorealista si sviluppa nel periodo del dopoguerra con l’intenzione di
rappresentare la realtà del conflitto. Le storie trattano sovente episodi di vita vissuta
in prima persona e sono narrate con uno stile chiaro e diretto. A partire dal 1944 la
produzione narrativa è molto densa. I libri, spesso sotto forma di cronache o di diario,
raccontano l’esperienza della guerra e in particolare della Resistenza.
Questo tipo di letteratura è stata definita “impegnata” per la sua riflessione sulla storia
nazionale, volta alla ricostruzione di una nazione democratica e antifascista.
Letteratura 259
In questi anni nascono alcune riviste che sviluppano il dibattito politico e culturale,
la più celebre è Il Politecnico fondata nel 1945 da Elio Vittorini.
Elio Vittorini (Siracusa, 1908 – Milano, 1966) è considerato uno scrittore antifascista.
Durante la guerra svolge attività clandestina per il partito comunista e viene arrestato.
Anche in seguito al suo rilascio continua a collaborare con riviste e giornali in cui ha
occasione di esprimere le proprie idee politiche, nel ’45 dirige per alcuni mesi “L’Unità”.
Il suo lavoro di scrittore è affiancato da quello di traduttore dall’inglese. Vittorini
contribuisce a diffondere in Italia la moderna letteratura anglosassone, creando cosı̀ il
mito dell’America. Tra i suoi lavori si segnalano Conversazione in Sicilia (1941),
Letteratura
Uomini e no (1945), Il garofano rosso (1948) ed Erica e i suoi fratelli (1956).
Alberto Moravia (Roma, 1907 – Roma, 1990) nel 1929 pubblica il suo romanzo più
significativo Gli indifferenti. In questo libro, scritto con una prosa fredda e chirur-
gica, vengono descritti il torpore morale e la sessualità morbosa della classe borghese.
Il romanzo suscita una forte reazione da parte del fascismo. Sebbene Moravia eser-
citi un ruolo d’intellettuale militante, i suoi romanzi non trattano direttamente della
guerra o della resistenza. I temi più ricorrenti sono piuttosto l’umanità mediocre in-
capace di slanci, oppressa dal desiderio di sesso e di denaro. I suoi scritti più celebri
sono Agostino (1944), La romana (1947), La ciociara (1957), La noia (1960),
L’attenzione (1965), Racconti romani (1954) e alcuni reportage di viaggio.
Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950) accusato di antifasci-
smo, nel 1935 viene arrestato, incarcerato e in seguito condannato a tre anni di con-
fino a Brancaleone Calabro. La sua posizione antifascista è forte, si iscrive al partito
Comunista e collabora al quotidiano l’Unità. Scrive molte opere in cui tratta la vita
delle persone semplici, afflitte dalla guerra. Il tono tuttavia è lieve, asciutto e nono-
stante le vicende narrate siano spesso drammatiche la leggerezza dello scrittore rende
la lettura dei testi piacevole e scorrevole. Accanto all’attività di scrittore si dedica alla
traduzione dall’inglese, facendo conoscere al pubblico italiano le opere dei contempora-
nei americani. Pavese inoltre collabora stabilmente con la casa editrice Einaudi di cui
diventa collaboratore di primissimo piano.
I suoi scritti principali sono Lavorare stanca (1943), Il carcere (1949), Paesi
tuoi (1941), La bella estate (1949), Dialoghi con Leucò (1947), Il compagno
(1947), La casa in collina (1949), Tra donne sole (1949), La luna e i falò (1950), Le
poesie Verrà la morte e avrà i tuoi occhi pubblicata postuma, il saggio La letteratura
americana e altri saggi (1951) e il diario pubblicato postumo Il mestiere di vivere.
Diario 1935-1950.
Vasco Pratolini (Firenze, 1913 – Roma, 1991) è stato definito “il poeta del suo
quartiere”, dato il forte legame con la città di Firenze, dove è cresciuto. Nei suoi testi
la città è intesa come luogo di incontro per gli individui, occasione di condivisione di
idee e sentimenti. Pratolini, sensibile alla politica della Resistenza, attraverso la storia
dei singoli personaggi narra la storia collettiva del Paese. Tra i suoi componimenti si
segnalano Cronache di poveri amanti (1947), Metello (1955), Lo scialo (1960) e
La costanza della ragione (1963).
Ignazio Silone (Pescina, 1900 – Ginevra, 1978), fortemente antifascista, ha parteci-
pato attivamente alla vita politica italiana risultando tra i fondatori del Partito Co-
munista. Nei suoi libri Silone affronta le tematiche sociali e si fa rappresentante delle
260 Letteratura del ’900
masse contadine. Il suo romanzo più importante è Fontamara (1933) che diventa
un caso letterario. Fotografando uno spaccato della vita italiana nelle campagne nel
periodo fascista, il testo denuncia la condizione di oppressione e ingiustizia sociale da
cui emerge un forte senso di solidarietà e pietà cristiana. Altri romanzi sono Pane e
vino (1936), Il seme sotto la neve (1941), Il segreto di Luca (1956) e L’avventura di
un povero cristiano (1968).
Carlo Levi (Torino, 1902 – Roma, 1975) nel 1931 aderisce al movimento antifascista
Giustizia e libertà e nel 1934 viene arrestato e successivamente condannato al confino
nel piccolo centro di Aliano, in Basilicata. Da questa esperienza nasce il suo romanzo
più celebre, Cristo si è fermato a Eboli (1945). Nel libro Levi denuncia le gra-
Del ‘900
vissime condizioni di vita dei contadini, dimenticati dalle istituzioni, dove neppure la
parola di Cristo sembra essere mai giunta. Tra gli altri testi si segnalano Le parole
sono pietre (1955), Il futuro ha un cuore antico (1956), Tutto il miele è finito (1965)
e L’orologio (1950).
Levi si dedica anche alla pittura e nel 1954 partecipa alla Biennale di Venezia con
dipinti neorealisti.
Carlo Cassola (Roma, 1917 – Montecarlo, 1987) aderisce ai gruppi comunisti del
volterrano e partecipa alla resistenza.
I temi principali della sua opera sono la vita e la felicità, che si realizzano al meglio
compiendo i piccoli gesti quotidiani e intrecciando semplici rapporti umani.
L’ambiente descritto da Cassola è quello della sua Maremma, descritta come terra
discreta, modesta, abitata da contadini, artigiani e piccolo borghesi.
Generalmente le sue storie sono ambientate durante il ventennio fascista. Pur in-
serendosi nella corrente neorealista per le tematiche affrontate, Cassola ne prende in
parte le distanze dal punto di vista stilistico. Al linguaggio popolare e dialettale, Cas-
sola predilige una scrittura semplice, pulita e lineare, specchio delle storie che intende
raccontare. I suoi scritti principali sono Il taglio del bosco (1963), La ragazza di Bube
(1960), Un cuore arido (1961), La visita (1962) Monte Mario (1973), Gisella (1974)
e Troppo tardi (1975).
Beppe Fenoglio (Alba, 1922 – Torino, 1963) nel 1944 si unisce alle prime formazioni
partigiane e dopo la guerra inizia a dedicarsi alla narrativa, pur non diventando mai
un letterato di professione.
Nei suoi scritti è presente l’elemento autobiografico. Molti scritti affrontano il tema
della lotta partigiana. La peculiarità di Fenoglio è l’assenza di enfasi o mitizzazione,
al contrario, la resistenza viene descritta con estrema semplicità cui si fondono anche
altri argomenti come l’amore e la vita quotidiana.
L’ambientazione dei testi è quella delle Langhe, luogo caro allo scrittore e protagoni-
sta delle sue storie. Nei suoi libri è forte l’influenza del dialetto piemontese e dell’inglese
che si fondono andando a creare una lingua unica. Tra le sue opere I ventitré giorni
della città di Alba (1952), La malora (1954) e Primavera di bellezza (1959). Ven-
Letteratura 261
gono pubblicati postumi Un giorno di fuoco (1963), Una questione privata (1963),
Il partigiano Johnny (1968) e La paga del sabato (1969).
Il cinema neorealista
Tra il 1943 e il 1955 in Italia il neorealismo si sviluppa non solo in ambito letterario ma anche
in quello cinematografico. Il termine neorealismo è stato impiegato per la prima volta nel 1943
Letteratura
in riferimento al film Ossessione di Luchino Visconti.
La caratteristica principale di questo nuovo modo di fare cinema è l’interesse per la realtà:
le scene non vengono girate negli studi ma per la strada, in ambienti reali, senza l’uso di attori
professionisti. Il cinema neorealista pone l’attenzione al disperato paesaggio sociale raffiguran-
do la realtà italiana post fascista, arretrata e contradditoria. Il film simbolo del neorealismo
è Roma città aperta di Roberto Rossellini, girato per le strade di Roma durante gli ultimi
giorni dell’occupazione tedesca. A Roma città aperta segue una serie di film riconosciuti tra
i più grandi capolavori del cinema del dopoguerra: Ladri di biciclette di De Sica, Paisà di
Rossellini e Riso amaro Giuseppe De Santis. Convenzionalmente l’esperienza neorealista si
chiude all’inizio degli anni Cinquanta con Umberto D. di De Sica.
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 – Roma, 1975) è un intellettuale a vasto raggio,
si occupa di narrativa, cinema e giornalismo. Il tema di fondo delle sue opere è il pro-
letariato, con una particolare attenzione agli ambienti bassi e disagiati. I protagonisti
dei suoi testi spesso sono miseri, poveri, ma non per questo negativi dal punto di vista
morale. I personaggi più umili al contrario sono sovente portatori di valori incorrotti
e puri. Roma è l’ambientazione privilegiata dallo scrittore, in particolare la periferia
delle borgate, di cui descrive la vita notturna, le prostitute, i protettori e i clienti. La
lingua di Pasolini è sapientemente bassa, con intromissioni dialettali e gergali. Il lessi-
Del ‘900
co diventa cosı̀ espressione delle storie e dei personaggi raccontati. La sua produzione
letteraria è molto vasta, si segnalano.
Ragazzi di vita (1955), Una vita violenta (1959), Il sogno di una cosa (1962), Petro-
lio (1992), le raccolte poetiche La meglio gioventù (1954) e La religione del mio tempo
(1961). Tra i suoi film Accattone (1961), Comizi d’amore (1964), Il Vangelo secondo
Matteo (1964), Teorema (1968), Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975).
Carlo Emilio Gadda (Milano, 1893 – Roma, 1973) è uno scrittore molto attento alla
lingua e alla costruzione narrativa. Calvino descrive la sua opera sostenendo che “Cercò
per tutta la vita di rappresentare il mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo,
di rappresentarlo senza attenuarne affatto l’inestricabile complessità, o per meglio dire
la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinare ogni
evento”. La sua opera principale è Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
(1957), un romanzo giallo atipico e sperimentale ambientato nei primi anni del fascismo.
Tra gli altri scritti si segnalano La cognizione del dolore (1963), Eros e Priapo (da
furore a cenere) (1967) e La meccanica (1970).
Primo Levi (Torino, 1919 – Torino, 1987) nel 1943 viene catturato dai nazifasci-
sti e deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. La sua vita, e di
conseguenza il suo lavoro letterario, sono fortemente segnati da questa esperienza. La
maggior parte dei suoi scritti ruota intorno all’esperienza della prigionia nel lager. Levi
affronta il tema con uno stile realista-descrittivo, la sua è una narrazione asciutta e
sintetica, priva di sentimentalismo.
I suoi scritti principali sono Se questo è un uomo (1947), La tregua (1963), La
chiave a stella (1978), Se non ora, quando? (1982), I sommersi e i salvati (1986).
Giorgio Bassani (Bologna, 1916 – Roma, 2000) ritrae la realtà attraverso il filtro
della memoria. Il tema centrale delle sue opere è il mondo ebraico di Ferrara durante il
regime fascista. Le persecuzioni razziali acuiscono il pessimismo, il senso di solitudine
e di tristezza di Bassani. Pur narrando fatti e vicende che si inseriscono nel quadro
storico di quegli anni, nei suoi scritti sono presenti intimismo e introspezione. Le sue
Letteratura 263
opere principali sono Cinque storie ferraresi (1956), Gli occhiali d’oro (1958) e Il
giardino dei Finzi-Contini (1962).
Italo Calvino (Santiago de Las Vegas, 1923 – Siena, 1985) è tra gli intellettuali italiani
più importanti nel Novecento.
Inizialmente Calvino aderisce alla corrente neorealista. La sua attenzione è rivolta
all’impegno politico e alla realtà, egli racconta l’esperienza partigiana oggettivamente
e lucidamente, non tralasciando però leggerezza e ironia. In questo periodo compone
Il sentiero dei nidi di ragno (1947) e la raccolta di racconti Ultimo viene il corvo
(1949).
Letteratura
Con il trascorrere del tempo lo scrittore comincia a percorrere la strada dell’inven-
zione fantastica. Attento studioso della cultura popolare e delle fiabe, Calvino assume
un linguaggio allegorico e simbolico in cui si scardina la pretesa di una verità assoluta.
La trilogia I nostri antenati, che comprende i tre romanzi Il visconte dimezzato
(1952), Il barone rampante (1957), e Il cavaliere inesistente (1959), è composta
secondo tale visione illusoria.
In Le cosmicomiche o Ti con zero (1965) si può notare un avvicinamento alla lette-
ratura di fantascienza. La peculiarità è che le vicende sono ambientate in un passato
remoto, costituendo una sorta di mito originario.
Accanto alla produzione onirico fantastica Calvino continua comunque a produrre
testi che descrivono la realtà quotidiana ed esaminano il ruolo dell’intellettuale impe-
gnato a comprendere il senso della vita. In questa direzione sono i racconti Marcovaldo
(1958) e La giornata di uno scrutatore (1963).
A partire dagli anni Sessanta Calvino abbraccia poi una letteratura “combinatoria”,
basata sull’artificio e sul gioco linguistico, in cui la forma e la struttura del testo
assumono un ruolo centrale.
Il Castello dei destini incrociati (1969) è il primo frutto di questa nuova concezione,
segue Le città invisibili (1972), una sorta di riscrittura del Milione di Marco Polo, in
cui il protagonista descrive delle città immaginarie.
Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) infine è un’opera metanarrativa
in cui i meccanismi della narrazione vengono messi a nudo per indurre il lettore a
riflettere sulla scrittura e sui suoi meccanismi.
Elsa Morante (Roma 1912 – Roma 1985) nel 1941 sposa Alberto Moravia e pubblica il
suo primo libro Il gioco segreto, una racconta dei suoi lavori comparsi precedentemente
sui giornali. Il suo primo romanzo è Memoria e sortilegio, del 1948. Nel 1957 esce il
suo secondo romanzo L’isola di Arturo e nel 1974 La storia. La vita di Elsa Morante
è caratterizzata da numerosi viaggi e dalle frequentazioni di intellettuali importanti
come Pier Paolo Pasolini.
Mario Luzi (Sesto Fiorentino, 1914 – Firenze, 2005) è una figura importante nell’am-
bito della poesia italiana. La sua produzione è molto vasta e si divide sostanzialmente
in tre periodi. Le poesie degli esordi sono fortemente essenziali ed ermetiche. La se-
conda fase è quella più apprezzata dalla critica e comprende le raccolte Primizie del
deserto (1952), Onore del vero (1957), Dal fondo delle campagne (1965) e Su fonda-
menti invisibili (1971), in queste liriche l’inquietudine del poeta è rappresentata dalla
descrizione della natura. L’ultimo periodo poetico è stato definito pieno, lo stile infatti
è più prosastico e i contenuti rimandano ai ricordi dell’adolescenza, alla descrizione di
ambienti quotidiani e ai paesaggi esotici.
264 Letteratura del ’900
Oriana Fallaci (Firenze 1929 – Firenze 2006) è stata un’importante giornalista, in-
viata di guerra e scrittrice. In gioventù aderisce al movimento partigiano clandestino
della Resistenza Giustizia e Libertà. In seguito collabora con testate importanti come
L’Europeo per il quale realizza molti reportage. Nel 1967 si reca in Vietnam come
corrispondente di guerra, da questa esperienza scrive il libro Niente e cosı̀ sia (1969).
Come corrispondente di guerra segue anche i conflitti tra India e Pakistan, in Sud
America e in Medio Oriente. Nel 1973 conosce Alekos Panagulis, un leader dell’oppo-
sizione greca al regime dei Colonnelli, con il quale stringe una relazione sentimentale.
Nel romanzo Un uomo, pubblicato nel 1979, Fallaci racconta la storia del suo com-
pagno. Nel 1990 esce il romanzo Insciallah, ambientato tra le truppe italiane inviate
dall’ONU nel 1983 a Beirut.
Del ‘900
Il seguito ai fatti dell’11 settembre 2001 la scrittrice denuncia la decadenza della ci-
viltà occidentale che, minacciata dal fondamentalismo islamico, risulta incapace di
difendersi.
Carlo Fruttero (Torino, 1926 – Castiglione della Pescaia 2012) ha condiviso gran
parte del proprio lavoro letterario con lo scrittore Franco Lucentini (Roma, 1920
– Torino, 2002). Insieme hanno diretto la collana di fantascienza Mondadori Urania
e scritto molti libri in prevalenza di genere giallo come La donna della domeni-
ca (1972), A che punto è la notte, (1979) da cui è stato tratto un film diretto
da Luigi Comencini e Il quarto libro della fantascienza (1991).
Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 – Lisbona, 2012) è il maggior conoscitore e tradut-
tore italiano dell’opera del portoghese Fernando Pessoa. Ha inoltre svolto un’intensa
attività di scrittore in cui l’impegno politico e sociale si fondono con il piano narrativo
e ludico. I suoi scritti hanno ricevuto molti riconoscimenti in Italia e all’estero, tra i più
noti Notturno indiano (Sellerio, 1984), Sostiene Pereira (1994), Si sta facendo
sempre più tardi (2001).
Giorgio Bocca (1920) a diciotto anni ottiene la tessera del Partito nazionale fascista
e sottoscrive il Manifesto in difesa della razza italiana. Nel 1943 passa nella Resistenza
e milita nella formazione Giustizia e Libertà. Nel 1975 è tra i fondatori di Repubblica e
collabora con diverse testate giornalistiche. Dalla pratica del giornalismo nasce la sua
attività di scrittore. Tra i suoi libri Il provinciale. Settant’anni di vita italiana (2012),
Aspra Calabria (2011), L’Italia è malada (2005).
Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926), drammaturgo e attore teatrale, è stato insignito
del Premio Nobel nel 1997. Egli fa uso degli stilemi comici della commedia dell’arte
rielaborandoli in chiave di satira politica.
Fortemente polemico nei confronti dell’attualità, il passato e il presente vengono mes-
si a confronto provocando un effetto straniante e grottesco. La lingua e le acrobazie
Letteratura 265
Letteratura
I suoi scritti letterari traggono spunto da leggende o vicende storiche che diventano
pretesto per riflessioni filosofiche, morali o interpretazioni della realtà contemporanea.
Le tematiche più affrontate sono quelle legate ad aspetti misteriosi dell’esistenza come
i Templari, il sacro Graal e la sacra Sindone. Il suo libro più celebre è Il nome della
rosa (1980) in cui vengono messi in risalto i timori dell’uomo medievale. Tra gli altri
scritti narrativi si segnalano Il pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima
(1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana (2004) e Il cimitero
di Praga (2010).
Alberto Bevilacqua (Parma, 1934) è tra gli scrittori italiani contemporanei più co-
nosciuti. Il primo libro che lo rende celebre è La califfa (1964), mentre il suo romanzo
più significativo è Questa specie d’amore in cui lo scrittore descrive il conflitto del-
l’intellettuale protagonista tra nostalgia del passato vissuto in provincia e l’impegno
sociale e culturale proprio della vita nella capitale. Da Questa specie di amore l’autore
stesso cura la trasposizione cinematografica che vince il David di Donatello. Tra gli
altri suoi scritti L’occhio del gatto (1968), La polvere sull’erba (2000).
Dacia Maraini (Fiesole, 1936) dopo un’infanzia difficile in cui vive l’esperienza del
campo di concentramento a Tokyo, comincia a Roma la propria carriera di scrittri-
ce e giornalista. Si occupa di teatro e scrive diversi libri tra cui Donna in guerra
(1975), Il treno per Helsinki (1984), Buio (1999) che parla della violenza sull’infanzia
e sull’adolescenza raccontata in dodici storie e Colomba (2004).
Claudio Magris (Trieste, 1939) è un importante scrittore e docente di letteratu-
ra tedesca. Il suo lavoro più importante è Danubio (1986). Altri libri celebri sono
Microcosmi (1997) e Lei dunque capirà (2006).
Sandro Veronesi (Firenze, 1959) caratterizza la propria scrittura con uno stile ironico
e umoristico a partire da tematiche serie e talvolta drammatiche. Tra i suoi lavori più
celebri Live (1996) e La forza del passato (2000). Nel 2006 pubblica Caos Calmo, un
libro considerato come una delle migliori prove narrative degli ultimi anni.
Roberto Saviano (Napoli, 1979) è uno scrittore e personaggio televisivo che ha rag-
giunto successo pubblicando il suo primo libro Gomorra nel 2006. Si tratta di un testo
di non-fiction in cui l’autore racconta la realtà della camorra e della criminalità orga-
nizzata. Nel 2009 pubblica La bellezza e l’inferno. Collabora con alcune trasmissioni
televisive come Che tempo che fa e Vieni via con me.
Letteratura
polizia Jules Maigret.
Albert Camus (1913-1960) Lo straniero (1942)
Caligola (1944)
La Peste (1947)
Letteratura
Saul Bellow (1915-2005) La resa dei conti (1956)
Premi letterari:
PREMIO STREGA
Il più importante premio letterario italiano è il Premio Strega, istituito nel 1947 per ini-
ziativa dei coniugi Bellonci, Goffredo, giornalista e critico letterario, e Maria, scrittrice
e traduttrice. Il premio unico è assegnato a un libro di narrativa in prosa di autore
italiano, pubblicato tra il 1◦ aprile dell’anno precedente ed il 31 marzo dell’anno in
corso. Tra i promotori del premio letterario figurava anche Guido Alberti, produttore
del liquore Strega e sponsor dell’omonimo premio fin dalla prima edizione. Il premio,
gestito dal 1986 dalla Fondazione Bellonci, è assegnato annualmente da una giuria (gli
“Amici della domenica”) che riunisce 400 importanti personalità della cultura italiana
e gli ex-vincitori.
1947: Ennio Flaiano, Tempo di uccidere (Longa- 1952: Alberto Moravia, I racconti (Bompiani)
nesi) 1953: M. Bontempelli, L’amante fedele (Monda-
1948: Vincenzo Cardarelli, Villa Tarantola (Meri- dori)
diana) 1954: Mario Soldati, Lettere da Capri (Garzanti)
1949: G. B. Angioletti, La memoria (Bompiani) 1955: Giovanni Comisso, Un gatto attraversa la
1950: Cesare Pavese, La bella estate (Einaudi) strada (Mondadori)
1951: Corrado Alvaro, Quasi una vita (Bompiani) 1956: Giorgio Bassani, Cinque storie ferraresi
270 Premi letterari
naudi)
1964: Giovanni Arpino, L’ombra delle colline casa (Mondadori)
(Mondadori) 1993: Domenico Rea Ninfa plebea (Leonardo)
1965: Paolo Volponi, La macchina mondiale 1994: Giorgio Montefoschi, La casa del padre
(Garzanti) (Bompiani)
1966: Michele Prisco, Una spirale di nebbia 1995: M. Teresa Di Lascia, Passaggio in ombra
(Rizzoli) (Feltrinelli)
1967: Anna Maria Ortese, Poveri e semplici 1996: Alessandro Barbero, Bella vita e guerre
(Vallecchi) altrui di Mr Pyle, gentiluomo (Mondadori)
1968: Alberto Bevilacqua, L’occhio del gatto 1997: Claudio Magris, Microcosmi (Garzanti)
(Rizzoli) 1998: Enzo Siciliano, I bei momenti (Mondadori)
1999: Dacia Maraini, Buio (Rizzoli)
1969: Lalla Romano, Le parole tra noi leggere
2000: Ernesto Ferrero, N. (Einaudi)
(Einaudi)
2001: Domenico Starnone, Via Gemito (Feltrinel-
1970: Guido Piovene, Le stelle fredde (Mondadori)
li)
1971: Raffaello Brignetti, La spiaggia d’oro
2002: Margaret Mazzantini, Non ti muovere
(Rizzoli)
(Mondadori)
1972: Giuseppe Dess, Paese d’ombre (Mondadori)
2003: Melania G. Mazzucco, Vita (Rizzoli)
1973: Manlio Cancogni, Allegri, gioventù (Rizzoli) 2004: Ugo Riccarelli, Il dolore perfetto (Mondado-
1974: Guglielmo Petroni, La morte del fiume ri)
(Mondadori) 2005: Maurizio Maggiani, Il viaggiatore notturno
1975: Tommaso Landolfi, A caso (Rizzoli) (Feltrinelli)
1976: Fausta Cialente, Le quattro ragazze Wiesel- 2006: Sandro Veronesi, Caos calmo (Bompiani)
berger (Mondadori) 2007: Niccol Ammaniti, Come Dio comanda
1977: Fulvio Tomizza, La miglior vita (Rizzoli) (Mondadori)
1978: Ferdinando Camon, Un altare per la madre 2008: Paolo Giordano, La solitudine dei numeri
(Garzanti) primi (Mondadori)
1979: Primo Levi, La chiave a stella (Einaudi) 2009: Tiziano Scarpa, Stabat Mater (Einaudi)
1980: Vittorio Gorresio, La vita ingenua (Rizzoli) 2010: Antonio Pennacchi, Canale Mussolini
1981: Umberto Eco, Il nome della rosa (Bompia- (Mondadori)
ni) 2011: Edoardo Nesi, Storia della mia gente
1982: Goffredo Parise, Sillabario n.2 (Mondadori) (Bompiani)
1983: Mario Pomilio, Il Natale del 1833 (Rusconi) 2012: Alessandro Piperno, Inseparabili. Il fuoco
1984: Pietro Citati, Tolstoj (Longanesi) amico dei ricordi (Mondadori)
1985: Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti 2013: Walter Siti, Resistere non serve a niente
(Mondadori) (Rizzoli)
PREMIO CAMPIELLO
1963: Primo Levi, La tregua 1991: Isabella Bossi Fedrigotti, Di buona famiglia
1964: Giuseppe Berto, Il male oscuro 1992: Sergio Maldini, La casa a Nord-Est
1965: Mario Pomicio, La compromissione 1993: Raffaele Crovi, La valle dei cavalieri
1966: Alberto Bevilacqua, Questa specie d’amore 1994: Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira
1967: Luigi Santucci, Orfeo in Paradiso 1995: Maurizio Maggiani, Il coraggio del petti-
1968: Ignazio Silone, L’avventura di un povero rosso
cristiano
1996: Enzo Bettiza, Esilio
1969: Giorgio Bassani, L’airone
1997: Marta Morazzoni, Il caso Courrier
1970: Mario Soldati, L’attore
1971: Gianni Mancini, Ritratto in piedi 1998: Cesare De Marchi, Il talento
1972: Mario Tobino, Per le antiche scale 1999: Ermanno Rea, Fuochi fiammanti a un’ora
Educazione Civica
1973: Carlo Sgorlon, il trono di legno di notte
1974: Stefano Terra, Alessandra 2000: Sandro Veronesi, La forza del passato
1975: Stanislao Nievo, Il prato in fondo al mare 2001: Giuseppe Pontiggia, Nati due volte
1976: Gaetano Tumiati, Il busto di gesso 2002: Franco Scaglia, Il custode dell’acqua
1977: Saverio Strati, Il selvaggio di Santa Venere 2003: Marco Santagata, Il Maestro dei santi
1978: Gianni Granzotto, Carlo Magno pallidi
1979: Mario Rigoni Stern, Storia di Tönle 2004: Paola Mastrocola, Una barca nel bosco
1980: Giovanni Arpino, Il fratello italiano 2005 (ex aequo): Pino Rovereto, Mandami a dire
1981: Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore e Antonio Scurati, Il sopravvissuto
1982: Primo Levi, Se non ora quando? 2006: Salvatore Niffoi, La vedova scalza
1983: Carlo Sgorlon, La conchiglia di Anataj 2007: Mariolina Venezia, Mille anni che sto qui
1984: Pasquale Festa Campanile, Per amore, solo
2008: Benedetta Cibrario, Rosso vermiglio
per amore
2009: Margaret Mazzantini, Venuto al mondo
1985: Mario Biondi, Gli occhi di donna
1986: Alberto Ongaro, La partita 2010: Michela Murgia, Accabadora
1987: Raffaele Nigro, I fuochi di Basento 2011: Andrea Molesini, Non tutti i bastardi sono
1988: Rosetta Loy, Le strade di polvere di Vienna
1989: Francesca Duranti, Effetti personali 2012: Carmine Abate, La collina del vento
1990: Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna 2013: Ugo Ricciarelli, L’amore graffia il mondo
Ucrı́a 2014: Giorgio Fontana, Morte di un uomo felice
Educazione Civica
3
Nei Test di ammissione possono essere
presenti anche quesiti di educazione ci-
vica. Generalmente non è richiesta una
conoscenza eccessivamente approfon-
dita, è importante tuttavia apprendere
le principali norme della Costituzione
italiana e l’ordinamento giuridico del
nostro Stato.
Inoltre, dato il sempre maggiore
peso della Comunità Europea nella vi-
ta delle singole nazioni e dei cittadini,
è bene conoscere anche le norme del
diritto internazionale.
Figura 3.1: Unione europea.
Nelle pagine seguenti proponiamo
una schematizzazione delle nozioni fondamentali che ricorrono con maggiore frequenza.
Il diritto è l’insieme di regole di condotta, dette anche norme, generali e astratte, che
regolano le azioni dei soggetti appartenenti a una determinata collettività.
L’Ordinamento Giuridico indica le norme che regolano la vita di una comunità, di
una popolazione.
Esso comprende inoltre l’organizzazione interna dello Stato e tutto ciò che riguarda i
rapporti giuridici tra gli organi dello Stato e i membri della collettività. L’Ordinamento
giuridico regola i rapporti fra le persone riconoscendo diritti e imponendo obblighi e
doveri.
All’interno di questo insieme di norme si possono distinguere due rami del diritto: il
diritto pubblico e il diritto privato.
Le norme giuridiche
Le norme giuridiche sono le regole che concorrono a disciplinare l’organizzazione
della vita della collettività. La giuridicità di una norma deriva dal suo inserimento
nell’Ordinamento. La forza vincolante delle norme giuridiche deriva infatti proprio dal
fatto di essere previste da un atto dotato di autorità e si presentano dunque come
imposte dall’Ordinamento.
I fatti produttivi delle norme si chiamano fonti, la norma è l’espressione della
volontà dell’organo investito del potere di elaborare regole.
Educazione Civica 273
Educazione Civica
3.1 Diritto pubblico
Il diritto pubblico raccoglie le disposizioni inderogabili a tutela degli interessi dell’intera
collettività. Disciplina la formazione, l’organizzazione e l’attività dello Stato e degli enti
pubblici, nonché i loro rapporti con i privati.
Il diritto pubblico si articola in:
diritto costituzionale: comprende le norme essenziali e i principi fondamentali
della vita dello Stato e dei cittadini. Tali norme sono contenute nella Costituzione
e nelle leggi costituzionali.
diritto amministrativo: disciplina, nel rispetto della Costituzione e della legge,
l’attività amministrativa dello Stato in tutti i suoi molteplici aspetti.
diritto penale: comprende le norme con cui lo Stato, mediante la minaccia di
una sanzione o pena, proibisce determinati comportamenti definiti reati.
diritto finanziario: regola l’attività finanziaria dello Stato e degli altri enti
pubblici.
diritto tributario: comprende le norme che disciplinano il fisco e i contribuenti.
diritto processuale: regola e disciplina i diversi procedimenti inerenti le con-
troversie relative all’applicazione del diritto civile, penale e amministrativo.
diritto ecclesiastico: comprende le norme che disciplinano i rapporti dello Stato
con le Chiese e le confessioni religiose.
diritto della navigazione: comprende le norme che disciplinano la navigazione
marittima e aerea.
diritto pubblico internazionale: comprende le norme che regolano i rapporti
tra Stati e tra gli Stati e le organizzazioni internazionali.
Potere legislativo
Il potere legislativo compete al Parlamento.
Il Parlamento italiano si compone di due organi: la Camera dei deputati e il
Senato della Repubblica. In sintesi, le principali funzioni ad essi attribuite sono:
Funzione legislativa.
La messa in stato d’accusa dello stesso Presidente per i reati di alto tradimento
o di attentato alla Costituzione.
Il Senato e la Camera, eletti a suffragio universale, durano in carica cinque anni, a meno
che il Presidente della Repubblica non eserciti il potere di scioglimento anticipato, per
entrambe o anche per una sola delle due. La durata della legislatura è identica per
entrambe le Camere, che invece si differenziano per la composizione ed i criteri di
elezione.
I 630 deputati della Camera, la cui età non può essere inferiore ai 25 anni, vengono
eletti da tutti i cittadini maggiorenni. I 315 senatori elettivi, la cui età non può essere
inferiore ai 40 anni, vengono invece eletti dai cittadini che abbiano compiuto il 25◦
anno di età.
Oltre ai componenti elettivi in Senato siedono anche gli ex Presidenti della Repub-
blica e i 5 senatori a vita, nominati dal Presidente della Repubblica fra i cittadini che
abbiano ottenuto importanti meriti in campo sociale, scientifico, artistico o letterario.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne
la fiducia.
Il voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non
comporta obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componen-
ti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione.
Educazione Civica
Sito del Governo italiano: www.governo.it/
1. Presidente del Consiglio dei Ministri (primo ministro) è il Capo del Governo.
Egli dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di in-
dirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
Viene nominato dal Presidente della Repubblica nell’ambito dei partiti che hanno ot-
tenuto la maggioranza. Non appena nominato propone al Presidente della Repubblica
le nomine dei singoli ministri assieme ai quali, dopo avere prestato giuramento dinanzi
al Presidente della Repubblica e dopo avere ricevuto il voto di fiducia da entrambi i
rami del parlamento, andrà a formare il Consiglio dei Ministri.
2. Ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente
del Consiglio e sono responsabili degli atti adottati dai dicasteri loro affidati e del-
le deliberazioni del Consiglio dei Ministri. Ai ministri spetta la funzione di indirizzo
politico, la definizione degli obiettivi e dei programmi da attuare, e una funzione di
controllo sulla rispondenza dei risultati della gestione amministrativa. Sotto il profilo
organizzativo, oltre che degli uffici del proprio ministero, i ministri si avvalgono di una
struttura di diretta collaborazione, denominata Ufficio di Gabinetto.
La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo
e quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle
forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo
Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del
riscontro eseguito.
276 Diritto pubblico
Consiglio dei Ministri costituito dall’unione dei precedenti due organi è presieduto
dal Presidente del Consiglio ed è composto da tutti i Ministri.
Il Consiglio dei Ministri determina la politica generale del Governo e l’indirizzo
generale dell’azione amministrativa. Esso delibera su ogni altra questione relativa al-
l’indirizzo politico fissato dal rapporto fiduciario con le Camere e provvede a dirimere
i conflitti di attribuzione tra i Ministri.
XVII Legislatura (dal 15 marzo 2013) elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013
Il compito di formare il secondo governo della legislatura viene affidato a Matteo Renzi
che il 25 febbraio 2014 ottiene la fiducia delle due Camere.
Il primo governo della XVII legislatura viene affidato ad Enrico Letta, che entra in carica
a partire dal 28 aprile 2013.
XVI Legislatura (dal 29 aprile 2008) elezioni politiche 13 e 14 aprile 2008.
Il secondo governo della legislatura è il Governo Monti (dal 16 novembre al 21 dicembre
2012). Si tratta in realtà di un Governo Tecnico, che esaurisce il suo mandato a seguito di
una crisi di governo.
Governo Berlusconi IV (dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011). Entra in crisi a se-
guito delle divisioni interne con il Ministro del MEF (Tremonti) e delle bocciature delle
varie agenzie di rating che anticipano l’esplosione della crisi del debito e l’impennata del
differenziale Btp-Bund, cosidetto Spread.
Educazione Civica 277
Il Governo Tecnico nasce quando, in particolari situazioni politiche, i singoli partiti non
giungono ad istituire un’alleanza politica vera e propria. Il Governo Tecnico scaturisce
dalla fiducia da parte dei partiti nei confronti della creazione di un tipo di governo
di natura transitoria. Il Governo Tecnico resta in carica per un determinato periodo di
tempo e precede solitamente una successiva fase elettorale vera e propria. I vari ministri
e il capo del Governo Tecnico vengono eletti al di fuori di un determinato partito politico
e non dal Parlamento.
Educazione Civica
XV Legislatura (28 aprile 2006 - 6 febbraio 2008) elezioni politiche 9 e 10 aprile 2006
Governo Prodi II (dal 17 maggio 2006 al 6 maggio 2008)
XIV Legislatura (30 maggio 2001 - 27 aprile 2006) elezioni politiche il 13 maggio 2001
Governo Berlusconi III (dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006)
Governo Berlusconi II (dall’11 giugno 2001 al 23 aprile 2005)
XIII Legislatura (9 maggio 1996 - 9 marzo 2001) elezioni politiche il 21 aprile 1996
Governo Amato II
Governo D’Alema II
Governo D’Alema
Governo Prodi
XII Legislatura (15 aprile 1994 - 16 febbraio 1996) elezioni politiche il 27 marzo 1994
Governo Dini
Governo Berlusconi
XI Legislatura (23 aprile 1992 - 16 gennaio 1994) elezioni politiche il 4 aprile 1992
Governo Ciampi
Governo Amato
X Legislatura (2 luglio 1987 - 2 febbraio 1992) elezioni politiche il 14 giugno 1987
Governo Andreotti VII
Governo Andreotti VI
Governo De Mita
Governo Goria
IX Legislatura (12 luglio 1983 - 28 aprile 1987) elezioni politiche il 26 giugno 1983
Governo Fanfani VI
Governo Craxi II
Governo Craxi
VIII Legislatura (20 giugno 1979 - 4 maggio 1983) elezioni politiche il 3 giugno 1979
Governo Fanfani V
Governo Spadolini II
Governo Spadolini
Governo Forlani
Governo Cossiga II
Governo Cossiga
VII Legislatura (5 luglio 1976 - 2 aprile 1979) elezioni politiche il 20-21 giugno 1976
Governo Andreotti V
Governo Andreotti IV
Governo Andreotti III
VI Legislatura (25 maggio 1972 - 1 maggio 1976) elezioni politiche il 7-8 maggio 1972
Governo Moro V
Governo Moro IV
Governo Rumor V
Governo Rumor IV
Governo Andreotti II
278 Diritto pubblico
Governo Moro I
Governo Leone
III Legislatura (12 giugno 1958 - 18 febbraio 1963) elezioni politiche il 25 maggio 1958
Governo Fanfani IV
Governo Fanfani III
Governo Tambroni
Governo Segni II
Governo Fanfani II
II Legislatura (25 giugno 1953 - 14 marzo 1958) elezioni politiche il 7 giugno 1953
Governo Zoli
Governo Segni
Governo Scelba
Governo Fanfani
Governo Pella
Governo De Gasperi VIII
I Legislatura (8 maggio 1948 - 4 aprile 1953) elezioni politiche il 18 aprile 1948
Governo De Gasperi VII
Governo De Gasperi VI
Governo De Gasperi V
Ordinamento provvisorio (25 luglio 1943 - 23 maggio 1948) Assemblea costituente (25
giugno 1946 - 31 gennaio 1948) Proclamazione della Repubblica: 2 giugno 1946
Governo De Gasperi IV
Governo De Gasperi III
Governo De Gasperi II (primo governo della Repubblica)
Governo De Gasperi
Governo Parri
Governo Bonomi II
Governo Bonomi
Governo Badoglio II
Governo Badoglio
Pubblica Amministrazione
Gli uffici pubblici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo da assicu-
rare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli
uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità dei
funzionari. I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo in
casi stabiliti dalla legge.
Educazione Civica 279
Enti locali
Gli enti locali sono enti pubblici la competenza dei cui organi è limitata in una
determinata circoscrizione territoriale.
Nell’Ordinamento italiano il termine ente locale fa riferimento agli enti territoriali di-
versi della regione: comuni, province e città metropolitane, nonché comunità monta-
ne, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi fra enti territoriali.
Educazione Civica
La Magistratura è un organo costituzionale con funzioni giurisdizionali che opera auto-
nomamente e indipendentemente dagli altri poteri. Detiene la funzione giurisdizionale
dello Stato che esercita e amministra in nome del popolo sovrano.
L’organo di governo della Magistratura Italiana è il Consiglio Superiore della
Magistratura (CSM), il cui presidente è il Presidente della Repubblica. Il CSM ha il
potere di nominare, assumere, promuovere, assegnare, trasferire in piena autonomia e
indipendenza i magistrati. Compito del Consiglio Superiore della Magistratura è anche
quello di prendere provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati.
I magistrati che operano all’interno della Magistratura possono essere distinti nelle
seguenti categorie:
Amministrativi: Hanno giurisdizione in merito alla tutela degli interessi legittimi
riferiti alla Pubblica Amministrazione. Ne fanno parte il Consiglio di Stato e i TAR.
Ordinari: Si tratta dei magistrati civili e penali, con competenza in materia di diritto
civile e penale.
Tributari: Esercitano la loro attività in ambito di tasse e imposte; ne fanno parte le
Commissioni Provinciali e Regionali.
Contabili: Hanno competenze relative al risarcimento del danno erariale e si identifi-
cano nella Corte dei Conti.
Costituzionali: Hanno competenze in merito alla costituzionalità delle varie leggi e
fanno capo alla Corte Costituzionale.
Militari: Esercitano sui reati commessi dalle forze militari, e si esplicano nei tribunali
militari.
www.quirinale.it/
Educazione Civica
superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie
giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio.
I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni e successivamente
non possono essere rieletti. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello
di membro del Parlamento, di Consiglio regionale, e con l’esercizio della professione di
avvocato.
La Corte elegge tra i suoi componenti il Presidente che rimane in carica per un
triennio ed è rieleggibile.
La Corte costituzionale giudica:
Sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni.
Sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e tra lo Stato e le Regioni.
diritto civile: comprende le norme che riguardano l’esistenza del singolo sogget-
to.
Costituzione
Leggi costituzionali
Leggi ordinarie
Leggi regionali
Regolamenti dell’esecutivo
Consuetudine
Accanto alle fonti del diritto italiano esistono anche le fonti derivanti dall’adesione
della Repubblica italiana all’Unione Europea, alla Comunità Europea e ai vari trattati
internazionali.
Principi fondamentali
I primi dodici articoli della Costituzione stabiliscono i Principi supremi dell’ordina-
mento giuridico e non possono essere modificati neanche attraverso il procedimento di
revisione costituzionale.
Art. 1
Educazione Civica
Costituzione.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei
doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di-
stinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4
Art. 5
Art. 6
Art.7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti ac-
cettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
284 Diritto privato
Art. 8
Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale ge-
neralmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle
norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della
Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
Art. 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità
con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali
rivolte a tale scopo.
Art. 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande
verticali di eguali dimensioni.
Parte I
La Parte I della Costituzione (artt.13-54) tratta dei diritti e dei doveri riconosciuti
ai cittadini.
La legge italiana riconosce a ogni persona che nasce la qualità di soggetto di diritto,
e riconosce quindi la capacità di possedere diritti e doveri.
La capacità giuridica
Per capacità giuridica si intende l’idoneità del soggetto a essere titolare di diritti e
obblighi e si acquista al momento della nascita. Ogni persona fisica quindi possiede
tale capacità per il solo fatto di esistere, a prescindere dalla durata della sua esistenza.
La capacità di agire
La capacità di agire è l’idoneità del soggetto ad esercitare i diritti e ad assumere gli
obblighi di cui è titolare.
Educazione Civica 285
Educazione Civica
all’interno di un rapporto tra soggetti particolari, come tra marito e moglie.
I diritti garantiti ai cittadini sono:
Il termine entro cui il Governo deve fare uso di questa potestà legislativa.
Il Governo delibera il testo normativo che verrà poi emanato con Decreto del Presidente
della Repubblica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Educazione Civica 287
Educazione Civica
3.2.8 Regolamenti del potere esecutivo o del Governo
I regolamenti dell’esecutivo rappresentano l’attività normativa secondaria del Governo,
diretta a produrre norme subordinate a quelle primarie.
I regolamenti sono fonti secondarie e come tali non possono derogare né alla Co-
stituzione né alle leggi ordinarie. Non possono regolare materie coperte da riserva di
legge. Infine, le sanzioni penali non possono essere previste con un regolamento.
A seconda del soggetto che li emana si distinguono in:
Regolamenti del Presidente del Consiglio, emanati dal Presidente del Consiglio
dei Ministri.
Regolamenti ministeriali (D.M.), emanati da singoli ministri nell’ambito delle
competenze del Dicastero o Ministero che presiedono.
Regolamenti interministeriali (D.P.C.M.), emanati dal Presidente del Consiglio
dei Ministri e riguardanti materie attinenti a più Ministeri.
A seconda del contenuto e dell’oggetto i regolamenti si distinguono in:
Regolamenti di esecuzione, adottati per regolare le modalità di esecuzione di una
legge senza introdurre novità giuridiche sostanziali e senza creare nuovi diritti,
obblighi o doveri a carico dei cittadini.
Regolamenti di attuazione e integrazione, adottati per integrare o attuare i prin-
cipi contenuti all’interno di una legge o di un decreto legislativo.
Regolamenti indipendenti, con cui il Governo detta norme nei più svariati settori
di interesse pubblico al di là di quanto già previsto dalle legge, determinando
spesso nuovi diritti e doveri dei cittadini.
Regolamenti delegati, finalizzati a permettere un processo di delegificazione. Que-
sti regolamenti disciplinano ex novo una materia precedentemente disciplinata
da norma primaria abrogandola per espressa previsione contenuta nella legge di
delega (norma primaria).
I regolamenti vengono emanati con D.P.R. ovvero con Decreto del Presidente della
Repubblica e sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
3.2.10 Consuetudine
La consuetudine, a differenza delle precedenti fonti, che sono rigorosamente scritte, è
una fonte del diritto non scritta basata sulla tradizione.
Perché si possa parlare di consuetudine occorrono due condizioni:
Educazione Civica
niera pacifica
diritti umani: ogni essere umano può esigere il rispetto dei diritti fondamentali
(diritto alla vita, all’incolumità fisica, alla libertà personale, alla libertà di opinio-
ne e di coscienza ecc.). Il diritto umanitario internazionale fissa regole per i casi
di guerra e in particolare per la protezione di persone civili, feriti e prigionieri di
guerra
la lotta contro i terrorismo e altri crimini
ambiente
commercio e sviluppo
telecomunicazioni
trasporti
CONSUETUDINE
L’insieme di comportamenti consacrati dal lungo uso nelle relazioni tra gli Stati. Hanno
valenza universale per tutti i soggetti internazionali.
TRATTATI O ACCORDI INTERNAZIONALI
I trattati o accordi (o patti, convenzioni, statuti, etc.) sono norme di diritto interna-
zionale nate dall’incontro della volontà di due o più soggetti dell’ordinamento interna-
zionale al fine di regolare i rapporti reciproci.
290 Diritto internazionale
Le norme pattizie, a differenza di quelle generali, sono valide solo per i soggetti che
partecipano alla loro formazione. Inoltre, devono essere recepite all’interno degli Stati
interessati attraverso norme di esecuzione.
Tra le norme pattizie di grande rilevanza si ricorda la Carta istitutiva delle Nazioni
Unite o Carta ONU, il Trattato istitutivo della NATO (North Atlantic Treaty Orga-
nization), dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale) e del Consiglio d’Europa nonché
l’accordo GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, attualmente incorporato
nel WTO - World Trade Organization).
Internazionale
ONU
L’Organizzazione delle Nazioni Unite, ONU, è la più importante ed estesa or-
ganizzazione intergovernativa e comprende 193 Stati membri. È stata fondata il 24
giugno 1945 e può considerarsi un’evoluzione della precedente Società delle Nazioni.
Il 26 giugno 1945 a San Francisco si tenne la Conferenza Internazionale delle Nazioni
Unite e il 24 ottobre venne firmato lo Statuto da parte dei cinque membri permanenti
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dalla maggioranza degli altri 49 firma-
tari. I membri permanenti del Consiglio di sicurezza sono i cinque Stati usciti vincitori
dalla Seconda guerra mondiale: Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Unione Sovietica e
Cina.
L’Italia è entrata a far parte dell’ONU il 14 dicembre 1955.
La sede centrale delle Nazioni Unite è a New York (USA). L’attuale segretario
generale delle Nazioni Unite è Ban Ki Moon che ha sostituito Kofi Annan il 1o
gennaio 2007, insignito del premio Nobel per la pace nel 2001.
La finalità principale delle Nazioni Unite è il conseguimento della cooperazione
internazionale in materia di sviluppo economico, progresso socioculturale, diritti uma-
ni e sicurezza internazionale.
Gli scopi principali dell’ONU sono:
sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio
di uguaglianza tra gli Stati e l’autodeterminazione dei popoli.
Educazione Civica
Ha la competenza esclusiva di decidere contro gli Stati colpevoli di aggressione o di
minaccia alla pace. Al Consiglio viene infatti conferita la responsabilità principale del
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. È costituito da quindici Stati
membri, di cui cinque sono membri permanenti, mentre i restanti dieci vengono eletti
ogni due anni. I membri permanenti hanno il diritto di veto e possono bloccare qualsiasi
decisione loro sgradita. La presidenza del Consiglio è detenuta a rotazione mensile
secondo ordine alfabetico dagli altri Stati. Le decisioni prese dal Consiglio prendono il
nome di risoluzioni. Le forze armate, caschi blu, provengono tutte dagli Stati membri.
Il Segretariato è guidato dal segretario generale delle Nazioni Unite ed è costituito
da un insieme di uffici e dipartimenti finalizzati alla gestione amministrativa dell’ONU.
Il segretario generale, in carica per cinque anni, è il leader dell’Organizzazione, viene
nominato dall’Assemblea Generale e lavora come diplomatico tra gli Stati membri e
come amministratore all’interno dell’Organizzazione. L’attuale segretario generale è
Ban-Ki-Moon, eletto nel 2007 e riconfermato per il quinquennio 2012-2016.
Il Consiglio Economico e Sociale, composto da 54 membri, è l’organo consultivo
e di coordinamento dell’attività economica e sociale delle Nazioni Unite e delle varie
organizzazioni ad esse collegate. Il Consiglio ha fondato molte organizzazioni di sussidio
come la FAO: Food and Agriculture Organization of the United Nations (Organizzazio-
ne delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura), l’UNICEF: United Nations
Children’s Fund (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), l’UNCTAD: United Nations
Conference on Trade and Development (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio
e sullo Sviluppo).
Il Consiglio per i diritti umani ha il compito di supervisionare il rispetto e le
violazioni dei diritti umani negli Stati aderenti alle Nazioni Unite e informare l’opinione
pubblica mondiale dello stato dei diritti umani nel mondo.
La Corte Internazionale di Giustizia, conosciuta anche come Corte Mondiale, è
il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite e ha sede all’Aja, nei Paesi Bassi.
Fondata nel 1945 la sua funzione principale è di dirimere le dispute fra gli Stati membri
delle Nazioni Unite.
NATO
La North Atlantic Treaty Organization, NATO (Organizzazione del Trattato dell’A-
tlantico del Nord) è un’organizzazione internazionale per la collaborazione nella difesa.
Il trattato istitutivo della NATO, il Patto Atlantico, fu firmato a Washington nel
1949 ed entrò in vigore nello stesso anno.
Fanno parte della NATO 26 Paesi: Italia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Ger-
mania, Usa, Grecia, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Re-
292 Diritto internazionale
pubblica Ceca, Spagna, Regno Unito, Turchia, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lettonia,
Lituania, Romania, Slovenia e Slovacchia.
L’art. 5 del Trattato di Washington esprimeva la sua “ragione sociale” originaria
stabilendo che:
Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o
nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le
parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di
esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto
dall’Art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attacca-
Internazionale
Unione europea
L’Unione europea (UE) è un partenariato economico e politico che coinvolge 28 paesi
membri.
L’origine ha da ascriversi alle tre istituzioni della CECA, EURATOM e CEE i cui
organi nel trattato di integrazione del 1965 vennero fusi tra loro, sino alla permanenza
attiva della sola CEE, poi denominata esclusivamente CE Comunità Europea. Con il
trattato di Maastricht, nel 1993, nasce l’Unione europea.
L’Unione europea si fonda sul principio dello stato di diritto, i suoi poteri si basano
infatti sui trattati europei, sottoscritti volontariamente e democraticamente dai Paesi
membri. I valori fondamentali dell’Unione Europea, sanciti nel 2009 dal Trattato di
Lisbona e nella CEDU, la Convenzione Europea dei diritti umani disposta nel Consi-
glio Europeo di Nizza, sono il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia,
l’uguaglianza e lo stato di diritto.
Il mercato unico permette la libera circolazione di beni, servizi, capitali, persone e
rappresenta il principale motore economico dell’UE.
1. Fonti primarie
Educazione Civica 293
2. Fonti derivate
3. Fonti complementari
Educazione Civica
Le fonti di diritto derivato: Sono composte dagli atti unilaterali e dagli atti conven-
zionali (gli accordi internazionali tra l’Unione europea e un Paese o un’organizzazione
terza, gli accordi tra Stati membri, gli accordi tra le istituzioni dell’UE).
Le fonti di diritto complementare: Oltre alla giurisprudenza della Corte di giustizia, le
fonti di diritto complementare comprendono il diritto internazionale e i principi generali
del diritto.
Trattati dell’UE
Un Trattato è un accordo vincolante tra i Paesi membri dell’UE. Esso definisce gli obiet-
tivi, le regole di funzionamento delle istituzioni europee, le procedure per l’adozione
delle decisioni e le relazioni tra l’UE e i suoi Paesi membri.
I Trattati sono approvati dai capi di Stato e/o di governo di tutti i paesi membri e
ratificati dai loro Parlamenti.
I Trattati principali sono:
Trattato di Lisbona (2009): Si pone come obiettivo quello di rendere l’UE una
comunità più democratica ed efficiente davanti ai problemi di portata mondiale.
Istituzione e organi
I poteri e le responsabilità delle singole istituzioni sono sanciti dai Trattati che stabili-
scono le regole e le procedure che le istituzioni devono seguire.
Il Consiglio europeo riunisce i leader politici a livello nazionale ed europeo.
Stabilisce le priorità e definisce i programmi dell’Unione Europea.
Il Consiglio europeo stabilisce gli orientamenti politici generali ma non ha il potere
di approvare la legislazione.
È costituito dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri e dal Presidente della
Commissione, ruolo attualmente ricoperto da Herman Van Rompuy.
Il potere legislativo è affidato a tre istituzioni:
Parlamento europeo
294 Diritto internazionale
Commissione europea
Queste tre istituzioni elaborano insieme le politiche e le leggi che regolano l’Unione
europea. In linea di principio la Commissione propone i nuovi atti legislativi che il
Parlamento europeo e il Consiglio devono adottare. La Commissione e i Paesi membri
applicano poi le norme e la Commissione si assicura che vengano applicate e fatte
rispettare correttamente.
Il Parlamento europeo, attraverso i deputati europei, rappresenta i cittadini dell’UE.
Internazionale
Approvare la legislazione.
Il Consiglio dell’Unione Europea non deve essere confuso con il Consiglio europeo, l’i-
stituzione che riunisce i capi di Stato e di governo e con il Consiglio d’Europa, che non
è un’istituzione dell’UE.
La Commissione europea rappresenta gli interessi dell’Europa nel suo complesso.
Prepara le proposte per le nuove normative europee e gestisce il lavoro quotidiano per
l’attuazione delle politiche UE e l’assegnazione dei fondi.
La Commissione è costituita da 28 Commissari, uno per ogni paese dell’UE. Al
vertice vi è il Presidente il quale attribuisce a ogni Commissario la responsabilità per
uno specifico settore. Le sue funzioni sono:
Altre due istituzioni che svolgono ruolo fondamentale nell’Unione Europea sono:
La Corte di giustizia che si occupa di far rispettare il diritto europeo nei diversi
Paesi dell’UE e di giudicare le controversie tra i governi dei Paesi membri e le istituzioni
dell’UE.
La Corte dei conti che verifica le finanze dell’UE.
La Banca centrale europea (BCE, con sede a Francoforte, in Germania) è
responsabile per la politica monetaria europea. La Banca centrale europea gestisce
l’euro e garantisce la stabilità dei prezzi nell’UE.
Educazione Civica
L’Unione Europea è stat insignita del Premio Nobel per la pace 2012. Tr le mo-
tivazioni, il Comitato per il Premio Nobel ha evidenziato che uno dei più prestigiosi
riconoscimenti viene concesso all’UE in quanto “da oltre sessant’anni contribuisce a
promuovere pace, riconciliazione, democrazia e diritti umani in Europa”.
Flagranza: Condizione di chi viene colto sce la sola pena dell’ammenda ed estinzione
nell’atto di commettere un reato. del reato.
Foro: Tribunale. Onorario: Somma di denaro che il cliente
G.I.P.: Giudice per le indagini preliminari. deve pagare all’avvocato.
Educazione Civica
l’accusa nel processo penale. S.C.: Suprema corte.
Querela: Descrizione dei fatti da cui emergo- Sentenza: Provvedimento finale del giudice
no gli estremi di reato. Per essere valida deve in un processo.
contenere un’esplicita richiesta di condanna.
Teste: Testimone.
Questioni preliminari: Le dichiarazioni che
precedono il dibattimento. Udienza: Insieme di processi.
Recidiva: Condizione di chi, dopo essere sta- Udienza preliminare: Prima udienza del
to condannato per un delitto non colposo, ne processo penale. Si svolge senza pubblico.
commette un altro. Usucapione: Situazione per cui si acquista la
Referto: Atto obbligatorio con cui un me- proprietà dei beni immobili e altri diritti dopo
dico o un operatore sanitario comunica alle un possesso continuato dei beni per vent’anni.
autorità competenti la propria assistenza o Vacatio legis: Periodo di tempo che inter-
opera. corre dall’approvazione di una legge alla sua
Reo: Colpevole. effettiva entrata in vigore.
3.5 Quesiti
D Il Parlamento A Belgio
E Nessuna delle risposte precedenti B Portogallo
7) Che cosa indica l’espressione “caschi C Ungheria
blu”?
D Malta
A Le forze armate che dipendono dall’O-
NU E Svizzera
7) La risposta corretta è la A . I caschi blu sono le forze armate che dipendono dall’ONU
e intervengono per sedare i focolai di guerra secondo principi di imparzialità e con
il consenso delle parti in causa belligeranti.
Sito di approfondimento sulla geografia con schede sui vari continenti e i singoli Stati.
www.geografiaonline.it/
4.1 La Terra
Il termine Terra deriva dal latino terra, col significato di secco, arido.
La Terra è il più grande pianeta terrestre del sistema solare. Un pianeta terrestre
è un pianeta composto per lo più da roccia e metalli. I pianeti terrestri sono 4:
Mercurio
Venere
Terra
Marte
300 La Terra
Geografia
I mari più estesi della Terra
Stati Uniti e il Canada. I Grandi Laghi sono: il Michigan (57.850 km2 ), il Superiore
(82.414 km2 ), l’Erie (25.744 km2 ), l’Ontario (19529 km2 ) e l’Huron (59.600 km2 ).
Catene montuose: Le Montagne Rocciose sono tra le catene montuose più vaste della
Terra. Si snodano su una lunghezza che supera i 4.800 km, dal nord della Columbia
Britannica, in Canada, al Nuovo Messico, negli Stati Uniti. La vetta più alta è il Monte
Elbert, in Colorado, che tocca i 4.401 m s.l.m.
Popolazione: Gli Stati Uniti, con più di 313.000.000 di abitanti, sono il terzo Paese al
mondo per popolazione, dopo Cina ed India.
La zona più popolata è quella nordorientale, di antica urbanizzazione.
Geografia
Il 79,6% della popolazione è bianca, il 12,9% nera o afroamericana, il 4,6% asiatica,
e l’1% di origine amerindia.
La presenza di immigrati e di loro discendenti diretti è molto consistente nella parte
sud occidentale del Paese: oltre 37.000.000 cittadini sono nati all’estero e circa la metà
sono stati naturalizzati cittadini statunitensi.
Il 6% della popolazione è di origine italiana. La maggior parte dell’immigrazione
italiana risale alla prima metà del Novecento.
Le lingue più diffuse sono l’inglese, lo spagnolo, e il francese.
Religione: Il Cristianesimo è la regione principale, corrisponde all’81% della popo-
lazione. È presente in tutte le sue grandi derivazioni: protestanti (51,4%), cattolici
(23,9%), mormoni (1,4%), testimoni di Geova (0,7%) e ortodossi (0,3%).
Inoltre è presente una radicata comunità ebraica (1,4%) e, specialmente nello Stato
di New York, vi sono presenze islamiche (0,6%), buddiste (0,5%) e induiste (0,4%).
Economia: L’economia dell’America del Nord si identifica principalmente con quella
degli Stati Uniti.
Nonostante l’importante concentrazione industriale e terziaria la solidità economi-
ca dell’America Settentrionale rimane legata alla grande disponibilità e ricchezza degli
spazi destinati alle attività primarie di cui l’agricoltura rappresenta una base fon-
damentale. La parte meridionale, con l’ampia fascia subtropicale del Cotton Belt,
rappresenta una delle maggiori aree cotoniere del mondo.
Più a nord si estende il Corn Belt, la grande area del mais, dove si concentra poco
meno della metà della produzione mondiale di granoturco, destinato soprattutto agli
allevamenti di bestiame e all’esportazione.
Nel suo complesso l’agricoltura, attraverso l’impiego di ingenti capitali e di alta
tecnologia, si è molto modernizzata assumendo le caratteristiche di un’imprenditoria
molto complessa. Questo processo di radicale trasformazione è stato accompagnato da
una profonda modifica delle basi sociali e culturali della popolazione agricola e da una
crescente concentrazione delle unità produttive.
Accanto alle risorse agricole si pongono quelle forestali che alimentano, soprattutto
nel Canada, importanti industrie del legno e della carta. Un’altra rilevante attività
industriale è rappresentata dalla pesca.
Le risorse del sottosuolo sono state sottoposte a un intenso sfruttamento ma il
patrimonio minerario, costituito soprattutto da carbone, petrolio, ferro, rame, zinco,
nichel, rimane ricchissimo.
Dal punto di vista industriale il Nord America rappresenta una delle aree più svi-
luppate del mondo, detenendo il primato in vari settori. Da segnalate gli ambiti a
304 America del Nord, Centro America e Caraibi
elevata tecnologia, il cui sviluppo è stato favorito dai programmi spaziali e militari.
Particolarmente sviluppate inoltre sono l’industria aeronautica e automobilistica.
Geografia
Le coste sono per lo più uniformi, con po-
che isole e insenature, ad eccezione dell’estre-
ma parte meridionale.
Nell’America del Sud si trovano:
Le più alte cascate del mondo, il Salto
Angel in Venezuela, di 979 m. Figura 4.2: Antico villaggio Incas. Machu
Il deserto più secco del globo, il deserto Picchu, Cusco, Perù.
di Atacama, situato nel Cile settentrionale.
La più vasta foresta pluviale, l’Amazzonia. L’area conosciuta dell’Amazzonia su-
pera i 7.000.000 di km2 , anche se la zona boschiva ne occupa circa 5,5 milioni. La foresta
è situata per circa il 65 % del territorio in Brasile, ma si estende anche in Colombia,
Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana Francese.
La Paz, in Bolivia, è la più alta capitale del mondo, si trova ad un’altitudine media
di circa 3.600 m sul livello del mare.
Clima: Il clima varia da tropicale, equatoriale e temperato nel Sud e nei Paesi Andini,
fino agli influssi polari della Terra del Fuoco.
Fiumi: Il Rio delle Amazzoni scorre attraverso il Perú, la Colombia (per un breve
tratto), il Brasile e sfocia nell’oceano Atlantico. È il fiume con il bacino idrografico più
ampio della Terra (6.150.000 km), ed è lungo 6.280 km.
Laghi: Non vi sono grandi laghi, ma il Lago Titicaca, di 8.330 km2 , situato tra Bolivia
e Perù, è il lago navigabile posto alla maggiore altitudine (3.812 m sopra il livello del
mare) e presenta una profondità massima di 281 m.
Catene montuose: Le Ande rappresentano la catena montuosa più lunga del mondo,
la cui cima più elevata è l’Aconcagua a 6.959 m sul livello del mare.
Popolazione: La parte più consistente della popolazione sudamericana si è andata co-
stituendo durante il periodo della colonizzazione e successivamente all’indipendenza
attraverso una serie di migrazioni dalla penisola Iberica e dall’Africa. La popolazione
autoctona, infatti, è stata decimata durante le guerre di conquista.
Attualmente circa il 50% della popolazione vive in Brasile, mentre oltre un quinto
risiede in Colombia, Venezuela ed Ecuador.
In crescita è il fenomeno dell’urbanizzazione. La migrazione dalle aree periferiche
verso le città determina una crescita della popolazione urbana superiore al 4% annuo.
Tale fenomeno ha generato il problematico fenomeno della distribuzione della popola-
zione, dal momento che le città sono circondate da vasti quartieri decisamente poveri
e sottosviluppati detti favelas, barrios o villas miserias.
306 Americhe del Sud
4.4 Africa
Superficie: 30.221,532 km2
Abitanti: 1.032.532,974
Densità: 30.51 ab/km2
Geografia
mediterranei, per il resto è occupata dal de-
serto del Sahara, il più vasto deserto della
Terra, con una superficie di 9.000.000 Km2 .
A sud del Sahara l’ambiente predominan-
te è la savana. Nella zona equatoriale vi sono
le grandi foreste tropicali. Altre aree deserti- Figura 4.3: Masai mara, Kenya.
che si trovano nella zona del Corno d’Africa e nella zona sud-ovest del continente, dove
si trova il grande deserto del Kalahari.
Un’estesa foresta pluviale occupa anche la parte orientale del Madagascar, per il
resto ricoperto da savane. Nell’altopiano Etiopico si trovano paesaggi tipicamente di
alta montagna.
L’unica isola di grandi dimensioni è il Madagascar, la quarta più grande del
mondo. Presso la costa della Tanzania si trova l’isola di Zanzibar.
Lo stato più grande del continente è l’Algeria mentre quello più piccolo sono le
Seychelles, un arcipelago al largo della costa orientale.
Clima: Il clima è generalmente caldo, anche se con importanti variazioni a seconda
delle zone. Le aree più settentrionali e meridionali del continente sono caratterizzate
da un clima mediterraneo. Il resto del nord Africa presenta un clima desertico, mentre
avvicinandosi all’equatore si fa tropicale. Sull’altopiano Etiopico e sulle vette più alte,
come il Kilimangiaro e il Ruwenzori, il clima è caratteristico dell’alta montagna.
Fiumi: Il principale fiume africano è il Nilo (6.671 km).
Vi sono poi estese zone areiche, prive di corsi d’acqua, e regioni endoreiche,
con fiumi che si perdono nel deserto o sfociano in laghi chiusi. Nella zona centrale del
continente si trovano corsi d’acqua che confluiscono nel mare, come il fiume Niger
(4.160 km) che sfocia con un grande delta nel golfo di Guinea e il fiume Congo,
(4.200 km) con sbocco nell’Oceano Atlantico. Da questo fiume deriva il nome di due
repubbliche che si affacciano sulle sue rive, la Repubblica del Congo e la Repubblica
Democratica del Congo.
Laghi: I Grandi Laghi africani si trovano nella parte meridionale della Rift Valley.
Complessivamente sono 7: il Lago Tanganica, il Lago Vittoria, che con i suoi 68.800
km2 di superficie è il più grande lago del continente e il lago tropicale più grande del
mondo, il Lago Alberto, il Lago Eduardo, il Lago Kivu e il Lago Malawi. Con il termine
Grandi Laghi si indica anche la regione in cui essi si trovano. Questa regione comprende
gli stati di Ruanda, Burundi, Uganda, Congo Kinshasa, Tanzania e Kenya.
Catene montuose: Le altitudini maggiori si trovano in prossimità della Rift Valley. Il
Kilimangiaro (5.895 m) si trova in Tanzania e con i suoi tre vulcani Kibo, Mawenzi
308 Africa
e Shira, è uno dei vulcani più alti del mondo. Il Kirinyaga (5.199 m) è situato nello
stato omonimo ed anch’esso è un vulcano spento.
Popolazione: Gran parte della popolazione africana vive nei villaggi o in piccoli centri,
l’urbanesimo tuttavia è in fase di sviluppo. Il villaggio rappresenta l’imprescindibile
elemento della geografia del continente. In esso si esprime tutta la civiltà africana nelle
sue motivazioni sociali, economiche e religiose.
Tra i popoli allevatori, gran parte dei quali praticano il nomadismo, l’abitazione è
mobile o provvisoria. Diversamente il tipico villaggio prevede che ogni gruppo familia-
re disponga di una o più capanne distribuite secondo un’organizzazione comunitaria
secondo uno schema circolare che forma un’unità compatta.
Con i contatti tra il mondo africano e islamico e quello europeo si assiste alla nascita
Africa
Stati dell’Africa
Paese o Territorio Superficie Popolazione Densità Capitale
(km2 ) (luglio 2007) (per km2 )
Africa Orientale
Burundi 27.830 8.988.091 322,9 Bujumbura
Comoros 2.170 752.438 346,7 Moroni
Eritrea 121.320 5.647.168 46,5 Asmara
Etiopia 1.127.127 85.237.338 75,6 Addis Abeba
Gibuti 23.000 516.055 22,4 Gibuti
Kenya 582.650 39.002.772 66,0 Nairobi
Madagascar 587.040 20.653.556 35,1 Antananarivo
Malawi 118.480 14.268.711 120,4 Lilongwe
Mauritius 2.040 1.284.264 629,5 Port Louis
Geografia
Mayotte (Francia) 374 223.765 489,7 Mamoudzou
Mozambico 801.590 21.669.278 27,0 Maputo
Réunion (Francia) 2.512 743.981 296,2 Saint-Denis
Ruanda 26.338 10.473.282 397,6 Kigali
Seychelles 455 87.476 192,2 Victoria
Somalia 637.657 9.832.017 15,4 Mogadiscio
Tanzania 945.087 41.048.532 43,3 Dodoma
Uganda 236.040 32.369.558 137,1 Kampala
Zambia 752.614 11.862.740 15,7 Lusaka
Africa Centrale
Angola 1.246.700 12.799.293 10,3 Luanda
Camerun 475.440 18.879.301 39,7 Yaoundé
Ciad 1.284.000 10.329.208 8,0 N’Djamena
Repubblica Centrafricana 622.984 4.511.488 7,2 Bangui
Repubblica del Congo 342.000 4.012.809 11,7 Brazzaville
Repubblica Democratica 2.345.410 68.692.542 29,2 Kinshasa
del Congo
Guinea Equatoriale 28.051 633.441 22,6 Malabo
Gabon 267.667 1.514.993 5,6 Libreville
San Tomè 1.001 212.679 212,4 S ao Tomé
Africa del Nord
Algeria 2.381.740 34.178.188 14,3 Algeri
4.5 Asia
Superficie: 44.614.000 km2 43 810 582 km2
Abitanti: 4.054.921.714
Densità: 93 ab/Km2
1. Il primo gruppo (tra cui i corsi d’acqua Ob, Jenisej e Lena) è formato da fiumi
che sfociano nel mar Glaciale Artico, gelati per molti mesi dell’anno.
Geografia 311
3. Il terzo gruppo è formato da quei fiumi che si gettano nell’Oceano Indiano e che
provengono dalle grandi catene montuose centrali. I più importanti sono l’Indo
(3.180 Km), il Gange, il Tigri (1.900 Km) e l’Eufrate (2.760 Km)
4. Il quarto gruppo è costituito dai corsi d’acqua che, a causa della conformazione
del terreno o della sua aridità, non riescono a raggiungere il mare e alimentano
bacini e laghi interni.
Geografia
Laghi: Il Mar Caspio (317.000 km2 ) viene considerato il lago più esteso della Terra. Il
lago Bajkal (1.642 m) quello più profondo e il Mar Morto (-395 m) il più depresso.
Catene montuose: L’Asia è il continente con la maggiore altitudine media (960 m). La
catena principale è quella dell’Himalaya che comprende vette quali l’Everest (8.848
m), il punto più alto della Terra, il Dhaulagiri (8.167 m) e il Kanchenjunga (8.586 m).
Nella catena del Karakorum le vette più elevate sono il K2 (8.816 m) e il Gasherbrum
I (8.068 m).
Popolazione: La popolazione asiatica supera i 4 miliardi di persone, rappresentando
più del 60% dell’intera popolazione mondiale. Data l’enorme estensione del territorio,
però, la densità media è intorno ai 92 abitanti per km2 .
La distribuzione della popolazione asseconda le caratteristiche del territorio e per-
tanto non è omogenea. Vi sono vaste regioni praticamente disabitate come le aree mon-
tuose, gli aridi altipiani interni e la fredda fascia settentrionale, dove gli insediamenti
umani sono scarsi.
E vi sono al contrario altre aree come l’Asia meridionale, ricche di corsi d’acqua,
coste e arcipelaghi, in cui il popolamento è estremamente elevato.
La Cina e l’India sono i due paesi più popolati del mondo e insieme rappresentano
più di un terzo della popolazione mondiale.
Nella popolazione asiatica si possono distinguere prevalentemente due gruppi etnici:
quello mongoloide (cinesi, tibetani, giapponesi, coreani, mongoli e siberiani) e quello
europoide (indoariani del subcontinente indiano, gli afghani, gli armeni, i persiani,
gli arabi e la maggior parte delle popolazioni del Caucaso).
Sono presenti inoltre minoranze austroloidi e negroidi: i vedda dello Sri Lanka e
dell’India meridionale, i dravida del Deccan e i negritos delle Filippine.
Le lingue sinotibetane (cinese, mandarino e lingue tibetiche) prevalgono in Cina
e nella penisola indocinese. Fra le popolazioni bianche sono praticate invece le lingue
indoeuropee (hindi, persiano, russo ecc.), quelle semitiche (arabo, ebraico) e quelle
caucasiche. Il giapponese costituisce una lingua a sé.
Religione: L’Asia è la culla delle religioni più antiche e più diffuse del mondo.
Sulle coste del Mediterraneo ebbe origine l’ebraismo, professato in Israele, e il
cristianesimo, oggi diffuso soprattutto in Armenia e nelle Filippine.
In India nacquero l’induismo e il buddismo, oggi diffuso in Indocina, Mongolia,
Cina e Giappone. In Cina si svilupparono inoltre il confucianesimo e il taoismo,
mentre in Giappone lo scintoismo. L’Arabia è la culla dell’islamismo, che in seguito
312 Asia
Stati dell’Asia
Paese o Territorio Superficie Popolazione Densità Capitale
(km2 ) (luglio 2007) (per km2 )
Afghanistan 647.500 31.056.997 48 Kabul
Arabia Saudita 2.152.000 27.019.731 12 Riyad
Armenia 29.800 2.976.372 100 Erevan
Azerbaigian 86.600 8.177.717 92 Baku
Bahrain 665 686.585 1.032 Manama
Bangladesh 144.000 156.050.883 1.023 Dhâkâ
Bhutan 47.000 2.279.723 48 Thimphou
Brunei 5.770 379.444 66 Bandar Seri
Begawan
Cambogia 181.035 13.881.427 76 Phnom Penh
Cina 9.596.960 1.338.000.000 137 Pechino
Corea del Nord 120.540 23.113.019 191 Pyongyang
Corea del Sud 99.274 49.232.844 492 Seul
Emirati Arabi 82.880 3.870.936 46 Abu Dhabi
Georgia 69.700 4.661.473 67 Tbilisi
Hong Kong 1.104 7.018.636 6.357 Hong Kong
India 3.287.590 1.185.680.833 333 New Delhi
Indonesia 1.919.440 245.452.739 127 Giacarta
Iran 1.648.000 68.688.433 41 Téhéran
Iraq 437.072 26.783.383 61 Baghdad
Giappone 377.835 127.463.611 337 Tokyo
Giordania 92.300 5.906.760 64 Amman
Kazakistan 2.717.300 15.233.244 5 Astana
Kirghizistan 198.500 5.213.898 135 Bichkek
Kuwait 17.820 2.418.393 115 Kuwait
Laos 236.800 6.368.481 27 Vientiane
Geografia 313
Geografia
Sri Lanka 65.610 21.513.990 308 Colombo
Siria 185.180 18.881.361 101 Damasco
Tagikistan 143.100 7.320.815 51 Dushanbe
Taı̈wan 35.980 23.146.090 640 Taipei
Thailandia 514.000 65.493.298 125 Bangkok
Timor orientale 15.007 1.062.777 70 Dili
Turkménistan 488.100 5.042.920 10 Ashgabat
Uzbekistan 447.400 27.307.134 61 Tachkent
Vietnam 329.560 86.116.559 256 Hanoı̈
Yémen 527.970 23.013.376 40 Sanaa
4.6 Oceania
Superficie: 7.617.930 km2
Abitanti: 22.618.521
Densità: 5 ab/km
Popolazione: L’Oceania, con una densità di 5 abitanti per km2 , è la parte meno popolata
del mondo dopo l’Antartide. La distribuzione è irregolare: convivono zone maggiormen-
te popolate come le coste dell’Australia, dove si raggiunge una densità di 100 abitanti
per km2 , e vaste aree pressoché disabitate dell’interno del continente e della Nuova
Zelanda. La popolazione è costituita da bianchi e da indigeni e convivono molte razze
differenti. In generale possono distinguersi tre ceppi differenti: La razza bianca costi-
tuita dagli immigrati europei, la razza maori che si identifica con gli antichi abitanti
della Nuova Zelanda e gli aborigeni, gli abitanti originari dell’Australia. In Nuova
Oceania
Guinea inoltre, oltre ad una razza papuasica, vive anche una razza pigmea.
Le lingue parlate in Oceania sono molteplici: la più diffusa è l’inglese, seguita dal
francese, retaggio delle potenze coloniali. Esistono inoltre numerose lingue aborigene
australiane che negli ultimi anni stanno però estinguendosi.
Stati dell’Oceania
Paese o Territorio Superficie Popolazione Densità Capitale
(km2 ) (luglio 2007) (per km2 )
Australia 7.686.850 22.028.000 2,7 Canberra
Nuova Zelanda 268.680 4.108.037 14,5 Wellington
Geografia 315
Geografia
Palau 458 19.409 42,4 Melekeok
Papua Nuova Guinea 462.840 5.172.033 11,2 Port Moresby
Polinesia Francese 4.167 257.847 61,9 Papeete
Samoa 2.944 179.000 63,2 Apia
Samoa Americane (USA) 199 68.688 345,2 Pago Pago,
Fagatogo
Stati Federati della Micronesia 702 135.869 193,5 Palikir
Tonga 748 106.137 141,9 Nuku’alofa
Tuvalu 26 11.146 428,7 Funafuti
Vanuatu 12.200 240.000 19,7 Port Vila
Wallis e Futuna 274 15.585 56,9 Mata-Utu
4.7 Europa
Superficie: 10.180.000 Km2
Abitanti: 832.211.436
Densità: 81,8 ab/Km2
gono nel territorio che attraversa: Svizzera, Austria, Francia, Paesi Bassi e Germania.
Il Po (652 km) è il principale fiume italiano.
Laghi: Il più grande lago europeo è il Lago Ladoga (17.700 km2 ) che si trova in Russia
vicino al confine con la Finlandia. Il Ladoga è in comunicazione con il Lago Onega
(9.610 km2 ), il secondo lago più grande d’Europa. Il Lago di Garda è il più grande
lago italiano, la cui superficie è di circa 370 km2 .
Catene montuose: Le regioni meridionali sono prevalentemente montuose. Procedendo
verso nord il terreno scende verso altipiani collinosi fino alle ampie pianure. La zona
pianeggiante è conosciuta come la Grande Pianura Europea e ha il suo centro nella
Pianura Tedesca del Nord. Le catene montuose principali sono le Alpi, la cui cima più
Europa
elevata è rappresentata dal Monte Bianco (4.810 m). I Pirenei, catena montuosa
che forma il confine fra la Francia e la Spagna, il Picco d’Aneto (3.404 m) ne è la cima
più alta. I Carpazi, l’ala orientale del grande sistema montuoso centrale dell’Europa,
si estendono per 1.500 km lungo i confini di Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia,
Ungheria, Serbia, Romania e Ucraina. La cima più elevata dei Carpazi è Gerlachovský
štı́t (2.655 m).
Popolazione: La popolazione europea è di circa 832.211.436 abitanti, distribuiti su un
territorio relativamente piccolo, 10.180.000 km2 . La densità media è dunque elevata,
pari a 82/km2 , seconda solo rispetto all’Asia. L’elevata popolosità dell’Europa è dovuta
soprattutto al clima temperato che nei secoli ha favorito gli insediamenti umani e
lo sviluppo dell’agricoltura. Negli anni Ottanta l’Europa aveva la più alta densità di
popolazione del mondo. La zona dove si concentravano maggiormente i suoi abitanti
era tra l’Inghilterra, i Paesi Bassi, la Germania, la Cecoslovacchia, la Polonia e la parte
europea dell’URSS. Durante il XX secolo la distribuzione della popolazione è stata
determinata da due importanti flussi migratori: la migrazione da uno Stato a un altro
da parte delle persone in cerca di lavoro (provenienti da Italia, Jugoslavia, Grecia,
Spagna e Portogallo verso Germania, Regno Unito, Belgio, Francia e Svizzera) e, per
la stessa ragione ci fu una forte migrazione dalle zone rurali a quelle industrializzate.
Tra il 1950 e il 1975 la popolazione dell’Europa occidentale è diventata urbana per il
70, 80%.
Dal 2000 in poi si è assistito a un declino demografico dovuto alla diminuzione della
natalità.
Religione: Nel corso dei secoli la religione ha avuto una grande influenza sull’arte, la
cultura, la filosofia e la storia dell’Europa. Il Cristianesimo è stato la religione più
diffusa per più di un millennio. Oggi, a seconda delle diverse aree, si possono distin-
guere sostanzialmente tre confessioni: Il Protestantesimo, praticato nel Regno Unito,
Norvegia, Svezia, Finlandia e Germania, il Cattolicesimo diffuso in tutta l’area centrale
dell’Europa, e la Chiesa Ortodossa, sviluppata lungo tutta l’area orientale. Sono poi
presenti comunità minori come l’ebraismo, il buddismo, l’induismo e l’islamismo.
Economia: Il livello economico dell’Europa è generalmente elevato, ma naturalmente
sussistono delle differenze all’interno del continente. I Paesi con l’economia nazionale
più forte sono la Germania (quarta potenza mondiale in termini di PIL nominale), il
Regno Unito, l’Italia e la Russia. Le aree più povere sono quelle orientali che hanno
risentito del collasso dell’Unione Sovietica e dell’ex Jugoslavia. Anche questi Paesi
stanno tuttavia vivendo una fase di maggiore sviluppo.
Geografia 317
Geografia
di colture. Nei paesi mediterranei i prodotti maggiormente coltivati sono l’ulivo, l’uva,
gli agrumi e i cereali. Negli Stati Nordici l’agricoltura è meno sviluppata e si assiste a
un incremento dell’attività industriale.
Un’altra attività importante è rappresentata dall’allevamento di bovini.
Per quanto riguarda le risorse minerarie l’UE dipende per oltre il 50% del pro-
prio fabbisogno energetico dalle importazioni. Per ridurre tale dipendenza l’UE ha
intrapreso un percorso di sviluppo e impiego di forme di energia rinnovabile.
Altro settore fondamentale per l’economia è il turismo che rappresenta uno dei
settori maggiormente sviluppati.
Stati dell’Europa
Paese o Territorio Superficie Popolazione Densità Capitale
(km2 ) (luglio 2007) (per km2 )
Albania 28.748 3.600.523 125,2 Tirana
Andorra 468 82.403 146,2 Andorra la Vella
Austria 83.858 8.470.929 97,4 Vienna
Belgio 30.510 10.574.595 336,8 Bruxelles
Bielorussia 207.600 9.735.382 49,8 Minsk
Bosnia ed Erzegovina 51.129 4.048.500 77,5 Sarajevo
Bulgaria 110.910 7.621.337 68,7 Sofia
Cipro 9.251 863.457 85,0 Nicosia
Città del Vaticano 0,44 900 2.045,5 Città del Vaticano
Croazia 56.542 4.637.460 77,7 Zagabria
Danimarca 43.094 5.568.854 124,6 Copenaghen
Estonia 45.226 1.315.681 31,3 Tallinn
Finlandia 336.593 5.357.537 15,3 Helsinki
Francia 547.030 65.447.374 109,3 Parigi
Georgia 69.700 4.461.473 64,0 Tbilisi
Germania 357.021 81.757.600 233,2 Berlino
Grecia 131.940 11.645.343 80,7 Atene
Irlanda 70.280 4.434.925 60,3 Dublino
Islanda 103.000 304.261 2,7 Reykjavı́k
Italia 301.230 60.418.711 200,6 Roma
Lettonia 64.589 2.366.515 36,6 Riga
Liechtenstein 160 35.322 205,3 Vaduz
Lituania 65.200 3.401.138 55,2 Vilnius
Lussemburgo 2.586 472.569 173,5 Lussemburgo
318 La Repubblica Italiana
Paese o Territorio Superficie Popolazione Densità Capitale
(km2 ) (luglio 2007) (per km2 )
Macedonia 25.333 2.054.800 81,1 Skopje
Malta 316 408.009 1.257,9 La Valletta
Moldavia 33.843 3.834.547 131,0 Chişinǎu
Monaco 1,95 32.087 16.403,6 Monaco
Montenegro 13.812 672.180 44,6 Podgorica
Norvegia 324.220 4.930.116 14,0 Oslo
Paesi Bassi 41.526 16.518.199 393,0 Amsterdam
Polonia 312.685 38.192.000 123,5 Varsavia
Portogallo 91.568 10.607.995 110,1 Lisbona
Regno Unito 244.820 62.041.708 244,2 Londra
Rep. Ceca 78.866 10.256.760 130,1 Praga
Romania 238.391 21.959.278 91,0 Bucarest
Russia 17.075.400 141.927.297 8,5 Mosca
San Marino 61 31.730 454,6 San Marino
Serbia 88.361 9.150.000 103,6 Belgrado
Italia
Divisione amministrativa
L’Italia si costituisce di 20 Regioni e 110 Province. Secondo l’articolo 116 della Co-
stituzione ci sono 5 Regioni a Statuto Speciale: Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giu-
lia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta che godono di forme e condizioni speciali di
autonomia.
Regione Capoluogo Province Popolazione Densità
Abruzzo L’Aquila Chieti, Pescara, Teramo 1.339.317 124
Basilicata Potenza Matera 588.593 59
Calabria Catanzaro Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, 2.009.307 133
Vibo Valentia
Campania Napoli Avellino, Benevento, Caserta, Sa- 5.824.625 428
lerno
Emilia Romagna Bologna Ferrara, Forlı̀, Cesena, Modena, 4.405.486 196
Parma, Piacenza, Ravenna, Rimini,
Reggio Emilia
Friuli Venezia Giulia Trieste Gorizia, Pordenone, Udine 1.234.441 157
Geografia 319
Geografia
Sicilia Palermo Agrigento, Caltanissetta, Catania, 5.043.723 196
Enna, Messina, Ragusa, Siracusa,
Trapani
Toscana Firenze Arezzo, Grosseto, Livorno, Luc- 3.734.355 162
ca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia,
Prato, Siena
Trentino Alto Adige Trento Bolzano 1.030.816 75
Umbria Perugia Terni 902.792 106
Valle d’Aosta Aosta 127.836 39
Veneto Venezia Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, 4.917.395 267
Verona, Vicenza
Fiumi: Grazie alla presenza di numerosi rilievi montuosi elevati, l’Italia è ricca di corsi
d’acqua. I fiumi più lunghi e di maggiore portata appartengono alla regione alpina, i
fiumi appenninici, ad eccezione del Tevere e dell’Arno, hanno corso più breve e regime
torrentizio.
Le Alpi: si stendono per 1.200 km. La città di Imperia segna l’inizio delle Alpi e
Gorizia segna la fine dalla catena alpina italiana. La vetta più alta è il Monte Bianco
(4810 m).
Le Alpi si suddividono in: Alpi Ligure e Marittime, Alpi Cozie, Alpi Graie, Alpi
Pennine, Alpi Lepontine, Alpi Retiche, Prealpi Lombarde, Alpi Noriche, Alpi Carniche,
Alpi Giulie, Prealpi Trivenete.
Gli Appennini: si estendono per circa 1.300 km e attraversano praticamente l’intera
penisola da nord a sud. L’estremità nord è costituita dal Colle di Cadibona, mentre
quella meridionale è data dalla punta estrema dell’Aspromonte. La cima più elevata è
il Gran Sasso (2.912 m).
Popolazione: L’Italia è il quarto paese dell’Unione europea per popolazione (dopo Ger-
mania, Francia e Regno Unito), la sua densità demografica invece è la più alta della
media dell’Unione e la popolazione si concentra prevalentemente nelle zone costiere e
pianeggianti.
Alla fine dell’Ottocento l’Italia ha vissuto un periodo di forte emigrazione verso
l’America e l’Europa del nord. Nel Novecento l’emigrazione si è trasformata in un
fenomeno interno che ha visto le masse più povere del sud trasferirsi verso grandi poli
industriali del nord come Milano e Torino.
A partire dagli anni Novanta si è assistito al fenomeno inverso dell’immigrazione.
Le comunità più numerose che hanno raggiunto il nostro Paese sono quella rumena,
albanese e marocchina.
Religione: In Italia vige il principio della laicità dello Stato e pertanto non vi è una
religione ufficiale. Circa l’80% dei cittadini italiani sono cattolici di cui almeno il
30% si dichiara praticante. Con il notevole flusso migratorio sono in aumento alcune
minoranze religiose tra cui i cristiani ortodossi, i musulmani, i buddisti e gli induisti.
Geografia 321
Economia: L’Italia è uno tra gli Stati più sviluppati del mondo. La crisi economica
del 2008-2012 ha tuttavia colpito fortemente il Paese in cui il tasso di disoccupazione
è passato dal 6,1% del 2007 all’8,4% del 2011 e il PIL nel 2011 è più basso del 4,5%
rispetto al 2007, con un parallelo aumento del debito pubblico di 17 punti percentuali
rispetto al PIL.
I settori più sviluppati sono quello dell’industria, in particolare quella del turismo,
dell’automobile, dell’acciaio, del tessile e del terziario. L’agricoltura e l’allevamento
sono penalizzati a causa della scarsa disponibilità di territorio coltivabile. Le colture
più diffuse sono quelle dell’uva, delle olive, degli agrumi e del frumento.
Geografia
4.9 Quesiti
Matematica
ostiche per gli studenti. L’idea unificante di questo modulo è quella di funzione,
che a sua volta si basa su quella di insieme. Il gran numero di immagini illustrate
nel testo e gli esempi applicativi consentono al lettore di far proprie le tecniche di
calcolo descritte e la logica che guida la risoluzione dei quesiti di questi argomenti.
I capitoli 7, 8 e 9 rappresentano un’unica entità di pensiero, con alla base l’idea di
geometria. Il primo è centrato sulla logica deduttiva della geometria euclidea e
sugli enti fondamentali e i postulati, il secondo sulle applicazioni e gli sviluppi di
questa grandiosa costruzione del pensiero umano e il terzo sulla mirabile sintesi
tra l’analisi matematica e la descrizione geometrica.
Gli ultimi tre capitoli formano l’insieme dei complementi di matematica utilissimi
per risolvere numerosi quesiti che si incontrano spesso nei test. L’idea alla base
di questa parte finale è quella di statistica e delle sue svariate applicazioni.
Le conoscenze qui riportate sono state suddivise per comodità nei tre capitoli
menzionati ma in effetti creano un’unità operativa e concettuale molto potente.
Far proprie le tecniche risolutive descritte nei numerosi esempi di questi capitoli
assicura punti preziosi nel superamento del test di ammissione.
Le formule presenti sono indispensabili a una corretta definizione degli argomenti e
sono molto utili per la risoluzione dei quesiti. Tutto il testo è cosparso di osservazioni
e di evidenziazioni per fissare alcuni concetti chiave o chiarire punti eventualmente
ambigui.
Ogni definizione introdotta è stata segnalata con un’opportuna veste grafica, in
modo da permettere un ripasso più rapido e meglio organizzato. Per lo stesso fine sono
state evidenziate in grassetto le parole più significative delle varie sezioni.
I commenti riportati nella risoluzione degli esercizi hanno carattere formativo,
chiariscono alcuni punti e specificano le applicazioni dei concetti descritti nei capitoli.
Piuttosto che porre l’enfasi su quale sia la risposta corretta si consiglia di leggere
attentamente i motivi che spingono ad escludere le alternative non corrette, in modo
da sviluppare la competenza adeguata per risolvere in poco tempo e con cognizione di
causa il maggior numero possibile di quesiti.
Insiemi numerici e
operazioni
1
Introduzione
In questo capitolo discuteremo i fondamenti dell’insiemistica e dell’aritmetica. La prima
parte del capitolo ha un carattere più astratto e concerne gli insiemi e le operazioni
su di essi. La seconda parte si focalizza sugli insiemi numerici e sulle proprietà delle
operazioni in essi introdotte. La terza ha un carattere più applicativo e tratta di vari
argomenti utili per la risoluzione di problemi di calcolo numerico.
leggono tale che. Se una proprietà vale per tutti gli elementi x ∈ X si usa il quantifi-
catore universale, che ha simbolo ∀ e si legge per ogni. L’esistenza di un elemento è
invece indicata dal quantificatore esistenziale che ha simbolo ∃ e si legge esiste.
Ad esempio scegliendo come X l’insieme di numeri interi positivi e negativi si ha che per
ogni numero x esiste il suo opposto x0 , proposizione che nella simbologia degli insieme si
scrive ∀x ∈ X ∃ x0 |x0 = −x.
Matematica
B. Se ogni elemento del sottoinsieme è anche elemento dell’insieme di partenza si dice
che il sottoinsieme è contenuto nell’insieme. Questa proposizione si scrive cosı̀: A ⊆ B
se a ∈ B ∀a ∈ A. Se alcuni elementi di B non appartengono al sottoinsieme A si dice
che A è contenuto propriamente in B: A ⊂ B se a ∈ B ∀a ∈ A, ∃ b ∈ B|b ∈ / A.
L’inclusione impropria in realtà indica che due insiemi sono costituiti dagli stessi ele-
menti, in tal caso si dice che sono uguali. Ogni insieme è uguale a se stesso, cioè
è incluso in se stesso: A ⊆ A ∀A. Ogni insieme ammette inoltre come sottoinsieme
se stesso e l’insieme vuoto. Se esiste almeno un elemento di un insieme A che non
appartiene a un secondo insieme B allora i due insiemi non sono uguali, ma si dicono
diversi e si scrive A 6= B.
Se due insiemi non hanno elementi in comune si dicono disgiunti. L’insieme maggiore
che si può definire di volta in volta viene detto insieme universo U o insieme ambiente.
Tutti gli insiemi sono quindi sottoinsiemi di U .
Utilizzando una terminologia che sarà spiegata nella sezione 5.4 del capitolo dedicato alle fun-
zioni, si può definire un insieme infinito: quando si può stabilire una corrispondenza biunivoca
tra un insieme e una sua parte, cioè un suo sottoinsieme proprio, allora l’insieme è detto
infinito.
Ad esempio l’insieme dei numeri naturali N è infinito perché può essere posto in corrispon-
denza biunivoca con il sottoinsieme dei naturali pari, ovvero ad ogni n si può associare il pari
2n e viceversa.
328 Insiemi numerici e operazioni
Un insieme può essere suddiviso in vari sottoinsiemi non vuoti disgiunti chiamati parti
dell’insieme: le parti costituiscono una partizione dell’insieme. Elementi nella stessa
partizione sono anche elementi di una classe di equivalenza. Per ogni insieme finito X
formato da n elementi si ha la partizione formata dall’unica parte che coincide con
X stesso, quella formata dalle n parti ognuna delle quali è un singolo elemento di X,
quelle formate da due parti ovvero un qualsiasi sottoinsieme di X e il suo complemento.
Il numero di partizioni di un insieme aumenta con la sua cardinalità ed è pari a 2n con
n cardinalità di un insieme finito.
Insiemi
Matematica
Unione L’unione tra due o più insiemi è un
insieme composto da tutti gli elementi che ap-
partengono ad almeno uno degli insiemi. L’u-
nione logicamente corrisponde alla congiun-
zione o e matematicamente all’addizione.
L’unione viene indicata con il simbolo ∪: A ∪
B = {x|x ∈ A o x ∈ B}.
Ad esempio l’unione tra l’insieme A dei pri-
mi due numeri pari e l’insieme B dei pri-
mi cinque numeri interi positivi è l’insieme Figura 1.3: L’unione di due insiemi
A ∪ B = {1, 2, 3, 4, 5}. Si deduce che se uno consiste in tutti gli elementi che ap-
partengono almeno ad uno dei due
dei due insiemi è sottoinsieme dell’altro, come insiemi.
nel caso considerato in cui si ha A ⊂ B, allora
l’unione coincide con l’insieme maggiore: nel
nostro caso A ∪ B = B.
L’unione gode della proprietà commutativa,
ovvero scambiando l’ordine degli insiemi il
risultato non cambia: A ∪ B = B ∪ A.
Intersezione L’intersezione tra due o più in-
siemi è un insieme composto da tutti gli ele-
menti comuni, ovvero dagli elementi che ap-
partengono contemporaneamente a tutti gli
insiemi di cui si calcola l’intersezione. Logica-
mente corrisponde alla congiunzione e e mate-
maticamente alla moltiplicazione. L’interse- Figura 1.4: L’intersezione di due insie-
zione viene indicata con il simbolo ∩: A ∩ B = mi consiste negli elementi comuni ai due
{x|x ∈ A e x ∈ B}. insiemi.
330 Insiemi numerici e operazioni
Si definisce prodotto cartesiano tra due insiemi, non necessariamente distinti, l’insieme
formato da tutte le coppie ordinate in cui il primo elemento appartiene al primo
insieme e il secondo al secondo insieme: A × B = {(a, b)|a ∈ A, b ∈ B}. Poiché si
parla di coppie ordinate il prodotto cartesiano non gode della proprietà commutativa,
ovvero A × B 6= B × A, infatti B × A = {(b, a)|b ∈ B, a ∈ A}.
Matematica
che partono dai punti individuati sull’asse orizzontale e rette orizzontali che partono
dai punti dell’asse verticale in corrispondenza di ogni intersezione si determinano punti
del piano che rappresentano proprio gli elementi del prodotto cartesiano. Il punto di
coordinate (1, 2) è diverso dal punto (2, 1) proprio perché l’ordine conta.
Per ogni relazione tra due insiemi A R B esiste sempre una relazione inversa R−1
tra gli insiemi B ed A definita nel modo seguente: b R−1 a ⇔ a R b. Ad esempio se si
stabilisce una relazione tra l’insieme dei colori dell’arcobaleno e quello costituito dagli
aggettivi caldo e freddo, si ha una relazione diretta che ad un colore associa il relativo
aggettivo (ad esempio il rosso è un colore caldo) e la relazione inversa che all’aggettivo
associa i colori (ad esempio sono colori freddi il verde, il blu, l’indaco e il viola).
Il simbolo R−1 non significa in alcun modo 1/R come se fosse un esponente negativo!
Una relazione che gode delle proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva è detta relazio-
ne di equivalenza. Gli elementi x di un insieme A che sono in relazione di equivalenza
con un certo elemento a costituiscono un sottoinsieme di A chiamato classe di equiva-
lenza. L’insieme delle classi di equivalenza di un insieme A rispetto alla relazione R è
chiamato insieme quoziente, si indica con A/R e costituisce una partizione di A.
Una relazione che gode delle proprietà simmetrica, antiriflessiva e transitiva è detta re-
lazione d’ordine. Ne sono un esempio le relazioni maggiore o uguale e minore o uguale
definite negli insiemi numerici. Se la relazione gode solo delle proprietà antiriflessiva e
transitiva è detta relazione d’ordine stretto, come ad esempio il maggiore o il minore.
Matematica
Le relazioni d’ordine consentono di stabilire un ordinamento tra gli elementi di un
insieme, come accade ad esempio ai nominativi di un elenco telefonico ordinati alfabe-
ticamente.
Sebbene sia un concetto intuitivo, quello di numero naturale non è un concetto primitivo
in matematica. La sua definizione è anzi piuttosto complessa e si basa sulla teoria degli
insiemi e sugli assiomi di Peano. In tale ottica un numero naturale può essere definito
come una classe di equivalenza di insiemi che hanno la stessa cardinalità.
Per i nostri scopi seguendo gli assiomi di Peano cominciamo con l’assumere l’esistenza
di un numero naturale e chiamiamolo unità 1. Definiamo quindi l’insieme dei numeri
naturali N come l’insieme costituito dall’unità e da tutti i numeri ottenibili aggiungendo
all’unità se stessa un certo numero di volte.
In tal modo i naturali sono anche chiamati interi positivi e costituiscono un sottoinsieme
dei relativi: N ⊂ Z. Il complemento a N rispetto a Z costituisce gli interi negativi cui
va unito lo zero 0.
Occorre fare attenzione: gli interi positivi sono i numeri in N, gli interi non negativi
sono i naturali e lo zero 0. Allo stesso modo gli interi negativi sono i numeri dell’insieme
{−1, −2, −3, . . . }, mentre gli interi non positivi sono costituiti da {0, −1, −2, −3, . . . }
Il simbolo Z0 indica tutti i numeri relativi ad esclusione dello zero, cioè l’unione degli
interi positivi e negativi. Con il simbolo Z+ si intendono gli interi positivi, con il simbolo
Z− gli interi negativi.
Il numero intero che compone il razionale viene detto numeratore N , il numero na-
turale è chiamato denominatore D. Se N ∈ N si introduce una classificazione delle
frazioni: per N > D si ha una frazione impropria, cioè un razionale maggiore dell’u-
nità; per N < D si ha una frazione propria, cioè un razionale minore dell’unità; per
N = D si ha l’unità che è una frazione apparente. Ogni volta che N è un multiplo
di D si ha una frazione apparente, concetto estensibile anche a numeratori relativi.
Il motivo per il quale D ∈ N piuttosto che D ∈ Z è che in tal modo si esclude
la possibilità di dividere per zero. Il risultato di questa procedura tenderebbe infatti
ad infinito ∞, che rappresenta un valore limite ma non un numero. Motivo per il
quale spesso si legge che non si può dividere per zero, che la divisione per zero è
impossibile.
Frazioni che hanno come risultato lo stesso razionale si dicono equivalenti e costituisco-
no una classe di equivalenza. Le classi di equivalenza definite in tal modo costituiscono
l’insieme dei numeri razionali assoluti QA .
Dalla definizione dei relativi si ha che poiché tra di essi si trovano tutte le frazioni im-
proprie Q ammette come sottinsiemi propri sia N che Z. Con il simbolo Q+ si intendono
i razionali positivi, con il simbolo Q− i razionali negativi.
Si definisce l’insieme dei numeri reali R l’unione dei numeri razionali Q con i numeri
irrazionali I. Questi ultimi sono i numeri che non possono essere espressi come frazioni,
ovvero che in notazione decimale hanno infinite cifre a destra della virgola senza che
queste formino una sequenza che si ripete all’infinito.
Gli irrazionali vengono anche definiti come elementi separatori tra due classi contigue
di razionali con l’assioma di continuità di Dedekind.
Matematica
Due classi contigue sono due insiemi di razionali tali che ogni elemento del primo insieme è
minore di ogni elemento del secondo insieme. Ad esempio la classe di razionali il cui quadrato
è maggiore di 2 e quella di razionali il cui√quadrato è minore di 2 hanno come unico elemento
separatore proprio il numero irrazionale 2.
ottengono tutti i punti della retta: la retta è una rappresentazione dei reali R.
La rappresentazione dei reali tramite retta orientata consente anche di carpire il senso
della definizione di modulo di un numero. Si definisce modulo o valore assoluto |x|
di un reale x ∈ R il numero privo di segno, ovvero il numero stesso se questo è positivo
o il suo opposto se è negativo.
Nella rappresentazione il modulo di un numero rappresenta la distanza tra il punto
corrispondente al numero e lo zero. Poiché la distanza è una quantità sempre positiva
e non varia se viene percorsa in un verso o in un altro si arguisce perché due numeri
opposti hanno lo stesso valore assoluto: i loro punti corrispondenti hanno la stessa
distanza dallo zero.
Matematica 337
(
x, se x ≥ 0
(1.1) |x| = .
−x, se x < 0
Se due numeri sono discordi, ovvero hanno segni opposti, il numero positivo è
sempre maggiore di quello negativo.
Se due numeri sono negativi, il numero con il modulo minore è maggiore dell’al-
tro.
Matematica
Un’operazione binaria interna su un insieme numerico è una legge di composizione
interna che agisce su coppie di valori dell’insieme e restituisce come risultato ancora
un valore dell’insieme. Se il risultato non è un elemento dell’insieme allora l’operazione
è esterna.
Addizione e moltiplicazione sono interne in tutti e quattro gli insiemi numerici, inoltre
le loro proprietà sono fortemente simmetriche.
338 Insiemi numerici e operazioni
1.11.1 Addizione
L’addizione è l’operazione che agendo su numeri, chiamati addendi, fornisce come
risultato un numero chiamato somma. È caratterizzata dalle seguenti proprietà:
Elemento neutro È definito come quell’elemento e che aggiunto ad un numero
qualsiasi x dà come risultato il numero stesso: x+e = x. Per l’addizione l’elemento
neutro è 0.
1.11.2 Moltiplicazione
La moltiplicazione è l’operazione che agendo su numeri, chiamati fattori, fornisce come
risultato un numero chiamato prodotto. È caratterizzata dalle seguenti proprietà:
Elemento neutro È definito come quell’elemento e che moltiplicato per un nu-
mero qualsiasi x dà come risultato il numero stesso: x·e = x. Per la moltiplicazione
l’elemento neutro è 1.
Quando in un insieme sono definite due leggi di composizione interna, ad esempio sia
l’addizione che la moltiplicazione, si parla di proprietà proprietà distributiva se in
un’espressione con termini comprendenti sia un prodotto che una somma, ad esempio
2 · (3 + 5), si può distribuire il prodotto sui termini della somma nel modo seguente:
2 · (3 + 5) = 2 · 3 + 2 · 5.
Matematica 339
Si definisce somma algebrica di numeri l’addizione di numeri sia positivi che negativi. La
differenza viene quindi inglobata nella somma algebrica: sottrarre un numero equivale
ad aggiungere il suo opposto.
Nel seguito con il termine somma (o addizione) si intenderà sempre la somma al-
gebrica. Per orientarsi meglio nelle addizioni e sottrazioni di numeri relativi può essere
utile ricorrere alla rappresentazione dei reali. Aggiungere un numero positivo equivale a
uno spostamento verso destra, aggiungere un numero negativo (cioè sottrarre) equivale
a uno spostamento verso sinistra.
Matematica
Se si deve eseguire una somma algebrica tra due numeri si può sempre immaginare di
avere uno zero prima del primo numero e applicare gli spostamenti verso destra o sinistra
a seconda che ogni numero sia preceduto rispettivamente da segno positivo o negativo.
Quando un numero non è preceduto da alcun segno si sottintende il segno +.
Se in una somma algebrica si hanno due segni vicini è necessario che il secondo numero
insieme al suo segno sia posto tra parentesi tonde. I due segni vicini vanno convertiti
in un unico segno seguendo la regola dei segni: se i segni sono concordi (uguali) si
sostituiscono entrambi con un unico segno +, se sono discordi (opposti) si sostituiscono
entrambi con un unico segno −.
Ad esempio in Z si hanno i seguenti casi:
2 + 3 = +5 , 2 + (−3) = +2 − 3 = −1 , 2 − (−3) = +2 + 3 = +5
(1.2)
−2 − 3 = −5 , −2 − (−3) = −2 + 3 = +1 , −2 + (−3) = −2 − 3 = −5.
Poiché le frazioni altro non sono che numeri razionali, la divisione di un numero intero
per una frazione equivale al prodotto del numero per il reciproco della frazione e allo
stesso modo la divisione tra due frazioni equivale al prodotto della prima per l’inverso
della seconda. La divisione tra una frazione e un intero equivale al prodotto tra la
frazione e il reciproco del numero. Si può anche immaginare un numero intero come
una frazione che abbia 1 al denominatore e ricordare solo le procedure relative alle
frazioni.
340 Insiemi numerici e operazioni
Illustriamo alcuni esempi ricordando che nel prodotto tra due frazioni si moltiplica il
numeratore dell’una con il numeratore dell’altra e il denominatore della prima con il
denominatore della seconda.
2 4 3 4·3 12
4: = 2 =4· = = =6
3 3
2 2 2
8
8 2 9 8 3 8·3 24 4
(1.3) : = 2 = · = = =
9 3 3
9 2 9·2 18 3
2
2 3 2 1 2·1 2 1
:4= = · = = = .
3 4 3 4 3·4 12 6
Matematica
La proprietà distributiva se viene letta da destra a sinistra coincide con la regola di
scomposizione chiamata raccoglimento a fattor comune totale. Questa proprietà è inoltre
estremamente utile quando usata insieme all’associativa per eseguire moltiplicazioni di
numeri a due cifre senza necessità di ricorrere alla calcolatrice.
Si ricordi infatti che moltiplicare per 10 equivale ad aggiungere uno zero a destra di un
numero intero o a spostare di un posto a destra la virgola di un numero decimale. Quindi
moltiplicare un intero per 30, ad esempio, equivale a moltiplicare per 3 e poi aggiungere
uno 0 a destra.
Se si vogliono moltiplicare due numeri grandi basta usare la proprietà associativa in senso
inverso (in tal modo è chiamata proprietà dissociativa) sul numero più prossimo a una
decina e poi sfruttare la distributiva: cosı̀ un prodotto si trasforma in una somma che è
usualmente più semplice da calcolare a mente.
Impratichirsi nello svolgere calcoli corretti a mente e in poco tempo è solo questione
di allenamento e del ricorso a tutti i trucchi possibili per semplificarsi la vita. Se si
provasse a eseguire due prodotti di numeri a due cifre al giorno, in un paio di settimane
si raggiungerebbe un buon livello di competenza, il che assicura una marcia in più
nell’affrontare i quesiti e una maggiore sicurezza nei confronti della matematica in
generale.
342 Insiemi numerici e operazioni
Se un numero non è divisibile per un altro, allora il risultato della divisione (che è
chiamato non solo rapporto, ma anche quoto o quoziente) non è un intero e la parte
decimale del risultato è detta resto della divisione. In tal caso la divisione non è esatta.
Ogni numero è comunque divisibile per se stesso, caso in cui il rapporto vale 1, o per
l’unità, caso in cui il rapporto coincide con il numero di partenza.
Un naturale divisibile soltanto per se stesso e per l’unità è detto numero primo. I
numeri primi minori sono 2, 3, 5, 7, 11, 13, . . .
Insiemi
Stabilire se un numero è divisibile per un numero primo è molto utile ai fini della
semplificazione dei calcoli, soprattutto nei prodotti tra frazioni. A tal fine sono stati
elaborati alcuni criteri che consentono di stabilire quando un numero è divisibile per
altri numeri. I criteri di divisibilità più utili sono i seguenti:
Divisibilità per 5 Un numero intero è divisibile per 5 quando termina per una
delle seguenti cifre: 0, 5. Ad esempio sono divisibili per 5 i numeri 765, −6090 e
185.
∀a ∈ Q+ n
0 , ∀n ∈ Z0 si definisce potenza di base a ed esponente n il numero a definito
come a · a · a · . . . · a n volte.
L’estensione del concetto di potenza con esponente razionale verrà data nel capitolo 3.
∀a, b ∈ Q+0 , ∀m, n ∈ Z0 valgono le seguenti importanti proprietà, la cui padronanza
facilita molto i calcoli:
Prodotto di potenze con la stessa base Il prodotto di due potenze che hanno
la stessa base è una potenza con ancora la stessa base e con esponente la somma
degli esponenti: am · an = am+n . Ad esempio 25 · 23 = 28 .
Matematica
stessa base e con esponente il prodotto degli esponenti: (am )n = am·n . Ad esempio
(23 )4 = 212 .
Potenza con esponente nullo Una potenza con base non nulla ed esponente
nullo vale 1: a0 = 1. Ad esempio 1760 = 1.
Potenza con esponente negativo Una potenza con esponente negativo equi-
vale a una frazione avente 1 al numeratore e la stessa potenza ma con esponente
positivo al denominatore: a−m = 1/(am ). Ad esempio 2−3 = 1/(23 ). Con le fra-
zioni si ha che la potenza negativa equivale ad avere stesso esponente ma come
base il reciproco della base: (3/7)−4 = (7/3)4 .
Se la potenza ha la base negativa valgono ancora tutte regole precedentemente descritte cui
va aggiunta la seguente: se l’esponente di una potenza con base negativa è dispari, il risultato
della potenza è negativo.
In altri termini utilizzando da destra a sinistra la regola del prodotto di potenze con lo
stesso esponente si ha che ∀a ∈ Q+ 0 (−a)
m
= (−1)m · (a)m . Dalla regola dei segni e dal fatto
che (−1) indica (−1) moltiplicato per se stesso m volte si ha che se m è pari (−1)m = +, se
m
m è dispari (−1)m = −.
(1.6) (−2)3 = (−1)3 · (2)3 = −(2)3 = −8 (−2)4 = (−1)4 · (2)4 = +(2)4 = 16.
344 Insiemi numerici e operazioni
Si noti che potenze con esponente positivo dei numeri naturali sono sempre maggiori
della base, potenze con esponente negativo dei naturali sono sempre minori della base;
potenze aventi per base una frazione propria positiva e un esponente positivo sono
sempre minori della base, potenze aventi per base una frazione impropria positiva e un
esponente positivo sono sempre maggiori della base.
Ad esempio si ha
5 9
7 −5 2 2 8 8
(1.7) 3 >3 4 <4 < > .
3 3 5 5
Il concetto di potenza può anche essere esteso ammettendo sia come base che come
esponente numeri reali purché si evitino i problemi connessi con le proprietà dello zero.
Insiemi
Una potenza avente esponente irrazionale si calcola come elemento separatore di due clas-
si contigue di potenze aventi esponenti razionali, analogamente alla definizione di numero
irrazionale basata sull’assioma di continuità di Dedekind.
Per scomporre occorre dividere il numero per gli opportuni fattori primi, scelti di
volta in volta in base ai criteri di divisibilità esposti nella sezione 1.13. Se un numero
è divisibile per più fattori primi si può scegliere di dividerlo sempre per il minore.
Si prosegue con successive divisioni fino a giungere all’unità. Moltiplicando tra loro i
numeri primi per i quali è stato diviso il numero e raggruppandoli con le opportune
potenze si ottiene la scomposizione.
Riportiamo di seguito alcuni esempi di scomposizione in fattori primi.
Matematica
Se due numeri naturali non hanno divisori in comune si dicono primi tra loro.
Se due numeri non hanno divisori comuni, come ad esempio 121 e 24 allora si pone il
M.C.D. pari a 1, infatti si può immaginare ogni numero come moltiplicato per l’unità:
tutti i numeri hanno l’unità come divisore. Si scrive quindi M.C.D.(121, 24) = 1.
ennupla in fattori primi. Il m.c.m. è dato dal prodotto dei fattori comuni e non
comuni (cioè di tutti), presi una volta sola e con l’esponente maggiore.
Riferendoci alle scomposizioni della sezione precedente si avrà che m.c.m.(15, 45) =
32 · 5 = 45, m.c.m.(250, 490) = 2 · 53 · 72 = 12250 e m.c.m.(250, 24) = 23 · 3 · 53 =
3000.
Se due numeri non hanno divisori comuni, come ad esempio 121 e 24 allora si pone il
m.c.m. pari al loro prodotto. Se invece uno dei due è un multiplo dell’altro il m.c.m.
coincide con il maggiore dei due. Si scrive quindi m.c.m.(121, 24) = 11 · 24 = 264 e
m.c.m.(3, 6) = 6.
Se uno dei numeri di cui si vuole impropriamente calcolare il M.C.D. o il m.c.m. è una
frazione il risultato di entrambe le operazioni è 1.
Denominatori primi tra loro Se due frazioni hanno denominatori primi tra
loro il risultato di una somma algebrica è una frazione che ha per denominatore il
prodotto dei denominatori e come numeratore la somma algebrica dei numeratori,
ognuno dei quali va prima moltiplicato per il denominatore dell’altra frazione. Ad
esempio
(1.10)
2 5 2·7+5·3 14 + 15 29 1 2 1·5−2·2 5−4 1
+ = = = , − = = = .
3 7 3·7 21 21 2 5 2·5 10 10
algebrica dei numeratori con l’accortezza che il numeratore della frazione con de-
nominatore minore va moltiplicato per il rapporto tra i denominatori. Ad esempio
si ha
2 5 2·2+5 4+5 9 3 1·8−3 8−3 5
(1.11) + = = = , 1− = = = .
3 6 6 6 6 8 8 8 8
Matematica
La regola introdotta per la somma algebrica tra frazioni consente anche di confrontarle
per poterle ordinare. Per stabilire quale frazione sia la maggiore tra alcune frazioni basta
riscriverle con lo stesso denominatore, che sarà il m.c.m. tra tutti i denominatori. A
questo punto l’ordinamento è eseguito semplicemente tra i numeratori secondo le
regole riportate nella sezione 1.10.
2 2 21 1 24 412
2 1
24 4
(1.13) = 2 = = , = 15 = 5 = .
4 2 2→1
2 2 30
3
0 1
5 5
Ciò vale sia per il numeratore che per il denominatore. Se la somma o la sottrazione sono
all’interno di una parentesi che a sua volta è moltiplicata per un fattore, quest’ultimo
fattore può essere semplificato, il contenuto della parentesi no. L’unico caso in cui si
semplifica anche in presenza di una somma algebrica è quando tutti i termini della
somma sono divisibili per lo stesso numero per il quale si semplifica.
Riportiamo alcuni esempi chiarificatori:
Il sistema decimale è un sistema numerico posizionale in base 10. Le dieci cifre di cui
fa uso sono 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9. La posizione di una cifra indica la corrispondente
potenza di 10 per la quale la cifra va moltiplicata.
Dalle proprietà delle potenze possiamo stabilire che le unità corrispondono a una cifra
moltiplicata per 100 , infatti 100 = 1. Le decine corrispondono a una cifra moltiplicata
per 101 e cosı̀ via.
In un numero intero le unità corrispondono alla cifra più a destra. In un numero con
la virgola le unità corrispondono alla cifra immediatamente a sinistra della virgola e il
numero è detto numero decimale.
Anche gli interi possono essere considerati decimali: è come se alla loro destra inseris-
simo una virgola seguita da alcuni 0.
I numeri che hanno un numero finito di cifre a destra della virgola sono detti decimali li-
mitati, altrimenti sono chiamati decimali illimitati. I decimali sono una rappresentazione
dei razionali tramite la base 10.
Le cifre a destra della virgola, corrispondenti a decimi, centesimi e cosı̀ via sono
caratterizzate da potenze negative della base.
In un sistema posizionale quale quello decimale, quindi, il modo di intendere un numero
è esprimibile dai seguenti esempi:
(1.15)
1324 = 4·100 +2·101 +3·102 +1·103 , 42, 357 = 2·100 +4·101 +3·10−1 +5·10−2 +7·10−3 .
Matematica 349
Questa scomposizione viene anche espressa dicendo che il numero 1324 equivale a 1
migliaio, 3 centinaia, 2 decine e 4 unità e che il numero 42, 357 equivale a 4 decine, 2
unità, 3 decimi, 5 centesimi e 7 millesimi.
Quello decimale non è l’unico sistema posizionale. Variando il set di cifre e la base si ottengono
infiniti altri sistemi posizionali, tra i quali sono usati in informatica quello binario (base 2),
quello ottale (base 8), quello esadecimale (base 16). Il numero di cifre coincide con la base:
il sistema binario ha solo due cifre (0, 1), quello ottale 8 (da 0 a 7) e quello esadecimale 16
(0, 1, . . . , 9, A, B, C, D, E, F.)
Prendendo ad esempio il sistema binario, una decina nel sistema binario corrisponde
alla prima potenza della base, che in questo caso è 2, un centinaio a 22 è cosı̀ via. Il numero
binario 1101 vale quindi 1 · 20 + 0 · 21 + 1 · 22 + 1 · 23 = 1 · 1 + 0 · 2 + 1 · 4 + 1 · 8 = 1 + 0 + 4 + 8 = 13.
In informatica il numero di cifre usate per rappresentare un numero è detto numero di bit.
Nel sistema binario con 4 bit si possono rapprentare numeri compresi tra 0 e 15, ovvero 24 − 1
numeri. In generale con n bit si possono rappresentare 2n − 1 numeri interi positivi.
Matematica
1.20 Numeri decimali e frazioni
Una frazione che al denominatore ha una potenza positiva di 10, ovvero 10, 100, 1000
e cosı̀ via è detta frazione decimale.
I numeri decimali limitati possono essere convertiti in frazioni decimali e poi even-
tualmente queste possono essere ridotte a frazioni con denominatori minori semplifi-
cando con il numeratore.
Per trasformare un numero decimale limitato in frazione si procede nel seguente modo:
al numeratore si scrivono nell’ordine tutte le cifre del numero senza riportare la virgola,
al denominatore si scrive un 1 seguito da tanti 0 quante sono le cifre che compongono
la parte decimale. Se il numero comincia per 0 questo non si riporta.
Per convertire una frazione decimale in numero decimale basta scrivere il numeratore
della frazione e poi inserire una virgola in modo che la parte decimale sia composta da
tante cifre quanti sono gli 0 al denominatore della frazione, secondo i seguenti esempi.
2823 9862 125
(1.17) = 282, 3 = 0, 9862 = 1, 25.
10 10000 100
350 Insiemi numerici e operazioni
Per convertire una frazione non decimale il cui denominatore è composto da potenze di
2 e di 5 bisogna moltiplicare sia il numeratore che il denominatore per lo stesso numero
in modo da trasformare la frazione in frazione decimale e poter quindi sfruttare la
procedura già illustrata.
A tal fine per ogni potenza di 2 al denominatore bisogna moltiplicare e dividere
per la stessa potenza di 5, mentre per ogni potenza di 5 al denominatore bisogna
moltiplicare e dividere per la stessa potenza di 2.
Alcuni esempi possono rendere tutto più chiaro:
(1.18)
3 3 2 6 7 7 5 35 12 12 12 22 48
= · = = 0, 6 = · = = 3, 5 = 2 = 2· 2 = = 0, 48.
5 5 2 10 2 2 5 10 25 5 5 2 100
Ad esempio per una precisione con due cifre significative si ha che 8, 95752 ≈ 8, 96,
mentre se si vuole avere una precisione con tre cifre significative si ha 11, 7653998 ≈
11, 765.
Si veda ad esempio
La notazione scientifica è molto utile anche per operare conversioni, ovvero per riscri-
vere numeri con la precisione voluta. Questa procedura spesso consente di semplificare
notevolmente i calcoli perché le potenze di dieci che compaiono vengono combinate
facilmente con le proprietà delle potenze. Esempi di conversioni e nomi di multipli e
sottomultipli dell’unità sono riportate nella sezione 1.5 della parte di fisica, dove si
trova anche la rappresentazione della figura 1.2.
Un numero decimale è detto periodico se una parte delle sue cifre si ripete indefinita-
Matematica
mente. La sequenza che si ripete è detta periodo. Le cifre a sinistra della virgola sono
dette parte intera, le cifre a destra della virgola che precedono il periodo si chiamano
antiperiodo.
In realtà anche i decimali limitati potrebbero essere considerati periodici, in essi infatti
lo 0 si ripete indefinitamente. Se un numero periodico non ha antiperiodo è chiamato
periodico semplice, altrimenti periodico misto.
Poiché i decimali sono una rappresentazione dei razionali e i periodici sono decimali,
anche i periodici possono essere scritti come frazioni, dette frazioni generatrici. Si veda
a tal proposito l’approfondimento nella sezione 1.20.
1.23 Proporzioni
Una proporzione è un’uguaglianza tra due rapporti, ovvero tra due frazioni appar-
tenenti alla stessa classe di equivalenza. Il numeratore della prima frazione e il deno-
minatore della seconda sono detti estremi della proporzione, gli altri due sono detti
medi.
2 6 3 9
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 2 = 6 invertire,
2 6 2 3
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 6 = 9 permutare i medi,
2 6 9 6
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 3 = 2 permutare gli estremi,
2 6 2+3 6+9
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 3 = 9 comporre,
2 6 2+3 6+9
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 2 = 6 comporre,
2 6 2−3 6−9
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 3 = 9 scomporre,
2 6 2−3 6−9
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 2 = 6 scomporre,
2 6 2+3 6+9
2:3=6:9 ⇔ 3 = 9 ⇔ 2−3 = 6−9 comporre e scomporre.
Tipici problemi risolvibili con le proporzioni sono il calcolo degli sconti applicati, il
calcolo dell’interesse semplice su un capitale e le similitudini tra triangoli.
Matematica 353
Se due operai impiegano 10 ore per montare 40 pezzi, quanto tempo occorre a 4 operai per
Matematica
montare 80 pezzi? In questi casi è opportuno ricavare l’unità di base, che qui corrisponde
a quanti pezzi monta un operaio in un’ora. Ovviamente se due operai ne montano 40 in
10 ore nello stesso tempo un operaio ne monta 20. La proporzione è allora 10 : 20 = 1 : x.
Risolvendola si ha 10 · x = 20 · 1 ovvero x = (20 · 1)/10 = 2. Si può allora calcolare il
numero di pezzi montati da 4 operai in un’ora semplicemente moltiplicando per il numero
di operai: 2 · 4 = 8. Dividendo il totale richiesto per il numero di pezzi montati all’ora si
trova il numero di ore: 80/8 = 10.
Si poteva giungere alla soluzione notando che sia il numero di operai che il numero di
pezzi montati sono raddoppiati. Poiché le due grandezze sono state moltiplicate per lo
stesso fattore il tempo deve restare costante.
Il fattore di scala di una carta geografica è il rapporto tra la distanza reale tra due punti
della superficie terrestre e la corrispondente distanza sulla carta geografica. L’inverso
del fattore di scala è chiamato rapporto di scala.
Vi sono tre tipi di problemi relativi alle carte geografiche, tutti e tre risolvibili con le
proporzioni come illustrato di seguito.
354 Insiemi numerici e operazioni
Se d = 20 cm e D = 2 km per calcolare F s si ha
(1.22)
20 cm 1 1 1
20 cm : 2 km = 1 : F s ⇒ = ⇒ = ⇒ F s = 10000.
2 × 105 cm Fs 104 Fs
1.24 Percentuali
Le percentuali sono un modo comodo di scrivere numeri decimali espressi come frazione
di una certa quantità scelta come unità.
Una percentuale è una frazione di una certa quantità e rappresenta quindi una gran-
dezza adimensionale in quanto espressa come rapporto tra due grandezze omologhe.
Per esprimere una quantità come percentuale di una seconda scelta come riferimento
occorre dividere la prima per la seconda e poi moltiplicare per 100.
Se si vuole determinare una certa percentuale di una quantità nota occorre moltiplicare
il numero percentuale per la quantità e poi dividere per 100. Spesso è molto utile
semplificare prima della moltiplicazione, ad esempio elidendo uno 0 al numeratore e
uno al denominatore.
Nel seguito illustreremo alcuni esempi per calcolare sconti e interessi; ricorrere a una
percentuale o usare una proporzione sono spesso procedure analoghe, ognuno può
decidere di usare quella che risulta più congeniale.
Matematica 355
Sconti Se un collo del costo iniziale di 840 e è venduto al 15% di sconto qual
è il prezzo di vendita? Ci sono due modi di procedere: o calcolare lo sconto e
poi sottrarre la quantità dal prezzo iniziale per determinare il prezzo di vendita
o calcolare la percentuale del prezzo iniziale come 100− percentuale di sconto e
poi calcolare la percentuale ottenuta del prezzo iniziale. Mostriamo la seconda
procedura: in questo caso la percentuale del prezzo iniziale è 100% − 15% = 85%.
Il prezzo di vendita si calcola quindi come (85 · 840)/100 = (85 · 84)/10 = 714 e.
Capitali e interessi Se su un capitale di 2500 e si ha un interesse semplice del
4% su base semestrale, quale somma si ritira dopo 3 anni di giacenza? Innanzitut-
to occorre determinare quante unità temporali utilizzate per stabilire l’interesse
sono contenute nell’intervallo di tempo considerato. Come prima cosa, quindi,
Matematica
bisogna convertire gli anni in semestri. Poiché in un anno ci sono 2 semestri si ha
che 3 anni sono pari a 6 semestri.
Dopo un semestre la somma ritirata, chiamata montante M , è composta dal
capitale iniziale C più gli interessi I: M = C + I. In regime di interesse semplice
dopo n periodi il montante si calcola con la formula M (n) = C · (1 + i)n , dove i
è il tasso di interesse. Nell’esempio i = 4% = 0, 04, quindi M (6) = 2500 · (1 +
0, 04)6 ≈ 3163 e. Gli interessi I sono dati da M − C = 3163 − 2500 = 663 e.
Concludiamo la sezione con l’utile tabella 1.2 che illustra alcune uguaglianze tra fra-
zioni, percentuali e decimali. Le ultime due righe sono ottenute semplicemente come
multipli di relazioni precedenti, ad esempio 2/5 è il doppio di 1/5 e cosı̀ via.
1 100% 1, 00 1/20 5% 0, 05
1/2 50% 0, 50 1/25 4% 0, 04
1/3 33% 0, 33 1/50 2% 0, 02
1/4 25% 0, 25 2/3 66% 0, 66
1/5 20% 0, 20 2/5 40% 0, 40
1/6 17% 0, 17 3/5 60% 0, 60
1/10 10% 0, 10 4/5 80% 0, 80
Tabella 1.2: Utili corrispondenze tra frazioni, percentuali e decimali.
356 Insiemi numerici e operazioni
y
(1.23) x e y sono direttamente proporzionali ⇔ y =k·x ⇔ = k.
x
Il coefficiente k è legato all’angolo α tra la retta e il verso positivo delle ascisse misurato
a partire da quest’ultimo e ruotando in senso antiorario. Più precisamente k = arctg α.
Maggiore è il valore di k e maggiore è la pendenza della retta, ovvero l’angolo α.
k
(1.24) x e y sono inversamente proporzionali ⇔ y= ⇔ y · x = k.
x
Matematica 357
Il coefficiente k rappresenta l’area costante dei rettangoli che hanno per lati i valori di
x e di y e che sono delimitati dagli assi e dall’iperbole.
Quesiti
1) Se A ⊆ B, l’insieme A, complemento 4) La frazione generatrice del numero
di A rispetto a B, è: 21, 0354 è:
Matematica
C l’insieme degli elementi contenuti in 9900
A o in B 210354 − 2103
D
D non può mai coincidere con l’insieme 990
vuoto ∅ 210354 − 2103
E
9900
E è un sottoinsieme di B
5) Un articolo dal prezzo iniziale di
2) Il numero 2,46 si può ottenere come: 2500 e è venduto con uno sconto del
20%. A quanto ammonta il risparmio
A 3 − 4 · 10−1 − 6 · 10−2 per l’acquirente?
B 2 − 4 · 10−1 − 6 · 10−2
A 2000 e
C 3 − 5 · 10−1 − 4 · 10−2
B 80%
D 2 + 5 · 10−1 + 4 · 10−2
C 500 e
E 3 − 5 · 10−1 + 4 · 10−2
D 200 e
3) Quale delle seguenti affermazioni ri- E 250 e
guardanti le operazioni definite sugli
insiemi numerici è vera? 6) Dalla definizione di numero primo si
ha che:
A in Q ci sono infinite coppie di nu-
meri per le quali non è definita la A un numero naturale si dice primo se
moltiplicazione è divisibile solo per 1 e per se stesso
B i numeri naturali da 0 a 9 sono tutti
B in Z è definita la divisione per ogni
numeri primi
coppia di numeri
C un numero reale è divisibile per lo
C dati due numeri naturali a e b, si dice
zero solo se esso è primo
che a diviso b è uguale a q se esiste
q ∈N : q =a·b D nell’insieme dei numeri reali esistono
210 numeri primi
D dati due numeri naturali a e b, si dice
che a diviso b è uguale a q se esiste E l’insieme dei numeri primi contiene
q ∈N : a=q·b l’insieme dei numeri naturali
E l’insieme dei divisori di un numero 7) Stabilire la quaterna posta in ordine
reale è l’insieme vuoto ∅ decrescente:
358 Insiemi numerici e operazioni
834 834
A 834 · 10−3 ; ; ; 8, 034 A 1000
999 1001
834 834 B 1
B 8, 034; ; 834 · 10−3 ;
999 1001
834 834 C 2
C 834 · 10−3 ; ; 8, 034;
1001 999
834 834 D 3
D 8, 034; ; 834 · 10−3 ;
1001 999
834 834 E 4
−3
E ; 834 · 10 ; ; 8, 034
999 1001
8) Il M.C.D. (121, 66, 60) è: 10) Il risultato dell’espressione
02 · 03 − 5 · 0 + 30 è:
A 2
B 11
C 1 A indeterminato
D 6 B 1
E 33
C impossibile
9) Quanti naturali minori o uguali a
1000 che siano divisibili contempo- D 3
Insiemi
5) Il quesito si risolve calcolando il 20% del costo iniziale, ovvero moltiplicando la cifra
per 20 e dividendo il totale per 100. Più semplicemente si può realizzare che il 20%
equivale a 1/5 della somma, quindi basta dividere per 5: la risposta corretta è la
C.
Matematica 359
Matematica
10) Dalle proprietà dello zero si ricava che 0n con n positivo è nullo e che qualsiasi reale
non nullo per 0 è ancora uguale a 0. Poiché qualsiasi positivo elevato alla 0 vale 1
si ha che la risposta corretta è la B .
Monomi e polinomi
2
Introduzione
In questo capitolo verranno discussi gli elementi dell’algebra classica, ovvero le espres-
sioni letterali, i monomi e il calcolo polinomiale. In tutto il capitolo si pone l’accento
sull’estensione delle operazioni e delle procedure già introdotte in aritmetica, onde
evitare al lettore ulteriori sforzi mnemonici.
Ogni regola è corredata da esempi e dalle possibili situazioni, mentre le varie formule
utili sono state accorpate in tabelle per favorire l’attività di ripasso.
Affinché l’espressione abbia senso, ossia corrisponda a un numero, bisogna porre atten-
zione ai possibili valori da sostituire alle lettere.
Matematica 361
a2 + b − 2
⇒ C.E. a + 1 6= 0 ⇒ a 6= −1,
a+1
(2.2)
Matematica
a3 − b + 9
⇒ C.E. a − 2b 6= 0 ⇒ a 6= 2b.
a − 2b
Poiché gli esponenti sono interi e 0 ∈ Z si ha che i numeri sono un sottoinsieme dei
monomi. Se infatti un coefficiente è seguito da lettere tutte elevate alla 0, la parte
letterale è uguale a 1 e quindi l’intero monomio coincide con il suo fattore numerico:
3 a0 b0 = 3.
Ai fini della comprensione delle operazioni da introdurre nell’insieme dei monomi sono
utili le definizioni della tabella 2.1.
Algebra
La somma algebrica di due monomi simili è ancora un monomio simile avente come
coefficiente la somma algebrica dei coefficienti.
Matematica
nel primo caso il primo monomio è divisibile per il secondo; nell’altro invece il quoziente
ha esponenti negativi e quindi non si ha divisibilità.
Se il quoziente tra due monomi è un monomio intero allora il primo è un multiplo del
secondo e il secondo è un divisore del primo.
Il M.C.D. tra monomi è un monomio che ha per coefficiente il M.C.D. tra i coefficienti
e per parte letterale le lettere comuni ai monomi prese una volta sola e con l’esponente
minimo.
Il m.c.m. tra monomi è un monomio che ha per coefficiente il m.c.m. tra i coefficienti
e per parte letterale tutte le lettere presenti nei monomi prese una volta sola e con
l’esponente massimo.
L’insieme dei polinomi P contiene sia quello dei reali R sia quello dei monomi M,
come mostra la Figura 2.3. Se infatti un polinomio è composto dalla somma algebrica
di due monomi simili può essere ridotto ad un unico monomio. Rientrano in questo
caso monomi che hanno solo esponenti nulli, ovvero numeri. Se un polinomio è
composto dalla somma algebrica di due monomi opposti coincide con il numero 0.
Matematica 365
Il grado dei termini che compongono un polinomio è il grado usuale dei monomi. Anche
per un polinomio si definisce un grado complessivo e un grado rispetto a una lettera.
Se un polinomio è composto da monomi ridotti aventi solo diverse potenze della stessa
lettera si dice polinomio in una variabile. Usualmente la lettera è la x e il polinomio
in tal caso si indica con P (x). Un polinomio in una variabile completo di grado n è
composto da n + 1 elementi, ovvero da tutte le potenze della x da 0 a n e il coefficiente
della potenza i-esima viene indicato con ai . a0 è chiamato termine noto mentre deve
essere an 6= 0 per avere grado n. Se alcuni ai con i 6= n sono nulli allora P (x) non è
completo.
Matematica
Si definisce prodotto di due polinomi il polinomio ottenuto moltiplicando ogni termine
del primo polinomio per ogni termine del secondo e sommando.
Si definisce somma di due polinomi la somma algebrica tra i monomi simili che li
compongono cui vanno aggiunti con il proprio segno i termini che non hanno altri
termini simili.
Ad esempio (7 a3 b + 2 a2 b) + (−3 a2 b3 + 5 a2 b) = 7 a3 b − 3 a2 b3 + 7 a2 b.
Per stabilire l’uguaglianza tra due polinomi in una variabile si ricorre al principio di
identità dei polinomi, che costituisce una condizione necessaria e sufficiente per la
366 Monomi e polinomi
loro uguaglianza: due polinomi in x sono identici se hanno lo stesso grado e coefficienti
uguali per le potenze simili.
Se un polinomio A(x) non è divisibile per un altro B(x), il quoziente Q(x) non è
esatto e si ha un ulteriore polinomio come resto R(x).
Si dimostra che dati due polinomi A(x) e B(x), tali che il grado di A(x) sia maggiore
o uguale al grado di B(x), esistono soltanto due polinomi Q(x) e R(x) tali che A(x) =
B(x) · Q(x) + R(x).
Vediamo di seguito come si esegue una divisione tra polinomi, ricordando inoltre
che la divisione di un polinomio per un monomio ne costituisce un caso particolarmente
semplice e non è un’operazione ulteriore. Qualunque siano i polinomi A(x) e B(x) (con
grado di B(x) non superiore al grado di A(x))si procede nel seguente modo:
Si pongono sia A(x) che B(x) in forma normale.
Si scrivono A(x) e B(x) nell’apposita griglia con il primo a sinistra e il secondo
a destra, avendo cura nel caso A(x) non sia completo di lasciare spazi maggiori
Algebra
Matematica
2.7 Potenza intera positiva di un polinomio
I coefficienti dei termini della potenza n-esima sono i termini della riga (n + 1)-esima
del triangolo.
Per calcolare la quarta potenza del binomio (a−b) ci si ispira all’omogeneità dei polinomi
e quindi ogni termine dello sviluppo deve essere di quarto grado. Tutti i termini di
quarto grado possibili si ottengono partendo dal termine che ha parte letterale a4 (−b)0
e aggiungendo di volta in volta termini che hanno un grado in meno in a e un grado in
più in b in modo che il grado complessivo resti 4.
Per i coefficienti basta usare i numeri della quinta riga del triangolo di Tartaglia e si
ottiene
Algebra
(2.3) (a − b)4 = a4 + 4 a3 b + 6 a2 b2 + 4 a b3 + b4 .
In generale il termine di posto k+1 della riga n+1 del triangolo di Tartaglia indica il numero di
combinazioni possibili di n oggetti a gruppi di k, si chiama coefficiente binomiale e si indica
con il simbolo nk . Questi coefficienti sono usati nel calcolo combinatorio, come discusso nella
sezione 13.6. I coefficienti binomiali sono ottenuti come prodotti e rapporti di fattoriali, come
mostrato nella 2.4. Nella stessa riga è indicata anche la definizione di fattoriale: il prodotto
di tutti gli interi positivi compresi tra l’unità e il numero indicato con il punto esclamativo.
Tramite i coefficienti binomiali la potenza n-esima di un binomio può essere espressa con
la formula del binomio di Newton:
n
! !
X n n n!
(2.4) (a + b)n = an−k bk , = , n! = 1 · 2 · 3 · · · (n − 1) · n.
k k k!(n − k)!
k=0
Si definisce zero del polinomio o radice del polinomio o soluzione del polinomio ogni
valore della x che sostituito nel polinomio rende nulla l’espressione.
Un’utile regola pratica afferma che le radici intere di un polinomio a coefficienti interi
vanno ricercate tra i divisori del termine noto. In generale le radici vanno ricercate
tra le frazioni irriducibili che hanno al numeratore un divisore del termine noto e al
denominatore un divisore del coefficiente del grado massimo.
Diamo due importanti risultati le cui conseguenze sono utili nella scomposizione dei
polinomi.
teorema del resto: dividendo P (x) per un binomio (x − a) il resto è dato dal
Matematica
valore P (a) assunto dal polinomio quando x = a.
Dal teorema del resto e dalla definizione di zero del polinomio si ricava un altro
importante teorema.
Il teorema di Ruffini implica la validità delle seguenti proprietà, che saranno riprese
nelle sezioni successive:
La differenza di due potenze dello stesso grado è sempre divisibile per la differenza
delle basi.
La differenza di due potenze dello stesso grado è divisibile per la somma delle
basi solo se il grado è pari.
La somma di due potenze dello stesso grado non è mai divisibile per la differenza
delle basi.
La somma di due potenze dello stesso grado è divisibile per la somma delle basi
solo se il grado è dispari.
370 Monomi e polinomi
Se due polinomi non hanno divisori comuni sono detti primi tra loro.
La differenza di due quadrati è anche chiamato somma per differenza per ovvie
ragioni. Si noti l’esempio dato nella Tabella 2.3. L’utilizzo di tale prodotto notevole
è abbastanza diffuso anche in ragione del fatto √ che 12 = 1 e che qualsiasi numero
positivo è il quadrato della propria radice: a = ( a)2 ∀ a ∈ R+ 0.
Matematica 371
(a + b)2 = a2 + b2 + 2ab
(a − b)2 = a2 + b2 − 2ab
Quadrato del binomio
(−a + b)2 = a2 + b2 − 2ab
(−a − b)2 = a2 + b2 + 2ab
⇐= es. (x + 2)2 = x2 + 4 + 4x , (2x − 3)2 = 4x2 + 9 − 12x .
(a + b + c)2 = a2 + b2 + c2 + 2ab + 2bc + 2ac
(a − b + c)2 = a2 + b2 + c2 − 2ab − 2bc + 2ac
Quadrato del trinomio
(a + b − c)2 = a2 + b2 + c2 + 2ab − 2bc − 2ac
(−a − b + c)2 = a2 + b2 + c2 + 2ab − 2bc − 2ac
⇐= es. (x2 − 3x + 5)2 = x4 + 9x2 + 25 − 6x3 − 30x + 10x2 .
Matematica
(−a − b)3 = −a3 − b3 − 3a2 b − 3ab2 = −(a + b)3
⇐= es. ( 23 x2 − 4)3 = 8 6
27
x − 64 − 48 4
9
x + 32 2
3
x .
Somma di due quadrati a2 + b 2 è irriducibile
Differenza di due quadrati a2 − b2 = (a + b)(a − b)
√ √
2 2 2 2
=⇒ es. 9
x −1=( 3
x + 1)( 3
x − 1) .
Somma di due cubi a3 + b3 = (a + b)(a2 + b2 − ab)
=⇒ es. x3 + 27 = (x + 3)(x2 + 9 − 3x) .
Differenza di due cubi a3 − b3 = (a − b)(a2 + b2 + ab)
=⇒ es. 27x3 − 8 = (3x − 2)(9x2 + 4 + 6x) .
Trinomio notevole x2 + sx + p = (x + a)(x + b), con a + b = s, a · b = p
=⇒ es. x2 + 7x + 10 = (x + 2)(x + 5) .
Molti dei prodotti notevoli possono essere eseguiti senza particolari accorgimenti. Per
il trinomio notevole conviene invece seguire la seguente procedura.
Per usare il trinomio notevole occorre partire dal segno del termine noto: se è positivo
i due numeri cercati sono concordi, se è negativo discordi. Si noti poi il segno del
coefficiente del termine di primo grado: se è positivo e i termini sono concordi significa
che si sta cercando due numeri positivi, se è negativo e i termini sono concordi si sta
cercando due numeri negativi. Nel caso in cui i termini siano discordi il segno di s
coincide con il segno del numero che ha modulo maggiore tra i due cercati.
Una volta determinati i segni si cercano le coppie di numeri il cui prodotto è pari a p a
cominciare da (1, p) nel caso siano entrambi positivi. Tra le coppie trovate quella che
soddisfa anche la condizione della somma è quella cercata.
372 Monomi e polinomi
Le frecce inserite a sinistra della Tabella 2.3 indicano in quale senso l’identità costituisce
una scomposizione, ovvero in quale verso occorre utilizzare l’espressione per trasformare
una somma algebrica di polinomi in un prodotto di polinomi che abbiano segno minore
del polinomio di partenza.
Una regola pratica che favorisce le scomposizioni è che tutte le volte che si può
procedere al raccoglimento totale è opportuno farlo. Se un polinomio può essere
scomposto in diversi modi e tra questi c’è anche il raccoglimento totale è meglio
prima raccogliere e poi eventualmente procedere con altre scomposizioni.
Algebra
I seguenti esempi possono essere d’aiuto, per chiarimenti sulla manipolazione dei radicali
si rimanda al capitolo 3:
12 a3 b4 + 15 a2 b2 c − 3 a4 b = 3 a2 b · (4 a b3 + 5 b c − a2 ) ,
− 20x3 + 14x = −2x · (10x2 − 7x) ,
(2.5) √ 2 4 √ √ 1
2 a b + 4 a2 b − a b = 2 a b · (a b3 + 2 2 a − √ ) ,
2
1 2 3 5 9 3 1 4
x + x − x = x · ( x + x − 6) .
8 4 2 4 6
A volte è utile raccogliere un fattore presente in alcuni termini della somma ma non in
tutti.
Si può procedere comunque con l’accortezza di moltiplicare e dividere per il fattore
interessato i termini che non lo contengono e poi raccogliere. Quando si raccoglie un
fattore complessivamente negativo i termini vanno scritti cambiando loro il segno.
In virtù dell’ultima affermazione non sempre conviene sommare subito termini simili
se si ha una somma algebrica composta da un numero pari di termini.
12 a3 b4 + 15 a2 b2 c − 7 d = 3 a2 b2 · (4 a b2 + 5 c) − 7 d poco utile.
7x2 − 14x + 6x − 12 = 7x · (x − 2) + 6 · (x − 2) = (x − 2) · (7x + 6).
Matematica
Regola di Ruffini La regola di Ruffini è una procedura che consente di scom-
porre un polinomio in una variabile P (x) in un prodotto di un binomio di primo
grado del tipo (x − a), dove a è uno zero di P (x), per un polinomio in x avente
un grado inferiore di un’unità rispetto a quello di partenza. Questa regola è da
considerare come ultima spiaggia, cioè è meglio applicarla solo quando nessuna
delle altre risulta applicabile. Ciò a causa sia del tempo maggiore necessario al
suo utilizzo sia alla possibilità di non essere subito in grado di determinare il
giusto valore di a.
Si ricorda che gli zeri del polinomio vanno ricercati tra i divisori del termine noto, come
indicato nella sezione 2.8.
Si scrivono i coefficienti delle potenze del polinomio dal grado massimo a quello
nullo in una riga orizzontale lasciando un certo spazio tra di essi e riportando
ognuno con il proprio segno. Se il polinomio non contiene alcune potenze di grado
compreso tra il massimo e quello nullo allora nella riga dei coefficienti va inserito
uno 0 in corrispondenza di ognuno dei gradi mancanti.
Nella riga dei coefficienti si traccia una linea verticale prima del primo termine e
una linea verticale prima dell’ultimo termine.
Dopo aver lasciato lo spazio per un’ulteriore riga da scrivere sotto quella dei coef-
ficienti, si traccia una riga orizzontale di lunghezza pari alla riga dei coefficienti.
374 Monomi e polinomi
Sopra la riga orizzontale e a sinistra della prima linea verticale si scrive uno zero
del polinomio, ad esempio a.
Si riporta il primo coefficiente da sinistra al di sotto della riga orizzontale trac-
ciata.
Si moltiplica il numero scritto sotto la riga orizzontale per a scrivendo il prodotto
al di sotto del secondo coefficiente.
Si esegue la somma algebrica tra il coefficiente e il termine scritto al di sotto di
esso e si riporta il risultato nella stessa colonna della griglia ma al di sotto della
riga orizzontale.
Si moltiplica il numero ottenuto per a e lo si scrive sotto il coefficiente di grado
immediatamente inferiore reiterando la somma e il successivo prodotto fino al
termine dei coefficienti compreso quello del termine noto.
Se la colonna corrispondente ai coefficienti del termine noto termina con 0 la
scomposizione è esatta, altrimenti il numero scritto in basso a destra della griglia
rappresenta il resto della divisione.
Algebra
3 −6 0 0 5 −10 ⇒ 3 −6 0 0 5 −10
2 6 0 0 0 10 2 6 0 0 0 10 a
3 0 0 0 5 3 0 0 0 5 // R
Tabella 2.4: Scomponendo con la regola di Ruffini si ha 3x5 − 6x4 + 5x − 10 = (x − 2) · (3x4 + 5), con
a = 2 e R = 0.
