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FRIEDRICH WILHELM JOSEPH SCHELLING Scritti sulla filosofia, la religione, la liberta A cura di Luigi Pareyson MURSIA INTRODUZIONE Gli scritti schellinghiani raccolti in questo volume hanno un carat- tere diversissimo: Filosofia e teligione fu pubblicato come risposta alle os- servazioni d'un critico, ed @ dunque uno scritto d’occasione; le Ricerche filosofiche sull’essenza della liberta umana sono anch’esse un libro edito, ma non uno scritto d’occasione, ché anzi Schelling vi attribuiva tanta importanza da inserirle nel primo volume dei suoi Scritti filosofici, rimasto poi senza seguito, sino alla grande edizione postuma a cura del figlio; le Lezioni di Stoccarda sono i rapidi appunti inediti d'un corso tenuto in una dimora privata, per una ristrettissima cerchia di amici, e contengono svi- luppi ampi e corposi alternati a cenni schematici e scarni; le cosiddette Conferenze di Erlangen sono probabilmente la stesura «in forma», ri- masta inedita, delle prime lezioni d’un corso universitario. Inoltre questi scritti non sono contemporanei, ma si scalano in un tempo piuttosto lungo, nel corso di ben diciassette anni: Filosofia e re- ligione 2 del 1804, e quindi appartiene agli anni culminanti dell’insegna- mento a Wiirzburg, ciod agli anni ruggenti della « filosofia dell'identita », quando Schelling appariva come il dominatore incontrastato della filoso- fia tedesca, passati i trionfi di Fichte e non ancora evidente il nuovo astro di Hegel; le Ricerche, del 1809, rappresentano il frutto del primo con- tatto di Schelling con la cultura monachese, e sono senza dubbio lo scritto compiuto pitt impegnativo del primo soggiorno di Schelling a Monaco, dal 1806 al 1820; le Lezioni di Stoccarda, del 1810, sono la prima siste- mazione d’un nuovo corso di pensiero, e il frutto d'un intenso e appartato raccoglimento per uscire dalla disperazione per la morte improvvisa della moglie Carolina; le Conferenze di Erlangen, che si possono situare nel gennaio del 1821, sono il risultato dell’'ambito ritorno all’insegnamento universitario, dopo ben tre lustri passati negli agi d’una sinecura, senza la viva stimolazione d’una cattedra. Tuttavia questi scritti, malgrado la diversita del loro carattere ¢ la differenza cronologica che li divide, sono imparentati da una profonda attivita e legati fra loro da un filo che li tiene uniti in una progressione continua, Due di questi saggi sono gid noti al pubblico italiano, che ba avuto a sua disposizione le Ricerche a due riprese (una prima volta nella 5 ee [ traduzione di Michele Losacco, nella famosa cafjana «La cultura del- i Vanima» di Carabbe, ¢ una seconda volta nella versione di Susanna Drago Del Boca, benemerita degli studi schellingbiani; ma da molti anni ‘queste edizioni non circolano pid, ea mala pena si trovano in antiquaria- to), ¢ che dispone d’una traduzione delle Lezioni di Stoccarda, inserita - tattavia in una raccolta come quella di Giulio Preti, di cui non appare ben chiaro il criterio della scelta e della riunione di scritti diversissimi fra Toro; mentre gli altri due, Filosofia e religione ¢ le Conferenze di Er- sono per it pubblico italiano un'assoluta novitd. anche la tipresentazione degli scritti gid noti acquista il suo si- ‘nella continuitd cronologica e speculativa che il presente ; cerca di mettere in evidenza, e che consiste nell’unita Ht meditazione che sta tra la « flosofia dell’identitd » pro- Weraburg ¢ Ia « flosofia positiva » delle prestigiose cattedre ¢-di Berlino. Si tratta di quella che si potrebbe chiamare una della liberta », i cui primi spunti compaiono in un saggio ancora ¢ improntato alla filosofia dell'identita come Filosofia e reli- ‘cui ispirazione s’impone in tutta la sua traboccante pienerza € alto squillo di tromba nelle Ricerche; i cui tratti sistematici si and con adeguata completezza nelle Lezioni di Stoccarda; e il cui -e intenso riepilogo, quale appare nella trasfigurazione offertane dalle di Erlangen, si apre gid al « grande empirismo » e all’ampio @ ze della filosofia positive. La grande opera di questo period avrebbe © dovuto essere il libro, pis volte annunciato ma mai pubblicato, su Le eta del 1, di cui ci restano soltanto i documenti della prima parte, la sola affrontata da Schelling, riguardante Il passato, in una serie di ver- sion’ inedite distribuite fra il 1811 e il 1815, e che qui non si riportano sia perché, per la loro mole, meriterebbero una pubblicazione a parte, sia perché il disegno sistematico in cui si presentano, in parte per la com- plessita del progetto, in parte per Vincompletezza dell’esecutione, non agevola uno sguardo d’insieme sull’intero periodo. Filosofia e religione ba il duplice scopo di mettere un punto alla cortese polemica con Eschenmayer e di continuare il Bruno del 1802. La continuazione del Bruno era prevista in una serie di dialoghi, ma Schelling, pur servendosi dei materiali raccolti a questo scopo, abbandona la forma dialogica sotto Vassillo di dover rispondere a Eschenmayer che, prima in lettere private, e poi nel fortunato saggio La filosofia nel suo passaggio alla non-ilosofia, mette in luce le dificolta della filosofia dell'identite, e 6 INTRODUZIONE, in particolare sollecita Schelling « una rigorosa definiziore dei rapporti fra assoluto e finito da un lato e fra religione e filosofia dall’altro. La risposta di Schelling consiste per un verso nell’adozione del concetto o del mito della caduta, e per Valtro verso in una trattazione esplicita della religione, in un contesto a cui non @ estraneo V'influsso dei Discorsi di Schleiermacher e la generale reviviscenza religiosa del romanticismo. Non si tratta di novita assolute, perché il concetto di caduta, oltre ad essere ‘gid accennato nel Bruno, inerisce a quel platonismo che Schelling ha sem- pre visto con favore, ¢ la religione @ sempre stata oggetto non ultimo del- Ia meditazione schellinghiana, malgrado il razionalismo giovanile e la pas- Seggera parentesi irreligiosa del Widerporst. Quel ch’? nuovo 2 la tema- tizzazione esplicita di questi concetti, la quale, gia di per sé significativa d'un nuovo atteggiamento speculativo, non tarderd a subire tali appro- fondimenti da sovvertire completamente la filosofia dell’identita e da ri- chiedere una concezione del tutto diversa. A un primo sguardo Filosofia ¢ religione ¢ una nuova espressione di quella filosofia dell'identita che, delineata nell’incompiuta Esposizione del mio sistema di filosofia del 1801, attraverso le splendide e artistiche presentazioni del Bruno e degli Aforismi sulla filosofia della natura ¢ i vigorosi scorci delle Lezioni sul metodo degli studi accademici, trova la sua esposizione pitt completa nel postumo Sistema dell'intera filosofia, ¢ in quella Filosofia dell'arte che copre quest’intero arco di tempo, dagli ul- timi anni di Jena a tutto il periodo di Wiirzburg. La caratteristica del si- stema dell'identitd consiste nell'insediarsi direttamente nel cuore dell’as- soluto, per coglierlo nella sua indifferenza a monte’ delle distinzioni e divisioni e per contemplarlo nella sua perfetta e conchiusa unitotalitd, st che il problema non é tanto quello di trovare W’unita degli opposti, ma Piuttosto quello assai pit arduo di derivare l’opposizione dall’unita. Questa impostazione porta inevitabilmente con sé un indebolimento delt'idealismo trascendentale e per contraccolpo una riaffermazione della filosofia della natura: da un lato la filosofia acquista un carattere pi « oggettivistico », nel senso che si preoccupa non tanto del punto di vista trascendentale o d'un discorso dialettico di sintesi degli opposti, quanto piuttosto di mettere in luce l'unitotalita e quindi di mostrare V'autorive- lazione deWassoluto; dall’altro il sistema si sviluppa soprattutto nella ‘sua parte reale, dispiegando abbondantemente la filosofia della natura, e riducendo al minimo la parte ideale, che pure é richiesta dal sistema stes- so, col risultato che la filosofia dello spirito @ sostanzialmente trascurata. Nel Sistema dell'intera filosofia de! 1804 la parte relativa al mondo reale 7 INTRODUZIONE, e.alle-sue potenze ba uno sviluppo incomparabilmente maggiore che la parte relative alle potenze del mondo ideale, che sono il sapere, l'agire € Parte, trattate in modo estremamente schematico e sbrigativo; ed é molto significativo che delle tre potenze ideali Schelling dia una speciale e ampia trattazione soltanto all’arte, perché fra le potenze ideali essa é l'unica che ‘abbia un divetto ed evidente legame con la corrispondente potenza reale, ch’e Vorganismo, cioe il prodotto della natura. Viene dunque ad acquistare un particolare significato il fatto che Filosofia € religione afronti esplicitamente e tematicamente il problema della religione, che appartiene con evidenza alla parte ideale del sistema. Cid contravviene alla preponderanza che per coerente necessita d’impo- stazione la filosofia dell’identitd conferisce alla parte reale del sistema, e in tal senso pone le basi per una profonda trasformazione dell’intera filosofia. Non ba pitt senso allora chiedersi se Filosofia e religione non sia che'la continuazione della parte ideale del sistema o sia piuttosto Vinizio @una nuova era: proprio perché vuol continuare il sistema, ampliandone la parte costituzionalmente pid povera, dé V'avvio a un nuovo corso di pensiero che meter in crisi il sistema stesso e lo sottoporré a un pro- fondo mutamento. Inoltre la grande dificolta in cui si trova questa filosofia ¢ Vim- possibilita di derivare Vopposizione dall’identita, la distinzione dall’in- differenza, la molteplicita dall’'unitd, tanto pitt che Schelling continua risolutamente ad affermare il principio ch’e uno dei capisaldi del suo pen- siero: dall’assoluto al finito non c’é passaggio. Ne deriva la conseguenza che se il finito non 2 gid nell’assoluto non pud poi esserne dedotto; donde Ja teoria schellinghiana d’una presenza del finito nell’assoluto: nell’asso- luto 2 gid presente il finito, ma non nella limitatezza e imperfezione del- Vesistenza, bensi in una forma in certo modo infinita. Si spiegano cost li esiti incerti di questa impostazione: anzitutto V'oscillazione del sistema dell'identita fra una considerazione del finito visto nella miseria della sua limitatezza e nella vanita della sua esistenza e una visione del finito come rivelazione dell’assoluto e incarnazione dell’idea; e, inoltre, il mero spo- stamento della dificolta, la quale rinasce inevitabilmente come problema del passaggio dal finito quale esiste infinitamente nell’assoluto al finito quale esiste realmente nel mondo della limitatezza e della temporalita. Ora Filosofia religione ribadisce con particolare insistenza il prin- cipio che dall’assoluto al finito non c’2 passaggio; anzi tra V'assoluto € il finito c’e addirittura un abisso, perché se quello 2 