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POPPER

Quando Popper scrive Logica della scoperta scientifica, nei primi anni Trenta, fra le
concezioni filosofiche della scienza che ottengono maggiore consenso vi è quella degli
empiristi logici (cirocolo di Vienna) secondo i quali un'asserzione ha significato
soltanto se la si può verificare. Si parla a tal proposito di principio di verificazione e
di verificazionismo.
Come ben presto si rendono conto alcuni tra gli stessi empiristi logici, il
verificazionismo conduce all'esito paradossale per cui le leggi scientifiche
risulterebbero sprovviste di significato. Le leggi scientifiche, infatti, sono
affermazioni di carattere generale, che riguardano una molteplicità potenzialmente
illimitata di casi: ad esempio, la legge di Newton secondo cui "la forza è uguale al
prodotto della massa per l'accelerazione" non si limita ad affermare che questa
formula vale in una certa circostanza, o in un certo numero limitato di circostanze,
ma afferma che vale in tutte le circostanze (passate, presenti, future e possibili).
Le leggi scientifiche hanno una struttura logica esemplificata da asserzioni generali
come "ogni corvo è nero", con cui non si intende dire che un certo corvo, o un certo
numero limitato di corvi è nero, bensì che tutti i corvi (passati, presenti, futuri e
possibili) sono neri. Procedendo nel solco delle considerazioni avanzate due secoli
prima da David Hume, Popper nota che asserzioni generali di questo tipo non
potranno mai essere esaustivamente verificate, perché la loro verifica richiederebbe
l'osservazione di un numero potenzialmente infinito di casi. Una rigorosa
applicazione del verificazionismo porterebbe dunque a dire che le asserzioni generali,
comprese tutte le leggi della scienza, sono insensate, dal momento che non è
possibile stabilirne la verità. Se poi si pone la sensatezza come condizione necessaria
della scientificità, si deve concludere che queste affermazioni non sono neppure
scientifiche. Eppure la scienza si basa proprio su asserzioni generali. Dati gli
innegabili successi raggiunti dalla ricerca scientifica nel corso dei secoli, la giusta
conclusione da trarre non è, secondo Popper, che le asserzioni scientifiche siano
insensate, bensì che il principio di verificazione non è adeguato né come criterio di
significanza (per distinguere le affermazioni dotate di significato da quelle che non lo
sono) né come criterio di demarcazione (per distinguere le affermazioni scientifiche
da quelle pseudo-scientifiche).
Dopo aver mostrato l'inadeguatezza del principio di verificazione, Popper propone
una concezione alternativa, che possa riuscire là dove il verificazionismo fallisce. Egli
osserva che ciò che caratterizza le asserzioni scientifiche non è la possibilità di
verificarle, bensì la possibilità di falsificarle. Si parla a tal proposito di principio di
falsificazione e di falsificazionismo. Consideriamo ad esempio la legge di Newton
secondo la quale "la forza è uguale al prodotto della massa per l'accelerazione". Per
Popper, questa legge è scientifica non soltanto perché possiamo allestire esperimenti
in cui si misurano la massa e l'accelerazione di un corpo e la forza che gli è applicata,
ma anche perché da questi esperimenti potrebbe risultare che non sempre la forza
corrisponde al prodotto di massa e accelerazione, il che falsificherebbe la legge.
Consideriamo ora l'affermazione secondo cui "le sensazioni di prurito intenso sono
causate da diavoletti dispettosi". Questa affermazione, a differenza della legge di
Newton, non è scientifica dal momento che non è possibile allestire esperimenti che
cerchino di falsificarla esaminando le sensazioni di prurito e le azioni dei diavoletti
dispettosi. Anche immaginando di riuscire a misurare le sensazioni di prurito
intenso, non abbiamo infatti la più pallida idea di come osservare le azioni dei
diavoletti dispettosi. In sintesi, verificare un'asserzione scientifica richiederebbe di
analizzare un numero potenzialmente infinito di casi; per falsificarla, invece, è
sufficiente trovare un solo caso in cui quell'asserzione risulti falsa. Dunque il
principio di falsificazione di Popper, a differenza del principio di verificazione degli
empiristi logici, è un criterio realmente applicabile mediante il quale possiamo
stabilire se una teoria è scientifica oppure no