La regola di Ruffini può essere usata anche per la divisione di P (x) per un binomio del tipo
(ax − b) a patto di scrivere il binomio come a · (x − b/a). In tal caso chiamando Q(x) il
polinomio quoziente si ha l’identità P (x)/a = (x − b/a) · Q(x) + R/a, quindi bisogna ricordarsi
di dividere ogni coefficiente di P (x) per a prima di procedere con la regola scrivendo a sinistra
in basso della griglia il numero b/a. Per ottenere il resto, inoltre, al termine della procedura
bisogna moltiplicare per a il resto ottenuto dalla griglia.
Matematica 375
Stanti le stesse definizioni di M.C.D. e m.c.m. valevoli per numeri e per monomi, anche
le procedure sono esattamente le stesse: per determinare il M.C.D. tra una ennupla di
polinomi si calcola il prodotto dei soli fattori comuni, presi una volta sola, con esponente
minimo. Per il m.c.m. si calcola il prodotto di tutti i fattori, presi una volta sola, con
esponente massimo.
Riportiamo per esempio il calcolo del M.C.D. e del m.c.m. di una terna di polinomi.
Matematica
è di primo grado e ridotto, quindi non ulteriormente scomponibile; nel secondo si può
mettere in evidenza il fattore 2 per avere P2 (x) = 2 · (x + 1); il terzo si può scomporre
attraverso il riconoscimento del quadrato del binomio (x + 1) per avere P3 (x) = (x + 1)2 .
Si ha quindi M.C.D.(P1 (x), P2 (x), P3 (x)) = 1 perché i tre polinomi non hanno fattori
comuni, mentre m.c.m.(P1 (x), P2 (x), P3 (x)) = 6x · (x + 1)2 in quanto i fattori sono 2, 3,
x e (x + 1) e l’ultimo compare elevato alla seconda in uno dei polinomi.
In modo analogo si può eseguire qualunque altro esercizio ispirandosi ai metodi acquisiti
con i numeri per i fattori numerici e con i monomi per le parti letterali.
Si noti che la x del termine 3x è stata presa nonostante la presenza della stessa variabile
nel fattore (x + 1). Ogni fattore è infatti considerato separatamente dagli altri e ogni
parentesi costituisce un fattore: non si può prendere un termine da una somma ma
bisogna visualizzarla come un’unica entità.
Si definisce frazione algebrica il quoziente tra due polinomi interi di cui il primo è
chiamato numeratore N della frazione e il secondo, chiamato denominatore D, non
deve essere il polinomio nullo: D 6= 0.
Nell’insieme dei polinomi nella sola variabile x una frazione algebrica F (x) è un’espres-
sione del tipo F (x) = N (x)/D(x) con N (x) e D(x) polinomi interi e D(x) diverso
dal polinomio nullo.
Per le frazioni algebriche vale la stessa terminologia in uso tra frazioni numeriche,
ad esempio due frazioni algebriche sono equivalenti se il prodotto del denominatore
della prima per il numeratore della seconda è uguale al numeratore della prima per il
denominatore della seconda, ovvero N1 · D2 = N2 · D1 . Allo stesso modo il reciproco di
una frazione F = N/D è la frazione 1/F = D/N .
376 Monomi e polinomi
Le operazioni tra frazioni algebriche sono definite nello stesso modo in cui sono definite
tra frazioni numeriche, ad esempio il prodotto di due frazioni algebriche è una frazione
che ha al numeratore il prodotto dei numeratori e al denominatore il prodotto dei
denominatori. L’esistenza del reciproco consente anche di effettuare una divisione tra
due frazioni algebriche calcolando il prodotto tra la prima e l’inverso della seconda.
N1 N2 N1 · N2 1 N1 · D2
(2.6) F1 = , F2 = , ⇒ F1 · F2 = , F1 : F2 = F1 · = .
D1 D2 D1 · D2 F2 D1 · N2
Moltiplicare e dividere una frazione per uno stesso fattore equivale a moltiplicare per
l’unità e quindi non modifica l’espressione. Viceversa questa proprietà fondamentale
consente di semplificare le frazioni algebriche. Una volta scomposti N e D si può
semplificare dividendo N e D per i fattori comuni. Quando non vi sono ulteriori fattori
comuni la frazione è detta irriducibile.
Tra frazioni algebriche irriducibili la somma algebrica si esegue come tra frazioni
Algebra
numeriche: occorre scrivere le frazioni con lo stesso denominatore, dato dal m.c.m. dei
diversi denominatori e seguire passo passo le procedure riportate nella sezione 1.18.
Le funzioni razionali con le operazioni indicate sono un insieme F avente la struttura algebrica
di campo. Un sottoinsieme F1 di tale campo è fornito dalle funzioni razionali aventi al deno-
minatore solo 1, chiamate funzioni razionali intere. Questo sottoinsieme è isomorfo all’anello
dei polinomi P, cioè è in corrispondenza biunivoca con P, come spiegato nella sezione 5.4.
Le C.E. sono vincoli posti sui possibili valori che possono assumere le variabili del polino-
mio a denominatore onde evitare che sia D = 0. In ogni espressione contenente frazioni
algebriche occorre scrivere le C.E. In presenza di un’espressione con più denominatori
si scrive una C.E. per ogni fattore non numerico di ogni denominatore, consistente nel
porre quel fattore diverso da 0. Se alla variabile si dà valore pari a uno dei valori esclusi
dalle C.E. tutta l’espressione diventa priva di senso.
Scrivere le C.E.
3x + 9 x2 − 4 x+4
(2.7) + − .
x2 − 2x + 1 4x − 8 1−x
Occorre innanzitutto semplificare. Nel primo numeratore e nel secondo denominatore si
Matematica
può usare il raccoglimento a fattor comune totale, nel primo denominatore si può usare il
riconoscimento del quadrato di un binomio, nel secondo numeratore la differenza di due
quadrati. Si ottiene
(2.8)
3x + 9 = 3(x + 3) , x2 − 2x + 1 = (x − 1)2 , x2 − 4 = (x − 2)(x + 2) , 4x − 8 = 4(x − 2) .
Si nota che il terzo denominatore è l’opposto di uno dei fattori presenti nel primo denomi-
natore. In questi casi si può cambiare il segno davanti a una frazione algebrica e cambiare
segno al suo denominatore, ma non al numeratore. Con questa accortezza si riduce il nu-
mero dei fattori del m.c.m., perché fattori opposti non essendo uguali andrebbero presi
entrambi. L’espressione quindi diventa
(2.11) x − 1 6= 0 ⇒ x 6= 1 , x − 2 6= 0 ⇒ x 6= 2.
Si poteva anche realizzare che (x − 1)2 = (1 − x)2 , quindi non cambiare segno alla terza
frazione e al suo denominatore. Si sarebbe ottenuto lo stesso risultato.
378 Monomi e polinomi
2.14 Quesiti
−a2 − 2a A le condizioni di esistenza riguardano solo
1) L’espressione per a = −2
a2 − 2a i numeri presenti
vale:
B bisogna trovare i valori che rendono il de-
A 1 nominatore nullo, quelle sono le soluzioni
dell’espressione
B −1
C si deve determinare un’unica frazione
C 0 numerica sommando i numeratori ed i
denominatori
D è indeterminata
D quando il denominatore contiene una so-
E è impossibile la lettera questa può assumere tutti i
valori che annullano il numeratore
a2 + 2b
2) L’espressione non è definita per: E se il denominatore contiene più lettere
a2 − b
la condizione di esistenza lega il valore
A a=0 di una di esse con le altre nel porre il
denominatore diverso da 0
B b=0
7) La somma algebrica di monomi è:
C a=b
√ A un’operazione interna in un sottoinsieme
D a= b
Algebra
√ di monomi simili
E a=± b B un monomio di grado pari alla somma
dei monomi addendi
3) Quale delle seguenti affermazioni è
corretta? C un’operazione sempre possibile e si ot-
tiene un unico monomio anche se gli
A tutti i monomi sono anche numeri reali addendi non sono simili
B tutti i numeri reali sono anche monomi D un monomio e se gli addendi han-
no parte numerica frazionaria la par-
C tutti i monomi sono anche numeri te numerica del monomio somma si
razionali ottiene sommando i numeratori con i
D tutti i monomi interi sono anche numeri denominatori
reali E il monomio unità se i monomi addendi
E tutti i monomi ridotti sono anche numeri sono opposti
reali
8) Qual è la proprietà corretta della
4) Quale delle seguenti coppie è costituita divisione tra polinomi?
da monomi omogenei?
A è un’operazione commutativa
A 2a3 e 2b5 c B ha come risultato il m.c.m. fra il
B 2a3 b e 2b5 dividendo ed il quoziente
C è sempre possibile e si ottiene come resto
C 2a3 e 2b3 c il polinomio nullo
D 2a3 e −2b2 c D presenta una procedura simile alla
E −2a3 e 2bc moltiplicazione tra polinomi
E ha come risultato un quoziente ed un
5) Il prodotto di due monomi opposti è: resto, ed il grado del polinomio resto è
minore del grado del divisore
A un numero
9) Come si ottiene la potenza intera di un
B pari a 1
polinomio?
C un monomio
A moltiplicando tra loro i monomi compo-
D un polinomio nenti un numero di volte pari all’espo-
E pari a −1 nente
B moltiplicando il polinomio per se stesso
6) Nelle frazioni algebriche: un numero di volte pari all’esponente
Matematica 379
Matematica
2) Un’espressione algebrica letterale necessita l’imposizione di C.E. per evitare pro-
blemi di definizione, in genere per escludere che il denominatore sia nullo. Occorre
quindi porre tutto il denominatore diverso da zero, cioè a2 − b = 0. Risolvendo
come se a fosse l’incognita e b un numero si ottiene a2 = b, che ha come soluzione
l’alternativa E , che è la risposta corretta.
3) Poiché in generale i monomi hanno una parte letterale non possono essere numeri,
né reali né razionali. Se però si considerano i monomi con parte letterale costituita
solo da lettere elevate alla 0 allora in tal caso questi monomi coincidono con numeri
pari ai loro coefficienti. Poiché in generale i coefficienti possono essere numeri reali
si ha che la risposta corretta è la B .
4) Due monomi sono omogenei quando hanno lo stesso grado, che coincide con la som-
ma degli esponenti della loro parte letterale. L’unica risposta in cui i due monomi
hanno lo stesso grado è la D , che presenta due monomi di terzo grado ed è la
risposta corretta.
La restrizione del radicando ai reali non negativi fa sı̀ che il radicale sia un radicale
aritmetico e che esista sempre una e una sola soluzione, espressa da un numero non
negativo.
Si ricorda che i naturali N partono dall’unità e non dallo zero. Poiché elevare un numero
alla prima potenza equivale a non compiere alcuna operazione anche l’estrazione di
radice con indice unitario equivale al radicando. Dalle proprietà dello 0, inoltre, si ha
che la radice n-esima di 0 è sempre nulla perché 0 elevato a qualsiasi potenza positiva
vale 0.
382 Radicali
√
Eliminando la restrizione sul radicando si ha un’espressione del tipo n a con a ∈ R
chiamata radicale algebrico.
Mentre un radicale aritmetico ha sempre una sola soluzione non negativa, per un
radicale algebrico sono possibili quattro situazioni:
radicando positivo e indice pari: esistono sempre due numeri opposti
±y | y n = a.
radicando positivo e indice dispari: esiste sempre un solo numero non ne-
gativo y | y n = a, ovvero la situazione è equivalente a quella dei radicali
aritmetici.
radicando negativo e indice pari: non esistono numeri reali y | y n = a. In
questo caso le radici sono numeri complessi, mentre nel campo dei reali una
Radicali
√
A differenza di quanto avviene in altre nazioni, purtroppo in Italia lo stesso simbolo n a
indica sia un radicale aritmetico che algebrico. La convenzione usualmente adottata è
che in assenza di ulteriori specificazioni si sottintende un radicale aritmetico: bisogna
che sia indicato espressamente l’aggettivo algebrico se si intende un radicale di quel
tipo.
Vediamo alcune espressioni utili a capire la diversa natura dei due tipi di radicali e le
condizioni di esistenza da imporre.
√4
√2
x − 5 ⇒ x − 5 ≥ 0 r. aritmetico, 4x2 = 2|x| r. aritmetico,
√4
√
2
x − 5 ⇒ x − 5 ≥ 0 r. algebrico, 4x2 = ±2x r. algebrico.
(3.2)
Matematica 383
Le proprietà descritte nel resto del capitolo valgono per i radicali aritmetici. Un’even-
tuale estensione ai radicali algebrici va valutata caso per caso in base alle definizioni
date in questa sezione poiché non sempre è possibile farlo, a cominciare dalla proprietà
invariantiva.
Proprietà invariantiva dei radicali Moltiplicando o dividendo per lo stesso
fattore positivo sia l’indice n che l’esponente del radicando il radicale non cambia
valore. Bisogna al più porre attenzione per evitare che un radicale aritmetico
dopo tale procedura sia divenuto privo di senso. I seguenti esempi mostrano come
procedere con i radicali aritmetici e come per i radicali algebrici si possa incorrere
in errore.
√
3
√3·2
√
6
√
4
√
4/2 √
a4 = a4·2 = a8 , a2 = a2/2 = 2 a , ma
(3.3) √ p √6
− 2 = 3 −8 = 3·2 (−8)1·2 = 64 = 2 .
Matematica
3.2 Radicali e potenze con esponente razionale
Quando un radicando è positivo il radicale può essere espresso come una potenza con
base positiva ed esponente razionale. Viceversa la definizione di potenza data nella
sezione 1.14 può essere estesa al caso di esponente razionale quando la base è positiva.
Si evita di considerare una base negativa perché in tal caso si potrebbero avere
problemi di esistenza con radicandi negativi in radicali con indici pari.
Una potenza con base positiva ed esponente frazionario è esprimibile come un radicale
avente come indice il denominatore dell’esponente e come esponente del radicando il
numeratore dell’esponente.
n √ √
4 3
(3.4) am = m
an , ∀a ∈ R+ , n , m ∈ N . Ad esempio 53 = 5 4 .
L’identificazione dei radicali con potenze ad esponente frazionario consente di ricavare
tutte le procedure di calcolo e le proprietà dei radicali attraverso le proprietà delle
potenze riportate nella sezione 1.14. Questo modo di intendere i radicali semplifica di
molto il calcolo e riduce lo sforzo mnemonico.
Ad esempio la proprietà invariantiva alla luce della definizione delle potenze con espo-
nente razionale appare ovvia. Moltiplicare sia l’indice di un radicale che l’esponente del
rispettivo radicando per lo stesso fattore, infatti, equivale a moltiplicare per lo stes-
so fattore numeratore e denominatore dell’esponente della potenza corrispondente al
radicale. Ciò non modifica l’esponente razionale, semplicemente lo rende una frazione
non irriducibile.
Dato un radicale con indice n, se uno dei fattori a del radicando ha esponente p | p ≥ n
allora fuori dal segno di radice si scrive il fattore |a| avente come esponente il quoziente
p/n e nella radice resta il fattore |a| elevato al resto della divisione tra p e n.
Se il quoziente è pari non c’è bisogno di scrivere il modulo (fuori) in quanto le potenze
pari sono sempre positive per la regola dei segni, idem per il resto (dentro).
√
3
p √
5
p √
3
√
4
p
(3.6) a4 = |a| 3 |a| , a11 = a2 5 |a| , 8a3 = 2|a| , 64a7 = 2|a| 4 4|a|3 .
potenze intere dispari (se queste ultime sono a coppie e concordi non servono i moduli).
Infatti
√3 4 3 1 1 p √5 11 10 1 p
a4 = a 3 = a 3 · a 3 = |a| · a 3 = |a| 3 |a|, a11 = a 5 = (a) 5 · (a) 5 = a2 5 |a|,
√3 1 1 1 1 3 3
8a3 = (8a3 ) 3 = (23 a3 ) 3 = (23 ) 3 · (a3 ) 3 = 2 3 · a 3 = 2|a|,
√4 1 1 1 1 6 7 4 2 4 3
64a7 = (64a7 ) 4 = (26 a7 ) 4 = (26 ) 4 · (a7 ) 4 = 2 4 · a 4 = 2 4 · 2 4 · a 4 · a 4 =
1 p
= 2|a| · (22 a3 ) 4 = 2|a| 4 4|a|3 .
Tutte le identità di questa sezione possono anche essere lette da destra a sinistra,
ovvero si può anche portare un fattore sotto il segno di radice purché si moltiplichi il
suo esponente per l’indice della radice.
(3.7)
√ √ √ √
r r r r
3 3 3 3 5 4 3 2 5 49 4 5 7 7 3 5 7 2
2ab · 4a2 c = 8a3 bc = 2|a| bc , x y · x y= x y = |x| x |y|3 .
7 16 4 4
Matematica 385
(3.8) √ √ √ √ √ √ √
3 2 3·2 2·3 6 6 6
2ab · 4a2 c = 22 a2 b2 · 43 a2·3 c3 = 22 a2 b2 · 43 a6 c3 = 28 a8 b2 c3 =
p
= 2|a| 6 4a2 b2 |c|3 ,
p
3
p p p p p p
2x2 y · 9 3x4 y 5 = 3·3 23 x2·3 y 3 · 9 3x4 y 5 = 9 23 x6 y 3 · 9 3x4 y 5 = 9 24x10 y 8 =
p
= |x| 9 24|x|y 8 .
Matematica
Per il rapporto tra radicali valgono esattamente le stesse regole in quanto, come già
visto nel primo capitolo, il rapporto è il prodotto di un fattore per l’inverso del secondo.
√ √ √ √
rr r
1 1 2 2
3 3 3 3 3 2ab
3 3 2 b
2ab2
: 5a2 c
= 2ab2 · √ = 2ab2 ·= = ,
3 2
5a c 5a2 c 5a2 c 5 ac
r s
p p p 1 p 1 75 x5 y 5
(3.9)
2
7xy : 5 6x4 y 2 = 2 7xy · p = 10
75 x5 y 5 · 10
8 y4
= 10 8 y4
=
5 4
6x y 2 36x 36x
s
10 16807 |y|
= .
36 |x|3
Tutte le regole per il prodotto e il rapporto di radicali sono applicazioni delle proprietà
delle potenze: il prodotto di due potenze con lo stesso esponente è pari a una potenza
avente ancora lo stesso esponente e come base il prodotto delle basi. Poiché la radice
n-esima equivale all’elevamento alla 1/n si ha l’asserto. Questa equivalenza può essere
d’aiuto in caso di dubbi su come procedere.
La potenza di una radice n-esima è una radice con lo stesso indice e con radicando la
potenza n-esima del radicando.
Poiché la radice n-esima equivale all’elevamento alla 1/n, per la proprietà relativa alla
potenza di una potenza si ha come risultato una potenza che ha la stessa base (cioè
386 Radicali
√ 3 √
4 4
p p
5a3 b24
(5a3 b2 )3 = 125a9 b6 = a2 |b| 4 125|a|b2 .
= Infatti
(3.10) √ 3 3 1 √
4 3 9 6 4
p
5a3 b2 = 5a3 b2 4 = 5 4 a 4 b 4 = 53 a9 b6 4 = 125a9 b6 = a2 |b| 4 125|a|b2 .
sommare radicali.
Innanzitutto bisogna scomporre i radicali e portar fuori tutti i fattori e allo stesso
modo occorre ridurre l’esponente razionale del radicando a una frazione irriducibile.
Una volta estratto dal segno di radice tutto ciò che si può estrarre e aver semplificato
gli esponenti razionali si hanno varie possibilità.
Radicali con indici diversi In questo caso non è possibile sommare i radicali:
è una situazione analoga a quella di monomi non simili.
Radicali con indici uguali ma radicandi diversi Nemmeno in questo caso è
possibile sommare i radicali: è ancora una situazione analoga a quella di monomi
non simili.
Radicali con indici uguali e radicandi uguali In questo caso è possibile
sommare i radicali: il risultato è un radicale avente lo stesso indice e lo stesso
radicando e come fattore la somma algebrica dei coefficienti dei radicandi. La
somma segue quindi le stesse regole di quella tra monomi simili.
√2
√3
2ab + 2ab Non sommabili perché l’indice è diverso.
√2
√2
2ab + 3ab Non sommabili perché il radicando è diverso.
(3.11) √
2
√2
√2 3√2
√
2 17 √
2
2ab + 7 2ab = 8 2ab, 2ab − 5 2ab = − 2ab .
4 4
√
4
√
2
√
2
√
2
√2
4a2 b2 + 3 8a3 b = 2ab + 6|a| 2ab = (1 + 6|a|) 2ab .
Matematica
(3.13)
√ √ √ √
s s r r
√
q
5 + 52 − 9 5 − 52 − 9 5 + 25 − 9 5 − 25 − 9
5+ 9= + = +
2 2 2 2
√ √
s s r r r r
5 + 16 5 − 16 5+4 5−4 9 1
= + = + = + =
2 2 2 2 2 2
√
r r r r
1 1 1 16
=3 + =4 = = 8.
2 2 2 2
√ √
s s
√ x + x2 − 2x + 1 x − x2 − 2x + 1
q
x > 1/2 ⇒ x − 2x − 1 = −
2 2
r r r r r r
x+x−1 x−x+1 2x − 1 1 1 1
= − = − = x− − .
2 2 2 2 2 2
3.8 Razionalizzazione
Razionalizzare significa eliminare i radicali dai denominatori di una frazione, sia essa
una frazione numerica che una frazione algebrica.
(3.14)
√ √ √ √ √ p
2 2 5 2 5 2 5 −3x −3x 6y −3x 6y −3x 6|y|
√ = √ ·√ = √ = , √ = √ ·√ = √ 2 = .
5 5 5 ( 5)2 5 6y 6y 6y ( 6y) 6|y|
(3.15) √ √ √ √ √ √
5 3 5 5 3 3 3
1 1 1 3 27 27 7 7 4x2 7 4x2 7 4x2
√
5
= √
5 2
= √
5 2
· √
5 3
= √
5 5
= , √
3
= √
3
· √
3
= p = .
9 3 3 3 3 3 2x 2x 4x2 3
(2x)3 2|x|
√
4 2 3
√4
p
2 2 a b 2 a2 b 3 2 4 a2 |b|3
(3.16) √
4 2
= √
4 2
· √
4 2 3
= √4 4 4
= .
a b a b a b a b ab
√
2
√ √
2 2 3+x 223+x 223+x
√
2
= √
2
· √ = p = ,
3+x 3+x 23+x 2
(3 + x)2 3+x
(3.17) p √ √
−5 −5 3
(2 − x)2 −5 3 x2 − 4x + 4 −5 3 x2 − 4x + 4
√ = √ · p = = .
2−x
3 3
p
2−x 2 − x 3 (2 − x)2 3
(2 − x)3
Matematica
Denominatore composto da una somma algebrica di due radici qua-
drate In questo caso si sfrutta la regola di scomposizione chiamata somma per
differenza che è uguale alla differenza di due quadrati. Quindi se al denominato-
re si ha una differenza di due radicali sia il numeratore che il denominatore vanno
moltiplicati per la somma dei due radicali, mentre se al denominatore si ha una
somma di due radicali sia il numeratore che il denominatore vanno moltiplicati
per la differenza dei due radicali.
(3.18) √ √ √ √ √ √
2 2 3− 4 2( 3 − 4) 2( 3 − 4) √ √
√ √ = √ √ ·√ √ = √ √ = = −2( 3 − 4) ,
3+ 4 3+ 4 3− 4 2
( 3) − ( 4) 2 3 − 4
p √ p √
−3 −3 2 (1 − x) + 5 4x −(6 (1 − x) − 15 4x)
p √ = p √ · p √ = p √
2 (1 − x) − 5 4x 2 (1 − x) − 5 4x 2 (1 − x) + 5 4x 4( (1 − x))2 − 25( 4x)2
p √ p p
−(6 (1 − x) − 15 4x) −3 2 (1 − x) + 5 4|x|
= = .
4 − 4x − 100x 4 1 − 26x
La procedura appena illustrata si segue anche nel caso in cui uno solo dei termini della
somma algebrica sia un radicale: la razionalizzazione procede comunque attraverso il
ricorso alla somma per differenza.
(3.19)
√ 2 √ 2 √ √
3 2 3
a b + ( 3 a) + a2 b 3 a √
3
√3
√
3 √
1 1 a ab2 + a2 + a2 b 3 a
√ √ = √ ·
√ √ 2 = .
3 2
a b− 3a
3 2
a b− 3a 3 2 √ 2 √ 3 √ a2 b − a
a b + ( 3 a) + a2 b 3 a
Nel seguito riportiamo le condizioni di esistenza necessarie per i radicali utilizzati negli
esempi del capitolo, se interpretati come radicali algebrici, ossia quando non si scrivano
esplicitamente i moduli.
3.10 Quesiti
1) Qual è la differenza tra radicali algebrici 6) Quale delle seguenti estrazioni di radice
ed aritmetici? è corretta?
√5 6
A il radicale aritmetico presenta solo A a = |a| 5 |a|
somme nel radicando √5 6 √
B a =a5a
B il radicale algebrico considera solo √ √
4 9
numeri razionali C a = ±a2 4 a
C il radicale aritmetico considera solo √3 √
D 27a28 = 3a9 3 a
radicandi reali non negativi √2
D il radicale aritmetico ha per indice solo E 16a6 = 4a3
reali non negativi 7) Quale delle seguenti operazioni è svolta
E il radicale algebrico ha per indice un correttamente?
numero reale √3 2
√3
√
9
A a b · a3 b5 = a5 b 6
2) Quale delle seguenti identità è esatta? √3 2
√3
√3
√ n B a b · a4 b = a2 b2
n
A a =a
√ n C 2 5 2
xy · 3 5xy =1
B n
a = n n
=1 2
√
n n √ √
n
Matematica
C 0 =0 =n D 2
5xy · 3 3xy = 6 15x2 y 2
√
n 1 √4 8 16 √ √
2
2
D a =a E a b : ab = a7 b15
√
E 1
a = a1 8) Quale delle seguenti somme tra radicali
3) Qual è la soluzione esatta per un radicale è svolta correttamente?
algebrico?
5
A a2 xy 3 + 2 5 a2 xy 3 = 3 10 a2 xy 3
A con radicando positivo ed indice pari esi-
5
B a4 x2 y 9 − 2 5 a2 xy 3 = − 5 a2 xy 6
stono due soluzioni opposte solo se il
5
radicando è intero C a2 xy 3 + 2 5 a3 x2 y 4 = 3 5 3a5 x3 y 7
B con radicando negativo ed indice dispari
5
D a2 xy 3 + 2 5 a2 xy 3 = 3 5 a2 xy 3
esistono sempre due soluzioni opposte √
5
C con radicando negativo ed indice dispari E a2 xy 3 + 2 5 ax = 3 5 a3 x2 y 3
esiste sempre una soluzione negativa
9) Su quale condizione si basa l’applicazio-
D con radicando negativo ed indice pari ne della formula
che √riguarda i radicali
esistono sempre due soluzioni opposte
doppi del tipo a ± b?
E con radicando positivo ed indice dispari
esistono sempre due soluzioni opposte A che sia a > 0 e b < 0
4) Qual è la C.E. esatta da imporre ai B che a2 −b2 > 0 e sia un quadrato perfetto
seguenti radicali?
√ C che a2 − b > 0 e sia un quadrato perfetto
A x + 1 ⇒ C.E. x + 1 ≥ 0
√ D che a + b > 0 e sia un quadrato perfetto
3
B x + 1 ⇒ C.E. x + 1 ≥ 0
√ E che a2 − b > 0 e sia a2 che b siano
C x + 1 ⇒ C.E. x ≥ 1 divisibili per 2
√
3
D 2x2 ⇒ C.E. x ≥ 0
√ 10) Quale delle seguenti razionalizzazioni è
E 2x2 ⇒ C.E. x > 0 eseguita correttamente?
√ √
5) Come è possibile esprimere corretta- A √1 = √3· 3
mente come potenze i seguenti radicali? 3 3·1
√
√7 5 B √1 = √1· √3
A x = x7/5 3 3· 3
√7 5 4x2
√
B x = x5·7 C √1 = √ · 2x
2x 2x 1
√
12 6 √
C x = x6 −3 −3 3 5x
√ D √
3 √
3= √
12 6 5x 5x· 3 5x
D x = x1/2 √
3 x+1
√ 1 1·
6 12 E √ = √ √
E x = x3 x+1 x+1· 3 x+1
392 Radicali
10) La A e la C sono errate perché moltiplicano il numeratore per quantità che non
sono nell’espressione di base. La D e la E sono errate perché la quantità per
cui vengono moltiplicate le frazioni non sono i fattori razionalizzanti. La risposta
corretta è la B .
Equazioni
e disequazioni
algebriche 4
Introduzione
In questo capitolo vengono illustrati i metodi di risoluzione delle equazioni e delle
disequazioni algebriche. L’accento è posto sui principi generali di risoluzione ma gli
esempi consentono di apprendere metodologie specifiche relative alle varie situazioni.
Per una fruizione proficua del capitolo si consiglia la padronanza dei contenuti di
algebra riportati nel capitolo 2.
Sono esempi di equazione x = 5 − 3 o 2x4 − 16 = Figura 4.1: Le equazioni sono uno stru-
mento utilissimo per creare modelli ma-
0. Entrambi sono esempi di equazione in una sola tematici della realtà, ad esempio il flusso
incognita, la prima è di primo grado e la seconda di del traffico in una grande città.
quarto.
Le soluzioni o radici di un’equazione sono quei valori numerici o letterali che sosti-
tuiti al posto dell’incognita rendono l’uguaglianza un’identità, cioè restituiscono una
proposizione matematica vera. Un’equazione è detta algebrica quando equivale a un
polinomio uguagliato a 0: la ricerca delle sue soluzioni coincide con la ricerca degli zeri
del polinomio corrispondente.
A prescindere dal grado di un’equazione, queste possono essere distinte in tre tipi.
ammette fino a tre soluzioni reali distinte, una di quarto grado fino a quattro
soluzioni reali distinte e cosı̀ via.
Una volta calcolate le soluzioni di un’equazione determinata la verifica delle
soluzioni consiste nel sostituire alla x nell’equazione il valore corrispondente
alla soluzione trovata. La soluzione è verificata quando si ha un’identità.
Un’equazione è detta diofantea quando sia D che S sono sottoinsiemi di Z, ovvero quando
sia i coefficienti che le soluzioni sono numeri interi. Ad esempio l’equazione x2 + y√ 2
= 2
se ha D = R ha come soluzione tutti i punti della circonferenza di raggio r = 2, se
è considerata come equazione diofantea quadratica ha come soluzioni i soli quattro punti
(1, 1), (1, −1), (−1, 1), (−1, −1). Le terne pitagoriche costituiscono un esempio di soluzioni di
equazioni diofantee quadratiche.
Il famoso ultimo teorema di Fermat del 1637, dimostrato soltanto nel 1994, afferma che
le equazioni diofantee con potenze superiori a 2, cioè del tipo xn + y n = z n con n > 2, non
hanno soluzioni intere positive.
avere una visione globale e flessibile che consente di poter trovare la soluzione di ogni
equazione.
Le equazioni algebriche vengono risolte seguendo alcune semplici regole di base.
I principi su cui si basa la risoluzione generale sono due: la proprietà invariantiva e la
definizione di operazione inversa.
Matematica
Questo approccio funziona molto bene con le equazioni di primo grado e con quelle
di grado superiore in cui si ha un solo termine incognito di grado n, oltre a tutti i
casi in cui l’equazione iniziale può essere fattorizzata in un prodotto dei suddetti casi.
Nelle equazioni di secondo grado complete, invece, conviene seguire la procedura della
sezione 4.10.
In generale occorre sempre sommare eventuali termini simili presenti nelle equazioni,
ovvero porre il polinomio corrispondente in forma normale, prima di fare considerazioni
sul possibile metodo risolutivo.
La prima cosa da fare è invertire una somma algebrica, poi bisogna invertire un prodotto
e infine una potenza dell’incognita, giungendo cosı̀ alle soluzioni. Si ricordi che una
potenza di indice pari ha come soluzioni sia le radici positive che quelle negative.
3 5 3 2 3 2 5 3 1
x− =x− − x ⇒ x−x+ x= − ⇒ 0= ⇒ impossibile.
4 8 8 8 4 8 8 8 4
Quando l’unico termine con l’incognita rimasto è negativo occorre cambiare di segno
all’equazione, il che equivale a moltiplicare ambo i membri per −1. Con tale procedura
l’uguale resta uguale e tutti i termini dell’equazione invertono il proprio segno.
5x x+3 5x x+3
= 2 ⇒ = ⇒ C.E. x + 2 6= 0, x + 3 6= 0
x+2 x + 5x + 6 x+2 (x + 2)(x + 3)
(4.3) ⇒ x 6= −2, −3
5x 1 1
= ⇒ 5x = 1 ⇒ x = accettabile.
x+2 x+2 5
Se una delle soluzioni coincide con uno dei valori escluso in base alle C.E. allora quella
Matematica
soluzione è non accettabile. Se nessuna delle soluzioni è accettabile l’equazione non
ammette soluzioni, ovvero è impossibile.
Il primo esempio seguente mostra una situazione analoga alle equazioni fratte:
(4.4)
2x 2b(x − a) 2x 2b(x − a)
= 2 ⇒ = ⇒ C.E. x − a 6= 0, x + a 6= 0 ⇒ x 6= ±a
x+a x − a2 x+a (x − a)(x + a)
2x 2b
= ⇒ 2x = 2b ⇒ x=b accettabile.
x+a x+a
Il secondo mostra un’equazione letterale intera che necessita di C.E. in quanto ha lettere
al denominatore:
(4.5)
2x − a b − a a(2x − a) (a + 2b)(b − a)
= ⇒ C.E.a + 2b 6= 0, ⇒ a 6= −2b, a 6= 0 ⇒ =
a + 2b a a(a + 2b) a(a + 2b)
b(2b − a)
2ax − a2 = ab − a2 + 2b2 + −2ab ⇒ 2ax = 2b2 − ab ⇒ x= .
2a
398 Equazioni e disequazioni algebriche
Nel terzo esempio poiché il coefficiente dell’incognita dipende da una lettera occorre
calcolare con le C.E. i valori per i quali il coefficiente si annulla. Se in corrispondenza di
tali valori il termine noto non si annulla si ha un’equazione impossibile per quei valori
della lettera.
3ax − 5 = x + 2a ⇒ 3ax − x = 5 + 2a ⇒ x(3a − 1) = 2a + 5
(4.6) 1 5 + 2a 1
C.E. 3a − 1 6= 0, ⇒ a 6= ⇒ x= ⇒ se a = impossibile.
3 3a − 1 3
Nel quarto esempio il valore che rende nullo il coefficiente dell’incognita annulla anche il
termine noto, quindi l’equazione è indeterminata se la lettera assume il valore determinato
con le C.E.
2ax + 2 = x + 2a + 1 ⇒ 2ax − x = −2 + 2a + 1 ⇒ x(2a − 1) = 2a − 1
(4.7) 1 2a − 1 1
C.E. 2a − 1 6= 0, ⇒ a 6= ⇒ x= se a = indeterminata.
2 2a − 1 2
Equazioni
Un sistema scritto in questa forma è detto in forma normale. Come per una singola
equazione, anche un sistema può essere determinato, indeterminato o impossibile a
seconda che ammetta un’unica soluzione, infinite soluzioni o nessuna.
Matematica 399
Come discusso nella sezione 9.5, un’equazione lineare è la rappresentazione di una retta in
un piano cartesiano. Se due rette sono incidenti, la loro intersezione rappresenta la soluzione
univoca del sistema. Se le rette sono parallele il sistema non ha soluzioni in quanto le due rette
non avranno punti in comune. Se le rette sono coincidenti il sistema ha infinite soluzioni, cioè
è indeterminato.
Il parametro che consente di effettuare questa analisi geometrica del sistema è la quantità
−a/b. Se i due rapporti sono diversi, cioè se a1 /b1 6= a2 /b2 , il sistema è determinato. Se sono
uguali e c1 = c2 il sistema è indeterminato, se sono uguali ma c1 6= c2 il sistema è impossibile,
come illustrato nella Figura 4.2.
Un’importante proprietà dei sistemi lineari è che se una delle equazioni viene rimpiaz-
zata da una combinazione lineare delle equazioni di partenza lo spazio delle soluzioni
non cambia.
Una combinazione lineare di due oggetti matematici A e B è una somma algebrica
tra i prodotti degli oggetti per numeri reali, ovvero un’espressione del tipo α · A + β · B
con α, β ∈ R. La definizione può essere estesa ad un numero qualsiasi di oggetti.
Matematica
Per risolvere un sistema determinato esistono diversi metodi.
Metodo di sostituzione È il metodo concettualmente più semplice, sebbene sia
efficace solo quando le equazioni non sono troppo complesse. Consiste nell’isolare
una variabile in una delle due equazioni (trattando l’altra variabile come se fosse
un numero) e sostituire nella seconda equazione l’espressione trovata in luogo
della variabile. Una volta determinata l’altra variabile si sostituisce il valore nella
prima equazione e si trova la soluzione numerica della prima variabile.
( ( (
x + 2y = 3 x = 3 − 2y x = 3 − 2y
⇒ ⇒
2x + 5y = 1 2(3 − 2y) + 5y = 1 6 − 4y + 5y = 1
(4.9) ( ( (
x = 3 − 2y x = 3 + 10 x = 13
⇒ ⇒
y = −5 y = −5 y = −5
(4.10)
( ( (
x + 2y = 3 x = 3 − 2y x = 3 − 2y
⇒ ⇒
2x + 5y = 1 x = 12 − 25 y 3 − 2y = 12 − 52 y
( ( (
x = 3 − 2y x = 3 − 2y x = 13
⇒ ⇒
6 − 4y = 1 − 5y y = −5 y = −5
400 Equazioni e disequazioni algebriche
Metodo di riduzione Consiste nel sostituire a una delle due equazioni una
combinazione lineare delle due equazioni. Una volta determinata una variabile
si sostituisce il suo valore in una delle due equazioni di partenza e si trova la
soluzione numerica della prima variabile. Nell’esempio che segue per determinare
la y al posto della seconda equazione utilizziamo una combinazione lineare data
dalla differenza tra il doppio della prima e la seconda.
( ( (
x + 2y = 3 x + 2y = 3 x + 2y = 3
⇒ ⇒
2x + 5y = 1 4y − 5y = 6 − 1 −y = 5
(4.11) ( ( (
x = −2y + 3 x = 10 + 3 x = 13
⇒ ⇒
y = −5 y = −5 y = −5
Equazioni
Metodo di Cramer Questo metodo usa le matrici dei coefficienti del sistema e ha il
pregio di essere meccanico. Una matrice è una tabella formata da righe e colonne. Una
matrice con 2 righe e 2 colonne è detta matrice quadrata di ordine 2 o semplicemente
matrice 2 × 2.
Il sistema 4.8 è associabile ad una matrice M2,3 con due righe e tre colonne: la prima
colonna è quella dei coefficienti della x, la seconda è quella dei coefficienti della y e la
terza è data dai termini noti.
Dal sistema in forma normale 4.8 è possibile estrarre la matrice quadrata di ordine 2
relativa al sistema omogeneo associato, ovvero al sistema avente stessi coefficienti delle
variabili ma tutti i termini noti nulli. Chiamiamo questa matrice Ms e indichiamo con
Mx e My le due matrici quadrate di ordine 2 ottenibili da Ms scambiando rispettiva-
mente la prima colonna con quella dei termini noti e la seconda con quella dei termini
noti. Otteniamo quindi
a1 b 1 c 1 a1 b 1 c1 b 1 a1 c 1
(4.12) M2,3 = Ms = Mx = My = .
a2 b 2 c 2 a2 b 2 c2 b 2 a2 c 2
La regola di Cramer afferma che le soluzioni del sistema, quando è determinato, sono x =
Dx /D e y = Dy /D.
Matematica 401
(4.15)
Dx 13
D = a1 · b 2 − a2 · b 1 = 1 · 5 − 2 · 2 = 1
x =
= = 13
Dx = c1 · b2 − c2 · b1 = 3 · 5 − 1 · 2 = 13 =⇒ D 1
y = D y = −5
= −5
Dy = a1 · c2 − a2 · c1 = 1 · 1 − 2 · 3 = −5
D 1
Il metodo di Cramer funziona anche con sistemi di tre equazioni in tre incognite attraverso
una naturale estensione di quanto riportato, sebbene le regole per calcolare il determinante di
una matrice 3 × 3 siano un po’ più complesse.
Si noti che i quattro metodi forniscono lo stesso risultato come soluzione dello stesso
sistema. È infatti indifferente la scelta di quale usare per risolvere un sistema lineare,
sta all’esperienza e al gusto del risolutore praticare la scelta più opportuna.
Matematica
4.7 Disequazioni di primo grado intere
La procedura di risoluzione di una disequazione intera di primo grado determinata è
pressoché identica a quella di un’equazione intera di primo grado purché si sostituisca
il simbolo di uguaglianza = con il predicato maggiore > o minore < o maggiore-uguale
≥ o minore-uguale ≤.
L’unica differenza si ha quando occorre cambiare segno: oltre a cambiare segno
sia ai termini di destra che di sinistra, bisogna anche invertire il predicato, ovvero
il maggiore diventa minore, il maggiore-uguale diventa minore-uguale e cosı̀ via.
2 1 2 1 5 29 29
(4.16) x+5< −x ⇒ x + x < −5 + ⇒ x<− ⇒ x<− .
3 6 3 6 3 6 10
1 1 29 29
(4.17) 3x + 5 ≤ + 4x ⇒ 3x − 4x ≤ −5 + ⇒ −x ≤ − ⇒ x≥ .
6 6 6 6
402 Equazioni e disequazioni algebriche
Matematica
(4.21) 5x + 4 > 0 ⇒ 5x > −4 ⇒ x > − .
5
Riportando le due soluzioni su due rette allineate
e applicando la regola dei segni come illustrato in
Figura 4.4 si ricavano le soluzioni della disequazio-
ne considerando gli intervalli positivi compresi gli
estremi, in quanto il predicato della disequazione
originale è ≥. In seguito si scarta l’estremo di destra
perché è uno dei valori esclusi dalle C.E. ottenendo Figura 4.4: Rappresentazione delle solu-
zioni di una disequazione fratta.
la soluzione finale riportata nella Figura 4.4.
(
1 − 2x > 0
3x + 5 ≤ 0
(4.22) (
x < 12 5
⇒ ⇒ S =] − ∞, − ].
x ≤ − 53 3
Figura 4.5: Rappresentazione delle so-
luzioni di un sistema di due disequazioni
La soluzione del sistema è data dall’intervallo comu- intere di primo grado.
5
ne, ovvero S =] − ∞,− 3 ], come rappresentato in Fi-
gura 4.5.
404 Equazioni e disequazioni algebriche
(4.24) ax2 + bx + c = 0 , a ∈ R0 , b, c ∈ R.
Figura 4.6: Le soluzioni di un’equazione di secondo grado sono le intersezioni di una parabola con l’asse
delle ascisse.
b c
(4.27) s = x1 + x2 = − , x1 · x2 = .
a a
Tali relazioni consentono anche di determinare i segni delle soluzioni attraverso la regola
di Cartesio. Supponiamo di avere a > 0 (in caso contrario basta cambiare segno a tutti i
termini dell’equazione), si hanno 4 combinazioni per i segni di b e di c: entrambi positivi,
entrambi negativi o b positivo e c negativo e viceversa. Associando tali combinazioni
alle formule di Viète-Girard si ottiene la regola di Cartesio:
(4.28)
b > 0, c > 0 x1 < 0, x2 < 0.
Matematica
b > 0, c < 0 x1 e x2 discordi, la maggiore in modulo tra le due è negativa.
b < 0, c > 0 x1 > 0, x2 > 0.
b < 0, c < 0 x1 e x2 discordi, la maggiore in modulo tra le due è positiva.
Un’equazione di questo tipo rappresenta una funzione algebrica pari, ovvero una pa-
rabola avente l’asse delle ordinate come asse di simmetria. Le due soluzioni, quindi,
devono essere l’una l’opposta dell’altra.
Per determinare le soluzioni si può utilizzare il metodo della sezione precedente, ovvero
calcolare il discriminante e usare le relazioni 4.26 oppure si può procedere secondo
la filosofia generale esposta all’inizio del capitolo. Nel secondo caso si deve isolare
l’incognita, quindi portare a destra il termine noto e dividere ambo i membri per a. A
Equazioni
questo punto per invertire il quadrato occorre applicare a destra e a sinistra la radice
quadrata, ricordando di prendere sia il valore positivo che quello negativo del risultato.
Si noti che se i due termini dell’equazione pura sono concordi allora non si hanno
soluzioni: in questo caso è sempre possibile ricondursi con un cambio di segno alla
situazione ax2 + c = 0 con a > 0 e c > 0. Poiché il quadrato è una quantità sempre
positiva, è impossibile che sommando due quantità positive l’espressione si possa
annullare, quindi l’equazione è impossibile.
Geometricamente ciò si può interpretare come in Figura 4.7 considerando che se una
parabola ha concavità verso l’alto (a > 0) e interseca l’asse y nel semipiano superiore
rispetto all’asse delle ascisse (c > 0) è impossibile che intersechi l’asse delle ascisse,
quindi non può avere soluzioni. Allo stesso modo se ha concavità verso il basso (a < 0)
e interseca l’asse y nel semipiano inferiore rispetto all’asse delle ascisse (c < 0) è
impossibile che intersechi l’asse delle ascisse, quindi non può avere soluzioni.
Matematica
Un’equazione di questo tipo rappresenta una parabola che interseca l’asse delle ordinate
solo nell’origine, punto che coincide con una delle due soluzioni.
Per determinare le soluzioni si può calcolare il discriminante e usare le 4.26 op-
pure procedere in un modo più rapido: raccogliendo la x (oltre a eventuali fattori
numerici) si fattorizza l’equazione di secondo grado nel prodotto di due equazioni di
primo grado, una delle quali ha sempre soluzione nulla x1 = 0 in virtù del principio
dell’annullamento del prodotto.
Per fornire una regola mnemonica (sebbene si suggerisca di estrarre le soluzioni dal
grafico) si consideri sempre la parabola con concavità verso l’alto.
Si ha che se il predicato è maggiore le soluzioni sono gli intervalli esterni rispetto alle
soluzioni dell’equazione associata, se il predicato è minore le soluzioni coincidono con
l’intervallo interno.
Si ricordi che il cambiamento di segno implica anche una inversione del predicato.
Piuttosto che risolvere l’equazione associata si può subito concludere che la disequazione
non ha soluzioni, perché un quadrato è una quantità sempre positiva quindi nessun valore
della x può rendere negativo il membro di sinistra.
Se la disequazione fosse stata x2 + 2x + 1 ≤ 0 allora l’unica soluzione sarebbe stata
x = −1.
La disequazione 6x2 + 7 < 0 non ha alcuna soluzione. Senza effettuare calcoli si può
subire giungere a tale conclusione considerando che a > 0, che c > 0 e che il predicato è
minore. La parabola giace interamente sopra l’asse delle ascisse, quindi nessun valore di
x corrisponde a un tratto di parabola che giace nel semipiano inferiore rispetto all’asse
delle x, come si può intuire dalla Figura 4.7.
La disequazione −6x2 −7 < 0 ha invece come soluzione tutto R. Infatti una volta cambiato
segno per avere concavità verso l’alto si hanno considerazioni analoghe al caso precedente,
con la differenza che si cercano i valori di x per i quali la parabola giace sopra l’asse delle
ascisse, quindi vanno bene tutti.
Matematica 409
2
2
√ (2 − x) = x + 1
4 + x − 4x = x + 1
2−x= x+1 ⇔ 2−x≥0 ⇔ x≤2 ⇔
x+1≥0 x ≥ −1
(4.34)
Matematica
(
x2 − 5x + 3 = 0 √ √
⇔ ∆= 25 − 12 = 13 ≈ 3, 6
−1 ≤ x ≤ 2
(4.35)
√
5 − 3, 6 1, 4
5 ± 13 x1 ≈ = = 0, 7
(
x1,2 = 2 2 x1 accettabile
2 poiché si ha
−1 ≤ x ≤ 2 x2 ≈ 5 + 3, 6 = 8, 6 = 4, 3 > 2
x2 non acc.
2 2
p
−3x2 − 8x − 5 ⇔ (1 + x)3 = −3x2 −8x−5 ⇔ 1+x3 +3x2 +3x = −3x2 −8x−5 .
3
1+x =
1 6 11 6
−1 −1 −5 −6 =⇒ x3 + 6x2 + 11x + 6 = 0 ⇔ (x + 1)(x2 + 5x + 6) = 0.
1 5 6 //
n dispari
p Come nel caso delle equazioni basta elevare ambo i membri dell’espres-
sione n P (x) = Q(x) alla potenza con esponente n per eliminare il simbolo di
radice:
p
(4.37) n
P (x) R Q(x) ⇔ P (x) R [Q(x)]n .
√
Risolviamo la disequazione 3 3x + 1 > x + 1.
Equazioni
(4.38)
3x+1 > (x+1)3 ⇔ 3x+1 > x3 +3x2 +3x+1 ⇔ 0 > x3 +3x2 ⇔ x2 ·(x+3) < 0.
Poiché il quadrato è una quantità sempre positiva per qualunque valore assunto dall’in-
cognita, le soluzioni della disequazione coincidono con le soluzioni di x + 3 < 0 e sono
quindi x < −3.
Quando si deve risolvere una disequazione del tipo P (x) · Q(x) R 0 bisogna ragionare
sui segni. Ad esempio se il predicato è maggiore, allora P (x) e Q(x) sono concordi,
se il predicato è minore sono discordi. Ne deriva che si hanno le seguenti equivalenze:
( (
P (x) > 0 P (x) < 0
P (x) · Q(x) > 0 ⇔ ∪ ,
Q(x) > 0 Q(x) < 0
(4.39) ( (
P (x) > 0 P (x) < 0
P (x) · Q(x) < 0 ⇔ ∪ .
Q(x) < 0 Q(x) > 0
Quindi per risolvere una disequazione avente un prodotto di polinomi o monomi bisogna
risolvere un sistema di disequazioni, tranne nei casi in cui uno dei termini ha segno
costante in virtù delle sue caratteristiche, come nell’esempio precedente.
Come per l’osservazione precedente, anche nel caso di disequazioni irrazionali con indice
pari la risoluzione equivale a risolvere uno o più sistemi di disequazioni.
( (
p P (x) ≥ 0 Q(x) ≥ 0
(4.40) P (x) > Q(x) ⇔ ∪ .
Q(x) < 0 P (x) > [Q(x)]2
√
Si consideri la disequazione x − 1 > x + 4. In base alla 4.40 si ha
(4.41) ( (
√ x−1≥0 x+4≥0
x−1>x+4 ⇔ ∪
x+4<0 x − 1 > (x + 4)2
( ( ( (
x≥1 x ≥ −4 x≥1 x ≥ −4
∪ ⇔ ∪
x < −4 x − 1 > x2 + 8x + 16 x < −4 x2 + 9x + 17 < 0
√
−9 − 13
Poiché per l’unica disequazione di secondo grado si ha ∆ = 13 e quindi x1 = e
√ 2
−9 + 13 √
Matematica
x2 = . Valutando che 13 ≈ 3, 6 si ha x1 ≈ −6, 3 e x2 ≈ −2, 7. La disequazione
2
di secondo grado ha concavità verso l’alto e predicato minore, quindi le sue soluzioni
coincidono con l’intervallo compreso tra x1 e x2 . Inserendone i valori nella 4.41 si ricava
che il primo sistema è privo di soluzioni e il secondo ha le soluzioni mostrate:
(
x ≥ −4
√
x≥1 √ √ −9 + 13
∪ ⇔ ∅ ∪ −4 ≤ x < .
x < −4 −9 − 13 < x < −9 + 13
2
2 2
p
Passiamo a considerare il caso in cui P (x) < Q(x), per il quale vale la seguente
equivalenza:
p P (x) ≥ 0 C.E. per il radicando
(4.42) P (x) < Q(x) ⇔ Q(x) > 0 concordanza del segno .
P (x) < [Q(x)]2
√
Risolviamo la disequazione 2 + x < x. Per la 4.42 si ha
√ 2 + x ≥ 0
x ≥ −2
(4.43) 2+x<x ⇔ x>0 ⇔ x>0
2 + x < x2
2
x −x−2>0
La 4.40 e la 4.42 valgono anche con predicati rispettivamente ≤ e ≥, in tal caso nei
sistemi i predicati hanno tutti anche il segno di uguale.
Figura 4.8: Le equazioni e le disequazioni di grado elevato consentono di implementare modelli matematici
di fenomeni anche molto complessi quali il volo degli uccelli.
Mostriamo infine come usare il raccoglimento parziale due volte di seguito. Risolviamo
l’equazione x3 + 2x2 + 3x + 6 = 0. Raccogliendo x2 dai primi due termini e 3 dagli
ultimi due si ottiene x2 (x + 2) + 3(x + 2) = 0. Raccogliendo il fattore (x + 2) si ricava
(x2 + 3)(x + 2) = 0, ovvero l’equazione di terzo grado completa originale equivale alle
equazioni x + 2 = 0 e x2 + 3 = 0. La prima ha soluzione x = −2 mentre la seconda non
ha soluzione.
Matematica
Un caso particolare è rappresentato dalle equazioni biquadratiche.
La disequazione 2x4 − x3 + 8x2 − 4x < 0 si può scomporre raccogliendo x3 nei primi due
termini e 4x negli ultimi due: si ricava x3 (2x−1)+4x(2x−1) < 0 ovvero (2x−1)(x3 +4x) <
0.
Questa scomposizione non è però conveniente perché si ha un fattore di terzo grado.
Raccogliamo in esso la x scomponendo x3 + 4x in x(x2 + 4) e moltiplichiamo per x il
fattore (2x − 1) raccolto prima ottenendo (2x2 − x). A questo punto il polinomio di
partenza è equivalente al prodotto di due fattori di secondo grado.
Questa disequazione è allora equivalente ai sistemi
( (
2 2 (2x2 − x) < 0 (2x2 − x) > 0
(4.47) (2x − x) · (x + 4) < 0 ⇔ 2
∪ .
(x + 4) > 0 (x2 + 4) < 0
Ogni valore assoluto presente in un’equazione dà vita a uno sdoppiamento dell’equa-
zione in due equazioni indipendenti, una per l’intervallo in cui l’argomento del valore
assoluto è positivo e una per l’intervallo in cui è negativo. La presenza di più valori
assoluti può portare alla suddivisione del campo dei reali in diversi intervalli, per ognuno
dei quali si ha un’equazione che rappresenta l’equazione iniziale.
Quando si eliminano le barre verticali del valore assoluto in un intervallo in cui l’ar-
gomento è positivo, allora si copia semplicemente l’argomento; in un intervallo in cui
esso è negativo ogni termine dell’argomento va cambiato di segno. Cominciamo con il
considerare un unico valore assoluto.
Matematica
dobbiamo cambiare segno ad ogni termine. Abbiamo
(
2+x+1=x+3 per x ≥ −1 ,
(4.49) 2 + |x + 1| = x + 3 ⇔
2−x−1=x+3 per x < −1 .
Consideriamo il caso in cui si abbiano due valori assoluti non annidati uno dentro
l’altro. La prima cosa da fare è verificare quando gli argomenti dei due valori assoluti
sono positivi e in base a ciò suddividere la retta dei reali in intervalli. Se si scelgono
ad esempio equazioni di primo grado, la retta dei reali viene suddivisa in tre zone: una
zona dove entrambi gli argomenti sono positivi, una dove sono entrambi negativi e una
dove uno dei due è positivo e l’altro no. L’equazione di partenza, quindi, equivale a tre
diverse equazioni indipendenti nelle tre zone delineate.
Le soluzioni nei due intervalli più a sinistra non sono compatibili con l’intervallo
considerato e quindi sono state escluse.
Consideriamo infine il caso di due valori assoluti annidati e per semplicità prendiamo
tutti argomenti di primo grado. Si procede come nel caso precedente, ma la considera-
zione sugli intervalli in cui viene suddivisa la retta dei reali deve procedere dal valore
assoluto più interno per spostarsi a quello più esterno.
Equazioni
( (
|x + x − 1 − 3| = 2 per x ≥ 1 , |2x − 4| = 2 per x ≥ 1 ,
|x+|x−1|−3| = 2 ⇔ ⇔
|x − x + 1 − 3| = 2 per x < 1 . | − 2| = 2 per x < 1 .
Nel caso in cui gli argomenti dei valori assoluti siano polinomi di grado superiore al
primo gli intervalli in cui viene ripartita la retta dei reali possono essere in numero
superiore, ma la filosofia risolutiva non cambia: suddivisa la retta in zone che differi-
scono per la positività di almeno uno degli argomenti dei valori assoluti, per ognuna di
esse si scrive la corrispondente equazione senza valori assoluti e alla fine si confronta
la soluzione trovata con l’intervallo di appartenenza per stabilirne l’ammissibilità.
A titolo d’esempio mostriamo solo il caso di una disequazione di secondo grado con
un unico valore assoluto. Scegliamo coefficienti non banali in modo che il lettore possa
seguire i calcoli facendo pratica di scomposizioni, di estrazione da radice e di soluzione
di equazioni di secondo grado.
Matematica
4
−x2 + 4x + 9 < 2 − x
1
per − < x < .
9
4 2 2
Mettendo le due disequazioni di secondo grado in forma normale si ha
√ √
1 9
3 − 26 3 + 26
4x2 − 12x − 17 < 0 per x ≤ − ∪ x ≥ , <x<
2 2 ⇔ 2 √ 2 √
4x2 − 20x − 1 > 0 per − 1 < x < 9 .
x < 5 − 26 ∪ x > 5 + 26
2 2 2 2
Nel secondo sistema non abbiamo riportato le condizioni degli intervalli per non appe-
santire la notazione. Ponendo ora a sistema queste ultime con le rispettive soluzioni delle
disequazioni si hanno le seguenti restrizioni:
√
3 − 26 1
<x≤−
2 √ 2 .
− 1 < x < 5 − 26
2 2
4.20 Quesiti
1) Che cosa significa risolvere un’equazio- E isolare il termine noto per determinare i
ne? coefficienti della variabile.
A ridurla alla forma più semplice possibile 2) Come si risolve un’equazione di I grado?
Matematica
5) La A e la B sono errate perché trascurano il rapporto tra i termini noti. La
D è errata perché le rette sono parallele, infatti la risposta corretta è la E .
La C è errata perché trae una conclusione sbagliata: se le incognite spariscono
le rette sono parallele e coincidenti.
6) La A e la B sono errate perché il secondo passaggio deve essere una divisione per 5.
La D e la E sono errate perché il termine noto cambia segno quando viene spostato
e anche perché non ha senso, al secondo passaggio, cambiare segno al coefficiente
positivo. La risposta corretta è la C .
7) La A e la E sono errate: entrambe si riferiscono alla forma della parabola. La C
è errata perché considera una quantità parziale, la B è errata perché il segno del
secondo coefficiente è ininfluente. La risposta corretta è la D .
8) La A è errata nel segno della seconda soluzione. La B è errata perché non estrae
la radice della soluzione della prima equazione. Per lo stesso motivo è errata la D
, oltre che per un’ingiustificabile indeterminazione di segno. La E è errata perché
in essa numeratore e denominatore della prima soluzione sono invertiti. La risposta
corretta è la C .
9) La A è errata perché la procedura è diversa. La B e la C esprimono una limitazione
inesistente. La E è errata perché le soluzioni sono rappresentabili come intersezioni
di una parabola con l’asse delle ascisse e soltanto per le equazioni, non per le
disequazioni. La risposta corretta è la D .
Una funzione f è una relazione tra due insiemi X e Y che ad ogni elemento x ∈ X fa
corrispondere uno ed un solo elemento y ∈ Y . La funzione (o applicazione) f : X → Y
da X a Y ha l’insieme X come insieme di definizione o dominio Df e l’insieme Y
come codominio Cf . L’insieme di partenza X e l’insieme di arrivo Y possono anche
coincidere.
Il simbolo f (x) indica sia la funzione f , nel senso che indica l’insieme di valori che
la funzione assume al variare di x ∈ X, sia il particolare valore di y che corrisponde
attraverso la legge f ad un certo valore x, cioè y = f (x). Dal contesto di volta in volta
è semplice capire a quale delle due accezioni si sta facendo riferimento. In generale
per evitare ambiguità quando si intende un particolare valore assunto dalla funzione
si sceglie un particolare simbolo per l’elemento x ∈ X considerato, ad esempio x0 o x,
per cui si avrà y0 = f (x0 ) o y = f (x).
L’immagine può essere sia un sottoinsieme proprio che improprio del codominio.
Matematica 421
Matematica
valore dipende da quello di x attraverso la legge f .
grafico sull’asse y basta tracciare una linea orizzontale dal punto sino ad incontrare
l’asse delle ordinate nel valore yP .
Se il grafico di una funzione è una curva che si può disegnare senza mai staccare
la penna dal foglio la funzione è detta continua e gode di notevoli proprietà. Se per
tracciare il grafico di f ad un certo punto bisogna staccare la penna dal foglio, spostarsi
in verticale di una quantità ∆y e poi continuare a tracciare una funzione continua,
allora il valore x0 in corrispondenza del salto ∆y è detto punto di discontinuità. Se
si esclude x0 da Df la funzione diventa continua.
Sono ad esempio continue la funzione seno, l’esponenziale e la logaritmica, mentre
non è continua la funzione tangente, come si può osservare dai loro grafici riportati in
Figura 5.6(a), 5.5(a), 5.5(c) e 5.6(e).
Un asintoto è una retta cui tende il grafico della funzione senza però mai coincidere
con essa. Esistono asintoti orizzontali, verticali e obliqui. Gli asintoti orizzontali e quelli
obliqui possono essere presenti in funzioni che hanno un dominio che si estende sino
a +∞ o a −∞, cioè un intervallo aperto. Gli asintoti verticali si possono trovare nei
punti isolati di discontinuità della funzione o negli estremi finiti del dominio.
Un esempio di asintoto orizzontale è dato dalla retta y = π/2 che è asintoto orizzontale
per la funzione arcotangente, come si vede dalla Figura 5.6(f). Per la stessa funzione
è asintoto orizzontale anche la retta y = −π/2. Un esempio di asintoto verticale si ha
nella retta x = π/2 per la funzione tangente, come si vede dalla Figura 5.6(e), o nella
retta x = −5 per la funzione riportata nella Figura 5.4(h).
Matematica
Figura 5.2: Tipi di funzioni.
Per stabilire se una funzione è iniettiva, quindi si parte dal dominio e si vede se da
punti diversi di X partono frecce che terminano nello stesso punto y ∈ Y , nel qual caso
la funzione non è iniettiva.
Per stabilire se una funzione è suriettiva occorre invece focalizzarsi sul codominio.
L’iniettività può essere desunta facilmente dal grafico di f nel modo seguente.
Se tracciando una linea orizzontale in corrispondenza di qualsiasi punto del grafico di
f questa retta interseca il grafico in almeno un altro punto allora f non è iniettiva,
perché a valori diversi della x corrisponde lo stesso valore della y.
424 Funzioni
Sempre graficamente si può anche determinare se una curva è o meno il grafico di una
funzione. Si traccia una retta verticale in corrispondenza di un punto qualsiasi della
curva. Se questa retta interseca la curva in almeno un altro punto allora la curva non
è il grafico di una funzione, infatti in tal caso lo stesso valore della x viene mappato in
due diversi valori della y contraddicendo la definizione di funzione.
Solo le funzioni biettive possono essere invertite, l’inversa di una funzione f si indica
con il simbolo f −1 senza alcun richiamo al simbolo di esponente negativo.
Il dominio della funzione inversa coincide con l’immagine della funzione di partenza e
il suo codominio coincide con il dominio della funzione di partenza.
Il grafico di una funzione inversa si ottiene da quello della funzione diretta considerando
la curva simmetrica rispetto alla bisettrice I-III quadrante, ovvero dalla curva che si
ottiene scambiando l’asse delle ascisse con quello delle ordinate.
Matematica 425
90 90
80 80
70 70
60 60
50 50
40 40
30 30
20 20
10 10
1 1
-4 -2 2 4 -4 -2 2 4
90
1000
80
800
70
600
60
400
50
40 200
30
-10 -5 5 10
20
-200
10
-400
1
-10 -5 5 10 -600
-800
Matematica
-1000
3
6
5 2
4
1
1 -1
-10 -5 5 10 15 20 -2
-1
-3
5 40
30
4
20
3
10
2
-20 -15 -10 -5 5 10 15 20
-10
1
-20
-4 -2 2 4 -30
-1 -40
Poiché per numero finito si può intendere anche l’unità, spesso con il termine fun-
zioni elementari si intendono direttamente le funzioni potenza, razionale, logaritmo,
426 Funzioni
90 90
80 80
70 70
60 60
50 50
40 40
30 30
20 20
10 10
1 1
-4 -2 2 4 -4 -2 2 4
1 2 4 6 8 1 2 4 6 8
1.5 1.5
1 1
0.5 0.5
-0.5 -0.5
-1 -1
-1.5 -1.5
-1 -0.5 0.5 1
-1 -0.5 0.5 1
-10 -5 5 10
-2
-4
-6
Matematica
e 1.
In Figura 5.5(a) è riportato il grafico della funzione esponenziale con base mag-
giore dell’unità. Al crescere del valore della base la curva diventa sempre più
ripida. Analogo discorso vale per la pendenza dell’esponenziale con base minore
dell’unità di Figura 5.5(b): più la base diventa piccola più la curva diventa ripida.
In Figura 5.5(c) è riportato il grafico della funzione logaritmo con base maggiore
dell’unità. Al crescere del valore della base la curva sale più rapidamente. Analo-
go discorso vale per la pendenza dell’esponenziale con base minore dell’unità di
Figura 5.5(d): più la base diventa piccola più la curva scende rapidamente.
Tra le funzioni elementari si nota che l’esponenziale è quella che cresce più ra-
pidamente. Dai grafici, inoltre, si osserva che la funzione logaritmo cresce meno
rapidamente della funzione potenza.
Per definire le funzioni goniometriche inverse si pone una restrizione del dominio
ad un unico periodo, con uno dei due estremi escluso, in modo da evitare che allo
stesso valore del seno o del coseno corrispondano più angoli.
Una funzione composta è una funzione di funzione, ovvero una funzione applicata al
risultato di un’altra funzione.
428 Funzioni
Una funzione può essere composta da più di due funzioni, l’importante è che ogni volta
il dominio della funzione successiva coincide con l’immagine della funzione precedente.
Funzioni
√5
È ad esempio composta la funzione h(x) = 2 · (3 + x2 )3 . Per elencare le funzioni
componenti si parte dalla funzione che agisce prima sulla x, in questo caso è f (x) = x2 .
√
La funzione successiva è g(y) = 5 y. In seguito si ha l(z) = 3+z e ancora m(w) = w3 fino a
n(t) = 2·t. Nell’esempio, dunque, h(x) = [n◦m◦l◦g◦f ](x) ovvero h(x) = n[m(l{g[f (x)]})].
Nella pratica conoscendo le leggi delle funzioni componenti basta sostituirle al posto
della variabile per ricavare la funzione composta.
Il dominio della funzione composta è dato dall’intersezione dei domini delle funzioni
componenti.
5.7 Parità
Una funzione è pari quando ∀x ∈ X f (−x) = f (x). I grafici delle funzioni pari sono
simmetrici rispetto all’asse y, come si nota per la Figura 5.4(c).
Come indica il nome sono pari tutte le funzioni polinomiali ottenute come somma di
potenze pari della variabile ed eventualmente di un termine noto. Sono inoltre pari la
funzione quadrato f (x) = x2 , che d’altronde è un caso particolare del precedente, e la
funzione goniometrica f (x) = cos(x).
Una funzione è dispari quando ∀x ∈ X f (−x) = −f (x). I grafici delle funzioni dispari
sono simmetrici rispetto all’origine, come si nota dalla Figura 5.4(d).
Matematica 429
Come indica il nome sono dispari tutte le funzioni polinomiali ottenute come somma
di potenze dispari della variabile e prive di un termine noto. Sono inoltre dispari la
funzione cubo f (x) = x3 , che d’altronde è un caso particolare del precedente, e la
funzione goniometrica f (x) = sen(x).
La parità è una proprietà delle funzioni ma non tutte le funzioni sono pari o dispari.
Quelle che non sono né pari né dispari hanno parità indefinita. Si noti che con parità
si intende sia la proprietà di una funzione di essere pari sia quella di essere dispari.
La parità opera in maniera analoga al segno: il prodotto di due funzioni pari è una
funzione pari, il prodotto di due funzioni dispari è ancora una funzione pari, il prodotto
di una funzione pari per una dispari è una funzione dispari.
Si ricorda che un rapporto tra due funzioni è equivalente al prodotto della prima per
il reciproco della seconda, quindi la regola vale anche per i rapporti.
Matematica
sen(x)
Ad esempio la funzione tangente tg(x) = è una funzione dispari in quanto rapporto
cos(x)
tra una funzione dispari e una pari.
Il prodotto di una funzione pari o dispari per una con parità indefinita generalmente è
una funzione con parità indefinita. La somma algebrica di una funzione pari con una
dispari è una funzione con parità indefinita.
(5.1)
f (x) = 3x2 − x4 è pari, infatti f (−2) = 3 · (−2)2 − (−2)4 = −4 = f (2) ;
3 5 3 5
f (x) = 2x + x è dispari, infatti f (−1) = 2 · (−1) + (−1) = −3 = −f (1) ;
2 3 2 3
f (x) = x − x ha parità indefinita, infatti f (−3) = (−3) − (−3) = 36 6= f (3) = −18.
5.8 Periodicità
Il grafico di una funzione periodica è la ripetizione continua sia a destra sia a sinistra
della parte di grafico corrispondente a un periodo.
Sono funzioni periodiche il seno e il coseno, entrambi di periodo 2π, come si osserva dalle
Figure 5.6(a) e 5.6(b), ed è periodica la tangente√con periodo π, come mostrato nella
Figura 5.6(e). Infatti sen(π/4 − 6π) = sen(π/4) = 2/2 e tg(π/4 + 3π) = tg(π/4) = 1.
5.9 Quesiti
1) Che cosa s’intende per funzione? 4) Che cosa s’intende per funzione inversa?
Matematica
5.10 Risposte commentate ai quesiti
1) La A , la C e la D sono errate perché dominio e codominio non si modificano ma
si collegano, pertanto la risposta corretta è la E . La B va esclusa perché in essa è
errata la definizione di meccanismo.
6) La funzione è composta da una radice con indice pari e da una somma. L’argomento
della radice deve essere non negativo e lo stesso vale per il suo risultato. L’immagine
della radice è quindi R+ e sommando il numero 5 si ottiene che la risposta corretta
è la E .
10) Il prodotto o il rapporto tra funzioni a parità definita ricalca la regola dei segni
sulla positività dei termini. La parità del risultato non è influenzata da coefficienti
numerici, quindi la D e la E vanno escluse. Poiché le funzioni a numeratore e a
denominatore hanno parità definita anche la C è errata. La risposta corretta è la
Funzioni
A.
Equazioni e disequa-
zioni esponenziali e
logaritmiche 6
Introduzione
In questo capitolo verranno trattati i metodi di risoluzione delle equazioni esponenziali e
logaritmiche. Ognuna delle due parti è preceduta da un riepilogo delle relative proprietà
e dalle definizioni principali ed è corredata da esempi che illustrano le tecniche descritte.
Per una comprensione più approfondita del capitolo si consiglia di guardare il capi-
tolo precedente, in particolare la sezione riguardante i grafici delle funzioni e i grafici
delle funzioni esponenziali e logaritmiche.
am · an = am+n
am : an = am−n
(am )n = am·n
a0 = 1
a−m = 1/(am )
am · bm = (a · b)m
am : bm = (a/b)m
Tabella 6.1: proprietà delle potenze Figura 6.1: Il decadimento radioatti-
vo è matematicamente espresso da
un’esponenziale con esponente negativo.
A tal fine è opportuno applicare le proprietà riportate nella sezione precedente con
l’obiettivo di giungere alla forma normale: un unico termine a sinistra, contenente
l’incognita, e un unico termine a destra, rappresentato da un termine noto.
434 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche
Per giungere a tale forma bisogna precedentemente sommare algebricamente tra di loro
tutti i termini noti e sommare tutte i termini con le incognite seguendo le proprietà
delle potenze.
Generalmente le proprietà della tabella 6.1 consentono di avere la stessa base a
destra e a sinistra. A questo punto si possono eguagliare gli esponenti ottenendo
un’equazione algebrica nell’incognita. Ad esempio
(6.1)
Forma normale: ax = bc . =⇒ Con le proprietà di tabella 6.1: ax = ad =⇒ x = d .
Quando nella forma normale non è possibile ottenere la stessa base a destra e a sinistra
bisogna ricorrere al principio generale di risoluzione delle equazioni, ovvero invertire
l’operatore applicato all’incognita. Poiché l’operatore inverso all’esponenziazione è il
logaritmo, rimandiamo tale caso alla sezione 6.8.
(6.5)
√
x−1 x 2x−3 x x
7x = 492x−3 ⇔ 7 x−1 = 72 ⇔ 7 x−1 = 72(2x−3) =⇒ = 4x − 6 ,
x−1
x (4x − 6)(x − 1)
= =⇒ x = 4x2 − 6x − 4x + 6 ⇔ 4x2 − 11x + 6 = 0
x−1 x−1
11 − 5 6 3 11 + 5 16
x1 = = = non accettabile, x2 = = =2 accettabile.
8 8 4 8 8
L’intersezione delle due C.E. dell’esempio coincide con la prima C.E. riportata e rende
inaccettabile la soluzione x1 .
Matematica 435
Usando ancora le proprietà delle potenze della tabella 6.1 si persegue ancora l’obiettivo
di giungere alla forma normale: un unico termine a sinistra, contenente l’incognita,
e un unico termine a destra, rappresentato da un termine noto.
Come per le equazioni esponenziali, per giungere a tale forma bisogna precedente-
mente sommare algebricamente tra di loro tutti i termini noti e sommare tutte i termini
con le incognite seguendo le proprietà delle potenze.
Qualora si riesca a scrivere la stessa base a destra e a sinistra si possono
eguagliare gli esponenti ottenendo una disequazione algebrica nell’incognita.
Matematica
Se la base è maggiore dell’unità (a > 1) allora il predicato della disequazione algebri-
ca tra gli esponenti è lo stesso predicato della disequazione esponenziale di partenza;
se invece la base è minore dell’unità (a < 1) allora il predicato della disequazio-
ne algebrica tra gli esponenti è inverso a quello della disequazione esponenziale di
partenza.
Ad esempio
Anche per le disequazioni esponenziali si può avere una forma del tipo di quella ripor-
tata nell’equazione 6.5 a patto di sostituire il segno di uguaglianza con un predicato di
maggiore o minore. Le tecniche risolutive sono analoghe a quelle mostrate nell’esempio
6.5 a patto di integrarle con quanto esposto nell’esempio 6.7 in merito all’eventuale
cambio dei predicati.
Come per le equazioni esponenziali, quando nella forma normale non è possibile
ottenere la stessa base a destra e a sinistra bisogna ricorrere ai logaritmi per ottenere
una disequazione algebrica, rimandiamo tale caso alla sezione 6.8.
436 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche
3 · 2x + 4x = −2 =⇒ 3 · 2x + 22x = −2 . 2x = t =⇒ 3t + t2 + 2 = 0 .
(6.8)
t1 = −1 ⇒ 2x = 1 ⇔ x = 0; t2 = −2 ⇒ 2x = −2 ⇔ S = ∅.
1
3x + 3−x = 2 =⇒ 3x + = 2. 3x = t =⇒ t2 + 1 − 2t = 0 .
(6.9) 3x
t1 = t2 = 1 =⇒ 3x = 1 ⇔ x = 0 .
Matematica 437
Matematica
(6.10) loga (b) = c ⇔ ac = b . nella spirale generata da alcuni mollu-
schi, chiamata appunto spirale logarit-
mica in virtù della relazione matematica
In analogia alle proprietà delle potenze riportate che ne detta la forma.
nella tabella 6.1, per i logaritmi valgono proprietà
speculari in quanto appunto il logaritmo è l’inverso dell’esponenziale:
Dalla terza proprietà si può ricavare il caso particolare loga ( 1b ) = loga (b−1 ) =
−loga (b).
Le prime quattro proprietà sono corrispondenti alle prime quattro proprietà delle po-
tenze della tabella 6.1, la quinta è invece la regola del cambiamento di base: un loga-
ritmo di un certo numero in una base è uguale al logaritmo dello stesso numero in una
nuova base diviso il logaritmo della vecchia base. Questa proprietà può essere utile per
ricondurre un’equazione o una disequazione logaritmica alla forma normale.
A tal fine è opportuno applicare le proprietà ripor- loga (b) + loga (c) = loga (b · c)
tate nella tabella 6.2 con l’obiettivo di giungere al- loga (b) − loga (c) = loga (b/c)
la forma normale: un unico termine a sinistra,
loga (bc ) = c · loga (b)
contenente l’incognita, e un unico termine a destra,
rappresentato da un termine noto. loga (1) = 0
Per giungere a tale forma bisogna precedente- logc (b)
loga (b) =
mente sommare algebricamente tra di loro tutti logc (a)
i termini noti e sommare tutte i termini con le
incognite seguendo le proprietà dei logaritmi. Tabella 6.2: proprietà dei logaritmi
Generalmente le proprietà della tabella 6.2 consentono di avere un unico termine
logaritmico con coefficiente unitario a destra e un unico termine logaritmico con coeffi-
ciente unitario a sinistra aventi la stessa base. A questo punto si possono eguagliare
gli argomenti ottenendo un’equazione algebrica nell’incognita.
(6.11) Forma normale: loga (x) = loga (c) =⇒ x=c C.E. x > 0 .
Exp e log
Poiché l’argomento del logaritmo deve essere strettamente positivo, prima di risolve-
re un’equazione (o una disequazione) occorre scrivere le opportune C.E, ovvero porre
l’argomento del logaritmo maggiore di 0. Una volta risolta l’equazione (o la disequa-
zione) bisogna poi controllare che la soluzione trovata sia compatibile con le C.E. (o
che l’intervallo delle soluzioni abbia una intersezione con l’intervallo determinato dalle
C.E.).
Negli esempi precedenti le C.E. di tutte e tre le equazioni sono x > 0, quindi tutte e
tre le soluzioni sono accettabili.
(6.12)
2log2 (x − 5) − 3 = log2 (x + 2) ⇔ log2 [(x − 5)2 ] − log2 (x + 2) =
(x − 5)2
= 3 ⇔ log2 = log2 (8)
x+2
(x − 5)2 (x − 5)2 8x + 16
=8 ⇔ = ⇔ (x − 5)2 − 8x − 16 = 0 ⇔ x2 − 18x + 9 = 0
x+2 x+2 x+2
Matematica 439
(6.13)
√ 18 − 17 1 18 + 17 35
∆ = 288 ∆ ≈ 17 =⇒ x1 = = non accettabile, x2 = = accettabile.
2 2 2 2
Rimandiamo all’ultimo esempio 6.18 del capitolo per illustrare l’utilizzo dell’incognita
ausiliaria al fine di risolvere una disequazione logaritmica non banale.
Matematica
6.7 Disequazioni logaritmiche
Usando ancora le proprietà dei logaritmi della tabella 6.2 si persegue ancora l’obiettivo
di giungere alla forma normale: un unico termine a sinistra, contenente l’incognita,
e un unico termine a destra, rappresentato da un termine noto.
Come per le equazioni logaritmiche, per giungere a tale forma bisogna precedentemente
sommare algebricamente tra di loro tutti i termini noti e sommare tutte i termini con
le incognite seguendo le proprietà dei logaritmi.
Qualora si riesca a scrivere un logaritmo con la stessa base a destra e a
sinistra si possono eguagliare gli argomenti ottenendo una disequazione algebrica
nell’incognita.
(6.14)
a>1 log4 (x) > log4 (5) =⇒ x>5 C.E. x > 0 .
a<1 log1/6 (−2x) > log1/6 (12) =⇒ −2x < 12 =⇒ x > −6 C.E. x > 0 .
440 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche
Come per le equazioni logaritmiche, quando nella forma normale non è possibile otte-
nere logaritmi con la stessa base a destra e a sinistra bisogna ricorrere all’operatore
esponenziale per ottenere una disequazione algebrica atraverso l’identità 6.15.
Nella seconda disequazione poiché l’intervallo delle soluzioni è più ampio di quello
corrispondente alle C.E. come insieme delle soluzioni bisogna prendere l’intersezione
tra i due, quindi in quel caso le soluzioni si riducono a S = {x > 0}.
La prima afferma che l’esponente da dare alla base a per avere come risultato il numero
Exp e log
Le C.E. che garantiscono la positività degli argomenti dei logaritmi sono in tal caso
automaticamente soddisfatte perché una potenza è sempre positiva e i termini noti
sono numeri positivi.
La seconda identità è utile per la risoluzione di equazioni o disequazioni logaritmi-
che in cui non si riesca ad avere un unico logaritmo con la stessa base a destra e a
sinistra. Applicando l’operatore esponenziale ad entrambi i membri, utilizzando come
base la base del logaritmo che contiene l’incognita come argomento, a sinistra resta
solo l’incognita e a destra si ha la soluzione espressa in termini esponenziali.
Anche in tal caso bisogna porre attenzione alle C.E. legate agli argomenti dei lo-
garitmi. Entrambe le soluzioni delle ultime due equazioni sono accettabili perché le
corrispondenti C.E. coincidono con x > 0.
Vediamo per concludere il capitolo una disequazione logaritmica che richiede il
cambiamento di base e l’introduzione di un’incognita ausiliaria per la sua risoluzione,
oltre all’utilizzo dell’identità 6.15.
(6.18)
log4 (4)
log4 (3 + x) > 2 − logx+3 (4) ⇔ log4 (3 + x) + >2 =⇒ C.E. x > −3 ,
log4 (3 + x)
1 1
log4 (3 + x) + >2 ⇔ t = log4 (3 + x) =⇒ t+ −2>0
log4 (3 + x) t
Matematica
6.9 Quesiti
1
1) L’equazione esponenziale e2x−1 = 5 ha E nell’intervallo 0 ≤ x < e
come soluzioni:
1
4) L’equazione e2x
= 1 ha soluzione:
1
A x= 2 1
A x= 2
B R − { 12 }
B x=2
C ln(5) C x=1
ln(5)+1
D 2
D x=0
E ∅ E non ammette soluzioni reali
5) L’utilizzo di un’incognita ausiliaria è ne-
2) La disequazione esponenziale
√ cessario per la risoluzione di un’equa-
2 x−1 < 1
8
ha come soluzioni: zione esponenziale in cui compaiono un
termine esponenziale e:
A R
A Un termine con la stessa base e lo stes-
B ∅ so esponente ma coefficiente numerico
doppio
C x = 1
B un termine con la stessa base e con
D x < −2 esponente doppio di quello del termine
E 1≤x<9 considerato
C un termine con base doppia rispetto al
3) Ricorrendo a metodi grafici si può sta- termine considerato e pari esponente
bilire che la disequazione trascendente D un termine avente sia una base dop-
ex < x è verificata: pia che un esponente doppio del termine
considerato
A In tutta la retta dei reali
E nessuna delle precedenti affermazioni è
B mai, è sempre falsa corretta
C nell’intervallo 0 < x < 1 6) L’equazione log2 (−64) = x ha soluzione:
D nell’intervallo x < 1 A x=6
442 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche
B x = −6 D x < 1/81
C x = 1/6 E la disequazione ha come soluzione
l’insieme vuoto ∅
D x = −1/6
E l’equazione non ammette soluzioni reali 9) La disequazione log3 [(x − 2)2 ] < 2 ha
come soluzioni:
7) L’espressione logx − 2logx è equivalente
a: A −1 < x < 2 ∪ 2 < x < 5
B −1 < x < 5
A log(−x)
C 2<x<5
B −log(−x)
D R+
0 − {2}
C −log(1/x)
E R0 − {2}
D log(1/x)
10) Il logaritmo log1/4 (1) è: s
E −log(1/(−x))
A 4
8) La disequazione 4log2 (3) > −log2 (x) ha
soluzioni: 1
B 4
A x > 81 C 0
Exp e log
B x > 1/81 D ∞
C x < 81 E −∞
2) Il termine di destra può essere scritto come 2−3 il che consente di avere la stessa
base in entrambi√i membri della disequazione. Ciò permette di ridursi alla disequa-
zione algebrica x − 1 < −3. Per la risoluzione bisogna considerare il sistema di
disequazioni indicato nella 4.42, dal quale si evince che la risposta corretta in tal
caso è la B in quanto il termine noto è negativo.
3) Ricorrendo ai grafici delle funzioni elementari riportati nel capitolo precedente o al-
la definizione di numero di Nepero e si può senza dubbio concludere che la risposta
corretta è la B . Risolvere graficamente una disequazione, in generale, significa de-
terminare per quale intervallo dell’incognita il grafico della funzione corrispondente
al membro di sinistra (in tal caso y = ex ) giace sopra al grafico della funzione del
membro di destra (in tal caso y = x).
4) Moltiplicando ambo i membri per e2x , grazie alla proprietà e0 = 1 si ricava che la
risposta corretta è la D .
6) Poiché l’argomento del logaritmo deve sempre essere positivo affinché l’espressione
abbia senso, se ne ricava che la risposta corretta è la E .
7) Poiché log(ab ) = blog(a), nel caso in cui b = −1 si ha log(a−1 ) = −log(a). Ne deriva
che la risposta corretta è la D .
8) Per giungere alla forma normale il coefficiente del logaritmo viene trasformato in
esponente dell’argomento in base alle proprietà dei logaritmi. Uguagliando gli ar-
gomenti dei logaritmi che hanno la stessa base e mantenendo inalterato il predicato
in quanto la base è maggiore dell’unità si ottiene che la risposta corretta è la B .
Matematica
10) Dal grafico della funzione logaritmo in qualsiasi base si ha che log(1) = 0 perché
qualsiasi numero elevato alla 0 è pari a 1. Se ne deduce che la risposta corretta è la
C.
Geometria euclidea
piana
7
Introduzione
In questo capitolo e nel prossimo si parla di geometria euclidea con un approccio snello
e moderno. Il rigore estremo di alcune dimostrazioni e la terminologia originale di
Euclide renderebbero la trattazione meno efficace in vista del superamento dei quesiti
su questi argomenti.
Oltre ai fondamenti, il capitolo tratta solo di geometria piana, lasciando la solida
al prossimo capitolo. Per le misure di angoli in radianti si rimanda al capitolo 10.
III Per tre punti non allineati passa una sola circonferenza.
V Data una retta e un punto esterno a tale retta, per questo punto passa una e
una sola retta parallela alla retta data.
Euclide postula inoltre la continuità della retta, ovvero che questa non ammette punti
isolati.
Il quinto postulato, chiamato postulato delle parallele, è diverso dagli altri in quanto
nessuna altra proposizione fondamentale dipende da esso. Eliminandolo la teoria resta coerente
ma assume caratteristiche diverse: si ha una geometria non euclidea. Queste geometrie che
negano il postulato delle parallele sono nate nella prima metà del XIX sec. e hanno assunto
rilevanza anche fisica nella relatività generale di Einstein che descrive lo spaziotempo.
La geometria ellittica o riemanniana descrive una superficie a curvatura costante positiva,
ad esempio una sfera. In tale geometria le parallele non esistono perché tutte le rette si
incontrano, come accade ai meridiani che si incontrano nei poli. Nella geometria ellittica,
inoltre, la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di un angolo piatto.
La geometria iperbolica descrive invece una superficie a curvatura costante negativa, ad
Matematica
esempio una sella di cavallo. In tale geometria una retta ha infinite parallele e la somma degli
angoli interni di un triangolo è minore di un angolo piatto.
Dai postulati e dagli enti fondamentali discendono le definizioni di altri enti geometrici
importanti.
Un segmento è una parte di retta delimitata da due punti detti estremi. Una semiretta
si ottiene dividendo una retta in due parti rispetto a un suo punto arbitrario. Ognuna
delle due parti si chiama semiretta e il punto scelto è detto origine della semiretta.
Due rette aventi un solo punto in comune sono rette incidenti. Come caso particolare
di incidenza si hanno rette perpendicolari, quando la loro intersezione forma quattro
angoli retti.
Due rette complanari prive di punti in comune sono dette parallele.
In geometria euclidea due rette parallele non si incontrano mai e la distanza tra di
esse è costante.
446 Geometria euclidea piana
Due grandezze geometriche che hanno la stessa misura sono dette congruenti: sono
ad esempio congruenti due segmenti della stessa lunghezza, due angoli della stessa
ampiezza, due figure piane perfettamente sovrapponibili. Nel linguaggio comune al
posto del termine congruenti si usa impropriamente il termine uguali.
Un punto che divide un segmento in due parti congruenti è detto punto medio M del
segmento. La distanza di M da un estremo è pari a quella di M dall’altro estremo.
7.2 Angoli
Date due semirette aventi origine in comune, si definisce angolo la parte di piano da
esse delimitata. Le semirette sono dette lati dell’angolo. Analogamente gli angoli sono
formati anche da segmenti o da rette. Due rette incidenti formano quindi 4 angoli. Un
angolo si misura in gradi, simbolo ◦ .
Matematica
Figura 7.3: Angoli complementari, supplementari, esplementari.
Se due angoli hanno un lato in comune e gli altri due da parti opposte rispetto al lato
in comune sono detti consecutivi. Sono adiacenti quando oltre a un lato in comune
hanno gli altri due giacenti sulla stessa retta e opposti. Angoli complementari sono
consecutivi, angoli supplementari sono adiacenti.
Consideriamo due parallele tagliate da una trasversale, come nella Figura 7.4(b). Gli
angoli che si trovano nella parte di piano compresa tra le due rette sono detti interni,
gli altri esterni. Angoli che si trovano dalla stessa parte rispetto alla trasversale sono
detti coniugati, altrimenti alterni. Sono ad esempio coniugati gli angoli α4 e α5 , come
pure α1 e α5 . Coppie di angoli che si trovano dalla stessa parte rispetto alle due rette
sono detti corrispondenti.
Opposti al vertice Due rette incidenti delimitano due coppie di angoli opposti
al vertice: i prolungamenti dei lati dell’uno costituiscono i lati dell’altro.
Mettendo insieme tutte le relazioni di congruenza della Figura 7.4(b) si ha che sono
congruenti tutti gli angoli con pedice pari, cosı̀ come sono congruenti tutti quelli con
pedice dispari: α1 = α3 = α5 = α7 e α2 = α4 = α6 = α8 .
7.3 Poligoni
Geom.Piana
Un poligono è una figura piana delimitata da una spezzata chiusa, chiamata anche
poligonale, composta da segmenti consecutivi. Gli estremi dei segmenti sono detti
vertici, i segmenti tra essi compresi sono i lati. Un poligono di n lati ha n angoli e n
vertici.
Un segmento interno al poligono che connette due vertici non consecutivi è detto dia-
gonale. Con il calcolo combinatorio si dimostra che un poligono di n lati ha n(n − 3)/2
diagonali: da ogni vertice partono n−3 diagonali e considerando n vertici ogni diagonale
viene contata due volte, quindi bisogna dimezzare il totale.
Alternativamente un poligono è detto concavo quando almeno uno dei suoi angoli è
maggiore o uguale a un angolo piatto, altrimenti è convesso.
Se tutti gli angoli sono congruenti il poligono è detto equiangolo, se tutti i lati sono
congruenti allora è equilatero.
Matematica 449
Euclide non diede una definizione di area A (o superficie) del poligono, sebbene intui-
tivamente essa sia la parte di piano racchiusa dal poligono. Operativamente può essere
misurata scomponendo il poligono in triangoli e sommando le aree dei triangoli.
La somma delle lunghezze dei lati di un poligono è detta perimetro. La metà di tale
Matematica
lunghezza è detta semiperimetro e si indica con p, quindi il perimetro è 2p.
In geometria piana è possibile la quadratura di ogni poligono: ogni poligono può essere
scomposto in un numero finito di triangoli che ricomposti formano un quadrato. La quadratura
del cerchio è invece impossibile.
Ad esempio la terna 1, 2 e 4 non può costituire le misure dei lati di un triangolo in quanto
non soddisfa la disuguaglianza triangolare perché 4 > 1 + 2.
I triangoli possono essere classificati sia in base agli angoli che ai lati:
Nel triangolo isoscele il lato non congruente agli altri due è detto base e gli angoli ad
esso adiacenti, detti angoli alla base, sono congruenti. Nel triangolo isoscele, inoltre,
l’altezza relativa alla base è anche mediana e bisettrice. Il triangolo equilatero è un
poligono regolare: è anche equiangolo. Ne deriva che ogni suo angolo interno misura
60◦ . Essendo un caso particolare di triangolo isoscele, in quello equilatero ogni altezza
è anche mediana e bisettrice.
Ognuno dei lati di un triangolo può essere chiamato base b. Si definisce altezza h il
segmento che congiunge il vertice opposto alla base con la base stessa formando un
angolo retto. Ne deriva che ogni triangolo ha 3 basi e 3 altezze. Scelta una qualsiasi
coppia formata da una base e dall’altezza corrispondente, l’area A del triangolo è il
semiprodotto di queste due lunghezze. Noto il semiperimetro p, inoltre, chiamando i
tre lati del triangolo a, b e c, l’area si può esprimere anche attraverso la formula di
Erone:
p
(7.1) A = (b · h)/2 , A = p(p − a)(p − b)(p − c) .
Da ogni vertice di un triangolo si possono tracciare altri due segmenti oltre all’altezza
h: la bisettrice s e la mediana m.
Il baricentro divide ogni mediana in due parti. Quella avente un estremo nel vertice ha
lunghezza doppia rispetto all’altra.
Nel triangolo equilatero i tre punti coincidono e vengono chiamati centro C del
triangolo.
Si definisce circocentro di un triangolo il punto di intersezione degli assi dei lati del triangolo.
Mentre il baricentro e l’incentro sono sempre interni al triangolo, l’ortocentro e il circocentro
non lo sono. L’ortocentro coincide con il vertice dell’angolo retto in un triangolo rettangolo,
mentre è esterno per un triangolo ottusangolo. Il circocentro corrisponde al punto medio
del lato opposto all’angolo retto in un triangolo rettangolo ed è esterno per un triangolo
Matematica
ottusangolo.
Dalle proprietà dei poligoni discende che la somma degli angoli interni di un trian-
golo è 180◦ . Un angolo esterno è formato da un lato e dal prolungamento del lato ad
esso consecutivo ed è supplementare del corrispondente angolo interno. Per ogni vertice
ci sono due angoli esterni, congruenti in quanto opposti al vertice. Considerando un
solo angolo esterno per vertice si hanno due risultati rilevanti.
La somma degli angoli esterni di un triangolo è un angolo giro. Ogni angolo esterno
di un triangolo è congruente alla somma dei due angoli interni ad esso non adiacenti.
p
i2 = C 2 + c2 =⇒ i = C 2 + c2 ,
(7.2) p p
C = i2 − c2 , c = i2 − C 2 .
Geom.Piana
Le terne di numeri che soddisfano alla relazione matematica del teorema di Pitagora sono
dette terne pitagoriche. Quella con gli interi minori è proprio 5, 4 e 3. Da ogni terna se ne
possono ottenere infinite altre moltiplicando ogni elemento per uno stesso intero.
Il primo teorema di Euclide afferma che un cateto è medio proporzionale tra l’ipo-
tenusa e la proiezione dello stesso cateto sull’ipotenusa. Geometricamente ciò equivale
ad affermare che il quadrato costruito su un cateto è congruente al rettangolo avente
come dimensioni l’ipotenusa e la proiezione dello stesso cateto sull’ipotenusa.
Il secondo teorema di Euclide afferma che l’altezza relativa alll’ipotenusa è media pro-
porzionale tra le proiezioni dei due cateti sull’ipotenusa. Geometricamente ciò equivale
ad affermare che il quadrato costruito sull’altezza relativa all’ipotenusa è congruente
al rettangolo avente come dimensioni le proiezioni dei cateti sull’ipotenusa.
Matematica
e d
La similitudine, come pure il teorema di Pitagora, ha valenza solo nella geometria euclidea,
non in quella iperbolica o ellittica
Due poligoni sono simili quando hanno tutti gli angoli congruenti e i lati corrispondenti
proporzionali.
In termini più semplici due figure sono simili quando hanno la stessa forma ma area
diversa, sebbene una delle due possa essere ruotata rispetto all’altra.
La similitudine può essere applicata anche ai triangoli, per i quali esistono tre criteri
di similitudine.
Il teorema di Talete afferma che un fascio di rette parallele tagliate da due trasversali
genera coppie di segmenti direttamente proporzionali.
Primo criterio di similitudine Due triangoli sono simili quando hanno due
angoli corrispondenti congruenti.
Si noti che il vincolo che la somma degli angoli interni sia un angolo piatto evita di dover
considerare tre angoli: se i primi due sono congruenti il terzo lo sarà automaticamente
al suo omologo.
Terzo criterio di similitudine Due triangoli sono simili quando hanno i lati
corrispondenti proporzionali.
La richiesta di proporzionalità relativa ai lati significa che tutti i rapporti tra due lati
omologhi sono uguali.
Il rapporto tra i perimetri di due poligoni simili è uguale a quello tra due lati omologhi.
Il rapporto tra le aree di due poligoni simili è uguale al rapporto dei quadrati di due lati
omologhi.
La congruenza, definita nella sezione 7.1, si applica anche a figure piane: sono congruenti
le figure che hanno tutti gli angoli congruenti e tutti i lati dell’una congruenti ai lati
omologhi dell’altra.
Per dimostrare che due triangoli sono congruenti bisognerebbe considerare 6 elementi,
cioè tre angoli e tre lati. Grazie ai criteri di congruenza basta dimostrare la congruenza
di tre elementi per essere certi che i due triangoli siano congruenti.
Matematica
Secondo criterio di congruenza Due triangoli sono congruenti quando hanno
due angoli e il lato compreso ordinatamente congruenti.
7.9 Quadrilateri
I poligoni con quattro lati sono detti quadrilateri. Ogni quadrilatero ha 4 vertici, 4
angoli la cui somma è un angolo giro e 2 diagonali.
456 Geometria euclidea piana
(c) Parallelogramma
Geom.Piana
7.9.1 Quadrato
7.9.2 Rettangolo
7.9.3 Parallelogramma
Chiamando b la base, a uno dei lati obliqui e h l’altezza, si hanno le seguenti relazioni
A A
(7.7) 2p = 2(a + b) , A = b · h, b= , h= .
h b
Poiché il parallelogramma ha una diagonale minore e una maggiore che non sono con-
gruenti, le formule dirette e inverse relative alla diagonale del rettangolo non sono valide
per il parallelogramma.
Il rettangolo (e quindi anche il quadrato) è un caso particolare di parallelogram-
ma. Ogni diagonale è anche bisettrice e divide il parallelogramma in due triangoli
congruenti. Il punto d’incontro delle diagonali divide ognuna di esse a metà.
Angoli interni consecutivi sono supplementari.
Matematica
7.9.4 Rombo
7.9.5 Trapezio
Dei due lati paralleli, quello più lungo è chiamato base maggiore B, l’altro base minore
b. La distanza tra le due basi è l’altezza h del trapezio.
Se i due lati obliqui sono congruenti il trapezio è isoscele, se uno dei lati non paralleli
forma un angolo retto con le basi il trapezio è detto rettangolo. Nel trapezio isoscele
l’altezza può essere trovata applicando il teorema di Pitagora al triangolo avente come
ipotenusa un lato obliquo e come cateto la semidifferenza delle basi.
Per i trapezi il perimetro è la somma dei 4 lati e l’unica relazione notevole riguarda
l’area, che si calcola attraverso un triangolo equivalente al trapezio, cioè avente la stessa
altezza del trapezio e come base la somma delle basi del trapezio:
(B + b) · h
Geom.Piana
(7.9) A= .
2
Tutti i quadrilateri discussi sinora sono casi particolari di trapezio, rombo compreso.
Ogni diagonale divide il trapezio in due triangoli. Le diagonali possono essere de-
terminate dividendo opportunamente la figura in triangoli rettangoli e applicando il
teorema di Pitagora. L’intersezione delle diagonali le divide in parti proporzionali, ov-
vero il rapporto tra la parte più lunga e quella meno lunga di una diagonale è uguale
al rapporto delle parti omologhe sull’altra diagonale.
Gli angoli consecutivi sono supplementari.
Si noti che il termine trapezoide indica un quadrilatero qualsiasi. Tra i vari tipi di
quadrilateri vale la seguente catena di inclusioni:
7.10 Cerchio
Il cerchio è una parte di piano formata da punti che distano da un punto fisso detto
centro C una distanza minore o uguale di una distanza fissa detta raggio R. La linea
curva che delimita il cerchio è il luogo geometrico dei punti distanti R da C e si chiama
circonferenza C.
La misura della circonferenza rappresenta il perimetro 2p del cerchio. Questa figura può
essere idealizzata come un poligono regolare con infiniti lati. Una parte di circonferenza
delimitata da due punti è detta arco. Qualunque segmento che unisce il centro C con
la circonferenza C è chiamato raggio R. Il doppio del raggio è il diametro D = 2R:
un diametro è un segmento che unisce due punti della circonferenza opposti rispetto al
Matematica 459
centro. Un cerchio ha quindi infiniti raggi e infiniti diametri. Ogni diametro divide il
cerchio in due parti congruenti, dette semicerchi.
Un segmento che unisce due punti qualsiasi di C è detto corda: il diametro è la
corda massima ovvero una corda passante per C. Il raggio non è una corda, sebbene
possa esistere una corda lunga proprio R.
Un angolo delimitato da due raggi, ovvero avente come vertice C è detto angolo
al centro. Un angolo delimitato da due corde è invece detto angolo alla circonferenza.
Nella Figura 7.12(a) il segmenti b, c, d, ed e sono corde; gli angoli con vertice in E e in
B sono angoli alla circonferenza, mentre l’angolo con vertice in A è il corrispondente
angolo al centro.
Ogni angolo alla circonferenza è la metà di un angolo al centro che insiste sullo stesso
arco. Angoli alla circonferenza aventi vertici diversi ma che insistono sullo stesso arco sono
congruenti. Come conseguenza di questi due teoremi se ne ricava un terzo che afferma che ogni
triangolo inscritto in una semicirconferenza (cioè avente un diametro come lato) è rettangolo:
l’angolo alla circonferenza è la metà di quello al centro che in tal caso è piatto. Il teorema è
illustrato nella Figura 7.12(a).
Matematica
La parte di cerchio delimitata da due raggi è detta settore circolare. Se l’angolo al
centro del settore circolare è retto questo si chiama quadrante. Se due cerchi hanno lo
stesso centro sono detti concentrici. In quest’ultimo caso la parte di piano racchiusa
tra le due circonferenze è detta corona circolare.
Il rapporto tra l’area di un settore circolare e l’area del cerchio è lo stesso tra l’angolo al
centro α e l’angolo giro. L’area del settore circolare di angolo al centro α quindi si trova con
460 Geometria euclidea piana
(a) Teorema delle cor- (b) Teorema delle secanti. (c) Teorema della secante e
de. della tangente.
Figura 7.13: Teoremi su corde, secanti e tangenti.
Un poligono è circoscritto ad una circonferenza quando tutti i suoi lati sono tangenti
alla circonferenza, cioè ogni lato ha con essa un solo punto in comune.
Un poligono è detto inscritto in una circonferenza quando tutti i suoi vertici
appartengono alla circonferenza.
Matematica
In un poligono irregolare circoscritto l’area A è pari al prodotto del semiperimetro p
per il raggio R della circonferenza: A = p · R.
I poligoni regolari sono sia inscrivibili che circoscrivibili. Per ogni valore di n
esiste un n-agono regolare, sebbene non tutti siano costruibili esattamente solo con
riga e compasso.
Per costruire un poligono regolare inscritto basta individuare sulla circonferenza n punti
che la dividono in archi congruenti. Le corde che congiungono tali punti rappresentano
gli n lati del poligono inscritto. Tracciando poi le corde che collegano i vertici del poli-
gono inscritto al centro della circonferenza si hanno n angoli al centro congruenti,
ognuno dei quali ha ampiezza 360◦ /n.
Queste corde dividono il poligono inscritto in n triangoli isosceli congruenti,
essendo raggi dello stesso cerchio. Per alcuni poligoni regolari, come per l’esagono,
questi triangoli sono equilateri. Poiché la somma degli angoli interni di un triangolo
è 180◦ e i triangoli sono isosceli, si ha che gli angoli interni di un poligono regolare
misurano 180◦ · (n − 2)/n.
Si trovano tabulati sia f che il semiprodotto (n · f )/2 che compare nella formula dell’area A.
Per il triangolo equilatero si ha f ≈ 0, 29, per il quadrato f = 1, per il pentagono regolare
f ≈ 0, 69 e per l’esagono regolare f ≈ 0, 87.
punti che la dividono in archi congruenti. Le intersezioni delle tangenti a tali punti
rappresentano gli n vertici del poligono circoscritto.
Tutti i triangoli sono sia inscrivibili che cir-
coscrivibili. Per ogni triangolo, infatti, l’incentro e
il circocentro esistono sempre e sono interni alla
figura. Si hanno inoltre le seguenti relazioni:
7.12 Quesiti
1) Su che cosa è basata la geometria B sugli enti fondamentali e sui poligoni
euclidea?
C sugli enti fondamentali e sui postulati
E sugli enti fondamentali e sulle pro- B un triangolo isoscele non può essere
prietà dei triangoli anche ottusangolo
2) Che cosa si intende per angolo? C un triangolo scaleno non può essere
anche rettangolo
A due semirette aventi l’origine in D un triangolo equilatero non può
comune essere anche isoscele
B le parti in cui due rette che si E un triangolo equilatero può essere
intersecano dividono un piano anche rettangolo
C un insieme finito di punti
6) Qual è il significato del teorema di
D la parte di piano delimitata da due
Pitagora?
semirette con l’origine in comune
E uno dei due semipiani in cui una retta A esiste un legame algebrico tra i cateti
divide l’intero piano dei triangoli rettangoli
B esiste un legame algebrico tra un
3) Quale delle seguenti proposizioni sui
cateto e l’ipotenusa dei triangoli
poligoni è corretta?
rettangoli
A un poligono è la parte di piano C esiste un legame algebrico tra i qua-
Matematica
delimitata dall’intersezione tra due drati dei cateti e quello dell’ipotenusa
rette dei triangoli rettangoli
B un poligono ha tanti angoli piatti D in un triangolo rettangolo in cui i
quanti sono i lati cateti sono congruenti l’ipotenusa ha
C un poligono divide il piano in tante misura unitaria
parti quanti sono i lati E in un triangolo rettangolo esiste un
D nei poligoni convessi i prolungamenti legame algebrico tra i lati e gli angoli
dei lati non s’intersecano ad essi adiacenti
E i poligoni godono delle stesse pro- 7) Il secondo teorema di Euclide afferma
prietà, indipendentemente dal nume- che in un triangolo rettangolo:
ro dei lati
A l’altezza è media proporzionale tra l’i-
4) Quale delle seguenti proprietà è potenusa e la proiezione dell’altezza
valida per i triangoli? sull’ipotenusa
A la mediana relativa alla base è la metà B l’ipotenusa è media proporzionale tra
dell’altezza; le proiezioni dei cateti sull’ipotenusa
B l’altezza e la bisettrice relative allo C l’ipotenusa è media proporzionale tra
stesso lato sono parallele l’altezza e la proiezione del cateto
C Se ci sono due lati congruenti lo sono maggiore sull’ipotenusa
anche i due lati ad essi adiacenti D l’altezza è media proporzionale tra le
D in un triangolo isoscele l’altezza re- proiezioni dei cateti sull’ipotenusa
lativa alla base è la metà della E l’altezza è media proporzionale tra la
mediana somma dei cateti e l’ipotenusa
E la somma degli angoli interni è 270◦ 8) Quali sono gli elementi che consen-
5) In base alla classificazione dei trian- tono di determinare una similitudine
goli quale tra le seguenti proposizioni tra due triangoli?
è corretta? A due triangoli rettangoli sono sempre
A un triangolo isoscele può essere anche simili tra loro
rettangolo B tre angoli ordinatamente congruenti
464 Geometria euclidea piana
Matematica
Geometria euclidea
solida 8
Introduzione
Dopo aver sviluppato i fondamenti di geometria euclidea nel capitolo precedente, in
questo viene trattata la geometria solida. Per una migliore comprensione degli argo-
menti trattati si consiglia di far precedere la lettura di questo capitolo da un ripasso
del capitolo 7.
8.1 Definizioni
La geometria euclidea solida si occupa dell’esten-
sione in tre dimensioni della costruzione logico-
matematica della geometria euclidea piana. Gli en-
ti fondamentali sono dunque gli stessi del capitolo
precedente, come pure gli assiomi e i metodi per
ricavare nuove proposizioni.
Le proprietà di parallelismo e perpendicolarità,
ad esempio, sono le stesse descritte nella sezione
7.1. Nello spazio due rette non parallele sono dette Figura 8.1: Esempio di poliedro.
sghembe quando non giaccono nello stesso piano e
sono prive di intersezioni.
Dopo le definizioni fondamentali in geometria piana ci siamo occupati di studiare
le proprietà dei poligoni. Le figure della geometria solida analoghe ai poligoni sono i
poliedri, argomento centrale di questo capitolo. L’etimologia del termine indica una
figura contenente più diedri.
Si definisce diedro una parte di spazio delimitata da due semipiani aventi come origine
una stessa retta, detta spigolo.
Il concetto di diedro è una delle estensioni in tre dimensioni del concetto di angolo
piano. Intersecando il diedro con un piano perpendicolare allo spigolo si determina
un angolo, la cui misura rappresenta quella del diedro. I diedri, quindi, si misurano
ancora in gradi o in radianti. La classificazione in acuto, retto e ottuso resta la stessa
di quella degli angoli piani. Se la somma di due diedri è un diedro retto allora sono
detti complementari, se è un diedro piatto allora sono detti adiacenti.
Quella di diedro non è l’unica estensione possibile in tre dimensioni del concetto di angolo
piano. Un’altra estensione molto usata è quella di angolo solido: la parte di piano delimitata
da una superficie formata da semirette aventi la stessa origine, detta vertice. Gli angoli solidi
si misurano in steradianti.
Matematica 467
Per rendere più comprensibile la trattazione bisogna procedere a definire gli elementi
dei poliedri:
Facce ognuno dei poligoni che delimitano il poliedro. Le facce non devono neces-
sariamente essere congruenti né avere lo stesso numero di lati.
Spigoli ognuno dei lati dei poligoni che delimitano il poliedro. Ogni spigolo
appartiene a due facce.
Vertici ognuno dei vertici dei poligoni che delimitano il poliedro. Ogni vertice
appartiene ad almeno 3 diverse facce. La valenza del vertice è il numero di facce
Matematica
cui appartiene, coincidente con il numero di spigoli di cui fa parte. Se due vertici
appartengono alla stessa faccia sono detti adiacenti. Un segmento che unisce
vertici non adiacenti è detto diagonale D del poliedro.
Indicando con F il numero di facce, con S il numero di spigoli e con V quello di vertici,
questi oggetti sono collegati dalla relazione di Eulero:
(8.1) F + V − S = 2.
Si definisce poliedro convesso un poliedro tale che ogni segmento che unisce due
vertici qualsiasi del poliedro è interamente contenuto nel poliedro.
Si definisce volume V di una figura solida la parte di spazio racchiusa all’interno della
figura.
La superficie totale ST di un poliedro è la somma delle superfici dei poligoni che
ne costituiscono le facce. Generalmente viene scomposta in superficie di base Sb e
superficie laterale Sl .
468 Geometria euclidea solida
La base di un poliedro è una delle facce i cui vertici hanno valenza 3, ovvero una faccia
non contenente il vertice nel caso della piramide o del cono. Alcuni poliedri come cubo,
parallelelipedo e prisma hanno due facce opposte congruenti chiamate entrambi base.
Generalmente le dimensioni che costituiscono la base di un poliedro sono chiamate
larghezza b e profondità l. La distanza tra le due basi costituisce l’altezza h del
poliedro, che nella piramide è invece la distanza tra la base e il vertice.
Come i poligoni assumono il proprio nome dal numero n di lati, cosı̀ i poliedri prendono
il nome dal numero F di facce premettendo il suffisso numerale greco al termine edro.
Se F = 4 si ha il tetraedro, se F = 5 il pentaedro, per F = 6 l’esaedro e cosı̀ via fino a
giungere per F = 8 all’ottaedro, per F = 12 al dodecaedro, per F = 20 all’icosaedro,
etc.
Geom. 3D
Gli ultimi tre solidi citati, insieme al cubo (esaedro regolare) e al tetraedro regolare costi-
tuiscono i solidi platonici. Con tale termine ci si riferisce a questi cinque poliedri convessi
regolari. Poiché la somma delle facce di un angoloide deve essere inferiore a un angolo giro
per evitare che le facce siano complanari, si ricava che non esistono altri poliedri regolari. Il
tetraedro è una sorta di piramide a base triangolare, l’ottaedro è ottenibile facendo comba-
ciare le due basi di due piramidi a base quadrata. Questi, insieme all’icosaedro, hanno per
facce triangoli equilateri. Il cubo ha per facce 6 quadrati e il dodecaedro ha per facce dei
pentagoni regolari.
8.2 Prisma
Matematica
(c) Elementi di un prisma
Figura 8.3: Prisma non retto a base rettangolare e prisma retto a base pentagonale.
Si definisce prisma un poliedro formato da due poligoni congruenti, detti basi del
prisma, giacenti su piani paralleli e connessi con un numero di parallelogrammi pari al
numero di lati delle basi. Questi parallelogrammi sono le facce laterali.
La distanza tra le basi è l’altezza h del poliedro. Se questa lunghezza coincide con
uno degli spigoli delle facce laterali, allora il prisma è detto retto. In altri termini un
prisma è retto quando gli spigoli delle facce laterali non appartenenti alle basi sono
perpendicolari ai piani in cui giacciono queste ultime. Un prisma non retto è detto
anche obliquo, come quello rappresentato in Figura 8.3(a).
La superficie totale ST del prisma è composta dalla superificie delle due basi 2Sb
e da quella delle facce laterali Sl . La superficie di ognuna delle facce laterali si ottiene
moltiplicando lo spigolo di base per l’altezza della faccia: sommando tutti questi termini
si ottiene Sl = 2p · h, dove 2p indica il perimetro di base.
Il volume è rappresentato dal prodotto della superficie di base per l’altezza. Per un
prisma qualsiasi valgono quindi le seguenti relazioni
(8.2) ST = 2Sb + Sl , Sl = 2p · h , V = Sb · h .
470 Geometria euclidea solida
8.3 Parallelepipedo
8.4 Cubo
Matematica
Anche il cubo ha sia una diagonale di base d, coincidente con la diagonale del quadrato,
sia una diagonale D. Entrambe si determinano applicando il teorema di Pitagora: d
si trova applicando Pitagora a due lati di base che misurano entrambi l, mentre D si
trova applicando Pitagora a d e a h, che a sua volta è ancora l. Si ottengono le relazioni
p √ p p √
(8.6) d = l2 + l2 = l 2 , D = d2 + h2 = l2 + l2 + l2 = l 3 .
8.5 Piramide
Si definisce piramide un poliedro avente un poligono per base e come facce laterali
tanti triangoli quanti sono i lati del poligono di base: ognuno di tali triangoli ha per
lati uno spigolo di base e due segmenti che congiungono due vertici di base consecutivi
con un punto comune detto vertice V (o apice) che non giace nel piano della base.
L’area di base Sb è l’area del poligono di base. Si hanno piramidi a base triangola-
re, quadrangolare, rettangolare, pentagonale, esagonale e cosı̀ via. La formula per Sb
472 Geometria euclidea solida
2p · a
ST = Sb + Sl , Sl = = p · a,
(8.7) 2
Geom. 3D
Sb · h p p
V = , a = h2 + r2 , h = a2 − r2 .
3
8.6 Cilindro
La retta sostegno del lato attorno cui ruota il cilindro è detta asse del cilindro. Il
lato parallelo a quello giacente lungo l’asse definisce la superficie laterale del cilindro
attraverso la sua rotazione. L’altra coppia di lati paralleli del rettangolo ruotando
descrive le due circonferenze di base che sono perpendicolari all’asse.
Matematica 473
La retta sostegno del lato attorno cui avviene la rotazione e la retta sostegno del lato parallelo
al primo sono anche dette rette generatrici. Considerando la rotazione di tutte queste due
rette si ottiene una superficie cilindrica indefinita. Per ottenere da essa il cilindro occorre
tagliarla con due piani paralleli perpendicolari all’asse che identificano le due circonferenze di
base attraverso l’intersezione con la superficie cilindrica.
Si può definire il cono e il cilindro anche attraverso la proiezione dei punti di una circonferenza
generatrice da un punto non complanare con la circonferenza detto vertice. Nel caso del cono
il vertice è un punto proprio e coincide con il vertice del cono, nel caso del cilindro il vertice
è un punto improprio: il cilindro è un cono con vertice all’infinito.
Matematica
8.7 Cono
p p p
(8.10) a= h2 + r2 , h= a2 − r 2 , r= a2 − h2 .
8.8 Sfera
Geom. 3D
La retta sostegno del diametro è l’asse di rotazione. La sfera è il luogo geometrico dei
punti dello spazio equidistanti dal centro O della sfera.
Nella sfera non si ha distinzione tra superficie di base e laterale, in quanto non si
hanno basi. La definizione di volume è la stessa data per i poliedri. Si hanno le seguenti
relazioni
4 3
(8.11) ST = 4πr2 , V = πr .
3
Intersecando con un piano la sfera, questa viene divisa in due parti chiamate calotte
sferiche. Se la sezione della sfera avviene nel piano contenente il diametro le due calotte
sono dette emisferi. Il volume compreso tra la calotta sferica e il piano secante che
l’ha originata è detto segmento sferico.
Matematica 475
La superficie Sl della calotta sferica è data dal prodotto della lunghezza della circonfe-
renza massima ad essa appartenente per l’altezza h della calotta, intesa come distanza
massima tra il piano secante e la calotta stessa.
Si dimostra che per un segmento sferico a una base, rappresentato dalla porzione
di sfera che si trova sopra il cerchio di centro O0 di Figura 8.9(b), valgono le seguenti
relazioni
1 2
(8.12) Sl = 2πr · h0 , V = πh (3R0 − h0 ) .
3
Se si interseca una sfera con due piani paralleli si ottiene una zona sferica, il volume
all’interno della quale rappresenta il segmento sferico a due basi. Le basi sono i
due cerchi ottenuti dall’intersezione dei due piani con la sfera.
La definizione di superficie laterale della zona sferica è la stessa di quella della
calotta sferica. Indicando con h la distanza tra i due cerchi della zona, si dimostra che
per un segmento sferico a due basi, rappresentato dalla porzione di sfera compresa tra
il cerchio di centro O e quello di centro O0 di Figura 8.9(b), valgono le seguenti relazioni
Matematica
2
π h
(8.13) Sl = 2πr · h , V = h + R2 + R02 .
2 3
Si definisce fuso sferico la parte di superficie sferica delimitata da due semipiani aventi lo
stesso diametro come retta di origine. Un esempio di fuso sferico è dato approssimativamente
dalla parte di superficie terrestre compresa tra due meridiani.
Il volume racchiuso in un fuso sferico è detto spicchio sferico.
Si definisce tronco di piramide un poliedro ottenuto dalla sezione di una piramide con
un piano parallelo alla base. La parte di piramide compresa tra il piano secante e la
base costituisce il tronco di piramide.
476 Geometria euclidea solida
Il poligono delimitato dall’intersezione del piano secante con la piramide è simile alla
base ed è detto base minore, mentre la base originaria della piramide è ora detta base
maggiore. La distanza tra le due basi è l’altezza h del tronco. Le facce laterali sono
trapezi e la loro altezza è l’apotema a del tronco. Indicando con Sb la superficie della
base maggiore e con Sb quella della base minore, per il tronco di piramide si hanno le
seguenti relazioni che discendono da quelle della piramide:
2p + 2p h
(8.14) ST = Sb + Sb + Sl , Sl = , V = (Sb + Sb + Sb · Sb ) .
2 3
8.11 Quesiti
A F +V −S =2 C tetraedro
B F −V +S =2 D ottaedro
C F −V −S =2 E icosaedro
Matematica
B p·h 9) Il tronco di cono è ottenibile dalla
rotazione completa intorno a un suo lato:
C 2p · a
D 2p · h A di un triangolo equilatero
E p·a B di un triangolo qualsiasi
6) Un cono è equilatero quando: C di un trapezio qualsiasi
A a = 2h D di un trapezio rettangolo
B a = 2r E di un triangolo isoscele
C h = 2r
10) Quale relazione matematica lega l’apo-
D a=h=r
tema di un cono con il raggio della sua
E solo il cilindro può essere equilatero e base?
non il cono
A nessuna relazione matematica, sono
7) La superficie laterale di una calotta parametri che individuano i diversi coni
sferica è pari:
B il primo teorema di Euclide
A al prodotto tra l’altezza della calotta e
la lunghezza della circonferenza massima C il secondo teorema di Euclide
appartenente alla calotta
D il teorema di Pitagora
B al rapporto tra l’altezza della calotta e
la lunghezza della circonferenza massima E solo una piramide ha un apotema, il cono
appartenente alla calotta ne è sprovvisto
2) I solidi platonici sono poliedri regolari, cioè aventi le facce congruenti e gli ango-
loidi congruenti. Gli unici poliedri tali sono 5: il cubo, il tetraedro, l’ottaedro, il
dodecaedro e l’icosaedro. Si ricava che la risposta corretta è la B .
478 Geometria euclidea solida
la B e la C . La risposta corretta è la A .
Si definisce piano cartesiano l’insieme di due rette orientate ortogonali che si intersecano
in un punto detto origine O del piano. La retta orizzontale si chiama asse delle ascisse,
in genere indicato con asse x, la retta verticale si chiama asse delle ordinate o asse y.
Di solito conviene utilizzare le stesse unità di misura su entrambi gli assi, sebbene ciò
non sia obbligatorio.
I punti appartenenti all’asse delle ascisse hanno ordinata nulla, mentre quelli dell’asse
delle ordinata hanno ascissa nulla. L’origine ha coordinate O = (0, 0).
Se due punti hanno la stessa ascissa la loro distanza è il valore assoluto della differenza
delle loro ordinate. Se hanno la stessa ordinata è il valore assoluto della differenza delle
loro ascisse.
Nel caso i due punti giacciano su una retta obliqua si può adoperare invece una formula
la cui validità permane anche nei casi precedenti.
La formula generica della distanza tra due punti del piano non è altro che il teorema
di Pitagora: la distanza tra due punti è l’ipotenusa di un triangolo rettangolo avente la
differenza delle ascisse e quella delle ordinate come cateti.
q
(9.1) P Q = d(P, Q) = (xP − xQ )2 + (yP − yQ )2 .
La validità delle formule può essere controllata grazie alla Figura 9.3.
Matematica
Figura 9.3: Rappresentazione nel piano cartesiano dei punti A, B e C e dei punti medi dei rispettivi
segmenti.
Nel caso il segmento sia orizzontale l’ordinata del punto medio coincide con l’ordinata
degli estremi mentre la sua ascissa è la media aritmetica delle ascisse degli estremi. Se
il segmento è verticale l’ascissa di M è la stessa ascissa degli estremi mentre la sua
ordinata è la media aritmetica delle ordinate degli estremi.
xA + xB yA + yB
(9.3) xM = , yM = .
2 2
482 Geometria analitica
Un luogo geometrico è un insieme di punti del piano che soddisfano una certa proprietà.
In geometria analitica tale proprietà è espressa tramite una relazione matematica che
collega le coordinate dei punti del luogo geometrico.
Geom. Anal.
Nel seguito verranno illustrati i seguenti luoghi geometrici: la retta, l’asse di un seg-
mento, la parabola, l’ellisse, la circonferenza e l’iperbole. Esistono comunque infiniti
luoghi geometrici, uno per ogni proprietà valida per i punti del piano cartesiano.
Tenendo conto anche della terza dimensione, ovvero della coordinata cartesiana z, si può
studiare la geometria analitica dello spazio, che estende quella del piano trattata in questo
capitolo. Nello spazio si definisce luogo geometrico un insieme di punti le cui coordinate
soddisfano una relazione analitica che può contenere le tre coordinate.
Un luogo geometrico può anche essere formato da un solo punto: il luogo geometrico dei
punti del piano equidistanti dai vertici di un triangolo, ad esempio, consiste dell’unico
punto chiamato circocentro.
La retta è un ente fondamentale della geometria euclidea. Si può anche definire come
luogo geometrico dei punti equidistanti da due punti dati.
Matematica 483
Una retta è un insieme infinito e illimitato di punti del piano in cui giace. Per conven-
zione si assegnano alle rette nomi composti da lettere latine minuscole, come r, s, t,
etc. La sua equazione rappresentativa ha due forme: una forma implicita e una forma
esplicita.
Matematica
La forma implicita dell’equazione di una retta è ax + by + c = 0 con a, b e c ∈ R e
almeno a o b non nulli.
Per gli esercizi e per stabilire rapporti tra rette conviene utilizzare la forma esplicita
dell’equazione della retta.
Con la convenzione che l’angolo α formato dalla retta con l’asse delle ascisse è positivo quando
quest’ultimo deve ruotare in senso antiorario per sovrapporsi alla retta descrivendo un angolo
minore e negativo nel caso opposto, si definisce m come la tangente dell’angolo α: m = tgα.
La tangente è il rapporto tra seno e coseno. Per l’angolo α il seno corrisponde alla
differenza tra le ordinate di due punti qualsiasi di r e il coseno alla corrispondente
∆y
differenza delle ascisse, si ha quindi l’utile formula m = ∆x . Nella Figura 9.4 l’area
evidenziata mostra appunto le differenze tra le coordinate di due punti arbitrari di r,
dai cui valori si può ricavare che m = 2/1 = 2.
Per passare dalla forma implicita alla forma esplicita basta usare l’algebra per portare
la forma implicita a coincidere con quella esplicita. È agevole verificare che il passaggio
si ottiene con le posizioni m = −a/b e q = −c/b.
Determinare una retta significa conoscere i due numeri reali m e q, ragion per cui
servono due equazioni indipendenti per determinare queste due incognite. Ogni equa-
zione è data da una condizione, ad esempio che un punto appartenga alla retta o
che la retta sia parallela o perpendicolare ad un’altra retta di equazione nota.
Se si indicano con q l’intersezione con l’asse y e con p quella con l’asse x, allora si può
scrivere l’equazione segmentaria della retta, che ha la forma xp + yq = 1.
Dai postulati della geometria euclidea piana, in particolare dal quinto, si ha che due
rette sono parallele se non hanno punti in comune. Ciò si traduce nell’affermare che
due rette parallele formano lo stesso angolo con l’asse delle ascisse e quindi hanno lo
stesso coefficiente angolare m.
Due rette r e t sono perpendicolari quando intersecandosi formano quattro angoli retti.
Ricorrendo alla definizione di prodotto scalare applicata ai versori che definiscono le
direzioni delle rette si dimostra che la perpendicolarità tra due rette si ha quando il coef-
ficiente angolare dell’una è l’opposto del reciproco del coefficiente angolare dell’altra,
ovvero se e solo se mr = −1/mt .
Matematica
Si può anche affermare che due rette sono perpendicolari quando il prodotto dei loro
coefficienti angolari è −1: mr · mt = −1. Ad esempio la retta r : y = 2x + 1 e la retta
t : y = −(1/2)x + 4 sono perpendicolari, come mostrato nella Figura 9.5.
Dati i punti A = (2, 3) e B = (2, 5), determiniamo la retta passante per essi. Con il primo
metodo si ha
( ( (
3 = 2m + q q = 3 − 2m q = 3 − 2m
(9.5) =⇒ =⇒
5 = 2m + q 5 = 2m + 3 − 2m 5 =3
Si scopre che il sistema è impossibile. Ciò non deve stupire, in quanto i due punti hanno la
stessa ascissa, quindi giacciono su una retta verticale. Le rette verticali hanno equazione
y = k con k ∈ R.
Scegliamo dunque di determinare la retta r passante per il punto B precedente e il punto
C = (1, 3).
Geom. Anal.
( ( (
5 = 2m + q q = 5 − 2m q =1
(9.6) =⇒ =⇒
3 =m+q 3 = m + 5 − 2m m =2
3=2·1+q =⇒ q =3−2=1
(9.9) 3=2·2+q =⇒ q = 3 − 4 = −1 =⇒ s : y = 2x − 1 .
Matematica
Figura 9.6: A sinistra fascio proprio di
rette passanti per un punto, a destra
fascio improprio di rette.
Esistono due tipi di fasci di rette: i fasci propri e i fasci impropri; entrambi sono
composti da un’infinità di rette.
Fascio proprio Per fascio proprio si intende il fascio di rette passanti per un
punto P di coordinate note (xP , yP ), chiamato centro del fascio.
L’equazione del fascio proprio è
Rette appartenenti a un fascio proprio hanno come punto di intersezione il centro del fascio.
L’angolo α formato da due qualsiasi rette r e t del fascio è
mr −mt
arctg 1+m
r ·mt
rette note in forma esplicita
(9.11) α=
arctg ar bt −at br
rette note in forma implicita
ar at +br bt
(9.12) y = mx + k con k ∈ R0 .
488 Geometria analitica
Le varie rette, avendo lo stesso coefficiente angolare perché tutte parallele, differiscono
soltanto per il valore dell’intercetta q. Per selezionare una specifica retta del fascio,
cioè per fissare un determinato valore del parametro k si deve imporre una condizione
ulteriore, ad esempio il passaggio per un punto di coordinate date. Scegliendo k = 0 si
ottiene la retta passante per l’origine, detta retta base del fascio.
Se ad esempio si vuole determinare l’equazione della retta del fascio proprio passante per
il punto A = (2, 3) che passa anche per l’origine O si può scrivere l’equazione del fascio di
rette passanti per A: y − 3 = k(x − 2), che svolgendo i prodotti diventa y = kx + 3 − 2k,
ovvero una retta con m = k e q = 3 − 2k. Poiché la retta cercata ha intercetta q = 0 si
pone 3 − 2k = 0 e si ottiene k = 3/2.
La correttezza del risultato si può anche ricavare applicando la formula 9.8 usando i
punti A e O.
L’ultima considerazione fa anche capire che esistono di solito due o tre strade possibili
per risolvere un problema di geometria analitica, sta al lettore decidere quale sia la
Geom. Anal.
|3 − (2 · 2 + 1)| |3 − 5| 2
(9.15) d= √ √ = √ ≈ 0, 89 .
1+2 2 1+4 5
Si definisce asse di un segmento la retta passante per il punto medio M del segmento
e perpendicolare alla retta su cui giace il segmento.
Matematica 489
(9.16) (x − xA )2 + (y − yA )2 = (x − xB )2 + (y − yB )2 .
La formula 9.16 non è altro che la definizione di asse: la distanza tra due punti è infatti
Matematica
esprimibile attraverso il teorema di Pitagora, cioè dalla relazione 9.1. Eguagliando le
due distanze della definizione dopo aver elevato ambo i membri al quadrato si ottiene
la 9.16.
Con una procedura analoga si può scrivere l’equazione della bisettrice dell’angolo
formato da due rette di equazioni note.
Se ne deduce che ogni punto generico P = (x, y) della bisettrice è equidistante dalle
rette che formano l’angolo. Indicando le due rette con le equazioni r : ar x+br y +cr = 0
e r : as x + bs y + cs = 0, grazie alla formula 9.13 la proprietà definitoria della bisettrice
genera la formula
(9.18)
|ar x + br y + cr | |as x + bs y + cs | ar x + br y + cr as x + bs y + cs
p = p =⇒ p =± p .
2
ar + br 2 2
as + bs2 2
ar + br2 a2s + b2s
490 Geometria analitica
Si hanno due soluzioni in quanto l’intersezione di due rette genera due coppie di angoli
congruenti opposti al vertice, per ognuna di esse si ha l’equazione della rispettiva
bisettrice.
La parabola è il luogo geometrico del piano costituito dai punti equidistanti da un punto
fisso detto fuoco e da una retta detta direttrice.
Matematica
rappresentativa di una parabola.
Come riportato nelle sezioni 4.10 e 4.11, di fondamentale importanza per conoscere le
caratteristiche di una parabola è la sua concavità, che è legata al segno di a. Si ha
che se a > 0 la concavità è verso l’alto, se a < 0 la concavità è verso il basso.
Come per la retta, per verificare se un punto appartiene o meno a una parabola basta
sostituire le sue coordinate nell’equazione della parabola e verificare che questa diventi
un’identità.
Nel caso in cui la parabola abbia direttrice d parallela all’asse y e quindi asse di simmetria
orizzontale (d : x = k) la sua equazione rappresentativa e le sue caratteristiche si ottengono
dalla 9.19 e dalla 9.20 scambiando di posto la x e la y. In altri termini l’equazione è
(9.21) x = ay 2 + by + c con a, b, c ∈ R , a 6= 0 .
Per determinare le intersezioni della parabola con l’asse delle ascisse, basta porre y = 0,
cioè mettere la sua equazione a sistema con quella dell’asse delle ascisse. Tale operazione
si traduce nel risolvere l’equazione di secondo grado associata alla parabola ax2 + bx +
c = 0.
Geom. Anal.
Dalle proprietà delle equazioni di secondo grado descritte nella sezione 4.10 si arguisce
che se ∆ > 0 le intersezioni della parabola con l’asse x sono due; se ∆ = 0 ce n’è solo
una, quindi la parabola è tangente all’asse x; se ∆ < 0 non si hanno intersezioni. In
quest’ultimo caso se a > 0 la parabola giace tutta al di sopra dell’asse x, se a < 0
allora giace tutta al di sotto. Si rimanda per maggiore chiarezza alla Figura 4.7.
L’intersezione della parabola con l’asse delle ordinate (è unica!) si ottiene ponendo
x = 0 nella 9.19, ovvero mettendo a sistema la sua equazione con quella dell’asse delle
ordinate. Ciò si traduce nel fatto che l’ordinata di tale intersezione è rappresentata dal
valore di c.
In base a quanto appena affermato si ricava che se c = 0 la parabola passa per l’origine
O. Da quanto riportato nel capitolo 5, inoltre, si deduce che la parabola è una funzione
algebrica di secondo grado. Dalla sezione 5.7 si ricava che se b = 0 la parabola diventa
una funzione pari, ovvero il suo asse di simmetria coinciderà con l’asse y.
Mettendo insieme questi due risultati si capisce che se b = c = 0 la parabola ha vertice
nell’origine: V = O.
I risultati delle due ultime osservazioni valgono anche per parabole con asse di simmetria
orizzontale, a patto di scambiare la x con la y e il semipiano superiore rispetto all’asse
x con quello destro rispetto all’asse y.
Per determinare la posizione reciproca tra una retta e una parabola occorre
mettere a sistema le rispettive equazioni rappresentative. Se si usa l’equazione esplicita
per la retta si può risolvere il sistema con il metodo del confronto. Si ottiene l’equazione
risolvente nella sola incognita x. Il segno del discriminante di tale equazione indica la
posizione reciproca: se è positivo la retta è secante, se è nullo la retta è tangente e se è
negativo la retta è esterna. Nel secondo caso il punto di tangenza ha come coordinate
l’unica soluzione del sistema.
Matematica 493
Determiniamo l’equazione della parabola avente come vertice V = (2, 0) e come direttrice
la retta d : y = −1. Utilizzando le relazioni 9.20 si ha
b b2 − 4ac 1 + b2 − 4ac
(9.22) 2 = xV = − , 0 = yV = − , −1 = yd = − .
2a 4a 4a
Si ha quindi un sistema di tre equazioni nelle tre incognite a, b e c. Risolvendolo per
sostituzione si ricava
(9.23)
b = −4a
b = −4a
b = −1
2
−16a − 4ac = 0 =⇒ c = 4a =⇒ c=1
−4a = −1 − 16a2 + 4ac 4a = 1 + 16a2 − 16a2 a = 41
Matematica
9.14 Equazione dell’ellisse
L’ellisse è il luogo geometrico del piano costituito dai punti per i quali è costante la
somma delle loro distanze da due punti fissi detti fuochi.
In genere l’equazione dell’ellisse viene scritta sia nel caso in cui i fuochi giacciano
sull’asse delle x sia che giacciano sull’asse y e in entrambi i casi per semplicità si pone
il centro nell’origine O. Nel seguito tratteremo il primo caso, il secondo presenta le
stesse equazioni del primo a patto di scambiare la x con la y e la a con la b.
494 Geometria analitica
Indicando con P = (x, y) il generico punto dell’ellisse, con F1 = (−c, 0) il primo fuoco
e con F2 = (0, c) il secondo fuoco, la proprietà definitoria si scrive nel modo seguente:
p p
(9.24) (x − c)2 + y 2 + (x + c)2 + y 2 = 2a .
Elevando al quadrato ambo i membri due volte di seguito con un po’ di algebra si
riscrive l’equazione rappresentativa dell’ellisse nella forma normale o canonica:
x2 y2
(9.25) 2
+ 2 = 1.
a b
Si può ad esempio ricavare l’equazione dell’ellisse conoscendo le misure dei suoi due
assi.
Dalla scelta del sistema di riferimento cartesiano è facile comprendere che i vertici
sull’asse maggiore hanno coordinate A1 = (−a, 0) e A2 = (a, 0) e quelli sull’asse minore
B1 = (0, −b) e B2 = (0, b). Se si vogliono determinarne analiticamente le coordinate
occorre porre a sistema l’equazione dell’ellisse 9.25 con quella dell’asse x, trovando
come soluzioni del sistema le coordinate di A1 e di A2 ; ponendo a sistema la 9.25 con
l’equazione dell’asse y, invece, si trovano come soluzioni le coordinate di B1 e di B2 .
La distanza focale è legata alle misure dei semiassi dalla relazione c2 = a2 − b2 .
q
2
Si definisce eccentricità e il rapporto ac = 1 − ab 2 . Dalle proprietà dell’ellisse si ha
che 0 < e < 1, in particolare se e = 0 significa che i due assi hanno pari lunghezza
e in tal caso l’ellisse si riduce a una circonferenza; se e = 1 si ha un’ellisse degenere
coincidente con il segmento F1 F2 .
x2 y2
(9.26) + = 1.
16 9
√
Poiché
√ c2 = a2 − b2 si ricavano subito le coordinate dei fuochi: F1 = (− 7, 0) e F2 =
( 7, 0). Ovviamente i vertici sono A1 = (−4, √ 0), A2 = (4, 0), B1 = (0, −3) e B2 = (0, 3).
L’eccentricità e è il rapporto c/a, quindi e = 7/4.
Matematica 495
Matematica
Svolgendo i quadrati e ponen-
do a = −2α, b = −2β e
c = α2 + β 2 − r2 si ottie-
ne l’equazione rappresentativa Figura 9.12: Rappresentazione di una circonferenza di centro C
della circonferenza in forma e raggio r.
canonica:
(9.28) x2 + y 2 + ax + by + c = 0 .
Si ottiene l’equazione risolvente di secondo grado nella sola incognita x. Il segno del
discriminante di tale equazione indica la posizione reciproca: se è positivo la retta è
secante, se è nullo la retta è tangente e se è negativo la retta è esterna. Nel secondo
caso il punto di tangenza ha come coordinate l’unica soluzione del sistema.
Una retta secante determina una corda sulla circonferenza. Con il termine corda si in-
tende un qualsiasi segmento che unisce due punti della circonferenza. La corda massima
è chiamata diametro ed è pari al doppio del raggio.
L’iperbole è il luogo geometrico del piano costituito dai punti per i quali la differenza
delle distanze tra i punti stessi e due punti fissi detti fuochi è costante.
Come per l’ellisse, le coordinate dei vertici si ottengono ponendo l’equazione canonica
a sistema con le equazioni degli assi cartesiani. L’asse contenente i vertici è chiamato
asse trasverso dell’iperbole.
Si noti che i valori a e b definiscono un rettangolo centrato in O tale che l’iperbole è
tutta all’esterno di tale rettangolo (laddove l’ellisse giaceva tutta all’interno dell’analogo
rettangolo).
Le diagonali di questo rettangolo sono dette asintoti e sono le rette di equazione
y = ± ab x. Sono chiamate asintoti perché l’iperbole si avvicina sempre più ad esse
allontanandosi da O senza mai intersecarle.
Matematica
Le proprietà di un’iperbole con fuochi sull’asse delle ordinate sono le stesse di quelle
descritte sinora, a patto di scambiare la x con la y e la a con la b nelle equazioni.
L’unica differenza è che nel termine destro della forma canonica si ha −1 in luogo di 1.
Esiste una relazione che lega la misura del semiasse trasverso a, quella del semiasse
non trasverso b e la semidistanza focale c: c2 = a2 + b2 con c > a.
q
2
Si definisce eccentricità e il rapporto ac = 1 + ab 2 . Tale rapporto è sempre maggiore
dell’unità ed è un indicatore dell’apertura dell’iperbole.
Il seguente esempio può essere utile per applicare quanto descritto sinora.
x2 y2
(9.32) − = 1.
4 12
√
Gli asintoti sono le rette di equazione y = ± 3x.
Chiudiamo questa sezione con un’approfondimento che vale sia per l’iperbole che per
l’ellisse.
Sia l’iperbole che l’ellisse possono essere traslate, ovvero avere centro diverso dall’origine O.
In tal caso le equazioni sono le stesse a patto di sostituire nella 9.31 o nella 9.25 x e y
rispettivamente con x − x0 e y − y0 , dove x0 e y0 sono le coordinate del nuovo centro della
curva. Un discorso analogo vale per la circonferenza.
498 Geometria analitica
L’iperbole dell’esercizio precedente, ad esempio, se venisse traslata sino ad avere nuovo centro
nel punto C = (1, 2) avrebbe equazione
(x − 1)2 (y − 2)2
(9.33) − = 1.
4 12
Si noti che le ascisse e le ordinate di fuochi e vertici sono uguali in quanto tali punti
giacciono sulla bisettrice I-III quadrante. √ √ √ √
Nel√caso in√cui k < 0 si ha√A1 A2 √ = 2 −2k, F1 F2√= 4 −k, √ A1 = (− −k, −k),
A2 = ( −k, − −k), F1 = (− −2k, −2k) e F2 = ( −2k, − −2k).
Si notino i segni negativi nei radicandi, che consentono di avere radicandi positivi
(k è negativo).
Un’iperbole equilatera traslata è un caso particolare della funzione omografica y = ax+b cx+d
con c = 0 e a · d = b · c. In tal caso il centro ha coordinate C = (− dc , ac ) e gli asintoti hanno
equazioni x = − dc (quello verticale) e y = ac (quello orizzontale). La funzione omografica può
avere anche come caso particolare una retta.
Un caso di applicazione dell’iperbole equilatera si ha nella legge di Boyle dei gas perfetti:
P V = k.
9.18 Quesiti
Matematica
1) Che cos’è e come si ottiene la distanza B coefficienti angolari opposti per le
tra due punti? parallele, uguali per le perpendicolari
C coefficienti angolari uguali per le paral-
A è una retta e si applica la formula
y−y1
lele, opposti e reciproci per le perpendi-
y −y
= xx−x
−x
1
colari
2 1 2 1
2) La A è errata perché soltanto una parte dei luoghi geometrici corrisponde a equazio-
ni rappresentative note. La C rappresenta una procedura per ottenere intersezioni,
Matematica 501
quindi va esclusa. La D va esclusa perché i postulati sono alla base della geome-
tria, ma i luoghi si ottengono su risposte a proprietà geometriche specifiche, non
algebriche, ragion per cui si può eliminare anche la E . La risposta corretta è la B .
3) Si può escludere la A perché in essa la seconda condizione è errata e si possono
escludere la B e la E perché in esse sono errate entrambe le condizioni. Nella D
la seconda condizione è incompleta, quindi si puà escludere. La risposta corretta è
la C .
4) La A è errata perché le rette del fascio improprio sono parallele tra di loro, infatti
la risposta corretta è la B . Se fosse vera la condizione della C le due rette coinci-
derebbero. La D e la E vanno escluse perché descrivono un fascio improprio e non
proprio.
5) La B va esclusa in quanto la matematica non prevede l’uso di formalismi superflui.
La C , la D e la E indicano funzioni non attribuibili al valore assoluto e vanno
quindi scartate. La risposta corretta, per definizione di distanza, è la A .
6) La D va esclusa perché b dà conto della traslazione dell’asse di simmetria rispetto
Matematica
all’asse delle ordinate. La C va esclusa perché c indica l’intersezione della parabola
con l’asse delle ordinate. La A e la E sono errate perché lo scambio delle variabili
è legato all’avere un asse di simmetria verticale o orizzontale. La risposta corretta
è la B .
7) Le prime due alternative possono essere escluse perché indicano procedure algebri-
che scorrette di una proprietà geometrica errata. La C e la D indicano proprietà
geometriche sbagliate e quindi vanno escluse. Per definizione di circonferenza la
risposta corretta è la E .
8) La A va esclusa in quanto in geometria analitica è possibile esprimersi in merito
a quesiti grazie alle coordinate e a proposizioni algebriche, non necessariamente
occorre disegnare le figure. La B indica una procedura errata e va scartata. La
C e la E indicano proprietà algebriche inesistenti quindi si possono escludere. La
risposta corretta è la D .
9) Poiché sono entrambe coniche e quindi entrambe curve associate a equazioni di
secondo grado la B va esclusa. Le ultime tre alternative esprimono proprietà non
corrette e quindi sono da scartare. Come risulta dalle definizioni dei due luoghi
geometrici la risposta corretta è la A .
10) Le alternative A , C , D ed E esprimono proprietà non corrette per una delle due
curve. L’unica che è valida per entrambe è la B che è quindi la risposta corretta.
Goniometria
10
Introduzione
In questo capitolo verranno discusse le proprietà delle funzioni goniometriche, i cui
grafici sono riportati nelle figure 5.6. Oltre a dominio e codominio delle funzioni go-
niometriche e delle loro inverse si porrà particolare enfasi sulla riduzione degli angoli
al primo quadrante, piuttosto che privilegiare un approccio mnemonico basato sulle
numerose formule che legano queste funzioni.
L’ultima sezione del capitolo applica alla trigonometria le proprietà del seno e del
coseno fornendo utili identità per i triangoli rettangoli.
In goniometria si introduce un’altra unità di misura degli angoli, i radianti, che risulta
più comoda quando si ha a che fare con le funzioni goniometriche.
Matematica 503
Per trasformare la misura di un angolo da gradi a radianti si può usare come riferimento
la misura di un angolo piatto, che in gradi misura 180◦ e in radianti π.
Quest’ultima misura si ricava dalla definizione di angolo espresso in radianti e dalla
formula della circonferenza C = 2πr dove r indica il raggio di C. Facendo il rapporto
tra la misura di C e il suo raggio r si ottiene la misura di un angolo giro espressa in
radianti: 2πr/r = 360 ◦ . Essendo un angolo piatto la metà di un angolo giro è banale
giungere all’identità discussa sopra.
Matematica
Da questa equivalenza si può scrivere la proporzione che consente di convertire la misura
di un angolo ϑ da gradi a radianti, ovvero 180 : π = ϑ : x. Usando la proprietà fondamen-
tale delle proporzioni, cioè che il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi, si
può determinare la x.
Allo stesso modo per convertire la misura di un angolo ϑ da radianti a gradi si usa la
proporzione π : 180 = ϑ : x e si ricava la x.
Esistono anche i gradi centesimali, usati soprattutto in topografia. In questa unità di misura
un angolo piatto corrisponde a 200◦c , un angolo giro a 400◦c e un angolo retto a 100◦c .
Per trasformare la misura di un angolo ϑ da gradi a gradi centesimali basta usare la
proporzione 180 : 200 = ϑ : x e determinare x. Viceversa, per trasformare la misura di un
angolo ϑ da gradi centesimali a gradi si usa la proporzione 200 : 180 = ϑ : x.
Dalle proprietà della circonferenza goniometrica e dalla definizione della funzione co-
seno si ha che quest’ultima assume valori nell’intervallo [−1, 1], che rappresenta il suo
codominio. Il dominio è invece tutto R, come illustrato nella Figura 5.6(b).
Come il seno, anche la funzione coseno ha periodo 2π per lo stesso ragionamento
esposto riguardo al seno: cosϑ = cos(ϑ + 2kπ) con k ∈ Z.
Ragioni di simmetria, inoltre, fanno sı̀ che angoli positivi e angoli negativi di pari
ampiezza corrispondano alla stessa ascissa. Si deduce che il coseno è una funzione pari,
ovvero cos(−ϑ) = cosϑ.
Detto in altri termini, angoli descritti da punti che giacciono su una parallela ri-
spetto all’asse y hanno lo stesso valore del coseno. Quindi l’angolo ϑ e l’angolo −ϑ sono
associati allo stesso valore del coseno.
Il coseno è la cofunzione del seno, cosı̀ come la cotangente definita oltre è la cofunzione
della tangente. In generale una funzione g è detta cofunzione di un’altra funzione f se le
due assumono lo stesso valore quando sono calcolate in angoli complementari, ovvero quando
f (α) = g(β) per α + β = π/2.
Matematica 505
senϑ
(10.1) tgϑ = .
cosϑ
Dalle proprietà della circonferenza goniometrica e dalla definizione della funzione tan-
Matematica
gente si ha che quest’ultima assume valori nell’intervallo [−R, R], che rappresenta il suo
codominio. Il dominio è invece tutto R tranne i multipli interi di π/2, come illustrato
nella Figura 5.6(e).
Dal grafico si arguisce anche che la funzione tangente è continua a tratti e ha
periodo π: tgϑ = tg(ϑ + kπ) con k ∈ Z.
Essendo un rapporto tra una funzione dispari e una funzione pari, per le proprietà
della parità discusse nella sezione 5.7 si ha che la tangente è una funzione dispari,
ovvero tg(−ϑ) = −tgϑ.
Se si traccia una retta orizzontale passante per il punto (0, 1) orientata come l’asse
delle ascisse e si prolunga il raggio della circonferenza goniometrica associato al pun-
to P sino ad intercettare tale retta si costruisce geometricamente la cofunzione della
tangente: la cotangente.
cosϑ 1
(10.2) cotϑ = = .
senϑ tgϑ
Dalle proprietà della circonferenza goniometrica e dalla definizione della funzione tan-
gente si ha che quest’ultima assume valori nell’intervallo [−R, R], che rappresenta il
suo codominio. Il dominio è invece tutto R tranne i multipli interi di π. Il suo grafico si
ottiene da quello della tangente 5.6(e) effettuando prima una riflessione intorno all’asse
delle ordinate e poi traslando il grafico verso sinistra di π/2.
