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La Scuola Siciliana
La Scuola Siciliana
siciliana
Abbiamo visto che la concezione dell’amor cortese si diffonde nel corso del XII secolo in
Provenza, ad opera dei trovatori provenzali, e che tale concezione corrisponde a una
visione della società e del mondo a suo modo rivoluzionaria: alla nobiltà di sangue si
sostituisce, cioè, l’idea di una nobiltà del cuore, che sopperisce all’assenza dell’altra.
Si tratta di una forma di compensazione del disagio sociale che coinvolge, in questo
momento storico, la società francese e tutta l’Europa.
Un drammatico evento storico, noto come Crociata contro gli albigesi¹ (1209-1229) fa sì
che molti abitanti della Provenza fuggano di lì e si disperdano recandosi in altri luoghi:
molti di essi valicano le Alpi e arrivano nel Nord Italia (dando origine a una letteratura
franco-veneta); altri si spostano più a sud, nell’Italia dominata dalla dinastia normanno-
sveva, a capo della quale c’è l’illustre e suggestiva figura di FEDERICO II.
¹La crociata contro gli Albigesi, nota anche come crociata contro i catari, fu indetta nel 1209 da papa Innocenzo III e terminò nel 1229
con lo sterminio di essi e con la distruzione della città di Albi e la devastazione di buona parte della Provenza. I catari sostenevano gli
ideali evangelici di povertà, umiltà e carità; essi erano altresì convinti che esistesse una netta divisione tra bene e male, tra spirito e
materia; predicavano anche il rifiuto del sacramento del battesimo ed erano convinti che non potesse esserci salvezza per coloro che
abbracciavano il culto professato dalla Chiesa di Roma. Furono considerati eretici e per questo perseguitati ed eliminati fisicamente.
Il codice dell’amor cortese
Abbiamo visto che l’amor cortese prevedeva un rituale
comportamentale e delle norme:
Si deve alla sua iniziativa la rivisitazione in lingua volgare dei temi e delle
forme della poesia provenzale che ha dato inizio alla lirica d'arte italiana. Egli
è considerato il "caposcuola" della cosiddetta SCUOLA POETICA SICILIANA.
La lingua dei poeti siciliani, così come è documentata dai manoscritti che la
tramandano, è essenzialmente un siciliano colto, depurato dagli elementi
municipali (locali) e idiomatici (un’espressione è definita idiomatica quando
riproduce un modo di dire tipico di un luogo, un proverbio, una frase fatta).
Nelle sue liriche il Notaro analizza l'amore come vicenda interiore, con
grande sottigliezza psicologica.
Amor è uno desìo che ven da core
1 Amor è uno desìo che ven da core 1-4 L’amore è un desiderio che proviene dal cuore per eccesso
(abondanza) di piacere (che la donna ispira); è generato
per abondanza di gran piacimento; prima di tutto dagli occhi e poi è alimentato (li dà
e li occhi in prima generan l’amore nutricamento) dal cuore.
e lo core li dà nutricamento.
3-4. li occhi... nutricamento: gli occhi sono il primo
strumento che fa nascere il sentimento mentre il cuore ha la
5 Ben è alcuna fiata om amatore facoltà di nutrire questa impressione di bellezza.
senza vedere so ’namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore 5-8 È vero (Ben è) che talvolta (alcuna fiata) è possibile
innamorarsi senza vedere la persona oggetto del proprio
da la vista de li occhi ha nascimento:
amore (so ’namoramento), ma l’amore che diventa passione
nasce solo dalla vista dell’amata.
ché li occhi rapresentan a lo core
10 d’onni cosa che veden bono e rio, 9-11 perché gli occhi trasmettono al cuore ogni che cosa che
com’è formata naturalmente; vedono buona o cattiva che sia, come è in natura;
e lo cor, che di zo è concepitore, 12-14 e il cuore, che elabora ciò (di zo è concepitore), immagina
e si compiace di quel desiderio: questo è l’amore che regna nel
imagina, e li piace quel desio:
mondo
e questo amore regna fra la gente.
Chi non avesse mai veduto foco di Jacopo da Lentini
1. no crederia … potesse: non crederebbe che può scottare.
