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4 codici. Libero, senza pid sentite sui fianchi valiere, sotto una quieta lampada, lontano dal battaglia di Alessandro, tri antichi libri, gli legge e volta le _ Unmedico di campagna [1916-1917] Ero in grande imbarazzo; c’era un viaggio urgente da fare: un malato grave mi attendeva in un villaggio distante dieci miglia; un fitto nevischio riempiva tutto lo spazio esistente fra me e lui; avevo una carrozza, leggera, dalle ruote grandi, proprio come ci voleva per le nostre strade di campagna; avvolto nella pelliccia, colla borsa degli strumenti in mano, me ne stavo gia nel cortile pronto per la partenza; il cavallo perd mancava, proprio il cavallo. I! mio era morto la notte ima, esausto dalle fatiche compiute in quell'inverno gelido; la mia domestica correva da ogni parte per il villaggio per avere un cavallo in prestito. Ma non c’era da sperarlo, lo sapevo e sempre pid carico di neve, sempre pit: intirizzito me ne stavo li senza scopo. Sul portone apparve la donna, sola, oscillando Ia lanterna; & naturale, chi presta il suo cavallo a quest’ora per una tale gita? Petcorsi ancora una volta il cortile; non mi riusciva di trovare alcuna soluzione; distratto, tormentato, urtai col piede la porta sconnessa del porcile che gid da anni non serviva pi. La porta si apr oscillando sui cardini in qua e in 8, Ne usc) un fiato daria tiepida e un odore come di cavalli, Dentro una lanterna af- fumicata oscillava da una corda. Un uomo, rannicchiato in quel basso stanzino, mostrava il suo viso aperto, dagli occhi azzurri. « Devo attaccare? » mi domandd, avanzando catpo- ni. Non sapevo che tispondere ¢ mi chinai solo per vedere cosa ci fosse ancora nella stalla. La domestica mi era accanto. «Non si sa mai quel che si ha in casa propria » disse, € ridemmo entrambi. «O13 fratello, old sorella! » grid’ lo stalliere © due cavalli, due bestie dai fianchi poderosi, si spinsero, uno dopo altro, colle gambe strette al corpo, 23 Picgando le belle teste come cammelli, facendo forza soltanto col tronco, fuori dell’apertura della porta, ¢ la tiempivang tutta. Ma subito si rizzarono in piedi, alti sulle gambe, ¢ dat loro corpi si sprigionava un denso vapore. « Aiutalo » dissi, e la ragazza accorse volonterosa a por. gere allo stalliete i finimenti della carrozza. Ma appena vicina 4 lui egli Paffers® © accostd il suo viso a quello di lei che gettd un urlo rifugiandosi presso di me: due file di dend eran impresse, rosse, sulla sua guancia, « Bestia » gridai fe ribondo « vuoi che ti frusti? » Ma subito mi torna a mente che & un estraneo; che non so donde venga e che mi aiuts spontaneamente quando tutti gli altsi mi lasciano in aseor Come se indovinasse i miei pensieri, egli non si risente dell mia minaccia, si volta soltanto, sempre occupandosi dei ca, valli, per un momento verso di me. « Salite » mi dice po! ¢ infatti tutto & pronto. Mi rendo conto di non aver mai viag. giato con un attacco cosi bello e salgo su tutto contents « Guiderd io perd, non conosci la via» dico. « Certo » a sponde « non penso neanche di venire, resto con Rosa. » «No» grida Rosa, che di corsa si rifugia in casa, presen. tendo giustamente T'ineluttabilita del suo destino, sento il tintinnio della catena messa alla porta, lo scatto della serra- tura; osservo inoltre che passando di corsa dall’attio in tutte le altre stanze spegne tutti i lumi per tendersi introvabile, « Vieni con me » dico allo stalliere « altrimenti rinuncio alla agita per quanto sia urgente. Non mi vien neanche in mente i pagarla colla ragazza, » « Su allegri! » dice lui e batte le mani; Ia carrozza vien strappata via come un tronco nella corrente; sento ancora come la porta della mia casa schianti ¢ vada in pezzi sotto l'assalto dello stalliere, poi occhi e oree- chi mi si riempiono