IL METODO DELLA SCIENZA


Il principio di falsificazione permette a Popper di far luce sul modo in cui la scienza
procede nelle sue scoperte. Non si tratta di raccogliere grandi quantità di dati
assolutamente certi, e di partire da tali dati per formulare le leggi per induzione: per
Popper non è questo il modo in cui gli scienziati giungono a formulare le loro leggi. Il
procedimento della scienza è invece di carattere ipotetico-deduttivo: si fanno delle
ipotesi e se ne deducono delle previsioni, che poi vengono controllate mediante
esperimenti. Se i risultati degli esperimenti non combaciano con le previsioni dedotte
dalle ipotesi, le ipotesi stesse risultano falsificate. Se invece gli esperimenti
corrispondono alle previsioni, allora le ipotesi possono essere considerate una
spiegazione del tipo di fenomeno rappresentato dall'esperimento, nel senso che il
fenomeno risulta deducibile da quelle ipotesi.
A questo modo di procedere Popper si riferisce parlando di un metodo per
congetture e confutazioni, o per «tentativi ed errori» (trial and error): l'ipotesi è una
congettura, da cui si possono ricavare altre congetture in forma di previsioni; queste
sono poi messe alla prova mediante esperimenti, i quali possono portare alla
valorizzazione dell'ipotesi di partenza come spiegazione del fenomeno, ma anche alla
sua confutazione. Le ipotesi sono dunque tentativi che, nel momento del controllo
sperimentale, si possono rivelare fallimentari: in tal caso il tentativo risulta un
errore, rendendo necessaria la correzione o la sostituzione delle ipotesi, per poi
dedurne nuove previsioni e tornare a effettuare nuovi controlli. Popper illustra il
metodo scientifico con l'immagine del secchio e del faro: la ricerca scientifica non
consiste nell'accumulare dati alla cieca, come se fossero sassolini che si raccolgono da
terra per metterli in un secchio. Consiste invece in una selezione mirata di dati in
base alle ipotesi che si intende mettere alla prova: per confrontarsi con i dati occorre
avere già in mente una teoria, che funziona come un faro con cui si illumina il terreno
empirico, in modo da selezionare ciò che esso presenta di davvero rilevante ai fini del
controllo sperimentale della teoria stessa.
Alla base dell'attività scientifica c'è dunque la formulazione di ipotesi. Popper
sostiene che, nel formulare le ipotesi, gli scienziati partono da problemi specifici, che
cercano di risolvere non soltanto tenendo conto dell'osservazione di casi particolari,
ma soprattutto combinando la loro abilità di ragionamento con le loro doti di
immaginazione e creatività. Gli scienziati procedono per tentativi ed errori perché è
la stessa mente umana a procedere per tentativi ed errori (come quando azioniamo il
miscelatore di un rubinetto e tocchiamo l'acqua per ottenere la temperatura
desiderata); la scienza funziona come un faro e non come un secchio perché è la
stessa mente umana a funzionare come un faro non come un secchio: ci muoviamo
nel nostro ambiente raccogliendo non tutte le informazioni che esso ci offre, ma
soltanto quelle rilevanti per i nostri scopi, cioè quelle sulle quali la nostra stessa
mente getta luce in vista dell'azione.
La fase esplorativa e creativa, nel corso della quale gli scienziati si confrontano con
un problema e formulano le loro congetture al fine di risolverlo, è chiamata da
Popper contesto della scoperta. Quando finalmente le congetture sono state
formulate, allora si entra nel contesto della giustificazione, nel quale si cerca di
allestire esperimenti mirati a mettere alla prova le congetture, per saggiame tenuta
secondo il principio di falsificazione. In questa fase, una virtù cruciale per l'attività