Pessere questo é il nulla: il finito, nella sua reale esistenza, @ ombra, non essere, irrealtd, INTRODUZIONE anti tenebra, negativita, nullitd. Percid, negato il passaggio dall’essoluto al finito, per spiegare Vesistenza del finito non si pud ricorrere se non a ‘un «salto » (Sprung), anzi, data la nullita e la miseria del finito, a una « ca- duta » (Abfall), a una decadenza, a un allontanamento, che dovrebbe tut- tavia giustificarsi come fondamento ultimo di tale esistenza, e quindi es- sere a sua volta per un verso eterna e intemporale, e per I'altro inespli- cabile e a suo modo assoluta. La teoria della cadutd, nucleo centrale di Filosofia e religione, getta un'ombra pessimistica sul sostanziale ottimismo della filosofia dell’identita, tutta imperniata nella contemplazione del- Vunitotalita vista nella sua perferione tompiuta, Anche su questo punto, dunque, Filosofia ¢ religione, proprio per spiegare una difficolta del si- stema dell’identita, vi porta un elemento discordante che non tardera a incrinarlo: proprio per compierlo, lo distrugge. La tematizzazione della religione e della caduta; quale compare in Filosofia e religione, @ dunque per un verso la risposta a richieste intrin- seche del sistema dell’identita, e per V'altro verso la fessura per cui s'in- sinua nel sistema il pungolo d’una profonda anzi radicale trasformazione. Gia sin da ora i due concetti son trattati in modo che ne risultano i li- neamenti d’una concetione della storia che in verita ba'assai poco a che fare con lo spirito generale della filosofia dell’identita. Anzitutto con originale e ardita interpretazione Schelling stabilisce ‘un nesso inseparabile fra la caduta e Uegoita, si che la filosofia di Ficbte vien considerata come una specialissima forma di nichilismo, che fornisce neli’io il principio del non essere e della negativita, il « principio univer- sale della finitezza», « il punto del massimo allontanamento da Dio ». Infatti Vegoita é ato di se stessa, agire che non 2 nulla fuori da questo ‘suo agire, attivita ch’e soltanto per se stessa, non in se stessa: «non ci potrebbe essere formulazione pit precisa del fondamento dell’intera fini- texza come qualcosa che non si trova nell’assoluto, ma soltanto in se stesso ». In tal modo it concetto di caduta, tolto inizialmente al pensiero di Platone, vien connesso con la filosofia pisi recente, ch’é quella di Fichte, ¢ d'alira parte la polemica antifichtiana di Schelling si spinge tant’oltre da vedere nel fichtismo, nell'atto stesso che in qualche modo lo spiega € Padotta, addirittura un’ispirazione nullistica: «Vimportanza d’una filoso- fia che assume come principio, sia pure inconsapevolmente, il principio del peccato originale, espresso nella sua massima universalita, non pud mai essere abbastanza apprezzata ». Inoltre, come la caduta platonica 2 ricondotta alla filosofia fichtiana, cosi accade nella religione, nella quale un filo collega il moderno cristianesimso al paganesimo antico, nel comune 9 INTRODUZIONE, concetto d’una religione misterica e puramente spirituale. Lienorme di- vario fra le due religioni deriva dall’errore di riferirsi soltanto all’aspetto pubblico del paganesimo: se si fosse tenuto conto della religione dei mi- steri, sarebbe stata evidente la comune natura spirituale delle due reli- gioni, e si sarebbe visto che « il cristianesimo 2 sorto dal paganesimo solo in quanto ba reso pubblici i misteri». Ora lo scopo di questa religione puramente spirituale 2 di « giungere alla riconciliazione dopo la caduta dall’assoluto e di trasformare in positivo il rapporto negativo del finito ad esso ». I due temi della parte innovatrice di Filosofia e religione, cio? it Principio della caduta ¢ il concetto di religione, convergono dunque in una filosofia cristiana della storia, che ha come scopo il risollevamento dalla caduta e la trasformazione dei rapporti tra il finito e Vassoluto de negativi in positivi: «il grande scopo dell’universo e della sua storia 2 unicamente la completa conciliazione nell’assolutezza e il dissolversi nuo- vamente in essa». Il punto del massimo allontanamento da Dio, cio? le caduta, la finitexza, Vegoita, 2 a sua volta il momento del ritorno all’as- soluto e della riammissione nell'ideale, 2 il punto di partenza del cammino della redenzione e della rivelazione. L'egoita 2 it principio del nulla, mad anche «it punto in cui nel mondo caduto si riproduce nuovamente il mondo originario », il punto in cui, attraverso la filosofia, arte e la m ralitd, le idee s'incarnano nella temporalita. It pessimismo della caduta si sfuma nell’ottimismo della storia, che si libra sotto V'insegna della felix culpa: «essendo scopo finale della storia la redenzione della caduta, an- che la caduta pud esser vista da un lato positivo », in modo tale ch’essa. stessa « diventa il mezzo della compiuta rivelazione divina». Alla fine riprende dunque il sopravvento la filosofia dell’identita; intanto ri- mane il fatto che Schelling sin dal 1804, riprendendo motivi che gid aveva avuto occasione d’incontrare nel pensiero altrui e di accennare qua ¢ la per conto proprio e orchestrandoli in un contesto ben pik pregnante significativo, ha scritto parole decisive su quel messo tra filosofia della storia ¢ filosofia della religione, tra cristianesimo ¢ storicismo, che da @- Jora caratterizza le grandi concezioni della filosofia classica tedesca e delle Sue propaggini: « La storia 2 un'epopea composta nello spirito di Dio; sue parti principali sono due: la prima descrive Puscita dell’umanita dal: suo centro sino al massimo allontanamento, la seconda il ritorno. La prima 2 per cost dire I’Iliade, la seconda VOdissea della storia. In tal modo nella: storia si esprime il grande disegno dell’intere vicenda universale. Era ne cessario che le idee, gli spiriti cadessero dal loro centro, e che nella na INTRODUZIONE tura, sfera universale della caduta, entrassero nella particolarita, perché jpotessero poi tornare come individui nellindifferenza, e, riconciliati, per- ‘manere in essa senza turbarla » La continuitd tra Filosofia ¢ religione ¢ le Ricerche, se non fosse -esplicitamente attestata dallo stesso Schelling nella prefazione a queste ultime, sarebbe abbastanza evidente di per sé. Per un verso la struttura del sistema pare ancora quella dell'identita, tant’ vero che una parte cospicua del saggio @ dedicata a una precisazione, del resto molto densa pregnante, sul significato del panteismo, e la preoccupazione & pur sem- pre quella di asserire Videntita degli opposti nell’assoluto. Per Ualtro verso gi elementi che sembrano costituire la novita maggiore delle Ricerche si trovano gia, sia pure appena accennati o gid germinalmente teorizzati, in Filosofia ¢ religione. Cosi la problematica della liberta e del male fa la sua comparsa proprio in Filosofia e religione, ove da un lato la liberta imvocata tanto a proposito della caduta quanto a proposito det risolleva- mento, in stretta unione col principio dell’egoita e in sottile dialettica con Ja necesita, e dall’altro lato il problema del male prende Vaspetto, sia pure unilaterale, di quella colpa e di quella pena che sono rispettivamente “Ya stessa caduta e la stessa finitexza. Cosi la dottrina dei due principi, vi- gorosamente teorizzata nelle Ricerche, & gid ipoteticamente prospettata in Filosofia e religione, sie per escludere che l’assoluto, principio buono, possa produrre positivamente il finito, e che accanto ad esso 0 sotto di esto possa sussistere un principio di per sé cattivo, sia per negare che © si possa «conoscere il principio buono senza quello cattivo ». Cost an- “‘cora la sostituzione della filosofia della storia alla filosofa della natura, “‘ormai evidente e completa nelle Ricerche, ¢ gid accennata in Filosofia e ‘sreligione, ove si profila anche quel tema della redenzione che sard d'ora in “poi dominante nel pensiero schellinghiano. Cosi infine lo stesso pessimismo del male e dell'angoscia, svolto con tanta drammatica consapevolezza nelle Ricerche, s’era gid in fondo delineato nel concetto della caduta, che po- eva addirittura il male alla radice dell'esistenza, salvo poi a vanificare “questo pessimismo in una recuperata contemplazione del finale dissolvi- mento del finito nell'assoluto “Ma nonostante questa innegabile continuita il clima delle Ricerche © & mutato, ¢ lo sfondo é tutt'altra cosa. E vero che il programma si pre- ‘genta come quello di sviluppare finalmente quella parte ideale del sistema the ‘non ha ancora ottenuto un adeguato svolgimento; ma 2 anche vero the sotto questa impresa quel germe di dissoluzione che il sistema del- 11 INTRODUZIONE Videntita reca in se stesso porta a termine la propria opera. Ormai la fi- losofia dell'identita ba lasciato definitivamente il posto alla flosofia della liberta. Se il passaggio 2 stato rapido e ha persino acquistato l'aspetto una crisi, cid @ dovuto senza dubbio allo stimolo di nuove circostanze e di nuove esperienze, massime fra le quali il contatto con la cultura monachese, a partire dal 1806. Grande cataliztatore é stato il contatto con Franz von Baader, la cui originalissima personalita, con Vimpeto d’una conversazione in continua effervescenza e lo slancio d’una mente vulca- nica, gli ha fornito Voccasione di ripiegarsi su di sé per rinnovare il suo pensiero alla fonte della propria interna vitalita speculativa, e di rin. verdire antichi interessi o antiche esperienze, rimastegli sino allora in fondo alla mente senza produttivi svituppi, come la conoscenza di Bochme, gid frequentato in passato, e soprattutto una rimeditazione di Oetinger,. il genio tutelare della sua patria sveva. Sono queste nuove esperienze che lo inducono a mettere decisamente in primo piano, al posto della natura Puomo con i suoi problemi, 1a liberta e il male, la moralita e la religione,: il rapporto con Dio, e che conferiscono una patina teosofica al suo pen-. siero, senza che quest’ultimo perda la propria lucidita, perché Schelling &: un pensatore del giorno anche se non ignora la notte, ama la chiarezza ¢. rifugge dalle fumositd della Schwirmetei, ¢ non tarderd a far sparire i. lati tenebrosi di questa fase di pensiero, decantandoli nella criticita d’una: meditazione vigilissima, anche se lanciata su sconfinate prospettive mete fisiche e su abissali profondita originarie. La novitd del tono e dell'atmosfera di quest'opera 2 tale che to stesso Schelling, in eta pit tarda, Vavrebbe considerata come Vinizio della sua ultima: filosofia. Egli non rinnega né smentisce esplicitamente la filo: sofia dell'identita, ma col programma di continuarla e svilupparla finisce® col disgregarla completamente e rinnovarla dalle fondamenta; si ch’d at. sai pitt vero asserire che cid che sembra uno sviluppo in realtd 2 una svolta,. piuttosto che non sostenere che quel che sembra una crisi 2 in realta una continuazione. In primo