Come la tangente, anche la sua cofunzione è continua a tratti e ha periodo π:
cotϑ = cot(ϑ + kπ) con k ∈ Z.
Essendo un rapporto tra una funzione pari e una funzione dispari, per le proprietà
della parità discusse nella sezione 5.7 si ha che anche la cotangente è una funzione
dispari, ovvero cot(−ϑ) = −cotϑ.
506 Goniometria
L’inverso della funzione coseno e della funzione seno hanno un nome proprio: si definisce
secante l’inverso della funzione coseno e cosecante la sua cofunzione, che è l’inverso della
funzione seno:
1 1
(10.3) secϑ = , cosecϑ = .
cosϑ senϑ
Una volta ristretto il dominio della funzione seno al periodo compreso nell’intervallo
[−π/2, π/2], si può invertire tale funzione ottenendo la funzione arcoseno.
Il grafico della funzione arcoseno è riportato nella Figura 5.6(c) e da esso si ricava
che l’arcoseno è una funzione continua e strettamente crescente. Il grafico è inoltre
simmetrico rispetto ad O e quindi l’arcoseno è una funzione dispari: arcsen(−ϑ) =
−arcsenϑ.
Per invertire la funzione coseno si ha lo stesso problema legato alla periodicità della
funzione e quindi si deve restringere il dominio. Per convenzione si restringe il dominio
all’intervallo [0, π].
Il grafico della funzione arcocoseno è riportato nella Figura 5.6(d) e da esso si ricava
che l’arcocoseno è una funzione continua e strettamente decrescente.
Poiché la tangente è una funzione con infiniti punti non appartenenti al dominio,
per invertirla occorre restringere il dominio ad un solo periodo e per convenzione si
sceglie l’intervallo [−π/2, π/2].
Il grafico della funzione arcotangente è riportato nella Figura 5.6(f) e da esso si ricava
che la funzione è continua e strettamente crescente e che ha due asintoti orizzontali di
equazione y = ±π/2.
Matematica
Le definizioni di tangente, di cotangente, di secante e di cosecante sono talvolta anno-
verate tra le relazioni fondamentali della goniometria.
Esiste però una relazione tra seno e coseno che è universalmente nota come relazione
fondamentale della goniometria e discende direttamente dal teorema di Pitagora.
L’incipit della prima sezione del presente capitolo afferma che un punto P sul-
la circonferenza goniometrica C definisce un triangolo rettangolo: il raggio di C ne
rappresenta l’ipotenusa, il segmento verticale che proietta P sull’asse delle ascisse ne
rappresenta un cateto mentre l’altro cateto è identificato dal segmento orizzontale che
congiunge O con la proiezione di P sull’asse x.
Applicando il teorema di Pitagora a questo triangolo rettangolo si ottiene che il
quadrato costruito sull’ipotenusa, ovvero 12 è pari alla somma dei quadrati costruiti
sui cateti, che sono cosϑ2 e senϑ2 . In formule
(10.4) p p
cosϑ2 + senϑ2 = 1 =⇒ cosϑ = 1 − senϑ2 , senϑ = 1 − cosϑ2 .
Sono talvolta utili anche alcune relazioni tra funzioni goniometriche di angoli diversi,
in genere tali che uno ha ampiezza doppia dell’altro. Nelle relazioni riportate di seguito
seguendo una convenzione usuale si è posto t = tg(ϑ/2).
Le formule di prostaferesi e quelle di Werner, ricavabili dalle formule di addizione,
sono state omesse dal momento che la loro complessità le rende poco pratiche.
formule di duplicazione
sen(2ϑ) = 2senϑcosϑ
cos(2ϑ) = cos2 ϑ − sen2 ϑ
(10.5)
tg(2ϑ) = 2tgϑ
1 − tg2 ϑ
508 Goniometria
formule parametriche
2t
sen(ϑ) =
1 + t2
1 − t2
(10.6) cos(ϑ) =
1 + t2
tg(ϑ) = 2t
1 − t2
formule di addizione
(
sen(α ± β) = senαcosβ ± cosαsenβ
(10.7)
cos(α ± β) = cosαcosβ ∓ senαsenβ
formule di bisezione
r
1 − cosϑ
sen(ϑ/2) = ±
2
(10.8)
Goniometria
r
cos(ϑ/2) = ±
1 + cosϑ
2
Grazie alle proprietà di simmetria e periodicità delle funzioni seno e coseno e alla
riduzione al primo quadrante della sezione successiva i valori riportati nella tabella 10.1
sono gli unici che serve ricordare per risolvere equazioni e disequazioni goniometriche.
Matematica 509
Matematica
(c) π + ϑ (d) 2π/2 − ϑ
Figura 10.4: Riduzione al primo quadrante.
Piuttosto che manipolare le funzioni goniometriche per angoli qualsiasi è spesso molto
utile rapportare gli angoli dati ad angoli notevoli del primo quadrante, come mostrato
nelle figure 10.4. Ovviamente tale procedura non è sempre possibile, ma nella grande
maggioranza dei casi gli esercizi riguardano angoli che possono essere ridotti ad angoli
noti corrispondenti del primo quadrante.
Dalle definizioni delle funzioni seno e coseno si possono ricavare le seguenti proprietà
generali:
Nel secondo quadrante il seno è sempre positivo e il coseno è sempre negativo;
nel terzo quadrante sia il seno che il coseno sono entrambi sempre negativi;
nel quarto quadrante il seno è sempre negativo e il coseno sempre positivo.
In generale dato un punto P che determina un certo angolo ϑ conviene disegnare
un rettangolo inscritto nella circonferenza goniometrica di cui P rappresenta uno dei
quattro vertici. Tale costruzione, attraverso le simmetrie dei rettangoli, aiuta nella
riduzione opportuna.
Dalla Figura 10.4(a) si vede che per angoli complementari, cioè tali che la loro somma
è un angolo retto, i valori del seno e del coseno si scambiano.
Per angoli del secondo, terzo e quarto quadrante, con l’aiuto delle illustrazioni 10.4(b),
10.4(c) e 10.4(d) è facile convincersi della validità delle identità riportate nella tabella
10.2, dove con α si indica l’angolo corrispondente del primo quadrante.
510 Goniometria
Si noti che ai fini del calcolo di seno e coseno gli angoli esplementari sono angoli
opposti, ovvero 2π − α = −α.
Si consiglia di ricorrere alla costruzione grafica piuttosto che alla memoria. Tale
metodo sarà utile anche per la risoluzione delle disequazioni goniometriche.
Matematica
Usando
√ la formula 10.10
√ si ottiene la misura dell’area: A = (a · c · senβ)/2 = 5 2 · (5/ 2) ·
( 3/2) · (1/2) = 25 3/4 cm2 .
Sempre con il seno si può scrivere un importante teorema per i triangoli qualsiasi.
Teorema dei seni: in un triangolo qualsiasi il rapporto tra un lato e il seno dell’angolo
opposto al lato è costante.
L’ultima uguaglianza, inoltre, fa sı̀ che la relazione venga anche chiamata teorema della
corda. Se infatti si considera un lato del triangolo rettangolo come una corda della circonfe-
renza circoscritta si ottiene che la corda è pari al diametro per il seno dell’angolo di ampiezza
la metà dell’angolo al centro corrispondente alla corda.
Con la funzione coseno, invece, si può scrivere un importante teorema valido per un
triangolo qualsiasi che generalizza il teorema di Pitagora: quest’ultimo ne è un caso
particolare valido quando il triangolo è rettangolo.
10.9 Quesiti
1) Che cosa caratterizza la circonferenza D la lunghezza dell’arco staccato sulla cir-
goniometrica? conferenza dalla semiretta che individua
l’arco
A il raggio è infinito e il centro è nell’origine
E l’ampiezza dell’angolo staccato dalla
degli assi cartesiani
semiretta che individua l’arco sulla
B non ha caratteristiche specifiche, è una circonferenza
circonferenza qualsiasi
5) Che cosa risulta dal confronto tra le
C il raggio è unitario e il centro è in un
funzioni tangente e cotangente?
punto qualsiasi del piano
D il raggio è unitario e il centro è A che la tangente ha un grafico spezzato e
nell’origine degli assi cartesiani la cotangente continuo
E il raggio ha un valore qualsiasi e il centro B entrambe sono illimitate e hanno un gra-
è nell’origine degli assi cartesiani fico non continuo, la tangente è sem-
pre crescente mentre la cotangente è
2) Su che cosa si basa la goniometria? decrescente in tutto il dominio
A su associazioni tra angoli ed archi e sulla C la tangente ha dei punti esclusi dal
proporzione che li lega analiticamente dominio a differenza della cotangente
Goniometria
Matematica
10.10 Risposte commentate ai quesiti
1) La A , la C e la E sono errate perché non individuano le caratteristiche di raggio
unitario e centro in O. La B va esclusa perché nega tali caratteristiche. La risposta
corretta è per definizione la D .
6) Dalle definizioni delle funzioni goniometriche si ha che l’unica alternativa che pre-
senta proprietà corrette è la C laddove le altre vanno escluse in quanto esprimono
proprietà non valide per le funzioni menzionate.
7) Calcolare la funzione inversa significa invertire i valori del dominio con quelli del-
l’immagine, quindi la risposta corretta è la E . La A e la B vanno escluse in
quanto usano la definizione di reciproco, la C va esclusa in quanto considera le
514 Goniometria
funzioni dirette e non le inverse, mentre la D è errata perché passa dalle funzioni
alle cofunzioni.
9) La riduzione al primo quadrante si basa sugli angoli associati per i quali è fonda-
mentale la periodicità delle funzioni goniometriche, infatti la risposta corretta è la
E.
10) Nella B la funzione presente è errata, mentre nelle ultime tre alternative è sbagliato
il lato considerato. Dalla definizione della funzione seno discende che la risposta
corretta è la A .
Goniometria
Equazioni e
disequazioni
goniometriche 11
Introduzione
In questo capitolo verrà applicata la teoria delle funzioni goniometriche descritta nel
capitolo precedente e verranno illustrate le diverse tipologie di equazioni e disequazioni
in cui compaiono una o più di tali funzioni.
Il taglio del capitolo è quindi decisamente operativo, per qualsiasi richiamo teorico
si rimanda ai grafici del capitolo 5 e alla teoria del capitolo 10.
L’idea alla base dei vari metodi risolutivi è che tali equazioni si risolvono grazie
all’applicazione di una funzione goniometrica inversa che restituisce il valore
dell’angolo cercato. A tal fine sono risolubili soltanto quando vengono poste nella forma
canonica in cui al membro di sinistra si ha un unico termine di primo grado contenente
un’unica funzione goniometrica e a destra si ha un unico termine consistente in un
termine noto.
a destra che a sinistra, altrimenti non si avrebbe più a che fare con una proposizione
matematica vera.
Applicando la funzione arcoseno a entrambi i lati dell’equazione si ottiene:
√ √ !
3 3
senx = =⇒ arcsen(senx) = arcsen =⇒
2 2
(11.1)
π 2
=⇒ x = + 2kπ ∪ x = π + 2kπ , k ∈ Z .
3 3
Un’equazione goniometrica con la funzione seno ha sempre due soluzioni, cioè una
coppia di angoli supplementari.
Nel caso la soluzione sia positiva si ha un angolo del primo quadrante ϑ e il corrispon-
dente del secondo quadrante π − ϑ; se la soluzione è negativa si ha un angolo del quarto
Eq. Goniom.
I due soli casi in cui l’equazione goniometrica con il seno ha una sola soluzione sono
quando il termine noto è pari a ±1.
Esiste infatti un unico angolo per il quale il seno ha valore unitario e corrisponde a
ϑ = π/2, cosı̀ come l’unico angolo il cui seno vale −1 è ϑ = −π/2.
Se si ha una funzione elementare con il coseno il metodo risolutivo è il medesimo:
si applica l’arcocoseno a entrambi i lati e si determinano le soluzioni.
√
Si consideri l’equazione cosx = 3/2. Applicando la funzione arcocoseno a entrambi i
lati dell’equazione si ottiene:
√ √
3 3 π
(11.2) cosx = =⇒ arcos(cosx) = arcos =⇒ x = ± + 2kπ , k ∈ Z .
2 2 6
Si noti che anche le equazioni con il coseno hanno in genere due soluzioni opposte, in
virtù della parità della funzione coseno, come mostrato dalla Figura 10.4(d).
Gli unici casi in cui l’equazione nel coseno ha un solo angolo come soluzione sono i
termini noti pari a ±1, proprio come per il seno.
L’unico angolo il cui coseno è unitario è infatti ϑ = 2π, mentre l’unico avente coseno
pari a −1 è ϑ = π.
Matematica 517
Si noti che le soluzioni sono in realtà infinite piuttosto che una o due, in virtù della
periodicità delle funzioni goniometriche, come attesta il multiplo intero k riportato
insieme al relativo periodo della funzione.
Nel caso il termine noto sia nullo sia per un’equazione con il seno che per una con il
coseno invece di scrivere due soluzioni se ne può riportare solo una a patto di dimezzare
il periodo: per il seno nullo si ha soluzione x = kπ con k ∈ Z, mentre per il coseno
nullo si ha soluzione x = π/2 + kπ con k ∈ Z.
Bisogna fare attenzione ai domini per equazioni con il seno o il coseno: l’equazione
Matematica
senx = 2 ad esempio non ammette soluzione, come pure non ha soluzione l’equazione
cosx = −5, in quanto seno e coseno hanno come codominio l’intervallo [−1, 1].
Se si ha a che fare con un’equazione goniometrica con una sola funzione goniometrica ma
non elementare, ovvero contenente più termini noti e più termini nella stessa funzione
goniometrica applicata alla stessa variabile x, bisogna seguire le normali procedure
risolutive delle equazioni per ridursi alla forma normale.
Prima di considerare equazioni non elementari conviene trattare il caso di un’equa-
zione elementare che abbia come argomento non solo x ma una funzione di x. In tal
caso prima si risolve l’equazione goniometrica applicando la funzione inversa e poi si
risolve l’equazione risultante nell’incognita x, come nell’esempio seguente.
(11.4)
π 1 h π i 1 π π
sen 2x − = =⇒ arcsen sen 2x − = arcsen =⇒ 2x − = .
6 2 6 2 6 4
1 π π
Risolvendo l’equazione algebrica di primo grado in x si ha x= · ( + ).
2 4 6
5
Dalla periodicità del seno si ottiene x= π + 2kπ , k ∈ Z .
24
Si noti che equazioni come la precedente possono anche essere risolte grazie alle formule
di addizione 10.7 e di duplicazione 10.5.
Se i termini nella funzione goniometrica sono di primo grado allora vanno por-
tati tutti a sinistra del segno di uguale e i loro coefficienti vanno sommati al-
gebricamente, cosı̀ come tutti i termini noti vanno portati a destra e poi som-
mati algebricamente. A questo punto ci si ritrova con un’equazione goniometrica
elementare e si segue la procedura descritta in precedenza.
518 Equazioni e disequazioni goniometriche
si risolve la prima equazione goniometrica, ovvero senx = 2/2, che dà come risultato
x = π4 + 2kπ ∪ x = 34 π + 2kπ , k ∈ Z.
√
Con la seconda equazione si ottiene senx = − 2/2, che dà come risultato x = − π4 +
5
2kπ ∪ x = 4 π + 2kπ , k ∈ Z. Essendo l’equazione di partenza di secondo grado si hanno
quindi quattro soluzioni diverse ognuna con la sua periodicità.
Se manca il termine noto si divide tutto per il coseno e si rimane con un’equazione
in tangente, come nell’esempio seguente:
√ √ senx cosx √
3senx − 1cosx = 0 =⇒ 3 −1 =0 ⇔ 3tgx − 1 = 0
cosx cosx
(11.6) 1 π
tgx = √ =⇒ x= + kπ , k ∈ Z .
3 6
Matematica
Le disequazioni in cui compaiono le funzioni goniometriche aventi l’incognita come
argomento sono dette disequazioni goniometriche. Se consistono in un unico termine
di primo grado a sinistra contenente un’unica funzione goniometrica e un unico termine
noto a destra sono dette elementari.
√
3 π 2
(11.7) senx > =⇒ + 2kπ < x < π + 2kπ , k ∈ Z .
2 3 3
520 Equazioni e disequazioni goniometriche
1 π 9
(11.8) cosx < √ =⇒ + 2kπ < x < π + 2kπ , k ∈ Z .
4 4
Eq. Goniom.
1 π π
(11.9) tgx ≥ √ =⇒ + kπ ≤ x < + kπ , k ∈ Z .
3 6 2
Occorre solo prestare attenzione a scrivere gli intervalli delle soluzioni prima inseren-
do l’angolo di ampiezza minore e poi quello di ampiezza maggiore, sebbene graficamente
a volte a sinistra si abbia l’angolo di ampiezza maggiore e a destra quello di ampiezza
minore, il che comporta un’inversione rispetto alle posizioni in cui vanno scritti.
Si noti che nello scrivere l’intervallo delle soluzioni si ha da un lato un predicato di
minore-uguale e dell’altro uno di strettamente minore. Questo è dovuto al dominio della
funzione tangente, che diverge per angoli pari a ±π/2 e quindi l’estremo dell’intervallo
va escluso.
Matematica 521
Una disequazione contenente una o più funzioni goniometriche aventi l’incognita come
argomento ma priva del termine noto è detta omogenea.
Matematica
Nel caso in cui si abbia una sola funzione goniometrica basta sommare i coefficienti
dei vari termini contenenti la funzione fino a ridursi a una disequazione elementare. A
questo punto la risoluzione procede esattamente come in uno dei tre casi indicati nella
sezione precedente, a seconda della funzione presente.
Se si hanno sia la funzione seno che la funzione coseno si procede con lo stesso me-
todo utilizzato nelle equazioni goniometriche omogenee: si divide tutto per il coseno. In
tal modo ci si riconduce al caso di disequazione goniometrica elementare e si applicano
nuovamente i metodi grafici discussi nella sezione precedente.
Se la disequazione è di grado superiore al primo si comincia con il dividere eventual-
mente per il coseno fino a restare con un’unica funzione goniometrica e poi si pone la
funzione uguale alla variabile algebrica t, come indicato per le equazioni goniometriche
di grado superiore al primo. Si risolvono algebricamente le disequazioni e poi per ogni
soluzione della disequazione algebrica si applicano ancora i metodi grafici della sezione
precedente.
(11.10) p
2senx − cosx = 5 =⇒ 2 1 − cos2 x = 5 + cosx ⇔ 4(1 − cos2 x) = cos2 x + 25 + 10cosx
− 5cos2 x − 10cosx − 21 = 0 =⇒ t = cosx , ∆ < 0 =⇒ S = ∅.
(11.11)
2t 1 − t2 2t + 1 − t2 1 + t2
senx + cosx = 1 =⇒ + = 1 ⇔ =
1 + t2 1 + t2 1 + t2 1 + t2
2
2t − 2t = 0 =⇒ 2t(t − 1) = 0 =⇒ t1 = 0 , t2 = 1
x
t1 = 0 =⇒ tg(x/2) = 0 =⇒ = 0 + kπ , k ∈ Z =⇒ x = 0 + 2kπ , k ∈ Z ,
2
x π π
t2 = 1 =⇒ tg(x/2) = 1 =⇒ = + kπ , k ∈ Z =⇒ x = + 2kπ , k ∈ Z .
2 4 2
11.6 Quesiti
1) L’equazione senx = 1/2: D si porta il termine noto al secondo
membro e al primo si divide per cosx
A ammette una sola soluzione perché è di
primo grado E si elimina il termine noto e si divide per
cosx
B è soddisfatta da infiniti valori dell’arco x
perché senx è una funzione periodica 6) Quali sono le soluzioni della disequazio-
C non è soddisfatta da alcun valore di x ne senx ≥ 1/2?
perché senx è una funzione periodica A [2kπ, π + 2kπ]
D è soddisfatta dai due valori x = π/6 e
B [− π2 + 2kπ, π
+ 2kπ]
x = (5/6)π 2
Matematica
D ammette soltanto soluzioni interne all’in-
tervallo [−1, 1] B [ π4 + 2kπ, π2 + 2kπ[
E ammette due soluzioni perché è di C [ π2 + kπ, π
4
+ kπ]
secondo grado D [0, π
]
4
3) Qual è la procedura per risolvere E [ π4 + kπ, π
+ kπ[
2
l’equazione senx − cosx = 0?
8) Come si risolvono le disequazioni con
A si divide tutto per cosx seno e coseno senza termine noto?
B s’impone che cosx sia nullo
A dividendo per cosx
C si trasforma il coseno in un’espressione
B dividendo per senx
contenente il seno
D si trasformano seno e coseno in due C interpretandole graficamente tramite le
espressioni contenenti solo la tangente intersezioni di una retta con la circonfe-
renza goniometrica
E si elevano al quadrato le due funzioni e
D non sono risolvibili algebricamente
poi si divide tutto per cos2 x
E non sono risolvibili geometricamente
4) Che cosa vuol dire risolvere un’equazio-
ne goniometrica? 9) Quali sono le soluzioni della disequazio-
ne senx + cosx > 3?
A trovare i valori della funzione che
soddisfano l’equazione A è impossibile: la somma di due quantità
B trovare i valori degli archi che soddisfano non maggiori dell’unità non può essere
l’equazione maggiore di 3
√
C determinare il periodo della funzione B [ 12 , 2
3
]
D trovare i limiti in cui sono compresi i C ] π3 + 2kπ, 23 π + 2kπ[
valori della funzione D 2kπ < x < π + 2kπ
E trovare un’espressione equivalente a π π
quella data che evidenzi le soluzioni E ]− 2
+ 2kπ, 2
+ 2kπ[
2) La risposta corretta è la A perché si tratta del quadrato del binomio (senx − 1).
La B è errata perché nega il vero. La C e la D vanno escluse perché [−1, 1] è
l’intervallo in cui assume valore la funzione seno, non rappresenta i valori ammissibili
per gli archi che invece variano in tutto l’insieme reale. La E va esclusa perché è
parziale.
8) La A e la B vanno escluse in quanto seno e coseno sono quantità che incidono sui
segni perché possono essere sia positive che negative: poi bisognerebbe risolvere due
sistemi. La D e la E vanno escluse perché affermano il falso. La risposta corretta
è la C .
9) La B è errata, anche perché riporta valori non corrispondenti ad archi. La C , la D
e la E sono soluzioni di altre disequazioni e vanno escluse. La risposta corretta è la
A , infatti la retta corrispondente all’espressione è parallela alla seconda bisettrice
passante per (0, −3), che non interseca la circonferenza goniometrica.
La proprietà variabile che può assumere qualità o quantità diverse a seconda dell’indivi-
duo considerato è chiamata carattere. L’unità elementare cui si dedica l’osservazione
dei caratteri interessati dall’indagine statistica è chiamata unità statistica. L’insieme
di unità statistiche che rientrano nell’osservazione e che sono quindi omogenee rispetto
ad uno o più caratteri è chiamato popolazione.
Un esempio di carattere quantitativo discreto è il numero dei figli di una persona, mentre
un esempio continuo è la lunghezza di un pezzo meccanico.
solo stabilire se due modalità di un carattere qualitativo sono uguali o meno allora il
carattere è detto sconnesso piuttosto che ordinato.
Ad esempio il campo di variabilità del carattere età di una popolazione di persone, la più
giovane delle quali ha 2 anni e la più anziana delle quali ne ha 85, è ∆x = xM − xm =
85 − 2 = 83.
Si definisce classe l’insieme di valori numerici compresi tra due estremi di un intervallo.
Per favorire l’elaborazione dei dati quindi si distribuiscono i dati in classi, facendo in
modo che il campo di variabilità venga partizionato in un opportuno insieme di classi.
Le classi, come le modalità, devono essere esaustive e non sovrapposte. A seconda
degli scopi prefissati per l’indagine non è obbligatorio che ogni classe abbia la stessa
ampiezza, intesa come differenza tra i suoi valori estremi, sebbene ciò sia preferibile.
Nell’esempio precedente delle età di una popolazione di persone, la più giovane delle quali
ha 2 anni e la più anziana delle quali ne ha 85, i dati raccolti possono essere partizionati
in 9 classi ognuna delle quali si estende per una decade. Se la prima classe comprende le
età da 0 a 9 anni e l’ultima quelle da 81 a 90 si riescono a distribuire tutti i valori raccolti
durante l’indagine.
Matematica 527
Matematica
aleatori, cioè casuali.
Nel seguito ci occuperemo soltanto di statistica descrittiva, sebbene quest’ultima
richieda aspetti di quella inferenziale.
Può capitare che un’indagine totale, in cui si rilevano dati su tutte le unità statisti-
che della popolazione prescelta, sia ad esempio difficile se non impossibile da realizzare.
In questo caso bisogna ricorrere a tecniche di campionamento proprie della statistica
inferenziale.
I principali tipi di raccolta dati sono i seguenti:
rilevazione sperimentale si registrano le risposte a determinati stimoli fornite
dalle unità statistiche che fanno parte di un certo ambiente.
serie storiche si osservano ripetutamente nel tempo le varie modalità con cui
avviene uno stesso processo.
Una volta acquisiti i dati questi vengono rappresentati e sintetizzati tramite tabelle,
grafici o numericamente.
Talvolta è anche utile conoscere il numero di volte in cui è stato registrato un intervallo
di modalità inferiori ad un certo valore fissato.
Poiché in realtà l’età di una persona dipende anche da mesi, giorni e ore per renderla
una grandezza propriamente discreta stabiliamo che l’età di una persona è n se nel suo
ultimo compleanno ha compiuto n anni a prescindere da quanto tempo sia trascorso
da allora. Questa precisazione è equivalente a raggruppare l’età in classi, ognuna di
ampiezza pari esattamente a un anno.
Ipotizziamo che la popolazione oggetto di studio consista nelle persone presenti in
una determinata ora in una certa azienda che si occupa di servizi innovativi per altre
aziende già da una decina di anni, ha un fatturato medio e presenta un basso turn
over dei dipendenti. Un tale studio potrebbe fornire ad esempio informazioni utili per
prendere decisioni relative alla sicurezza sul luogo di lavoro.
Indicando le unità statistiche con ui , dove i è un indice che etichetta le diverse unità
statistiche, i dati grezzi del nostro caso di studio sono costituiti dalla tabella 12.1.
Tale risultato potrebbe essere spie-
gato con la presenza imprevista del fi- ui xi ui xi ui xi ui xi
glio di un dipendente (u7 ), con quel- u1 51 u6 42 u11 35 u16 52
la di uno studente che svolge uno sta- u2 25 u7 2 u12 52 u17 62
ge presso l’azienda (u14 ) e con la visi- u3 63 u8 47 u13 53 u18 55
Matematica
ta del padre dell’amministratore dele- u4 32 u9 28 u14 17 u19 42
gato (u10 ). In tutto sono state rileva- u5 32 u10 85 u15 40 u20 42
te 20 presenze, quindi la totalità della Tabella 12.1: Distribuzione unitaria.
popolazione è N = 20.
È più comodo inserire i dati in clas-
si di ampiezza pari a una decade. Come classe fi pi εi Fi δi
già anticipato nella sezione precedente x1 1 0, 05 5% 0, 05 5%
i dati raccolti possono essere partizio- x2 1 0, 05 5% 0, 10 10%
nati in 9 classi indicate con il simbolo x3 2 0, 10 10% 0, 20 20%
xk : la prima x1 comprende le età da 0 x4 3 0, 15 15% 0, 35 35%
a 9 anni e l’ultima x9 quelle da 81 a 90. x5 5 0, 25 25% 0, 60 60%
Si ottiene la tabella 12.2 in cui sono in- x6 5 0, 25 25% 0, 85 85%
dicate le classi poste in ordine crescen- x7 2 0, 10 10% 0, 95 95%
te e tutti i tipi di frequenza associati x8 0 0, 00 0% 0, 95 95%
ad ogni classe. x9 1 0, 05 5% 1, 00 100%
Come si nota l’organizzazione dei tot 20 1 100%
dati grezzi in distribuzione statistica Tabella 12.2: Distribuzione statistica.
rende già più facile l’elaborazione sta-
tistica. Quando la popolazione è molto ampia, cioè N è grande, è ancora più utile
ricorrere a rappresentazioni grafiche. Nel seguito illustreremo le principali.
Nel caso tutte le ampiezze fossero uguali le altezze dei rettangoli sono proporzio-
nali, oltre che alle frequenze assolute, anche alle frequenze relative o percentuali.
Un esempio di istrogramma, relativo al nostro caso di studio, è riportato nella
figura 12.2(a).
Grafico a nastro: Quando si ha a che fare con caratteri qualitativi sconnessi,
piuttosto che un istogramma può risultare più utile un grafico a nastro. Quest’ul-
timo si costruisce come un istogramma ma scambiando le ascisse con le ordinate.
In tal modo balzano subito all’occhio le differenze tra le varie classi.
Un esempio di grafico a nastro, relativo al nostro caso di studio, è riportato nella
figura 12.2(e).
Poligono di frequenza: Se nello stesso piano cartesiano utilizzato per costruire
un istogramma si uniscono i punti aventi come ascissa i valori medi delle varie
classi e come ordinata la rispettiva frequenza si ottiene un poligono di frequenza.
Rispetto ad un istogramma questa rappresentazione rende più agevole studia-
re l’andamento del carattere al variare delle classi. Un esempio di poligono di
frequenza, relativo al nostro caso di studio, è riportato nella figura 12.2(b).
Statistica
Si definisce media di una distribuzione il valore che avrebbe il carattere studiato se tutte
le unità statistiche della popolazione fossero caratterizzate da una stessa modalità.
Matematica 531
Matematica
(c) Areogramma (d) Ogiva (e) Grafico a nastro
Figura 12.2: Rappresentazioni grafiche di una popolazione statistica.
PN Pk k Pk
i=1 xi i=1 xi · fi X
i=1 xi · fi
(12.2) x= , x= = xi · pi , x= Pk .
N N i=1 i=1 fi
Si definisce mediana µ di una distribuzione il valore della modalità che divide la distri-
buzione in due parti, facendo in modo da avere lo stesso numero di dati a sinistra e a
destra del valore nel caso di variabili discrete. Nel caso di variabili continue, in cui la
distribuzione è una curva continua, si può generalizzare il concetto definendo mediana
Statistica
quel valore che divide l’area sottesa dalla curva in due parti congruenti.
La mediana viene anche generalizzata negli indici di posizione non centrale: indicatori
chiamati quartili e ancor più nei percentili. Il primo quartile è il valore che divide l’area
della distribuzione in una parte di sinistra pari al 25% dell’area sottesa e in una parte destra
che corrisponde al 75% dell’area totale. Valgono le proporzioni inverse per il terzo quartile,
mentre il secondo quartile coincide con la mediana.
Lo scarto interquartile è dato dalla differenza tra il terzo ed il primo quartile: è un
intervallo che copre il 50% dei dati, cioè la metà dei dati che più si avvicina al centro della
distribuzione. Questo numero quindi è più preciso del range dell’intera popolazione.
L’insieme degli estremi inferiore e superiore della popolazione, della mediana e del primo
e terzo quartile forma una quintupla di indici chiamata box-plot della distribuzione. Con
questi soli 5 numeri si ha già un contenuto rilevante di informazioni sulla distribuzione e già
a partire da essi si può procedere ad individuare valori anomali.
I percentili sono una suddivisione ancora più fine: dividendo l’area sottesa dalla curva in
100 parti congruenti, il percentile n-esimo è quel valore che divide la distribuzione in due parti:
a sinistra si hanno valori tali che l’area sottesa è l’n % dell’area totale.
Calcoliamo i tre indici per il nostro caso di studio. La moda è già stata discussa ampia-
mente nel corso della sezione e coincide con l’età 42. Per la media procediamo al calcolo
seguendo la 12.2:
Pk
i=1 ui · fi
(12.3) x= = 38, 35 ≈ 38 . µ = x5 = 41 − 50 .
20
Matematica 533
Gli indici di tendenza centrale non caratterizzano in tutto e per tutto una distribuzione.
Consideriamo una distribuzione di 20 unità statistiche distribuita in tal modo: 10 unità
aventi età pari a 42 anni, 8 unità con età pari a 34 anni e 2 unità di 38 anni. È facile
calcolare che tale distribuzione presenta stessa moda e stessa media del nostro caso di
studio, sebbene il suo campo di variazione sia molto più ristretto.
Come primo indicatore dell’ampiezza della distribuzione si potrebbe pensare di
calcolare la somma degli scarti, cioè delle differenze tra le varie modalità e il valor
medio: lo scarto della modalità i-esima è si = xi − x. Si
PNdimostra però che la somma
degli scarti di qualsiasi distribuzione è sempre nulla: i=1 si = 0. Questa proprietà
discende dalla definizione stessa di media.
Occorre dunque qualche altro indice che esprima quanto i dati si discostano dalla
tendenza centrale, in particolare dal valore medio. A tal fine si definiscono gli indici
di variabilità o indici di dispersione: campo di variazione, devianza, varianza,
Matematica
deviazione standard e coefficiente di variabilità.
Abbiamo già definito precedentemente il range della distribuzione, procediamo con
l’introduzione degli altri indici.
Si definisce devianza S la somma dei quadrati degli scarti, cioè dei quadrati delle
differenze tra le modalità e il valore medio della distribuzione. Dividendo la devianza
per N − 1 si ottiene la varianza σ 2 , la cui radice quadrata è chiamata deviazione
standard σ o scarto quadratico medio (in inglese RMS, cioè root mean square).
s
N PN 2
PN
X
i=1 (xi − x) i=1 (xi− x)2
(12.4) S= (xi − x)2 , 2
σ = , σ= .
i=1
N −1 N −1
Si dimostra che la deviazione standard può anche essere espressa dalla differenza tra
la media dei quadrati e il quadrato della media:
v
u
u1 X N
(12.5) σ=t x2 − x2 .
N i=1 i
σ
(12.6) CV = · 100 .
x
La conoscenza della dispersione dei dati di una distribuzione aiuta a capire se ci sono
dati presi erroneamente nella fase di osservazione ed è essenziale per l’analisi o il rigetto
dei dati.
534 Statistica
Nel nostro caso di studio, quindi, la distribuzione ha una lieve asimmetria negativa,
cioè presenta una coda a sinistra (il figlio piccolo di uno dei dipendenti).
Statistica
Tutti i fenomeni naturali associati a grandi numeri, quindi, compresi quelli umani
seguono una statistica normale. Si noti che la forma della curva dipende solo dal valore
medio e dalla deviazione standard. Quest’ultima è legata all’apertura della campana.
Si è soliti poi standardizzare la gaussiana con un cambiamento di variabili: intro-
ducendo la variabile z = (x − x)/σ si fa in modo che il valor medio sia nullo z = 0 e lo
scarto quadratico medio sia unitario σ = 1.
La gaussiana è molto utilizzata anche per calcolare probabilità di eventi aleatori collegati a
fenomeni collettivi. In generale dalle proprietà della funzione gaussiana si ha che il 68% dei
dati dista meno di una σ dal valor medio, il 95% è compreso entro 2σ dal valor medio e il
99, 7% dei dati dista meno di 3σ dalla media.
In tal modo se si ottiene da una rilevazione statistica un dato che dista 5σ dalla media si
può considerare di rigettarlo in quanto è altamente improbabile.
Matematica 535
12.6 Quesiti
1) Qual è la proprietà variabile che si studia B la popolazione statistica suddivisa in
in un’indagine statistica? gruppi
C i dati statistici suddivisi in intervalli
A l’unità statistica
rispetto al carattere
B il carattere D i valori compresi nel campo di variabilità
C i dati E i caratteri suddivisi in gruppi non
Matematica
sovrapposti
D la comparazione
E la popolazione statistica 5) Qual è la differenza tra frequenza
assoluta e relativa?
2) Quali devono essere le modalità di un
A la frequenza relativa dà un dato indipen-
carattere?
dente dal campione
A devono essere complete, cioè sia qualita- B la frequenza assoluta dà un dato slegato
tive che quantitative rispetto al campione
B devono essere qualitative e sovrapponi- C la frequenza assoluta può esprimersi in
bili percentuale
C devono essere quantitative e sovrapponi- D la frequenza relativa non può esprimersi
bili in percentuale
E la frequenza assoluta compare nella
D devono avere valori esaustivi e non
frequenza cumulativa
sovrapposti
E devono avere valori esaustivi e sovrappo- 6) In che cosa differiscono le distribuzioni
sti unitaria e statistica?
4) Che cosa s’intende per classe? A è il valore che avrebbe il carattere se tut-
te le unità fossero caratterizzate dalla
A l’insieme delle unità statistiche stessa modalità
536 Statistica
B è il dato centrale che divide l’area de- A la radice quadrata della varianza
scritta dalla curva della distribuzione in
B la radice quadrata della devianza
due parti congruenti
C è il valore della distribuzione che ha la C la devianza divisa per il numero delle
frequenza maggiore modalità
2) La A è errata perché le modalità devono essere ben definite e quindi non possono
essere sia qualitative che quantitative. La B e la C vanno escluse perché le moda-
lità non devono essere sovrapponibili, altrimenti sarebbero illeggibili. Per lo stesso
motivo la risposta corretta è la D .
3) La popolazione e le unità statistiche non sono variabili, quindi non assumono va-
lori massimi e minimi: la A e la B vanno escluse. Si esclude anche la C perché
la differenza in essa menzionata serve a calcolare la media della distribuzione. In
un’indagine statistica si osserva di solito una sola modalità quindi anche la D va
scartata. La risposta corretta è la E .
Matematica
Progressioni e calcolo
combinatorio 13
Introduzione
In questa sezione verranno affrontati argomenti di matematica che richiedono buone
competenze di calcolo numerico. La prima parte tratta di progressioni e rappresenta
un prezioso aiuto per la risoluzione anche di quesiti di logica numerica. Si consiglia al
lettore di esercitarsi assiduamente con l’aritmetica, soprattutto eseguendo mentalmente
calcoli che richiedono l’applicazione delle proprietà delle operazioni. In tal modo sarà
molto più semplice individuare la ragione di una progressione.
La seconda parte tratta di calcolo combinatorio, che richiede ancora buone compe-
tenze di aritmetica. Gli oggetti trattati in quest’area della matematica si dimostrano
anche strumenti utilissimi nella risoluzione di esercizi sulle probabilità.
Una successione numerica è una sequenza ordinata di numeri e si indica con i simboli
a1 , a2 , a3 , a4 , etc. a1 è chiamato primo termine della successione, o termine di posto
uno; a2 è detto secondo termine della successione o termine di posto due e cosı̀ via.
Una successione è infatti definita rigorosamente come una funzione f : N → R, cioè una
funzione reale di variabile naturale. L’ennesimo termine an , quindi non è altro che f (n) il
valore della funzione calcolato per un certo n. Poiché ad una funzione si associa di solito una
regola che la definisce (oltre al dominio e al codominio, come descritto nel capitolo 5), in luogo
di elencare i suoi infiniti termini una successione viene scritta esplicitando tale regola.
Il simbolo an quindi, oltre ad indicare il termine n-esimo si usa di solito anche per
indicare l’intera successione quando è seguito da un segno di = e da un’espressione
dipendente da n, come nella scrittura an = 2n3 che rappresenta la successione dei
doppi dei cubi dei naturali, cioè 2, 16, 54, etc.
Matematica 539
La successione più semplice che può venire in mente è proprio rappresentata dai naturali,
ossia è an = n. Banalmente il suo primo termine è a1 = 1, il secondo è a2 = 2 e cosı̀ via.
Un altro modo utilizzato per indicare una successione è quello di specificare il suo
primo termine e una regola ricorsiva che lega ogni termine al successivo. Ad esempio
la successione dei numeri positivi pari si può definire scrivendo a1 = 2 e an = an−1 + 2,
ovvero specificando che si parte da 2 e per ottenere il termine successivo di volta in
volta si aggiunge 2 al termine corrente.
La somma dei termini di una successione an è chiamata serie e si indica con il simbolo
Σn an . Tale termine vale per la somma degli infiniti termini di una successione. La
somma dei primi n termini è chiamata somma parziale n-esima.
Mentre in italiano il termine serie indica una sequenza ordinata, cioè una successione
matematica; in matematica il termine serie indica un unico numero risultato della
somma. Non è certo banale operare una somma su infiniti termini, a tal fine sono
Matematica
stati elaborati dei criteri di convergenza delle serie numeriche. I risultati sono a volte
sorprendenti e danno luogo ad apparenti paradossi, come nel caso del famoso paradosso
di Achille e della tartaruga di Zenone.
La convergenza delle successioni aiuta a comprendere come sia possibile che un numero
ottenuto da una somma infinita di termini positivi possa convergere ad un valore finito.
In tal caso la serie è detta convergente. Se al crescere di n il termine n-esimo della
successione diventa sempre più grande (in modulo) la successione è detta divergente.
Se la successione da un certo valore di n in poi non converge a un unico numero né
diverge ma assume valori compresi in un certo intervallo, allora è detta oscillante.
Le proprietà di convergenza di una serie possono essere dedotte graficamente dai
punti che rappresentano i termini della successione su un piano cartesiano avente per
ascisse i naturali e per ordinate i reali. Immaginando di unire con una curva i punti
della successione si può arguire se quest’ultima converge o meno e in caso affermativo
a quale valore converge.
1/n
La famosa successione an = 1 + n1 , ad esempio, pur essendo una sequenza di infiniti
numeri positivi converge al numero di Nepero e.
Tra le successioni numeriche ve ne sono due che meritano una discussione approfondita:
le progressioni aritmetiche, oggetto della prossima sezione, e quelle geometriche discusse
nella successiva.
540 Progressioni e calcolo combinatorio
Dalla definizione e dalla sua ricorsività si ricava che il termine n-esimo della successione
è pari a
(13.1) an = a1 + (n − 1)q .
Allo stesso modo se si conosce il termine di posto m e si vuole ricavare quello di posto
p la ricorsività implica la relazione ap = am + (p − m)q.
Fibonacci, che parte da 0 e 1 e genera ogni termine come somma dei due precedenti. Questa
sequenza può essere letta dal triangolo di Tartaglia, illustrato nella figura 2.4.
I numeri pari che abbiamo citato nella sezione precedente sono una progressione arit-
metica di ragione 2, infatti 4 − 2 = 2, 6 − 4 = 2, 8 − 6 = 2, e cosı̀ via. Allo stesso modo
anche la successione dei numeri dispari è una progressione aritmetica di ragione 2. Per
convenzione la successione dei numeri pari è scritta come an = 2n mentre quella dei
dispari è an = 2n − 1.
Nelle progressioni aritmetiche la natura della ragione q determina il carattere della
successione: se q > 0 la successione è positivamente divergente, se q < 0 an è
negativamente divergente, se q = 0 la successione è costante e ogni suo termine è
uguale al primo.
Per calcolare la somma dei termini di una successione compresi tra un termine arbitrario
iniziale am e un termine finale arbitrario ap esiste una formula elaborata da Gauss alla
tenera età di 10 anni: il risultato è pari alla media dei due termini estremi moltiplicata
per il numero di termini considerati.
p N
X ap + am X aN + a1
(13.2) an = · n, =⇒ an = · n.
n=m
2 n=1
2
Questa relazione è la stessa usata per calcolare l’area di un trapezio rettangolo avente
altezza n = p − m + 1 e basi am e ap : se ad ogni termine della successione compreso
tra i due estremi considerati si fa corrispondere un punto la somma è pari al numero
dei punti contenuti nel trapezio descritto.
Gauss arrivò a tale formula spinto dal dover calcolare la somma dei primi 100 naturali. Si
accorse che scrivendo in colonna questi naturali e sommandoli a loro stessi scritti in ordine
inverso otteneva 100 volte il numero 101, cioè 5050. Generalizzando questo risultato si ottiene
la 13.2.
Matematica 541
Esistono formule analoghe per la somma dei primi n naturali pari e dei primi n naturali
dispari ottenibili attraverso il principio di induzione. Si osserva infatti che 1 + 3 = 4 =
22 , 1 + 3 + 5 = 9 = 32 e cosı̀ via. Ora 3 è il termine di posto 2 della successione dei
dispari positivi e 5 è il termine di posto 3 della stessa successione, quindi la somma
dei primi n dispari positivi è proprio n2 . Non è complicato verificare la validità delle
seguenti formule:
n(n + 1)
somma dei primi n naturali 1 + 2 + 3 + ··· + n = ,
2
(13.3) somma dei primi n dispari positivi 1 + 3 + 5 + · · · + 2n − 1 = n2 ,
somma dei primi n pari positivi 2 + 4 + 6 + · · · + 2n = n(n + 1) .
L’ultima formula si ricava considerando che 2 + 4 = 6 = 2 · (2 + 1), 2 + 4 + 6 = 12 =
3 · (3 + 1) e che 4 è il termine di posto 2 dei pari mentre 6 è il termine di posto 3.
Matematica
primi 5 numeri pari si ha invece 2 + 4 + 6 + 8 + 10 = 5(5 + 1) = 5 · 6 = 30. La somma dei
primi 20 naturali usando la prima relazione 13.3 è 1 + 2 + · · · + 19 + 20 = n(n + 1)/2 =
20 · 21/2 = 10 · 21 = 210.
Se si vogliono inserire tre medi aritmetici tra gli estremi 10 e 50 si applica la 13.4 e
si ottiene q = (50 − 10)/4 = 10. Quindi i medi aritmetici sono a1 = 10 + 10 = 20,
a2 = 10 + 2 · 10 = 30 e a3 = 10 + 3 · 10 = 40.
Per le progressioni geometriche conviene partire dal termine a0 per avere un’espressione
ricorsiva più semplice.
542 Progressioni e calcolo combinatorio
(13.5) an = an−1 · q .
Allo stesso modo se si conosce a0 e si vuole ri- Figura 13.2: La successione dei valo-
cavare il termine di posto n la ricorsività implica la ri delle monete rappresentate costituisce
relazione an = a0 · q n ; conoscendo invece am si ha una progressione?
ap = am · q p−m .
Considerando il primo termine positivo, anche per le progressioni geometriche il
carattere di convergenza è determinato dalla ragione q. Se q > 1 la progressione di-
verge positivamente, se q = 1 la progressione è costantemente uguale a a1 e quindi
è convergente, se 0 < q < 1 i termini della progressione sono in ordine decrescente e
questa è convergente. Nel caso banale q = 0 dopo a1 tutti i termini della progressione
dopo il primo sono nulli e quindi questa è convergente a zero.
Grazie alla ricorsività della progressione geometrica, si dimostra facilmente che la
somma parziale n-esima dei primi n termini della progressione vale
Calc. Comb.
n ∞
X 1 − qn X a0
(13.6) ai = a0 , =⇒ ai = .
i=0
1−q i=0
1−q
La formula per la serie geometrica si ricava nel caso di progressione convergente, cioè
per 0 < q < 1, grazie al fatto che essendo la ragione minore dell’unità le sue potenze con
esponente elevato contano sempre meno nella somma, cioè sono trascurabili rispetto
all’unità.
Si dimostra inoltre che il prodotto p di n termini compresi tra un termine iniziale
am e un termine finale ap vale Pn = (ap am )n .
Un’operazione possibile con le progressioni geometriche è l’inserimento di m medi
geometrici tra due termini dati della progressione. Si vuole, cioè, stabilire quali siano
gli m numeri a1 , a2 , · · · am da inserire tra i due estremi a e b fissati rispettando la
ricorsività della progressione. A tal fine si deve trovare la ragione della progressione e
per farlo basta invertire la 13.5 e si ha
r
an m+1 b
(13.7) q= =⇒ q = infatti n = m + 2 .
an−1 a
Una volta determinata la ragione q il primo medio geometrico sarà pari ad a1 = a · q,
il secondo ad a2 = a · q 2 fino all’ultimo che sarà am = a · q m = b/q.
Se si vogliono
√ inserire due medi geometrici tra gli estremi 702 e 26 si applica la 13.7 e si
ottiene q = 3 27 = 3. Quindi i medi geometrici sono a1 = 26 · 3 = 78 e a2 = 78 · 3 = 234.
Si verifica poi che b = 234 · 3 = 702.
costruiti questi gruppi, essi avranno nomi diversi: disposizioni, permutazioni o combi-
nazioni. Ognuno di questi tre casi viene poi suddiviso in una modalità in cui nessun
elemento del gruppo creato può essere ripetuto, cioè ogni elemento è unico, e in una
modalità in cui uno o più elementi del gruppo creato possono essere ripetuti.
Affronteremo prima i tre casi privi di ripetizioni, in quanto più semplici, poi vedremo
le tre varianti con ripetizione.
Matematica
permutazioni.
Intuitivamente ogni volta che si seleziona un membro del gruppo questo può essere
accoppiato con i restanti n − 1. Quindi moltiplicando n(n − 1) si ottiene Dn,2 . Se si
procede per creare terne, ad ogni sottogruppo creato (coppia), possono essere abbinati
i restanti n − 2 elementi distinti dell’insieme. Quindi Dn,3 = n(n − 1)(n − 2). Con il
principio di induzione è facile convincersi che Dn,4 = n(n − 1)(n − 2)(n − 3) e che in
generale vale la seguente relazione:
(13.8)
n!
Dn,k = dove il fattoriale n! è per definizione n! = n(n − 1)(n − 2) · . . . · 2 · 1 .
(n − k)!
Rientrano certamente nel calcolo delle disposizioni semplici gli esercizi che richiedono
quanti numeri di tot cifre si possono creare o quanti numeri pari o dispari di tot cifre.
544 Progressioni e calcolo combinatorio
Calcoliamo quanti numeri di 4 cifre dispari si possono creare senza ripetizioni. Nei numeri
l’ordine conta perché il sistema decimale è posizionale. Nel nostro caso n = 5 perché le
cifre dispari sono 1, 3, 5, 7 e 9. Volendo formare numeri con solo 4 di queste ci interessa
calcolare il numero D5,4 .
In base alla 13.8 la risposta è D5,4 = 5!/(5 − 4)! = 5!/1! = 5! = 5 · 4 · 3 · 2 · 1 = 120.
La situazione è più complicata con i numeri pari, in quanto tra di essi si contempla
anche lo 0.
Se si vuole calcolare quanti numeri di 4 cifre pari si possono creare senza ripetizioni
bisogna prima considerare il fatto che vanno eliminati dal computo i numeri che iniziano
per 0.
Cominciamo con il procedere come per i numeri dispari. Le cifre pari sono in tutto 5: 0,
2, 4, 6 e 8. Volendone 4 di queste e poiché l’ordine conta perché stiamo costruendo un
numero dobbiamo calcolare ancora D5,4 = 120.
Sorge il problema che se la prima delle 4 cifre, cioè quella più sinistra, è 0 il numero è
Calc. Comb.
come se fosse di tre cifre e quindi non fa parte del gruppo che vogliamo creare. Come
facciamo ad escludere tutti i rappresentanti di questa evenienza?
Dobbiamo calcolare quanti numeri di 3 cifre pari distinte non nulle si possono comporre:
infatti i numeri che vogliamo escludere hanno necessariamente lo zero come cifra di sini-
stra, soltanto le altre 3 cifre alla sua destra possono variare nell’insieme scelto. Calcoliamo
allora D4,3 = 4!/(4 − 3)! = 4!/1! = 4! = 4 · 3 · 2 · 1 = 24.
Dal nostro computo iniziale dobbiamo quindi sottrarre questi 24 numeri per giungere al
risultato 120 − 24 = 96.
Un altro insieme in cui l’ordine conta è quello delle parole. I quesiti in cui si chiede
quante parole di tot lettere tutte distinte devono essere risolti con le disposizioni
semplici. Ci sono infatti due numeri qui: il 21 che è il numero di lettere dell’alfabeto
italiano e corrisponde all’indice n e il tot che corrisponde al k, cioè alla classe del
raggruppamento.
Per calcolare quante parole di 5 lettere esistono bisogna semplicemente ricorrere al numero
D21,5 = 21!/(21 − 5)! = 21!/16! = 21 · 20 · 19 · 18 · 17 = 2441880. Si noti che il numero
è enorme perché la matematica a questo livello non si interessa del senso compiuto: nel
computo saranno comprese anche parole del tipo hiqml.
Matematica
degli altri 2 mentre il terzo è obbligatoriamente quello rimasto, quindi ho 3 · 2 modi
diversi di creare terne differenti per l’ordinamento.
È semplice convincersi con il principio di induzione o con un diagramma ad albero
che vale la seguente relazione:
Si noti che è facile distinguere se per la risoluzione di un quesito serve una disposizione
o una permutazione: nel primo caso abbiamo due indici, nel secondo solo uno.
Se si vuole calcolare quante parole si possono comporre con le lettere del termine case si
capisce subito che bisogna utilizzare una permutazione. Si ha infatti un unico numero a
disposizione, il quattro. Va allora calcolato il numero P4 = 4! = 4 · 3 · 2 · 1 = 24.
Le parole sono infatti quelle riportate nel diagramma ad albero di figura 13.4. Si noti che
l’ultima lettera è stata aggiunta in automatico in quanto non ci sono ulteriori biforcazioni
nell’aggiungere l’ultimo termine.
Figura 13.4: Delle 24 permutazioni della parola case soltanto 4 hanno senso compiuto in italiano.
Calc. Comb.
Si ricorda che il simbolo nk è chiamato coefficiente binomiale perché questi numeri rappre-
sentano i coefficienti dello sviluppo del binomio di Newton. Si possono inoltre ricavare dal
triangolo di Tartaglia, come descritto nella sezione 2.7.
Un classico tipo di problemi risolvibili con le combinazioni sono quelli del calcolo delle
partite dei tornei di tipo round robin, dove ogni squadra gioca contro tutte le altre.
Analogamente calcolare quante combinazioni vincenti ci sono in un gioco ad estrazione
numerica (tipo cinquine nella tombola o nel lotto) richiede le combinazioni perché in
esse l’ordine non è importante.
Matematica
13.7 Disposizioni con ripetizione
Determiniamo quanti numeri di 3 cifre si possono scrivere. L’ordine nei numeri conta, quindi
si usano le disposizioni. Esistono anche numeri con cifre ripetute, come 333, quindi dobbiamo
548 Progressioni e calcolo combinatorio
usare le disposizioni con ripetizione. Nel sistema decimale le cifre sono 10, i simboli da 0 a 9,
0
quindi n = 10. Nel nostro caso k = 3, quindi dobbiamo calcolare D10,3 = 103 = 1000. Come
nel caso dei numeri pari, si ha però il problema di eliminare dal computo i numeri che iniziano
per 0 perché non sono considerati di 3 cifre. Bisogna quindi considerare attentamente quali e
quanti numeri eliminare dai 1000 previsti. Vanno esclusi quelli che cominciano per 0 e quelli
che cominciano per 00. Il numero dei primi corrisponde a quanti numeri di due cifre si possono
0
creare, cioè è D10,2 = 102 = 100. I secondi sono in realtà già compresi nei primi perché un
numero che comincia per 0 e ammette ripetizioni può avere lo 0 anche come seconda cifra.
Si giunge al totale 1000 − 100 = 900. Il risultato è convincente, come si può capire conside-
rando che stiamo cercando tutti i numeri tra 100 e 999 che sono appunto 900, come si ricava
facendo la differenza tra i due estremi e aggiungendo un’unità: 999 − 100 + 1 = 900.
i raggruppamenti differiscono solo per l’ordine in cui sono presi gli elementi e di questi
n elementi uno si ripete k volte e uno h volte.
Sono un classico esempio di permutazione con ripetizioni gli anagrammi con lettere
ripetute come nella parola pollo, purché non si badi al senso compiuto o meno dei
termini anagrammati.
La formula usata per calcolare il numero di tali permutazioni si ricava da quella
delle permutazioni semplici dividendo però per il fattoriale o i fattoriali del numero di
ripetizioni.
0 Pn n! 0 Pn n!
(13.12) Pn,k = = , Pn,k,h,m = = .
k! k! k!h!m! k!h!m!
Il numero di permutazioni con ripetizioni è inferiore a quello senza ripetizioni, perché
quando un elemento si ripete i raggruppamenti che differiscono per due posizioni diverse
di uno stesso elemento ripetuto rappresentano un solo raggruppamento. In altri termini
se nella parola pollo scambiamo la seconda lettera con la quinta, che sono entrambe o,
i due raggruppamenti sono indistinguibili e vanno conteggiati come uno solo.
Altri esempi classici dell’uso delle permutazioni si hanno nel calcolo delle probabilità,
in particolare si ricorre alle permutazioni con ripetizione nel calcolo dei modi possibili
di disporre palline di tipi diversi (ad esempio estrando da un’urna contenente biglie
bianche e rosse) o dei possibili esiti di un certo numero di lanci della stessa moneta
(quindi testa e croce si ripetono).
Matematica 549
Calcoliamo ad esempio quanti sono i casi che possono corrispondere all’uscita di 2 volte
testa in una sequenza di 5 lanci della stessa moneta. In tal caso n = 5, k = 2 e necessa-
riamente h = 3, dove k indica un esito testa e h un esito croce. Va allora usata la formula
0
P5,2,3 = 5!/(2!3!) = 5 · 4 = 20.
Si noti che non si vuole che necessariamente i primi due lanci siano testa, ma due
qualsiasi sul totale dei lanci.
Se invece si cercasse il numero di modi in cui i primi due lanci su 5 sono testa, allora
i primi due elementi del raggruppamento sono fissati e soltanto gli altri tre possono
0
variare. Si tratterebbe in tal caso di determinare il numero D2,3 = 23 = 8.
Infatti, indicando con T l’uscita testa e con C l’uscita croce, ogni raggruppamento
avrebbe T T come sequenza iniziale seguita da qualsiasi sequenza di tre elementi con-
tenenti T o C. Ovvero T T T T T , T T T T C, T T T CC, T T T CT , T T CT T , T T CCT ,
T T CT C, T T CCC, esattamente 8 possibilità.
Matematica
Le singole parole dei problemi sono molto importanti, soprattutto i quantificatori come
al più o almeno e i termini che indicano l’ordine come l’aggettivo primo o ultimo o
qualsiasi.
Se nei 5 lanci di monete precedenti si cercasse il numero di modi in cui gli unici due
lanci che sono testa sono i primi 2, allora sono fissati sia i primi due elementi del
raggruppamento, cioè T T , sia sono fissati gli altri tre che non possono variare ma
sono obbligati a valere CCC. L’unica configurazione che realizza la richiesta è quindi
T T CCC.
In un caso del genere non bisogna ricorrere al calcolo combinatorio ma alla logica,
considerazione che vale sempre: il calcolo combinatorio è uno strumento formidabile,
ma va utilizzato soltanto dopo una riflessione sulla situazione descritta nel problema
da risolvere.
La formula per tali raggruppamenti è abbastanza complessa e infatti sono rari i pro-
blemi proposti che vanno risolti con tale relazione. Come nel caso delle permutazioni,
le combinazioni con ripetizioni di uno stesso insieme di elementi sono inferiori a quelle
semplici, perché i raggruppamenti in cui due istanze dello stesso elemento si scambiano
sono indistinguibili e vengono contati una sola volta.
550 Progressioni e calcolo combinatorio
(n + k − 1)!
(13.13) Cn,k = .
(n − 1)!k!
Calcoliamo ad esempio in quanti modi possiamo distribuire 20 copie dello stesso libro sui
4 scaffali dell’espositore di una libreria. Per risolvere questo problema bisogna invertire
la prospettiva e considerare di suddividere i 4 scaffali tra i 20 libri. Abbiamo quindi 4
oggetti diversi, gli scaffali, che possiamo ripetere fino a 20 volte (se inseriamo tutte le
copie sullo stesso scaffale). La risposta è il numero
(4 + 20 − 1)! 23! 23 · 22 · 21
(13.14) Cn,k = C4,20 = = = = 23 · 11 · 7 = 1771 .
(4 − 1)!20! 3!20! 3·2
Prima di terminare il capitolo è opportuno un breve riepilogo sul diverso utilizzo dei
tre tipi di raggruppamento del calcolo combinatorio.
Calc. Comb.
Se i gruppi formati differiscono solo per l’ordine degli elementi, allora si hanno per-
mutazioni. Se i gruppi differiscono solo per la natura degli elementi ma non per
l’ordine, allora si hanno combinazioni. Se differiscono sia per ordine che per natura
degli elementi allora si hanno disposizioni.
13.10 Quesiti
1) Che cosa s’intende per successione E una serie monotona è certamente diver-
numerica? gente
Matematica
A 1260
6) La disposizione semplice di n oggetti
presi a k a k è data dalla relazione: B 7
(n−k)! C 28
A Dn,k = n!
k! D 140
B Dn,k = (n−k)!
(n+k)!
E 280
C Dn,k = k!
n! 10) Quando si hanno permutazioni con
D Dn,k = (n−k)! ripetizione?
(k−n)!
E Dn,k = n! A quando degli n oggetti si possono for-
7) Che cosa si intende per permutazione mare solo raggruppamenti con elementi
semplice? uguali
B quando degli n oggetti non si posso-
A una disposizione semplice con k = n con
no formare raggruppamenti con un solo
i raggruppamenti che differiscono solo
elemento diverso
per l’ordine degli elementi
B una legge che scambia, uno dopo l’altro, C quando i raggruppamenti di n oggetti
i termini di un raggruppamento hanno un ordine preciso
da escludere perché monotona si riferisce sia alla crescenza che alla decrescenza. La
convergenza di una serie non dipende dalla monotonia, ragion per cui si possono
scartare la D e la E . La risposta corretta è la C .
3) La A , la B e la E vanno escluse perché affermano proposizioni false. In particolare
la A e la B sono troppo restrittive come richieste. La C è la definizione di una
serie, quindi va scartata. La risposta corretta è per definizione la D .
4) Dalla definizione di medi aritmetici si ricava immediatamente che la risposta cor-
retta è la A . Tutte le altre alternative indicano procedure errate o prive di senso.
5) Dalla definizione stessa di progressione geometrica si ricava immediatamente che la
risposta corretta è la C . Tutte le altre alternative indicano procedure errate o prive
di senso.
6) Il coefficiente numerico corrispondente al numero di disposizioni di n oggetti presi
a k a k, stabilendo che i raggruppamenti possono differire anche solo per l’ordine
degli elementi scelti, è il rapporto tra due fattoriali. L’unica risposta corretta è la
Calc. Comb.
D.
7) La B va scartata perché la permutazione non è una legge; allo stesso si può escludere
la C perché la permutazione non è un insieme. La D e la E vanno escluse perché
non corrispondono all’operazione di commutazione degli elementi: per definizione
la risposta corretta è la A .
8) La A e la B vanno escluse in quanto non descrivono correttamente né combina-
zioni né disposizioni. La D e la E possono essere scartate perché esprimono una
limitazione falsa. La risposta corretta è la C .
9) Gli anagrammi si calcolano ricorrendo alle permutazioni, in questo caso con ripe-
tizione perché sia la lettera a che la lettera t si ripetono due volte. Il coefficiente
P7,2,2 è quindi pari a 7!/(2!2!). Ne deriva che la risposta corretta è la A .
Si definisce esperimento aleatorio qualunque fenomeno del mondo reale cui è asso-
ciabile un’incertezza. L’insieme Ω dei risultati possibili di un esperimento aleatorio è
detto spazio campionario.
Tornando all’esempio del dado l’uscita del numero 3 rappresenta un evento aleatorio. Se
il dado avesse sei facce uguali tutte con il numero 3 allora la stessa proposizione relativa
all’uscita del 3 non sarebbe più un evento aleatorio: si avrebbe sempre e comunque la
certezza di quanto accade.
Focalizzandoci sullo spazio aleatorio possiamo classificare ulteriormente gli eventi alea-
tori:
Se un evento coincide con uno solo degli elementi di Ω allora è detto evento
elementare. Ad esempio nel nostro lancio di dadi l’uscita del numero 3 è un
evento elementare, mentre l’uscita di un numero dispari non lo è, perché coincide
con l’unione di tre eventi elementari.
Se un evento coincide con l’intero spazio campionario Ω allora è detto evento
certo. Ne costituisce un esempio la richiesta che il risultato del lancio di un dado
sia un numero compreso tra 1 e 6.
Se un evento rappresenta l’insieme vuoto allora è detto evento impossibile. È
evidente che l’uscita di un numero maggiore di 7 nel lancio di un dado è un evento
impossibile.
Se tutti gli eventi dividono lo spazio campionario in parti uguali sono detti eventi
equiprobabili. Qualora il dado non sia truccato, ad esempio, l’uscita di uno
qualsiasi dei sei numeri delle facce è equiprobabile a quella degli altri.
Probabilità
(14.1)
f
P (E) = , f = n. casi favorevoli , N = n. casi totali , 0 ≤ P (E) ≤ 1 .
N
La probabilità definita in tal modo è chiamata probabilità a priori o matematica
o teorica, in quanto si presuppone che si conosca a priori il valore di f e di N , prima
dall’effettiva realizzazione dell’esperimento aleatorio. In base alla definizione si ha che la
probabilità di un evento P (E) è un numero compreso tra 0 e 1. In particolare P (E) = 0
corrisponde a un evento impossibile: non può mai verificarsi. Al contrario P (E) = 1
corrisponde a un evento certo: siamo sicuri che si verifica quell’evento.
Nel lancio del dado dell’esempio precedente, l’evento corrispondente all’uscita del numero
3 ha una probabilità su sei di verificarsi, quindi si ha P (E) = 1/6 = 0, 17. Solitamente è
più conveniente moltiplicare il valore della probabilità per 100 esprimendola in percen-
tuale. L’uscita del 3 nel lancio del dado ha quindi probabilità pari al 17%. Si osservi che
in realtà il risultato è approssimato: la probabilità è leggermente inferiore al 17%.
Matematica 555
Allo stesso modo lanciando una moneta in aria e assumendo che non possa cadere pog-
giando il bordo ma soltanto una delle sue facce, indicando con T l’evento corrispon-
dente all’uscita della testa e con C l’uscita della croce. La probabilità che esca testa è
P (T ) = 0, 5 = 50%, pari a quella che esca croce: P (C) = 0, 5 = 50%.
Matematica
esito favorevole all’evento e il numero N di prove totali, con N grande.
La legge empirica del caso afferma che ripetendo un gran numero di volte un espe-
rimento aleatorio nelle stesse condizioni la probabilità a posteriori di un evento tende
al valore corrispondente alla sua probabilità a priori.
Si capisce che in questo modello la probabilità esprime il grado di fiducia che una
persona ripone nel verificarsi dell’evento E, da cui deriva il nome del modello, che è
appunto soggettivo.
In virtù di un principio di coerenza cui deve obbedire la probabilità in questo
modello, permane la condizione 0 ≤ P (E) ≤ 1. Il principio di coerenza prevede che
l’individuo sia disposto a sua volta a ricevere P da un altro individuo e a pagare S se
l’evento si verifica.
Un esempio di probabilità in tale modello è rappresentato dalla posta che si riceve
quando si punta su una corsa di cavalli. Si noti che in tale modello, dominato dalla
soggettività, individui diversi possono attribuire probabilità diverse allo stesso evento
E.
Esiste una teoria assiomatica delle probabilità che comprende i tre modelli descritti sinora.
Tale teoria si basa su quella degli insiemi ed è quindi indipendente dalla natura del problema
probabilistico. Assumiamo ancora valide le definizioni della prima sezione.
La teoria si basa su due soli assiomi: che esista una funzione p : Ω → [0, 1] dallo spazio
campionario all’intervallo [0, 1] che assume valore unitario se applicata all’intero Ω (cioè l’e-
vento certo deve avere probabilità unitaria) e l’assioma di additività finita, ovvero che per
Probabilità
ogni coppia di eventi disgiunti la probabilità che si verifichi almeno uno dei due è la somma
delle singole probabilità.
L’aggettivo disgiunti del secondo assioma indica che i due eventi hanno intersezione
nulla. Da ora in poi seguiremo il modello classico di probabilità utilizzando però il
linguaggio assiomatico della teoria degli insiemi, il che facilita considerevolmente la
risoluzione dei problemi.
Due eventi A e B sono detti eventi incompatibili quando sono disgiunti, cioè hanno
intersezione nulla: A ∩ B = ∅. Se invece l’interesezione non è nulla gli eventi sono
detti compatibili.
In termini più discorsivi due eventi sono incompatibili quando non possono verificar-
si entrambi: il verificarsi dell’uno preclude il verificarsi dell’altro. Viceversa se possono
accadere contemporaneamente allora sono detti compatibili.
Sono incompatibili l’arrivo in orario di un treno e il ritardo dello stesso treno; sono
incompatibili il segnare una rete su rigore o il non segnare goal sullo stesso rigore. Sono
invece compatibili l’uscita testa di una moneta e l’uscita del numero 2 nel lancio di un
dado, cosı̀ come sono compatibili l’uscita di un numero pari nel lancio di un dado e
l’uscita del numero 4.
Si noti che nell’ultimo esempio il numero 4 è un numero pari, quindi il primo evento
costituisce un sottoinsieme del secondo evento, se visti come parti di Ω. In generale
Matematica 557
Due eventi A e B sono detti eventi complementari quando sono disgiunti e la somma
delle loro probabilità è unitaria: P (A) + P (B) = 1, A ∩ B = ∅.
In altri termini due eventi sono complementari quando rappresentano una partizione
di Ω in due sottoinsiemi a intersezione nulla la cui unione coincide con Ω stesso.
Matematica
L’esempio più classico di eventi complementari è l’uscita di testa T o di croce C nel lancio
di una moneta. In tal caso Ω = {T, C} e T ∩ C = ∅.
Sono ancora eventi complementari l’uscita di un numero pari e quella di un numero
dispari nel lancio di un dado, cosı̀ come l’uscita di un numero maggiore di 4 e quella di
un numero minore o uguale a 4 sempre nel lancio di un dado.
Si noti che considerando ancora il lancio di un dado gli eventi uscita di un numero
maggiore di 3 e uscita di un numero minore di 3 non sono complementari: pur essendo
disgiunti la loro unione non coincide con tutto Ω perché l’evento uscita del numero 3 non
è compreso in nessuno dei due.
Si definisce evento unione di due o più eventi quello che corrisponde al verificarsi di
almeno uno di quelli menzionati. Nel linguaggio parlato l’evento unione è caratterizzato
dalla congiunzione o, cui corrisponde l’operazione di unione tra insiemi e quella di
addizione tra numeri.
558 Probabilità
L’intersezione tra le due parti di Ω contiene infatti modalità che appartengono a en-
trambi gli eventi e se si contassero separatamente le configurazioni in cui si verifica A
e quelle in cui si verifica B queste modalità verrebbero contate due volte. Per evitare
tale errore bisogna sottrarre al conteggio cosı̀ effettuato il numero di configurazioni
appartenenti all’intersezione.
Cominciamo con l’analizzare l’evento unione di due eventi incompatibili.
La situazione è più delicata nel caso di due eventi compatibili, come nell’esempio
seguente.
Due eventi sono detti eventi indipendenti quando il verificarsi dell’uno non incide sul
verificarsi dell’altro. Se invece il verificarsi di un evento modifica le possibilità con cui
si realizza un secondo evento allora i due sono detti eventi dipendenti.
Matematica 559
Nel lancio contemporaneo di due dadi le uscite dei due dadi sono indipendenti: se
ad esempio il primo dado si ferma con la faccia corrispondente al 5 rivolta verso l’alto
il secondo può fermarsi con una qualsiasi delle sei facce verso l’alto, è indipendente dal
primo.
L’indipendenza di due eventi si vede ancora meglio nelle estrazioni da un’urna: se la
prima pallina estratta viene reinserita nell’urna la seconda estrazione è indipendente dalla
prima, perché le condizioni iniziali della seconda estrazione sono le stesse della prima. Se
invece la pallina estratte viene tenuta fuori la seconda estrazione avviene in condizioni
diverse rispetto a quelle che si avrebbero se non ci fosse stata la prima estrazione, quindi
la seconda estrazione dipende in tal caso dalla prima.
Quando un evento dipende da un altro la sua probabilità è differente da quella che gli
competerebbe se avvenisse singolarmente. In altri termini l’evento da cui dipende va a
modificare o il numero di casi favorevoli per il secondo evento o quello dei casi totali o
Matematica
entrambi i numeri, per cui in ogni caso la probabilità associata al secondo evento è un
numero diverso da quello della sua probabilità singola.
Se l’urna contiene 3 palline bianche e 7 palline nere la probabilità a priori di estrarre una
pallina bianca è P (B) = 3/10 = 30%. Si supponga di procedere con una prima estrazione
in cui viene estratta una pallina nera e a una seconda estrazione in cui la pallina nera
viene rimessa nell’urna. La probabilità che in questa seconda estrazione esca una pallina
bianca è identica alla probabilità singola determinata prima, perché le due estrazioni sono
indipendenti: le condizioni in cui avviene la seconda estrazione sono immutate rispetto
all’estrazione singola della pallina bianca, cioè P (B|N ) = P (B).
Consideriamo invece la probabilità che la seconda pallina estratta sia bianca nel caso in
cui la prima pallina nera estratta venga tenuta fuori dall’urna. Le due estrazioni sono ora
dipendenti, infatti per la seconda estrazione il numero di casi favorevoli è ancora 3 ma
il numero di casi totali non è più 10 bensı̀ 9. Si ha quindi P (B|N ) = 3/9 = 1/3 = 33%.
Si noti che la probabilità è ora aumentata rispetto a quella singola. È semplice verificare
che invece la probabilità che la seconda estrazione dia una pallina nera è inferiore alla
probabilità singola di estrarre una pallina nera: 6/9 = 66% < 7/10 = 70%.
Questo esempio numerico consente agevolmente di convincersi della validità del seguen-
te teorema: la probabilità condizionata di un evento A rispetto a un evento B è data
dalla relazione
P (A ∩ B)
(14.3) P (A|B) = .
P (B)
560 Probabilità
Spesso due eventi sono contemporanei. In tal caso bisogna fissare arbitrariamente
un ordine temporale e ipotizzare che uno dei due avvenga un istante prima dell’altro.
Questa ipotesi consente di determinare se i due eventi sono dipendenti o meno.
Probabilità
Notiamo che poiché la probabilità di un singolo evento è non maggiore dell’unità il pro-
dotto di due o più probabilità è un numero sempre più piccolo al procedere delle mol-
tiplicazioni. D’altronde ciò corrisponde a richiedere contemporaneamente il verificarsi
di più condizioni e questo restringe sempre più il numero di configurazioni favorevoli.
Matematica 561
Spesso la congiunzione viene mascherata nel testo di un problema non banale: qua-
lunque sia il testo che riguarda più di un evento elementare bisogna trasformarlo in
modo da avere sempre una congiunzione o e una congiunzione e.
Nel caso di problemi molto difficili talvolta bisogna scindere il problema in due sot-
toproblemi, generalmente a uno dei due compete la congiunzione e mentre all’altro la
congiunzione o.
Matematica
Un discorso analogo vale nelle estrazioni dei giochi numerici come il lotto o il su-
perenalotto: nonostante molte persone ritengano di puntare su un numero che non
viene estratto da molto tempo, ogni estrazione è indipendente dalle altre. È come se
la memoria delle estrazioni venisse cancellata e quindi un numero che non esce da
numerose estrazioni non è favorito rispetto a un numero che è stato estratto soltanto
nell’estrazione precedente.
singolo evento sia quando l’evento non è elementare e può corrispondere a diverse
configurazioni. Nel seguito illustriamo alcuni esempi chiarificatori.
Torniamo all’esempio della sezione precedente, riguardante l’urna con 3 palline bianche e
7 palline nere. Abbiamo già calcolato la probabilità che la prima estratta sia bianca e le
altre due nere, cioè P (BN N ). Nel testo l’aggettivo numerale fa corrispondere un’unica
configurazione all’evento voluto. Se si eliminano gli aggettivi prima e altre il discorso
cambia: vi sono più configurazioni corrispondenti al caso favorevole.
Calcoliamo infatti la probabilità che in tre estrazioni consecutive dalla stessa urna si
abbia come risultato una pallina bianca e due nere. Stavolta non è più richiesto che la
bianca sia la prima. Abbiamo quindi le seguenti configurazioni favorevoli: BN N , N BN
e N N B. Poiché vanno bene tutte, cioè una qualsiasi di esse va bene, dobbiamo sommare
le rispettive probabilità!
In altri termini l’esercizio richiede che l’estrazione sia BN N o N BN o N N B. I tre eventi
globali sono indipendenti: o si verifica il primo o il secondo o il terzo e si escludono a
vicenda, quindi una volta determinate le tre probabilità dovremo semplicemente sommar-
le. P (BN N ) è stata già determinata. Troviamo ora P (N BN ) = (7/10) · (3/9) · (6/8) =
7/40 = 17, 5%. Allo stesso modo P (N N B) = (7/10) · (6/9) · (3/8) = 7/40 = 17, 5%. Si
Probabilità
noti che i tre risultati sono identici e questo non è un caso, ma la norma, come si può
realizzare basandosi su considerazioni statistiche come quelle riportate nel capitolo 13.
Il risultato del problema è dunque Ptot = P (BN N ) + P (N BN ) + P (N N B) =
3P (BN N ) = 3 · 17, 5% = 52, 5%.
Immaginiamo di avere una partita di 10 uova di pasqua tutte con la stessa confezione
esterna. Di queste solo 3 contengono una sorpresa d’oro e le altre un monile d’argento.
Troviamo la probabilità di trovare due sorprese dorate aprendo 4 uova a caso. A differenza
delle estrazioni di prima, qui non è agevole rappresentare per elencazione le configura-
zioni favorevoli: bisogna ricorrere al calcolo combinatorio. Una configurazione favorevole
corrisponde ad avere 2 scatole con sorpresa d’oro e 2 con sorpresa d’argento: è il prodotto
di due numeri.
Matematica 563
Nelle aperture delle uova l’ordine non conta, quindi si considerano le combinazioni sem-
plici della sezione 13.6. Il prodotto è dato da C3,2 · C7,2 : ci si chiede in quanti modi si
possono avere coppie di uova con sorpresa dorate da un totale di 3 di esse abbinate a
coppie di uova con sorpresa argentata da un totale di 7 uova di questo secondo tipo. Il
risultato è
3! 7! 3·2·1 7·6
(14.6) C3,2 · C7,2 = · = · = 3 · 7 · 3 = 42 .
2! · 1! 2! · 5! 2·1 2
Bisogna ricorrere al calcolo combinatorio anche per determinare il numero di configu-
razioni totali. In questo caso si deve calcolare in quanti modi si possono selezionare 4
uova da un gruppo di 10. L’ordine non conta quindi si tratta di combinazioni semplici:
calcoliamo C10,4 .
10! 10 · 9 · 8 · 7
(14.7) C10,4 = = = 30 · 7 = 210 .
4! · 6! 4·3·2
La probabilità cercata è quindi il rapporto tra i due numeri determinati:
42
(14.8) Ptot = = 0, 2 = 20% .
Matematica
210
14.9 Quesiti
Matematica
la D e la E vanno scartate perché incomplete e imprecise. La risposta corretta è
la A in quanto eventi incompatibili hanno intersezione nulla.
9) La A , la B e la C espongono situazioni non corrispondenti alla probabilità con-
dizionata e vanno escluse. La D inverte la correlazione e quindi va scartata. La
risposta corretta in base alla definizione è la E .
In tutta la teoria di fisica si è fatto ricorso il meno possibile alle relazioni matematiche
per facilitare la comprensione dei fenomeni descritti. Le formule presenti sono indispen-
sabili a una corretta definizione di alcune grandezze e sono molto utili per la risoluzione
di svariati quesiti. Nei primi due moduli, che contengono formule in percentuale supe-
riore rispetto al resto del testo, si è fatto largo uso di esempi anche numerici in modo
da consentire al lettore di provare subito l’applicazione delle relazioni riportate.
Nel quarto e quinto modulo, invece, che sono a carattere più teorico e trattano
descrizioni macroscopiche di fenomeni la cui reale natura si fonda nel mondo microsco-
pico, si è fatto ampio uso di approfondimenti per facilitare una visione più chiara
dei meccanismi che regolano quanto riportato.
Tutto il testo è poi cosparso di osservazioni e di evidenziazioni per fissare alcuni
concetti chiave o chiarire punti eventualmente ambigui per una persona che si avvicina
per la prima volta al mondo della fisica.
Ogni volta che è stata introdotta la definizione di una grandezza, inoltre, ciò è
stato segnalato con un’opportuna veste grafica, in modo da permettere un ripasso più
rapido e meglio organizzato. Per lo stesso fine sono state evidenziate in grassetto le
parole più significative delle varie sezioni.
Ogni modulo è concepito come a sé stante e allo stesso modo ogni capitolo rappre-
senta un’unità di apprendimento che può essere affrontata indipendentemente dalle
altre. All’interno dei capitoli le varie sezioni seguono lo stesso criterio: gli argomenti
trattati in una sezione per lo più non necessitano una consultazione di altre sezioni.
Eccezione a tale regola è rappresentata dalle dimensioni e dalle unità di misura delle
varie grandezze, che sono riportate nel primo capitolo. Ogni volta però è stato indicato
il riferimento opportuno.
Il testo presenta comunque una sua continuità, per cui sebbene sia possibile dedicarsi
Fisica
Si definisce grandezza tutto ciò cui può essere associato un numero. L’associazione
avviene tramite il processo di misurazione.
Da tale definizione discende che mentre rientrano nel campo della fisica ad esempio la
frequenza della luce emessa dal sole, l’energia contenuta in ogni fotone che viaggia con
essa e il tempo impiegato a raggiungere il nostro viso, lo stesso non si può dire delle
variazioni di umore associate a tale emissione luminosa.
1.2 Misurazione
Misurare significa confrontare una grandezza con un’analoga grandezza scelta come
campione, cioè calcolare il rapporto tra la grandezza in questione e il campione, cui si
associa valore unitario.
Per conoscere la lunghezza di un’asse, ad esempio, basta vedere quante volte la grandezza
chiamata metro è contenuta nella lunghezza da misurare.
570 Misure
Sebbene si possa utilizzare qualsiasi grandezza come campione conviene sceglierne una
facilmente reperibile, su cui ci sia accordo universale e che non risenta delle influenze
dell’ambiente. Le grandezze campione vengono chiamate unità di misura. Teorica-
mente ogni grandezza potrebbe avere una propria unità di misura ma ciò sarebbe
controproducente. Nel sistema internazionale (S.I.), una convenzione sulle misure in-
trodotta nel 1960, le grandezze vengono distinte in fondamentali e derivate. Le prime
sono chiamate anche dimensioni e alle loro unità di misura sono associati nomi specifici,
le unità di misura delle seconde vengono ricavate in base alle prime, non sempre hanno
nomi propri.
Fisica
Induzione magnetica (B) tesla (T)
Tabella 1.2: Principali grandezze derivate nel S.I.
derivata. Ad esempio l’unità di misura c.g.s. dell’impulso e della quantità di moto sarà
dina·secondo.
Per ricavare le unità di misura di una costante presente in una formula basta invertire
la formula come se la costante fosse l’incognita e le sue dimensioni saranno quelle della
soluzione. Ad esempio per ricavare le dimensioni della costante di gravitazione universale
G si inverte la formula della gravitazione universale:
m1 · m2 r2 N m2
(1.1) F =G ⇒ G=F ⇒ [G] = [F ][L2 ][M −2 ] = .
r2 m1 · m2 kg2
Fisica 573
1.5 Conversioni
Per operare una conversione tra diversi multipli della stessa unità di misura conviene
considerare i seguenti aspetti:
vedere se nella retta dei multipli e sottomultipli ci si sposta verso destra o verso
sinistra;
in uno spostamento a sinistra si sta dividendo, quindi il risultato sarà minore del
valore di partenza;
Fisica
spostare la virgola del valore da convertire di tanti posti quanti quelli contati;
se nel valore iniziale non compare la virgola la si considera come a destra dell’ul-
tima cifra;
in una moltiplicazione ogni posto rimasto libero a destra tra l’ultima cifra a destra
del numero e la virgola va riempito con uno zero;
in una divisione ogni posto rimasto libero a sinistra tra la virgola e la prima cifra
a sinistra del numero va riempito con uno zero e inoltre va aggiunto uno zero a
sinistra della virgola
Quando la conversione riguarda potenze di una certa unità di misura, ad esempio aree
o volumi che sono rispettivamente lunghezze alla seconda e alla terza, allora l’esponente
della potenza (nell’esempio il 2 o il 3) va moltiplicato per il numero di posti in Figura
1.2 tra i multipli che interessano la conversione. In altre parole mentre 1 dm = 0,1 m si
ha che 1 dm3 = 0,001 m3 .
574 Misure
Se si vuole convertire una velocità espressa in m/s in km/h basta considerare che 1 km
= 1000 m e 1 h = 3600 s quindi
km 103 m 1 m m km
(1.2) 1 =1 = ⇒ 1 = 3,6 .
h 3,6 × 103 s 3, 6 s s h
Ciò però non significa che per convertire un’accelerazione da m/s2 in km/h2 occorra
dividere per 3,6 come nel caso della velocità. La misura di tempo, infatti, in questo caso
è moltiplicata al quadrato. La conversione quindi è
km 103 m 1 m m km
(1.3) 1 2 = 1 = ⇒ 1 = 12 960 2 .
h (3,6 × 103 s)2 12,96 × 103 s2 s2 h
Bisogna fare attenzione a non confondere i multipli decimali con i multipli binari. Dal 1998
la convenzione accettata dal S.I. implica che questi ultimi vengano distinti aggiungendo una i
minuscola al simbolo del corrispondente multiplo decimale, precisazione particolarmente utile
in ambito informatico. In tal modo 1 kB = 1000 B mentre 1 KiB = 1024 B.
Quesiti
1) Una grandezza è qualsiasi cosa che: A cal e joule
C m/s4 A f, p, µ, h, a
D m4 /s4 B p, f, h, a, µ
E m2 /s4 C a, f, p, µ, h
Fisica
D lavoro e potenza D forza
E velocità e velocità angolare E distanza
6) Quale delle seguenti frequenze è mino- 10) Che relazione c’è tra il sistema M.K.S.
re? e il S.I.?
7) Le potenze di dieci corrispondenti ai prefissi riportati nella Tabella 1.4 indicano che
la risposta esatta è la C .
8) In base alle caratteristiche enunciate nella sezione 1.3 si deduce che la risposta
corretta è la E . Infatti la A è falsa perché non vale per le unità di misura di
tempo, la B e la C sono palesemente false, la D è falsa perché le relazioni sono
matematiche e non necessariamente logaritmiche.
Misure
10) Dalle definizioni dei due sistemi presenti nella sezione 1.3 si ha che i due sistemi
sono sinonimi, quindi la risposta esatta è la C .
Grandezze scalari
e vettoriali 2
Introduzione
Poiché molte grandezze fisiche hanno una natura vettoriale, in questo capitolo verrà
presentata l’algebra dei vettori. Si illustreranno la rappresentazione di un vettore in un
sistema di riferimento e come effettuare le operazioni sui vettori.
Nella seconda parte si affronterà l’importante concetto di campo, specificando le
proprietà di un campo vettoriale e il relativo flusso.
Le grandezze scalari, essendo rappresentate da numeri, sono soggette alle usuali rego-
le dell’algebra, ovvero possono essere composte utilizzando le normali proprietà delle
operazioni sui numeri reali. Le grandezze vettoriali, invece, hanno un’algebra differen-
te, cioè nell’insieme dei vettori si introducono operazioni diverse rispetto a quelle sui
numeri reali, come si vedrà nella sezione 2.4.
Nel seguito si indicherà una grandezza vettoriale con una freccia sopra il suo simbolo,
ad esempio ~v , mentre il suo modulo viene indicato senza la freccia, cioè v.
dal punto di partenza, mentre nello studio dell’espansione di un gas occorreranno tre
dimensioni perché il fenomeno interessa un volume.
Si definisce sistema di riferimento cartesiano una coppia (in due dimensioni) o una
terna (in tre dimensioni) di assi ortogonali, cioè rette orientate perpendicolari. Il punto
d’incontro degli assi è chiamato origine e indicato con una O mentre le coordinate sono
indicate con x, y e z. Per convenienza si sceglie la stessa unità di misura sugli assi.
Fisica
ni di riferimento. Si hanno infatti il sistema equa-
Figura 2.4: Coordinate sferiche per de-
toriale, quello orizzontale, quello eclittico e quello
terminare un punto sulla superficie
galattico. terrestre o sulla volta celeste.
Quando il sistema ha simmetria cilindrica
conviene usare coordinate cilindriche, formate dalla distanza dall’origine (),
dall’azimut (ϑ) e dall’altezza (z).
(
x = % cos ϑ ,
da polari a cartesiane nel piano
y = % sen ϑ .
p
% = x2 + y 2 ,
da cartesiane a polari nel piano
ϑ = arctan y .
x
x = % sen ϕ cos ϑ ,
y = % sen ϕ sen ϑ , da polari a cartesiane nello spazio
z = %pcos ϕ .
2 2 + z2 ,
% = x +y
y
ϑ = arctan
,
x ! da cartesiane a polari nello spazio
p
x2 + y 2
ϕ = arctan
z
x = % cos ϑ ,
y = % sen ϑ , da cilindriche a cartesiane nello spazio
z=h p.
% = x2 + y 2 ,
y
ϑ = arctan , da cartesiane a cilindriche nello spazio
x
h=z
Tabella 2.1: Trasformazioni di coordinate nel piano e nello spazio.
−→
estremo nell’origine. Un vettore OP quindi può essere rappresentato come una freccia
Grandezze
Le componenti di un vettore sono vettori giacenti lungo gli assi di riferimento tali che la
loro somma vettoriale è uguale al vettore considerato e ottenuti attraverso le proiezioni
del vettore di partenza sugli assi.
Quando un vettore ha modulo unitario, viene chiamato versore e indicato con un accen-
to circonflesso invece che con una freccia. I versori servono semplicemente ad indicare
direzioni. Sono esempi di versori le direzioni dell’asse x, y e z, generate rispettivamente
dai versori î, ĵ e k̂.
Bisogna quindi fare attenzione a non confondere le coordinate, che sono numeri, con
le componenti, che sono vettori.
Una relazione analoga vale nello spazio, dove basta aggiungere il quadrato della com-
ponente lungo il terzo asse.
Scomporre i vettori è molto utile, perché in tal modo le operazioni sui vettori si ri-
ducono a operazioni sulle loro componenti, cioè su numeri. Per sommare due vettori
bidimensionali, ad esempio, basta scomporli nelle rispettive componenti, sommare le
componenti x e quelle y e poi applicare il teorema di Pitagora alle due somme per
trovare il modulo del vettore risultante.
Fisica
plicazione generale e può essere utilizzata per la somma di un numero arbitrario di vet-
tori.
Per applicare la regola del parallelogramma bi-
sogna far coincidere gli estremi iniziali dei due vet-
tori e dalle estremità di ognuno dei due costruire
un parallelogramma riportando l’altro vettore, co-
me mostrato in Figura 2.5. Il vettore somma è rap- Figura 2.5: Somma e sottrazione tra
presentato dalla diagonale del parallelogramma che una coppia di vettori con la regola del
congiunge l’origine comune dei vettori con l’estremo parallelogramma.
opposto del parallelogramma.
Per applicare la regola punta-coda si sceglie
arbitrariamente un vettore, dalla sua estremità si fa
partire un secondo vettore, dalla cui estremità si fa
partire un terzo e cosı̀ via sino a formare una spez-
zata, come mostrato in Figura 2.6. Congiungendo Figura 2.6: Somme algebriche tra un
l’estremità iniziale della spezzata con la finale si numero arbitrario di vettori con la regola
punta-coda.
ottiene il vettore risultante.
Qualora la spezzata fosse una poligonale, ovvero rappresentasse un percorso chiuso,
ciò non significa che la somma dei vettori è 0, bensı̀ che è il vettore nullo. Quest’ultimo
è un vettore di modulo nullo e rappresenta l’elemento neutro della somma tra vettori.
582 Grandezze scalari e vettoriali
Per calcolare la differenza tra due vettori si può costruire il parallelogramma come
indicato per la somma, il vettore differenza è rappresentato dall’altra diagonale. Un
modo più efficace per calcolare la differenza tra vettori è considerare quest’ultima come
una somma algebrica. Un vettore preceduto da un segno meno può essere identificato
con il vettore opposto a quello originario, cioè uguale a quest’ultimo moltiplicato per
il numero −1. Si ottiene in tal modo un vettore che ha la stessa origine del precedente
e la stessa direzione, ma verso opposto. Sommare il vettore opposto equivale a fare la
differenza, come mostrato in Figura 2.6.
Poiché il coseno vale 0 per angoli di 90◦ , 1 per angoli nulli e −1 per angoli di 180◦ si
ha che il prodotto scalare tra due vettori è nullo quando i vettori sono perpendicolari,
è massimo e coincide con il prodotto dei moduli quando sono paralleli ed è invece
minimo (cioè pari al massimo ma negativo) quando sono antiparalleli, cioè hanno la
stessa direzione ma verso opposto.
Nel seguito per non appesantire la notazione si userà lo stesso simbolo per il prodotto
scalare tra vettori e per l’usuale moltiplicazione tra scalari. La natura delle grandez-
ze coinvolte nell’espressione consentirà senza ambiguità di capire di quale delle due
operazioni si tratta.
Fisica 583
Poiché il seno vale 0 per angoli di 0◦ e 180◦ e 1 per angoli di 90◦ si ha che il prodotto
vettoriale tra due vettori è il vettore nullo quando i vettori sono paralleli o antiparalleli,
mentre è un vettore il cui modulo è pari al prodotto dei moduli dei vettori di partenza
quando i vettori sono perpendicolari.
Fisica
2.5 Campi scalari e vettoriali
Figura 2.9: Esempio di campo di forze genera- Figura 2.10: Esempio di campo vettoriale dato
to da una carica sorgente: lo spessore della frec- dalla velocità in ogni punto della corrente di un
cia è proporzionale all’intensità del vettore forza corso d’acqua.
in quel punto. Nell’esempio l’intensità della for-
za è inversamente proporzionale alla distanza del
punto dalla carica sorgente.
584 Grandezze scalari e vettoriali
Un campo è una regione di spazio caratterizzata da una certa proprietà, in virtù della
quale ad ogni punto della regione è possibile associare un oggetto matematico. Questa
caratteristica deriva dalle modificazioni ai punti dello spazio generate da una sorgente
del campo, chiamata anche carica centrale.
Qualora ad ogni punto si possa associare un numero allora si parla di campo scalare.
L’associazione è effettuata attraverso un processo di misura.
Un esempio di campo vettoriale è dato dalla velocità della corrente di un fiume: ad ogni
volume infinitesimo di acqua corrisponde un valore preciso della velocità. A causa di
perturbazioni vorticose e della conformazione del letto del corso d’acqua le velocità non
saranno tutte uguali.
Grandezze
Poiché le forze sono vettori, campi vettoriali particolarmente interessanti in fisica sono
i campi di forza. Si tratta di regioni di spazio in cui ad ogni punto è possibile asso-
ciare un vettore forza. Tale forza è generata dalla sorgente del campo. Tale situazione
corrisponde ad esempio a una regione vuota con una massa al centro fissa. Ponendo
una piccola massa mobile in ogni altro punto della regione, questa risentirà della forza
di gravità che la attrae verso la massa centrale. Al variare della posizione della massa
mobile varieranno direzione e intensità del vettore forza.
Per rappresentare meglio un campo vettoriale si ricorre spesso all’introduzione delle
sue linee di forza, linee che in ogni punto sono tangenti alla direzione del campo stesso.
Lungo le linee di forza si disegnano frecce per indicare l’intensità del campo in quel
punto, con la convenzione che la lunghezza delle frecce è direttamente proporzionale al
modulo del campo calcolato in quel punto.
attraverso una
Il flusso Φ di un campo vettoriale B
la cui normale forma un an-
superficie orientata S
golo α con le linee di forza del campo è espresso
dalla seguente formula:
(2.4) = |B|
ΦS (B) · S cos α .
Dalle proprietà del prodotto scalare discende che se le linee di forza del campo sono
parallele alla superficie il flusso è nullo, mentre è massimo in modulo quando le linee
sono perpendicolari; il segno dipende dalla concordanza o meno del verso della superficie
orientata con quello del campo.
Fisica
Un’importante applicazione delle definizione di flusso si ha in elettromagnetismo, in cui le
variazioni del flusso del campo magnetico generano tensioni.
Quesiti
6) In base alla definizione della procedura da seguire per la regola punta-coda, come
rappresentato in Figura 2.6, si ha che la risposta corretta è la D . Le altre quattro
sono affermazioni equivalenti e quindi andrebbero comunque scartate a priori.
Fisica
7) Dalle proprietà del prodotto vettoriale definito dalla relazione 2.3 si ha che il ri-
sultato deve essere un vettore perpendicolare a entrambi i vettori di partenza. In
questo caso non può dunque giacere nel piano xy (la D è da scartare) né tanto-
meno essere perpendicolare al versore ẑ (la B è da scartare), poiché queste due
affermazioni sono equivalenti. Il modulo del vettore risultante in generale dipende
dai moduli dei vettori iniziali, se ne deduce che la risposta esatta è la A .
8) In base alla definizione di campo di forza come campo vettoriale, si ha che tutte
le alternative potrebbero essere corrette. La E , però, va correlata soltanto a un
campo gravitazionale in cui la massa centrale ne rappresenta la sorgente, quindi
rappresenta la risposta corretta.
Si definisce punto materiale qualsiasi oggetto dotato di massa le cui dimensioni siano
trascurabili rispetto a quelle del sistema fisico di cui fa parte.
3.2 Posizione
La posizione ~r è una grandezza vettoriale che indica dove si trova un punto materiale
rispetto all’origine del sistema di riferimento scelto.
Poiché nel moto la posizione varia nel tempo, per descrivere il moto bisogna conoscere
la funzione vettoriale ~r(t). Questa richiesta si traduce nel volere conoscere come variano
le coordinate nel tempo, che sono funzioni scalari. In tre dimensioni, quindi, per de-
terminare il moto bisogna conoscere tre funzioni scalari del tempo: x(t), y(t) e z(t) nel
Fisica 589
caso di riferimento cartesiano. In due dimensioni, invece, basta conoscere due funzioni
scalari del tempo, ad esempio %(t) e ϑ(t) in un riferimento polare.
Non bisogna confondere il vettore posizione con la distanza del punto dall’origine.
Fisica
cartesiane all’istante iniziale t0 e quelle ad
un istante successivo t1 . La linea curva che unisce la posizione del punto P all’istante
t0 a quella occupata dal punto nell’istante t1 rappresenta la traiettoria. La distanza in
linea retta che va da P (t0 ) a P (t1 ) rappresenta il modulo dello spostamento.
−→
Si definisce spostamento ∆r il vettore rappresentato dalla differenza tra il vettore
posizione in un certo istante e lo stesso vettore in un istante precedente.
In formule si ha
−→
(3.1) ∆r = ~r (t1 ) − ~r (t0 ).
La lunghezza della traiettoria può essere minore della distanza percorsa durante il
moto: considerando un atleta che corre lungo un pista dritta dal punto A al punto
B e poi torna indietro ad A, si ha che la traiettoria è lunga quanto il segmento AB
mentre la distanza percorsa è pari a 2 AB.
590 Cinematica
Si definisce velocità media ~vm tra due istanti il rapporto tra il vettore spostamento
tra i due istanti e l’intervallo di tempo considerato. La velocità media è un vettore, si
misura in m/s e ha le dimensioni [v] = [L]1 [M ]0 [T ]−1 .
−→
∆r ~r (t1 ) − ~r (t0 )
(3.2) ~vm = = .
∆t t1 − t0
Dalla definizione si deduce che la velocità media ha la stessa direzione e lo stesso verso
del vettore spostamento.
Si definisce velocità istantantea ~v (t) il limite per intervalli di tempo infinitesimi della
velocità media. La velocità istantanea ha le stesse dimensioni e unità di misura della
velocità media.
(3.3)
−→
∆r ~r (t1 ) − ~r (t0 )
~v (t) = lim = lim .
∆t→0 ∆t t1 →t0 t1 − t0
Cinematica
Si definisce accelerazione media il rapporto tra la variazione di velocità tra due istanti e
l’intervallo di tempo compreso tra di essi. L’accelerazione media è un vettore, si misura
in m/s2 e ha le dimensioni [a] = [L]1 [M ]0 [T ]−2 .
−→
∆v ~v (t1 ) − ~v (t0 )
(3.4) ~am = = .
∆t t1 − t0
Dalle regole dell’algebra vettoriale si ha che in genere accelerazione e velocità hanno
direzioni diverse. L’unico caso in cui la direzione è la stessa si ha in un moto rettilineo,
in cui anche il verso coinciderà in caso di aumento di velocità (accelerazione), mentre
sarà opposto per diminuzione di velocità (frenata).
Fisica 591
−→
∆v ~v (t1 ) − ~v (t0 )
(3.5) ~a (t) = lim = lim .
∆t→0 ∆t t1 →t0 t1 − t0
Le due classificazioni possono sovrapporsi per identificare particolari tipi di moti, quali
Fisica
quelli riportati nelle sezioni seguenti, che rappresentano i principali moti studiati in
cinematica. Ogni moto è caratterizzato dalla propria legge oraria e dalla legge della
variazione della velocità, un sistema di relazioni matematiche che lega posizione,
velocità e accelerazione in ogni istante. Conoscendo il valore iniziale di queste grandezze
cinematiche, il sistema consente di calcolarne il valore in ogni altro istante. Spesso con
legge oraria si intende l’intero sistema; laddove necessario sarà invece specificato a quale
delle due relazioni ci si riferisce.
Sia l’origine del sistema di riferimento che i versi positivi degli assi che l’istante iniziale
per descrivere il moto in un opportuno sistema di riferimento sono scelte arbitrarie.
Operare la scelta adeguata significa semplificare molto i calcoli.
Un moto rettilineo uniforme ha per traiettoria una linea retta (o parte di essa) e velocità
costante.
Ovviamente per tale moto conviene usare un sistema di coordinate cartesiano mo-
nodimensionale. Chiamando x (t) la coordinata del moto, la legge oraria del M.R.U.
592 Cinematica
è
(
x (t) = x (t0 ) + v · t ,
(3.6)
v (t) = v (t0 ) .
La velocità è un vettore, quindi quando si richiede velocità costante si intende che non
deve variarne né il modulo, né la direzione né il verso.
Prima di illustrare l’utilità della legge oraria riportando il seguente esercizio si ricorda
la necessità di convertire sempre le grandezze cinematiche nelle opportune unità di
misura, secondo quanto mostrato nel capitolo 1.
Se un’auto viaggia verso nord a 20 km/h, che distanza avrà percorso dopo 90 minuti?
Per rispondere a questo problema, come per tutti gli altri riguardanti la cinematica,
piuttosto che usare semplicemente la relazione v = s/t conviene inserire i dati disponibili
nella corrispondente legge oraria. In questo caso la posizione iniziale x (t0 ) può essere
arbitrariamente assunta pari a 0, soprattutto perché in tal modo la richiesta di distanza
equivale a trovare la posizione all’istante t = 90 minuti. Trattandosi di un M.R.U. la
velocità iniziale coincide con quella di tutto il tragitto. Convertendo il tempo in ore
(90/60 = 1, 5) e moltiplicandolo per la velocità grazie alla 3.6 si trova x (1, 5) = 0 + 20 ·
1, 5 = 30 km.
Cinematica
Un moto uniformemente accelerato ha per traiettoria una linea retta (o parte di essa)
e accelerazione costante.
La costanza dell’accelerazione implica che essa non può variare neppure solo per verso o
per direzione, dunque il moto deve essere rettilineo. Conviene ancora usare un sistema
di coordinate cartesiano monodimensionale. Chiamando x (t) la coordinata del moto,
la legge oraria del M.U.A. è
x (t) = x (t ) + v (t ) · t + 1 a · t2 ,
0 0
(3.7) 2
v (t) = v (t0 ) + a · t .
Si noti che la relazione tra velocità e accelerazione nel M.U.A. è la stessa di quella
tra posizione e velocità nel M.R.U. Tale dipendenza funzionale è meglio evidenziata
dai grafici 3.4 e 3.5 spazio-tempo, velocità-tempo e accelerazione-tempo dei due moti
riportati di seguito.
Se un’auto che viaggia per 30 minuti verso nord a 20 km/h, a un certo punto frena
con decelerazione costante a = −10 km/h2 , quanto impiega a fermarsi? A volte alcune
informazioni fornite sono inutili alla risoluzione del problema. In questo caso, ad esempio,
il tempo per il quale è stata mantenuta la velocità costante non ha alcuna importanza
per calcolare il tempo di frenata. Conviene inoltre porre uguali a 0 sia il tempo in cui
inizia la frenata sia la corrispondente posizione, cioè x (t0 ) = 0. Il tempo è presente sia
nella legge oraria che nella legge della variazione delle velocità della 3.7. Per capire quale
delle due occorre usare bisogna tradurre in numeri la situazione descritta. Sapendo che
all’istante finale il veicolo è fermo, si può sostituire 0 al posto di v (t) nel secondo rigo,
perché nell’istante finale la velocità è appunto nulla. Si ricava 0 = 20 − 10 · t. Invertendo
l’equazione si trova t = 20/10 = 2 h.
Figura 3.4: Grafici di posizione, velocità e accelerazione in funzione del tempo per il M.R.U.
Fisica
Figura 3.5: Grafici di posizione, velocità e accelerazione in funzione del tempo per il M.U.A.
In base a quanto si vedrà nella sezione 4.8.5 si ha che un grave è soggetto all’acce-
lerazione costante ~a = ~g rivolta verso il basso. Scegliendo un sistema di riferimento
cartesiano orientato verso l’alto con asse y, la legge oraria è
y (t) = y (t ) + v (t ) · t − 1 g · t2 ,
0 0
(3.8) 2
v (t) = v (t0 ) − g · t .
594 Cinematica
Se un corpo viene lanciato verso l’alto con velocità vi = 10 m/s, quale altezza massima
h raggiunge? Il moto è monodimensionale e l’accelerazione in tal caso ha modulo a =
−g, come nella 3.8. La risposta deve trovarsi nella prima riga della legge oraria, perché
l’altezza è una lunghezza. Non conoscendo però a quale istante il corpo occuperà proprio la
posizione corrispondente ad h, bisogna utilizzare la legge della variazione della velocità per
ricavarlo. Nell’istante desiderato, infatti, la velocità sarà nulla. Sostituendo 0 al termine
di sinistra si può ricavare il tempo necessario per raggiungere h:
v (t0 )
(3.9) 0 = v (t0 ) − g · t =⇒ t= .
g
Sostituendo tale espressione di t nella prima riga della 3.8, dove si pone y (t0 ) = 0, si ha
p
(3.11) vh = 2 g h.
Si definisce moto del proiettile un moto parabolico di un punto materiale che può essere
scomposto in un M.R.U. lungo l’asse orizzontale e in un moto di un grave lungo l’asse
verticale.
Tabella 3.2: Leggi orarie del moto del proiettile sui due assi.
viene raggiunta esattamente a metà della gittata e a metà del tempo di volo, che
l’angolo di caduta coincide con quello iniziale α e che la velocità di caduta vh è uguale
in modulo a quella iniziale v (t0 ). Nel punto di altezza massima si ha che la velocità vy
lungo l’asse y è nulla.
Data la scomposizione del moto e le simmetrie riportate si ha che per l’altezza
massima vale ancora la 3.10 (sostituendo al posto di v la sola componente vy ), mentre
il tempo di volo tv è dato dal doppio della 3.9. Sostituendo tale valore nel tempo
lungo l’asse x (nella a) della Tabella 3.2) si ottiene la gittata:
Fisica
√
con il piano orizzontale. Ricordando√che cos(45◦ ) = sen(45◦ ) = 2/2, si ricavano le due
velocità iniziali vx (t0 ) = vy (t0 ) = 5 2. Utilizzando per semplicità il valore g = 10m/s2 ,
dalle leggi orarie della Tabella 3.2 e dalle relazioni 3.10 e 3.12 sostituendo √ ai simboli
√ i
2
valori numerici
√ dati si ottiene
√ h = (1/2) · 10 /10 = 5 m, tv = 2 · 10 · ( 2/2)/10 = 2 s e
l = 2 · 10 · ( 2/2) · 10 · ( 2/2)/10 = 20 m.
Si definisce moto circolare uniforme il moto di un punto materiale che avviene lungo
una circonferenza con velocità angolare ω
~ costante.
596 Cinematica
∆ϑ
(3.13) ∧ r
v = ω ω= .
∆t
Relativamente ai moduli in ogni istante e per qualunque moto con traiettoria circolare
vale la relazione
(3.14) v = r·ω.
Per questo moto la vera coordinata è ϑ(t). Se si volesse graficare il moto si avrebbero
gli stessi andamenti della Figura 3.4 a patto di sostituire x(t) con ϑ(t). A differenza
Cinematica
del M.C.U. questo è un moto periodico ovvero dopo un preciso intervallo di tempo,
detto periodo T , il punto occupa nuovamente la stessa posizione con la stessa velocità
e la stessa accelerazione di un istante precedente. Si deduce che il periodo è il tempo
necessario a compiere un giro, che corrisponde a un angolo di 2π rad, per cui si ha
2π 2π
(3.15) ω= =⇒ T = .
T ω
1 ω
(3.16) f= =⇒ ω = 2π · f =⇒ f= .
T 2π
v2
(3.17) ac = = r · ω2 .
r
Fisica 597
Si definisce moto armonico quello della proiezione sul diametro di una circonferenza
del moto di un punto materiale che si muove di M.R.U.
dove ω è la pulsazione del moto, corrispondente alla velocità angolare del M.C.U. che
Fisica
genera il moto armonico; ϕ è la fase iniziale, cioè l’angolo dal quale parte il M.C.U. ed
è quindi legato alla x (t0 ). Sfasando di un angolo retto l’angolo iniziale, cioè ponendo
ϕ = 90◦ la 3.18 ha il seno al posto del coseno, dalla proprietà cos(π/2 + α) = sen(α).
Peculiarità del moto armonico è che in ogni istante l’accelerazione è legata alla
posizione dalla relazione a (t) = −ω 2 x(t).
Si definisce moto vario un moto nel quale l’accelerazione varia in modo arbitrario, non
costante. La traiettoria di un moto vario è una curva.
Si noti che la distanza l percorsa dalla canoa una volta giunta alla sponda opposta
è maggiore di quella y tra le due sponde perché, a causa della corrente, nel tempo
impiegato per percorrere y sull’asse verticale avrà percorso in orizzontale la distanza
x. Per trovare l si applica il Teorema di Pitagora.
Quesiti
1) Per conoscere il moto di un punto ma- 5) Se un corpo viene lasciato cadere da
teriale nello spazio occorre conoscere: un’altezza iniziale h = 20 m, approssi-
mando il valore di g a 10 m/s2 , con quale
A tre funzioni scalari del tempo velocità tocca terra?
B tre funzioni vettoriali del tempo A 400 m s−1
C una funzione scalare del tempo B 20 m s−1
C 40 m s−1
D una funzione vettoriale dello spazio
D 2 m s−1
E il modulo di una funzione vettoriale del
tempo E 4 m s−1
6) Se un proiettile viene lanciato verso
2) Che rapporto c’è tra la velocità istan- l’alto con velocità iniziale vi = 10 m/s
tanea e la traiettoria di un punto che forma un angolo con l’orizzonte di
materiale? 30◦ approssimando il valore di g a 10
m/s2 , quanto tempo impiega per toccare
A nessuno
terra?
B la traiettoria è sempre tangente alla A 1s
velocità istantanea
B 10 s
C la velocità istantanea è sempre tangente
alla traiettoria C 2s
Fisica
circonferenza mantenendo una velocità A rad/s
tangenziale costante di 10 m/s quale B rad m/s
affermazione è corretta riguardo alla
velocità media? C rad/s2
D m/s2
A è un vettore di modulo 10 m/s
E rad s
B coincide con il modulo del vettore
8) Quale delle seguenti relazioni è corretta
velocità tangenziale e vale 10 m/s
per il moto armonico?
C coincide con il vettore nullo
A v (t) = −ω 2 x(t)
D la domanda è priva di senso perché la
B x (t) = −ω 2 v(t)
velocità media è definita solo per moti
rettilinei C x (t) = −ω 2 a(t)
E è un vettore il cui modulo vale 3600 m/s D a · t = −ω 2 x(t)
E a (t) = −ω 2 x(t)
4) Quale dei seguenti criteri non consente
una classificazione appropriata dei tipi 9) Se una canoa viaggia da nord a sud con
di moto? velocità vS in un fiume la cui corren-
te verso est ha velocità vE doppia di
A traiettoria e velocità vS , qual è il rapporto tra i moduli della
velocità assoluta vA e di vS ?
B traiettoria e accelerazione
A 2
C traiettoria
B 1/2
D velocità √
C 3
E traiettoria e posizione √
D 2
600 Cinematica
√
E 5 B 0m
10) Se un atleta salta verso l’alto con velo-
C 30 m
cità v = 10 m/s e tocca nuovamente ter-
ra soltanto dopo 3 s, quanto vale il suo
D 15 m
spostamento?
A la domanda non ha senso perché E la domanda non ha senso perché non
non si conosce la velocità orizzontale viene fornita la velocità con cui l’atleta
dell’atleta tocca terra
B può indicare un criterio di classificazione dei moti perché si può sostituire velocità
costante con accelerazione nulla per avere un moto uniforme, velocità variabile in
modo costante con accelerazione costante per un M.U.A. e velocità variabile con
accelerazione variabile per un moto vario.
5) Nessuna delle alternative può essere scartata a priori perché hanno tutte le giuste
unità di misura. L’unica però che soddisfa la relazione 3.11 ed è quindi corretta è
la B .
8) In base alla legge oraria del moto armonico 3.18 e alla relazione riportata al termine
della sezione 3.12 si ha che la risposta corretta è la E .
9) La composizione vettoriale delle velocità 3.19 implica che la somma dei moduli
segue il teorema di Pitagora in questo caso, perché i due vettori sono ortogonali.
Essendo una somma in quadratura, il fattore 2 diventa un 4 che nella somma dà
vita a un 5 sotto radice: la risposta corretta è la E .
Fisica 601
Fisica
Dinamica
4
Introduzione
In questo capitolo analizzeremo le cause del moto, cioè le forze. Nella prima parte
verranno illustrati i tre principi di Newton. Nella seconda, grazie a un’analisi delle
principali forze macroscopiche, vedremo come le leggi della dinamica consentono di
determinare il moto del punto materiale. La trattazione degli esempi riportati per ogni
forza macroscopica consentirà di acquisire le competenze necessarie per poter risolvere
autonomamente i problemi di dinamica.
Fisica
Secondo la meccanica relativistica introdotta nel 1905 da Einstein nella teoria della rela-
tività ristretta, o speciale, il tempo scorre più lentamente per oggetti che si muovono a velocità
prossime a quella della luce (una delle conseguenze più famose di questo comportamento è
descritta nel paradosso dei gemelli). Le rilevazioni quotidiane di raggi cosmici confermano la
validità di tale previsione.
Sempre ad Einstein si deve anche la modifica del concetto di spazio.
Nella relatività generale del 1916, in cui estende la teoria della gravità newtoniana, lo spazio
è deformato dagli oggetti che contiene: maggiore è la quantità di massa in un certo spazio e
più esso è curvato. Conseguenze estreme di tale concezione si trovano nei buchi neri, dove la
curvatura dello spaziotempo non consente nemmeno alla luce di fuoriuscire.
I sistemi di riferimento che accelerano o che ruotano sono detti non inerziali.
Nello studio pratico dei sistemi fisici un sistema è considerato inerziale se non accelera
rispetto a un riferimento opportuno: rispetto alla riva una canoa che si muove in linea
retta con velocità costante è un riferimento inerziale, ma rispetto alla Luna no, poiché
la Terra su cui si trova la canoa sta ruotando e quindi ha un’accelerazione.
Dinamica
Si definisce inerzia di un corpo la sua tendenza a permanere nel proprio stato di moto.
La prima legge della dinamica, nota come principio di inerzia, afferma che in un
sistema di riferimento inerziale un corpo permane nel proprio stato di quiete o di moto
rettilineo uniforme quando non vi sono forze esterne applicate su di esso o quando la
somma vettoriale delle forze esterne è nulla.
Nei sistemi non inerziali tale principio non è più valido. Stando fermi in piedi in un
autobus, ad esempio, se il veicolo frena bruscamente si riceve una spinta in avanti, e
dunque si cambia il proprio stato di moto, pur in assenza di forze esterne.
Fisica 605
Newton attraverso una serie di esperimenti si accorse che applicando forze diverse a
uno stesso corpo questo subiva diverse accelerazioni, ma il rapporto tra forza e acce-
lerazione restava costante. In altre parole la forza e l’accelerazione sono direttamente
proporzionali.
La seconda legge della dinamica afferma che in ogni istante l’accelerazione di un corpo
è direttamente proporzionale alla forza ad esso applicata, essendo la massa del corpo
la costante di tale proporzionalità.
In formula:
(4.1) F~ = m · ~a.
La F~ della 4.1 è la risultante delle forze applicate sul corpo. Tale legge, inoltre, vale
a prescindere dalla natura della forza: la F~ può essere la somma di una forza di attrito
e di una forza elastica.
Fisica
La 4.1 è una relazione vettoriale, forza e accelerazione hanno stessa direzione e stesso
verso. Per essere applicata va proiettata sugli assi di riferimento, ovvero il vettore forza
va scomposto nelle sue componenti x, y e z. Si troveranno in tal modo la componente
x dell’accelerazione ax , la y ay e la z az .
È la costante della 4.1. Poiché da questa legge si evince che la massa è inversamente
proporzionale all’accelerazione, si deduce che essa misura la resistenza del corpo a
variare la propria velocità, la sua inerzia, da cui il nome.
La validità di tale principio si ha solo in un sistema isolato, ovvero che non scambia
interazioni con il resto dell’universo.
Figura 4.2: Una barca si sposta in orizzontale Figura 4.3: Un aereo si sposta orizzontalmente
perché la spinta fornita dalle eliche al mare è grazie al principio di azione e reazione.
eguagliata da una spinta in avanti.
In un sistema isolato composto da un corpo A e un corpo B la forza che A esercita
su B F~AB ha lo stesso modulo e direzione ma verso opposto a quella che B esercita su
A F~BA :
Applicazioni pratiche di tale principio si osservano nel moto di una barca a motore,
dove la spinta all’indietro impressa dalle eliche all’acqua genera una spinta in avanti
impressa al natante; lo stesso vale nel moto di un aereo, dove la spinta all’indie-
tro fornita dai reattori e impressa all’aria genera quella in avanti che fa muovere
il velivolo; analogamente la spinta all’indietro fornita dai nostri piedi al pavimento
grazie all’attrito con il suolo genera quella in avanti che ci permette di spostarci
camminando.
La forza con cui un corpo si oppone ad essere attraversato da un altro corpo è detta
reazione vincolare o forza di contatto o anche forza normale, poiché ha sempre
direzione perpendicolare (cioè normale) alla superficie di contatto tra i due corpi.
Fisica 607
Tale interazione è sempre una forza di reazione: ha verso uscente dalla superficie del
corpo che riceve una spinta e intensità pari a quella della spinta.
Appoggiando un libro su una scrivania, questo per la forza di gravità è attratto verso il
centro della Terra, dunque in base al secondo principio dovrebbe accelerare verso il basso.
Il motivo per cui il libro resta fermo è che su di esso agisce anche la reazione vincolare
N del piano che bilancia la forza peso P.
Le reazioni vincolari si trovano anche in corpi che scivolano lungo piani inclinati e sono
normali alla superficie del piano. In genere si chiamano reazioni vincolari tutte quelle
forze di reazione che limitano il movimento dei corpi, si trovano ad esempio nelle
giunture tra parti meccaniche, nei cardini, etc.
4.8.2 Tensioni
Fisica
4.8.3 Forze di attrito
di attrito µ e dipende dalla natura dei corpi e dal grado di levigatezza della superficie
di contatto, ma non dall’area della sezione di contatto:
(4.3) F~a = µ · N
~.
Ciò è dovuto al fenomeno dell’adesione. La superficie di contatto tra due corpi, per quanto
essi siano ben levigati, è una serie di solchi e di alture. Immaginando un corpo posato su un
piano, il suo peso grava in realtà soltanto su pochi punti, dove la pressione è cosı̀ intensa da
avvicinare molto gli atomi dei due corpi e rendere importanti le forze elettromagnetiche tra
elettroni e protoni.
Queste considerazioni svelano anche la natura microscopica delle forze di attrito, cosı̀
come delle reazioni vincolari: sono forze dovute alle interazioni elettromagnetiche
tra elettroni e protoni degli atomi dei diversi corpi.
Dinamica
La forza con cui un corpo dotato di massa è attratto verso il centro della Terra si
chiama forza peso, o più brevemente peso.
(4.4) P~ = m · ~g .
Fisica
massa del pianeta (in realtà da massa e volume, quindi dalla densità): nel caso della
Luna g è 1/6 di quella terrestre e dunque anche il peso di una persona sulla Luna è
1/6 di quello sulla Terra, sebbene la massa della persona resti la stessa.
La forza di richiamo esercitata da una molla spostata dalla propria lunghezza a riposo
è detta forza elastica.
Il moto di un grave che cade da altezza h con velocità iniziale nulla è detto di caduta
libera.
Poiché sul corpo agisce la sola forza peso di modulo P = m · g, diretta lungo la verticale
e orientata verso il basso, per la seconda legge della dinamica si ha m · ~g = m · ~a,
da cui ~a = ~g . Il moto è dunque un moto rettilineo uniformemente accelerato,
l’accelerazione è rivolta verso il basso e ha modulo pari a g. In un sistema di riferimento
in cui l’asse x è verticale e rivolto verso il basso e l’origine è la posizione iniziale del
corpo la legge oraria è
1
(4.6) x(t) = g · t2 v(t) = g · t.
2
Ponendo h al posto di x(t) e invertendo la formula si ricava il tempo di caduta:
p
(4.7) t = 2 h/g.
Sostituendo il tempo di caduta alla t della 4.6 si ricava la velocità con cui il corpo
tocca terra:
p
(4.8) v = 2 g h.
Poiché la velocità è v(t) = a · t, si può ricavare la velocità con cui il corpo tocca
terra sostituendo il tempo di caduta:
p
(4.11) v = 2l · g · sen α.
Poiché la sezione di piano inclinato rappresenta un triangolo rettangolo, di cui l è
l’ipotenusa e h il cateto opposto all’angolo α, dalla trigonometria si può ricavare che
l sen α = h e quindi si ha
p
(4.12) v = 2g h.
Si definisce oscillatore armonico qualsiasi oggetto la cui legge oraria sia quella del moto
armonico, illustrata nella sezione 3.12.
Fisica
k
(4.13) m · ~a = −k · ~
x =⇒ ~a = − ~
x.
m
In altri termini l’accelerazione in ogni istante è proporzionale allo spostamento ma diretta
in verso opposto.
Il moto del pendolo è dunque planare: avviene Figura 4.10: Scomposizione delle forze
sempre in un piano, anche se l’ambiente in cui per un pendolo semplice.
si trova il pendolo nel frattempo ruota.
Proiettando la forza peso sui due assi, si ha che sull’asse y vi è la quiete, in quanto
la tensione bilancia la componente della forza peso. Sull’asse x, invece, dalla seconda
legge della dinamica si ha:
(4.16) m · a = −m · g · sen ϑ .
In regime di piccole oscillazioni, cioè per angoli inferiori a 15◦ , si può approssimare
il seno dell’angolo con il valore dell’angolo stesso. Dalla definizione di accelerazione
angolare si ha che per l’angolo vale una relazione analoga alla 4.13:
g
(4.17) aang = − ϑ .
l
Definendo quindi la pulsazione ω come
Dinamica
(4.18) ω = g/l ,
si ha che anche il pendolo ha il moto di un oscillatore armonico. Ricordando la
definizione di periodo si ottiene:
1 2π l
(4.19) T = = = 2π .
f ω g
Il periodo di oscillazione del pendolo non dipende dalla massa oscillante, ma solo
dalla lunghezza del filo e dal valore di g in quel luogo. Per tale motivo invertendo la
formula la si può usare per misurare g: conoscendo la lunghezza l del filo e misurando
accuratamente con un cronometro il periodo T del pendolo si ricava g. Inoltre le
piccole oscillazioni sono isocrone, poiché T non dipende dall’ampiezza.
Una forza si chiama apparente quando è introdotta solo a causa dell’accelerazione del
sistema di riferimento.
Fisica 613
Se stiamo fermi su una giostra che ruota risentiamo una forza centrifuga diretta radial-
mente verso l’esterno. Tale forza è dovuta all’accelerazione centripeta del moto rotatorio
della giostra.
Tra le forze apparenti più note, oltre a quella centrifuga, vi è la forza di Coriolis, che si ha
soltanto quando un oggetto è in movimento in un sistema di riferimento rotante. Tale forza è
responsabile della maggiore erosione delle sponde destre dei fiumi nell’emisfero australe e di
quelle sinistre in quello boreale; essa inoltre contribuisce alla rotazione dei fluidi in senso
Fisica
orario nell’emisfero australe e antiorario in quello boreale.
Nel moto orbitale in cui la distanza dalla Terra non varia l’attrazione gravitazionale
è bilanciata dalla forza centrifuga.
Indicando con r la distanza dal centro della Terra, il bilanciamento delle forze si
scrive nel modo seguente:
G·M ·m m · v2
(4.21) = .
r2 r
Dalla 4.21 Si ricava che la velocità tangenziale con cui si muove un satellite in orbita
ad altezza h = r − R è
p
(4.22) v = G · M/r .
614 Dinamica
Un’orbita si chiama geosincrona o stazionaria quando la velocità angolare del satellite coincide
con quella del pianeta, ovvero quando la proiezione della posizione del satellite sulla superficie
planetaria non cambia nel tempo.
4.15 Quesiti
1) Quale delle seguenti affermazioni relati- 4) Nel moto di un oggetto all’interno di
ve al secondo principio della dinamica è un fluido si definisce velocità limite la
corretta? velocità:
Fisica
2) L’espressione matematica del secondo principio di Newton 4.1 è una relazione vet-
toriale, in base alla quale l’accelerazione ha stessa direzione e verso della risultante
delle forze. La C è dunque da scartare. La A e la B sono false perché in assenza
di forze o quando la risultante è nulla si ha che la velocità non varia, non che il
corpo è fermo. La risposta corretta è la D .
4) La velocità limite è quella per cui le forze di spinta (la forza peso nel caso di
caduta libera) sono bilanciate dalle forze viscose, ragion per cui l’oggetto una volta
raggiunta tale velocità si muove di M.R.U. con velocità proprio pari a quella limite.
Ne consegue che la risposta corretta è la E .
5) Poiché g è legata alla forza che il pianeta esercita su un oggetto posto a una certa
distanza dal suo centro, si ha che diminuisce con l’altezza, aumenta con la densità
del terreno e la latitudine a causa della forma non sferica della Terra e aumenta
all’aumentare della massa del pianeta cui si riferisce. Poiché la Terra ha una massa
maggiore di quelle di Marte e della Luna, si ricava che la risposta corretta è la A .
10) La forza di gravità ha in genere intensità molto deboli, a parte quella generata da
masse almeno planetarie, quindi la E è da escludere. La A è da scartare perché
il terzo principio vale anche in assenza di gravità e quindi la reazione del veicolo
fornisce una spinta all’astronauta. La C è falsa perché nello spazio cosmico non
vi è attrito e quindi l’uomo non si ferma finché non trova un ostacolo. La risposta
corretta è la D , perché la spinta del veicolo agisce sul baricentro dell’uomo facendolo
allontanare di M.R.U. ma al contempo lo pone in rotazione perché agisce sulla mano
che si trova a una certa distanza dal baricentro dell’uomo.
Dinamica
Leggi di Keplero
e gravitazione
universale
5
Introduzione
In questo capitolo si giungerà alla legge di gravitazione universale attraverso le leggi di
Keplero. Nella seconda parte saranno chiarite alcune proprietà del campo gravitazionale
e il legame tra forza di gravità e forza peso.
Le leggi di Keplero hanno carattere cinematico: decrivono il moto dei pianeti senza
indagarne le cause. Sono inoltre valide, e quindi estendibili ad altri sistemi planetari,
soltanto nel limite in cui le masse dei pianeti sono trascurabili rispetto all’astro centrale
e le interazioni gravitazionali tra i pianeti (che perturbano le orbite) sono trascurabili.
La prima legge di Keplero, o legge delle orbite, afferma che i pianeti nel loro moto
intorno al Sole descrivono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei due fuochi.
Il piano in cui giacciono le orbite planetarie è chiamato eclittica e soltanto i pianeti
più esterni hanno orbite che non giacciono esattamente su di essa, come pure la maggior
parte di asteroidi e comete.
Il punto dell’orbita più vicino al Sole si chiama perielio, mentre il punto più lontano
dal Sole è detto afelio.
Come conseguenza di questa legge, confrontando la Figura 5.1, si ricava che nei pressi del
perielio la velocità areolare è maggiore, fino a toccare il massimo proprio al perielio, mentre
nei pressi dell’afelio è minore, avendo il minimo proprio nell’afelio.
T2
(5.1) =K.
a3
L’impatto filosofico di una legge che descriveva al tempo stesso fenomeni del mondo terreno
e fenomeni celesti fu immenso nel XVII secolo e rappresentò l’ultimo definitivo colpo alla
presunta perfezione dei fenomeni celesti, ritenuti necessariamente diversi da quelli terreni
perché più vicini al divino.
Si noti che le due masse nella 5.2 si attraggono a vicenda. Se una delle due è diversi
ordini di grandezza maggiore dell’altra, come nel caso di un satellite artificiale in
orbita intorno a un pianeta, sembra che sia solo la prima ad attirare la seconda. Ciò
discende dal secondo principio della dinamica 4.1, in cui l’accelerazione è inversamente
proporzionale alla massa a parità di forza: l’accelerazione subita dalla massa maggiore
(e il conseguente spostamento) è infinitesima.
Fisica 619
La massa gravitazionale è definita come quella proprietà dei corpi in virtù della quale
viene risentita la forza di gravità (massa gravitazionale passiva) o si genera un campo
gravitazionale (massa gravitazionale attiva). È una grandezza scalare che rappresenta
il parametro di accoppiamento del corpo con il campo gravitazionale.
La fisica newtoniana non riesce a spiegare la coincidenza di questi due valori, soltanto dalla
relatività generale di Einstein discende naturalmente tale proprietà. In tale teoria, infatti,
il principio di equivalenza forte afferma che la gravità localmente non può essere distin-
ta da un’accelerazione. Da ciò deriva il principio di equivalenza debole che attesta appunto
l’equivalenza dei due parametri.
Fisica
5.6 Campo gravitazionale
Un campo gravitazionale è una zona di spazio in cui ad ogni punto è possibile associare
un vettore di forza gravitazionale. Tale vettore esprime l’intensità della forza con cui
una massa unitaria viene attratta verso la massa centrale che genera il campo.
Poiché la gravità è una forza attrattiva, i vettori del campo gravitazionale sono tutti
rivolti verso la sorgente del campo. Se in un campo si introduce una massa abbastanza
grande, questa perturba il campo poiché ne genera uno meno intenso a sua volta i cui
effetti si sovrappongono a quelli del primo.
Dalla definizione di campo e dalla legge di gravitazione universale si ha che il campo
~
gravitazionale G(r) generato da una massa M ha espressione
~ F~G G·M
(5.3) G(r) = = .
m ~r2
Si noti che il campo dipende solo dalla distanza dalla sorgente, quindi ha simmetria
radiale. Masse uguali di forma o sostanza diverse, inoltre, generano lo stesso campo
gravitazionale.
620 Leggi di Keplero e gravitazione universale
Per campo dei gravi si intende il campo gravitazionale intorno alla Terra, cioè il
campo rappresentato dal vettore accelerazione di gravità ~g .
Un campo gravitazionale produce gli stessi effetti di un’accelerazione e viceversa. Gra-
zie a questa proprietà si può creare un ambiente a gravità artificiale ponendo ad
esempio in rotazione un’astronave: la forza centrifuga verrà avvertita dagli astronauti
come una forza di gravità.
Gravità
5.8 Quesiti
1) Quale dei seguenti termini non rientra 5) Che cosa si intende affermando che una
nel modello kepleriano? piccola massa introduce una perturba-
zione in un campo gravitazionale?
A semiasse
A che in una piccola zona ad essa circo-
B ellittico stante annulla il campo gravitazionale
C geocentrico B che gli effetti prodotti dal debole campo
gravitazionale da essa generato varia-
D afelio no di poco gli effetti prodotti dal primo
E perielio campo gravitazionale
C che la sua presenza rende sbagliata, seb-
2) Quale delle seguenti affermazioni sulle bene di poco, la rappresentazione di
leggi di Keplero è non corretta? campo gravitazionale
D che gli effetti prodotti dal debole campo
A hanno solo carattere cinematico
gravitazione da essa generato vanno sot-
B consentono di predire il moto dei pianeti tratti a quelli del campo gravitazionale
ma non di indagarne le cause preesistente
C descrivono con estrema precisione il E nessuna delle precedenti affermazioni
moto dei pianeti senza spiegare le 6) Che relazione esiste tra forza di gravità
interazioni alla base e forza peso?
D sono tutte derivabili dalla legge di
gravitazione universale A sono nomi diversi della stessa interazio-
ne
E sono un primo tentativo sistemati-
B la prima vale nello spazio e la seconda
co di spiegare matematicamente la
sulla Terra
gravitazione
C sono la stessa forza
3) Quale delle seguenti affermazioni non D la seconda è un’interazione fondamenta-
può essere ricavata dalla seconda legge le di cui la prima è un’approssimazione
Fisica
di Keplero?
E la seconda è un’approssimazione della
A la velocità con cui orbitano i pianeti è prima per distanze non troppo elevate
costante dalla superficie terrestre
D la Terra risente dell’attrazione gravita- 10) Se due masse identiche inizialmente fer-
zionale di Sole e Luna me nello spazio, una di forma cilindrica
E la Terra non è una sfera perfetta e una di forma sferica, risentono del-
la reciproca attrazione gravitazionale
9) Lasciando cadere dalla stessa altezza in accade che:
un tubo a vuoto verticale due masse di
1 kg consistenti in una sfera di ferro e A nessuna delle due si mette in moto
un cubo di legno, quale delle due tocca perché i due campi gravitazionali si
terra per prima? annullano
punti di maggiore e minore vicinanza delle orbite al Sole erano chiamati perielio e
afelio, quindi le altre alternative sono da scartare.
2) Le leggi di Keplero sono geometriche, hanno solo carattere cinematico. La risposta
corretta è la E , perché la legge di gravitazione universale ha come conseguenze
anche le leggi di Keplero.
3) La seconda legge di Keplero attesta che la velocità areolare durante l’orbita è co-
stante, da cui si ricava la veridicità della C e della D e della E . La risposta corretta
è la A .
4) La A e la B sono da escludere perché la massa gravitazionale è una grandezza
scalare. La E è falsa perché la massa inerziale è una grandezza scalare e due gran-
dezze per coincidere devono avere la stessa natura. La D va scartata perché nel
S.I. la massa si misura in kg. La risposta corretta è quindi la C .
5) In base al principio di sovrapposizione e al fatto che ogni massa genera un suo
campo gravitazionale si ricava che la risposta corretta è la B .
6) La A e la C vanno scartate a priori perché affermano lo stesso concetto. La B va
scartata perché la forza di gravità può instaurarsi ovunque, anche sulla Terra. La
risposta corretta è la E , come si evince dalla 5.4.
7) Se la nave viaggia di M.R.U. nello spazio, lontano da sorgenti gravitazionali, al suo
interno vi sarà un ambiente privo di gravità, quindi la risposta corretta è la D .
Fisica 623
Negli altri casi, invece, il principio di equivalenza forte implica che l’accelerazione
subita dall’astronauta produce effetti indistinguibili da quelli gravitazionali della
Terra.
8) Poiché la Terra non è perfettamente sferica la distanza dal suo centro nei vari punti
della sua superficie è diversa. Essendo g legato alla distanza dal centro della Terra,
come si evince dalla 5.4, si ha che la risposta corretta è la E .
Fisica
Lavoro, energia
e grandezze
conservate
6
Introduzione
In questo capitolo si tratterà di nuove grandezze che consentono di determinare il
valore di alcune caratteristiche del punto materiale senza ricorrere alla cinematica.
Nella seconda parte verranno illustrati i diversi tipi di energia e come le considerazioni
energetiche siano utili alla risoluzione di problemi.
Un sistema è isolato quando non ha interazioni con l’ambiente esterno, cioè quando
tra il sistema e l’ambiente esterno non vi è scambio di massa o di energia.
Dalla considerazione precedente si può dedurre che un sistema può essere isolato
anche solo lungo una certa direzione, mentre nelle direzioni ad essa ortogonali
può scambiare interazioni o energia con l’ambiente. Nell’esempio precedente il blocco
è isolato lungo l’asse orizzontale, pur non essendolo lungo quello verticale.
Si definisce quantità di moto il vettore p~ dato dal prodotto di massa m per velocità ~v .
Dalla definizione segue che p~ ha la stessa direzione e lo stesso verso di ~v .
(6.1) p~ = m · ~v .
Le dimensioni e le unità di misura di p~ sono riportate nella Tabella 1.2. La quan-
tità di moto è un vettore la cui variazione è legata all’azione di una forza, cioè rap-
presenta un’alternativa all’accelerazione per fare considerazioni e calcoli sugli effetti
dell’applicazione di una forza.
Fisica 625
∆~v ∆(m · ~v ) ∆~
p
(6.2) F~ = m · ~a = m · = = .
∆t ∆t ∆t
La risultante F~ delle forze esterne agenti su un corpo produce una corrispondente va-
riazione della sua quantità di moto p~. Se in un sistema la risultante delle forze esterne
è nulla allora la quantità di moto totale del sistema è una grandezza conservata, non
varia.
~v1 − ~v1i
F~12 = −F~21 ⇒ m1 · ~a1 = −m2 · ~a2 ⇒ m1 f =
∆t
~v2 − ~v2i
= −m2 f ⇒ m1 · ~v1f + m2 · ~v2f = m1 · ~v1i + m2 · ~v2i .
∆t
Fisica
Quindi la conservazione della quantità di moto totale di un sistema isolato composto
da due oggetti si esprimere nella seguente relazione:
Un uomo è fermo in piedi sul bordo di un carrello che può scorrere senza attrito su
un piano orizzontale. Se l’uomo e il carrello hanno la stessa massa e l’uomo salta verso
destra con velocità vu = 10 m/s, che cosa succede al carrello? Poiché inizialmente tutto il
sistema uomo più carrello era in quiete, ne consegue che la quantità di moto totale iniziale
del sistema era nulla. Le forze di azione e reazione che si scambiano uomo e carrello sono
forze interne del sistema, quindi la risultante F ~ delle forze esterne è nulla: la quantità
di moto totale del sistema si conserva. Dalla 6.2 si deduce quindi che la quantità di moto
del carrello dopo il salto deve essere uguale e opposta a quella dell’uomo. Avendo pari
massa si ricava che il carrello si muoverà verso sinistra con velocità vc = 10 m/s.
La relazione 6.2 va utilizzata proiettando forza e quantità di moto lungo gli assi.
626 Lavoro, energia e grandezze conservate
∆~
px Fx · ∆t
(6.4) Fx = =⇒ m · (vxf − vxi ) = Fx · ∆t =⇒ vxf = .
∆t m
Conoscendo la componente della risultante delle forze esterne lungo una certa direzione e
il tempo di applicazione, quindi, si può ricavare la corrispondente variazione di quantità
di moto e dunque di velocità.
Per una forza F~ costante si definisce una grandezza vettoriale chiamata impulso J~
data dal prodotto della forza per l’intervallo di tempo durante il quale la forza agisce.
È evidente che l’impulso J~ ha stessa direzione e stesso verso di F~ .
Energia
(6.5) J~ = F~ · ∆t .
Unità di misura e dimensioni di J~ si trovano nella Tabella 1.2. La 6.4 comporta che
per un sistema isolato una forza impulsiva, cioè costante e che agisce per un intervallo
di tempo generalmente di breve durata, causa una variazione della quantità di moto.
Invertendola si ottiene il teorema dell’impulso: la variazione della quantità di moto
di un sistema isolato prodotta da una forza impulsiva è pari all’impulso della forza
stessa. In formula
∆~v
(6.6) J~ = F~ · ∆t = m · ~a · ∆t = m · ∆t = m · ∆~v =⇒ J~ = ∆~
p.
∆t
−→
Si definisce lavoro il prodotto scalare tra una forza F~ e lo spostamento ∆r di un punto
materiale prodotto dalla forza.
−→
(6.7) L = F~ · ∆r = F · ∆r · cos α .
Fisica 627
L
(6.8) P = .
∆t
La potenza è per definizione uno scalare, nel S.I. si misura in watt (W), le sue dimen-
sioni, insieme a quelle dell’energia, sono riportate nella Tabella 1.2. Invertendo la 6.8
si ha che uno stesso lavoro può essere ottenuto con una piccola potenza per un tempo
Fisica
lungo o con una potenza elevata e un tempo breve.
L’energia è una grandezza molto importante ma sfuggente. Si può affermare che più
energia ha un sistema e più eventi possono verificarsi, più trasformazioni avvenire.
I processi spontanei hanno la tendenza a diminuire l’energia, perché in tal modo, potendo
verificarsi meno trasformazioni, si ha maggiore stabilità. La natura ha un carattere molto
democratico: durante l’evoluzione dei sistemi l’energia in eccesso di una parte del sistema
tende ad essere equipartita tra le altre parti. Verranno definite diverse forme di energia e in
qualsiasi evento fisico l’energia può solo cambiare forma, ma mai sparire nel nulla o crearsi
dal nulla.
Un’eccezione all’ultima affermazione si ha nella relatività speciale, teoria che consente
la conversione di massa in energia e viceversa, secondo la famosa formula E = m · c2 . Dato
l’elevato valore della velocità della luce c, quando una particella di massa molto piccola e la sua
antiparticella di pari massa si incontrano e si annichiliscono al loro posto si ha una tremenda
quantità di energia. L’idea di generare energia dosando materia e antimateria è usata
largamente nella fantascienza, allo stato attuale la tecnologia non permette che sia conveniente
e sicuro stoccare sufficienti quantità di antimateria.
628 Lavoro, energia e grandezze conservate
1
(6.9) K= m · v2 .
2
Essendo una forma di energia nel S.I. si misura in joule (J) e le sue dimensioni sono
quelle dell’energia riportate nella Tabella 1.2. K è uno scalare ed è sempre positiva, al
più è nulla per un corpo fermo.
Se un corpo viaggia in una direzione con una certa velocità e poi in direzione opposta
con la stessa velocità ha nei due casi la stessa energia cinetica.
Il teorema dell’energia cinetica (o teorema delle forze vive) afferma che il lavoro
compiuto dalla risultante delle forze agenti su un corpo è pari alla corrispondente
variazione di energia cinetica del corpo.
Energia
(6.10) L = ∆K .
Questo risultato vale per qualsiasi forza ed è una conseguenza della seconda legge della
dinamica. Il nome forza viva in passato si riferiva al prodotto della massa per il quadrato
della velocità.
Si definisce campo conservativo un campo di forze in cui il lavoro prodotto dalla forza
del campo è indipendente dal percorso, ma dipende solo dalla posizione iniziale e da
quella finale.
Fisica 629
(6.11) − ∆U = UA − UB = LAB .
Fisica
molla a riposo per quella elastica. La differenza
∆U , però, non dipende dal punto scelto come
riferimento per il valore nullo di U .
Nell’ultima uguaglianza, che in realtà è una notazione impropria per i motivi specificati
prima, si è assunta nulla l’energia potenziale al livello del suolo: U (0) = 0.
Nella sezione 5.8 si è visto che non sempre il campo dei gravi e il campo gravitazio-
nale sono lo stesso campo. Considerando un vero e proprio campo gravitazionale, ad
esempio quello generato da una massa M posta nello spazio, la simmetria radiale della
forza di gravità espressa dalla 5.2 porta a definire un’altra espressione per la relativa
energia potenziale posseduta da un corpo di massa m a distanza r dalla sorgente del
campo:
G·M ·m
(6.13) U (r) = − .
r
In questo caso si assegna un’energia potenziale nulla a distanza infinita dalla massa M .
630 Lavoro, energia e grandezze conservate
Assumendo come valore di riferimento quello della lunghezza a riposo della molla, l’e-
nergia potenziale elastica di una molla con costante elastica k nel punto corrispondente
ad elongazione ~x è data dalla seguente espressione:
1
(6.14) U (x) = k · x2 .
2
A differenza dell’energia potenziale del campo dei gravi, l’energia potenziale elastica
e quella gravitazionale sono quantità sempre positive o al più nulle.
Si noti che lavoro ed energia potenziale per il Figura 6.3: Lavoro della forza peso lun-
campo dei gravi hanno la stessa espressione. Ciò go un piano inclinato: l’espressione coin-
cide con quella della caduta libera dalla
non deve stupire, visto che le due grandezze han- stessa altezza iniziale.
no la stessa unità di misura. L’unica differenza, in
questi casi, può infatti consistere solo in un diver-
so fattore numerico perché le dimensioni totali
devono coincidere.
Si consideri ora un corpo di massa m che scivola lungo un piano inclinato privo di attrito
dal punto di altezza iniziale h fino al termine del piano inclinato di lunghezza l posto
ad altezza del suolo, come mostrato nella Figura 6.3. Ricordando la scomposizione delle
forze descritta nella sezione 4.10, lungo la direzione del piano si ha solo la componente
della forza peso m·g·sen α. Poiché la sezione di piano inclinato rappresenta un triangolo
rettangolo, di cui l è l’ipotenusa e h il cateto opposto all’angolo α, dalla trigonometria
si può ricavare che l sen α = h. Per il lavoro quindi si ha
(6.16) L = P~ · ~l = m · g · sen α · l = m · g · h .
Il lavoro compiuto dalla forza peso lungo un piano inclinato in assenza di attrito ha
la stessa espressione del lavoro compiuto dalla forza peso nel moto di caduta libera,
purché i due dislivelli coincidano.
Fisica 631
L’espressione 6.15 consente anche di dare un esempio del teorema dell’energia cinetica. Se si
considera un corpo in caduta libera da altezza h sotto l’azione della sola forza peso, ricordando
la velocità di caduta 4.8, invertendola per ricavare l’altezza h = v 2 /2g e sostituendo tale
espressione nella 6.15 si ha:
v2 1
(6.17) L=m·g·h=m·g = m · v 2 = Kf − Ki = ∆K .
2g 2
Il lavoro compiuto dalla forza peso, quindi, è pari alla variazione di energia cinetica, come
attestato dal teorema delle forze vive.
(6.18) E =U +K.
Se un corpo si muove in un campo non conservativo la sue energia meccanica coincide
con quella cinetica, se è fermo in un campo conservativo allora E coincide con U , se si
muove in un campo conservativo vale la 6.18, se è fermo in un campo non conservativo
E = K = 0.
Fisica
ca, cioè E è una costante del
moto. In tal caso la somma del-
l’energia cinetica iniziale e di
quelle potenziali iniziali è ugua-
le alla somma dell’energia cine-
tica finale e di quelle potenziali
finali:
(6.19) Figura 6.4: Una palla lasciata cadere ha all’inizio solo energia
potenziale, durante la caduta una parte sempre maggiore di que-
E = costante =⇒ sta si converte in energia cinetica finché nell’istante dell’urto con
=⇒ Ui + Ki = Uf + Kf . il pavimento è diventata tutta cinetica. Durante il moto se si
trascura l’attrito con l’aria la somma U +K è rimasta costante.
Gli attriti sono forze sempre dissipative, e nella realtà sono sempre presenti. Si ha
attrito sia per la presenza di un mezzo che di un vincolo. Soltanto nello spazio cosmico
o in un tubo a vuoto si può immaginare una situazione in cui è lecito trascurare gli
attriti.
In presenza di attriti il teorema della conservazione dell’energia meccanica non è
più valido, ma si può generalizzare al seguente risultato:
(6.20) ∆E = Ei − Ef = −La .
La differenza tra l’energia meccanica iniziale e quella finale è uguale al lavoro speso a
causa delle forze di attrito, quindi la dissipazione di energia meccanica è una quantità
Energia
Il segno meno nella 6.20 deriva dal fatto che le forze di attrito hanno verso opposto
allo spostamento, quindi il lavoro da esse compiuto è sempre negativo.
Si definisce urto un’interazione tra corpi che avviene in un tempo breve, al termine del
quale in genere le quantità di moto dei corpi sono variate.
Generalmente durante un urto il sistema si considera isolato. Per un urto tra un corpo
di massa m1 con velocità v~1 e un corpo di massa m2 con velocità v~2 si ha allora la
conservazione della quantità di moto:
Gli urti vengono divisi in urti elastici e anelastici. Nei primi oltre alla conservazione
della quantità di moto si ha anche la conservazione dell’energia cinetica, nei secondi
invece si ha una dissipazione di energia cinetica a causa degli attriti, che trasformano
parte dell’energia in calore. Un urto completamente anelastico corrisponde alla perdita
Fisica
massima possibile di energia cinetica, il che si verifica quando le velocità finali dei due
corpi coincidono, come mostrato nel lato destro della Figura 6.7.
6.13 Quesiti
1) Un sistema non completamente isolato E la velocità del carrello sarà verso sinistra
può essere isolato: e uguale a quella dell’uomo
Fisica
delle quantità di moto finali deve essere ancora nulla, quindi dalla 6.3 si ricava:
0 = m/3 · v + 2/3 · m · x, dove x è la velocità del carrello e m la massa totale. È
semplice verificare che la risposta corretta è la D .
5) Dalla definizione di impulso 6.5 e dalla catena di uguaglianze 6.6 si ricava che la
risposta corretta è la D .
6) Invertendo la definizione di potenza 6.8, grazie alle conversioni tra multipli di dieci
si ricava che la A la B la C e la D forniscono lo stesso prodotto, quindi la risposta
corretta è la E .
7) Dalla definizione 6.9 si ha che l’energia cinetica può sempre essere definita, viceversa
quella potenziale ha senso solo in un campo conservativo. La risposta corretta,
quindi è la D .
8) Dalla definizione di campo conservativo si ha che la risposta corretta è la D , risultato
illustrato nella Figura 6.1.
9) La definizione di potenza 6.8 come rapporto tra lavoro e intervallo di tempo, implica
che la risposta corretta è la D .
