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F.

 D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

Notiziario Archeologico 42/2019


della Soprintendenza di Palermo
a cura della Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni
Culturali e Ambientali di Palermo

IL PALAZZO DEI RE NORMANNI


FRANCO D’ANGELO*

In the complex of buildings that make up the Palace of the


Norman Kings the original ones are few. The
reinterpretation of public diplomas and chronicles of the
time, all known documents, allows us to hypothetically
locate the buildings of their origins and perhaps to
confirm the occupation of the site already in the Islamic
age, thanks also to the results of the most recent
archaeological excavations.

Alla ricerca del Palazzo dei re normanni delle origini attraverso la rilettura delle cronache e
dei documenti del tempo
La bibliografia sul Palazzo dei re normanni (fig. 1) è vastissima1. Molti contributi riguardano la Sala
d’Ercole, la Sala Duca Montalto, i Bastioni del Cardinale Trivulzio (fig. 2), i ritratti dei viceré.

Fig. 1 Veduta aerea del Palazzo dei re normanni

*
francodangelo33@libero.it
1
LA DUCA 1994, pp. 215-228; CALANDRA 1991; ANDALORO 2010. Inoltre, per una visione complessiva del Palazzo e della città: LONGO 2010;
MAURICI 2016.

1
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Poche pubblicazioni descrivono singole parti del palazzo più antico a volte in occasione di restauri. Gli
storici, a ragione, motivano questa lacuna con la scomparsa per crolli, incuria, riadattamenti nei secoli
successivi della parte più originale del palazzo. Inoltre, la rilettura di fonti narrative e di documenti di archivio
più lontani nel tempo che accennano a questo palazzo, fonti e documenti tutti quanti conosciuti e più volte
citati dagli studiosi, suggerisce la presenza di uno o più edifici precedenti l’ampliamento o la costruzione del
palazzo dei re normanni.

Fig. 2 Il Palazzo nell'aspetto assunto dopo gli interventi seicenteschi. Anonimo 1686

Fonti del periodo arabo-islamico


Dalla recente rilettura di Cristina Rognoni sappiamo che l’epistola di “Teodosio monaco a Leone
arcidiacono” descrive una parziale e fugace visione di un episodio accaduto nella Palermo islamica. Il monaco
Teodosio e il vescovo di Siracusa, testimoni dell’assedio e della presa della città da parte degli Arabi, il 21
maggio 878, vennero fatti prigionieri, insieme ad altri religiosi, e trenta giorni più tardi condotti a Palermo. La
città era sede del nuovo potere aghlabita di Sicilia ed uno dei due prigionieri fu costretto a partecipare ad una
disputa teologica con l’emiro (rimasto anonimo) seduto in trono sotto un portico e nascosto dietro un velo. Al
termine della quale il vescovo ed il monaco Teodosio furono portati via dai guardiani nel luogo dove erano
trattenuti prigionieri. Lungo il percorso (per plateam) furono circondati da una folla di cristiani in lacrime e di
saraceni curiosi venuti a vedere il vescovo di Sicilia condotto nella oscurità di una prigione a cui si accedeva
attraverso una piccola porta, discendendo quattordici gradini scavati nella terra. Anni dopo Teodosio monaco,
ormai libero, si fece relatore di tutti questi avvenimenti indirizzando una lettera a Leone diacono2.
Quest’epistola dunque dice che l’emiro, su uno dei punti più elevati della città vecchia (chiamata Cassaro da al-
Qasr), dialogava seduto dietro un velo, ma non specifica se ciò accadeva in uno spazio aperto o all’interno di
un edificio in muratura. Ci dice inoltre che una strada ampia (platea) univa il luogo della disputa con la
prigione.
E’ abbastanza nota la fonte che accenna alla ribellione della popolazione nel 909-910 contro al-Hasan b.
Ahmad b. Abi‘l-Khinzìr perché i suoi funzionari gravavano i cittadini di eccessive imposte. I cittadini si erano
affollati intorno al palazzo incendiandone le porte, tanto che l’emiro, per salvarsi, si era gettato dal proprio
edificio su quello di un vicino rompendosi una gamba. La facilità d’ingresso della popolazione e la caduta
dell’emiro su una costruzione vicina lascia supporre la presenza di un palazzo emirale con circostanti edifici

2
ROGNONI 2010, pp. 220-224. Un primo esame di questa lettera in: LAVAGNINI 1959-1960.

2
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civili nella città vecchia, anche se non chiarisce dove esattamente ubicare questi edifici rispetto al successivo
palazzo dei re normanni3.
Nell’autunno del 937 i Palermitani sollevatisi contro l’emiro Sàlim Ibn Rasid erano stati assediati nel
Cassaro vecchio. Il luogotenente Halìl ‘ibn ‘Ishàq ‘ibn al-Ward, entrato in città con un grosso esercito, aveva
ripristinato l’ordine e dato l’avvio alla costruzione sul porto della città nuova della detta al-Halisa (l’Eletta). Da
quest’anno in poi la sede del potere non sarà nel Cassaro ma alla Khalisa, il cui nome è rimasto oggi al
quartiere della Kalsa4.
Supposto che sulla sommità del Cassaro ci fosse il centro del potere degli Aghlabiti (830-910) e dei primi
Fatimiti, lo spettacolare rinvenimento della porta urbica del V secolo a.C. sotto la Sala del Duca di Montalto
riguarda più la storia della città punica che la storia del palazzo emirale5. Tuttavia, nel periodo kalbita (948-
1040) fu l’emiro Abu’l-Husayn Ahmad ibn Hasan ibn Abi’l-Husayn (952-969) che fece chiudere e proibì il
passaggio da questa porta a Ovest, detta di Ibn Qurhub (conquistatore di Palermo nell’831 o Ahmad Ibn
Qurhub che fu a capo di Palermo tra il 912 e il 916) e contemporaneamente fece aprire una nuova porta in
direzione nord-ovest, la Porta dei Giardini (Bab ar-riyad) come scrive il geografo Ibn Hawqal durante la sua
visita a Palermo intorno al 972 (riportata nel testo Surat al-ard del 977)6.
Alle notizie indicate da Ibn Hawqal si aggiungono i reperti islamici rinvenuti proprio durante gli scavi sotto
la Sala del Duca di Montalto, in particolare le ceramiche con colori sovrapposti chiamate jaspé o splashed
ware del X secolo, considerate le invetriate dipinte più antiche del mondo islamico. Questi reperti ceramici,
insieme ad altre ceramiche di esecuzione locale, documentano la frequentazione del sito prima della venuta dei
normanni (figg. 3-4)7.

