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SBOBINA PRIMA LEZIONE FILOLOGIA ROMANZA   

6/10/21
(programma filologia per lingue: il tagliavini è il manuale di linguistica romanza, va studiato in
alcune parti/ il Brugnolo,Capelli è di letteratura ed è da fare anche questo in parte, poi c’è il
libro di Chiesa che è la critica del testo)    e poi il libro di D’agostino “lo spagnolo antico” per
gli ispanisti (questo è da studiare con intelligenza e non fa mai domande specifiche, fa
domande più generiche tipo “quali sono le popolazioni prima dei romani” oppure “esempio di
consonantismo e vocalismo”)

Come avviene l’esame: parte dal libro generale di tagliolini, la domanda di linguistica è a
sbarramento, quindi quel manuele è importantissim, conoscere le dinamiche che portano
alla formazione degli idiomi neolatini. Se non si sa rispondere a diverse domande su questo
l’esame non va avanti. Poi si passa alla critica del testo e poi alla letteratura. se l’esame va
bene la domanda sarà una per libro. NON IMPARARE MAI A MEMORIA, COLLEGARE.
METTERE INSIEME. NON RISPONDERE PER FORMULE. RAGIONARE.

Sappiamo che la lingua italiana per avere la forma che ha oggi ha attraversato una storia, la
lingua di Manzoni non era la nostra, quella di Dante era ancora diversa. In filologia si studia
l’evoluzione, la formazione e le trasformazioni subite dalla lingua, dai suoi singoli elementi,
per arrivare alla forma che la lingua ha oggi. Quindi lo studio in DIACRONIA nel tempo. E
poi, allo stesso modo, lo studio SINCRONICO, in SINCRONIA. Focalizzato su un certo
stadio nel tempo: ovvero, se io studio un poeta della scuola siciliana e sono nel 1200, io mi
devo impadronire della grammatica e della morfologia della lingua di quel periodo. Devo
quindi fotografare la lingua in uno stato del tempo, uno stato della lingua nel tempo. Per
esempio In base al tipo di lingua usata, se un testo è anonimo, si può connotare nel tempo
proprio perche riconosco le caratteristiche delle lingue in quel periodo.
La terza branca è quella dell’ECDOTICA e riguarda le edizioni dei testi. Si tratta dei concetti
legati all’antichità del periodo di interesse, che è soprattutto il medioevo come vedremo.
Oggi noi conosciamo la volontà di un autore, perchè quando compriamo un libro sappiamo
che quel libro è stato revisionato e licenziato dall’autore. Ma con le opere antiche, quando la
stampa non esisteva e tutto veniva copiato a mano, non era così facile. I testi venivano   
copiandoli, scrivendoli a mio da dei copiatori. Probabilmente l’autore faceva trascrivere la
sua copia ma andando avanti copiando avvenivano degli errori.    Con la trascrizione dei testi
avviene cosi, noi abbiamo le copie, ma non le copie autografe, e noi con queste copie
dobbiamo ricostruire il testo originale con un sistema scientifico che è un sistema volto ad
eliminare gli errori e restaurare, un lavoro di restauro conservativo che cerca di rispettare
quella che originariamente è la volontà dell’autore. Quest’attività di recupero è un’attività
antichissima, già se ne occupavano i greci e nel momento in cui un popolo acquisisce
coscienza di avere un patrimonio letterario e di doverlo conservare, comincia a cercare dei
sistemi per conservarlo. La filologia, nel senso di ECDOTICA era già viva in età Alessandrina
parliamo del terzo secolo a.c. ; gli eruditi di Alessandria cominciarono a laborare su tutti i
testi della poesia greca antica e sui tesi di Omero, per cui si cercò così di eliminare tutto il
materiale sovrapposto a ciò che era originale e a restituire i testi nella loro originalità.
Si dice sempre che l’edizione critica, il testo pubblicato, che è il risultato di questa attività è
sempre un’ipotesi di lavoro proprio perchè non si ha l’originale, l’autografo. Potrebbe darsi
che le edizioni in alcuni punti collima con la volontà dell’autore, ma ci si può anche sbagliare.
