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Delpinoa, n.s. 44: 53-63.

2002

La vite maritata in Campania

RAFFAELE BUONO, GIOACCHINO VALLARIELLO

Orto Botanico di Napoli, Università degli Studi di Napoli Federico II, Via Foria 223, 80139 Napoli, Italia.

Riassunto. La coltivazione della vite prevede la Abstract. In the cultivation of grapevine a stake is
presenza di un tutore; nell'antichità i contadini usa- necessary. In ancient times, farmers used a living
vano come tutore un albero vivo (vite maritata). Gli tree as a stake. To this technique, Italian agrono-
Etruschi svilupparono questa tecnica di coltivazio- mists refer as vite maritata (literally, married gra-
ne con due varianti: l' alberata, ove la vite è tenuta pevine). Etruscans developed this technique in two
legata ad un singolo albero, e la piantata, ove le varieties: the alberata technique, in which the gra-
viti, legate ad alberi disposti in filari, sviluppano i pevine is tied to a single tree and the piantata (plan-
loro rami lungo funi legate tra i vari alberi. ted) technique, in which grapevine, bound to trees
Interessanti esempi di alberate sono oggi ancora growing in a row, develops its branches along ropes
presenti in alcuni coltivi del Cilento (Salerno). tied between trees. Interesting examples of the albe-
Cospicui esempi di piantata sono tuttora frequenti rata technique occur in Cilento (Salerno province)
nel Casertano, ove il vitigno coltivato è l'Asprinio and of the piantata grapevine in the Caserta pro-
ed i tutori sono pioppi alti fino a 15 m. vince.

Key words: Grapevine, Stake, Vitis vinifera L.