Iuogo, Schelling sostiene ¢ difende quel tanto di pant © panenteismo che inerisce necessariamente alla filosofia delWidentita; ormai @ lontanissimo non solo da quel panteismo naturalistico di stam goethiano in cui culminava la filosofia della natura, cio? dalla concezione: d’un cosmo divino o d'un Dio tangibile, d'un Deus sive natura vit in herbis et lapidibus, ma anche da quello specialissimo panenteisma poneva capo la filosofia dell’identita, consistente in una strettissima separabile unione di universale e particolare, infinito e finito, 12 INTRODUZIONE, ‘oggetto, ideale e reale, cementata dalla famosa Einbildung o Einsbildung, informazione 0 uni-formazione, chiave di volta di tal flosofia. E vero, in ‘un certo senso, che Dio 2 tutto, ma non 2 vero che tutto sia Dio, con una totale identificazione di Dio con le cose, che porterebbe a un tal feticismo che nemmeno il monismo di Spinoza intendeva ammettere, giacché il ‘quo intento non era certo di confondere Dio con le cose; ed 2 vero, in un ‘certo senso, che le cose sono in Dio, ma cid non significa né che il finito 2 nulla, né ch'esso si annulla e dissolve in Dio con pieno fatalismo, ché se Gd determinismo 2 1a conclusione finale di Spinoza, cid non 2 a causa det ‘suo panenteismo, ma perché egli concepisce Dio come sostanta, ciod come “gosa a sua volta, essere inerte e senza vita. La difesa schellinghiana del panteismo e del panenteismo sin da ora é condotta in modo da por capo ‘dita trascendenza, anzi alla personalita di Dio: « Dio pud rivelarsi soltanto in cid ch'0 simile a lui, in esseri liberi e agenti per se stessi»; il che “implica certamente il concetto di creazione, cio’ per un verso la distin- gone del creato, dal creatore, e per Valtro verso la libertad e volonta d Dio. Alla prospettiva del panteismo vero e proprio si sostituisce allora quella dei rapporti fra uoro e Dio, il che significa che alla serena con- emplazione d’un'inalterabile pace metafisica si sostituisce la visione tu- ituosa d’una relazione tragica qual & quella fra la liberta divina ela 1a umana: relazione cosi drammatica da poter portare al conftitto ‘della ribellione, ma cosi inseparabile da non poter mai permettere che la 1a umana sia presa in considerazione disgiuntamente dalla liberta “fivina. E all’identita e indifferenza dell'unitotalita si sostituisce la con- one di Dio come personalitd, cio’ come libertad e volonta, giacché "ig solo chi ba gustato la libertd pud capire il desiderio di trovare ovunque gia con essa, di estenderla a tutto V'universo »; ed 2 in questo con- rapevolmente antropomorfico che si collocano e si comprendono felicissime ed efficaci formule schellinghiane: « solo nella personalitd vita» (nur in der Persénlichkeit ist Leben); « i volere 2 essere ori- jo » (Wollen ist Ursein); « solo il personale pud salvare il persona- ‘mur Persinliches kann Persinliches heilen). Schelling ritrova, su un ya di alta speculazione, il concetto tradizionale del Dio persona, pro- tia in seguito al fallimento dell'esperienza spinoziana e fichtiana, giacché ‘tanto il Dio del puro idealismo, quanto quello del puro realismo, sono { pqacestariamente esseri impersonali, del che sono la piti chiara prova it ‘S“gancetto fichtiano e quello spinoziano ». Cid che caratterizza la natura “pone né il meccanicismo né il determinismo, ma la presenza di « perso- € spirito »: non invano Schelling, sin dai tempi della Naturphiloso- 13 INTRODUZIONE, ba ridestato Vanima del mondo; ora la natura vivente reclama de Jui il riconoscimento del Dio vivente: « La creazione non 2 un avveni- mento, ma un atto. Non si da un conseguire da leggi generali, ma invece la persona di Dio 2 la legge generale, e tutto cid che accade, accade in virtd della personalitd di Dio: non per un'astratta necesita, che nem- meno noi sopporteremmo nell’agire, ¢ tanto meno Dio ». Ora, dire che Dio 2 personalita significa non soltanto attribuirgli libertad e volonta, ma anche concepirlo come attivitd e movimento, vita e divenire. La personalita 2, in un certo senso, una conquista: Dio non & personale, ma lo diviene attraverso la sua vita e il suo movimento, at- traverso quella vita e quel movimento che sono la sua essenza, e in cui si realizzano la sua libertd e la sua volonta. Ed @ qui che interviene Paspetto pitt propriamente teosofico di questo libro, aspetto che curiosa- mente s'innesta proprio sul filone della filosofia dell’identita. Infatti mantenuta la concezione deli'identita degli opposti nell’assoluto, cio? in Dio, ma ora viene intesa nel senso che in Dio v'e anche Vantitesi, il prin- cipio negativo, la volonta cieca, il desiderio egoistico, e che la-personalitd di Dio risulta appunto da quella vittoria del principio positivo su quello negativo, dell’amore sull’egoismo, della luce sulle tenebre, dell'intelletto sul desiderio, in cui consiste la sua vita interiore, ch’? dunque un vero € proprio divenire divino. In Dio bisogna originariamente distinguere Pesistenza ¢ il fondamento dell’esistenza: solo a questo patto egli 2 vita ¢ spirito, movimento e attivitd, libertad e persona. V'2 dunque una natura in Dio, ch’ ta profondita abissale della sua essenza; e il termine schellin- ghiano di Grund 2-cosi pregnante, che non si pud evitare di discuterne # rapporti con VUrgrund o I'Ungrund o I’Abgrund della tradizione mistica tedesca: indagine, questa, quanto mai utile e istruttiva. Sul fondamento si basa Vesistenza delle cose, che in tal modo sono divise da Dio pur nom essendo fuori di lui, e dal fondamento si origina il male, che in tal modo risale @ Dio senza essere imputabile a lui. Infatti Dio non si riduce al suo fondamento, ma su di esso produce se stesso, traendosi da sé fuori da quell'sbisso: se si vuole un Dio vivente e personale, bisogna attribuirglt quella contraddizione ch’? la condizione della vita e quella nascita ch’e le condizione della personalitd. La vita risulta da un contrasto di principi opposti, Vira e l’amore, la volonta egoistica e la volonta razionale, il de- siderio oscuro e incosciente e la fiamma luminosa dell'intelletto; la per- sonalitd risulta da un ritorno su di sé, da una presa di coscienza di se stesso, ¢ quindi da una storia e da un divenire; si che per quanto assurdo cid possa sembrare, Dio ha in sé un contrasto e una storia: egli per um 14 INTRODUZIONE, verso'se fosse puro spirito non sarebbe Dio vivente, € per Valtro se non avesse una nascita non sarebbe Dio personale. Lo spirito da solo non 2 fruttuoso, proprio perché non sarebbe veramente spirito: Dio stesso non 2 solo spirito, ma @ anche natura, e senza questa natura, principio diretto del finito e remota origine del male, non solo non ci sarebbe il mondo delle cose, né il male di cui 2 autore propriamente e solamente I’uorto, ma non ci sarebbe nemmeno Dio, il quale si afferma come Dio solo come vita e personalita, cio8 come vittoria sul limite e sul male ch’egli ha in se stesso. Certo, si pud domandare: « Perché la perfezione non sorge fin dal principio? »; ma la risposta @ facile: « Perché Dio @ vita, non semplic mente essere. E ogni vita ba un destino, ed 2 soggetta al patire e al di- venire. Anche Dio vi si @ volontariamente assoggettato, fin da quando, per divenir personale, divise il mondo tenebroso dal mondo della luce. Lressere si fa sensibile solo nel divenire », Tutto cid non. solo pone in crisi la filosofia dell’identita, ma anzi ne determina l'abbandono. Nella filosofia dell'identita veniva proclamata la nullita del finito e insieme Virrealta del male. Ora la situazione 2 capo- volta: Vesistenza del finito 2 riconosciuta in una sua positivita, e Vaccento 2 posto sulla realta del male. Non si pud immaginare una differenza piss grande di quella che divide queste due prospettive. Nell’unitotalita non ud sussistere se non cid ch'e sub specie aeternitatis: Vesistenza del finito 2 ombra e tenebra, parvenza e non essere. Questa dottrina da un lato col concetto di caduta sembra porre il male alla radice del finito, ma dal- Valtro porta alla conclusione dell'irrealta del male, che nell'economia dell’universo si dissolve nella perfezione dell’assoluto, Invece nella nuova dottrina — che istituisce nella liberta i rapporti fra V'uomo e Dio — per un verso la finitezea non 2 per se stessa un male, né va considerata come pura negativita, ma dev’esser riconosciuta nella sua indipendenza, e per Valtro verso il male non 2 un mero non essere, una minor perfetione, una semplice privatione, ma una realtd ben presente e viva, rinvigorita dal vincolo che la college col principio positivo dell’universo, e raforzate dal fatto d’esser di natura puramente spirituale, donde da un lato la sua potenza nefasta e negatrice ¢ dall’altro la sua invadenza terribile e demo- niaca. L'impossibilita di separare Ja liberta umsana dalla liberta divina im- plica che il male, pur essendo risultato della liberta umana, € di essa sol- tanto, ha una preistoria sovrumana, uno sfondo metafisico, un antefatto oscuro e abissale. Esso ha la sua remota origine nel cupo fondamento del- Vesistenza divina, che Dio stesso supera e vince nella tormentata vicenda del suo divenire, e la sua causa prossima e immediata nella libertd umana, 15 INTRODUZIONE, che pud distrarre l’'uomo dal suo centro e dettargli la deviazione e la ri- ‘volta. La liberta come possibilita del male e potenza demoniaca si col- Tega col momento tenebroso e irrazionale del divenire divino; da quel disordine remoto e originario derivano tutti gli aspetti foschi dell’univer- s0, le squallide opacitd del mondo e le oscure sofferenze della vita; ma il male vero e proprio 2 un atto della liberta, che rifiuta la luce dell’intellet- to e la volonta del bene. Non che la liberta o la volonta o l’egoita siano di per se stesse male; non che la volonta particolarizzandosi diventi per Se stessa cattiva, né che Vindividualita o V’ipseitd siano costituzionalmente malvage: particolaritad e individualita ineriscono alla libertd in quanto scelta, che con libero atto pud staccarsi dalla volonta universale e preten- dere di sostituirsi ad essa, pud riftutare il bene e preferire la colpa, ma ud anche restare congiunta al centro donde ha preso le mosse e rimanere. fedele al vincolo originario che tiene uniti i principi in Dio. Il fonda- mento, la volonta, la liberte hanno un carattere ancipite: come possono esser principio di male cost possono esser principio di bene, e viceversa, e non V’una'cosa senza Valtra. Il fondamento 2 fatto per esser vinto da Dio, nella sua vicenda interiore, ma pud esser sottratto a questa sua finale subordinazione; la volonta individuale & necessaria per destare e « acuire la vita», che senza di essa sarebbe V'inerzia che tutto uccide e fa languire il bene, perché « dove non c’é lotta non c’e vita », e ha quindi come scopo di dare un fondamento al bene, giacché « un bene senza individualita at- tiva 2 un bene inefficace » e «chi non ba in sé elementi né forze per il male, 2 anche incapace di bene »; nella liberta pud accadere che «l’uo- mo, invece di fare della sua individualita la base e Vorgano, la innalzi a Principio dominante », che il volere particolare, invece di restere unito al volere universale, voglia sostituirsi ad esso, universalizzarsi nella pro- Pria individualita, isolarsi dal centro in cui era per farsi centro a sua volta nella periferia, col risultato di « sovvertire il rapporto fra i principi, in- nalzare il fondamento sopra la causa, usare lo spirito che ha avuto solo per rimanere centro contro di esso e fuori di esso ». Per un verso dunque al fondamento, pur essendo la remota origine del male, ba una finalita buona, nel senso che, come fornisce la potenza al male, egualmente la fornisce al bene; per Valtro verso 1a libertd non 2 ignara del male, giac- ché non 2 liberta se non come possibilita di male nell’atto stesso ch’e possibi- lita di bene, e pud essere partecipazione alla vittoria divina solo in quanto: pud essere prosecuzione del disordine originario. E il male & tanto pitt reale quanto pis: spirituale, cio® derivabile unicamente dalla libertad umana e dalla volonta dell'uomo: in.cid consiste il suo carattere diabolico, di- 16 INTRODUZIONE, Struttore, contraddittorio: proprio perché la volonta @ spirituale essa pud, per una sorta di distorta nostalgia, presentarsi come universale proprio nella sua particolarita, col risultato di portare a un « positivo perverti- mento o sovvertimento dei principi »; proprio perché é spirituale il volere particolare chiuso in sé produce «si una vita singola, ma falsa, una vita della menzogna, una germinazione di irrequietudine e di distruzione »; proprio perché é spirituale, il male utilizza la propria spiritualita come una forza, per farne «un principio creativo per dominare tutte le cose », non riuscendo ad altro che a rendersi pith invadente, perché «la fame del- Fegoismo quanto pid si scioglie dal tutto ¢ dall’unitd tanto pits si fa biso- gnosa, povera, ma appunto percid pits avida, famelica, velenosa », nel che consiste la contraddittorieta del male, che quanto pit si afferma tanto piti si consurta e si annienta: « esso tende a diventare creaturale appunto men- tre annulla il vincolo della creaturalita, e, per la presunzione di esser tutto, cade nel nulla ». an In secondo luogo, Schelling intende, come s’e visto, continuare programma, annunciato nella filosofia dell'identita, di compiere il sist.m. ‘suolgendone adeguatamente anche la parte ideale, ma questa gli si ingi- ‘gantisce fra le mani al punto da riassorbire tutto il resto: la filosofia della natura resta un semplice antefatto, e la filosofia dell’uomo acquista un primato che non si sarebbe potuto prevedere dal punto di vista dell’uni. totalita. Quei germi d’una filosofia cristiana della storia che s'erano deli- neati in Filosofia ¢ religione proliferano vistosamente e prendono il so- pravuento: qui si giunge a una teologia della storia che ha nell’uomo il ‘suo passaggio obbligato e il suo centro, in quanto non soltanto Dio @ og- getto d’una considerazione antropomorfica, ma antropomorfizrata 2 anche la natura, la quale é vista totalmente attraverso l’uomo, decaduta con lui e sollevata con lui. Il mondo dell’uomo & messo in primo piano, al punto che d’ora in poi non sara pit possibile una concezione dell'assoluto ¢ una concetione della natura se non attraverso la visione dell’uomo, perché ogni evento 2 sempre e inseparabilmente cosmoteandrico. L’uomo 2 it mediatore non soltanto finale, ma anche iniziale fra Dio e la natura: « in lui sono create tutte le cose, cosi come Dio soltanto attraverso 'uomo ac- coglie anche la natura e si lega ad essa». Ne consegue una teoria fortemente pessimistica dell’'uomo e della natura: la mullite della finitezza viene antropomorfizzata, il che la rende tanto pid tragica e drammatica. B in virtd dell’uomo che la natura con- tiene i segni del disordine, che non consiste tanto in quella negativita che in Filosofia e religione deriva al finito dalla caduta, quanto dalla posizione 7 INTRODUZIONE, dell'uomo che pud staccarsi dal centro e rompere il vincolo delle forze divine: infatti 2 in prossimita dell’uomo, suo culmine e fastigio, che la natura manifesta il marchio del male, del sovvertimento, della sofferenza. L’uomo 2 di per sé votato al male e al dolore, attraverso i quali deve necessariamente passare per giungere al bene e alla pacificazione finale. L’uomo 2 soggetto a una « necesita generale del male », che mette la sua vita sotto il segno dell’« angoscie ». Con qualche decennio di anticipo Schelling pronuncia la parola kierkegaardiana che da pits d'un secolo os- sessiona la filosofia contemporanea. « L’angoscia della vita stessa strappa Vuomo dal centro nel quale @ stato creato; poiché questo, come la puris- sima essenza di ogni volere, @ fuoco distruggitore per ogni volere parti- colare; per poter vivere in esso, V'uomo deve morire ad ogni individualita, per cui 2 una ricerca quasi necessaria quelle di uscire dal centro verso la aecPeniferia, per trovare in quella un riposo alla propria individualitd. Di “Ylivla generale necessita della colpa e della morte, come del reale morire -deflindividualitd, attraverso cui ogni volere umano deve passare come t atfaverso unm fuoco, per esser purificato ». Dall’uomo questi segni del " disordine si estendono alla natura, interamente pervasa da trocce di irra- zionalita, come attestano i continui interventi del caso, gli « innegabili preannunzi del male », le incessanti manifestazioni della sofferenza, l’on- nipresenza della dissoluzione. L’angoscia della vita umana si trasmette alla natura a causa dell’impossibilita dell’'uomo di superare da sé il male e dolore, giacché Vangoscia ci sarebbe anche in Dio se egli non trionfasse sempre sul proprio fondamento, come luce che debella le tenebre. « Que- sta é la tristeza connessa ad ogni vita finite, e sebbene in Dio pure vi sia una condiione almeno relativamente indipendente, st che in lui v’e una Sorgente di tristerza, essa perd non arriva mai a realizzarsi, e serve sol- tanto all’eterna gioia del trionfo. Donde il velo di tristeza, che si stende su tutta la natura, la profonda, insopprimibile malinconia d’ogni vita. La gioia deve accogliere it dolore, il dolore dev'essere trasfigurato nella gioia ». ‘Ma come 1a natura decade con V’uomo, cost essa si risolleva con lui. « L’uomo 2 principio del nuovo patto, per il quale facendosi mediatore, poiché egli stesso si lega con Dio, Dio’ accoglie anche la natura e la fa se stesso. L’uomo 2 dunque il salvatore della natura». E tutto questo processo culmina nell’'ultino atto del dramme, cio? nella rivelazione del mistero dell’universo e nella redenzione come scopo finale della storia, nel che 2 ancora una volta necessario ¢ presente 'uomo, « ma Vuomo ori- ginario ¢ divino, quello che in origine era presso Dio, ¢ nel quale erano state create tutte le cose e Vuomo stesso». 18 INTRODUZIONE, Ora questa teoria, che mette al culmine della storia la realizzazione della personalitd vivente di Dio e che considera il male come relativa- mente necessario allo scopo finale della redenzione, risulta in netto con- trasto con la filosofia dell’identita, il cui culmine 2 il dissolvimento della finitexza nell'unitotalitd, e quindi Vestinzione completa del limite, della negativitd, det male. Qui il male, considerato come necessario alla realiz- zazione del bene finale, allo stesso modo che alla vita divina 2 necessario il conflitto dei principi, non é annullato, ma rimane presente proprio perché vinto, reale proprio perché subordinato, effettivo proprio perché ridotto alle sue dimensioni. Tutto lo sforzo di Schelling consiste nell’affermare insieme Ja realta e la necessitd del male: realta positiva, irriducibile a mero non essere 0 a semplice privazione; necesita relativa rispetto allo scopo finale della storia, L’affermazione della necesita del male non deve andare a scapito dell’affermazione della sua realta, nel senso che non deve poter essere interpretata come una giustificazione del male: non si pud per- mettere che considerare il male come necessario significhi dissolverlo. e cancellarlo. « Non pud esservi alcun dubbio che il male sia stato neces- sario... Se non vi fosse nessuna separazione dei principi7Vunitd non po- trebbe mostrare la sua onnipotenza; se non ci fosse dissidio, non potrebbe divenir reale V'amore ». Ora dire che it male & necessario non significa né aprire la stura alle domande sull’opportunita del male, né giustificarlo dialetticamente, né vanificarlo in una totale redenzione ultima. Assurde, prima di tutte, le domande sull’opportunita dell’esistenza del male. Chie- dersi perché Dio permette il male non ba senso: « varrebbe quanto dire che, affinché non ci sia nessuna opposizione all'arsore, non debba esserci nemmeno Vamore », col che il male l'avrebbe vinta sul bene: « perché it male non fosse, non dovrebbe essere nemmeno Dio». Inoltre non ha senso ritenere che Vaffermata necessita del male ne sia una giustificazione dialettica: la necessita del male consiste proprio nella necessita ch'esso sia vinto. Ma non pud essere vinto sin dal principio, perché allora conti- nuerebbe a sussistere occulto e mescolato al bene: esso « deve rimanere nella sua liberta, finché tutto sia compiuto, tutto si sia realizzato », altrimenti la vittoria del bene non sarebbe completa: completa realta di bene c’ soltanto ove c’é stata completa attualizzazione del male. Infine la neces- sit del male non porta con sé la sua vanificazione completa nella reden- tione finale: il male 2 pur sempre reale, e quindi esso, pur essendo neces- Serio all'affermazione ultima del bene, dev'essere non annientato ma dominato, non distrutto ma superato, non dissolto ma battuto e domato. Lo scopo ultimo 2 «la separazione finale del bene dal male», il che 19 INTRODUZIONE, « comporta la perfetta attuazione di Dio, giacché il male, quando @ com- pletamente separato dal bene, non 2 nemmeno pid tale»: «il male dev'essere separato dal bene, per esser ricacciato eternamente nel non essere», in «uno stato di costante consumazione dell’attivita », « senza poter uscire dalla potenzialita ». Lo scopo finale, la piena attua- zione di Dio, la redenzione ultima non é Vapocataste «a realizzare Videa d’una finale, completa perfetione non occorre affatto una reinte- gratione del male nel bene (della riparazione di tutte le cose); poiché il male @ soltanto in quanto si irinalza sopra la potentialita; ma ridotto al ‘non essere, o allo stato di potenza, 2 cid che doveva sempre essere, la base, cid ch’e soggetto, e come tale non 2 pit in contrasto con la santitd né con Vamore di Dio ». Nulla di pid lontano dello spirito della flosofa dell'identita che questa teoria cosi suggestivamente esposta nelle Ricerche. A una filosofa che