Questo non è un lavoro fatto solo con testi antichi, ci sono lavori su autori moderni che sono
morti prima di completare un libro (è successo con Pasolini). Quando non abbiamo l’opera
completa si può lavorare su ciò che rimane e lo si può fare anche su opere contemporanee
e non solo su opere dell’antichità.
Ricapitolando i 3 CAPI SALDI DELLA FILOLOGIA sono: DIACRONIA, SINCRONIA ed
ECDOTICA. Bisogna accostare all’ecdotica l’ ERMENEUTICA cioè: l’interpretazione, la
spiegazione. Che cosa ce ne facciamo di un testo del 1400 se poi non sappiamo come
contestualizzarlo e capirlo, bisogna anche illustrare tutte le componenti di quest’opera. Al
filologo occorrono una serie di conoscenze, anche la storia della lingua e la lingua. Anche la
storia della letteratura e la storia del periodo.
La filologia è tutto questo ed è semplicemente attribuibile a qualunque filologia, alla classica,
alla slava, alla semitica. L’approccio è uguale per tutte. La nostra è ROMANZA e si occupa
delle lingue e letterature romanze o neolatine. Dire neolatine o romanze è la stessa identica
cosa. La parola romanze deriva da Romanus che significa romano, cioè colui che sta a
Roma, il cittadino romano. Il romano era il suddito di Roma e c’era quindi un significato
etnico legato alla razza e uno politico, ovvero suddito di Roma. Diciamo che il romano si
opponeva all’etrusco, al siculo, al barbaro. Piano piano però Roma si ingrandisce, quindi a
quel punto Romano sarà politico, perché erano romani anche i siculi o i francesi. Questa
denominazione giuridica andò traballando man mano che avveniva questo ingrandimento.
Quando la cittadinanza venne data a tutta l’italia ci furono sfumature di significato, e quando
qualche secolo dopo, nel 212 d.c. ci fu l’editto di Caracalla che diede la cittadinanza a tutti i
cittadini dell’impero. Questa estensione delle cittadinanza rientrava in una politica di
accorpamento di Roma che voleva allargare ai territori conquistati la propria idea di civiltà di
letteratura e di cultura.    Se prima il romanus si opponeva soltanto all’etrusco, adesso si
oppongono più ai barbari. Il territorio occupato da Roma quindi si chiamò ROMANIA
(accento sulla prima a) che indicava tutti i territori posseduti da Roma. Il termine ROMANIA
lo si ritrova in testi del IV secolo d.c., e questo termine aveva un valore politico e linguistico,
perchè indicava il complesso di territori posseduti dall’impero e allo stesso tempo le persone
che parlavano il latino. Nel 476 d.c. crolla l’impero romano, per cui il termine Romania perse
il valore politico, ma resta semplicemente il valore linguistico quindi continuò a indicare le
popolazioni che parlavano la lingua latina.
Serviva un diverso aggettivo per chiamare il romano non di Roma, e quindi si creò
l’aggettivo ROMANICUS che vuol dire Romanico (fatto alla forgia dei romani). Vi è
un’espressione usata da Catone nel De Agricultura, in cui parla di Aratra romanica.
Parlare latino si diceva Latine o Romane Loqui. ( il verbo Loqui si è perso in qualsiasi lingua
romanza). Ma non si dirà più così, ma si dirà dall’aggettivo ROMANICUS:    ROMANICE
PARABOLARE/FABULARE. Il verbo che indica il parlare: PARABOLA E FABULA sono
racconti. Nel linguaggio parlato si pronunciava ROMAN(i)CE. Senza la i. Poi si trasformerà
in ROMANZO che significa lingua legata al latino. Il latino parlato in un territorio così vasto
non era identico dappertutto. Innanzitutto erano diverse le popolazioni che lo parlavano. Il
latino ROMANICUS, romanzo è un latino che aveva differenze e peculiarità locali. Ciò che
conta è che il Romanzo come aggettivo indica appunto le lingue neolatine, in un secondo
momento indicherà il genere letterario.
Tirando le somme la filologia romanza è una disciplina che studia le lingue e le letterature
che continuano il latino.

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