Professional Documents
Culture Documents
Una Nuova Condivisione Dell'autoritá
Una Nuova Condivisione Dell'autoritá
Nel suo Dialogo con Trifone (II secolo), Anne-Marie Pelletier, studiosa
di ermeneutica e di esegesi biblica
parlando della Chiesa, Giustino osa queste e vincitrice del premio Ratzinger
parole estreme: «Noi che […] ci spogliamo 2014, ha insegnato nell’Università
di Parigi X e all’Institut Catholique;
delle vesti immonde, cioè dei peccati […] attualmente insegna Sacra Scrittura
noi siamo la vera stirpe di sommi sacerdo- ed Ermeneutica biblica allo Studium
della Facoltà Notre-Dame del Se-
ti di Dio». Ecco qui una verità emine-nte, minario di Parigi. È autrice, fra l’al-
tro, di La Bibbia e l’Occidente (1999),
che dice in maniera grandiosa e inclusiva Il cristianesimo e le donne (2001),
l’identità della Chiesa. Una verità che non- Creati maschio e femmina (2010).
L’articolo che qui pubblichiamo è
dimeno è andata perduta per molto tempo. apparso sulla rivista «Études» nel
giugno 2019 ed è l’estratto di una
Una verità che il nostro secolo ha tuttavia più ampia conferenza tenuta al
ritrovato, specialmente con l’ecclesiologia Collège des Bernardins di Parigi.
na, ma che il tempo presente rende più urgente che mai ascoltarla e
onorarla.
Conosciamo infatti gli scombussolamenti della congiuntura attuale,
l’enorme bufera del peccato scoperto in seno all’istituzione ecclesiale.
Impossibile sottrarsi ad alcune domande radicali, affrontate soprattut-
to dal vertice sugli abusi sessuali che ha riunito a Roma, nel febbraio
2019, i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo. Impossibile
sfuggire a un doloroso stupore: come può la Chiesa, «esperta in uma-
nità», come dichiarava la Populorum progressio nel 1967, ritrovarsi a
coprire perversioni che feriscono l’umanità a tal punto? Quale modali-
90
91
Ritrovare
il senso del sacerdozio battesimale
Ecco qualcosa che ci mette sulla giusta strada per apprezzare il ritorno
di memoria profonda – quella della tradizione dei primi secoli – at-
testato per bocca dei padri del Vaticano II e dell’odierno magistero.
È infatti di una vecchia novità ritrovata che noi parliamo, ossia del
sacerdozio dei battezzati che torna a imporsi nell’ecclesiologia. Certo,
la conoscenza della Chiesa, corpo di Cristo, che il XII secolo iniziò a
qualificare come “mistico”, è sempre sussistita sotterraneamente. Ma
ci sarebbe voluto del tempo prima che, con Johann Adam Möhler e
John Henry Newman, il premere di un’ecclesiologia di comunione
cominciasse a scuotere le rigidità della teologia “classica” del trattato
De Ecclesia. Nella sua Meditazione sulla Chiesa (1953), padre Henri
de Lubac può a buon diritto appellarsi alla più alta tradizione per
ricordare che ogni cristiano partecipa dell’unico sacerdozio di Cristo.
Aggiungendo che i poteri gerarchici non ne vengono per questo smi-
nuiti, ma si esplicitano come “compiti” (munera) affidati ad alcuni,
Anne-Marie Pelletier
92
93
laici semplicemente per difetto suona un po’ strana («si intende qui
l’insieme dei cristiani a esclusione dei membri dell’ordine sacro e del-
lo stato religioso…»). Su questo punto, e senza potere, in questa sede,
fare di più che menzionare il problema, sottolineiamo quanto sarebbe
necessario riaprire il dibattito sul binomio chierici-laici e sulla maniera
corrente di ricalcarlo sulla distinzione tra spirituale e temporale. Biso-
gnerebbe assolutamente riprendere, a questo proposito, la domanda
formulata da Hans Urs von Balthasar in un articolo del 1979: «Vi sono
laici nella Chiesa?».
94
Comunque sia, c’è ancora del lavoro da fare, oggi, perché la giusta
articolazione tra le due figure venga riconosciuta, messa in pratica e
anche solo semplicemente insegnata (molti cristiani ignorano tutto del
loro sacerdozio battesimale, quando invece possono esercitare dei veri
ministeri battesimali!). Come pure c’è del lavoro da fare perché ven-
ga messa sul tavolo la questione di cosa competa, istituzionalmente,
ai battezzati nell’annuncio del Vangelo e nel governo della Chiesa.
Ricordiamo infine che è lungi dall’essere un dato acquisito che, nella
vita attuale delle comunità cristiane, il sacerdozio ministeriale appaia
leggibilmente inscritto nell’insieme della grazia battesimale. Il richia-
mo di papa Francesco, che siamo dei battezzati ben prima di essere
sacerdoti o connotati da qualsiasi vocazione specifica, prova che que-
sta realtà rimane ancora programmatica.