scientifica è lo spirito critico, cioè la capacità di diffidare dell'apparente verità di certe
asserzioni o teorie, andando invece in cerca di casi problematici che le possa mettere
in difficoltà. Nel contesto della giustificazione gli esperimenti comportano il ricorso
ad asserzioni base, cioè a enunciati che derivano da osservazioni dirette e da
misurazioni, e sulla cui validità e pertinenza vi è accordo all'interno della comunità
dei ricercatori. Si tratta sostanzialmente di enunciati che descrivono i risultati degli
esperimenti. Pur non essendo trattabili come certezze assolute, le asserzioni-base, in
virtù del consenso che suscitano fra gli scienziati, forniscono un supporto
sufficientemente stabile per l'applicazione del principio di falsificazione da cui
dipende il progresso della scienza. Esse costituiscono infatti il termine di paragone
con cui si confrontano le previsioni ricavate dalle ipotesi: se le previsioni le
contraddicono, allora bisogna riformulare le ipotesi di partenza. Da questo punto di
vista, le asserzioni-base sono analoghe ai protocolli degli empiristi logici, salvo che i
protocolli erano considerati dati di fatto, mentre Popper considera le asserzioni-base
frutto di un accordo. La stabilità delle asserzioni-base non è assoluta: in linea di
principio gli scienziati coinvolti in un esperimento potrebbero tutti sbagliarsi;
pertanto il loro consenso sulle asserzioni-base non comporta necessariamente la
verità e l'oggettività. In tal senso Popper paragona la scienza a un edificio costruito su
palafitte una costruzione le cui fondamenta non poggiano su un «solido strato di
roccia» (affermazioni considerate verità del tutto oggettive e indubitabili), ma su
supporti (le «asserzioni-base») relativamente stabili, perché costituiti dal consenso
fra i ricercatori, che concordano sul modo in cui è stato svolto un certo esperimento e
dunque sono disposti a prendere per vere le asserzioni che ne descrivono i risultati.
Se nel contesto della giustificazione ci si imbatte in un esperimento che smentisce
una certa congettura, allora quella congettura va accantonata, e si pone il problema
di trovarne una nuova che la sostituisca. Se invece i tentativi di falsificazione sono
condotti rigorosamente, ma la congettura sotto esame resiste, allora questa si
candida allo status di tesi scientifica degna di nota.
Popper chiama congetture corroborate quelle ipotesi teoriche che resistono ai
tentativi di falsificazione. Un caso emblematico di congettura corroborata è per
Popper quello della teoria della relatività generale di Einstein, che aveva resistito
all'ingegnoso tentativo del fisico Arthur Eddington (1882-1944) di metterla alla
prova. Nel 1919 Eddington si recò in Africa, nell'arcipelago di São Tomé e Príncipe,
per osservare una certa deviazione della luce durante un'eclissi totale di Sole. La
teoria di Einstein prevedeva quella deviazione, e se la spedizione di Eddington avesse
constatato una deviazione differente, questa osservazione avrebbe falsificato la
teoria. Invece Eddington misurò proprio la deviazione prevista da Einstein, e in
questo modo la teoria della relatività generale risultò corroborata. Per Popper è così
che la scienza procede. Eppure, per quanto corroborata, una congettura scientifica
non sarà mai verificata definitivamente, perché per metterla alla prova si potranno
escogitare esperimenti sempre nuovi, e sempre più ingegnosi. Dire che una
congettura è corroborata significa soltanto dire che fino a questo momento ha
resistito a tutti i tentativi di falsificarla. Dunque l'esperienza non ci potrà mai dire
quali teorie siano definitivamente vere, ma ci può dire soltanto quali teorie sono
definitivamente false, e quali provvisoriamente corroborate.