Figg. 3-4 Reperti di età islamica recuperati durante gli scavi nella Sala Montalto di Palazzo Reale

Una riflessione s’impone: se Abu’l-Husayn Ahmad ibn Hasan fece chiudere una porta e ne fece aprire
un'altra perché la prima era esposta alle incursioni nemiche, questa porta di Ibn Qurhub originariamente era
su uno spazio pubblico divenuto privato e indifendibile per l’ampliamento degli edifici ?8.
Che nel punto più elevato del Cassaro ci fossero state delle costruzioni è suggerito anche dalla presenza di
un’altra porta urbica sul lato sud-ovest chiamata Bàb al-Abna’ e cioè verosimilmente Porta degli Edifici che il
viaggiatore geografo Ibn Hawqal considerò “la più antica della città” e l’anonimo trattato cosmografico
composto entro il 1050 (intitolato Kitàb garà’ib al-funùn) la descrisse come “una porta famosa”. Quanto fosse
antica e famosa non lo sappiamo, probabilmente risale allo stesso periodo delle mura urbane del V secolo a.C.
Inoltre, dove fosse ubicata questa Porta non lo sappiamo con certezza, ma da un documento in arabo e latino

3
DE SIMONE 2000a, p. 85. Ringrazio Adalgisa De Simone per aver letto e corretto il testo.
4
DE SIMONE 2000a, p. 83.
5
CAMERATA SCOVAZZO 1990, p. 100.
6
DE SIMONE 2000b. La porta rinvenuta sotto le Sala del Duca di Montalto non sarebbe la Bab al-Riyàd (la Porta dei Giardini) come precedentemente
sostenuto da D’ANGELO 2002, p. 14.
7
SACCO 2015, fig. 1.1.
8
Di parere diverso Alessandra Bagnera che ritiene la chiusura della porta una indiretta conseguenza del riscritto, emanato da al-Mu‘izz nel 966-967, sul
rafforzamento delle difese delle città: BAGNERA 2013, p. 76.

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più tardo (1187) apprendiamo che la Porta si apriva in direzione della chiesa di Sant’Andrea de Bebene
(alterazione di Bab al-Abnà’) in Kemonia, chiesa nel 1620 abbattuta insieme all’Ospedale di Santa Maria de
Itria per aprire la nuova Porta di Castro lungo la seconda cinta delle mura9 (fig. 5).

Fig. 5 Mappa ricostruttiva del Cassaro e della Galca (tratteggio: probabili mura urbiche; puntinatura: possibili
percorsi stradali. 1) Palazzo dei re normanni; 2) Chiese di Sant’Adrea di Bebene e di Santa Maria de Itria; 3) Chiese
di Santa Maria de Picta, Santa Barbara de Galca e di San Giovanni de Galca; 4) Chiesa di San Costantino de plano; 5)
Torre Campanaria della Chiesa Madre e Porta Coperta; 6) Palazzo Castrone - Santa Ninfa e Chiesa di S.Thomas de
Conterborio (Canterbury)

Dopo la caduta del Kalbiti (948-1053) e fino all’insediamento a Palermo di Ruggero di Altavilla, la città era
amministrata da un consiglio (giamà‘a) di sceicchi (shuyùkh) insieme agli uomini di religione, ai giuristi e agli
stessi figli delle famiglie dei tuggiàr che possedevano delle navi e si dedicavano al trasporto a lunga distanza
commerciando i prodotti del Mediterraneo orientale (la nave Shaykhi, degli sceicchi di Palermo, effettuò un
carico in Egitto nel 1037-1038)10. Questo documento non riguarda affatto il palazzo, ma è importante dal punto
di vista archeologico. Dimostra infatti l’attività di questi mercanti della Sicilia con il Mediterraneo Occidentale
ed il Vicino Oriente. Conferma la provenienza da Egitto, Siria, Persia islamica di alcuni reperti di scavo del X–
XI secolo rinvenuti di recente durante indagini di archeologia urbana11.

Periodo normanno
Cronisti e diplomi
Sono più d’uno i cronisti e i biografi dei normanni Ruggero conte di Calabria e Roberto duca di Puglia
concordi nel sostenere che, dopo la conquista di Palermo nel 1071, i due fratelli scelsero come loro dimora il
punto più elevato della città. Goffredo Malaterra riferisce che il duca Roberto rafforzò un precedente “castello”;
Amato di Montecassino sostiene che il duca scelse il luogo più alto e fortificato per edificare “une forte roche”;
Guglielmo di Puglia precisa che i due fratelli normanni fecero costruire “castelli” (uno vicino al mare ed uno in
un luogo alto) forniti di acqua e viveri per sistemarvi le truppe12. Insomma, gli Altavilla trovarono un luogo alto
ed ancora solido in cui ripararsi e difendersi, provvisto di sorgenti, ed in questo luogo fortificato accumularono
derrate alimentari e fecero coniare le prime monete di consistente valore, quali simboli del loro potere13.
Un diploma del 1112, rilasciato in thalamo superioris castri nostri dalla contessa Adelasia assieme al figlio
Ruggero a favore di Gualtiero vescovo, confermava tutti i precedenti privilegi della Chiesa di Palermo14. Questo