INTRODUZIONE venivano collegati tra loro da corde poste


longitudinalmente per sostenere i rami
La vite (Vitis vinifera L.) è un arbusto laterali delle piante di vite.
lianoso e la sua morfologia ha portato i Nell’antichità vi furono rare eccezioni a
coltivatori ad escogitare dei sistemi di queste tecniche di coltivazione: in alcuni
sostegno tali da evitare il contatto dei frut- rilievi assiri le vigne palestinesi e quelle
ti col terreno. Tale fine è stato raggiunto, della regione di Ur appaiono prive di
fin dai primordi della coltivazione, qualunque tipo di sostegno, vivo o morto
piantando la vite in prossimità di un tutore che sia, facendo solo in modo che i tralci
onde permetterle di sostenersi. fossero riparati dal sole, usufruendo al con-
È molto probabile che, agli inizi della tempo del calore del terreno, e pro-
viticoltura, l’uomo abbia coltivato la vite ducessero uva a più alto contenuto zuc-
poggiandola su alberi vivi che fungevano cherino.
da tutore, avendo osservato che la vite sel- In Italia la coltivazione della vite ebbe
vatica spesso si arrampica sugli alberi vici- inizio nel I millennio a. C. grazie ai Greci
ni e vi si attacca mediante i viticci. che portarono varietà domestiche di Vitis
Dai tutori vivi i coltivatori passarono ai vinifera L. subsp. sativa Hegi, originarie
tutori morti costituiti da rami secchi e, in del Vicino Oriente e grazie agli Etruschi
seguito, a tutori costituiti di materiale inor- che selezionarono e diffusero varietà
ganico. In ambedue i casi sovente i tutori domestiche della Vitis vinifera L. subsp.
sylvestris (Gmelin) Hegi endemica in L’alberata è costituita da un appezza-
Italia. I vini etruschi della Toscana, del mento di terreno sia con alberi sistemati a
Lazio e della Campania divennero oggetto distanza regolare, con sesto d’impianto
di esportazione verso la Gallia meridionale ben preciso, sia con alberi sistemati casual-
e la Catalogna (RIDGWAY, 1992). mente; ai piedi di ogni albero sono presen-
Mentre i Greci, le cui tecniche di colti- ti una o due piante di vite che si arrampi-
vazione si erano già affinate nella Madre cano sull’albero e i tralci vengono sostenu-
Patria, in Italia utilizzarono sostegni morti, ti dalla chioma.
gli Etruschi coltivarono le loro viti legan- La piantata è generalmente sistemata
dole ad alberi vivi (Viti maritate). lungo il confine di un appezzamento di ter-
La tecnica di coltivazione della vite, reno, ai margini dei fossati per la raccolta e
propria degli Etruschi, è ben documentata lo scolo delle acque piovane. La
archeologicamente. Infatti, tralci di vite sistemazione della piantata ai margini
maritati all’olmo sono stati rinvenuti negli dei campi comporta il vantaggio di non
strati alluvionali del Modenese e del intralciare la coltivazione dell’intero
Ferrarese. appezzamento. Anche in questo caso la
L’insieme vite-albero tutore era definita vite viene posizionata ai piedi di ogni
dagli antichi Romani arbustum gallicum albero tutore, con la variante che, nello
perché comune nella Gallia Cisalpina ove i spazio tra un albero e un altro, vengono
Galli continuavano la tecnica di colti- sistemate altre viti.
vazione della vite maritata messa a punto L’utilizzo della vite maritata nei secoli
precedentemente dagli Etruschi. Va non va inteso esclusivamente come un
ricordato che lo stesso Plinio distingue modello di coltivazione della vite, ma
questo sistema dall’ arbustum italicum, anche come un esempio di consociazione
precisando che con quest’ultima tecnica i produttiva. Infatti un vigneto di tal genere,
tralci delle viti passavano anche da albero oltre a produrre uve, forniva foglie da uti-
ad albero dando vita a dei veri e propri lizzare come foraggio e legna da ardere
filari (SERENI, 1972; 2003). proveniente dalle potature dei tutori,
L’antica tecnica etrusca di maritare le nonché materiale per legare le viti e per
viti agli alberi si è mantenuta col passare l’intreccio di rivestimenti per damigiane,
dei secoli. Questo sistema di coltivazione è cesti e contenitori vari. Se i tutori erano
raffigurato in numerosi dipinti (Tav. 1a). alberi da frutta,è evidente che il raccolto di
Nel XVII secolo l’agronomo TANARA questi alberi si aggiungeva al raccolto delle
(1644) distingue due sistemi di colti- viti. La conformazione dei filari, poi, pro-
vazione della vite maritata: Uno con far duceva un buon effetto frangivento nei
arboreto in campo per questo solo destina- confronti delle colture erbacee, impiantate
to, l’altro in fili d’arbori, da noi detti tra i filari stessi.
piantate. I due sistemi di coltivazione sono Diventava, quindi, determinante la
quelli tuttora noti coi termini di alberata e scelta del tutore vivo, il quale non soltanto
piantata, corrispondenti rispettivamente doveva sostenere la vite, ma non doveva
all’ arbustum gallicum e all’arbustum danneggiarla producendo eccessiva ombra,
italicum degli Antichi Romani (Tav. 1b, c) né invadere col proprio apparato radicale
e sono ancora oggi presenti in alcuni quello della vite. Il tutore era più conve-
coltivi italiani. niente se aveva lunga vita, non era porta-

