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1) Quale significato ha il cosiddetto “programma prometeico” di Marx e perchè in ciò

è contenuta una critica alla filosofia del passato e ad ogni forma di ideologia?
Il "programma prometeico" di Marx si ispira alla figura del dio greco Prometeo, che rubò il
fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini, simboleggiando così la rivolta dell'umanità
contro il divino e la conquista dell'autodeterminazione. In questa prospettiva, il fuoco
rappresenta la conoscenza e la tecnologia, elementi che consentono all'umanità di liberarsi
dall'ignoranza e dal bisogno, di progredire e di divenire padrona del proprio destino.
Il "programma prometeico" di Marx si riferisce all'idea che gli esseri umani devono prendere
in mano il loro destino e diventare i veri protagonisti della propria storia, invece di essere
dominati da forze estranee. Questo programma prometeico è basato sulla convinzione che
la vera libertà e l'auto-realizzazione possono essere raggiunte solo attraverso l'azione pratica
e la trasformazione della realtà, piuttosto che attraverso la contemplazione o la speculazione
filosofica.
In questo senso, il programma prometeico di Marx costituisce una critica alla filosofia del
passato e ad ogni forma di ideologia che non si traduca in un'azione concreta. Il programma
prometeico di Marx rappresenta una critica alle ideologie, intese come insieme di idee,
credenze e valori che servono a giustificare lo status e a mantenere in piedi il potere delle
élite dominanti. Queste ideologie invece di cercare di comprendere il mondo in modo
oggettivo e di trasformarlo in modo rivoluzionario, cercano di persuadere le persone ad
accettare la loro posizione subordinata nella società come "naturale" e "inevitabile". Marx
credeva che solo attraverso l'azione pratica e la lotta per il cambiamento sociale sarebbe
possibile liberarsi dalle catene dell'oppressione e realizzare la piena umanità.
Il programma prometeico di Marx è quindi una sorta di appello alla rivoluzione sociale e
alla lotta per la trasformazione del mondo. In questo senso, esso rappresenta una critica alla
filosofia tradizionale, che, secondo Marx, ha fallito nell'affrontare le reali problematiche
della vita umana e nell'offrire soluzioni concrete. In particolare, Marx critica la filosofia
idealista che considera il mondo come un'entità astratta e trascendente, separata dall'uomo
e dalle sue necessità concrete. Al contrario, la prospettiva di Marx parte dalla realtà concreta
delle relazioni sociali e si propone di trasformarle attraverso l'azione pratica.
2) Nell’undicesima Tesi su Feuerbach, Marx sostiene che “la filosofia finora ha
interpretato il mondo, ora bisogna cambiarlo”. Spiega il senso di questa
affermazione e la sua concezione della storia, soffermandoti sul concetto di
materialismo storico e dialettico.
Questa celebre frase di Marx esprime la sua critica radicale nei confronti della filosofia
tradizionale, che per Marx si è limitata a interpretare il mondo senza mai agire sulla realtà.
Secondo Marx, la filosofia ha cercato di spiegare il mondo attraverso la ragione, senza
tuttavia intervenire direttamente sulla realtà per cambiarla. In questo senso, la filosofia si è
limitata a descrivere il mondo invece di trasformarlo.
La concezione della storia di Marx si basa sulla teoria del materialismo storico e dialettico,
che rappresenta uno degli aspetti fondamentali del suo pensiero. Questa teoria sostiene che
le forze materiali sono alla base dell'evoluzione storica e che i conflitti sociali sono il motore
del cambiamento. Secondo Marx, la storia è caratterizzata da una serie di fasi evolutive che si
susseguono in modo determinato, dove ogni fase è caratterizzata da un diverso modo di
produzione. La storia non è il risultato di eventi accidentali o di cause sovrannaturali, ma è
il risultato di processi materiali che hanno una logica interna.
Il materialismo storico si basa sulla concezione che la realtà materiale (cioè le condizioni
materiali della vita) siano alla base dell'organizzazione sociale e che la lotta di classe sia il
motore principale dell'evoluzione storica. La lotta di classe è il principale fattore che guida il
progresso storico e il cambiamento sociale. I conflitti tra classi sociali si verificano perché gli
interessi delle classi dominanti e delle classi subalterne entrano in conflitto.