10) La relazione 6.6 implica che l’impulso è uguale alla variazione della quantità di
moto, che a sua volta è data dal prodotto della massa per la velocità. Quest’ultima
quindi si ottiene dividendo l’impulso per la massa, visto che la velocità iniziale del
disco è nulla. Ne consegue che la risposta corretta è la E .
Statica
7
Introduzione
In questo capitolo si illustreranno nuove grandezze vettoriali utili per determinare l’e-
quilibrio di un corpo rigido. Nella seconda parte verranno applicate per determinare i
tipi di equilibrio di un corpo e descrivere alcune macchine semplici.
Si definisce corpo rigido un sistema di punti materiali le cui distanze reciproche non
variano nel tempo. Come conseguenza un corpo rigido sottoposto a una sollecitazione
esterna non varia la sua forma.
(7.1) ~ O = ~r ∧ F~
M =⇒ MO = r · F · sen α =⇒ MO = b · F .
~ O il teorema
Il punto O rispetto al quale si calcola il momento è arbitrario, noto M
di Huygens-Steiner consente di calcolare il momento della stessa forza rispetto a
qualsiasi altro punto.
Fisica
Si definisce coppia di forze l’insieme di due forze di pari intensità F , rette d’azione
parallele ma distinte e versi opposti agenti su uno stesso corpo rigido. La distanza tra
le due forze, rappresentata dal vettore d~ che congiunge il punto di applicazione della
prima forza con quello della seconda, è chiamata braccio della coppia.
(7.2) ~ = d~ ∧ F~
M =⇒ M =d·F .
(7.3) ~ O = ~r ∧ p~
L =⇒ LO = r · p · sen α =⇒ LO = b · p .
Nella formula b rappresenta il braccio, in analogia a quanto riportato per MO . Nel S.I.
~ O si misura in J m e le sue dimensioni sono riportate nella Tabella 1.2. Il verso e la
L
direzione del momento angolare sono riportati nella Figura 7.2. Il rapporto che c’è tra
~O e M
L ~ O è lo stesso che si ha tra ~v e ~a:
~
(7.4) ~ O = ∆LO .
M
∆t
Figura 7.4: Corpo rigido formato da n punti ma- Figura 7.5: Sui trampoli è più difficile mantene-
teriali le cui posizioni reciproche sono fisse. Il cen- re l’equilibrio perché il proprio baricentro è più
tro di massa C può non coincidere con nessuno in alto e perché è più complicato bilanciare il
dei punti materiali. momento risultante della forza peso.
Pn
k=1 mi · ri
(7.5) C= P n .
k=1 mi
Fisica 639
Nella formula si è supposto il corpo diviso in n volumi infinitesimi con il vincolo che
la
Pnsomma delle masse degli n volumi infinitesimi è uguale alla massa m del corpo:
k=1 mi = m.
Il baricentro fu introdotto da Archimede nel III secolo a.C. nello studio dell’equilibrio
delle leve. Il concetto va distinto da quello geometrico di baricentro, che nel triangolo è
definito come punto di intersezione delle mediane, mentre nel quadrato, nel rettangolo e
nel parallelogramma come punto di intersezione delle diagonali o ancora delle mediane.
Per corpi rigidi con densità uniforme o simmetrici il baricentro e il centro di massa
coincidono.
Un altro termine spesso confuso con il centro di massa è il centro di gravità. Quest’ul-
timo coincide con il baricentro qualora il corpo sia immerso in un campo gravitazionale
uniforme. Per corpi abbastanza piccoli da considerare la gravità che agisce sui vari pun-
ti costituenti il corpo come costante i due termini coincidono. I tre termini coincidono
per corpi rigidi non troppo estesi con densità uniforme o con particolari simmetrie quali
la cubica o la sferica.
Fisica
Il baricentro può non coincidere con nessuna delle posizioni dei punti materiali che
compongono un sistema rigido, come mostrato nella figura 7.4. Lo stesso avviene nel
caso di un anello con densità uniforme, il cui baricentro si trova nel centro geometrico
dell’anello che è appunto al di fuori del corpo.
Per determinare il baricentro di un corpo bisogna considerare gli assi di simmetria del
corpo. Il baricentro, infatti, rappresenta il punto di intersezione di tali assi. Ne consegue
che se un corpo ha un asse di simmetria o un piano di simmetria, il baricentro giace
sull’asse o sul piano.
Per trovare il baricentro di un corpo rigido si può usare anche il teorema di Torricelli: un
corpo tende ad assumere una posizione per cui il baricentro si trova più in basso possibile. La
causa di tale comportamento è che in questo modo i corpi minimizzano la loro energia.
Nella pratica se si appende un corpo rigido vincolandolo per un suo punto, qualora sia
vincolato per il baricentro risulterà fermo, poiché il momento della forza peso rispetto al
baricentro è nullo per definizione di momento di una forza e di baricentro. Se il vincolo
non è il baricentro, il corpo si comporta come un pendolo smorzato. Se si traccia sul
corpo la linea retta verticale che passa per il vincolo e si ripete l’operazione per un’altra
posizione del vincolo sempre diversa dal baricentro, il punto di intersezione delle linee
tracciate rappresenta il baricentro.
640 Statica
Si può affermare allora che le forze esterne generano le traslazioni dei corpi, mentre
i momenti delle forze sono i generatori delle rotazioni.
Le due equazioni cardinali mostrano il parallelismo tra forza e momento e tra quantità
di moto, anche chiamato momento lineare, e momento angolare.
7.7 Equilibrio
Nel caso della statica, quando la risultante F~ delle forze esterne è nulla, come pure il
momento M ~ C della risultante, le due equazioni cardinali si riducono a
(7.8) F~ = 0 e ~C = 0
M =⇒ ∆~
p=0 e ~C = 0.
∆L
Una conseguenza del teorema di Torricelli permette di determinare il tipo di equilibrio sia
di un corpo rigido poggiato su un piano orizzontale sia di uno sospeso per un suo punto:
se la proiezione del baricentro di un corpo rigido poggiato su di un piano orizzontale cade
all’interno della base, allora il corpo è in equilibrio stabile, se cade sul bordo della base il
corpo è in equilibrio instabile, mentre se cade all’esterno il corpo non è in equilibrio. Per
un corpo rigido sospeso, invece, si ha il seguente risultato: se il baricentro si trova sulla retta
verticale passante per il punto di sospensione e al di sotto di esso allora si ha equilibrio stabile;
Fisica
se il baricentro è sulla retta verticale passante per il punto di sospensione ma sopra al punto
stesso allora si ha equilibrio instabile; se il baricentro coincide con il punto di sospensione si
ha equilibrio indifferente.
Si consideri il seguente esempio: si vuole determinare quale forza F ~1 orientata verso l’alto
e applicata a 1 m dal vincolo è necessaria per mantenere in equilibrio una trave orizzontale
vincolata a un suo estremo a cui è applicata una forza F ~2 di 10 N orientata verso il basso
in un punto posto a 6 m dal vincolo.
La condizione da utilizzare è che la somma dei momenti delle forze sia nulla. Forze
orientate verso l’alto generano momenti di verso opposto a quelle orientate verso il basso.
Di conseguenza basta imporre che il modulo M1 del momento di F ~1 sia uguale al modulo
M2 del momento di F ~2 . Poiché l’angolo tra la distanza dal punto di riferimento e le
forze è retto, il modulo del momento coincide con il prodotto del modulo delle forze per
le rispettive distanze dal vincolo. Chiamando x il modulo di F ~1 la seconda equazione
cardinale diventa x · 1 = 10 · 6. E’ semplice ricavare che x = 60 N.
7.8 Leve
Una leva è una macchina semplice, costituita da un corpo rigido vincolato in un punto,
detto fulcro, su cui agiscono una forza motrice F~M (impropriamente chiamata
anche potenza) e una forza resistente F~R di verso opposto a quello della prima e
chiamata anche resistenza. Per l’azione dei momenti di queste forze il corpo può ruotare
intorno ad un asse passante per il fulcro.
Statica
Esistono tre tipi di leve in base alle posizioni reciproche di fulcro, forza motrice e forza
resistente. Per tutte all’equilibrio si ha che i momenti di F~M e di F~R si bilanciano, ovvero
FM · bM = FR · bR . Il rapporto tra le intensità della resistenza e della potenza viene
chiamato guadagno meccanico. Dalla relazione di equilibrio si ha che il guadagno è
anche pari al rapporto tra il braccio della potenza e quello della resistenza:
bM
(7.9) G= .
bR
Se G > 1 una leva è definita vantaggiosa, viceversa se G < 1 la leva è detta svantaggiosa.
Nel caso G = 1 la leva è indifferente. Dalla definizione di G si intuisce che l’essere vantaggiosa
o meno per una leva dipende dalle posizioni della potenza e della resistenza rispetto al fulcro.
Si definisce leva di primo genere una leva in cui la forza motrice e quella resistente
si trovano ai lati opposti rispetto al fulcro, ovvero in cui il fulcro è tra la potenza e
la resistenza. Una leva di primo genere può essere vantaggiosa o meno a seconda del
rapporto tra i bracci delle due forze.
Una leva di primo genere è illustrata nella Figura 7.9; un esempio di leva di primo
genere è dato dalle forbici.
Fisica 643
Si definisce leva di secondo genere una leva in cui il braccio della forza motrice è
maggiore di quello della forza resistente, ovvero in cui la resistenza è tra il fulcro e la
potenza. Una leva di secondo genere è sempre vantaggiosa.
Una leva di secondo genere è illustrata nella Figura 7.10; un esempio di leva di secondo
genere è costituito dalla carriola.
Si definisce leva di terzo genere una leva in cui il braccio della forza motrice è minore
di quello della forza resistente, ovvero in cui la potenza è tra il fulcro e la resistenza.
Una leva di terzo genere è sempre svantaggiosa.
Una leva di terzo genere è illustrata nella Figura 7.11; un esempio di leva di terzo
genere è rappresentato dal braccio umano.
Fisica
Figura 7.11: Leva di terzo genere.
7.9 Quesiti
Fisica
deve aumentare la velocità angolare. La risposta corretta è la C .
7) L’uomo ha realizzato una leva di secondo genere, quindi la B , la C e la E sono
sicuramente da escludere. La risposta corretta è la D , perché il momento della forza
esercitata dall’uomo non tende ad opporsi al momento della forza peso agente sul
masso. Ciò si realizza solo esercitando una forza verso il basso.
8) Una bilancia a due piatti è costruita in modo tale che i bracci dei due piatti siano
di uguale lunghezza e posti ai lati opposti rispetto al fulcro: è una leva di primo
genere. La risposta corretta è la A . La D è da escludere perché variando di poco
il peso posto su uno dei due piatti la bilancia si muove.
9) La correttezza delle affermazioni può essere valutata in base alle conseguenze del
teorema di Torricelli che consentono di determinare il tipo di equilibrio per un
corpo rigido poggiato su un piano orizzontale. Nel cono l’apotema è rappresentato
dall’ipotenusa del triangolo rettangolo la cui rotazione genera il cono: la B e la D
sono equivalenti e sono entrambe corrette. Anche la A e la C sono esatte, quindi
la risposta corretta è la E .
10) Il piano orizzontale liscio esercita sul corpo una reazione vincolare per la terza
legge della dinamica, quindi la risultante delle forze è nulla. La forma del corpo fa
sı̀ che esso sia in equilibrio indifferente: spostandolo di poco esso conserva la nuova
posizione. La risposta corretta è la D .
Meccanica dei fluidi
8
Introduzione
Nella prima parte di questo capitolo verranno trattati diversi principi fondamentali
per determinare il comportamento di un fluido e di un corpo immerso in esso. Nella
seconda parte l’attenzione verrà spostata sulle considerazioni energetiche nei fluidi e
sul comportamento dei fluidi reali.
In un solido le distanze tra le particelle costituenti sono fisse e queste ultime possono
solo vibrare intorno alle loro posizioni. Un solido ha forma e volume propri.
Generalmente allo stato solido si aggiunge anche la richiesta di una struttura cristal-
lina, cioè ordinata e ripetuta. Sostanze apparentemente solide che non rispettano tale
requisito, come il vetro, vengono definite amorfe.
Fisica 647
Lo stato liquido rappresenta uno stato intermedio tra quello solido e quello aerifome.
Attraverso i passaggi di stato una sostanza può cambiare il proprio stato. È anche pos-
sibile la coesistenza di due stati, rappresentata nel diagramma dalle linee che separano
le tre aree. La coesistenza di tutti e tre gli stati si ha solo in corrispondenza del punto
triplo.
Un vapore può essere liquefatto per sola compressione mantenendo costante la tem-
peratura, un gas può essere liquefatto per compressione solo portando la temperatura
Fisica
al di sotto di quella critica.
Il quarto stato della materia è chiamato plasma. Il plasma è un gas ionizzato, cioè costituito
da elettroni e da ioni, cioè da particelle cariche. A differenza dei gas, nel plasma le forze
intermolecolari sono forti e a lungo raggio. Il plasma è un buon conduttore di elettricità e
reagisce significativamente ai campi elettromagnetici. Sulla Terra si può parlare di plasma per
pochi fenomeni, quali fulmini e aurore boreali. Nell’universo invece, rappresenta la stragrande
maggioranza della materia, dalle nebulose alle stelle. Il Sole, ad esempio, è una sfera di plasma.
Il termine fluido indica sia lo stato liquido sia quello aeriforme (e anche quello di
plasma): comprende gli stati in cui la materia non ha forma propria e si deforma
illimitatamente se sottoposta a forze esterne (più precisamente a sforzi di taglio).
La viscosità si misura anche in poise, con simbolo P . Il poise è l’unità di misura della viscosità
nel c.g.s. ed è usato perché 1 cP è il valore della viscosità dell’acqua a temperatura ambiente.
La conversione con le unità del S.I. si ottiene dall’identità 1 Pa s = 10P . Il reciproco della
viscosità si chiama fluidità.
Le forze agenti su un fluido, cosı̀ come su ogni suo elemento, vengono distinte in forze
di volume e forze di superficie. Le prime (tra cui c’è il peso) agiscono sull’intero volume
di fluido considerato, le seconde solo sulla superficie del volume considerato.
Si definisce densità % il rapporto tra massa di una sostanza e volume della sostanza,
infatti andrebbe chiamata più correttamente massa volumica o massa specifica. Nel
S.I. si misura in kg/m3 , nel c.g.s. in g/cm3 .
Mecc. Fluidi
m
(8.1) %= .
V
La densità, le cui dimensioni sono riportate nella Tabella 1.2, si misura con uno stru-
mento detto picnometro. Generalmente % diminuisce con la temperatura a causa della
dilatazione termica che aumenta il volume, cioè il denominatore della densità.
Alcune sostanze, tra cui l’acqua, hanno un comportamento anomalo. Tra 0◦ C e 4◦ C l’ac-
qua diminuisce di volume, cioè la solidificazione comporta un aumento di volume. Tale pe-
culiarità, rappresentata dalla linea tratteggiata nel diagramma di stato 8.1 e causata dalla
natura del legame a idrogeno, implica che il ghiaccio ha densità minore dell’acqua e quindi
galleggia su di essa in virtù del principio di Archimede descritto nella sezione 8.8. Questo
comportamento anomalo consente la vita di molti organismi viventi negli specchi di acqua
ghiacciata: lo strato di ghiaccio si forma in superficie e il fondo ha ancora acqua allo stato
liquido.
Fisica 649
Per densità relativa si intende il rapporto tra la densità di una sostanza e quella di
uno stesso volume di acqua pura alla temperatura di 4◦ C e alla pressione di 1 bar, cioè
il rapporto tra la densità della sostanza e quella dell’acqua usata come riferimento.
Si definisce peso specifico ps il rapporto tra peso di una sostanza e volume della
sostanza. Nel S.I. si misura in N/m3 .
m·g
(8.2) ps = = ·g.
V
Analogamente alla densità relativa, il peso specifico relativo è il rapporto tra peso
specifico di una sostanza e quello di un ugual volume d’acqua.
8.4 Pressione
Si definisce pressione P una grandezza scalare data dal rapporto tra l’intensità della
forza F che agisce perpendicolarmente su una superficie S e la superficie stessa. Nel
S.I. P si misura in pascal (Pa).
F
(8.3) P = .
S
Fisica
Le dimensioni di P si trovano nella Tabel-
la 1.2, le conversioni con le altre unità di mi-
sura per P sono nella Tabella 1.3. Se una
forza non agisce perpendicolarmente a una
superficie occorre moltiplicare il suo modulo
per il coseno dell’angolo compreso tra la ret-
ta di applicazione della forza e la direzione Figura 8.2: A parità di peso la profondità del-
normale alla superficie. le impronte lasciate nella neve è inversamente
proporzionale alla superficie di appoggio.
Figura 8.3: All’aumentare del livello del liquido aumenta la pressione sul fondo del bicchiere.
650 Meccanica dei fluidi
Indicando con % la densità del fluido, con g il valore dell’accelerazione di gravità e con
h la profondità dal pelo libero, la legge di Stevino si scrive
(8.4) Ph = % · g · h .
Qualora il pelo libero sia esposto all’aria, al membro di destra va aggiunto il termine
PA corrispondente alla pressione atmosferica pari a 1 atm.
Un liquido soggetto alla forza peso contenuto in più contenitori (vasi) comunicanti
all’equilibrio raggiunge lo stesso livello in tutti i vasi.
Il principio dei vasi comunicanti, rappresentato nella Figura 8.4, è una diretta conse-
guenza della legge di Stevino.
Fisica
Il principio di Archimede afferma che un corpo immerso in un fluido riceve dal basso
verso l’alto una spinta pari al peso del fluido spostato.
Il volume di fluido spostato è uguale al volume della parte immersa del corpo. La
superficie di questi due volumi è la stessa, quindi le forze di superficie agenti sul volume
sono le stesse e quindi è identica anche la loro risultante, che rappresenta la spinta verso
l’alto. L’unica differenza nei due casi è data dal diverso peso del corpo rispetto al fluido.
Ricordando la definizione di densità 8.1 e quella di peso 4.4, poiché i volumi considerati
del corpo e del fluido sono uguali, come pure il valore di g, la differenza tra il peso del
volume immerso e quello del fluido spostato consiste nella differenza della densità %c
del corpo rispetto a quella %f del fluido.
652 Meccanica dei fluidi
(a) Il calore riscalda l’a- (b) I palloncini riempiti con gas a den-
ria nella mongolfiera, la sità minore dell’aria salgono fino a
sua densità diminuisce e 10 km.
il pallone sale.
Dalla seconda legge della dinamica si ha che se il peso del corpo e la spinta di Archimede
sono uguali, allora il corpo è in equilibrio indifferente. Se il peso del corpo è maggiore
della spinta di Archimede allora il corpo affonda, mentre se è minore il corpo galleggia.
Le tre alternative, mostrate nella Figura 8.6, sono cosı̀ riassunte:
%c = %f =⇒ il corpo è in equilibrio indifferente,
%c > %f =⇒ il corpo affonda, %c < %f =⇒ il corpo galleggia.
Mecc. Fluidi
V
(8.6) Q= .
∆t
Le dimensioni di Q sono riportate nella Tabella 1.2.
Quando la portata di una condotta è costante si ha che il volume di fluido che
scorre in un tratto della condotta deve essere costante. Se la condotta ha una sezione di
diametro minore, cioè un restringimento, per mantenere costante la portata la velocità
aumenta in conseguenza della diminuzione della sezione. Il volume V , infatti, si può
immaginare come un cilindro di area di base S e lunghezza ∆x, per cui la portata
diventa Q = S · ∆x/∆t. Identificando il rapporto ∆x/∆t con la velocità del fluido, si
ha
(8.7) Q=v·S.
Fisica
8.10 Teorema di Bernoulli
v2 P
(8.9) h+ + = costante .
2g % · g
(8.11) P1 = P2 + % · g · h .
La velocità con cui un liquido esce da un foro posto alla profondità h di un contenitore
di diametro molto maggiore di quello del foro e soggetto alla pressione √ atmosferica
coincide con la velocità di caduta libera di un grave da altezza h: v = 2 · g · h.
Fisica 655
Fisica
Figura 8.10: La maggiore velo-
sezione deve corrispondere un aumento della velocità per cità dovuta alla strozzatura può
la 8.7. Poiché la densità % del fluido è costante, si ha che ridurre la pressione fino a un va-
quando la velocità aumenta si deve avere una diminuzione lore inferiore a PA , in tal caso la
della pressione secondo la 8.13. valvola si chiude.
Per illustrare il paradosso si immagini una condotta in cui scorre un fluido a pres-
sione leggermente maggiore di quella atmosferica e che termina con una piastra che può
poggiare sull’imboccatura della condotta, come rappresentato in Figura 8.10. In corri-
spondenza della strozzatura rappresentata dalla piastra la velocità del fluido aumenta
e quindi la sua pressione diminuisce. Quando la pressione diventa inferiore a quella
atmosferica la piastra chiude la condotta. Il senso comune, invece, vorrebbe che la pia-
stra saltasse via per l’alta velocità del fluido, cui si potrebbe immaginare di associare
un’elevata quantità di moto.
Per tensione superficiale si intende il fenomeno generato dalla risultante delle forze
di coesione, in virtù della quale sembra che il liquido sia avvolto da una pellicola
trasparente. L’acqua, con la sua struttura molecolare e la particolare intensità del
legame a idrogeno, ha una tensione superficiale abbastanza elevata: questa proprietà
consente ad alcuni insetti di camminare sull’acqua.
Alla tensione superficiale è legato un coefficiente che nel S.I. si misura in N/m.
Quando si tenta di immergere un corpo in un liquido nella fase iniziale si ha una
sovrapposizione degli effetti dovuti alla tensione superficiale e alla spinta di Archimede.
Fisica 657
8.15 Quesiti
1) In fisica una sostanza è definita amorfa C un gas è un aeriforme a temperatura
quando: superiore alla temperatura critica
D un vapore è un aeriforme a pressione
A è un miscuglio di più sostanze elemen- superiore alla pressione critica
tari
E un gas è un aeriforme mentre un vapore
B non ha forma propria è un fluido
C non ha densità uniforme 5) La densità relativa di una sostanza nel
D ha le caratteristiche di un solido ma non S.I. viene misurata in:
la struttura cristallina A kg/m3
E non è omogenea B kg/cm3
2) Nelle sostanze che hanno un compor- C g/m3
tamento anomalo nel diagramma di D g/cm3
stato:
E è una grandezza adimensionale
A la curva di separazione tra solido e li- 6) Perché per camminare meglio sulla neve
quido è inclinata di un angolo maggiore fresca conviene usare le ciaspole?
di un angolo retto rispetto al semiasse
positivo della temperatura A perché tengono caldi i piedi
B la curva di separazione tra solido e li- B perché favoriscono la circolazione san-
quido è inclinata di un angolo minore guigna e quindi un buon ritmo dei
di un angolo retto rispetto al semiasse passi
positivo della temperatura C perché sono di un materiale il cui coef-
C la curva di separazione tra solido e li- ficiente di attrito con la neve è inferiore
quido è inclinata di un angolo maggiore di quello delle normali scarpe
di un angolo retto rispetto al semiasse D perché aumentano la superficie su cui si
positivo della pressione distribuisce il peso e quindi consentono
Fisica
D la curva di separazione tra aeriforme e di affondare di meno nella neve
liquido è inclinata di un angolo minore E perché impediscono rotazioni casuali
di un angolo retto rispetto al semiasse della caviglia che possono provocaure
positivo della temperatura microtraumi all’apparato locomotore
E la curva di separazione tra solido e 7) Quale dei seguenti fluidi presenta sul
liquido è verticale fondo una pressione maggiore?
considerati si deve supporre che g abbia lo stesso valore. Trattandosi dello stesso
liquido si ha la stessa densità, inoltre i solidi hanno tutti la stessa altezza, quindi
la risposta corretta è la E .
8) Come mostrato nella Figura 8.5 il torchio utilizza il principio di Pascal per sollevare
grossi pesi applicando forze poco intense. La risposta corretta è la C .
Fisica
Termologia
9
Introduzione
In questo capitolo analizzeremo i sistemi termodinamici attraverso l’introduzione di
nuove grandezze di carattere statistico. La prima parte tratta del calore e della tempe-
ratura, nella seconda parte la discussione si focalizzerà sui cambiamenti di stato e sui
modi di trasmissione del calore.
Il sistema più ampio possibile coincide con l’universo intero. Qualsiasi sistema, anche
il più piccolo, è composto da un numero enorme di particelle. Se queste sono tutte
identiche si dice che il sistema ha un’unica componente, se il sistema è formato da
più specie chimiche allora ha più componenti. Se il sistema può essere suddiviso in
porzioni caratterizzate da proprietà diverse dal resto del sistema, allora si dice che il
sistema è formato da più fasi. Se il sistema è omogeneo allora ha un’unica fase.
Poiché determinare l’andamento rispetto al tempo di posizione, velocità e acce-
lerazione di ogni particella del sistema è oltre le possibilità di calcolo umane (pur
considerando l’utilizzo di computer molto potenti), bisogna rinunciare alla descrizione
dell’evoluzione di un sistema nei termini deterministici propri della meccanica. Per lo
studio di un aggregato di cosı̀ tante particelle, allora, si ricorre all’introduzione di gran-
dezze a carattere statistico, che forniscono informazioni quantitative sull’intero sistema.
La procedura per determinare il valore di queste coordinate macroscopiche presuppone
che le particelle siano tutte identiche e abbiano lo stesso comportamento. Le singole
particelle possono avere comportamenti diversi da quelli previsti per la particella media
rappresentativa, ma il gran numero di particelle assicura l’efficacia di questo tipo di
descrizione.
o proprietà di stato, rappresenta uno stato di equilibrio del sistema, chiamato sempli-
cemente stato. Quando tali valori variano si parla di trasformazione termodinamica,
che in genere va da uno stato di equilibrio A a uno stato di equilibrio B.
Soltanto all’equilibrio ci sono le condizioni adatte all’introduzione e alla definizione delle gran-
dezze di stato. Ne consegue che durante l’evoluzione di un sistema cadrebbe la descrizione sta-
tistica. Per calcolare i valori delle varie grandezze si procede come se qualsiasi trasformazione
termodinamica avvenisse attraverso una successione di un gran numero di stati di equilibrio i
cui valori delle grandezze di stato differiscono per quantità infinitesime.
Fisica
coordinate macroscopiche attraverso opportune relazioni che legano le varie grandezze.
Le principali grandezze di stato sono le seguenti:
Una grandezza si dice estensiva quando il suo valore dipende dalle dimensioni del siste-
ma, altrimenti intensiva. Sono estensive volume, energia interna, entalpia ed entropia;
sono intensive pressione e temperatura.
662 Termologia
9.4 Temperatura
La grandezza di stato che tiene conto dell’agitazione termica delle particelle del sistema
e quindi è legata all’energia cinetica media delle particelle è chiamata temperatura.
Questa grandezza nel S.I. si misura in kelvin (K) ed è una grandezza fondamentale.
Le proprietà che mostrano un andamento con la temperatura sono diverse e quindi si hanno
vari tipi di termometri:
quando si misura la differenza di potenziale elettrico tra due estremi di una giunzione
tra due conduttori si ha una termocoppia (si basa sull’effetto Seebeck);
quando si misura la dilatazione termica di un solido si ha un termometro a solido o un
termometro bimetallico (simili e spesso confusi);
quando si misura la dilatazione termica di un liquido si ha un termometro del tipo di
quelli a mercurio usati fino al 2009 per uso domestico e oggi soppiantati da quelli a
galinstano (lega di gallio, indio e stagno);
Termologia
Questa scala fu introdotta nel 1724 da Fahrenheit utilizzando come zero la temperatura
più bassa raggiungibile allora in laboratorio. Considerando la poca precisione connessa
alla miscela da lui utilizzata e soprattutto alla temperatura del sangue di cavallo,
variabile da animale ad animale, una ridefinizione di tale scala ha fissato a 32 ◦ F e a
212 ◦ F le temperature corrispondenti rispettivamente a 0 ◦C e a 100 ◦C.
Fisica
Un grado Fahrenheit è 5/9 di un grado centigrado e lo 0 ◦ F corrisponde a −17,8 ◦C.
Indicando con t la temperatura in gradi Celsius e con tF quella in gradi Fahrenheit, il
passaggio tra le due scale si ottiene nel seguente modo:
tF − 32
(9.2) t= =⇒ tF = t · 1, 8 + 32 .
1, 8
Le conversioni tra kelvin e gradi Fahrenheit si ottengono dalla 9.2 sostituendo il valore
32 con −459, 67. Le scale Celsius e Fahrenheit possono avere valori negativi, la scala
kelvin ha solo valori positivi.
9.7 Calore
Le dimensioni di Q sono riportate nella Tabella 1.2, le unità di misura del c.g.s. e del
pratico nella Tabella 1.3. L’esperienza di Joule permette di determinare l’equivalente
meccanico della caloria, un coefficiente adimensionale che consente di convertire
joule in calorie secondo le seguenti relazioni:
(9.5) 1cal = 4, 186J , 1kcal = 4186J .
La capacità termica dipende dalla massa del corpo e dalla natura del materiale di cui è
composto. Invertendo la definizione di C si ha che il calore sensibile che fluisce da o verso
un corpo è direttamente proporzionale alla differenza di temperatura corrispondente e
C rappresenta proprio il coefficiente di proporzionalità:
Q
(9.7) Q = C · ∆T =⇒ C= .
∆T
Il calore specifico è una proprietà che caratterizza una sostanza e per intervalli di
temperatura non troppo elevati si può assumere costante. Tra capacità termica e calore
Fisica
specifico si ha il seguente rapporto:
C
(9.8) C =m·c =⇒ c= .
m
Una volta introdotto c, il calore sensibile Q che fluisce da o verso un corpo si può
esprimere con la seguente formula:
Q
(9.9) Q = m · c · ∆T =⇒ c= .
m · ∆T
Secondo la legge di Dulong e Petit tutti i solidi hanno lo stesso calore specifico molare, cioè per
mole di sostanza, pari a circa 25J/(mol K). A temperatura ambiente moltissimi solidi rispet-
tano questa legge, tranne poche eccezioni come il diamante e il silicio. Ad alte temperature
tutti i solidi rientrano in questa legge.
666 Termologia
Il principio dell’equilibrio termico, anche noto come principio zero della termodinamica,
afferma che dopo un tempo sufficientemente lungo corpi posti a contatto avranno la
stessa temperatura.
m1 · c1 · T1 + m2 · c2 · T2
(9.10) Te = .
m1 · c1 + m2 · c2
9.11 Conduzione
La conduzione termica è un trasferimento di calore tra due corpi posti a contatto
aventi temperature diverse. Questo tipo di trasmissione di calore avviene per diffusione
molecolare negli aeriformi, mentre nei solidi e nei liquidi comporta principalmente un
trasporto di energia.
A livello microscopico un fluido non ha molecole immobili nemmeno all’equilibrio, bensı̀ queste
hanno un moto caotico dovuto all’agitazione termica, detto moto browniano. Negli aeriformi
la diffusione delle molecole, cioè il loro spostarsi all’interno del volume occupato dall’aerifor-
me, porta ad urti tra le stesse durante i quali si hanno trasferimenti di quantità di moto. I
corrispondenti trasferimenti di energia cinetica spiegano il fenomeno della conduzione termica.
La conduzione nei liquidi e nei solidi avviene per un trasferimento di quantità di moto
tra le molecole che, oscillando intorno alle loro posizioni di equilibrio, si urtano. Maggiore
l’energia cinetica di una molecola, maggiore l’ampiezza della sua oscillazione, maggiore quindi
la probabilità che urti altre molecole e trasmetta loro parte della sua quantità di moto.
Nei metalli il contributo principale alla conduzione deriva dalle oscillazioni degli elettroni
liberi, il che rende i metalli generalmente buoni conduttori. Le oscillazioni intorno alle posizioni
di equilibrio si rappresentano come sovrapposizioni di onde chiamate fononi, ragion per cui
si dice che la conduzione sfrutta un meccanismo fononico. Qualora alcuni elettroni liberi oltre
a oscillare si muovano anche contribuendo ulteriormente alla conduzione, si parla anche di
meccanismo elettronico.
Fisica
semplicità un parallelepipedo che abbia la faccia A alla tempera-
tura TA e la faccia B alla temperatura TB > TA come mostrato
in Figura 9.3, la conduzione termica è regolata dalla legge di
Fourier:
λ · S · ∆T · ∆t
(9.11) Q= .
d
Nella legge di Fourier si è indicato con λ il coefficiente di condu-
cibilità termica, con S la superficie attraverso cui fluisce il calore,
con ∆T = TB −TA , con d la distanza tra A e B e con ∆t l’intervallo
di tempo considerato.
La conducibilità termica λ, chiamata anche conduttività Figura 9.3: Trasmis-
sione di calore per con-
termica, si misura in W/(m K) ed è una proprietà caratteristica duzione attraverso una
dei materiali: dipende dalla loro natura ma non dalla loro forma. lastra di materiale soli-
Materiali che presentano alti valori di λ sono detti conduttori do di spessore d, con-
di calore, ad esempio l’argento e l’oro; materiali con bassi valori ducibilità termica λ e
facce di area S a
di λ sono detti isolanti, ad esempio legno e vetro. temperature diverse.
In generale i solidi conducono meglio dei liquidi e questi me-
glio degli aeriformi. Tra i solidi quelli amorfi conducono meno.
Materiali conduttori di calore sono generalmente anche conduttori elettrici (si pen-
si ai metalli), un’eccezione degna di nota è costituita dal diamante, che è un ottimo
conduttore termico e un cattivo conduttore elettrico.
668 Termologia
L’aria ha un basso valore di conducibilità termica, ragion per cui per isolare termica-
mente un oggetto spesso si imprigiona intorno ad esso uno strato di aria, come avviene
nell’isolamento delle finestre con i doppi vetri.
9.12 Convezione
(9.12) Q = k · S · ∆T · ∆t .
La 9.12 in realtà non è una vera legge, bensı̀ una definizione del coefficiente di convezione
k, un parametro che dipende da numerosi fattori e non è quindi una caratteristica dei
materiali come λ. Nel S.I. k si misura in W/(m2 K). Maggiore è k e più è efficiente la
convezione.
In base all’origine del moto convettivo si parla di convezione forzata e naturale. In
quella forzata la differenza di densità non è la causa primaria delle correnti convettive.
Fisica 669
La convezione forzata è più efficiente di quella naturale. Anche il moto del fluido in-
fluenza la convezione: è più efficiente in regime di moto turbolento rispetto a quello di
moto laminare. Negli aeriformi la convezione è meno efficiente che nei liquidi. Il massi-
mo dell’efficienza si ha quando il liquido sta subendo un passaggio di fase. Sommando
tutte queste discriminanti si capisce perché un meccanismo molto efficiente di cottura
dei cibi è l’immersione in acqua bollente.
9.13 Irraggiamento
Fisica
σ è chiamata costante di Stefan-Boltzmann e vale σ =
5,6696 × 10−8 W m−2 K−4 :
(9.13) q = σ · T4 .
Per la 9.13 il flusso di calore, cioè la potenza emessa per
unità di superficie, è direttamente proporzionale alla quar- Figura 9.5: Il calore generato
ta potenza della temperatura. Per tale motivo ad alte tem- dalla combustione si irraggia in
tutte le direzioni. Si propaga
perature l’irraggiamento predomina sugli altri due metodi maggiormente in alto grazie alla
di trasmissione del calore. convezione.
Se un corpo non riflette, cioè ha coefficiente di riflessione nullo, viene chiamato corpo nero.
Un corpo nero assorbe tutta l’energia incidente su di esso e, per la conservazione dell’energia,
la riemette per irraggiamento. La radiazione di corpo nero dipende solo dalla temperatura
del corpo: grazie ad essa si deduce ad esempio la temperatura delle stelle. Dalla differenza
tra l’emissione teorica di corpo nero e quella di un corpo reale si ricava la sua composizione
chimica, come si fa abitualmente in astronomia.
Tutti i corpi oltre a emettere calore per irraggiamento lo ricevono anche, ovvero sono
dotati di un coefficiente di assorbimento. Per il corpo nero quest’ultimo è massimo e
vale 1, quando questo coefficiente è minore di 1 si parla di corpo grigio. Per un corpo
perfettamente riflettente vale 0. Un corpo caldo emette più calore di quello che riceve.
670 Termologia
I passaggi di stato nel diagramma di stato sono trasformazioni che attraversano le linee
di demarcazione del diagramma, dette linee di transizione, e sono i seguenti:
Durante una transizione di fase varia la struttura molecolare del sistema. Questo pro-
cesso non è mai istantaneo e nel tempo in cui avviene si ha una mistura in cui sono
presenti contemporaneamente due fasi.
Un liquido che evapora lo fa trovandosi in equilibrio con la sua fase di vapore in una zona
del diagramma P − V chiamata campana dei vapori saturi, illustrata nella Figura 9.7.
Quando si ha equilibrio ma la sostanza è tutta allo stato liquido, si dice che il sistema si
trova sulla curva limite inferiore, cioè sul confine sinistro della campana. Man mano che
procede l’evaporazione la percentuale di sostanza che passa allo stato di vapore, chiamata
titolo x, aumenta e lo stato del sistema si sposta in orizzontale nel diagramma (aumenta il
volume ma la pressione resta costante). Si giunge al punto in cui, pur essendoci equilibrio
tra le due fasi, tutta la sostanza è allo stato di vapore: il sistema si trova sulla curva
limite superiore, il confine destro della campana.
Durante tutta la transizione di fase oltre alla pressione di equilibrio tra liquido e va-
pore, chiamata pressione di vapore o tensione di vapore, è rimasta costante la
temperatura: il calore fornito per il passaggio non è calore sensibile ma calore latente.
Il punto più in alto della campana è chiamato punto critico. Per valori di P maggiori della
pressione critica Pc il sistema non può trovarsi allo stato liquido, ma solo in quello gassoso.
Per il punto critico passa una curva chiamata isoterma critica, che indica tutti gli stati
del sistema che hanno la stessa temperatura del punto critico. Quando un aeriforme ha
una temperatura maggiore della critica si chiama gas, altrimenti vapore. Per temperature
maggiori di 2 Tc si ha un gas perfetto (si veda la sezione 10.4).
Fisica
temperatura di ebollizione. Sebbene il recipiente sia chiuso, se si ha ebollizione non si
ha equilibrio tra liquido e vapore e tutto il liquido passa allo stato di vapore.
In alta montagna la colonna d’aria che grava su un oggetto è minore, quindi la pressione
atmosferica è inferiore rispetto al livello del mare. Si ha quindi che la temperatura di
ebollizione Teb è minore rispetto a quella al livello del mare. Per tale motivo in alta
montagna la cottura di pasta in acqua bollente avviene a temperatura minore con risultati
deludenti.
Durante i passaggi di stato, quindi, la temperatura resta costante perché l’energia for-
nita ad esempio per vaporizzare un liquido serve ad allontare le molecole le une dalle
altre rompendo i legami intermolecolari (e quindi aumentando l’energia potenziale e
672 Termologia
9.16 Quesiti
1) Quale dei seguenti termini non rap- 4) Se si vuole misurare la temperatura
presenta una proprietà associata a uno di un ambiente usando solo cifre in-
stato di un sistema termodinamico? tere qual è la scala termometrica più
precisa?
A Ccomponenti
A kelvin
Termologia
B fasi
B Celsius
C confine C Fahrenheit
D calore D centigrada
E varianza E sono tutte equivalenti
5) Il valore 2 ◦C corrisponde alla tempera-
2) Quale delle seguenti grandezze di stato tura di:
non è estensiva?
A −2 ◦ F
A volume
B 275 K
B pressione C 35,6 ◦ F
C energia interna D 275,16 K
D entalpia E 34 ◦ F
Fisica
1) Uno stato di un sistema ha una varianza, cioè un numero di gradi di libertà, calcolato
con la regola di Gibbs in base al numero di fasi e di componenti, quindi la A , la
B e la E vanno escluse. Un sistema ha sempre anche un confine, sia reale che
immaginario, quindi anche la C va esclusa. La risposta corretta è la D , perché il
calore fluisce da un sistema a un altro o durante una trasformazione da uno stato
a un altro dello stesso sistema ma non è una grandezza associabile al singolo stato.
2) La pressione è l’unica delle grandezze indicate che non dipende dalle dimensioni del
sistema, quindi è intensiva. La risposta corretta è la B .
3) Nel punto triplo si ha equilibrio tra le tre fasi, quindi F = 3. Il sistema ha una
componente, quindi C = 1. Per la regola di Gibbs la varianza è ν = C − F + 2: la
risposta corretta è la A .
4) Un kelvin è equivalente a un grado Celsius e centigrado è sinonimo di Celsius. Un
grado Fahrenheit, però, è 5/9 di un grado Celsius, quindi a parità di intervallo di
temperatura la Fahrenheit è più precisa. La risposta corretta è la C .
5) La 9.2 mostra che per passare da gradi Celsius a gradi Fahrenheit occorre moltipli-
care per 1, 8 e aggiungere 32. Al contrario la 9.1 mostra che per passare da Celsius
a kelvin basta aggiungere la temperatura corrispondente al modulo dello zero asso-
luto misurato in gradi Celsius, cioè 273,15 ◦C. Si ricava che la risposta corretta è la
C.
674 Termologia
(10.1) Vt = V0 · (1 + β · t) =⇒ Vt = V0 · β · T .
Sperimentalmente per pressioni non troppo elevate e non prossime a quelle di liquefa-
zione dei gas la legge di Gay-Lussac è rispettata dai gas reali, perché in tali condizioni
il loro comportamento si discosta poco da quello ideale. Analoghe verifiche sperimentali
valgono per la seconda legge riportata di seguito.
676 Termodinamica
La prima legge di Gay-Lussac offre un’interpretazione del perché lo zero assoluto sia il
valore asintoticamente più basso della temperatura raggiungibile in natura: allo zero
assoluto corrisponderebbe un gas con volume nullo, il che è privo di senso fisico.
(10.2) Pt = P0 · (1 + β · t) =⇒ Pt = P0 · β · T .
La legge di Boyle afferma che a temperatura costante il prodotto del volume e del-
la pressione di un gas è una grandezza conservata, cioè P e V sono inversamente
proporzionali.
K(T )
(10.3) P · V = costante =⇒ P = .
V
La seconda relazione mostra che il valore costante dipende dalla temperatura. Anche
la legge di Boyle è sperimentalmente verificata per gas che hanno un comportamento
simile ai gas ideali, cioè per pressioni non troppo elevate e temperature lontane da
quella di liquefazione. La legge non vale per i liquidi, che sono sostanze con volume quasi
costante finché la pressione non raggiunge valori molto elevati. Una trasformazione a
temperatura costante si chiama isoterma.
Fisica 677
La mole è una delle grandezze fondamentali del S.I. e si misura in mol. Il numero di
Avogadro NA è il numero di atomi contenuti in 12 g di C 12 e vale 6,022 × 1023 mol−1 .
Una mole di atomi di ferro conterrà NA atomi di ferro, una mole di ossigeno allo stato
gassoso conterrà NA molecole di O2 e cosı̀ via. Una mole di atomi di C 12 corrisponde
a 12 g di C 12 , una mole di acqua corrisponde a 18,016 g di H2 O perché un atomo di
idrogeno ha massa 1,0078 u e uno di ossigeno 15,9994 u.
Quando il comportamento di un gas si avvicina a quello di un gas ideale una mole in condizioni
standard di temperatura e pressione (condizione indicata con la sigla STP e corrispondente a
Fisica
T = 273,15 K e P = PA = 101,325 kPa) occupa il volume di Avogadro VA = 22,414 l. Per i
gas ideali, quindi, il volume molare v = V /n coincide; per i gas reali invece questa proprietà,
nota come legge di Avogadro, non viene rispettata.
Un gas che soddisfa le due leggi di Gay-Lussac e la legge di Boyle viene chiamato gas
perfetto o ideale. A temperature elevate e pressioni basse ogni gas fisico si comporta
come un gas ideale.
(10.4) P ·V =n·R·T .
Storicamente Joule eseguı̀ un’espansione libera di un gas a bassa pressione e scoprı̀ che l’e-
nergia interna dipendeva solo dalla temperatura. Questa proprietà caratterizza i gas perfet-
ti ed è soddisfatta in condizione di alta rarefazione, quando le molecole non interagiscono
significativamente.
La legge di Dalton, o legge delle pressioni parziali, afferma che la pressione totale di
una miscela ideale di gas perfetti è la somma delle pressioni parziali dei gas componenti
la miscela.
Se quindi in una miscela un gas è presente al 70%, la sua concentrazione sarà del 70%.
La legge di Dalton è importante perché l’aria è una miscela di gas composta per circa
il 78% da azoto N2 , per circa il 21% da ossigeno O2 e per il resto da altri gas. La
concentrazione di un gas in un liquido è quella in cui il gas nel liquido esercita la stessa
pressione che vi esercita dall’esterno (legge di Henry). Se la pressione totale raddoppia
per esempio durante un’immersione subacquea, per la legge di Dalton raddoppierà anche
la concentrazione di azoto nel sangue.
Un gas è detto reale quando non verifica le leggi di Gay-Lussac e la legge di Boyle,
ovvero quando per esso non vale l’equazione di stato dei gas perfetti.
repulsioni tra gli elettroni esterni delle molecole non consentono loro di sovrapporsi. Il
fattore numerico a rappresenta l’intensità delle interazioni tra le molecole del gas. Il
termine aggiunto alla pressione si chiama pressione di coesione e indica la pressione
che va sottratta a quella teorica del gas per via delle interazioni attrattive delle molecole
che limitano quella che il gas esercita sulla pareti. La pressione sulle pareti è infatti
legata al numero di urti delle molecole di gas con le pareti stesse e questo diminuisce
se le molecole si attraggono.
Da queste assunzioni si ricavano importanti relazioni matematiche per i gas ideali, tra
Fisica
cui che un gas non può essere liquefatto per sola compressione, che il calore specifico
è indipendente dalla temperatura, che il calore specifico molare a volume costante cv
vale 3/2 R per i gas monoatomici e 5/2 R per i gas biatomici, che cv e il calore specifico
molare a pressione costante cp sono legati dalla relazione di Mayer: cp − cv = R.
Di maggior rilievo sono poi le conseguenze riguardanti l’energia cinetica media E,
che per un gas ideale è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta T , il
che indica come la temperatura sia una grandezza macroscopica legata all’agitazione
termica delle molecole.
(10.7)
ν 3 5
E = ·kB ·T =⇒ E = ·kB ·T gas monoatomici, E = ·kB ·T gas biatomici.
2 2 2
La prima relazione deriva dal teorema dell’equipartizione dell’energia, secondo il
quale ogni grado di libertà ν comporta un contributo energetico pari a 1/2 kB · T . La
seconda relazione rappresenta l’energia di un gas monoatomico che è formata dalla sola
energia cinetica traslazionale. Essendoci nello spazio tre gradi di libertà traslazionali si
ha il fattore numerico mostrato.
10.8 Lavoro
In termodinamica il lavoro L compiuto da un sistema termodinamico sull’ambiente
esterno è considerato positivo, quello che l’ambiente Le compie sul sistema negativo.
Per determinare il lavoro compiuto da un sistema durante una trasformazione conviene
680 Termodinamica
Figura 10.2: Il lavoro L ottenuto comprimendo Figura 10.3: Il lavoro nel piano di Clapeyron è
un gas a pressione costante è pari al prodotto l’area delimitata dalla curva della trasformazione.
Termodinamica
P · ∆V .
Una qualsiasi trasformazione può essere rappresentata nel piano di Clapeyron, aven-
te per ascisse il volume V e per ordinate la pressione P . Ogni punto del piano rappre-
senta uno stato di equilibrio del sistema e ogni trasformazione è una curva che collega
lo stato iniziale con quello finale. Una trasformazione ciclica è una curva chiusa.
Per una trasformazione qualsiasi il lavoro è rappresentato dall’area sottesa dalla
curva della trasformazione nel piano di Clapeyron. L’espressione matematica usata
per calcolare il lavoro in una trasformazione di un gas perfetto dipende dal tipo di
trasformazione.
(10.8) ∆U = Q − L .
Delle tre grandezze che compaiono nel primo principio solo l’energia interna U è una funzione
di stato, cioè ∆U dipende solo dallo stato iniziale e da quello finale. Matematicamente tale
proprietà si afferma dicendo che ∆U è un differenziale esatto. Lavoro e calore, invece, non
sono differenziali esatti e il loro valore dipende anche dalla trasformazione che collega lo stato
iniziale a quello finale.
Una trasformazione isobara soddisfa la prima legge di Gay-Lussac 10.1 e nel piano di
Clapeyron è rappresentata da un segmento orizzontale.
Fisica
Si definisce entalpia H una grandezza di stato che ha le dimensioni di un’energia:
H =U +P ·V.
(10.9) H = U + P · V =⇒ Q = ∆H .
Figura 10.4: Una trasformazio-
ne isobara è un segmento oriz-
10.11 Trasformazioni isocore zontale nel piano di Clapeyron.
Una trasformazione isocora soddisfa la seconda legge di
Gay-Lussac 10.2 e nel piano di Clapeyron è rappresentata da un segmento verticale.
Poiché ∆V = 0 si ha che queste trasformazioni avvengono a lavoro nullo, quindi dal
primo principio 10.8 si ricava che il calore è un differenziale esatto, perché differenza
di una funzione di stato:
(10.10) ∆V = 0 =⇒ L=0 =⇒ Q = ∆U .
682 Termodinamica
Figura 10.5: Una trasformazione isocora è un Figura 10.6: Una trasformazione isoterma è
segmento verticale nel piano di Clapeyron. un tratto di iperbole equilatera nel piano di
Clapeyron.
Nel piano di Clapeyron una trasformazione adiabatica è una curva che ha una pendenza
maggiore di quelle di un’iperbole equilatera. Dal primo principio 10.8 poiché Q = 0, si
ha che il lavoro è un differenziale esatto:
(10.12) Q = 0 =⇒ ∆U = −L =⇒ P · V γ = costante =⇒ T · V γ−1 = costante.
Fisica 683
Una trasformazione viene detta reversibile se può essere invertita riportando il sistema
nelle condizioni iniziali senza che questo comporti alcuna variazione nell’ambiente. Una
trasformazione non reversibile è detta irreversibile.
Fisica
In natura tutte le trasformazioni sono irreversibili, ov-
vero comportano una dissipazione di energia a causa
degli attriti. Le reversibili sono un’idealizzazione. La
quasistaticità, inoltre, a rigore richiederebbe un tempo
Figura 10.9: Una trasformazio-
infinito per compiersi.
ne reale è irreversibile e compor-
ta una perdita di energia utile. È
quanto accade in una lavalamp,
dove si dissipa energia sotto for-
ma di calore generato da una
10.15 Entropia resistenza elettrica nonostante il
sistema sia ciclico.
Si definisce entropia S una grandezza di stato che aumenta con la temperatura e che
rappresenta il disordine del sistema. Per una trasformazione reversibile l’entropia si può
calcolare attraverso l’integrale di Clausius ∆Q/T tra gli stati iniziale A e finale B.
Q
(10.13) S = kB · ln Γ ⇐⇒ S= =⇒ S = n · cv · logT + n · R · logV .
T rev
La relazione di sinistra rappresenta la definizione statistica di entropia: S è il logaritmo
naturale del numero di microstati corrispondenti al macrostato del sistema, ovvero del
684 Termodinamica
L’entropia può essere definita in termini assoluti anche in meccanica quantistica attraverso
l’entanglement, cioè la sovrapposizione di stati quantistici. In questo modo la sua definizione
è connessa all’indeterminazione di un sistema. Le definizioni sono equivalenti: meno uno stato
quantistico è puro, più sarà possibile ottenerlo come sovrapposizione di stati quindi saranno
maggiori sia l’indeterminazione che le diverse sovrapposizioni corrispondenti allo stesso stato.
Analogamente l’entropia viene definita nella teoria dell’informazione, in cui il teorema di
Shannon la lega all’incertezza connessa alla trasmissione di un segnale e al numero di bit
minimo necessario alla trasmissione, pari proprio al valore di S.
(10.14) ∆S ≥ 0.
Fisica 685
Le equazioni della meccanica sono invarianti rispetto all’inversione temporale, ovvero la ci-
nematica e la dinamica descrivono allo stesso modo sia una tazza che cade da un tavolo e si
rompe in mille pezzi sia il fenomeno opposto, ovvero tanti pezzi che si ricompongono e tornano
sulla tavola a formare una tazza integra. Nel mondo reale osserviamo soltanto il primo feno-
meno e non il suo inverso grazie al secondo principio della termodinamica: soltanto la rottura
della tazza aumenta il disordine e quindi l’entropia dell’universo.
Il fenomeno inverso è possibile: bastano un po’ di colla e qualcuno che poi poggi la tazza
sul tavolo. In questo caso, però, la trasformazione non è spontanea! Se si facesse un calcolo
dell’entropia si scoprirebbe che la diminuzione dell’entropia dovuta al riportare la tazza sul
tavolo è inferiore all’aumento dell’entropia dell’universo dovuto all’incollaggio e al sollevare la
tazza.
Fisica
L’entropia è dunque una grandezza che ha una rilevanza particolare nella fisica. Le
trasformazioni ad entropia costante sono dette isoentropiche e corrispondono alle
adiabatiche reversibili.
Si dice che l’entropia introduce la freccia del tempo, ovvero discrimina tra lo scorrere
del tempo in avanti e all’indietro. Se un sistema è isolato il graduale aumento d’en-
tropia tende a uniformare ogni porzione del sistema, che giungerà in tal modo alla
morte termica, stato in cui la temperatura è uniforme e quindi non avvengono ulte-
riori processi. Anche in un sistema in tali condizioni, però, quantisticamente possono
avvenire processi che scatenano un’evoluzione del sistema.
Si definisce macchina termica qualsiasi dispositivo che trasforma calore in lavoro. Una
macchina termica generalmente assorbe calore da una sorgente termica e a sua volta
cede calore e produce lavoro.
L Qa − Qc Qc
(10.15) η= = =1− .
Qa Qa Qa
Il segno di uguaglianza tra le espressioni deriva dal primo principio della termodina-
mica: essendo una trasformazione ciclica si ha ∆U = 0 e quindi L = ∆Q.
L’ultima espressione mostra che il rendimento è unitario solo se il calore ceduto è nullo,
cioè se la macchina trasforma tutto il calore assorbito in lavoro. Poiché ciò è vietato
dal secondo principio si ha che tutte le macchine hanno rendimento minore di uno.
Il teorema di Carnot ha come conseguenza che una macchina termica deve lavorare
tra due sorgenti di calore di cui una a temperatura maggiore Tc e una a temperatura
minore Tf , che la sua efficienza è tanto più grande quanto maggiore è la differenza
Tf − Tc , che il rendimento potrebbe essere unitario solo se la temperatura minore Tf
fosse lo zero assoluto.
Termodinamica
Qc Tf
(10.16) η =1− ≤1− .
Qa Tc
Il segno del teorema di Carnot è minore per le macchine reali e uguale per quelle ideali
che funzionano con trasformazioni reversibili: le macchine reali hanno efficienza minore
di quelle ideali a causa degli attriti che comportano dispersioni di calore e quindi perdire
di energia utile.
Il ciclo di Carnot è il ciclo di funzionamento di una macchina termica ideale che opera
tra due sorgenti termiche effettuando un’espansione isoterma grazie al calore assorbito
dalla sorgente calda, un’espansione adiabatica in cui si raffredda, una compressione
isoterma in cui il gas cede calore alla sorgente fredda e una compressione adiabatica in
cui il gas si riscalda nuovamente.
Per come opera il ciclo frigorifero se si lascia aperto un frigorifero in estate la stanza in
cui si trova invece di rinfrescarsi si raffredda. La macchina infatti cede calore alla stanza
cercando di raffreddare il suo interno, che però non è più isolato, quindi lavora di più
cedendo più calore alla stanza in un circolo vizioso.
Fisica
termodinamiche;
enunciato di Planck: allo zero assoluto l’entropia di un cristallo puro è nulla.
Questo enunciato ha carattere statistico.
Il senso della seconda formulazione si spiega ricordando che l’entropia di un solido è
minore di quella di un liquido che a sua volta è minore di quella di un aeriforme. Tra i
solidi i cristalli puri hanno entropia minore. Allo zero assoluto corrisponderebbe energia
cinetica nulla, quindi molecole immobili e la configurazione mascoscopica del cristallo
in tal caso è data da un unico microstato. Dalla definizione statistica di entropia 10.13
e dal fatto che il log(1) = 0 si ricava l’asserto.
Un’ulteriore conferma della non fisicità del valore di temperatura pari allo zero assoluto
viene dalla legge di Gay-Lussac, per le quali a un gas perfetto allo zero assoluto compete
volume nullo.
Il terzo principio valse il premo Nobel per la chimica a Nernst nel 1920 ed è tuttora
sperimentalmente verificato.
L’equivalenza dei due enunciati non è scontata, tanto che alcuni affermano anche che il terzo
principio non esiste. A differenza degli altri, questo principio riguarda le basi matematiche
della termodinamica, profondamente diverse da quelle della meccanica.
688 Termodinamica
10.20 Quesiti
1) La prima legge di Gay-Lussac ha tra E che le concentrazioni parziali sono in-
le sue conseguenze una conferma della versamente proporzionali alle pressioni
validità: parziali
Fisica
3) La D e la E vanno escluse perché mancano le ulteriori condizioni che il volume
sia costante per la D o che la pressione sia costante per la E, ovvero i gas perfetti
verificano le leggi di Gay-Lussac. La A e la C vanno escluse perché lavoro e calore
non sono in genere grandezze di stato. La risposta corretta è la B , come scoperto
da Joule.
5) L’equazione di Van der Waals 10.6 rappresenta una correzione per un gas reale
rispetto al comportamento dei gas ideali, quindi i fattori numerici in essa presenti
sono caratteristici delle diverse sostanze: la E va esclusa. La C e la D vanno
escluse perché il fattore b riguarda il volume molecolare, non a, che invece riguarda
le interazioni attrattive tra le molecole. Maggiori sono queste ultime e maggiore
sarà la pressione di coesione e quindi a. La risposta corretta è la B .
7) Il primo principio della termodinamica 10.8 afferma che calore, lavoro ed energia
hanno le stesse unità di misura e consiste in un’estensione della conservazione del-
l’energia inglobando in questo termine anche il calore. La risposta corretta è la E
. La A e la D vanno escluse perché rappresentano possibili enunciati del secondo
principio della termodinamica. La B e la C vanno escluse perché dipendono dal
tipo di trasformazione.
10) Ogni parte di universo ha un contenuto energetico e in quanto tale può essere
considerata un sistema termodinamico, quindi la E va esclusa. Per morte termica
si intende uno stato asintotico cui tende il sistema in virtù del secondo principio della
termodinamica: lo stato più probabile è quello perfettamente omogeneo. Da un tale
stato non possono avvenire ulteriori evoluzioni del sistema per la termodinamica
classica. La risposta corretta è la B .
Termodinamica
Elettrostatica
11
Introduzione
In questo capitolo verranno trattati i fenomeni legati a distribuzioni di cariche elet-
triche in quiete. Dopo aver introdotto il campo elettrostatico e il potenziale elettrico
si darà risalto al teorema di Gauss e alle sue conseguenze. Nella seconda parte come
applicazioni verranno discussi i condensatori nei loro diversi collegamenti in un circuito.
La massa gravitazionale viene introdotta in meccanica per spiegare perché tutti i cor-
pi si attraggono, per generare i campi gravitazionali e dar conto del perché un corpo
risenta di un campo gravitazionale. Dall’evidenza che alcuni corpi si attraggono e altri
si respingono con intensità di gran lunga maggiore di quella legata all’interazione gra-
vitazionale nasce l’esigenza di introdurre una nuova proprietà della materia: la carica
elettrica.
Poiché le interazioni elettriche sono sia attrattive che repulsive occorre introdurre
due tipi di carica elettrica, mentre il carattere solo attrattivo della gravità è legato a
un solo tipo di massa. I due tipi di carica elettrica vengono chiamati per convenzione
carica positiva e carica negativa, nomi che non hanno alcuna connotazione particolare
se non l’essere uno l’opposto dell’altro. L’evidenza sperimentale porta ad affermare che
corpi con carica dello stesso tipo si respingono, mentre corpi con carica di tipo opposto
si attraggono.
Non esiste la carica elettrica neutra, che sarebbe un terzo tipo di carica: se un corpo
non ha carica elettrica è detto neutro.
Nel S.I. q si misura in Coulomb (C), le sue dimensioni sono riportate nella Tabella 1.2.
Pur essendo una proprietà fondamentale della materia, a differenza della massa non
è una grandezza fondamentale del S.I., ma una grandezza derivata dall’intensità di
corrente elettrica, discussa nella sezione 12.1.
La carica elettrica q è una grandezza scalare additiva: la carica totale di una somma
di cariche è pari alla somma algebrica delle singole cariche.
692 Elettrostatica
Le particelle costituenti l’atomo, cioè elettrone e protone, hanno una carica elettrica
molto piccola: il suo modulo vale |e| = 1,6 × 10−19 C. A tal fine è più utile introdurre
l’unità di carica elettrica e, pari alla carica elettrica del protone. In queste unità
di carica il protone ha carica +1 e l’elettrone ha carica opposta −1. Il neutrone non
ha carica elettrica e gli atomi in genere sono neutri, ovvero contengono tante cariche
elettriche positive quante negative: hanno lo stesso numero di elettroni e di protoni. In
caso contrario, se hanno una carica elettrica globale non nulla si chiamano ioni.
Se un corpo ha carica elettrica risente di un campo elettrico, se ha carica elettrica
nulla invece si hanno due possibilità: se la distribuzione di carica è uniforme il corpo
non risente di un campo elettrico, se la distribuzione non è uniforme si hanno valori
diversi della densità di carica elettrica che creano dipoli elettrici.
In questo caso pur essendo un corpo globalmente neutro è come se avesse un’estremità
leggermente carica positivamente e una con una lieve carica negativa e quindi è soggetto
a forze elettriche. Molti legami chimici sono dovuti proprio alle interazioni elettriche tra
dipoli, cioè molecole globalmente neutre con distribuzione di carica elettrica non uniforme.
Figura 11.1: La proprietà di un materiale di essere o meno conduttore dipende dalla struttura delle bande di
valenza e di conduzione. Le linee curve laterali rappresentano la buca di potenziale elettrostatico attrattivo
del nucleo.
Il passaggio di cariche elettriche in un corpo è detto corrente elettrica, che nei solidi
consiste nel moto di elettroni. I livelli più esterni per gli orbitali elettronici degli atomi
vengono detti banda di valenza. Tale banda contiene quegli elettroni che facilmente
si sottraggono all’attrazione del nucleo e possono muoversi per il solido. Quando gli
elettroni non sono più vincolati al singolo atomo si dice che si trovano nella banda
di conduzione. L’energia associata a tale banda è superiore a quella della banda di
valenza e a seconda del gap energetico tra i due insiemi di livelli si hanno diverse
proprietà dei corpi.
buoni conduttori elettrici i metalli, in primis argento e rame. Per tale motivo nei
dispositivi elettronici si trovano minime quantità di argento.
isolanti Negli isolanti, anche chiamati dielettrici, il gap energetico tra le due
bande elettroniche è elevato, quindi gli elettroni sono confinati nel loro atomo.
Questa situazione rende il passaggio di cariche nel solido molto difficile, tanto che
si può considerare nulla la corrente elettrica che può scorrere in essi.
semiconduttori I semiconduttori sono materiali il cui comportamento è a metà
strada tra quello dei conduttori e degli isolanti. In condizioni normali questi
materiali si comportano come dielettrici, variando le condizioni si comportano
come conduttori. Ciò è dovuto al fatto che il gap energetico tra banda di valenza
e banda di conduzione non è elevato, quindi fornendo energia sufficiente agli
elettroni questi passano nella banda di conduzione. Tale energia viene fornita
o attraverso un aumento di temperatura che accresce l’agitazione termica degli
elettroni e quindi la loro energia cinetica o attraverso l’energia potenziale elettrica
fornita dall’applicazione di un campo elettrico.
Una grandezza scalare che permette una classifica-
zione dei materiali in conduttori, isolanti o semi-
conduttori è la resistività elettrica o resistenza
elettrica specifica %. Questa grandezza caratteristi-
ca dei materiali nel S.I. si misura in Ω m e general-
mente cresce linearmente con la temperatura. Buo-
ni conduttori in condizioni ordinarie hanno valori
Figura 11.2: In un elettrodotto i cavi so-
di % dell’ordine di 10−8 -10−7 , buoni isolanti han-
no di solito di alluminio, conduttore più
no valori di % dell’ordine di 1010 fino a 1016 . Nei
Fisica
leggero ed economico del rame sebbe-
semiconduttori % decresce esponenzialmente all’au- ne quest’ultimo abbia una resistività in-
mentare della temperatura. Degna di nota è una feriore. A differenza dei cavi dei dispo-
sitivi domestici, i cavi dell’alta tensione
lega di rame e nichel chiamata costantana, per la non sono rivestiti da uno strato di ma-
quale % non dipende dalla temperatura. teriale isolante: la stessa aria funge da
dielettrico.
Esistono anche materiali chiamati superconduttori e sono quelli che oppongono una resistenza
minima al passaggio di cariche elettriche al loro interno. Questa condizione si realizza per lo
più a bassissime temperature per composti ceramici. La temperatura alla quale un materiale
diventa superconduttore è detta temperatura critica Tc : per temperature inferiori la resistività
del superconduttore diventa nulla. Il superconduttore con la più alta temperatura ha una Tc =
−135 ◦C. Il fenomeno della superconduttività è spiegabile solo con la fisica quantistica: secondo
la teoria BCS gli elettroni formano coppie di Cooper che si comportano come particelle di un
fluido con viscosità nulla.
corpi. In tal modo il corpo che acquista elettroni acquisisce una carica elettrica
negativa, mentre quello che li ha persi una carica elettrica positiva. Generalmente
affinché un corpo venga elettrizzato deve essere un isolante.
La legge di Coulomb esprime la forza elettrica che si instaura tra due cariche elettriche
q1 e q2 poste a distanza r. Tale forza è diretta lungo la congiungente le due cariche,
repulsiva per cariche di pari segno e attrattiva per cariche di segno opposto, diretta-
mente proporzionale al prodotto delle cariche, inversamente proporzionale al quadrato
della distanza e dipendente dal mezzo in cui si trovano le cariche.
1 q 1 · q2 q 1 · q2
(11.1) Fe = · ⇐⇒ k· r̂ .
4πε r2 r2
Fisica
La costante ε si chiama costante dielettrica o
permittività elettrica del mezzo e nel S.I. si mi-
sura in C2 /(N m2 ). È una caratteristica del mezzo
in cui si trovano le cariche e ha valore minimo nel
vuoto, dove si ha ε0 = 8,854 × 10−12 C2 /(N m2 ).
In un qualsiasi altro mezzo la forza risulta mino- Figura 11.4: Cariche di segno opposto
re, quindi ε è maggiore. A tal fine si introduce la si respingono. Il campo elettrostatico to-
costante dielettrica relativa εr = ε/ε0 e si ha εr > 1. tale si può ricavare con il principio di
sovrapposizione.
I termini 1/r2 e (1/r2 ) · r̂ sono equivalenti, in realtà il primo è più rapido ma il secondo
è matematicamente più corretto. Il simbolo r̂ indica un versore, ovvero un vettore di
modulo unitario, serve quindi soltanto ad esprimere direzione e verso della forza.
Per analogia con l’espressione della forza di gravità 5.2 la costante dielettrica viene
inglobata nella costante di Coulomb k. Mentre la costante di gravitazione universale
G è davvero universale, k invece dipende dal mezzo. Nel vuoto si ha il valore k =
8,99 × 109 N m2 /C2 , le sue unità di misura si possono ricavare invertendo la legge di
Coulomb.
696 Elettrostatica
Il campo elettrostatico E(r) è una regione di spazio le cui proprietà sono modificate
dalla presenza di una carica elettrica Q in quiete detta sorgente del campo. In ogni
Elettrostatica
punto di tale regione il campo è dato dal rapporto tra la forza elettrostatica che si
esercita tra la sorgente Q e una carica puntiforme di prova q e la carica q stessa e ha
stessa direzione e verso della forza elettrostatica.
Fe (r) Q r
(11.2) E(r) = =⇒ E(r) = · .
q 4πε |r|3
Il campo elettrostatico E si propaga alla velocità della luce e la sua intensità nel S.I.
si misura in V/m, le sue dimensioni sono riportate nella Tabella 1.2.
L’espressione di destra nella 11.2 rappresenta il campo elettrostatico generato da
una carica sorgente puntiforme Q. I termini 1/r 2 e r/|r|3 sono modi analoghi di indicare
lo stesso termine, il primo è più rapido ma il secondo è matematicamente più corretto.
Un’altra alternativa matematicamente corretta è (1/r2 ) · r̂, come già indicato per la
legge di Coulomb. Le linee di forza del campo generato da una carica puntiforme
sono mostrate nella figura 11.5: sono radiali e uscenti dalla carica se questa è positiva,
entranti se è negativa.
In realtà l’informazione contenuta nel campo elettrostatico di una carica puntiforme è
ridondante. Il campo, infatti, ha simmetria centrale perché la forza è centrale, quindi a
parità di mezzo e di cariche non occorrono tre gradi di libertà per calcolare il valore del
campo in un punto ma solo uno: la distanza da Q. Ne consegue che una funzione scalare
della distanza da Q potrebbe descrivere le stesse informazioni di E. Tale funzione è il
potenziale elettrico, descritto nella sezione 11.7.
Fisica 697
1 Q·q
(11.3) Ue (A) − Ue (B) = LA→B =⇒ Ue (r) = · .
4πε r
La seconda espressione indica l’energia potenziale a distanza r da una carica puntifor-
me sorgente Q e per poterla definire va assunta l’ipotesi che a distanza infinita dalla
sorgente si abbia Ue (∞) = 0. Ovviamente nel S.I. Ue si misura in J e ha le dimensioni
di un’energia, indicate nella Tabella 1.2.
Il segno dell’energia potenziale elettrica dipende dal segno della carica elettrica, a
differenza di quella gravitazionale in cui la massa è sempre positiva.
La densità di energia elettrica potenziale ue contenuta in una regione di volume V può
essere espressa dalle seguenti formule:
Fisica
1 1 ~ ~
(11.4) ue = · ε0 · E02 , ue = ·E ·D.
2 2
La prima espressione vale nel vuoto, la seconda in un dielettrico, cioè un mezzo, di
~ è chiamato induzione elettrica e tiene conto anche
costante dielettrica ε. Il vettore D
della polarizzazione del dielettrico dovuta alla presenza del campo elettrostatico. Per
mezzi omogenei ed isotropi si ha la semplice relazione D ~ = ε · E.
~ D~ nel S.I. si misura
in C/m2 .
Il vettore di polarizzazione elettrica P~ definito dalla relazione D~ = εE ~ + P~ per
mezzi omogenei ed isotropi è direttamente proporzionale al campo elettrostatico:
(11.5) P~ = (εr − 1) · ε0 · E
~ = ε0 · χ · E
~.
Ue (r) 1 Q
(11.6) V (r) = = · .
q 4πε r
Nel S.I. V si misura in volt (V), le sue dimensioni sono riportate nella Tabella 1.2.
V dipende solo dalla carica sorgente, dal mezzo e dalla distanza. L’espressione del
potenziale a distanza r da una carica sorgente puntiforme Q mostra che questa funzione
ha simmetria radiale. I punti dello spazio che hanno lo stesso valore di V formano
superfici equipotenziali. Per una carica puntiforme queste sono sfere concentriche,
come mostrato in Figura 11.5.
Matematicamente V è definito a meno di una costante arbitraria, che andrebbe fissata con
opportune condizioni al contorno. Nella pratica è rilevante la differenza di potenziale (d.d.p.),
anche chiamata tensione, quindi il valore della costante arbitraria è ininfluente.
LA→B
(11.7) LA→B = q · (V (A) − V (B)) ⇐⇒ ∆V = V (B) − V (A) = − .
q
Elettrostatica
In altri termini il potenziale elettrico nel campo elettrico svolge lo stesso ruolo del-
l’altezza nel campo dei gravi. Una carica posta in un campo elettrico si muove solo
tra punti a potenziale diverso, tentando di diminuire la propria energia potenziale cosı̀
come un grave posto in alto cade per diminuire la propria energia potenziale gravita-
zionale. Le cariche non si muovono lungo le superfici equipotenziali, che sono sempre
ortogonali alle linee di flusso del campo elettrico in ogni punto.
Per far funzionare apparecchi elettrici ad uso domestico li si collega ad una presa di
corrente, dove si legge l’indicazione 220 V. Ciò significa che la d.d.p. tra la presa e un
punto di riferimento, usualmente chiamato massa o terra, è pari a 220 V. Spostando
elettroni all’interno dell’apparecchio grazie a questa tensione si compie lavoro facendo
funzionare l’apparecchio.
Uguagliando la definizione meccanica di lavoro come di prodotto tra forza per spo-
stamento e quella appena data di prodotto di carica per tensione si ottiene una rela-
zione tra modulo del campo elettrico E e potenziale elettrico V valida per spostamenti
ortogonali alle superfici equipotenziali:
∆V
(11.8) L = Fe · ∆l = q · E · ∆l , L = −q · ∆V =⇒ E=− .
∆l
Da questa relazione si capisce perché nel S.I. E si misura in V/m. Dall’identità 1 V/m
= 1 N/C si ricava che E può anche essere espresso in N/C.
Fisica 699
Il lavoro compiuto per spostare la carica di un protone tra due punti a d.d.p. di 1 V,
pari a 1,6 × 10−19 J, è chiamato elettronvolt ed è un’unità di misura di energia su scala
atomica e subatomica.
Il teorema di Gauss afferma che il flusso del campo elettrostatico attraverso una super-
ficie chiusa è pari al rapporto tra la carica totale interna alla superficie e la costante
dielettrica del mezzo.
Fisica
che il flusso del campo elettrostatico attraverso la
superficie è nullo. Figura 11.6: La zona a curvatura mag-
Dal teorema di Gauss per il campo elettrostatico giore della superficie esterna di un con-
si traggono rilevanti conseguenze per i conduttori in duttore ha maggiore densità di carica: nei
pressi delle punte il campo elettrico è più
equilibrio elettrostatico, tra cui:
intenso.
Sull’ultima proprietà si basano diversi fenomeni osservabili. Il motivo per il quale durante
un temporale in campagna è più probabile che un fulmine colpisca un albero piuttosto che
una parte piana di terreno è che l’albero è una punta, quindi il campo elettrostatico della
terra è maggiore nella sua prossimità e il fulmine è attratto verso l’albero. Il fulmine
infatti non è altro che un passaggio enorme e repentino di carica elettrica all’interno
dell’atmosfera.
Allo stesso modo durante un temporale con fulmini lungo una spiaggia conviene stendersi
Elettrostatica
a terra per non essere una punta e attirare la saetta. Su questo stesso principio si basano
i parafulmini, che non sono altro che punte metalliche poste sugli edifici con lo scopo di
evitare che i fulmini si scarichino dentro le abitazioni. Elemento essenziale del parafulmine
è la messa a terra, altrimenti l’edificio cui è collegato resta carico e una persona potrebbe
fungere da chiusura del circuito prendendo una forte scossa elettrica.
Un altro effetto derivato dall’applicazione del teorema di Gauss è noto come effetto corona.
Quando la differenza di potenziale tra un conduttore e un altro punto è sufficientemente
elevata, l’intenso campo elettrico ionizza il dielettrico e si crea una scarica: un arco elettrico
che collega il punto a potenziale maggiore con quello a potenziale minore. Di solito l’arco si
origina dalle punte del conduttore. Questo fenomeno può avvenire anche negli elettrodotti:
l’alta tensione può ionizzare l’aria facendola divenire un plasma. Se posti troppo in basso si
potrebbe anche generare un arco fino al terreno.
Fisica 701
Oltre all’altezza, una superficie molto liscia dei cavi riduce questo rischio perché riduce le
possibili punte. Questo effetto ha anche applicazioni utili, viene ad esempio impiegato per
ionizzare l’aria rendendola più salubre o per filtrarla.
∆Q
(11.9) C= .
∆V
Nel S.I. C si misura in Farad, (simbolo F) e le sue dimensioni sono riportate nella
Tabella 1.2. La capacità dipende dalla forma geometrica del conduttore, dalle sue di-
mensioni e dal mezzo in cui si trova. Si può immaginare C come una grandezza che
indica quanta carica si può immagazzinare in un conduttore quando questo assume un
certo potenziale.
11.11 Condensatore
Applicando il teorema di Gauss a una lastra piana di con-
Fisica
duttore avente densità superficiale di carica elettrica σ
immersa in un mezzo con costante dielettrica ε, si ricava
che nelle zone prossime alla lastra ma lontane dai bor-
di il campo elettrostatico è uniforme, normale alla lastra
e ha modulo E = σ/(2 ε). Questa relazione non è per-
fettamente verificata ai bordi perché il risultato si ricava
nell’ipotesi di lastra piana infinita.
Ponendo due lastre piane parallele a distanza d l’una
dall’altra si crea un condensatore, in tal caso le lastre si
chiamano anche armature del condensatore. Se la prima Figura 11.8: Il campo elettrico
E in un condensatore piano è
armatura ha densità di carica σ l’altra per induzione avrà uniforme e direttamente propor-
densità −σ. Il risultato della singola lastra piana, grazie al zionale alla tensione ∆V ai capi
principio di sovrapposizione, fornisce il valore del campo delle sue armature.
elettrostatico del condensatore piano.
Il campo elettrostatico è nullo all’esterno delle armature, tra le due armature è orto-
gonale alle stesse, uniforme, va dall’armatura positiva a quella negativa e ha modulo
E = σ/ε.
All’interno del condensatore piano il campo elettrostatico è legato al potenziale dalla re-
lazione E = ∆V /d, formula dimensionalmente coerente con la definizione di potenziale
11.8.
702 Elettrostatica
Qualsiasi coppia di conduttori tra cui vi è induzione completa, ovvero tali che le linee
di flusso uscenti dall’uno entrano nell’altro, e isolati l’uno dall’altro viene detta con-
densatore. La capacità elettrica del condensatore è il rapporto tra il valore assoluto
della carica posta su una delle armature del condensatore e la tensione che si instau-
ra tra le due armature. In un condensatore l’accumulo di carica elettrica si traduce
nell’immagazzinamento di energia elettrostatica pari al lavoro compiuto per caricare il
condensatore.
|Q| S Re · Ri l
(11.10) C= =⇒ C = ε · , C = 4πε · , C = 2πε · .
∆V d Re − Ri log(Re /Ri )
1 Q2
Elettrostatica
1 1
(11.11) Uc = Q · ∆V = C · ∆V 2 = .
2 2 2 C
Si ha che l’inverso della capacità equivalente di una serie di condensatori è pari alla
somma degli inversi delle capacità dei singoli condensatori.
Da questa definizione segue che Ceq è sempre minore delle singole capacità. Nel
caso particolare C1 = C2 si ha Ceq = C1 /2.
Fisica
dei due condensatori sono le stesse: ∆V1 = ∆V2 . Per la conservazione della
carica elettrica, invece, la carica Q del parallelo sarà data dalla somma della
carica del primo condensatore Q1 e di quella Q2 del secondo: Q = Q1 + Q2 .
Definendo la capacità equivalente del parallelo come rapporto tra la carica totale del
parallelo e la tensione ai capi del parallelo, si ottiene che Ceq è la somma delle singole
capacità ed è quindi maggiore delle capacità dei singoli condensatori.
Q Q1 + Q2 Q1 Q2
(11.13) Ceq = = = + =⇒ Ceq = C1 + C2 .
∆V ∆V ∆V ∆V
11.13 Quesiti
1) Per dipolo elettrico si intende: C un oggetto con un’estremità carica
positivamente e l’altra negativamente
A un oggetto attraversato da cariche D un legame tra due molecole
elettriche da un’estremità ad un’altra
E nessuna delle precedenti affermazioni è
B un oggetto con due cariche elettriche corretta
704 Elettrostatica
Fisica
re inferiori il materiale oppone una resistenza nulla al passaggio di cariche elettriche,
per temperature superiori la resistività non è nulla. La risposta corretta è quindi la
A.
4) Un’auto si elettrizza in una giornata ventosa perché lo strofinio del vento sulla
carrozzeria produce cariche che non possono disperdersi nel terreno a causa della
gomma isolante delle ruote. Una locomotiva invece è messa a terra, ovvero attraverso
il metallo delle ruote le cariche in eccesso si disperdono lungo i binari, che pure sono
conduttori. La risposta corretta è la C .
6) La legge di Coulomb 11.1 ha una dipendenza dal prodotto delle cariche, dalla di-
stanza e dal mezzo, non dal materiale di cui fanno parte le cariche. Ne consegue
che la risposta corretta è la E .
7) Per definizione una superficie equipotenziale ha tutti i punti allo stesso valore
del potenziale ed è ortogonale alle linee di flusso del campo elettrico: la A e la
B vanno escluse. Poiché le cariche si muovono solo da punti a potenziale maggiore
706 Elettrostatica
10) La E va esclusa perché usa termini che si riferiscono ad ambiti diversi. La risposta
corretta è la C , mentre la D va esclusa perché la luce in un mezzo si muove con
velocità inferiore a quella nel vuoto, dipendente dal mezzo. Poiché non è specificato
il mezzo va scelta l’alternativa più generica, quindi la C .
Elettrostatica
Elettrodinamica
12
Introduzione
In questo capitolo verranno trattati i fenomeni connessi con il passaggio di corren-
te elettrica in un conduttore e in un circuito elettrico. Nella seconda parte si fisserà
l’attenzione sui principi fisici alla base delle regole per la risoluzione dei circuiti.
Figura 12.1: La corrente elettrica è un flusso di Figura 12.2: La corrente elettrica nei condutto-
elettroni in un conduttore metallico. Le lampa- ri metallici è un flusso di elettroni. In regime di
dine tradizionali ad incandescenza utilizzano fi- A.C. la zona scura centrale del conduttore non
lamenti di tungsteno sotto vuoto che al passag- sarebbe attraversata da corrente a causa dell’ef-
gio di corrente si scaldano cosı̀ tanto da divenire fetto pelle: la corrente scorrerebbe solo in uno
incandescenti ed emettere luce. spessore esterno.
∆q
(12.1) i= .
∆t
Nel S.I. l’intensità di corrente elettrica i è una grandezza fondamentale e si misura in
ampere (simbolo A), dalla definizione si ha che 1 A = 1 C/1 s. Se la corrente è costante
il numero di cariche in una data sezione di conduttore è costante, cionondimeno si
parla di corrente elettrica, ragion per cui spesso la 12.1 si scrive semplicemente come
i = q/∆t.
Le particelle cariche di un corpo non soggetto a nessuna d.d.p. non sono comunque ferme.
In un fluido sono soggette al moto browniano, dovuto all’agitazione termica, e anche in un
solido gli elettroni di conduzione si muovono per agitazione termica. La velocità degli elettroni
connessa all’agitazione termica a temperature ordinarie è dell’ordine di 105 m/s.
708 Elettrodinamica
Se al moto caotico si sovrappone un moto di deriva, in inglese drift, questa componente del
moto è quello che chiamiamo corrente elettrica. In ogni secondo le cariche si muovono in tutte
le direzioni ma un po’ di più nella direzione indicata dalla corrente. Applicando una d.d.p. ai
capi di un conduttore si genera una velocità di deriva negli elettroni che, pur essendo di vari
ordini di grandezza inferiore a quella legata all’agitazione termica, generalmente dell’ordine
di 10−5 m/s, rappresenta la velocità di propagazione della corrente elettrica.
Le cariche elettriche il cui movimento genera la corrente elettrica sono dette portatori
di carica. La loro natura dipende dal mezzo in cui si ha passaggio di corrente. Nei
conduttori solidi, soprattutto nei solidi metallici che hanno una struttura cristallina ed
elettroni liberi nella banda di conduzione, la corrente elettrica consiste in un passaggio
di elettroni. Nei solidi, quindi, i portatori di carica sono gli elettroni. In alcuni casi
si considera il moto di elettroni come il moto inverso di cariche positive, chiamate
lacune. Queste considerazioni sono particolarmente utili nelle giunzioni tra materiali
semiconduttori con polarizzazione diversa. Nei fluidi i portatori di carica sono ioni sia
positivi, detti cationi, che negativi, detti anioni, che si muovono rispettivamente verso
il polo a potenziale negativo, il catodo, e quello a potenziale positivo, l’anodo.
l
(12.2) R=%· .
S
Buoni conduttori hanno bassi valori di %, con argento e rame ai primi posti, mentre
cattivi conduttori hanno alti valori di %, come indicato nella sezione 11.2. La grandezza
Fisica 709
scalare R è chiamata resistenza elettrica e nel S.I. si misura in ohm (simbolo Ω),
le sue dimensioni sono riportate nella Tabella 1.2. Questa grandezza ha un posto di
rilievo anche nella prima legge di Ohm, che esprime la caduta di potenziale ai capi
di un conduttore:
V V
(12.3) V =R·i ⇐⇒ i= ⇐⇒ R= .
R i
In altri termini la tensione V è ciò che genera una corrente elettrica i e la grandezza di
tale corrente dipende dal materiale attraverso la resistenza R. A parità di tensione un
materiale meno conduttore offrirà una resistenza maggiore e quindi in esso circolerà una
corrente meno intensa. Viceversa più un materiale è conduttore e meno intensa deve
essere la tensione da applicare ai suoi capi per ottenere la stessa corrente circolante.
La prima legge di Ohm matematicamente si esprime come linearità tra le funzioni scalari del
tempo V (t) e i(t). Il grafico della tensione in funzione della corrente si chiama caratteristica
voltamperometrica di un circuito. I circuiti cui si può applicare la prima legge di Ohm vengono
detti lineari o ohmici. Per tali circuiti la caratteristica voltamperometrica è una retta passante
per l’origine la cui pendenza è data da R. Gli altri circuiti vengono detti non lineari e portano
a fenomeni di distorsione o amplificazione dei segnali elettrici.
Fisica
Una corrente alternata (in inglese A.C.) è una corrente continua (in inglese D.C.)
che periodicamente inverte il proprio senso di flusso: per metà tempo fluisce in un
senso e per metà in senso opposto ciclicamente. Il comportamento di un conduttore
percorso da corrente alternata è diverso da quello di uno percorso da corrente continua.
L’intensità dei fenomeni legati alla corrente alternata dipende dalla pulsazione ω che è
legata alla frequenza f dalla solita legge ω = 2πf .
La corrente di uso domestico è corrente alternata, questa scelta risiede nel fatto che
industrialmente è più conveniente produrre una tensione alternata. Le linee di tra-
smissione dell’energia elettrica sono ad alta tensione perché in tal modo si riduce la
dissipazione dovuta all’effetto Joule, presente anche per correnti alternate.
La legge di Ohm può venire generalizzata anche al caso di corrente alternata, dove
vale istante per istante e in luogo della resistenza si pone l’impedenza.
Nella sezione precedente si è detto che i portatori di carica nel loro fluire devono
vincere le interazioni elettriche di disturbo dovute agli atomi del mezzo che attraver-
sano. Tale necessità si traduce in un dispendio di lavoro e quindi in una perdita di
energia.
L q·V q
(12.4) P = = =V · = V · i. Figura 12.3: A causa del calo-
∆t ∆t ∆t re dissipato dai circuiti elettri-
ci per garantire il funzionamen-
L’effetto Joule consente di determinare la potenza elet- to di un computer è necessario
trica dissipata da un conduttore di resistenza R attraver- utilizzare ventole e prese d’aria
sato da corrente elettrica i ai cui capi si ha una tensione per raffreddare la temperatura in
prossimità dei processori.
V:
Fisica 711
V2
(12.5) P = V · i = R · i2 = .
R
I segni di uguaglianza derivano dalla semplice applicazione della prima legge di Ohm
12.3.
Fisica
di Ohm la resistenza in A.C. aumenta, fenomeno rilevante alle alte frequenze.
Altro effetto legato al passaggio di corrente elettrica è l’effetto Peltier, per il quale
il flusso di corrente attraverso una giunzione tra due diversi conduttori porta ad un
trasferimento di calore da un conduttore all’altro. Su questo effetto di basano le celle
di Peltier, sostanzialmente piccole pompe di calore utilizzate per raffreddare in breve
tempo una piccola superficie. Le celle di Peltier vengono ad esempio impiegate per
raffreddare sensori di intensità luminosa CCD o alcuni tipi di processori per computer.
L’effetto Peltier è l’opposto dell’effetto Seebeck, per il quale ad un giunzione
tra due conduttori diversi sottoposti a un gradiente di temperatura si ha una certa
tensione. La maggiore temperatura di un lato della giunzione, infatti, si traduce in
una diffusione dei portatori di carica che hanno maggiore energia cinetica e quindi
alla creazione di una corrente elettrica. Sull’effetto Seebeck si basano le termocoppie,
dispositivi utilizzati per misurare la temperatura.
Con effetto piezoelettrico si intende la creazione di corrente elettrica, chiama-
ta appunto piezoelettrica, generata dalla tensione che si sviluppa in alcuni cristalli
(sostanze piezoelettriche) a seguito di compressioni o deformazioni meccaniche. La pie-
zoelettricità di un materiale è solitamente una proprietà assiale, quindi un cristallo
può manifestare tale comportamento in una direzione e non farlo nelle altre. L’effet-
to piezoelettrico ha numerose applicazioni, dai rilevatori sismici agli accendigas fino
a numerose applicazioni in campo musicale per la conversione di vibrazioni sonore in
segnali elettrici.
712 Elettrodinamica
L’effetto Joule è un fenomeno che presenta anche lati negativi oltre alle utili applicazioni
descritte in precedenza. Nei dispositivi elettronici si ha generazione di calore, ragion per cui
vengono dotati al loro interno di ventole per il raffreddamento. Proprio l’effetto Joule pone
un limite alla grandezza dei microprocessori e ha spinto in direzione di macchine con multi-
processori come dual-core o quad-core per avere alte prestazioni senza correre il rischio che i
microcircuiti si rompano per il troppo calore generato.
Altra conseguenza negativa dell’effetto Joule si ha nel trasporto di energia elettrica pro-
dotta nelle centrali. Gli elettrodotti utilizzano linee ad alta tensione formate da tre tensioni
alternate sfasate, perché in tal modo si ha la minore dispersione dovuta proprio all’effetto
Joule.
somma delle correnti uscenti dal nodo. Stabilendo che le correnti entranti hanno verso
positivo e quelle uscenti verso negativo, il principio si può porre in quest’altro modo:
la somma algebrica delle correnti in un nodo dev’essere nulla.
Figura 12.5: Il primo principio di Kirchhoff affer- Figura 12.6: Il secondo principio di Kirchhoff af-
ma che la somma algebrica delle correnti in un ferma che la somma delle f.e.m. in una maglia è
nodo è nulla. pari alla somma delle cadute di potenziale.
Se in un nodo con quattro rami entra una corrente di 10 mA e ne escono tre correnti, di
cui la prima vale 1 mA e la seconda 5 mA, in base al primo principio di Kirchhoff si può
immediatamente stabilire che nel terzo ramo scorre una corrente di 4 mA.
Spesso per determinare le correnti nei rami conoscendo le resistenze si usa la prima
legge di Ohm 12.3. Una delle applicazioni rilevanti del primo principio di Kirchhoff
Fisica 713
Occorre fare attenzione al verso dei generatori: se il polo negativo dell’uno segue il
polo positivo dell’altro allora le loro f.e.m. vanno sommate, in caso contrario vanno
sottratte.
Se in una maglia con due resistenze un generatore eroga una tensione pari a 10 V e R1
vale 9 Ω, sapendo che la corrente di maglia misura 1 A si può immediatamente ricavare
in base al secondo principio di Kirchhoff che R2 misura 1 Ω. Ai suoi capi, infatti, si deve
avere una caduta di potenziale di 1 V e utilizzando la prima legge di Ohm 12.3 si ricava
la risposta.
Fisica
Figura 12.6: La resistenza equivalente di una Figura 12.7: L’inverso della resistenza equivalen-
serie è la somma delle resistenze. te di un parallelo è la somma degli inversi delle
resistenze.
Resistenze in serie: Due o più resistenze sono collegate in serie quando sono
attraversate dalla stessa intensità di corrente i. Per semplicità limitiamo la di-
scussione al caso di due sole resistenze. Considerando la prima legge di Ohm 12.3
applicata al tratto di circuito compreso tra i punti A e B e alle resistenze R1 e
R2 si ottengono le seguenti uguaglianze:
Una serie di resistenze viene chiamata partitore di tensione, perché la tensione totale ai capi
della serie viene divisa (ripartita) nelle diverse cadute di potenziale. Se ad esempio si dispone
di una tensione elevata e si vuole far funzionare un dispositivo il cui carico resistivo è tale da
Elettrodinamica
poter operare solo con basse tensioni si può risolvere ponendo una serie di resistenze prima
del dispositivo. In tal modo la tensione iniziale si abbassa ad ogni resistenza della serie fino a
giungere al dispositivo nel valore desiderato. L’inconveniente è che se si rompe una resistenza
di un partitore di tensione l’intero circuito non funziona più, come accadeva nelle vecchie serie
di decorazioni natalizie luminose.
Da questa definizione segue che la resistenza equivalente Req è sempre minore della
più piccola delle singole resistenze. Nel caso particolare R1 = R2 = R si ha
Req = R/2.
Un parallelo di resistenze viene chiamato partitore di corrente, perché la corrente totale ai capi
del parallelo viene divisa (ripartita) nelle diverse correnti di ramo. Se ad esempio si dispone
di una corrente elevata e si vuole far funzionare un dispositivo il cui carico resistivo è tale da
poter operare solo con deboli correnti si può risolvere usando un parallelo di resistenze che
abbia il dispositivo su uno dei suoi rami. In tal modo la corrente iniziale si divide e nel ramo
del dispositivo giunge quella desiderata.
Fisica
positivo, l’anodo.
La conduzione nei liquidi genera il processo chiamato elettrolisi. Grazie alla tensione nel
liquido le molecole polari vengono scisse in ioni che migrando ai poli formano composti
neutri, in genere gas che poi vengono liberati o metalli che rivestono il polo. I rivestimenti
metallici ottenuti tramite elettrolisi sono caratterizzati da un buon grado di purezza del
metallo e hanno svariate applicazioni industriali.
Mentre i liquidi seguono comunque la prima legge di Ohm, per i gas la relazione tra
intensità di corrente elettrica e tensione è più complessa.
La conduzione nei gas è alla base dei dispositivi di illuminazione chiamati tubi a lumine-
scenza (più semplicemente neon, sebbene impropriamente) in cui una scintilla generata
dalla tensione ai capi del gas si propaga nel gas rarefatto diffondendo il bagliore luminoso.
12.7 Quesiti
1) Quale dei seguenti termini non indica E una stufa elettrica
un portatore di carica?
5) Per corto circuito si intende:
A lacuna
A un circuito che ha componenti miniatu-
B elettrone rizzati
C protone B un tratto di circuito costituito da una
sola resistenza
D catione
C un tratto di circuito costituito solo da
E anione filo conduttore
2) Quale dei seguenti termini non è D un tratto di circuito costituito da un
sinonimo degli altri? solo componente bipolare
E un tratto di circuito costituito da un
A tensione solo ramo
B forza elettromotrice
6) Se in una serie di quattro resistenze la
C differenza di potenziale prima ha un certo valore, la seconda un
valore doppio, la terza un valore triplo e
Elettrodinamica
D voltaggio
l’ultima ha un valore infinito, ovvero in
E reattanza corrispondenza della quarta resistenza
si stacca il circuito:
3) L’effetto Joule consiste in:
A la tensione tra i punti iniziale e finale
A un aumento del potenziale necessario ri- della serie si divide in parti uguali sulle
spetto a quello teorico per ottenere una prime tre resistenze
certa intensità di corrente in un circuito B la tensione tra i punti iniziale e finale
B una diminuzione del potenziale necessa- della serie si divide in parti uguali su
rio rispetto a quello teorico per ottene- tutte e quattro le resistenze
re una certa intensità di corrente in un C la caduta di potenziale della terza
circuito resistenza è tripla di quella della prima
C una dissipazione di potenza elettrica D la caduta di potenziale della seconda
passiva sotto forma di calore resistenza è doppia di quella della prima
D una dissipazione di energia elettrica do- E non si ha alcuna caduta di potenziale ai
vuta agli attriti che rallenta la velocità capi della prima resistenza
della corrente
E un aumento della resistenza del mate- 7) Il primo principio di Kirchhoff è un
riale che a causa del calore aumenta la modo di esprimere:
propria resistività A il principio di conservazione della massa
4) Quale dei seguenti dispositivi non B il principio di conservazione dell’energia
funziona sfruttando l’effetto Joule?
C il principio di conservazione della carica
A un phon elettrica
D il principio di conservazione della
B un forno elettrico
quantità di moto
C una lampadina ad incandescenza E il principio di conservazione dell’entro-
D un tubo al neon pia
Fisica 717
Fisica
2) I primi quattro termini indicano una d.d.p. che si misura in V, mentre la reattanza
è la parte reale di un’impedenza, che è la generalizzazione del concetto di resistenza
in regime di AC. La risposta corretta è la E .
6) Poiché il circuito è staccato in esso non circola corrente, quindi per la prima legge
di Ohm 12.3 ai capi delle resistenze non si ha alcuna caduta di potenziale. La
risposta corretta è la E . La C e la D vanno escluse a priori perché entrambe vere
o entrambe false.
718 Elettrodinamica
7) La E va esclusa a priori perché un tale principio non esiste. Delle altre la risposta
corretta è la C , in quanto se la corrente non svanisce nel nulla e non appare dal
nulla si ha che il numero di cariche elettriche fluite è costante.
A differenza delle cariche elettriche, i poli magnetici sono presenti sempre in coppia.
Ogni oggetto dotato di un polo nord magnetico deve possedere anche un polo sud:
non esistono monopoli magnetici. Questa caratteristica si esprime matematicamente
dicendo che il campo magnetico è solenoidale.
Una calamita, o magnete, è quindi un oggetto dotato di un polo nord e di un polo sud.
Quando un magnete viene spezzato in due parti, ognuna di esse ha a sua volta un polo
nord e un polo sud. Se si ripete il processo si osserva un’ulteriore proliferazione del
numero di poli magnetici.
Microscopicamente l’origine del magnetismo nei materiali è dovuta alla loro struttura elettro-
nica, in particolare ai dipoli magnetici degli elettroni. Per descrivere il fenomeno si suddivide
un oggetto in piccoli volumi detti domini di Weiss o semplicemente domini. Nei materiali non
magnetizzati i domini sono orientati a caso, quindi per il principio di sovrapposizione degli ef-
fetti non si ha alcun campo magnetico risultante. I domini sono separati dalle pareti di Bloch,
il cui spessore è dell’ordine delle distanze interatomiche, sottili regioni in cui l’orientamento
varia con gradualità. Ponendo un materiale magnetico in vicinanza di un magnete esso subisce
il processo della magnetizzazione, in analogia all’induzione elettrostatica. I suoi domini ruo-
tano e si dispongono lungo le linee di forza del campo magnetico del magnete, orientamento
che persiste dopo l’allontanamento del magnete. Il materiale magnetico che ha i suoi domini
tutti disposti lungo una direzione è ora un magnete con un suo polo nord e un suo polo sud.
zazione. L’energia termica fornita con il calore, infatti, viene assorbita dai vari domini
che quindi si dispongono nuovamente in maniera casuale. Il valore della temperatura
in corrispondenza del quale il materiale perde la sua magnetizzazione è caratteristico
del materiale e si chiama temperatura di Curie Tc . Per il ferro Tc = 1043 K.
Il campo magnetico è una modifica delle proprietà di una regione di spazio al cui
interno si trovano un polo nord e un polo sud magnetici. Le linee di forza del campo
sono sempre linee chiuse: partono dal polo sud e terminano nel polo nord. Poiché non
esistono monopoli magnetici non è possibile misurare un campo con un sonda, ma si
possono tracciare le sue linee grazie al comportamento di un ago magnetico. Nel S.I.
H~ si misura in A/m.
Fisica 721
Fisica
coincidono, giungendo a distare anche alcune migliaia di kilometri. Durante la storia del
pianeta oltre a variazioni di posizione i poli hanno subito anche numerose inversioni,
ovvero hanno scambiato il proprio ruolo. L’analisi stratigrafica del terreno attraverso le
proprietà magnetiche dei materiali componenti il suolo ha determinato con certezza varie
inversioni negli ultimi milioni di anni.
Il campo magnetico terrestre è relativamente debole, infatti misura 2 × 10−5 T nella zona
dove è più debole, cioè all’equatore, fino ad arrivare a un valore di poco maggiore del triplo
in corrispondenza dei poli, dove è più intenso. Ciononostante svolge un ruolo fondamentale
per la vita sulla Terra. Il campo infatti si estende nello spazio per diverse decine di migliaia
di kilometri e devia le particelle cariche provenienti dal Sole (vento solare) e in generale
dallo spazio, chiamate raggi cosmici. Tali particelle hanno un’elevata energia e la loro
interazione con la materia vivente è dannosa, può ad esempio portare allo sviluppo di
mutazioni genetiche o di malattie tumorali. La zona intorno a un pianeta in cui il campo
controlla il moto dei raggi cosmici è detta magnetosfera e quella intorno alla Terra forma
le fasce di van Allen: una regione compresa tra la fascia esterna e quella interna di van
Allen che va da circa 103 km fino a circa 4 × 104 km dalla superficie terrestre e che si
estende nelle regioni polari (oltre il sessantacinquesimo parallelo nord e sud). Nelle fasce
di van Allen si trovano particelle cariche deviate dal campo geomagnetico e quando le
più energetiche colpiscono l’atmosfera creano le aurore polari: spettacolari fenomeni di
fluorescenza osservabili nei cieli polari. Magnetosfera e fasce di van Allen sono fenomeni
rilevati anche in altri pianeti, in primis Giove.
L’origine del campo geomagnetico risiede nel nucleo esterno del pianeta, che essendo
composto da materiale ferroso allo stato liquido è in rotazione.
722 Magnetismo
Le particelle cariche di tale zona essendo in movimento si comportano come una corrente
e quindi generano un campo magnetico. Un contributo inferiore al 10% al campo geoma-
gnetico deriva dalle rocce magnetizzate, mentre la magnetizzazione dell’atmosfera svolge
un ruolo marginale. Sebbene il campo geomagnetico sia trattato come il campo di un
dipolo magnetico, questa è solo un’approssimazione. Il nucleo esterno della Terra, infatti,
si trova a una temperatura superiore a 1043 K, valore corrispondente alla Tc del ferro.
e il campo di
La permeabilità magnetica µ connette anche il campo magnetico H
induzione magnetica B attraverso la relazione B = µH.
~ = µ0 · (H
(13.1) B ~ +M
~ ) = µ0 · (1 + χm ) · H
~ = µ·H
~ =⇒ µ = µ0 · (1 + χm ) .
La classificazione dei materiali oltre ai valori di µ può essere fatta anche in base a
quelli di χm : quando è positiva e ha valori elevati allora il materiale è ferromagnetico,
quando è positiva ma con valori piccoli il materiale è paramagnetico, quando è negativa
il materiale è diamagnetico.
Per i materiali paramagnetici χm è soggetta alla legge di Curie: χm = C/T , dove T indica
la temperatura espressa in kelvin e C è una costante, detta costante di Curie, caratteristica
del materiale. Questa legge mostra come all’aumentare della temperatura la magnetizzazione
sia inferiore ad opera dell’orientamento casuale dovuto all’energia termica. Per i materiali
Fisica
ferromagnetici χm è soggetta alla legge di Curie-Weiss χm = C/(T − Tc ), che rappresenta
un’estensione della legge di Curie e indica il ruolo della temperatura di Curie Tc .
Come mostrato per il campo elettrico con la relazione 11.4, anche al campo magnetico
si associa una densità di energia magnetica um . Questa energia ha una forma semplice
Fisica 725
eH
nel caso di materiali diamagnetici e paramagnetici, dove la relazione tra B è lineare:
1 1 B2
(13.2) um = H ·B = .
2 2 µ
Fisica
nel filo. Allontanandosi dal filo il campo diminuisce: il suo modulo B è inversamente
proporzionale alla distanza r dal filo. Il verso di B è antiorario se i è diretta verso
è determinato dalla legge di Biot
l’alto, orario se i punta verso il basso. Il modulo di B
e Savart:
µ i
(13.3) B= .
2π r
Sebbene sia stata usata l’approssimazione di filo di lunghezza infinita per ricavare la
nelle vicinanze di un
13.3, nella pratica la legge descrive bene il comportamento di B
filo di lunghezza finita.
µ iR2 µ i
(13.4) B = 3
=⇒ B= .
2 z 2R
La seconda relazione si ricava dalla prima in
corrispondenza del centro della spira, ovve-
ro ponendo z = 0. Il verso di B segue la
stessa regola adottata per la legge di Biot e Figura 13.5: Linee di forza per un campo
Savart: se i circola in senso orario il verso di di induzione magnetica generato da una spira
è entrante nella spira, se i circola in senso
B circolare percorsa da corrente costante.
antiorario B è uscente.
13.6 Solenoide
Un solenoide è un avvolgimento di filo a sim-
metria cilindrica e può essere considerato co-
me un insieme di N spire circolari coassiali
di raggio R percorse da corrente elettrica di
intensità i costante. Nell’idealizzazione di so-
lenoide di lunghezza infinita, i contributi dei
vari tratti e la simmetria del sistema fanno sı̀
che il campo di induzione magnetica sia nul-
Magnetismo
µ·N ·i
(13.5) B= .
L
Nel caso reale di solenoide di lunghezza finita, il campo B è nullo solo ad una certa
distanza dal solenoide: all’esterno nei pressi del solenoide non è perfettamente nullo.
Nelle regioni terminali del solenoide, inoltre, non è diretto lungo la direzione dell’asse
del solenoide.
Il solenoide, anche detto bobina, è il componente fisico che nello studio dei circuiti
elettrici viene chiamato induttore. Per quanto discusso nel capitolo successivo, infatti,
Fisica 727
(13.6) F~L = q · ~v ∧ B
~ =⇒ FL = q · v · B · senα .
La forza di Lorentz domina il moto delle particelle nei campi magnetici, è ad esem-
pio responsabile della struttura a forma di bottiglia creata dalle fasce di van Allen
intorno alla Terra oppure regola la deflessione di fasci di particelle cariche all’interno
Fisica
degli acceleratori di particelle, che per la loro forma circolare vengono anche chiamati
ciclotroni.
Si consideri una particella di carica q in moto circolare uniforme con velocità tangenziale di
modulo v lungo una circonferenza di raggio R immersa in un campo di induzione magnetica
~ perpendicolare alla circonferenza. Uguagliando la forza di Lorentz alla forza centrifuga si
B
ottiene il raggio della circonferenza:
v2 m·v
(13.7) q·v·B =m =⇒ r= .
R q·B
Poiché il periodo T è il tempo necessario a percorrere un giro, cioè un percorso lungo 2πr,
dalla definizione di velocità come di spazio diviso il tempo e dalla definizione di pulsazione
ω = 2π/T si ottiene la pulsazione di ciclotrone:
2πr 2πm q·B
(13.8) T = = =⇒ ω= .
v q·B m
La deflessione degli elettroni accelerati da una d.d.p. in un tubo catodico portò Thomson
nel 1897 alla scoperta della prima particella, l’elettrone. Sullo stesso principio si basa il
funzionamento dei televisori a tubo catodico. Sempre la deflessione dovuta alla forza di
Lorentz è alla base del funzionamento degli spettrometri di massa, in cui si accelerano
particelle cariche di massa m attraverso una d.d.p. e le si forza a passare in una regione
in cui c’è un campo B ortogonale. Conoscendo il valore della d.d.p. e di B e misurando
il raggio di deflessione si ricava il rapporto tra la carica e la massa della particella. Se
quindi la carica è nota si può misurare la massa.
13.8 Quesiti
1) Quale delle seguenti affermazioni non 3) Quali sono le unità di misura del campo
equivale a dire che il campo magnetico magnetico nel S.I.?
è solenoidale?
Magnetismo
A Am
A il campo magnetico ha sempre linee di
forza chiuse B A/m
Fisica
materiale D direttamente proporzionale al quadra-
D che i domini del materiale si orientano to della distanza dal filo percorso da
nel verso opposto di quello di un cam- corrente
po di induzione magnetica applicato al E indipendente dalla distanza dal filo
materiale percorso da corrente
E che i domini del materiale si orientano
perpendicolarmente al verso di un cam- 10) Il coefficiente di autoinduzione è una
po di induzione magnetica applicato al grandezza associata solitamente a:
materiale
A un ago magnetico
7) Quale si suppone sia la componen- B un filo rettilineo percorso da corrente
te maggiore che dà origine al campo elettrica
geomagnetico?
C una spira circolare percorsa da corrente
A i raggi cosmici elettrica
B il vento solare D un solenoide percorso da corrente
elettrica
C il nucleo esterno composto da ferro allo
stato liquido E un magnete permanente
linee chiuse. È facile comprendere che le stesse ragioni portano ad escludere anche
la D . La risposta corretta è la E .
2) La risposta corretta è la A : un materiale ferromagnetico se supera la temperatura
di Curie può essere al più paramagnetico, poiché i domini hanno troppa energia
termica per disporsi tutti con lo stesso orientamento.
Per capire la causa dell’interazione macroscopica che si instaura tra i due fili occorre
ricordare che la corrente non è altro che un flusso di elettroni. Ogni elettrone è una
particella dotata di carica e muovendosi all’interno del filo risente del campo di in-
duzione magnetica generato dall’altro filo percorso da corrente attraverso la forza di
Lorentz. Quest’ultima è un prodotto vettoriale tra velocità dell’elettrone e campo di
induzione magnetica: il suo verso si può trovare con la regola della mano destra. Per
tale ragione a seconda che i versi delle correnti che scorrono nei fili siano concordi o
discordi tra i fili si hanno interazioni rispettivamente attrattiva o repulsiva.
A questo punto si hanno tutte le basi per interpretare la natura della forza che si
instaura tra due fili percorsi da corrente elettrica.
732 Elettromagnetismo
Tra due fili rettilinei di lunghezza l, paralleli e posti a distanza d, nei quali scorrono
due correnti di intensità i1 e i2 si ha una forza il cui modulo è
µ i1 · i2 · l
(14.1) F = .
2π d
Questa forza è attrattiva se le correnti nei due fili hanno lo stesso verso, altrimenti
repulsiva.
Che la forza sia direttamente proporzionale al prodotto delle intensità di corrente deriva
dal fatto che queste sono direttamente proporzionali ai campi di induzione magnetica
che generano, i quali a loro volta sono direttamente proporzionali alla forza di Lorentz.
Che sia direttamente proporzionale alla lunghezza dei fili discende dal fatto che questa
è direttamente proporzionale al numero di elettroni che risentono della forza di Lorentz.
La proporzionalità inversa rispetto alla distanza si ricava dalla legge di Biot e Savart
13.3 per il campo di induzione generato da un filo rettilineo percorso da corrente.
Si definisce ampere l’intensità di corrente elettrica continua i che scorrendo in due fili
conduttori rettilinei, paralleli, di lunghezza idealmente infinita posti nel vuoto a distanza
reciproca di 1 m produce tra di essi una forza di modulo pari a 2π10−7 N per ogni metro
di lunghezza.
il flusso del campo di induzione magnetica attraverso un circuito elettrico alla tensione
che si viene a creare ai capi di questo circuito. Si consideri un circuito chiuso, ad esempio
una spira circolare. La superficie delimitata dal circuito si può orientare scegliendo una
delle due facce come positiva introducendo il versore normale alla superficie, secondo
quanto indicato nella sezione 2.6.
Il flusso del campo di induzione magnetica B ~ concatenato alla superficie delimitata
dalla spira (cioè attraverso la superficie) è dato dalla formula 2.4, ovvero è pari al
prodotto del modulo di B ~ per l’area della superficie per il coseno dell’angolo compreso.
L’induzione elettromagnetica è governata dalla legge di Faraday-Neumann-Lenz:
~
−∆Φ(B)
(14.2) f.e.m. = .
∆t
Il segno meno nella 14.2 è legato al terzo nome della legge, ovvero a Lenz. Il fatto che
la f.e.m. indotta tenda a compensare la variazione di flusso indica che questo fenomeno
è uno dei tanti aspetti di minimizzazione dell’energia.
Per ottenere una variazione di flusso di un campo B ~ ci sono tre alternative: o si varia
Fisica
l’intensità del campo B o si varia l’area della superficie S o si varia l’angolo tra i due, ad
esempio ponendo la superficie in rotazione. Quest’ultima soluzione è impiegata negli
alternatori per ricaricare le batterie dei veicoli a motore attraverso il movimento delle
ruote. Ponendo infatti un magnete, detto statore, ai capi di una spira detta rotore la
cui rotazione viene collegata a quella delle ruote, ogni volta che il veicolo si muove si
ha una variazione di flusso del campo magnetico che produce una f.e.m. grazie alla
quale si ricarica la batteria.
Il valore efficace è la radice quadrata della media del quadrato della funzione sinusoidale
(in inglese è infatti indicato con la sigla RMS, stante per root mean square). Il valore
efficace viene utilizzato ad esempio per confrontare gli effetti di una tensione alternata
Elettromagn.
con quelli di una tensione continua. Allo stesso modo il valore efficace di una corrente
alternata corrisponde al valore di continua che a parità di tempo dissipa la stessa
potenza per effetto Joule.
Per ridurre le perdite nei trasformatori dovute alle correnti parassite i nuclei ferromagnetici
vengono sostituiti con nuclei di materiali con una minore conducibilità oppure si ricorre al pro-
cesso della laminazione. Il nucleo viene suddiviso in numerosi strati sottili isolati elettricamente
che quindi non possono venire attraversati dagli elettroni.
Il traferro è anche lo spazio tra i poli di una calamita a ferro di cavallo. Un dispositivo già citato
nella sezione 13.3 a proposito degli usi della magnetizzazione residua, per il cui funzionamento
è essenziale proprio il traferro è l’hard disk di un computer.
Fisica
14.5 Spettro del campo elettromagnetico
Figura 14.4: Le interazioni del campo elettroma- Figura 14.5: Oltre alla parte visibile dello spet-
gnetico sono alla base di quasi ogni evento che si tro EM utilizzata dai nostri occhi, l’uomo ha svi-
verifica sulla Terra, dalle trasformazioni chimiche luppato numerose applicazioni che fanno uso di
degli elementi alle sfumature di colore del sole al radiazioni EM appartenenti a ogni banda dello
tramonto. spettro.
Il campo elettromagnetico spiega quindi sia perché una corrente elettrica genera un
campo magnetico, come sperimentato da Oersted, sia perché un campo magnetico
variabile genera un campo elettrico, come sperimentato da Faraday.
Il campo elettromagnetico è una regione dello spazio caratterizzata da proprietà
derivanti da una carica elettrica sorgente. Le perturbazioni del campo elettromagnetico
736 Elettromagnetismo
Non deve stupire che la velocità di qualsiasi onda elettromagnetica sia uguale a quella del-
la luce. Il campo elettromagnetico, infatti, può essere quantizzato. I pacchetti di energia
elettromagnetica che si propaga, cioè i quanti del campo, sono proprio i fotoni.
Onde radio Hanno una frequenza inferiore a 109 Hz, quindi una lunghezza d’on-
da maggiore di 10−1 m. Sono le onde con minore energia e maggiore lunghezza
Elettromagn.
d’onda. Comprendono le onde radio corte e lunghe e le onde usate per la trasmis-
sione televisiva e hanno λ anche dell’ordine dei kilometri. Permeano l’atmosfera
terrestre a causa delle numerose emittenti di origine umana (per esempio radio
e TV commerciali) e sono riflesse dalla ionosfera, il che consente la trasmissione
anche tra stazioni trasmittente e ricevente tra cui si frappongono ostacoli solidi
rilevanti.
Microonde Hanno una frequenza compresa tra 109 Hz e 1012 Hz, quindi hanno
una lunghezza d’onda compresa tra 10−1 m e 10−3 m. Parte della loro banda si
sovrappone a quella delle onde radio corte. Hanno molteplici impieghi, soprattut-
to per frequenze inferiori ai 40 GHz: si utilizzano nella telefonia cellulare e nelle
comunicazioni via satellite perché attraversano l’atmosfera senza subire interfe-
renze, nei ponti radio, nei radar, nelle connessioni bluetooth e nelle reti wireless
domestiche (WLAN), nei forni a microonde.
Infrarosso Hanno una frequenza compresa tra 1012 Hz e 1014 Hz, quindi hanno
una lunghezza d’onda compresa tra 10−3 m e 0,7 × 10−6 m. Al crescere dell’ener-
gia si distinguono in lontano, medio e vicino infrarosso. Hanno un’energia minore
di quella trasportata dalla luce visibile e come utilizzi principali si ha la ter-
mografia (ad esempio la visione notturna con visori IR) e la trasmissione dati
tra dispositivi per evitare interferenze radio: i telecomandi dei TV utilizzano il
protocollo IrDA per trasmettere dati attraverso LED infrarossi.
Visibile Hanno una frequenza compresa tra 4,3 × 1014 Hz e 7,5 × 1014 Hz, quindi
hanno una lunghezza d’onda compresa tra 0,7 × 10−6 m e 0,4 × 10−6 m. In ordine
Fisica 737
di energia crescente la banda si scompone nei colori rosso, arancione, giallo, verde,
ciano, blu, violetto. È la parte dello spettro EM cui sono sensibili gli occhi umani,
mentre altri animali reagiscono a parti diverse dello spettro EM. Il colore delle
stelle è legato alla loro temperatura (relazione estensibile a qualsiasi corpo nero),
ad esempio stelle rosse hanno temperature inferiori a stelle di colore bianco-
azzurro. Il Sole, di colore giallo, ha una temperatura superficiale di circa 5000◦ C
rilevabile attraverso la spettroscopia.
Ultravioletto Hanno una frequenza compresa tra 7,5 × 1014 Hz e 3 × 1017 Hz,
quindi hanno una lunghezza d’onda compresa tra 0,4 × 10−6 m e 10−8 m. Hanno
energia maggiore della luce visibile e possono già provocare danni agli organi-
smi viventi. La banda è suddivisa in ordine crescente di energia in UV-A, UV-B
e UV-C. L’atmosfera grazie all’ozono scherma completamente gli UV-C e quasi
completamente gli UV-B, lasciando passare solo i meno dannosi UV-A. Ven-
gono utilizzati nelle lampade fluorescenti, nella sterilizzazione o come coloranti
(marker).
Raggi X Hanno una frequenza compresa tra 3 × 1017 Hz e 3 × 1020 Hz, quindi
hanno una lunghezza d’onda compresa tra 10−8 m e 10−12 m. Hanno energie che
provocano seri danni agli organismi viventi con la possibilità di causare tumori.
Vengono utilizzati soprattutto nella diagnostica medica attraverso le radiografie
(questi raggi vengono schermati dalle ossa ma attraversano i tessuti molli) e nella
cristallografia a raggi X.
Fisica
Particolarmente rilevante è il loro impiego nella spettroscopia a raggi X in astro-
nomia: i telescopi sensibili ai raggi X consentono di studiare numerosi fenomeni
celesti troppo lontani per essere rilevati nel visibile. Alcuni dei più spettacolari
processi astronomici hanno forti emissione nella banda X, quali le pulsar (stelle
di neutroni rotanti che vengono rilevate come radiofari nella banda X), i dischi
di accrescimento dei buchi neri e le supernovae.
Raggi gamma Hanno una frequenza maggiore di 3 × 1020 Hz, quindi hanno
una lunghezza d’onda minore di 10−12 m. Sono la parte dello spettro EM ad
energia maggiore, ma l’atmosfera è un efficace schermo contro i raggi cosmici
in questa parte dello spettro. Sebbene i raggi X più energetici (raggi X duri) si
sovrappongano in parte ai raggi γ, queste bande hanno origini differenti: i primi
derivano da transizioni tra diversi livelli energetici degli elettroni, mentre i secondi
da processi nucleari o subnucleari. Vengono utilizzati per la sterilizzazione o per
la diagnostica medica attraverso la PET (tomografia ad emissione di positroni).
In astronomia i raggi γ destano molto interesse: le sorgenti γ sono gli oggetti più
energetici del cosmo, ad esempio le ipernove, i quasar o i buchi neri supermassivi
al centro delle galassie. Si osservano inoltre continuamente nel cielo dei lampi
γ (gamma ray burst) ultra energetici, vere e proprie esplosioni di proporzioni
gigantesche la cui origine è tuttora poco chiara.
738 Elettromagnetismo
14.6 Quesiti
1) Qual è l’interazione di natura mi- A una tensione a gradino
croscopica responsabile dell’interazione
B una tensione a dente di sega
macroscopica tra due fili percorsi da
corrente? C una tensione triangolare
A la forza di Coulomb tra gli elettroni dei D una tensione sinusoidale
due fili
E una tensione di ampiezza costante
B la forza di Lorentz tra gli elettroni e il
campo di induzione magnetica 5) Se un alternatore produce una tensio-
ne alternata di ampiezza massima pari
C la forza di Coriolis degli elettroni in
a 14 V, il valore efficace della tensione è
moto nei fili
circa:
D la forza di attrito degli elettroni nei
conduttori filiformi A 14 V
E la forza centrifuga degli elettroni attor- B 10 V
no ai nuclei
C 1,4 V
2) Se due fili rettilinei sono percorsi da
D 7V
correnti elettriche della stessa intensità
e stesso verso, posti alla distanza di un E 28 V
metro all’interno di un mezzo di per-
meabilità magnetica relativa µr = 1.01, 6) Quale relazione lega la velocità della
l’intensità della forza che si instaura tra luce, la permeabilità magnetica e la
di essi rispetto alla stessa configurazio- costante dielettrica nel vuoto?
ne con i fili però immersi nel vuoto √
è: A c = 1/ ε0 · µ0
√
B c = ε0 · µ0
A maggiore
Elettromagn.
√
C c2 = 1/ ε0 · µ0
B minore
√
C uguale D c2 = ε 0 · µ 0
D dipende se il mezzo è paramagnetico o E c = 1/ ε0 /µ0
diamagnetico
7) Quale delle seguenti leggi non fa parte
E la domanda è priva di senso perché per delle equazioni di Maxwell?
tali valori di µr non può instaurarsi una
forza tra i due fili A la legge di Ampere
Fisica
risposta corretta è la A .
3) Il segno meno nella legge di Faraday-Neumann-Lenz 14.2 indica che il sistema cerca
di essere il più stabile possibile, condizione ottenibile con la configurazione con
minore energia. Questo porta il sistema a compensare la variazione di flusso: la
risposta corretta è la B .
4) La risposta corretta è la D : al moto circolare uniforme del rotore, infatti, si associa
una legge sinusoidale della tensione a causa del coseno presente nella definizione di
flusso di campo magnetico concatenato al circuito.
5) Per grandezze sinusoidale si definisce valore efficace il rapporto tra il valore massimo
e la radice di 2, per poter
√ confrontare gli effetti di tali grandezze con quelle in
corrente continua. Poiché 2 ≈ 1, 4 si ha che la risposta corretta è la B .
6) Uno dei pregi della sintesi delle equazione di Maxwell è proprio che alcune grandezze
relative a elettricità e magnetismo vengono legate da relazioni naturali, tra cui quella
in oggetto. Dall’analisi dimensionale si può dedurre che la risposta corretta è la A .
7) La risposta corretta è la E : la legge di Ohm riguarda soltanto circuiti elettrici e
non contempla minimamente accoppiamenti con campi magnetici.
8) La risposta corretta è la E , infatti la direzione dell’onda EM è quella del vettore
di Poynting e quest’ultimo è definito come E ∧ B,
quindi è ortogonale ai due campi
per le proprietà del prodotto vettoriale.
740 Elettromagnetismo
10) L’energia di un’onda EM è legata alla sua frequenza attraverso il prodotto di questa
per la costante di Planck. Le bande riportate, in ordine di frequenza crescente, sono
microonde, infrarosso, visibile, ultravioletto e raggi gamma. La risposta corretta è
quindi la E .
Elettromagn.
Cenni di meccanica
ondulatoria 15
Introduzione
Nello studio del moto armonico, della forza elastica e del campo elettromagnetico abbia-
mo più volte citato grandezze tipiche dei fenomeni ondulatori. In questo capitolo ana-
lizzeremo carattistiche e proprietà generali della meccanica ondulatoria e dei fenomeni
peculiari connessi alle onde e alla loro propagazione. Nella seconda parte discuteremo
i principali tipi di onde e alcuni aspetti specifici della descrizione ondulatoria.
Si definisce onda una perturbazione che si propaga nello spazio. Generalmente per
onda si intende una fluttuazione di un campo, connessa al trasporto di energia e di
quantità di moto ma non di materia, sebbene si può avere un’onda anche senza avere
trasporto di energia (nel caso di onde stazionarie). Ogni punto dell’onda è soggetto a
una vibrazione intorno alla sua posizione di equilibrio.
Una perturbazione localizzata nello spazio e di breve durata si chiama onda impulsiva.
Se l’impulso emissivo dura alcuni periodi si parla di treno d’onda (o pacchetto d’onda),
ovvero di una sovrapposizione di onde. I fenomeni ondulatori sono generalmente perio-
dici. Un fenomeno periodico assume uno stesso insieme di valori per un determinato set
di grandezze ogni volta che trascorre uno stesso intervallo di tempo, chiamato periodo
T . Per le onde periodiche si utilizzano di solito il valore dell’ampiezza A dell’onda e
742 Cenni di meccanica ondulatoria
l’andamento dell’onda (chiamato fase e discusso nella sezione 15.4). I punti dello spazio
che vengono raggiunti da un’onda nello stesso istante di tempo sono chiamati fronti
d’onda. A seconda della forma di queste superfici si hanno onde piane (hanno come
fronte d’onda una retta), onde circolari (hanno come fronte d’onda una circonferenza),
onde sferiche (hanno come fronte d’onda una sfera), etc.
La forma dell’oscillazione, ovvero il profilo dell’onda, si riflette nei diversi nomi: si
hanno onde sinusoidali, onde quadre (utilizzate nei segnali digitali), onde triangolari,
etc.
Fisica
fronti d’onda, mentre la seconda è la velocità con cui si propagano le variazioni
nella forma dell’onda. Soltanto la seconda trasporta energia o informazioni ed è
quindi soggetta ai limiti della relatività ristretta: non può essere superiore alla
velocità della luce. La velocità di fase, invece, può avere anche carattere superlu-
minale senza violare alcun principio fisico. Entrambe dipendono anche dal mezzo
di propagazione.
1 2π
(15.1) f= , vf = λ · f, λ = vf · T, ω= = 2π · f .
T T
744 Cenni di meccanica ondulatoria
in cui ϕ è chiamata fase iniziale dell’onda, mentre con il termine fase si intende l’intero
argomento della funzione goniometrica. Scegliendo una fase iniziale con uno sfasamento
di π/2 per le proprietà delle funzioni goniometriche si ottiene la stessa espressione ma
con la funzione coseno in luogo del seno. ϕ in genere tiene conto delle condizioni iniziali.
L’onda armonica è periodica sia nello spazio, avendo λ come periodo spaziale, sia
nel tempo, avendo T come periodo temporale. Scegliendo il segno meno nella 15.2
si hanno onde che si propagano nel verso positivo delle x, dette onde progressive;
scegliendo il segno più si hanno onde che si propagano nel verso negativo delle x, dette
onde regressive.
Si dice che due onde sono in fase quando hanno la stessa fase ovvero quando la
differenza tra le loro fasi, detta sfasamento, è un multiplo intero di 2π. Due onde sono
dette in opposizione di fase quando il loro sfasamento è un multiplo dispari di π.
Il teorema di Fourier assicura che una funzione periodica può essere scomposta come
una serie infinita di onde armoniche: un’armonica fondamentale che dà il contributo
principale all’onda risultante e armoniche secondarie che contribuiscono sempre meno
al segnale.
Un’onda i cui fronti d’onda sono piani paralleli, che quindi si propaga senza alcuna
condizione al contorno, senza ostacoli, è chiamata onda piana. Pur non avendo senso
Fisica 745
fisico, quando la sorgente è a grande distanza si può sviluppare un’onda come una serie
di onde piane.
Oltre a descrivere fenomeni ondulatori della fisica classica, la funzione d’onda è un oggetto
matematico basilare della fisica quantistica. Grazie all’ipotesi di de Broglie, infatti, le particelle
materiali durante la loro propagazione possono essere descritte come onde di materia, quindi
sono rappresentate da funzioni d’onda. In tal caso la funzione d’onda rappresenta la densità
di probabilità di trovare la particella in una certa posizione ad un certo istante.
Importanti teoremi matematici connessi all’equazione delle onde e alle sue soluzioni
garantiscono che combinazioni lineari di onde sono ancora onde, quindi somme alge-
briche di onde sono ancora onde. Come conseguenza del principio di sovrapposizione si
hanno fenomeni tipicamente ondulatori quali l’interferenza e la diffrazione.
Quando più onde si sovrappongono la forma dell’onda risultante dipende dagli sfa-
Fisica
samenti delle onde e di solito non è semplice da determinare. Se si sovrappongono onde
della stessa forma allora anche la risultante mantiene quella forma.
Figura 15.5: Se due onde di uguale lunghezza Figura 15.6: Se due onde di uguale lunghezza
d’onda e ampiezza interferiscono la risultante ha d’onda e ampiezza interferiscono la risultante ha
stessa lunghezza d’onda e ampiezza doppia: si ha stessa lunghezza d’onda e ampiezza nulla: si ha
intereferenza costruttiva. interferenza distruttiva.
Quando si sovrappongono onde armoniche di uguale frequenza e possibilmente di uguale
ampiezza si parla di interferenza. A seconda delle caratteristiche della sovrapposizione
746 Cenni di meccanica ondulatoria
si possono avere due tipi principali di interferenza. Per semplicità si limiti la discussione
all’interferenza di onde armoniche. Se queste differiscono solo per uno sfasamento co-
stante l’onda risultante è ancora un’onda armonica avente le stesse caratteristiche delle
due onde che si sovrappongono ma la cui ampiezza dipende proprio dallo sfasamento.
Interferenza costruttiva L’ampiezza A dell’onda risultante è data dalla somma
delle ampiezze delle onde che si sovrappongono. Si ha quando le onde sono in fase.
Nel caso di onde con la stessa ampiezza, l’ampiezza risultante è il doppio di quella
delle onde interferenti.
Interferenza distruttiva L’ampiezza A dell’onda risultante è data dalla diffe-
renza delle ampiezze delle onde che si sovrappongono. Si ha quando le onde sono
in opposizione di fase. Nel caso in cui le onde hanno la stessa ampiezza, quando si
ha interferenza distruttiva l’ampiezza risultante è nulla. Questo fenomeno viene
usato per isolare acusticamente un segnale, producendone uno con stessa forma,
frequenza e lunghezza d’onda ma in opposizione di fase.
I punti in cui l’ampiezza è nulla sono fissi e sono chiamati nodi. Nello sviluppo di
un’onda in armoniche (detto sviluppo in modi), queste sono caratterizzate dal numero
di nodi: l’armonica primaria ha nodi coincidenti con le estremità della regione inte-
ressata dalla propagazione, l’armonica secondaria ha un ulteriore nodo a metà della
distanza tra gli estremi della regione, la terza armonica oltre agli estremi ha due nodi
in corrispondenza a un terzo e a due terzi della distanza tra gli estremi e cosı̀ via.
All’aumentare dei nodi aumenta la frequenza della data armonica.
Si hanno onde stazionarie nello studio analitico degli orbitali elettronici. In tal caso i nodi
delle onde elettroniche corrispondono a punti in cui si ha la certezza di non poter trovare
l’elettrone.
Fisica 747
Nel caso di onde elettromagnetiche, oltre alla riflessione e alla trasmissione si ha anche
l’assorbimento: parte dell’energia dell’onda viene assorbita dal materiale attraverso
l’interazione tra i fotoni (i quanti di luce) e le particelle del materiale (solitamente
elettroni). Per la conservazione dell’energia la somma delle energie assorbita, riflessa
e trasmessa deve essere pari all’energia dell’onda incidente.
Il fenomeno della riflessione per qualunque tipo di onda è soggetto alle seguenti leggi:
Fisica
per il punto di incidenza. Nell’approssimazione di ottica geometrica si è soliti dire
che il raggio incidente, la normale e il raggio riflesso sono complanari.
L’angolo formato dal vettore d’onda dell’onda incidente con la normale alla super-
ficie di separazione dei due mezzi, detto angolo di incidenza, è congruente all’an-
golo formato dal vettore d’onda dell’onda riflessa con la normale alla superficie
di separazione, detto angolo di riflessione.
l’indice di rifrazione assoluto di un mezzo dipende dal prodotto della sua costante
dielettrica relativa per la sua permeabilità magnetica relativa.
Poiché n dipende dalla frequenza di un’onda, onde a frequenza diversa durante
la rifrazione subiscono il fenomeno della dispersione, descritto nella sezione 15.14.
Il rapporto tra gli indici di rifrazione assoluti di due mezzi viene detto indice di rifrazione
relativo del secondo mezzo rispetto al primo: n1,2 = n2 /n1 e dalla definizione di indice
di rifrazione assoluto si ha che n1,2 = v1 /v2 : l’indice di rifrazione di un mezzo rispetto
a un altro è pari al rapporto tra le velocità della luce nei due mezzi.
Dalla legge di Snell si ha che passando da un mezzo meno denso a uno più denso, ad
esempio da aria ad acqua, il raggio rifratto si avvicina alla normale alla superficie di
separazione, quindi l’angolo rifratto è minore di quello incidente e viceversa. Per tale
motivo un oggetto appare distorto, come piegato, quando lo si immerge parzialmente in
acqua.
15.10 Diffrazione
Quando un’onda qualsiasi nella sua propagazione
incontra un ostacolo le cui dimensioni sono com-
parabili con la lunghezza d’onda si ha il fenome-
no della diffrazione. Tipicamente si verifica quan-
do un’onda passa attraverso una fenditura con le
caratteristiche citate.
La diffrazione è spiegata dal principio di Huy-
gens: i bordi della fenditura diventano sorgenti
di onde sferiche. Ne deriva che nella regione di Figura 15.6: Se un’onda che si propaga
propagazione che segue la fenditura si ha sovrap- incontra un ostacolo di dimensioni con-
frontabili con la sua lunghezza d’onda
posizione di numerose onde originatesi dal bor- i punti dell’ostacolo diventano sorgen-
do della fenditura con il conseguente fenomeno ti di onde sferiche che danno luogo a
dell’interferenza. diffrazione.
Fisica 749
Se si rileva l’intensità dell’onda dopo il passaggio nella fenditura, si ha che questa dà
vita a una figura di diffrazione: una zona centrale corrispondente a un picco di intensità
seguita da massimi secondari intervallati da minimi.
A seconda della posizione della sorgente dell’onda rispetto alla fenditura si hanno
vari tipi di diffrazione. In generale il fenomeno si osserva in numerosi casi quotidiani,
ad esempio la varietà di colori che si osservano negli ologrammi delle carte di credito o
nel retro dei CD sono dovuti alla diffrazione. Spesso la diffrazione è una caratteristica
negativa dei sistemi ottici, ad esempio nei telescopi, dove si cerca di eliminarla al
massimo tramite particolari accorgimenti costruttivi.
Il fenomeno della diffrazione è stato osservato anche in esperimenti riguardanti fasci di parti-
celle, come elettroni, che attraversano fenditure, il che ha confermato la descrizione quantistica
dei fenomeni su scala microscopica tipica delle particelle e la dualità onda-particella.
L’effetto Doppler consiste in una riduzione della frequenza percepita quando la sorgen-
te dell’onda e l’osservatore si allontanano reciprocamente rispetto alla frequenza che
avrebbe la stessa onda se non avesse velocità relativa. Allo stesso modo se osservatore
e sorgente si avvicinano la frequenza percepita è maggiore.
Fisica
L’effetto Doppler viene sperimentato ad esempio al passaggio di un’ambulanza: il suono
della sirena sembra divenire sempre più acuto man mano che si avvicina per poi tornare
sempre più grave.
15.15 Quesiti
Fisica
1) Che cos’è un fronte d’onda? D riduzione dell’ampiezza di un’onda
meccanica che si propaga in un mezzo
A la regione antistante l’onda che si
E riduzione della frequenza di un’onda
propaga
longitudinale stazionaria
B la direzione su cui giace il vettore di
propagazione dell’onda 3) Il periodo di un’onda nel sistema c.g.s.
si misura in:
C l’insieme dei punti dello spazio raggiunti
dall’onda nello stesso istante A Hz
D un piano con cui può essere approssima- B m/s
ta un’onda sferica quando si propaga su
C s
regioni di grandi dimensioni
E la regione di spazio in cui si propaga D ms
un’onda che non può essere soggetta a E MHz
sovrapposizione
4) Il modulo del vettore d’onda di un’onda
2) Il fenomeno dell’attenuazione consiste elettromagnetica:
nella:
A è sempre nullo
A riduzione dell’ampiezza di un’onda B ha sempre direzione coincidente con
elettromagnetica che si propaga nel quella di propagazione dell’onda
vuoto
C è pari al rapporto tra un angolo gi-
B riduzione della velocità di un’onda ro espresso in radianti e la lunghezza
elastica che si propaga in un solido d’onda
C riduzione della frequenza di un’onda di D ha sempre direzione perpendicolare a
pressione che si propaga in un liquido quelle di propagazione dell’onda
752 Cenni di meccanica ondulatoria
Fisica
nodi l’ampiezza è sempre nulla, ovvero quei punti non oscillano intorno alle proprie
posizioni di equilibrio.
Fisica
corrispondente distanza dei due punti oggetto coniugati. Tale rapporto di similitudine
è costante per ogni coppia di punti si scelga nel piano dello spazio degli oggetti. Se
questo numero è maggiore dell’unità l’immagine ha un’estensione maggiore dell’ogget-
to, se è minore l’immagine è più piccola dell’oggetto; se è negativo valgono le stesse
considerazioni con l’aggiunta che l’immagine è capovolta rispetto all’oggetto, ovvero
si trova nel semipiano opposto a quello dell’oggetto rispetto all’asse ottico.
y0 Q1 Q2
(16.1) I= = , ∀ P1 , P2 ∈ π, ∀ Q1 , Q2 ∈ π 0 .
y P1 P2
Per determinare la costruzione dell’immagine basta determinare l’intersezione di
due raggi originatisi da P . Per semplicità uno dei due viene scelto passante per il
centro del sistema, poiché ogni raggio che passa per il centro del sistema non
varia la sua direzione. Per scegliere il secondo raggio conviene utilizzare particolari
proprietà o simmetrie del sistema.
La considerazione fatta per P vale anche per Q: se in Q convergono raggi fisici, ovve-
ro energia luminosa, si ha un’immagine reale; se in Q convergono solo i prolungamenti
dei raggi luminosi allora si ha un’immagine virtuale.
Sebbene l’occhio umano percepisca sia un’immagine virtuale che un’immagine reale,
soltanto la seconda può essere rilevata da uno strumento di misurazione in quanto solo
nel secondo caso si ha concentrazione di energia luminosa.
756 Cenni di ottica
Piuttosto che usare la legge di Snell su raggi con angolo di incidenza qualsiasi, per
determinare la costruzione delle immagini conviene sempre usare un raggio passante
per il vertice, che non subisce deviazione, e un raggio parallelo all’asse che deve
quindi passare per il secondo fuoco; in alternativa si può usare la proprietà che un
raggio che viene rifratto parallelamente all’asse ottico passa per il primo fuoco.
Ottica
Figura 16.5: In uno specchio sferico concavo se Figura 16.6: In un diottro sferico concavo se la
la sorgente è a distanza minore della distanza sorgente è a distanza maggiore della distanza
focale l’immagine è virtuale e diritta. focale l’immagine è reale e capovolta.
Un pezzo omogeneo di vetro delimitato da due calotte sferiche che separano il vetro
dall’aria circostante è detto lente. Questo sistema ottico ha quindi due superfici rifran-
genti interposte tra due mezzi uguali, in genere l’aria; in tal caso le due distanze focali
coincidono f = f . Quando lo spessore della lente è trascurabile si parla di lente sottile.
Fisica 757
Figura 16.7: Il primo fuoco è Figura 16.8: Il secondo fuo- Figura 16.9: In una lente diver-
quel punto dell’asse ottico per co è quel punto dell’asse otti- gente nel fuoco si incontrano i
cui passano raggi che si propaga- co in cui convergono raggi che prolungamenti dei raggi.
no paralleli all’infinito dopo aver provengono paralleli dall’infinito.
interagito con il sistema ottico.
Per la lente, data la coincidenza delle due distanze focali, valgono le equazioni
1 1 1 q
(16.2) + = , I= .
p q f p
L’inverso della distanza focale di una lente 1/f si chiama convergenza della lente o
potere diottrico P e nel S.I. si misura in diottrie. Per esempio una lente con f = 2 m
ha 0,5 diottrie. Una lente divergente ha P negativo.
Fisica
Per costruire una lente sottile con le caratteristiche volute si può usare l’equazione dei
costruttori di lenti
1 1 1 q
(16.3) P = = (n − 1) · − , I= ,
f R1 R2 p
dove R1 e R2 sono i raggi di curvatura delle due calotte sferiche che delimitano la lente
e n è l’indice di rifrazione del tipo di vetro relativo all’aria.
Una lente è detta convergente se un fascio di raggi luminosi paralleli all’asse ottico
che la attraversa converge in un punto, detto fuoco, che in questo caso è reale. Se il
fascio di raggi paralleli diverge la lente è detta divergente; in tal caso i prolungamenti
dei raggi convergono in un punto che è sempre il fuoco ma è virtuale.
A seconda della curvatura delle due calotte sferiche le lenti sottili vengono chiamate
biconvesse (sono convergenti), piano-convesse, piano-concave, biconcave (sono diver-
genti), menisco (i fuochi delle due calotte sono nella stessa direzione).
Si può dimostrare che a parità di materiale impiegato per la costruzione e di mezzo
in cui è immersa, maggiore è la curvatura di una lente convergente biconvessa e minore
è la sua distanza focale.
758 Cenni di ottica
Dalla legge di Snell si ricava che quando un raggio si propaga da un mezzo più denso a
uno meno denso può essere soggetto al fenomeno della riflessione totale. Ciò si verifica
quando il raggio incide sulla superficie rifrangente con un angolo superiore a un valore
chiamato angolo critico o angolo limite ϑc = arcsen (n2 /n1 ).
In una regione estremamente calda come il deserto può aver luogo il fenomeno ottico
del miraggio. Questo è regolato dalle leggi della rifrazione. Nel deserto, infatti, il calore
emesso dalla sabbia rovente si propaga verso l’alto e stratifica l’aria in regioni con tem-
peratura e densità decrescenti all’aumentare dell’altezza dal terreno. Un raggio luminoso
proveniente da un oggetto, ad esempio un albero, si propaga con un certo angolo ver-
so l’alto, ma ogni volta che passa in uno strato con indice di rifrazione minore subisce
una deviazione che fa aumentare il suo angolo rispetto alla normale tra due strati. Il
fenomeno si ripete finché il raggio giunge ad incidere uno strato con un angolo superiore
all’angolo limite e quindi viene totalmente riflesso. Comincia quindi a propagarsi verso
il basso variando nuovamente angolo ad ogni interfaccia tra strati diversi fino ad essere
recepito da occhi umani. L’occhio che rileva il raggio interpreta l’informazione come se
la sorgente si trovasse in linea retta rispetto all’angolo sotto il quale è stato rilevato il
raggio e questa interpretazione dà vita al miraggio: un oggetto lontano viene recepito
come vicino a causa delle numerose rifrazioni e della riflessione totale subite a causa dei
diversi indici di rifrazione degli strati d’aria a densità diversa.
Fisica 759
Figura 16.10: In una lente convergente con p > Figura 16.11: In una lente convergente con p =
2f l’immagine è reale, capovolta, rimpicciolita e 2f l’immagine è reale, capovolta, |I| = 1 e q =
f < q < 2f . 2f .
Fisica
quella della coda di una cometa.
L’occhio umano è un sistema ottico in cui le immagini si formano sulla retina dopo che i raggi
luminosi attraversano la pupilla e vengono rifratti dal cristallino. Nell’occhio miope la distanza
focale tra retina e cristallino è maggiore di quella opportuna, mentre nell’occhio ipermetrope è
minore. Una lente divergente corregge il primo difetto, mentre una lente convergente corregge
il secondo.
16.5 Quesiti
1) Un sistema ottico è: E un oggetto che può essere rappresenta-
to da una successione di diottri piani o
A una successione di mezzi con indici di
sferici
rifrazione diversi tra di loro
B una successione di superfici riflettenti 2) Se uno specchio piano ha un ingrandi-
o rifrangenti che separano mezzi con mento lineare pari a I = 5, l’immagine
diversi indici di rifrazione di una figura lunga 5 cm è lunga:
C una successione di superfici riflettenti o
rifrangenti che separano mezzi con lo A 5 cm
stesso indice di rifrazione B 25 cm
D una coppia di mezzi con indici di rifra-
C 1 cm
zione diversi separati da una superficie
riflettente o rifrangente D 10 cm
760 Cenni di ottica
4) Poiché si osserva anche la porzione di oggetto immersa in acqua non si può parlare
di riflessione, quindi la D e la E vanno escluse a priori. Poiché la superficie di
separazione tra aria e acqua è piana si ha che la risposta corretta è la C .
5) Gli specchi parabolici convessi sono quelli usati in corrispondenza di immissioni
stradali con scarsa visibilità. Da tale informazione si può escludere immediatamente
la D e la E e dedurre che la risposta corretta è invece la C .
Fisica
immagini e alla definizione di fuoco si ricava che la risposta corretta è la D .
9) L’occhio ipermetrope ha una distanza focale maggiore di quella di un occhio sano,
quindi per correggere la vista bisogna usare una lente convergente che convogli i
raggi luminosi sulla retina: la risposta corretta è la A .
10) Nonostante nel linguaggio parlato spesso con miraggio si intende una visione di
qualcosa che non è reale, che non esiste, in ottica con tale termine si intende la
visione di un oggetto in una posizione diversa dalla sua reale collocazione. Tale
fenomeno è governato dalle leggi della rifrazione: la risposta corretta è la C .
Chimica
Prefazione
Il testo procede con la trattazione dei principali tipi di reazioni chimiche. Il capitolo 6
descrive alcuni principi di reattività chimica ed introduce i metodi matematici impiegati
dai chimici per la trattazione quantitativa delle reazioni. Il capitolo riporta una serie
di esempi su come approcciare questo tipo di esercizi e fornisce suggerimenti per la
risoluzione dei problemi di stechiometria.
Nel capitolo 7 vengono descritti i fattori responsabili del successo di una reazione
chimica. Vengono inizialmente introdotti i concetti di: entalpia, entropia, energia libera
di Gibbs ed equilibrio chimico. Si identificano quindi i fattori alla base della spontaneità
delle reazioni chimiche. La parte finale del capitolo si focalizza invece sugli aspetti
cinetici delle reazioni chimiche.
Il capitolo 8 è interamente dedicato alle soluzioni ed è suddiviso in tre parti. La
parte iniziale descrive i vari modi in cui è possibile esprimere le concentrazioni delle
soluzioni. Si procede quindi con l’analisi dei vari aspetti che sono alla base dei fenome-
ni di dissoluzione. Infine vengono analizzate in dettaglio le proprietà colligative delle
soluzioni.
Il capitolo 9 è stato interamente dedicato all’elettrochimica e alle reazioni redox. Il
capitolo inizia con una descrizione delle pile chimiche e della Pila di Daniell. Si procede
quindi con un approfondimento dei concetti di ossidante e riducente. Il capitolo termina
con una descrizione del fenomeno dell’elettrolisi e delle leggi di Faraday.
Il capitolo 10 è stato interamente dedicato alle reazioni che avvengono tra acidi e
basi. Il capitolo descrive le varie teorie che si sono via via susseguite per descrivere il
comportamento acido o basico delle sostanze. Vengono quindi approfonditi i metodi
matematici impiegati per il calcolo del pH delle soluzioni acquose. Una serie di esempi
delucidano le procedure da adottare per risolvere gli esercizi correlati. La parte finale
del capitolo è dedicata ai principi che regolano la solubilità dei sali in acqua.
La chimica organica è una branca della chimica talmente ampia che per essere
affrontata in modo completo richiede una trattazione specifica in un testo a parte.
Tuttavia nel capitolo 11 abbiamo voluto introdurre le principali classi di composti
organici e le loro proprietà chimiche e fisiche. Il testo affronta anche le problematiche
relative all’ isomeria strutturale ed ottica di questi composti.
Ciascun capitolo è corredato da una serie di dieci quesiti, con le rispettive soluzioni
commentate, che hanno lo scopo di verificare la comprensione dei punti salienti esposti
Chimica
1.1 Introduzione
In questo capitolo ci focalizzeremo sullo studio della composizione della materia, ovvero
scopriremo le varie forme in cui questa è presente in Natura. Approfondiremo le tecniche
utilizzate per la separazione di miscele sfruttando le loro proprietà chimico-fisiche.
Scopriremo infine i postulati che sono alla base della teoria atomica di Dalton e di
buona parte della chimica moderna.
Si definisce materia tutto ciò che ha una massa ed occupa uno spazio.
Si definisce elemento o sostanza allo stato elementare una specie chimica pura
costituita da atomi dello stesso tipo che si combinano tra loro secondo rapporti numerici
ben precisi (H2 , S8 , He, Al, ecc.).
Da questa definizione è facile dedurre che, essendo gli elementi costituiti da atomi dello
stesso tipo, essi non possono essere scomposti in sostanze più semplici. Attualmente si
conoscono più di 110 elementi diversi, di cui solo 90 sono presenti in Natura. I rimanenti
sono stati ottenuti artificialmente in laboratorio. Gli elementi sono stati classificati nella
tavola periodica secondo precisi criteri che analizzeremo nei prossimi capitoli.
Si definisce composto una sostanza pura che è costituita da atomi appartenenti a due
o più elementi diversi presenti in rapporti ponderali definiti e costanti e uniti tra loro
mediante legami chimici (H2 O, HCl, NaOH, C6 H12 O6, ecc).
del campione ed i cui componenti non sono macroscopicamente distinguibili tra loro
(acqua di mare con i suoi sali disciolti, bevande come il thè o il vino, l’aria).