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tore di agenti patogeni e poteva dare reddi- sviluppo più limitato.
to aggiuntivo. È stato quindi l’uomo che ha Quercia (Quercus robur L.). Già citata
effettuato una selezione, individuando da Plinio, la quercia si adatta a quasi tutti i
quegli alberi che meglio si confacevano terreni, è molto longeva, sopporta bene la
allo scopo. Tra questi vanno distinti gli potatura e fornisce un legname di buona
alberi non da frutto e quelli da frutto. qualità.
Robinia (Robinia pseudoacacia L.). È
usata molto di rado nel nord d’Italia a
ALBERI NON DA FRUTTO USATI COME TUTORI
causa delle radici laterali molto espanse e
Olmo (Ulmus campestris L.). Rappre- pollonifere e dei rami spinosi che rendono
senta il tutore classico citato da Virgilio, difficile la potatura, mentre nel sud, nel
Orazio, Ovidio, Marziale, Giovenale. Casertano, è spesso utilizzata al posto del
Molti autori evidenziano che l’Olmo pro- pioppo.
duce una gran quantità di radici che Bagolaro (Celtis australis L.). È poco
arrecano danno alla vite e al frumento. A utilizzato. È un albero longevo, di rapido
suo favore si esprime però il Malvasia che accrescimento, non attaccato da parassiti
mette in risalto che questa pianta, temibili; le foglie sono gradite al bestiame
comunque, produce un fogliame gradito ed il legno è di buona qualità.
agli animali (MANARESI, 1936). Altre specie di minore importanza uti-
Oppio (Acer campestre L.). L’oppio, lizzate sono: Ailanto (Ailantus glandulosa
come tutore, non fu molto apprezzato dai Desf); Biancospino (Crataegus oxyacan-
Romani, differentemente dagli agronomi tha L.), molto resistente alla siccità;
successivi che, a partire dal XVI secolo, si Carpino (Carpinus betulus L.); Faggio
dimostrano tutti favorevoli al suo impiego. (Fagus silvatica L.); Maggiociondolo
Pioppo (Populus spp.). Le quattro (Cytisus laburnum L.); Ontano nero (Alnus
specie del genere, P. nigra L., P. alba L., P. glutinosa Vill.); Platano (Platanus orien-
tremula L. e P. canadensis Moench, ven- talis L.); Sambuco (Sambucus nigra L.);
gono utilizzate come tutore. Dopo l’oppio Sanguinella (Cornus sanguinea L.); Tiglio
e l’olmo è il tutore più diffuso, citato fin (Tilia platyphylla Scop.)
dall’antichità.
Salice (Salix alba L.). Specie a rapida ALBERI DA FRUTTO USATI COME TUTORI
crescita, superiore a quella degli olmi e
degli oppi, produce rami lunghi e dritti, L’utilizzo di piante da frutto, come
utilizzati sia per legare le viti ai tutori sia tutori della vite, risulta essere una pratica
nell’arte dell’intreccio. Ha radici alquanto recente. Infatti il Bottari sostiene che tale
espanse ed un tronco facilmente marcesci- accoppiamento determina la possibilità di
bile. ottenere una doppia produzione. Invero il
Frassino (Fraxinus excelsior L.). Molto Cuppari, successivamente, evidenzia che
usato dagli antichi Romani, il frassino pre- tale pratica determinerebbe una scarsezza
senta un rapido sviluppo vegetativo ma ha di frutti e di uve (MANARESI, 1936).
radici superficiali che danneggiano le viti. Noce (Juglans regia L.). Viene da più
Orniello (Fraxinus ornus L.). parti asserito che le uve provenienti da tale
Anch’esso adoperato fin dall’antichità, accostamento abbiano un sapore acre e
risulta meno invasivo del frassino e di pertanto l’uso di questo tutore è molto