9
DE SIMONE 2000b, p. 120; JOHNS 2004, p. 445; LONGO 2014. Questo autore a p. 93 nella fig. 1 lettera b ritiene che la Bab al-Abnà’ doveva trovarsi
dal lato ovest della cinta muraria.
10
BRESC 2012b, p. 59 che lo desume da GOITEN 1983, p. 98.
11
Per esempio, le particolari ceramiche di età islamica rinvenute nello scavo in Piazza Bologni: ALEO NERO et alii 2014, pp. 247-258.
12
GOFFREDO MALATERRA, De rebus gestis, libri VI, XLV; AMATO DI MONTECASSINO, Storia dei Normanni, libri V, XXIII; GUGLIELMO DI
PUGLIA, Le gesta di Roberto il Guiscardo, libro III.
13
DE LUCA 1998, p. 317, nn. 1-4; DE LUCA 2003, pp. 250-251, Tav. LXXVI. Solo una delle prime monete d’oro battute dal conte Roberto porta
l’iscrizione Siqilliyya, ma tutte sono ritenute coniate.
14
BRUHL 1987, p. 8 doc. 3, 12 giugno 1112.

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termine thalamo (inteso come letto, appartamento) nel castello superiore, così indicato per distinguerlo dal
castello inferiore vicino al mare, conferma che Adelasia del Vasto, vedova del gran conte Ruggero, regnava,
dopo lo spostamento a Palermo, nel thalamo/abitazione in qualità di reggente del minore e futuro re Ruggero
II.
Al-Idrisi geografo
Al-Idrisi nel suo trattato di geografia (terminato verso il 1154) chiamato Libro di Ruggero e intitolato al
sovrano normanno che ne aveva ordinato la composizione, dedica un importante passo alla descrizione di
Palermo, la città più importante del regno normanno. Sono riportati qui di seguito dei brani sul palazzo
desunti dalla recente traduzione e versione di Henri Bresc e Annliese Nef: “Palermo si compone di due parti: la
parte detta al-Qasr (il Cassaro) e quella chiamata al-rabad (il sobborgo). Il Cassaro è la vecchia città fortificata
rinomata nel mondo. […] Quanto al sobborgo, esso costituisce un'altra città e circonda la prima da tutti i lati, vi
si trova la città “vecchia” chiamata al-Khalisa dove risiedevano il sultano e le élite musulmane. [….] Il Cassaro,
la parte più difesa e più elevata, può resistere agli attacchi ed è di fatto imprendibile. Alla sua sommità è un
edificio munito (hisn) costruito recentemente dal grande re Ruggero e realizzato con enormi blocchi di pietre
da taglio ricoperte di mosaici. Le mura del Cassaro sono bene allineate ed elevate, le sue torri ed i suoi posti di
guardia sono d’una costruzione molto solida, così come i differenti palazzi e le sale a ridosso. Queste ultime
sono ornate da motivi calligrafici di grande meraviglia e ricoperti da pitture notevoli”15. Al-Idrisi si limita a
sostenere che entro le mura della città vecchia (al-Qasr) c’era il castello (hisn) dove risiedeva il re normanno;
dentro le mura della città esterna c’era stata la cittadella dei musulmani chiamata Khalisa.
Sappiamo che il palazzo non era isolato e un documento latino del 1167 descrive lo scambio di case tra un
castellano ed un cantore: Eutropius cantore della cappella palatina e Ansaldus castellano del palazzo reale
(questa volta palazzo e non castello) si scambiarono le case nella Chalca di Palermo. I testimoni del documento
sono interessanti: Matteo (di Salerno?) domini regis magister notarius et familiaris; il gaito Riccardo domini
regis magister camerarius et familiaris; il gaito Martino magister camerarius et familiaris; Enrico Martellus
canonico della cappella; Roboaldo canonico della cappella; Walter diacono di Agrigento e canonico della
cappella reale; Gerardo sottocantore della cappella; Falco e Baldovino canonici della cappella16. Un nutrito
numero di familiares regis, di canonici, cantori, notai e camerari che indicano la vitalità e la frequentazione
della cappella e del palazzo. Inoltre, per la prima volta viene nominato il toponimo Chalca o Galca a designare
lo spazio che conteneva il palazzo, la cappella reale e le costruzioni annesse. Il termine, verosimilmente non
arabo ma greco, indicava, per metonimia, l’intero complesso che fungeva da vestibolo del palazzo17.
La costruzione delle mura della Galka aveva spezzato il rapporto del palazzo con la simat al-balàt o platea
marmorea [cassari]. Lungo queste mura sono documentate due porte: a Nord la Porta Cooperti o Porta
Galkule presso la Torre Campanaria della Chiesa Madre e a Sud la Porta Galke, dalla parte della chiesa di San
Costantino de plano, successivamente chiamata Porta Trabocchetti, non la chiesa attuale dedicata a
Sant’Elena e Costantino18 (fig. 5). Le due porte urbiche non erano sullo stesso asse: la Porta Coperta era più
avanzata verso la città. Sull’andamento rettilineo o tortuoso delle mura della Galca non sappiamo nulla perché
demolite e le pietre vendute nel 1422 dal castellano del palazzo19. Saranno state pietre ben squadrate e quindi
riutilizzabili, non “pietre rotte” e informi. Quanto alla viabilità dentro la Galca, conosciamo che la via Pissottus,
citata in documenti del XIII e del XIV secolo20 e non nei secoli precedenti, era una strada pubblica
probabilmente parallela alle mura e alla fronte del palazzo.
Non abbiamo alcun documento che descriva o almeno accenni ad una terza porta al centro delle mura della
Galca che immetteva nel cuore del Cassaro attraverso la platea marmorea (l’odierna via Vittorio Emanuele).
Bisognerà aspettare la distruzione delle mura della Galca (1422) per riunificare le due parti della città vecchia
con l’apertura, dal 1430 in poi, del portico meridionale della Chiesa Madre e la costruzione del nuovo Palazzo
Arcivescovile. Promotore di tali opere era stato Simone da Bologna arcivescovo e presidente amministrativo
del regno durante l’assenza del viceré21.
Hugo Falcandus storico e cronista
E’ risaputo che la migliore descrizione della città di Palermo, del palazzo dei re normanni e delle strutture
agricole della campagna circostante22 sia quella di Hugo Falcandus o Hugo Foucaud abate di Saint Denis dal
1186 al 119723. Intorno al 1189-90 egli scrisse una Epistola ad Petrum Panormitane ecclesie thesaurarium de