Le miscele possono essere costituite da: gas (aria), liquidi (vino), solidi disciolti in
liquidi (acqua di mare o zucchero disciolto in acqua) o solidi (lega metallica). Le
miscele omogenee costituite da liquidi (miscela di acqua in alcool) o da solidi disciolti
in liquidi (acqua di mare, acqua e zucchero) prendono il nome di soluzioni.
Chimica 767
Le miscele eterogenee sono quindi costituite da due o più fasi, ovvero da porzioni di
materia che differiscono tra loro e sono delimitate da superfici di separazione fisica-
mente definite. Le fasi solitamente possono essere distinte ad occhio nudo, pensiamo ad
esempio alla miscela eterogenea tra olio e acqua (l’olio galleggia sull’acqua formando
due fasi distinte) o tra solidi diversi (la sabbia di mare è costituita da granelli solidi
chimicamente e fisicamente diversi per forma e costituzione). In altri casi le fasi sono
difficilmente distinguibili ad occhio nudo ma ad un’attenta analisi, supportata even-
tualmente dall’impiego di un microscopio, è possibile verificare che ogni componente
della miscela eterogenea esiste come sostanza individuale. È il caso ad esempio del lat-
te (miscela eterogenea di grassi, proteine e acqua) o del sangue caratterizzato da una
parte corpuscolare dispersa in una miscela di sostanze allo stato liquido.
Le miscele eterogenee in cui un solido è disperso in un liquido, conosciute
con il nome di dispersioni, possono essere a loro volta classificate in due categorie in
base alle dimensioni particellari del solido:
1. prendono il nome di sospensioni se il solido è formato da particelle con diametro
superiore ad 1 µm (1 µm = 10−6 m);
2. prendono il nome di dispersioni colloidali se le particelle hanno un diametro
compreso tra 1 e 1000 nm (1 nm = 10−9 m).
Le dispersioni colloidali sono caratterizzate dal cosiddetto effetto Tyndall, ovvero da
quel fenomeno per cui un raggio luminoso che attraversa una dispersione colloidale ge-
nera un’opalescenza luminosa dovuta alla diffusione della luce da parte delle particelle
disperse. Le particelle che costituiscono la dispersione colloidale esibiscono il caratte-
ristico moto Browniano, cioè se osservate all’ultramicroscopio appaiono animate da
un movimento rapido e continuo.
Le miscele eterogenee costituite da due liquidi immiscibili, ad esempio
olio e acqua, prendono il nome di emulsioni. Nelle emulsioni si possono indivi-
Chimica
duare due o più fasi: quella presente in concentrazione maggiore prende il nome di
fase disperdente, la fase presente in concentrazione minore prende il nome di fase
dispersa.
I gas costituiscono un caso a sé. Essi sono idealmente miscibili tra loro in qualsiasi pro-
porzione ed è solitamente difficile distinguere le varie fasi della miscela. Di conseguenza
le miscele gassose sono sempre considerate omogenee
Figura 1.2: I liquidi mantengono il loro volume ma assumono la forma del recipiente che li contiene.
Aeriformi (gas e vapori) NON hanno una forma né un volume definiti ma si adattano
al recipiente che li contiene occupandone interamente il volume. Le particelle in questo
caso sono perfettamente mobili ed indipendenti tra loro, questo consente agli aeriformi
di occupare tutto lo spazio a loro disposizione.
Chimica
Definiamo solido amorfo qualsiasi solido che presenta una struttura disordinata nelle
posizioni degli atomi o delle molecole che lo costituiscono. Poiché i vetri sono la classe
più nota di questi solidi, questo stato della materia viene chiamato stato vetroso.
I liquidi e gli aeriformi sono definiti nel loro complesso fluidi in quanto non sono dotati di una
forma propria ma si adattano a quella del recipiente che li contiene. Tutti i fluidi presentano
particelle dotate di energia vibrazionale, rotazionale e traslazionale. Gli aeriformi possono
essere a loro volta classificati come: gas se si trovano al di sopra della loro temperatura critica
Tc ; vapori se si trovano al di sotto della loro temperatura critica Tc . Il passaggio delle molecole
dallo stato liquido a quello aeriforme viene detto vaporizzazione.
Si definisce temperatura critica (Tc ) la temperatura oltre la quale una sostanza non
può più essere liquefatta per semplice variazione di pressione.
770 La costituzione della materia
Nelle trasformazioni in cui è necessario aumentare la mobilità delle molecole, ovvero nei
passaggi di stato solido −→ liquido e liquido −→ aeriforme, è necessario fornire calore
al sistema. Nelle trasformazioni in cui è necessario ridurre la mobilità tra le molecole,
ovvero nel senso opposto al precedente, è necessario sottrarre calore al sistema.
I passaggi di stato NON variano la natura della sostanza da un punto di vista
chimico ma ne modificano esclusivamente le sue proprietà fisiche; questi fenomeni so-
La materia
Diversamente dal calore latente, il calore sensibile è definito come la quantità di calore
necessaria per provocare una variazione di temperatura di 1 ◦ C per grammo (o per mole)
di sostanza considerata. Il calore sensibile NON induce alcun passaggio di stato ma provoca
esclusivamente un aumento di temperatura.
Chimica 771
Il punto di fusione delle sostanze cristalline pure ha un valore preciso ed è impiegato in chimica
analitica per l’identificazione di sostanze incognite. La presenza di impurezze nel campione,
o il cambiamento del suo stato cristallino, induce una variazione del punto di fusione. Tale
variazione è causata dalla distribuzione disordinata e non omogenea del campione ed induce
una variazione nella quantità di energia necessaria per rompere i legami. Si parla in questo
caso di intervallo di fusione che è caratteristico dei solidi amorfi (ovvero non cristallini).
Per ottenere le sostanze pure che costituiscono una miscela, sia questa omogenea o
eterogenea, è necessario separarle sfruttando dei metodi fisici che preservino l’integrità
delle sostanze da un punto di vista chimico. Gli scienziati hanno sviluppato un’ampia
gamma di metodi fisici per la separazione dei componenti di una miscela. Per ogni spe-
cifico caso è necessario valutare la tecnica di separazione più appropriata che dipenderà
dallo stato fisico del sistema e dalle caratteristiche chimico-fisiche dei suoi componenti.
Come regola generale le miscele eterogenee possono essere facilmente separate nei
loro costituenti mediante l’uso di mezzi meccanici (filtrazione e centrifugazione). Nelle
soluzioni (che sono miscele omogenee), invece, i componenti del sistema possono
essere separati mediante passaggi di stato (distillazione ed evaporazione) o attraverso
l’impiego di tecniche cromatografiche.
1.4.1 Filtrazione
È impiegata nella separazione di miscele ete-
rogenee solido-liquido. La filtrazione (Figura
1.5) permette la separazione delle particelle
solide dal liquido nel quale sono disperse. La
tecnica sfrutta la differenza nelle dimensioni
tra le particelle di solido e quelle di liquido.
Il mezzo filtrante impiegato in laboratorio è
la cosiddetta “carta da filtro”, costituita da
carta a vario grado di porosità che può esse-
Figura 1.5: Sistema di filtrazione.
re attraversata dal liquido ma non dal solido,
che viene trattenuto.
La carta da filtro non è in grado di separare i soluti disciolti in un liquido dal liquido
stesso. Le particelle di soluto infatti sono estremamente piccole e non vengono tratte-
nute dal filtro. La filtrazione è un metodo di separazione meccanico e NON permette
di separare i vari componenti di una soluzione.
È possibile, ad esempio, mediante filtrazione separare il thè dalle sue foglie, ma non è
possibile separare i vari componenti del thè dall’acqua. Allo stesso modo filtrando uno
sciroppo non è possibile separare lo zucchero disciolto dall’acqua.
1.4.2 Evaporazione
È impiegata per separare il solvente dai soluti disciolti, ovvero è in grado di separare i
componenti di una soluzione. Il solvente liquido è indotto a cambiare stato di aggrega-
zione e diventare aeriforme mentre il soluto solidifica sul fondo. Un chiaro esempio nel
mondo naturale sono le saline, dove l’acqua del mare è fatta evaporare e il sale viene
recuperato come solido.
1.4.3 Distillazione
Metodo impiegato per separare i componen-
ti di una miscela di sostanze allo stato li-
Chimica
quido (Figura 1.6). La tecnica sfrutta le dif-
ferenze tra le temperature di ebollizione dei
componenti della miscela. Si scalda la mi-
scela, eventualmente a bassa pressione, fino
all’evaporazione di uno dei suoi componenti
(quello più bassobollente) che viene succes-
sivamente recuperato mediante condensazio-
ne, e viene riportato allo stato liquido. La
distillazione è quindi in grado di separare i
componenti di una miscela omogenea.
La distillazione frazionata del petrolio
nelle colonne di “topping” ne è un esempio.
Il petrolio è costituito da una miscela di idro-
carburi (GPL, Benzina, Gasolio, Bitumi) che
presentano temperature di ebollizione molto
diverse tra loro. Queste differenze nei punti Figura 1.6: Apparato di distillazione semplice.
774 La costituzione della materia
di ebollizione sono sfruttate per separare il petrolio nei suoi componenti. La tecnica
prende il nome di distillazione frazionata perché riguarda la separazione di più li-
quidi. Si definisce distillazione semplice quella tecnica in cui il distillato è ottenuto
con una singola sequenza di vaporizzazione-condensazione.
1.4.4 Estrazione
L’estrazione è impiegata per separa-
re il solvente dai soluti in esso disciol-
ti o per separare miscele di soluti. La
tecnica sfrutta la diversa solubilità dei
soluti in solventi diversi e tra loro im-
miscibili. Si impiega dunque un sol-
vente di estrazione immiscibile con
quello di partenza ma per il quale il
soluto da estrarre presenta un’elevata
affinità. In questo modo il soluto tende
a migrare spontaneamente dal solven-
te di partenza a quello di estrazione. Il
solvente di estrazione viene quindi re-
Figura 1.7: Separazione di una miscela di soluti A e B
cuperato assieme al soluto di interesse mediante estrazione con imbuto separatore.
(Figura 1.7).
L’estrazione non è una vera e propria separazione in quanto, una volta ottenuto
l’estratto, sarà necessario un ulteriore processo di separazione (solitamente un’evapo-
razione) al fine di separare il solvente di estrazione dal soluto di interesse.
1.4.5 Centrifugazione
Questa tecnica è impiegata per separare i componenti di una miscela caratterizzati
da diverse densità. È il caso di due liquidi tra loro immiscibili, o alternativamente di
un particolato solido sospeso in un liquido. Il metodo sfrutta la forza centrifuga per
ottenere la stratificazione dei liquidi (o del particolato solido) e permettere, quindi, la
La materia
1.4.6 Cromatografia
La tecnica è impiegata per separare i componenti di una soluzione sfruttando la loro
diversa affinità rispetto ad una fase di supporto (denominata fase fissa o stazionaria)
ed una fase in movimento denominata fase mobile. La fase fissa è solitamente costi-
tuita da matrici polimeriche, silice o carta, mentre la fase mobile, che è normalmente
un solvente (etanolo, acqua), viene fatta scorrere attraverso la fase fissa: tale processo
prende il nome di eluizione. La separazione dei composti di una miscela è possibile
in quanto, a seconda delle loro proprietà chimico-fisiche, essi tendono ad adsorbirsi
sulla fase fissa e restare fermi, o a migrare nella fase mobile e scorrere con il solvente
di eluizione. È cosı̀ possibile separare i diversi componenti della miscela di partenza
sfruttando le diverse velocità con cui questi attraversano la fase fissa.
Man mano che la fase mobile viene adsorbita e sale lungo la fase fissa, la miscela si
separa a seconda dell’affinità dei suoi componenti per la fase fissa e per la fase mobile
(Figura 1.8). I componenti più affini alla fase mobile si muoveranno più rapidamente
Chimica 775
e si troveranno più in alto, mentre i componenti più affini alla fase fissa saranno più
lenti e rimarranno vicini al punto di semina della miscela.
Le reazioni chimiche sono descritte mediante equazioni chimiche nelle quali si indi-
cano a sinistra le sostanze di partenza, denominate reagenti, e a destra le sostanze
che si ottengono al termine della reazione, conosciute con il nome di prodotti. Nella
Chimica
generica equazione chimica A+B → C+D, A e B sono i reagenti, C e D sono i prodotti.
Ma cosa succede durante queste trasformazioni? Andiamo ad analizzare i tre principi
alla base di questi studi.
“Durante una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti è equivalente alla
somma delle masse dei prodotti di reazione”.
Ciò significa che durante una reazione chimica la materia non viene né creata né
distrutta ma si trasforma e di conseguenza la massa totale si conserva.
776 La costituzione della materia
Ciò significa che il rapporto in peso tra gli elementi che costituiscono una sostanza
pura è specifico per quella sostanza ed è costante. Quindi, se 2 grammi di sostanza A si
combinano con 3 grammi di sostanza B per generare una sostanza C, il rapporto in peso
tra A e B sarà sempre 2 : 3. In questo modo per generare C, A e B si combineranno in
modo che il rapporto tra le loro masse sia sempre lo stesso, ovvero 2 grammi di A con
3 grammi di B, o 4 grammi di A con 6 grammi di B, o 6 grammi di A con 9 grammi
di B, e cosı̀ via.
Tali leggi hanno consentito lo sviluppo della Teoria Atomica di Dalton. Essa si
basa sui seguenti postulati:
c. Quando due o più elementi si uniscono tra loro mediante legami chimici si ot-
tengono i composti. Per ogni composto il tipo di atomi e il loro rapporto
sono fissi. Questo postulato è in accordo con la Legge delle Proporzioni definite
e costanti.
“Quando due elementi si combinano tra loro per formare più composti diversi, il rap-
porto tra le masse di un elemento che si combina con una quantità fissa dell’altro
elemento è esprimibile mediante numeri interi e piccoli”.
Chimica 777
Massa di O in NO2 32
= = 2.
massa di O in NO 16
Tale teoria, pur non essendo in grado di spiegare i comportamenti delle reazioni nucleari
nelle quali si verificano variazioni della natura degli atomi, trova ampia applicazione
nella chimica di laboratorio dove non si effettuano reazioni che coinvolgono i nuclei.
1.6 Quesiti
1) Individuare l’affermazione corretta: E un sistema omogeneo costituito da una
miscela di due gas
A le soluzioni possono essere solide,
liquide o gassose 4) Una miscela di acqua e alcol etilico:
Chimica
A è proprio di un soluto in un solvente
C è caratterizzato da un movimento rapi-
do e continuo di particelle disperse in B è una caratteristica delle particelle
una soluzione colloidali disperse in un liquido
C è una caratteristica di tutti i liquidi
D è una caratteristica delle dispersioni
colloidali D è proprio di qualsiasi sale in soluzione
E si osserva nelle miscele di gas E è una caratteristica di tutti i solidi in
sospensione
3) Una sospensione è: 6) La nebbia può essere considerata come:
A un sistema eterogeneo costituito da due A una soluzione gassosa
liquidi non miscibili tra loro B una soluzione liquida
B un sistema omogeneo costituito da un C un sistema eterogeneo costituito da un
soluto sciolto in un solvente solido in un gas
C un sistema eterogeneo costituito da un D un sistema eterogeneo costituito da due
solido in un liquido liquidi non miscibili
D un sistema eterogeneo costituito da un E un sistema eterogeneo costituito da un
liquido in un gas liquido in un gas
778 La costituzione della materia
9) E . Un sistema omogeneo può (non deve necessariamente) contenere solo una so-
stanza pura (anche detta individuo chimico), cioè un elemento o un composto, o
anche un insieme di essi. Ad esempio un sistema in cui è presente solo un gas nobile
è costituito da un solo elemento; un sistema in cui è presente solamente acqua distil-
lata è costituito da un solo composto; un sistema costituito da una miscela di gas è
costituito da più composti. Tali sistemi sono tutti omogenei. Bisogna però ricordare
che mentre è vero che tutti i sistemi costituiti da un unico individuo chimico sono
omogenei, non è vero che tutte le miscele sono omogenee. Si può invece affermare
che in tutti i sistemi omogenei sia presente un’unica fase.
10) D . Le miscele eterogenee (non le omogenee) possono facilmente essere separate nei
loro componenti mediante l’uso di mezzi meccanici, quali ad esempio filtrazione e
centrifugazione. Nelle soluzioni invece (che sono miscele omogenee) i componenti del
sistema possono essere separati mediante passaggi di stato o metodi cromatografici.
Chimica
La struttura
dell’atomo 2
“Se si decide di conoscere l’energia di un elettrone in un atomo con una piccola in-
certezza, allora si deve accettare una incertezza molto elevata nella sua posizione nello
spazio attorno al nucleo” (Max Born, 1882-1970).
2.1 Introduzione
In questo capitolo ci focalizzeremo sullo studio della struttura atomica. Considereremo
in particolare le particelle che costituiscono l’atomo, le loro proprietà elettriche e come
queste influenzano le proprietà dei vari elementi. Introdurremo i concetti di numero
atomico, numero di massa ed isotopi che sono alla base degli aspetti quantitativi della
chimica. Analizzeremo quindi le reazioni che avvengono a livello del nucleo atomico.
Scopriremo infine i vari modelli atomici, sviluppati dagli scienziati nel corso degli anni,
che consentono di comprendere il comportamento della materia in modo sempre più
accurato.
Il numero di massa (A) è dato dalla somma algebrica del numero di protoni (Z) e
del numero di neutroni (N ) presenti nel nucleo di un atomo di un elemento.
A = N + Z.
È tuttavia possibile che due atomi presentino lo stesso numero di protoni (e quindi di
elettroni) ma un numero diverso di neutroni: in questo caso si parla di isotopi, ovvero
di atomi che presentano lo stesso numero atomico (Z) ma un diverso numero di massa
(A). Essendo costituiti dallo stesso numero di protoni, gli isotopi sono classificati come
atomi di uno stesso elemento. Ogni elemento è indicato con la dicitura A Z E, dove
A corrisponde al numero di massa e Z corrisponde al numero atomico.
Tutti gli isotopi di uno stesso elemento hanno lo stesso nome, la stessa posizione
nella tavola periodica e le stesse caratteristiche chimiche ma presentano masse diverse.
La maggior parte degli elementi che si trovano in Natura sono presenti in miscela
isotopica, ovvero hanno due o più isotopi che possono essere stabili o instabili. Gli
isotopi instabili tendono ad emettere radioattività per stabilizzarsi. Le masse degli
elementi riportate sulla tavola periodica (vedi Capitolo 3) sono calcolate a partire dalla
media delle masse atomiche delle miscele isotopiche alle percentuali presenti in Natura.
Chimica
un isotopo stabile dell’idrogeno), 31 H (idrogeno radioattivo o trizio; è un isotopo
instabile dell’idrogeno;
isotopi del carbonio: 126 C (carbonio-12), 136 C (carbonio-13), 14
6C (carbonio-14,
viene impiegato nella chimica forense per le datazioni);
16 18
isotopi dell’ossigeno: 8O (ossigeno-16), 8O (ossigeno-18).
Una reazione nucleare comporta quindi una variazione del numero atomico (Z) e spesso
anche del numero di massa (A).
226
88 Ra −→42 He +222
86 Rn.
Il decadimento di tipo α fa sı̀ che venga liberata una particella α da parte del nucleo.
L’atomo
234
Reazione 92 U −→42 He +230
90 Th
Numero di massa (A)
(protoni + neutroni) 234 4 230
Numero atomico (Z)
(protoni) 92 2 90
Tabella 2.4: Decadimento dell’Uranio-234 a Torio-230 con emissione di una particella α.
elemento caratterizzato da un numero atomico maggiore di quello del nucleo che decade.
1
0n −→−10 β +11 p
235
92 U −→−10 β +235
93 Np.
235
Reazione 92 U −→−10 β +235
93 Np
Numero di massa (A)
(protoni + neutroni) 235 0 235
Numero atomico (Z)
(protoni) 92 −1 93
Tabella 2.5: Decadimento dell’Uranio-235 a Nettunio-235 con emissione di una particella β.
Nelle reazioni nucleari NON viene rispettato il principio di conservazione della massa
degli elementi (Legge di Lavoisier), ma viene mantenuto costante il numero totale
delle particelle nucleari (nucleoni).
Per ogni elemento presente nella tavola periodica è associato un peso atomico relativo
dato dal rapporto tra la massa assoluta dell’atomo in considerazione e l’u.m.a. Il 12 C
ha cosı̀ una massa di 12 u.m.a, l’idrogeno 1 H ha una massa di 1 u.m.a, l’ossigeno 16 O Chimica
ha una massa di 16 u.m.a e cosı̀ via.
In realtà la massa riportata sulla tavola periodica è espressa da numeri non interi
con quattro o cinque cifre significative in quanto tiene conto, per ogni elemento, dell’ab-
bondanza isotopica presente in Natura. A titolo esemplificativo il Carbonio presenta
due isotopi stabili: 12 C (98,89% del totale, PA 12 u.m.a.), 13 C (1,11% del totale, PA 13
u.m.a.); il 14 C è presente in tracce e non è stabile. Il peso atomico riportato in tavola
periodica per il carbonio è ottenuto dalla media ponderata delle masse dei suoi isotopi
sulla base dell’abbondanza percentuale con cui è presente in natura ed è pari a 12,011
u.m.a. Il peso di una molecola è dato dalla somma dei pesi atomici degli atomi che la
costituiscono ed è definito peso molecolare (PM) o massa molecolare. Nel caso
di composti che non sono costituiti da singole molecole ma sono presenti in un reticolo,
come ad esempio i composti ionici, non si parla di peso molecolare ma di peso formula
(PF) o massa formula, ovvero il peso di queste sostanze è quello riferito alla loro
formula minima.
784 La struttura dell’atomo
Per formula minima si intende la formula che rappresenta in quale rapporto sono
presenti gli elementi in una sostanza. Tale rapporto è dato dal numero intero più
piccolo. La formula minima è solitamente impiegata per indicare quelle sostanze che
sono formate da una combinazione di atomi che si ripetono “infinite” volte nello spazio,
come ad esempio i reticoli cristallini (NaCl, KBr, MgCl2 ).
Lorenzo Romano Amedeo Carlo Avogadro (1776-1856), pur avendo studiato e lavorato come
avvocato si dedicò alla scienza ed in particolare allo studio dei gas. Fu sua l’intuizione, poi
divenuta legge, per la quale: “Volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di pressio-
ne e temperatura presentano lo stesso numero di particelle”. Egli teorizzò anche il concetto
L’atomo
di mole ma sfortunatamente morı̀ incompreso. Pochi anni dopo la sua morte, grazie agli
esperimenti condotti dal chimico italiano Stanislao Cannizzaro (1826-1910) l’idea di mole fu
definitivamente accettata dalla comunità scientifica.
Definiamo mole (mol) la quantità di sostanza che contiene un numero di entità pari
al Numero di Avogadro NA ovvero pari al numero di atomi di 12 C presenti in 12,000 g
esatti di isotopo 12 C purissimo. Una mole corrisponde quindi ad un Numero di Avogadro
di unità elementari (atomi, molecole, scarpe, uova, biglie o quello che preferiamo).
Chimica 785
Una mole di acqua (H2 O, PM = 18) pesa 18 g e contiene 6,022 · 1023 molecole d’acqua.
Una mole di monossido di carbonio (CO, PM = 28) pesa 28 g e contiene 6,022 · 1023
molecole di CO.
Allo stesso modo posso affermare che: se 18 g di acqua contengono 6,022 · 1023 molecole
d’acqua, allora 36 g di acqua ne contengono il doppio, ovvero 2 · 6,022 · 1023 . È possibile
inoltre affermare che 9 g di acqua contengono la metà delle molecole presenti in 18 g ed
un quarto di quelle contenute in 36 g. In 9 g d’acqua sono quindi presenti (6,022 · 1023 )/2
molecole d’acqua.
massa (g)
n. moli (mol) = g
Peso molare
mol
Chimica
n. molecole = n. moli (mol) × NA .
Allo stesso modo per calcolare la massa (in grammi) necessaria ad avere un certo
numero di moli di una qualsiasi sostanza è sufficiente moltiplicare il numero di moli
desiderato per il PM.
g
massa (g) = n. moli (mol) × Peso molare .
mol
Per conoscere la quantità d’acqua necessaria per avere 3 moli d’acqua, è sufficiente
moltiplicare il numero di moli desiderate per il peso molecolare dell’acqua
g
massa H2 O(g) = 3 mol × 18 = 54 g
mol
il valore ottenuto, 54 g, è la quantità d’acqua che contiene esattamente 3 moli d’acqua,
ovvero 3 · NA molecole d’acqua.
786 La struttura dell’atomo
Bohr ipotizzò che se un elettrone possiede un valore di momento angolare (mvr) cor-
rispondente ad un multiplo intero positivo (n) di h/2π (con h = costante di Planck),
allora l’elettrone appartiene ad un orbita stazionaria ovvero non cede energia durante
il suo moto di rotazione attorno al nucleo.
h
mvr = n .
2π
Il numero intero positivo (n) è chiamato numero quantico principale ed è diret-
tamente proporzionale all’energia dell’elettrone. Maggiore è n, maggiore è il valore del
suo momento angolare (mvr), ovvero maggiore è l’energia dell’elettrone. Gli elettroni a
maggior energia sono quelli con n maggiore e sono quindi quelli più lontani dal nucleo
(l’orbita che descrivono è più grande).
Chimica
regione di spazio. Fatta propria l’osservazione di Heisenberg, e considerati gli studi di
De Broglie (1892-1987) sul dualismo onda-corpuscolo, Erwin Schrödinger formulò un
nuovo modello atomico basato sugli orbitali atomici abbandonando definitivamente
il modello ad orbite stazionarie di Bohr (per uno studio approfondito si rimanda ad un
testo specifico).
L’orbitale atomico è definito tramite la funzione d’onda (indicata con la lettera greca
“psi”, ψ) che descrive il comportamento di un elettrone in un atomo ed è qualita-
tivamente descritto dalla regione di spazio dove la probabilità di trovare l’elettrone è
superiore al 90% (la densità di probabilità di trovare l’elettrone è definita dal quadrato
della funzione “psi”, ψ 2 ).
Siccome l’orientazione spaziale dell’orbitale non influisce sulla sua energia, si può affer-
mare che orbitali con stesso “l” ed “n” ma con “m” diverso sono degeneri, presentano
cioè la stessa energia.
Riassumendo:
L’atomo
b. Per ogni livello (strato) “n” esistono “n” tipi di sottolivelli (sottostrati), ovvero
di orbitali con diversa forma.
c. Per ogni sottostrato “l” esistono 2l + 1 orbitali totali (cioè uno s, tre p, cinque d,
sette f ).
d. Il numero totale di orbitali per un livello “n” è dato da n2 . Posto che un elettrone
in ogni orbitale può assumere solo due valori di “ms ”, il numero massimo di
elettroni che ogni livello può ospitare è dato da 2n2 .
Chimica 791
Gli orbitali atomici vengono rappresentati da dei quadrati all’interno dei quali si pon-
gono gli elettroni rappresentati da delle frecce, la cui orientazione indica lo stato di
spin dell’elettrone (+ 1/2 o − 1/2). Ogni orbitale atomico può ospitare al massimo
due elettroni con spin opposto.
Con qualche esempio la comprensione risulterà più semplice.
792 La struttura dell’atomo
Le energie degli orbitali crescono al crescere della somma n + l; nel caso in cui ci siano
orbitali con uguale valore di n + l si riempie prima quello con n minore.
L’ordine di riempimento degli orbitali è quindi il seguente (Figura 2.5):
1s2s2p3s3p4s3d4p5s4d. . .
Per alcuni elementi della tavola periodica la distribuzione elettronica NON segue le regole
sopra elencate: si parla in questo caso di anomalie Aufbau. Ne fanno parte, tra gli altri,
il rame (Cu), il cromo (Cr), l’oro (Au), l’argento (Ag), il palladio (Pd) ed il platino (Pt).
Questi elementi preferiscono generalmente avere sottolivelli pieni o pieni a metà a discapito
dell’energia dell’orbitale.
Cu (Z = 29) configurazione reale (anomalia Aufbau) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 3d10 4s1 .
Chimica
Quando un atomo acquista (o cede) elettroni esso assume una carica negativa (o posi-
tiva) e viene chiamato ione. In particolare gli ioni positivi, formati da quegli atomi che
hanno ceduto i loro elettroni, sono chiamati cationi; gli ioni di carica negativa, formati
da atomi a seguito della cattura di uno o più elettroni, vengono denominati anioni.
Per scrivere la configurazione elettronica di uno ione è necessario fare le seguenti
considerazioni:
a. Gli elettroni che vengono rimossi da un atomo per formare un catione, sono
rimossi sempre dagli orbitali con il numero quantico n più alto.
b. Se ci sono più sottolivelli occupati a parità di n, gli elettroni vengono rimossi
dall’orbitale con l maggiore.
c. Quando un atomo acquista degli elettroni per formare un anione, questi vengono
aggiunti ad un orbitale vuoto o semipieno con il più alto valore di n e il più basso
valore di l.
794 La struttura dell’atomo
Ad esempio la configurazione elettronica del fluoro F può essere scritta 1s2 2s2 2p5 o
alternativamente [He] 2s2 2p5 . La configurazione elettronica del ferro Fe può essere
scritta 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 4s2 3d6 o alternativamente [Ar] 4s2 3d6 .
L’atomo
2.9 Quesiti
1) Il principale difetto del modello atomi- A 16 O2−
8
co di Rutherford, che fu poi superato 34 Ar
B 18
da Bohr, consisteva nell’incapacità di
C 18 S
spiegare perché: 16
D 32 S2−
A gli elettroni non cadessero sul nucleo 16
E 32 Ar−
B i neutroni non cadessero sul nucleo 18
C i protoni non cadessero sul nucleo 3) Un atomo con 18 elettroni ha come
D i protoni fossero aggregati nel nucleo configurazione elettronica:
E i protoni e gli elettroni costituissero un A 1s2 2s2 2p10 3s2 3p5
aggregato
B 1s3 2s3 2p5 3s3 3p4
2) La formula per l’atomo o ione che
C 1s3 2s2 2p6 3s3 3p4
contiene 16 neutroni e 18 protoni
corrisponde a: D 1s2 2s2 2p5 3s2 3p5 4s2
Chimica 795
Chimica
A 1 elettrone
4) A . Gli orbitali degeneri sono orbitali che tra loro hanno pari energia: sono un
esempio i tre orbitali p di uno stesso livello n, che pur avendo diversa direzione
nello spazio (ml diverso) hanno un contenuto energetico equivalente tra loro. Si
ricordi che il sottolivello d consta di 5 orbitali degeneri, mentre f di 7.
5) D . L’energia di un orbitale è definita dai primi due numeri quantici (principale n e
secondario o azimutale l). Il numero quantico terziario (ml ) definisce l’orientazione
nello spazio di orbitali degeneri, mentre il quarto numero quantico (ms ) è detto di
spin ed identifica l’elettrone.
6) C . Si definiscono isotopi due atomi che presentano lo stesso numero atomico (stesso
numero di protoni) ma un diverso numero di massa (numero di protoni + nume-
ro di neutroni). Due isotopi differiscono tra loro solo per il numero di neutroni.
Poiché possiedono lo stesso numero di protoni, e quindi di elettroni, due isotopi
appartengono allo stesso elemento chimico.
7) E . Ogni orbitale atomico contiene al massimo 2 elettroni; il sottolivello s è costituito
da 1 solo orbitale sferico, quello p da 3 orbitali degeneri (cioè di pari energia tra
loro), d da 5 e f da 7. Nel sottolivello s possono trovarsi al massimo 2 elettroni,
in p al massimo 6 (2 per ognuno dei 3 orbitali p), in d al massimo 10 ed in f al
massimo 14.
8) D . 78 78
34 Se e 36 Kr hanno in comune lo stesso numero di massa 78, che corrisponde
alla somma dei protoni e dei neutroni. Si tratta di elementi diversi poiché hanno
un diverso numero di protoni (diverso numero atomico).
L’atomo
3.1 Introduzione
In questo capitolo analizzeremo il modo in cui la struttura atomica influenza le proprietà
chimiche dei vari elementi. Scopriremo che gli scienziati hanno classificato gli elementi
in base alle loro proprietà e che vi è una certa periodicità con cui queste proprietà si
ripresentano. Impareremo infine ad interpretare la tavola periodica in modo da poterla
sfruttare al meglio.
Il numero del gruppo corrisponde al numero massimo di elettroni presenti nel guscio
di valenza.
A titolo esemplificativo, tutti gli elementi dei gruppi IA e IIA presentano rispettiva-
mente uno e due elettroni nell’orbitale più esterno, che in questo caso è sempre un
orbitale s. Per questo motivo gli elementi appartenenti ai gruppi IA e IIA sono anche
conosciuti come elementi del blocco s.
Gli elementi che vanno dal gruppo IIIA al gruppo VIIIA presentano gli elettroni di
valenza a più alta energia in orbitali di tipo p. Sono quindi conosciuti come elementi
del blocco p.
Gli elementi dei gruppi B, conosciuti come elementi di transizione, presentano
l’ultimo elettrone in orbitali di tipo d, fanno quindi parte del blocco d . È interessante
notare che lungo il sesto e settimo periodo sono inserite due serie di elementi, conosciuti
come elementi di transizione interna e caratterizzati dal riempimento degli orbitali
di tipo f (blocco f ), denominati lantanidi (o terre rare) e attinidi.
In base al numero di elettroni di valenza che vengono strappati si parla di prima ioniz-
zazione, seconda ionizzazione, terza ionizzazione e cosı̀ via. Il potenziale di ioniz-
zazione cresce al crescere del numero di elettroni sottratti all’atomo. L’energia aumenta
in modo considerevole se si vuole allontanare un elettrone del
core.
A causa delle forze attrattive sarà più semplice strappare un elettrone ad un atomo
neutro che strapparlo ad un atomo carico positivamente. Maggiore è la carica del
catione, più difficile risulta strappare i suoi elettroni.
Chimica 801
Per determinare il valore dell’EI, oltre all’effetto del nucleo, è necessario considerare
anche la stabilità della configurazione elettronica. Dagli esperimenti effettuati sulle
energie di ionizzazione, lo scienziato Gilbert Newton Lewis (1875-1946) enunciò un
principio conosciuto come regola dell’ottetto: gli atomi raggiungono il massimo stato
di stabilità quando presentano 8 elettroni nel livello energetico più esterno, ovvero
quando sono completi i sottostrati s e p di quel livello. Ciò significa che quando
l’orbitale s e i tre orbitali p sono interamente occupati da elettroni la configurazione
risulta estremamente stabile.
Gli elementi del gruppo VIIIA, conosciuti come gas nobili, presentano esattamente 8
elettroni nei sottostrati s e p e di conseguenza li riempiono interamente. Questa parti-
colare configurazione (ottetto) rende questi gas particolarmente stabili e chimicamente
inerti, per questa ragione sono noti anche con il nome di gas inerti o gas rari. Fa
eccezione l’elio, He, che presenta solo 2 elettroni nell’unico orbitale 1s a sua disposi-
zione.
Si definisce affinità elettronica (AE) l’energia che viene sviluppata quando un atomo,
in fase gassosa e nel suo stato fondamentale, acquista un elettrone trasformandosi in
un anione. A volte viene definita anche come il potenziale di ionizzazione dell’anione.
Chimica
menta lungo un periodo e diminuisce scendendo lungo un gruppo.
3.3.4 Elettronegatività
spetto al gas nobile che li precede nella tavola periodica. Presentano bassi valori di
elettronegatività ed energia di ionizzazione e formano facilmente cationi monovalenti
(Na+ , K+ , Li+ ). Sono estremamente reattivi e reagiscono violentemente con l’acqua
formando idrogeno (esplodono), i loro ossidi sono generatori di alcali (formano soluzioni
basiche) e hanno punti di fusione piuttosto bassi.
Il termine calcogeni deriva alla parola greca khalkos che anticamente significava rame, questi
elementi infatti sono particolarmente abbondanti nei minerali di rame. Altre teorie sostengono
che il nome derivi dalle parole greche khalkos, tradotto talvolta con il termine “minerale” e
-gen “formazione”; la traduzione più appropriata sarebbe quindi: “generatore di minerali”.
I calcogeni sono presenti in molti minerali come la pirite (FeS2 ), la galena (PbS) e il
cinabro (HgS). L’ultimo elemento di questo gruppo, il polonio, prende il nome dal paese
natale dei suoi scopritori, i coniugi Marie Curie (1867-1934, Premio Nobel per la fisica
1903 e Premio Nobel per la chimica 1911) e Pierre Curie (1859-1906, Premio Nobel per
la fisica 1903 assieme alla moglie). Disse Albert Einstein a proposito di Marie Curie:
“È fra tutte le persone celebri, la sola che la gloria non abbia corrotto”.
Chimica
3.4.6 VIIIA: I gas nobili (o gas rari o gas inerti)
Possiedono una configurazione elettronica del tipo ns2 np6 (ad eccezione dell’He che
presenta configurazione 1s2 ). I loro elettroni occupano interamente gli orbitali dello
strato più esterno il che conferisce loro una straordinaria stabilità chimica (ottetto
completo). Sono tutti gas piuttosto rari e considerati inerti. In realtà ricerche più
recenti (1962) hanno portato alla scoperta di alcuni composti dello xeno (XeF4 ) che si
riteneva, fino ad allora, completamente inerte.
3.5 Quesiti
1) Non è corretto dire che la tavola C l’azoto (N)
periodica:
D il fluoro (F)
A è organizzata in gruppi e periodi E il ferro (Fe)
B è detta tavola di Mendeleev dal nome 6) L’energia di prima ionizzazione di un
del chimico russo che l’ha ideata atomo corrisponde all’energia necessa-
C dispone gli elementi in 7 colonne e 18 ria:
righe A perché l’atomo acquisti un elettrone e
D organizza gli elementi e rende evidente diventi uno ione negativo
che le loro proprietà variano periodica- B affinché un atomo ceda un protone e
mente diventi uno ione negativo
E dispone gli elementi a seconda del loro C affinché un atomo perda un elettrone e
numero atomico diventi uno ione positivo
D per ionizzare un elemento affinché
2) I gruppi della tavola periodica: diventi uno ione positivo o negativo
A sono le righe orizzontali E per acquistare o perdere un elettrone nel
processo di ionizzazione
B sono le colonne verticali
7) Fattori che influenzano il raggio atomico
C raggruppano elementi con diverse con- sono:
figurazioni elettroniche nello strato più
esterno A il numero quantico secondario l del livel-
lo più esterno e gli elettroni interni che
D raggruppano elementi con gli stessi nu-
schermano la carica positiva del nucleo
meri quantici principali
B il numero quantico principale n del livel-
E sono 8 lo più esterno e gli elettroni interni che
schermano la carica positiva del nucleo
3) Il primo gruppo della tavola periodica
comprende: C il numero quantico principale n del livel-
lo più esterno e gli elettroni esterni che
A gli alogeni schermano la carica positiva del nucleo
D il numero quantico secondario l del livel-
B i metalli alcalino-terrosi
lo più esterno e gli elettroni esterni che
C elementi molto elettronegativi schermano la carica positiva del nucleo
D il calcio E solo il numero quantico principale n del
Gli elementi
2) B . I gruppi della tavola periodica corrispondono alle sue colonne verticali e han-
no la caratteristica di raggruppare elementi con la stessa identica configurazione
elettronica nello strato più esterno, il che conferisce a tutti gli elementi all’interno
del gruppo delle caratteristiche di reattività simili. Ogni periodo invece comprende
elementi che hanno lo stesso numero quantico principale n.
3) E . Il primo gruppo della tavola periodica è detto dei metalli alcalini. Tra gli elementi
in esso contenuti c’è il sodio. La caratteristica di questo gruppo è di raggruppare
elementi scarsamente elettronegativi e che tendono a formare ioni con una carica
positiva (come Na+ ).
4) C . Il fosforo (P) non è un elemento compreso nel gruppo degli alogeni (VIIA).
Esso infatti appartiene al quinto gruppo (VA) degli elementi rappresentativi (se si
considera invece la più recente nomenclatura IUPAC che nomina i gruppi da 1 a 18
il suo è il gruppo 15).
5) D . Il fluoro è l’elemento più elettronegativo della tavola periodica. In ogni caso biso-
Chimica
gna ricordare che tendenzialmente gli alogeni sono gli elementi più elettronegativi,
mentre i metalli alcalini i meno elettronegativi.
7) B . Al crescere del numero quantico n del livello più esterno, aumentano i livelli
elettronici occupati, quindi aumenta il periodo ed anche il raggio atomico. Anche
l’effetto di parziale schermatura da parte degli elettroni interni influenza il rag-
gio atomico aumentandone il valore: lungo un gruppo dall’alto verso il basso, pur
aumentando i protoni nel nucleo, la carica positiva nucleare viene parzialmente
schermata dagli elettroni degli strati più interni, pertanto gli elettroni del livello
più esterno risentono meno dell’attrazione nucleare ed il raggio atomico tende ad
aumentare.
806 Il sistema periodico degli elementi
4.1 Introduzione
In questo capitolo analizzeremo come gli atomi dei vari elementi si uniscono tra lo-
ro attraverso i legami chimici per formare i composti. Lo studio del legame chimico
consentirà, quindi, di comprendere la struttura e le proprietà dei composti.
Gli atomi, per loro natura, hanno una forte tendenza ad unirsi tra loro attraverso
la formazione di legami chimici. Con l’eccezione dei gas nobili, che esistono esclusiva-
mente in forma monoatomica, gli altri elementi tendono ad unirsi creando composti
di vario tipo. Singoli atomi di uno stesso elemento possono reagire tra loro formando
una sostanza elementare oppure unirsi ad atomi di altri elementi per formare com-
posti.
Quando atomi di elementi diversi si uniscono possono creare due tipi di composti: i
composti molecolari e i composti ionici. I primi sono formati da molecole distin-
te, mentre i secondi costituiscono grossi aggregati disposti secondo reticoli cristallini
tridimensionali.
Il fatto che si formino composti ionici o molecolari dipende dal tipo di legame che gli
atomi instaurano tra loro. Esistono quattro tipi principali di legame: legame ionico,
legame covalente, legame dativo e legame metallico.
I legami chimici possono avvenire sia tra atomi (legami intramolecolari) che tra
molecole (legami intermolecolari). Nel primo caso sono gli atomi di uno stesso ele-
mento, o di elementi diversi, a legarsi tra loro per formare composti molecolari o ionici;
nel secondo caso sono le molecole stesse ad interagire tra loro definendo lo stato di
aggregazione della materia (solido, liquido o aeriforme).
Si definisce legame ionico un legame che intercorre tra due atomi che presentano
un’elevata differenza di elettronegatività, per convenzione superiore a 1,9.
Il legame ha origine dalle forze di attrazione elettrostatiche che avvengono tra cariche
di segno opposto (attrazione coulombiana). Comunemente si realizza in presenza
di atomi con forte tendenza a cedere elettroni (bassa energia di ionizzazione) ed atomi
con forte tendenza ad acquisire elettroni (alta affinità elettronica) (Figura 4.1). Per questi
808 Il legame chimico
La formula ionica NaCl rappresenta un rapporto tra gli anioni (Cl− ) e i cationi
(Na+ ), che si trovano organizzati in una struttura cristallina in cui tutti gli ioni
Na+ interagiscono contemporaneamente con tutti gli ioni Cl− . La formula quindi NON
indica la presenza di una molecola o di una coppia ionica singola ma l’esistenza di un
aggregato di ioni Na+ e ioni Cl− che si ripetono “all’infinito” nello spazio.
il raggio ionico degli atomi coinvolti, maggiore è la distanza tra i loro nuclei e come
conseguenza le interazioni elettrostatiche diminuiscono.
I composti ionici conducono corrente allo stato fuso ed in soluzione e sono general-
mente: solidi, cristallini, caratterizzati da alti punti di fusione (tanto maggiori
quanto maggiore è l’energia reticolare), e poco resilienti (fragili se sottoposti ad urti).
Si definisce legame covalente il legame che si instaura tra due atomi che mettono
in compartecipazione una coppia di elettroni al fine di ottenere l’ottetto elettronico
completo.
In questo caso le forze attrattive che inducono la formazione del legame tra gli atomi
sono generate dalla condivisione degli elettroni di valenza fra due o più atomi apparte-
Chimica 809
nenti allo stesso elemento o a elementi diversi. Se il legame si forma tra atomi con una
differenza di elettronegatività compresa tra 0,4 e 1,9, si parla di legame covalente
polare, se invece si forma tra atomi con una differenza di elettronegatività inferiore a
0,4 si parla di legame covalente apolare.
Il legame covalente può anche essere classificato come omopolare (o puro) se si forma
tra atomi appartenenti allo stesso elemento (H2 ) o eteropolare se si forma tra atomi
appartenenti ad elementi diversi (HCl).
Vari modelli si sono susseguiti negli anni per descrivere in modo sempre più accurato
il legame covalente. Nonostante i modelli descrittivi più recenti (teoria dell’orbi-
tale molecolare) presentino un’accuratezza di gran lunga superiore rispetto al mo-
dello tradizionale (teoria di Lewis o teoria del legame di valenza), quest’ulti-
mo viene comunque impiegato nella chimica di tutti i giorni per la sua semplicità ed
immediatezza.
La regola dell’ottetto è rigorosamente rispettata solo dagli atomi dei gruppi principali.
Oltre il terzo periodo infatti, grazie alla presenza di orbitali “d” vuoti o semipieni, gli
atomi possono presentare nel loro guscio di valenza un numero di elettroni che può
arrivare fino a 12 (ottetto espanso).
Chimica
un’elevata stabilità e consente a queste ultime di raggiungere uno stato a minima
energia. In accordo con il principio fisico di minima energia, secondo il quale ogni
cosa nell’Universo tende al minimo di energia potenziale, la formazione di legami di
questo tipo è favorita ed è accompagnata da una liberazione di energia nell’ambiente,
solitamente sotto forma di calore. L’energia liberata nella formazione del legame prende
il nome di energia di legame (D) ed è pari alla differenza tra l’energia degli atomi
allo stato iniziale (ovvero prima di formare il legame), e quella degli atomi nello stato
finale, ovvero dopo la formazione del legame.
Il processo di rottura dei legami chimici in una molecola richiede energia ed è pertanto
un processo endotermico (assorbe calore). Parallelamente, la formazione di un legame
chimico emette energia ed è sempre un processo esotermico (emette calore).
Secondo l’approccio di Lewis, quando due atomi presentano un numero di elettroni di
valenza inferiore ad 8 (ciò accade per tutti gli elementi ad eccezione dei gas nobili)
essi tendono ad unirsi in modo da completare l’ottetto. Il fenomeno è rappresentato
attraverso le strutture di Lewis. Ad ogni atomo coinvolto nel legame si assegnano
tutti gli elettroni di valenza a sua disposizione, indicandoli con una serie di puntini
attorno al simbolo dell’elemento; si uniscono quindi gli atomi in modo da completare
l’ottetto per tutti gli atomi a disposizione (Tabella 4.1).
Gli elettroni coinvolti direttamente nel legame costituiscono una coppia di le-
game (o doppietto di legame o doppietto condiviso), gli elettroni NON coin-
volti direttamente nel legame prendono il nome di coppia solitaria (o doppietto
solitario).
Configurazione Simbolo di Lewis Valenza
elettronica
Tabella 4.1: Configurazione elettronica, simbolo di Lewis e valenza corrispondente per gli atomi di C, N,
O, F e Ne.
Figura 4.4: Rappresentazione delle unità di legame di Lewis per i più comuni elementi. Le linee (−)
rappresentano gli elettroni di legame, i puntini rappresentano gli elettroni solitari.
Chimica
Esistono alcuni casi in cui l’atomo centrale non è quello meno elettronegativo.
ne− = 4 + 1 × 2 + 6 = 12
Nella formaldeide, CH2 O, sono disponibili 12 elettroni totali, ovvero 6 coppie di elettroni
(coppie di legame + coppie solitarie).
812 Il legame chimico
Affinché un legame si formi è necessario che gli atomi coinvolti si avvicinino in modo
da sovrapporre i propri orbitali semipieni cosı̀ da riempirli. La forza del legame che si
crea è tanto maggiore quanto maggiore è la sovrapposizione degli orbitali, ovvero è
proporzionale a quanto gli atomi coinvolti nel legame sono “disposti a condividere gli
elettroni”. Allo stesso tempo, se due atomi si avvicinano troppo iniziano a svilupparsi
delle forze repulsive tra i loro nuclei carichi positivamente e tra le nuvole elettroniche
cariche negativamente.
Figura 4.6: Andamento dell’energia potenziale in funzione della distanza tra i nuclei di due atomi. L’at-
trazione è massima in condizioni di minima energia, ovvero quando si massimizza la sovrapposizione degli
orbitali minimizzando allo stesso tempo la repulsione tra i nuclei.
Chimica
senta configurazione 1s2 2s2 2p6 3s2 3p5 . Ricordiamo che l’idrogeno raggiunge la massima
stabilità con due soli elettroni nel guscio più esterno, essendo H dotato di un solo orbi-
tale di tipo s. Il cloro, invece, presenta nel livello più esterno (3s2 3p5 ) 7 elettroni. Nella
formazione del legame tra H e Cl i due atomi mettono in condivisione un elettrone prove-
niente dall’orbitale 1s (H) e un elettrone proveniente dall’orbitale semipieno 3p (Cl). La
sovrapposizione tra l’orbitale 1s dell’idrogeno e l’orbitale 3p del cloro forma un legame
covalente eteropolare semplice.
Nella teoria del legame di valenza, si considera che solamente gli elettroni di legame
partecipino alla formazione dello stesso, mentre le coppie elettroniche di non legame
vengono interamente attribuite ai rispettivi atomi. Questa convenzione è un’approssi-
mazione in quanto, durante la formazione del legame, anche gli elettroni di non legame
risentono della nuova condizione elettronica. A seguito della formazione del legame si
osserva una distorsione della distribuzione di tutti gli orbitali presenti nella molecola.
814 Il legame chimico
Se la sovrapposizione degli orbitali (Figura 4.7) avviene lungo l’asse di legame si par-
la di legame covalente σ, dotato di simmetria cilindrica lungo l’asse internucleare
(ovvero l’asse congiungente i due nuclei). Se la sovrapposizione degli orbitali avviene
lateralmente si realizza invece un legame covalente π. Il primo legame che si for-
ma tra due atomi è di tipo σ. Nel caso in cui siano presenti legami doppi o tripli,
il secondo ed il terzo legame che si formano sono di tipo π. La sovrapposizione de-
gli orbitali è massima nei legami σ ed è leggermente inferiore nei legami π, il che
suggerisce che l’energia di un legame σ è sempre maggiore rispetto a quella di un
legame π.
Figura 4.7: Sovrapposizione di orbitali “s” e “p” per la formazione di legami sigma (σ) e di legami (π).
Per lo stesso motivo l’energia dei legami doppi e tripli non è esattamente il doppio ed
il triplo rispetto a quella di un legame singolo ma è leggermente inferiore.
I legami
Figura 4.8: Formazione di un legame dativo tra ammoniaca NH3 e uno ione H+ per formare lo ione
ammonio NH+ 4 . L’ammoniaca dona entrambi gli elettroni necessari a formare il legame.
Definiamo orbitali ibridi gli orbitali degeneri (ovvero con lo stesso valore di energia)
che si formano per combinazione di due o più orbitali atomici a diversa energia.
L’esempio più classico è quello del carbonio. La sua configurazione elettronica nel-
lo stato fondamentale (1s2 2s2 2p2 ) contiene solamente due elettroni spaiati in due or-
bitali p: ci si aspetterebbe dunque che il carbonio sia in grado di generare al mas-
simo due legami covalenti (mediante gli orbitali px e py semipieni) ed eventual-
Chimica
mente un legame dativo (orbitale pz vuoto). Sappiamo invece che questo elemen-
to forma 4 legami covalenti che si dispongono secondo un tetraedro con angoli tut-
ti uguali di 109,5◦ . Il fenomeno è spiegabile solo se si accetta l’esistenza di orbitali
ibridi.
La formazione di 4 legami è garantita dalla promozione di un elettrone che passa dal-
l’orbitale 2s all’orbitale 2pz vuoto. A seguito della promozione non ci troviamo più nello
stato fondamentale a minima energia (1s2 2s2 2p2 ) ma in uno stato eccitato (1s2 2s1 2p3 ).
Tuttavia l’energia richiesta per effettuare la promozione dell’elettrone viene ampiamente
ricompensata dalla formazione di 4 legami chimici (si ricordi che la formazione di un
legame chimico procede attraverso liberazione di energia sotto forma di calore).
Carbonio (Z = 6)
Configurazione dello stato fondamentale (1s2 2s2 2p2 )
816 Il legame chimico
La configurazione eccitata (1s2 2s1 2p3 ) suggerisce il motivo per cui è possibile forma-
re quattro legami: la configurazione eccitata presenta infatti quattro orbitali semipieni,
l’orbitale 2s e i tre orbitali 2p (px , py , pz ), che possono combinarsi con orbitali semipie-
ni di altri atomi, ad esempio H, per formare quattro legami (metano CH4 ). Non siamo
però ancora in grado di spiegare perché la geometria di queste molecole è tetraedrica. La
sovrapposizione degli orbitali 1s dell’H con i 3 orbitali 2p del carbonio (disposti ortogo-
nalmente tra loro) formerebbe tre legami σ disposti con angoli di 90◦ . Un ulteriore legame
σ si genererebbe dalla sovrapposizione dell’orbitale 1s dell’H con l’orbitale 2s del carbo-
nio e si disporrebbe con una orientazione spaziale qualsiasi (ricordiamo che l’orbitale s è
sferico).
La teoria di ibridazione degli orbitali fornisce una spiegazione al quesito. Quando nel
carbonio l’orbitale 2s si combina con i tre orbitali 2p, si formano 4 orbitali ibridi sp3
semipieni. In base al principio di minima energia, gli orbitali ibridi si orientano in modo
da ottimizzare la disposizione spaziale delle cariche, ovvero di minimizzare le repulsioni
tra gli elettroni. Posto al centro l’atomo di carbonio, la configurazione geometrica di
minima energia corrisponde ad un tetraedro regolare con angoli di 109,5◦ (Figura 4.9).
I legami
Figura 4.9: Ibridazione sp3 a partire da 1 orbitale s e 3 orbitali p. Gli orbitali ibridi assumono una
conformazione spaziale tetraedrica in modo da minimizzare le repulsioni tra gli elettroni.
Chimica 817
La sovrapposizione dei quattro orbitali ibridi sp3 con gli orbitali 1s di quattro ato-
mi di idrogeno porta alla formazione di una molecola di metano (CH4 ) con struttura
tetraedrica.
Figura 4.10: Rappresentazione della configurazione elettronica del carbonio nello stato fonda-
mentale, nello stato eccitato e nello stato ibridato sp3 . Si noti che i 4 orbitali ibridi sp3 sono
degeneri, ovvero hanno lo stesso valore di energia.
Nel caso degli orbitali ibridi l’esponente (sp3 , sp2 ) NON indica il numero di elettroni
presenti nell’orbitale ma indica il numero di orbitali dello stesso tipo che partecipano
all’ibridazione.
Lo stesso tipo di ibridazione, denominata sp 3 , riguarda anche molti altri elementi tra
cui l’azoto e l’ossigeno. In questo caso però, non essendoci orbitali vuoti disponibili,
l’ibridazione degli orbitali non richiede la promozione di un elettrone in un orbitale ad
energia maggiore, come invece accade nel carbonio. Ciò che si osserva invece è, nel caso
dell’azoto, l’ibridazione di un orbitale 2s pieno con i 3 orbitali 2p semipieni per dar
luogo a 4 orbitali sp3 . I quattro orbitali sp3 cosı̀ formati possono generare fino ad un
massimo di 3 legami in quanto un orbitale sp3 è già impegnato ad ospitare una coppia
elettronica solitaria.
Azoto (Z = 7)
Chimica
orbitali ibridi sp3 che possono formare fino ad un massimo di 2 legami. Due dei quattro
orbitali sp3 , infatti, sono già impegnati ad ospitare due coppie elettroniche solitarie.
Ossigeno (Z = 8)
L’ibridazione sp è presente, ad esempio, nella molecola BeF2 , dove i due legami sono
generati dalla sovrapposizione di due orbitali sp del berillio con gli orbitali 2p del fluoro.
Si formano quindi due legami di tipo σ con geometria cilindrica attorno all’asse internu-
cleare. Berillio (Z = 4)
Configurazione dello stato fondamentale (1s2 2s2 ):
Ibridazione sp
I legami
Figura 4.11: Ibridazione sp a partire da 1 orbitale s e 1 orbitale p. Gli orbitali ibridi assumono una
conformazione spaziale lineare con angolo di 180◦ .
Chimica 819
Figura 4.12: Ibridazione sp2 a partire da 1 orbitale s e 2 orbitali p. Gli orbitali ibridi assumono una
conformazione spaziale triangolare con angoli di 120◦ .
L’ibridazione sp2 è presente, ad esempio, nella molecola BF3 , dove il boro genera tre
orbitali sp2 attraverso la promozione di un suo elettrone che passa dall’orbitale 2s ad
Chimica
un orbitale 2p. Nel passaggio dallo stato fondamentale (1s2 2s2 2p1 ) allo stato eccitato
(1s2 2s1 2p2 ), e successiva ibridazione, il boro rende disponibili tre orbitali semipieni sp2
che possono sovrapporsi ad altrettanti orbitali 2p semipieni di tre atomi di fluoro per
formare la molecola BF3 . La struttura del composto sarà di tipo triangolare planare,
con angoli di legame di 120◦ . Rimane nel boro un orbitale 2p vuoto che può fungere da
accettore di coppie elettroniche.
Boro (Z = 5)
Configurazione dello stato fondamentale (1s2 2s2 2p1 ):
Ibridazione sp2 :
820 Il legame chimico
Il boro è un elemento che non rispetta la regola dell’ottetto ed è stabile con sei elettroni
di valenza.
Si definisce carica formale la carica che un atomo avrebbe se in una molecola tutti i
suoi legami fossero considerati completamente covalenti puri.
Elemento H C N
e− valenza 1 4 5
I legami
Numero legami 1 4 3
Numero di e− solitari 0 0 2
Carica Formale 0 0 0
Tabella 4.2: Determinazione della carica formale dei vari elementi nell’acido cianidrico.
Verificare che la somma totale delle cariche formali sia pari alla carica globale della
molecola o dello ione, nel nostro caso zero.
Caso a Caso b
Elemento H C N H C N
e− valenza (n. gruppo) 1 4 5 1 4 5
Numero legami 1 4 3 1 3 4
Numero di e− solitari 0 0 2 0 2 0
Carica formale 0 0 0 0 -1 +1
Tabella 4.3: Determinazione della carica formale di due strutture di Lewis per l’acido cianidrico HCN.
La struttura “a” è più plausibile (o più probabile) della struttura “b” in quanto (Tabella
4.3):
1) Presenta le cariche formali più basse (nulle).
2) Evita di attribuire una carica di segno positivo all’atomo più elettronegativo (N).
3) Evita la contemporanea presenza di cariche formali di segno opposto su atomi
adiacenti.
La reale struttura della molecola è fornita dall’insieme delle strutture di Lewis che pos-
sono essere scritte. La formula più plausibile, ovvero quella che rispetta le indicazioni
appena enunciate, indica semplicemente la struttura più significativa ma non l’unica
possibile.
Chimica
4.6.2 Teoria della risonanza
La teoria di Lewis prevede che le coppie elettroniche di non legame siano attribuite
interamente ad un atomo. Questo postulato ha un valore arbitrario in quanto gli elet-
troni hanno una loro mobilità all’interno della molecola. Può accadere quindi che la
formula di Lewis non riesca a rappresentare la reale situazione della molecola ma sia
necessario adottare più formule di Lewis che si trovano in risonanza tra loro.
Le singole formule di risonanza che possono essere scritte per una molecola, conosciute
come strutture limite di risonanza, NON rappresentano la reale situazione della
molecola che in realtà è caratterizzata da una struttura intermedia tra le sue strutture
limite.
822 Il legame chimico
Figura 4.15: Strutture limite di risonanza dello ione nitrato (a) e dello ione formiato (b).
Strutture di questo tipo delocalizzano la carica elettronica su più atomi e sono quindi
molto più stabili rispetto alle analoghe strutture in cui i legami sono localizzati. La
differenza tra l’energia dell’ibrido di risonanza (ovvero l’energia associata alla reale
struttura della molecola) e l’energia della struttura limite più stabile è definita energia
di risonanza.
4.6.3 Eccezioni alla regola dell’ottetto ed ottetto espanso
Esistono molecole in cui il numero totale di elettroni è dispari: in questo caso ci troviamo
in presenza di elettroni spaiati che vanno a costituire orbitali semipieni. Questi composti
prendono il nome di radicali. I radicali tendono molto facilmente a reagire tra loro o
a strappare elettroni ad altre molecole al fine di riempire l’orbitale semipieno.
I radicali sono specie chimiche molto reattive e spesso presentano uno spiccato carattere
cancerogeno. Esse trovano comunque impiego industriale nella sintesi di materie plastiche in
processi conosciuti come polimerizzazioni radicaliche.
Chimica 823
Esistono elementi che sono stabili anche se non presentano l’ottetto completo: è il
caso del boro che normalmente impiega i suoi tre elettroni di valenza per formare
tre legami semplici mantenendo un orbitale p vuoto. Grazie alla presenza dell’orbitale
vuoto, il boro può quindi comportarsi come accettore di doppietti elettronici in legami
covalenti dativi (per questo motivo è definito anche come acido di Lewis, si rimanda al
capitolo 10).
Esistono infine atomi che possono accettare più di otto elettroni di valenza: si parla
in questo caso di ottetto espanso. Questa proprietà è caratteristica di elementi ap-
partenenti al terzo periodo e successivi ed è permessa dalla presenza di orbitali d vuoti
che possono ospitare coppie di elettroni.
ne− = 6 + 6 × 4 + 2 = 32.
Nello ione solfato sono disponibili 32 elettroni totali ovvero, 16 coppie di elettroni (di
legame + non legame).
a. Si pone al centro l’atomo meno elettronegativo (S) e lo si connette agli ato-
mi periferici (O) mediante legami singoli (Figura 4.16a). Ogni legame richiede
la compartecipazione di 2 elettroni, ovvero richiede l’impiego di una coppia di
legame. Vengono globalmente utilizzate quattro coppie elettroniche.
b. Si posizionano le altre coppie elettroniche sugli atomi di ossigeno (Figura 4.16b).
c. Due coppie solitarie di due ossigeni vengono impiegate per formare due doppi
legami con lo zolfo (Figura 4.16c).
d. Lo zolfo presenta l’ottetto espanso.
Chimica
Figura 4.16: Costruzione della formula di Lewis per lo ione solfato.
Quando l’atomo centrale presenta sia coppie elettroniche di legame (n) che coppie
solitarie (m) la struttura della molecola è del tipo AXn Em . Per determinare la struttura
Chimica 825
L’effetto delle forze repulsive che si instaurano tra le coppie elettroniche solitarie
induce una diminuzione degli angoli di legame passando dalla molecola tetraedri-
ca di CH4 (109,5◦ ) a quella piramidale di NH3 (107,5◦ ) a quella piegata dell’acqua
H2 O (104,5◦ ).
Chimica
Figura 4.19: Effetto delle coppie elettroniche solitarie sugli angoli di legame.
Quando sono presenti cinque coppie elettroniche totali (struttura trigonale bipiramida-
le) o sei coppie elettroniche totali (struttura ottaedrica o bipiramidale quadrata) sono
possibili le strutture geometriche di Figura 4.20.
Nel modello VSEPR tutti i legami multipli vengono considerati come se fossero coppie
di legame singole.
826 Il legame chimico
Figura 4.21: Momento di dipolo elettrico per sodio idruro (NaH), idrogeno (H2 ) e acido fluoridrico (HF).
La molecola di idrogeno H2 non presenta momento di dipolo.
Una molecola che presenta cariche parziali (δ + e δ − ) poste ad una distanza d è dotata
di momento di dipolo elettrico.
Definiamo carica parziale la carica che un atomo avrebbe in una molecola calcolata
assumendo la distribuzione degli elettroni di legame proporzionale all’elettronegatività
dell’atomo.
Rispetto alla carica formale la carica parziale fornisce una stima più precisa della
distribuzione di carica elettrica all’interno di una molecola.
In quanto grandezza vettoriale, il momento di dipolo elettrico di una molecola vie-
ne calcolato mediante la somma vettoriale di tutti i momenti di dipolo presenti al suo
interno. Il momento di dipolo è dunque funzione della geometria della molecola. Cono-
scendo la geometria di una molecola è quindi possibile determinare se la stessa presenta
un carattere polare o meno.
Una molecola che presenta legami polari (ovvero che si instaurano tra atomi con
differente elettronegatività) può essere nel suo complesso apolare in quanto la somma
vettoriale dei singoli momenti dipolari può essere nulla (CO2 , BF3 , CCl4 ).
Chimica
tra loro, si crea un reticolo cristallino ordinato in cui gli elettroni sono liberi di muoversi
tra un atomo e l’altro e sono quindi delocalizzati lungo tutto il reticolo. Questo
tipo di legame non rientra nelle categorie precedenti ed è definito legame metal-
lico.
Il metallo è sostanzialmente costituito da un reticolo cristallino di cationi immer-
so in una nube elettronica, ed è il motivo per cui tutti i metalli conducono cor-
rente elettrica e sono solidi a temperatura ambiente (ad eccezione del mercurio che
come si è detto è liquido). Le cariche positive dei cationi bilanciano numericamen-
te le cariche negative degli elettroni ed il metallo è nel suo complesso elettricamente
neutro.
I metalli sono ottimi conduttori di corrente elettrica proprio perché presentano una nube elet-
tronica che, se sottoposta ad una differenza di potenziale elettrico, può muoversi liberamente
conducendo corrente. Il motivo per cui ad alte temperature i metalli riducono la loro capacità
di condurre corrente elettrica risiede nel fatto che all’aumentare della temperatura aumenta
l’energia cinetica media degli elettroni con il conseguente instaurarsi di moti casuali ed in-
controllati all’interno del reticolo cristallino del metallo. L’efficienza nella conduzione elettrica
viene quindi ridotta. Per questo motivo i superconduttori, impiegati nella strumentazione di
laboratorio, devono essere conservati in azoto o elio liquido a temperature estremamente basse.
Chimica
momento dipolare permanente. So-
no conosciute anche con il nome di
Forze di orientamento in quan-
to tendono ad orientare le molecole
in modo che i poli positivi di ogni
molecola interagiscano con i po-
li negativi delle molecole adiacen-
ti. Come conseguenza le molecole
si orienteranno secondo una dispo-
sizione testa-coda (Figura 4.24).
Questo tipo di interazioni determi-
na caratteristiche come il punto di
ebollizione di un liquido: quando Figura 4.24: Interazione Dipolo-Dipolo.
l’energia termica fornita ad un li-
quido è superiore all’energia che si instaura tra i dipoli, le molecole si separano ed
inizia il fenomeno di evaporazione.
830 Il legame chimico
Le interazioni ione – dipolo e dipolo – dipolo sono alla base del fenomeno di solvata-
zione.
Una molecola o uno ione si definiscono solvatati quando interagiscono con le molecole
di solvente secondo interazioni di tipo ione – dipolo o dipolo – dipolo. Se il solvente
impiegato è l’acqua, il fenomeno prende il nome di idratazione.
Il legame ad idrogeno (Figura 4.25) può formarsi sia tra molecole diverse (intermole-
colare) che all’interno di una stessa molecola (intramolecolare). I legami ad idrogeno
intramolecolari hanno un effetto stabilizzante molto forte in quanto diminuiscono l’e-
nergia potenziale delle molecole ed influenzano di conseguenza i parametri strutturali
e le loro proprietà fisiche.
Da un punto di vista spaziale è come se l’idrogeno H costituisse un ponte fra i due
atomi più elettronegativi, per questo motivo il legame ad idrogeno è conosciuto anche
come ponte ad idrogeno.
I legami
I legami a idrogeno sono alla base di molte proprietà dell’acqua che hanno consentito lo
sviluppo della vita sulla Terra. A titolo esemplificativo, l’acqua a temperatura ambiente è
un liquido mentre l’acido solfidrico (H2 S), che ha una struttura simile ed un peso molecolare
superiore, è un gas. Il legame a idrogeno è alla base del fenomeno della capillarità che permette
alle piante di assumere acqua dal terreno e farla salire “spontaneamente” fino alle foglie. Il
legame a idrogeno spiega inoltre perché l’acqua sia una delle pochissime sostanze che nella
forma solida occupa un volume maggiore rispetto alla forma liquida (si ricordi il fenomeno
per il quale riempiendo interamente una bottiglia di vetro con acqua e sigillandola, se questa
viene posta in un freezer l’acqua solidifica ed aumentando di volume rompe la bottiglia).
Chimica 831
Il grado con cui la nuvola elettronica di una molecola (o di un atomo) può essere distorta è
definito polarizzabilità. La polarizzabilità è tanto maggiore quanto maggiore è la dispersione
della nuvola elettronica, ovvero aumenta all’aumentare della distanza degli elettroni dal nucleo.
Essa quindi cresce al crescere del numero di elettroni presenti nella molecola e all’aumentare
della massa molecolare.
Chimica
lecola che influenzerà le molecole vicine in-
ducendo un momento di dipolo temporaneo
(Figura 4.27). Questo è il motivo per cui tali Figura 4.27: Interazione Dipolo istantaneo-
forze sono conosciute come interazioni dipo- Dipolo istantaneo indotto.
lo istantaneo – dipolo istantaneo indotto (o
Forze di dispersione di London). Il continuo crearsi e spegnersi di momenti di dipo-
lo istantaneo dà luogo ad interazioni continue, benché molto deboli, che sono alla base,
ad esempio, del fenomeno di sublimazione dello iodio I2 (lo iodio è l’unico elemento del
gruppo degli alogeni ad essere un solido volatile a temperatura e pressione ambiente;
Cl2 e F2 sono gas, mentre Br2 è liquido).
832 Il legame chimico
4.11 Quesiti
1) Nella molecola di acqua H2 O sono C interazioni deboli
presenti legami:
D legami dativi
A a idrogeno E legami a idrogeno
B covalenti puri
7) L’orbitale π:
C covalenti dativi
A deriva dall’ibridizzazione di due orbitali
D covalenti polari
p con un orbitale s
E ionici B deriva dall’ibridizzazione di un orbitale
2) Tra le molecole di acqua H2 O si p con un orbitale s
formano legami: C deriva dall’ibridizzazione di tre orbitali
p con un orbitale s
A a idrogeno
D deriva dalla sovrapposizione laterale di
B covalenti polari due orbitali di tipo p
C covalenti puri E è un orbitale molecolare relativo ad un
legame singolo
D covalenti dativi
E ionici 8) Un orbitale atomico ibrido si ha
quando:
3) Un legame covalente puro si può avere
tra: A un orbitale contiene un solo elettrone
2) A . Nel quesito è richiesto di specificare quali sono i legami tra le molecole di acqua
(intermolecolari). Una delle caratteristiche principali dell’acqua è la capacità di
formare legami a idrogeno.
3) E . Un legame può essere classificato come omopolare se si forma tra atomi dello
stesso elemento.
4) C . La polarità di una molecola dipende sia dal tipo di legami presenti, sia dalla
geometria della molecola. La presenza di legami polari all’interno della molecola è
condizione necessaria ma non sufficiente affinché la molecola sia nel suo complesso
polare. Infatti è necessario considerare anche la disposizione degli atomi e delle
coppie elettroniche nello spazio per comprendere se nel complesso la molecola ha
carattere polare.
10) D . Gli orbitali molecolari possono essere di tipo σ oppure π. Il primo legame che si
forma tra due atomi è di tipo σ in quanto costituito da orbitali molecolari di tipo
σ. Nel caso in cui sono presenti legami doppi o tripli, il secondo e terzo legame che
si formano sono di tipo π in quanto sono costituiti da orbitali molecolari di tipo π.
La sovrapposizione degli orbitali è massima nei legami σ ed è leggermente inferiore
nei legami π, il che ci suggerisce che l’energia di un legame σ è sempre maggiore
rispetto a quella di un legame π.
Fondamenti di
chimica inorganica
5
“La verità si ritrova sempre nella semplicità, mai nella confusione” (Isaac Newton,
1642-1727).
5.1 Introduzione
In questo capitolo scopriremo come assegnare i nomi ai vari composti chimici impie-
gando la nomenclatura IUPAC e la nomenclatura tradizionale. Analizzeremo quindi le
proprietà delle principali classi di composti inorganici.
Di seguito sono riportate le regole per la determinazione del n.o. dei vari atomi presenti
in un composto:
a. Ogni atomo in un elemento puro ha n.o. nullo (Cu, I2 , S8 , H2 , He, hanno sempre
n.o. 0).
b. Nel caso di anioni o cationi costituiti da un solo atomo, il n.o. corrisponde alla
loro carica (Al3+ ha n.o. +3).
c. In uno ione poliatomico la somma dei n.o. degli atomi che lo costituiscono deve
coincidere con la carica dello ione stesso.
d. Nel caso di molecole neutre la somma dei n.o. deve essere zero.
e. L’idrogeno ha sempre n.o. +1 (ad eccezione dei composti binari con metalli,
denominati idruri metallici, in cui presenta n.o. −1).
f. L’ossigeno ha sempre n.o. −2, ad eccezione dei perossidi (es. H2 O2 , Na2 O2 , n.o.
−1) e dei superossidi (n.o. −0,5).
h. Il cloro presenta sempre n.o. −1 (ad eccezione di quando forma legami con F e
O dove presenta n.o. positivi).
Chimica 835
i. I metalli hanno sempre n.o. positivi (i metalli alcalini hanno tutti n.o. +1, i
metalli alcalino terrosi hanno n.o. +2).
j. I legami tra atomi dello stesso elemento non vengono considerati al fine della
determinazione del n.o.
Figura 5.1: Determinazione dei numeri di ossidazione dei vari atomi in alcuni composti.
a. Per tutti gli elementi, il numero di ossidazione positivo più alto corrisponde al numero
del gruppo cui l’elemento appartiene (es. B e Al, gruppo III, n.o. massimo +3; C e Si,
gruppo IV, n.o. massimo +4; N e P, gruppo V, n.o. massimo +5; O e S, gruppo VI, n.o.
massimo +6; F e Cl, gruppo VII, n.o. massimo +7).
b. Per gli elementi collocati in fondo ad un gruppo, il n.o. più stabile corrisponde general-
mente al numero di ossidazione massimo diminuito di due unità (es. Pb n.o. massimo
+4, n.o. più stabile +2; Tl n.o. massimo +3, n.o. più stabile +1) .
c. I lantanidi in genere hanno numero di ossidazione +3.
Chimica
zionale che si occupa, tra le altre cose, di fornire gli standard da utilizzare per la
nomenclatura dei composti chimici. Nell’arco del tempo gli scienziati hanno scoperto
innumerevoli sostanze a cui sono stati attribuiti dei nomi di fantasia che non hanno
alcuna attinenza con la loro struttura chimica. Al fine di assegnare ai composti chimici
un nome attinente alla loro struttura chimica, la IUPAC ha introdotto una serie di
regole che consentono di razionalizzare il linguaggio impiegato in chimica e renderlo
univoco. Per questo motivo la nomenclatura IUPAC è nota anche come nomenclatura
razionale.
Andremo ora ad analizzare le principali classi di composti inorganici.
5.3.1 Ossidi
Sono definiti ossidi tutti quei composti binari nei quali uno dei due elementi è l’ossigeno.
836 Fondamenti di chimica inorganica
Definiamo ossiacidi tutti quei composti ottenuti dalla reazione tra gli ossidi dei non
metalli e l’acqua.
Nel 1940 la IUPAC ha approvato la cosiddetta notazione di Stock, che prevede di sostituire
i suffissi impiegati nella nomenclatura tradizionale per indicare lo stato di valenza con i nu-
meri romani posti tra parentesi al termine del nome. Questo tipo di notazione è ampiamente
utilizzato.
Chimica 837
5.3.3 Idrossidi
Definiamo idrossidi tutti quei composti prodotti dalla reazione tra gli ossidi dei metalli
e l’acqua.
5.3.4 Idracidi
Idracidi
Per la costruzione del nome è sufficiente aggiungere
il suffisso –uro al nome del non metallo, seguito dal- HF Fluoruro di idrogeno
la dicitura “di idrogeno”. Per gli idracidi che pre- HCl Cloruro di idrogeno
sentano più atomi di idrogeno si antepone il prefisso HBr Bromuro di idrogeno
greco corrispondente. Alcuni composti ternari so- HI Ioduro di idrogeno
Chimica
no comunque definiti idracidi (cianuro di idrogeno, H2 S Solfuro di diidrogeno
HCN). HCN Cianuro di idrogeno
Definiamo idruri tutti i composti binari contenenti idrogeno, a eccezione dei composti
tra idrogeno ed elementi del VI o del VII gruppo (idracidi).
Definiamo sali quei composti ionici ottenuti formalmente dalla reazione tra un idrossido
e un acido. Sono costituiti da una parte metallica e da una non metallica.
Il nome del catione può essere indicato anche dalla sola desinenza –ico omettendo “. . . .
di. . . ” (Na2 CO3 : carbonato sodico).
A volte si indica anche il numero di atomi di ossigeno che costituiscono l’anione im-
piegando il prefisso greco seguito dalla dicitura “-osso-“ (CaCO3 = triossocarbonato
di calcio).
Se il sale è costituito da ossianioni contenenti idrogeno, il nome dello ione, e di
conseguenza del sale corrispondente, si ottiene anteponendo al nome del non metallo
il prefisso idrogeno-, eventualmente anticipato dal prefisso greco che indica il numero
di atomi di idrogeno presente. (H2 PO− 4 : anione “diidrogenofosfato”).
a. Acido cianidrico (HCN): il nome del sale è dato dalla dicitura “cianuro di...”
seguito dal nome del catione.
b. Acido solfocianidrico (o tiocianato, HSCN): il nome del sale è dato dalla dicitura
“solfocianuro di..” seguito dal nome del catione.
c. Acido cianico (HCNO): il nome del sale è dato dalla dicitura “cianato di...”
seguito dal nome del catione.
Quando il metallo può assumere più di uno stato di ossidazione, ovvero può formare
con l’ossigeno composti diversi, si utilizza la desinenza –oso quando il n.o. del metallo
è il più basso e la desinenza –ico quando il n.o. del metallo è il più alto.
La nomenclatura tradi-
zionale distingue gli ossi-
di in base al tipo di ele-
menti che li costituiscono
e alle loro proprietà chi-
miche. Esistono gli ossi-
di propriamente det-
ti, costituiti da un me-
tallo ed ossigeno e noti
anche con il nome di os-
sidi basici, in quanto la
loro reazione con acqua
porta alla formazione di
basi (idrossidi). Gli ossi-
di formati con non me-
talli sono invece definiti Figura 5.2: Classificazione dei composti inorganici.
tradizionalmente anidridi o ossidi acidi, perché per reazione con acqua formano acidi
(o acidi ossigenati). Gli ossidi formati con semimetalli hanno comportamento anfotero:
reagendo con acqua possono formare sia acidi che basi.
Ossidi Metallici
Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale
Inorganica
suffisso –oso quando il suo n.o. è il più basso ed il suffisso –ico quando il suo n.o. è il
più elevato.
Alcuni non metalli, tuttavia, presentano più di due n.o.; in questo caso è necessario
distinguere i vari composti che si possono formare impiegando la seguente dicitura al
crescere del numero di ossidazione:
con il n.o. più basso si impiega il prefisso ipo- seguito dal nome del non metallo
e dal suffisso –osa;
con i due n.o. successivi si impiega il nome del non metallo recante i suffissi –osa
e –ica;
con il n.o. massimo si impiega il prefisso per- seguito dal nome del non metallo
e dal suffisso -ica.
Anidridi
Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale
CO Monossido di carbonio Anidride carboniosa
CO2 Diossido di carbonio Anidride carbonica
SO2 Diossido di zolfo Anidride solforosa
SO3 Triossido di zolfo Anidride solforica
Cl2 O Monossido di dicloro Anidride ipoclorosa
Cl2 O3 Triossido di dicloro Anidride clorosa
Cl2 O5 Pentossido di dicloro Anidride clorica
Cl2 O7 Eptossido di dicloro Anidride perclorica
Tabella 5.10: Anidridi.
Chimica
il non metallo presenta più stati di ossidazione, si aggiunge al nome del non metallo i
suffissi –oso ed –ico ed i prefissi ipo- e per-.
Acidi ossigenati
Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale
H2 CO3 Acido triossocarbonico (IV) Acido carbonico
HNO2 Acido diossonitrico (III) Acido nitroso
HNO3 Acido triossonitrico (V) Acido nitrico
H2 SO3 Acido triossosolforico (IV) Acido solforoso
H2 SO4 Acido tetraossosolforico (VI) Acido solforico
HClO Acido ossoclorico (I) Acido ipocloroso
HClO2 Acido diossoclorico (III) Acido cloroso
HClO3 Acido triossoclorico (V) Acido clorico
HClO4 Acido tetraossoclorico (VII) Acido perclorico
Tabella 5.11: Acidi ossigenati.
842 Fondamenti di chimica inorganica
Alcuni non metalli dei gruppi IV A e V A (P, As, Sb, B, Si) possono formare acidi
mediante addizione di un numero variabile di molecole d’acqua, fino ad un massimo di
tre. È quindi fondamentale distinguere che grado di idratazione presenta il composto
in questione. Si impiegano quindi tre differenti prefissi: meta-, piro- e orto- quando
si addizionano rispettivamente una, due o tre molecole d’acqua.
Acidi ossigenati
Composto Formula Nomenclatura Nomenclatura
di partenza IUPAC tradizionale
P2 O 3 + H 2 O H2 P2 O4 = HPO2 Acido diossofosforico (III) Acido metafosforoso
P2 O3 + 2H2 O H4 P2 O5 Acido pentaossofosforico (III) Acido pirofosforoso
P2 O3 + 3H2 O H6 P2 O6 = H3 PO3 Acido triossofosforico (III) Acido ortofosforoso
P2 O 5 + H 2 O H2 P2 O6 = HPO3 Acido triossofosforico (V) Acido metafosforico
P2 O5 + 2H2 O H4 P2 O7 Acido eptaossofosforico (V) Acido pirofosforico
P2 O5 + 3H2 O H6 P2 O8 = H3 PO4 Acido tetraossofosforico (V) Acido ortofosforico
Tabella 5.12: Acidi ossigenati che possono formarsi per addizione di un numero variabile di molecole
d’acqua.
5.4.4 Idrossidi
Si ottengono per reazione tra gli ossidi propriamente detti (ossidi basici) e l’acqua. Il
nome si ottiene anteponendo la dicitura “idrossido di..” al nome del metallo. Come
nel caso precedente, quando il metallo presenta più di una valenza si aggiunge al nome
del metallo il suffisso –oso quando il n.o. è il più basso ed il suffisso –ico quando il
n.o. è il più elevato.
Idrossidi
Inorganica
5.4.5 Idracidi
Per la costruzione del nome è sufficiente anteporre il suffisso acido al nome del non
metallo seguito dal suffisso –idrico.
5.4.6 Idruri
Il nome si ottiene come per gli ossidi, ovvero anteponendo la dicitura “idruro di”
al nome dell’elemento X associato all’idrogeno. Quando l’elemento X presenta più
Chimica 843
Idracidi
Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale
HF Fluoruro di idrogeno Acido fluoridrico
HCl Cloruro di idrogeno Acido cloridrico
HBr Bromuro di idrogeno Acido bromidrico
HI Ioduro di idrogeno Acido iodidrico
H2 S Solfuro di diidrogeno Acido solfidrico
HCN Cianuro di idrogeno Acido cianidrico
Tabella 5.14: Idracidi.
valenze è necessario impiegare i suffissi –oso ed –ico per distinguere i vari composti.
Alcuni idruri covalenti (quelli in cui l’elemento associato all’idrogeno non è un metallo),
hanno nomenclatura tradizionale caratteristica che si discosta dalle regole generali. Ad
esempio, il triidruro di azoto è noto con il nome di ammoniaca.
Idruri
Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale
AlH3 Triidruro di alluminio Idruro di alluminio
FeH3 Triidruro di ferro Idruro ferrico
FeH2 Diidruro di ferro Idruro ferroso
LiH Idruro di litio Idruro di litio
NaH Idruro di sodio Idruro di sodio
CaH2 Diidruro di calcio Idruro di calcio
NH3 Triidruro di azoto Ammoniaca
AsH3 Triidruro di arsenico Arsina
Tabella 5.15: Idruri.
5.4.7 Sali
Il nome è ottenuto indicando per prima l’anione e di seguito catione.
Chimica
dei metalli alcalino terrosi è poco solubile in acqua. Ad eccezione del berillio tutti i
metalli alcalino terrosi reagiscono con l’acqua per formare i corrispondenti idrossidi
metallici M(OH)2 . Con gli acidi reagiscono generando idrogeno ed il sale metallico.
Sono i costituenti di molti minerali tra i quali ricordiamo:
la calcite (CaCO3 );
Si noti l’apparente somiglianza tra il talco e l’amianto. Pur avendo formule brute simili,
il loro comportamento è drasticamente diverso a causa della differente struttura dei loro
cristalli.
846 Fondamenti di chimica inorganica
5.5.4 Alluminio
L’alluminio è il terzo elemento più abbondante nella crosta terrestre. È un elemento che
tende ad ossidarsi facilmente ed è poco resistente. Ciò che viene comunemente definito
“alluminio” è in realtà una lega di alluminio con altri metalli che lo irrobustiscono e
ne migliorano le proprietà.
L’alluminio si ottiene mediante l’elettrolisi della bauxite, un ossido di alluminio
idrato (Al2 O3 · nH2 O).
I sali di alluminio solitamente si sciolgono in acqua, l’alluminio metallico, invece, si
scioglie facilmente in HCl.
5.5.5 Silicio
È il secondo elemento più abbondante della crosta terrestre ed è il costituente principale
di: vetro, porcellane, chip per computer e celle solari.
Il diossido di silicio (SiO2 ), o più semplicemente silice, è un solido cristallino ad alto
punto di fusione. La silice è resistente all’attacco degli acidi con l’eccezione di HF.
Il silicio è presente in molti minerali ed è il costituente principale delle argille; esso
può formare polimeri detti siliconi che trovano applicazione come agenti antiaderenti e
lubrificanti.
Inorganica
Definiamo allotropi forme differenti dello stesso elemento che esistono nello stesso
stato fisico alle stesse condizioni di pressione e temperatura.
Il fosforo (P) è presente nei fosfolipidi, l’azoto (N) è presente nelle proteine ed entrambi
costituiscono gli acidi nucleici (DNA e RNA).
L’impiego principale di azoto e fosforo si ha nei fertilizzanti. Questi elementi sono
alla base di un gran numero di composti di interesse industriale quali: acido fosforico,
ammoniaca, acido nitrico e nitrati di sodio e potassio.
Chimica 847
L’acido nitrico (HNO3 ) è un potente agente ossidante ed è in grado di attaccare quasi tutti
i metalli. Esistono però almeno 4 metalli che non vengono attaccati dall’acido nitrico: oro,
platino, rodio e iridio (Au, Pt, Rh, Ir). Questi metalli sono conosciuti con il nome di metalli
nobili. Essi possono essere aggrediti dalla miscela di HCl : HNO3 (3 : 1) conosciuta col nome
di acqua regia (o acido nitroclorico o acido nitromuriatico). La miscela HCl : HNO3
(3:1) ha la caratteristica di essere ossidante e complessante allo stesso tempo ed è quindi in
grado di ossidare e portare in soluzione anche i metalli nobili.
cinabro (HgS);
galena (PbS);
pirite (FeS2 ).
5.5.8 Cloro
È l’elemento più diffuso del gruppo degli alogeni, ha proprietà sbiancanti e disinfettanti.
Il cloro si produce mediante l’elettrolisi della salamoia (soluzione satura di NaCl) ed
è impiegato nella produzione di molti composti organici tra i quali: farmaci, plastiche
Chimica
(PVC, polivinil cloruro) e pesticidi.
Tra i suoi composti più importanti ricordiamo:
5.7 Quesiti
D solo −1
B gli ossiacidi
E +1 e −1
C gli ossidi
2) Sono sali binari: D gli idracidi
A NaCl, HCl, K2 S E gli idruri
B CaBr2 , LiBr, CaF2
5) Nella nomenclatura tradizionale, i pre-
C CaSO4 , NaCl, K2 S fissi meta-, piro- e orto- presenti nel
nome di alcuni acidi, indicano:
D LiBr, CaF2 , NaNO3
E H2 O, KCl, LiBr A il diverso numero di ossidazione del non
metallo presente in combinazione con
3) Nella molecola H2 O2 , l’ossigeno ha l’ossigeno
numero di ossidazione: B il diverso numero di ossidazione del
A −2 metallo presente in combinazione con
l’ossigeno
B −1
C il diverso numero di idrogeni acidi
C +1 presenti
Chimica 849
E anidride carboniosa C +1
7) Sapendo che il rame può formare i D 0
due ossidi CuO e Cu2 O, questi possono
essere chiamati rispettivamente: E −1
A ossido rameoso e ossido rameico
10) In quale serie di composti l’idrogeno ha
B ossido rameico e ossido rameoso numero di ossidazione crescente?
C anidride rameica e anidride rameosa
D anidride rameosa e anidride rameica A H2 , HBr, H2 O
Chimica
molecole ha numero di ossidazione pari a +1 quando è legato ad un non metallo, e
−1 quando è legato ad un metallo.
e quindi possono generare diversi acidi a seconda del numero di molecole d’acqua
incorporate. Per distinguere questi composti nella nomenclatura tradizionale si uti-
lizzano i prefissi meta-, piro- e orto- che indicano rispettivamente la combinazione
tra una molecola di anidride e 1, 2 o 3 molecole di acqua. Questo comportamento
è tipico delle anidridi di fosforo, arsenico, antimonio, silicio e boro.
7) B . I composti presentati nel quesito (CuO e Cu2 O) sono innanzitutto degli ossi-
di basici (non ossidi acidi, cioè anidridi). Secondo la nomenclatura tradizionale il
primo corrisponde all’ossido rameico, poiché il rame ha numero di ossidazione +2,
mentre il secondo all’ossido rameoso, in cui il rame è nello stato di ossidazione +1.
Infatti, quando esistono due possibili stati di ossidazione, si usa il suffisso –ico per
il maggiore e –oso per il minore. Se invece si volesse utilizzare la notazione di Stock,
si dovrebbero chiamare ossido di rame (II) e ossido di rame (I), indicando cioè tra
parentesi in numeri romani lo stato di ossidazione del rame nel composto.
6.1 Introduzione
La chimica è la scienza che studia le proprietà della materia e le sue trasformazioni.
In questo capitolo ci concentreremo sui principali tipi di reazioni chimiche ovvero su
quei processi che permettono di trasformare un composto di partenza (reagente) in
un composto diverso (prodotto). Comprenderemo a grandi linee come avviene una
reazione chimica e in che proporzioni dosare i vari reagenti al fine di ottenere una
quantità desiderata di prodotti.
Le reazioni in cui i reagenti si trovano in un’unica fase (ad esempio due liquidi miscibili)
sono dette omogenee, quelle in cui si trovano in più fasi (ad esempio un solido ed un
liquido) sono dette eterogenee.
Le reazioni chimiche sono rappresentate da equazioni chimiche che hanno lo
scopo di indicare: la natura dei reagenti coinvolti e dei prodotti ottenuti ed il rapporto
atomico di combinazione.
A + B −→ C + D
Ciò che si conserva NON è il numero totale di moli, bensı̀ la massa totale di ogni
elemento che partecipa alla reazione.
852 Le reazioni chimiche
d. Legge di conservazione della massa: la somma delle masse dei reagenti de-
ve necessariamente essere equivalente alla somma delle masse dei prodotti di
reazione.
f. Tutti i coefficienti devono essere scritti utilizzando il coefficiente intero più basso,
per convenzione il coefficiente 1 non viene indicato. Da un punto di vista concet-
tuale i coefficienti frazionari andrebbero evitati (ad esempio 1/2), in quanto, nella
realtà, non esistono frazioni di molecole ma solo molecole intere (non posso avere
Chimica 853
Esempi di bilanciamento
La reazione non presenta molecole cariche: la legge di conservazione della carica è rispet-
tata.
Osserviamo che per ogni molecola di N2 O5 sono presenti 2 atomi di N pertanto, al fine di
rispettare la legge di conservazione della massa, dovremo avere lo stesso numero di atomi
di azoto anche nei prodotti: metteremo il coefficiente stechiometrico 2 davanti ad HNO3 .
Verifichiamo il rispetto della legge di conservazione della massa per gli altri elementi. Ci
sono 6 atomi di ossigeno sia tra i reagenti che tra i prodotti, ci sono due atomi di idrogeno
sia tra i reagenti che tra i prodotti.
La reazione è bilanciata.
2) Fe(s) + O2(g) −→ Fe2 O3(s)
La reazione non presenta molecole cariche: la legge di conservazione della carica è rispet-
tata.
Per il bilancio di massa osserviamo che ogni due atomi di O se ne formano tre. Aggiun-
giamo i coefficienti stechiometrici in modo da avere lo stesso minimo comune multiplo
riferito all’ossigeno, ovvero aggiungiamo il coefficiente 3 davanti ad O2 ed il coefficiente
2 davanti a Fe2 O3 .
Fe(s) + 3O2(g) −→ 2Fe2 O3(s)
Verifichiamo il bilancio di massa per il ferro: osserviamo che tra i prodotti si formano
quattro atomi di Fe mentre tra i reagenti ne è presente uno solo. Per rispettare il bilancio
di massa aggiungeremo tra i reagenti il coefficiente stechiometrico 4 davanti al Fe.
4Fe(s) + 3O2(g) −→ 2Fe2 O3(s) Chimica
La reazione è bilanciata.
3) Pb(NO3 )2(aq) + K2 CrO4(aq) −→ PbCrO4(s) + KNO3(aq)
Verifichiamo il bilancio di massa per l’ossigeno (10 atomi tra i reagenti e 10 atomi tra i
prodotti): la reazione è bilanciata.
854 Le reazioni chimiche
4) Cu(s) + Ag+ 2+
(aq) −→ Cu(aq) + Ag(s)
Dall’equazione chimica osserviamo che la carica NON è bilanciata, tra i reagenti infatti è
presente una sola carica positiva (Ag+ ) mentre tra i prodotti ne abbiamo due (Cu2+ ). Per
rispettare la legge di conservazione della carica, aggiungiamo il coefficiente stechiometrico
2 davanti ad Ag+ .
Cu(s) + 2Ag+ 2+
(aq) −→ Cu(aq) + Ag(s)
Verifichiamo quindi il bilancio di massa per l’argento. Osserviamo che per ogni due atomi
di argento Ag+ se ne forma uno solo. Aggiungiamo quindi il coefficiente stechiometrico
2 davanti all’Ag presente nei prodotti.
Cu(s) + 2Ag+ 2+
(aq) −→ Cu(aq) + 2Ag(s)
Una volta verificato che la reazione rispetta la legge di conservazione della massa anche
per gli altri elementi, possiamo affermare che la reazione è bilanciata. Questa reazione
è formalmente una redox, si consiglia come regola generale di utilizzare il metodo di
bilanciamento specifico per le reazioni redox che vedremo in seguito.
La reazione non presenta molecole cariche: la legge di conservazione della carica è rispet-
tata.
Bilanciamo innanzitutto gli atomi di carbonio aggiungendo il coefficiente stechiometrico
3 davanti a CO2 .
C3 H8(g) + O2(g) −→ 3CO2(g) + H2 O
Bilanciamo gli atomi di idrogeno impiegando il coefficiente stechiometrico 4 davanti ad
H2 O
C3 H8(g) + O2(g) −→ 3CO2(g) + 4H2 O
Bilanciamo infine l’ossigeno impiegando il coefficiente 5 davanti ad O2 .
Verifichiamo il rispetto della legge di conservazione della massa per tutti gli elementi.
Le reazioni
L’equazione mostra sia tra i reagenti che tra i prodotti 3 atomi di C, 10 atomi di O e 8
atomi di H: la reazione è bilanciata.
Ricordando che il peso molecolare coincide con il peso in grammi di una mole di so-
stanza, i coefficienti stechiometrici consentono di determinare le quantità in grammi
dei reagenti (che si combinano tra loro) e dei prodotti (che si generano) durante una
reazione chimica.
Per effettuare un qualsiasi tipo di valutazione quantitativa è quindi fon-
damentale essere in presenza di un’equazione chimica bilanciata mediante
i coefficienti stechiometrici. Un’equazione chimica non bilanciata non rispetta i
principi di conservazione ed è pertanto formalmente scorretta: sarebbe come scrivere
un’uguaglianza matematica del tipo 2 = 5.
La reazione chimica bilanciata, oltre a rappresentare il rapporto tra moli, unità elementari o
masse, può essere letta anche come rapporto tra volumi di gas.
Chimica 855
La reazione tra carbonati metallici e acidi porta sempre alla formazione di un sale
ed acido carbonico. L’acido carbonico in soluzione acquosa sviluppa spontaneamente
CO2(g).
MgCO3(s) + 2HBr(aq) −→ MgBr2(aq) + H2 CO3(aq)
H2 CO3(aq) −→ CO2(g) + H2 O
Molte reazioni chimiche possono appartenere a più gruppi (sia le reazioni acido-base
che quelle di precipitazione sono anche reazioni di doppio scambio; le reazioni di
combustione sono anche reazioni redox), si sceglie quindi la classificazione in base
all’aspetto della reazione che si vuole evidenziare.
neutralità, ovvero il principio secondo il quale il numero di elettroni ceduti dal ridu-
cente è equivalente al numero di elettroni acquisiti dall’ossidante. In una reazione redox
non vi può essere creazione o distruzione di elettroni ma è consentito esclusivamente il
trasferimento di elettroni tra molecole.
Le reazioni redox possono essere viste come l’insieme di due semireazioni che av-
vengono contemporaneamente. Nella semireazione di ossidazione la specie chimica
riducente cede i suoi elettroni aumentando il proprio numero di ossidazione. Contem-
poraneamente nella semireazione di riduzione la specie chimica ossidante acquisisce
gli elettroni rilasciati dal riducente diminuendo il proprio numero di ossidazione.
La specie che si ossida (A) è detta agente riducente, in quanto induce la riduzione
dell’altra specie presente nel sistema. La specie che si riduce (B) è detta agente ossi-
dante, in quanto induce l’ossidazione dell’altra specie presente nel sistema. È chiaro
che qualsiasi reazione di ossidoriduzione avviene esclusivamente in presenza
di una coppia ossidante-riducente.
NON esistono redox in cui ci sia solo la reazione di ossidazione o solo la reazione di
riduzione: le due reazioni sono sempre accoppiate. Esistono tuttavia reazioni redox in
cui lo stesso elemento in parte si ossida ed in parte si riduce. Questo caso particolare di
ossidoriduzione prende il nome di reazione di dismutazione o disproporzionamento.
−
Cl2(g) + 2H2 O(l) H3 O+
(l) + HClO(aq) + Cl(aq)
Ossidazione: Cl2 −→ 2HClO + 2e− (il n.o. del Cl passa da zero a +1)
− −
Riduzione: Cl2 + 2e −→ 2Cl (il n.o. del Cl passa da zero a −1)
6.4.1 Procedura di bilanciamento di reazioni redox con il metodo delle semireazioni Chimica
a. Si assegnano i n.o. di tutti gli atomi presenti tra i reagenti ed i prodotti.
1) Cu2+ + Fe −→ Fe3+ + Cu
opportuno:
2) H2 + CuO −→ Cu + H2 O
H2 + CuO −→ H2 O + Cu
L’equazione mostra sia tra i reagenti che tra i prodotti la stessa carica globale (0) e la
presenza di 1 atomo di Cu, 1 atomo di O e 2 atomi di H: la reazione è bilanciata.
3) Fe2+ + MnO−
4 −→ Fe
3+
+ Mn2+
Si identifica la specie chimica che si ossida aumentando il proprio n.o.: Fe2+ (n.o. +
2) −→ Fe3+ (n.o. + 3) e la specie chimica che si riduce diminuendo il proprio n.o.:
MnO− 4 (Mn n.o. + 7) −→ Mn
2+
(n.o. + 2).
Si scrivono separatamente le reazioni di ossidazione e di riduzione:
5Fe2+ + MnO− −
4 + 5e −→ 5Fe
3+
+ 5e− + Mn2+
5Fe2+ + MnO−
4 −→ 5Fe
3+
+ Mn2+
5Fe2+ + MnO− +
4 + 8H −→ 5Fe
3+
+ Mn2+
5Fe2+ + MnO− +
4 + 8H −→ 5Fe
3+
+ Mn2+ + 4H2 O
La reazione è bilanciata sia in carica (+17) che in massa: 5 atomi di Fe, 1 atomo di Mn,
4 atomi di O e 8 atomi di H.
6.5 La stechiometria
Nei paragrafi precedenti abbiamo compreso come bilanciare le reazioni chimiche impie-
gando i coefficienti stechiometrici. Ma una volta bilanciata una reazione, come possiamo
calcolare le quantità di reagenti necessarie per produrre una determinata quantità di
prodotti? La branca della chimica che risponde a questo quesito prende il nome di ste-
chiometria (dal greco stoicheion “elemento” e metria “misura”, da cui stechiometria:
“misura degli elementi”).
Per affrontare questo argomento si consiglia di rivedere il concetto di mole e di
Numero di Avogadro approfonditi nel capitolo 2.
L’equazione chimica bilanciata fornisce, tramite i coefficienti stechiometrici, infor-
mazioni su quante molecole (o quante moli) di ogni reagente sono necessarie per pro-
durre una determinata quantità di prodotto. Dato che una mole di qualsiasi sostanza
contiene sempre un numero di Avogadro di molecole, noto il peso molecolare dei rea-
genti e dei prodotti è possibile determinare la quantità di reagenti (espressa in moli, in
numero di molecole o in grammi) necessaria per produrre una determinata quantità di
prodotti (espressa in moli, in numero di molecole o in grammi).
Chimica
d. Calcolo della massa dal numero di moli. Dal numero di moli necessa-
rio alla reazione, calcolato impiegando il fattore stechiometrico, si ottiene la
massa (espressa in grammi) di reagente necessaria alla reazione semplicemente
moltiplicando le moli di ogni reagente per il proprio peso molare (g/mol).
Schematicamente si può seguire la seguente procedura:
sia A un reagente che produce un prodotto B secondo l’equazione chimica bilan-
ciata xA −→ yB.
Data la quantità in grammi di A si procede come segue:
Grammi reagente A
a. moli di A disponibili = ;
Peso molare A
y
b. moli di B prodotte = moli di A disponibili × fattore stechiometrico ;
x
c. Grammi di prodotto B = moli di B prodotte × Peso molare B.
862 Le reazioni chimiche
1) 30,0 g di Br2 vengono fatti reagire con H2 per ottenere HBr secondo la seguente
reazione non bilanciata: Br2 + H2 −→ HBr. Si determini la quantità in grammi
di H2 necessaria per consumare tutto il Br2 e la quantità di HBr prodotta al
termine della reazione.
Si bilancia la reazione ponendo il coefficiente stechiometrico 2 davanti ad HBr:
H2 + Br2 −→ 2HBr
g
= 0,188 mol×2 = 0,376 g
mol
La massa di HBr ottenuta al termine della reazione si calcola moltiplicando il numero di
moli di HBr (0,376 mol) per il peso molare di HBr (80,9 g/mol): massa di HBr = 30,4 g
5Fe2+ + MnO− +
4 + 8H −→ 5Fe
3+
+ Mn2+ + 4H2 O
Chimica
0,02275 mol di ferro.
d. La quantità in grammi di FeSO4 necessaria alla riduzione di 0,00455 mol
di KMnO4 è pari a 0,02275 mol moltiplicate per il peso molare di FeSO4
(151,91 g/mol) = 3, 45g.
Quando si vuole trasformare un prodotto in un altro attraverso una reazione che sottostà
ad un equilibrio, spesso i chimici utilizzano forti eccessi del reagente più economico al fine
di consentire la conversione completa dell’altro reagente (più costoso) nel prodotto finale
desiderato. Vedi Principio di Le Châtelier capitolo 7.
Si definisce resa teorica la quantità massima di sostanza che può essere prodotta
durante una reazione chimica.
Chimica 865
Per definizione NON esistono rese percentuali superiori al 100%. Per il principio di
conservazione della massa, infatti, non possiamo ottenere più materia di quanta ne
abbiamo impiegato in partenza. Di conseguenza, se il valore di resa percentuale ot-
tenuto è superiore al 100%, siamo certi di aver commesso un errore. L’errore può
risiedere: 1) nel calcolo della quantità prevista teoricamente (errore nel bilanciamento
della reazione) o 2) nella determinazione della quantità di prodotto ottenuta a seguito
dei processi di sintesi, separazione e purificazione (errore di pesata in eccesso dovuto,
ad esempio, alla presenza di impurezze).
Si pongono a reagire 20,0 g di CO(g) con un eccesso di H2(g) per ottenere metanolo
CH3 OH secondo la reazione bilanciata: CO(g) + 2H2(g) −→ CH3 OH(l) . Il monossido di
carbonio rappresenta il reagente in difetto. Se alla fine della reazione si ottengono 15,5 g
di CH3 OH (resa effettiva), qual è la resa percentuale di reazione?
a. Si calcola innanzitutto il numero di moli del reagente in difetto CO a disposizione.
È sufficiente dividere la massa di CO a disposizione espressa in grammi (20,0 g)
per il peso molare di CO (28 g/mol):
n. moli CO =
massa CO (20,0 g)
g = 0,71 mol
Chimica
peso molare CO 28
mol
b. Considerando i coefficienti stechiometrici si calcolano le moli teoriche di metanolo
che possono essere ottenute facendo reagire tutto il CO a disposizione. Moli di
CH3 OH ottenibili = moli CO disponibili = 0,71 mol.
c. La quantità massima di metanolo sintetizzabile è data dal prodotto tra il numero
di moli di CH3 OH ottenibili (0,71 mol) ed il peso molare di CH3 OH (32 g/mol):
6.6 Quesiti
1) Sapendo che l’atomo di ferro ha una D 6
massa atomica corrispondente a circa
E 12
55,8, se si pesano 11,16 g di ferro si ha
a che fare con: 5) In una reazione il reagente limitante:
A 0,2 mol di ferro A è quello che non si esaurisce completa-
B 5 mol di ferro mente al termine della reazione
D 0,03 g di sale A 4
E 300,3 g di sale B 3
Le reazioni
A 2,4 C 32
B 24 D 1,4
C 0,6 E 14
Chimica 867
Chimica
2) E . Per i sali, non essendo composti molecolari, non si parla di peso molecolare
ma di peso formula. Il peso formula è riferito alla formula minima che rappresenta
il sale, e si calcola esattamente come il peso molecolare. Sapendo che la massa
espressa in grammi di una mole di una molecola o di un sale ha lo stesso valore
numerico del suo peso molecolare o peso formula (quindi nel nostro caso 1 mol pesa
100,1 g), si può ricavare quanto pesano 3 mol di CaCO3 impostando la proporzione:
1 mol: 100,1 g = 3 mol: x da cui si ricava che x = 100,11 mol
g·3 mol
= 300,3 g.
4) A . La formula dell’acido H3 PO4 indica che in ogni molecola di acido sono presenti
4 atomi di ossigeno, per cui in ogni mole di acido sono presenti 4 moli dell’elemento
ossigeno. Poiché nel quesito si considerano 0,6 mol di acido, il numero di moli di
ossigeno si può ricavare dalla proporzione 1 molH3 PO4 : 4 molO = 0,6 molH3 PO4 : x,
4 molO ·0,6 molH3 PO4
da cui si ottiene che x = 1 molH PO = 2,4 molO .
3 4
868 Le reazioni chimiche
6) A . Nella reazione 2Na + Cl2 −→ 2NaCl, il sodio e il cloro sono in rapporto ste-
chiometrico di 2 : 1. Ciò comporta che facendo reagire lo stesso numero di moli
di entrambi (4 moli di uno e 4 moli dell’altro), la quantità di sodio risulta insuffi-
ciente per far reagire tutto il cloro presente, quindi il sodio rappresenta il reagente
limitante nella reazione. Quando infatti le 4 moli di sodio hanno reagito con 2 moli
di cloro, la reazione si ferma perché il sodio finisce. Osservando la stechiometria si
vede che il cloruro di sodio e il sodio hanno lo stesso coefficiente stechiometrico,
quindi se la reazione ha consumato 4 moli di sodio, ha prodotto 4 moli di cloruro
di sodio.
mai modificare la formula delle specie chimiche presenti nella reazione, ma solo i
coefficienti stechiometrici.
10) A . La reazione correttamente bilanciata è 2HClO3 + Ca(OH)2 −→ Ca(ClO3 )2 +
2H2 O, per cui i due reagenti sono in rapporto molare di 2 : 1, cioè ogni mole del
secondo reagente reagisce con due moli del primo.
Cenni di
termochimica,
cinetica ed equilibri 7
“È l’energia libera, e non quella totale, a determinare il senso di una reazione chimica”
(Josiah Willard Gibbs, 1839-1903).
7.1 Introduzione
In questo capitolo ci focalizzeremo sullo studio delle variazioni di energia che sono
associate alle reazioni chimiche. Impareremo a valutare se una reazione avviene in
modo spontaneo e a che velocità. Individueremo infine quali sono i principi alla base
degli equilibri chimici e come questi possono rivelarsi utili nel comprendere la direzione
in cui avviene una reazione chimica.
Il bilancio energetico di una reazione chimica è uno dei parametri che ne determina
la sua spontaneità.
Si definisce spontanea una reazione che, una volta iniziata, procede dando luogo ai
prodotti senza alcun intervento esterno.
Chimica
Il secondo principio della termodinamica (vedi Fisica § 10.16) stabilisce che per
ogni trasformazione fisica o chimica, sarà favorita quella che porta ad un maggior
“disordine” del sistema rispetto allo stato iniziale. Sono cioè favorite quelle reazioni
accompagnate da un aumento di entropia.
Per avere un’idea di cosa significhi “stato di disordine del sistema” pensiamo a due
stanze, separate da una porta chiusa, una piena di gas e l’altra senza gas. Finché la
porta resta chiusa, il gas rimane isolato in una delle due stanze. Nel momento in cui
la porta si apre il gas si sposta da una stanza all’altra finché entrambi i locali non
sono pieni di gas. Questo fenomeno avviene spontaneamente e non è accompagnato da
sviluppo o sottrazione di calore (ovvero non è accompagnato da variazioni di entalpia
872 Cenni di termochimica, cinetica ed equilibri
∆H). Il fenomeno opposto, invece, ossia il ritorno del gas dalle due stanze ad una sola
di esse, NON è spontaneo e NON avviene a meno che non si intervenga dall’esterno
forzando il gas a rientrare nella stanza da cui proviene. Possiamo quindi concludere che
il fenomeno di diffusione del gas è spontaneo in quanto è accompagnato da un aumento
del “disordine” del sistema, ovvero da un aumento di entropia (∆S > 0). Diversamente
il fenomeno inverso NON è spontaneo in quanto diminuisce lo stato di disordine del
sistema inducendo una diminuzione di entropia (∆S < 0).
Per lo stesso motivo, se colpiamo un gruppo di fogli disposti in modo ordinato su
un tavolo, essi si spargeranno spontaneamente lungo tutto il tavolo in modo casuale. Il
fenomeno è accompagnato da un aumento del “disordine” del sistema (∆S > 0). NON
è invece spontaneo il fenomeno opposto, ovvero il fenomeno per cui, colpendo i fogli
sparsi casualmente su un tavolo essi si ritrovano spontaneamente nell’ordine di par-
tenza. Quest’ultimo fenomeno, infatti, sarebbe accompagnato da una diminuzione del
disordine (un aumento dell’ordine) del sistema ovvero da una diminuzione di entropia
(∆S < 0) e pertanto non può avvenire spontaneamente. Per una trattazione specifica
sull’argomento si rimanda ad un testo di chimica-fisica.
Come facciamo quindi a capire se una reazione chimica può avvenire spontanea-
mente?
Il professore americano J. Willard Gibbs (1839-1903) creò una funzione termodina-
mica che lega le variazioni di entalpia ed entropia di un sistema e permette quindi di
determinare la spontaneità di una reazione chimica in condizioni di pressione costante.
Questa funzione è nota come energia libera di Gibbs:
∆G = ∆H − T ∆S
Tabella 7.1: Variazioni di entalpia, entropia ed energia libera di Gibbs e condizioni di spontaneità.
Chimica 873
Nel caso in cui la pressione non è costante ma è costante il volume di reazione, si impiega
l’energia libera di Helmholtz, che fa riferimento all’energia interna del sistema anziché
all’entalpia (∆A = ∆U − T ∆S). Una reazione (a temperatura e volume costante) è spontanea
quando è accompagnata da una diminuzione dell’energia libera di Helmholtz ∆ A < 0. Questa
equazione è meno utilizzata della precedente in quanto la maggioranza delle reazioni chimiche
viene condotta a pressione costante e non a volume costante.
Gli studi sulla spontaneità di una reazione, ovvero sulla sua termodinamica,
NON forniscono alcuna informazione sulla velocità con cui la reazione avviene,
ovvero sulla sua cinetica.
Chimica
La termodinamica studia le condizioni di pressione e temperatura che permettono
ad una reazione di avvenire spontaneamente. La cinetica studia invece la velocità di
reazione, ovvero i fattori che influiscono sul tempo necessario affinché una reazione
avvenga e si raggiunga l’equilibrio chimico.
La velocità di reazione è data dal rapporto tra la variazione della concentrazione
di una sostanza e l’unità di tempo. Man mano che la reazione chimica procede, la
concentrazione dei reagenti diminuisce mentre quella dei prodotti aumenta.
Figura 7.2: Variazione della concentrazione di prodotti e reagenti al procedere di una generica reazione
chimica A + B −→ C + D. Nella reazione che va a completezza i reagenti A e B vengono consumati
completamente, nella reazione di equilibrio i reagenti A e B si consumano solo parzialmente.
Un urto tra due particelle di reagente (A e B) per formare il prodotto (C) è efficace se:
La temperatura, infatti, non è altro che la misura dell’energia cinetica media delle parti-
celle.
r
1 2 3 3kT
Ec = mhv i = kT hvi =
2 2 m
Chimica 875
Per ogni reazione chimica, in base al tipo di legami in gioco esiste una barriera di
energia che deve essere superata affinché le molecole reagiscano. L’energia minima
che le particelle di reagenti devono avere per superare questa barriera è denominata
energia di attivazione Ea .
Per reazioni simili, che avvengono alla stessa temperatura, vale la regola generale che:
maggiore è Ea , ovvero più alta è la barriera di attivazione, più lenta è la reazione.
La teoria cinetica suppone che, al momento dell’urto, si formi un aggregato instabile
tra le molecole che vi partecipano, chiamato complesso attivato, che si scinde imme-
diatamente dopo la sua formazione. Se l’urto è stato efficace (ovvero è stata superata
la soglia dell’energia di attivazione e l’orientazione dell’urto è opportuna), il complesso
attivato scindendosi darà luogo ai prodotti; in caso contrario, scindendosi, riformerà i
reagenti iniziali (Figura 7.3).
Il complesso attivato che si crea durante un ur-
to perdura per un istante di tempo infinitesi-
male e pertanto NON è isolabile come tale e
può solamente essere predetto da un punto di
vista teorico. La conformazione che le moleco-
le assumono durante la formazione del com-
Chimica
plesso attivato è chiamata stato di transi-
zione. Ad una prima analisi possiamo affermare
che l’aumento della velocità di una reazione può
essere ottenuto attraverso un aumento di tempe-
ratura che garantisce ad un numero consistente
di particelle di superare l’energia di attivazione. Figura 7.3: Andamento dell’energia poten-
Un’energia di attivazione elevata viene associa- ziale per la generica reazione endotermica
ta ad una reazione lenta proprio perché ci sono 2DA −→ A2 + D2 .
pochissime particelle in grado di avere un’energia cinetica tale da superare la barriera
Ea e creare i prodotti.
A questo punto dovremmo chiederci perché una reazione che porta alla formazio-
ne di prodotti con energia minore dei reagenti non avvenga velocemente appena i
reagenti si trovano in contatto tra loro. Questo non accade perché i reagenti devo-
no obbligatoriamente passare attraverso lo stato di transizione e formare il comples-
so attivato. Se lo stato di transizione ha energia molto elevata, allora la reazione è
estremamente lenta e macroscopicamente non avviene: i reagenti sono cineticamente
stabili.
Ad esempio, mescolando ossigeno ed idrogeno in un recipiente non si osserva alcu-
na reazione, tuttavia è sufficiente una scintilla affinché si verifichi una reazione quasi
istantanea e si crei una forte esplosione. L’energia del prodotto di reazione (H2 O) è di
gran lunga inferiore a quella dei reagenti (O2 ed H2 ), tuttavia è necessaria una scintilla
affinché le molecole di reagente superino la barriera di attivazione Ea e la reazione
possa avvenire.
La reazione, una volta innescata dalla scintilla, procede spontaneamente e qua-
si istantaneamente. Il procedere della reazione è garantito dal fatto che i prodotti,
trovandosi ad energia minore rispetto ai reagenti, emettono calore (reazione esoter-
mica). Il calore sviluppato permette alle molecole vicine di superare a loro volta la
barriera energetica e di reagire creando una reazione a catena.
Diversamente, nel caso in cui l’energia dei prodotti è superiore all’energia dei rea-
genti, la reazione può avvenire solo con un apporto continuo di energia dall’esterno
(reazione endotermica).
Il fatto che la reazione sia esotermica o endotermica, ovvero che i prodotti si trovino rispet-
tivamente in uno stato ad energia minore o maggiore rispetto ai reagenti, fornisce alcune
informazioni sullo stato di transizione (ricordiamo che le molecole nello stato di transizione
non possono essere isolate, la struttura del complesso attivato può essere predetta solo teo-
ricamente). Al riguardo il postulato di Hammond afferma che: “la struttura dello stato
di transizione per uno stadio esotermico è più simile a quella dei reagenti di quello stadio.
Al contrario, la struttura dello stato di transizione per uno stadio endotermico è più simile a
quella dei prodotti di quello stadio”.
Termodinamica
Fu per primo il chimico svedese Svante Arrhenius (1859-1927, lo stesso a cui si deve la classi-
ficazione degli acidi e basi) a trovare una correlazione tra la velocità di reazione e parametri
quali: temperatura, orientamento delle molecole, energia delle collisioni. Egli raccolse un ele-
vato numero di dati sperimentali sulle cinetiche di reazione e ne derivò un’equazione nota
come equazione di Arrhenius
−Ea
k = Ae RT
dove k è la costante di velocità, A prende il nome di fattore di frequenza e rappresenta il
numero di collisioni che avvengono con l’orientamento appropriato ed è quindi proprio di ogni
reazione, Ea è l’energia di attivazione, R è la costante universale dei gas, T è la temperatura
assoluta.
La velocità di reazione (k) aumenta quindi all’aumentare di T e all’aumentare di A, mentre
diminuisce all’aumentare di Ea .
Chimica
a. Reazioni di primo ordine: la
velocità di reazione è direttamente
proporzionale alla concentrazione del
reagente
v = k[A]
Figura 7.4: Andamento delle velocità di reazione
in funzione della concentrazione di [A] per rea-
b. Reazioni di secondo ordine: la zioni di primo ordine, secondo ordine ed ordine
velocità di reazione è proporzionale zero.
al quadrato della concentrazione del
reagente
2
v = k[A]
Le reazioni di ordine zero sono tipiche della decomposizione dei solidi che avvengono
con la stessa velocità indipendentemente dalla concentrazione del solido stesso.
L’ordine di reazione viene determinato sperimentalmente. Il valore di k è proprio
di ogni singola reazione.
La probabilità che durante una reazione due particelle si incontrino dipende, tra le altre
cose, anche dalla superficie di contatto disponibile.
Questo fattore è cruciale nelle reazioni che impiegano reagenti solidi. Pensiamo ad
esempio alla reazione tra un gas e un solido (combustione del legno). Più finemente è
suddiviso il reagente solido (legno) tanto maggiore è la superficie di contatto disponi-
bile al gas (ossigeno) per reagire e quindi tanto maggiore sarà la velocità di reazione.
Ad esempio lo sdrucciolato si infiamma molto più velocemente di un tronco di legno.
Possiamo quindi affermare che un reagente a grana fine (polvere) reagisce molto più
velocemente di un reagente a grana grossa in quanto il primo rende disponibile agli
altri reagenti una superficie di contatto più ampia.
La velocità di una reazione che avviene in più stadi è sempre determinata dallo stadio
più lento, ovvero i prodotti non possono essere generati ad una velocità superiore a
quella dello stadio più lento. Pertanto si dice che lo stadio più lento è lo stadio
determinante la velocità.
Termodinamica
7.7 Catalizzatori
Esistono sostanze che, pur essendo presenti nel processo di reazione, NON subiscono
modificazioni ma contribuiscono ad aumentare la velocità della reazione stessa e sono
conosciute con il nome di catalizzatori.
Definiamo catalizzatore una qualsiasi sostanza che porta all’aumento della velocità di
reazione senza consumarsi.
Il catalizzatore NON varia la posizione all’equilibrio di una reazione, NON varia le sue
proprietà termodinamiche (ovvero NON varia né il ∆H né il ∆S), NON può trasfor-
mare una reazione non spontanea in una spontanea (non varia il ∆G di reazione).
Il catalizzatore agisce esclusivamente sulla velocità di reazione modificando il
meccanismo attraverso il quale questa avviene. Si dice pertanto che il catalizzatore
esercita un controllo cinetico (ovvero della velocità di reazione) sulla potenzialità
termodinamica (la reazione deve essere già spontanea di per sé).
I catalizzatori sono:
e. Possono trovarsi nello stesso stato fisico dei reagenti (catalisi omogenea) o in
stati fisici diversi (catalisi eterogenea);
Negli organismi viventi è stato scoperto che non solo le proteine possono fungere da cata-
lizzatori (enzimi), ma anche alcuni acidi ribonucleici possiedono attività enzimatica (RNA
catalitici).
Nella catalisi eterogenea, dove il catalizzatore è solitamente allo stato solido mentre
i reagenti si trovano allo stato liquido o aeriforme, la superficie di contatto disponi-
bile influenza in modo significativo l’efficienza della catalisi. Maggiore è la superficie
Chimica
disponibile (più è polverizzato il catalizzatore) maggiore sarà la sua efficienza.
Un esempio di catalisi eterogenea è dato dalla marmitta catalitica delle automobili in
cui i gas di scarico particolarmente inquinanti (COx , NOx ed idrocarburi) vengono
convertiti mediante un catalizzatore solido (solitamente formato da platino e nichel)
in composti meno nocivi: acqua, anidride carbonica e azoto. La presenza del platino
come catalizzatore giustifica l’elevato costo delle marmitte catalitiche.
A+BC+D
In una reazione reversibile la velocità di reazione diretta supera, nei primi stadi,
la velocità della reazione inversa. Abbiamo visto che le velocità di reazione dipendono
dalla concentrazione dei reagenti e siccome nello stato iniziale sono presenti più reagenti
(A e B) che prodotti (C e D), prevale inizialmente la reazione diretta. Tuttavia, man
mano che la reazione procede la concentrazione dei prodotti (C e D) aumenta mentre
quella dei reagenti (A e B) diminuisce e di conseguenza aumenta proporzionalmente
anche la velocità della reazione inversa. Quando la velocità della reazione inversa
uguaglia la velocità della reazione diretta si è giunti allo stato di equilibrio.
Come abbiamo visto la velocità di reazione non dipende solo dalla concentrazione dei
reagenti ma anche da molti altri fattori. Per questo motivo la posizione all’equilibrio
NON si raggiunge semplicemente quando la concentrazione dei reagenti e quella dei
prodotti è la stessa, ma si raggiunge quando le velocità della reazione diretta e quella
della reazione inversa sono uguali.
Termodinamica
aA + bB cC + dD
c d
[C] [D]
Keq = a b
[A] [B]
In altre parole, in una reazione che avviene in soluzione possiamo affermare di tro-
varci all’equilibrio quando il prodotto delle concentrazioni molari dei prodotti e quel-
lo delle concentrazioni molari dei reagenti, elevati ognuno al corrispettivo coefficiente
stechiometrico, è costante.
Chimica 881
In altri termini, inducendo una perturbazione ad un sistema che si trova all’equilibrio es-
so indurrà una trasformazione tale da ridurre o contrastare l’effetto della perturbazione
apportata.
b. la reazione comporta una variazione del numero di moli complessive passando dai
reagenti ai prodotti.
Si indica con ∆n la variazione del numero totale di moli che si verifica durante una
generica reazione chimica. ∆n è dato dalla differenza tra la somma dei coefficienti
stechiometrici dei prodotti (c+d) e la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti
(a + b):
aA + bB cC + dD
∆n = (c + d) − (a + b)
a. ∆n > 0. Il numero totale di moli dei prodotti è maggiore del numero totale di
moli dei reagenti. La reazione è favorita da una diminuzione di pressione (o un
aumento di volume).
b. ∆n < 0. Il numero totale di moli dei prodotti è minore del numero totale di moli
dei reagenti. La reazione è favorita da un aumento di pressione (o una diminuzione
di volume).
Chimica
possibilità di produrre industrialmente fertilizzanti iniziò seriamente a minacciare la
sopravvivenza della popolazione mondiale. È merito principalmente del chimico Fritz
Haber (1868-1934) se ciò non è accaduto. Premio Nobel per la chimica 1918, egli riu-
scı̀ ad escogitare un metodo estremamente efficiente, impiegato tutt’oggi con qualche
variante, per la sintesi industriale dell’ammoniaca.
Il processo di sintesi dell’ammoniaca a partire da H2 ed N2 ideato da Fritz Haber
aiuta a comprendere meglio la differenza tra gli aspetti cinetici e quelli termodinamici
delle reazioni chimiche.
La sintesi dell’ammoniaca a partire da azoto ed idrogeno è una reazione fortemente
esotermica ∆H = −92,2 kJ, favorita quindi da un punto di vista termodinamico.
Tuttavia la cinetica di questa reazione è estremamente lenta il che rende impossibile
una produzione industriale in tempi ragionevoli.
Si potrebbe pensare di aumentare la temperatura di reazione, considerando che
un aumento di temperatura induce senza eccezioni un incremento della velocità di
reazione. Tuttavia, secondo il principio di Le Châtelier, un aumento di temperatura
nelle reazioni esotermiche induce una diminuzione del valore di Keq con la conseguente
884 Cenni di termochimica, cinetica ed equilibri
riduzione della resa sintetica. La situazione sembra quindi essere senza via di uscita,
infatti se conduciamo la reazione a basse temperature, per garantire una buona resa,
essa richiederà tempi lunghissimi; se la conduciamo ad alte temperature lo faremo a
discapito della resa e quindi otterremo pochissimo prodotto.
L’impiego di un catalizzatore opportuno sembra essere l’unica soluzione. Come sap-
piamo, infatti, i catalizzatori accelerano le velocità di reazione senza variare la posizione
di equilibrio. Inoltre, in base al principio di Le Châtelier, essendo la sintesi dell’am-
moniaca un processo in cui ∆n < 0 è possibile, aumentando la pressione, favorire la
formazione di prodotti senza alterare il valore della Keq .
Grazie a queste osservazioni Fritz Haber propose un impianto di sintesi dell’ammoniaca
in cui azoto ed idrogeno vengono trattati sotto pressione ed in presenza di catalizzatori
eterogenei a base di Fe3 O4 e Al2 O3 . Il suo processo industriale ha consentito la sintesi
di ammoniaca su larga scala ed è stato alla base del forte aumento della produzione
mondiale di prodotti agricoli. La produzione di ammoniaca, mediante il processo Haber,
supera nei soli Stati Uniti i 20 miliardi di kg annui.
La massima resa possibile per una reazione chimica è rappresentata dalla con-
centrazione dei prodotti all’equilibrio. Per aumentare la resa NON è possibile
impiegare un catalizzatore ma è necessario spostare l’equilibrio variando la
temperatura.
7.11 Quesiti
1) Una reazione è endotermica se ha: B S
A ∆G = 0 C G
B ∆G > 0 D W
C ∆H = 0 E U
Termodinamica
A ha ∆H > 0 D aggiungendo A
7) Quando il ∆S = 0: B ha un ∆G = 0
B non c’è aumento né diminuzione dello D è spontanea solo se presente un cataliz-
stato di disordine del sistema zatore
C la reazione è esoergonica E avviene a velocità molto bassa
A aggiungendo D D la ∆G di reazione
Chimica
talpia, W al lavoro e U all’energia interna.
4) E . La variazione di entropia partecipa alla definizione della spontaneità di una
reazione, ma non è l’unico fattore da considerare. Perciò una reazione con variazione
di entropia positiva può essere spontanea o meno, a seconda della temperatura di
reazione e della variazione di entalpia associata. Tutti questi fattori concorrono alla
definizione della variazione dell’energia libera di Gibbs, il cui valore determina la
spontaneità di una reazione.
5) D . Una variazione negativa dell’energia libera di Gibbs indica che la reazione è
spontanea. La spontaneità di una reazione chimica è un parametro termodinamico
che non ci fornisce alcuna informazione sulla sua cinetica.
6) C . Una reazione esotermica disordinante è spontanea a tutte le temperature in
quanto: accompagnata da un aumento di entropia (S) e una diminuzione di ental-
pia (H), ovvero presenta una diminuzione dell’energia libera di Gibbs a qualsiasi
temperatura.
886 Cenni di termochimica, cinetica ed equilibri
Tale valore negativo indica che la reazione è spontanea. L’energia di attivazione non
incide sulla spontaneità, ma sulla velocità della reazione, i catalizzatori influenzano
la velocità di reazione ma NON possono trasformare una reazione non spontanea
in una spontanea. Attenzione in fine alle unità di misura, l’entalpia è solitamente
misurata in kJ, mentre l’entropia è misurata in J.
Quando ci si riferisce alle soluzioni in senso stretto solitamente si parla di miscele liquide
o di solidi disciolti in liquidi. Tuttavia la definizione più ampia sopra menzionata può
essere applicata anche a leghe metalliche (che sono solitamente definite come “soluzioni
solide”) ed a miscele di gas (soluzioni gassose).
Una soluzione deve, per definizione, essere una miscela omogenea, ovvero deve pre-
sentare la stessa composizione in ogni suo punto. Il componente presente in quantità
maggiore è definito solvente, il componente presente in quantità minore e disciolto nel
solvente prende il nome di soluto.
Lo stato fisico della soluzione dipende dallo stato fisico del componente presente in
quantità maggiore, ovvero dal solvente, e come conseguenza possiamo distinguere tre
tipi di soluzioni:
soluzioni gassose: costituite da due o più gas diversi tra loro (ad esempio l’aria);
soluzioni solide: il solvente è un solido, il soluto può essere solido (lega), liquido
o gassoso.
mol
moli MgCl2 = Molarità soluzione 0,2 ×Vol soluzione (0,250 L) = 0,05 mol
L
Chimica
g
massa soluzione = densità ρ 1,03 × Volume soluzione (100 mL) = 103 g
mL
massa NaI (3 g)
Concentrazione NaI = × 100 = 2,9%
massa soluzione (103 g)
4) Calcolare il volume di una soluzione di NaOH 0,15 M che deve essere prelevata e
diluita per aggiunta di acqua in modo da ottenere 250 mL di soluzione 0,020 M.
a. Calcolare il numero di moli di NaOH necessarie per formare la soluzione diluita:
mol
moli NaOH = molarità soluzione 0,02 ×Volume soluzione (0,250 L) = 0,005 mol.
L
b. Una volta calcolato il numero di moli necessarie si ricava il volume della soluzione
concentrata in cui queste sono contenute:
1) Data una soluzione di HNO3 al 27% in peso con una densità di 1,16 g/mL,
calcolare molarità (M) e molalità (m) della soluzione.
a. Per determinare la molarità (M) si calcola il numero di moli di HNO3 pre-
senti in un litro di soluzione. Su 1000 g di soluzione, 270 g sono di acido
nitrico. Il numero di moli di HNO3 in 1 Kg di soluzione è dato da 270 g diviso il
suo peso molare (63 g/mol) = 4,29 mol. Dalla densità della soluzione ricaviamo
che 1 Kg di soluzione occupa 1/1,16 = 0,862 L. La molarità (M) della soluzione si
calcola dal rapporto tra il numero di moli di HNO3 presenti in 1 Kg di soluzione
(4,29 mol) ed il volume corrispondente ad 1 Kg di soluzione (0,862 L):
Chimica
Il peso equivalente, a sua volta, è dato dal peso molecolare diviso per un numero
intero positivo n che corrisponde al numero di unità scambiate durante una reazione
chimica. Nel caso di reazioni acido-base gli equivalenti corrispondono al numero di
H+ /OH− prodotti da una mole di sostanza, mentre in una reazione redox gli equivalenti
corrispondono al numero di elettroni generati (dal riducente) o acquisiti (dall’ossidante)
per mole di sostanza:
g
g
Peso molare
Peso equivalente = eq mol
eq neq
mol
Anche per la normalità vale la relazione:
Essendo neq un numero intero positivo possiamo affermare che la normalità di una
soluzione (N) ha sempre un valore maggiore o uguale rispetto a quello della sua molarità
(M) ed è ottenibile dalla seguente equazione:
mol neq
N=M ×
L mol
di Mg(OH)2 (o di H2 SO4 ) è pari ad una soluzione 2 N degli stessi composti. Allo stesso
modo una mole di Al(OH)3 libera tre ioni OH− e quindi una soluzione 1 M di Al(OH)3
è pari ad una soluzione 3N di questo composto.
4) Qual è il peso equivalente di H2 SO4 nella reazione H2 SO4 + 2KOH −→ K2 SO4 +
2H2 O?
Per ogni mole di H2 SO4 si generano 2 moli di ioni H+ che vengono scambiati con 2
moli di KOH. Una mole di H2 SO4 corrisponde quindi a due equivalenti di H2 SO4 . Il peso
equivalente si ottiene dal rapporto tra la massa molare di H2 SO4 (98 g/mol) ed il numero
di equivalenti scambiati (2 eq/mol). Il peso equivalente dell’acido è 49 g/eq. Quando
l’acido solforico anziché scambiare due ioni H+ ne scambia uno solo (H2 SO4 + KOH −→
KHSO4 +H2 O), allora il numero di equivalenti scambiati per mole di composto è 1 eq/mol
e di conseguenza il peso equivalente corrisponde al suo peso molare cioè 98 g/eq.
Definiamo sovrasatura una soluzione che contiene una quantità di soluto maggiore a
quella che è possibile sciogliere in quelle condizioni di temperatura.
Come esempio analizziamo l’elevata solubilità del sale da cucina in acqua. Questa pro-
prietà del sale da cucina è dovuta ai legami ionici tra cationi Na+ e anioni Cl− che
lo formano. L’acqua, infatti, grazie al suo spiccato carattere polare riesce a frapporsi
facilmente tra gli ioni che formano il sale e a portarli in soluzione. Una volta in solu-
zione, gli ioni Na+ e Cl− si trovano circondati da molecole d’acqua (idratazione) che di
fatto impediscono il riformarsi del legame ionico NaCl. Rimuovendo l’acqua mediante
evaporazione, gli ioni Na+ e Cl− presenti in soluzione diventano liberi di interagire e
si riformano i cristalli di sale.
Al contrario il sale da cucina è pressoché insolubile in olio. Questo fenomeno è
dovuto al fatto che l’olio è fortemente apolare e pertanto non può frapporsi tra gli ioni
Chimica
Na+ e Cl− né tantomeno stabilizzarli mantenendo le due cariche separate. L’olio può
invece solubilizzare facilmente sostanze idrofobiche come la vitamina D.
La solubilità di una sostanza non è una sua proprietà intrinseca ma è
riferita alla coppia soluto-solvente ed è funzione della temperatura. Defi-
nire una sostanza come “molto” o “poco” solubile, senza specificare le condizioni di
solubilizzazione, è un’affermazione priva di significato scientifico.
Il carbonato di calcio (CaCO3 ), comunemente noto come calcare, diminuisce la sua solubilità
in acqua all’aumentare della temperatura. Come conseguenza esso precipita e crea le famose
“incrostazioni” di calcare su lavatrici e ferri da stiro, compromettendone il funzionamento.
Diversamente dai solidi, la solubilità dei gas nei liquidi è sempre un processo esoter-
mico (emette calore) ed è quindi sfavorito da un aumento di temperatura.
I composti che in acqua si dissociano formando ioni sono chiamati elettroliti. Il nome
elettrolita deriva dal fatto che queste soluzioni, essendo costituite da ioni carichi, sono
in grado di condurre corrente elettrica. Sono detti elettroliti forti i composti che in
acqua si dissociano completamente (acidi forti, basi forti e sali solubili); sono detti
elettroliti deboli i composti che in acqua presentano una dissoluzione parziale (acidi
e basi deboli, sali poco solubili). Il grado di dissociazione α è dato dal rapporto tra il
numero di moli dissociate ed il numero di moli totali: pertanto quando la dissociazione
è completa α = 1, quando la dissociazione è parziale 0 < α < 1.
Chimica 895
∆Teb = Keb × m
Chimica
8.4.2 Abbassamento crioscopico (o del punto di congelamento) (∆Tcr )
Il fenomeno è analogo a quello precedente e corrisponde alla diminuzione del punto di
solidificazione di una soluzione rispetto al solvente puro ed è generato dalla presenza
nella soluzione di un soluto non volatile.
Anche in questo caso la presenza del soluto che si frappone alle molecole di solvente
impedisce a queste ultime di orientarsi secondo il proprio reticolo cristallino.
Spargere del sale da cucina sulle strade di montagna di fatto impedisce la formazione
di ghiaccio inducendo una diminuzione del punto di congelamento dell’acqua (abbassa-
mento crioscopico). In presenza di soluti saranno quindi necessarie temperature molto
inferiori allo zero per congelare l’acqua.
L’abbassamento crioscopico è anch’esso direttamente proporzionale alla molalità
(m) della soluzione e alla costante crioscopica Kcr tipica del solvente.
∆Tcr = Kcr × m
896 Le soluzioni
Per fare ciò si impiega il cosiddetto coefficiente di Van’t Hoff (i) che tiene conto del grado
di dissociazione del composto.
◦
C · Kg mol
∆Teb = Keb × m × i = 0,512 × 1,99 × 2 = 2,04 ◦ C
mol Kg
◦
C · Kg mol
∆Tcr = Kcr × m × i = −1,86 × 1,99 × 2 = −7,40 ◦ C
mol Kg
Tra queste due soluzioni si creerà una differenza di pressione, denominata pressione
osmotica (Π), dovuta alla migrazione spontanea del solvente attraverso la membra-
na dalla zona ipotonica (a minor concentrazione di soluto) verso quella ipertonica (a
maggior concentrazione di soluto). Al termine del processo diffusivo si è in presenza di
due soluzioni isotoniche alla stessa concentrazione e la pressione osmotica sarà nulla.
Definiamo pressione osmotica (Π) la pressione che deve essere esercitata da una
soluzione affinché sia in equilibrio con il solvente puro.
Chimica
Kelvin).
Π=c×R×T
c è la concentrazione molare della soluzione, T è la temperatura espressa in Kelvin, R
è la costante universale dei gas.
Nel calcolo della pressione osmotica si impiega la molarità (M) e NON la molalità
(m). Attenzione al valore della costante dei gas R. Si utilizza solitamente il valore
R =0,0821 (L · Atm/K · mol) in quanto la pressione osmotica è comunemente espressa
in atmosfere. Tuttavia è possibile esprimere la pressione osmotica anche in altre unità di
misura (mmHg, Pa, Bar, Torr) ed è quindi necessario convertire queste unità di misura
in Atm o impiegare la costante R appropriata. La temperatura deve necessariamente
essere espressa in Kelvin.
898 Le soluzioni
Calcolare la pressione osmotica Π di una soluzione di acido ascorbico (PM = 176,0 g/mol)
5,0 g/L alla temperatura di 27 ◦ C.
Si procede calcolando la molarità della soluzione (M):
g
massa Ac. ascorbico 5,0 mol
Molarità Ac. ascorbico = L g = 0,028
Peso molare Ac. Ascorbico 176,0 L
mol
Si applica quindi l’equazione:
mol L · Atm
Π = c × R × T = 0,028 × 0,0821 × 300,15 K = 0,69 Atm
L K · mol
La tensione di vapore (o pressione del vapor saturo) è una misura della tendenza
di un liquido ad evaporare ed è definita come la pressione parziale esercitata dal vapore
che si trova in equilibrio con il suo liquido.
possiamo concludere che la pressione totale di una soluzione contenente un soluto NON
volatile sarà sempre inferiore alla P0 del solvente puro di una percentuale pari alla
frazione molare del soluto.
Chimica
Ptot = Pesano + Pottano = 4,25 kPa + 1,00 kPa = 5,25 kPa
La pressione totale di una soluzione contenente un soluto NON volatile (in questo caso
glucosio) è sempre inferiore alla P 0 del solvente puro (acqua) di una percentuale pari alla
frazione molare del soluto (0, 005).
La legge di Raoult è rigorosamente verificata solo nel caso di soluzioni ideali, ovvero se
non si considerano le interazioni tra le molecole di soluto e quelle di solvente. Nella realtà
esistono deviazioni dalla legge di Raoult che sono alla base dei cosiddetti azeotropi, ovvero
soluzioni che presentano temperature di ebollizione superiori od inferiori rispetto a quelle del
solvente puro. Nelle deviazioni positive dalla legge di Raoult le molecole di soluto e solvente
si respingono tra loro e la pressione osservata sperimentalmente è, di conseguenza, superiore
rispetto a quella prevista con il modello di Raoult. Nelle deviazioni negative le molecole di
soluto e solvente si attraggono e di conseguenza la pressione osservata sperimentalmente è
minore rispetto a quella prevista con il modello di Raoult.
Le soluzioni
Il caso più complesso è dato dalla presenza di elettroliti deboli. Questi composti, infatti,
dissociano solo parzialmente in soluzione ed è quindi fondamentale, ai fini del calcolo
delle proprietà colligative, tener conto del loro grado di dissociazione. Prendiamo il caso
dell’acido acetico, CH3 COOH. In soluzione acquosa esso si troverà in parte dissociato
come H+ e CH3 COO− , ed in parte nella forma non dissociata CH3 COOH. Introducendo
1 mole di acido acetico in 1 litro d’acqua avremo in soluzione un numero di particelle
che dipende dal suo grado di dissociazione.
Il numero di particelle in cui un elettrolita si dissocia è determinato dal coefficiente
di van ’t Hoff (i).
i = 1 + α(υ − 1)
dove α è il grado di dissociazione e υ è il numero di ioni in cui il composto si dissocia.
A questo punto possiamo rivedere i tre casi sopra menzionati:
nel caso dell’acido acetico il grado di dissociazione varia in base alle condizio-
ni sperimentali; possiamo approssimarlo ad un valore di α = 0,1, υ = 2 e di
conseguenza i = 1,1.
Pressione osmotica: Π = c × R × T × i.
Chimica
Nella tensione di vapore si tiene conto del fattore di van ’t Hoff nel calcolo
delle frazioni molari.
Calcolare la pressione osmotica di una soluzione di acido iodico HIO3 0,10 M alla tempe-
ratura di 25 ◦ C sapendo che il grado di dissociazione dell’acido nella soluzione è α = 0,80.
Si determina il valore del coefficiente di Van’t Hoff: l’acido iodico in soluzione acquosa
dissocia in H+ e IO− 3 , da cui υ = 2.
8.5 Titolazioni
Una titolazione, quindi, consiste nella lenta aggiunta di volumi, accuratamente misu-
rati, di una soluzione a concentrazione nota a una seconda soluzione di concentrazio-
ne incognita, in condizioni tali per cui le sostanze disciolte reagiscano rapidamente,
quantitativamente a stechiometria nota e non diano luogo a reazioni collaterali.
La soluzione a concentrazione nota è detta titolante, la soluzione a concentrazione
incognita è detta titolando (o analita).
La titolazione è completata quando il soluto a concentrazione incognita è stato
interamente trasformato nei prodotti di reazione: si parla di punto di equivalenza o
di punto equivalente.
Il punto finale è il volume, determinato sperimentalmente, di titolante al quale si
arresta la titolazione.
CX · VX = CT · VT ,
Le soluzioni
8.6 Quesiti
1) Composti polari come l’acido cloridrico 5) La concentrazione molale (m) di una
HCl, in acqua: soluzione acquosa al 9% in peso di
un composto avente massa molecolare
A non interagiscono col dipolo elettrico relativa uguale a 100 è:
presente nella molecola di acqua perché
presentano una diversa densità
A 9
B interagiscono col dipolo elettrico presen-
te nella molecola di acqua e danno luogo B 0,09
a ionizzazione
C interagiscono col dipolo elettrico presen- C 1
te nella molecola di acqua e rimangono
come tali D 0,01
Chimica
A 4M B 2N
B 40 M C 0,001 N
C 0,4 M
D 0,002 N
D 0,04 M
E 1N
E 400 M
2) C . Per ottenere una soluzione al 20% m/V è necessario avere 20 g di soluto per ogni
100 mL di soluzione, quindi volendo preparare 1,5 L di soluzione (che corrispondono
a 1500 mL) si imposta la proporzione: 20 g soluto: 100 mL soluzione = x: 1500 mL,
da cui si ricava la quantità di soluto che è necessario pesare, cioè x = 20 g·1500
100 mL
mL
=
300 g.
7) D . Quando si effettua una diluizione (cioè quando aggiungendo solvente alla soluzio-
ne, si passa da un volume iniziale con una certa concentrazione, ad un volume finale,
con una concentrazione inferiore) vale la formula Viniziale · Ciniziale = Vfinale · Cfinale .
Quindi, facendo attenzione ad avere le stesse unità di misura nei due membri, in
questo caso si può ricavare la normalità delle soluzione finale 0,001 L · 4 N = 2 L · x,
da cui x = 0,0012 L·4
L
N
= 0,002 N.
9) D . Sono dette proprietà colligative quelle proprietà che dipendono, almeno ideal-
mente, solo dal numero di particelle di soluto presenti in soluzione ma non dalla
loro natura.
Chimica
Elettrochimica
9
“Niente è troppo meraviglioso per essere vero” (Michael Faraday, 1791-1876).
9.1 Introduzione
In questo capitolo ci focalizzeremo sullo studio delle reazioni di ossidoriduzione e sul
loro impiego come fonte di energia elettrica. Studieremo i principali tipi di batterie
esistenti e i loro impieghi. Analizzeremo inoltre l’uso dell’elettricità in chimica nei suoi
aspetti qualitativi e quantitativi.
Il nome “cella Voltaica” deriva dal Conte Alessandro Volta (1745-1827) che condusse i pri-
mi studi sull’elettricità. In suo onore anche la misura della differenza di potenziale elettri-
co si esprime in Volt. Luigi Galvani (1737-1798) fu il primo a produrre corrente elettrica
chimicamente.
La pila più comune è nota con il nome di Pila di Daniell (o pila rame-zinco, Figura
9.1) ed è costituita da due semicelle:
a. la prima semicella (anodo) è costituita da una lamina di zinco immersa in una
soluzione acquosa di ZnSO4 . In questa semicella, che costituisce il polo della pila
carico negativamente (−), avviene la reazione di ossidazione: Zn −→ Zn2+ + 2e− ;
b. la seconda semicella (catodo) è costituita da una lamina di rame immersa in una
soluzione acquosa di CuSO4 . In questa semicella, che costituisce il polo della pila
carico positivamente (+), avviene la reazione di riduzione: Cu2+ + 2e− −→ Cu.
All’anodo lo zinco della lamina va in soluzione come Zn2+ e libera due elettroni (e− )
che si trasferiscono al catodo attraverso il conduttore. Gli elettroni, una volta giunti al
catodo, vengono acquisiti dal Cu2+ presente in soluzione che si ridurrà a Cu metallico
Chimica
depositandosi sulla lamina di rame.
Affinché venga mantenuta l’elettroneutralità delle due soluzioni è necessario colle-
gare le due semicelle tramite un ponte salino (tubo a U) costituito da una soluzione di
Na2 SO4 . Il ponte salino permette la migrazione degli ioni SO2− 4 dal catodo verso l’ano-
do e degli ioni Na+ dall’anodo verso il catodo. Questi ioni vanno a controbilanciare gli
ioni Zn2+ generati e quelli Cu2+ consumati durante il processo. La presenza del ponte
salino è necessaria a chiudere il circuito e consentire la produzione di energia elettrica.
Figura 9.1: Raffigurazione della Pila di Daniell. All’anodo avviene la reazione di ossidazione dello Zn che
va in soluzione come catione Zn2+ , al catodo avviene la riduzione del Cu2+ a rame metallico. Il flusso di
elettroni attraverso il filo metallico esterno va dall’elettrodo di Zn (anodo) all’elettrodo di Cu (catodo). Il
ponte salino permette la connessione tra le semicelle e garantisce l’elettroneutralità.
∆E = Ecatodo − Eanodo
0
Definiamo potenziale di riduzione standard Ered (o più semplicemente E 0 ), la
tendenza di una specie chimica a ridursi e quindi ad acquisire elettroni, misurata rispetto
all’elettrodo di riferimento ad idrogeno a 25◦ C.
0
a. Potenziali Ered positivi indicano che la specie chimica si riduce a discapito
dell’idrogeno il quale tende ad ossidarsi e a cedere i suoi elettroni (H2(g) −→
2H+ −
(aq) + 2e ).
0
b. Potenziali Ered negativi indicano che la specie chimica si ossida cedendo gli
elettroni all’idrogeno il quale subisce la riduzione e si libera sotto forma di gas
(2H+ −
(aq) + 2e −→ H2(g) ).
Solo alcuni metalli si sciolgono negli acidi minerali come ad esempio HCl. La reazione può
Chimica
avvenire solo se la semireazione di ossidazione del metallo (M −→ Mn+ ) presenta un potenziale
di riduzione standard negativo e dunque il metallo si ossida andando in soluzione mentre H+
si riduce liberando idrogeno H2(g) .
0
Definiamo potenziale di ossidazione standard Eox , la tendenza di una specie chimica
ad ossidarsi e quindi a cedere elettroni, misurata rispetto all’elettrodo di riferimento ad
idrogeno a 25 ◦ C.