La teoria della dialettica rappresenta il metodo di analisi utilizzato da Marx per
comprendere la realtà. La dialettica si basa sull'idea che ogni fenomeno o concetto sia in
costante evoluzione, in un continuo divenire. Questo processo di evoluzione è
caratterizzato dalla contrapposizione di due elementi contrari, che danno vita a una
tensione. Questa tensione genera un nuovo elemento, superiore ai precedenti.La dialettica è
un metodo che consente di cogliere la complessità della realtà, analizzando le sue
contraddizioni e cercando di superarle per giungere a una sintesi superiore.
3) Il termine alienazione in Marx è strettamente legato alla sua filosofia della prassi.
Quali differenze sostanziali si possono evidenziare rispetto a come tale termine era
stato inteso da Hegel e Feuerbach?
Per Marx, l'alienazione rappresenta una condizione in cui l'individuo si trova separato e
distante dal mondo in cui vive, dalla sua capacità di agire e di realizzarsi come essere umano.
In particolare, l'alienazione è strettamente legata alla sua teoria della prassi, ovvero alla sua
concezione del rapporto tra l'uomo e la natura e tra l'uomo e la società. Secondo Marx,
l'uomo si distingue dagli altri animali proprio per la sua capacità di produrre strumenti e di
trasformare la natura attraverso il lavoro. Tuttavia, questa attività produttiva, che per Marx
rappresenta la vera essenza dell'uomo, in una società capitalistica si trasforma in una
condizione di alienazione.
Per Hegel, l'alienazione è il processo attraverso il quale la coscienza si separa da se stessa e dal
mondo circostante, per poi tornare a se stessa attraverso una sintesi dialettica. In questo
senso, l'alienazione è una condizione temporanea, un momento di passaggio verso una
maggiore consapevolezza di sé e del mondo. Feuerbach, invece, utilizzava il termine
alienazione per indicare la condizione attraverso la quale l'essenza umana viene proiettata in
un'entità trascendente e divinizzata, come ad esempio Dio. Secondo Feuerbach,
l'alienazione si verifica quando l'uomo proietta la propria essenza in un'entità esterna a sé e
quindi ne diviene estraneo.
La concezione di Marx, invece, si focalizza sulla condizione di alienazione dell'individuo
all'interno della società capitalistica. Secondo Marx, l'alienazione è causata dal fatto che
l'individuo è costretto a lavorare in un sistema produttivo che gli è estraneo, in cui il
prodotto del suo lavoro appartiene al datore di lavoro e non a lui stesso. In questo modo,
l'individuo perde il controllo sul proprio lavoro e sulla propria vita, diventando un mero
strumento del sistema produttivo. L'individuo non ha alcun controllo sul destino del
proprio lavoro, che viene utilizzato per il profitto del datore di lavoro e non per soddisfare i
bisogni dell'individuo stesso. Inoltre, secondo Marx, l'alienazione non riguarda solo la sfera
del lavoro, ma si estende a tutti gli aspetti della vita dell'individuo, inclusi i rapporti sociali e
la sfera culturale. La società capitalistica, infatti, impone agli individui dei modelli di vita e
di pensiero che non corrispondono alle loro reali esigenze e desideri, impedendo loro di
realizzarsi come esseri umani liberi e consapevoli. In questo senso, l'alienazione è una
condizione di subordinazione dell'individuo ai rapporti di produzione e di proprietà della
società in cui vive.
È importante sottolineare che, per Marx, l'alienazione non è una condizione naturale o
inevitabile dell'essere umano, ma è il risultato di una società in cui le forze produttive e le
relazioni sociali sono organizzate in modo tale da impedire agli individui di realizzarsi come
esseri umani pienamente consapevoli e liberi. In questo senso, l'alienazione è strettamente
legata alla sua concezione della storia, ovvero al materialismo storico e dialettico.
4) Ricostruisci il processo che a partire dal pluslavoro porta al plusvalore.