15
IDRISI 1999, pp. 308-309 che ripropongono con parole nuove le espressioni di AMARI 1982, vol. I, pp. 59-60.
16
JOHNS 2002, doc. 11, p. 319.
17
SCARLATA 2003, pp. 171-181.
18
PEZZINI 2013, p. 207; CUSA, I, Palermo 1868 vol. I, doc. anno 1183, pp. 109-110. Ringrazio Elena Pezzini per le sue correzioni e suggerimenti.
19
BRESC 2012a, p. 49, nota 85.
20
DI GIOVANNI 1890, vol. II, che lo desume da GAROFALO 1835, p. 59 anno 1325, p. 60 anno 1329, p. 61 anno 1333 in ruga majori prope pissottum.
Un secolo prima, nel 1236, era stato concesso in enfiteusi perpetua un casale alla Galca in ruga Pissottuli per l’annuo censo di 4 tarì: BURGARELLA
1978, p. 69 doc. 4.
21
BRESC, BAUTIER 1977; BRESC 2012b, doc. del 1455 alle pp. 76-78.
22
ZECCHINO 2003, vol. I, p. 372.
23
HOOD 1999.

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calamitate Sicilie nella quale ricordava i fasti del buon governo di re Guglielmo I (1154-1166) ed esortava i
Siciliani, cristiani e musulmani, all’unità di fronte all’incombente pericolo tedesco (Enrico IV di Svevia che si
apprestava ad invadere l’Isola)24. Questa lettera accompagnava il Liber de regno Sicilie che raccontava le
sventure subite dalla Sicilia durante il regno di Guglielmo I e la minore età di suo figlio Guglielmo II (re dal
1166 al 1189). Inoltre, Hugo Falcandus si dichiarava testimone del terremoto del febbraio del 116925.
Palermo era la città che Hugo Falcandus conosceva più delle altre città dell’isola rappresentate nella stessa
“Lettera a Pietro Tesoriere”. Egli scrive: “la città alta [è] occupata dal palazzo nuovo [il palazzo dei re
normanni] costruito con accuratezza in pietre squadrate. Circondato all’esterno da ampia cerchia di mura e
sfarzoso all’interno per lo splendore di gemme e di oro, ha da un lato la Torre Pisana [a Nord] riservata alla
custodia dei tesori, dall’altro la Torre Greca [a Sud] (fig. 6) che sovrasta quella parte della città che è detta
Kemonia. Rende poi rinomato lo spazio intermedio quella sezione del palazzo che è detta Joharia26 dotata
della maggiore eleganza, bellezza e scintillante per la sontuosità degli ornamenti, e che il re, quando voleva
concedersi alla quiete e all’ozio, era solito in privato frequentare”27.

Fig. 6 Pianta del Palazzo con evidenziate le parti più antiche. Da DI STEFANO G. 1955 ,   Monumenti della
Sicilia normanna. Palermo, tav. 137

Inoltre, sosteneva Hugo Falcandus, a “chi entra nel palazzo dalla parte che guarda la città [da Est] si offre
per prima la Cappella Regia che, rivestita di un pavimento di splendida fattura, ha anche le pareti decorate in
basso con lastre di marmo, in alto invece con tasselli musivi, alcuni dorati, altri di vari colori, che mostrano
dipinta la storia del Vecchio e del Nuovo Testamento. Adornano poi il soffitto ligneo di notevole altezza la
sorprendente leggiadria dell’intaglio, la splendida molteplicità di pitture e il fasto dell’oro che brilla da ogni
parte”28. Ne parla come se l’avesse a lungo frequentata.
Quando descrive le strade che dal palazzo si diramano e percorrono tutto il Cassaro vecchio nella sua
lunghezza indica tre vie principali. “Quella di mezzo, detta vicus marmoreus e riservata alle mercanzie, si
estende dalla Via Coperta fino al Palazzo Arabo e alla Porta Inferiore. L’altra [conosciuta come sherà nord] si
allunga dalla Torre Pisana, attraversa la Via Coperta fino al Palazzo dell’Arcivescovo accanto alla Chiesa
Madre, raggiunge la Porta Sant’Agata, si allunga fino al foro dei Saraceni per congiungersi poi con la Via

24
Pietro Indulsus testimone in un diploma del 1167 o Pietro de Blois in Sicilia dal 1166 al 1169 ?, D’ANGELO 2009, pp. 338-342.
25
TRAMONTANA 1988, pp. 134-143.
26
Da Gawhariyya = preziosa: DE SIMONE 2000a, p. 83.
27
TRAMONTANA 1988, pp. 134-135.
28
TRAMONTANA 1988, pp. 136-137.