0
Ad esempio, se il potenziale di riduzione Ered della semicella è maggiore di zero, questo
significa che nella semicella avverrà la reazione di riduzione mentre nell’elettrodo di rife-
rimento avverrà l’ossidazione: la semicella costituirà il catodo, l’elettrodo di riferimento
sarà l’anodo.
0
Se il potenziale di riduzione Ered della semicella è minore di zero, questo significa
che nella semicella avverrà l’ossidazione mentre nell’elettrodo di riferimento avverrà la
riduzione: la semicella costituirà l’anodo, l’elettrodo di riferimento sarà il catodo.
910 Elettrochimica
Zn2+
(aq)
+ 2e− ←→ Zn(s) −0.76
2H2 O(l) + 2e− ←→ H2(g) + 2OH− (aq)
−0.83
Cr2+
(aq)
+ 2e− ←→ Cr(s) −0.91
Mn2+ (aq)
+ 2e− ←→ Mn(s) −1.18
Al3+
(aq)
+ 3e− ←→ Al(s) −1.66
2+
Be(aq) + 2e− ←→ Be(s) −1.85
Mg2+ (aq)
+ 2e− ←→ Mg(s) −2.36
3+
Ce(aq) + 3e− ←→ Ce(s) −2.48
Na+ (aq)
+ e− ←→ Na(s) −2.71
2+
Sr(aq) + 2e− ←→ Sr(s) −2.89
Ba2+(aq)
+ 2e− ←→ Ba(s) −2.91
+
Cs(aq) + e− ←→ Cs(s) −2.92
K+(aq)
+ e− ←→ K(s) −2.93
+
Li(aq) + e− ←→ Li(s) −3.05
Tabella 9.1: Potenziali standard di riduzione 0
Ered a 25 ◦ C.
Chimica 911
Zns + Cu2+ 2+
aq → Znaq + Cus E 0 = +1,10 V .
Zn2+ 2+
aq + Cus → Zns + Cuaq E 0 = −1,10 V .
Reazioni in cui E 0 è negativo, e di conseguenza ∆G0 positivo, NON sono a favore dei
prodotti ma sono a favore dei reagenti, ovvero non è spontanea la reazione diretta ma
è spontanea la reazione inversa.
Le reazioni redox spontanee sono alla base dei fenomeni di corrosione. Quando due metalli
con diverso potenziale di riduzione (Ferro e Rame) si trovano a contatto tra loro in presenza
di acqua, si creano una serie di minuscole celle galvaniche cortocircuitate, dove l’elemento a
potenziale di riduzione minore (nel nostro caso il Ferro) viene ossidato e arrugginisce. Si parla
in questo caso di corrosione galvanica.
Chimica
9.4 Elettrolisi
È possibile forzare una reazione redox non spontanea ad avvenire fornendo al sistema
energia elettrica dall’esterno, ovvero applicando una differenza di potenziale. Questo
tipo di processo, noto come elettrolisi, ha lo scopo di trasformare l’energia elettrica
fornita da un generatore in energia chimica.
Una cella elettrolitica può essere costruita semplicemente immergendo due elettrodi
in una soluzione contenente ioni ed applicando dall’esterno una differenza di potenziale
mediante un generatore. Gli elettrodi sono costituiti da barrette inerti di grafite o
platino e servono a permettere il passaggio di corrente. Forzati dal campo elettrico
applicato, gli anioni migrano verso l’anodo e si ossidano cedendo elettroni, mentre i
cationi migrano verso il catodo e si riducono acquisendo gli elettroni.
912 Elettrochimica
In realtà per far avvenire il processo elettrolitico è necessario applicare una sovratensione
ovvero una quantità di energia elettrica supplementare alla f.e.m. della pila, tale da compensare
alcuni fenomeni che si oppongono al processo elettrolitico, come ad esempio la sovratensione di
trasferimento di carica, la sovratensione ohmica e la sovratensione chimica. Per la trattazione
si rimanda ad un testo specifico.
Le pile reversibili (o ricaricabili) sono apparati che si comportano come celle galva-
niche se il potenziale applicato dall’esterno è inferiore alla loro f.e.m.; si comportano
invece come celle elettrolitiche se il potenziale applicato dall’esterno è superiore alla
loro f.e.m. Ciò significa che applicando una differenza di potenziale superiore alla loro
f.e.m. è possibile invertire la reazione redox. Nelle pile irreversibili, invece, applicando
una differenza di potenziale, ovvero invertendo il flusso di corrente, NON si ottiene la
reazione inversa bensı̀ si innescano una serie di differenti semireazioni.
Per rivestire una sfera metallica di 10,0 cm di raggio con uno strato di Ag di spessore
3 mm (PM Ag = 107,9 g/mol, ρAg = 10,5 g/cm3 ), si utilizza la sfera metallica come
catodo di una cella elettrolitica secondo la seguente reazione:
Chimica
la sua massa.
4 3 4 3
VAg = πresterno − πrinterno
3 3
4 4
VAg = π(10,3)esterno − π(10,0)3interno = 388,4 cm3
3
3 3
mAg g
ρAg = ⇒ mAg = ρAg × VolAg = 10,5 3 × 388,4 cm3 = 4078 g
VolAg cm
massa Ag (4078 g)
moli Ag = g = 37,79 mol
Peso mole Ag 107,9
mol
La semireazione di riduzione è: Ag+ (aq) + e− −→ Ag(s) .
Per ogni mole di Ag+ da ridurre ad Ag è necessaria una mole di elettroni. La quantità
di carica necessaria per ridurre tutte le moli di Ag+ è pari a:
914 Elettrochimica
C C
q (C) = F × moli Ag + (mol) = 96400 × 37,79 mol = 3,64 · 106 C
mol mol
Il tempo necessario per fornire questa quantità di carica con un’intensità di corrente pari
a 15 A è:
q (C) 3,64 · 106
q (C) = i(A) × t (s) ⇒ t (s) = = = 2,42 · 105 s = 67,5 h
i (A) 15
Michael Faraday (1791-1867) è stato uno dei più eminenti scienziati della storia. Oltre alle
due leggi sopra citate, tra le sue scoperte ricordiamo anche: l’induzione elettromagnetica,
l’effetto Faraday della luce polarizzata, l’elaborazione dei concetti di campo elettrico e campo
magnetico, la scoperta delle proprietà magnetiche della materia, la scoperta di molti composti
organici tra cui il benzene. A lui si devono anche i termini anione, catione, elettrodo ed
elettrolita.
A causa dell’elevato costo della corrente elettrica la ricerca si sta sforzando di trovare
metodi di produzione e raffinazione dei metalli alternativi a quelli elettrochimici.
9.6 Quesiti
te almeno un atomo che in una data nella quale uno stesso elemento in parte
reazione: si ossida e in parte si riduce
Chimica
1) D . In una reazione redox, la specie che cede elettroni (quindi si ossida) è la specie
riducente; la specie che riceve elettroni (quindi si riduce) è la specie ossidante.
4) E . Nella pila di Daniell si assiste al trasferimento degli elettroni dallo zinco, che si
ossida passando in soluzione come Zn2+ , al rame presente in soluzione come Cu2+ ,
che si riduce passando allo stato elementare solido (Cu).
7) E . La reazione è tipica delle pile a combustibile o Fuel Cell. Le due semicelle della
pila a combustibile procedono secondo le seguenti semireazioni: ossidazione anodi-
ca 2H2(g) → 4H+ + 4e− ; riduzione catodica O2(g) + 4e− + 4H+ → 2H2 O. Quando il
circuito è chiuso e la pila a combustibile è in funzione, gli elettroni liberati dall’a-
nodo fluiscono attraverso il circuito producendo energia elettrica. Una volta giunti
al catodo, gli elettroni riducono l’ossigeno O2 il quale va a legarsi con gli ioni
H+ , generati all’anodo e migrati attraverso un elettrolita acido, con la conseguente
formazione di H2 O.
8) C . In una cella elettrolitica si ha sempre ossidazione all’anodo e riduzione al catodo.
Tuttavia, al contrario della pila, l’anodo costituisce l’elettrodo positivo, mentre il
catodo costituisce l’elettrodo negativo. Nell’elettrolisi il catodo induce la riduzione
della specie con potenziale di riduzione minore, mentre l’anodo induce l’ossidazione
della specie con potenziale di riduzione maggiore. Il fenomeno, come si è detto, non
è spontaneo, ma è possibile solo grazie alla differenza di potenziale applicata dal
generatore a spese di energia elettrica.
9) D . La quantità di carica elettrica di una mole di elettroni (ovvero di un Numero di
Avogadro di elettroni) è pari a 96 485 C ed è conosciuta come costante di Faraday
(F = 96 485 C/mol).
10.1 Introduzione
In questo capitolo focalizzeremo l’attenzione sullo studio delle reazioni tra acidi e basi
analizzandole sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
Sono acidi di Arrhenius le sostanze elettrolitiche del tipo HX che in acqua dissociano
in ioni H+ e X− ; le soluzioni acquose di acido contengono un eccesso di ioni H+ . Sono
acidi secondo Arrhenius sostanze come HCl, HNO3 , H3 PO4 , H2 SO4 , CH3 COOH, ecc.
Sono basi di Arrheniuns le sostanze elettrolitiche del tipo MOH che in acqua disso-
ciano in ioni OH− ed M+ ; le soluzioni acquose di base contengono un eccesso di ioni
OH− . Sono basi secondo Arrhenius sostanze come NaOH, KOH, Al(OH)3 , ecc.
Arrhenius notò che la reazione tra un acido ed una base porta alla formazione di un
sale neutro e al rilascio di calore (sono reazioni esotermiche). Questo tipo di reazio-
ni, chiamate neutralizzazioni, sono dovute alla combinazione di ioni idrogeno (H+ )
provenienti dall’acido e ioni ossidrile (OH− ) provenienti dalla base per dare acqua e
sale.
918 Acidi e basi
Sono acidi di Brønsted tutte le specie chimiche in grado di trasferire uno o più ioni
H+ ad una base.
Sono basi di Brønsted tutte le specie chimiche in grado di accettare uno o più ioni
H+ ceduti da un acido.
Attraverso questa nuova interpretazione è possibile spiegare il comportamento acido e
basico di sostanze che non sono acidi e basi di Arrhenius, come ad esempio l’ammoniaca.
L’ammoniaca (NH3 ) è una base di Brønsted e Lowry in quanto è in grado di accet-
tare un protone dall’acqua per formare lo ione ammonio (NH+ 4 ). Quest’ultimo può, a
sua volta, comportarsi da acido e donare un protone H+ .
Tutti gli acidi e basi di Arrhenius sono anche acidi e basi di Brønsted mentre non è
vero il contrario. Il modello di Brønsted e Lowry è quindi più esaustivo di quello di
Arrhenius.
Acidi e basi
Possiamo concludere che ogni sostanza può comportarsi sia come acido che come base
a seconda della forza acida delle sostanze con cui è messa a reagire. Per convenzione si
dice che una sostanza è un acido o una base a seconda del suo comportamento
rispetto all’acqua.
Definiamo coppia acido-base coniugata una coppia di specie chimiche che differiscono
tra loro solo per uno ione H+ (es. NH3 /NH+
4 ).
È possibile classificare le sostanze in base alla loro “forza” acida o basica rispetto
all’acqua. Per forza di un acido (o di una base) si intende l’attitudine di una
sostanza a cedere (o acquisire) un protone in ambiente acquoso ovvero è una funzione
del grado di dissociazione (α) della sostanza in soluzione.
Definiamo acido forte una sostanza che in acqua si dissocia completamente rilasciando
tutti gli H+ a disposizione. Un acido forte ha perciò scarsissima capacità di riacquisire
i protoni ceduti. Come conseguenza la base coniugata di un acido forte è una base
debole.
Definiamo base forte una sostanza che in acqua ha una forte capacità di strappare gli
ioni H+ all’acqua. Una base forte ha perciò scarsissima capacità di restituire i protoni
acquisiti. Come conseguenza l’acido coniugato di una base forte è un acido debole.
Chimica
10.4 L’acqua nelle reazioni acido-base
Allo stato puro l’acqua presenta comunque una debolissima capacità di condurre elet-
tricità. Ciò suggerisce che, anche se in minima parte, essa è presente in forma ionizzata.
In soluzione acquosa è presente una specie solvatata dello ione idrogeno (H+ ) che si
origina per formazione di un legame dativo tra il doppietto elettronico di una mole-
cola d’acqua e lo ione stesso. Sostanzialmente si verifica un trasferimento degli ioni
idrogeno da una molecola d’acqua ad un’altra: questo fenomeno prende il nome di
autoionizzazione (o autoprotolisi) dell’acqua.
In soluzione acquosa quindi NON esiste lo ione H+ isolato, ma esso è sempre presente
come complesso H3 O+ (ione idronio). Pertanto, da un punto di vista formale, la dici-
tura H+ non è corretta, tuttavia quest’ultima viene comunque ampiamente utilizzata
per semplicità.
920 Acidi e basi
H2 O + H2 O H3 O + OH−
Kw = [H3 O+ ][OH− ] = 10−14 .
Da ciò
pH = − log10 [10−7 ] = 7
Possiamo quindi affermare che il pH di una soluzione di acqua pura a 25 ◦ C è 7.
Chimica 921
Definiamo pOH l’inverso del logaritmo decimale della concentrazione di ioni OH− :
pOH = − log10 [OH− ]
Da notare la relazione per cui pKw = pH + pOH = 14. Essa si ricava semplicemente
applicando l’inverso del logaritmo decimale all’equazione che descrive il prodotto ionico
dell’acqua (K w ).
Chimica
applicando (− log10 ) otteniamo
pK w = pH + pOH = 14
Grazie a questa relazione, dato il pOH di una soluzione è sempre possibile ricavarne il
pH e viceversa.
HA(aq) H+ (aq) + A−
(aq)
Un acido, una volta ceduto il suo protone, si trasforma nella rispettiva base coniugata
e presenta una certa tendenza a riacquistare H+ . Una base, una volta strappato un
protone all’acqua per generare ioni OH− , si trasforma nell’acido coniugato e presenta
una certa tendenza a ridonare H+ . Per qualsiasi coppia coniugata acido-base vale
sempre la relazione Kw = Ka · Kb . Posto cioè che il prodotto di Ka e Kb è
costante a temperatura costante, maggiore è la Ka di un acido, minore sarà la Kb
della sua base coniugata; analogamente, maggiore è la Kb di una base, minore sarà la
Ka del suo acido coniugato. Ecco spiegato matematicamente il motivo per cui tanto
più forte è un acido (Ka elevata) tanto più debole è la sua base coniugata (Kb
piccola); tanto più forte è una base (Kb elevata) tanto più debole è l’acido ad
essa coniugato (Ka piccola).
Chimica
Fosforico H3 PO4 7.11 × 10−3 6.32 × 10−8 4.5 × 10−13
Fosforoso H3 PO3 3 × 10−2 1.62 × 10−7
Formico HCOOH 1.80 × 10−4
Fluoridrico HF 6.7 × 10−4
Solfidrico H2 S 9.6 × 10−8 1.3 × 10−14
Ipocloroso HClO 3.0 × 10−8
Iodico HIO3 1.7 × 10−1
Nitrico HNO3 Elevata
Nitroso HNO2 7.1 × 10−4
Perclorico HClO4 Elevata
Periodico H5 IO6 2 × 10−2 5 × 10−9
Perossido di Idrogeno H2 O2 2.2 × 10−12
Solforico H2 SO4 Elevata 1.02 × 10−2
Solforoso H2 SO3 1.23 × 10−2 6.6 × 10−8
Tartarico HOOC(CHOH)2 COOH 9.20 × 10−4 4.31 × 10−5
Tabella 10.1: Costanti di dissociazione acida Ka .
924 Acidi e basi
Gli ossiacidi del cloro variano da HClO, in cui il cloro ha n.o. +1, a HClO4 in cui il cloro
ha n.o. massimo, cioè +7. Tutti questi composti sono fortemente ossidanti e presentano uno
spiccato potere sbiancante e disinfettante. L’ipoclorito di calcio (Ca(ClO)2 ) noto come “cloro
per piscine” è impiegato come disinfettante, mentre l’ipoclorito di sodio (NaClO) prende il
nome di “candeggina” ed è impiegato per disinfettare e sbiancare i tessuti. Il potere sbiancante
è dovuto alla capacità degli ioni ClO− di ossidare la maggior parte dei pigmenti impiegati in
tintoria.
L’esempio più classico è quello dell’acido fosforico H3 PO4 . Questo acido presenta tre
equilibri di dissociazione a cui sono associate tre costanti di dissociazione acida Ka (o
tre costanti di dissociazione basica Kb riferite alle rispettive basi coniugate). Lo stesso
vale per l’acido carbonico H2 CO3 che presenta due equilibri di dissociazione a cui sono
associate le rispettive costanti Ka .
I sali mono- o diprotici di questi acidi (NaH2 PO4 , Na2 HPO4 , NaHCO3 ) hanno
carattere anfotero e sono pertanto in grado di donare o di accettare protoni a seconda
del pH a cui si trovano. Sono particolarmente importanti nei sistemi biologici in quanto
esercitano un controllo sulla stabilità del pH negli esseri viventi (sangue) e nell’ambiente
(mare).
pH = − log10 [HA].
Negli esercizi in cui vengono impiegati acidi forti (o basi forti), la costante di dissocia-
zione acida Ka non viene fornita in quanto la dissociazione dell’acido (o della base) è
Chimica
considerata completa.
pH + pOH = 14
ovvero
Ka Kb = 10−14 .
Chimica 927
Nel caso in cui la soluzione dell’acido è estremamente diluita e la Ka è > 10−4 , per
ottenere un valore accurato della concentrazione protonica è necessario risolvere la
seguente equazione di terzo grado:
[H3 O+ ]3 − Ka [H3 O+ ]2 + (−Ka Ca − Kw )[H3 O+ ] − Ka Kw = 0.
È tuttavia possibile, nel caso in cui l’acido non sia troppo diluito, semplificare questo
polinomio nella seguente equazione di secondo grado:
[H3 O+ ]2 + [H3 O+ ]Ka − Ka Ca = 0.
Per la trattazione di questi casi si rimanda a testi specifici.
Chimica
Una miscela formata da più acidi può essere considerata come una soluzione costituita
da un solo acido poliprotico. In presenza di un acido forte (Ka1 ) ed un acido debole
(Ka2 ), tale che Ka1 Ka2 , al fine della determinazione del pH è sufficiente considerare
l’acido forte, che fornisce il contributo maggiore. L’acido debole fornisce un contributo
minimo ed è quindi trascurabile (non è però possibile trascurare l’effetto di diluizione
dovuto dall’aggiunta di acido debole).
In presenza di due acidi deboli non troppo diluiti (Ca > 10−2 M) è possibile calcolare
la concentrazione protonica mediante la seguente equazione:
p
[H+ ] = Ka1 Ca1 + Ka2 Ca2 .
Se applichiamo questa equazione ad una miscela acido forte – acido debole, vediamo
subito come, a valori di concentrazione simili, il contributo dell’acido debole è tanto
più trascurabile quanto maggiore è la differenza tra le due costanti Ka (Ca2 Ka2
Ca1 Ka1 ).
928 Acidi e basi
aumentando il pH;
c. il sale proveniente da un acido forte (HCl) ed una base debole (NH3 ), è costituito
dalla base coniugata debole Cl− e dall’acido coniugato di media forza NH+ 4.
Essendo NH+ 4 un acido di media forza, si può affermare che l’aggiunta di NH4 Cl
(cloruro d’ammonio) all’acqua acidifica la soluzione diminuendo il pH;
d. nel caso di un sale proveniente dalla reazione tra un acido debole (CH3 COOH)
ed una base debole (NH3 ) è necessario verificare i valori di Ka e Kb della base
e dell’acido coniugati (CH3 COO− e NH+ 4 ). Mentre Ka > Kb allora la soluzione
contenente il sale è acida. Se Kb > Ka allora la soluzione è basica. Nel nostro caso
Ka (NH+ −
4 ) < Kb (CH3 COO ) e la soluzione è basica. Diversamente il sale NH4 F
disciolto in acqua darà una soluzione debolmente acida in quanto Ka (NH+ 4) >
Kb (F − ) (si ricorda che HF è un acido di media forza).
Chimica 929
Il numero di moli di acido forte (o di base forte) che devono essere aggiunti ad un litro
di soluzione tampone per far variare il pH di una unità (e quindi rompere il tampone)
è definito potere tamponante. Maggiore è il potere tamponante maggiore è la forza
con cui il tampone si oppone all’acido o alla base aggiunti.
La maggior parte dei sistemi biologici funziona attraverso sistemi tampone che
garantiscono il corretto funzionamento di cellule ed organi. Ad esempio, una variazione
del pH delle urine o del sangue è spesso indice di disfunzioni renali.
Il calcolo del pH di una soluzione tampone può essere ottenuto in prima approssi-
mazione mediante l’equazione di Handerson–Hasselbach:
nHA
[H3 O+ ] = Ka
nA−
da cui otteniamo
[HA]
pH = pKa − log10
[A− ]
Per comprendere il meccanismo con cui funziona un tampone è sufficiente vedere come
questo si comporta in presenza di acidi o basi forti. Se aggiungiamo un acido (H+ ) o
una base (OH− ) a una soluzione tampone, invece di variare la concentrazione di ioni
H+ e OH− della soluzione questi reagiscono rispettivamente con A− (per formare HA)
o con HA (per formare A− ) ed il pH della soluzione rimane pressoché invariato. È
quindi necessario che le concentrazioni di A− e HA siano tali da limitare l’effetto degli
acidi e delle basi aggiunti. Questo è il motivo per cui la concentrazione dell’acido e della
base coniugata che costituiscono il tampone deve essere piuttosto elevata (> 0,05 M).
Chimica
Dall’equazione intuiamo immediatamente che il potere tamponante è massimo quan-
do il valore di pH da tamponare è in prossimità del valore di pKa , quando cioè
[HA] = [A− ], e di conseguenza il logaritmo è nullo. In base al valore di pH che si
desidera tamponare si scelgono l’acido o la base appropriati valutando i loro pKa .
I tamponi resistono anche a diluizioni non eccessive. Tuttavia, se la diluzione è con-
siderevole, l’acido debole tende a dissociare sempre di più e di conseguenza il rapporto
[HA]/[A− ] tende a zero e l’effetto tamponante svanisce.
Calcolare il pH di una soluzione ottenuta mescolando 200 mL di acido acetico CH3 COOH
0,050 M e 230 mL di una soluzione di acetato di sodio CH3 COONa 0,060 M; Ka
(CH3 COOH) = 1,75 · 10−5 .
Siamo in presenza di un acido debole (CH3 COOH) e della sua base coniugata
(CH3 COO− ) in quantità elevate e non troppo diverse tra loro, possiamo quindi affermare
di trovarci in presenza di un tampone.
930 Acidi e basi
La definizione di acido e base proposta da Lewis è la più ampia e completa. Sono acidi
di Lewis tutti gli acidi di Brønsted e Lowry e di conseguenza anche tutti gli
acidi secondo Arrhenius.
Da tale definizione comprendiamo che la reazione acido-base secondo Lewis com-
porta la formazione di un legame dativo tra il donatore di elettroni (base, NH3 , Cl− ) e
l’accettore della coppia elettronica (acido, H+ , BF3 , CO2 ). La specie chimica prodotta
da questo tipo di reazioni è solitamente denominata addotto o complesso acido-
base. Non stupisce che Lewis, dopo aver approfondito gli studi sui legami chimici,
adottò lo stesso approccio nella definizione di acido e di base.
Sono acidi di Lewis tutte le molecole che presentano lacune elettroniche, ovvero
orbitali vuoti disponibili ad accettare coppie di elettroni. Ricordiamo, tra gli altri, i
Chimica 931
composti bel boro (BF3 ), quasi tutti i cationi metallici (Be2+ ), lo ione H+ (che non
presenta elettroni nel suo orbitale di valenza 1s), composti metallici (AlCl3 , FeCl3 )
ma anche alcuni idrossidi dei metalli di transizione. Questi ultimi, infatti, possiedono
orbitali d vuoti che possono fungere da accettori di coppie di elettroni:
La teoria di Lewis spiega anche l’acidità degli ossidi dei non metalli (anidridi), come ad esempio
la CO2 . Siccome l’ossigeno è più elettronegativo del carbonio, i due legami sono polarizzati
verso l’ossigeno (anche se, per questioni geometriche, la molecola di anidride carbonica è
globalmente apolare). Questa differenza di elettronegatività causa una lacuna di elettroni sul
carbonio che presenta cosı̀ una carica parziale positiva (δ + ). Le basi di Lewis possono quindi
attaccare il carbonio donandogli una coppia di elettroni per formare, ad esempio, lo ione
bicarbonato.
A seconda del loro grado di solubilità in acqua a 25 ◦ C i sali vengono classificati come
segue:
Chimica
Definiamo solubilità la massima quantità di sostanza che si scioglie in una data quantità
di solvente ad una determinata temperatura per formare una soluzione stabile.
In pratica la solubilità è una misura della quantità massima di una sostanza (espressa
in g/L, mg/L, moli/L, ecc.) che può stare in soluzione in presenza del corpo di fondo,
ovvero in presenza del suo solido non disciolto. In queste condizioni la soluzione si dice
satura (di quel determinato soluto) in quanto un’ulteriore aggiunta di soluto NON
cambia la concentrazione della soluzione; il sale eventualmente aggiunto diventa corpo
di fondo senza sciogliersi ulteriormente.
La quantità di un sale disciolto in acqua può essere espressa in termini di costante di
equilibrio nota con il nome di prodotto di solubilità (Kps ). Kps è data dal prodotto
delle concentrazioni dei componenti presenti in soluzione provenienti dall’elettrolita ed
è, come tutte le costanti di equilibrio, costante a temperatura costante.
932 Acidi e basi
Sali di SO2−
4 Solfati di: Sr2+ , Pb2+
Sali insolubili Eccezioni
Sali di CO2− 3− 2−
3 , PO4 , CrO4 , S
2−
Sali di NH+ +
4 , Na , K
+
+
Ossidi ed idrossidi metallici Sali di NH4 , Na , K+
+
Am Bn(s) mAn+ m−
(aq) + nB(aq)
otteniamo il valore della costante di solubilità dal prodotto delle concentrazioni degli
ioni in soluzione elevati ai rispettivi coefficienti stechiometrici.
Per ogni mole di AgBr che si scioglie in acqua si forma una mole di Ag+ ed una
mole di Br− . I valori di concentrazione degli ioni Ag+ e Br− in soluzione, trovati
sperimentalmente a 25 ◦ C, corrispondono a 5,7 · 10−7 M. La quantità di sale disciolto
può quindi essere espressa dalla seguente costante di equilibrio:
− −7
Kps = [Ag+
(aq) ][Br(aq) ] = 5,7 · 10 · 5,7 · 10−7 = 3,2 · 10−13 .
Sebbene sia possibile ricavare la solubilità di un composto a partire dalla sua Kps , è
necessario ricordare che solubilità e prodotto di solubilità sono due concetti diversi.
La solubilità di un sale è la quantità di sale disciolto in una determinata quantità di
soluzione satura ed è espressa il moli/L, g/L, mg/L o g/100ml; il prodotto di solubilità
è una costante di equilibrio. In generale i valori di Kps di diversi equilibri di dissoluzione
NON sono confrontabili tra loro, in quanto esistono molti altri fattori che influenzano
la solubilità. Il Kps NON è propriamente una descrizione della solubilità ma è
una descrizione delle concentrazioni ioniche nella soluzione satura.
Chimica 933
Determinare la solubilità di BaSO4 in acqua sapendo che Kps (BaSO4 ) = 1,08 · 10−10 .
Il sale sottostà al seguente equilibrio di dissoluzione
BaSO4(s) Ba2+ 2−
(aq) + SO4(aq)
Vista l’equazione chimica bilanciata, possiamo affermare che le concentrazioni dei due
ioni in soluzione sono le stesse poiché per ogni BaSO4 disciolto si forma uno ione Ba2+
e uno ione SO2− 4 . Indichiamo con Sn la quantità in moli di BaSO4 che si è sciolta in un
litro di soluzione.
Poiché Sn = [BaSO4 ] = [Ba2+ 2−
(aq) ] = [SO4(aq) ] allora possiamo affermare che
Kps = [Ba2+ 2− 2
(aq) ][SO4(aq) ] = Sn Sn = Sn
mol g
Solubilità BaSO4 = Sn · peso molare BaSO4 = 1,04 · 10−5 · 233,4
L mol
g mg
= 2,43 · 10−3 = 2,43
L L
Un indicatore è un acido (o una base) debole, indicato con HIn , che presenta due
colori diversi a seconda che si trovi in forma indissociata o dissociata. L’indicatore deve
essere presente in concentrazioni molto basse, altrimenti interferirebbe con l’equilibrio
acido-base della titolazione.
Chimica 935
[H3 O+ ] · [In− ]
KIn = .
[HIn]
Figura 10.1:
Buretta
pH = pKIn ± 1 .
Le titolazioni acido-base si realizzano mediante l’utilizzo di una buretta (Figura 10.1)
contenente il titolante, e di un becher contenente la soluzione da titolare. La buretta consente,
attraverso un rubinetto, di aggiungere piccole quantità della soluzione titolante, goccia a
Chimica
goccia, ed è costituita da un tubo graduato che consente di misurare con accuratezza il volume
aggiunto.
10.18 Quesiti
1) Da un punto di vista matematico, il pH: E è l’esponente a cui elevare 10 per
ottenere il numero di ioni ossonio
A è il logaritmo in base 10 della concen-
trazione di ioni H+ 2) Unendo una mole di acido solforico
B è l’esponente a cui elevare 10 per otte- (H2 SO4 ) con due moli di idrossido di
nere la concentrazione di idrogenioni sodio (NaOH) si ottiene:
D il verificarsi di un ossidoriduzione B 10
E una soluzione dove la concentrazione di C 1
OH− supera quella di H+
D −5
3) Indicare l’affermazione corretta: E 1 · 10−5
A La forza di un acido aumenta con l’au- 7) Una soluzione con una concentrazione
mentare del numero di ossigeni nella di OH− uguale a 10−1 M:
molecola
B La forza di un acido diminuisce con l’au- A è acida
mentare del numero di ossigeni della B è basica
molecola
C è leggermente acida
C La forza di un acido aumenta con il
diminuire del numero di ossigeni della D è più acida rispetto ad una avente
molecola [OH− ] = 10−3 M
D L’acido fosforico (H3 PO4 ) è un acido E ha una concentrazione di OH− ugua-
più forte dell’acido perclorico (HClO4 ) le a quella derivante dalla normale
E La forza di un acido aumenta con dissociazione dell’acqua
l’aumentare del carattere metallico
dell’elemento 8) Il valore di pKw dell’acqua a 25 ◦ C:
A 5 E 50 mL di HBr 0,5 M
Chimica 937
2) C . Si ottiene una soluzione neutra dato che da una mole di H2 SO4 (acido diprotico)
si liberano due moli di ioni H+ , neutralizzate dalle 2 moli di OH− liberate da
altrettante moli di NaOH (acido monobasico).
4) D . La soluzione acquosa dei due sali è neutra in quanto i sali derivanti dalla
reazione di un acido forte (HCl o HNO3 ) con una base forte (NaOH), producono
rispettivamente la base coniugata debole (Cl− , NO− 3 ) e l’acido coniugato debole
(Na+ ). Essendo Cl− , NO− 3 e Na
+
particolarmente deboli, l’aggiunta di NaCl o
NaNO3 all’ acqua non modifica il valore del pH della soluzione.
5) A . Si ottiene una soluzione acida dato che 15 moli di H2 SO4 (acido diprotico)
liberano 30 moli di H+ di cui solo 20 sono neutralizzate da altrettante moli di ioni
OH− liberate dal KOH. Si tenga presente che sia l’acido che la base in questione
sono forti, quindi non danno luogo alla formazione di equilibri, ma in soluzione
acquosa si ionizzano completamente.
6) A . Per calcolare il pH di una soluzione in cui è presente una sostanza acida, bisogna
considerare per prima cosa se la specie in questione si ionizza completamente in
Chimica
acqua o se lo fa in modo parziale dando origine ad un equilibrio. Inoltre è necessario
sapere quanti protoni è in grado di cedere ogni molecola di acido. Nel caso presentato
nel quesito siamo in presenza di un acido forte monoprotico, quindi il numero di moli
di protoni che si formano dall’acido è equivalente al numero di moli di acido (ogni
mole di acido cede una mole di H+ ). Per ottenere il pH bisogna calcolare l’inverso del
logaritmo della concentrazione idrogenionica (H+ ) quindi, ad una concentrazione
1 · 10−5 M corrisponde un pH = 5.
9) B . Lewis definı̀: (1) un acido come una specie ionica o molecolare in grado di ac-
cettare una coppia di elettroni formando un legame covalente coordinato (2) una
base come una specie ionica o molecolare in grado di donare una coppia di elet-
troni formando un legame covalente coordinato (3) la reazione di neutralizzazione
consiste nella formazione di un legame covalente coordinato fra il donatore (base)
e l’accettore (acido).
10) B . 100 mL di KOH 0,5 M contengono 0,05 mol di KOH, che liberano altrettante
moli di OH− . Per neutralizzare tale quantità di ioni OH− si possono utilizzare 50
mL di H2 SO4 0,5 M. Questa soluzione infatti contiene 0,025 mol di acido il quale,
essendo diprotico, libera una quantità di H+ pari al doppio delle proprie moli:
0,025 mol · 2 = 0,05 mol. Tale quantità risulta equivalente alle moli di OH− liberate
dall’idrossido di potassio.
Acidi e basi
Fondamenti di
chimica organica
11
“Bruciare petrolio è come bruciare rubli” (Dmitri Ivanovitch Mendeleev, 1834-1907).
11.1 Introduzione
In questo capitolo ci focalizzeremo sulle proprietà del carbonio e sugli innumerevoli
composti che questo elemento è in grado di formare. La chimica del carbonio prende il
nome di “chimica organica” in quanto è alla base dei processi metabolici degli organi-
smi viventi e quindi della vita stessa. Nel corso del XX secolo la chimica organica ha
ampliato notevolmente il suo campo d’azione grazie allo sfruttamento del petrolio e dei
suoi derivati. La chimica organica moderna è fondamentale nella produzione industriale
di materie plastiche, nel settore farmaceutico, cosmetico, alimentare, nello sviluppo e
nella produzione di nuovi materiali, nella chimica fine ed in molti altri campi.
b. Come abbiamo visto nel capitolo 4, la sua configurazione elettronica nel guscio di
valenza allo stato fondamentale è di tipo 2s2 2p2 e ciò permetterebbe, teoricamen-
te, la formazione di 2 soli legami covalenti ed eventualmente un legame covalente
dativo. Tuttavia questo elemento, nella sua configurazione ibridata, è in grado
di formare fino a 4 legami covalenti che si dispongono nello spazio secondo un
tetraedro regolare con angoli tutti uguali di 109,5◦ .
c. Gli orbitali del carbonio possono essere: ibridati sp3 e formare 4 legami singoli
secondo un tetraedro regolare; ibridati sp2 e formare 3 legami singoli σ ed un
940 Fondamenti di chimica organica
Gli atomi di carbonio formano sempre quattro legami covalenti che, a seconda
del tipo di ibridazione, sono esclusivamente di carattere σ o di carattere σ e π. Non
sono noti atomi di carbonio in grado di formare più di quattro legami.
Il carbonio può esistere in varie forme allotropiche tra le quali ricordiamo: la grafi-
te, il diamante, i fullereni (o buckyball) ed i nanotubi. Fullereni e nanotubi, scoperti
nell’ultimo decennio, sono alla base degli studi di frontiera sulle nanotecnologie e sono
promettenti veicoli per farmaci antitumorali.
Definiamo allotropi forme differenti dello stesso elemento che esistono nello stesso
stato fisico alle stesse condizioni di pressione e temperatura.
L’utilità della formula di struttura nella chimica organica è data dalla necessità di
riconoscere molecole diverse che però presentano la stessa formula bruta (Figura 11.3).
Definiamo isomeri strutturali due o più composti che presentano la stessa formula
bruta ma nei quali gli atomi sono legati tra loro diversamente.
Chimica
È inoltre possibile classificare le molecole organiche in base alla presenza di alcuni grup-
pi chimici, detti gruppi funzionali, che conferiscono alle molecole che li possiedono
particolari proprietà chimiche.
M Anidride Anidridi
Tabella 11.1: Descrizione dei gruppi funzionali e la corrispettiva classe di composti. Il gruppo R indica un
generico gruppo alchilico o arilico.
Chimica 943
Figura 11.4: Gruppi funzionali più comuni. Il gruppo R indica un generico gruppo alchilico o arilico.
Chimica
stereoisomeri NON possono essere interconvertiti mediante rotazione attorno ad
un legame semplice;
I due composti indicati in figura 11.5 sono stereoisome- Figura 11.5: Enantiomeri dell’1-
ri in quanto: hanno la stessa formula di struttura e la fluoroetanolo.
stessa connettività tra gli atomi ma si differenziano per l’orientazione spaziale dei lo-
ro atomi. I due composti sono immagini speculari NON sovrapponibili e sono quindi
enantiomeri.
Figura 11.6: Due coppie di enantiomeri (A e B) e (C e D), tra loro diastereoisomeriche (A e C), (A e D),
(B e C), (B e D). Gli stereoisomeri A e B sono immagini speculari non sovrapponibili e pertanto sono una
coppia di enantiomeri. Lo stesso vale per gli stereoisomeri C e D. Queste coppie di enantiomeri sono tra loro
diastereoisomeriche, ovvero le coppie: A-C, A-D, B-C e B-D sono stereoisomeri che NON sono immagini
speculari, possono quindi essere classificati come diastereoisomeri.
Si definisce chirale (dal greco chir “mano”) un oggetto che non è sovrapponibile alla
Chimica
sua immagine speculare. Al contrario si dice achirale un oggetto che manca di chira-
lità.
Si dice stereocentro (o centro di asimmetria o centro stereogenico o, meno cor-
rettamente, centro chirale) un atomo che è legato a quattro atomi (o gruppi di atomi)
diversi tra loro.
Definiamo otticamente attivo un composto che è in grado di deviare il piano della
luce polarizzata.
Si definisce potere ottico rotatorio la rotazione del piano della luce polarizzata che
si osserva quando un campione, di quantità e concentrazione determinati, viene attra-
versato da un fascio di luce polarizzata. La luce può essere ruotata in senso orario,
allora il composto sarà definito destrogiro (dal latino dexter “destro”) e si indicherà
con il segno (+). Se la luce viene ruotata in senso antiorario il composto sarà definito
levogiro (dal latino laevus “sinistro”) e si indicherà con il segno −.
946 Fondamenti di chimica organica
Due molecole che sono tra loro enantiomeri presentano le stesse proprietà chimiche e
fisiche ad eccezione del potere ottico rotatorio che è di uguale ampiezza ma di segno
opposto. Avremo quindi che un enantiomero destrogiro sarà (+) mentre quello levogiro
sarà (−). Se i due enantiomeri sono presenti in una soluzione in quantità perfettamente
uguali (miscela racemica), la soluzione globalmente NON presenta attività ottica. I
due enantiomeri, infatti, ruotano il piano della luce polarizzata della stessa ampiezza
ma in direzioni opposte e l’effetto globale sarà nullo.
Definiamo miscela racemica una miscela di quantità uguali di due enantiomeri. Una
soluzione in miscela racemica NON è in grado di deviare il piano della luce polarizzata.
Essendo caratterizzati dalle stesse proprietà chimiche e fisiche gli enantiomeri sono molecole
particolarmente difficili da separare. Tuttavia, siccome a livello biologico l’effetto dei due enan-
tiomeri può essere drasticamente diverso, è consigliabile separare i componenti della miscela
racemica mediante metodologie particolari come ad esempio: cromatografia chirale, enantio-
risoluzione enzimatica e cristallizzazione mediante sali diastereoisomerici. Per una trattazione
più ampia si rimanda ad un testo specifico.
Esistono alcune molecole, come ad esempio l’acido tartarico, che pur essendo dotate
di due o più stereocentri sono globalmente achirali e prendono il nome di forme
Organica
Figura 11.10: A e B sono immagini speculari non sovrapponibili, sono quindi una coppia di enan-
tiomeri. Le formule C e D rappresentano un composto meso, ovvero un composto contenente più
centri di asimmetria ma globalmente achirale in quanto dotato di un piano di simmetria. Ruotan-
do il composto D di 180◦ esso si sovrappone perfettamente al composto C.
Chimica 947
Chimica
metano.
Tutti gli idrocarburi sono
insolubili in acqua e sono in-
fiammabili e per questo motivo
sono impiegati come combustibi-
li nella produzione di energia elet-
trica (centrali a gas e petrolio,
Figura 11.11: Suddivisione degli idrocarburi.
generatori a kerosene) ed energia
meccanica (automobili).
Gli idrocarburi possono essere suddivisi in molte sottoclassi in base alle loro carat-
teristiche chimiche (Figura 11.11).
Nel primo livello di classificazione si distinguono gli idrocarburi alifatici da quelli
aromatici (o areni).
I composti aromatici prendono questo nome perché sono spesso caratterizzati da
aromi molto pronunciati e presentano caratteristiche simili a quelle del benzene. Possia-
mo affermare, come regola generale, che i composti aromatici sono caratterizzati
948 Fondamenti di chimica organica
In realtà per definire un composto come aromatico è necessario che questo rispetti il criterio
di aromaticità di Hückel, ovvero il composto deve essere:
a. ciclico;
b. possedere un orbitale p, pieno o vuoto, per ogni atomo dell’anello;
c. essere planare in modo da garantire la sovrapposizione degli orbitali p;
d. possedere una distribuzione di elettroni π pari a 4n + 2 elettroni estesa su tutto l’anello,
dove n è un numero intero positivo (1, 2, 3, 4. . .).
Si dicono saturi quei composti organici contenenti solo legami semplici C–C (ibridazione
sp3 ) che vengono definiti alcani.
Si dicono insaturi quei composti organici contenenti uno o più legami multipli (doppi
o tripli) C–C: se presentano uno o più legami doppi (ibridazione sp2 ) vengono definiti
alcheni (o olefine), se presentano uno o più legami tripli (ibridazione sp) vengono
definiti alchini.
Organica
Chimica
praticamente infinito il numero di orientazioni spaziali consentite.
Da un punto di vista energetico alcune orientazioni spaziali sono più favorite ri-
spetto ad altre, il che significa che alcune di queste conformazioni sono statisti-
camente più probabili. In assenza di gruppi chimici ingombranti l’interconversione tra
isomeri conformazionali è estremamente veloce (in quanto la rotazione attorno al le-
game singolo è libera) e di conseguenza la separazione dei vari isomeri conformazionali
è praticamente impossibile.
Da un punto di vista energetico alcune orientazioni spaziali sono più favorite ri-
spetto ad altre, il che significa che alcune di queste conformazioni sono statisti-
camente più probabili. In assenza di gruppi chimici ingombranti l’interconversione tra
isomeri conformazionali è estremamente veloce (in quanto la rotazione attorno al le-
game singolo è libera) e di conseguenza la separazione dei vari isomeri conformazionali
è praticamente impossibile.
infatti, man mano che il numero di atomi di carbonio cresce, aumenta anche il modo
con cui questi possono legarsi tra loro per costruire una grande varietà di molecole
ramificate. Gli isomeri di struttura NON possono interconvertirsi tra loro e di conse-
guenza presentano proprietà chimiche e fisiche molto diverse. Per questo motivo gli
isomeri strutturali di una miscela sono facilmente separabili.
Metano, etano e propano non presentano isomeri strutturali; esistono invece 2 com-
posti con la formula C4 H10 , 3 con formula C5 H12 , 5 con formula C6 H14 e cosı̀ via.
Purtroppo non esiste una regola per la determinazione del numero esatto di isomeri
strutturali data una specifica formula bruta. Per conoscere il numero ed il tipo di iso-
meri strutturali è quindi necessario scrivere tutte le formule di struttura possibili per
ogni formula bruta (Figura 11.14).
Figura 11.14: A sinistra: metano, etano e propano che non presentano isometria strutturale. Al centro
isomeri strutturali di C4 H10 , a destra isomeri strutturali di C5 H12 .
d. contengono uno o più doppi legami (ovvero presentano almeno un legame π) che
sono considerati i loro gruppi funzionali;
Nei doppi legami C=C l’ibridazione del carbonio è di tipo sp2 . Ogni carbonio pre-
senta 3 orbitali ibridi degeneri che formano 3 legami σ disposti su un piano secondo
un triangolo equilatero con angoli di 120◦ . Il rimanente orbitale p, non ibridato, di-
sposto ortogonalmente al piano permette una sovrapposizione laterale che consente la
formazione del legame π.
Il doppio legame è quindi costituito da un legame σ, generato dalla sovrapposizione
di due orbitali ibridi sp2 di due atomi di carbonio adiacenti, e dal legame π generato
dalla sovrapposizione laterale dei rispettivi orbitali p non ibridati.
Siccome NON tutti gli orbitali disponibili dopo la formazione del legame C–C ven-
gono “saturati” dall’idrogeno (l’orbitale p semipieno viene impiegato per formare il
legame π), questi composti sono definiti insaturi.
La presenza del legame π, dato dalla sovrapposizione laterale degli orbitali p non ibrida-
ti, impedisce la rotazione dei gruppi attorno al doppio legame. Se i gruppi ruotassero,
infatti, i due orbitali p non sarebbero più sovrapposti ed il legame π si romperebbe.
Il nome IUPAC deriva semplicemente da quel-
Chimica
lo dell’alcano per sostituzione della desinenza –
ano con la desinenza –ene. Essendo il doppio le-
game il gruppo funzionale degli alcheni è neces-
sario indicare la posizione occupata dal doppio
legame. Per fare ciò si numera la catena idrocar-
Figura 11.16: Isomeria cis-trans degli alche-
burica a partire dall’estremità della catena più ni.
vicina al doppio legame.
I dieni coniugati presentano il fenomeno della risonanza: gli elettroni dei legami π si
trovano delocalizzati lungo tutta la molecola il che conferisce a questo tipo di dieni
una particolare stabilità. La reale struttura di un diene coniugato è data dall’insieme
di tutte le strutture limite di risonanza che possono essere scritte per quel diene.
11.6.3 Alchini
Presentano le seguenti caratteristiche:
a. sono idrocarburi alifatici insaturi;
b. hanno formula generale Cn H2n−2 dove n è un numero intero positivo > 1 (2, 3, 4. . .);
c. contengono uno o più tripli legami (costituiti da un legame σ e due legami π) che
sono considerati i loro gruppi funzionali;
d. il nome termina con la desinenza –ino.
Nei tripli legami C≡C l’ibridazione del carbonio è di tipo sp. Ogni atomo di carbonio
Organica
presenta due orbitali degeneri sp che formano 2 legami σ disposti linearmente con un
angolo di 180◦ . I due rimanenti orbitali p, non ibridati, si sovrappongono lateralmente
per formare due legami π.
Ricordiamo che la forza di legame aumenta con il numero di legami (triplo >
doppio > singolo), mentre la lunghezza di legame diminuisce proporzionalmen-
te (triplo < doppio < singolo). Siccome i legami π derivano da una sovrapposizione
laterale degli orbitali p semipieni, questi legami sono più deboli rispetto ai legami σ
che derivano dalla sovrapposizione frontale di orbitali ibridi. Per questo motivo la forza
di un legame triplo o doppio NON è esattamente il triplo ed il doppio di quella di un
legame singolo ma è di poco inferiore.
11.6.4 Proprietà chimiche e fisiche degli idrocarburi alifatici
Gli idrocarburi presentano un carattere spiccatamente idrofobico a causa del legame
C–C che è un legame covalente puro NON polare. Questi composti sono quindi tutti
insolubili in solventi polari come l’acqua ma sono ben solubili in solventi apolari come
l’etere etilico, il benzene, l’esano ed i solventi clorurati.
I legami chimici degli idrocarburi NON sono soggetti ad interazioni di tipo dipolo-
dipolo né alla formazione di legami a idrogeno. Sono permesse esclusivamente interazio-
ni di tipo Van der Waals, ovvero interazioni dipolo istantaneo-dipolo istantaneo indotto
(Forze di dispersione di London). Queste proprietà fanno sı̀ che i punti di ebollizione
degli idrocarburi siano generalmente piuttosto bassi e comunque inferiori a molecole
idrofile dello stesso peso molecolare.
Gli .idrocarburi alifatici sono facilmente infiammabili e presentano una densità inferiore
ad 1, perciò galleggiano sull’acqua (basti pensare alle chiazze di petrolio rilasciate in
mare dalle petroliere). Fanno eccezione i solventi clorurati (cloroformio, diclorometano,
bromoformio, ecc) che presentano una densità maggiore di quella dell’acqua.
Gli alcani (o paraffine, dal latino parum affinis “poco reattivo”) sono sostanzial-
mente inerti grazie all’elevata stabilità dei legami C–C e C–H. Le reazioni che coin-
volgono gli alcani richiedono l’impiego di catalizzatori e temperature elevate. La loro
reazione chimica per eccellenza è la combustione, che corrisponde ad un’ossidazione
Chimica
dell’idrocarburo (combustibile) a spese dell’ossigeno (comburente) per generare anidri-
de carbonica, acqua e calore. La reazione, pur essendo fortemente esotermica (produce
calore: ∆H 0) è stabile cineticamente in quanto l’energia di attivazione è piuttosto
elevata. È necessario quindi innescare la reazione impiegando ad esempio una scintilla;
la reazione, una volta innescata, procede finché tutto il combustibile (o il comburente)
viene consumato.
Essendo la reazione di combustione una reazione di tipo redox, essa può avvenire se e
solo se sono presenti contemporaneamente l’agente riducente (combustibile) e l’agente
ossidante (ossigeno).
Questo è il motivo per cui sottraendo ossigeno al sistema è possibile spegnere un fuoco.
Basti pensare ad una candela che, una volta chiusa in un recipiente di vetro, dopo aver
consumato l’ossigeno a sua disposizione si spegne, oppure all’impiego di coperte igni-
fughe per spegnere piccoli focolai. Da ciò deriva l’espressione “soffocare un incendio”,
ovvero estinguerlo togliendogli l’ossigeno.
954 Fondamenti di chimica organica
Gli alcheni, grazie alla presenza del doppio legame, sono particolarmente reattivi. I
legami di tipo π, infatti, sono più deboli rispetto ai legami σ perché derivano da una
sovrapposizione laterale di orbitali p non ibridati. Questa caratteristica fa sı̀ che gli
alcheni subiscano facilmente addizione di gruppi chimici al doppio legame. Le reazioni
di questo tipo prendono il nome di addizioni elettrofile. A seconda del reagente
addizionato si suddividono in: idrogenazioni (H2 ), alogenazioni (X2 ), idratazioni
(H2 O) e addizione di acidi alogenidrici (HX) (Figura 11.18).
Organica
Gli alcheni sono in grado di dare reazioni di ossidazione più facilmente rispetto agli alcani,
grazie alla presenza del legame π. Questa caratteristica è sfruttata nei saggi chimici per
la rivelazione dei doppi legami. Un alchene, infatti, reagendo con un ossidante come il per-
manganato di potassio dà origine a un glicole e a biossido di manganese. Facendo reagire
un idrocarburo di saturazione incognita con il permanganato di potassio (di colore violetto),
se si ottiene un precipitato marrone scuro si è formato il biossido di manganese, pertanto
l’idrocarburo incognito doveva contenere un legame doppio. Questo tipo di reazione, quindi,
consente di discriminare tra un alcano e un alchene.
Gli alchini, grazie alla presenza del triplo legame, danno sostanzialmente le stesse
reazioni di addizione elettrofila degli alcheni.
Definiamo radicale una qualsiasi specie chimica che possiede uno o più elettroni spaiati
(non accoppiati).
Chimica
Le polimerizzazioni radicaliche, tipiche di alcheni e alchini, procedono in tre stadi:
iniziazione, propagazione e terminazione.
Il processo di polimerizzazione, e la successiva lavorazione, possono portare alla
formazione di:
Si narra che Kekulé sognò un serpente che si mordeva la coda e al suo risveglio intuı̀ che
l’unica struttura possibile per il benzene fosse ciclica. Altre leggende narrano che nel sogno
egli vide sei bambini muoversi in cerchio tenendosi per mano. La natura del sogno non cambia
la straordinaria intuizione di questo scienziato che, senza conoscere l’esistenza degli elettroni
(scoperta nel 1897 da Thomson) né tantomeno la loro implicazione nella formazione dei legami
(che richiese ulteriori 40 anni di ricerche), riuscı̀ a proporre a metà Ottocento un modello per la
Organica
descrizione del benzene tuttora in uso. Come per tutti i grandi rivoluzionari, il suo modello non
fu accettato dagli scienziati dell’epoca in quanto non spiegava alcuni comportamenti anomali
del benzene. Sono stati necessari ancora molti anni per giungere ad una spiegazione esaustiva
delle proprietà di questa molecola.
Chimica
motivo di questo comportamento “anomalo” è dovuto al fatto che la delocalizzazione
degli elettroni π stabilizza notevolmente la struttura aromatica e di conseguenza que-
sti composti fanno di tutto per non cedere elettroni π e mantenere quindi il sestetto
aromatico integro.
Esiste un numero molto elevato di reazioni di sostituzione elettrofila aromatica
che permettono la sintesi di innumerevoli composti chimici che trovano impiego nei
settori più svariati (farmaceutico, cosmetico, alimentare, materiali, ecc.).
Tra queste reazioni ricordiamo la nitrazione e l’acilazione di Friedel-Crafts (Figura
11.21).
La tendenza dei composti aromatici a preservare il sestetto aromatico integro è talmente alta
che per rompere gli anelli è necessario utilizzare condizioni di reazione particolarmente drasti-
che che richiedono l’impiego di catalizzatori come l’ossido di vanadio (V2 O5 ) e temperature
superiori ai 300◦ C.
958 Fondamenti di chimica organica
Figura 11.21: Esempi di reazioni di sostituzione elettrofila aromatica. In alto: nitrazione del benzene con
formazione di nitrobenzene; in basso: acilazione del benzene secondo Friedel-Crafts, con formazione di un
chetone aromatico.
11.9.1 Alcani
Gli alcani lineari prendono il nome dal numero di atomi di carbonio che contengono.
Tali nomi, per i primi 10 composti, sono riportati nella tabella 11.2. Per assegnare il
nome agli alcani ramificati occorre considerare la catena principale e i sostituenti, che
sono i gruppi legati alla catena principale. Quando i sostituenti sono costituiti solo da
carbonio e idrogeno sono detti gruppi alchilici, e il loro nome si ricava dall’alcano che
ha lo stesso numero di atomi di carbonio sostituendo la desinenza –ano con la desinenza
–ile. Questi gruppi sono anche detti radicali (vedi Tabella 11.2).
Tabella 11.2: Nomi e formule molecolari dei primi 10 alcani lineari. Sono indicati anche i nomi dei rispettivi
radicali. La formula molecolare di questi ultimi si ricava dall’alcano corrispondente sottraendo un atomo di
idrogeno, pertanto il metile avrà formula molecolare CH3 , l’etile C2 H5 e cosı̀ via. La formula R–H, con R
gruppo alchilico, rappresenta un generico alcano.
Chimica 959
Nel primo esempio (Figura 11.22) la catena più lunga è a 5 atomi di carbonio: si tratta
dunque di un pentano. Il sostituente si trova a metà della catena, pertanto è indifferente
numerare la catena principale da destra o da sinistra. Il sostituente, -CH3 -, è un radicale
a un atomo di carbonio, ovvero è un metile e si trova in posizione 3. Il nome del primo
composto è, quindi, 3-metilpentano.
Chimica
Nel secondo caso la catena più lunga è a 4 atomi di carbonio, perciò si tratta di un
butano. I sostituenti sono due e sono entrambi dei metili, situati in posizione 2. Il nome
della molecola è 2,2-dimetilbutano.
Nell’ultimo esempio la catena più lunga è a 5 atomi di carbonio: si tratta ancora una volta
di un pentano. I sostituenti sono 4, pertanto la numerazione deve partire dall’estremità
che consente di assegnare loro i numeri più piccoli. Partendo da sinistra si ottiene che i
sostituenti si trovano in posizione 2 e 3; se partissimo da destra i sostituenti si troverebbero
in posizione 3 e 4 per cui la numerazione corretta è quella indicata in figura. In posizione
2 sono presenti due gruppi metile, in posizione 3 un gruppo metile e un gruppo etile
(il quale viene prima in ordine alfabetico rispetto al metile): il nome è 3-etil-2,2,3-
trimetilpentano.
960 Fondamenti di chimica organica
Quando il numero di atomi di carbonio è maggiore di 2 non esiste un unico radicale per
lo specifico alcano. Come esempio consideriamo il propano. La sottrazione di idrogeno può
avvenire su un carbonio terminale o sul carbonio centrale (Figura 11.23). Nel primo caso si
ottiene un propile, nel secondo un isoproprile (o 1-metiletile). Nel caso del butano si ottengono
4 radicali: butile, sec-butile, isobutile e terz -butile.
Per i radicali con un numero maggiore di atomi di carbonio, in genere, non è richiesta la
conoscenza dei nomi dei radicali.
11.9.2 Cicloalcani
I nomi dei cicloalcani si ottengono scrivendo il prefisso
ciclo- davanti al nome dell’alcano avente lo stesso numero
di atomi di carbonio di quelli facenti parte del ciclo. Le
regole per la nomenclatura dei composti e dei radicali sono
analoghe a quelle viste per gli alcani.
Figura 11.24: Esempio di no-
menclatura di un cicloalcano.
si chiama isobutilciclopentano.
Tabella 11.3: Nomi dei primi 4 alcheni e alchini lineari. Il nome tradizionale dell’etene è etilene, mentre
il nome tradizionale dell’etino è acetilene. Si osservi che esistono due alcheni e due alchini con 4 atomi
di carbonio (la situazione si complica al crescere del numero di atomi di carbonio). Il radicale dell’etene,
l’etenile, è noto anche con il nome comune di vinile.
Nel primo esempio di figura 11.25 la catena più lunga è a 6 atomi di carbonio e presenta
Chimica
un’insaturazione. Per assegnare il numero più basso all’insaturazione si parte a numerare
dall’estremità destra; la molecola è un es-2-ene. Il sostituente si trova in posizione 5 ed
è un metile, pertanto il nome del composto è 5-metil-es-2-ene.
Nel secondo caso la catena più lunga ha 5 atomi di carbonio, ma questa non comprende
i due atomi di carbonio dell’insaturazione, pertanto si considera la catena a 4 atomi di
C: è un but-1-ene. Il sostituente è l’etile in posizione 2: 2-etil-but-1-ene.
Nell’ultimo esempio la catena più lunga ha 8 atomi di carbonio e presenta un triplo legame
in posizione 4: si tratta di un ott-4-ino. I sostituenti sono tre metili, due in posizione 2 e
uno in posizione 6: il nome è 2,2,6-trimetil-ott-4-ino.
Per i cicloalcheni e i cicloalchini si utilizzano le nozioni viste per i cicloalcani e per gli
idrocarburi insaturi.
962 Fondamenti di chimica organica
Gli alogenuri sono molto utilizzati nelle reazioni di sintesi e alcuni di essi sono
impiegati come insetticidi, solventi, pesticidi, ecc.
La reazione caratteristica degli alogenuri è la sostituzione nucleofila (Figura
11.28).
Figura 11.28: Un esempio di sostituzione nucleofila: formazione di etanolo a partire dal bromoetano.
11.10.2 Alcooli
Il gruppo chimico che caratterizza gli alcooli (o alcoli) è il gruppo ossidrilico (–OH).
Gli alcoli (R–OH) possono essere suddivisi in tre categorie (Figura 11.29):
Gli alcoli più comuni sono: l’etanolo (o alcool etilico), presente nelle bevande alcoliche
e prodotto naturalmente per fermentazione a partire dagli zuccheri della frutta (uva,
mele), ed il metanolo, tossico per ingestione (produce seri danni alla retina e al sistema
nervoso e può portare a cecità anche in piccole dosi).
Gli alcoli sono ottimi solventi grazie alle loro proprietà anfipatiche, sono cioè
miscibili sia con molecole idrofobiche come i grassi (grazie alla presenza della catena
Chimica
alchilica) sia con molecole polari come l’acqua (grazie alla presenza del gruppo OH).
Questo è il motivo per cui l’alcool è efficacemente impiegato nella pulizia delle superfici
sporche di grasso.
Gli alcoli a catena più corta sono miscibili in acqua in tutte le proporzioni, sono soggetti
alla formazione di legami a idrogeno e presentano punti di ebollizione e fusione superiori
a quelli dei rispettivi idrocarburi alifatici con ugual numero di atomi di C. All’aumentare
della lunghezza della catena alifatica si riduce la loro solubilità in acqua ed aumenta
il punto di ebollizione (tant’è che l’etanolo è un liquido, mentre alcoli con 10 o più
atomi di C sono solidi a temperatura ambiente).
Figura 11.30: Reazioni di ossidazione di alcoli primari e secondari ai corrispettivi aldeidi, chetoni ed acidi
carbossilici.
I composti del cromo (VI) sono sostanze fortemente cancerogene. L’ossidazione degli alcoli
primari con questi composti porta alla formazione di acidi carbossilici e non è possibile fermarsi
allo stato di aldeide. Se si vuole ottenere un’aldeide è necessario impiegare ossidanti meno
drastici come il PCC (Piridinio clorocromato).
11.10.3 Fenoli
Gli alcoli aromatici, ovvero quei composti formati da gruppi ossidrili-
ci (–OH) legati direttamente a residui arilici (aromatici), vengono indicati
con la formula generale Ar-OH.
Per alcuni composti è ancora in voga il nome tradizionale (Figura 11.32): fenolo,
cresolo, catecolo, naftolo.
I fenoli sono in grado di formare legami a idrogeno, sono piuttosto solubili in acqua e
sono generalmente solidi. Maggiore è il numero di funzioni ossidriliche presenti (-OH),
più alto sarà il punto di fusione del composto.
I fenoli sono facilmente ossidabili e per questo motivo possono essere utilizzati come antiossi-
danti. Un antiossidante fenolico naturale utilizzato dal corpo umano è la vitamina E.
Chimica 965
Figura 11.32: Esempi di fenoli e dei loro derivati. La lettera m posta davanti alle parole cresolo e catecolo
si legge “meta”.
I tioli sono caratterizzati da un odore intenso e spesso sgradevole. Basti pensare all’odore del
liquido emesso per difesa dalle puzzole, costituito da una miscela di tioli.
11.10.5 Eteri
Sottraendo acqua a due molecole di alcool si ottengono gli eteri, caratterizzati da un
atomo di ossigeno a ponte fra due gruppi alchilici o arilici. Gli eteri possono quindi
avere tre formule generali: R–O–R, R–O–Ar e Ar–O–Ar (Figura 11.33).
A seconda dei gruppi che costituiscono l’etere, si possono distinguere due classi (Figura Chimica
11.34):
a. eteri simmetrici, se i gruppi sostituenti sono uguali;
b. eteri asimmetrici (o misti), se i gruppi sostituenti sono diversi.
Le idrolisi degli eteri sono reazioni di equilibrio: sia la reazione diretta (condensazione o
disidratazione) che la reazione inversa (idrolisi) sono catalizzate dalla presenza di acidi
come l’acido solforico (Figura 11.36). Tuttavia, grazie al principio di Le Châtelier,
rimuovendo l’acqua (uno dei prodotti della reazione di condensazione) è possibile
spingere la reazione verso la formazione di prodotti ed ottenere l’etere desiderato con
rese apprezzabili.
Il metodo più diffuso per la produzione di eteri asimmetrici è la sintesi di Williamson (Fi-
gura 11.37), che consiste nella reazione tra un alcossido metallico (che deriva da un alcol) e
un alogenuro alchilico. Si rimanda ad un testo specifico per una descrizione più dettagliata.
Gli alcoli e gli eteri sono il classico esempio di isomeria di gruppo funzionale, sono
infatti possibili composti con la stessa formula bruta ma con diverso gruppo funzio-
nale. È evidente che questo tipo di isomeri, recando gruppi funzionali diversi, hanno
caratteristiche chimico-fisiche estremamente diverse e sono quindi facilmente separa-
bili. Alcool ed etere possono essere separati per semplice distillazione sfruttando le loro
differenze nei punti di ebollizione.
L’etere dietilico, ottimo solvente per le sostanze grasse, è stato in passato impiegato in chirurgia
come anestetico.
Chimica 967
Chimica
(H2 ) in presenza di un catalizzatore metallico depositato su carbonio (Pt, Pd o Ni su
C). Alternativamente può essere condotta attraverso l’impiego di agenti riducenti che
sono fonti di ioni idruro H− quali: sodio boroidruro (NaBH4 ) e litio alluminio idruro
(LiAlH4 ).
L’ossidazione delle aldeidi ad acidi carbossilici può essere condotta impiegando per-
manganato di potassio (KMnO4 ), cromato di potassio (K2 CrO7 ) o miscela cromica
(acido cromico in acido solforico, H2 CrO7 in H2 SO4 ).
L’ossidazione dei chetoni è una reazione estremamente difficile, viene effettuata impiegando
perossiacidi e porta alla formazione di esteri.
L’aldeide più nota è il metanale (conosciuta anche con il nome di aldeide formica o
formaldeide). Nonostante le sue caratteristiche tossiche e cancerogeniche è impiegata
come soluzione acquosa al 37% (formalina), per disinfettare, sterilizzare e conservare
968 Fondamenti di chimica organica
Gli acidi carbossilici, come gli acidi inorganici, reagendo con basi forti danno origine
Chimica
a sali. L’acido acetico, ad esempio, reagendo con idrossido di sodio dà origine ad acetato
di sodio (Figura 11.41). I sali di alcuni acidi carbossilici sono utilizzati come detersivi
e saponi.
Figura 11.41: Formazione di un sale a partire da un acido carbossilico e una base forte. In questo caso la
reazione è tra acido acetico e idrossido di sodio con formazione di acetato di sodio e acqua.
La condensazione tra due acidi carbossilici porta alla formazione di anidridi. La reazione è
reversibile: idrolizzando l’anidride si ottengono gli acidi carbossilici di partenza (Figura 11.42).
970 Fondamenti di chimica organica
Figura 11.44: Sintesi dei trigliceridi mediante condensazione di glicerolo ed acidi grassi.
Molti esteri sono responsabili dell’odore e del sapore di fiori e frutti, ad esempio l’acetato
di pentile è presente nelle banane. Gli esteri ciclici sono detti lattoni; tra questi ricordiamo
l’eritromicina, un antibiotico.
Gli esteri possono essere trasformati in ammidi (§ 11.10.10) mediante reazione con
l’ammoniaca: si forma un’ammide e un alcool e la reazione è detta ammonolisi.
La reazione tra polioli (molecole recanti due o più funzioni alcoliche) e acidi policar-
bossilici (composti recanti due o più funzioni carbossiliche) porta alla formazione di
poliesteri mediante polimerizzazione di condensazione.
11.10.9 Ammine
Chimica
generale Ar-N+ −
2X .
Grazie alla presenza del
doppietto elettronico solitario
presente sull’azoto, le ammine
sono basi di Lewis.
Sono molecole polari in gra- Figura 11.46: Classificazione delle ammine.
do di formare legami a idrogeno (ad esclusione delle ammine terziarie) e sono quindi
generalmente ben solubili in acqua. Essendo l’azoto meno elettronegativo dell’ossigeno,
il legame N-H è meno polarizzato rispetto al legame O-H (degli alcoli) e le ammine
di conseguenza hanno punti di ebollizione più bassi rispetto agli alcoli di pari peso
molecolare, ma superiori a quelli degli eteri.
Le ammine presentano molteplici proprietà: sono alla base della sintesi di molti
farmaci, coloranti, smalti e vernici. Alcune ammine sono neurostimolanti, altre sono
tossiche, altre ancora sono cancerogene.
972 Fondamenti di chimica organica
11.10.10 Ammidi
Figura 11.47: Sintesi di un’ammide alifatica ottenuta dalla reazione tra un’ammina primaria e un
alogenuro acilico.
Le ammidi cicliche prendono il nome di lattami e sono alla base di tutte le penicilline; per
questo motivo le penicilline sono dette anche antibiotici β-lattamici. I legami ammidici presenti
nelle proteine prendono il nome di legami peptidici.
Chimica 973
2. Se sono presenti più gruppi funzionali diversi si deve identificare il gruppo priore
4. Se sono presenti più gruppi funzionali diversi, il suffisso deve corrispondere alla
funzione priore. Gli altri gruppi funzionali devono essere considerati come sosti-
tuenti (utilizzando il prefisso caratteristico) e dovranno essere indicati con un
numero di posizione seguendo le regole viste in precedenza per gli idrocarburi (§
11.9)
5. Quando sono presenti più funzioni priori dello stesso tipo, si sceglie la catena
contenente il maggior numero di funzioni priori. La prima funzione priore deve
avere il numero più piccolo possibile e deve essere indicata la molteplicità delle
Chimica
funzioni con il prefisso numerico.
11.11.1 Alogenuri
La nomenclatura IUPAC per gli alogenuri (Figura 11.49) prevede l’utilizzo del prefisso
alogeno- (ovvero cloro-, oppure bromo-, oppure fluoro-, oppure iodo-). Non è presente
suffisso poiché la funzione “alogeno” è considerata sempre dipendente.
Per la nomenclatura radical-funzione si parla di “alogenuri di alchile”, ad esempio:
cloruro di metile, fluoruro di sec-butile, bromuro di propile.
974 Fondamenti di chimica organica
Figura 11.49: Nomenclatura degli alogenuri. Tra parentesi la nomenclatura radical-funzione. Si osservi
che nel caso del bromuro, la numerazione per la nomenclatura radical-funzione parte dal carbonio legato
all’alogeno.
Figura 11.50: Nomenclatura degli alcoli. Tra parentesi la nomenclatura radical-funzione. Attenzione:
alcuni testi potrebbero riportare alcuni nomi scritti in modo diverso per quanto riguarda la numerazione
della funzione alcolica, ovvero 1-propanolo anziché propan-1-olo e cosı̀ via.
Organica
I nomi dei fenoli in genere si fanno derivare da quello del fenolo, come ad esempio
il clorofenolo o il 2,4-dibromofenolo. Il prefisso dei fenoli, come per gli alcoli, è idrossi-.
Per la nomenclatura dei tioli valgono le regole viste per gli alcoli, con le seguenti dif-
ferenze: il suffisso è tiolo e il prefisso è mercapto-. Il tiolo più semplice è il metantiolo
(CH3 SH).
Gli eteri hanno solo prefisso (alchilossi- o arilossi-) e non hanno suffisso perché non
sono mai priori.
Va sottolineato che per gli eteri è molto utilizzata la nomenclatura radical-funzione:
si assegnano dapprima i nomi ai due gruppi alchilici o arilici, che vanno messi in ordine
alfabetico, e a questi si fa seguire la parola etere.
Chimica 975
Assegniamo il nome al composto CH3 OCH2 CH3 . La catena base è quella con più atomi di
carbonio: a sinistra dell’ossigeno c’è un atomo di carbonio, a destra due, pertanto la catena
base è quella dell’etano. Dalla parte opposta si trova il sostituente, che ha il prefisso tipico
dell’etere. In questo caso il radicale è un metile, ma per i primi 4 radicali (metile, etile,
propile, butile) negli eteri si usano i seguenti termini: metossi, etossi, propossi e butossi,
anziché metilossi, etilossi, propilossi e butilossi. Si evince che il composto CH3 OCH2 CH3
si chiama metossietano.
Utilizzando la nomenclatura radical-funzione si elencano i due gruppi alchilici in ordine
alfabetico, perciò il nome del composto è etil metil etere.
Anche gli epossidi, essendo eteri ciclici, per la nomenclatura IUPAC possiedono solo
il prefisso, che è epossi-.
Chimica
Figura 11.51: Nomenclatura delle aldeidi e dei chetoni. Tra parentesi il nome tradizionale.
Il nome tradizionale delle aldeidi è usato molto frequentemente e fa riferimento al nome
dell’acido carbossilico corrispondente. Nella nomenclatura comune, ai chetoni si dà il
nome aggiungendo la parola chetone ai nomi dei gruppi legati al carbonio carbonilico.
Non esiste una nomenclatura radical-funzione per le aldeidi, mentre i chetoni, come gli
eteri, sono considerati degli alchilchetoni.
Nel caso in cui l’aldeide (o il chetone) non sia il gruppo funzionale a priorità
maggiore, si usa il prefisso formile-, per le aldeidi, e oxo- per i chetoni.
Con le informazioni a disposizione fino a questo punto, sapendo che le aldeidi e i chetoni
sono prioritari rispetto ad alcoli, tioli, eteri e idrocarburi, si assegni il nome alle molecole
indicate in figura 11.52.
Iniziamo dalla molecola a). I gruppi funzionali presenti sono: OH, SH, il doppio legame
e il carbonile aldeidico. Quest’ultimo è priore pertanto la molecola è un’aldeide. Nume-
randola a partire dal carbonio aldeidico si osserva che sono presenti 5 atomi di carbonio,
con un doppio legame in posizione 2: si tratta di una 2-pentenale (o, meglio ancora,
pent-2-enale). I gruppi OH e SH fungono da sostituenti, si usa dunque il loro prefis-
so, rispettivamente idrossi e mercapto; il nome della molecola è 5-idrossi-4-mercapto
pent-2-enale (oppure 5-idrossi-4-mercapto-2-pentenale).
La molecola b) è un chetone, ma sono presenti tre gruppi chetonici, per cui si tratta di
un trione. Numerando la catena in modo da assegnare ai carbonili i numeri più bassi, si
ha un 2,3,6-trione; la catena ha 8 atomi di carbonio, come indicato in figura 11.53.
Il sostituente in posizione 1 è un etere, per cui la molecola ha nome: 1-metossi ottan-
2,3,6-trione.
di un gruppo a priorità maggiore, prende il prefisso carbossi-. Per gli acidi non esiste
una nomenclatura radical-funzione ma è molto diffusa la nomenclatura tradizionale.
I nomi IUPAC e comuni dei primi componenti della serie degli acidi monocarbossilici
sono indicati in tabella 11.4. Altri esempi di nomenclatura di acidi monocarbossilici
sono rappresentati in figura 11.54.
Alcuni esempi di acidi bicarbossilici sono elencati in tabella 11.5.
Il nome dei sali deriva da quello dei corrispondenti acidi per sostituzione della
desinenza -ico con -ato, seguito dal nome del metallo e con l’eliminazione della parola
“acido”. I sali non sono mai dipendenti e non hanno prefisso.
Ad esempio, dall’acido propanoico (propionico) deriva il propanoato (propionato),
mentre i sali dall’acido etanoico (acetico) sono gli etanoati (acetati) e cosı̀ via.
Chimica 977
Tabella 11.4: Nomi IUPAC e nomi comuni di alcuni acidi monocarbossilici saturi.
Figura 11.54: Nomenclatura di alcuni acidi monocarbossilici; tra parentesi la nomenclatura comune.
Chimica
HOOC (CH2 )4 COOH acido esandioico acido adipico
HOOC CH=CH COOH acido butendioico acido maleico
C6 H4 (COOH)2 acido acido ftalico
1,2-benzendicarbossilico
Tabella 11.5: Nomi IUPAC e nomi comuni di alcuni acidi bicarbossilici. L’acido ftalico presenta un anello
aromatico.
11.11.6 Esteri
Il nome IUPAC si ricava sostituendo il suffisso -ico dell’acido con -ato, e ad esso si
fa seguire la dicitura “di. . . ” e il nome dell’alcool (ad esempio acetato di etile). Non
esiste una nomenclatura radical-funzione.
11.11.7 Ammine
La nomenclatura IUPAC delle ammine si ottiene sostituendo la “o” finale dell’alcano
Organica
11.11.8 Ammidi
La nomenclatura IUPAC si ottiene per sostituzione dell’ultima lettera corrispondente al
nome dell’idrocarburo con la dicitura -ammide. Alternativamente si ricava sostituendo
la desinenza -oico dell’acido con la desinenza -ammide. Ad esempio, l’ammide derivata
dall’acido acetico è l’acetammide (CH3 CONH2 ). Se la funzione è dipendente prende il
nome “amido”.
Chimica 979
Figura 11.57: Esempi di ammine. Nel caso di ammine secondarie e terziarie si indicano i sostituenti dopo
il prefisso N-.
Vediamo come esempio il caso seguente in cui il gruppo priore è l’acido carbossilico e
l’ammide funge da sostituente (Figura 11.58).
La catena principale ha 4 atomi di carbonio: si tratta di un acido butirrico. In posizione 2
è presente un’ammide a 2 atomi di carbonio, cioè derivata dall’acido acetico. La molecola
ha nome: acido 2-acetammido butirrico.
Figura 11.58: Nomenclatura del gruppo ammidico nel caso in cui non è gruppo funzionale prioritario.
Chimica
dei gruppi funzionali analizzati:
1. sali
2. acidi carbossilici
3. esteri e ammidi
4. aldeidi
5. chetoni
6. alcoli e tioli
7. ammine
8. eteri
980 Fondamenti di chimica organica
11.12 Quesiti
Organica
4) Il cicloesano: D un’idratazione
Chimica
7) Facendo reagire un trigliceride in D due sostituenti, sui due carboni legati
NaOH, si ha: tra loro attraverso legame doppio, sono
dallo stesso lato
A una saponificazione
E due sostituenti, sui due carboni lega-
B un’esterificazione ti tra loro attraverso legame semplice,
C una neutralizzazione sono su lati opposti
Acido carbossilico: composto organico caratte- Aldeide: composto organico caratterizzato dal-
rizzato dalla presenza di un gruppo carbossilico la presenza di un gruppo carbonilico (C=O) nel
(-COOH). quale l’atomo di carbonio è legato ad almeno un
atomo di idrogeno.
Acido debole: acido che in soluzione acquosa
ionizza in modo parziale. Allotropi: forme differenti dello stesso elemen-
to che nelle stesse condizioni di pressione e
Acido di Arrhenius: specie chimica che in temperatura esistono nello stesso stato fisico.
soluzione acquosa cede ioni idronio (H+ ).
Alogeno: elemento appartenente al gruppo VIIA
Acido di Brønsted: specie chimica in grado di della tavola periodica.
donare protoni.
Ammide: composto organico derivato formal-
Acido di Lewis: specie chimica in grado di mente dalla reazione tra un acido carbossilico (o
accettare un doppietto elettronico. da un suo derivato) ed un’ammina.
Acido forte: acido che in soluzione acquosa Ammina: composto organico derivato formal-
ionizza completamente. mente dall’ammoniaca in cui uno o più atomi di
idrogeno sono sostituiti da gruppi organici.
Acido grasso: acido carbossilico caratterizzato
dalla presenza di una catena idrocarburica non Anione: ione con carica elettrica negativa.
ramificata.
Anodo: elettrodo di una cella elettrochimica su
Acido monoprotico: acido di Brønsted in grado cui avviene l’ossidazione.
di donare un solo protone.
Atomo: la più piccola particella di un elemen-
Acido poliprotico: acido di Brønsted che può to che conserva le proprietà chimiche di quell’ele-
donare due o più protoni. mento e non può essere ulteriormente decomposta
per via chimica.
Affinità elettronica: energia che viene svilup-
pata quando un atomo, in fase gassosa e nel suo Autoionizzazione dell’acqua: trasferimento di
stato fondamentale, acquista un elettrone trasfor- un protone tra due molecole d’acqua che conduce
mandosi in un anione. Può essere definita anche alla formazione di uno ione idronio (H+ ) ed uno
come il potenziale di ionizzazione dell’anione. ione idrossido (OH− ).
Agente ossidante: specie chimica che, duran-
te una reazione redox, acquista elettroni e viene B
ridotta. Base: composto che disciolto in acqua forma uno
ione idrossido (OH− ) ed un catione.
Agente riducente: specie chimica che, duran-
te una reazione redox, cede elettroni e viene Base debole: base che in soluzione acquosa
ossidata. ionizza in modo parziale.
Alcani: classe di idrocarburi in cui ogni atomo di Base di Arrhenius: specie chimica che in
carbonio è legato ad altri quattro atomi. soluzione acquosa cede ioni idrossido (OH− ).
984 Glossario
Base di Brønsted: specie chimica in grado di Coefficienti stechiometrici: numeri interi po-
accettare protoni. sitivi assegnati alle specie chimiche in un’equazio-
ne chimica ed impiegati per bilanciare l’equazione
Base di Lewis: specie chimica in grado di donare
stessa.
un doppietto elettronico.
Complesso attivato: aggregato instabile che si
Base forte: base che in soluzione acquosa ionizza
crea tra le molecole che partecipano ad una rea-
completamente.
zione chimica. Si scinde immediatamente dopo la
sua formazione per dar luogo ai prodotti (se l’urto
C è efficace).
Calore: energia termica associata al movimento Composizione percentuale: percentuale in
di atomi o molecole. massa di ogni singolo elemento presente in un
Capacità termica molare: quantità di calore composto.
necessaria per aumentare la temperatura di una Composto: sostanza pura che è costituita da ato-
mole di sostanza di un kelvin. mi appartenenti a due o più elementi diversi pre-
Capacità termica specifica: quantità di calo- senti in rapporti ponderali definiti e costanti ed
re necessaria per aumentare la temperatura di un uniti tra loro mediante legami chimici.
grammo di sostanza di un kelvin. Composto aromatico: composto appartenente
Carica formale: carica che un atomo avrebbe se, ad una classe di idrocarburi caratterizzati dalla
in una molecola, tutti i suoi legami fossero con- presenza di anelli aromatici.
siderati completamente ionici, ovvero se gli elet- Composto chirale: composto contenente uno o
troni di non legame fossero attribuiti interamente più centri stereogenici che non presenta piani o
all’elemento più elettronegativo. centri di simmetria.
Carica parziale: carica che un atomo avrebbe Composto insaturo: idrocarburo contenente
in una molecola calcolata assumendo la distri- uno o più legami multipli (doppi o tripli).
buzione degli elettroni di legame proporzionale
all’elettronegatività dell’atomo. Composto saturo: idrocarburo contenente
soltanto legami singoli.
Catalizzatore: sostanza che, senza subire varia-
zione chimica, aumenta la velocità (diretta ed Concentrazione: quantità di soluto presente in
inversa) di una reazione chimica. una quantità unitaria di solvente.
Catalizzatore eterogeneo: catalizzatore pre- Configurazione elettronica: nomenclatura im-
sente in una fase diversa rispetto a quella dei piegata per descrivere la distribuzione degli
reagenti. elettroni nei vari sottolivelli energetici di un
atomo.
Catalizzatore omogeneo: catalizzatore presen-
te nella stessa fase dei reagenti. Coppia coniugata acido-base: coppia di com-
posti che differiscono per la presenza di uno ione
Catione: ione con carica elettrica positiva. idronio (H+ ).
Glossario
Costante di Faraday (F): quantità di cari- Elettrone di valenza: elettrone che, trovandosi
ca elettrica di una mole di elettroni (1 F = nel livello energetico più alto, è il più reattivo e
96400 C/mol). partecipa alle reazioni chimiche.
Elettronegatività (χ): misura della tendenza di
D un atomo di attrarre elettroni.
Densità: rapporto tra la massa di una sostanza Elettroni accoppiati: due elettroni che all’in-
ed il suo volume. terno di un atomo si trovano sullo stesso orbitale
è presentano spin opposto (+1/2 e −1/2).
Densità di probabilità: probabilità di trovare
l’elettrone in un certo volume di spazio. Enantiomeri: coppia di stereoisomeri speculari
e non sovrapponibili di un composto chirale.
Diagramma di fase: grafico che indica in quale
fase una sostanza pura può esistere al variare di Energia di attivazione (E a ): energia cineti-
pressione e temperatura. ca minima che due molecole devono possedere al
momento della collisione affinché possano reagire.
Diamagnetismo: proprietà fisica di un oggetto
di essere respinto da un campo magnetico. Energia di ionizzazione: energia minima che è
necessario fornire ad un atomo, che si trovi allo
Diffusione: mescolamento delle molecole di due o stato gassoso con configurazione elettronica allo
più sostanze generato dai movimenti casuali delle stato fondamentale, per strappare un elettrone di
molecole stesse. valenza e ottenere quindi un anione.
Dipolo elettrico (µ): grandezza vettoriale misu- Energia di legame: quantità di energia neces-
rata in Debye ottenuta dal prodotto delle cariche saria per rompere i legami chimici presenti in una
parziali (δ + , δ − ) per la distanza d che le separa. mole di sostanza allo stato gassoso. Essa è pa-
ri all’energia liberata durante la formazione del
Dipolo indotto: separazione di carica che si os-
legame.
serva in una molecola non polare generata dalla
presenza di una molecola polare. Energia libera di Gibbs: funzione di stato ter-
modinamica che mette in relazione entalpia, en-
Distribuzione di Maxwell-Boltzmann: di-
tropia e temperatura e corrisponde all’energia to-
stribuzione dell’energia cinetica delle particelle in
tale disponibile in un sistema chimico per creare
funzione della temperatura.
lavoro.
Entalpia (H): funzione di stato termodinamica
E che corrisponde al calore assorbito o rilasciato dal
Eccitazione: promozione di un elettrone presen- sistema durante una reazione chimica che avviene
te in un atomo o in una molecola ad un livello a pressione costante.
energetico superiore.
Entropia (S): misura del grado di disordine di
Effetto dello ione comune: limitazione della un sistema.
ionizzazione di un sale causata dall’aggiunta di Enzima: catalizzatore biologico di natura protei-
uno o più ioni che lo costituiscono. ca.
Chimica
Elemento: specie chimica pura costituita da ato- Equazione chimica: equazione riferita ad una
mi dello stesso tipo che si combinano tra loro reazione chimica che indica la natura dei reagen-
secondo rapporti numerici ben precisi. ti coinvolti e dei prodotti ottenuti ed il rapporto
Elettrodo: dispositivo che conduce elettroni al- atomico di combinazione.
l’interno e all’esterno di una soluzione e costi- Equazione di Arrhenius: equazione che mette
tuisce il polo di una cella elettrochimica. Sull’e- in correlazione la velocità di una reazione chimica
lettrodo avvengono le reazioni di ossidazione e con la temperatura, l’orientazione delle molecole
riduzione. e l’energia delle collisioni.
Elettrolisi: processo che impiega energia elet- Equazione di Schrödinger: equazione che de-
trica per far avvenire una reazione redox non scrive il comportamento di un elettrone in un
spontanea. atomo.
Elettrolita: sostanza che in soluzione acquosa Equilibrio: condizione in cui le velocità di reazio-
o allo stato fuso dissocia in ioni e permette la ne diretta ed inversa sono equivalenti ed il sistema
conduzione di corrente. non evolve ulteriormente.
Elettrone: particella subatomica carica nega- Equivalente: Nel caso di reazioni acido base gli
tivamente che occupa lo spazio attorno al equivalenti corrispondono al numero di H+ /OH−
nucleo. prodotti da una mole di sostanza, mentre in
986 Glossario
una reazione redox gli equivalenti corrispondo- Gas nobili: elementi appartenenti al gruppo VIII
no al numero di elettroni generati (dal riducen- A, conosciuti anche con il nome di gas rari o gas
te) o acquisiti (dall’ossidante) per una mole di inerti.
sostanza.
Geometria molecolare: disposizione degli elet-
Estere: composto organico derivato formalmen- troni di legame attorno ad un atomo centrale.
te dalla reazione tra un acido carbossilico ed un’ Gruppi: colonne verticali della tavola periodica,
alcool. raggruppano elementi caratterizzati da proprietà
chimico fisiche simili.
F
Gruppi funzionali: frammenti strutturali che
Fase: uno dei stati in cui la materia può esistere:
identificano una specifica classe di composti
solido, liquido, gassoso o plasma.
organici.
Ferromagnetismo: forma particolare di para- Gruppo carbonilico: gruppo funzionale costi-
magnetismo tipica di Ferro, Cobalto e Nichel. I tuito da un atomo di carbonio legato ad un ato-
materiali ferromagnetici, una volta magnetizzati, mo di ossigeno mediante un doppio legame. È
mantengono la magnetizzazione nel tempo. il gruppo funzionale caratteristico di aldeidi e
Formula bruta: formula chimica che descrive la chetoni.
composizione quali-quantitativa di una moleco- Gruppo carbossilico: gruppo funzionale costi-
la senza indicare il modo in cui gli atomi sono tuito da un atomo di carbonio legato ad un atomo
concatenati tra loro nello spazio. di ossigeno mediante un doppio legame e ad un
Formula di Lewis: metodo di rappresentazione altro atomo di ossigeno mediante legame singolo.
degli elettroni di legame e non legame presenti in È il gruppo funzionale che caratterizza gli acidi
una molecola o uno ione. organici.
Formula empirica: formula che mostra nel mo-
do più semplice possibile il rapporto tra gli atomi I
di ogni elemento presenti in un composto. Ibridazione degli orbitali: combinazione di più
orbitali atomici per formare un egual numero
Forze di Van der Waals: insieme di forze di orbitali ibridi degeneri che minimizzano le
attrattive intermolecolari. repulsioni tra le coppie di elettroni.
Forza elettromotrice: corrisponde alla diffe- Idratazione: legame tra uno ione o una molecola
renza di potenziale di una cella elettrochimica e una o più molecole d’acqua.
ottenuta data dalla differenza tra il potenziale
catodico ed il potenziale anodico. Indicatore: sostanza impiegata per identifica-
re il punto finale di una titolazione mediante il
Forze intermolecolari: forze attrattive o re- cambiamento di alcune proprietà fisiche.
pulsive tra molecole, tra ioni o tra ioni e
molecole. Indicatore acido-base: sostanza che cambia
colore in funzione del pH di una soluzione.
Forze intramolecolari: forze attrattive o re-
pulsive che si instaurano tra gli atomi di una Innalzamento ebullioscopico: Aumento della
Glossario
Isotopi: atomi con lo stesso numero atomico Z, concentrazioni all’equilibrio dei prodotti di rea-
ma diverso numero di massa A. zione, elevati ai rispettivi coefficienti stechiome-
trici, e il prodotto delle concentrazioni all’equili-
L brio dei reagenti, elevati ai rispettivi coefficienti
stechiometrici, è costante a temperatura costante.
Lantanidi: elementi di transizione interna che
si trovano nella tavola periodica compresi tra il Legge di Dalton (o delle proporzioni mul-
lantanio (La) e l’afnio (Hf). tiple): quando due elementi si combinano tra lo-
ro per formare più composti diversi, il rapporto
Lega: miscela intima di due o più elementi di cui tra le masse di un elemento che si combina con
almeno uno metallico. una quantità fissa dell’altro elemento è esprimibile
Legame: interazione tra due o più atomi che so- mediante numeri interi e piccoli.
no legati assieme grazie alla riduzione dell’energia
Legge di Lavoisier (o di conservazione della
potenziale degli elettroni.
massa): durante una reazione chimica la somma
Legame covalente: legame che si instaura tra delle masse dei reagenti è equivalente alla somma
due atomi che mettono in compartecipazione una delle masse dei prodotti di reazione.
coppia di elettroni al fine di ottenere l’ottetto
Legge di Proust (o delle proporzioni defi-
elettronico completo.
nite e costanti): qualunque sia l’origine o il me-
Legame covalente apolare: legame covalente todo di preparazione di un composto puro, esso
tra due atomi con elettronegatività simile. contiene sempre quantità definite e costanti degli
Legame covalente polare: legame covalente elementi proporzionali alla loro massa.
tra due atomi con diversa elettronegatività. In Legge di Hess: l’entalpia di una reazione chi-
questo tipo di legame si crea una distribuzione mica complessa (ovvero costituita da più reazio-
asimmetrica della distribuzione degli elettroni di ni semplici) è data dalla somma algebrica delle
legame. entalpie delle singole reazioni che la costituiscono.
Legame dativo: tipo di legame covalente in cui Legge di Raoult: la tensione di vapore di
gli elettroni che partecipano al legame provengono un componente in soluzione è proporzionale alla
entrambi dallo stesso atomo. frazione molare dello stesso.
Legame doppio: legame risultante dalla messa
Liquido: fase della materia senza forma defini-
in copartecipazione di due coppie di elettroni per
ta ma con volume definito. I liquidi assumono la
formare un legame σ ed un legame π.
forma del recipiente che li contiene.
Legame idrogeno: interazione elettrostatica
Lunghezza di legame: distanza tra i nuclei di
tra un atomo di idrogeno ed un atomo molto
due atomi legati.
elettronegativo.
Legame ionico: legame che intercorre tra due
atomi che presentano un’elevata differenza di M
elettronegatività, per convenzione superiore a 1,9. Massa: misura della quantità di materia.
Chimica
Legame metallico: tipo di legame chimico in cui Massa atomica: massa media di un atomo
in cui gli elettroni di valenza sono delocalizzati espressa in rapporto all’u.m.a.
lungo tutto il reticolo.
Massa molare: massa espressa in grammi di una
Legame pi greco (π): legame risultante dalla mole di unità fondamentali.
sovrapposizione laterale degli orbitali atomici p.
Costituisce il secondo e terzo legame nei legami Materia: tutto ciò che ha una massa ed occupa
multipli. uno spazio.
Legame sigma (σ): legame formato dalla so- Meccanismo di reazione: sequenza di eventi
vrapposizione testa-testa di due orbitali. In pre- che avvengono nel corso di una reazione chimica
senza di uno o più legami, il primo legame è e determinano la velocità e l’esito della reazione
sempre σ. stessa.
Legame singolo: legame risultante dalla condi- Membrana semipermeabile: membrana che
visione di una coppia di elettroni. permette il passaggio selettivo di alcune molecole
e non di altre.
Legame triplo: legame risultante dalla messa
in copartecipazione di tre coppie di elettroni per Metalli alcalini: elementi appartenenti al grup-
formare un legame σ e due legami π. po I A della tavola periodica.
Legge di azione di massa (o legge di Guld- Metalli alcalino-terrosi: elementi appartenenti
berg e Waage): Il rapporto tra il prodotto delle al gruppo II A della tavola periodica.
988 Glossario
Molalità (m): numero di moli di soluto disciolte Numero di ossidazione (n.o.): la carica ipo-
in 1 kg di solvente. tetica (o apparente) che un atomo presenta in
una molecola quando tutti gli elettroni di legame
Molarità (M): numero di moli di soluto disciolte vengono attribuiti all’atomo più elettronegativo.
in 1 litro di soluzione.
Numero quantico di spin (m s ): numero as-
Mole: la quantità di sostanza che contiene un nu- sociato al movimento rotazionale (spin) che un
mero di entità pari al numero di atomi di 12 C elettrone assume all’interno di un orbitale.
presenti in 12,000 g esatti di isotopo 12 C purissi-
mo, ovvero contiene un numero di entità pari al Numero quantico magnetico (m l ): definisce,
Numero di Avogadro NA . nell’ambito del sottolivello, in quale orbitale si
trova l’elettrone.
Molecola: la più piccola unità di un composto
che ne conserva le proprietà chimiche. Numero quantico principale (n): identifi-
ca il livello energetico dell’orbitale e ne descrive
Molecola biatomica eteronucleare: molecola l’“ampiezza”.
composta da due atomi di elementi diversi.
Numero quantico secondario (o del mo-
Molecola biatomica omonulceare: molecola mento angolare) (l ): identifica il sottolivello
composta da due atomi appartenenti allo stesso energetico dell’orbitale e ne descrive la “forma”.
elemento.
Nuvola elettronica: regione di spazio attorno
Molecola apolare: molecola che presenta una al nucleo nella quale la probabilità di trovare
densità elettronica uniformemente distribuita ed l’elettrone è maggiore di zero.
Glossario
Osmosi: movimento del solvente attraverso una Principio di elettroneutralità: durante una
membrana semipermeabile da una zona ipotonica reazione redox il numero di elettroni ceduti dal
ad una zona ipertonica. riducente è equivalente al numero di elettroni
acquisiti dall’ossidante.
Ossidazione: perdita di elettroni da parte di
un atomo, molecola o ione che portano ad un Principio di esclusione di Pauli: in ogni orbi-
aumento del suo numero di ossidazione. tale possono trovarsi al massimo due elettroni che
Ottetto: configurazione elettronica particolar- presentano spin antiparallelo (+1/2 e −1/2). Ciò
mente stabile caratterizzata dalla presenza di otto significa che in un atomo non esistono due elet-
elettroni nel guscio di valenza (ns2 np6 ). troni descritti dalla stessa sequenza dei quattro
numeri quantici (n, l, ml , ms ). Ogni singolo elet-
trone in un atomo può essere quindi identificato
P in modo univoco.
Paramagnetismo: proprietà fisica di essere
attratto da un campo magnetico. Principio di Hund (o della massima molte-
plicità di spin): in presenza di orbitali degeneri,
Periodo: riga orizzontale della tavola periodica. ovvero di orbitali con lo stesso valore di energia,
Peso atomico: rapporto tra la massa assoluta gli elettroni si distribuiscono sul maggior numero
dell’atomo e la massa di riferimento (u.m.a.). di orbitali possibile e presentano spin paralleli.
Chimica
Prodotto: sostanza formatasi a seguito di una
Polimero: macromolecola ad alto peso moleco- reazione chimica.
lare costituita dal ripetersi di unità fondamentali Prodotto di solubilità (K ps ): costante di equi-
chiamate monomeri. librio associata al prodotto delle concentrazio-
Pressione di vapore (o tensione di vapo- ni dei componenti presenti in una soluzione e
re): pressione parziale esercitata dal vapore che provenienti dalla dissociazione dell’elettrolita.
si trova in equilibrio con il suo liquido. Proprietà colligative: tutte quelle proprietà
Pressione osmotica (Π): pressione che deve es- delle soluzioni (punto di gelo, punto di ebollizio-
sere esercitata da una soluzione affinché sia in ne, tensione di vapore e pressione osmotica) che
equilibrio con il solvente puro. dipendono, almeno idealmente, solo dal numero
di particelle di soluto presenti in soluzione e non
Pressione parziale: pressione esercitata da un dalla loro natura.
gas in una miscela.
Protone: particella subatomica di carica positi-
Principio di Aufbau (o di minima energia):
va che, assieme ai neutroni, costituisce il nucleo
ogni elettrone occupa preferenzialmente l’orbitale
degli atomi.
disponibile a più bassa energia, ovvero quello con
numero quantico n più basso. Nel caso di stesso Punto di congelamento: a pressione costante
n, si riempie preferenzialmente l’orbitale con l più indica la temperatura alla quale la fase solida si
basso. trova in equilibrio con quella liquida.
990 Glossario
Punto di ebollizione: temperatura alla quale la da una diminuzione dell’entalpia del sistema
pressione di vapore di un liquido è equivalente a (∆Hsistema < 0).
quella esterna esercitata sul liquido.
Regola dell’ottetto: gli atomi raggiungono il
Punto di fusione: a pressione costante indica la massimo stato di stabilità quando presentano 8
temperatura alla quale la fase solida si trova in elettroni nel livello energetico più esterno, ovvero
equilibrio con quella liquida. quando sono completi i sottostrati s e p di quel
Punto triplo: condizione di pressione e tempe- livello.
ratura alla quale le fasi solida, liquida e aeriforme Regola di Hund: vedi Principio di Hund.
coesistono.
Resa effettiva: la quantità di sostanza effettiva-
mente prodotta in laboratorio a seguito di tutti i
R processi di sintesi, separazione e purificazione.
Radicale libero: atomo o molecola neutri con-
tenenti un elettrone spaiato. Resa percentuale: il rapporto tra la quantità
di sostanza realmente prodotta (resa effettiva) e
Raggio atomico: metà della distanza tra i nu- la quantità prevista teoricamente (resa teorica) il
clei di due atomi di uno stesso elemento legati tutto moltiplicato per 100.
covalentemente mediante un legame singolo.
Resa teorica: la quantità massima di sostan-
Reagente: in una reazione chimica rappresenta za che può essere prodotta durante una reazione
la sostanza di partenza. chimica.
Reagente limitante: in una reazione chimica è Reticolo cristallino: disposizione regolare di
il reagente presente in difetto. Il reagente limi- punti equivalenti nello spazio, descrivente la
tante determina la quantità massima di prodotto struttura di un solido metallico, molecolare o
ottenibile. ionico.
Reazione acido-base: reazione di scambio tra Riduzione: acquisto di elettroni da parte di
un acido e una base con produzione di sale ed un atomo, molecola o ione che portano ad una
acqua. diminuzione del proprio numero di ossidazione.
Reazione di combustione: reazione in cui un
combustibile viene ossidato da un comburente con
S
sviluppo di calore.
Sale: composto ionico il cui catione proviene da
Reazione di decomposizione: reazione in cui una base e il cui anione deriva da un acido.
si verifica una scissione di un composto in due o
più composti. Saponificazione: idrolisi di un trigliceride in
presenza di soda caustica.
Reazione di dissociazione: reazione in cui si
verifica la dissociazione di un composto ionico e Semi-reazioni: due equazioni chimiche in cui
la conseguente formazione di ioni. viene divisa una reazione redox. La prima equa-
zione rappresenta il processo di ossidazione, la
Reazione di ionizzazione: reazione in cui seconda quello di riduzione.
Glossario
Soluzione satura: soluzione in cui è stata sciolta Sublimazione: passaggio di stato diretto da un
la massima quantità di soluto possibile. solido ad un gas.
Soluzione sovrasatura: soluzione che contie-
ne una quantità di soluto maggiore rispetto a T
quella massima consentita in quelle condizioni di Temperatura: misura dell’energia cinetica me-
pressione e temperatura. dia delle particelle di un sistema.
Soluzione tampone: una soluzione in cui sono Termochimica: branca della termodinamica che
presenti un acido debole e la sua base coniugata si occupa dei bilanci energetici relativi alle
(oppure una base debole e il suo acido coniuga- trasformazioni chimiche.
to) in quantità elevate (solitamente non inferiori
a 0,05M) e non molto diverse tra loro. Termodinamica: è quella branca della scienza
che studia le interconversioni tra le varie forme
Solvatazione: legame che si instaura tra uno io- di energia (chimica, meccanica, nucleare, cinetica,
ne o una molecola e le molecole di solvente attra- elettrica, magnetica...) coinvolte in un processo
verso interazioni di tipo: ione – dipolo o dipolo – chimico o fisico.
dipolo.
Titolazione: metodo di analisi volumetrica
Solvente: sostanza in cui è disciolto il soluto per
quantitativa impiegato per la determinazione
formare una soluzione.
della concentrazione di una sostanza in soluzione.
Sostanza pura: campione di materia le cui
proprietà chimiche non posso essere modificate
U
separando i suoi componenti con metodi fisici.
Unità di massa atomica (u.m.a.): corrisponde
Sostanza anfiprotica: sostanza che può com- alla dodicesima parte della massa dell’isotopo car-
portarsi sia da acido che da base. bonio 12 (12 C) purissimo a cui è stata attribuita
Sottolivello: suddivisione dei livelli energeti- una massa pari a 12.
ci determinata dai valori del numero quantico Unità formula: la più piccola combinazione di
secondario (l). atomi data dal rapporto tra gli elementi presenti
Stadio determinante la velocità: in un mec- in un composto ionico.
canismo di reazione è lo stadio elementare più
lento. V
Stato eccitato: stato di un atomo in cui almeno Vaporizzazione: passaggio di stato delle mo-
un elettrone presenta energia superiore rispetto a lecole da una fase liquida ad una fase aeriforme.
quella dello stato fondamentale.
Velocità di reazione: il rapporto tra la diminu-
Stato fondamentale: lo stato di un atomo che zione della concentrazione di un reagente (o l’au-
presenta tutti i suoi elettroni nei livelli energetici mento della concentrazione di un prodotto) ed il
più bassi. tempo.
Stechiometria: studio delle relazioni quantitati-
ve tra i reagenti ed i prodotti di una reazione.
Chimica
Z
Stereoisomeri: composti con la stessa formula di Zero assoluto: condizione di temperatura previ-
struttura e la stessa connettività tra gli atomi, ma sta teoricamente che corrisponde a −273,15 ◦ C.
che si differenziano per una diversa orientazione In questa condizione tutte le sostanze non
dei loro atomi nello spazio. presentano energia termica.
Biologia
Prefazione
La Biologia è una materia assai vasta che studia tutto ciò che riguarda la “vita” e tratta,
quindi, argomenti tipicamente “biologici” come l’evoluzione e la selezione naturale ma
anche “medici” quali l’anatomia e la fisiologia e “chimici” quali la biochimica e la
bioenergetica. In questo testo la parte di Biologia è suddivisa in sei Capitoli.
Nel Capitolo 1 si richiamano alcuni concetti di chimica, la quale rappresenta una
base importante per la comprensione dei fenomeni biologici, e si descrivono le macro-
molecole biologiche ovvero le molecole fondamentali di tutti gli organismi viventi.
Il Capitolo 2 affronta lo studio dell’unità fondamentale degli organismi viventi, la
cellula. Saranno descritte le due tipologie di cellule viventi, procariotiche ed eucarioti-
che, da quali componenti sono costituite, come esse si dividono e come le cellule degli
organismi eucarioti si organizzino a formare aggregati di cellule: i tessuti.
Il Capitolo 3 tratta di bioenergetica e di argomenti di competenza della biochimica.
Verranno affrontati nel dettaglio gli aspetti energetici che caratterizzano gli organismi
viventi con particolare riferimento alla respirazione cellulare e alla fotosintesi.
L’ampio Capitolo 4 tratta di genetica e di biologia molecolare. Si tratta di concetti
molto importanti, a volte un po’ complicati ma trattati in modo semplificato tenendo
conto dello scopo del presente manuale. Si ricorda che la maggior parte dei quiz di
biologia presenti nei test di ammissione sono inerenti al capitolo 4 di questo manuale,
l’ultima parte del quale tratta di un aspetto in continua evoluzione ovvero la tecnolo-
gia del DNA ricombinante che ha importanti applicazioni in ambito biotecnologico e
medico.
Il Capitolo 5 tratta la selezione naturale e l’evoluzione delle specie, ovvero come
i cambiamenti casuali nel patrimonio genetico di un individuo (mutazioni) possano
portare alla formazione di nuove specie nel corso di milioni di anni di evoluzione.
Il Capitolo 6 tratta l’anatomia e la fisiologia degli animali e dell’uomo. Saranno
descritti i diversi apparati e le loro funzioni in modo conciso ma adeguato a quanto
necessario ai fini del superamento del test di ammissione.
La maggior parte dei contenuti del presente testo saranno ripresi in esami specifici
nei corsi di studi di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Professioni Sanitarie, per
questo motivo tale manuale non rappresenta un semplice strumento da utilizzare per
la preparazione al test di ammissione ma vuole anche essere un valido supporto per
fornire le conoscenze di base per affrontare una carriera universitaria di tipo scientifico.
La chimica
dei viventi 1
1.1 I bioelementi
Gli esseri viventi sono costituiti per oltre il 96% da sei elementi: Carbonio, Idroge-
no, Ossigeno, Azoto, Fosforo e Zolfo (sigla CHONPS). Carbonio, idrogeno e ossigeno
entrano a far parte delle macromolecole biologiche (carboidrati, lipidi, proteine e aci-
di nucleici) (vedi § 1.4). L’ossigeno, inoltre, è fondamentale per il metabolismo degli
organismi aerobi.
L’azoto è un costituente di proteine e acidi nucleici, oltre a far parte di altre molecole
di notevole interesse biologico come, ad esempio, ormoni e neurotrasmettitori quali
adrenalina, noradrenalina, dopamina e serotonina.
Il fosforo è presente negli acidi nucleici e come gruppo fosfato entra a far parte
di composti inorganici quali l’idrossiapatite, componente fondamentale delle ossa. Il
fosforo, inoltre, è presente nei lipidi complessi quali i fosfolipidi e i fosfatidi.
Lo zolfo può essere presente nelle proteine in quanto è un componente degli ami-
noacidi metionina e cisteina e fa parte delle vitamine biotina e tiamina.
Altri elementi sono presenti in quantità molto basse ma svolgono ruoli molto im-
portanti:
Calcio: è fondamentale per la contrazione muscolare e per la conduzione dell’im-
pulso nervoso. Sotto forma di fosfato è un costituente del tessuto osseo.
Magnesio: è presente nel tessuto osseo sotto forma di fosfato, è cofattore di alcuni
enzimi ed è presente nella clorofilla.
Potassio e sodio: hanno un ruolo importante nella trasmissione dell’impulso ner-
voso, nel mantenimento dell’equilibrio acido-base e nel controllo della pressione
osmotica.
Ferro: è un costituente del gruppo eme presente nell’emoglobina. Una sua carenza,
nell’uomo, può portare ad anemia.
Fluoro: è presente nelle ossa e nei denti sotto forma di fluoroapatite.
Iodio: entra a far parte degli ormoni tiroidei.
Cobalto: è un costituente della vitamina B12.
Cloro: è il principale anione dei liquidi extracellulari ed è fondamentale per la
formazione di acido cloridrico nello stomaco.
Manganese, molibdeno, zinco e rame sono cofattori di alcuni enzimi.
Dal punto di vista molecolare, invece, le cellule sono composte per circa l’80% da acqua,
e per il restante 20% da proteine, acidi nucleici, zuccheri e lipidi.
996 La chimica dei viventi
proteina (B).
argomento del paragrafo successivo.
Grazie alla presenza dei legami a idrogeno l’acqua presenta un elevato punto di
ebollizione (100◦ C), molto più alto di un composto come l’H2 S in cui non si possono
formare legami a idrogeno (lo zolfo si trova nello stesso gruppo dell’ossigeno nella
tavola periodica ma la temperatura di ebollizione dell’acido solfidrico è –60◦ C).
Questa caratteristica risulta fondamentale per gli organismi viventi, poiché un punto
di ebollizione più basso porterebbe ad un’evaporazione della maggior parte dell’acqua
presente sul nostro pianeta, rendendo impossibile la vita cosı̀ come la conosciamo.
L’acqua è dotata di un elevato calore di evaporazione e ciò fa sı̀ che quando evapora, le
molecole che lasciano il liquido portino con loro un’elevata quantità di calore. Questo
aspetto è ben noto quando fa molto caldo e si suda: l’evaporazione del sudore (che è
una soluzione acquosa) abbassa la temperatura del corpo.
Un’altra caratteristica dell’acqua, direttamente correlata alla presenza dei legami a
idrogeno tra le molecole, è l’elevato calore specifico.
Questo aspetto implica che, fornendo una certa quantità di energia termica, la tempe-
ratura dell’acqua aumenta più lentamente di quella di quasi ogni altra sostanza. Negli
organismi viventi tale comportamento si traduce in una maggiore tendenza a mantenere
una temperatura interna il più possibile costante.
Le molecole di acqua si attraggono tra loro, grazie alla presenza dei legami a idro-
geno, e questa forza di attrazione è detta coesione. Una conseguenza della coesione è
la tensione superficiale, che fa sı̀ che la superficie dell’acqua si presenti come una sorta
di pellicola sulla quale, ad esempio, possono camminare alcuni insetti.
Grazie alla sua natura polare l’acqua è in grado di attrarre molecole sia polari sia
cariche; questo tipo di attrazione è definita adesione.
La combinazione delle forze di adesione e di coesione è responsabile dei fenomeni
di capillarità. L’acqua, infatti, all’interno di tubi molto sottili è in grado di risalire,
contro la forza di gravità. Dal punto di vista degli organismi viventi questa capacità
è molto importante per i vegetali: attraverso i vasi molto sottili delle piante, infatti,
l’acqua è in grado di salire dal terreno fino alle foglie.
Infine, una caratteristica quasi unica dell’acqua è quella di aumentare il volume
occupato nel passaggio da liquido a solido, diminuendo cosı̀ la propria densità: in effetti
il ghiaccio galleggia sull’acqua. Questo è dovuto alla formazione, nel ghiaccio, di un
reticolo cristallino che porta le molecole d’acqua ad allontanarsi le une dalle altre,
occupando quindi un volume maggiore.
Si veda il link http://youtu.be/2GUt6QlNbWU per una panoramica sulle proprietà
Biologia
chimico-fisiche dell’acqua.
1.4.1 Glicidi
I glicidi (o glucidi) sono costituiti da carbonio, idrogeno ed ossigeno con un rapporto tra
idrogeno ed ossigeno di 2:1, come nella molecola dell’acqua: questo è il motivo dell’altro
nome con cui si conoscono questi composti, ossia carboidrati (idrati di carbonio).
Una prima classificazione degli zuccheri è quella in:
monosaccaridi (o zuccheri semplici): costituiti da un’unica unità costitutiva;
disaccaridi: costituiti da due unità costitutive, ovvero due monosaccaridi;
oligosaccaridi: costituiti da tre a venti monosaccaridi;
polisaccaridi: costituiti da oltre venti monosaccaridi.
I monosaccaridi rappresentano delle unità monomeriche che si uniscono, mediante
reazioni di condensazione (Figura 1.2), a formare dei polimeri.
Figura 1.2: Schema che rappresenta una generica reazione di condensazione tra monomeri (A) e una
generica reazione di idrolisi (B).
Biologia 999
Tra gli aldosi troviamo il ribosio e il desossiribosio, presenti negli acidi nucleici, e il glucosio,
la principale fonte energetica degli organismi viventi. Tra i chetosi troviamo il fruttosio e il
ribulosio, il cui derivato fosforilato entra in gioco nella fase di reazioni della fotosintesi nota
come ciclo di Calvin (§ 3.4.4).
Quando il glucosio si trova in forma ciclica, a seconda della posizione del gruppo OH in
posizione 1, che può essere sopra o sotto il piano della molecola, la struttura è chiama-
ta alfa o beta. La Figura 1.3 rappresenta le due forme di glucosio, il glucosio-α e il glu-
cosio-β.
Queste due strutture rappresentano due isomeri detti anomeri. Come vedremo più avanti,
questa diversa disposizione dell’ossidrile legato al carbonio 1 (carbonio anomerico) riveste una
notevole importanza nella funzione che svolgono i polisaccaridi ottenuti dal glucosio.
Figura 1.3: Formazione della struttura ciclica del glucosio. La reazione tra il gruppo aldeidico e l’ossidrile in
posizione 5 dà origine a una forma ad anello. A seconda dell’orientamento, nella forma ciclica, dell’ossidrile
in posizione 1, si possono ottenere le forme α o β.
Biologia
La reazione tra due monosaccaridi dà origine ad un disaccaride. I disaccaridi più noti
sono il saccarosio (ottenuto per reazione tra α-glucosio e β-fruttosio) con formula bruta
C12 H22 O11 , il maltosio (ottenuto da due molecole di glucosio) e il lattosio (galattosio
+ glucosio) (Figura 1.4).
1000 La chimica dei viventi
Figura 1.4: Sintesi del lattosio mediante formazione del legame glucosidico tra una molecola di galattosio
e una di glucosio.
Gli animali erbivori possono cibarsi di piante perché ospitano nel proprio apparato digerente
dei microrganismi in grado di digerire la cellulosa, liberando il glucosio, che viene poi assorbito
ed utilizzato per il metabolismo cellulare.
strutturale.
L’amido e il glicogeno, che presentano il legame α-glicosidico, sono polisaccaridi con
funzione di riserva di glucosio. La cellulosa e la chitina, in cui è presente il legame
β(1→4) glicosidico, hanno funzione strutturale.
Possiamo cosı̀ riassumere le funzioni dei glicidi negli organismi viventi:
funzione di riserva energetica (glucosio);
funzione strutturale e di sostegno (cellulosa, chitina);
Biologia 1001
1.4.2 Lipidi
Dal punto di vista chimico i lipidi sono esteri di alcoli (di diversa natura) con acidi
grassi (acidi carbossilici a lunga catena).
I lipidi semplici sono i gliceridi (tra cui ricordiamo i trigliceridi), i ceridi (cere) e gli
Biologia
steridi.
I trigliceridi sono esteri in cui l’alcol, il glicerolo, è esterificato con tre molecole di
acido grasso (Figura 1.5).
La reazione inversa, ovvero l’idrolisi, può dare prodotti diversi a seconda che si operi
in ambiente basico o in ambiente acido.
1002 La chimica dei viventi
L’idrolisi acida dei trigliceridi porta alla formazione dei costituenti del lipide, ovvero
glicerolo e tre molecole di acido grasso. La reazione in ambiente basico, invece, definita
saponificazione, porta alla formazione di glicerolo e tre molecole di sale dell’acido
grasso. Questo sale è definito sapone.
riserva energetica;
1.4.3 Proteine
A parte la glicina, in cui R è un atomo di idrogeno, tutti gli aminoacidi presentano isomeria
ottica, in quanto il carbonio alfa è un centro stereogenico. Ciò fa sı̀ che esistano due enantiomeri
per ciascun aminoacido, definiti L o D. Negli organismi viventi, a parte rare eccezioni, esistono
prevalentemente L-aminoacidi.
Nella maggior parte delle proteine sono presenti 20 aminoacidi. Essi presentano diverse
caratteristiche a seconda del gruppo R, per cui è possibile effettuare una classificazione
in base a tale gruppo:
1004 La chimica dei viventi
1. Non polari (gruppo R alifatico): glicina, alanina, valina, leucina, isoleucina, me-
tionina, prolina.
2. Aromatici: fenilalanina, tirosina, triptofano.
3. Polari: serina, treonina, cisteina, asparagina, glutammina.
4. Polari e carichi: istidina, acido aspartico, acido glutammico, arginina, lisina.
Si possono distinguere gli aminoacidi in essenziali e non essenziali per un organismo.
Un aminoacido essenziale non può essere sintetizzato da quel determinato organismo,
per cui deve essere introdotto dall’esterno.
Per l’uomo gli aminoacidi essenziali sono 8: fenilalanina, isoleucina, leucina, lisina,
metionina, treonina, triptofano, valina. A questi si aggiungono, nei bambini, arginina
e istidina.
Quando due aminoacidi si legano per formare un peptide, la reazione avviene tra il
carbossile del primo aminoacido e l’amminogruppo del secondo. Il particolare legame
ammidico che si viene a formare è definito legame peptidico (Figura 1.9).
Le strutture ad α-elica
sono costituite da un fi-
lamento dato dalla suc-
cessione di legami pepti-
dici e atomi di carbonio
α che si dispone secondo
una spirale che si avvol-
ge in modo destrorso. Il
numero di ponti idroge-
no che si forma è eleva-
tissimo e quindi l’α-elica
risulta stabilizzata.
Le strutture a fogliet-
to β si sviluppano quan-
do fasci di catene all’in-
circa lineari si dispongo- Figura 1.10: Strutture secondarie delle proteine. A sinistra una struttura
di tipo α elica; a destra, in alto un foglietto β parallelo, in basso una
no in modo da appaiarsi. struttura a foglietto β antiparallelo.
Qui scatta la possibilità
di avere dei legami a idrogeno tra strutture peptidiche che si affacciano tra loro. L’al-
lineamento può essere parallelo o antiparallelo. Nell’organizzazione parallela le cate-
ne molecolari sono orientate in modo da avere tutte dalla stessa parte l’N-terminale.
In questo caso è presente una sensibile distorsione a livello dei legami a idrogeno e
di conseguenza la struttura sarà meno stabile rispetto alla struttura ad andamento
antiparallelo, nella quale i legami peptidici si affrontano senza distorsione.
La struttura terziaria deriva dalla combinazione delle strutture secondarie e consi-
ste nella conformazione tridimensionale biologicamente attiva, o nativa, della proteina
stessa.
Un’importante caratteristica della struttura terziaria è il ripiegamento a distanza, in
conseguenza del quale aminoacidi assai distanziati nella struttura primaria vengono a
trovarsi vicini. La struttura terziaria delle proteine consiste spesso di diversi domini,
unità compatte, collegati da segmenti polipeptidici (Figura 1.11).
La struttura terziaria delle proteine è ottenuta mediante un processo definito folding. In que-
sto meccanismo intervengono delle proteine, tra cui le chaperonine, che “aiutano” le proteine
nel raggiungere la loro forma tridimensionale corretta.
La struttura quaternaria di una proteina indica il modo attraverso il quale due o più
catene polipeptidiche si associano tramite interazioni non covalenti o legami trasversali
Biologia
covalenti.
La struttura che ne risulta è detta oligomero e le catene peptidiche costituenti sono
dette monomeri o subunità. Non tutte le proteine presentano struttura quaternaria.
Figura 1.11: Livelli di organizzazione delle proteine. Si veda anche il link http://youtu.be/lijQ3a8yUYQ
causa di diversi fattori, tra cui l’elevata temperatura, le variazioni di pH e la presenza
di reagenti chimici. In alcuni casi la denaturazione può essere reversibile e la proteina
recupera la propria struttura: tale meccanismo è definito rinaturazione.
Negli organismi viventi le proteine assolvono diverse funzioni:
trasporto: ad esempio l’emoglobina presente nei globuli rossi del sangue trasporta
l’ossigeno dai polmoni al resto del corpo; le proteine di trasporto della membrana
plasmatica permettono l’ingresso di specifiche molecole all’interno delle cellule;
Biochimica
recettori: catturano i segnali che giungono alle cellule, come i recettori di mem-
brana per i neurotrasmettitori o i recettori ormonali;
risposta immunitaria: gli anticorpi;
segnalazione (ormoni): gli ormoni sono coinvolti in molti aspetti del metabolismo
e della crescita cellulare;
regolazione dell’espressione genica.
Gli acidi nucleici sono macromolecole ad elevato peso molecolare e sono suddivise in
due tipologie: gli acidi desossiribonucleici (DNA) e gli acidi ribonucleici (RNA). I due
tipi di acidi nucleici hanno funzioni diverse e presentano alcune sostanziali differenze
che vedremo in seguito.
Questo reagisce con una molecola di acido fosforico (gruppo fosfato) dando origine al
nucleotide (Figura 1.13 e Tabella 1.3).
I nucleotidi formano gli acidi nucleici mediante reazioni di condensazione che avvengono
tra la posizione 3’ (contenente il gruppo ossidrile) di un nucleotide e la posizione 5’ (con-
tenente il gruppo fosfato) del secondo nucleotide. Tale reazione porta alla formazione
di un legame detto fosfodiestereo.
1008 La chimica dei viventi
Figura 1.13: Formazione del nucleoside (costituito da una base e uno zucchero) e del nucleotide (in cui il
nucleoside si unisce a uno, due o tre gruppi fosforici).
Tabella 1.3: Nomenclatura delle basi e dei rispettivi nucleosidi e nucleotidi. Il nome del nucleotide può
essere monofosfato, difosfato o trifosfato a seconda del numero di gruppi fosfato presenti.
Il primo nucleotide della sequenza avrà la posizione 5’ non impegnata in alcun legame
(cioè libera): si dice che questo rappresenta l’estremità 5’ del filamento di acido nucleico.
L’ultimo nucleotide, invece, avrà la posizione 3’ libera, non coinvolta in alcun legame.
Il filamento di acido nucleico, quindi, ha una direzionalità 5’-3’.
Il DNA assume una tipica struttura a doppio filamento, o doppia elica. I due fi-
lamenti decorrono con polarità opposta (sono antiparalleli), uno in direzione 5’-3’ e
l’altro in direzione 3’-5’. Le basi azotate dei due filamenti si affrontano in modo com-
plementare mediante formazione di legami a idrogeno. L’appaiamento è sempre tra una
adenina (A) e una timina (T), mediante due legami a idrogeno, e tra una citosina (C)
e una guanina (G), mediante tre legami a idrogeno (Figura 1.14).
La struttura a doppia elica del DNA è stata determinata nel 1953 da James Watson
e Francis Crick. Essi ricevettero per tale scoperta il premio Nobel per la medicina nel
1962, insieme a Maurice Wilkins.
La doppia elica presenta due strutture, i solchi. Questi solchi possono avere diversa
ampiezza e si distinguono in un solco maggiore e un solco minore (Figura 1.15).
Per una panoramica sulla struttura del DNA si consiglia la visione del video presente
al link http://youtu.be/ZGHkHMoyC5I.
Biologia 1009
Figura 1.14: Appaiamento delle basi complementari in un doppio filamento di DNA. È evidenziata la
formazione di due legami a idrogeno tra le basi adenina e timina e di tre legami a idrogeno tra citosina e
guanina.
Il DNA, nella struttura determinata da Watson e Crick, è definito come forma B. Una forma
alternativa si può ottenere in condizioni di disidratazione: si tratta della forma A. Esiste poi
una forma in cui la molecola risulta stirata ed è la forma Z, in cui è presente un solo solco. Le
forme A e B sono destrorse mentre la forma Z è sinistrorsa (Figura 1.16).
Biologia
Figura 1.15: Struttura a doppio filamento del Figura 1.16: Le diverse forme del DNA. La forma
DNA. Sono evidenziati il solco maggiore e il solco naturale e fisiologica è la forma B.
minore.
1010 La chimica dei viventi
La doppia elica del DNA può andare incontro, come avviene nelle proteine, a denatu-
razione. L’aumento di temperatura, per esempio, può portare alla rottura dei legami
a idrogeno che tengono insieme i due filamenti, portando allo “srotolamento” della
struttura tridimensionale dell’acido nucleico. Questo fenomeno, reversibile, è alla base
di tecniche di biologia molecolare come la PCR (vedi § 4.9.3).
Gli acidi ribonucleici sono di tre tipi: rRNA (RNA ribosomale), tRNA (RNA
transfer o RNA di trasporto) e mRNA (RNA messaggero). Ciascuno di questi RNA
ha un ruolo specifico nelle cellule, come vedremo in un capitolo successivo (vedi § 4.6.6).
Tutti gli RNA hanno la caratteristica di non associarsi a formare doppi filamenti ma
di rimanere a singolo filamento, anche se alcuni presentano strutture complesse come i
tRNA.
Gli acidi nucleici hanno funzioni molto importanti nelle cellule. La Tabella 1.4
mostra le differenze tra DNA e RNA e i loro ruoli negli organismi viventi.
di sintesi proteica
(ribosomi)
rRNA Ribosio Adenina, citosina, gua- Singolo fi- Ruolo strutturale nella
nina, uracile lamento costituzione dei riboso-
mi
tRNA Ribosio Adenina, citosina, gua- Singolo fi- Trasporto specifico di
nina, uracile lamento aminoacidi nel corso
della sintesi proteica
Figura 1.17: La presenza del catalizzatore ab- Figura 1.18: Il sito attivo di un enzima è una
bassa il livello energetico al quale si forma lo sta- parte della proteina in grado di ospitare il sub-
to di transizione, aumentando la velocità della strato. Nell’esempio, l’enzima esochinasi agisce
reazione. trasformando il glucosio in glucosio-6-fosfato.
Dal punto di vista chimico gli enzimi sono, per la quasi totalità, proteine. Esiste una
categoria di enzimi di natura non proteica, costituiti da acidi ribonucleici; si tratta di
RNA catalitici ai quali è stato dato il generico nome di ribozimi.
Gli enzimi sono dotati di elevata specificità per i substrati (reagenti) su cui agi-
scono. Si veda il link http://youtu.be/E- r3omrnxw.
La reazione avviene in una zona specifica dell’enzima definita sito attivo o sito
catalitico (Figura 1.18)
Dal punto di vista della nomenclatura, gli enzimi hanno in genere un nome che
ricorda la reazione che catalizzano e terminano con un suffisso in –asi (ad esempio la
DNA ligasi è un enzima che unisce frammenti di DNA).
È possibile effettuare una classificazione degli enzimi in base alla tipologia di rea-
zione che catalizzano (vedi Tabella 1.5).
classe
1 Ossidoreduttasi Reazioni di ossido-riduzione AH2 + B
A+BH2
2 Transferasi Trasferimento di strutture AB + C
A + BC
3 Idrolasi Scissione idrolitica AB + H2 O
A + B
4 Liasi Formazione o scissione di un AB
A + B
composto in modo reversibile
5 Isomerasi Spostamento di gruppi chimici A
B
all’interno di una molecola
6 Ligasi Unione di due molecole A + B + C → AB + X + Y
Tabella 1.5: Suddivisione in classi degli enzimi.
1012 La chimica dei viventi
Il gruppo prostetico è la parte della molecola di una proteina coniugata non derivata
da amminoacidi, cioè la parte non proteica della molecola.
1.5.2 Vitamine
Molti organismi non sono in grado di sintetizzare alcune molecole essenziali per il
Biochimica
Vitamine liposolubili
La vitamina A, o retinolo, è una molecola lipidica ottenuta dal β-carotene. Essa può
esistere in tre forme: il retinolo, il retinale e l’acido retinoico. Il retinale funge da gruppo
prostetico per la rodopsina, una proteina presente nei fotorecettori della retina. Quando
la luce colpisce il retinale, il risultato finale è la generazione di un impulso nervoso che
viaggia attraverso il nervo ottico fino al cervello. La vitamina A è necessaria per lo
sviluppo embrionale, la crescita ossea e per la funzione testicolare e ovarica.
Con il nome di vitamina D si intende un gruppo di molecole lipidiche. A seguito
di esposizione della pelle alla luce solare, il precursore 7-deidrocolesterolo viene trasfor-
mato in colecalciferolo (vitamina D3 ). La forma attiva della vitamina D3 è denominata
1,25-diidrossicolecalciferolo. La vitamina D regola l’assorbimento intestinale di calcio e
la mineralizzazione delle ossa. La carenza di vitamina D porta al rachitismo nei bambini
e a osteomalacia negli adulti.
La vitamina E, o tocoferolo, ha principalmente attività antiossidante. Una carenza
è rara ma quando è presente può portare a danni neuronali.
La vitamina K è un gruppo di composti di cui il più presente nella dieta umana
è il fillochinone, o vitamina K1 . La vitamina K2 è sintetizzata da batteri simbionti
presenti nell’intestino umano. La vitamina K favorisce la coagulazione del sangue in
quanto promuove la sintesi della forma attiva della protrombina e di altri fattori di
coagulazione.
Vitamine idrosolubili
La niacina, o vitamina B3 , è il precursore dei coenzimi NAD+ e NADP+ , coinvolti
nelle reazioni di ossido-riduzione. È anche definita vitamina PP (pellagra preventing)
e fu scoperta durante gli studi sulla patologia definita pellagra. Con il termine niacina
si intende l’acido nicotinico e il suo derivato la nicotinammide.
La riboflavina, o vitamina B2 , è il precursore dei coenzimi FMN e FAD, uti-
lizzati in molte reazioni di ossido-riduzione. Essa ha anche un ruolo importante nella
conversione della vitamina B6 nelle sue forme coenzimatiche attive.
L’acido pantotenico, o vitamina B5 , è il precursore del coenzima A, molecola
molto importante dal punto di vista metabolico.
La tiamina, o vitamina B1 , è il precursore del coenzima tiamina pirofosfato
(TPP), che fa da gruppo prostetico per alcuni enzimi molto importanti, come ad
esempio la α-chetoglutarato deidrogenasi del ciclo di Krebs.
La vitamina B6 si presenta nelle forme piridossina, piridossale e piridossalfosfato.
Quest’ultimo è la forma attiva ed è coenzima di transferasi come le transaminasi.
La biotina (nota un tempo come vitamina H) svolge il ruolo di coenzima nelle
reazioni di carbossilazione ATP-dipendenti. Essa è presente in enzimi quali la piruvato
carbossilasi e la acetil CoA carbossilasi (implicata nella sintesi degli acidi grassi).
Biologia
L’assunzione della vitamina B12 è dipendente dalla produzione, da parte dello sto-
maco, di una proteina definita fattore intrinseco. Il complesso formato dalla vitamina
con il fattore intrinseco viene riconosciuto e assorbito dalle cellule dell’intestino te-
nue. Gli individui vegetariani estremi (vegani) devono spesso utilizzare integratori di
vitamina B12 .
La vitamina C, o acido L-ascorbico, è fondamentale per la formazione del
collagene e per l’assorbimento del ferro.
1.6 Quesiti
2) D . L’azoto è un elemento presente nella struttura sia degli amminoacidi (che costi-
tuiscono le proteine), sia delle basi azotate (che sono parte dei nucleotidi, monomeri
alla base della struttura degli acidi nucleici).
re) ma anche tra atomi della stessa molecola (intramolecolare). Nel caso del legame
a idrogeno tra le molecole d’acqua, l’ossigeno che lega covalentemente i due idro-
geni, essendo il più elettronegativo, trattiene maggiormente gli elettroni di legame,
quindi ha una parziale carica negativa, mentre gli idrogeni risultano parzialmen-
te positivi. Le interazioni deboli che si formano tra ossigeno e idrogeno in questo
caso sono possibili solo tra molecole diverse, non all’interno della stessa molecola
come avviene in altri casi (ad esempio nella molecola di una proteina si formano
numerosissimi legami idrogeno intramolecolari).
1016 La chimica dei viventi
7) A . La denaturazione della proteina equivale alla perdita del suo folding, cioè della
sua struttura tridimensionale. Perché la proteina si denaturi devono rompersi le
interazioni deboli che determinano il ripiegamento della catena.
10) D . Il colesterolo appartiene alla categoria dei lipidi, una classe di molecole estrema-
mente eterogenea, che comprende molecole che hanno in comune la scarsa affinità
per l’acqua. La struttura alla base di questa molecola lipidica è steroidea, carat-
terizzata dalla presenza di quattro anelli di atomi di carbonio condensati (quindi
non è formato da una catena lineare di carboni). Il colesterolo è un componente
essenziale per la struttura delle membrane animali ed è alla base della sintesi degli
ormoni steroidei.
La cellula come base
della vita 2
2.1 La teoria cellulare
La citologia è la branca della biologia che studia la cellula dal punto di vista mor-
fologico (studio strutturale) e funzionale (studio dei processi fondamentali come la
riproduzione).
Lo studio delle cellule è stato reso possibile dall’invenzione del microscopio. Il primo fu
inventato da Galileo Galilei nel 1610. In seguito Robert Hooke lo perfezionò e fu lui, nel
1665, ad introdurre per primo il termine cellula, per descrivere gli spazi che osservava
in sezioni sottili di sughero.
Successivamente, un numero sempre crescente di ricercatori, tra cui ricordiamo An-
toni van Leeuwenhoek, Nehemiah Grew, Marcello Malpighi, Caspar Friedrich Wolff (il
padre della embriologia, la scienza che studia i fenomeni dello sviluppo di un essere
vivente), ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della biologia cellulare.
Nel diciannovesimo secolo poi, le ricerche di Schleiden e Schwann portarono alla prima
formulazione della teoria cellulare.
La teoria cellulare è uno dei principi di base della biologia. La formulazione di
tale teoria si deve a tre scienziati tedeschi, Schleiden, Schwann e Virchow, tra il 1838
e il 1855, i quali giunsero alle seguenti conclusioni:
In seguito tale teoria è stata aggiornata e la versione moderna della teoria cellulare
afferma che:
Tra gli organismi viventi vengono individuati dei livelli di organizzazione a com-
plessità crescente (in cui ogni livello è costituito da un certo numero di unità inferiori):
Livello subatomico: particelle che costituiscono gli atomi, ovvero protoni, neutroni
ed elettroni.
Specie: insieme di organismi che hanno caratteri comuni e i cui individui, incro-
ciandosi, generano una discendenza feconda.
Ecosistema: insieme delle comunità e delle sostanze non viventi con le quali i
primi stabiliscono uno scambio di materiali e di energia, in un’area delimitata.
Biosfera: insieme delle zone della Terra in cui sussistono le condizioni ambientali
che rendono possibile la vita; essa comprende tutti i biomi della Terra.
Biologia 1019
Biologia
2.1.2 I microscopi
Senza l’aiuto di uno strumento ottico, l’occhio umano è in grado di distinguere oggetti
che distino tra loro non meno di un decimo di millimetro (100 micrometri). Questa
caratteristica è detta potere di risoluzione.
1020 La cellula come base della vita
Il potere di risoluzione rappresenta la minima distanza tra due oggetti affinché questi
possano essere percepiti come separati.
circolare di DNA a doppio filamento non racchiusa all’interno di una struttura delimi-
tata da membrana (come avviene invece negli eucarioti) ma libera nel citoplasma, in
una zona definita nucleoide. A questa categoria abbiamo già detto che appartengono i
batteri e gli archeobatteri. Essi si riproducono per scissione binaria: da una singo-
la cellula si ottengono due cellule figlie geneticamente uguali tra loro e identiche alla
cellula di partenza (sono cioè dei cloni): la riproduzione è, quindi, asessuata.
Dal punto di vista della struttura, la cellula procariote è delimitata da una membrana
cellulare o membrana plasmatica, costituita da un doppio strato lipidico, come negli
eucarioti. In questi ultimi però è presente il colesterolo, assente nei batteri.
In realtà esistono dei batteri, i micoplasmi, nei quali la membrana cellulare presenta degli
steroli. Essi sono però privi della parete cellulare presente in tutti gli altri procarioti.
hanno una parete più sottile in cui è presente Figura 2.2: Struttura di una cellula procariote.
la cosiddetta membrana esterna, un doppio
strato fosfolipidico sulla cui superficie ester-
na è presente un componente definito lipopolisaccaride (LPS); esso agisce come tossina
ed è in grado di attivare il sistema immunitario. La membrana esterna è anche in grado
di impedire l’ingresso di alcuni antibiotici all’interno della cellula.
All’esterno della parete è spesso presente una capsula, costituita da polisaccaridi e
proteine con funzione protettiva. Molti batteri patogeni sono dotati di capsula (Figura
2.2).
1022 La cellula come base della vita
Da sottolineare il fatto che gli archeobatteri sono dotati di una parete priva di peptidoglicano
e che la membrana cellulare ha una composizione lipidica ben diversa da quella dei batteri e
degli eucarioti.
Sulla superficie esterna i batteri presentano altre strutture, come pili e fimbrie, ne-
cessarie per l’adesione alle cellule dell’organismo ospite.
Alcuni batteri sono dotati di uno o più flagelli, grazie ai quali possono muoversi
rapidamente. I flagelli batterici si distinguono da quelli eucarioti perché i primi sono
costituiti da flagellina e quelli eucarioti da tubulina.
All’interno del citoplasma sono presenti i ribosomi, particelle costituite da rRNA
(§ 1.4.4) e proteine, che hanno il compito di sintetizzare le proteine (§ 2.4.3). Si trat-
ta di particelle presenti in tutte le cellule, sia eucariote che procariote. Le differenze
riguardano le dimensioni, in quanto nei procarioti i ribosomi sono più piccoli.
Le differenze tra ribosomi eucarioti e procarioti sono alla base dell’azione di alcuni
antibiotici, che agiscono solo sui batteri. Una caratteristica importante degli antibiotici
è che essi sono inefficaci contro i virus i quali, non possedendo un’organizzazione
cellulare, non ne subiscono gli effetti.
Gli antibiotici sono molecole naturali o di sintesi che hanno lo scopo di uccidere i
batteri o di impedirne la duplicazione. Tra gli antibiotici più noti vi è la penicillina,
sintetizzata da una muffa del genere Penicillum. Altri antibiotici di uso comune sono
i sulfamidici (di tipo sintetico), le cefalosporine, la tetraciclina, il cloramfenicolo, la
streptomicina, l’ampicillina, l’amoxicillina.
Non tutti i batteri sono dannosi, anzi, una grande varietà è molto importante per
gli animali e i vegetali.
Fra i batteri utili all’uomo il più studiato è Escherichia coli, un componente della
flora batterica intestinale che produce vitamina K2 nell’intestino umano.
Alcuni batteri, come ad esempio Bacillus anthracis e Clostridium botulinum, in con-
dizioni ambientali sfavorevoli sono in grado di produrre spore. Sono forme quiescenti
estremamente resistenti, che possono tornare in forma vegetativa (attiva) anche dopo
centinaia di anni. Le spore resistono alle alte temperature, a condizioni estreme di pH,
ai raggi ultravioletti e ai disinfettanti. Questa caratteristica fa dei batteri patogeni
sporigeni degli organismi molto pericolosi, in quanto è necessario adottare delle misure
specifiche per distruggere anche le spore.
La Tabella 2.1 mostra alcuni batteri patogeni per l’uomo.
principalmente da chitina. Le cellule vegetali sono dotate, invece, di una parete cel-
lulare la cui componente fondamentale è la cellulosa, mentre le cellule animali sono
prive di parete cellulare.
Le cellule vegetali, a differenza di quelle animali presentano, inoltre, le seguenti
caratteristiche:
presenza del vacuolo: si tratta di una grossa vescicola circondata da una membra-
Biologia
Figura 2.3: Struttura di una cellula animale (a) e una vegetale (b).
1. intrinseche: presentano delle regioni apolari che risultano “affondate” nel doppio
strato lipidico e delle porzioni polari che sporgono su una faccia della membrana o
su entrambe. Queste porzioni sporgenti sono spesso legate a residui polisaccaridici
(si tratta di glicoproteine).
Questa struttura costituita dal doppio strato lipidico e dalle proteine è definita model-
lo a mosaico fluido (si veda il link http://youtu.be/Qqsf UJcfBc). Tale modello fu
proposto da Singer e Nicholson nel 1972. È definito fluido in quanto le molecole non
sono fisse all’interno della struttura ma possono muoversi, e mosaico per la presenza
delle tante proteine inserite all’interno della struttura lipidica (Figura 2.4).
Biologia
Figura 2.4: Rappresentazione della membrana plasmatica degli animali secondo il modello a mosaico
fluido.
1026 La cellula come base della vita
Trasporto passivo
Il trasporto passivo avviene senza dispendio di energia da parte della cellula e segue
le leggi della diffusione: una sostanza si sposta dalla regione in cui è maggiormente
concentrata verso la zona in cui è meno concentrata. In questo caso si dice che la
sostanza si muove secondo gradiente di concentrazione
due tipi di proteine di trasporto: le proteine canale, che formano dei pori idrofili
attraverso cui passano le molecole e gli ioni (Figura 2.5); l’altro tipo di proteine,
più complesse, è rappresentato dalle cosiddette proteine trasportatrici o car-
riers (Figura 2.6). Queste molecole sono proteine intrinseche (transmembrana)
e legano la sostanza da trasportare in modo specifico, da un lato della mem-
brana e mediante un cambio di conformazione sono in grado di trasportare tale
molecola sul versante opposto della membrana. Un classico esempio di molecola
trasportata mediante proteina carrier è il glucosio.
Biologia 1027
concentrati nei liquidi extracellulari mentre gli ioni potassio sono più abbondanti nel
citoplasma. La pompa trasporta il sodio dall’interno all’esterno e il potassio dall’ester-
no verso l’interno. L’energia è fornita dall’idrolisi di ATP, che viene convertito in ADP
e fosfato inorganico (Pi ). L’azione delle pompe è fondamentale per mantenere costanti
le concentrazioni ioniche all’interno della cellula e nei liquidi extracellulari.
Oltre alla pompa sodio-potassio esistono altri sistemi di trasporto attivo, per esempio
quelli per il trasporto del Ca2+ e del Cl− .
Le differenze tra trasporto passivo e trasporto attivo sono riassunte nella Tabella 2.3.
Figura 2.9: La pompa sodio-potassio è un esempio di meccanismo di trasporto contro gradiente. Tre ioni
sodio (Na+ ) e una molecola di ATP si legano alla pompa. L’idrolisi di ATP con formazione di ADP e
fosfato (Pi ) porta alla liberazione di ADP e ad un cambio di conformazione della proteina che fa sı̀ che
gli ioni Na+ siano rilasciati all’esterno. A questo punto due ioni potassio (K+ ) si legano alla proteina sul
lato extracellulare; il rilascio di fosfato riporta la proteina alla sua forma originaria e ciò permette il rilascio
degli ioni K+ all’interno della cellula.
proteine canale
Diffusione facilitata No Gradiente di concentrazione Richieste Sı̀
mediante carriers
Trasporto attivo Sı̀ Idrolisi di ATP (per muo- Richieste Sı̀
vere contro gradiente di
concentrazione)
Tabella 2.3: Schema riassuntivo relativo ai meccanismi di trasporto attraverso le membrane.
I sistemi di trasporto possono operare su una singola sostanza oppure su più sostanze
che possono essere trasportate nello stesso verso o in senso opposto. Tali modalità di
Biologia 1029
Si parla di esocitosi quando la sostanza è portata all’esterno della cellula. Si parla inve-
ce di endocitosi quando la sostanza è trasportata all’interno della cellula. Nell’ambito
dell’endocitosi si distinguono la fagocitosi (trasporto di particelle solide), la pinoci-
tosi (trasporto di materiale liquido) e un tipo di endocitosi molto specifica chiamata
endocitosi mediata da recettori
Figura 2.10: Il trasporto di una singola sostan- Figura 2.11: Nell’endocitosi (A) la sostanza da
za in una direzione si definisce uniporto. Quando internalizzare viene circondata da una invagina-
due sostanze sono trasportate nello stesso verso zione della membrana; una volta all’interno del
si parla di simporto. Al contrario, se due sostan- citoplasma la vescicola, generalmente, ha co-
ze sono trasportate in senso opposto si parla di me destinazione finale un lisosoma, all’interno
antiporto. del quale il materiale endocitato viene digerito.
Nell’esocitosi (B) le vescicole secretorie raggiun-
gono la membrana plasmatica fondendosi con
essa e rilasciando il materiale all’esterno.
Endocitosi
La pinocitosi è l’assunzione di liquidi dall’esterno della cellula. A livello della membra-
na si formano delle fossette che vanno incontro ad invaginazione, inglobando le gocce
di liquido.
Nella fagocitosi vengono inglobate sostanze solide, quali grosse molecole, fram-
menti cellulari e batteri (Figura 2.11 A). Il fenomeno è assai diffuso nei protozoi,
come l’ameba, per i quali la fagocitosi può avere funzione nutritiva. Nei mammiferi
solo i macrofagi e i granulociti, cellule deputate alla difesa dell’organismo, sono cellule
fagocitiche.
1030 La cellula come base della vita
In una prima fase la particella aderisce alla membrana plasmatica e si forma una inva-
ginazione (oppure, nel caso dei macrofagi, viene avvolta da estroflessioni della membra-
na). La vescicola cosı̀ formata, detta fagosoma, viene liberata nel citoplasma. Spesso il
contenuto della vescicola deve essere distrutto per cui il fagosoma si fonde con un liso-
soma (§ 2.4.6) formando un fagolisosoma. All’interno di questa struttura sono presenti
enzimi in grado di demolire le sostanze presenti al suo interno.
Il legame recettore-ligando fa sı̀ che si formi una fossetta rivestita da una proteina
detta clatrina. Queste fossette rivestite danno origine a vescicole che vengono cosı̀
portate all’interno della cellula (Figura 2.12). Una volta all’interno della cellula le
vescicole perdono il rivestimento di clatrina e rilasciano il proprio contenuto all’interno
di vescicole denominate endosomi. La destinazione finale è sempre un lisosoma, un
organulo contenente enzimi idrolitici.
Figura 2.12: Nell’endocitosi mediata da recettori le proteine con funzione di recettori si trovano in
fossette rivestite. Una volta legata la macromolecola, riconosciuta in modo specifico, si forma una
vescicola rivestita che viene portata nel citoplasma.
Esocitosi
Il processo di esocitosi è tipico delle cellule secretorie. Le vescicole contenenti le sostanze
da rilasciare si fondono con la membrana plasmatica e il contenuto viene riversato
all’esterno (Figura 2.11 B).
L’esocitosi può essere costitutiva (secrezione continua) oppure controllata da stimo-
li, nervosi o ormonali. In genere il processo dipende dall’aumento intracellulare di ioni
Ca2+ .
Le cellule
Oltre agli organuli sono presenti altre strutture prive di membrana che per questo
motivo non si possono definire organelli ma che sono di fondamentale importanza per
la cellula: il citoscheletro, i ribosomi e la matrice extracellulare.
2.4.1 Il citoplasma
Il citoplasma è costituito da una parte fluida, il citosol, e da una parte corpuscolata
costituita da organuli, ribosomi e citoscheletro.
Il citosol è costituito principalmente da acqua in cui sono dispersi ioni, piccole
molecole e macromolecole, soprattutto di natura proteica. Il citoplasma è la sede di
molte reazioni, ad esempio la glicolisi, e funge da riserva di materiale di diversa natura
(ioni, macromolecole, ecc.).
2.4.2 Il nucleo
Nel nucleo il DNA è combinato con proteine a formare una struttura complessa definita
cromatina, che può apparire in due forme: eterocromatina ed eucromatina. La prima è
una forma condensata mentre l’eucromatina si trova in forma dispersa con un aspetto
prevalentemente filamentoso.
Questo è l’aspetto tipico del nucleo interfasico, cioè non in divisione cellulare. Quando
la cellula deve andare incontro a divisione tutta la cromatina si condensa a formare
1032 La cellula come base della vita
2.4.3 Ribosomi
I ribosomi sono particelle del diametro approssimativo di 15-20 nm, costituite da pro-
teine e RNA ribosomali (rRNA). Possono essere liberi nel citoplasma o associati alle
membrane del reticolo endoplasmatico e sono la sede della sintesi proteica.
Quasi tutti gli rRNA necessari per l’assemblaggio dei ribosomi sono sintetizzati nel
nucleolo.
I ribosomi non sono visibili al microscopio ottico ma solo utilizzando il microscopio elettronico.
I ribosomi eucariotici hanno coefficiente 80S, mentre quelli batterici (e dei mitocondri
e cloroplasti) hanno coefficiente di sedimentazione pari a 70S. Nei procarioti le due
subunità hanno dimensioni 50S la più grande e 30S la più piccola. Negli eucarioti la
subunità maggiore è 60S e la minore è 40S.
I ribosomi sono stati messi in evidenza per la prima volta da George Palade nel 1953; per le
sue scoperte nel campo della microscopia elettronica ricevette il premio Nobel per la Medicina
nel 1974.
Le cellule
L’interno delle cisterne del reticolo è definito lume. Le membrane del reticolo si conti-
nuano con la membrana nucleare esterna.
Biologia 1033
Tale apparato deve il proprio nome a Camillo Golgi, che nel 1898 individuò una struttura
reticolare nelle cellule nervose che chiamò apparato reticolare interno. Egli vinse il premio
Nobel per la medicina nel 1906 per i suoi studi sulla struttura del sistema nervoso.
1034 La cellula come base della vita
riamente dei procarioti inglobati ed entrati in simbiosi con una cellula più grande.
Un discorso analogo vale per i cloroplasti, i quali si ritiene che fossero dei batteri
fotosintetici inglobati da una cellula dal metabolismo eterotrofo.
Tale teoria è definita teoria endosimbiontica e fu proposta nel 1967 dalla biologa
statunitense Lynn Margulis.