SCIENZA E PSEUDOSCIENZA

Poiché per Popper le congetture sono scientifiche soltanto se sono falsificabili, le


teorie che non si lasciano controllare mediante il principio di falsificazione restano
escluse dal dominio della scienza. Tuttavia Popper procede con maggiore cautela
rispetto agli empiristi logici. Per questi ultimi il principio di verificazione serviva
anche a distinguere le asserzioni sensate (cioè dotate di significato) da quelle
insensate (cioè prive di significato): le prime potevano entrare nel dominio della
scienza, le seconde erano da confinare nell'ambito delle dottrine non scientifiche
(come la metafisica o la teologia). Per Popper, invece, la distinzione fra scientifico e
non-scientifico non ricalca necessariamente quella tra sensato e insensato: vi sono
asserzioni sensate anche al di fuori della scienza. Questo fa sì che la filosofia e la
metafisica abbiano, nella concezione di Popper, uno spazio d'azione ben più ampio di
quello loro riservato dagli empiristi logici (che tendevano a circoscrivere la filosofia al
campo dell'analisi logica del linguaggio, e a trattare la metafisica come una perdita di
tempo).
Quello che Popper critica duramente sono piuttosto le pseudo-scienze, ossia le
discipline che pretendono di essere scientifiche pur non essendolo. Il tratto distintivo
delle pseudoscienze è la produzione di teorie munite di immunità assoluta al
principio di falsificazione, immunità che dipende soltanto dal fatto che è impossibile
allestire esperimenti che potrebbero falsificarle. Casi emblematici di pseudo-scienze
sono per Popper la psicoanalisi e il marxismo.

La critica alla psicoanalisi


In gioventù, Popper aveva fatto esperienza in prima persona sia del marxismo,
militando nelle associazioni studentesche di sinistra, sia della psicoanalisi, lavorando
come volontario in una clinica diretta da Alfred Adler, eminente collega di Freud. Da
pensatore rigoroso ed esigente, Popper era rimasto deluso da entrambe queste
esperienze, poichè psicanalisi e marxismo si presentavano come scientifiche, ma non
lo erano perché non prestavano il fianco alla falsificazione.
In Congetture e confutazioni, Popper racconta di aver sottoposto ad Adler un caso
clinico che, a suo parere, metteva in difficoltà la teoria psicoanalitica, e di aver
ricevuto come risposta l'affermazione che invece la teoria lo spiegava senza alcun
problema: «Un po' sconcertato - dice Popper - gli chiesi come poteva essere così
sicuro. "A causa della mia esperienza di mille casi simili" egli rispose; al che non
potei trattenermi dal commentare: "E con quest'ultimo, suppongo, la sua esperienza
vanta milleuno casi"».
Popper si scontra con l'evidenza che una teoria psicoanalitica non è falsificabile
perché qualunque sia il caso particolare considerato, la teoria potrà sempre essere
interpretata in modo da diventare compatibile con quel caso. Non esiste, per la
psicoanalisi un esperimento analogo di quello che la spedizione di Eddington aveva
rappresentato per la teoria della relatività di Einstein. Quale che sia l'esito
sperimentale, la teoria psicoanalitica sopravviverà comunque. Sebbene di primo
acchito questo possa sembrare un punto di forza della psicoanalisi, Popper mostra
che si tratta in realtà di un punto di debolezza. La psicoanalisi resiste a qualsiasi
tentativo di falsificarla soltanto in ragione della sua mancanza di scietificità, del suo
essere una pseudo-scienza. Le migliori teorie scientifiche resistono ai tentativi di
falsificazione perché osservazioni ed esperimenti combaciano con le previsioni che
da esse si ricavano. Le teorie psicoanalitiche, invece, resistono ai tentativi di
falsificazione perché non è possibile ricavare da esse previsioni confrontabili con
osservazioni ed esperimenti. La resistenza della psicoanalisi alla falsificazione non
deriva quindi dal suo valore scientifico, ma dal fatto che essa non rispetta le regole
della ricerca scientifica.