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F.  D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

Marmorea. La terza [sherà sud] incomincia dall’Aula Regia che sta sotto il palazzo e si estende fino alla
cappella dell’Ammiraglio e quindi verso la Porta della città”29. Aula Regia che viene identificata con la Sala
Verde il cui soffitto crollerà nel 1340 (fig. 5). Lo stesso anno del crollo la Curia cittadina scriveva al re
aragonese che risiedeva a Catania rievocando i fasti degli antichi sovrani normanni e supplicava il re di far
restaurare questo insigne monumento del passato30.
Non essendoci alcuna porta al centro delle mura della Galca, dalla Porta Coperta si andava verso due
direzioni: verso la platea marmorea [cassari] e, non sappiamo come, in direzione dell’odierno palazzo
Castrone-Santa Ninfa (in origine della famiglia Crastono), della chiesa di S. Thomas de Conterborio (nel Vicolo
del Lombardo) edifici qui scelti come punti di riferimento nel Cassaro; l’altra direzione, la più diretta,
percorreva la sherà nord verso la Chiesa Madre e la Porta Sant’Agata (fig. 5).
Hugo Falcandus descrive poco del palazzo. Nomina le mura che lo circondavano e ne menziona gli ambienti
iniziando dalla torre Pisana che sta a Nord per giungere alla torre Greca a Sud. Fra lo spazio di queste due torri
nomina la Joharia, poi descrive dettagliatamente la Cappella e alla fine nomina, incidentalmente perché da lì
parte una strada, l’Aula regia (fig. 6). La stessa parsimonia usa nella descrizione della città vecchia: accenna
solo a due porte urbiche: “la porta sul Kemonia” (Porta Bebene) e “la porta inferiore” (Porta Maris o la vicina
Porta Bebilbacal) (fig. 5). Tre strade principali su due delle quali, lungo le shere laterali, elenca le abitazioni
degli ammiragli, dei cancellieri, delle élite di sua conoscenza e frequentazione. Della strada centrale non
descrive nulla. Lungo la platea marmorea agli inizi del’200 sono documentati articolati complessi rurali
(giardino, pozzo e senia) e abitativi (magna domus e chiesa) insieme31. Malgrado ciò, Hugo Falcandus è il
primo storico di quell’epoca che dà maggiori informazioni sulla città e sul palazzo dei re, anche se limitate e
insoddisfacenti.
Ibn Giubayr viaggiatore e pellegrino
Altra fonte abbastanza nota è quella di Ibn Giubayr, viaggiatore e scrittore andaluso che nel 1183-1184, nel
suo itinerario verso la Mecca e ritorno, visitò Palermo durante il regno di Guglielmo II e la descrisse stupefatto
nel suo resoconto di viaggio (Rihia) ora citato sulla base della traduzione da Jeremy Johns: “Stavamo per
entrare in città [Palermo] quando fummo fermati e condotti alla porta vicino ai palazzi del re. Fummo condotti
davanti al mustakhlaf (forse un vicecomes) così che potesse chiedere dello scopo del nostro viaggio perché
questa era la loro prassi con ogni straniero. Attraverso spazi aperti, porte e corti reali, ammirammo palazzi con
le torri squadrate, giardini e anticamere (? al-maratib) occupate da personale di servizio che abbagliarono i
nostri occhi e confusero i nostri pensieri, finché riportarono alla mente le parole di Dio Grande e Potente
(omissis versetti del Corano). Tra le cose che vedemmo c’era una sala (maglis) in una spaziosa corte circondata
da un giardino e i lati occupati da colonnati (balatat). La sala occupava l’intera lunghezza della corte e noi ci
meravigliammo della sua estensione e dell’altezza delle sue logge. Poi ci fu detto che qui il re pranzava con la
sua corte. Questi colonnati e le anticamere sono dove i suoi giudici, gli addetti al suo servizio e gli
amministratori siedono in sua presenza”32.
Questa grande sala non dovrebbe essere una ex moschea. Se lo fosse stata Ibn Giubayr, andaluso, l’avrebbe
riconosciuta e avrebbe criticato i re normanno-cristiani che le avevano tolto il carattere di sacro.
Non sembra che Ibn Giubayr sia entrato nella Galca dalla Porta Coperta, in questo caso avrebbe parlato di
questa particolare strada. Arriva a Palermo dal lato Kemonia e viene condotto alla porta attigua ai palazzi del
re. Infatti, della Porta Coperta parlerà all’uscita del palazzo per raggiungere la Chiesa Madre nel Cassaro.
Avevamo detto che non dovrebbe esistere una porta al centro delle mura della Galca in corrispondenza della
platea marmorea, ma se fosse esistita e Ibn Giubayr l’avesse varcata avrebbe raggiunto le tre chiese sotto la
Torre Pisana: Santa Barbara de Galca, Santa Maria de Picta e San Giovanni de Galca (fig. 5), tutte abbattute
nel 1648 per la costruzione del baluardo del cardinal Trivulzio33.
Il palazzo occupava soltanto l’angolo sud-ovest e dunque il pellegrino potrebbe essere entrato dalla Porta
Galka accanto la Chiesa di San Costantino de plano o, con maggiore probabilità, dalla Porta al-Abnà’/Bebene.
Dopo queste osservazioni siamo certi che Ibn Giubayr entrò nella Galca dal lato sud (dalla parte opposta del
modo di riferire di Hugo Falcandus) vide la Sala o l’Aula regia dall’esterno e fece di essa una descrizione piena
di elogi e più dettagliata di quella di Hugo Falcandus. Una Sala in una corte circondata da un giardino e i lati
occupati da colonnati. Sala lunga e alta, dove banchettava il re e si sedevano giudici e amministratori. Dopo
l’Aula Ibn Giubayr percorse la parte antistante al palazzo, sempre in direzione nord, e non si accorse della
Cappella Palatina (ma il giorno di Natale del 1184 visitò la Cappella di Santa Maria dell’Ammiraglio). Passò un
altro controllo e uscì attraverso la Via Coperta alla ricerca di un fondaco (fig. 5)34.