2.4.10 Il citoscheletro
Il citoscheletro è una rete di filamenti interconnessi presente all’interno delle cellule
eucariote. Il citoscheletro svolge numerose funzioni:
fornisce struttura e forma alla cellula;
mantiene gli organelli in posizione;
muove gli organuli all’interno della cellula;
è implicato nel movimento del citoplasma noto come corrente citoplasmatica;
è indispensabile per l’adesione tra cellule (giunzioni cellulari) e per le interazioni
tra cellula e matrice extracellulare;
fa parte di alcune strutture cellulari mobili (ciglia e flagelli) ed è coinvolto nel
movimento di alcune cellule (movimento ameboide).
Sono tre le componenti fondamentali del citoscheletro, che in ordine crescente di di-
mensioni sono: microfilamenti, filamenti intermedi e microtubuli.
I microfilamenti sono costituiti da actina. Hanno un ruolo importante nella di-
visione cellulare in quanto costituiscono un anello contrattile che fa sı̀ che le due cel-
lule figlie si separino. Essi intervengono anche nel movimento cellulare (movimento
ameboide) permettendo la formazione di pseudopodi, estroflessioni della membrana
plasmatica che permettono il movimento e i fenomeni di fagocitosi. L’attività dei mi-
crofilamenti è inibita dalla falloidina, un alcaloide prodotto dal fungo velenoso Amanita
phalloides.
I filamenti intermedi hanno diametro intermedio tra i microfilamenti e i microtu-
buli. Sono coinvolti nel mantenimento in posizione di nucleo e organuli all’interno della
cellula e sono in grado di resistere alla tensione. Le lamı̀ne che costituiscono la lamina
nucleare sono filamenti intermedi. Un’altra classe di filamenti intermedi è rappresentata
dai tonofilamenti, o filamenti di cheratina, presenti nei tessuti epiteliali.
I microtubuli sono strutture tubulari costituiti da molecole proteiche di tubulina.
Non sono strutture stabili e vanno incontro a polimerizzazione e depolimerizzazione.
Le cellule
Gli unici microtubuli stabili sono quelli che costituiscono i centrioli e l’assonema e i
corpi basali di ciglia e flagelli.
I microtubuli costituiscono uno scheletro rigido per molte cellule e fungono da binari
lungo i quali possono spostarsi delle molecole. Un esempio tipico di questa funzione è
il trasporto assonico. Nelle cellule nervose le vescicole contenenti il neurotrasmettitore
si dirigono dal corpo cellulare fino alla porzione terminale, e questo “viaggio” avviene
lungo i microtubuli grazie alla proteina chinesina (un motore proteico che si muove
idrolizzando ATP). Una funzione molto importante dei microtubuli è l’organizzazione
del fuso mitotico durante la divisione cellulare.
Biologia 1037
Ciglia e flagelli
Sono appendici mobili costituite da microtubuli.
Le ciglia sono più brevi dei flagelli e sono nor-
malmente presenti in numero elevato. Le cellu-
le flagellate presentano uno o al massimo due
flagelli.
Entrambe queste strutture presentano uno
scheletro simile: sono costituite da una strut-
tura microtubulare di tipo 9+2 (i microtubuli
si dispongono in nove coppie periferiche e una
coppia centrale) che prende il nome di assone- Figura 2.18: Microfotografia di sezione tra-
ma (Figura 2.18). Quest’ultimo, alla base delle sversale di un ciglio nella quale è eviden-
ciglia e dei flagelli, si continua in un organello te la struttura con 9 coppie di microtubuli
periferiche e 1 coppia centrale.
detto corpo basale, la cui struttura è identica a
quella del centriolo.
una cellula deve muoversi dalla propria posizione, come nel caso delle cellule embrio-
nali e delle cellule tumorali, il legame tra ECM e integrina si rompe, permettendo il
movimento della cellula.
Giunzioni comunicanti
Sono presenti tra le cellule cardiache, epiteliali, nervose e muscolari lisce. La funzione
è quella di mettere in comunicazione cellule adiacenti permettendo lo scambio di ioni,
Le cellule
Il periodo che intercorre tra due successive divisioni cellulari è definito ciclo cellulare.
Il ciclo cellulare può essere diviso in interfase e mitosi. L’interfase si divide in interfase
autosintetica (fase S) ed interfase eterosintetica, a seconda che l’attività cellulare sia
rivolta alla duplicazione del DNA o alla sintesi di altre molecole.
fase M: 1 – 2 ore;
fase G1: ha durata estremamente variabile a seconda del tipo cellulare, da poche
ore ad alcuni giorni.
Le cellule
stabili: sono cellule che non si dividono in condizioni normali ma che possono
rientrare in ciclo come gli epatociti (si trovano in fase G0);
perenni: sono elementi cellulari che entrano definitivamente in fase G0 e che quindi
non possono più dividersi. Un esempio è rappresentato dai neuroni.
Biologia 1041
La transizione tra fase G1 e fase S è un punto di non ritorno per la cellula (detto punto di
restrizione): raggiunto tale punto la cellula è “obbligata” a duplicare il proprio DNA. In que-
sta transizione interviene il complesso ciclina E-CdK2, il quale agisce fosforilando la proteina
retinoblastoma (Rb), la quale blocca l’ingresso della cellula in fase S. L’azione della chinasi
ciclina-dipendente rimuove il blocco determinato dalla proteina Rb e permette il passaggio
della cellula alla fase S.
La Rb è una proteina codificata da un gene appartenente alla famiglia degli oncosop-
pressori. Tali proteine hanno un ruolo importante nel prevenire l’insorgenza di tumori sia
attraverso il controllo del ciclo cellulare sia mediante altre funzioni. Un altro importante
oncosoppressore è la proteina p53.
Esistono poi dei fattori di controllo esterni: alcuni ormoni, i fattori di crescita,
l’inibizione da contatto e la dipendenza dall’ancoraggio. L’inibizione da contatto è il
blocco della divisione cellulare in seguito al contatto tra le cellule (il ciclo entra in
fase G0). La dipendenza dall’ancoraggio, invece, riguarda la possibilità delle cellule
di dividersi solo se sono a contatto con una superficie solida. In questa regolazione
intervengono le proteine integrine.
Uno dei fattori determinanti nell’insorgenza del cancro è la perdita, da parte delle
cellule tumorali, dei sistemi di controllo del ciclo cellulare.
2.5.3 Mitosi
Le cellule somatiche proliferano mediante un processo di divisione nucleare detto mitosi.
Durante la mitosi i cromosomi, che sono stati duplicati durante l’interfase e sono ora
composti di due cromatidi fratelli, sono ugualmente suddivisi nelle due cellule figlie
(vedi i link: http://youtu.be/VlN7K1-9QB0 e http://youtu.be/cvlpmmvB m4).
Biologia
La colchicina è una sostanza utilizzata per bloccare la divisione cellulare. La sua funzione si
esplica alterando il normale funzionamento del fuso mitotico.
Anafase
Le cellule
All’anafase i due cromatidi fratelli di ciascun cromosoma si separano a livello del cen-
tromero e vengono trascinati verso i poli dai microtubuli che si accorciano progressiva-
mente. Ogni cromatidio diventa un cromosoma a tutti gli effetti.
Telofase
I cromosomi iniziano a despiralizzarsi costituendo la cromatina e si costruiscono i due
nuclei figli: si forma l’involucro nucleare e ricompaiono i nucleoli. In contemporanea
Biologia 1043
inizia la citodieresi o citocinesi, che avviene in modo diverso nelle cellule vegetali e
in quelle animali. Nei vegetali la divisione inizia dalla parte più interna della cellula
dove si forma una struttura detta fragmoplasto, che si accresce per fusione di vescicole
provenienti dal complesso di Golgi fino alle zone periferiche.
Negli animali compare un sol-
co equatoriale che si restringe fino
a dividere la cellula in due cellule
figlie. Tale solco si forma per la pre-
senza di un anello contrattile costi-
tuito da filamenti di actina (Figura
2.24).
In alcune cellule la mitosi
può arrestarsi prima della telofa-
se per cui si accumulano all’inter-
no del nucleo più copie del cor-
redo cromosomico, determinando
una situazione nota come poliploi-
dia. Questa condizione è frequen- Figura 2.24: Rappresentazione schematica delle fasi della
mitosi.
te nei vegetali ma molto rara negli
animali.
Se a seguito di divisione nucleare non avviene divisione cellulare si può ottenere una cellula
definita plasmodio. Una situazione diversa si ha quando una cellula presenta più nuclei a
seguito di fusione di più cellule: in questo caso si parla di sincizio (un esempio è rappresentato
dalle fibrocellule muscolari striate).
2.5.4 Meiosi
Ogni cellula diploide contiene due copie di ogni cromosoma, definiti cromosomi omo-
loghi, uno di origine paterna e uno di origine materna. Al fine di preservare lo stato
di diploidia è necessario che le cellule riproduttive possiedano un corredo aploide.
Il significato funzionale della meiosi è proprio quello di ridurre della metà il corredo
cromosomico, producendo gameti aploidi.
La meiosi consta di due successive divisioni dette meiosi I e meiosi II: la prima è
definita riduzionale, in quanto dimezza la quantità di cromosomi, la seconda è detta
equazionale, perché mantiene inalterato il numero di cromosomi ottenuti dopo la prima
divisione. Entrambe le divisioni meiotiche presentano le quattro fasi descritte per la
mitosi: profase, metafase, anafase, telofase.
Biologia
Profase I
La cromatina inizia a condensare e a spiralizzarsi
e i cromosomi omologhi si appaiano in un processo
detto sinapsi (Figura 2.25). Dal momento che sono
coinvolti quattro cromatidi (due per ogni omologo)
le strutture risultanti da questo appaiamento sono Figura 2.25: Formazione della tetrade in
dette tetradi. I cromatidi di cromosomi omologhi profase I. Sono evidenziati i chiasmi.
vengono in contatto tra loro scambiandosi alcuni
tratti: questo fenomeno è definito crossing-over (o ricombinazione omologa) e genera
1044 La cellula come base della vita
variabilità genetica, perché gli assetti cromosomici risultano diversi da quelli di partenza
(Figura 2.26). I punti di contatto in cui avviene questo scambio di materiale genetico
sono detti chiasmi.
Gli altri eventi della profase I sono identici a quelli
visti per la mitosi: scomparsa dell’involucro nucleare e dei
nucleoli, spostamento dei centrioli e formazione del fuso.
A causa della complessità e della durata della profase
I, essa è stata suddivisa in diverse sottofasi:
anafase II: separazione dei due cromatidi e loro spostamento verso i poli della
cellula;
Figura 2.27: Durante la meiosi I avviene il crossing-over e nell’anafase I si separano i cromosomi omologhi
e il numero di cromosomi viene dimezzato. Durante la meiosi II nell’anafase si separano i cromatidi fratelli.
Il numero di cromosomi, al termine delle due divisioni, è dimezzato (cellule aploidi, n).
Biologia
Nei Mammiferi la meiosi avviene con modalità diversa nel maschio e nella femmina (§
6.11.1 e § 6.11.2): nel maschio è continua per tutto il periodo della maturità sessuale,
nella femmina è solo embrionale o postnatale. Negli individui di sesso femminile avviene
un primo blocco in profase I, dopodiché la divisione riprende con la maturità sessuale
e si blocca in metafase II. La divisione completa avviene solo dopo la fecondazione.
Nel maschio la meiosi produce sempre quattro spermatozoi aploidi, mentre nella femmina si
ottengono una cellula uovo e tre globuli polari inutili ai fini della fecondazione.
AIF.
Più tessuti possono associarsi per dare origine agli organi che, a loro volta, possono
formare gli apparati.
Negli animali esistono quattro tipi principali di tessuto: epiteliale, connettivo, muscolare
e nervoso.
La stretta vicinanza delle cellule tra loro è dovuta ai complessi di giunzione visti in
precedenza (§ 2.4.12). Gli epiteli non sono vascolarizzati per cui le sostanze nutritive e
l’ossigeno sono fornite dal tessuto connettivo associato all’epitelio.
L’epitelio, a seconda del tipo e della localizzazione, svolge le seguenti funzioni:
protezione;
ricezione di stimoli;
trasporto di sostanze.
Dal punto di vista embrionale, gli epiteli derivano da endoderma, mesoderma ed ecto-
derma, che rappresentano i tre foglietti embrionali (vedi § 6.14.2).
È possibile classificare gli epiteli, dal punto di vista funzionale in:
Epiteli di rivestimento
Gli epiteli di rivestimento rappresentano lo strato più superficiale di membrane che
Biologia
mucose: ricoprono le superfici delle cavità del corpo che comunicano con l’esterno
(tubo digerente, apparato respiratorio);
esofago e vagina.
gli epiteli cubici e cilindrici pluristratificati sono poco diffusi.
Figura 2.29: Rappresentazione di alcuni epiteli: epitelio cilindrico semplice, con cellule cigliate (a),
epitelio pavimentoso semplice (b), epitelio di transizione (c) ed epitelio pavimentoso stratificato non
cheratinizzato (d).
Le cellule dell’epidermide sono i cheratinociti (le più abbondanti), i melanociti (che sin-
tetizzano melanina) e le cellule di Langerhans (cellule dendritiche), che hanno funzione
immunitaria riconoscendo gli antigeni e presentandoli ai linfociti.
Le cellule epiteliali sono dotate di polarità ovvero la superficie basale, quella rivolta
verso il tessuto connettivo, è diversa da quella apicale. Sulla superficie laterale sono
presenti le giunzioni cellulari viste in precedenza (2.4.12).
La superficie apicale (o libera) può presentare delle ciglia oppure degli orletti,
costituiti da un elevato numero di estroflessioni della membrana che prendono il nome
di microvilli. Il loro scopo è aumentare la superficie della membrana; per tale motivo
sono presenti in quegli epiteli deputati all’assorbimento, come nei tubuli renali (orletto
a spazzola) e nell’intestino (orletto striato, Figura 2.30). Un’altra specializzazione della
superficie libera è rappresentata dalle stereociglia: si tratta di microvilli lunghi e
sottili, non mobili.
Biologia
Figura 2.30: Rappresentazione schematica e microfotografia di cellula epiteliale di intestino. Sono eviden-
ziati i vari tipi di giunzione e i microvilli sulla superficie apicale della cellula, tipici delle cellule deputate
all’assorbimento di sostanze.
1050 La cellula come base della vita
Ghiandole esocrine
Le ghiandole esocrine possono essere unicellulari o pluricellulari. Nei Mammiferi esiste
un solo tipo di ghiandola unicellulare: la cellula caliciforme, che si trova tipicamente
all’interno di un epitelio di rivestimento di una mucosa. Le cellule caliciformi producono
muco.
Biologia 1051
olocrine: l’intera cellula che ha prodotto il secreto degenera diventando essa stessa
parte del secreto, come nel caso delle ghiandole sebacee;
apocrine: la parte apicale del citoplasma si stacca dalla cellula e viene libera-
to insieme alle vescicole di secrezione che contiene (un esempio è la ghiandola
mammaria).
Ghiandole endocrine
Le ghiandole endocrine riversano il proprio secreto nel circolo sanguigno e possono cosı̀
agire a distanza. L’organo su cui agisce l’ormone è detto organo bersaglio e possiede
il recettore specifico per quell’ormone.
Dal punto di vista strutturale possiamo distinguere le ghiandole endocrine in uni-
cellulari e pluricellulari.
Le principali ghiandole endocrine e gli ormoni da esse prodotti sono trattati in un
capitolo dedicato (§ 6.12).
La parte della medicina che si occupa dello studio delle ghiandole endocrine si chiama
endocrinologia.
Biologia
Esistono diversi tipi di tessuto connettivo ma tutti hanno in comune l’origine embrio-
nale (dal mesenchima, tessuto connettivo embrionale che si origina dal mesoderma)
e la presenza di cellule separate tra loro da abbondante sostanza intercellulare (o
1052 La cellula come base della vita
matrice). Questa è costituita da una parte amorfa e da una fibrillare. La sostanza fon-
damentale amorfa è una sostanza colloidale complessa che varia da tessuto a tessuto.
La parte fibrillare può essere di tre tipi:
1. fibre collagene: il collagene è la proteina più diffusa negli animali (è una glico-
proteina) e si organizza a formare delle fibre dotate di notevole resistenza alla tra-
zione, sono flessibili ma poco estensibili. Esistono diversi tipi di collagene, ma tutti
presentano elevate quantità di tre aminoacidi: glicina, prolina e idrossiprolina;
sostegno;
nutrizione;
Le tipiche cellule del tessuto connettivo sono i fibroblasti, che sono le responsabili
della sintesi della sostanza intercellulare. Quando queste cellule perdono la loro atti-
vità sintetica sono detti fibrociti. Oltre a questo tipo cellulare sono presenti macrofagi
(o istiociti ), mastociti e plasmacellule. I macrofagi sono cellule dotate di attività
fagocitica che intervengono nei processi di difesa; essi derivano dai monociti del sangue.
I mastociti sono cellule abbastanza grandi in cui sono presenti numerosi granuli con-
tenenti istamina e eparina. L’eparina è una sostanza ad azione anticoagulante mentre
l’istamina è un vasodilatatore. Nel corso di reazioni allergiche avviene la degranulazione
dei mastociti con liberazione di grandi quantità di istamina.
Biologia 1053
Gli antistaminici, utilizzati come farmaci antiallergici, legano i recettori dell’istamina bloccan-
done l’azione.
fibrosa: è assai simile al tessuto connettivo denso ed è presente nei dischi in-
tervertebrali, nella sinfisi pubica, in alcuni menischi articolari e nella zona di
inserzione di alcuni tendini sull’osso.
Tessuto osseo
Il ruolo principale del tessuto osseo è di tipo meccanico in quanto costituisce un sostegno
per l’organismo e una protezione per alcuni organi interni. Oltre a questa ben nota
funzione, il tessuto osseo ha anche un importante ruolo di riserva di ioni calcio e
fosfato.
osteoblasti: sono responsabili della sintesi della matrice ossea, la quale si dispone
intorno alla cellula creando una zona che prende il nome di lacuna, che imprigiona
l’osteoblasto che diventa una cellula quiescente detta osteocita;
dividersi;
osteoclasti: sono cellule polinucleate (sincizi che derivano dalla fusione di mo-
nociti ) che presentano microvilli sulla superficie. Il ruolo di queste cellule è quello
di erodere e assorbire la matrice ossea.
La condizione per cui si ha perdita di massa ossea e indebolimento dell’osso è noto come
osteoporosi. Essa colpisce maggiormente le donne in menopausa e gli individui in età senile
ed è principalmente dovuta ad un aumento del rapporto osteoclasti/osteoblasti.
della quale sono presenti le cavità midollari che ospitano il midollo osseo. Quest’ultimo
è presente anche nella parte centrale delle ossa lunghe (detta cavità midollare della
diafisi). Nell’osso spugnoso mancano gli osteoni e tra le trabecole non sono presenti
vasi sanguigni.
Tutte le ossa sono ricoperte da un tessuto connettivo detto periostio, che è assente
sulle superfici articolari e nelle zone di inserzione dei tendini e dei legamenti. Le cavità
midollari dell’osso spugnoso e della diafisi sono invece ricoperte da uno strato di tessuto
connettivo denominato endostio. Questi due tipi di tessuto sono dotati di proprietà
osteogeniche, sono cioè in grado di produrre nuovo tessuto osseo.
Esistono due forme estremamente specializzate di tessuto osseo, localizzate a livello
dei denti (vedi § 6.9): la dentina (o avorio) e il cemento. La prima è un tessuto non
vascolarizzato prodotto dagli odontoblasti, che non rimangono intrappolati nella ma-
trice che producono e non divengono quiescenti. Anche il cemento non è vascolarizzato
ed è prodotto dai cementociti.
Nei denti si trova anche lo smalto, la sostanza più dura del corpo umano, che come
abbiamo visto non è formato da tessuto osseo ma da un epitelio modificato (§ 2.6.1).
Tessuto linfoide
Si tratta di un particolare tessuto connettivo in cui la componente cellulare è costituita
principalmente da linfociti. A differenza dei tessuti connettivi veri e propri, il tessuto
linfoide non ha funzione trofica (di nutrimento) ma difensiva. Esso è costituito da (vedi
§ 6.7.3):
organi linfoidi primari: timo e midollo osseo;
organi linfoidi secondari: linfonodi, milza, tessuto linfoide associato alle mucose
(MALT).
Il sangue
Il sangue è un tessuto connettivo fluido costituito da una parte corpuscolata (gli ele-
menti figurati: globuli rossi, globuli bianchi, piastrine) e da una parte liquida, il plasma,
che costituisce la sostanza intercellulare e che non è sintetizzata dalle cellule del san-
gue. La parte corpuscolata rappresenta circa il 45% del volume del sangue e il restante
55% è costituito dal plasma.
L’eccessiva produzione di fibrina può portare ad una condizione patologica nota come trombosi.
Elementi figurati
Gli elementi figurati o elementi corpuscolati sono cellule (leucociti o globuli bianchi) o
particelle di derivazione cellulare (eritrociti o globuli rossi e piastrine).
I globuli bianchi o leucociti rappresentano un gruppo di cellule del sangue, di
diametro variabile tra 8 e 20 µm, presenti in numero compreso tra 4000 e 10000 per
millimetro cubo di sangue. Quando il loro numero è inferiore alla norma si parla di leu-
copenia, al contrario se il loro numero supera in modo significativo le quantità normali
si parla di leucocitosi.
Leucocita Quantità
I leucociti sono dotati di movimento ameboi- percentuale
de e possono attraversare i vasi passando attraver- Granulociti 50-65%
so le cellule endoteliali: tale caratteristica è detta neutrofili
diapedesi. Granulociti 1-4%
I leucociti appartengono a tre categorie: eosinofili
Granulociti < 1%
1. granulociti ; basofili
Monociti 2-8%
2. monociti ;
Linfociti 20-35 %
3. linfociti. Tabella 2.4: La formula leucocitaria.
La quantità percentuale di tali elementi cellulari nel sangue è detta formula leucocitaria
Biologia
Emopoiesi o ematopoiesi
L’emopoiesi è la formazione degli elementi del sangue e nell’uomo adulto avviene nel
midollo osseo.
Durante la vita embrionale l’ematopoiesi inizia intorno alla seconda settimana di ge-
stazione nel sacco vitellino dopodiché, intorno al secondo mese di sviluppo inizia l’e-
mopoiesi epatica. Dal quinto-sesto mese entra in gioco il midollo osseo, che sarà la sede
definitiva di emopoiesi.
Durante lo sviluppo intrauterino gli elementi del sangue derivano da una cellula
staminale totipotente, in grado cioè di dare origine a qualsiasi cellula dei tessuti con-
Biologia
nettivi, la quale dà origine ad una cellula staminale emopoietica pluripotente, da cui
poi si differenziano i diversi elementi corpuscolati del sangue.
Gli eritrociti e i leucociti, ad eccezione dei linfociti, appartengono alla linea mieloide
mentre i linfociti alla linea linfoide. Nel primo caso esiste un precursore mieloide da
cui derivano i megacarioblasti (che daranno origine alle piastrine), gli eritroblasti (che
danno origine ai reticolociti da cui si formano gli eritrociti) e mieloblasti (precursori
dei granulociti e dei monociti). Nel secondo caso il linfoblasto darà origine ai linfociti
T, ai linfociti B e alle cellule natural killer (§ 6.15.1 e § 6.15.2).
1060 La cellula come base della vita
L’assone può essere avvolto da un rivestimento detto guaina mielinica (Figura 2.35).
Si tratta di cellule gliali che si avvolgono intorno all’assone: nel sistema nervoso centrale
sono gli oligodendrociti, nel sistema nervoso periferico sono le cellule di Schwann.
Alcuni punti dell’assone rimangono scoperti e sono detti nodi di Ranvier.
Le cellule
Il potenziale d’azione
I neuroni, come le cellule muscolari e alcune cellule degli epiteli sensoriali, sono cellule
eccitabili, in grado cioè di modificare drasticamente le proprietà elettriche della propria
membrana plasmatica.
Biologia 1061
entrare ioni sodio (secondo gradien- cariche positive nella zona adiacente a quella di ingresso
te). Il potenziale di membrana, grazie degli ioni sodio porta ad un aumento del potenziale di
membrana fino al raggiungimento del valore soglia, che
al massiccio ingresso di cariche posi- causa l’apertura di un altro canale voltaggio-dipendente.
tive, raggiunge rapidamente (in circa
1 millisecondo) valori positivi, intorno ai +35 mV, scatenando il cosiddetto potenziale
d’azione, si ha cioè una depolarizzazione. I canali voltaggio-dipendenti ora si chiudo-
no, la pompa sodio-potassio ricomincia il proprio lavoro e la differenza di potenziale
ritorna a valori negativi e, anzi, per un tempo di 1-2 ms raggiunge un valore ancora più
negativo del valore di riposo (iperpolarizzazione): si parla di periodo di refrattarietà,
1062 La cellula come base della vita
che impedisce l’immediato instaurarsi di un nuovo potenziale d’azione. Ciò fa sı̀ che
il potenziale d’azione si propaghi verso regioni della membrana che non sono ancora
state interessate dal fenomeno e che presentano ancora un lato interno della membrana
negativo, in grado quindi di attirare le cariche positive penetrate nelle regioni in cui si
è scatenato il potenziale d’azione (Figura 2.37).
La causa scatenante il potenziale d’azione è il raggiungimento del valore soglia, al
di sotto del quale non si verifica nulla di quanto abbiamo descritto: si parla di risposta
tutto o nulla, o si instaura il potenziale d’azione o non succede nulla.
Il tipo di conduzione descritta è di tipo continuo, ma quando si giunge a livello
dell’assone mielinizzato la conduzione passa da continua a saltatoria: la guaina mielinica
è un isolante per cui i canali voltaggio-dipendenti possono aprirsi solo in corrispondenza
dei nodi di Ranvier (l’impulso “salta” da un nodo all’altro). Questo tipo di conduzione
è più rapida di quella continua (si stima sia circa 50 volte più veloce raggiungendo
velocità di 100 m/s contro 0,5-2 m/s delle fibre amieliniche).
Le sinapsi
Esistono due tipi di sinapsi, elettriche e chimiche. Nelle prime l’impulso viene tra-
smesso alla cellula post-sinaptica mediante passaggio diretto di ioni tramite giunzioni
comunicanti. Sono più rapide delle sinapsi chimiche, in cui la trasmissione dell’impulso
è mediato da un segnale chimico, perché la trasmissione dell’impulso avviene in modo
diretto. Nelle sinapsi chimiche, più frequenti di quelle elettriche, le due cellule coinvolte
non sono in contatto diretto ma esiste uno spazio tra le due membrane, lo spazio sinap-
tico o fessura sinaptica, all’interno del quale viene rilasciato dal neurone pre-sinaptico
un mediatore chimico (un neurotrasmettitore). Sulla membrana dell’elemento post-
sinaptico sono presenti recettori specifici per quel neurotrasmettitore che, una volta
legato al proprio recettore, induce una risposta cellulare (Figura 2.38).
Le cellule
Cellule gliali
La glia (o neuroglia) è costituita da cellule non eccitabili che rappresentano un
sostegno per le cellule nervose. Esistono diversi tipi di cellule gliali:
astrociti : sono coinvolti nel riciclo dei neurotrasmettitori rilasciati nello spazio
sinaptico e contribuiscono alla formazione della barriera emato-encefalica;
Gli astrociti sono cellule che possono andare più frequentemente incontro a trasforma-
zione neoplastica: il glioblastoma e l’astrocitoma, infatti, sono tra i più frequenti tumori
cerebrali.
striato scheletrico;
striato cardiaco;
liscio.
1064 La cellula come base della vita
Gli elementi contrattili sono denominati miofibrille, contenenti dei miofilamenti re-
sponsabili della contrazione muscolare. La denominazione “striato” o “liscio” dipen-
de dall’aspetto al microscopio: nel muscolo striato appare una bandeggiatura delle
miofibrille che è assente nel muscolo liscio.
Dal punto di vista funzionale possiamo classificare i muscoli in:
La contrazione avviene per scivolamento dei filamenti sottili su quelli spessi verso
il centro del sarcomero e il movimento avviene in direzione opposta nei due “mezzi”
sarcomeri.
È possibile schematizzare il meccanismo di contrazione mediante una serie di eventi
che si ripetono ciclicamente. Entrano in gioco gli ioni Ca2+ che fuoriescono dal reticolo
sarcoplasmatico in seguito ad un impulso nervoso e che possono legare la troponina.
Tale legame fa avvenire un cambio di conformazione della proteina la quale non è più
in grado di tenere la tropomiosina posizionata sui siti di legame dell’actina verso la
miosina, i quali risultano cosı̀ accessibili alle teste di miosina. Contemporaneamente la
1066 La cellula come base della vita
miosina lega una molecola di ATP (si energizza) e grazie all’azione ATPasica produce
ADP e fosfato e la testa può cosı̀ legare l’actina sul filamento sottile. Il fosfato e
l’ADP vengono rilasciati e la testa della miosina si flette trascinando il filamento sottile
verso il centro del sarcomero. Una nuova molecola di ATP interagisce con la miosina
provocandone il distacco dall’actina e il ciclo può riprendere.
Risulta evidente che in assenza di ATP la miosina non può staccarsi dall’actina e ciò è quanto
si verifica alla morte dell’individuo: la produzione di ATP cessa e i muscoli restano in una
condizione di contrazione nota come rigor mortis.
Giunzione neuromuscolare
La giunzione neuromuscola-
re (o placca motrice) è un
tipo di sinapsi tra un assone
di un motoneurone e una fi-
bra muscolare. L’impulso ner-
voso che giunge al bottone si-
naptico del neurone provoca la
liberazione dell’acetilcolina nel-
la fessura sinaptica. Sul sarco-
lemma sono presenti recettori
per l’acetilcolina che a seguito
del legame con il neurotrasmet-
titore causano la depolarizza-
zione della membrana e, come
conseguenza di ciò, la liberazio-
ne di Ca2+ dal reticolo sarco-
plasmatico. Questo evento pro-
voca la contrazione muscolare
secondo il meccanismo visto in
precedenza. L’acetilcolina viene
poi rapidamente rimossa dal-
lo spazio sinaptico grazie all’a-
zione dell’acetilcolinesterasi e la
Le cellule
contrazione si arresta.
Esistono sostanze, veleni e
tossine, che interferiscono con
questo meccanismo. Due tipici
esempi sono la tossina botuli-
nica e il curaro. La prima im-
pedisce il rilascio del neurotra-
smettitore, il secondo lega i re- Figura 2.41: I tre tipi di tessuto muscolare: scheletrico (A),
cettori per l’acetilcolina senza cardiaco (B), liscio (C).
Biologia 1067
2.7 Quesiti
1) I batteri si moltiplicano per: A Batteriofagi
A gemmazione B Virus
C Le cellule animali
B mitosi
D Le alghe
C scissione binaria
E Monere
D meiosi
4) Oltre ai fosfolipidi, cosa compone la
E partenogenesi
membrana plasmatica?
2) I microscopi ottici ingrandiscono l’im- A Trigliceridi liberi
magine fino a 1000 volte. Alla mas-
sima risoluzione (0,2 µm) è possibile B Molecole di colesterolo
osservare: C Basi azotate
Biologia
A batteri D Ribosomi
A trascrizione A Neurone
B restrizione B Cellule staminale
C coniugazione C Le cellule degli epiteli di rivestimento
D crossing-over
D Epatocita
E duplicazione
E Cardiomiocita
6) In quali delle seguenti strutture delle
cellule eucariotiche animali è presente 9) Si ritiene che alcuni organelli cellula-
il DNA? ri abbiano un’origine endosimbiontica.
Tali organelli sono:
A Nucleo e citoplasma
B Citoplasma e mitocondri A i perossisomi
C Nucleo e mitocondri B i cloroplasti
D Reticolo endoplasmatico e nucleo C i mitocondri ed i cloroplasti
E Nucleo, citoplasma e mitocondri D i lisosomi
7) Quale compito svolge l’apparato del E i lisosomi ed i perossisomi
Golgi?
dei tessuti ghiandolari come gli epatociti); (3) cellule “labili” che continuamente
compiono il ciclo, come le cellule staminali (presenti ad esempio nel midollo osseo)
e degli epiteli di rivestimento.
9) C . Secondo gli studiosi i mitocondri e i cloroplasti deriverebbero da antichi pro-
carioti che si sono introdotti in cellule più grandi. Qui i procarioti avrebbero dato
origine a un rapporto di simbiosi: la cellula più grande avrebbe fornito biomole-
cole e sali minerali, mentre i procarioti avrebbero fornito energia. Questa teoria
è detta endosimbiontica appunto perché prevede una simbiosi, ossia un rapporto
1070 La cellula come base della vita
vantaggioso, tra due organismi che vivono l’uno all’interno dell’altro. Tra le svaria-
te osservazioni che hanno suggerito questa teoria ci sono: (1) la presenza di DNA
circolare (simile al DNA batterico) negli organelli, (2) la capacità degli organelli di
replicarsi indipendentemente dalla replicazione della cellula, (3) la presenza negli
organelli di ribosomi tipici della cellula batterica, (4) le dimensioni dei mitocondri
compatibili con le dimensioni di un batterio.
10) D . I mitocondri possono essere coinvolti nella morte cellulare programmata: l’apop-
tosi può infatti avvenire in seguito all’attivazione di diverse vie, tra cui le principali
sono: (1) la via recettoriale, che prevede l’attivazione di specifici recettori sulla
superficie della cellula; (2) la via mitocondriale, in cui i mitocondri, a seguito di
alcuni stimoli, rilasciano il citocromo c nel citoplasma. Entrambe le vie convergono
nell’attivazione di eventi che portano all’esecuzione di un programma di suicidio
cellulare.
Le cellule
Bioenergetica
3
La bioenergetica studia le attività biochimiche che la cellula utilizza nei normali pro-
cessi fisiologici e che implicano un utilizzo, uno scambio o un immagazzinamento di
energia. Le cellule, quindi, trasformano l’energia per sviluppare lavoro utile al proprio
mantenimento: questo mantenimento, unito alle entrate ed alle uscite (in termini ener-
getici), fa permanere le cellule in uno stato stazionario. Quando la cellula smette di
trasformare l’energia in lavoro sopraggiunge la morte fisiologica (stato di equilibrio).
Le reazioni alla ba-
se di questi processi sono
classificate con il nome di
metabolismo, che com-
prende le reazioni coin-
volte sia nella sintesi
(anabolismo) che nel-
la distruzione di biomo-
lecole (catabolismo) e
che, in ultima analisi,
consentono la sopravvi-
venza cellulare (Figura Figura 3.1: Reazioni cataboliche ed anaboliche: il ruolo dell’ATP e dei
3.1). Queste trasforma- coenzimi NAD+ /NADH, FAD/FADH2 , NADP+ /NADPH.
zioni chimiche sono asso-
ciate a reazioni di ossido-riduzione (redox) e vengono accompagnate dall’utilizzo o
dall’immagazzinamento di energia chimica: nelle cellule la principale “moneta di
scambio energetico” è l’ATP (adenosin trifosfato), mentre un ruolo importante per i
processi ossido-reduttivi è svolto dai coenzimi NADP+ (per la fotosintesi) e NAD+
e FAD (per la respirazione). Questi coenzimi lavorano insieme ad enzimi chiamati
deidrogenasi, fondamentali nel metabolismo energetico.
Le reazioni cataboliche implicano una produzione di energia sotto forma di equivalenti ridu-
centi che possono essere successivamente trasformati in ATP, mentre le reazioni anaboliche
utilizzano gli equivalenti riducenti riportandoli al loro stato ossidato.
reazione:
ADP + Pi → ATP.
Il nicotinammide adenin dinucleotide (NAD+ /NADH) è un coenzima associato
a numerosi enzimi in grado di catalizzare reazioni redox (Figura 3.3). Il NAD+ è la
forma ossidata del coenzima e va incontro ad una reazione reversibile per formare il
NADH, che rappresenta la forma ridotta:
NAD+ + 2e− + H+ → NADH
Biologia 1073
C6 H12 O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2 O + energia (686 kcal/mol, ovvero 2870 kj/mol)
In biochimica, molto spesso, gli acidi vengono indicati nella loro forma dissociata, ecco perché
quando si parla di acido piruvico si può utilizzare il termine piruvato. Analogamente l’acido
succinico viene indicato come succinato, l’acido ossalacetico come ossalacetato, ecc. Questo a
volte può generare confusione per cui è bene tenere presente tale terminologia.
Il ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA), o ciclo di Krebs, che negli eucarioti
avviene nei mitocondri e nei procarioti nel citoplasma, porta a termine l’ossidazione
completa dell’acido piruvico per formare CO2 (6 molecole per ogni molecola di glucosio)
e cosı̀ facendo genera potere riducente sotto forma di NADH (8 molecole) e FADH2
(2 molecole), oltre a due molecole di GTP che verrà poi convertito in ATP. Tutte le
reazioni del ciclo di Krebs coinvolgono una serie di enzimi solubili situati nella matrice
del mitocondrio, tranne la reazione catalizzata dalla succinato deidrogenasi: questo
Energetica
Risulta evidente che non tutto il carbonio che entra nella via respiratoria ne esce
sotto forma di CO2 . Gli intermedi metabolici presenti sia nella glicolisi che nel ciclo
TCA costituiscono un punto di partenza per altre vie metaboliche cellulari (sintesi
di alcuni amminoacidi, sintesi dei fosfolipidi), oltre a giocare un ruolo importante nel
metabolismo energetico cellulare.
3.3.1 Glicolisi
Nella glicolisi, letteralmente “scissione dello zucchero”, il glucosio viene scisso in due
zuccheri a tre atomi di carbonio, i quali vengono poi ossidati e trasformati in due
molecole di piruvato. Il processo biochimico della glicolisi, con le sue 10 tappe, è
stato studiato negli anni ’30 del secolo scorso dai biochimici Gustav Embden, Otto
Meyerhof e Jakub Parnas. Per un video di approfondimento si veda il seguente link
http://youtu.be/P8dJy0RGnMU.
La glicolisi, oltre a preparare il substrato per l’ossidazione nel ciclo TCA, forma
una piccola quantità di energia chimica sotto forma di ATP (2 molecole) e NADH (2
molecole). Prima dell’evoluzione della fotosintesi e della comparsa dell’ossigeno nel-
l’atmosfera primordiale della Terra, la glicolisi costituiva molto probabilmente la fonte
principale di energia per le prime forme di vita cellulare. L’origine ancestrale di questa
via è testimoniata dalla sua localizzazione nel citosol.
Le reazioni principali della glicolisi sono illustrate nella Figura 3.5.
Nella serie iniziale delle reazioni della glicolisi il glucosio viene fosforilato due volte e
poi spezzato in due, producendo due molecole dello zucchero a tre atomi di carbonio
chiamato gliceraldeide-3-fosfato. Questo passaggio richiede l’utilizzo di due molecole
di ATP per ogni molecola di glucosio e coinvolge due delle tre reazioni essenzialmente
irreversibili che si trovano nella via glicolitica, catalizzate la prima dalla esochinasi e la
seconda dalla fosfofruttochinasi (Figura 3.5). La reazione della fosfofruttochinasi serve
da punto di controllo (checkpoint) della glicolisi sia negli animali che nei vegetali.
Appena compare la gliceraldeide-3-fosfato la via glicolitica può iniziare ad estrarre
energia utilizzabile. L’enzima gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi catalizza l’ossidazione
dell’aldeide in acido, liberando energia sufficiente per permettere la contemporanea ri-
duzione del NAD+ a NADH, e la fosforilazione della gliceraldeide-3-fosfato per produrre
acido 1,3-difosfoglicerico. Quest’ultimo è un forte donatore di gruppi fosforici.
Nel passaggio seguente della glicolisi, catalizzato dalla fosfoglicerato chinasi, il fo-
sfato del carbonio in posizione 1 dell’ acido 1,3-difosfoglicerico viene trasferito ad una
Biologia
molecola di ADP per formare ATP ed acido 3-fosfoglicerico. Per ogni molecola di
glucosio che entra nella via glicolitica vengono generate tramite questa reazione due mo-
lecole di ATP, una per ciascuna delle due molecole di acido 1,3-difosfoglicerico. Questo
tipo di sintesi viene chiamato fosforilazione a livello di substrato, poiché coinvolge
un trasferimento diretto di un gruppo fosfato da una molecola di substrato all’ATP, e
fu studiata da Otto Warburg alla fine degli anni ’30 del secolo scorso. La fosforilazione a
livello di substrato è diversa dal meccanismo di sintesi di ATP che si verifica durante la
fosforilazione ossidativa, come anche dalla fotofosforilazione utilizzata per sintetizzare
ATP durante il trasferimento elettronico della fotosintesi (come vedremo in seguito).
1076 Bioenergetica
Negli ultimi passaggi delle reazioni della glicolisi il fosfato dell’acido 3-fosfoglicerico
viene trasferito dalla posizione 3 alla posizione 2 e viene eliminata una molecola d’ac-
qua per formare il composto fosfoenolpiruvato (PEP). Il gruppo fosfato del PEP è
anch’esso un ottimo donatore di gruppi fosforici.
Nell’ultima parte della glicolisi, l’enzima piruvato chinasi catalizza una seconda
fosforilazione a livello substrato per produrre ATP e piruvato. Quest’ultimo passaggio,
che costituisce il terzo passaggio irreversibile della glicolisi, porta alla formazione di
Energetica
altre due molecole di ATP per ogni molecola di glucosio che entra nella via.
Dal punto di vista del bilancio energetico, quindi, si ha una produzione netta di 2
molecole di ATP per molecola di glucosio. Infatti, due molecole di ATP sono utilizzate
per trasformare il glucosio in fruttosio-1,6-bisfosfato, mentre due molecole di ATP sono
formate a partire dalle reazioni che coinvolgono ciascuna molecole di gliceraldeide-
3-fosfato. Dal momento che da una molecola di glucosio si formano due molecole
di gliceraldeide-3-fosfato, il guadagno netto in termini di molecole di ATP è pari a
4 − 2 = 2.
Biologia 1077
La via di Entner-Doudoroff, descritta nel 1952, è una via alternativa alla glicolisi che è
presente esclusivamente in alcune specie di procarioti. Analogamente alla glicolisi questa via
porta all’ossidazione di una molecola di glucosio fino a formare due molecole di acido piruvico,
coinvolgendo però l’azione di due particolari enzimi non presenti nella via glicolitica. Rispetto
alla glicolisi la via alternativa di Entner-Doudoroff produce 1 sola molecola dei composti ATP,
NADH e NADPH, e risulta quindi essere meno efficiente.
La via dei pentoso fosfati è anch’essa una via alternativa alla glicolisi per l’ossidazione
parziale del glucosio. Essa si svolge nel citoplasma e porta alla produzione di fruttosio 6-fosfato
e gliceraldeide-3-fosfato che proseguono poi nella normale via glicolitica. Rispetto alla glicolisi
la via dei pentoso fosfati produce 2 molecole di NADPH e una di CO2 .
I mitocondri hanno un loro DNA, chiamato mtDNA, ma gli mRNA degli enzimi del
ciclo TCA sono codificati dal DNA nucleare e non da quello mitocondriale. Gli mRNA
vengono tradotti nel citosol e gli enzimi neo-formati sono poi importati nel mitocondrio
per il loro utilizzo nel ciclo di Krebs.
Il ciclo TCA viene anche detto ciclo dell’acido citrico poiché l’acido citrico è uno
dei primi intermedi (Figura 3.6).
Il ciclo di Krebs rappresenta la seconda fase della respirazione aerobica e, negli euca-
rioti, avviene nella matrice mitocondriale. Per essere operativo richiede che il piruvato,
generato nel citosol durante la glicolisi, venga trasportato all’interno del mitocondrio
passando attraverso la membrana mitocondriale interna. Una volta arrivato all’interno
del mitocondrio il piruvato viene decarbossilato ossidativamente dall’enzima piruva-
to deidrogenasi per produrre NADH (a partire dal NAD+ ), CO2 ed acido acetico
(CH3 COOH); quest’ultimo viene poi legato attraverso un legame tioestere ad un
cofattore contenente zolfo, il coenzima A (CoA) per formare l’acetil CoA (acetil-
coenzima A). A questo punto l’enzima citrato sintasi lega l’acetil CoA ad un acido
dicarbossilico a quattro atomi di carbonio, l’acido ossalacetico (OAA), per formare
un acido tricarbossilico a sei atomi di carbonio, l’acido citrico. Dopo l’isomerizzazione
Biologia
dell’acido citrico ad acido isocitrico, tramite l’enzima aconitasi, le due reazioni seguenti
implicano successive decarbossilazioni ossidative, ognuna delle quali produce un NADH
e libera una molecola di CO2 , producendo alla fine una molecola a quattro atomi di
carbonio, il succinil CoA (Figura 3.6).
A questo punto del ciclo di Krebs sono state prodotte tre molecole di CO2 per ogni
molecola di piruvato introdotta nel mitocondrio, portando cosı̀ a termine l’ossidazione
completa del glucosio di partenza (della glicolisi).
1078 Bioenergetica
Le restanti tappe del ciclo TCA riguardano la conversione del succinil CoA in acido
ossalacetico (OAA) per permettere al ciclo di riprendere dall’inizio. La grande quantità
Energetica
di energia libera disponibile nel legame tioestere del succinil CoA viene utilizzata
per sintetizzare GTP a partire da GDP e fosfato inorganico (Pi ), attraverso una fosfo-
rilazione a livello di substrato. L’acido succinico che ne risulta viene ossidato ad
acido fumarico attraverso l’enzima succinato deidrogenasi che è l’unico enzima, co-
me detto precedentemente, associato alla membrana mitocondriale interna e non libero
nella matrice mitocondriale. Gli elettroni rimossi dall’acido succinico vengono veicolati
sul cofattore FAD. Nelle due reazioni finali del ciclo TCA l’acido fumarico acquista
una molecola di acqua per produrre acido malico, il quale viene poi ossidato per mez-
zo dell’enzima malato deidrogenasi per rigenerare l’acido ossalacetico e produrre
Biologia 1079
una molecola di NADH. A questo punto l’OAA può reagire nuovamente con un’altra
molecola di acetil CoA e ricominciare il ciclo.
L’ossidazione del piruvato nel mitocondrio porta alla formazione di tre molecole di
CO2 e la maggior parte dell’energia libera che proviene da queste ossidazioni viene
accumulata sotto forma di 4 molecole di NADH ed una di FADH2 . La molecola di
GTP prodotta viene poi convertita ad ATP.
Gli elettroni ad alta energia che sono stati catturati dai cofattori NADH e FADH2
durante il ciclo di Krebs, devono essere convertiti in ATP per poter essere utilizzati nelle
reazioni biochimiche cellulari. Il processo di rilascio controllato di questi elettroni, che
avviene nella catena di trasporto degli elettroni situata nella membrana interna del
mitocondrio (negli eucarioti), dipende dall’ossigeno molecolare, il quale funziona come
accettore finale. Lo scopo della catena di trasporto degli elettroni è la generazione di
un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale interna, grazie al quale
la F0 F1 -ATP sintasi è in grado di catalizzare la sintesi di ATP. Si veda il filmato per
un approfondimento: http://youtu.be/ajZajFrCjtA.
Ogni molecola di glucosio che viene ossidata per mezzo della glicolisi e del ciclo di
Biologia
Krebs genera due molecole di NADH nel citosol e otto molecole di NADH e due di
FADH2 nella matrice mitocondriale. Questi composti ad alto potere riducente devono
essere riossidati affinché l’intero processo della respirazione aerobica non venga bloc-
cato. La catena di trasporto degli elettroni catalizza un flusso ordinato e controllato
di elettroni dai composti riducenti (NADH e FADH2 ) verso l’ossigeno, che costituisce
l’accettore finale degli elettroni.
Le proteine deputate al trasporto controllato degli elettroni lungo la catena sono
organizzate in quattro grandi complessi multiproteici (dall’I al IV) disposti in serie
nella membrana mitocondriale interna (Figura 3.7).
1080 Bioenergetica
Lo scopo principale della catena di trasporto degli elettroni è quello di ossidare sia il NADH
che il FADH2 , ma di farlo secondo un processo controllato che utilizzi l’energia libera delle
due ossidazioni per generare un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale
interna.
Gli elettroni che arrivano dal NADH, generati nella matrice del mitocondrio o pro-
venienti dal citosol (dalla glicolisi), vengono ossidati dal complesso I, che consiste
fondamentalmente in una NADH deidrogenasi. A sua volta il complesso I trasferisce
questi elettroni sull’ubichinone (o coenzima Q o pool dell’ubichinone). L’ubichi-
none, per struttura e funzione, è simile al plastochinone, la molecola che svolge la stessa
funzione nella catena di trasporto degli elettroni nel cloroplasto durante la fase lumino-
sa della fotosintesi (§ 3.4). I trasportatori di elettroni del complesso I comprendono un
flavin mononucleotide (FMN), simile per struttura al FAD, che è legato strettamente
a tre/quattro proteine ferro-zolfo (Fe-S).
L’enzima succinato deidrogenasi (§ 3.3.2) è parte integrante del complesso II,
in modo tale che gli elettroni che derivano dall’ossidazione dell’acido succinico vengano
Energetica
di protoni.
Il meccanismo generale per la conservazione dell’energia attraverso una membrana
biologica, che oggi viene riconosciuto da tutti i ricercatori come il responsabile della
sintesi di ATP, si basa sulla teoria chemiosmotica di Peter Mitchell, formulata nel
1961, per la quale ha successivamente ricevuto il premio Nobel. La teoria chemio-
smotica afferma che l’orientamento asimmetrico dei trasportatori di elettroni nella
membrana interna del mitocondrio permette il trasferimento di protoni (ioni H+ ) dalla
matrice allo spazio intermembrana.
1082 Bioenergetica
È importante notare che se da un lato i mitocondri effettuano la sintesi di ATP, che verrà
poi utilizzato da tutta la cellula, dall’altro essi necessitano continuamente dei componenti
di partenza, quali ADP e Pi ; esiste quindi un trasportatore ADP/ATP che fa uscire
l’ATP prodotto e fa entrare l’ADP. L’ingresso del fosfato inorganico (Pi ) avviene grazie ad un
trasportatore di fosfato, situato nella membrana mitocondriale interna.
trasferiti all’ossigeno. È quindi vero che il trasporto di elettroni è accoppiato alla sin-
tesi di ATP, ma quest’ultima può avvenire indipendentemente dal primo, basta che sia
presente un gradiente protonico ai due lati della membrana interna (che può essere crea-
to anche artificialmente). Esistono infatti dei composti chiamati disaccoppianti (ad
esempio il dinitrofenolo), che possono inibire la sintesi mitocondriale di ATP dissipando
il gradiente protonico generato dai complessi I, III e IV sotto forma di calore.
sante notare come i vegetali, possedendo una ossidasi alternativa cianuro-resistente che
anche in condizioni normali sottrae elettroni alla normale catena di trasporto, riescono
in questo modo a mitigare la produzione di radicali ossidrilici, diminuendo lo stress
ossidativo ma non diminuendo l’efficienza globale della respirazione.
3.3.6 Fermentazioni
In assenza di ossigeno il ciclo TCA e la catena di trasporto degli elettroni non possono
funzionare in maniera adeguata. Ciò crea dei problemi per la continuità operativa della
1084 Bioenergetica
glicolisi poiché la disponibilità cellulare di NAD+ è limitata e una volta che questo viene
trasformato nella sua forma ridotta, NADH, la glicolisi non può più procedere. Alcuni
organismi, come le piante, i batteri ed i lieviti, possono metabolizzare l’acido piruvico
effettuando un metabolismo fermentativo, che è diverso a seconda dei prodotti
ottenuti. I metabolismi più noti sono la fermentazione lattica e la fermentazione alcolica
(Figura 3.9).
Nella fermentazione lattica (muscoli dei mammiferi, piante, lattobacilli) l’enzima
lattato deidrogenasi utilizza il NADH per ridurre l’acido piruvico in acido lattico rige-
nerando in tal modo il NAD+ . Nella fermentazione alcoolica (lieviti) i due enzimi
piruvato decarbossilasi ed alcool deidrogenasi portano alla riduzione dell’acido piruvi-
co e alla formazione di etanolo ed anidride carbonica (CO2 ) ossidando al contempo il
NADH a NAD+ .
L’efficienza energetica del processo di fermentazione, sia lattica che alcoolica, è di circa
il 3,5%. Poiché il ∆G◦0 per l’ossidazione del glucosio è pari a –2880 kJ/mol, mentre
il ∆G◦0 richiesto per la sintesi di ATP è di 50,2 kJ/mol (nelle condizioni biochimiche
interne alle cellule) e dal momento che si formano 2 molecole nette di ATP per ogni
molecola di glucosio che viene convertita ad acido lattico o ad etanolo, avremo che
l’efficienza sarà 50,2 · 2/2880 = 3,5%. Nella fermentazione, quindi, la maggior parte
dell’energia libera disponibile nel glucosio rimane “bloccata” nell’acido lattico (o nel-
l’etanolo). Durante la respirazione aerobica, invece, il piruvato viene trasportato nel
mitocondrio dove viene ulteriormente ossidato con un ricavo di energia e di efficienza
molto maggiore rispetto alla fermentazione (§ 3.3.5).
Energetica
Il NADH verrà poi utilizzato nella catena respiratoria, recuperando parte dell’ATP che era
stato perso durante la formazione anaerobia dell’acido lattico. Anche il neo-formato acido
piruvico verrà utilizzato nel ciclo di Krebs per il recupero dell’ATP, oltre che essere utilizzato
per la sintesi dell’amminoacido alanina.
3.4 La fotosintesi
La fotosintesi è l’unico processo biologico che riesce a raccogliere l’energia proveniente
dal Sole, incanalando la luce e utilizzando tale energia per organicare (ridurre) l’ani-
dride carbonica (CO2 ), costruendo cosı̀ composti organici complessi (quali il glucosio,
C6 H12 O6 ). Gli organismi in grado di effettuare la fotosintesi sono detti organismi fo-
toautotrofi (o semplicemente fototrofi). Per un approfondimento si veda il filmato
al seguente link http://youtu.be/2xNwZCk2CHY.
Il processo fotosintetico, che negli eucarioti avviene nel cloroplasto, è essenzialmente
l’opposto di quello della respirazione aerobica:
Le piante e il fitoplancton sono alla base delle catene alimentari, ma se anche dovessero scom-
parire o rallentare la loro attività esistono degli ecosistemi che vivono indipendentemente
dalla luce solare: un esempio sono le comunità delle solfatare vulcaniche sottomarine, che
comprendono vermi giganti, mitili, granchi, gamberi, tutti sostenuti dai produttori primari
che, in questo ambiente ricco di zolfo, sono costituiti da batteri termofili.
Nella fotosintesi l’energia solare viene usata per ossidare l’acqua ad ossigeno e allo stesso
tempo per ridurre l’anidride carbonica in composti organici. La fotosintesi consiste
essenzialmente di due fasi ben distinte: la fase luminosa (o fase luce-dipendente) e
la fase oscura o (fase luce-indipendente o ciclo di Calvin-Benson): quest’ultima
fase viene tradizionalmente denominata “al buio” ma l’appellativo è improprio, poiché
le sue reazioni biochimiche necessitano di composti ottenuti nella fase luminosa.
Nel cloroplasto l’energia luminosa viene raccolta dai fotosistemi I e II, che conten-
gono i pigmenti fotosintetici (le clorofille) e specifiche unità proteiche, tutti inseriti
nella membrana tilacoidale, la cui unica funzione è quella di assorbire e canalizzare la
luce solare. L’energia luminosa è utilizzata per attivare un trasferimento di elettroni da
una serie di composti donatori ad altri composti accettori: l’accettore finale di questi
elettroni sarà il NADP+ , che viene quindi ridotto a NADPH, mentre il donatore iniziale
di elettroni è l’H2 O. L’energia luminosa viene anche utilizzata per generare una forza
motrice protonica (in modo analogo a quanto visto per la catena di trasporti degli
elettroni) attraverso la membrana tilacoidale, ed il relativo gradiente protonico viene
impiegato per sintetizzare ATP da una ATP sintasi inserita nella membrana tilacoida-
le. Il NADPH e l’ATP cosı̀ prodotti verranno poi utilizzati nel ciclo di Calvin-Benson,
che avviene nello stroma del cloroplasto, in cui la CO2 e l’acqua sono unite ad un com-
posto a 5 atomi di carbonio per formare un composto intermedio che verrà ridotto
proprio utilizzando NADPH e ATP, riducendo cosı̀ l’anidride carbonica a composti
come saccarosio ed amido.
Le clorofille assorbono la luce nello spettro del visibile, principalmente blu e rosso e per questo
motivo risultano colorate di verde.
Una molecola di clorofilla assorbe solo pochi fotoni al secondo, quindi il fatto che esista un
complesso antenna costituito da circa 2500 pigmenti ottimizza l’attivazione del centro di rea-
zione con un adeguato numero di elettroni che arrivano in un certo lasso di tempo: infatti un
centro di reazione deve funzionare per quattro volte (ricevere quattro elettroni) per produrre
una molecola di ossigeno molecolare (O2 ). Sia i complessi antenna che il centro di reazione
si trovano inseriti nella membrana fotosintetica: negli eucarioti è la membrana tilacoidale,
mentre nei procarioti è la membrana plasmatica
Biologia
Figura 3.11: Trasporto degli elettroni ed organizzazione dei complessi proteici fotosintetici. La stechiome-
tria della reazione è indicata per 4 fotoni (indicati con un lampo) assorbiti dal PSII e 4 fotoni assorbiti dal
PSI. Il sistema NDH-PTOX ha una tripla funzione: accetta equivalenti riducenti (NADH) dal mitocondrio
(mit.) o dalla glicolisi donando elettroni al pool del plastochinone; agisce come una valvola di sicurezza
limitando la sovra-riduzione della catena di trasporto elettronica che può avvenire in presenza di forte luce o
flusso ciclico di elettroni tra il PSI e il complesso del citocromo b6 − f (produzione di radicali superossido);
abbassa la concentrazione dei protoni nello stroma. La coppia speciale di clorofille in ciascun fotosistema
è riportata come due rombi addossati l’uno sull’altro. PQ, plastochinone; cyt b6 f , citocromo b6 − f ; Q,
chinoni del plastochinone; QI e QO , ciclo Q del citocromo b6 − f ; Fd, ferredossina solubile; FNR, flavo-
proteina ferredossina-NADP reduttasi; FA , FB , FX , ferro-zolfo proteine; NdH, NADH deidrogenasi; Ptox,
ossidasi terminale del plastochinone.
Il centro di reazione del fotosistema II, insieme alle clorofille antenna ed alle proteine di tra-
sporto elettronico associate, è situato prevalentemente nelle zone interne dei grana tilacoidali,
mentre il centro di reazione del fotosistema I (con le sue clorofille e proteine associate) e
l’ATP sintasi sono situati esclusivamente nelle lamelle stromatiche (stroma lamellae) e sui
bordi dei grana tilacoidali (Figura 3.11). Il complesso proteico del citocromo b6 − f è invece
distribuito in maniera eguale tra i grana e le lamelle stromatiche. I due fotosistemi, quindi,
sono separati spazialmente da parecchie decine di nanometri e sono presenti solitamente anche
in un rapporto PSII/PSI di 1,5:1.
Energetica
Sia le clorofille antenna che quelle dei centri di reazione sono associate alle proteine
della clorofilla, che sono inserite nella membrana dei tilacoidi: è molto importante ricor-
dare che l’orientamento relativo dei pigmenti all’interno delle proteine risulta essere
fissato evolutivamente ed è molto stabile, poiché la precisa geometria delle disposizio-
ni relative dei pigmenti ottimizza il trasferimento elettronico da pigmento a pigmento
Biologia 1089
(all’interno del complesso antenna) e poi al centro di reazione, nonché all’interno del
centro di reazione stesso, fino al pool del plastochinone.
Figura 3.12: Schema a Z della fotosintesi. Il complesso per lo sviluppo dell’ossigeno è formato da: un
residuo di tirosina (YZ ) della proteina D1 del PSII, tre proteine periferiche di membrana associate al PSII,
ioni Ca2+ e Cl− , e soprattutto quattro ioni manganese che oscillano tra stati diversi di ossidazione.
Lo schema a Z vale per gli organismi fotosintetici che sviluppano ossigeno, in cui i due foto-
sistemi possiedono ognuno i propri complessi antenna e centro di reazione, sono fisicamente e
chimicamente distinti, ma vengono messi in comunicazione elettronica attraverso una catena
di trasporto. Negli organismi che non sviluppano ossigeno esiste un solo fotosistema e per loro
non si può descrivere uno schema a Z.
il fotosistema I;
l’ATP sintasi.
biochimiche vengono definite “al buio”, è più appropriato definirle come “reazioni del
carbonio”, poiché esse necessitano comunque di luce per potersi attuare.
Tutti gli eucarioti fotosintetici riducono l’anidride carbonica in carboidrati per mez-
zo del ciclo di Calvin-Benson, anche detto ciclo riduttivo dei pentosi fosfati
(RPP). Nel ciclo di Calvin l’anidride carbonica e l’acqua vengono unite ad un ac-
cettore a 5 atomi di carbonio (il ribulosio 1,5-difosfato o ribulosio 1,5-bisfosfato) per
formare due molecole di un intermedio a 3 atomi di carbonio (il 3-fosfoglicerato). Il
3-fosfoglicerato viene poi ridotto, grazie al NADPH e all’ATP prodotti durante le rea-
zioni della fase luce-dipendente, ed il ciclo di Calvin si chiude con la rigenerazione
dell’accettore iniziale a 5 atomi di carbonio (Figura 3.13).
Il ciclo di Calvin consiste essenzialmente di tre fasi:
3.4.5 La fotorespirazione
L’enzima rubisco catalizza non solo la carbossilazione del ribulosio 1,5-difosfato, ma
anche la sua ossigenazione. L’ossigenazione è il primo passaggio del processo di fotore-
spirazione. La fotorespirazione e la fotosintesi funzionano in direzioni completamente
opposte, poiché tramite la fotorespirazione viene persa l’anidride carbonica dalle stesse
cellule che nello stesso momento la stanno fissando per mezzo del ciclo di Calvin.
1092 Bioenergetica
3.5 Quesiti
Biologia
E pigmenti presenti negli organismi foto- A sono assorbite tutte le lunghezze d’onda
sintetici
B sono riflesse tutte le lunghezze d’onda
4) Quale di queste sostanze rappresenta il
punto di partenza del ciclo di Krebs? C la più assorbita è la luce verde
D è riflessa la luce rossa
A acido piruvico
B acetil-coenzima A E non è assorbita la luce verde
D lipolisi D biologia
3) E . I carotenoidi sono dei pigmenti presenti negli organismi fotosintetici che hanno il
compito di coadiuvare il processo fotosintetico assorbendo luce a lunghezza d’onda
diversa dalla clorofilla e proteggendo quest’ultima da fenomeni ossidativi.
5) B . Nella fosforilazione ossidativa gli elettroni passano dal NADH, dal succinato, o
da qualche altro donatore di elettroni attraverso flavoproteine, ubichinone, proteine
ferro-zolfo e citocromi per arrivare fino all’ossigeno.
6) D . La pianta respira sia di giorno che di notte: preleva ossigeno atmosferico ed emet-
te anidride carbonica. La fotosintesi, invece, avviene solo nelle ore di luce ma l’ossi-
geno prodotto è in quantità molto superiore a quella consumata dalla respirazione
di giorno.
7) A . La glicolisi è una via metabolica che avviene nel citoplasma. Alcune eccezioni
sono rappresentate dai protozoi, come i tripanosomi, in cui la glicolisi avviene in un
organulo apposito detto glicosoma.
8) E . Le piante appaiono verdi poiché le lunghezze d’onda del verde sono le meno
assorbite dalla clorofilla.
9) B . La frase si riferisce alla bioenergetica.
10) C . I fotosistemi assorbono nello spettro del visibile. Infatti il fotone, per essere
assorbito dai fotosistemi, deve possedere una quota di energia (quanto) esattamente
uguale a quella necessaria per indurre una transizione elettronica ad un più alto
livello energetico. La luce UV o i raggi X possiedono invece troppa energia e possono
danneggiare le proteine e gli acidi nucleici, inducendo mutazioni spesso letali.
Biologia
Riproduzione
ed ereditarietà 4
4.1 Cicli vitali
4.2 Riproduzione
Il vantaggio della sessualità per gli organismi pluricellulari risiede proprio nella
alternanza tra meiosi e cariogamia, poiché essa aumenta la variabilità genetica grazie
alla doppia azione delle mutazioni spontanee (nei gameti o nelle meiospore) e della
ricombinazione genetica (nello zigote).
I procarioti, avendo un contenuto aploide, presentano esclusivamente la scissione
binaria (paragonabile per funzione alla mitosi eucariotica) come mezzo di riproduzione,
riuscendo a mantenere invariata l’informazione contenuta nel DNA di generazione in
generazione. In pratica non accade cosı̀ perché il tasso di mutazione puntiforme spon-
tanea per i batteri è di 10−5 -10−7 per gene per generazione cellulare: ciò vuol dire che,
1098 Riproduzione ed ereditarietà
in media, un batterio su un milione di cloni avrà una base del DNA mutata oppure
che, dopo un ciclo di replicazione, un batterio avrà una base mutata su un milione.
Gli eucarioti, aven-
do un contenuto diploi-
de, possono presentare
due processi diversi: la
mitosi come mezzo di
moltiplicazione cellulare,
sia per generare indivi-
dui multicellulari o per
moltiplicare clonalmente
una cellula già aploide, e Figura 4.2: Riproduzione asessuata e sessuata.
la meiosi, utilizzata per generare quattro cellule aploidi a partire da una cellula di-
ploide. Le cellule aploidi cosı̀ formate possono essere o gameti, che unendosi tra sessi
diversi per singamia (con conseguente cariogamia) genereranno uno zigote, oppure
meiospore, che dividendosi per mitosi genereranno un individuo aploide multicellu-
lare. Da quanto detto è possibile riconoscere due diversi tipi di riproduzione: la prima
implementa il processo mitotico e prende il nome di riproduzione asessuata, la secon-
da implementa l’alternanza tra meiosi e cariogamia e prende il nome di riproduzione
sessuata (Figura 4.2).
meiosi: una cellula diploide si divide in quattro cellule aploidi, chiamate meio-
spore oppure gameti;
aplofase: in questa fase le meiospore danno vita per mitosi ad un individuo plu-
ricellulare aploide, il quale potrà produrre dei gameti che poi si uniranno tra
sessi diversi (maschio e femmina). L’individuo pluricellulare aploide può ripro-
dursi asessualmente. Nell’Uomo l’aplofase è rappresentata dagli spermatozoi e
dagli ovuli;
cariogamia: i pronuclei aploidi dei due gameti, ormai nello stesso citoplasma
derivato dalla fase di plasmogamia, si fondono a formare un unico nucleo diploide
e la cellula prende il nome di zeugide. La cariogamia è il secondo passo della
fecondazione;
Nella riproduzione sessuata i gameti maschile e femminile di una specie possono essere
morfologicamente distinti fra di loro: in questo caso ci possono essere individui erma-
froditi, che possono generare gameti maschio e femmina allo stesso tempo, oppure
individui dioici, che possono generare o gameti maschio o gameti femmina.
1100 Riproduzione ed ereditarietà
Da queste informazioni si può dedurre che l’insieme dei geni di un individuo, chiama-
to genotipo, potrà realizzarsi e manifestarsi in un insieme di caratteristiche visibili,
chiamato fenotipo.
Il primo studioso che cercò di analizzare come i geni venissero trasmessi di generazione
in generazione fu Gregor Johann Mendel il quale, studiando una pianta chiamata Pisum
sativum, cioè una pianta di pisello da orto, fondò le basi per i futuri studi di genetica.
È importante notare che a partire da un determinato genotipo si possono avere
diverse manifestazioni fenotipiche, poiché il modo in cui la potenzialità di espressione
genica si attua dipende dalle interazioni esistenti tra i diversi geni, tra i geni e i loro
prodotti, e tra i geni e l’ambiente esterno, che può influenzare notevolmente il fenotipo
finale. È interessante il caso di coppie di gemelli monozigoti, i quali hanno lo stesso
genotipo ma possono presentare caratteristiche visibili differenti quando i due individui
crescono in regioni geografiche diverse.
Tabella 4.1: I sette caratteri visibili del Pisum sativum studiati da Mendel.
Biologia 1101
Il Pisum sativum presenta gli stami (organi riproduttivi maschili) e i pistilli (organi
riproduttivi femminili) sullo stesso fiore e per questo il pisello da orto si riproduce
normalmente per autofecondazione. Per evitare che avvenga l’autofecondazione è
sufficiente rimuovere gli stami prima che essi comincino a produrre il polline, poi si
prende il polline di un altro fiore e lo si sparge sul pistillo del fiore appena tagliato:
in questo modo si attua la fecondazione incrociata. Il risultato della fecondazione
incrociata è il seme, che per il Pisum sativum è il pisello, il quale viene poi piantato
per analizzarne il fenotipo.
Nella sua prima fase sperimentale Mendel, attraverso l’autofecondazione, selezionò delle
linee pure che presentavano un carattere visibile per molte generazioni. Nella seconda
fase sperimentale egli selezionò sette caratteri visibili che presentavano solo due varianti
alternative facilmente osservabili e distinguibili. Nella terza fase sperimentale Mendel
effettuò degli incroci di monoibridi tra linee pure di pisello che differivano per un solo
carattere (generazione parentale, o P). Ad esempio, egli eseguı̀ incroci reciproci
tra maschio e femmina per il carattere liscio/rugoso del seme nella seguente maniera:
– femmina ( ) a semi lisci × maschio ( ) a semi rugosi;
– femmina ( ) a semi rugosi × maschio ( ) a semi lisci.
Egli ottenne sempre, alla prima generazione filiale (o F1 ), una progenie con semi
lisci: da questo dato egli derivò che il carattere visibile liscio/rugoso non dipendeva dal
sesso della pianta parentale e che gli individui F1 somigliavano esattamente ad uno solo
dei due genitori.
Nella quarta fase sperimentale Mendel piantò i semi derivati dalla F1 e lasciò che le
piante si autofecondassero, in modo da generare i semi della seconda generazione
filiale (o F2 ). Egli ottenne piante con semi lisci e con semi rugosi in un rapporto
numerico di 3 a 1: il 75% delle piante presentava il fenotipo dominante, il 25% mostrava
il fenotipo recessivo.
In seguito Mendel effettuò gli incroci reciproci tra linee pure P e successivamente
l’autofecondazione della prima generazione F1 per i restanti sei caratteri visibili (Tabel-
la 4.1), ottenendo sempre un rapporto di 3:1 per il numero di individui della variante
1 sul numero di individui della variante 2.
Biologia
Da queste prime quattro fasi sperimentali, ripetute per tutti e sette i caratteri
visibili selezionati per il Pisum sativum, Mendel concluse che:
Un individuo che presenta due copie dello stesso allele di un gene si dice omozigote
per quel dato gene e i genotipi vengono indicati con la doppia lettera (ad esempio SS
l’omozigote dominante e ss l’omozigote recessivo).
Un individuo con due alleli diversi per uno stesso gene si dice eterozigote (il cui
genotipo è indicato, ad esempio, con Ss) per quel dato gene. Se un allele è dominante
sull’altro gli eterozigoti avranno un fenotipo determinato dall’allele dominante.
Genetica
Il quadrato di Punnett È possibile rappresentare gli incroci che avvengono nella genera-
zione parentale P, o nella generazione filiale F1 , attraverso una matrice chiamata quadrato
di Punnett (Figura 4.4). Il quadrato di Punnett rappresenta il genotipo dei genitori e i loro
gameti e rappresenta anche il genotipo/fenotipo della generazione filiale, il tutto in una vi-
sione d’insieme che aiuta a comprendere i rapporti numerici del fenotipo che si osserva nella
generazione filiale. È importante notare che nella generazione parentale P, poiché il Pisum
sativum è diploide, le linee pure contengono due copie dello stesso allele del gene per la forma
del seme, o dominante o recessivo, quindi gli individui della linea parentale P si chiamano
omozigoti per quel dato gene e vengono indicati con la doppia lettera SS (omozigote do-
minante) o ss (omozigote recessivo). Alla meiosi gli individui SS della generazione parentale
P producono gameti S, mentre gli individui ss producono gameti s e il loro incrocio produce
una generazione filiale F1 che risulta essere eterozigote (Ss) per quel dato gene. Dato che
l’allele S è dominante sull’s, gli eterozigoti avranno un fenotipo a semi lisci. Lo stesso tipo
di ragionamento può essere fatto prendendo in considerazione come genitori gli individui F1
appena generati i quali, autofecondandosi, produrranno una generazione filiale F2 che avrà
per tre quarti un fenotipo a semi lisci e per un quarto un fenotipo a semi rugosi.
Dopo aver raccolto tutti i dati sperimentali Mendel enunciò la sua seconda legge,
chiamata anche principio della segregazione: i due membri di una coppia genica,
cioè gli alleli, si separano l’uno dall’altro (segregano) durante la formazione dei gameti.
Oggi sappiamo che i geni sono posizionati sui cromosomi e che la precisa localizzazione
di un gene sul cromosoma si chiama locus genico. Sappiamo anche che un solo gene può
avere versioni differenti, chiamate varianti o alleli. In un organismo diploide, come il
Pisum sativum, che presenta una coppia di alleli localizzata su due cromosomi omologhi,
possiamo dire che la segregazione dei due alleli per formare i gameti avviene durante
la separazione dei due cromosomi omologhi all’anafase I della meiosi (§ 4.3).
Proseguendo nel suo piano sperimentale Mendel voleva confermare il suo principio
della segregazione attraverso una serie di esperimenti di verifica. Mendel fece autofe-
condare le piante della generazione filiale F2 (Figura 4.4) ed osservò i risultati. Piantò
i vari semi ottenuti in F2 ed effettuò l’autofecondazione all’interno dei genotipi SS, Ss,
ed ss. L’autofecondazione delle piante derivate dai semi rugosi (omozigoti recessivi ss in
F2 ) generò semi che erano sempre rugosi, confermando il fatto che quelle piante fossero
linee pure. L’autofecondazione delle piante derivate dai semi lisci della F2 generò semi
di due tipi diversi: un terzo dei semi che erano lisci nella F2 , con l’autofecondazione,
produsse tutti semi lisci, mentre due terzi dei semi che erano lisci nella F2 , con l’au-
tofecondazione, produssero semi lisci e rugosi in un rapporto di 3:1. Questo risultato
Biologia
forniva una prova di validità della prima legge di Mendel, poiché egli propose che ogni
pianta contiene due fattori, mentre ogni gamete uno solo. La combinazione casuale dei
gameti genera una progenie nelle proporzioni che si possono osservare.
Mendel effettuò delle autofecondazioni della progenie F2 per poter dedurre il genotipo di una
pianta a fenotipo noto (problema che aveva incontrato nel caso dei semi a fenotipo liscio, il
quale veniva mostrato sia dagli omozigoti SS che dagli eterozigoti Ss). Un metodo per poter
determinare il genotipo sconosciuto di un individuo che manifesta il fenotipo dominante è il
cosiddetto test del reincrocio (o testcross), cioè un incrocio tra un individuo a genoti-
po ignoto (individuo A, fenotipicamente dominante) ed un individuo omozigote recessivo
(individuo B, una linea pura per l’allele recessivo) (Figura 4.5). Con questa tecnica si può
rivelare, attraverso l’esame e la conta dei fenotipi della progenie, il genotipo sconosciuto del-
l’individuo A. Infatti, se tutta la progenie F1 mostra un fenotipo dominante, allora il genotipo
dell’individuo A è omozigote dominante (SS), mentre se la progenie F1 mostra un fenotipo
50% dominante e 50% recessivo, allora il genotipo dell’individuo A è eterozigote (Ss).
Da questi esperimenti Mendel ricavò la sua terza legge, chiamata anche principio
dell’assortimento indipendente: i fattori (cioè i geni) che controllano caratteri diversi
Genetica
Oggi sappiamo che i geni posti su cromosomi diversi assortiscono in maniera indipen-
dente durante la produzione dei gameti e questo era valido per Mendel, poiché i sette
caratteri visibili da lui scelti erano determinati da geni posizionati su sette cromoso-
mi diversi. Se almeno due caratteri fossero stati concatenati, cioè presenti sullo stesso
cromosoma, allora Mendel avrebbe osservato dei risultati non equivalenti nelle varie
progenie.
Biologia 1105
Biologia
È importante ricordare che anche se un singolo individuo (se diploide) può possedere
solo due alleli, in una popolazione possono esistere alleli multipli (più di due) di uno
stesso gene.
Un buon esempio di alleli multipli è il sistema sanguigno AB0 nell’Uomo. Nel sistema
AB0 esistono quattro diversi gruppi sanguigni: 0, A, B, ed AB. Questi quattro fenotipi
derivano da sei diversi genotipi, che rappresentano le diverse combinazioni di tre possi-
bili alleli (I A , I B , i) (Tabella 4.2). Da notare che I A e I B sono dominanti su i, mentre
I A e I B mostrano codominanza, cioè si manifestano entrambi.
La scoperta dei gruppi sanguigni del sistema AB0 avvenuta nel 1901 è valsa al suo scopritore,
Karl Landsteiner, il premio Nobel per la medicina nel 1930.
Parlando di gruppi sanguigni è bene ricordare l’esistenza del sistema Rh. Il sistema Rh fa
Genetica
riferimento ad una proteina presente (o meno) sulla membrana dei globuli rossi che si trasmette
secondo una modalità di tipo autosomico dominante (§ 4.8.2). Nel sistema Rh sono possibili
due casi: Rh+ (Rh positivo) e Rh- (Rh negativo). Tale sistema si associa a quello AB0: ciascun
gruppo del sistema AB0 può quindi essere di tipo Rh positivo o Rh negativo.
rossi doveva essere necessariamente omozigote dominante (w+ /w+ ), mentre il maschio
linea pura ad occhi bianchi doveva avere un allele recessivo sul cromosoma X posseduto
(w/Y).
Nella simbologia di Morgan, usata ancora oggi dai genetisti, un allele wild-type viene indicato con la
lettera che definisce un carattere recessivo (qui w sta per white) accompagnato da un segno + posto
in apice per designare un allele selvatico. Per contro, la sola lettera w indica un allele mutato.
Morgan ripeté il suo esperimento e osservò anche che i maschi F2 con occhi bianchi
(emizigoti recessivi, w/Y) riproponevano il carattere fenotipico del genitore parentale
Biologia 1109
P maschio con occhi bianchi (w/Y): la trasmissione dell’allele recessivo presente sul
cromosoma X era passato quindi attraverso una femmina ad occhi rossi che era evi-
dentemente eterozigote per quel carattere (w+ /w). Questo tipo di ereditarietà viene
chiamato ereditarietà crisscross.
Un gene presente sul cromosoma X nei maschi (XY) definisce una condizione emizi-
gote, poiché il gene stesso è presente in singola copia e non ha un corrispettivo nel
cromosoma Y. Nelle femmine (XX), invece, esso è presente in doppia copia: nei Mam-
miferi, come vedremo, solo un allele viene espresso poiché uno dei due cromosomi X
viene inattivato.
1. il gene per il carattere “colore degli occhi” era presente sul cromosoma X;
Morgan era riuscito a collegare un carattere visibile della Drosophila (colore degli occhi)
con un locus genico presente sul cromosoma X, e quindi era riuscito a dimostrare
inequivocabilmente che i locus genici erano localizzati sui cromosomi. Parallelamente,
attraverso gli incroci reciproci, era riuscito a trovare un modo per valutare se un
determinato carattere fosse o no legato al sesso: se i risultati degli incroci reciproci
erano uguali allora il carattere era legato (concatenato, associato) al sesso, o meglio
al cromosoma X.
l’anafase I della meiosi, quando si separano i cromosomi omologhi (Figura 4.9, pannello
A). Una non-disgiunzione può interessare sia i cromosomi sessuali che gli autosomi (si
veda il filmato al seguente link http://youtu.be/cR3khqNXJT8).
Bridges ipotizzò che l’evento di non-disgiunzione fosse avvenuto nella femmina
la quale aveva prodotto, a bassa frequenza, altri due tipi particolari di cellule uovo:
uno con due cromosomi X e un altro senza cromosomi X (Figura 4.10, individuo A).
L’incrocio successivo di questa femmina ad occhi bianchi con un maschio wild-type
ad occhi rossi (w+ /Y) generò quindi quattro tipi di zigoti: YO (non sopravvissuto),
XXX (con genotipo w+ /w/w, non sopravvissuto), XO (maschio ad occhi rossi, genotipo
w+ /O), e XXY (femmina ad occhi bianchi, genotipo w/w/Y).
Gli zigoti sopravvissuti mostravano un fenotipo inconsueto, poiché il maschio aveva
ereditato l’unico cromosoma X dal genitore maschio, mentre la femmina aveva eredi-
tato i due cromosomi X dal genitore femmina: solitamente avviene invece il contrario:
il maschio eredita il cromosoma X dalla madre e la femmina eredita un cromosoma
X da ciascun genitore. Da notare come lo zigote XXX non sia sopravvissuto poiché
Drosophila non ha un meccanismo di inattivazione del cromosoma X, posseduto inve-
ce dai Mammiferi, mentre l’emizigote YO non è sopravvissuto perché il cromosoma X
possiede geni che codificano prodotti vitali per la fisiologia cellulare.
meiosi.
Le prime evidenze scientifiche che portarono alla dimostrazione del meccanismo della
determinazione del sesso nell’Uomo derivarono dall’osservazione di casi particolari in
cui un evento di non-disgiunzione meiotica (Figura 4.9) portava alla formazione di
un assetto cromosomico sessuale anomalo.
Un esempio è rappresentato dalla sindrome di Turner, in cui gli individui hanno
un solo cromosoma X (sono infatti X0), ed il fenotipo è una femmina sterile aneu-
ploide, con 45 cromosomi. L’incidenza degli individui affetti dalla sindrome di Turner
nell’Uomo è di 1 su 10 000 femmine e viene stimato che circa il 99% degli embrioni che
presentano un cariotipo 45,X muoiano allo stato fetale. Gli individui affetti mostrano
una statura inferiore alla media, mammelle poco sviluppate e sterilità. Queste evidenze
indicano che, per un corretto sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari delle
femmine, sono necessari entrambi i cromosomi X.
Un altro esempio è la sindrome di Klinefelter, in cui gli individui hanno due
cromosomi X ed un cromosoma Y (sono infatti XXY) ed il fenotipo è un maschio
aneuploide con 47 cromosomi. L’incidenza degli individui affetti dalla sindrome di Kli-
nefelter nell’Uomo è di 1 su 1000 maschi. Gli individui con questa sindrome possono
presentare cariotipi diversi da 47,XXY: 48, XXXY; 48, XXYY. Gli individui con sin-
drome di Klinefeter presentano testicoli sottosviluppati, tendono ad essere più alti della
media, con un certo grado di ritardo mentale, e nel 50% dei casi si osserva un parziale
sviluppo delle mammelle. Queste evidenze indicano che, per un corretto sviluppo dei
caratteri sessuali primari e secondari maschili, sono necessari un solo cromosoma X ed
un solo cromosoma Y.
Poiché nei Mammiferi si parla di una determinazione del sesso dovuta al cromosoma Y, è
stato scoperto che quest’ultimo possiede uno specifico gene chiamato SRY (sex-determining
region, nell’Uomo), posizionato all’estremità del braccio corto, che corrisponde all’ipotetico
locus genico TDF (testis-determining factor gene) precedentemente proposto. La proteina
prodotta da SRY è un fattore di trascrizione che viene prodotto nei genitali indifferenziati
embrionali proprio prima della formazione dei testicoli e che si lega a specifiche sequenze di
DNA (promotori) di geni coinvolti nello sviluppo sessuale primario.
Successivamente Mary Lyon e Lillian Russel, nel 1961, proposero un’ipotesi, chiamata
ora ipotesi di Lyon, la quale asseriva che:
il cromosoma X che verrà inattivato viene scelto casualmente tra i due cromosomi
X presenti al momento, secondo un processo indipendente che varia da cellula a
cellula;
una volta inattivato un dato cromosoma X tra i due disponibili, tutte le cellu-
le che deriveranno per mitosi da quella originale erediteranno lo stesso tipo di
inattivazione.
È importante notare che la lyonizzazione avviene non solo nelle cellule XX ma anche
nelle cellule con cromosomi X soprannumerari (per esempio nella sindrome di Klinefel-
ter), in cui un solo cromosoma X rimane attivo, mentre tutti gli altri vengono inattivati:
è questa compensazione di dose che riesce a minimizzare i potenziali effetti dannosi
dovuti a copie multiple dei geni associati all’X.
(e quindi i geni) del Pisum sativum da lui selezionati segregano in maniera indipendente
poiché sono posti su cromosomi differenti. I geni però possono essere posti sullo stesso
cromosoma, quindi possono essere concatenati o associati. Nella genetica classica l’i-
dentificazione dei geni concatenati avviene facendo incrociare individui che differiscono
per almeno due caratteri genetici. Analizzando la progenie che deriva dall’incrocio, si
determina la frequenza con la quale appaiono nuove combinazioni dei due caratteri,
generate da un processo noto come ricombinazione genetica: gli individui che pre-
sentano un fenotipo ricombinato vengono detti ricombinanti, mentre gli individui che
presentano le stesse combinazioni dei genitori si chiamano parentali.
Biologia 1113
Notazione genetica. Nella femmina, per indicare due geni associati al sesso posti sullo
stesso cromosoma X, come ad esempio w ed m in Drosophila, si usa la notazione che abbiamo
appena visto, cioè wm,e si aggiunge una barra obliqua ( / ) ad indicare che i due cromosomi
sono omologhi, ottenendo wm/ wm.
Nel maschio la notazione è la stessa, ma si deve ricordare che è presente un solo cromosoma
X, quindi avremo wm / Y. In questi due esempi appena proposti sia la femmina che il maschio
sono mutanti, cioè avranno gli occhi bianchi e le ali ridotte, ma possiamo avere anche un
fenotipo wild-type; per la femmina: doppio omozigote dominante per w+ ed m+ (quindi,
w+ m+ / w+ m+ ), oppure doppio eterozigote per w ed m (quindi, w+ m+ / wm); per il maschio,
Biologia
emizigote per w+ ed m+ (quindi, w+ m+ / Y). È anche possibile che la femmina sia allo stesso
tempo eterozigote per w ed omozigote (recessiva o dominante) per m, cosı̀ come il maschio
può essere contemporaneamente emizigote dominante e recessivo: questo perché i geni w ed
m sul cromosoma X possono ricombinarsi, come sappiamo oggi, grazie al crossing-over che
avviene nella profase I della meiosi (§ 2.5.4).
Alla generazione F1 Morgan osservò che tutti i maschi avevano occhi bianchi e ali
ridotte (genotipo wm / Y), mentre tutte le femmine avevano un fenotipo selvatico
(genotipo w+ m+ / wm), confermando ulteriormente che sia w che m erano geni legati
1114 Riproduzione ed ereditarietà
al cromosoma X. Facendo incrociare tra di loro gli individui della F1 Morgan ottenne
alla generazione filiale F2 2441 moscerini, di cui 1541 avevano un fenotipo parentale,
sia maschi che femmine, mentre 900 avevano un fenotipo ricombinante, quindi circa il
37% (Figura 4.12).
Poiché la frequenza attesa di ricombinazione tra due geni associati (concatenati) sullo
stesso cromosoma è del 50%, questa percentuale indicava che sicuramente i due geni
erano concatenati: Morgan propose che durante la meiosi avvenisse uno scambio tra i
due cromosomi X omologhi che consentisse la ricombinazione di w ed m.
Morgan effettuò molti altri incroci con diversi caratteri legati all’X è trovò sempre che:
i fenotipi ricombinanti erano meno frequenti rispetto ai fenotipi parentali, in una
percentuale che dipendeva dal grado di concatenazione sullo stesso cromosoma;
entrambe le classi parentali comparivano in egual numero, cosı̀ come le varie classi
ricombinanti.
Da queste evidenze Morgan concluse che quanto più due geni sono vicini sul cromosoma,
tanto più essi tendono a rimanere insieme durante la meiosi e subiranno quindi meno
eventi di ricombinazione. Questo avviene perché i ricombinanti vengono prodotti per
scambio tra i cromosomi omologhi durante la meiosi, quindi la maggiore vicinanza di
due geni sul cromosoma rende l’evento di crossing-over meno frequente: questo, in
definitiva, si riflette sulla percentuale di ricombinanti che si avranno nella generazione
F2 (Figura 4.12).
Morgan correlò la formazione dei fenotipi parentali e dei fenotipi ricombinanti che si osser-
vavano nella F2 con la formazione di chiasmi tra i cromatidi non fratelli di due cromosomi
omologhi. Il chiasma era stato identificato nel 1909 da Frans Janssens, che lo aveva descrit-
to come una sovrapposizione tra due cromosomi omologhi (materno e paterno) con scambio
reciproco di parti, osservabile durante la profase I della meiosi (più precisamente durante la
sottofase di pachitene). Fu nel 1912 che Morgan ed Eleth Cattell introdussero il termine di
crossing-over per definire questo processo di scambio reciproco che avveniva in concomitan-
za del chiasma, grazie al quale potevano formarsi nuove combinazioni (ricombinanti) dei geni
concatenati. La dimostrazione che la ricombinazione genetica era il risultato di uno scambio
fisico tra i cromosomi venne da Curt Stern, che nel 1931 effettuò incroci tra moscerini di
Drosophila che differivano per marcatori genetici (geni car e B posti sul cromosoma X) e
marcatori citologici (un cromosoma X più corto ed un altro X con attaccato un pezzo del cro-
mosoma Y, quindi più lungo). I risultati degli esperimenti di Stern dimostrarono che quando
si producono fenotipi ricombinanti anche i marcatori citologici risultano essere ricombinati,
indicando chiaramente che un evento di crossing-over è avvenuto.
Genetica
la frequenza dei ricombinanti per due geni concatenati è costante sia che essi
siano in cis (disposizione in accoppiamento, quando cioè due alleli dominanti
di entrambi i geni si trovano su un cromosoma e i due alleli recessivi sull’altro) o
che siano in trans (disposizione in repulsione, quando un cromosoma porta un
allele dominante del primo gene e l’allele recessivo dell’altro, mentre il cromosoma
omologo presenta la situazione inversa).
Date queste tre evidenze, Morgan pensò che le frequenze di crossing-over che erano ca-
ratteristiche per ogni coppia genica concatenata fossero correlate alla distanza fisica che
separava i due geni sul cromosoma stesso. Insieme ad un suo allievo, Alfred Sturtevant,
Morgan utilizzò la tecnica del reincrocio per analizzare il rapporto di concatenazione
tra i geni. Fu però Sturtevant a suggerire che la percentuale dei ricombinanti ottenu-
ti dal reincrocio potesse essere usata come una misura quantitativa della distanza di
un gene con un altro che fosse sullo stesso cromosoma. Più precisamente Sturtevant
suggerı̀ di chiamare questa distanza unità di mappa (um).
Una frequenza di ricombinazione tra due geni concatenati che sia pari all’1% definisce
una unità di mappa, anche chiamata centi-Morgan (cm): un’unità di mappa, quindi,
corrisponde alla distanza tra due geni concatenati che permette il verificarsi di almeno
un evento di crossing-over, che genera un fenotipo ricombinante ogni 100 individui
esaminati.
porzioni superficiali del corpo con setole gialle e/o arricciate (macchia singola, o single-
spot), oppure altre avevano macchie gemelle (o twin-spots, cioè un settore con setole
gialle ed un altro settore adiacente con setole arricciate) come se fossero un fenotipo a
mosaico (Figura 4.14). Queste evidenze non potevano essere spiegate con la normale
segregazione genica, quindi Stern ipotizzò un evento di crossing-over mitotico, il quale
è stato osservato in vari organismi ma avviene raramente (meno dell’1% delle mitosi).
Il completamento del Progetto Genoma Umano, avvenuta nel 2003, ha portato a risultati
sorprendenti: infatti si è visto che il nostro genoma ha circa 24 000 geni (contro i 100 000
previsti), che ogni essere umano differisce da un altro per una sola base ogni 1 300-1 400 (i
cosiddetti SNPs) e che è il maschio della specie umana ad avere il maggior numero di mutazioni
puntiformi. È notizia recente che un ricercatore della Stanford University, Stephen Quake, sia
riuscito a sequenziare il proprio genoma in una settimana con una spesa di circa 40 000 dollari:
all’orizzonte si profila quindi un sequenziamento totale ed individuale del genoma in tempi
molto brevi e con costi alla portata di tutti. Questo comporterà naturalmente anche problemi
di natura etica.
Il legame tra geni e proteine fu suggerita per primo da Archibald Garrod nel 1908,
mentre studiava una patologia nota come alcaptonuria. Egli scoprı̀ la relazione tra un
difetto genetico, un enzima specifico e una determinata condizione metabolica. Queste
scoperte furono a lungo ignorate finché, negli anni ‘40 del ventesimo secolo, l’idea di
associare un gene ad un enzima fu riportata in auge da George Beadle e Edward Tatum.
I due scienziati lavoravano su una muffa del pane, un fungo denominato Neurospora
e giunsero alla formulazione della ipotesi “un gene – un enzima”, ad indicare che
un determinato gene è in grado di codificare per uno specifico enzima. In seguito tale
ipotesi è stata modificata in “un gene – una catena polipeptidica”. Oggi sappiamo che
tale correlazione non è più cosı̀ corretta perché un gene, ad esempio, può codificare
semplicemente per un RNA che non darà luogo a nessuna catena polipeptidica.
Per le loro scoperte Beadle e Tatum furono insigniti del premio Nobel per la medicina nel
1958.
Il DNA
Il DNA fu isolato per la prima volta da Friedrich Miescher nel 1869, tre anni dopo la
pubblicazione dei risultati di Mendel (il cui lavoro era comunque ai più sconosciuto).
Il nome “acido nucleico” fu assegnato a tale composto da uno studente di Miescher,
Richard Altmann nel 1889.
Le proprietà chimiche e la struttura del DNA sono state descritte nel Capitolo 1 (§
1.4.4). Ricordiamo quali sono le caratteristiche principali del DNA:
le 4 basi del DNA sono adenina (A), timina (T), citosina (C) e guanina (G);
legare i nucleotidi tra loro. Tale enzima, dal momento che esegue una polimerizzazione
del DNA è detta DNA polimerasi.
Nei procarioti è presente un’unica origine di replicazione, negli eucarioti sono molte.
Figura 4.17: Proteine coinvolte nella replicazione del DNA. Si veda il filmato al link
http://youtu.be/teV62zrm2P0.
Il punto in cui il DNA viene aperto per consentire l’azione della DNA polimerasi è
Biologia
ognuno di essi inizia con un primer inserito dalla primasi. Al termine della replicazione
i primers vengono rimossi e gli spazi tra i frammenti di Okazaki vengono riempiti dalla
DNA ligasi, formando cosı̀ il filamento continuo.
Il meccanismo di replicazio-
ne è estremamente accurato ma
può capitare che vengano in-
seriti dei nucleotidi errati. La
DNA polimerasi può riconosce-
re quando ciò si verifica ed è
in grado di fermarsi, sostitui-
re il nucleotide errato e ripar-
tire. Questa attività esonuclea-
sica (rimozione enzimatica di
nucleotidi) è detta correzione
delle bozze (o proofreading).
Il processo di duplicazione
descritto è valido sia nei proca- Figura 4.18: Forcella di replicazione. Il filamento in ritardo viene
rioti che negli eucarioti (anche sintetizzato in modo discontinuo con formazione dei frammenti
di Okazaki, che vengono poi uniti tra loro dalla DNA ligasi.
se negli eucarioti alcuni enzimi
assumono nomi diversi). Nei procarioti però la replicazione parte da un’unica origine
di replicazione ed è bidirezionale (a partire dall’origine procede in entrambe le direzio-
ni). Le DNA polimerasi batteriche sono molto veloci, possono raggiungere velocità di
sintesi di 1000 nucleotidi al secondo.
Gli eucarioti sono più complessi ed avendo molti cromosomi è necessario che si
formino più origini di replicazione, dando origine a delle piccole unità di replicazione
dette repliconi. A differenza di quelle batteriche, le DNA polimerasi eucariotiche sono
molto più lente (si stima che le polimerasi umane abbiano una velocità di circa 50
nucleotidi al secondo).
Negli eucarioti le estremità dei cromosomi (dette telomeri) neosintetizzati si accor-
ciano ad ogni divisione perché quando nel frammento di Okazaki viene rimosso l’ultimo
primer la polimerasi non è in grado di sintetizzare DNA per rimpiazzarlo.
Negli esseri umani la sequenza telomerica è TTAGGG ed è ripetuta circa 2500
volte. Ad ogni divisione cellulare si perdono circa 50-200 basi di DNA telomerico per
cui dopo 20-30 divisioni i cromosomi non sono più in grado di replicarsi e la cellula
muore. Negli elementi cellulari in grado di dividersi in modo continuo è presente un
enzima, chiamato telomerasi, in grado di conservare il DNA telomerico. L’aspetto
negativo è che la maggior parte delle cellule tumorali esprime la telomerasi e questo
consente alle cellule cancerose di continuare a proliferare. Alcuni farmaci antitumorali
agiscono proprio in modo da contrastare l’azione della telomerasi.
Genetica
che il DNA e gli istoni si associassero in strutture definite nucleosomi, in cui il DNA
si avvolge attorno ad un complesso costituito da quattro istoni, detti H2A, H2B, H3 e
H4, ciascuno presente con due molecole (è un ottametro di diametro approssimativo di
10 nm). Esternamente a questo nucleo centrale si dispone un altro istone, chiamato H1.
Questo è il primo livello di organizzazione della cromatina, definita “a collana
di perle”. Il livello successivo di organizzazione prevede che gli istoni di nucleosomi
contigui interagiscano tra loro costituendo una fibra di 30 nm di spessore. Le fibre si
organizzano poi in anse superavvolte (o dominii) che sono stabilizzate da una impal-
catura (scaffold ) di proteine non-istoniche ed infine, al momento della mitosi, si forma
il cromosoma, in cui il compattamento della cromatina è massimo (Figura 4.19). Per
avere un’idea del grado di compattamento si consideri che un micrometro di cromoso-
ma mitotico contiene all’incirca un centimetro di DNA, con un grado di impaccamento
di 10000:1. Al termine della mitosi la maggior parte della cromatina ritorna ad essere
dispersa nel nucleo interfasico (l’eucromatina ha una struttura rappresentata da una
fibra di 30 nm) ma una parte resta condensata a costituire l’eterocromatina (§ 2.4.2).
Quest’ultima si divide in eterocromatina costitutiva, che rimane sempre condensata e
si trova, ad esempio, nella regione del centromero e dei telomeri e viene raramente
trascritta in RNA, ed in eterocromatina facoltativa che rappresenta cromatina che è
stata inattivata in un determinato momento della vita dell’organismo o in alcuni tipi
cellulari.
Un esempio di eterocromatina facoltativa è rappresentato dall’inattivazione di uno
dei due cromosomi X nelle cellule delle femmine di Mammifero; in questo modo sia
maschi che femmine contengono lo stesso numero di cromosomi X attivi. Il cromosoma
X inattivo viene riattivato (si tratta quindi di eterocromatina facoltativa) al momento
Biologia
della gametogenesi femminile, in modo tale che i cromosomi omologhi possano appaiarsi
in meiosi.
Il cromosoma inattivato si presenta sotto forma di ammasso di cromatina noto come
corpo di Barr (§ 4.4.3).
1. trasposoni;
2. retrotrasposoni.
ripetute (LTR: Long Terminal Repeat); Figura 4.20: Schema esemplificativo del fun-
zionamento di un trasposone (a) e di un re-
trotrasposone (b). Si legga il testo per la
retrotrasposoni non-LTR: non presen-
spiegazione.
tano le LTR.
Si suppone che l’evento di trasposizione avvenga in modo casuale, per cui un elemento
potrebbe inserirsi all’interno di un gene che codifica per una proteina, con grave com-
promissione della funzione di quest’ultima. Ad esempio, l’inserimento di un elemento
mobile all’interno di un gene che codifica per un oncosoppressore potrebbe portare
all’insorgenza di un tumore.
È noto un tipo di emofilia causato dall’inserimento di un certo numero di elementi
LINE all’interno di un gene che codifica per un fattore coinvolto nella coagulazione del
sangue, con relativo blocco della funzione di tale fattore.
4.6.6 RNA
L’RNA è un acido nucleico che differisce dal DNA per le seguenti caratteristiche:
esiste in forma di singolo filamento (il DNA invece ha una struttura a doppia
elica);
una delle basi presenti nel DNA, la timina, è sostituita nell’RNA dall’uracile, che
è una base in grado di formare legami a idrogeno con l’adenina.
Come già anticipato nel Capitolo 1 (§1.4.4) esistono tre tipi fondamentali di RNA:
sintesi proteica
snRNA Piccoli RNA nucleari Entrano in gioco in vari processi tra cui lo
splicing
miRNA Micro RNA Regolano l’espressione genica silenziando gli
mRNA
siRNA Piccoli RNA interferenti Inibiscono l’espressione genica degradando gli
mRNA
Esiste un flusso di informazioni che parte dal DNA e giunge alle proteine (che rap-
presentano il risultato finale dell’espressione genica) attraverso un intermediario, che è
rappresentato dall’mRNA.
Questo flusso di informazioni è noto come dogma centrale della biologia ed afferma
che:
4.6.7 Trascrizione
Figura 4.21: Dogma centrale della biologia.
L’informazione passa dal DNA alle proteine
Il processo di trascrizione è la sintesi di un attraverso un intermedio ad RNA. Il flus-
RNA a partire da uno stampo costituito da so è parzialmente invertibile in quanto l’R-
un filamento di DNA. NA può dare origine a DNA attraverso la
trascrizione inversa. L’intero processo dalla
duplicazione del DNA alla sintesi proteica
è rappresentato nel filmato presente al link
Oltre alla RNA polimerasi (che è una RNA http://youtu.be/yqESR7E4b 8.
polimerasi-DNA dipendente) agiscono altre
proteine genericamente note, negli eucarioti, con il nome di fattori di trascrizione.
L’utilizzo dell’RNA messaggero come copia dell’informazione presente in un gene,
Genetica
la RNA polimerasi.
Nei procarioti esiste una sola RNA polimerasi mentre negli eucarioti ve ne sono di
diversi tipi. Le caratteristiche generali sono che l’enzima polimerizza in direzione 5’-3’,
non richiede un primer per iniziare la sintesi (a differenza della DNA polimerasi) e non
possiede attività di correzione delle bozze (proofreading).
Possiamo suddividere l’intero processo di trascrizione in tre parti: inizio, allunga-
mento, terminazione.
Nella fase di inizio l’RNA polimerasi deve essere posizionata nel punto del gene da
cui deve fare partire la sintesi. Sia nei procarioti che negli eucarioti queste sequenze
segnale sul DNA sono chiamate promotori. Come detto in precedenza la RNA po-
limerasi non agisce da sola ma fa parte del cosiddetto complesso di inizio della
trascrizione che contiene la polimerasi e altre proteine. Il promotore segnala l’inizio
del gene e quale dei due filamenti di DNA deve essere trascritto.
Nella maggior parte dei promotori eucarioti esiste una sequenza a monte del punto di
inizio della trascrizione che serve come sito di riconoscimento per il complesso di inizio.
Tale sequenza contiene un certo numero di T e di A ed è perciò definita TATA box
e si trova all’incirca 20-30 basi a monte del sito di inizio di trascrizione. La proteina
che lega questa regione si chiama TATA-binding protein (TBP) ed è essenziale per
l’assemblaggio del complesso di inizio della trascrizione.
Nei procarioti le due sequenze fondamentali per il riconoscimento del gene si trovano
in posizione –35 (sequenza –35, dove tale numero indica la distanza dal punto in cui
inizia la trascrizione: il segno meno indica che la sequenza si trova a monte del sito di
inizio) e in posizione –10 (Pribnow box ).
Una volta correttamente posizionata, la RNA polimerasi inizia la fase di allunga-
mento (Figura 4.22), svolgendo il DNA davanti a sé e sintetizzando un filamento di
RNA in direzione 5’-3’. L’enzima commette molti più errori rispetto alla DNA polime-
rasi (1 su 104 contro 1 su 107 ) ma ogni gene può essere trascritto molte volte perciò
questo maggior tasso di errore non risulta determinante.
Biologia
Figura 4.22: Una volta assemblato il complesso di inizio la RNA polimerasi inizia a trascrivere il filamento
stampo, per cui la sequenza dell’RNA trascritto sarà uguale a quella del filamento codificante (ovviamente,
essendo un RNA presenterà la base U al posto della T).
1128 Riproduzione ed ereditarietà
Ogni gene è dotato di una sequenza di terminazione che fa sı̀ che la RNA polimerasi si
allontani dal DNA e rilasci il trascritto appena formato, che nei procarioti è pronto per
essere utilizzato mentre negli eucarioti si trova sotto forma di trascritto primario, o
RNA nucleare eterogeneo (hnRNA): un RNA immaturo che dovrà subire delle modifiche
affinché possa svolgere le proprie funzioni (sia che si tratti di mRNA sia che si tratti
di uno degli altri tipi di RNA).
Figura 4.23: Maturazione dell’mRNA: la trascrizione produce una copia del gene, introni compresi. Appena
trascritto viene aggiunto il cappuccio di metilguanosina, dopodiché avviene la poliadenilazione e lo splicing.
Biologia 1129
Poliadenilazione
All’estremità 3’ del pre-mRNA viene aggiunta una coda di residui di adenosina, chia-
mata coda di poli(A), ottenuta grazie all’enzima poli(A) polimerasi. Il ruolo principale,
forse unico, di questa coda è quello di proteggere il DNA dalla degradazione da parte
di esonucleasi citoplasmatiche.
Splicing
La rimozione degli introni e la legatura tra loro degli esoni è definita splicing. Tale
processo deve avvenire in modo assolutamente accurato affinché l’informazione presente
nell’mRNA non venga totalmente alterata.
Durante la sintesi del trascritto primario ad ogni introne si associa un comples-
so denominato spliceosoma. Esso contiene delle strutture ribonucleoproteiche defi-
nite snRNPs (si pronuncia “snurps”) composte da proteine e da snRNA. Un filmato
esplicativo sullo splicing è presente al seguente link: http://youtu.be/aVgwr0QpYNE.
L’RNA messaggero maturo conserva alcune regioni non codificanti alle estremità,
denominate regioni non tradotte: 5’ UTR (regione 5’ non tradotta) e 3’ UTR
(regione 3’ non tradotta).
4.6.9 tRNA
Analizzando i singoli aspetti del dogma cen-
trale della biologia abbiamo descritto la du-
plicazione del DNA e la trascrizione. Il pas-
saggio conclusivo è la traduzione. La trascri-
zione vede entrare in gioco l’mRNA mentre
per la traduzione è necessario un altro tipo di
RNA che funga da interprete molecolare, in
grado di trasformare un linguaggio a 4 lette-
re (quello degli acidi nucleici) in un linguag-
gio a 20 lettere (quello delle proteine). Tale
interprete è il tRNA, che riconoscendo una
sequenza di tre lettere o tripletta sull’mR-
NA (codone) attraverso il proprio antico-
done, associa a tale codone uno specifico
aminoacido (Figura 4.24).
I tRNA sono molecole lunghe tra 70 e
90 nucleotidi e assumono una configurazio-
ne tridimensionale definita “a trifoglio”, in Figura 4.24: Struttura di un tRNA.
cui si verificano appaiamenti intramolecolari tra basi complementari (non è un doppio
filamento come il DNA).
Biologia
l’RNA messaggero;
i ribosomi;
dalla sequenza AUG. Nei procarioti il codone di inizio è preceduto (5-10 nucleotidi a
monte) da una sequenza detta sequenza di Shine-Dalgarno. Negli eucarioti la subunità
ribosomale minore riconosce il cappuccio dell’mRNA. Alla sequenza AUG corrisponde
un anticodone UAC presente in un tRNA di inizio che porta sempre l’aminoacido
metionina.
Tutte le sequenze peptidiche, negli eucarioti e nei procarioti, iniziano con l’aminoacido
metionina (nei procarioti è la formil-metionina), il quale può essere in seguito rimosso.
Biologia 1131
A questo punto, grazie anche all’azione di proteine dette fattori di inizio, la subunità
maggiore del ribosoma si associa al complesso di inizio e il tRNA legato alla metionina
si trova nel sito P del ribosoma, mentre il sito A si allinea con il secondo codone, pronto
per accogliere il secondo tRNA.
Allungamento
Il nuovo aminoacil-tRNA (associato ad un fattore di allungamento) entra nel sito A
e si lega al secondo codone dell’mRNA. A questo punto può avvenire la formazione
del legame peptidico tra l’ultimo aminoacido della catena peptidica legata al tRNA
presente nel sito P (all’inizio si tratta del solo aminoacido metionina) con l’aminoacido
portato dal tRNA nel sito A. La formazione del legame peptidico è catalizzata da un
ribozima (peptidiltransferasi) e la catena nascente si trasferisce sul tRNA del sito
A: il tRNA presente nel sito P ora è libero (Figura 4.26).
Figura 4.26: Rappresentazione schematica della fase di allungamento della sintesi proteica. Dopo l’ingresso
Biologia
del secondo tRNA avviene la formazione del legame peptidico, il tRNA che era legato alla metionina ora è
libero, la catena peptidica in formazione passa sul secondo tRNA il quale trasloca nel sito P. Il sito A ora
vuoto viene occupato dal terzo tRNA e il tRNA iniziale si trova ora nel sito E e viene rilasciato. Si veda
anche il link http://youtu.be/s6l3PUFmgxs.
Terminazione
Quando il ribosoma raggiunge
un particolare codone, noto co-
me codone di stop, nessun
tRNA è in grado di entrare nel
ribosoma per cui la traduzio-
ne termina. Grazie all’azione di
un fattore di rilascio la catena
peptidica viene rilasciata e il ri- Figura 4.27: Rappresentazione schematica di un polisoma.
bosoma si separa nelle sue due
subunità.
Un mRNA è associato contemporaneamente a più ribosomi formando un complesso
noto come polisoma o poliribosoma (Figura 4.27). In questo modo la velocità di
sintesi proteica aumenta notevolmente.
Modifiche post-traduzionali delle proteine
Non appena il polipeptide emerge dal ribosoma esso si organizza in una struttura tridi-
mensionale (folding ) dettata dal tipo di aminoacidi che ne costituiscono la sequenza (§
1.4.3). Al peptide può essere inoltre associata una sequenza segnale che indirizza la pro-
teina verso un compartimento cellulare, il reticolo endoplasmatico o un altro organulo.
Le proteine destinate alla secrezione, per esempio, sono generalmente sintetizzate da
ribosomi presenti sulle membrane del reticolo endoplasmatico, ma la loro sintesi inizia
su ribosomi liberi. Il peptide in formazione presenta una sequenza di riconoscimento
per un complesso ribonucleoproteico (proteina + RNA), detto SRP, che riconosce il
peptide nascente e dirige il ribosoma verso la membrana del reticolo endoplasmatico,
dove la proteina prosegue la propria sintesi all’interno del lume del reticolo.
Le modifiche appena viste sono di tipo cotraduzionale, avvengono cioè durante
la sintesi della proteina stessa.
Esistono poi delle modifiche post-traduzionali, che avvengono quando il peptide
è stato rilasciato dal ribosoma.
Le principali modifiche sono:
proteolisi : alcuni segmenti peptidici vengono rimossi, ad esempio la sequenza
segnale vista in precedenza per localizzare il peptide sul reticolo endoplasmatico;
glicosilazione: è l’aggiunta di residui glicidici alla proteina ed avviene tipicamente
nel lume del reticolo endoplasmatico e nell’apparato di Golgi;
fosforilazione: è l’aggiunta di gruppi fosfato ed è catalizzata da proteine dette
Genetica
chinasi (o kinasi).
Il codice genetico mette in relazione la sequenza di nucleotidi del DNA con la sequenza
di aminoacidi delle proteine
Biologia 1133
Tra i primi a presentare un modello di codice fu George Gamow, il quale suggerı̀ che
ogni amminoacido fosse codificato da una sequenza di tre nucleotidi. L’idea che sta alla
base della scelta del numero tre è molto semplice. L’alfabeto del DNA è a 4 lettere (le
4 basi), per cui con una lettera si possono scrivere 4 parole (41 ), con due lettere 16
parole (42 ) e con tre lettere 64 parole (43 ). Dal momento che gli aminoacidi sono 20
non bastano due lettere perciò i codoni devono essere costituiti da almeno tre lettere.
Utilizzando un codice a tri-
plette si possono specificare 64
aminoacidi ma in realtà quelli
utilizzati per la sintesi protei-
ca sono solo 20. In effetti 3 co-
doni non codificano per alcun
amminoacido e sono detti co-
doni di stop, gli altri 61 in-
vece codificano per un aminoa-
cido con la caratteristica che
alcuni aminoacidi sono codifi-
cati da più triplette. Questa
condizione di ridondanza è no-
ta come degenerazione del
codice genetico.
La prima decodifica del co-
dice avvenne ad opera di Mar-
shall Nirenberg e Heinrich Mat-
thaei, i quali sintetizzarono de-
gli mRNA artificiali. Il primo
ad essere utilizzato fu un mes- Figura 4.28: Il codice genetico. Il codone AUG codifica per l’a-
saggero costituito solo da uri- minoacido metionina ed è il codone di inizio della sintesi protei-
ca. Tre sono i codoni che non codificano un aminoacido e che
dina e fu chiamato poli(U). rappresentano dei codoni di stop: UAA, UAG, UGA.
Quando il poli(U) fu inserito al-
l’interno di una provetta contenente un estratto batterico, il risultato fu la produzione
di un polipeptide contenente un unico aminoacido, la fenilalanina. Questo permise di
associare alla tripletta UUU l’aminoacido corrispondente, fenilalanina. Analogamente
si procedette con altri messaggeri artificiali fino ad ottenere il codice genetico completo,
mostrato in Figura 4.28.
Oggi sappiamo che, a parte qualche eccezione, il codice genetico è universale,
praticamente identico in tutti gli organismi.
Biologia
Dal codice genetico risulta evidente che un cambiamento a livello della terza base del
codone spesso non comporta una variazione dell’aminoacido codificato. Ad esempio,
scambiando in terza posizione U con C o A con G, si ottiene sempre lo stesso aminoaci-
do. Questo aspetto ha portato all’ipotesi che uno stesso tRNA potesse essere in grado
di riconoscere più di un codone: questa è definita “ipotesi del vacillamento” o wobble.
Tale ipotesi, poi confermata, fu avanzata da Francis Crick.
Ad esempio, i codoni 5’-UUU-3’ e 5’-UUC-3’, che codificano entrambi per la fe-
nilalanina, sono entrambi riconosciuti da un tRNA che possiede come anticodone la
sequenza 5’-GAA-3’.
1134 Riproduzione ed ereditarietà
Inoltre alcuni tRNA possiedono nell’anticodone una base diversa dalle solite 4, si tratta
dell’inosina (I): essa può interagire con U, C e A.
Ricapitolando, possiamo elencare le caratteristiche del codice genetico:
ad ogni codone codificante (ad eccezione dei codoni di stop) corrisponde un solo
aminoacido;
il codice è degenerato o ridondante;
il codice è pressoché universale;
è costituito da codoni a triplette.
Per i loro studi sull’operone lattosio Jacques Monod e François Jacob ricevettero il premio
Nobel per la medicina nel 1965.
non è più necessario sintetizzarlo perciò l’operone viene spento. Il repressore trp nor-
malmente non è in grado di legare la sequenza operatore, ma quando interagisce con
il triptofano, che funge da co-repressore, allora il complesso repressore-triptofano può
posizionarsi sull’operatore impedendo la sintesi da parte della RNA polimerasi.
Regolazione negli eucarioti
Negli eucarioti la regolazione della trascrizione è molto più complessa. Tutte le cellule
di un organismo possiedono lo stesso patrimonio genetico ma è evidente che una cellula
nervosa e un linfocita esprimano proteine diverse. Questa diversa espressione dipende
1136 Riproduzione ed ereditarietà
da una serie di meccanismi regolativi che intervengono non solo in modo diverso in
cellule diverse, ma anche in momenti diversi della vita di una stessa cellula.
La regolazione può avvenire a diversi livelli: prima della trascrizione, a livello di
trascrizione, dopo la trascrizione (controllo della maturazione dell’mRNA, del suo
trasporto e della sua degradazione), a livello di traduzione o dopo la traduzione.
Analizziamo ora alcuni esempi di meccanismi di regolazione genica.
Amplificazione selettiva del DNA
Alcune regioni del DNA possono essere duplicate più volte, amplificando cosı̀ se-
lettivamente alcuni gruppi di geni. Questo meccanismo si è osservato nel corso dello
sviluppo di alcuni anfibi ed insetti. Tipici esempi riguardano l’amplificazione del gene
che codifica per l’RNA ribosomale nell’anfibio Xenopus laevis durante lo sviluppo del-
l’uovo e l’amplificazione dei geni che codificano per le proteine del guscio dell’uovo di
Drosophila melanogaster.
Riarrangiamento di sequenze di DNA
Il riarrangiamento è un meccanismo ben conosciuto per quanto riguarda la formazione
dei geni per gli anticorpi. Non entriamo nel dettaglio di tale argomento in quanto molto
vasto e non richiesto per la preparazione al test di ammissione.
Modifiche della cromatina
Uno dei meccanismi di regolazione dell’espressione genica coinvolge la struttura della
cromatina. Abbiamo già visto che essa può essere distinta in eterocromatina (una
forma condensata) ed eucromatina (una forma più dispersa) (§ 2.4.2). Un modo per
reprimere l’espressione di un gene o un gruppo di geni è quello di trasformare l’eu-
cromatina in eterocromatina: in questo modo la regione del DNA interessata a questa
modifica non potrà essere trascritta. Eseguendo l’operazione opposta si può invece in-
durre l’attivazione di una porzione di DNA. Abbiamo già visto come nelle femmine
dei Mammiferi uno dei due cromosomi X venga inattivato condensandolo in forma di
eterocromatina (§ 4.6.4). Un modo per regolare il rimodellamento della cromatina è
la acetilazione e la deacetilazione degli istoni. L’acetilazione riduce l’interazione tra
istoni e DNA favorendo la liberazione del DNA dal nucleosoma, facilitando quindi la
sua trascrizione (si veda il filmato al link http://youtu.be/eYrQ0EhVCYA).
Un altro modo per reprimere l’espressione genica è la metilazione del DNA. In
alcuni tipi di cancro la demetilazione del promotore di un oncogene (un gene che fa-
vorisce la trasformazione in cellula tumorale) ne provoca l’attivazione con conseguente
cascata di eventi che porta alla formazione del tumore. Il cromosoma X inattivato di
cui abbiamo parlato in precedenza presenta una forte metilazione a livello del DNA.
Controllo a livello trascrizionale
Abbiamo già parlato in precedenza del ruolo del promotore e della sequenza TATA
Genetica
box nella trascrizione (§ 4.6.7). Esistono altre sequenze, a livello del promotore, che
sono importanti per il riconoscimento del complesso trascrizionale: la CAAT box
e la GC box. Queste sequenze, legando specifici fattori di trascrizione, regolano la
frequenza con cui un gene deve essere trascritto. Possiamo quindi affermare che i fattori
di trascrizione associati alle RNA polimerasi sono a tutti gli effetti dei regolatori della
trascrizione, e quindi dell’espressione genica.
Oltre a questi elementi di DNA posizionati in modo relativamente vicino al punto
di inizio della trascrizione, possono essere presenti sequenze, distanti anche migliaia di
basi dal punto di inizio, che possono legare proteine di regolazione. Tali sequenze sono
Biologia 1137
dette enhancer o silencer, a seconda della loro attività di amplificazione (nel primo
caso) o di inibizione (nel secondo caso) della trascrizione.
I fattori che regolano la trascrizione presentano dei tipici domini strutturali (strut-
tura supersecondaria della proteina) che permettono loro di interagire con il DNA.
Questi motivi strutturali appartengono a quattro categorie:
helix-turn-helix (elica-giro-elica);
leucine zipper (cerniere di leucine);
zinc finger (dita di zinco);
helix-loop-helix (elica-ansa-elica).
Alcuni geni sono controllati mediante pausa della trascrizione: la RNA polimerasi ini-
zia a trascrivere ma si blocca dopo un certo numero di nucleotidi. Solo in presenza
di determinate condizioni, e quindi di determinati fattori di attivazione, la trascrizione
prosegue. Questo meccanismo è utile per quei geni di cui è necessario eseguire la trascri-
zione e la traduzione in tempi molto rapidi, come i geni di risposta allo stress. In questo
caso, avere un RNA messaggero già parzialmente trascritto velocizza l’ottenimento della
proteina necessaria.
Controllo della maturazione dell’RNA
Un singolo gene può codificare per più proteine e questo evento di regolazione di espres-
sione genica è noto con il nome di splicing alternativo. Abbiamo già discusso dello
splicing nel paragrafo relativo alla maturazione dell’RNA messaggero (§ 4.6.8) e ab-
biamo descritto il fenomeno come la rimozione delle sequenze non codificanti (introni)
da un mRNA. In alcuni casi è possibile che una sequenza intronica possa, in una fase
diversa dello sviluppo o in un tipo cellulare diverso, essere considerata come un eso-
ne e viceversa (Figura 4.30). Un esempio è rappresentato dalla fibronectina, che può
trovarsi in due forme, una nel plasma e una nella matrice extracellulare. Due porzioni
del trascritto primario vengono rimosse nelle cellule del fegato (che producono la pro-
teina plasmatica) e vengono mantenute nei fibroblasti (che producono la proteina di
matrice), dando cosı̀ origine a due proteine leggermente diverse.
Un altro meccanismo di controllo post-trascrizionale è noto come editing dell’RNA,
il quale comporta la conversione di un nucleotide in un altro oppure la delezione o
l’inserzione di basi. Un esempio di proteina prodotta per editing dell’RNA è il recettore
del glutammato presente nel sistema nervoso.
Controllo della localizzazione dell’RNA messaggero
La localizzazione degli mRNA all’interno della cellula è un fenomeno molto importante
nella regolazione dello sviluppo dell’embrione. Gli esperimenti condotti sul moscerino
Biologia
Drosophila hanno dimostrato come alcuni mRNA trascritti durante l’ovogenesi da geni
diversi si localizzano in zone diverse della cellula. L’informazione necessaria per dirigere
questa localizzazione si trova nella regione 3’ UTR dell’mRNA.
Regolazione dell’espressione genica durante lo sviluppo embrionale
La regolazione genica che porta uno zigote a diventare un organismo pluricellulare è
molto complessa. Geni diversi sono espressi in momenti diversi del ciclo vitale dell’or-
ganismo. Un modello molto utilizzato per gli studi sullo sviluppo embrionale è rappre-
sentato dal moscerino della frutta Drosophila, a cui abbiamo già accennato. In questo
1138 Riproduzione ed ereditarietà
Figura 4.30: Splicing alternativo del gene della calcitonina di ratto. Nel cervello l’esone 4 viene eliminato
mentre è presente l’esone 6; nella tiroide l’esone 4 viene mantenuto e ciò che sta a valle è invece eliminato.
Lo splicing alternativo produce due diverse proteine, la calcitonina nella tiroide e il CGRP nel cervello.
animale è stato individuato uno schema di espressione genica che porta, in poche ore
dopo la fecondazione, alla determinazione di ogni segmento di cui è composta la larva
di questo insetto. Diversi geni sono coinvolti in questo processo:
geni materni : sono geni trascritti nell’ovario che passano nell’uovo dove vengono
tradotti. Ad esempio i geni bicoid e nanos servono per determinare l’asse antero-
posteriore dell’embrione agendo come attivatori o inibitori della trascrizione di
altri geni;
geni di segmentazione: sono geni coinvolti nell’organizzazione dell’embrione in
segmenti;
geni omeotici (geni Hox ): determinano il destino delle cellule di ogni segmento,
definendo quali organi si svilupperanno in una definita parte del corpo. Questi
geni presentano tutti una regione del DNA chiamata omeobox, che codifica per
una sequenza peptidica nota come omeodominio in grado di riconoscere la regione
promotore di un gene. I geni Hox codificano per dei fattori di trascrizione e sono
presenti in tutti gli animali.
Controllo della stabilità dell’RNA messaggero
Un mRNA, una volta trascritto, può essere tradotto una volta ed essere rapidamente
Genetica
degradato (RNA a vita breve) oppure essere tradotto più volte (RNA a vita lunga).
Regolando la velocità di degradazione di un mRNA è possibile regolare l’espressione
genica. Un esempio è rappresentato dai geni che codificano per gli istoni. Durante la
duplicazione del DNA la sintesi di istoni deve aumentare notevolmente e ciò è garantito
dall’aumento della vita media degli mRNA codificanti per queste proteine.
Controllo a livello della traduzione
Tale controllo si esplica, ad esempio, mediante modifica dei fattori di inizio della
traduzione, che portano al blocco della sintesi proteica.
Biologia 1139
Un altro esempio è rappresentato dalla inibizione della traduzione degli mRNA che
codificano per la ferritina, una proteina che è in grado di sequestrare il ferro. In assenza
di ferro un repressore si lega alla regione 5’ UTR dell’mRNA per la ferritina inibendone
la traduzione. In presenza di ferro questo si lega al repressore e l’mRNA può cosı̀ essere
tradotto.
Esiste una classe di RNA non codificanti che sono in grado di regolare l’espressione
genica. Tali piccoli RNA sono definiti microRNA o miRNA e sono in grado di
riconoscere un mRNA e, legandosi ad esso, impedirne la traduzione.
Controllo post-traduzionale
Le cellule sono in grado di regolare la durata della vita di una proteina. Le proteine
vengono degradate da un complesso multiproteico di forma cilindrica detto proteaso-
ma. Le proteine destinate alla degradazione vengono marcate con una piccola proteina
chiamata ubiquitina la quale funge da segnalazione per il proteasoma.
Un riassunto sulla regolazione dell’espressione genica negli eucarioti è visibile al link
http://youtu.be/jrKZCh6BXIQ.
4.7 Mutazioni
Gli agenti che possono produrre mutazioni possono essere classificati come:
fattori esogeni (cioè composti che agiscono dall’esterno dell’organismo);
fattori endogeni (cioè composti che agiscono dall’interno dell’organismo).
Tra i fattori esogeni possiamo ricordare gli agenti mutageni fisici quali le radiazioni ionizzanti
e ultraviolette. Questi agenti fisici portano alla degradazione del DNA attraverso la rottura
dei legami chimici tra le basi o anche la rottura dei cromosomi.
1140 Riproduzione ed ereditarietà
Tra i fattori esogeni ricordiamo anche alcuni agenti chimici, come gli analoghi delle basi, i
modificatori di basi e gli agenti intercalanti. Questi agenti si sostituiscono, modificano o si
intercalano tra i nucleotidi portando a vari tipi di mutazioni nel DNA.
Tra i fattori endogeni possiamo ricordare: le specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto ed
errori nel processo di replicazione del DNA. Le specie reattive di ossigeno ed azoto sono compo-
sti chimici radicalici, molto reattivi, che vengono generati dai normali processi metabolici delle
cellule. Questi radicali intervengono soprattutto in caso di infezioni, come ad esempio nelle
mucose intestinali e polmonari, dove vengono prodotti dai granulociti neutrofili per coadiuvare
l’eliminazione degli agenti patogeni e delle cellule infettate.
Nel caso di sostituzione di una base con un’altra ricordiamo i seguenti casi (Figura
4.31):
mutazioni silenti o sinonime: la sostituzione trasforma un codone in un altro
che però codifica per lo stesso aminoacido (il codice genetico è degenerato e ciò
fa sı̀ che il risultato della mutazione sia fenotipicamente nullo);
mutazioni missense o a senso errato: il codone viene sostituito da un altro
che codifica per un aminoacido diverso. Un esempio è rappresentato dall’anemia
falciforme, in cui il codone GAG viene trasformato in GUG con sostituzione
conseguente dell’aminoacido acido glutammico con la valina;
mutazioni non senso: la sostituzione trasforma un codone codificante un ami-
noacido in un codone di stop con formazione di un prodotto troncato.
Se una purina viene sostituita con un’altra purina si parla di mutazione per transizione; se,
invece, una purina viene sostituita con una pirimidina, o viceversa, si parla di mutazioni per
transversione.
Se la mutazione porta alla sostituzione di un aminoacido con un altro dalle proprietà
chimiche simili (ad esempio la sostituzione di una lisina con un’arginina, entrambi aminoacidi
basici) si parla di mutazione neutra.
Nel caso in cui si verifichi l’inserimento o la delezione di una base, la cornice di lettura
delle triplette dell’mRNA cambia (mutazione frameshift) a partire dal punto in cui
si verifica la mutazione e il risultato è un prodotto che è totalmente diverso da quello
originale (Figura 4.31).
Genetica
Queste mutazioni possono essere rilevate attraverso un esame genetico, che mette in luce
l’ordine relativo dei locus genici sul cromosoma, oppure attraverso un esame al microscopio
ottico del cromosoma stesso per verificarne le corrette morfologia e dimensioni. È da ricordare
che, nella specie umana, questo tipo di mutazioni porta ad un aborto ogni sette fecondazioni.
di un cromosoma si fonde col braccio lungo di un altro per cui si forma un grande
cromosoma metacentrico ed un frammento che viene perso.
Gli studi effettuati sui cromosomi politenici del moscerino della frutta, Drosophila mela-
nogaster, hanno contribuito alla ricerca su questo tipo di mutazioni cromosomiche. Questi
cromosomi enormi, contenuti nelle ghiandole salivari del moscerino, derivano da migliaia di
cicli di replicazione senza che la cellula si divida, quindi è facile osservare al microscopio ottico,
dopo opportuna colorazione, gli eventuali riarrangiamenti cromosomici intercorsi.
Biologia 1143
Effetto di posizione. Nel caso delle inversioni o delle traslocazioni, quando un tratto
di cromosoma viene a trovarsi in una posizione diversa del genoma può avvenire che
l’espressione di uno o più geni non interessati dalla rottura ma compresi nel tratto stesso
venga alterata. Questo effetto di posizione dipende dal fatto che un gene posizionato
nell’eucromatina possa venire a trovarsi nell’eterocromatina o vicino ad essa, risultando
cosı̀ inattivato (cioè non trascrivibile). Naturalmente può anche avvenire il contrario.
Una delle cause di aneuploidia è la non disgiunzione dei cromosomi omologhi in meiosi
I o dei cromatidi in meiosi II.
La perdita di un cromosoma porta ad una monosomia per quel cromosoma mentre
la presenza di un cromosoma soprannumerario determina la trisomia per quel cromo-
soma. Nell’uomo l’aneuploidia determina anomalie dello sviluppo e in casi più gravi può
portare ad aborto spontaneo nelle prime settimane di gestazione. Le trisomie autoso-
miche compatibili con la nascita sono le trisomie dei cromosomi 13, 18, 21 chiamate,
rispettivamente, sindrome di Patau, sindrome di Edwards e sindrome di Down.
La sindrome di Patau può derivare da una non disgiunzione o da una traslocazione
robertsoniana. Gli individui affetti in genere muoiono entro il terzo mese di vita.
La sindrome di Edwards è solitamente dovuta a non disgiunzione meiotica materna
e la quasi totalità dei bambini nati con questa trisomia non sopravvive oltre il sesto
mese dalla nascita.
La sindrome di Down è la più nota trisomia anche perché è l’unica trisomia autoso-
mica che, seppure causando danni importanti agli individui affetti, è compatibile con
la sopravvivenza. Le persone affette da trisomia 21 sono colpite da ritardo mentale e
possono poi presentare diversi sintomi che variano da caso a caso.
L’età della madre è un importante fattore di rischio nell’insorgenza delle aneuploi-
die in quanto una gravidanza in età avanzata, generalmente oltre i 35 anni, aumenta
notevolmente il rischio di generare un embrione con anomalia genomica.
La disomia uniparentale si verifica quando entrambi i cromosomi di una coppia sono
ereditati da un solo genitore. Questo è un evento molto raro e si pensa che rappresenti
il salvataggio dalla trisomia: lo zigote parte con una trisomia ma uno dei tre cromosomi
Biologia
base errata e rompe il legame glucosidico che la tiene unita allo zucchero. La molecola
restante (zucchero + fosfato) viene rimossa da una nucleasi dopodiché una polimerasi
riempie lo spazio e la ligasi ricuce i filamenti tra loro.
Il meccanismo di correzione degli appaiamenti scorretti (MMR, mismatch
repair ) entra in gioco alla fine della duplicazione del DNA ed esegue una scansione alla
ricerca di basi appaiate in modo scorretto. Il processo di riparazione è simile a quello
visto per il meccanismo NER, anche se gli enzimi coinvolti sono diversi. Una mutazione
che colpisca uno dei geni coinvolti in questo sistema di riparo può portare all’insorgenza
di una forma di tumore del colon-retto.
Biologia 1145
Si definisce carattere una caratteristica di un organismo che possa essere rilevata con
un qualunque mezzo di indagine. I caratteri monofattoriali o mendeliani sono quelli
determinati dall’azione di un singolo gene.
I geni che determinano questi caratteri possono trovarsi sui cromosomi sessuali o sugli
autosomi: la trasmissione di tali caratteri segue le leggi di Mendel (§ 4.3) ed il carattere
di interesse può essere dominante o recessivo.
Si parla, infine, di eterogeneità genetica quando diversi geni sono responsabili dello
stesso fenotipo.
Eredità mitocondriale
Il genoma mitocondriale è piccolo (circa 16,5 kilobasi) e contiene pochi geni (37) privi
di introni. Possono verificarsi mutazioni a carico del DNA mitocondriale che possono
portare a patologie neuromuscolari. Le mutazioni mitocondriali sono sempre ereditate
per via materna perciò una donna affetta avrà tutta la progenie affetta, mentre un
maschio affetto non produrrà prole malata.
le malattie genetiche sono tutte quelle causate da una o più anomalie del
genotipo e sono di solito classificate in tre categorie principali: cromosomiche,
monofattoriali e multifattoriali. Le malattie cromosomiche sono quelle dovute
ad anomalie cromosomiche sia di numero che di struttura (§ 4.7.2 e § 4.7.3).
Le malattie monofattoriali o monogeniche sono quelle dovute a mutazioni in un
singolo gene mentre quelle multifattoriali derivano dall’interazione di più fattori
(genetici e ambientali);
Una volta fatta questa distinzione risulta evidente come una malattia come la sindrome
di Down possa essere definita “genetica” e non “ereditaria” (in quanto gli individui
colpiti sono normalmente sterili e non possono dare origine ad un individuo affetto).
Oltre a queste due tipologie conviene specificare anche che cosa si intende per
malattia congenita: si tratta di un carattere che si manifesta alla nascita ma che non
è stato ereditato, dovuto ad esempio ad infezioni o altri traumi sopraggiunti durante
la gestazione.
La Tabella 4.4 elenca alcune malattie ereditarie.
È possibile eseguire dei test genetici al fine di identificare eventuali patologie geneti-
che. Per test genetico si intende infatti l’analisi di acidi nucleici o proteine allo scopo
di identificare mutazioni o alterazioni a livello di fenotipo o genotipo. Tra i vari tipi di
test ricordiamo quelli:
Tabella 4.4: Caratteristiche di alcune malattie ereditarie. Una banca dati sulle malattie genetiche umane
consultabile al sito http://www.ncbi.nlm.nih.gov/omim.
4.9.1 Clonaggio
Il DNA ricombinante si ottiene per introduzione di un frammento di DNA di interesse
all’interno di una molecola genericamente indicata come vettore. Tale vettore viene poi
amplificato, in vitro o in vivo: questa serie di operazioni è detta clonaggio.
Biologia 1151
del DNA del vettore (anch’esso opportunamente trattato con enzimi di restrizione) e
la DNA ligasi esegue la saldatura: il DNA di interesse è stato cosı̀ inserito all’interno
del vettore ottenendo una molecola di DNA ricombinante.
Le strutture maggiormente utiliz-
zate come vettori sono:
un’origine di replicazione;
4.9.2 Genoteche
Mediante le tecniche di clonaggio è possibile creare delle DNA libraries, ovvero delle
banche di DNA (o genoteche). Spesso il termine inglese DNA library viene tradotto
in modo improprio con libreria di DNA.
Per ottenere una library si sottopone il DNA, ad esempio quello umano, all’azione
di enzimi di restrizione e i frammenti ottenuti vengono inseriti in vettori di clonaggio,
ciascuno dei quali viene inserito in un ospite.
Le librerie possono essere genomiche o di cDNA. Nel primo caso si ottengono dei
frammenti che rappresentano il genoma, contenenti quindi esoni ed introni. Nel secondo
caso si ottiene una libreria di cDNA (banca di cDNA), ottenuto per retrotrascrizione a
partire dagli mRNA, quindi privo di introni. Le banche di cDNA rappresentano i geni
che vengono espressi in un determinato tipo cellulare e saranno diverse a seconda che
la cellula da cui si è estratto il materiale genetico sia un tipo cellulare o un altro. Sono
molto utili per studiare l’espressione genica differenziale in tessuti diversi.
Una volta ottenuta la library è necessario potere eseguire uno screening della
genoteca alla ricerca della sequenza di interesse.
Le tecniche maggiormente utilizzate per eseguire lo screening sono:
4.9.3 PCR
Un modo più rapido rispetto al clonaggio per ottenere l’amplificazione di un segmento
di DNA è l’utilizzo della reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain
Reaction, PCR). Si tratta di una tecnica in cui due oligonucleotidi che fungono da inne-
sco (primer ), le cui sequenze fiancheggiano quella del segmento di DNA da amplificare,
guidano una DNA polimerasi nella sintesi della sequenza di interesse. La particolarità
di questa tecnica è l’utilizzo di DNA polimerasi termostabili, in grado di funzionare a
temperature che si aggirano intorno ai 70˚C e di rimanere stabili anche a temperature
vicine ai 100˚C. La DNA polimerasi termostabile proviene da batteri termofili: le più
note provengono dal batterio Thermus aquaticus (Taq polimerasi) e dall’archeobatterio
Biologia
4.10 Quesiti
1) L’uomo è un organismo: C spiega il fenomeno della dominanza
incompleta
A aplonte
D spiega il fenomeno della codominanza
B diplonte
E individua nel DNA la molecola respon-
C aplodiplonte sabile della trasmissione dei caratteri
D aploide ereditari
D AB E un ibrido
zione aploide o diploide nel ciclo vitale degli organismi a riproduzione sessuata.
L’uomo, come tutti gli animali, è un organismo diplonte, in cui cioè si ha una
prevalenza della generazione diploide sulla aploide.
5) D . Due alleli diversi dello stesso gene che si esprimono entrambi contemporanea-
mente rappresentano un caso di codominanza. Mendel non aveva contemplato que-
sto ed altri casi particolari che non rientrano nelle leggi da lui espresse. Un esempio
di codominanza è rappresentato dagli alleli che regolano l’espressione dei gruppi
sanguigni A, B e 0.
ciente apporto di sangue agli organi, scarso sviluppo fisico, insufficienza cardiaca..)
dell’allele recessivo mutato che provoca l’anemia falciforme.
10) C . La sigla OGM sta per organismo geneticamente modificato e indica qualunque
organismo in cui sono stati inseriti o tolti dei geni tramite l’utilizzo di tecniche di
ingegneria genetica. Gli OGM comprendono infatti sia gli organismi transgenici, in
cui sono stati inseriti geni di altre specie, sia organismi in cui sono stati tolti del geni,
sia organismi che hanno ricevuto geni da altri della stessa specie. Non comprendono
invece gli organismi che hanno subito modifiche al genoma non apportate tramite
1158 Riproduzione ed ereditarietà
Essi ritenevano che le varie specie presenti sulla Terra avessero delle strutture perfette,
finalizzate ad uno scopo, solamente perché le varianti di quelle stesse specie che erano
risultate imperfette, e che venivano create continuamente, non erano state in grado di
sopravvivere né di riprodursi. In questo modo de Maupertuis e Diderot anticiparono di
quasi cento anni il concetto di Darwin di selezione naturale.
principio dell’uso e del non uso: un animale sviluppa nuove funzioni o ap-
parati che gli consentono di soddisfare i propri bisogni; questi nuovi caratteri
possono svilupparsi se risultano essere utili allo scopo, altrimenti vengono perdu-
ti. Lamarck non applicò questo principio al mondo vegetale poiché a quel tempo
era opinione comune che le piante non avessero specifici bisogni o esigenze per
sopravvivere;
Lamarck addusse un esempio molto chiaro per esemplificare la propria teoria dell’e-
voluzione: la giraffa ha sviluppato la lunghezza del proprio collo nel corso delle varie
generazioni che si sforzavano di volta in volta a mangiare le foglie poste su rami sempre
più alti. È ora chiaro che i caratteri che venivano acquisiti secondo la concezione la-
marckiana erano modificazioni fenotipiche e non genotipiche, poiché non ci può essere
trasmissione ereditaria dei suddetti caratteri senza modificazioni genetiche o cromo-
somiche: l’allungamento del collo, quindi, non poteva essere ereditato dalla progenie
ma doveva in qualche modo essere assimilato a livello genetico prima di poter essere
trasmesso ereditariamente.
Secondo Lamarck il concetto di derivazione biologica, che procedeva da forme
organiche semplici a forme via via più complesse, doveva culminare nella generazione
necessaria e finalizzata dell’Uomo sulla Terra, secondo un principio antropocentrico. In
questa visione rientrava la convinzione di Lamarck che gli organismi più semplici, posti
all’inizio della scala evolutiva, fossero stati generati per generazione spontanea a
partire da materiale organico non strutturato (inanimato).
La teoria lamarckiana sopravvisse per circa un ventennio, fino alla morte del suo
fondatore, Lamarck nel 1829, e del suo detrattore, Cuvier nel 1832.
Evoluzione
in seguito arrivare alle proprie conclusioni sull’evoluzione biologica. Oltre alle osserva-
zioni dirette, Darwin prese spunto dal lavoro di Thomas Malthus, il quale asseriva che
la popolazione umana si espandeva e cresceva secondo una progressione esponenziale,
mentre le risorse ed i beni disponibili per sostenere tale crescita crescevano secondo una
progressione aritmetica: doveva dunque esserci un punto in cui le risorse non sarebbero
state più sufficienti a sostenere la crescita della popolazione umana. Darwin comprese
che il principio di risorse limitanti era valido non solo per l’uomo ma anche per tutte
le specie viventi. Darwin calcolò, per esempio, che una coppia di elefanti avrebbe dovu-
to generare quasi 19 milioni di individui in 750 anni, invece la popolazione degli elefanti
rimaneva costante nel tempo, quindi doveva esserci una sorta di scelta all’interno della
stessa popolazione che faceva sopravvivere solo alcuni elefanti: era nato il concetto di
selezione naturale. Darwin pubblicò le proprie osservazioni nel 1859, fondando la
propria teoria evoluzionistica su quattro punti specifici:
le specie animali tendono a generare una prole molto più numerosa rispetto alla
reale capacità di sostentamento che l’ambiente offre, ma solo alcuni individui
raggiungono la maturità riproduttiva;
in ogni generazione nascono individui che differiscono fenotipicamente gli uni dagli
altri, in maniera completamente casuale, portando ad una grande variabilità nei
caratteri fenotipici;
alcuni di questi caratteri fenotipici sono preferiti rispetto ad altri poiché forni-
scono un vantaggio in termini di sopravvivenza;
solo gli individui di una generazione che possiedono quei caratteri fenotipici che
consentono un maggior adattamento all’ambiente possono sopravvivere fino alla
maturità riproduttiva e quindi trasmettere i caratteri alla progenie.
Era quindi chiaro per Darwin che l’ambiente in cui un individuo si trova gioca un
ruolo fondamentale per la sua sopravvivenza selezionando quei caratteri, generatisi
casualmente all’interno di una popolazione, che meglio si adattano all’ambiente stesso.
Era fondamentale nel pensiero di Darwin che le risorse in un dato ambiente non sono
sufficienti a sostenere la sopravvivenza di tutta la popolazione di una specie: deve per
forza instaurarsi una competizione per tali risorse che garantiscono la sopravvivenza
del più adatto. La limitatezza delle risorse di cibo è quindi il filtro ambientale che
secondo Darwin guida la selezione naturale tra gli individui di una specie (in un
dato ambiente). In questo modo Darwin capovolse la teoria di Lamarck, il quale invece
sosteneva che era l’ambiente a generare le varianti fenotipiche e, di conseguenza, i
cambiamenti evolutivi.
Per Darwin l’ambiente era come un filtro che faceva passare solo i caratteri più adatti
Biologia
ad un certo habitat e gli individui che li portavano (ruolo passivo), mentre per Lamarck
l’ambiente era il motore primario che generava tali caratteri (ruolo attivo).
risorse di cibo era quindi il filtro ambientale primario che secondo Darwin guidava la
selezione naturale tra gli individui di una specie in un dato ambiente.
Come Lamarck prima di lui, anche Darwin negava l’ipotesi creazionista o interventi-
sta per la generazione delle specie ma, diversamente da Lamarck, Darwin sosteneva
l’assenza di un finalismo evolutivo che portasse alla generazione dell’Uomo come risul-
tato finale dell’evoluzione. Se per Lamarck il processo evolutivo non era casuale, ma
finalizzato a raggiungere la perfezione (cioè l’Uomo), per Darwin la selezione naturale
che sottendeva il processo evolutivo era completamente soggetta a casualità e non
direzionale.
La teoria evoluzionistica di Darwin portava con sé l’idea che l’Uomo non fosse il ri-
sultato di un progetto divino; la teoria evoluzionistica di Darwin poneva l’Uomo non
più al centro dell’Universo, in maniera molto simile a quanto aveva fatto Copernico nei
confronti della Terra con la sua rivoluzionaria teoria eliocentrica.
Lo sviluppo della genetica ha permesso di superare queste lacune. La sintesi tra la teoria
darwiniana e gli studi di Mendel portarono alla formulazione della teoria sintetica
dell’evoluzione, anche conosciuta come neo-darwinismo. Le popolazioni naturali
possiedono una intrinseca variabilità genetica dettata dalle leggi mendeliane e questa
variabilità viene poi sottoposta a selezione naturale: in questi termini (ma già a partire
dai lavori di Hardy e Weinberg) nasce la genetica di popolazione.
5.1.7 Genetica di popolazione
Date queste premesse era quindi chiaro che lo studio della variabilità genetica e del-
le modalità di trasmissione all’interno di una popolazione, alla base del neodarwi-
nismo, esigevano modelli matematici e statistici molto robusti che convalidassero le
osservazioni fenomenologiche naturali e sperimentali.
La genetica di popolazione studia la struttura genetica (pool genico) di una po-
polazione in termini di variabilità genetica e distribuzione delle varianti fenotipiche e
genotipiche dei caratteri e studia anche i processi evolutivi che regolano la popolazione
stessa in termini di variazioni temporali e spaziali nella frequenza dei caratteri suddet-
ti (variazioni del pool genico), nonché le cause eziologiche di tali variazioni (fattori
evolutivi).
Una popolazione possiede quindi un peculiare insieme di geni, chiamato pool genico.
Si definisce pool genico l’insieme di tutti gli alleli presenti in una data popolazione
(in termini di tipo e frequenza), per ogni dato gene. La struttura genetica di una
popolazione viene quindi descritta secondo le frequenze alleliche e genotipiche presenti
nel pool genico.
Le condizioni che devono sussistere in una popolazione affinché la legge H-W sia valida
sono le seguenti:
la popolazione deve avere un numero di individui sufficiente, infinitamente grande
sarebbe preferibile, di modo che possano essere applicate le leggi della probabilità,
poiché è necessario che le frequenze osservate e misurate siano ragionevolmente
Evoluzione
ha consentito di osservare come tutti gli embrioni siano molto simili nei primi
stadi dello sviluppo (Figura 5.2), diversificandosi successivamente nel corso dello
stesso;
citologia: la cellula costituisce l’unità fondamentale della vita ed è quindi chiaro
che tutte le specie viventi si sono evolute da un progenitore comune;
biologia molecolare: la biologia molecolare, attraverso indagini di compara-
zione delle sequenze di DNA e di proteine simili presenti nelle diverse specie,
1166 Ereditarietà e ambiente
ha potuto fornire importanti indizi di una evoluzione molecolare che prelude al-
la evoluzione anatomica, poiché non possono esistere modificazioni anatomiche
senza modificazioni genetiche. Anche il fatto che il codice genetico si presenti a
triplette in tutti gli esseri viventi (piante, animali, virus, batteri), fa supporre che
la diversificazione delle varie specie sia partita da un progenitore comune.
Figura 5.2: Prove dell’evoluzione fornite dall’embriologia comparata. Disegno di Ernst Haeckel del 1874.
5.3.1 Mutazioni
Le mutazioni (§ 4.7) possono essere definite come cambiamenti casuali del corredo
cromosomico di una cellula (o di un individuo) che possono generare nuove varianti
alleliche in un gene o tratto di DNA: le mutazioni sono la fonte principale di variabilità
genetica. È stato calcolato che ogni nuovo individuo può essere in media portatore di
due nuove mutazioni che vanno ad accumularsi nel pool genico della popolazione. Quin-
Biologia 1167
introduce nuovi alleli nella popolazione: dato che la mutazione è un evento raro,
un allele mutato specifico può insorgere in una popolazione e non in un’altra,
quindi il flusso genico diffonde gli alleli unici ad altre popolazioni e costituisce
quindi una seconda fonte di variabilità genica per la popolazione;
effetto collo di bottiglia: ha luogo quando una popolazione subisce una dra-
stica riduzione delle proprie dimensioni ad opera di eventi catastrofici (epidemie,
alluvioni, eruzioni vulcaniche, eccessiva predazione, ecc.), che modificano il pool
genico dei sopravvissuti selezionandone casualmente solo una piccola parte (e di-
minuendone quindi la variabilità). Un esempio di effetto collo di bottiglia è rap-
presentato dagli elefanti marini boreali: la causa è l’eccessiva predazione umana
avuta luogo nel XIX secolo, che ha ridotto a 20 individui totali l’intera specie.
Un chiaro esempio di incrocio assortativo è la selezione sessuale, cioè quella forma di selezio-
ne naturale che dipende dalla scelta non casuale del partner in base a specifiche caratteristiche
(anche indipendenti dalla possibilità di sopravvivenza dell’individuo) da parte di individui ap-
partenenti ad una data popolazione. Questo comportamento direzionale ha portato nel mondo
animale allo sviluppo di caratteri morfologici specifici (dimorfismo sessuale) che nulla han-
no a che fare con la sopravvivenza stretta dell’individuo, ma sono dei caratteri utili solamente
ai fini della selezione sessuale: ad esempio, se è la femmina a scegliere il partner, i maschi
saranno più colorati o avranno caratteri morfologici che possano attirare la femmina.
specie) che osserviamo in natura. Attraverso la selezione naturale i caratteri che con-
tribuiscono alla sopravvivenza ed alla riproduzione aumentano col tempo, ed è proprio
in questo modo che gli organismi si adattano all’ambiente circostante.