La critica al marxismo
Il discorso di Popper sul marxismo è analogo a quello sulla psicoanalisi. La teoria
originaria di Marx comportava un'asserzione in linea di principio falsificabile: la tesi
per cui il crollo totale del capitalismo era imminente. Tuttavia, i marxisti non
ammettono che la teoria di Marx sia stata falsificata neppure di fronte all'evidenza
che, dopo anni e anni, il capitalismo non è ancora crollato; al contrario, essi si
ingegnano per trovarne interpretazioni sempre nuove al fine di salvare la teoria: «Un
marxista non poteva aprire un giornale senza trovarvi in ogni pagina una
testimonianza in grado di confermare la sua interpretazione della storia»
(Congetture e confutazioni).
Il punto, secondo Popper, è che il marxismo, con la sua impostazione storicistica
ereditata dalla filosofia hegeliana, intende la storia dell'umanità come qualcosa che
procede necessariamente verso un fine. Attribuendo ai processi storici una necessità
assoluta, i marxisti non sono disposti a considerare la possibilità che le loro
congetture possano essere smentite dagli avvenimenti. La storia deve procedere
verso il proprio fine, e se ciò che accade sembra puntare in un'altra direzione, non si
tratta di mettere in discussione le congetture, bensì di reinterpretare gli accadimenti
in modo da mostrare che prima o poi il fine della storia sarà comunque raggiunto.
Popper cita come esempio il caso dei marxisti austriaci che nei primi anni Trenta
interpretavano l'ascesa del nazismo come un passo verso il crollo del capitalismo, che
a sua volta avrebbe portato alla definitiva affermazione del comunismo. La
conclusione che egli ne trae è che il rifiuto del principio di falsificazione non soltanto
rende il marxismo una pseudo-scienza, ma porta anche a fraintendimenti
pericolosissimi per il destino della civiltà umana.

LA METAFISICA
Popper ritiene che anche le teorie non-scientifiche possano svolgere un ruolo
importante nel progresso del sapere umano, purché i loro sostenitori non pretendano
di attribuire una scientificità che esse non possiedono. In questa prospettiva, egli
prende le distanze dalla critica radicale degli empiristi logici nei confronti della
metafisica, intesa in senso lato come discorso filosofico non basato su evidenze
empiriche.
In primo luogo, per Popper la metafisica svolge un'azione propulsiva nei confronti
della scienza: seleziona i problemi rilevanti, indicando possibili direzioni di indagine
e invogliando gli scienziati a muoversi lungo quelle direzioni. Ad esempio,
l'atomismo è nato come teoria metafisica nell'antica Grecia e poi, in epoca moderna,
con il progredire delle ricerche degli scienziati e della tecnologia a loro disposizione,
ha assunto lo status di teoria scientifica, ovvero di una teoria controllabile mediante
prove sperimentali. Nulla esclude che teorie che oggi non ci sembrano scientifiche
possano in futuro divenire tali.
In secondo luogo, la metafisica elabora teorie che, pur non essendo empiricamente
controllabili, risultano comunque utili per la loro capacità di risolvere problemi, e
quindi confrontabili l'una con l'altra al fine di trovare quella migliore. Anche una
teoria metafisica può infatti valere come proposta di soluzione di un certo problema,
all'interno di una pratica razionale di problem solving e, in quanto tale, può essere
valutata mediante le stesse domande che usiamo per valutare le teorie scientifiche:
«Risolve essa il problema? Lo risolve meglio di altre teorie? Si è forse limitata a
spostarlo? La soluzione è semplice? E feconda? Contraddice forse altre teorie
filosofiche necessarie alla soluzione di altri problemi?» (Congetture e confutazioni).
Sebbene la falsificazione su base empirica delle teorie metafisiche risulti impossibile
in linea di principio, le pratiche del problem solving, della congettura, della
deduzione e dell'esercizio dello spirito critico possono comunque contribuire a
rendere la metafisica un'attività razionale di tutto rispetto. Pur non essendo
controllabili sperimentalmente, le ipotesi metafisiche devono comunque attenersi al
principio di non-contraddizione, il quale, negando la possibilità che una stessa
asserzione possa essere al tempo stesso vera e falsa, garantisce alla ricerca filosofica
un certo grado di ragionevolezza.

Questo fa sì che Popper critichi severamente le dottrine "dialettiche" ( Hegel, di Marx


e degli esponenti della Scuola di Francoforte), che proprio nella contraddizione
individuano la spinta propulsiva della realtà, della storia e del pensiero. Queste
teorie, infatti, secondo Popper confondono il problema con la soluzione: le apparenti
contraddizioni che si riscontrano all'interno di certi fenomeni sociali o culturali non
vanno intese come sintomi della natura contraddittoria della realtà nel suo
complesso, bensì come nodi problematici che la teoria filosofica deve cercare di
risolvere in maniera non contraddittoria.

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