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Nel 1954 Bompiani pubblica la raccolta Racconti romani di Alberto Moravia,

usciti gli anni precedenti sul “Corriere della Sera”. L’idea nasce dal successo del romanzo La
romana del 1947, che inaugura la tendenza neorealista dell’autore. Si tratta di settanta
racconti riguardanti la vita a Roma e che ritraggono diversi strati sociali della città – i
protagonisti, infatti, provengono sia dal proletariato sia dalla piccola borghesia. I personaggi
narrano in prima persona le vicende “nel loro affanno continuo e ‘amorale’ per la
sopravvivenza, nella trama fitta della loro quotidianità” (Pasquale Voza, Moravia, Palumbo,
1997). Si evidenzia, quindi, l’intento neorealista di Moravia nella decisione di rappresentare
gli abitanti di Roma, tanto che lo stesso autore dichiara che i racconti nascono dalla volontà
di attualizzare i sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli, poeta romanesco del XIX secolo, che
nei suoi componimenti in dialetto ritrasse al meglio il mondo della plebe urbana. Si nota,
dunque, anche nei Racconti romani “la presenza costante di una certa patina dialettale”
(Voza), in base alla realtà sociale dei protagonisti, nel tentativo di presentare al meglio gli
abitanti della capitale.

Nei suoi racconti Moravia voleva dimostrare la società italiana piuttosto romana
nella seconda seconda metà del ventesimo secolo. Se parliamo di tutti racconti in generale,
possiamo trovare i punti in comune, il leitmotiv - l'incomunicabilità tra gli uomini, l’alienazione
insita nella società. In tutti i racconti in qualche modo vediamo una tematica dei soldi come
un simbolo del valore umano. Non impedisce all'autore di parlare sulle tematiche importanti il
carattere spesso umoristico dei racconti. Anche la cosa che unisce gli racconti è la loro città,
i luoghi dove le storie si svolgono. Ogni racconto propone spesso una storia personale dove
la città di Roma svolge un ruolo significativo. Ogni spazio corrisponde ad uno dei
personaggi, lo aiuta a capire la sua verità esistenziale.

Vediamo un esempio di racconto Scherzi del caldo. L’estate calda, un uomo


litiga con sua moglie e parte della casa della famiglia. Il protagonista dice: Col caldo anche i
caratteri si scaldano, voglio dire diventano litigiosi: ma il ricco, se gli gira, prende e se ne va
in fondo all'appartamento, tra stanze più in là; i poveri, invece, rimangono davanti ai piatti
unite ai bicchieri sporchi, naso a naso; oppure debbono andar via di casa. Questo è
interessante perché lui pone l’accento sulla situazione sociale a Roma di quei giorni – nei
Racconti Romani vediamo un gap forte tra i ricchi e poveri. Passeggiando per i dintorni di
Roma trova una baracca dove una donna malata li prende per suo marito. L’uomo,
spaventato, è fuggito e tornato a casa. Sua moglie pensa che ha immaginato tutto e infatti,
come vediamo dopo, questa baracca, non esisteva più. Ma questa baracca in ditorni romani
ha aiutato il personaggio a riflettere e probabilmente ripensare la sua vità.

Anche le storie dimostrano l’età attuale della gente. Essendo turbati, gli eroi
vedono un’altra Roma. Ancora un esempio di questo fenomeno vediamo nel racconto
Sciupone. Il protagonista è un piccolo commerciante e non ha un sacco di soldi. Sua moglie
gli chiede i soldi regolarmente e non capisce che lui non è sciupone ma un uomo che sa
gestire i soldi, un uomo che è parsimonioso. Quando si libera finalmente nella sua mente dei
dolori che sua moglia gli fa subire dicendo regolarmente che era sciupone, vede un’altra
Roma anche: Mi trovavo sul lungotevere, dalle parti di Ripetta, con un sole di primavera che
scaldava, dolce, senza bruciare.

I personaggi hanno relazioni particolari con i luoghi e nel contempo mostrano di


ricercare indefessamente il superamento. Lo spazio pubblico come il bar o il ristorante
oppure una passeggiata a Roma può offrire un’alternativa emancipatrice, una malleveria di
libertà. Tuttavia, esso va definito innanzitutto come un esito fallace, in quanto il rapporto con
l’alterità rimane problematico, qualunque sia il fascino dei nuovi volti.

Il paesaggio nelle storie di Moravia è simile ai ritratti dei personaggi – è dipinto


magistralmente, sostenuto in toni taglienti ed oscuri. In questo colorito grigio non c’è posto
per la luce del sole, per il cielo di color blu. Le descrizioni di Roma sono dirette non solo
contro la bellezza delle immagini progettate per attirare i turisti ma forse contro una visione
poetica di questa città eterna.

Comunque nei racconti dei personaggi che nella maggior parte non sono ricchi,
vediamo questa aspirazione alla vita ricca e come credono sempre i poveri – spensierata.
Nel Il Mediatore la vità della principessa e la sua Roma sono veramente diverse:
Effettivamente la vista era bella (dal suo appartamento): da quel balcone si scopriva tutta
Roma; con tanti tetti, cupole e campanili. Era una giornata serena e, in fondo al cielo
azzurro, tra un tetto e l’altro, si poteva vedere anche la palla di San Pietro.