Seconda osservazione, anche questa formulata sotto l’ispirazione
del papa con l’intento di rimediare alle derive del clericalismo: ci sa-
rebbe molto da fare perché la Chiesa viva oggi a pieni polmoni, come
una comunità di donne quanto di uomini. Quella, infatti, che è spesso
detta “questione femminile” è invece, in realtà, una “questione eccle-
siale”. In particolare, le disposizioni della lettera apostolica Ordinatio
sacerdotalis (2 maggio 1994) che conosciamo, sul non-accesso delle
donne all’ordinazione presbiterale, devono o dovrebbero mettere al
centro della nostra riflessione l’articolazione tra le due figure di sacer-
dozio. Siamo chiari: nella nostra congiuntura culturale e sociale, ci è
inderogabilmente richiesto di pensare radicalmente questa disposizio-
ne della non-ordinazione – andando, beninteso, alla radice dell’iden-
tità battesimale. Ciò non può non farci mettere in questione una teo-
logia che, più o meno esplicitamente, pensa il sacerdozio ministeriale
come una classe superiore a quella del battesimo. Riconosciamolo:
certe elevazioni spirituali del Grande Secolo (il Seicento), che esaltano
il sacerdote come portatore di una grazia insuperabile, possono sol-
tanto umiliare in modo irrimediabile le donne cristiane, consacrate o
non. È peraltro sorprendente come questa teologia non si renda conto
che, ragionando in quel modo, può finire per suscitare nelle donne il
SPIRITUALITÀ
95
Il
sacerdozio dei presbiteri oggi
Tanto Lumen gentium come Presbyterorum ordinis affermano con in-
sistenza che il sacerdozio ministeriale trova la sua qualifica fondamen-
tale come servizio della santità dell’insieme del corpo ecclesiale, ser-
vizio del «santo popolo dei fedeli di Dio», come dice papa Francesco
nella Lettera al card. Marc Ouellet (19 marzo 2016). In altri termini, la
piena e prima identità del sacerdozio ministeriale è quella di un munus
(compito), che le equivoche superiorità che possono contaminare la
tematica della potestas (potenza) non devono mai eclissare.
Nondimeno questa bella realtà del servizio va incessantemente sot-
Anne-Marie Pelletier
96
si di una certa enfasi, ossia caricando la parola “ostia” del realismo as-
sai concretamente carnale del Vangelo, quello di Gesù, Figlio di Dio,
«dall’aspetto riconosciuto come uomo» (Fil 2,7), iscritto nei registri
del censimento di Cesare Augusto, confuso tra la folla che si presenta
al battesimo di Giovanni, e che «passò beneficando e risanando tutti»
(At 10,38), che frequentava gli infrequentabili, dedito alla rivelazione
della misericordia del Padre esponendosi, fino alla morte, al disprezzo
dei pii osservanti e delle persone perbene.
Padre Gustave Martelet invitava, tempo fa, a conoscere il ministero
presbiterale come «effetto dell’umiltà del Signore», come «istituzione
stessa di tale umiltà», nel senso che Cristo, in questo tempo presente
in cui si sottrae ai nostri sensi, si dà nella presenza suppletiva di uomini
che egli chiama a essere suoi intendenti. La sua analisi sottolinea con
forza il carattere determinante, insostituibile, di questa intendenza –
senza cui la vita della Chiesa collassa e si perde – e che consiste nel
decentrare da sé stessa la comunità dei credenti e nel ricentrarla sacra-
mentalmente su Cristo, sorgente e risorsa di vita. Ma invita anche ogni
sacerdote a dire: «Io non sono Cristo eppure lui è qui», aggiungendo:
«Questo dovrebbe essere, modellato sul Battista, il presente continuo
del ministero del prete e il programma portante del suo comporta-
mento». Così prende forma la figura di un ministero che è totale con-
segna di sé a servizio della santità dell’altro, che – ci ricorda con vigore
l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate (19 marzo 2018) – è l’o-
rizzonte non facoltativo di ogni vita rinata dal battesimo (una santità
che consiste, in qualsiasi stato e anche nelle condizioni più modeste,
nel dedicarsi al bene dell’altro…). Se si assume questa visione, la ve-
rità del sacerdozio ministeriale potrebbe finalmente trovarsi di fronte
al sacerdozio battesimale in quella disposizione di Giovanni Battista
quando dichiara: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,30).
Posizione radicale, certo, ma la prova e la grazia del tempo presente
non sono precisamente quelle di attirarci nella radicalità? Di attirarvi
tutti e tutte coloro che entrano nella sequela Christi. Riportate al mini-
stero presbiterale, questa prova e questa grazia potrebbero consistere
SPIRITUALITÀ
97
98
mensione non dovrebbe far ignorare che tutti – fedeli e pastori – sono
prima di tutto uditori della Parola, la quale afferra gli uni e gli altri per
farli passare dai loro pensieri a quelli di Dio, prima di riunirli nell’azio-
ne di grazie del rito eucaristico. Così, colui che ha la responsabilità del-
la predicazione dovrebbe esprimersi come un “noi”, accompagnando
99
100