accentua soprattutto la natura e Varte, e che si affisa specialmente sulla contemplazione dell'evidenza e della perfezione, e che mette in luce particolarmente V'immanenza e Vorganizzazione, la necesita e l’unitotalita, 88 sostituita una filosofia che accentua piuttosto la storia e la religione, ¢ che preferisce ricordare il mistero e il male, il profondo e il dolore, Vabisso e Vangoscia, ciod gli aspetti oscuri e tenebrosi del mondo, e ama ricordare che la vita é piuttosto contrasto che armonia, e implica la liberta e la volonta, la decisione e lo sforzo, e consiste nella lotta dell’intelletto’ contro il desiderio, dell’amore contro l’egoismo, della luce contro le tene. bre, st che l'armonia pud essere soltanto finale, come vittoria in quelle lotta e come definitivo superamento del male, dell’errore e del dolore. Gli specialisti di studi schellinghiani tendono a considerare le Ricerche come un’opera di transizione, e quindi a diminuirne la potenza d’urto. E> anno ragione, perché se si inserisce questo saggio nel tessuto continua. dell'evoluzione schellinghiana molto della sua originalita va perduto: i, residui della filosofia dell’identitd vi coesistono con i presagi dell’empi- rismo filosofico, e la novita dell’ispirazione ottiene la sua espressione ¢- avrebbe trovato il suo piti genuino e schietto respiro nell’opera sia pure’ incompiuta e frammentaria su Le et del mondo, vero centro della « filo- losofia della libertad ». Ma nulla eguaglia la profonda impressione che quest’opera suscita se letta per la prima volta o se considerata in se stessa: il lettore non pud sottrarsi all’ammirazione del coraggio con cui le, difficolta sono sempre direttamente affrontate, mai occultate o scansate; ma anzi instancabilmente cercate e scovate; alla meraviglia per la vastit degli orizzonti, per cui uno sguardo serapre acutissimo plane sui nessi oe 20 INTRODUZIONE, Jegano I'uomo all’immensita della natura ¢ all’irraggiungibile trascendenza di Dio, conferendo alla centralita umana lo spessore di abissi divini e di cosmiche lontananze; allo stupore destato dall'implacabile inesorabilita del sagionamento sempre teso, dalla straordinaria originalita delle soluzioni sempre germinanti, dalla facilita creativa anche nei passaggi pith ardui; ‘dla forza di persuasione che vengono ad assumere tutte le soluzioni pro- poste, anche le meno convincenti, a causa d’un'accuratissima e geniale adeguaterza jra soluzione e problema; al fascino che a questo saggio deriva dagli stessi suoi difetti, che sono l'incandescenza d'un crogiolo ‘ancora informe e V'abuso del linguaggio teosofico, giacché in nessuna elle sue opere Schelling adopera tal linguaggio come in questa, singolare ‘mescolanza di aspetti diurni e notturni, di lucida riflessione e misteriose risonanze. Non @ meraviglia che con tali disposizioni il lettore sensibile alla speculazione e desideroso di attualita abbia Vimpressione di trovarsi di fronte a un unicum singolarissimo, quasi a dire a un capolavoro assoluto. Una data importante nel destino di Schelling: nel settembre del “4809, quasi improvvisa e del tutto imaspettata, la morte della moglie Carolina. Smarrimento, disperazione, sconforto. La sua melanconia, gia | oxi profonda prima, ed evidente anche nelle Ricerche, e alimentata dalla Spitromantik, volge in depressione. Per uscirne, Schelling ritorna per “qualche tempo alla patria sveva, e a Stoccarda, incorageiato da un gruppo di amici, fa il punto, in un ciclo di lezioni, sullo stato attuale del suo ‘pensiero. Una specie di breve e rapida summa, che contiene non solo ‘- gnanto pud dare per assodato da tempo, ma anche il risultato delle ulti- < missime riflessioni. Sono le Lezioni di Stoccarda, tenute nel 1810, lo “stesso anno in cui, in una notazione di diario del 27 dicembre, scrive: “a Cominciate seriamente Le eta del mondo ». Una pausa e un avvio, una -conclusione e un inizio, un punto e un nuovo corso, Le Lezioni di Stoccarda sono, dungue, la delineazione d’un inter stema. V'8 anzitutto una specie di introduzione, che tratta in generale “det sistema della filosofia. Segue la filosofia generale, che tratta- del- TUrwesen, o essenza originaria, della sua divisione in due principi e del “suo ritorno a sé stesso, con uso di formule algebriche e con la teoria delle “potenze. Conclude la filosofia generale un breve schizzo della storia della ‘filosofia moderna. Si passa in seguito alla filosofia speciale. Anzitutto la Hlosofia speciale della natura, suddivisa nelle tre potenze: la materia, il <-processo dinamico, Vorganismo. In secondo luogo ta filosofia ideale spe- tale, dispiegate in diversi capitoli: a teoria della liberta e del male, la 21 INTRODUZIONE “ flosofia della storia e della rivelazione, la teoria dello stato e della chiesa, la psicologia distinta in teoria dell'animo, dello spirito e dell’anima, la teoria dell’arte e della filosofia, della morale e della religione, e infine Pescatologia: la morte, il mondo spirituale, il fine ultimo, Come si vede, anche se il punto di partenza 2 ancora la definizione del primo principio come « identita del reale e dell’ideale », non @ rimasto quasi nulla della filosofia dell’identita, al punto che la parte ideale della filosofi, che prima era ridotta a una semplice appendice della filosofia della natura, ora a sua volta riduce la flosofa della natura a una breve intro- duzione alla filosofia ‘dello spirit, la quale 2 dominata dal principio che «Vintera natura non & che il supporto, la base del mondo, spirituale: sebbene sia un essente estremamente vitale, essa non esiste per se stessa, bensi deve a sua volta essere come un non essente nei confronti del mondo degli spiriti ». Inoltre la parte ideale del sistema ba preso sviluppi impre- veduti, affrontando argomenti prima non ancora trattati; e non soltanto argomenti sui quali Vattenzione pud essere stata attirata da eventi auto- biografici come la morte di Carolina, quali la morte, l’immortalita, il de- stino dell’anima dopo la morte, la costruzione del mondo degli spiriti; ma anche argomenti del tutto nuovi, come la filosofia politica, nei suoi due aspetti d’una teoria dello stato e d'una teoria della chiesa,'e come la « psicologia », 0 per meglio dire antropologia, distinta in teoria dell’ani- mo, dello spirito e dell’anima, e accompagnata da una singolare teoria della pazzia. Cid attesta che la meditazione di Schelling 2 andata oltre la stessa impostazione delle Ricerche, al punto che i medesimi motivi svolti da queste ultime, anche se ripetuti e ripresi, acquistano uno spessore nuo- v0 nel nuovo contesto, e fanno delle Lezioni di Stoccarda non una sem- plice replica, ma un originale approfondimento. Non @ pisi questione di identita o di assoluto, ma di Urwesen, essenza originaria, ch’2 il principio che si trova anche nelle Eta del mondo. L’Urwe- sen @ Dio in un senso pit complesso che nella teologia: « la teologia assume Dio come un oggetto particolare, mentre la flosofia considera Dio come fon- damento supremo per la spiegazione di tutte le cose, ed estende percid anche ad altri oggetti Videa di Dio». Cid significa anzitutto che Dio non 2 né it principio che si trova all'imizio della filosofia, né Voggetto d’una dimo- strazione definitive e acquisita: « V'incondizionato non precede l'esisten- za della filosofia, ma U’intera filosofia si occupa di questa esistenza: V'intera filosofa 2 propriamente la continua dimostrazione dell’assoluto, dimo- Stratione che non si pud percid esigere sin dal principio: l'intera filosofia non @ che manifestazione, cio’ dimostrazione continua, di Dio »; inol- 22 INTRODUZIONE, tre che lungi dal timore di dare di Dio un'immagine entropomorfica, «2 necessario considerarlo in una maniera risolutamente umana »; donde Ja concezione di Dio come « un essere vivente, reale e personale nel vero senso della parola, come siamo noi », cioé anzitutto dotato di volonta e liberta, e, in seguito, tale che « in lui accanto all’eterno essere ci sia anche un eterno divenire »: infatti se Dio 2 «vivente », in base al principio che «senza opposizione niente vita» bisogna ammettere che in Dio c’2 qual- cosa che non 2 lui stesso, qualcosa di inferiore a lui, un principio incon- scio da cui egli si separa e di cui egli trionfa, realizeandosi in questo processo come « personalitd suprema ». Si accentuano gli elementi pessimistici. La presenza del male 2 uni- versale, e come il male 2 presente W'errore, la malattia, la morte. Persino il bene in un certo senso non 2 possibile senza il male: «la virté senza un'attiva volonta egoistica 2 virté senza merito; in questo senso si pud dire che il bene stesso include in sé il male: un bene che non abbia in sé un male superato non 2 un bene reale e vivente ». Tutta la realtd 2 pervasa dal dolore ¢ dalla sofferenza: «Cid che vi é di pisi oscuro e pro- fondo nella natura umana 2 la nostalgia, che nella sua manifestazione pid profonda & malinconia, Anche cid che vi 2 di pit profondo nella natura @ malinconia: anch’essa s’attrista per un bene perduto ». La cor- ruzione dell’uomo porta con sé la corruzione della natura, st che l'attuale decadenza della natura @ segno della realta del male e indice del perverti- mento dell'uomo. «Non appena V'uomo, anzi che subordinare la propria vita naturale a quella divina, attivd in sé quel principio che era invece destinato a una relativa inattivita, anche la natura si vide costretta a destare in sé tale principio e volens nolens ad essere un mondo indipen- dente da quello spirituale ». Il decentramento dell’uomo porta all’insu- bordinazione della natura, donde la sua decadenza, evidente nel fatto che le sue leggi non sono patenti, ma nascoste, che in essa domina il caso, ch’essa 2 inquieta e restia a star chiusa in sé, ch’essa contiene elementi negativi, come il veleno, la malattia, la morte. Anche nel mondo storico la perversione dell’uomo porta i suoi malefici frutti, e un esempio insigne ne 2 la vita politica e la necessitd dello stato. Dio sarebbe il solo a poter costituire Vunita di esseri liberi; ma Vesistenza di esseri liberi separati da Dio costringe gli uomini a cercare la loro unitd in un'unita naturale, che per forza di cose non pud essere che un legame passeggero, € que- stunitad 2 lo stato: « percid lo stato, a parlar chiaramente, 2 una conse- quenza della maledizione che grava sull'umanita ». Liaccento continua ad esser posto sulla realta del male. «Il male non 23 INTRODUZIONE, 2 altro che il relativamente non essente che si erige a essente e allontana cost il vero essente: da una parte esso é il nulla, dall’altra un essere estre- mamente reale ». Infatti ¢ ben questa la natura del male, d’essere un non essere e un essere insieme, un non essere che vuole essere, un non essere che si sostituisce all’essere, e quindi un nulla ch’é una terribile realta, una realta realissima eppure completamente