Tornando alla tematica dei soldi nei Racconti Romani e ai rapporti tra i ricchi e
poveri, vorrei sottolineare ancora una volta questo gap tra di loro, che vediamo bene nel
racconto Il pupo. A quella buona signora che veniva a portarci gli aiuti del Soccorso di
Roma e ci domandava, anche lei, perché mettessimo al mondo tanti figli, mia moglie, che
quel giorno aveva le paturne, gliela disse la veritа: "Se avessimo i soldi, la sera ce ne
andremmo al cinema... invece, siccome i soldi non ci sono, ce ne andiamo a letto, e così
nascono i figli." La signora, a questa frase, ci rimase male e se ne andò senza aprir bocca. E
io rimproverai mia moglie perché la veritа non è sempre bene dirla; e prima di dirla, bisogna
sapere con chi si ha a che fare. Quando ero giovane e non ero ancora sposato, spesso mi
divertivo a leggere nel giornale la cronaca di Roma, dove sono raccontate tutte le disgrazie
che possono capitare alla gente, come dire furti, omicidi, suicidi, incidenti stradali. E tra tutte
queste disgrazie, la sola che mi sembrava proprio impossibile che potesse capitarmi era di
diventare quello che il giornale chiamava un "caso pietoso"; ossia una persona tanto
disgraziata da fare compassione senza bisogno di alcuna particolare disgrazia, così, per il
solo fatto di esistere. Ero giovane, come ho detto, e non sapevo ancora che cosa voglia dire
mantenere una famiglia numerosa. Ma oggi, con stupore, vedo che pian piano mi sono
trasformato proprio in un "caso pietoso". Leggevo, per esempio: vivono nella più nera
miseria. Ebbene oggi vivo nella più nera miseria. Oppure: abitano in una casa che di casa
non ha che il nome. Ebbene, io vivo a Tormarancio, con mia moglie e sei figli, in una stanza
che è tutta una distesa di materassi e, quando piove, l'acqua ci va e viene come sulle
banchine di Ripetta. Oppure ancora: la sciagurata, saputo che era incinta, prese una
decisione criminale: disfarsi del frutto del suo amore. Ebbene questa decisione la
prendemmo di comune accordo, mia moglie ed io, allorché scoprimmo che era incinta per la
settima volta. Decidemmo, insomma, appena la stagione l'avesse permesso, di
abbandonare la creatura in una chiesa, affidandola alla caritа di chi l'avesse trovata per
primo.
Impressionante – vedere come le attività della gente, la sua vità tutta dipende
dalla questione dei soldi, quando la necessità diventa un lusso, quando le cose basilari della
vità che tutti devono avere dalla nascita sono inaccessibili. Moravia dimostra molto bene
questo gap sociale romana attraverso i suoi personaggi e racconta che ad ognuno c’è una
sua propria Roma – ogni personaggio vede in questa città qualcosa che è nascosto nel suo
mondo inferiore. Il cammino che percorriamo al di fuori ci fa sempre fare un viaggio
all’interno. E viceversa.

Moravia capovolge il romanticismo di Roma delle guide e lo fa tanto brillante


quanto spietato. Vediamo la Roma di Moravia attraverso un racconto del suo personaggio
nel Arrivederci: “In prigione avevo pensato che, una volta di nuovo a Roma, libero, le cose
mi sarebbero apparse allegre, nuove, belle, appetitose. Invece nulla, manco non fossi stato
a Portolongone per tanto tempo, ma poniamo, avessi passato qualche giorno ai bagni di
Ladispoli. Era una delle solite giornate di scirocco romano, col cielo color strofinaccio
sporco, l’aria greve, e la fiacca persino nelle pietre delle case. Camminando ritrovavo tutto
come prima e come sempre senza novità né allegria: i gatti sparsi intorno al cartoccetto, al
canto dei vicolo, i vespasiani con le frasche secche, le scritte sui muri con gli abbasso e gli
evviva, le donne sedute a gambe larghe a chiacchierare fuori delle botteghe, le chiese col
cieco o lo storpio sui gradini, i carrettini con i fichi secchi e le arance, i giornalai con le riviste
illustrate piene di attrici americane. La gente poi mi pareva che avesse delle facce proprio
antipatiche, chi con un naso troppo lungo, chi con la bocca storta, chi con gli occhi pesti, chi
con le guance cascanti. Insomma, era la solita Roma e i soliti romani: come li avevo lasciati,
così li ritrovavo.”
Una città eterna subisce un ripensamento radicale nei Racconti romani. Se in uno
dei racconti è menzionata una moneta antica, viene falsa; se abbiamo i nomi Romolo e
Remo – gli personaggi qua che portano questi nomi sono poverissimi. La Roma di Moravia
non è una città turistica ma una città dove la gente dominata dal capitalismo cerca di trovare
la sua strada.
Moravia lui dice che nei suoi racconti voleva solamente dimostrare la vita della
gente semplice, lui spiega che gli avvenimenti vissuti dall’Italia, la precarietà sociale ed
economica hanno fatto sì che le persone vivono oggi senza un obiettivo. Allo stesso tempo
gli racconti delle persone non rappresentano una peculiarità della popolazione della capitale
italiana ma probabilmente una visione dell’autore. La nullità della vità di gente è
rappresentata nei Racconti romani in tutti i suoi generi, la grandezza dell'uomo è rimasta
fuori dal libro. Non si tratta di rappresentazione particolare di Moravia di questa gente ma del
fatto che è la vità che fa queste persone miserabili ogni giorno. Le scene e i luoghi
contribuiscono, sono i dettagli che rappresentano meglio la miserabilità della loro vità. Si
tratta dello sguardo delle persone sulla loro vità e se la vità è lontana di essere ideale perché
la Roma deve essere poetica? Tutto è collegato nei Racconti romani, viene come una
caratteristica di questa gente – oscura, sporca e non ispirante come ci mostrano sulle
bellissime cartoline.

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