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ridotto. L’unico vantaggio che ne deriva è legna da ardere. Infine la meccanizzazione
la produzione del legno di noce che è dell’agricoltura e la diffusione dei sistemi
molto richiesto. di irrigazione hanno sollecitato l’elimi-
Ciliegio (Prunus avium L.). Durante i nazione di queste antiche tecniche di colti-
primi decenni del 1900 risultava in uso, ma vazione che costituivano, comunque, un
non appariva conveniente a causa dell’ab- intralcio ai movimenti dei trattori e alla
bondante chioma e del sistema radicale preparazione dei canali.
molto sviluppato. Sono rimasti, comunque, ancora oggi
Gelso (Morus alba L.). L’uso del Gelso dei vigneti organizzati ad alberata e a
risulta alquanto recente (inizi del 1800). piantata. Qui di seguito vengono illustrati
Dagli studi effettuati sul vigore vegetativo alcuni esempi presenti nelle zone rurali
delle viti maritate ai Gelsi risulta che della Campania.
queste viti presentano una circonferenza
del tronco di molto inferiore a quelle su
oppio. LE PIANTATE AVERSANE
Pero (Pirus communis L.) e Melo (Pirus
malus L.). Tra i due, risulta più utilizzato La sistemazione dei terreni con presen-
il pero, probabilmente per la chioma meno za di piantate ha assunto connotazioni
folta. diverse in relazione al luogo, al periodo
Altre specie di minore importanza sono: storico e al relativo evolversi delle tec-
Susino (Prunus sp.); Kaki (Diospyros kaki niche di coltivazione. Nell’Italia centro-
L.); Mandorlo (Prunus amygdalus settentrionale, in passato, le piantate erano
Batsch); Albicocco (Prunus armeniaca diffuse in molte zone tra cui quella del
L.); Corbezzolo (Arbutus unedo L.); Reggiano, dove ancora oggi sussistono
Corniolo (Cornus mas L.); Fico (Ficus alcune di esse (Tav. 1d), ma è nell’Italia
carica L.), ricordato da Plinio; Mirobolano meridionale che esse hanno sempre avuto
(Prunus myrobalana Lois); Nocciolo notevole rilevanza.
(Corylus avellana L.); Olivo (Olea Le più celebri sono quelle aversane
europaea L.), citato da Plinio e da Angelo (dalla cittadina di Aversa, nel Casertano),
Poliziano. che, in questo comprensorio, vengono
impropriamente definite alberate (Tav. 2a).
A partire dagli ultimi anni dell’800 Sono prevalentemente costituite dal
diventano sempre più rari i vigneti orga- vitigno Asprinio, discendente dalla Vitis
nizzati con tutori vivi e, comunque, i filari vinifera subsp. sylvestris, domesticata
diventano sempre meno densi. dagli Etruschi, sostenute da filari di piop-
Tra le cause che hanno determinato il po. L’altezza media si aggira intorno ai 10
declino di questo antico metodo di colti- - 15 m; raramente lungo il filare, al posto
vazione della vite ricordiamo, innanzitutto, di alberi vivi si utilizzano pali di castagno.
l’inserimento delle piante foraggere nel Questo tipo di coltivazione è attual-
ciclo colturale, che ha reso superfluo il mente diffuso nell’area corrispondente alle
ricorso al fogliame dei tutori per l’alimen- tre province di Napoli, Benevento e
tazione degli animali. Inoltre l’utilizzo Caserta. In queste zone, durante la for-
generalizzato di numerose fonti di energia mazione delle alte spalliere e durante i
ha reso marginale l’approvvigionamento di lavori di potatura secca, i tralci delle viti