La selezione naturale può essere definita come la riproduzione differenziale dei ge-
notipi, ovvero gli individui che possiedono certi geni producono una progenie più nu-
merosa di altri e pertanto quei geni aumenteranno la loro frequenza nella generazione
successiva.
1170 Ereditarietà e ambiente
In questa ottica la selezione naturale non viene vista come una lotta per la soprav-
vivenza, ma come un differente successo riproduttivo degli organismi meglio adattati
all’ambiente immediatamente circostante.
La probabilità che un particolare genotipo sopravviva e si riproduca, in relazione ad
un dato ambiente circostante, viene chiamata fitness darwiniana (w) (Tabella 5.1).
Quindi la fitness viene considerata una misura del successo riproduttivo di un dato
genotipo, il quale potrà avere differenti valori di w al variare dell’ambiente. Il range di
valori che può assumere w va da 0 ad 1, dove con 1 si intende la maggior efficienza
riproduttiva possibile per un dato genotipo rispetto ad un altro genotipo, cioè quello
che produce il numero medio di progenie per adulto più alto. È chiaro che la fitness può
essere calcolata solo in base agli individui che possono riprodursi, infatti un individuo
sterile ha fitness darwiniana pari a zero. Una misura correlata alla fitness darwiniana
(w) è il coefficiente di selezione (S), che è una misura dell’intensità relativa di
selezione su un genotipo.
Genotipi SS Ss ss
Adulti in grado di riprodursi (generazione P) 50 40 30
Numero della progenie prodotta (generazione 90 80 30
F1)
Numero medio di progenie per adulto 90/50 = 1,8 80/40 = 2 30/30 = 1
Fitness (w, numero relativo di progenie 1.8/2 = 0,9 2/2 = 1 1/2 = 0,5
prodotta)
Coefficiente di selezione (S=1-w) 1 – 0,9 = 0,1 1 – 1 =0 1 – 0,5 = 0,5
Tabella 5.1: Calcolo della fitness darwiniana (w) e del coefficiente di selezione (S).
oggi esistenti sulla Terra sono derivate da un’unica specie che fu addomesticata circa
10000 anni fa e tutte le razze oggi presenti sono il risultato di una selezione artificiale
e selettiva operata dall’Uomo per colore del pelo, dimensioni, comportamento, ecc.
5.4 Speciazione
La speciazione consiste nella formazione di nuove specie viventi e può essere di due
tipi: filetica o divergente. Un video di approfondimento è visibile qui:
http://youtu.be/rlfNvoyijmo.
Biologia 1171
La speciazione divergente è molto ben documentata dai reperti fossili, dove essa si presenta
come una sorta di esplosione evolutiva, la quale implica il formarsi di numerose nuove
specie a partire da un progenitore comune. Un esempio di radiazione adattativa documentata
dai fossili si trova negli scisti di Burgess (o argilloscisti), un deposito di rocce di varia natura
(per lo più alluminosilicati di calcio) localizzato nella Columbia Britannica (Canada) e datato
circa 570-510 milioni di anni fa (periodo del Cambriano). Questo sito contiene numerose specie
fossili ormai estinte che si trovano solo in quel luogo, e che sono l’esempio per eccellenza di
quella grande radiazione adattativa che va sotto il nome di esplosione del Cambriano.
Affinché il processo di speciazione abbia luogo e si formino quindi nuove specie a partire
da una ancestrale, è necessario che tra due popolazioni all’interno della specie ancestrale
non vi sia più alcun tipo di flusso genico. È quindi necessario che vi sia un isolamento
riproduttivo che impedisca ai membri delle due popolazioni di scambiarsi i geni:
in questo modo i due pool genici relativi alle due popolazioni potranno cominciare
a divergere, approfondirsi e mantenersi fino a rendere impossibile la riproduzione tra
due membri casuali appartenenti ognuno ad una delle due popolazioni. A questo punto
quindi le due specie risultano essere diversificate e distinte. L’isolamento riproduttivo
viene quindi considerato il motore primario del processo di speciazione.
A seconda del tipo di isolamento riproduttivo possiamo avere due tipi di speciazione:
questo caso la generazione di nuove specie dipenderà dalle condizioni ambientali in cui le
popolazioni si vengono a trovare, che potranno presentare un gradiente di temperatura,
umidità, altitudine o altro, e le nuove specie che si potranno formare mostreranno
una variazione graduale in uno o più caratteri: questa variazione graduale relativa ad
un carattere osservabile nelle specie viene chiamato cline, ed ogni popolazione che è
possibile distinguere all’interno di un cline viene detta ecotipo.
Le barriere geografiche responsabili della speciazione allopatrica sono per lo più
costituite dagli oceani. Infatti è sulle isole che si verificano più eventi di speciazione.
Un esempio di speciazione simpatrica si ha nel caso dei pesci ciclidi del lago Vittoria in
Africa, in cui circa 500 specie diverse appartenenti alla famiglia Cichlidae coabitano nello
stesso ambiente. È stato scoperto da uno studio del 2005 che le femmine dei ciclidi hanno
una percezione preferenziale dei colori del maschio della stessa specie e non di un’altra:
la separazione tra le specie è quindi fondata per lo più sulle preferenze sessuali delle
femmine, che selezionano i maschi in base alla colorazione. Questo, oltre alla presenza di
una forte variabilità genotipica (non allelica) interna alle popolazioni di ciclidi, ha fatto
sı̀ che numerose specie distinte si sviluppassero in uno stesso ambiente senza il bisogno di
una separazione geografica tra le singole popolazioni. È interessante il fatto che gli ibridi
che nascono dall’accoppiamento di due specie di ciclidi del lago Vittoria risultano essere
vitali e non sterili, indicando che il processo di speciazione è ancora nelle sue fasi iniziali.
Nel 1972 venne proposto un nuovo modello dell’evoluzione: la teoria degli equi-
libri punteggiati. Questa teoria sostiene che le specie rimangano stabili da un punto
di vista delle strutture anatomiche o fisiologiche per lunghissimi periodi di tempo, ma
questa stabilità viene interrotta (punteggiata) da rapide trasformazioni che modificano
radicalmente la morfologia anatomica, portando alla generazione ed alla improvvisa
comparsa di una (o più) nuove specie, un po’ come nel caso dei terremoti, dove l’ener-
gia elastica dei movimenti tellurici viene immagazzinata impercettibilmente nella crosta
terrestre e poi viene improvvisamente liberata. I brevi periodi di modificazione corri-
spondono a decine di migliaia di anni, mentre i lunghi periodi di stasi corrispondono
1174 Ereditarietà e ambiente
5.7 Quesiti
Epidermide
L’epidermide è costituita da un epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato,
privo di vasi sanguigni e terminazioni nervose. I nutrienti e l’ossigeno provengono dal
derma.
Sono presenti diversi strati nell’epidermide (Figura 6.2 e §2.6.1 Figura 2.29) il più
profondo dei quali è lo strato germinativo (o strato basale), costituito da cellule in attiva
proliferazione. Salendo in superficie si incontrano lo strato spinoso, lo strato granuloso,
lo strato lucido ed infine lo strato corneo. Quest’ultimo presenta cellule morte nelle
quali il citoplasma è stato rimpiazzato dalla cheratina. Le cellule dello strato corneo
sono continuamente eliminate (processo di desquamazione) e rimpiazzate da cellule che
a mano a mano si spostano verso la superficie dagli strati sottostanti.
La cute si solleva in pieghe più o meno marcate. Sulle dita la cute forma delle
piccole pieghe, geneticamente diverse per ciascun individuo (dermatoglifi), che nel
loro insieme formano le impronte digitali.
Nel derma e nello strato basale dell’epidermide si trovano i melanociti: queste cel-
lule producono melanina e la accumulano nei melanosomi che a loro volta vengono
ceduti ai cheratinociti, determinando cosı̀ il colore della pelle. Il colore della cute
dipende anche dalla vascolarizzazione del derma, dalla presenza di pigmenti biliari
nel sangue e dai carotenoidi presenti nel grasso sottocutaneo. I cheratinociti sono le
cellule predominanti nell’epidermide ma sono presenti anche altri tipi cellulari: mela-
nociti, cellule di Langerhans e cellule di Merkel. Le cellule di Langerhans sono cellule
dendritiche che si originano nel midollo osseo e sono coinvolte nelle risposte immu-
nitarie. Le cellule di Merkel sono le meno numerose tra tutti i tipi cellulari presenti
nell’epidermide; si localizzano nello strato più profondo dell’epidermide, dove vengono
in contatto con il terminale di una cellula nervosa a formare la struttura denominata
disco di Merkel o recettore di Merkel. Queste strutture fungono da meccanorecettori
ed hanno una funzione di recettore sensoriale del tatto.
Derma La giunzione dermo-epidermica costituisce il limite tra epidermide e derma.
È irregolare per la presenza di creste epidermiche che affondano nel derma. Gli spazi
tra le creste si chiamano papille dermiche
(vedi link https://www.youtube.com/watch?v=SdQCGYZVFcQ).
Il derma è costituito da tessuto connettivo nella cui matrice sono presenti fibre
collagene e fibre elastiche. Le cellule presenti nel derma sono: fibroblasti, macrofagi e
mastociti. Nel derma sono poi presenti: vasi sanguigni, vasi linfatici, recettori sensoriali
e annessi cutanei.
Il sottocutaneo o ipoderma è costituito da: tessuto connettivo ricco di tessuto
adiposo, vasi e nervi. Il derma e l’ipoderma sono sede di numerosi recettori senso-
riali (Figura 6.3): corpuscolo del Pacini, recettore di Merkel, corpuscolo del
Anatomia
fusto;
Biologia 1179
ghiandola sebacea.
Le ghiandole sebacee (Figura 6.4 B):
consistono di cellule epiteliali secernenti;
sono assenti sul palmo della mano e sulla pianta del piede;
producono sebo, una sostanza lipidica che viene secreta a livello del pelo e che
rende impermeabile la cute.
1180 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Figura 6.4: Gli annessi cutanei: peli (Figure A e B), ghiandole sudoripare (Figura C), unghia (Figura D).
sono lamine cornee prodotte dall’epidermide sovrapposta alla faccia dorsale della
falange distale. La lamina è composta da scaglie cornee fittamente stipate (ex
cellule epiteliali corneificate e morte); poggia su una superficie cutanea detta
letto ungueale ed è circondata da una piega dell’epidermide detta vallo ungueale;
6.1.3 Ustioni
Le lesioni da calore, freddo, corrente elettrica, radiazioni ionizzanti e sostanze chimiche
sono definite ustioni. In base alla loro profondità si distinguono:
ustioni di secondo grado: sono interessati sia l’epidermide sia lo strato su-
periore del derma. I sintomi sono simili a quelli delle ustioni di primo grado
ma compaiono anche delle bolle. Con opportune precauzioni volte a prevenire le
infezioni, queste ustioni si risolvono in poche settimane;
ustioni di terzo grado: sono ustioni profonde che danneggiano sia l’epidermi-
de sia il derma. Sono ustioni che richiedono l’intervento medico perché possono
facilmente andare incontro a infezioni.
Biologia
scheletro assile: è situato lungo l’asse centrale del corpo e comprende cranio,
colonna vertebrale, costole e sterno;
Le ossa dello scheletro umano sono circa 206 (Figura 6.5) e possono essere di varia forma
e volume. In base alla forma si possono distinguere: ossa brevi (ad esempio ossa del
carpo e falangi), ossa piatte (ad esempio ossa del cranio e scapola), ossa irregolari
(ad esempio le vertebre), ossa sesamoidi (ad esempio la rotula) e ossa lunghe (ad
esempio femore, omero, tibia, perone, radio, ulna).
Anatomia
Nelle ossa piatte la lunghezza e la larghezza prevalgono sullo spessore. Sono for-
mate da due strati di osso compatto che racchiudono uno strato di osso spugnoso
(contenente midollo osseo rosso).
Le ossa irregolari hanno forma complessa.
Le ossa sesamoidi hanno forma pressappoco discoidale e sono situate nei tendini.
Nelle ossa lunghe (Figura 6.6) la lunghezza prevale sulla larghezza e lo spessore.
Sono formate da un corpo all’incirca cilindrico chia-
mato diafisi e da due estremità terminali più o me-
no ingrossate chiamate epifisi, dotate di superfici
articolari per connettersi con le ossa contigue. La
diafisi, costituita da tessuto osseo compatto, è sca-
vata per tutta la sua lunghezza da un canale centra-
le contenente midollo osseo giallo, che ha funzioni
di riserva. Le epifisi sono costituite da tessuto os-
seo spugnoso, rivestito di tessuto osseo compatto.
A livello delle epifisi delle ossa lunghe è contenuto
il midollo osseo rosso, presente anche nel tessuto
osseo spugnoso degli altri tipi di ossa.
Le prime due vertebre cervicali, C1 e C2, possiedono anche un nome specifico: la prima
vertebra cervicale è definita atlante, la seconda epistrofeo.
Le ossa di ciascun arto inferiore sono: femore (nella coscia), tibia e perone o fibula
(nella gamba), rotula o patella, 7 ossa del tarso (caviglia), 5 ossa del metatarso e 14
falangi (nel piede).
6.2.3 Fratture
Con il termine di frattura si intende la rottura di un osso. A seguito di una frattura,
le estremità fratturate dell’osso vanno incontro a saldatura per deposizione di nuovo
tessuto osseo e ciò si verifica mediante una successione di eventi, suddivisi in quattro
fasi.
Biologia 1185
6.3 Le articolazioni
Le articolazioni sono strutture che uniscono le ossa tra loro.
È possibile classificare le articolazioni su base sia strutturale sia funzionale.
Dal punto di vista strutturale le articolazioni si suddividono in:
articolazioni fibrose: le ossa sono unite da tessuto connettivo fibroso. Esistono
tre tipi di articolazioni fibrose: le suture tra le ossa del cranio, le gonfosi (l’arti-
colazione del dente sull’alveolo mediante legamento parodontale) e le sindesmosi
(ad esempio l’articolazione tra radio e ulna). Si tratta di articolazioni immobili o
semimobili;
articolazioni cartilaginee: le ossa sono connesse mediante tessuto cartilagineo.
Sono articolazioni immobili o semimobili e ne esistono di due tipi: sincondrosi
(ad esempio l’articolazione sterno–costale della prima costa e la zona di cartila-
gine ialina presente nelle epifisi delle ossa lunghe dei bambini) e le sinfisi, nelle
quali l’articolazione si realizza mediante tessuto fibrocartilagineo (ad esempio le
articolazioni tra i corpi vertebrali e la sinfisi pubica);
articolazioni sinoviali: sono articolazioni mobili circondate da una capsula ar-
ticolare. Le ossa sono rivestite da cartilagine articolare, sono separate tra loro
da una cavità contenente un fluido, il liquido sinoviale (Figura 6.8) e possono
Biologia
compiere movimenti reciproci più o meno ampi (ad esempio ginocchio e gomito).
La capsula articolare è un manicotto fibroso che avvolge i due capi articolari e si
inserisce dove termina il periostio. La capsula articolare è costituita da tessuto
connettivo denso; la sua superficie interna è rivestita dalla membrana sinoviale,
riccamente vascolarizzata e costituita da cellule che producono il liquido sinovia-
le. I legamenti articolari sono posti esternamente alla capsula e ne rinforzano
la sua azione. Il liquido sinoviale bagna tutte le superfici della cavità articolare e
ha funzioni nutritizie e lubrificanti.
1186 Anatomia e fisiologia dell’uomo
flessori ed estensori;
adduttori e abduttori;
pronatori e supinatori;
intrarotatori ed extrarotatori.
I principali muscoli del capo, della bocca e del collo sono: occipitofrontale (permet-
Biologia
L’insieme delle ossa (apparato scheletrico), dei muscoli (apparato muscolare) che su
di esse si inseriscono per mezzo di fasci connettivali chiamati tendini e le articolazioni
costituiscono l’apparato locomotore.
Le sue funzioni sono:
sostegno del corpo nei suoi vari atteggiamenti (postura);
Biologia
movimento;
Il sistema nervoso centrale contiene i corpi cellulari della maggior parte dei neuroni,
Anatomia
inclusi i corpi cellulari di tutti gli interneuroni e della maggior parte dei neuroni che
innervano i muscoli (motoneuroni) e degli altri neuroni effettori. Il sistema nervoso
periferico è invece formato dai nervi (Figura 6.12), costituiti da fasci di assoni di
neuroni sensoriali e motori, dai gangli del SNA, che contengono i corpi cellulari di
alcuni neuroni del sistema nervoso autonomo, e dai gangli del SNS, che contengono i
corpi cellulari della maggior parte dei neuroni sensoriali.
I nervi afferenti conducono le informazioni verso l’encefalo mentre i nervi efferenti
conducono le informazioni dall’encefalo ai sistemi periferici. Molti dei nervi umani sono
Biologia 1191
nervi misti, costituiti cioè da assoni sia afferenti che efferenti. I neuroni efferenti
possono essere divisi in due sistemi distinti: il sistema somatico ed il sistema autonomo
(Figura 6.13).
B), ognuno dei quali riceve informazioni dal sistema nervoso periferico attraverso le
radici dorsali dei nervi spinali ed invia quindi informazioni al SNP per mezzo delle
radici ventrali (Figura 6.14, pannello C). È quindi possibile parlare di arco riflesso
somatico, che può essere monosinaptico (quando è presente una sola sinapsi tra il
neurone sensoriale ed il motoneurone) oppure polisinaptico (quando è presente un al-
tro neurone detto interneurone). In quest’ultimo caso l’arco riflesso è costituito da tre
elementi: un recettore sensoriale (per esempio, un recettore cutaneo), un interneurone,
ed un motoneurone (se la funzione effettrice è quella muscolare).
Un esempio di arco riflesso monosinaptico è quello del riflesso patellare, mentre un esempio
di arco riflesso polisinaptico è quello che fa scostare la mano da una fiamma o da un chiodo
o un oggetto tagliente. È importante notare che l’arco riflesso somatico monosinaptico non
può essere modulato dall’attività del cervello, poiché è presente una sola sinapsi tra il neurone
sensoriale ed il motoneurone: infatti la risposta al riflesso patellare avviene comunque, anche
se ci si sforza di trattenere la gamba.
L’arco riflesso somatico polisinaptico può essere modulato, possiamo cioè decidere di farci
bruciare la mano o addirittura di esercitare una pressione maggiore su un chiodo.
Figura 6.14: Il midollo spinale. Nel pannello C è mostrato un arco riflesso monosinaptico.
Il midollo spinale ha una simmetria bilaterale che risulta visibile in sezione trasversa
Biologia
(Figura 6.14, pannello B). Gli assoni ascendenti (sensitivi) e quelli discendenti (moto-
ri) formano dei fasci ben definiti, situati nella parte periferica del midollo chiamata
sostanza bianca, a causa della mielina che riveste gli assoni. La sostanza grigia è
invece situata più centralmente nel midollo spinale, ed il suo nome deriva dal fatto che
essa contiene sia i corpi cellulari e i dendriti degli interneuroni e dei motoneuroni, sia
gli assoni e le terminazioni presinaptiche delle cellule nervose che prendono contatto
con questi neuroni. Quasi tutte le strutture contenute nella sostanza grigia non sono
rivestite da mielina, per cui questa parte centrale non presenta un colore bianco. Al
centro del midollo è presente il canale spinale (o canale midollare), che è in diretta
1194 Anatomia e fisiologia dell’uomo
continuità con le cavità del cervello chiamate ventricoli cerebrali. Sia il canale mi-
dollare sia i ventricoli cerebrali contengono il fluido cerebrospinale, o liquor, la cui
composizione risulta essere simile a quella del plasma sanguigno.
Le fibre nervose afferenti e quelle efferenti sono in genere anatomicamente separate
le une dalle altre, secondo la legge di Bell-Magendie: gli assoni afferenti (sensitivi)
entrano nel sistema nervoso centrale lungo le radici dorsali dei nervi spinali, mentre
gli assoni efferenti (motori) lasciano il sistema nervoso centrale attraverso le radici
ventrali (Figura 6.14, pannello C). In ciascuna metà del midollo spinale i corpi cellulari
dei motoneuroni sono situati nella porzione ventrale della sostanza grigia, che prende
il nome di corno ventrale (o anteriore), mentre i corpi cellulari degli interneuroni
sui quali entrano in contatto sinaptico le fibre sensitive sono localizzati nella porzione
dorsale della sostanza grigia, che prende il nome di corno dorsale (o posteriore). Gli
assoni afferenti che formano sinapsi con gli interneuroni sensoriali del midollo spinale
prendono origine dai neuroni sensoriali i cui corpi cellulari si trovano nei gangli delle
radici dorsali, che non sono comprese nel sistema nervoso centrale.
L’encefalo è costitui-
to da molte aree nervo-
se che svolgono funzioni
specializzate ed è depu-
tato al controllo del re-
sto del sistema nervoso.
Esso si sviluppa a par-
tire dal tubo neurale
(§6.14.2), che è il proge-
nitore dell’intero sistema
nervoso: il tubo neurale è
una struttura che deriva
da una parte della lami-
na più esterna dell’em-
brione allo stadio di ga-
strula. Durante la prima
fase dello sviluppo del-
l’encefalo, nella parte an- Figura 6.15: Sviluppo delle varie parti dell’encefalo.
teriore del tubo neurale cominciano a formarsi tre vescicole primarie, cioè il pro-
sencefalo, il mesencefalo, e il rombencefalo (Figura 6.15). Al centro del tubo neurale
è presente una cavità ripiena di liquido, che rappresenta il precursore dei ventricoli
cerebrali. Ognuna delle tre vescicole si accresce per divisioni cellulari mitotiche (so-
Anatomia
prattutto nella zona ventricolare, che è costituita dalle pareti della cavità piena di
liquido) e anche per migrazione di cellule che derivano dalla zona ventricolare stessa.
Durante le fasi successive dello sviluppo si formano le vescicole secondarie: il prosen-
cefalo si divide in telencefalo e diencefalo (che costituiscono il cervello), mentre dal
rombencefalo originano il metencefalo ed il mielencefalo. Le informazioni sensoriali
vengono inviate alle strutture che derivano dal mielencefalo e dal metencefalo, i quali
le trasmettono alle strutture che derivano dal mesencefalo e dal diencefalo: da queste
strutture le informazioni sensoriali vengono in seguito inviate alla corteccia cerebrale,
che si sviluppa a partire dal telencefalo (Figura 6.15).
Biologia 1195
La connessione tra cervello e midollo spinale è costituita dal midollo allungato (Figu-
ra 6.16), un ingrossamento del midollo spinale stesso. Nel midollo allungato si trovano
sia i centri nervosi che controllano la respirazione, i riflessi cardiovascolari e la secre-
zione gastrica, sia i nuclei che ricevono le informazioni provenienti da alcuni recettori
sensoriali e che le smistano ad altre aree cerebrali sensoriali e motorie.
Poco più in alto rispetto al midollo allungato si trova il cervelletto. Esso è costitui-
to da due emisferi, le cui superfici presentano delle circonvoluzioni che ne aumentano la
superficie. Il cervelletto contribuisce a generare le risposte motorie ed integra gli input
sensoriali provenienti dai canali semicircolari dell’orecchio interno, da altri propriocet-
tori di equilibrio, dal sistema visivo e dal sistema uditivo. Nel cervelletto tutte queste
afferenze sensoriali sono integrate e confrontate tra di loro e il segnale di uscita che ne
deriva è responsabile del mantenimento della postura, dell’orientamento nello spazio
e dei movimenti di precisione degli arti. Il cervelletto è privo di connessioni dirette
con il midollo spinale e quindi non può controllare i movimenti direttamente, ma invia
dei segnali a quelle regioni cerebrali che possono esercitare direttamente tale tipo di
Biologia
controllo.
Il ponte, situato nel metencefalo, è formato da tratti di fibre nervose che intercon-
nettono molte regioni dell’encefalo, come quelle che collegano il cervelletto ed il midollo
allungato con i centri superiori. Il mesencefalo è deputato alla ricezione ed integra-
zione delle informazioni visive, tattili ed uditive, le quali vengono organizzate in una
mappa mentale che riproduce lo schema dell’ambiente esterno. Il midollo allungato, il
ponte e il mesencefalo costituiscono il tronco cerebrale.
Nel diencefalo sono presenti il talamo, che costituisce il principale centro di coor-
1196 Anatomia e fisiologia dell’uomo
dinazione dei segnali sensoriali e motori, e l’ipotalamo, che contiene numerosi centri
di smistamento delle informazioni sensoriali che provengono dai visceri e che non ri-
cadono sotto il controllo volontario, come la regolazione della sete, della fame e della
temperatura corporea. L’ipotalamo è anche deputato al controllo delle emozioni come
rabbia, eccitazione, piacere. Esso contiene delle cellule neuro-endocrine che controllano
l’equilibrio idrosalino e l’attività secretoria dell’ipofisi (§ 6.12.1).
Le informazioni olfattive sono trasmesse direttamente al telencefalo, poiché esse
sono le uniche informazioni che non vengono elaborate dal talamo e questo potrebbe
riflettere l’importanza che l’olfatto (cioè una capacità sensoriale di tipo chimico) doveva
rivestire durante le prime fasi dell’evoluzione.
Il telencefalo è la porzione più estesa dell’encefalo ed insieme al diencefalo costi-
tuisce il cervello. Il telencefalo è sede delle funzioni cerebrali che si sono evolute più
recentemente in termini filogenetici e che nell’uomo trovano una integrazione sensoriale
molto sviluppata.
Anatomia
La corteccia cerebrale, cioè gli strati di cellule che coprono gli emisferi cerebrali
(sostanza grigia), è suddivisa in varie zone funzionali (o aree) che possono essere senso-
riali (ricevono, elaborano e trasmettono informazioni sensoriali), motorie, o non avere
una specifica funzione: queste ultime zone sono conosciute come corteccia associa-
tiva e sono responsabili di funzioni complesse come memoria, comunicazione verbale,
associazioni intersensoriali (Figura 6.17, pannello A).
Le aree della corteccia a funzione esclusivamente sensoriale sono quella uditiva primaria,
quella somatosensoriale e quella visiva. Le diverse parti della corteccia somatosenso-
riale ricevono stimoli da zone specifiche della superficie corporea: è importante notare
che metà della corteccia somatosensoriale riceve stimoli nervosi dal viso e dalle ma-
ni, mentre l’altra metà riceve segnali da tutto il resto del corpo. I dettagli di questa
mappa sensoriale hanno portato alla definizione di un homunculus sensoriale (Figura
6.17, pannello B), in cui le varie parti del corpo occupano diverse aree (con diversa
grandezza a seconda dell’importanza sensoriale) della corteccia somatosensoriale. La
corteccia motoria è adiacente alla corteccia somatosensoriale e viene rappresentata
attraverso un homunculus motorio (Figura 6.17, pannello B). Nella corteccia motoria
la distribuzione spaziale dei neuroni è quindi correlata alla posizione dei muscoli da essi
controllati e le aree con un numero maggiore di neuroni sono quelle che controllano le
mani ed il viso, esattamente come visto per la corteccia somatosensoriale (Figura 6.17,
pannello B).
Il SNC è rivestito da tre speciali membrane, chiamate meningi, che dall’esterno verso l’interno
sono:
dura madre: molto spessa e robusta, a diretto contatto con la scatola cranica o le
vertebre che contengono il midollo spinale;
aracnoide: più sottile, separata dalla membrana più interna da uno spazio ripieno di
liquido cefalo-rachidiano, che ha una composizione simile alla linfa e protegge l’encefalo
dagli urti e agevola lo scambio di sostanze con le cellule nervose (cessione di glucosio e
assorbimento degli scarti);
pia madre: è strettamente adesa ai componenti del SNC.
il bilancio tra i due sistemi determina lo stato di attivazione di una specifica funzio-
ne effettrice. Le vie parasimpatiche definiscono uno stato di rilassamento generale,
mentre le vie simpatiche vengono attivate in casi di emergenza o pericolo.
Sia nel sistema simpatico che parasimpatico l’unità funzionale è rappresentata
dall’arco riflesso autonomo, che nella parte afferente è simile ad un arco riflesso
polisinaptico (somatico), mentre nella parte efferente è molto diverso. L’arco riflesso
autonomo consta di tre neuroni: il neurone sensoriale, il neurone pregangliare ed il
neurone postgangliare.
1198 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Figura 6.18: Il sistema nervoso autonomo: sistema simpatico (o ortosimpatico, a sinistra) e parasimpatico
(a destra). NA, noradrenalina. ACh, acetilcolina.
Nel sistema nervoso simpatico i neuroni pregangliari sono in contatto sinaptico
con i neuroni postgangliari situati nei gangli della catena simpatica; gli assoni dei
Biologia 1199
neuroni postgangliari innervano poi gli organi bersaglio, che solitamente sono molto
distanti dalla catena simpatica. I neuroni pregangliari del sistema simpatico si trovano
nelle regioni cervicale, toracica e lombare del midollo spinale.
I neuroni pregangliari del sistema nervoso parasimpatico sono in contatto si-
naptico con i neuroni postgangliari che sono molto vicini o addirittura all’interno degli
organi bersaglio, quindi gli assoni dei neuroni pregangliari possono essere molto lunghi,
ma gli assoni dei neuroni postgangliari sono generalmente corti. I corpi cellulari dei
neuroni pregangliari parasimpatici sono situati nella testa e nella regione sacrale del
midollo spinale.
Tutti i neuroni pregangliari sono colinergici, rilasciano cioè acetilcolina (ACh) (Figura 6.18).
Il neurotrasmettitore dei neuroni postgangliari parasimpatici è l’acetilcolina (ACh), mentre
quello rilasciato dai neuroni postgangliari simpatici è la noradrenalina.
Nel caso di infarto del miocardio, il dolore riferito è in genere più comune negli uomini
che nelle donne e questo può portare ad un ritardo nella diagnosi di attacco cardiaco
negli individui di sesso femminile.
I tipi di informazioni sensoriali che possiamo percepire dall’esterno sono captati da estero-
cettori e sono comunemente suddivisi in: tatto, udito, vista, gusto, olfatto e termopercezione.
Esistono altri tipi di recettori sensoriali, interni, che forniscono altre informazioni di cui l’uo-
mo non è cosciente. Ad esempio gli enterocettori (o interocettori) rispondono a segnali
provenienti dall’interno del corpo e comunicano le informazioni raccolte al cervello, mentre i
propriocettori registrano la posizione relativa dei muscoli e delle articolazioni, contribuendo
all’orientamento spaziale dell’organismo. Tra i propriocettori ricordiamo i fusi neuromuscolari
e gli organi tendinei del Golgi.
Il tatto
I meccanorecettori responsabili del senso del tatto sono posizionati nello strato basale
dell’epidermide, nel derma e nell’ipoderma. Essi sono descritti in Tabella 6.3.
zioni nervose libere. I recettori del freddo sono localizzati nella regione più superficiale
del derma. Sono recettori stimolati dal freddo e inibiti dal caldo. I recettori del caldo
sono situati nel derma e sono eccitati dal caldo e inibiti dal freddo. A temperature
di circa 43 ◦C, alla sensazione di caldo subentra quella dolorifica, per attivazione dei
neuroni nocicettori ; queste cellule sono dotate di una particolare proteina di membrana
localizzata a livello dei dendriti, chiamata recettore per la capsaicina. Questo recettore,
in risposta all’alta temperatura o alla capsaicina (molecola presente nel peperoncino),
trasmette un impulso al sistema nervoso centrale, il quale lo interpreta come sensazione
di calore e di dolore.
Biologia 1201
L’udito
I meccanocettori responsabili del senso dell’udito sono posizionati nell’orecchio (Fi-
gura 6.19, pannello A), che costituisce l’apparato uditivo.
L’orecchio è formato da tre parti ben distinte: orecchio esterno (il padiglione au-
ricolare, il meato acustico e il timpano), orecchio medio (i tre ossicini staffa, incudi-
ne, martello e la finestra ovale), orecchio interno (la coclea o chiocciola, i tre canali
semicircolari, l’utricolo e il sacculo).
La tuba di Eustachio è un condotto che mette in comunicazione l’orecchio me-
dio con il rinofaringe e fa sı̀ che entrambe le facce della membrana timpanica siano
sottoposte alla stessa pressione.
La tuba è normalmente chiusa ma in presenza di una differenza di pressione attra-
verso la membrana timpanica (ad esempio ad alta quota), la tuba può essere aperta
sbadigliando o deglutendo, riequilibrando la pressione.
La coclea, presente nell’orecchio interno, è formata da tre canali:
canale (o scala) vestibolare: è collegato alla staffa per mezzo della finestra ovale;
canale medio: contiene l’endolinfa e l’organo del Corti (Figura 6.19, pannel-
lo B);
sı̀ che le stereociglia sfregando contro la membrana tettoria si pieghino. Questo causa
una rapida diffusione di ioni potassio all’interno delle cellula acustiche con conseguente
depolarizzazione e rilascio di glutammato, che agisce da neurotrasmettitore stimolando
le terminazioni nervose associate alle cellule capellute. Il risultato è la generazione di
un impulso nervoso che raggiunge il nervo acustico.
Gli esseri umani percepiscono le onde sonore di frequenza compresa tra 20 Hz e
20 000 Hz (cioè 20 kHz). Le onde di frequenza inferiore a 20 Hz sono dette infrasuoni,
mentre quelle di frequenza superiore a 20 kHz sono dette ultrasuoni.
1202 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Anatomia
Figura 6.19: L’apparato uditivo. Da notare la propagazione delle onde sonore (frecce nere).
Biologia 1203
La gamma di frequenze udibili può variare secondo la specie. Esistono animali, come elefanti
e balene, in grado di udire infrasuoni e altri, come pipistrelli, roditori e cetacei, in grado di
percepire ultrasuoni.
La vista
I fotorecettori responsabili del senso della vista sono localizzati nell’occhio, che costi-
tuisce l’organo di senso della vista.
L’occhio umano è molto simile ad una macchina fotografica (Figura 6.21). La luce
incidente viene messa a fuoco in due fasi: nella fase iniziale i raggi luminosi vengono
rifratti prima dalla cornea (superficie esterna dell’occhio) e poi dal cristallino (una
sorta di lente biconvessa rifrangente), formando alla fine una immagine capovolta sulla
superficie interna posteriore dell’occhio, chiamata retina, nella quale risiedono i re-
cettori sensoriali, cioè coni e bastoncelli. L’immagine è messa a fuoco variando la
curvatura e lo spessore del cristallino: in questo modo, infatti, cambia la distanza foca-
le della lente (il cristallino). La forma del cristallino è modificata grazie alle variazioni
di tensione esercitate dai muscoli cigliari: questo processo è chiamato accomodazio-
ne. L’occhio ha un diaframma simile a quello di una macchina fotografica, l’iride, che
regola l’intensità della luce che può entrare attraverso un’apertura regolabile, la pu-
Biologia
pilla. Quando le fibre muscolari lisce dell’iride si contraggono il diametro della pupilla
diminuisce: la variazione dell’apertura (riflesso pupillare) viene regolato dalla retina.
I fotorecettori sono cellule nervose stimolate dalle radiazioni elettromagnetiche: i
bastoncelli (per la visione in bianco e nero) e i coni (per la visione a colori). Le
membrane dei fotorecettori contengono le molecole di pigmento visivo, la rodopsina.
Per un approfondimento sulle vie nervose coinvolte nel meccanismo di visione si
veda il video al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=ETIp8kZPoBw
1204 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Figura 6.21: Struttura dell’occhio. Da notare la fovea, cioè una zona della retina di 1 mm2 in cui sono
presenti solo coni, specializzata nella massima acuità visiva.
Solo la luce di lunghezza d’onda compresa tra 400 nm e 700 nm circa è percepibile
dall’occhio umano, e per tale motivo la radiazione elettromagnetica compresa in quel
Anatomia
range di lunghezze d’onda è definita luce visibile. Alcuni animali, ad esempio le api,
sono in grado di vedere luce con lunghezze d’onda fino a 300 nm (ultravioletto vicino).
Altri animali, come i pesci, sono in grado di vedere luce con lunghezza d’onda superiore
a 700 nm (infrarosso).
Alcuni animali, come i cani e i lupi, hanno occhi poveri di coni pertanto non sono in
grado di percepire i colori.
Biologia 1205
Il gusto
I chemorecettori responsabili del senso del gusto sono posizionati nella lingua (Figura
6.23). La lingua è rivestita interamente da una tonaca mucosa che costituisce la prin-
cipale sede dell’organo del gusto, rappresentato dai calici gustativi, localizzati in più
punti dell’epitelio di rivestimento della lingua. L’epitelio linguale è di tipo pavimentoso
stratificato non corneificato. I calici gustativi (anche chiamati bottoni o gemme)
sono molto numerosi (7 000-10 000) entro tutto l’epitelio stratificato della lingua (in
corrispondenza di qualche centinaio di papille) ma anche, in misura minore, nel pala-
to. I calici gustativi hanno una vita media di circa 10 giorni e si riducono di numero
durante il corso degli anni.
Nei calici gustativi si distinguono tre tipi di cellule:
cellule basali: costituiscono cellule di rinnovo del calice, capaci di generare nuovi
neuroni sensoriali che vanno a sostituire quelli persi per desquamazione.
Gli stimoli chimici, cioè i gusti, che attivano i recettori gustativi possono essere
raggruppati in cinque tipi fondamentali: dolce, salato, aspro, amaro e umami. Queste
qualità fondamentali della sensibilità gustativa suggeriscono che la grande varietà di
sapori percepiti deriva da una combinazione e integrazione di questi cinque sapori
primari.
I recettori gustativi generano potenziali d’azione ma sono privi di assone, per cui non possono
condurre direttamente le informazioni al SNC. I neuroni sensoriali primari sono in rapporto
sinaptico con i neuroni i cui assoni decorrono nei nervi cranici facciale, glossofaringeo e vago
(VII, IX, X nervo cranico).
Le cinque modalità fondamentali della sensibilità gustativa hanno una specificità di mec-
Anatomia
canismi di attivazione dei recettori di membrana. Il salato è dovuto alla presenza nei cibi di
ioni sodio o altri cationi, che attivano cellule recettrici specifiche per il gusto salato. Il catione,
ad esempio Na+ , entra nella cellula mediante un canale presente nella porzione apicale della
cellula. L’ingresso dei cationi provoca la depolarizzazione delle cellule e questo causa il rila-
scio del loro neurotrasmettitore. Il meccanismo di percezione del gusto aspro è simile, poiché
dovuto all’ingresso di ioni, in questo caso di ioni idrogeno (H+ ).
Le restanti categorie di sapori, dolce, amaro e umami, implicano l’interazione della
molecola stimolatrice con recettori di membrana associati a proteine-G. La proteina-G coin-
volta è detta gustducina e la sua attivazione provoca, come risultato finale, il rilascio di
neurotrasmettitore a livello della sinapsi tra il neurone sensoriale primario e quello secondario.
Biologia 1207
Recenti studi hanno evidenziato che i chemorecettori gustativi sono in grado di saggiare tutte
e cinque le modalità gustative, ma tendono ad essere più sensibili ad una sola di esse, quindi la
suddivisione in zone della lingua, come riscontrata finora nei libri di testo, non trova riscontro
scientifico assoluto.
I recettori gustativi per l’umami, negli esseri umani, sono attivati solo dagli aminoacidi
glutammato e aspartato.
L’olfatto
I chemorecettori responsabili del senso dell’olfatto sono situati nel naso a livello dell’epi
telio olfattivo.
Il naso è formato da varie parti: una struttura di sostegno (di natura ossea e carti-
laginea), uno strato muscolare, un rivestimento esterno cutaneo e uno interno mucoso
(Figura 6.24).
Le cavità nasali, situate all’interno del naso, sono divise tra loro dalla presenza
del setto nasale (che raramente è rettilineo, mentre il più delle volte presenta una
deviazione). Le cavità nasali sono in diretta comunicazione con il rinofaringe per mezzo
delle coane. In ognuna delle cavità nasali si possono distinguere quattro pareti: una
mediale, una inferiore e due laterali. Ciascuna parete laterale presenta tre lamine ossee
Biologia
Nel meato nasale inferiore sbocca il canale nasolacrimale che fa passare il liquido
prodotto dalle ghiandole lacrimali nella cavità nasale e nella faringe dove sarà poi
deglutito insieme alla saliva. Un’apertura del meato nasale medio, molto estesa,
1208 Anatomia e fisiologia dell’uomo
mette in collegamento la cavità nasale con la parte superiore del seno mascellare e
con il seno frontale, mentre il meato nasale superiore accoglie lo sbocco del seno
sfenoidale. Le cellule etmoidali sono in collegamento sia con il meato nasale medio che
con quello superiore e, di conseguenza, sono in comunicazione con l’ambiente esterno.
I seni paranasali, quindi, sono in comunicazione con l’esterno attraverso i condotti che
sfociano nei meati nasali e, grazie a questo, è mantenuta una compensazione della
pressione interna con quella esterna, oltre al fatto che le secrezioni mucose in eccesso
Anatomia
Il trattamento delle informazioni olfattive inizia nel bulbo olfattivo, dove i neuroni di secondo
ordine proiettano i loro assoni nella corteccia prefrontale, dove si percepisce anche il senso
Biologia
del gusto. In effetti, i recettori olfattivi sono stimolati anche durante la masticazione del cibo,
attraverso la respirazione, ma l’individuo percepisce la sensazione come gusto piuttosto che
come odore.
Il bulbo olfattivo proietta anche alla corteccia olfattiva dei lobi temporali mediali, nonché
all’ippocampo e all’amigdala. Queste strutture fanno parte del sistema limbico, che ha un
ruolo importante per quanto riguarda la memoria e le emozioni. L’amigdala umana, in partico-
lare, è implicata nelle risposte emotive alla stimolazione olfattiva. Forse questo spiega perché
un odore particolare può evocare in modo cosı̀ forte ricordi carichi di emozioni.
1210 Anatomia e fisiologia dell’uomo
6.6.1 Il cuore
Il cuore è un organo cavo, dotato di un tipo di muscolatura particolare (tessuto mu-
scolare striato cardiaco involontario, §2.6.4), situato nel torace tra i due polmoni. È
l’organo principale dell’apparato cardiocircolatorio, nel quale svolge azione di pompa.
Al suo interno si distinguono quattro cavità (Figura 6.26):
due cavità superiori: l’atrio destro e l’atrio sinistro, separati dal setto intera-
triale;
due cavità inferiori: il ventricolo destro e il ventricolo sinistro, separati dal
setto interventricolare.
Gli atri e i ventricoli omolatera-
li comunicano attraverso un si-
stema di valvole che non per-
mette al sangue di tornare in-
dietro. Gli atri si dilatano man
mano che si riempiono di san-
gue, poi si contraggono simul-
Anatomia
sia dell’arteria polmonare sia dell’aorta, sono presenti delle valvole semilunari che, du-
rante la contrazione dei ventricoli, sono aperte permettendo al sangue di fluire dal cuore
verso le due circolazioni (§2.6.3). Quando i ventricoli si rilassano le valvole semilunari
si chiudono, impedendo il ritorno del sangue verso il cuore.
Le pareti del cuore sono costituite da tessuto muscolare striato cardiaco involontario
detto miocardio e sono rivestite da due membrane epiteliali che hanno una funzio-
ne protettiva: l’endocardio (all’interno) e il pericardio (all’esterno). Gli atri hanno
pareti più sottili dei ventricoli.
Lo stimolo alla contrazione del muscolo cardiaco si origina al suo interno, in una
regione specializzata detta nodo senoatriale (SA), o pacemaker, che mantiene il
ritmo regolare, determinando la frequenza delle contrazioni indipendentemente dal si-
stema nervoso, il quale può intervenire solo sulla frequenza cardiaca, aumentandola o
rallentandola.
Il cuore è rifornito con sangue arterioso dalle arterie coronarie, destra e sinistra,
che originano dall’aorta immediatamente al di sopra della valvola aortica.
Non è corretto affermare che le arterie sono i vasi che portano sangue ossigenato poiché
le arterie polmonari trasportano sangue deossigenato verso i polmoni. Analogamente le
vene non sempre portano sangue privo di ossigeno: le vene polmonari, infatti, partono
dai polmoni e portano sangue ossigenato verso il cuore.
Sia le arterie che le vene possiedono uno strato di muscolatura liscia necessario alla loro
contrazione. Le arterie, dove è maggiore la pressione del sangue, hanno pareti più
spesse ed elastiche. Le arterie, diramandosi, danno origine a vasi di diametro inferiore
(20-30 micrometri) detti arteriole.
Le vene possiedono valvole unidirezionali per impedire il reflusso di sangue. Le
vene di diametro più piccolo, che si originano dai capillari, sono dette venule.
I capillari, dove avvengono gli scambi con i tessuti, possiedono pareti molto sottili
costituite da un solo strato di cellule (endotelio), che consente cosı̀ un facile scambio
Biologia
circolazione sistemica o grande circolazione, tra cuore e tutti gli altri organi.
1212 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Circolazione polmonare
Circolazione sistemica
Nel feto è presente un’apertura nel setto interatriale chiamata forame ovale (o forame di
Botallo). Il sangue passa cosı̀ dall’atrio destro a quello sinistro. Questo foro, normalmente, si
chiude dopo la nascita; in caso contrario si può evidenziare un soffio cardiaco.
1. diastole: il cuore è rilassato, il sangue fluisce all’interno delle sue quattro cavità
Anatomia
2. sistole atriale: gli atri si contraggono, spingendo il sangue nei ventricoli, che
invece sono rilassati;
la frequenza cardiaca;
la resistenza vascolare.
La pressione sanguigna può essere regolata: dai reni, che controllano il volume del
sangue e, quindi, la gittata sistolica; dal sistema nervoso simpatico; dagli ormoni pro-
Biologia
dotti dalle ghiandole surrenali (§6.12.5). Questi ultimi possono aumentare la pressione
sanguigna stimolando vasocostrizione delle arteriole (aumentando cosı̀ la resistenza pe-
riferica totale) e aumentando la gittata cardiaca. Il sistema nervoso simpatico può in-
fluire sul volume del sangue indirettamente, stimolando la costrizione dei vasi sanguigni
renali e riducendo cosı̀ la produzione di urina.
Affinché la pressione sanguigna sia mantenuta entro i limiti, sono necessari recettori
specializzati detti barocettori. Si tratta di meccanorecettori situati nell’arco aortico
e nelle carotidi e in altre arterie del collo e del torace. L’impulso nervoso proveniente
dai barocettori, attraverso i nervi vago e glossofaringeo (§6.5), raggiunge il midollo
1214 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Una diminuzione della pressione arteriosa causa un aumento dell’attività del sistema
nervoso simpatico mentre l’attività del parasimpatico diminuisce. Come conseguenza
vi è un aumento della gittata cardiaca e della resistenza vascolare. Al contrario, un
aumento della pressione sanguigna produrrà un calo dell’attività del sistema nervoso
simpatico mentre l’attività del parasimpatico aumenta. Di conseguenza, un aumento
della pressione sanguigna causerà una riduzione della gittata cardiaca e della resistenza
vascolare.
Il nodo SA imposta il ritmo per la contrazione del cuore: è il pacemaker naturale. Gli
ormoni, come adrenalina e noradrenalina, e gli impulsi provenienti dal sistema nervoso
autonomo possono solo modificare la frequenza cardiaca.
Anatomia
Elettrocardiogramma
I potenziali elettrici generati dal cuore sono condotti alla superficie del corpo, dove
possono essere registrati da elettrodi posti sulla pelle. La registrazione cosı̀ ottenu-
ta è detta elettrocardiogramma (ECG); il dispositivo di registrazione è chiamato
elettrocardiografo.
Biologia 1215
contrazione della massa piastrinica forma un tappo più compatto ed efficace. Il fluido
che fuoriesce dal coagulo mentre è in corso la retrazione è chiamato siero, che è il
plasma privato del fibrinogeno.
La conversione del fibrinogeno in fibrina può essere determinata da due vie: la via
intrinseca (cosı̀ chiamata perché i fattori necessari per la coagulazione sono presenti
all’interno del sangue) e la via estrinseca.
La via intrinseca inizia quando il plasma è esposto a una superficie carica negativamente, come
il collagene o il vetro. Questo contatto attiva una proteina plasmatica ad attività proteasica
chiamata fattore XII. La forma attiva di questo enzima inizia un’attivazione a cascata di
diversi enzimi, nell’ordine: il fattore XI, il fattore IX e il fattore X. Da questo punto in avanti
le due vie convergono seguendo un percorso comune.
La via estrinseca è attivata dall’esposizione del sangue a un fattore che si trova nei tessuti
sottostanti l’endotelio danneggiato. Questo fattore è detto fattore tissutale (o fattore III), il
quale attiva il fattore VII che, a sua volta, attiva il fattore X. Le due vie, quindi, convergono
nell’attivare il fattore X il quale, una volta attivato, converte una proteina inattiva, la pro-
trombina, nella forma enzimatica attiva, la trombina. Quest’ultima converte il fibrinogeno in
fibrina. La via estrinseca porta alla formazione di fibrina più rapidamente di quanto faccia la
via intrinseca.
Una volta che il vaso sanguigno è stato riparato, l’enzima fattore XII attivato e il tPA
(attivatore tissutale del plasminogeno) promuovono la conversione del plasminogeno in
plasmina. Questa proteina è in grado di digerire la fibrina (fibrinolisi) portando alla
dissoluzione del coagulo.
Quando un’arteria è completamente ostruita, i tessuti che essa rifornisce sono sottoposti
rapidamente a degenerazione e muoiono per ischemia, che porta a infarto. Quando una
coronaria è occlusa si verifica infarto del miocardio. L’occlusione delle arterie cerebrali
provoca ischemia cerebrale e questo porta a infarto cerebrale o ictus.
Quando la parete arteriosa è indebolita dalla diffusione della placca, può verificarsi
una progressiva dilatazione locale (aneurisma). Questo può portare a trombosi ed
embolie, oppure l’aneurisma può rompersi causando emorragia. Le sedi colpite più
comunemente sono l’aorta, l’arteria addominale e le arterie iliache.
Biologia 1217
linfa;
Biologia
vasi linfatici;
linfonodi;
midollo osseo.
1. Drenaggio dei tessuti. Ogni giorno 21 litri circa di plasma diffondono dall’estre-
mità arteriosa dei capillari verso i tessuti. La maggior parte di questo fluido è
restituita direttamente al flusso sanguigno attraverso l’estremità venosa dei ca-
pillari ma 3-4 litri di liquido sono drenati dai vasi linfatici. Se ciò non avvenisse,
i tessuti diventeranno rapidamente saturi d’acqua e il sistema cardiovascolare
entrerebbe in crisi.
3. Immunità. Gli organi linfoidi sono coinvolti nella produzione e nella maturazione
dei linfociti, i quali sono i principali responsabili della risposta immunitaria. Il mi-
dollo osseo è, quindi, considerato un tessuto linfoide poiché in esso sono prodotti
i linfociti.
6.7.1 La linfa
La linfa è un fluido simile per composizione al plasma e identico al liquido interstiziale.
La linfa trasporta alcune proteine plasmatiche, extravasate dai capillari, e particelle
più grandi, per esempio batteri e detriti cellulari che possono poi essere distrutti nei
linfonodi. La linfa contiene linfociti, che circolando nel sistema linfatico “pattuglia-
no” le diverse regioni del corpo. Nei vasi chiliferi dell’intestino tenue i grassi assorbiti
forniscono alla linfa (che in questi vasi linfatici è detta chilo) un aspetto lattiginoso.
Il timo si trova nella parte superiore del mediastino, dietro lo sterno e si estende
verso l’alto nel collo. Il timo cresce fino a quando l’individuo raggiunge la pubertà,
dopodiché comincia ad atrofizzarsi.
La funzione principale del timo è lo sviluppo e l’educazione timica dei linfociti T
(§6.15.4). Questi leucociti si sviluppano da cellule staminali pluripotenti presenti nel
midollo osseo rosso. I linfociti che entrano nel timo diventeranno linfociti T attivati.
L’educazione timica produce linfociti T maturi che possono distinguere gli antigeni
dell’organismo (self ) da antigeni estranei (non-self ), e fa sı̀ che ogni linfocita T sia in
1220 Anatomia e fisiologia dell’uomo
grado di reagire a un solo antigene specifico. I linfociti T lasciano poi il timo: alcuni
entrano nei tessuti linfoidi e altri circolano nel sangue.
Il tessuto linfoide associato alla mucosa (MALT) è un tessuto non organizza-
to a formare organi. Esso contiene linfociti B e T, che sono migrati dal midollo osseo e
dal timo, e sono importanti nell’assicurare una pronta risposta immunitaria. Il MALT
si trova in tutto il tratto gastrointestinale, nell’apparato respiratorio, nel tratto uro-
genitale e in tutti i distretti esposti all’ambiente esterno. Fanno parte del MALT le
tonsille e le placche di Peyer. Le tonsille si trovano nella bocca e nella gola (tonsille
palatine, tonsille linguali, tonsille tubariche, tonsille faringee o adenoidi) e il loro ruolo
è di proteggere l’apparato respiratorio dai microrganismi presenti nell’aria e nel cibo.
Le placche di Peyer sono aggregati di tessuto linfoide che si trovano nell’intestino
tenue, il cui scopo è quello di intercettare gli antigeni ingeriti.
bronchioli;
due polmoni con i loro rivestimenti (pleure);
muscoli respiratori (muscoli intercostali e diaframma).
L’aria entra attraverso le narici del naso, attraversa le cavità nasali e giunge alla
faringe. Da qui attraversa la laringe, che connette la faringe alla trachea. Dopo la
faringe e la laringe le vie respiratorie proseguono nella trachea e quindi nei bronchi
e nei bronchioli all’interno dei polmoni.
Biologia 1221
Biologia
Figura 6.31: La laringe vista frontalmente (A) e posteriormente (B). Si possono notare la ghiandola tiroidea
e le paratiroidi.
1222 Anatomia e fisiologia dell’uomo
La laringe, oltre alla funzione di produrre suoni e voce, mediante la chiusura del-
l’epiglottide fa sı̀ che il cibo entri nell’esofago e non nella trachea, proteggendo cosı̀ il
sistema respiratorio inferiore.
La trachea è un condotto tubulare posto davanti all’esofago; la sua parete è costitui-
ta da anelli di cartilagine ed è ricoperta internamente da un epitelio ciliato contenente
cellule secernenti muco. Le ciglia si muovono in modo sincrono trascinando il muco e
le particelle a esso adese verso la laringe, dove può essere ingerito o espettorato.
Le terminazioni nervose di laringe, trachea e bronchi sono sensibili all’irritazione,
che genera impulsi nervosi che sono condotti dal nervo vago al centro respiratorio del
tronco cerebrale, nel midollo allungato e nel ponte. La risposta motoria determina
una profonda inspirazione seguita dalla chiusura della glottide. I muscoli addominali
e respiratori, quindi, si contraggono e l’aria è rapidamente rilasciata espellendo dalla
bocca muco e/o materiale estraneo: questo è il riflesso della tosse.
I due bronchi si formano dalla ramificazione della trachea. Il bronco destro è più
ampio e più corto del bronco sinistro e dopo l’ingresso nel polmone destro si divide in
tre rami, uno per ciascun lobo (§6.8.1). Il bronco sinistro, invece, dopo l’ingresso nel
polmone si divide in due rami, uno per ciascun lobo. Entrambi i bronchi si suddivi-
dono poi, progressivamente, in bronchioli, bronchioli terminali, bronchioli respiratori,
dotti alveolari e, infine, alveoli (§6.8.1). Dal punto di vista istologico i bronchi hanno
la stessa composizione della trachea: contengono un epitelio ciliato che si trasforma
gradualmente in epitelio non ciliato a livello dei bronchioli.
6.8.1 Polmoni
I polmoni sono due organi cavi spugnosi posti nella cavità toracica. La pleura è una
membrana sierosa a doppio strato che racchiude e protegge ciascun polmone. Ogni
polmone è diviso in lobi, a loro volta costituiti da segmenti, dove si ramificano i bron-
chi terziari, composti da piccoli compartimenti chiamati lobuli, a livello dei quali si
trovano i bronchioli terminali (Figura 6.32). Questi si suddividono in ramificazioni mi-
croscopiche, chiamate bronchioli respiratori, che a loro volta si suddividono in diversi
dotti alveolari. Due o più alveoli che condividono uno spazio comune prendono il nome
Anatomia
di sacco alveolare. Ogni alveolo polmonare è, quindi, una tasca a forma di coppa che
si trova in un sacco alveolare. Ogni alveolo è costituito da un sottile strato di cellule
epiteliali attraverso cui avvengono gli scambi gassosi.
Tra le cellule dei dotti alveolari e degli alveoli sono presenti cellule che secernono un ten-
sioattivo, il surfattante polmonare, un fluido fosfolipidico che impedisce agli alveoli di seccarsi.
Inoltre, il surfattante riduce la tensione superficiale e previene il collasso delle pareti alveolari
durante l’espirazione.
sangue.
Figura 6.33: Respirazione esterna. Inspirazione: il diaframma si contrae e si abbassa, la cassa toracica si
espande, la pressione interna cala e l’aria è inspirata. Espirazione: il diaframma si rilassa, la cassa toracica
si contrae, la pressione interna aumenta e l’aria è espirata.
Figura 6.34: Respirazione esterna: scambio di gas tra l’aria alveolare e i capillari sanguigni.
Oltre alla pressione parziale dell’O2 i fattori che influiscono sulla quantità di O2 rilasciata
Anatomia
sono:
la presenza di diossido di carbonio;
l’acidità;
la temperatura.
I neuroni motori che stimolano i muscoli respiratori sono controllati da due principali
vie discendenti: una che controlla la respirazione volontaria e un’altra che controlla
la respirazione involontaria. Il ritmo respiratorio è generato da gruppi di neuroni del
Biologia 1225
midollo allungato. L’attività di questo centro midollare può essere influenzata da centri
presenti nel ponte: il centro apneustico e il centro pneumotassico.
All’età di circa 6 mesi emergono i primi denti temporanei (o decidui) che in totale sono 20. I
Anatomia
denti permanenti cominciano a sostituire i denti decidui intorno al sesto anno di età e questa
sostituzione porta al numero definitivo di 32 denti (8 incisivi, 4 canini, 8 premolari, 12 molari).
Le ghiandole salivari sono organi annessi che rilasciano le loro secrezioni nei dotti che
si aprono nella cavità orale. Sono ghiandole esocrine e le principali sono: le parotidi, le
sottomandibolari e le sottolinguali. La saliva è composta per il 99,5% di acqua e per
lo 0,5% di soluti tra cui enzimi (amilasi e lisozima) e muco. Uno di questi enzimi, la
ptialina o amilasi salivare, inizia la digestione degli amidi che vengono trasformati
in disaccaridi. Lasalivazione è controllata dal sistema nervoso autonomo. Il cibo
Biologia 1227
triturato dai denti ed impastato dalla saliva è detto bolo alimentare. Il bolo passa
poi attraverso la faringe e giunge all’esofago. Nell’esofago il bolo alimentare viene
spinto verso lo stomaco attraverso un meccanismo di contrazione chiamato peristalsi.
Lo sfintere esofageo inferiore regola il transito dall’esofago allo stomaco e impedisce
il reflusso di acido dallo stomaco verso l’esofago.
quantità di liquido sieroso e si trova nella cavità addominale. Esso è ricco di vasi
sanguigni e linfatici e contiene un numero considerevole di linfonodi.
Il peritoneo è costituito da due strati:
Dal punto di vista istologico la tonaca mucosa consiste di tre strati: un epitelio cilindrico
semplice (membrana mucosa), uno strato di tessuto connettivo lasso (lamina propria), un
sottile strato di tessuto muscolare liscio (muscularis mucosae).
Il plesso di Meissner della sottomucosa e il plesso di Auerbach della tonaca muscolare
costituiscono il sistema nervoso enterico (Figura 6.11).
6.9.2 Lo stomaco
Lo stomaco ha la funzione di camera di mescolamento e di magazzino di contenimento.
È costituito da quattro regioni principali: cardias, fondo, corpo e piloro (Figura 6.36).
Il cibo, completata la digestione gastrica, viene detto chimo. Quando lo stomaco è
vuoto la mucosa si solleva in larghe pieghe chiamate rughe. L’epitelio superficiale
si estende anche sotto la superficie formando colonne di cellule secretrici chiamate
ghiandole gastriche, che ricoprono stretti canali, le fossette gastriche. Le secrezioni
delle ghiandole gastriche (dette succhi gastrici) si riversano nel lume dello stomaco,
il quale è protetto da uno strato di muco poiché i succhi gastrici, essendo acidi,
potrebbero provocare danni alle pareti dello stomaco. Il chimo attraversa il piloro e
giunge nell’intestino tenue.
Le ghiandole gastriche sono esocrine e contengono tre tipi di cellule tra le quali
(Figura 6.37):
cellule mucose: secernono muco;
Anatomia
Figura 6.37: Tipi di cellule delle ghiandole esocrine dello stomaco. Sono presenti anche cellule D
(producono somatostatina) e cellule ECL (secernono istamina e serotonina).
Le ulcere peptiche sono erosioni della mucosa dello stomaco o del duodeno. Il Premio
Nobel 2005 per la Medicina è stato assegnato a due scienziati, Robin Warren e Barry
Marshall, che hanno dimostrato che un batterio, l’Helicobacter pylori, è la causa della
maggior parte dei casi di ulcera dello stomaco e del duodeno.
il duodeno;
il digiuno;
l’ileo.
Figura 6.38: Intestino tenue. L’assorbimento di carboidrati, lipidi, aminoacidi, calcio e ferro avviene
principalmente nel duodeno e nel digiuno. Sali biliari, vitamina B12 , acqua ed elettroliti sono assorbiti
principalmente nell’ileo.
Alla base dei villi, nei solchi presenti tra un villo e un altro, si trovano delle strutture dette
ghiandole intestinali o cripte di Lieberkühn. Le cripte sono costituite da cellule di Pane-
th, che secernono molecole antibatteriche (lisozima e peptidi antimicrobici), cellule staminali,
che produrranno enterociti, e cellule mucipare.
Quando il chimo acido giunge nell’intestino tenue si mescola con il succo pancreatico,
la bile e il succo enterico, ed entra in contatto con gli enterociti dei villi intestinali.
Il succo pancreatico, trasportato dal dotto pancreatico, sbocca nel duodeno a livel-
lo dell’ampolla del Vater. In questa regione sbocca anche il dotto coledoco, che trasporta
sia la bile proveniente dal fegato sia quella immagazzinata nella cistifellea (Figura 6.41).
Il succo pancreatico contiene: acqua, sali, enzimi (amilasi, lipasi e nucleasi) e precursori
inattivi di enzimi (tripsinogeno, chimotripsinogeno, procarbossipeptidasi). Si tratta di
un fluido alcalino a causa della presenza di ioni bicarbonato e ciò è molto importante
Anatomia
perché il materiale proveniente dallo stomaco ha un pH molto basso (è acido), ma gli
enzimi che agiscono nel duodeno necessitano di un pH compreso tra 6 e 8.
La secrezione del succo pancreatico è stimolata da secretina e colecistochinina, or-
moni prodotti dalle cellule endocrine presenti nel duodeno. La presenza nel duodeno di
materiale acido proveniente dallo stomaco stimola la produzione di questi ormoni.
La bile, prodotta e secreta dal fegato (§ 6.9.5), è costituita da: acqua, sali biliari,
pigmenti biliari (principalmente bilirubina) e lipidi (colesterolo, acidi grassi e lecitina).
I sali biliari emulsionano i grassi, li trasformano cioè in minuscole goccioline in grado
di essere assorbite dalle cellule intestinali.
Biologia 1231
L’assorbimento in-
testinale (Figura 6.39)
è il trasferimento di nu-
trienti dal lume intesti-
nale al sangue e ai vasi
linfatici attraverso gli en-
terociti. Al termine del-
la digestione, gli alimenti
sono cosı̀ scomposti:
1. i carboidrati sono
ridotti in molecole
di glucosio;
breve passaggio che conduce dal retto verso l’esterno. Due sfinteri controllano l’ano:
lo sfintere interno, costituito da fibre muscolari lisce, sotto il controllo del sistema
nervoso autonomo e lo sfintere esterno, formato da muscoli scheletrici, sotto controllo
volontario.
I movimenti peristaltici spingono il materiale fecale dal colon al retto le cui pa-
reti, distendendosi, stimolano i recettori dello stiramento che innescano il riflesso di
defecazione finalizzato allo svuotamento del retto.
Il chimo è completamente digerito per opera di batteri presenti nel lume del colon. I
batteri intestinali sono in grado di scindere le proteine in amminoacidi e di decomporre
Biologia 1233
I batteri più comuni presenti nell’intestino crasso sono: bifidobatteri, clostridi, entero-
batteri, lattobacilli, streptococchi, Staphylococcus aureus, Escherichia coli. Questi mi-
crobi sono perlopiù commensali negli esseri umani. Essi possono diventare patogeni se
trasferiti in un’altra parte del corpo, ad esempio Escherichia coli può causare cistiti se
colonizza la vescica urinaria.
6.9.5 Fegato
Il fegato è la ghiandola più grande del corpo umano; è situato sotto il diaframma (Figu-
ra 6.41), è ricoperto da tessuto connettivo, riceve sangue dalla vena porta e dall’arteria
epatica e da esso escono le vene epatiche.
Biologia
Il fegato ha quattro lobi, costituiti da molte unità funzionali chiamate lobuli, composti
di cellule epiteliali specializzate chiamate epatociti, disposte attorno a una vena cen-
trale. Tra due coppie di colonne di cellule sono presenti sinusoidi (vasi sanguigni con
pareti incomplete) contenenti una miscela di sangue proveniente dai piccoli rami della
vena porta e dell’arteria epatica. Questa organizzazione permette al sangue arterioso e
venoso di miscelarsi ed entrare in contatto con le cellule del fegato.
Il sistema portale è il termine utilizzato per descrivere il seguente modello di
circolazione: capillari del sistema digerente → vena porta → capillari epatici → vena
epatica.
Figura 6.42: Il flusso di bile e sangue in un lobulo epatico. Il sangue scorre dalla periferia verso il centro
del lobulo, mentre la bile si muove dal centro verso la periferia del lobulo.
Tra le cellule che rivestono i sinusoidi sono presenti macrofagi epatici (cellule di
Kupffer), la cui funzione è di ingerire e distruggere le particelle estranee presenti nel
sangue che scorre attraverso il fegato. Il sangue drena dai sinusoidi nelle vene centrali
(o vene centrolobulari). Queste vene poi si uniscono con vene provenienti da altri lobuli,
formando vene di calibro maggiore finché, alla fine, diventano vene epatiche che lasciano
il fegato e confluiscono nella vena cava inferiore.
La bile è prodotta dagli epatociti e secreta in canali sottili chiamati canalicoli biliari
(Figura 6.42). Da questi la bile raggiunge i dotti biliari e poi i dotti epatici, che danno
origine al dotto epatico comune. Quest’ultimo si unisce al dotto cistico, che drena la
cistifellea, formando il coledoco o dotto biliare comune (Figura 6.41).
Attraverso il dotto cistico la bile può raggiungere la cistifellea (o colecisti), che
funge da centro di immagazzinamento della bile. La cistifellea è un piccolo sacco a
forma di pera che si trova al di sotto del lobo destro del fegato (Figura 6.41). Essa
Anatomia
glucagone (§ 6.9.6). Queste reazioni sono importanti nella regolazione della glice-
mia. Dopo un pasto, infatti, il sangue che circola nella vena porta ha un’elevata
concentrazione di glucosio e, grazie all’insulina, una parte è convertita in glicoge-
no, che è una forma di immagazzinamento del glucosio. Nel fegato può, inoltre,
avvenire la gluconeogenesi, il processo biochimico mediante il quale un composto
di natura non glucidica, ad esempio un aminoacido, è trasformato in glucosio;
metabolismo lipidico: gli acidi grassi possono essere convertiti in corpi chetonici
(chetogenesi), il più noto dei quali è l’acetone;
6.9.6 Pancreas
Il pancreas è situato sotto lo stomaco (Figura 6.41) ed è in gran parte costituito
da piccoli raggruppamenti di cellule epiteliali ghiandolari, organizzate in gruppi dette
acini, che costituiscono la porzione esocrina dell’organo: le cellule secernono il succo
pancreatico (Tabella 6.4), il quale è immesso nel duodeno attraverso il dotto pancreatico
(§ 6.9.3).
La parte rimanente è organizzata in strutture dette isolotti del Langerhans, che
rappresentano la porzione endocrina deputata alla produzione di ormoni, tra i quali
il glucagone e l’insulina, coinvolti nella regolazione del livello di glucosio nel sangue
(glicemia). Sono stati identificati diversi tipi cellulari all’interno di ciascuna isola di
Langerhans:
le cellule ε: secernono grelina, ormone prodotto anche dallo stomaco con funzione
Biologia
di stimolazione dell’appetito.
due reni;
due ureteri;
1236 Anatomia e fisiologia dell’uomo
una vescica;
un’uretra.
la corteccia o zo-
na corticale, più
esterna;
la zona midollare,
più interna.
forma variabile in relazione alla quantità di liquido contenuto, con funzione di raccolta
dell’urina. La tonaca muscolare è costituita da tre strati di muscolatura liscia che
prendono il nome di muscolo detrusore. Dalla vescica l’urina fuoriesce all’esterno
attraverso l’uretra. Questo è un condotto che nelle femmine è lungo 4 cm mentre nei
maschi è di circa 18-20 cm. Nell’uretra maschile può transitare anche lo sperma.
Le funzioni dei reni sono:
regolazione dei livelli di ioni nel sangue, tra cui Ca2+ , Na+ , K+ , Cl− , HPO2−
4 ;
Il sangue arterioso entra nel rene attraverso l’arteria renale, che si divide in arterie di
minori dimensioni e arteriole. Le arteriole afferenti forniscono sangue ai glomeruli,
reti capillari che producono un filtrato (principalmente plasma privato della maggior
parte delle proteine) che entra nei tubuli. Il sangue rimanente, non filtrato, esce attra-
verso un’arteriola efferente e raggiunge un’altra rete di vasi, i capillari peritubulari, che
forniscono ossigeno e nutrienti. Il sangue deossigenato alla fine lascia il rene attraverso
Biologia
Figura 6.45: Produzione dell’urina nel nefrone con un meccanismo di contro-corrente tra l’arteriola efferente
ed il tubulo renale.
Apparato iuxtaglomerulare
L’apparato iuxtaglomerulare è la regione del nefrone in cui l’arteriola afferente en-
tra in contatto con la parte ascendente dell’ansa di Henle. Le cellule iuxtaglomerulari
secernono l’enzima renina, il quale catalizza la conversione dell’angiotensinogeno in
angiotensina I (un ormone peptidico); l’enzima ACE (Angiotensin-converting enzy-
me), prodotto dai polmoni, converte l’angiotensina I in angiotensina II, che ha diversi
effetti tra i quali: vasocostrizione delle arteriole efferenti, rilascio di aldosterone, produ-
Anatomia
Nel caso di una diminuzione della pressione sanguigna, ad esempio, i barocettori renali
sono stimolati e le cellule iuxtaglomerulari producono renina, la quale porta alla produ-
zione di angiotensina II che causa vasocostrizione e rilascio di aldosterone. L’angiotensina
II e l’aldosterone agiscono sul tubulo renale promuovendo il riassorbimento di sodio e, di
conseguenza, di acqua: il risultato finale è l’aumento della pressione sanguigna.
Biologia 1239
Biologia
cervice (o collo): la porzione terminale più ristretta che sbocca nella vagina.
L’unica barriera fisica tra la vagina e l’utero è un tappo di muco della cervice.
La vagina, l’utero e le tube di Falloppio costituiscono gli organi sessuali accessori
femminili.
L’apertura vaginale si trova in prossimità dello sbocco dell’uretra. Entrambe le
aperture sono ricoperte da pieghe longitudinali, le piccole labbra e le grandi labbra. Il
clitoride, una piccola struttura composta in gran parte di tessuto erettile, si trova al
margine anteriore delle piccole labbra. Col nome di vulva si indicano i genitali esterni
che comprendono: grandi labbra, piccole labbra, clitoride, orifizio vaginale, vestibolo
(solco presente tra le piccole labbra), imene e ghiandole vestibolari (o ghiandole di
Bartolini).
Le ovaie sono ricoperte dall’epitelio germinativo al di sotto del quale si trova la
corticale, una regione di tessuto connettivo denso (detto stroma) contenente i follicoli
ovarici, che circonda la midollare, la regione centrale dell’ovaio costituita da tessuto
connettivo, vasi sanguigni e nervi.
Anatomia
grande e pieno di liquido, che si romperà per espellere un ovocita secondario. Dopo
l’ovulazione il follicolo si trasforma nel corpo luteo, che inizia a secernere ormoni.
L’ovogenesi (Figura 6.48) è un processo che avviene nelle ovaie e che si ripete con
andamento ciclico (detto ciclo mestruale per tutta la durata della fase di fertilità della
femmina (fase che inizia alla pubertà con il menarca, ovvero con la prima mestruazione,
e termina con la menopausa). L’ovogenesi (Figura 6.48) consiste nella produzione delle
cellule specializzate, dette cellule uovo, contenenti un corredo cromosomico dimezzato
(23 cromosomi).
una cellula, detta ovogonio, si divide per mitosi dando origine all’ovocita pri-
mario;
citi è ridotto a circa 400.000. Solo 400 circa di questi ovociti andranno incontro a ovula-
zione durante gli anni fertili della donna, gli altri moriranno per apoptosi. L’ovogenesi
cessa interamente in menopausa (momento in cui terminano le mestruazioni).
Gli ovociti primari sono contenuti nei follicoli primari; in risposta alla stimolazio-
ne di FSH (§6.12.1) alcuni di questi follicoli diventano più grandi, e le cellule follicolari
si dividono per produrre numerosi strati di cellule della granulosa, che circondano l’ovo-
cita e riempiono il follicolo. Alcuni follicoli primari sono stimolati a crescere ancora di
più e diventano follicoli secondari. La crescita di questi follicoli porta alla formazione
di un follicolo maturo, detto anche follicolo di Graaf.
1242 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Figura 6.49: Variazione dei livelli ormonali e della temperatura basale durante il ciclo ovarico. Per la
descrizione si veda il testo.
follicoli secondari. Verso la fine della fase follicolare un follicolo matura in un follicolo
di Graaf. Le cellule della granulosa secernono una crescente quantità di estradiolo, che
raggiunge la sua massima concentrazione nel sangue due giorni prima dell’ovulazione,
intorno al giorno 12 del ciclo. La crescita dei follicoli e la secrezione di estradiolo sono
stimolati dall’FSH. Il rapido aumento della secrezione di estradiolo stimola l’aumento
di produzione di GnRH da parte dell’ipotalamo. L’estradiolo, inoltre, aumenta la sintesi
di LH da parte dell’ipofisi. Come risultato di questo feedback positivo vi è un aumento
della secrezione di LH nella fase follicolare tardiva che culmina in un picco di LH
(Figura 6.49, primo grafico e Figura 6.50). Il picco di LH inizia circa 24 ore prima
dell’ovulazione e raggiunge il suo apice circa 16 ore prima dell’ovulazione. è proprio
il picco di LH che induce l’ovulazione. Poiché il GnRH stimola l’ipofisi anteriore a
secernere sia FSH sia LH, vi è un simultaneo, anche se minore, picco nella secrezione
di FSH.
L’aumento di LH provoca la rottura della parete del follicolo di Graaf (al giorno 14
circa); l’ovocita secondario in esso contenuto, arrestato in metafase II della meiosi, è
rilasciato ed entra in una tuba uterina. L’ovocita, circondato da zona pellucida e corona
radiale, inizia il suo viaggio verso l’utero.
L’ovulazione avviene, quindi, a seguito degli effetti sequenziali di FSH e LH sui folli-
coli ovarici. Il follicolo in un certo senso, mediante il feedback positivo dell’estradiolo
sulla secrezione di LH, autoregola la propria ovulazione. Questo perché l’ovulazione è
innescata da un picco di LH, e quest’ultimo è innescato dall’aumentata secrezione di
Biologia
estradiolo che si verifica durante la crescita del follicolo. In questo modo il follicolo di
Graaf, finché non raggiunge la corretta dimensione e il giusto grado di maturazione,
non rilascia l’ovocita.
Dopo l’ovulazione, il follicolo vuoto è stimolato dall’LH a diventare una nuova struttura,
il corpo luteo (Figura 6.47). Questo cambiamento nella struttura è accompagnato da
un cambiamento nella funzione, poiché il corpo luteo secerne estradiolo e progesterone.
I livelli di progesterone nel sangue salgono rapidamente a un livello di picco durante
1244 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Figura 6.50: Ciclo mestruale. Le frecce indicano gli effetti degli ormoni.
Il ciclo uterino descrive le variazioni periodiche che avvengono nell’endometrio del-
l’utero. Questi cambiamenti accadono perché lo sviluppo dell’endometrio è sincroniz-
zato ai cambiamenti ciclici nella secrezione di estradiolo e progesterone da parte delle
ovaie. Si possono identificare tre fasi: la fase proliferativa; la fase secretoria; la fase
Biologia 1245
mestruale.
La fase proliferativa dell’endometrio corrisponde alla fase follicolare ovarica (Figura
6.50). Le quantità crescenti di estradiolo secreto dai follicoli in via di sviluppo stimolano
la proliferazione dell’endometrio.
La fase secretoria ha luogo quando l’ovaio è nella sua fase luteinica. In questa
fase, l’aumento della secrezione di progesterone da parte del corpo luteo stimola lo
sviluppo delle ghiandole uterine. Come risultato delle azioni combinate di estradiolo e
progesterone, l’endometrio diventa spesso, vascolarizzato, e di apparenza “spugnosa”.
L’endometrio è quindi pronto ad accettare un embrione.
La fase mestruale si verifica a causa della diminuzione della secrezione ormonale
ovarica durante la fase luteale tardiva. Questa situazione dà origine alla mestruazione,
ossia allo sfaldamento della mucosa uterina.
I cambiamenti ciclici nella produzione ormonale delle ovaie causano altri cambiamenti nel
tratto riproduttivo femminile. Alti livelli di secrezione di estradiolo, per esempio, causano
cheratinizzazione dell’epitelio vaginale. Alti livelli di estradiolo inducono anche la produzione
di un muco cervicale sottile, che può essere facilmente penetrato dagli spermatozoi. Durante
la fase luteale del ciclo, gli elevati livelli di progesterone provocano un addensamento del muco
cervicale, che diventa viscoso dopo il verificarsi dell’ovulazione.
nell’ovulo;
una coda (o flagello), utilizzata per la locomozione.
le vescichette seminali ;
la prostata;
specifiche, causate da patogeni a trasmissione sessuale, i più comuni dei quali sono:
Neisseria gonorrhoeae (batterio che provoca la gonorrea), Trichomonas vaginalis
(protozoo che provoca vaginiti), Chlamidia trachomatis, Candida albicans (fungo
che provoca candidiasi) e herpes virus.
Oltre alle infezioni causate da microrganismi possono svilupparsi tumori; i più noti
sono: tumore del collo dell’utero, carcinoma endometriale, carcinoma ovarico, tumore
al testicolo e carcinoma prostatico.
Altre patologie che possono colpire l’apparato genitale sono:
endometriosi;
uretriti;
glio intracellulari.
Gli ormoni derivati da acidi grassi sono gli eicosanoidi, derivati dell’acido ara-
chidonico, tra cui si ricordano: prostaglandine, trombossani e leucotrieni. Sono consi-
derati ormoni locali a differenza degli altri ormoni che, una volta immessi nel circolo
sanguigno, possono raggiungere bersagli anche molto lontani dal sito di produzione.
Il sistema endocrino, insieme al sistema nervoso autonomo, è responsabile del man-
tenimento dell’omeostasi. Il sistema nervoso autonomo si occupa di rapidi cambiamenti,
mentre gli ormoni del sistema endocrino sono coinvolti principalmente in regolazioni
più lente.
1250 Anatomia e fisiologia dell’uomo
È importante notare come le concentrazioni plasmatiche degli ormoni vengono regolate dal
SNC (sistema nervoso centrale): il SNC, infatti, riceve segnalazioni sia interne che esterne,
in seguito a specifiche situazioni fisiologiche o ambientali, e successivamente dirige la sintesi
coordinata degli ormoni necessari ad affrontare la situazione in oggetto. È l’ipotalamo, di
fatto, a regolare i livelli degli ormoni, integrando gli stimoli esterni ed interni e producendo
determinati fattori di rilascio (Figura 6.54).
Questi fattori di rilascio raggiungono poi l’ipofisi anteriore, la quale è stimolata a
produrre un’altra classe di ormoni, le tropine, le quali attiveranno le ghiandole endocrine,
stimolandole a produrre ormoni specifici e appropriati alla situazione.
sistema nervoso;
altri ormoni.
La maggior parte dei sistemi che regolano la secrezione ormonale agisce per feedback
negativo (inibizione), ma alcuni possono operare secondo un meccanismo di feedback
positivo (stimolazione) (Figura 6.54).
6.12.1 Ipofisi
L’ipofisi, o ghiandola pituitaria si tro-
va nel cranio alla base del cervello ed è
divisa in due lobi (Figura 6.55). È con-
siderata la struttura endocrina prima-
ria perché secerne diversi ormoni che
controllano altre ghiandole endocri-
ne. Essa è controllata dall’ipotalamo,
Anatomia
L’ossitocina può essere somministrata ad una donna incinta per indurre il travaglio in
caso di gravidanza prolungata o di altre situazioni potenzialmente pericolose, come la
preeclampsia, un disturbo della gravidanza caratterizzato da ipertensione e edema.
6.12.2 Tiroide
La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla situata sotto la laringe. È composta da
sacchetti sferici detti follicoli tiroidei. Le cellule follicolari producono due ormoni: la
tetraiodotironina o tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3). Questi ormoni sono
legati alla tireoglobulina; il TSH induce il distacco dei due ormoni dalla tireoglobulina
e il loro rilascio.
Gli ormoni tiroidei regolano:
l’aumento del consumo di ossigeno e il tasso metabolico basale;
il metabolismo cellulare;
la crescita e lo sviluppo.
Le cellule parafollicolari della tiroide producono l’ormone calcitonina, coinvolto insie-
me al paratormone (§6.12.3) nell’omeostasi del calcio (Figura 6.56).
6.12.3 Paratiroidi
Le ghiandole paratiroidi sono quattro masserelle tondeggianti di tessuto ghiandolare
parzialmente incastonate sulla superficie posteriore della tiroide. Secernono l’ormone
paratiroideo o paratormone (PHT), che aumenta la concentrazione ematica del
calcio favorendone il rilascio da parte delle ossa ed il riassorbimento da parte dei reni
(Figura 6.56). L’equilibrio fisiologico del Ca2+ è controllato dal paratormone e dalla
calcitonina, ormone antagonista prodotto dalla tiroide (§ 6.12.2) che può diminuire il
livello di calcio nel sangue (calcemia) inibendo l’azione degli osteoclasti (§ 2.6.2).
6.12.4 Pancreas
Il pancreas (§6.9.6) è un organo che svolge funzioni esocrine (utili al processo digestivo)
ed endocrine (azione ormonale).
La porzione endocrina è costituita da gruppi di cellule chiamate isolotti pancreatici
o isole di Langerhans, al cui interno sono presenti, tra le altre:
Anatomia
glucosio nel tessuto adiposo (dove è convertito in grassi), nel fegato e nei muscoli
(dove è convertito in glicogeno). Il glucagone ha effetti opposti rispetto all’insulina: fa
aumentare la glicemia, favorendo la conversione del glicogeno e dei grassi in glucosio. La
somatostatina, prodotta anche dall’ipotalamo (vedi Tabella 6.6), inibisce la secrezione
sia di insulina sia di glucagone.
La glicemia deve essere mantenuta al livello omeostatico di circa 90 mg/dl. Bassi
livelli di glucosio nel sangue stimolano la secrezione di glucagone mentre alti livelli di
glucosio ematico stimolano la secrezione di insulina.
aumentano la glicemia, favorendo la scissione del glicogeno nel fegato e nei muscoli
e dei grassi nel tessuto adiposo.
Queste tre categorie di ormoni sono derivati dallo stesso precursore, il colesterolo.
6.12.6 Epifisi
L’epifisi (o ghiandola pineale) è una piccola ghiandola situata nel diencefalo. La
funzione principale è la sintesi di melatonina, un ormone che regola il ciclo sonno-veglia.
6.12.7 Gonadi
Le gonadi (§ 6.11) sono organi specializzati per la riproduzione (generano i gameti).
Secernono inoltre ormoni steroidei.
Per un dettaglio sul ruolo delle gonadotropine sull’attività ciclica di ovaie e utero si
veda il paragrafo 6.11.1.
Estrogeni, testosterone e progesterone (ormoni steroidei) sono prodotti a partire dal coleste-
rolo nelle gonadi. Il colesterolo viene prima convertito in progesterone, che è poi trasformato
in androgeni (testosterone); quest’ultimo è poi convertito in estrogeni, di cui il 17-β-estradiolo
è la forma più attiva.
1256 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Sia nel maschio sia nella femmina la produzione e la secrezione degli ormoni sessuali steroi-
dei viene promossa dall’ormone follicolo-stimolante (FSH) e dall’ormone luteinizzante
(LH), che sono sintetizzati nell’ipofisi anteriore. Questi ormoni tropici sono rilasciati dall’ipo-
fisi anteriore in seguito allo stimolo fornito dall’ormone di rilascio per le gonadotropine
(GnRH), prodotto dall’ipotalamo. Gli ormoni sessuali steroidei esercitano un feedback nega-
tivo sui neuroni ipotalamici che secernono GnRH e sulle cellule endocrine dell’ipofisi anteriore
che producono FSH ed LH (Figura 6.54).
La Tabella 6.7 riporta le principali ghiandole endocrine con gli ormoni da esse
prodotti e i loro effetti.
6.14 Embriologia
6.14.1 Sviluppo embrionale
Lo sviluppo embrionale ha inizio con la fecondazione, cioè con l’unione tra uno sperma-
tozoo e un ovocita, che dà origine a una cellula diploide chiamata zigote. Un filmato
Anatomia
La segmentazione è una rapida successione di divisioni cellulari che dallo zigote por-
ta alla formazione di una massa sferica di cellule, cioè di un embrione pluricellulare
(morula) (Figura 6.60).
A circa 30 - 36 ore dalla feconda-
zione, lo zigote si divide per mitosi
in due cellule più piccole. Una secon-
da divisione, che avviene circa 40 ore
dopo la fecondazione, produce quat-
tro cellule. Una terza divisione produ-
ce una sfera di otto cellule chiamata
morula.
Biologia
La blastocisti è costituita da due parti: una massa cellulare interna, che diventerà
il feto, e un corion, che diventerà parte della placenta. Le cellule che formano il corion
sono chiamate cellule del trofoblasto. Al termine della segmentazione l’embrione è
cosı̀ formato da uno o più strati di cellule al cui interno si trova un’ampia cavità: questa
sferula cava prende il nome di blastula (Figura 6.60).
Il sesto giorno successivo alla fecondazione la blastocisti si attacca alla parete ute-
rina, con il lato che contiene la massa cellulare interna situata contro l’endometrio.
Le cellule del trofoblasto producono enzimi che permettono alla blastocisti di farsi
strada nell’endometrio: questo è il processo di annidamento.
I test di gravidanza sono basati sulla rilevazione della gonadotropina corionica nelle urine della
madre. La ricerca di questo ormone può essere eseguita sia nelle urine sia nel sangue.
Poiché la membrana corionica deriva dallo zigote, che eredita i geni paterni che producono
proteine estranee alla madre, gli scienziati si sono chiesti a lungo perch il sistema immu-
nitario materno non attacchi i tessuti embrionali. La placenta, a quanto pare, è un “sito
immunologicamente protetto”.
2. il sacco vitellino;
3. il corion;
4. l’allantoide (precursore del cordo-
ne ombelicale).
Circa un mese dopo il concepimen-
to, le membrane extraembrionali sono
completamente formate. Immediata-
mente sotto la membrana corionica è
presente l’amnios, che avvolge l’intero
embrione. L’embrione, insieme al suo
cordone ombelicale, si trova pertan-
to all’interno della cavità amniotica
(Figura 6.62).
Il corion, insieme a una porzio-
ne del mesoderma, costituisce il com- Figura 6.62: Annessi embrionali.
ponente embrionale della placenta.
L’allantoide forma parte del cordone ombelicale.
I villi coriali sono attraversati da vasi sanguigni embrionali che si sono formati
dal mesoderma. L’ossigeno e le sostanze nutritive passano dal circolo materno ai vasi
sanguigni fetali che attraversano i villi (Figura 6.63).
Amniocentesi e villocentesi
L’amniocentesi è il prelievo di liquido amniotico dalla cavità uterina. Molte anoma-
Biologia
lie genetiche possono essere individuate tramite aspirazione di questo fluido e l’esame
delle cellule cosı̀ ottenute. L’amniocentesi è di solito eseguita intorno alla quindicesima
- sedicesima settimana di gravidanza. Malattie genetiche come la sindrome di Down
possono cosı̀ essere individuate eseguendo un cariotipo. Il liquido amniotico aspirato
contiene cellule fetali ad una concentrazione troppo bassa per consentire la determina-
zione diretta di malattie genetiche o cromosomiche. Queste cellule devono quindi essere
coltivate in vitro da 10 a 14 giorni prima di eseguire i test di laboratorio richiesti.
Un metodo alternativo, la villocentesi, consente di individuare malattie genetiche
prima di quanto possa fare l’amniocentesi. Nella villocentesi si preleva un campione di
1262 Anatomia e fisiologia dell’uomo
trofoblasto. I test genetici possono essere eseguiti direttamente sul campione di villi
perch esso contiene molte più cellule fetali di quelle presenti in un campione di liquido
amniotico. La villocentesi è in grado di fornire informazioni genetiche alla dodicesima
settimana di gestazione. L’amniocentesi, invece, non può fornire tali informazioni prima
di circa 18 - 20 settimane.
6.14.2 Organogenesi
La gastrulazione (Figura 6.61), come visto in precedenza, determina la formazione dei
tre foglietti embrionali. Da ciascuno dei foglietti deriveranno i diversi tessuti, organi e
apparati:
dall’endoderma;
mese gli emisferi cerebrali ricoprono la parte superiore del tronco cerebrale. La maggior
parte del restante ectoderma si differenzia in epidermide.
Nella specie umana lo sviluppo dell’embrione dal concepimento alla nascita è suddiviso in tre
trimestri.
1. Durante il primo trimestre avvengono i cambiamenti più radicali.
2. I principali mutamenti che avvengono durante il secondo trimestre consistono in un
aumento delle dimensioni e in un perfezionamento generale dei tratti umani.
3. Il terzo trimestre (il periodo cha va dalla ventiquattresima settimana fino alla nascita)
Biologia
6.14.3 Il parto
Per espellere il feto sono necessarie potenti contrazioni dell’utero, in una sequenza
di eventi chiamata travaglio. Queste contrazioni uterine sono stimolate da due fat-
tori: l’ossitocina (§6.12.1), sintetizzata nell’ipotalamo, e le prostaglandine, prodotte
nell’utero.
1264 Anatomia e fisiologia dell’uomo
Si possono individuare tre fasi nel travaglio: fase dilatante, fase espulsiva, secondamen-
to.
La fase dilatante è il tempo tra l’esordio del travaglio fino a quando la cervice è completa-
mente dilatata dalla testa del bambino. All’inizio del travaglio cominciano deboli ma regolari
contrazioni nella parte superiore dell’utero che si spostano verso la vagina. Inizialmente le
contrazioni avvengono a intervalli di 15-30 minuti e durano per 10-30 secondi. Con il progre-
dire del travaglio le contrazioni diventano più vigorose e rapide, ed è coinvolta anche la parte
inferiore dell’utero. A ogni contrazione la testa del bambino è spinta contro la cervice, la quale
si dilata. Alla fine l’amnios si rompe, rilasciando il liquido amniotico, un evento comunemente
chiamato “rottura delle acque”. La fase dilatante ha una durata di 6-12 ore o più.
La fase espulsiva dura dalla piena dilatazione all’uscita del neonato (parto vero e pro-
prio). La cervice è completamente dilatata, forti contrazioni avvengono ogni 2-3 minuti e
durano circa 1 minuto. Anche se questa fase può durare un paio d’ore, in genere è di 50 minuti
in un primo parto e circa 20 minuti in nascite successive. Una volta che la testa del neonato
esce, il resto del corpo è espulso molto più facilmente. Dopo la nascita il cordone ombelicale
è tagliato. Quando si verificano situazioni anomale è necessario ricorrere ad un intervento
chirurgico, il taglio cesareo.
Il secondamento è completato, in genere, entro 30 minuti e consiste nell’espulsione della
placenta e degli annessi fetali. Le forti contrazioni uterine che continuano dopo la nascita com-
primono i vasi sanguigni, limitando il sanguinamento e consentendo il distacco della placenta
dalla parete uterina. è molto importante che tutti i frammenti placentari siano rimossi per
evitare un’emorragia uterina post-parto.
6.14.4 Lattazione
Ogni ghiandola mammaria è costituita da 15 a 20 lobi, separati da tessuto adiposo.
La quantità di tessuto adiposo determina la dimensione e la forma del seno, ma non
ha nulla a che fare con la capacità di una donna di allattare. Ogni lobo è suddiviso in
lobuli, che contengono gli alveoli ghiandolari che secernono il latte. Gli alveoli secernono
latte in una serie di tubuli, i quali convergono per formare una serie di condotti, che a
loro volta confluiscono in un dotto galattoforo, che drena sulla punta del capezzolo.
Il lume di ciascun dotto si espande appena sotto la superficie del capezzolo per formare
un’ampolla, in cui il latte si accumula durante l’allattamento.
La prolattina, dopo il parto, stimola le ghiandole mammarie a produrre le pro-
teine del latte, compresa la caseina e la lattoalbumina. La secrezione di prolattina è
Anatomia
controllata dall’ormone inibitore della prolattina (PIH ), che si è scoperto essere la do-
pamina. La secrezione di PIH è stimolata dagli estrogeni, e cosı̀ durante la gravidanza,
quando i livelli di estrogeni sono alti, la secrezione di prolattina è costantemente inibita.
Dopo il parto, quando la placenta viene espulsa, i livelli decrescenti di estrogeni sono
accompagnati da un aumento della secrezione di prolattina, con conseguente stimolo
alla produzione di latte.
L’allattamento aiuta a mantenere alti i livelli di secrezione di prolattina tramite
un riflesso neuroendocrino. Le terminazioni sensoriali nella mammella, attivati dallo
stimolo di suzione, mandano impulsi all’ipotalamo e inibiscono la secrezione di PIH.
Biologia 1265
L’allattamento al seno, agendo come feedback negativo sulla secrezione di GnRH, può anche
inibire la secrezione delle gonadotropine e quindi inibire l’ovulazione. Questo meccanismo
sembra essere più efficace nelle donne con apporto calorico limitato e in quelle che allattano
a intervalli frequenti durante tutto il giorno e la notte.
Figura 6.66: Collegamento tra immunità innata e immunità adattativa. PRR: pathogen recognition
receptor; TCR: T cell receptor; MHC: complesso maggiore di istocompatibilità; IL: interleuchina.
neutrofili;
basofili;
Alcune cellule possiedono recettori per i PAMP, chiamati TLR o recettori di tipo toll (toll-
like receptors). Questi recettori consentono al sistema di immunità aspecifica di identificare
correttamente come estraneo qualsiasi potenziale agente patogeno. Ad esempio l’esposizione al
lipopolisaccaride stimola uno dei recettori toll-like su cellule dendritiche e macrofagi. Queste
cellule sono quindi stimolate a secernere citochine, che reclutano altre cellule del sistema
immunitario e promuovono diversi aspetti della risposta innata come la fagocitosi e la febbre.
Le citochine, inoltre, sono necessarie per attivare le cellule del sistema immunitario adattativo
(linfociti B e T).
Anche se la febbre alta può essere pericolosa, una febbre moderata può essere una
risposta positiva che aiuta l’organismo a combattere le infezioni batteriche.
2. linfociti B;
3. linfociti T;
4. plasmacellule.
I linfociti B possiedono sulla loro membrana un recettore che è del tutto simile ad
un anticorpo, in grado quindi di legare in modo specifico un antigene. Questo recettore
è detto “recettore delle cellule B” o BCR (B-Cell Receptor ).
Gli anticorpi, o immunoglobuline (Ig), sono proteine della classe delle gamma
globuline (Figura 6.68); ne esistono cinque sottoclassi: IgG, IgA, IgM, IgD e IgE. La
maggior parte degli anticorpi circolanti nel plasma appartiene alla sottoclasse IgG,
mentre le IgA sono le immunoglobuline più abbondanti nelle secrezioni. Gli anticorpi
IgA proteggono la mucosa dell’intestino e sono presenti anche nella saliva e nel latte
(Tabella 6.8). Gli anticorpi della sottoclasse IgE sono coinvolti in reazioni allergiche
(ipersensibilità immediata).
Immunoglobulina
Funzioni
IgG È il principale tipo di anticorpi in circolo: la produzione aumenta
dopo l’immunizzazione; la secrezione avviene durante la risposta
secondaria
IgA È il principale tipo di anticorpi presente nelle secrezioni esterne,
Biologia
Tutti gli anticorpi sono formati da quattro diverse catene polipeptiche (Figura 6.68): due
catene pesanti (catene H ) e due catene leggere (catene L). Le quattro catene formano due
siti di riconoscimento in grado di legare uno specifico antigene (porzione Fab). Ogni tipo di
anticorpo è in grado di riconoscere un solo antigene. La parte costante in diversi anticorpi
è la porzione Fc, la quale interagisce con i recettori FcR di macrofagi, eosinofili, basofili e
linfociti B. Quando anticorpi specifici hanno legato batteri o virus si parla di opsonizzazione,
fenomeno che, coadiuvato dal complemento, aumenta il riconoscimento della porzione Fc degli
anticorpi da parte di recettori superficiali dei macrofagi, stimolandone l’attività fagocitaria.
mentre la maggior parte dei linfociti T riconosce solo antigeni proteici. A differenza
delle cellule B, i linfociti T non producono immunoglobuline pertanto non hanno an-
ticorpi sulle loro superfici che fungano da recettori. Per questo motivo i recettori delle
cellule T, o TCR (T-Cell Receptor ), non possono legarsi direttamente ad antigeni libe-
ri. Affinch i linfociti T possano rispondere agli antigeni estranei, questi ultimi devono
essere presentati ai linfociti T sulla membrana delle cellule presentanti l’antigene
(APC). Le principali APC sono i macrofagi e le cellule dendritiche.
Le cellule di Langerhans dell’epidermide, ad esempio, sono cellule dendritiche che
possono inglobare antigeni proteici, digerirli parzialmente e spostare i frammenti po-
lipeptidici risultanti sulla propria superficie cellulare, dove i peptidi estranei sono as-
sociati con molecole chiamate antigeni di istocompatibilità; questo permette alle
APC di attivare i linfociti T. Affinchè le cellule dendritiche interagiscano con i cor-
retti linfociti T (quelli cioè che hanno specificità per l’antigene presentato), le cellule
dendritiche devono migrare attraverso i vasi linfatici verso gli organi linfoidi secondari,
dove secernono chemochine per attrarre i linfociti T. Questa migrazione aumenta la
probabilità che le APC possano incontrare i linfociti T specifici. Un linfocita T che non
incontra il suo antigene non trascorre più di 24 ore in un linfonodo, ma questo tempo
aumenterà a 3 o 4 giorni se il linfocita è attivato dalle cellule dendritiche che portano il
suo antigene specifico. Le cellule T attivate si dividono per produrre dapprima linfociti
T effettori e poi linfociti T di memoria (Figura 6.69).
Figura 6.69: Attivazione del linfocita T da parte di una cellula presentante l’antigene.
Antigeni di istocompatibilità
Un tessuto trapiantato da una persona a un’altra contiene antigeni che sono estranei
per l’ospite. Questo perch tutte le cellule, ad eccezione dei globuli rossi maturi, sono
Biologia
L’interazione con molecole MHC di classe 1 o 2 dipende dalla presenza di corecettori, che sono
proteine associate con i recettori delle cellule T. Il corecettore noto come CD8 è presente nei
linfociti T citotossici e interagisce solo con le molecole MHC di classe 1; il corecettore noto
come CD4 è presente nei linfociti T helper e interagisce solo con le molecole MHC di classe 2.
Quando una particella estranea come un virus infetta il corpo, i macrofagi (o le cel-
lule dendritiche) fagocitano e digeriscono parzialmente tale particella. All’interno dei
macrofagi, le particelle virali parzialmente digerite forniscono antigeni non-self che so-
no spostati sulla membrana plasmatica dove formano un complesso con le molecole
MHC II. I macrofagi possono cosı̀ presentare l’antigene estraneo alle cellule T helper e
attivarle (Figura 6.70).
L’interazione tra macrofago e linfocita T helper stimola la secrezione di interleuchina-
1 da parte del macrofago. Questa citochina induce la proliferazione dei linfociti T. A sua
volta il linfocita T helper produce sostanze che promuovono l’attività dei macrofagi. I
linfociti T citotossici sono in grado di distruggere le cellule infettate solo se queste cellu-
Anatomia
Figura 6.71: Interazioni tra macrofagi, linfociti T helper e linfociti T citotossici. 1) Una cellula
presentante l’antigene, in questo caso un macrofago, attiva un linfocita T helper presentando un antigene
virale associato a una molecola MHC II. 2) Il linfocita T helper libera interleuchina-2, che promuove la
proliferazione dei linfociti T citotossici attivati dalla presentazione dell’antigene virale associato a MHC I.
3) I linfociti T citotossici uccidono le cellule infettate da quel tipo di virus.
Biologia
Figura 6.72: Interazioni tra macrofagi, linfociti T helper e linfociti B. 1) Una cellula presentante
l’antigene, in questo caso un macrofago, attiva un linfocita T helper presentando un antigene estraneo
associato a una molecola MHC II. 2) Il linfocita T helper interagisce con un linfocita B specifico per
quell’antigene. 3) Il linfocita B prolifera formando dei cloni, alcuni dei quali costituiranno cellule di
memoria mentre altri si differenziano in plasmacellule che producono anticorpi specifici.
1274 Anatomia e fisiologia dell’uomo
È possibile ricapitolare come segue le caratteristiche fondamentali dei due tipi principali
di linfociti T.
I linfociti T helper :
riconoscono peptidi antigenici legati a proteine (MHC) espresse sulla
membrana di altre cellule;
quando legano tali antigeni si moltiplicano e liberano proteine dette citochine,
che aiutano i linfociti B e T ad attivarsi, richiamano i macrofagi e innescano il
processo infiammatorio;
intervengono sia nella risposta umorale che in quella cellulo-mediata.
I linfociti T citotossici:
riconoscono peptidi antigenici legati a proteine (MHC) espresse sulla
membrana di altre cellule;
se attivati si moltiplicano, attaccano e distruggono tali cellule;
agiscono eliminando le cellule infettate da virus o da parassiti endocellulari
oppure cellule tumorali che presentano proteine anomale.
ria, la produzione di anticorpi nella risposta Figura 6.73: Risposta primaria e risposta
secondaria è molto più rapida. La massima secondaria.
concentrazione di anticorpi nel sangue si rag-
giunge in meno di due ore e ed è mantenuta per un tempo più lungo rispetto alla risposta
primaria. Questo rapido aumento della produzione di anticorpi è, in genere, sufficiente
per impedire alla persona di sviluppare la malattia.
Lo sviluppo di una risposta secondaria fornisce immunità attiva contro i patogeni
specifici. Lo sviluppo di un’immunità attiva richiede una precedente esposizione agli
antigeni specifici, momento in cui la lentezza della risposta primaria può portare l’in-
Biologia 1275
Le immunizzazioni passive sono utilizzate per proteggere le persone che sono state esposte a
infezioni o tossine estremamente virulente, come il tetano, l’epatite, la rabbia e il veleno di
serpente. In questi casi, all’individuo affetto è iniettato un antisiero, cioè un siero contenente
anticorpi, chiamato anche antitossina, proveniente da un animale che è stato precedentemente
Biologia
esposto al patogeno o alla sostanza tossica. L’animale sviluppa i cloni linfocitari e si immunizza
attivamente, pertanto presenta un’alta concentrazione di anticorpi nel suo sangue. Poiché la
persona cui è iniettato l’antisiero non sviluppa immunità attiva, questi dovrà essere trattato
nuovamente con antitossina in caso di esposizioni successive.
immunitario adattativo, le cellule NK non hanno recettori di superficie specifici per par-
ticolari antigeni, ma mostrano una serie di recettori che permettono loro di distinguere
le cellule normali da cellule tumorali e da cellule infettate con patogeni intracellulari,
come virus. Affinché le cellule NK siano pienamente efficaci, esse devono essere attivate
da interferone-α, interferone-β o altre citochine.
Le cellule NK attivate, a differenza dei linfociti T citotossici, distruggono le cellule
tumorali e le cellule infette in maniera aspecifica che non richiede una precedente espo-
sizione agli antigeni di queste cellule. Come risultato di ciò, le cellule NK costituiscono
una prima linea di difesa cellulo-mediata innata, che è in seguito sostenuta dalla rispo-
sta specifica adattativa dei linfociti T citotossici. Le citochine rilasciate dalle cellule
NK e dalle cellule del sistema immunitario adattativo attraggono anche neutrofili e
macrofagi verso il sito dell’infezione.
sulla superficie dei mastociti e dei basofili. Quando una persona è nuovamente esposta
all’allergene, questo si lega alle IgE legate ai recettori su mastociti e basofili, e ciò
stimola le cellule a rilasciare istamina e altre citochine (tra cui prostaglandine e
leucotrieni) che producono le reazioni di ipersensibilità immediata.
Nell’ipersensibilità ritardata i sintomi richiedono più tempo per svilupparsi. Poich
i sintomi sono causati dalla secrezione di linfochine, piuttosto che dalla secrezione di
istamina, il trattamento con antistaminici offre scarsi benefici. Allo stato attuale, i
corticosteroidi sono gli unici farmaci che possono trattare efficacemente l’ipersensibilità
ritardata.
Biologia 1277
6.16 Quesiti
1) Dove originano i globuli rossi? 6) La risposta immunitaria specifica:
maschile:
A prolattina, vasopressina e FSH
A testosterone
B ormone somatotropo, gonadotropine e
B estrogeni ormone tireotropo
C vasopressina C somatotropina e ossitocina
D ossitocina D ormone corticotropo e cortisolo
E glucagone E glucagone, insulina e melatonina
1278 Anatomia e fisiologia dell’uomo
4) B . La retina è la membrana più interna dell’occhio che possiede cellule sensibili alle
radiazioni luminose (fotorecettori) dai cui prolungamenti si origina il nervo ottico,
che invia al cervello le informazioni da interpretare. Tra le cellule che compongono
la retina ci sono i coni, responsabili della visione a colori ma sensibili solo a luci
piuttosto intense e i bastoncelli, sensibili alle radiazioni di bassa intensità, non
sensibili ai colori e implicati nella visione crepuscolare.
principalmente nei testicoli dalle cellule di Leydig e, in minima parte, anche dalla
corteccia surrenale. Nell’uomo è deputato allo sviluppo degli organi sessuali e dei
caratteri sessuali secondari: la barba, la distribuzione dei peli, il timbro della voce
e la muscolatura.
Biologia
Glossario
7
A Alcalosi: eccessiva alcalinità di una parte del
Aberrazione cromosomica: vedi mutazione corpo o di alcuni sistemi (apparati).
cromosomica. Aldosterone: mineralcorticoide secreto dalla
Accoppiamento energetico: una reazione corticale surrenale. L’aldosterone è lo steroide
esoergonica accoppiata ad una endoergonica più importante nel controllo degli elettroliti ed
rende possibile il verificarsi di ques’ultima agisce a livello dei tubuli renali aumentando il
Acetilcolina (ACh): estere dell’acido acetico e riassorbimento del sodio.
della colina che ha la funzione di neurotrasmetti- Allele mutante (o mutato): qualsiasi variante
tore sinaptico in diversi tipi neuronali. dell’allele wild-type (selvatico) di un determinato
Acetilcolinesterasi: enzima localizzato sul- gene. Gli alleli mutanti possono essere dominanti
la superficie della membrana postsinaptica che o recessivi rispetto all’allele wild-type.
idrolizza l’acetilcolina. Allele wild-type (selvatico): allele di un gene
Acido gamma-amminobutirrico (GABA): posseduto dalla maggior parte degli individui al-
neurotrasmettitore inibitorio presente nel SNC. l’interno di una popolazione di una determinata
Acido nucleico: macromolecola organica poli- specie.
merica costituita da catene di nucleotidi legati tra Alleli: forme alternative di un gene.
loro mediante legame fosfodiestereo; può trattarsi
Allopoliploidia: poliploidia che coinvolge due o
di DNA, acido desossiribonucleico e RNA, acido
più assetti cromosomici geneticamente diversi.
ribonucleico.
Acidosi: eccessiva acidità in alcune parti del Alveoli: piccole cavità che costituiscono le unità
corpo o in alcuni sistemi (apparati). funzionali del polmone.
ACTH: ormone prodotto dalle cellule dell’ade- Amido: principale polisaccaride di riserva delle
noipofisi che agisce principalmente sulla corti- piante costituito da glucosio.
cale del surrene, stimolandone il trofismo e la Aminoacido: composto organico che presenta
biosintesi e secrezione dei corticosteroidi. un gruppo carbossilico e un gruppo amminico. Gli
Actina: proteina che costituisce i microfilamen- aminoacidi sono le unità monomeriche costitutive
ti delle cellule e i miofilamenti sottili delle cellu- delle proteine.
le muscolari; insieme alla miosina è responsabile Amniocentesi: prelievo di liquido amniotico per
della contrazione muscolare. ottenere informazioni genetiche sul feto.
Adenilato ciclasi: enzima di membrana in gra- AMP ciclico (cAMP): agisce come secondo
do di catalizzare la conversione dell’ATP in AMP messaggero e come molecola regolatrice.
ciclico, o cAMP. Anatomia: scienza che studia forma e strut-
Adenina: base purinica costituente dei nucleoti- tura di un organismo, inteso come un insieme
di. coordinato di vari organi e sistemi interconnessi.
Adenoipofisi (ipofisi anteriore): lobo anterio-
Androgeni: ormoni steroidei che hanno pro-
re ghiandolare dell’ipofisi.
prietà mascolinizzanti.
ADH: ormone prodotto nell’ipotalamo ed accu-
mulato e liberato dalla neuroipofisi. Agisce sul- Aneuploidia: condizione anomala in cui uno
l’epitelio dei dotti collettori renali stimolando il o più cromosomi interi di un assetto normale
riassorbimento osmotico dell’acqua, producendo mancano o sono presenti in un numero di copie
quindi urina più concentrata. Esercita anche una superiore a quello usuale.
funzione vasopressoria. Aneurisma: dilatazione localizzata della parete
Adrenalina (o epinefrina): catecolammina di un’arteria.
sintetizzata dalla parte midollare del surrene. Angiotensina: proteina plasmatica che si forma
Adrenergico: relativo a neuroni o sinapsi dall’angiotensinogeno per opera della renina. Ha
che rilasciano adrenalina, noradrenalina o altre un potere vasopressorio e stimola la secrezione di
catecolammine. aldosterone.
Agonista: sostanza che può interagire con mo- Ansa di Henle: parte del tubulo renale, ripie-
lecole recettoriali e imitare una molecola segnale gata ad U, che si trova nella zona midollare del
endogena. rene.
Biologia 1281
Anticodone: sequenza di 3 basi presente sul Autosoma: qualunque cromosoma che non sia
tRNA che riconosce in modo complementare il un cromosoma sessuale.
codone presente sull’RNA messaggero. Autototrofi: organismi in grado di sintetizzare
Anticorpo: è una immunoglobulina, cioè una molecole organiche complesse a partire da com-
molecola proteica formata da quattro catene posti inorganici semplici; ad esempio i fotoauto-
(due pesanti e due leggere). L’anticorpo reagi- trofi, come le piante, utilizzano la luce solare e il
sce solamente con l’antigene che ha stimolato la diossido di carbonio per sintetizzare zuccheri.
sua produzione, oppure con una molecola molto
simile.
B
Antigene: sostanza capace di provocare una ri-
sposta immunitaria con produzione di anticorpi, Barocettore: estremità nervosa sensoriale che è
con i quali poi reagisce in maniera specifica. stimolata dalle variazioni di pressione analoga a
Aorta: principale arteria che parte dal cuore e quelli presenti nelle pareti dei vasi sanguigni.
distribuisce il sangue al corpo. Bastoncelli: fotorecettori molto sensibili alla lu-
Aploide: cellula o organismo caratterizzato dalla ce, responsabili della visione in bianco e nero (e
presenza di una sola copia di ciascun cromosoma. relative gradazioni).
Apoptosi: processo che determina la morte Batteri: microrganismi unicellulari di tipo
programmata di una cellula. procariotico.
Apparato: insieme di organi che costituisce Bile: liquido alcalino viscoso, di colore giallo-
parte anatomica o funzionale di un organismo. verdastro, prodotto dal fegato ed immagazzinato
Arco riflesso: via nervosa che associa lo stimolo nella cistifellea (o colecisti), essenziale per la di-
sensoriale alla risposta motoria. Consiste di una gestione dei grassi . Contiene sali biliari, pigmenti
via afferente ad un centro nervoso, il quale attiva biliari e specifici lipidi.
delle fibre efferenti dirette ad un organo bersaglio. Biochimica: disciplina che studia le sostanze
Arteria: vaso sanguigno che trasporta il sangue che costituiscono la materia vivente e in partico-
dal cuore verso la periferia lar modo le trasformazioni cui la materia vivente
Arteriola: sottile ramificazione di una arteria, ed viene sottoposta.
è prossima al capillare. Bioenergetica: comprende lo studio delle atti-
Arteriosclerosi: alterazioni patologiche caratte- vit biochimiche che la cellula utilizza nei norma-
rizzate da aumento di spessore e ridotta elasticità li processi fisiologici che implicano una utilizza-
della parete delle arterie. zione, uno scambio, o un immagazzinamento di
Assone: lungo prolungamento cilindrico di una energi
cellula nervosa attraverso il quale si propagano i Bradichinina: ormone che si origina da un pre-
potenziali di azione. cursore che normalmente circola nel sangue: è un
Assonema: complesso dei microtubuli e delle vasodilatatore cutaneo molto potente.
strutture associate all’interno del flagello o del Bronchi: vie di conduzione dell’aria nel polmone;
ciglio. sono ramificazioni della trachea.
Assoplasma: citoplasma contenuto all’interno Bronchioli: piccole vie di conduzione dell’aria
dell’assone. nel polmone; sono ramificazioni dei bronchi.
Aterosclerosi: alterazioni patologiche caratte- Bulbo: regione nervosa a forma di cono
rizzate da deposito di lipidi nella parete delle interposta tra il ponte ed il midollo spinale.
arterie.
ATP (adenosina trifosfato): nucleotide conte-
nente tre gruppi fosfato, l’ultimo dei quali pos- C
siede un legane fosfodiesterico ad alta energia. Calcitonina: ormone di natura proteica secreto
L’idrolisi di questo legame libera 30,5 kJ/mol di dalle cellule parafollicolari della tiroide in risposta
energia. ad un aumento della concentrazione plasmatica di
ATP sintasi: complesso enzimatico capace di ca- calcio.
talizzare la formazione di ATP a partire da ADP Calcitriolo: composto di natura steroidea pro-
Biologia
Caloria: quantità di calore necessaria ad innal- DNA polimerasi RNA dipendente, la trascrittasi
zare la temperatura di un grammo ’acqua da 15C inversa.
a 16C Cefalizzazione: tendenza evolutiva dei neu-
Canale spinale: cavità ripiena di liquido che roni a concentrarsi in un cervello localizzato
decorre lungo il midollo spinale e confluisce nei all’estremità anteriore.
ventricoli cerebrali. Cellula di Schwann: cellula gliale che durante
Canali ionici voltaggio-dipendenti: protei- lo sviluppo avvolge ripetutamente la sua mem-
ne canale presenti sulla membrana plasmatica. brana plasmatica attorno ad un assone, forman-
Quando sono aperti consentono agli ioni di at- do una guaina isolante di mielina fra un nodo di
traversare la membrana e la loro apertura vie- Ranvier ed un altro.
ne regolata dalla differenza di potenziale elettrico Cellula eucariote: cellula in cui il materiale ge-
transmembrana. netico (DNA) è contenuto all’interno di un nucleo
Canali semicircolari: canali presenti nell’orec- ben distinto.
chio interno che percepiscono l’accelerazione del Cellula procariote: cellula il cui materiale
corpo rispetto al campo gravitazionale. genetico non è contenuto all’interno di un nucleo.
Capillari: la ramificazione ultima dei vasi san- Cellula recettoriale: cellula nervosa deputata
guigni; sono responsabili degli scambi di materiale a rispondere a stimoli sensoriali specifici.
tra sangue e tessuti. Cellula: unità strutturale e funzionale degli
Capsula di Bowman (capsula glomerulare): organismi viventi.
espansione globulare posta all’inizio del tubulo Cellule cigliate: cellule epiteliali meccano-
renale in corrispondenza del glomerulo. sensitive dotate di ciglia (stereociglia oppure
Carattere dominante: carattere che viene chinociglio).
espresso in un organismo anche quando è presente Cellule del Leydig (cellule interstiziali): cel-
il carattere recessivo, cioè negli eterozigoti. lule del testicolo che sono stimolate dall’LH a
secernere testosterone.
Carattere recessivo: carattere che non si ma-
Cellule gangliari (retiniche): neuroni afferenti
nifesta negli individui eterozigoti ma solo ne-
che trasportano le informazioni visive dalla retina
gli omozigoti che presentano due copie dell’allele
ai centri superiori del cervello.
recessivo.
Cellule gliali (neuroglia): cellule non eccita-
Carboidrati: vedi glicidi.
bili, di sostegno, associate ai neuroni nel sistema
Carbossiemoglobina: composto che si forma
nervoso.
dalla combinazione del monossido di carbonio con
Cellule juxtaglomerulari (o iuxtaglomeru-
l’emoglobina. Il CO compete con l’ossigeno nel le-
lari): cellule specializzate con funzione secre-
game con l’emoglobina, producendo anossia nei
toria localizzate nelle arteriole glomerulari affe-
tessuti.
renti. Fungono da recettori e rispondono all’ab-
Cariotipo: patrimonio cromosomico di un tipo bassamento della pressione sanguigna secernen-
cellulare o di un organismo. do renina, la quale converte poi l’angiotensino-
Cartilagine: tessuto di tipo connettivo che nel- geno in angiotensina, stimolando la secrezione di
l’uomo costituisce lo scheletro embrionale e che aldosterone.
viene poi sostituita da tessuto osseo e persiste in Cellule neurosecretorie: cellule nervose che
poche regioni nell’adulto. La cartilagine costitui- liberano ormoni.
sce lo scheletro definitivo dei condroitti o pesci Cellulosa: polisaccaride che costituisce il com-
cartilaginei (squalo, razza). ponente base della parete cellulare dei vegetali.
Catalizzatore: sostanza che modifica la velocità Centriolo: organello presente vicino al nucleo,
di una reazione chimica senza consumarsi durante costituito da microtubuli con struttura 9 x 3 (nove
la reazione. triplette).
Catecolammine: gruppo di sostanze correla- Centro di reazione: complesso multiproteico
te fra loro che esercitano una azione simpatico- che fa parte dei fotosistemi I e II, contenente una
mimetica sul sistema nervoso, ad esempio, coppia speciale di clorofille che accettano elettroni
Glossario
Chiasma ottico: rigonfiamento situato sotto Clone: cellule che derivano per mitosi da una
l’ipotalamo dove si incontrano i due nervi ottici. singola cellula oppure organismi derivati da un
Chilomicroni: minuscole goccioline di trigliceri- singolo individuo per riproduzione asessuale.
di, fosfolipidi e colesterolo rivestite di proteine, Cloroplasti: organuli contenenti clorofilla pre-
formate all’interno di vescicole delle cellule as- senti nelle cellule fotosintetiche degli organismi
sorbenti dai prodotti della digestione dei grassi, eucarioti fotoautotrofi.
monogliceridi, acidi grassi e glicerolo. Coclea: porzione dell’orecchio interno, a forma di
Chimo: miscuglio di cibo parzialmente digerito tubo assottigliato a spirale, contenente le cellule
e di succhi digestivi, che si trova nello stomaco e cigliate utili a percepire i suoni.
nell’intestino. Codice genetico: codice che mette in relazione
Chimotripsina: enzima proteolitico che attac- la sequenza di nucleotidi del DNA con la sequenza
ca specificamente i legami peptidici contenen- di aminoacidi delle proteine.
ti i gruppi carbossilici di tirosina, fenilalanina, Codone: sequenza di 3 nucleotidi (tripletta) pre-
triptofano, leucina e metionina. senti sull’mRNA che specifica un particolare am-
Chimotripsinogeno: precursore inattivo della minoacido, secondo la corrispondenza descritta
chimotripsina. dal codice genetico.
Ciclo cellulare: fasi in cui è suddivisa la vita di Coenzimi: molecole organiche come NAD+ ,
una cellula; comprende l’interfase e la divisione FAD e NADP+ che partecipano alle reazioni
cellulare. redox biologiche
Ciclo degli acidi tricarbossilici (o ciclo di Colchicina: agente che degrada i microtubuli in-
Krebs, o ciclo TCA): situato all’interno del terferendo con la polimerizzazione dei monomeri
mitocondrio, una serie ciclica di reazioni biochi- di tubulina.
miche che porta a termine l’ossidazione completa Colecistochinina: ormone liberato dalla mucosa
del’acido piruvico della porzione superiore dell’intestino, che induce
Ciclo di Calvin-Benson: ciclo enzimatico che la contrazione della cistifellea ed il rilascio degli
avviene nello stroma del cloroplasto, capace di ri- enzimi pancreatici.
durre l’anidride carbonica in carboidrati grazie al- Colesterolo: sterolo presente negli organismi eu-
l’azione del NADPH e del’ATP formati nelle rea- cariotici costituente della membrana plasmatica
zioni alla luce della fotosintesi. Costituisce la fase delle cellule animali e precursore degli ormoni
oscura della fotosintesi steroidei.
Cisterne terminali: parte del reticolo sarco- Colinergico: relativo all’acetilcolina o a sostanze
plasmatico ai due lati della linea Z, in stretto con attività colinergica.
contatto con i tubuli a T. Complesso antenna: complesso multiproteico
che fa parte dei fotosistemi I e II, contenente
Cistifellea: organo associato al fegato che con-
pigmenti fotosintetici (clorofille e carotenoidi) in
centra e accumula la bile che sarà riversata
grado di veicolare energia fotonica al centro di
nell’intestino.
reazione.
Citologia: disciplina che studia la struttura e le Coni: recettori visivi situati nella retina respon-
funzioni delle cellule animali e vegetali, la loro for- sabili della visione a colori.
mazione, il loro comportamento, nonché la natura
Cornea: superficie chiara dell’occhio attraversa-
e la funzione dei singoli costituenti cellulari.
ta dalla luce.
Citoplasma: parte della cellula delimitata dalla Corno dorsale: parte dorsale della sostanza gri-
membrana plasmatica. Negli eucarioti è la par- gia del midollo spinale contenente i corpi cellulari
te compresa tra la membrana plasmatica e la dei neuroni che ricevono, elaborano e trasmettono
membrana nucleare. le informazioni sensoriali.
Citoscheletro: rete di filamenti proteici presenti Corno ventrale: parte ventrale della sostan-
nel citoplasma responsabile del mantenimento di za grigia del midollo spinale contenente i corpi
struttura e forma delle cellule eucariotiche e del cellulari dei motoneuroni.
loro movimento.
Biologia
Esotermico: processo o reazione in cui il ∆H Fisiologia: disciplina che studia le funzioni degli
risulti negativo (genera calore). organismi viventi.
Estensore: muscolo che estende un arto oppure Fitness darwiniana: capacità riproduttiva
un’altra estremità del corpo. relativa di un dato genotipo.
Esterocettori: organi di senso che rilevano gli Flessore: muscolo che piega un arto o un’altra
stimoli in arrivo dall’esterno sulla superficie del estremità del corpo.
corpo. Flusso genico: movimento di geni dovuto al-
Estrogeni: ormoni steroidei responsabili dei ca- la migrazione di una popolazione, che determina
ratteri sessuali secondari femminili. Provvedono l’introduzione di geni della prima nel pool genico
alla preparazione del sistema riproduttivo per della seconda.
la fecondazione e l’impianto dell’uovo. Vengono Follicolo di Graaf: follicolo ovarico maturo.
sintetizzati principalmente nell’ovaio. Fosfolipidi: composti costituiti da acidi grassi,
Eterosi (outbreeding): accoppiamento prefe- acido fosforico e glicerolo. Insieme ai glicolipi-
renziale tra individui non imparentati. di, al colesterolo e alle proteine sono costituenti
Eterotrofi: organismi che non possono produr- essenziali delle membrane biologiche.
re da sé composti organici complessi e devono Fosforilazione a livello di substrato: trasferi-
procurarseli da altri organismi; sono eterotrofi gli mento diretto di un gruppo fosfato da una mole-
animali, i funghi e la maggior parte dei batteri. cola di substrato all’ADP con formazione di una
Eterozigote: individuo che contiene due alleli molecola di ATP.
diversi per un determinato carattere. Fosforilazione ossidativa: sintesi di ATP ca-
talizzata dalla ATP sintasi (o sintetasi), la quale
F sfrutta un gradiente protonico generato a parti-
FAD (flavin adenin dinucleotide): cofatto- re dall’ossidazione dei composti ridotti NADH e
re legato covalentemente al sito attivo del’enzi- FADH2.
ma succinato deidrogenasi, coinvolto nel ciclo di Fotorecettore: cellula sensoriale specializzata
Kreb; va incontro ad una riduzione reversibile ad nel ricevere energia luminosa.
opera di due elettroni per produrre FADH2. Fotosintesi: processo biologico mediante il quale
Fagi o batteriofagi: virus che infettano cellule organismi fotoautotrofi riescono a raccogliere l’e-
batteriche. nergia proveniente dal Sole incanalando la luce e
Fascio piramidale: fascio di fibre nervose che utilizzando tale energia per organicare (ridurre)
si origina dalla corteccia motoria e discende, pas- l’anidride carbonica; essenzialmente ’opposto di
sando per il tronco cerebrale, fino al bulbo ed al quanto avviene nella respirazione aerobica: 6CO2
midollo spinale. È responsabile del controllo dei + 6H2O + luce → C6H12O6 + 6O2
movimenti dei muscoli volontari. Fotosistema: complesso multiproteico che com-
Fase follicolare: periodo del ciclo mestruale prende il complesso antenna ed il centro di
caratterizzato dalla maturazione dei follicoli di reazione
Graaf e della loro attività secretoria. Fovea: area della retina con il più alto potere ri-
Fecondazione: fusione di un gamete maschile e solutivo della visione, contenente coni fittamente
uno femminile (entrambi aploidi) con formazione disposti in circa 1 mm2 .
di uno zigote (diploide). Frequenza allelica (o frequenza genica): fre-
Feedback: ritorno del segnale in uscita all’en- quenza di un particolare tipo di allele sul totale
trata di un sistema. Nel feedback negativo il se- degli alleli di un dato locus in una popolazione
gnale in uscita viene invertito prima di ritornare mendeliana.
all’entrata del sistema, in modo da stabilizzare Frequenza di mutazione: numero di eventi mu-
il segnale in uscita. Nel feedback positivo, inve- tazionali di un certo tipo in una popolazione di
ce, il segnale in uscita è instabile perché ritor- cellule o di individui.
na all’entrata del sistema senza aver subito un’in- Frequenze genotipiche: frequenze o percentua-
versione del segno, e cosı̀ diventa autorinforzante li dei diversi genotipi in una popolazione.
Biologia
i cui assoni convogliano informazioni uditive dal- Giunzione neuromuscolare: sinapsi che con-
le cellule cigliate dell’organo del Corti ai centri nette un motoneurone con una fibra muscolare
uditivi del cervello. scheletrica.
Ganglio della radice dorsale: posto sulla su- Glicidi: composti organici costituiti da carbonio,
perficie della radice dorsale, è un aggregato di idrogeno e ossigeno. Sono detti anche zuccheri
neuroni sensitivi che inviano processi nella regio- o carboidrati e costituiscono la principale fonte
ne del corpo che è innervata da questo segmento energetica per le cellule.
spinale. Ogni segmento spinale contiene due di Glicogeno: polisaccaride di riserva degli organi-
questi gangli appaiati bilateralmente. smi animali costituito da numerose molecole di
Ganglio: massa di tessuto nervoso contenente glucosio legate tra loro mediante legame di tipo
numerosi corpi cellulari di neuroni. α-1,4-glicosidico.
Gastrico: riferito allo stomaco. Glicolisi: serie di reazioni che avvengono nel cito-
Gastrina: ormone proteico rilasciato dalle cellu- sol in cui una molecola di glucosio va incontro ad
le della porzione pilorica, induce la secrezione e la una limitata quantit di reazioni di ossidazione per
motilità dello stomaco. produrre acido piruvico, ATP e potere riducente
Gene: sequenza di nucleotidi del DNA che agi- (NADH).
sce come unità funzionale per la formazione di un Glicosuria: escrezione nelle urine di glucosio in
prodotto, che può essere una proteina, un RNA eccesso.
strutturale o un RNA catalitico. Globuli bianchi: vedi leucociti.
Genetica di popolazione: branca della geneti- Globuli rossi: vedi eritrociti.
ca che descrive in termini matematico-statistici le Glomerulo: massa di capillari raggomitolati.
conseguenze dell’ereditarietà mendeliana a livello Glucagone: ormone di natura proteica prodot-
di popolazione. to dalle cellule alfa delle isole pancreatiche. La
Genetica: disciplina che studia i fenomeni relati- sua secrezione è indotta da una bassa concentra-
vi alla discendenza e cerca di determinare le rego- zione plasmatica di glucosio o dall’ormone del-
le della trasmissione dei caratteri ereditari, della l’accrescimento. Stimola nel fegato la glicogenolisi
variabilità e dell’evoluzione degli esseri viventi. (scissione del glicogeno).
Genoma: materiale genetico di un organismo o Glucocorticoidi: steroidi sintetizzati nella cor-
di una cellula. ticale del surrene. Sono il cortisone, il cortisolo, il
Genotipo: costituzione genetica di un individuo. corticosterone, e l’11-deossicorticosterone.
GH: ormone di natura proteica secreto dall’ipo- Gluconeogenesi: sintesi di carboidrati a parti-
fisi anteriore che stimola l’accrescimento. re da materiale non glucidico come acidi grassi o
aminoacidi.
Ghiandola pituitaria: organo endocrino situato
alla base del cervello e connesso con un peduncolo Glutammato: aminoacido ma anche neurotra-
all’ipotalamo. Il lobo anteriore (adenoipofisi) deri- smettitore sinaptico presente nel sistema nervoso
va dall’epitelio boccale embrionale, mentre il lobo centrale.
posteriore (neuroipofisi) deriva dal diencefalo. Gozzo: anomalo ingrossamento della tiroide
dovuto, solitamente, ad una dieta carente di iodio.
Ghiandole di Brunner: ghiandole esocrine
localizzate nella mucosa intestinale duodenale Granulociti: leucociti che in base alla colora-
secernenti un fluido mucoso alcalino. zione dei granuli del citoplasma si dividono in
eosinofili, basofili e neutrofili.
Ghiandole endocrine: strutture prive di dotto
escretore che secernono un ormone direttamente Guaina mielinica: guaina formata da molti
nel circolo sanguigno. strati della membrana delle cellule di Schwann o
oligodendrociti, avvolti strettamente attorno ad
Ghiandole esocrine: strutture che riversano il
un tratto di assone. Funziona da isolante elettrico
proprio secreto sulla superficie del corpo o in ca-
nella conduzione saltatoria.
vità che comunicano con l’esterno. Esse utilizzano
i dotti escretori per secernere il proprio prodotto. Guanina: base purinica costituente dei nucleoti-
di.
Glossario
DNA formando strutture complesse, i nucleosomi. Lobo occipitale: zona situata all’estremità
posteriore dell’emisfero cerebrale.
Lobo parietale: zona dell’emisfero cerebrale che
L
occupa la parte mediana e superiore, compresa
Lavoro: energia che un organismo (o una cellula) fra il lobo frontale in avanti, occipitale indietro e
deve spendere per contrastare le forze che tendo- temporale in basso.
no a destabilizzare lo stato stazionario in cui si Lobo temporale: lobo dell’emisfero cerebra-
trovan; queste forze possono essere meccaniche, le situato nella zona laterale inferiore, in
elettriche, osmotiche, termiche, ecc. corrispondenza della tempia.
Legame a idrogeno: interazione elettrostati-
ca tra un atomo di idrogeno legato ad un ele-
1288 Glossario
Mutazione genomica: mutazione caratteriz- ni neuroni del SNC e dalle cellule della midollare
zata da un cambiamento del numero dei del surrene.
cromosomi. Nucleo paraventricolare: gruppo di neuroni
Mutazione puntiforme: mutazione causata neurosecretori localizzati nella regione sopraotti-
dalla sostituzione di una coppia di basi con ca dell’ipotalamo che inviano i loro assoni alla
un’altra. neuroipofisi.
Nucleo sopraottico: gruppo di neuroni si-
tuati nell’ipotalamo, sopra il chiasma ottico.
N
Le terminazioni neurosecretrici si trovano nella
NAD+ (nicotinammide adenin dinucleoti- neuroipofisi.
de): cofattore organico associato a numerosi en- Nucleo: organulo presente solo nelle cellule
zimi in grado di catalizzare reazioni cellulari re- eucariotiche contenente l’informazione genetica
dox. Il NAD+ la forma ossidata del cofattore e va (DNA).
incontro ad una reazione reversibile di riduzione Nucleolo: struttura presente all’interno del nu-
per formare NADH cleo cellulare con funzione di sintesi degli RNA
Necrosi: morte cellulare incontrollata, a differen- ribosomiali.
za dell’apoptosi che è, invece, programmata. Nucleotide: monomero costitutivo degli aci-
Nefrone: unità morfologica e funzionale del rene. di nucleici costituito da uno zucchero (ribosio
Nervo: fascio di assoni avvolti da tessuto o deossiribosio), un gruppo fosfato e una base
connettivo. azotata.
Neuriti: processi cellulari che si estendono dal
soma dei neuroni. O
Neuroglia: tessuto ineccitabile con funzione di Oligodendrociti: classe di cellule gliali dotate
sostegno presente nel sistema nervoso. di pochi prolungamenti. Queste cellule avvolgono
Neuroipofisi: struttura di origine nervosa con gli assoni nel sistema nervoso centrale formando
funzione di accumulo per l’ADH (vasopressina) guaine mieliniche.
e l’ossitocina. Comprende il lobo nervoso che ne Omeostasi: attitudine dei viventi a mantenere
costituisce la massa principale ed il peduncolo in equilibrio il proprio stato interno.
nervoso che la connette all’ipotalamo ed attra- Omozigote: individuo che contiene nel suo geno-
verso il quale vengono trasportati i prodotti di tipo due alleli dello stesso tipo per un determinato
neurosecrezione dell’ipotalamo. carattere.
Neurone: cellula eccitabile che costituisce l’unità Operone: elemento genico tipico dei procarioti;
funzionale del sistema nervoso. si tratta di un gruppo di geni adiacenti regolati in
Neuropeptide Y: peptide composto da 36 am- modo coordinato da una proteina (che può fun-
minoacidi colocalizzato con la noradrenalina nei gere da repressore). È formato da un promotore,
gangli simpatici e nelle terminazioni adrenergiche un operatore e uno o più geni che codificano una
che facilita l’azione delle catecolammine sul cuore. proteina.
Neurotrasmettitore: molecola chimica che me- Opsina: parte proteica dei pigmenti visivi;
dia l’interazione tra due neuroni. Viene rilasciato si combina con l’11-cis-retinale a formare un
da una terminazione presinaptica nello spazio si- pigmento visivo.
naptico ed interagisce con specifici recettori posti Organo del Corti: zona della coclea contenente
sul neurone postsinaptico. le cellule cigliate responsabili del senso dell’udito.
Nodi di Ranvier: interruzioni della guaina mie- Organo: insieme di diversi tipi di tessuto
linica situate ad intervalli regolari (circa ogni associati per svolgere specifiche funzioni.
millimetro) lungo un assone. Ormone adrenocorticotropo (o corticotro-
Nodi linfatici: aggregazioni di tessuto linfoi- pina): vedi ACTH.
de nel sistema linfatico che producono linfociti e Ormone antidiuretico (o vasopressina): vedi
filtrano la linfa. ADH.
Biologia
Ormone tireostimolante: ormone prodotto fisiologici sono: aumento della produzione di uri-
dall’adenoipofisi che stimola l’attività secretoria na, aumento dell’escrezione di sodio ed un aumen-
della tiroide. to della vasodilatazione mediata da recettore. Il
Ormone: composto chimico sintetizzato e se- risultato finale dell’azione del PNA è la riduzione
creto nel sangue da un tessuto endocrino che della pressione sanguigna.
influenza l’attività di un tessuto bersaglio. Peristalsi: onda ritmica di contrazione e rilassa-
Ormoni gonadotropi (gonadotropine): or- mento di organi cavi prodotta dalla muscolatura
moni che regolano l’attività delle gonadi. liscia.
Ormoni steroidei: derivati di idrocarburi ciclici Peritoneo: membrana che tappezza le cavità
sintetizzati a partire dal colesterolo. pelvica ed addominale.
Osmolarità: pressione osmotica effettiva. Piastrine: elementi corpuscolati del sangue coin-
Osmoregolazione: mantenimento dell’osmola- volti nei processi di coagulazione. Originano da un
rità dei liquidi interni rispetto all’ambiente elemento detto megacariocita.
circostante. Pigmento fotosintetico: molecola organica in
Osmosi: diffusione dell’acqua attraverso una grado di assorbire fotoni e trasferire per risonanza
membrana semipermeabile in base al suo gradien- tale energia ad altre molecole
te di concentrazione. Piloro: porzione caudale dello stomaco dove que-
Ossicini dell’udito: piccole ossa dell’orecchio st’ultimo si unisce all’intestino tenue (porzione
medio (martello, incudine, staffa) che trasmetto- duodenale).
no le vibrazioni sonore dalla membrana timpanica Placca motrice: nome della giunzione neuromu-
alla finestra ovale. scolare dove l’assone motorio sviluppa sottili ra-
Ossidante: accettore di elettroni. mificazioni terminali a contatto con una struttu-
Ossidazione: una molecola A (riducente) vie- ra specializzata: un sistema di invaginazioni della
ne ossidata quando perde elettroni che vengono membrana postsinaptica della fibra muscolare.
trasferiti ad una molecola accettore B (ossidante) Plasma: parte liquida del sangue, composta prin-
Ossitocina: ormone secreto dalla neuroipofisi. cipalmente da acqua, in cui sono disciolte sostanze
Stimola le contrazioni dell’utero al momento del quali enzimi, ormoni, anticorpi, ioni, glucosio.
parto e la fuoriuscita del latte dalle ghiandole Plasmalemma: vedi membrana plasmatica.
mammarie. Plasmide: molecola di DNA circolare extra-
Osteone: unita morfologica e funzionale dell’osso cromosomica presente in genere nei batteri.
compatto. utilizzato come vettore nelle tecniche di clonaggio
Otolito: particella calcarea situata sulle cellule Plessi coroidei: protuberanze villose altamen-
cigliari negli organi dell’equilibrio. te vascolarizzate che sporgono nei ventricoli
Ovulazione: rilascio dell’uovo dal follicolo cerebrali e che secernono il liquido cerebrospinale.
ovarico. Plesso sottomucoso: plesso nervoso che ha la
funzione di stimolare la motilità intestinale e la
secrezione.
P Pleure: membrane che rivestono la cavità
Pancreas: organo che produce secrezioni esocri- pleurica.
ne come gli enzimi digestivi e secrezioni endocrine Pneumotorace: collasso del polmone dovuto
come gli ormoni insulina e glucagone. ad una perforazione della parete toracica che
Pancreozimina (pancreozima): vedi coleci- raggiunge la cavità pleurica o il polmone.
stochinina. Poliploidia: cellula o un organismo che possiede
Paracrina: via ormonale caratterizzata dalla più della normale serie di cromosomi.
produzione di una sostanza biologicamente attiva Polisaccaride: polimero formato dalla conden-
che passa per diffusione nello spazio extracellula- sazione di monosaccaridi uniti mediante legami
re in prossimità di una cellula, dove comincia una glicosidici.
risposta. Polso pressorio: differenza tra la pressione
Glossario
no le informazioni relative alla posizione ed ai scoli con la morte quando viene a mancare
movimenti del corpo. l’ATP.
Prostaglandine: famiglia di acidi grassi naturali Riproduzione: processo attraverso il quale viene
prodotti da una serie di tessuti che sono capaci di assicurato il perpetuarsi della specie. Può essere
indurre la contrazione dell’utero e di altri muscoli asessuata, quando la discendenza origina per mi-
lisci (come nei capillari sanguigni), di abbassare tosi di un unico genitore, o sessuata, se si verifica
la pressione sanguigna e di modificare l’azione di la fusione di due gameti, ognuno proveniente da
alcuni ormoni. un genitore.
Prostata: ghiandola situata intorno al collo della RNA polimerasi: enzima coinvolto nella
vescica e dell’uretra dei maschi. Contribuisce alla trascrizione; è una RNA polimerasi DNA-
formazione del liquido seminale. dipendente.
1292 Glossario
RNA: acido ribonucleico costituito da nucleotidi secondo rumore cardiaco quando il sangue fluisce
in cui lo zucchero è rappresentato dal ribosio. Può attraverso l’aorta e l’arteria polmonare.
essere suddiviso in diverse categorie con funzioni Splicing: processo di rimozione degli introni dal
diverse: mRNA, rRNA, tRNA. trascritto primario (mRNA immaturo).
rRNA: RNA ribosomiale. Costituisce, insieme a
proteine, i ribosomi.
Rubisco: enzima contenuto nello stroma del clo- T
roplasto. Pu effettuare sia la carbossilazione che Talamo: uno dei principali centri del diencefalo
’ossigenazione del ribulosio 1,5-difosfato (nel rap- che riceve e trasmette sia informazioni sensitive
porto stimato di 3:1) e catalizza la prima tappa che motorie.
del ciclo di Calvin Tecnologia del DNA ricombinante: vedi
ingegneria genetica.
S Telencefalo: centro più grande dell’encefa-
Sacculo: parte dell’apparato vestibolare dell’o- lo, evolutosi dai centri olfattori degli antichi
recchio interno. vertebrati.
Sangue: tessuto connettivo fluido che trasporta Tendine: fascio di tessuto connettivo fibroso ri-
diverse sostanze. È formato da una parte liquida, gido che fissa un muscolo striato allo scheletro, in
il plasma e da elementi corpuscolati (eritrociti, modo che la contrazione del muscolo permetta al
leucociti e piastrine). corpo di muoversi.
Sarcomero: unità morfologica e funzionale del Tensione superficiale: capacità dell’acqua di
muscolo striato. Rappresenta l’unità contrattile formare in superficie una sorta di pellicola
presente in ciascuna miofibrilla. che permette, ad esempio, ad alcuni insetti di
Sarcoplasma: citoplasma di una cellula musco- “camminare sull’acqua”.
lare. Teoria chemiosmotica: formulata da Peter
Schema a Z: schema che riporta tutti i traspor- Mitchell nel 1961, essa descrive la generazione di
tatori di elettroni che prendono parte al flusso un gradiente protonico attraverso una membrana
elettronico, dall’H2 O al NADP+ , sistemati ver- biologica impermeabile agli ioni H+
ticalmente in funzione dei loro potenziali redox Teoria endosimbiontica: ipotesi che riguarda
standard. I componenti che reagiscono gli uni con l’origine dei mitocondri e dei cloroplasti come or-
gli altri sono collegati da frecce, ed in questo mo- ganelli, derivati rispettivamente dall’inglobazione
do lo schema a Z una rappresentazione reale del di una cellula procariote aerobica (precursore del
processo fotosintetico che fornisce informazioni di mitocondrio) e di una cellula procariote autotrofa
tipo termodinamico (precursore del cloroplasto).
Secondo messaggero: termine attribuito al
Termodinamica: insieme di leggi che fornisco-
cAMP, al cGMP, al calcio o ad atro agente re-
no un sistema integrato ed indispensabile per de-
golatore intracellulare che è a sua volta sotto il
scrivere adeguatamente ed in modo quantitativo i
controllo di un primo messaggero extracellulare,
processi biologici da un punto di vista energetico.
come ad esempio un ormone.
Selezione artificiale: manipolazione umana di Tessuti connettivi: gruppo di tessuti accomu-
incroci di piante o di animali che predetermina nati da una stessa derivazione embriologica e dalla
quali individui sopravvivranno e si riprodurranno. presenza di un’abbondante sostanza intercellulare
Selezione naturale: riproduzione differenziale contenente fibre di diversa natura. I tessuti con-
di genotipi. nettivi hanno funzione di riempimento, di soste-
gno, di protezione, ma intervengono anche negli
Sfintere: banda anulare costituita da fibre mu-
scambi nutritizi dei vari tessuti con cui sono a
scolari, capace di chiudere o restringere una
contatto.
apertura.
Siero: frazione del plasma privato del fibrinoge- Tessuto adiposo: varietà di tessuto connettivo
no. con funzioni essenzialmente trofiche e meccaniche.
Glossario
Sinapsi: giunzione tra un neurone (elemento pre- Tessuto epiteliale: riveste la superficie esterna
sinaptico) ed una cellula postsinaptica (cellula o le cavità interne del corpo degli organismi pluri-
nervosa o di altro tipo) per la trasmissione del- cellulari. È costituito da cellule addossate tra loro
l’impulso nervoso. Dalla terminazione presinapti- con scarsa sostanza intercellulare.
ca viene liberato un neurotrasmettitore che si lega Tessuto muscolare: tessuto deputato al movi-
a recettori posti sulla membrana postsinaptica. mento. Può essere di tre tipi: striato (scheletrico),
Sistema linfatico: sistema di vasi a fondo cieco cardiaco, liscio.
che drena il liquido extracellulare fuoriuscito dai Tessuto nervoso: tessuto costituito da cellule
tessuti e lo riporta nella circolazione sanguigna. nervose, i neuroni, e cellule accessorie con funzio-
Sistole: fase del ciclo cardiaco in cui il miocar- ni di sostegno denominate cellule gliali o cellule
dio è in contrazione; si verifica tra il primo ed il della glia.
Biologia 1293
Tessuto osseo: tipo di tessuto connettivo che Uretra: canale attraverso cui l’urina passa dalla
costituisce gli organi fondamentali di sostegno vescica all’esterno del corpo.
dell’organismo e gli organi passivi del movimento. Utricolo: insieme al sacculo rappresenta uno
Tessuto: aggregato di cellule con forma, degli organi dell’equilibrio.
struttura e funzioni simili.
Testosterone: androgeno steroide sintetizzato
V
nel maschio dalle cellule interstiziali del testicolo.
Timina: base pirimidinica costituente dei nucleo- Vantaggio dell’eterozigote (o sovradomi-
tidi. È presente solo nel DNA. nanza): condizione per la quale l’eterozigote ha
Traduzione: conversione della sequenza di nu- una fitness maggiore di entrambi gli omozigoti.
cleotidi presenti nell’RNA messaggero in una Vaso deferente: dotto testicolare che collega
sequenza di amminoacidi. il dotto escretore della vescicola seminale per
Trascrittasi inversa: DNA polimerasi RNA- formare il dotto eiaculatore.
dipendente tipica dei retrovirus. Vena: vaso sanguigno che trasporta il sangue dai
Trascrizione: sintesi di un mRNA a partire da tessuti verso il cuore.
uno stampo costituito da DNA. Ventricoli cerebrali: serie di cavità comuni-
Trasposoni: elementi mobili di DNA, presen- canti e riempite di fluido, all’interno del cer-
ti sia nei procarioti sia negli eucarioti, capaci di vello. Il fluido nei ventricoli si chiama fluido
spostarsi da una parte ad un’altra del genoma. cerebrospinale.
tRNA: RNA di trasferimento o transfer. Il tR- Vertebrati: animali dotati di una colonna
NA lega un aminoacido e lo trasporta al ribosoma vertebrale.
durante la sintesi proteica. Il legame è specifico ed Vettore: molecola di DNA in grado di auto re-
è dettato dall’anticodone presente sul tRNA. plicarsi utilizzata per inserire un DNA estraneo
TSH: vedi ormone tireostimolante. all’interno di una cellula ospite.
Tubuli trasversi (tubuli T): tubuli ramificati Virus: strutture costituite da un acido nucleico e
intercomunicanti delimitati da membrana che so- da proteine considerate al limite tra gli organismi
no in continuità con la superficie della membrana viventi e i non viventi. Sono parassiti endocellulari
e sono in stretto contatto con le cisterne terminali obbligati.
del reticolo sarcoplasmatico. Vitamine: composti organici che funzionano di-
Tubulo contorto distale: parte del tubulo re- rettamente, o opportunamente modificati, come
nale, situata nella zona corticale del rene, che si coenzimi. L’uomo non è in grado di sintetizzarle
origina dal ramo ascendente dell’ansa di Henle e e per questo motivo si dicono composti essenziali.
si continua col dotto collettore.
Tubulo contorto prossimale: parte circonvo-
W
luta del tubulo renale situata nella zona corticale
del rene, che ha origine nel glomerulo e si continua Wild-type: ceppo, organismo, o gene del ti-
con il ramo discendente dell’ansa di Henle. po designato come standard (selvatico), cioè più
comune all’interno di una popolazione.
U
Uracile: base pirimidinica costituente dei nucleo- Z
tidi. È presente solo nell’RNA. Zigote: stadio dell’uovo fecondato precedente
Uretere: canale muscolare che convoglia l’urina alla prima divisione.
dal rene alla vescica. Zuccheri: vedi glicidi.
Biologia