negativa, Vessere della nega- zione, Da questo punto di vista il male, V'errore é la malattia sono la stessa cosa: « malattia, errore e male nascono sempre dall’erigersi di un relativo non essente al di sopra dell’essente »; «la malattia @ uno stato contro la natura, e quindi uno stato che potrebbe non essere e tuttavia 2: in fondo non una realt2, € tuttavia innegabilmente una terribile realtd »; «il male 2 nel mondo morale quel che la malattia 2 nel mondo corporeo: considerato da un lato 2 il pid radicale non essere, e tuttavia ha una terribile realtd »; «lerrore non @ una mera privazione di veritd, ma qualcosa di altamente positivo: non 2 difetto di spirito, ma spirito per- vertito; ecco perché un errore pud essere ricco di spirito pur restando errore; e cost il male non 2 semplice privazione di bene, non 2 mera nega- zione dell’armonia interiore, ma disarmonia positiva ». Ancora una volta: non essere che non si limita a non essere, ma vuole essere; quindi non mancanza 0 privezione, ma positivita e realta: positivita del nulla e realta del non essere, positivitd sovvertita e realta pervertita, e quindi potere di negazione e di distruzione. E la negazione 2 tanto piti terribile quanto pitt 2 spirituale. Viene ulteriormente sviluppato il tema della spiritualita del mate e dell’errore, e quindi del loro carattere squisitemente diabolico. «Errore e malvagita sono entrambi spirituali e derivano dallo spirito ». Lrorigine del male non 2 Ia corporeita o Ja sensualita: da un lato «il corpo 2 un fiore dal quale gli uni suggono il miele, gli altri il veleno », st che «non 2 lo spirito che 2 inficiato dal corpo, me al contrario il corpo che @ inficiato dallo spirito »; dall’altro non si pud non riconoscere che «la corruzione pid grande 2 quella spirituale, e in essa finisce per scom- parire ogni componente naturale ¢ quindi la sensualita stessa e persino it piacere », e che «il piacere trapassa in crudeltd e il male demoniaco e diabolico 2 assai pit lontano dal godimento di quanto non lo sia il bene». Donde la potenza terribile del male in quanto spirituale, perché «lo spi- tito 2 vita e forza allo stato puro», si che in esso come «il bene 2 molto pit buono », cost «il male 2 molto pid malvagio», ¢ si deve notare purtroppo che « questa risolutezza 0 conseguita pid spesso nel male che nel bene ». Dalle Ricerche 2 ripreso e continuato il tema d’una filosofia della sto- 24 INTRODUZIONE, ria nella quate la vittoria del. bene si realizza come scopo finale attraverso 1a collaborazione dell’uomo. Per quanto riguarda la collaborazione del- Vuomo, due sono i momenti messi in evidenza: anzitutto « nell’uomo che Dio si riposa per la prima volta, 2 nell’uomo che il suo scopo princi- pale 2 raggiunto »; e inoltre « per il fatto stesso di essere restituito alla vita spirituale, Vuomo riacquista la capacita di essere mediatore fra Dio e natura». Ma Vaspetto pid originale di questo testo 2 che la realizza- zione dello scopo dell’universo vi assume l'aspetto d’un'identificazione fi- nale di teismo e panteismo, Da una parte V'Urwesen non @ « qualcosa di concluso una volta per tutte, di immutabilmente sussistente », ma 2 un farsi, st che «l'intero processo della creazione del mondo, che si continua come processo vitale nella natura e nella storia, altro non 2 che il pro- cesso della piena presa di coscienza, della compiuta personalizzazione di Dio». Dall’altra parte Vultimo regno escatologico @ quello in cui « tutto 2 rimesso al Padre »; questo 2 « il periodo della compiute realizzazione di Dio, cio? del suo compiuto farsi uomo, quando V'infinito si 2 fatto comple- tamente finito senza pregiudizio della sua infinitd: allora Dio 2 realmente tutto in tutto, e il panteismo é vero». Lo scopo finale, cioe la piena rea- lizzatione di Dio, se da un lato é la sua personalizcatione, e quindi una piena affermazione del teismo, dall’altro 2 la sua calata nel finito pur re- stando infinito, 2 la realizzazione dell’infinito nel finito, 2 V'adempimento della profezia paolina dell’omnia in omnibus, e quindi una superiore forma di panteismo. In questa misteriosa coincidenza di teismo e panteismo si compie V’apocatastasi, ch’era sostanzialmente negata. nelle Ricerche, ove il superamento del male non ne ¢ l'annientamento, ma la riduzione @ non essere, la cacciata nell’inattivitd: qui invece si profila la rigenerazio- ne completa: « Dobbiamo credere alla rigenerazione anche del male: it peccato non 2 eterno, e quindi neppure le sue conseguenze ». Su questo punto Vatmosfera é piuttosto cambiata rispetto alle Ricerche: a una mag- gior accentuazione del pessimismo nella vita presente corrisponde un pit deciso ottimismo escatologico. Cid che c’8 di nuovo nelle Lezioni di Stoccarda 2 Ia teorizzazione meno teosofica e pitt flosofica dei due principi in Dio, il che appare non tanto dal fatto che si torna a spiegarli con formule algebriche, quanto piut- tosto dal fatto che, pur permanendo il punto di vista intenzionalmente an- tropomorfico, i principi si arricchiscono di determinazioni speculative ¢ si avvicinano alla dottrina delle potenze, anche se con ritmo pitt binario che ternario. La scissione e oppositione dei due principi dev’essere spie- gata nella sua necessitd, nella sua possibilita e nella sua realta. Per 25 INTRODUZIONE quanto riguarda la necesita della scissione, la questione 2 semplice: se Dio dev’essere vita € persona, in lui deve trovarsi opposizione e scissione. Qui intervengono le due nuove teorie dell’« esplicitazione » e dello «sdoppiamento »: come nell’uomo la coscienza sorge dall’esplicitazione di principi che prima erano impliciti in lui e dal loro sdoppiamento con conseguente reciproca scissione e opposizione, cost accade in Dio nel pro- cesso del suo « farsi», nel corso della sua realizzazione, che si scandisce nella « creazione » della natura e nella sua propria « manifestazione » alla fine della storia. Ma come 2 possibile la scissione dei due principi senza dividere Vunit} di Dio in una dualit3? La risposta 2 la teoria delle po- tenze: c’2 una prima e una seconda potenza, legate da un rapporto ch’? di superiorita dell’ideale sul reale e di anteriorita del reale rispetto at- Videalo; Vinferiore si stacca dal superiore e il superiore vince V'inferiore, st che la scissione e Vopposizione avvengono senza che si rompa il vincolo dei due principi e senza che s’infrange Vunita dell’Urwesen. Cost 2 spie- gata la possibilita dell’opposizione: ma come se ne spiega Ie realta? Dio deve abolire la simultaneita dei due principi, cio? deve limitarsi alla prima potenza, cid che contraddice alla totalita, la quale allora come se- conda potenza tende a farsi valere contro quella limitazione, donde un Continuo progresso e movimento verso la manifestazione completa. Ora, questa « limitazione » avviene realmente con un atto libero e spontaneo, con una liberta degna di Dio, cio? non con una libertad incerta ed esita- honda, presa fra diverse possibilitd, ma cori una liberta vigorosa e poten- te, che per giungere alla decisione non ha bisogno d’una ponderazione, ma sa quel che vuole, e lo prende senza stare a scegliere; il che significa anche un'assoluta necessita: « di un atto di assoluta libertd non si pud dare altra ragione: ess0 2 cosi, ciod @ senz’altro, e percid necessariamen- te». Questo ato di assoluta libertd con cui Dio si limita 2 la creazione, Ia quale non per nulla 2 stata chiemata da tutta una tradizione teologica «contratione » 0 « abbassamento », traditione che Schelling accoglie e sviluppa. «Dio si abbassa propriamente nel reale, vi si contrae tutto quanto. Ma in cid non v'2 nulla che sia indegno di lui. Anche nel cristia- nesimo quanto c’e di pisi grandioso 2 appunto la discesa, Vabbassarsi di Dio. Un Dio confinato in una metafisica lontananza non giova né alla nostra mente né al nostro cuore. » Alle Lezioni di Stoccarda succedono anni di pausa e di assestamento: d dolore per la morte di Carolina si ricompone nel nuovo sereno matri- monio con Pauline Gotter; dalla sinecura delle accademie bavaresi si profila 26 INTRODUZIONE un ritorno alla cattedra universitaria; il sistema accennato nelle Lezioni di Stoccarda cerca il suo svolgimento metafisico nell’ampia opera su Le eta del mondo, Ma questa rimane incompiuta: anno per anno Schelling ne annuncia la pubblicazione, e intanto le versioni si moltiplicano, s’inter- rompono, invecchiano, non soddisfano pitt lo stesso autore che diventa di contentatura sempre pit difficile. Per uscire dal circolo chiuso Schelling accetta finalmente una delle tante cattedre vagheggiate in. questo periodo, e nel semestre invernale 1820-21 inizia un corso a Erlangen. L’esperienza 2 fruttuosa: i corsi di Erlangen segnano l’abbandono del programma delle Eta del mondo e preparano Vavvento dell’« empirismo filosofico » ¢ della «filosofia positiva», la gigantesca e grandiosa costruzione dell'ultimo Schelling. Poco si sa dei corsi di Erlangen, ma le prime lezioni, raccolte postume col titolo suggestivo Sulla natura della filosofia come scienza, ¢ Ja recente pubblicazione del primo corso, col titolo ufficiale di Initia philosophiae universae, mostrano che, a tanti anni di distanza, la traccia 2 ancora quella delle Ricerche, con un linguaggio in cui la pura specula- zione, se per un verso ha saputo decantare il tono teosofico, per V’altro ha ‘ancora accentuato la: tendenza mistica; ma la problematica vi 2 notevol- mente rinnovata, st che si pud dire che le Conferenze di Erlangen, mentre chiudono it periodo della metafisica della liberta, aprono la via all’ontolo- gia dell’ultima filosofia. Le Ricerche hanno mostrato che Vincolmabile passaggio dall’assolu- to al finito 2 superato dalla creazione; ma il concetto di creazione implica in Dio la liberta e la personalita, e quindi anche il divenire e la vita, cio® Vopposizione di due principi. Le Lezioni di Stoccarda hanno messo in evi- denza il « farsi» di Dio: la creatione non 2 se non un momento di questa realizzazione di Dio, un momento del ritorno di Dio a se stesso attraverso Ja natura ¢ soprattutto attraverso l'uomo. B su quest’ultimo motivo che insistono le Conferenze di Erlangen, le quali ne traggono una teoria la ui colorazione hegelicna non 2 sfuggita a nessuno degli interpreti. Dio si realizza attraverso l’uomo, la liberta eterna giunge a se stessa nel sapere umano, la sapienza assoluta conosce se stessa nella coscienza dell’uomo. L'uomo conosce Dio perché Dio stesso si conosce in lui: la conoscenza che Puomo ba del principio ¢ la conoscenza che il principio ha di sé attraverso di lui; Vautoconoscenze del principio @ raggiungibile da parte dell’uomo solo se la céscienza dell’uomo 2 Vautoconoscenza del principio. Il fatto & che pit che un conscio o inconscio avvicinamento a Hegel si tratta in Schelling della consapevole ripresa d'un motivo platonico, debitamente inserito in un moderno contesto