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vengono sistemati in senso verticale in Aubert de Linsolos scrive invece nei
modo da formare un ventaglio aperto. suoi Souvenirs d’Italie: ... i rami della vite
Nelle piantate del nord Italia, invece, i tral- intrecciati ai grandi alberi all’orlo della
ci vengono posizionati in cordoni paralleli carreggiata, danno l’idea di tanti archi
in senso orizzontale lungo i tiranti presenti trionfali di verzura, preparati per il pas-
ad altezze diverse del filare (VARANI, saggio di un potente monarca.
1985). Queste differenze sono ben eviden- Non sempre le piantate arrivano a 15
ti durante il periodo invernale, quando sia metri d’altezza. Nella zona dei Monti
gli alberi tutori sia le viti sono privi di Lattari l’altezza non supera i 4 metri; nel
foglie. Di norma, in entrambi i casi la Nolano arriva a 5-6 metri.
potatura invernale si effettua ogni due Molto particolare è la situazione del-
anni, ma ogni anno durante il ciclo vegeta- l’isola d’Ischia. Nelle zone pianeggianti
tivo si esegue regolarmente la potatura del versante meridionale fino a una decina
verde, sia delle viti sia degli alberi, in di anni fa esistevano bellissime viti mari-
modo da esporre meglio al sole i grappoli tate a pioppi secolari, oggi purtroppo quasi
d’uva. del tutto scomparse (Tav. 2b). Sono pre-
La varietà di vite Asprinio bianco pre- senti ancora oggi rari esempi di questo tipo
senta grappoli di forma conico-piramidale, di coltivazione nel comune di Barano (in
con acini bianchi arrotondati. È uno dei località Chianole del Testaccio), ove le viti
pochi vitigni che non necessita dell’innesto vengono ancora coltivate alte, in modo
su viti americane poiché è immune alle espanso, con potature lunghe, con spalliere
infestazioni di fillossera. È prevalente- e contro-spalliere, ma sono oggi sostenute
mente coltivato per la produzione del- da tutori morti costituiti da pali di castagno
l’omonimo vino DOC Asprinio, che vinifi- (Castanea sativa Mill.) o da canne
cato in purezza dà origine anche ad un otti- (Arundo donax L.). Tale sistema di colti-
mo vino spumante abbastanza tipico e vazione consente la produzione di grandi
apprezzato. Il Decreto di approvazione quantità d’uva a scapito della qualità, men-
della DOC Asprinio d’Aversa prevede che tre la coltivazione della vite a forma bassa,
in etichetta potrà figurare la dicitura da con potatura corta, comune nelle zone del
vigneti ad alberata o alberata solo se le versante settentrionale dell’isola, consente
uve provengono esclusivamente da vigneti di ottenere uve meno abbondanti ma di
allevati con tale forma di coltivazione, grande pregio. Va messo in risalto che
tradizionale per la zona. nelle zone meridionali è evidente l’influs-
Questo paesaggio aversano ha sempre so etrusco, mentre nelle zone settentrionali
colpito i viaggiatori del Gran Tour del è evidente l’influsso greco (CASTAGNA,
Settecento. Scrive W. Goethe nel suo 2003).
Viaggio in Italia: Finalmente raggiungem-
mo la pianura di Capua…. Nel pomeriggio
ci si aprì innanzi una bella campagna tutta LE ALBERATE NEL CILENTO
in piano…. I pioppi sono piantati in fila nei
campi, e sui rami bene sviluppati si In diverse zone del Cilento la colti-
arrampicano le viti…. Le viti sono d’un vazione della vite maritata viene ancora
vigore e d’un’altezza straordinaria, i oggi praticata ai margini dei campi, lungo
pampini ondeggiano come una rete fra i confini o in prossimità di fossati e canali
pioppo e pioppo. di scolo delle acque, utilizzando come

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sostegni vivi per le viti specie arboree sia alcuni autori il nome Aglianico
spontanee sia coltivate e quasi mai dis- deriverebbe da Gaurano, antico e famoso
poste con sesto di impianto. In queste aree vino romano; secondo altri deriverebbe
sono molto utilizzati come tutori olmi, peri dalle viti introdotte dagli Antichi Greci:
e meli selvatici, particolarmente diffusi nei coltivato dai Romani, fu chiamato Ellenico
campi; ma si utilizzano anche alberi da o Ellanico in alcune zone del Cilento e
frutta appartenenti ad antiche varietà locali della Lucania.
(Tav. 2c).
Le viti, generalmente una o due per
Il paesaggio agrario in questi ultimi
ogni albero, vengono posizionate a circa
decenni è stato trasformato ed addirittura
35-40 cm di distanza dall’albero tutore e
sconvolto. Tutto ciò deriva dalla con-
vengono fatte arrampicare lungo il tronco
seguenza della grande trasformazione
in modo che i tralci vengano sostenuti
derivante dai mutamenti sociali, politici ed
dalla chioma dell’albero; frequentemente i
economici che nel corso degli anni ’60 e
tralci più lunghi superano la superficie
’70 hanno posto le basi di una nuova
della chioma e ricadono verso il basso for-
società.
mando una specie di grosso ombrello natu-
La vite maritata era propria di una agri-
rale con i grappoli d’uva sospesi. La
coltura basata sulla millenaria economia di
potatura di queste viti non avviene in modo
sussistenza, nella quale l’agricoltore lavo-
regolare, cioè ogni anno, ma solo occa-
rava per l’autosufficienza ed il consumo
sionalmente.
agricolo diretto.
Nelle zone montane del Cilento è pre-
Quel che resta della vite maritata è un
sente anche una variante di questo tipico
elemento testimoniale che ricorda un anti-
antichissimo sistema di coltivazione, la
co paesaggio agrario con la sua specifica
piantata a pergolato (Tav. 2d). Per un cor-
individualità creata da un sistema di colti-
retto impianto di questa consociazione
vazioni erbacee intercalate da filari di
vite-albero si fa crescere la vite maritata
alberi maritati alle viti (TAMPELLINI, 1999).
all’albero fino all’altezza delle prime
Questo tipo di uso del suolo costituiva un
branche; qui viene allestito un pergolato
elemento che rendeva tipiche queste aree,
con pali di legno e filo di ferro e si siste-
rafforzando le geometrie tipiche del loro
mano i tralci in modo da ottenere il pergo-
paesaggio.
lato al lato del filare di alberi. In questo
È evidente come sia indispensabile che
caso gli alberi tutori sono quasi sempre
questo tipo di coltivazione venga protetto e
piante da frutto e hanno la chioma libera.
conservato come memoria vivente di quan-
In tale tipo di coltivazione la potatura delle
ti sono sensibili al fascino della storia della
viti viene effettuata ogni anno.
civiltà rurale.
La varietà di vite più diffusa in queste
coltivazioni è l’Aglianico utilizzato pretta-
mente per la vinificazione. Tale vitigno,
Ringraziamenti. Gli autori ringraziano il
molto probabilmente di origine greca, solo
Prof. Paolo De Luca, Direttore dell’Orto
in questi casi viene coltivato con tecniche
Botanico di Napoli, per l’impulso dato ai
di origine etrusca. Il vitigno presenta
loro studi e per i preziosi consigli forniti
grappoli con bacche nere, dà origine a
durante la stesura del lavoro.
vini di buona qualità, molto conosciuti e
apprezzati fin dal XVI secolo. Secondo