29
TRAMONTANA 1988, pp. 138-139.
30
Acta Curie Felicis Urbis Panormi, 7, 2007, doc. 40 p. 58.
31
PEZZINI 2013, p. 223, nota 130.
32
JOHNS 2002, p. 214; AMARI 1982, vol. I, p. 155.
33
LIMA 1997, p. 30. La costruzione di baluardi di difesa rivolti verso la città dimostra che il palazzo è stato, dai fatimidi ai viceré, facilmente
aggredibile dai cittadini in rivolta, vulnerabile, quasi una trappola.
34
JOHNS 2002, p. 215; AMARI 1982, vol. I, p. 156.

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F.  D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

Uscendo dalla Porta Coperta traversò la parte nord della Galca che conteneva edifici civili pertinenti al
palazzo (Palazzo degli Schiavi, Corte Vicecomitale) edifici religiosi (Santa Maria Magdalena, San Paolo de
Galka, San Giacomo de Masara, Santa Barbara de Grecis) e, dall’appellativo dato ad una delle chiese,
probabilmente anche una masara (frantoio per canna da zucchero). Fuori le mura della Galca sono
documentati due fondaci in due distinte pergamene greche. In quella del 1153 Leone de Bisiniano possedeva
un recinto denominato “il fondaco” comprendente: sette case terranee, pagliera, pozzo, e terreno piantato con
alberi nel mezzo, nella strada detta misit de Sipene (Moschea di Sibyàn ?) nel Cassaro vicino Porta Galca (lato
San Costantino de plano) e fuori le mura della Galca. Nella pergamene del 1160 l’altro fondaco, detto “il
fondaco dei Calogeri”, confinava con una casa posta nella parte esterna del muro della Galca (ma non è chiaro
dove)35.
Recenti saggi di scavo eseguiti nel 2011-2013 sul lato sud di Piazza della Vittoria, hanno restituito
frammenti di anfore sovradipinte, olle da fuoco, coppe invetriate policrome di dimensioni ridotte databili
nell’ambito del X – metà XI secolo e, in una cavità sub cilindrica, una notevole quantità di vinaccioli, insieme a
squame e lische di pesce, ossa di piccoli animali, carboni36. I saggi di scavo di Piazza della Vittoria potrebbero
avere intercettato il fondaco di Leone di Bisiniano vicino Porta Galca.
Non possiamo sapere quale fondaco Ibn Giubayr abbia frequentato, mentre constatiamo che dell’Aula regia
da lui descritta non è rimasto nulla. Non è facile ricostruire da una descrizione, anche se dettagliata, questa
parte congiunta al Palazzo tra la Torre Greca (abbattuta nel 1565-1568 dal viceré Garcia de Toledo) e la Torre
Pisana (fig. 6). L’Aula regia poteva far parte degli edifici delle origini, quelli più antichi, riadattati dai sovrani
normanni ?
Periodo svevo e aragonese
Pietro da Eboli e una cronaca aragonese
Completa la descrizione dell’Aula la rappresentazione
poetica e iconografica di Petrus de Ebulo poeta
mediolatino che tra il 1194 ed il 1197 dedicò a Enrico VI il
Liber ad honorem Augusti conosciuto anche come De
rebus siculis carmen in cui sono esaltate le imprese
dell’imperatore svevo in Sicilia. I versi narrano di un
atrio scoperto denominato teatrum che precede una
domus/aula sostenuta da quaranta colonne: “il teatrum
precede l’edificio in pieno sole/ al centro del quale la
fontana/ l’aula poggia su quaranta colonne [ripetute a
dieci a dieci]”. Il testo poetico è poi accompagnato da
una serie di immagini colorate, non di fantasia ma
aderenti alla realtà, in quanto l’autore sarà stato a
conoscenza dei luoghi di riferimento e dei fatti realmente
accaduti37. Nella miniatura 97r dello stesso Carmen
descrive la malattia e morte di Guglielmo II: vi si leggono
una fila di colonne e archi al piano terra ed un’altra al
piano elevato, dove le funzione private dei reali sono rese
pubbliche. La parte superiore di questa figura descrive
una situazione molto particolare: vi è “esposta” l’agonia
del sovrano e, nella immagine successiva, la morte dello
stesso sovrano come si addice ad una figura pubblica.
Nelle arcate inferiori è rappresentata tutta la comunità
del palazzo: famigli, conti, baroni e signori della Curia
ben distinguibili nei loro abbigliamenti. Alla destra della
miniatura sono raffigurate il campanile e l’altare della
Cappella Palatina. Sul tetto sono poste delle torri con dei
trabucchi disarmati (fig. 7).
Nella prima metà del ’200 il palazzo era frequentato
da Federico di Svevia bambino e dai suoi custodi. Infine, Fig. 7 Petrus de Ebulo, Liber ad honorem Augusti,
miniatura 97r “malattia e morte di re Guglielmo”
nel 1283, in occasione della venuta della regina Costanza
con i figli Giacomo e Federico, la regina si mostrava ai
cittadini nella Sala Verde, sugli scanni predisposti,

35
PEZZINI 2004, p. 206 e note 41 e 42 che ricava le informazioni da CUSA 1868-1882, pp. 31-32, reg. 92 a p. 720; pp. 661-662, reg. 100 a p. 722. Cfr.
anche CARACAUSI 1983, pp. 293-295, nota 281.
36
ALEO NERO, DI MAGGIO 2015.
37
PIETRO DA EBOLI, nella versione di DE ROSA 2000; KOLZER et alii 1994.