e adeguatamente aggiornato alle nuove 27 INTRODUZIONE, esigenze. Si trata in fondo dell’applicazione dell’antico principio, pis volte citato da Schelling in questi scritti, del simile simili cognoscitur: «Il simile pud esser conosciuto solo dal simile. Il conoscente dev’essere come il conosciuto e il conosciuto come il conoscentes». «In questo sen- so anche l'occhio @ simile alla luce », soggiunge Schelling citando il detto plotiniano, ripreso da Goethe, del carattere « solare » dell’occhio. L'uomo 2 assistito da una Mit-wissenschaft, da una con-scientia, intesa come « Scienza comune », « scienza similare », « conoscenza accompagnatrice », del principio. La sapienza originaria, cioe V'autoconoscenza del principio, Puomo non la possiede pisi: egli la cerca nel proprio sapere e col pro- prio sapere. «Ma come potrebbe cercarla se essa stessa non si cercas- se in lui? Il conosciuto deve infatti essere simile al conoscente ». Eb- bene, questo sapere umano é una traccia della sapienza originaria: per- cid Puomo pud cercarla e trovarla, attraverso una coscienza similare e uno sforzo di reminiscenza, Ma questa reminiscenza umana non @ se non il recupero che la sapienza fa di sé, e la sapienza pud recuperarsi pro- prio perché sussiste questa reminiscenza umana. Il conosci te stesso, se riferito all’uomo nella sua individualita finita, non ba senso: @ un invito ad attaccarsi sempre di pitt alla sua limitatezza. I! conosci te stesso dev'es- sere riferito alla stessa sapienza assoluta, la quale all'inizio non si conosce perché si conosce solo alla fine, e designa come cammino del proprio recu- pero il sapere, la coscienza, la reminiscenza dell’somo, in una progressive vicenda le cui tappe sono: « sapienza ignara e in quiete, sapienza inquieta e in cerca di sé, sapienza realizzata ». In questa prospettiva diventa decisiva la possibilitd della conoscenza del principio da parte dell’uomo. L’autoconoscersi del principio 2 manife- Stamente una soggettivazione, che implica un « passaggio dall’oggettivo al Soggettivo », e questo passaggio non pud se non avvenire in noi, in modo che « noi stessi siamo Weterna liberta ricostituita in soggetto a partire dal- Poggetto ». Questo passaggio 2 possibile mediante cid che Schelling aveva un tempo chiamato « intuizione intellettuale », e che ora preferisce chia- mare « estasi », per mettere in luce quell’uscire da sé che soltanto pud permettere al principio di entrare in Iui, sostituendo alla deteriore sog- gettivita la propria assoluta soggettivazione. «Il nostro io dev'esser col- locato fuori di sé, fuori del proprio posto. It suo posto 2 quello di essere soggetto, Ma rispetto al soggetto assoluto non pud essere soggetto, giacché quel soggetto assoluto non pud comportarsi come oggetto. Deve dunque abbandonare il proprio Iuogo, dev'esser posto fuori di sé come qualcosa di non pit ivi esistente. Solo se sussiste questo abbandono di sé il sog- 28 INTRODUZIONE getto assoluto pud farsi strada in lui... L’uomo era lui Veterna liberta, che aveva perduto sé stessa e che si era cercata attraverso ta natura; era lui ‘questa liberta ritrovatasi, e doveva dunque anche restarlo; ma per aver voluto di nuovo contemplarsi in essa, per aver voluto attirarla a sé, e quindi farsi soggetto, egli restd benst soggetto, ma Veterna libertad a sua volta resto per lui mero oggetto. In che altro modo deve dunque comin: ciare per ridiventare cid che era — la sapienza, cioe Veterna liberta in quanto conosce se stessa — se non trasferendosi da quel posto, ponendo sé stesso fuori di sé? ». Questo concetto di « estasi », che compone con tanta pregnanza un aspetto dichiaratamente mistico con un significato squisitamente filosofico, mostra quanto sia soltanto apparente W’hegelismo di questa teoria dell'assoluto che si realizza attraverso I'uomo. Non si tratta tanto del divenire e del'infinitizzarsi dello spirito umano quanto piuttosto dei rapporti fra V'uomo e Dio, nella personalitd e liberta di entrambi, e se mai della « nuditd » dell’uomo davanti a Dio e dell’inde- finibilita di Dio da parte dell’uomo. Inoltre mentre in Hegel Vantica e oscura tradizione mistica si @ completamente calata nella filosofia, raziona- Hiztandovisi del tutto, in Schelling coesistono, in questo pinto, la pit lucida e critica speculazione con la mistica pid schietta e incontaminata, in modo che né la mistica annulla la chiarezza della riflessione né Ia filo- sofia dissolve in sé la profondita della mistica, ma U'una e Valtra, cons nesse ma non giustapposte, si colorano e si esaltano a vicenda, mutuan- dosi reciprocamente il significato profondo e il tono generale del pensiero. La stessa singolare compresenza, anzi coalescenza di luciditd specu- lativa e profondita mistica si trova negli altri due punti di maggior inte- resse di questo scritto cost intenso ed efficace: il principio e Vinizio della filosofia. E del resto straordinaria la radicalita di questo scritto, che vuole ‘spingersi alle origini, alla sorgente prima tanto della realt2 delle cose quan- 40 del pensiero filosofico, alla fonte intrascendibile dell’essere e del pen- siero; donde Vinsolita e incancellabile impressione di trovarsi di fronte ‘a una meditazione profonda e originaria, in certo modo arcaica e profe- tica insieme, alla scaturigine stessa della suprema meraviglia: non per nulla v'? un altissimo elogio di Sacrate come pensatore primo e radicale e della « meraviglia » platonica come apertura sull’essere. Nelle Conferenze di Erlangen: il principio non @ chiamato Dio e tan- to meno assoluto. L’assoluto farebbe pensare all’indifferente unitotalita; Dio 8 ancora un ente, mentre invece bisogna andare oltre gli enti, oltre ogni ente, oltre l'essente in genere. Schelling parla piuttosto di « soggetto assoluto », come nelle Lezioni di Stoccarda e nelle Ett del mondo parlava 29 INTRODUZIONE di Urwesen; ma la sua preoccupazione 2 di non confondere il principio con nessuno degli enti, di operare una radicale retrocessione all’essere, che anticipa in modo non meno impressionante che felice la differenza ontologica di Heidegger. Il soggetto assoluto 2 indefinibile, e indefini- bile al punto che si sottrae persino alla possibilita di definirlo come inde- finibile, che sarebbe ancora darne una definizione, sia pure negativa, e quindi contravvenire olla sua radicale indefinibilitd. Cost « il soggetto assoluto non non-Dio, eppure non é neanche Dio, 2 anche cid che non 2 Dio: in questo senso esso 2 al di sopra di Dio»: nella retrocessione ontologica Schelling giunge dunque a parlare di sopra-divinita, sul solco di quella tradizione mistica che dallo Pseudo-Dionigi, passando attraverso Meister Eckhart, arriva sino al suo prossimo ispiratore: Angelo Silesio. Il soggetto assoluto 2 dunque «cid che non 2 rincbiudibile in nessuna forma, Vincoercibile, Vinaferrabile, il veramente infinito». Spinoza e Fichte hanno fatto questo grande salto verso l'infinito, ma quando, dopo la definizione negativa, ne hanno tentato una definizione positiva, sono ricaduti fragorosamente in basso, il primo con la Sostanza immobile e inerte, il secondo con « il proprio io ». Anche Schelling tenta la definizione positiva, ma in modo da non dimenticare quella negativa, cio in modo da non compromettere Vindefinibilita e quindi Vinfinita. Cid che caratterizza il soggetto assoluto non é soltanto l'essere inafferrabile, cio? Vessere al di fuori di ogni forma, ma 2 anche la capacita di farsi afferrabile, cio? il po- tere di rinchiudersi in una forma. Ecco dunque la definizione del soggetto assoluto che non ne compromette I'indefinibilita: esso 2 « libero di rin- chiudersi e di-non rinchiudersi in una forma», anzi 2 la libert® stessa «di rinchiudersi e di non rinchiudersi in una forma». Ma anche qui la liberta. non dev'esser intesa come qualcosa che ancora limita V'infinito: «se esso fosse la libertd soltanto in modo da non poter diventare anche non liberta, in modo da esser costretto a restare liberta, allora la libertd stessa sarebbe diventata per lui un limite, una necesita, ed esso non sa- rebbe liberta realmente assoluta ». Bisogna insomma che il soggetto as- soluto sia libero di passare da una forma all'altra, continuamente svinco- landosene ¢ incarnandovisi: la « libertd di rinchiudersi e di non rinchiu- dersi in una forma» 2 « potere di consegnarsi ad ogni forma e di non permanere in nessuna». Siamo veramente alla radice prima, alla possi- bilita stessa dell’essere, ch’é anche una natura anceps, cioé la duplicitad stessa di essere e non essere. Il principio, insomma, non 2 altro che li- berta: Schelling lo chiama, con termine gia adottato nelle Et del mondo, ma risalente a Bochme e Oetinger, I’« eterna liberta ». Sempre sulla base Bit) INTRODUZIONE d'un'intrascendibite e non slteriore originarieta Schelling lo chiama anche «eterna magia» e « sapienza eterna ». «Eterna magia » 2 termine rina- scimentale, e a Schelling proviene da Paracelso: egli Vadotta perché la porola ricorda il verbo tedesco migen, ch’e un potere operante; ed 2 chiaro che la « pura e assoluta libertad » non pud essere che puro « potere »: non i potere qualcosa, ma il potere in se stesso, il potere di prendere € ab- bandonare ogni forma. « Sapienza eterna » & termine biblico, e Schelling Padotta per designare il « sapere originario », ch’2 attivo e vivente: «nella sapienza soltanto 2 la potenza e la forza, poiché essa 2 in tutto, ma, proprio per questo, anche cid ch’e al di-sopra di tutto ». Anche Vinizio della filosofia 2 radicale: il filosofo deve cominciare assolutamente dall’inizio, cio® da nulla. Non 2 ancora un inizio di filosofia il desiderio di armonia conseguente allo spettacolo della lotta dei sistemi fra di loro, il desiderio di por rimedio all’« asistasia » filosofica aggiun- gendo o contrapponendo un nuovo sistema ‘agli altri. Né 2 un inizio di filosofia « filosofare: sulla filosofia », cio? segnare il passo, ¢ quindi non muoversi, non arrivare alla flosofa, per la quale bisogna « avventurarst @ mare aperto correndo il rischio di perdere la strada o di-smarrirsi a cau- sa delle tempeste o della propria imperizia ». Né vero inizio di filosofa sarebbe una propedeutica che, mostrando «la contraddizione necessaria in cui la coscienze e la riflessione cadono al proprio risveglio », la seguisse sino al momento della « disperazione », donde potrebbe nascere, di la dai sistemi, non solo la loro coesistenza, ma quella coscienza superiore del tutto che conferisce la liberta a tutti i sistemi. Il filosofo deve dunque co- minciare dal nulla: solo cosi pud sperare di cogliere quell’infinito e inde- finibile principio ch’é l'eterna liberta. Ancora un motivo mistico, sul quale tanto ha insistito la tradizione tedesca: quello della nuditd, della povertd, dell’abbandono; che qui assume un significato profondamente filosofico, immerso com'é nella lucida consapevolezza