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LETTERATURA CITATA
CASTAGNA R. 2003. Ischia nella tradi- agrario italiano. Pag. 42. Laterza, Roma.
zione greca e latina. Imagaenaria. Ediz. TAMPELLINI A. 1999. La piantata dal
Ischia. Lacco Ameno, Napoli. Medioevo all'Età Moderna. In: Cocchi M.
MANARESI A. 1936. Notizie storiche e La vite Maritata (Eds.). Ediz. Coop.
colturali sugli alberi usati sino dall'antichi- Adriatica, San Giovanni in Persiceto,
tà in Italia come tutori per le viti. Annali Bologna.
della Società Agraria della Provincia di VARANI A. 1985. Viticoltura e vinifica-
Bologna, Volume LXIV. zione nella pianura bolognese fra ottocen-
RIDGWAY D. 1992. L'alba della Magna to e novecento. In: Foresti F., Tozzi
Grecia. Longanesi & C., Milano. Fontana M. (Eds.). Il ciclo della vite e del
SERENI E. 1972. Paesaggio agrario emi- vino. Ediz. Grafis, Casalecchio di Reno,
liano. Pag. 51. Laterza, Roma. Bologna.
SERENI E. 2003. Storia del paesaggio

Finito di stampare nell’ottobre 2003

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Tav. 1 - a) La vite maritata osservabile nel dipinto L’ebbrezza di Noè, di Jacopo Chimenti
detto l’Empoli (1551-1640);
b) Esempio di alberata, arbustum gallicum. Particolare del Paesaggio invernale
di Ottone Rosai (1895-1957);
c) Esempio di piantata, arbustum italicum, tipica dell’Aversano (Caserta) con
tutori vivi (alberi di pioppo);
d) Esempio di piantata della zona del Reggiano nel periodo invernale (da
VARANI, 1985).

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Tav. 2 - a) Particolare del sistema aversano di coltivazione della vite di derivazione etru-
sca;
b) Vendemmia a Ischia di Gabriele Smargiassi (1798-1882), in cui è osservabi-
le, sulla sinistra, la vite maritata;
c) Tipica alberata cilentana costituita da vite della cultivar Aglianico maritata
con un albero di melo;
d) Esempio di piantata a pergolato nella zona del Cilento.

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