8
F.  D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

mentre gli altri convenuti trovavano posto sui tappeti stesi a terra38. Si trattava di Costanza figlia di Manfredi
di Svevia andata sposa a Pietro d’Aragona re di Sicilia.
Chi erano mai questi cittadini che venivano ad osservare la regina nell’Aula regia (allora Sala verde) ? Non è
facile a dirsi e dobbiamo fare un passo indietro nel tempo. Nel 1168 i nobili, ritenutisi vessati da Stefano di
Perche, cancelliere del regno e arcivescovo, avevano sobillato alla rivolta gli abitanti dei pressi della Via
Coperta e della via marmorea [cassari]. Su invito dei vescovi e di altri che erano venuti per [liberarlo] e
confortarlo, re Guglielmo I scese nell’Aula attigua al palazzo e ordinò che si facesse entrare più gente possibile,
almeno per quanto l’ampiezza del locale ne riusciva a contenere39. Nel caso della regina Costanza i cittadini che
la osservavano saranno stati gli abitanti della shera nord e del Cassaro. Questa è l’ultima descrizione dell’Aula
regia o Sala verde in età medievale. Da questa cronaca è chiaro che nel 1283 la Sala verde era ancora intatta,
ma i sovrani aragonesi non abitarono il palazzo e, insicuri anche della città, si trasferirono a Catania. Sappiamo
già che il soffitto dell’Aula crollerà parzialmente nel 1340.

Considerazioni finali
I sovrani normanni non si erano isolati dal mondo esterno: ricevano visite da uomini di cultura dal Nord
Europa cristiano e dal Medio Oriente musulmano; il palazzo era osannato per la sua vastità e lo splendore delle
decorazioni, ma sempre sommariamente descritto.
Molte pubblicazioni contemporanee descrivono il palazzo e mostrano una pianta composta da diversi
edifici, ma le parti più antiche del palazzo sono poche: il ventaglio delle Carceri Politiche, la Cappella Palatina,
la Stanza di Re Ruggero e la Torre Pisana. Gli altri ambienti sono del ‘400, e soprattutto del ‘500 e ‘600 (fig.
6)40.
Nell’angolo sud-ovest del Palazzo, gli ambienti disposti a ventaglio e rinserrati tra spesse mura sono
considerati originali e ritenute prigioni politiche. Alcuni studiosi sostengono che questi ambienti non possano
ritenersi prigioni ma non suggeriscono interpretazioni alternative. L’angolo nord-ovest del prospetto
posteriore è l’unico tratto originale chiaramente distinguibile.
La Cappella Palatina è l’anima del palazzo, l’ambiente mistico. Un edificio splendido con il soffitto ad
alveoli e muqarnas dipinti in buone condizioni di conservazione. Essa è stata indagata in tutti i suoi aspetti, tra
gli ultimi studiosi da Vlado Zoric’ che ha studiato la chiesa inferiore come prima cappella del palazzo; ha
ritrovato il numero originario delle finestre e la loro esatta disposizione; ha evidenziato la struttura
autoportante del soffitto; ha descritto le porte bronzee. Infine, in occasione del restauro del soffitto dipinto, ne
sono state ulteriormente studiate e analizzate le strutture41.
La stanza di Ruggero è ritenuta da alcuni studiosi la Joharia “dal re in privato frequentata” secondo Hugo
Falcandus. Nella Stanza di Re Ruggero le pareti e la volta sono mosaicate con scene di caccia, figure
mitologiche e creature animali, simboli tutti di regalità, che rispondono ad una rigida simmetria speculare.
Tuttavia, Maria Andaloro che studia le arti parietali del periodo normanno ha mostrato che questi mosaici non
sono paragonabili per stile e splendore alla vivacità delle immagini delle storie apostoliche della Cappella
Palatina, alla brillantezza degli alberi frondosi della Cappella dell’Ammiraglio42.
La Torre Pisana, nome derivato dal persiano pìshàne (vestibolo, avansala)43, ha subito nel tempo numerose
manomissioni. La facciata, sul lato che guarda la città, ha sostenuto modifiche e rifacimenti. Il piano terra si
raggiunge da un ingresso laterale che conduce alla colonna delle scale (lato sud-ovest) con gradini in cotto
sostituita con un ascensore che porta ai tre piani. Il primo piano era destinato alla custodia del tesoro reale ed
ogni angolo della stanza contiene delle recenti giare semisepolte, piano oggi utilizzato come archivio e
biblioteca. Il secondo piano di notevole altezza, con le pareti ornate di minuscoli resti di mosaico, volte a
crociera, una nicchia decorata con muqarnas, è ora adibito a studio del presidente dell’Assemblea Regionale.
Nell’ulteriore piano è posto uno storico Osservatorio Astronomico.
Sull’Aula regia, cuore artistico, politico ed economico del palazzo, le fonti dirette sono tre: Hugo Falcandus
“nomina” l’Aula ma non la descrive, Ibn Giubayr “descrive” in modo particolareggiato un atrio davanti all’Aula,
magnificata per la lunghezza e l’altezza dei loggiati, Pietro da Eboli la “ritrae” in più miniature. Queste tre fonti
si integrano a vicenda, ma qualche confusione resta. Abbiamo osservato che non è facile collocare
correttamente l’Aula tra le due torri (di cui una scomparsa): “sotto il palazzo” da cui si dirama “la terza via”
(lato Kemonia) per Hugo Falcandus; “tra le tante cose viste” secondo Ibn Giubayr. Un edificio con colonne,

38
SCARLATA 2007, p. 232 nota 83, che trae la notizia da Crònica de Rasmon Muntaner, in Les quatre grans crònique, prologo e note di SOLDEVILLA
1983, cap. XXIC, p. 754.
39
UGO FALCANDO, Introduzione, traduzione e note di LO CURTO 2007, pp. 140-141.
40
La Torre Chirimbi è nominata da Claudio Maria Arezzo nel 1537 nel suo De situ Siciliae ma non si comprende a quale delle torri esistenti o meno si
riferisca. La Torre Rossa è citata nel 1553 da Fazello in De Rebus Siculi e non è chiaro se fosse una torre di osservazione o a guardia della porta sud
del palazzo: DI GIOVANNI 1889, vol. I, pp. 29-30.
41
ZORIC’ 1998a; ZORIC’ 1998b; ZORIC’ 2005; ZORIC’ 2006. Inoltre: DITTELBACH, SACK 2005.
42
ANDALORO 2003, pp. 184-211, in particolare pp. 184-195.
43
ZORIC’ 2014, p. 99.