della speculazione. « Qui de- v'esser abbandonato tutto cid ch’e finito, tutto cid ch’e ancora un essente; qui deve scomparire Vultima dipendenze; qui si tratta di abbandonare tutto: non solo, come si suol dire, moglie e figliuoli, ma tutto cid che sol- tanto 8, persino Dio, giacché anche Dio da questo punto di vista 2 un essente... Colui soltanto @ arrivato al fondo di se stesso ed ha conosciuto tutta la profondita della vita, che in un punto ha abbandonato tutto ed & stato abbandonato da tutto, per il quale tutto & sprofondato, e che si 2 visto solo, di fronte all’infinito... Chi vuol veramente filosofare deve ri- nunciare a ogni speranza, a ogni desiderio, a ogni nostalgia; non deve voler nulla né saper nulla, sentirsi del -tutto’ povero e solo, abbandonare 3 INTRODUZIONE tutto per guadagnare tutto. Difficile 2 questo paso; dificile 2 sepirarsi, per cost dire, anche dall’ultima sponda». E Schelling conclude questo memorabile passa con le parole: « Ma perché cid accada, l'uomo deve ri- nascere da capo, deve nascere una seconda volta ». Al motivo della nudita e dell'abbandono corrisponde il motivo egualmente mistico della rigene- razione: @ nel senso della rigenerazione che il filosofo comincia’ veramente dall'inixio. E il processo della rigenerazione 2 quello che flosoficamente si seandisce in una dialettica di sapere e non sapere, per cui, attraverso Vanamnesi, il sapere nesciente trapassa in non sapere sciente Luict Pareyson La traduzione di Philosophie und Religion (1804) & di Valerio Verra; la versione delle Philo- sopbische Untersuchungen ier das Wesen der menscblichen Freibeit und die damit zusemmenbingen- ‘den Gegenstinde (1809) & quella di Susanna Drago Del Boca, qua ¢ la emendata, uscita col testo 2 fronte nel 1947 presso IIstituto Editoriale Italiano di Milano; le Stuttyarter Prvatvorlesungen (1810) ¢ gli Erlanger Vorinige sono stati tradotti da Luigi Pareyson, Delle Lezioni di Soccarda esiste anche Ia traduzione di Giulio Pret: F.WJ. Scretinc, L'empinsreo filosofico e alin sritti, presentazione € traduzione di G. Prem, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1967, pp. 89-154. Per cutti questi scrttischellinghiani si veda I'opera veramente fondamentale X. Tw1rerre, Schelling: une philosophie en devenir,Parigi, Vrin, 1970, specialmente alla pp. 475-555 e II 135-150, «, dello stesso autore, Attualité di Schelling, in questa medesima collana. In perticolare, su Filosofia e religione si veds A. Massoto, Schelling in « Filosofia ¢ religone », in La storia della filosofia come problema, Fisenze, Vallecchi, 1967. Sulle Stuttgarter Privatvorlesungen si veda V'edizione fattane da 'M. Veto, con ampia introduzione ¢ con la pubblicazione d'una versione inedita: F.W.J. Suet: Lan, Starter Poamolaanyn, werion ine, secompags do tees des Ovo, publi, et annotée par M. VETO, Torino, Bottega d’Erasmo, 1973. A proposito degli Erlanger “Vornite veda Tedixone del! imero coro, con pretazione «commento, x cura di H. FUMRMANS, col titolo Initia philosopbiae universe, Bonn, Bouvier, 1969, Dello stesso FUKRMANS esiste un ott mo commento alle Philosopbische Untersuchungen nell’edizione Reclam di Stoccarda, 1968. 32 FILOSOFIA E RELIGIONE (1804) PREMESSA Lo scritto comparso nel 1802 com il titolo: Bruno oder iiber das gét- Hliche und natiirliche Princip der Dinge (Bruno, 0 del principio divino ¢ ne- turale delle cose) costituisce l'inizio di una serie di dialoghi di cui indica pure gli argomenti.! Gid da molto tempo, alla pubblicazione del secondo dislogo di questa serie mancava soltanto Pultimo tocco, che non & stato possibile dargli per circostanze estrinseche. Ora, il presente scritto contiene il mate- riale di quel dialogo, tolto dalla forma simbolica che ha ricevuto interamente in esso. Se un lettore attento individuera in questo scritto le tracce di un rapport organico pit vasto, da cui sono state strappate le singole parti, ne trovera la ragione in quanto si detto. L'autore & stato indotto a comunicare queste idee, anche senza quella forma, dai numerosi pressanti inviti a pren- dere posizione riguardo al rapporto tra filosofia e religione contenuti in molte pubblicazioni, e soprattutto nel memorabile scritto di Eschenmayer (con il quale Eschenmayer vuole di bel nuovo integrare la filosofia con la fede). Certo, la miglior risposta sarebbe stata proprio il dialogo, se la sua pubbli cazione non fosse stata impedita dal motivo anzidetto, Quella forma piti alta di espressione — a nostro parere — 2 I'unica che la filosofia, divenuta auto- noma, pud assumere in uno spirito indipendente e libero, e non viene mai richiesta quando si deve raggiungere uno scopo, perché non pud mai ser- vire come mezzo, e he il suo valore in se stessa. Ora, come un‘opera d’arte, anche sepolta negli sbissi del mare e non vista da nessuno, non cessa pet questo di essere un’opera dlarte, cost accade per ogni opera frutto dell’arte di flosofare, anche se non & compresa dal suo tempo. E se il suo tempo si limitasse a non capire, bisognerebbe essergliene grati; ma, al contratio, cerca invece di appropriarsene e di adattarla a sé mediante diversi suoi organi, € cio prendendo ora l'sspetto di suo avversario, ora di suo seguace. Per quan- to riguarda questi fraintendimenti e queste deformazioni, @ facile non ba- darvi e, del resto, non meritano nessuna attenzione, ma ben diverso @ il caso quando si tratta dell’opposizione che proviene da uno spirito nobile, € delle sue esigenze rispetto alla totalita del sapere; opposizione e esigenze che metitano rispetto in quanto contribuiscono ugualmente a illuminare il mon- do, tanto se vengono rimosse soddisfatte, quanto nel caso contrario. E se anche abbiamo rinunciato al vantaggio di sottrarre in modo ‘visi bile esternamente all'opinione comune,, anche mediante la forma, cid che ~~ 35 FILOSOFIA E RELIGIONE per sua natura deve esserle inaccessibile, non dubitiamo perd minimamente che i nostro tempo reagira ostilmente a questi accenti di antica filosofia che abbiamo cercato di presentare; tuttavia sappiamo che queste cose non pos- sono essere profanate, e sono destinate a sussistere per forza propria, e che non pud né deve possederle chi non le possiede per forza propria, Percid rimarremo serenamente in silenzio anche di fronte ai pit grossolani malin- tesi a cui i principi ¢ Je conseguenze di questa dottrina andranno soggetti da parte degli avversari, e ci faremo anche pié premura di respingere lon- tano da noi le insistenze di seguaci e commentatori, e di invitarli a riflettere che alcuni spiriti non producono soltanto allo scopo di fornir loro occasione di pubblicar libri ¢ di abbassare e rendere spregevole una cosa nobile, con Ie loro roze applicazioni € con le loro insulse elucubrazioni. La folla degli avversari rumorosi finisce col disperdersi da sola, quando si accorge di spen- dete invano la sua fatica. Meno facile & invece che in Germania si sciolga cosf presto la folla di coloro che, senza averne la disposizione, si fanno seguaci non richiesti di una dottrina e, senza esser posseduti dall'ispirazione divina, portano il tirso con uguale scandalo dei saggi e dei semplici; alcuni, essendo incapaci di cogliere i veri misteri della scienza, si gettano a capo- fitto sui suoi aspetti estrinseci e, con Ia massa di tutte le cose estranee che vi cacciano dentro, li dilatano sino alla caricatura, oppure traducono la verita, £-] il cai senso 2 fondato nel profondo, nella moneta contante di singole pro- ' posizioni superficiali che non hanno nessun senso, e servono soltanto a destare stupore nel volgo; altri, abusando del linguaggio, rivestono un ani- ‘mo vuoto, per quanto retto, con parole che hanno vivamente colpito la loro debole immaginazione. I tedeschi infatti si esaltano per tutto e, come sterili api, si affannano a raccogliere ¢ trasformare cid che fiorisce ¢ viene prodotto indipendentemente da loro. Prendano una buona volta il coraggio di avere essi stessi idee di cui sentirsi poi responsabili, e perdano l'eterna abitudine di servirsi di idee altrui, di cui scaricano la responsabilitd sui loro autori! Li trattenga in se stessi la considerazione che essi si sono gid cosi gonfiati di cose altrui che se avessero idee proprie potrebbero scop- piare del tutto! E cos{ continuiamo a lasciar loro la parte esterna, ma per quel che riguarda l'interno li avvertiamo: «Non toccare, capro, perché scotta! »2 36 INTRODUZIONE C’ stato un tempo in cui la religione, separata dalla fede popolare, veniva custodita come un fuoco sacro, nei misteri, ¢ la filosofia aveva un santuario in comune con essa. Una leggenda del tempo antico, largamente diffusa, racconta che i primi filosofi furono i fondatori dei misteri ¢, cost . pure, i migliori tra i filosofi successivi, soprattutto Platone, derivarono dai ~ misteri le loro divine dottrine. A quel tempo la filosofia aveva ancora il coraggio ¢ il diritto di occuparsi dei soli grandi problemi per cui vale la pena di filosofare ¢ innalzarsi al di sopra del sapere comune. Pit tardi, i misteri furono resi pubblici, e si contaminarono con ele- menti estranei che possono appartenere soltanto alla fede popolare. Dopo di che Ia filosofia, per conservarsi pura, dovette separarsi dalla religione ¢_ diventare, al contrario di essa, esoterica. La religione che si era mescolata con il reale, andando cosi contro la sua natura originaria, ed era divenuta qualcosa di esterno, non poté far a meno di trasformarsi anche in una ~ potenza esteriore e, non essendo ormai piti capace in se stessa di nessuno slancio verso la fonte originaria della verita, dovette cercare di impedire con la forza tale slancio anche fuori di sé. Cosi Ja religione sottrasse a poco a poco alla filosofia quegli oggetti di — cui essa si era occupata nell'antichita, e la filosofia fu costretta a tenersi nei limiti di cid che non ha nessun valore per la ragione. E, all'inverso, quelle sublimi dottrine che Ia religione aveva unilateralmente adattate a sé, sot- traendole alla filosofia, perdettero, insieme al rapporto con il loro modello originario, anche il loro significato-e, trasferite su un terreno del tutto di- verso da quello su cui erano germogliate, cambiarono completamente di natura. Da questo contrasto poté nascere un falso accordo tra filosofia e reli- gione, in quanto la filosofia si abbassd sino al punto di trattare i prodotti della ragione, e ciod le idee, come concetti dell'intelletto ¢ mediante con- ~ cetti dell'intelletto. Questo stato della scienza & caratterizzato dal dogm: smo, con cui Ia filosofia ha acquistato sf una forma di esistenza largamente diffusa ¢ considerata nel mondo, ma a prezzo del sacrificio totale del suo carattere, In quanto perd nel dogmatismo la forma del sapere fu esaminata con maggior cura € sottoposta a critica, dovette risultare pit: chiaramente che 37

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