di un sibilo che penetra allo stesso modo tutti i miei sensi, Ma anche questo dura solo un istante, perché come se proprio di faccia al mio portone si presentasse Ia casa colo. nica del mio malato, eccomi gid arrivato; i cavalli sono fermi; non nevica pid; il chiaro di luna @ tutt’intorno; i genitor, del malato s'affrettano a venitmi incontro, seguiti dalla so- rella; ‘mi sollevano quasi di peso dalla carrozza; dai loro discorsi sconnessi non riesco a capire niente; nella camera del malato Varia & quasi irrespirabile; la stufa, trascurata da tutti, fuma; aprird Ta finestra; prima perd voglio vedere il 214 aalato. Magto, senza febbre, non freddo né caldo, con gl chi spent, senza camiciy i ragnzo si solleva sotto J pitino, mi si atacce al collo susurtandom: « Dottore, fasciami'morire ». Mi guardo intorno; nessuno ha udito; i genitori se ne stanno in silenio, protesi ad aspera il mio parere; Ia sorella ha portato una sedia per Ia mia borsa. Io Yapto ¢ cerco tra i miei strumenti; il giovane cocina, spor- gendos dl eto, a cercarm a testoni per ricordarm Ie sua preghlers; prendo una pinzetta, Pesamino alla luce della candela e la rimetto a posto, $i, penso, maledicendo, in que- st ast gli Dei altano, mandano il cavallo che manca ne aggiungono anzi, data Purgenza, un altro, ti regalano per! eee eee salvar, come strappara alle grate di quello, stalliere, a dieci migiaTontano da lei, con ua parila indomabile anzi alla mia carrozza? Questi cavalli che hanno allentato in qualche modo le cinghe, palancano, non so propio co ime, le finestre dal di fuori; affacciano ognuno da una finestra Ia testa, senza lasciarsi impressionare dal grido di spavento della familia, per vedere Vnferro, Tomo subtoindeto, Benso, come se 1 caval: mavesseroinitao al viaggio, di Homo, me intanto asio che la scrella,credendomi stordito dal calore, mi tolga la pellicia. Mi si prepara un bicchiere di rum, il vecchio mi batte sulla spalla, questa familiarita & siusifcata dal vermi offerto il sto toto, Souoto la testa; mi sent! a disapio nell angustotrondo del vccho,soltanto per questa rapione sifuco di bere, La madre @vicino al letio e mi ci attira; obbedisco e appoggio, mentre uno dei cavalli nitrisce forte verso il sofftto, il capo sul petto del ragazzo, che sabbrividisce « contito dela mia bazba bagnata. Vien confermato quel che gid sapevo: il giovane sano, la citco- fetone ae Sangue # un po" scarss, la madre premurosa gli ha dato un po’ troppo caffé, ma & sano la miglior cosa sarebbe buttarlo fuor del letto con uno spintone. Non es- sendo un riformatore del mondo lo iascio, Sono un impiegato del distretto e faccio il mio dovere fino all'estremo, fin quasi alleccesso. Pagato male, son genetoso € pietoso coi poveri Ho ancora da provvedere a Rosa, poi avra ragione il giovane ¢ ancivio voglio, morte, Che facio qui in questinverno senza fine? If mio cavallo % moro € non c’® nessuno nel 215 prese che mi presti il suo. Dal porcile devo tirar fuoti il mig attacco; se non fossero per caso dei cavalli, dovci 2 1a fossero per cast alli, dovrei farm{ eee da maiali. B cosi, E faccio un cenno con la testa alla amiglia. Non sanno nulla loro, e se anche lo sapessero’ no lo credetebbero. A scrivere ticette ci vuol poco, ma inten. no | al mio listretto mi tortura, ma che questa volta debba sacrificare anche Rosa, questa bella rm gezza che per degli anni 2 vissuta, senza che quasi la notasct in casa mia ~ questo sacrifcio troppo grande e occorte che con qualche cavillo mi entri in testa in qualche modo, altn: enti ni verrebbe voglia di seagliarmi contro questa fami, ala, che anche con Ja migliore buona velonta non pud rere Quando perd sto per chiudere Ja mia borsa, accennando che mi si porga la pellicia, e la famiglia s®' adumca 9 padre aspirando l’odore di rum del biechiere che he in mano, 4a