1 Chi non avesse mai veduto foco
Crederia è condizionale siciliano, come sembraria (sembrerebbe)
no crederia che cocere potesse, al verso 3.
anti li sembraria solazzo e gioco 2-3.anti … lo so isprendore: anzi, gli sembrerebbe …. il suo
lo so isprendore, quando lo vedesse. splendore.
4. belli … cocesse: ben gli sembrerebbe che scotta molto.
5. Deo, che s’apprendesse!: Dio, magari si appiccasse!
5 Ma s’ello lo tocasse in alcun loco,
belli sembrara che forte cocesse: 6. che mi mostrate … tormento: che date l’idea di dar piacere
quello d’Amore m’à tocato un poco, amando, mentre a me imponete solo sofferenza.
7. vilania: ingiustizia.
molto me coce - Deo, che s’aprendesse! 8. vai gabando: ti prendi gioco (dell’amore).
9. a me … isbaldimento: a me che sono suo servo non concede
gioia. Isbaldimento da risbaldire = che dà allegria.
Che s’aprendesse in voi, madonna mia,
10 che mi mostrate dar solazzo amando, Risbaldire = [dal provenz. esbaudir, der. di baud «baldo, ardito»]
(io risbaldisco, tu risbaldisci, ecc.), Rallegrarsi: Tutta la corte
e voi mi date pur pen’e tormento . farai resbaldire, Se tu vorrai sonare esto
stromento (Iacopone); Quando vegio la rivera E le pratora fiorire,
Certo l’Amore fa gran vilania, ... E li auselli in ischiera Cantare e risbaldire (Bonagiunta); Qui
non se sente risbaldire oselli (Pascoli).
che no distringe te che vai gabando,
a me che servo non dà isbaldimento .
Elementi che contraddistinguono la fenomenologia
dell’amore per i poeti della Scuola siciliana
E’ evidente che il volgare siciliano [merita] fama superiore agli altri volgari, sia perché col nome di «siciliana»
viene indicata tutta la produzione poetica degli Italiani, sia perché troviamo che molti maestri nativi di Sicilia
hanno composto poesia elevata […]
L’imperatore Federico e il suo nobile figlio Manfredi, che furono signori grandi e illustri, mostrarono l’elevatezza
e la rettitudine della loro anima, dedicandosi, finché la fortuna lo permise, alle attività proprie dell’uomo e
sdegnando quelle da bestie. Fu per questo che chi era dotato di nobile cuore e ricco di doni divini cercò di star
accanto alla maestà di tali prìncipi; di conseguenza, tutto ciò che a quei tempi fu prodotto da Italiani di animo
insigne, nacque prima di tutto nella reggia di così grandi sovrani. La sede del trono regale era però in Sicilia, e
perciò avvenne che tutta la produzione volgare dei nostri predecessori fosse chiamata «siciliana»: nome che noi
conserviamo ancora e che neanche i posteri sapranno mutare.
6.Qual è stato il contributo
fondamentale di questa scuola
poetica?
Stefano Protonotaro da Messina (1230 Notaio e poeta presso la corte di Federico II.
circa)
Iacopo Mostacci da Messina (1260) Falconiere di Federico II, ambasciatore in Spagna per conto di
Manfredi (figlio di Federico II) e poeta.
1287)
Pier della Vigna (Capua 1190- 1250) Poeta e studioso di retorica e di diritto, fu alla corte di Federico
II dove ricoprì importanti incarichi politici (giudice, cancelliere,
alto funzionario).
Alla morte di Federico II, avvenuta nel 1250, l’esperienza della “Scuola siciliana” ebbe fine. I suoi poeti, legati al
mondo della “Magna curia”, non proseguirono la propria esperienza letteraria; molti di essi, si dispersero in altre
zone d’Italia. Il modello della Scuola sicialiana ebbe però un’influenza decisiva per la successiva lirica in volgare
toscano.
La maggior parte dei testi poetici della Scuola siciliana che leggiamo oggi sono frutto dell’opera di copisti
toscani della seconda metà del ‘200, che “tradussero” nel proprio volgare gli originali siciliani, di cui abbiamo
pochi testi originali.