Il processo che porta dal pluslavoro al plusvalore è un concetto centrale nella teoria
economica di Marx e rappresenta uno dei pilastri della sua analisi critica del capitalismo. In
sostanza, il pluslavoro rappresenta la parte di lavoro che il lavoratore impiega per produrre
beni e servizi che gli permettono di guadagnare il suo salario, mentre il plusvalore
rappresenta la differenza tra il valore del lavoro effettivamente svolto dal lavoratore e il
valore del salario che gli viene pagato.
Per comprendere come si arriva dal pluslavoro al plusvalore, è necessario analizzare il
processo di produzione all'interno del sistema capitalista. In questo sistema, il capitale è il
fattore di produzione principale e appartiene ai capitalisti, cioè coloro che detengono il
controllo delle risorse economiche.
Il processo di produzione capitalistico si svolge in tre fasi principali: la produzione, la
circolazione e la distribuzione. Durante la fase di produzione, i capitalisti acquistano le
materie prime, le macchine e la forza lavoro necessarie per produrre beni e servizi. I
lavoratori sono impiegati nelle fabbriche o negli uffici e producono beni che vengono
venduti sul mercato.
Durante il processo di produzione, i lavoratori creano valore attraverso il loro lavoro, ma il
valore che producono è maggiore di quello che ricevono sotto forma di salario. Questo è il
pluslavoro. In altre parole, i lavoratori producono più valore di quello che ricevono come
pagamento per il loro lavoro.
Il plusvalore si genera durante la fase di circolazione e distribuzione. Il valore creato dal
lavoro dei lavoratori viene venduto sul mercato, ma il valore di vendita dei beni è superiore
al valore originario del lavoro. Questo differenziale rappresenta il plusvalore, che viene
incassato dai capitalisti come profitto. Il plusvalore rappresenta quindi una forma di surplus
estratto dal lavoro dei lavoratori, che viene utilizzato per finanziare gli investimenti
capitalistici e per accrescere il capitale.
5) Che cosa intende Marx per “caduta tendenziale del saggio di profitto”?
La "caduta tendenziale del saggio di profitto" è una teoria economica sviluppata da Marx
nel suo lavoro più importante, "Il Capitale". Secondo questa teoria, nel corso dello sviluppo
del capitalismo, la percentuale di profitto ottenuta dai capitalisti tende a diminuire
gradualmente nel lungo termine.
Per capire questo concetto, è necessario innanzitutto definire cosa si intende per "tasso di
profitto". Il tasso di profitto è la percentuale di profitto ottenuta dai capitalisti rispetto al
capitale investito nella produzione. Ad esempio, se un capitale di 1000 euro genera un
profitto di 100 euro, il tasso di profitto è del 10% (100/1000).
Secondo Marx, il tasso di profitto è determinato dalla quantità di plusvalore ottenuta
attraverso lo sfruttamento dei lavoratori. Tuttavia, la produzione capitalistica comporta
anche la creazione di nuove tecnologie e l'adozione di processi produttivi più efficienti, che
riducono la quantità di lavoro necessario per produrre un bene.
Ciò significa che, sebbene la quantità di plusvalore generata dal lavoro umano possa
aumentare, la quantità di lavoro necessario per produrre un bene diminuisce. In altre
parole, la produzione capitalistica genera una tendenza alla riduzione del tasso di profitto,
poiché la quantità di lavoro necessario per produrre un bene diminuisce più rapidamente
della quantità di plusvalore generata.
Secondo Marx, la caduta tendenziale del saggio di profitto è una delle forze che spingono il
sistema capitalistico verso la sua crisi finale. Poiché il sistema capitalista si basa sulla ricerca
del profitto, la riduzione del tasso di profitto tende a ridurre gli incentivi dei capitalisti a
investire nel settore produttivo, portando a una riduzione degli investimenti e alla
stagnazione economica.
Inoltre, la riduzione del tasso di profitto può portare a una diminuzione della domanda di
lavoro e ad un aumento della disoccupazione, portando a maggiori difficoltà economiche e
sociali.

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