madre, probabilmente delusa - e che si aspetta de ma la fente? = che si morde Je labbra colle lactime agli occhi « is sorella che agita un pesante asciugamano intriso di sangus mii sento in qualche modo pronto ad ammettere anche che if siovane @ forse davvero malato. Mi avvicino a lui, egli mi attende sorridendo, come se gli portassi quasi un bros ristretto ~ ah, ecco che tutti e due i cavallinitriscono; que, £i0,¢hlasso predisposto certo in alto luogo, ha lo scope di facilitare 1a mia visita medica ~ ed ora ho trovato: aid 14 gazzo & malato, Sul fianco destro, verso Panca ® aperta una ferita grande come il palmo di una mano; di color sous flivetse gradacioni, scura in fondo, pit chiara verso gli ot leggermente granulosa, col sangue raggrumato » “hiane, aperta coue Ia bocca d’una miniera, Vista da lontano t cca), Ma da vicino appare ancor pit grave. E come guardasle scros ansar lievemente? Dei vermi lunghi e grossi come il mio dig mignolo, rosei di suo, spruzzati anche di sangue, bruliesnc trattenuti nellinterno della ferita, colle testine bianche ¢ Ie humerose zampine tendenti verso la luce. Povero ragazzo nessuno ti pud aiutare, Ho scoperto In sua orrenda erie, guesto fiore nel tuo fianco ti fard motite. La famiglia & felice Perché mi vede all’opera; Ia sorella lo dice alla madre, quest, 216 T al padre, il padre ad alcuni ospiti che entrano, in punta di piedi, tenendosi in bilico colle braccia distese, dalla porta rischiarata dal lume di luna «Mi salverai? » sussurra singhiozzando il giovane, abba sliato dalla vita che ferve nella sua ferita. Cosi ® la gente del mio paese. Chiedono dal medico sempre Vimpossibile. La vecchia fede Phanno perduta; iI parroco se ne sta a casa a sfilare le sue pianete, una dopo Paltra; ma il medico deve provvedere a tutto colla sua leggera mano di chirurgo. E va bene, come volete: io non mi sono offerto; se anche volete abusare di me per altti fini non mi oppongo: che pud capi- tare di buono ancora a me vecchio medico condotto, privato della mia domestica? E vengono i familiari e gli anziani del villaggio © mi spogliano; un coro di scolari col maestro in testa sta davanti alla casa intonando una melodia molto semplice su queste parole: Spogliatelo, e sanera, Se non lo fa, ammazzatelo! Non & che un medico, non & che un medico, Eccomi spogliato; colle dita aella mia barba, la testa pie- gata da una parte, guardo trancuillo questa gente. Mi sento perfettamente calmo e superiore a tutti e Jo rimango anche, benché non mi serva a nulla perché gid mi prendono per la testa € per i piedi e mi mettono a letto. Verso il muro, dalla parte della ferita mi mettono. Poi tutti se ne vanno dalla camera; la porta vien chiusa; il canto cessa. Delle nubi oscurano la luna; sento il tepore delle coperte intorno a me; come ombre si vedon oscillare le teste dei cavalli nei vani delle finestre. « Sai » mi sento dite all’orecchio « la mia fiducia in te & molro scarsa. Anche tu sei capitato chissa da dove, non sei venuto di tua volonta. Invece di soccorrermi mi togli un po! di spazio perfino nel mio letto di morte. ‘Ti caverei volen- tieti gli occhi. » « E giusto » dico io « @ una vergogna. Ma io sono un medico, cosa devo fare? Credimi, la vita non & facile neanche per me. » « Di questa scusa mi devo conten- tare? Ahimé, lo fard. Sempre mi devo accontentate. Son venuto al mondo con una bella ferita; & stato tutto il mio cortedo, » « Mio giovane amico » gli dissi « il tuo errore & di non aver il colpo d'occhio che ci vuole: io, che sono stato 27 gil in tucte Je camere di malati, dappertutto, ti dco: la non & poi tanto brutta, é prodotta com pi dag feria , tta con due colpi czta ad angolo acuto. Molt ofrono il faneo e sentene 40 pena Paccetta nel boseo, tanto meno pega Taccetta , quando si avviei

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