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F.  D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

fontana e marmi pregiati dove il re banchettava e governava doveva trovarsi protetto dalle mura del palazzo o
ai suoi margini per difendere i sovrani dalle congiure di conti e baroni e dalle rivolte popolari.
Sappiamo che Ibn Giubayr entrò nella Galca dalla porta a Sud in corrispondenza con la Porta di Bebene,
oltrepassò porte e corti ampie e vide lo spiazzo con i portici e l’Aula. “Chi entra nel palazzo dalla parte che
guarda la città” scriveva Hugo Falcandus (ingresso ancora esistente sul lato sud-est) “si offre per prima cosa la
Cappella”. Ibn Giubayr davvero non si accorse della Cappella o soltanto non la nominò? In tutti i casi è
difficoltoso ora posizionare l’Aula. Intanto non poteva trovarsi distante dalle mura che circondavano e
difendevano il palazzo se nel 1161 re Guglielmo I, liberatosi dai nobili che lo avevano fatto prigioniero, scese
nell’Aula attigua al palazzo e ordinò che si facesse entrare più gente possibile44 e se nel 1283 la regina Costanza
anch’essa si mostrò ai cittadini dall’Aula regia o Sala verde sugli scranni predisposti.
Anche se l’Aula regia non c’è più e non sappiamo esattamente dove fosse, Adalgisa De Simone ha provato a
visualizzare, idealmente e attraverso una rassegna lessicale, l’Aula (chiamata maglis nel documento arabo):
una basilica preceduta da un atrio porticato con al centro una fontana, forse identificabile col Teatrum
imperialis palacii raffigurato da Pietro da Eboli nella carta 142r in cui il cancelliere riscuote l’omaggio di
delegazioni straniere e nella parte superiore della miniatura 97r dello stesso Liber che descrive in maniera
pubblica la malattia e morte di Guglielmo II (fig. 7)45.
Di recente, marzo – aprile 2016, in occasione della realizzazione del nuovo ingresso turistico al Palazzo dei
re normanni, la Sezione Archeologica della Soprintendenza di Palermo ha eseguito dei saggi di scavo all’altezza
del grande portale seicentesco su Piazza del Parlamento. Gli scavi hanno evidenziato il tratto di una possente
cortina muraria a doppio paramento spessa più di 5 m che si conserva in elevato per 2 m, ha orientamento
nord-ovest – sud-est e poggia su un preesistente basamento sporgente 1 m ca. (fig. 8). La cortina fu
rimaneggiata per permettere l’apertura di una porta ampia poco più di 3 m di cui si distinguono i due stipiti.

Fig. 8 Cortina muraria normanna al di sotto del portale su Piazza del Parlamento, sulla sinistra in basso, strutture
precedenti alla costruzione del muro. Ala Maqueda, scavo 2016

44
UGO FALCANDO, introduzione, traduzione e note di LO CURTO 2007, pp. 140-141.
45
DE SIMONE c.d.s.; DE SIMONE 1996, pp. 20-21 e 58-59.

10
F.  D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

Al paramento interno della cortina muraria si appoggiavano una serie di strati relativi al cantiere
normanno. Si tratta di livelli relativi alla costruzione del muro databili tra la fine dell’XI e l’inizio del XII
secolo46.
Guglielmo di Puglia, in Gesta, riferisce che Roberto il Guiscardo “fece munire i castelli di robuste mura
affinché le sue truppe fossero al sicuro dai Siculi, e li provvide di pozzi e di viveri indispensabili”47. Queste
mura rinvenute dalla Sezione Archeologica sono tra quelle dei castelli fortificati da Roberto il Guiscardo?
I documenti di archivio segnalano che le domus delle grandi famiglie normanne concentrate lungo le mura
del Cassaro erano provviste di una cloaca o di un bagno. La domus di Matteo Aiello, poi chiesa e monastero di
Santa Maria dei Latini o del Cancelliere, era anche dotata di un bagno48. Indagini archeologiche attestano un
impianto termale (hammam?) nei pressi del castello della Zisa49 e un altro nei pressi del Monastero di Santa
Maria la Nuova di Monreale50; pertanto, è probabile che anche nell’aerea del palazzo dei re normanni ci fosse
un complesso termale.
Le indagini di archeologia medievale restano lo strumento più promettente per conoscere il passato degli
articolati edifici che compongono il Palazzo, perciò è auspicabile che ogni intervento realizzato nel monumento
sia preceduto da indagini che possano aggiungere preziose informazioni per la ricostruzione di questo
formidabile palinsesto che fu la Reggia dei re normanni.

46
VASSALLO et alii 2018, pp. 2-5.
47
“Munia castrorum fecit robusta parari/ Tuta quibus contra Siculos sua turba maneret/ Addidit et puteos alimentaque commoda castris”,
GUILLAUME DE PUILLE 1961, livre III, pp. 337-339. Ruggero Longo suppone invece che le “forti mura” di Roberto si riferissero alle mura della
Galca: LONGO 2016, p. 243. Goffredo Malaterra e Guglielmo di Puglia usavano il termine “siculi” per indicare i musulmani di Sicilia: RIZZITANO
1977, p. 199, nota 29.
48
PEZZINI 2013, p. 224; GARUFI 1899, doc. LVIII pp. 137-146.
49
PEZZINI 2016; FALZONE 2015, p. 421 nota 3.
50
BONACASA CARRA et alii 2016, p. 101 figg. 5-6 n. 15 dormitorium magnum, antiquum, p. 107 figg. 9a-b suspensurae. Gli autori dell’intervento
storico-archeologico nel monastero ritengono questo particolare ambiente un calefactorium.

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F.  D’Angelo,  Palazzo  dei  re  normanni  

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