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MARX

La critica del “misticismo logico” di Hegel


L’accusa di misticismo logico che Marx muove nei confronti di Hegel si riferisce al concetto
di stato: Marx critica la concezione hegeliana dello stato poiché secondo Hegel esso è il
prodotto dello spirito oggettivo e, dunque, prodotto di un’astrazione; secondo il punto di vista
di Marx, invece, viene prima ciò che è concreto rispetto a ciò che è estratto e, dunque, viene
prima lo stato e successivamente il concetto di sovranità.

Nonostante questo, però, entrambi condividono la visione dialettica della realtà:


HEGEL: la forza motrice della storia è lo scontro tra idee;
MARX: la forza motrice della storia è lo scontro tra classi sociali che avviene per motivazioni
economiche;
Sebbene l’ossatura dialettica sia la stessa per entrambi, cambia il concetto di sintesi: mentre
per Hegel consiste nella conciliazione tra tesi e antitesi che porta a tirar fuori il meglio da
entrambe, per Marx, invece, la sintesi consiste nel conflitto e nella vittoria della classe in
ascesa che prevale sulle altre.
La critica dell’economia borghese e la problematica dell’alienazione
Oltre al concetto di dialettica, Marx riprende anche il concetto di alienazione (presente sia in
Hegel sia in Feuerbach).
Secondo Hegel l’alienazione è la scissione dello spirito che pensa che la realtà sia altro
rispetto a se stessa; secondo Feuerbach, invece, l’alienazione è la condizione dell’uomo
religioso che, inconsapevolmente, proietta le proprie qualità in un Dio a cui si sottomette e
venera, privandosi, molte volte, delle sue stesse qualità.
Secondo Marx l’alienazione è la condizione socio-economica dell’operaio nella società
capitalistica del 1800. Essa viene da lui descritta sotto 4 aspetti fondamentali:
● l’operaio è alienato rispetto al prodotto della sua attività poiché produce un capitale
che non gli appartiene, in quanto appartenente al padrone;
● l’operaio è alienato rispetto alla propria essenza perché fa un lavoro ripetitivo in cui
non si riconosce;
● l’operaio è alienato rispetto al suo lavoro perché si sente come una “bestia”;
● l’operaio è alienato rispetto al prossimo perché viene sfruttato (riferimento al
capitalista)
L’obiettivo, secondo Marx, è la disalienazione che si raggiunge con l’eliminazione della
proprietà privata dei mezzi di produzione e, dunque, con la rivoluzione comunista.
Secondo Hegel la disalienazione consiste nella sintesi poiché è il risultato di una
conciliazione; secondo Feuerbach, invece, la disalienazione consiste nell’ateismo e, dunque,
nel riappropriarsi della propria essenza.
La critica della civiltà moderna e del liberalismo - rivoluzione e dittatura del proletariato
Marx critica lo stato liberale, prodotto della rivoluzione francese. Egli lo definisce “iniquo”
ed “ingannevole” poiché non garantisce un’uguaglianza formale ma solo un’uguaglianza
sostanziale. La società, infatti, è contraddistinta da divergenze economiche e non tutti
possono partecipare alla vita politica dal momento che il suffragio universale è censitario e
dipende dal possesso della proprietà privata.
Secondo il punto di vista di Marx, il modo per conquistare la vera democrazia è la rivoluzione
comunista; solo attraverso essa, si potrà giungere ad una nuova fase politica che prende il
nome di “dittatura del proletariato” e che coincide col momento in cui il potere passerà
dalle mani dei pochi alle mani del popolo.
Marx, però, ritiene che questa sia solo una fase transitoria dal momento che il vero
comunismo consiste nell’abolizione di ogni tipo di stato; secondo Marx lo stato è come un
padre che deve guidare i propri cittadini fin quando quest’ultimi non diventeranno maturi e
consapevoli, e non avranno più bisogno della sua figura che li segue dall’alto. E’ proprio per
questo motivo che il comunismo è un’utopia (prevede che l’uomo si renda conto che la
proprietà privata sia ingiusta e che accetti una vita priva di ricchezze).
Il distacco da Feuerbach
In primo luogo Marx critica Feuerbach perché non cala l’uomo nel contesto
socio-politico e, per questa ragione, rimane astratto; secondo il suo punto di vista l’uomo
non è l’astrazione ma è figlio della storia e, dunque, va studiato nel contesto storico in cui
vive.
In secondo luogo Marx critica Feuerbach in merito alla religione; Marx rimprovera
Feuerbach di non aver approfondito le cause dell’alienazione religiosa; tant’è vero che
mentre per Feuerbach la religione è solo una malattia, per Marx, invece, la religione è
sintomo di una malattia più profonda, vale a dire la disuguaglianza economica.
La concezione materialistica della storia
La visione della realtà per Marx è definita materialismo storico poiché le forze motrici della
storia sono di carattere socio-economico.
Ciò che differisce una società dall’altra è la struttura, vale a dire lo scheletro economico
della società ed il modo in cui gli uomini organizzano il proprio lavoro; essa si compone degli
elementi necessari al processo di produzione (forze produttive), quali la forza-lavoro, i mezzi
di produzione e le conoscenze tecniche, ma anche dei rapporti di produzione, vale a dire i
rapporti che si instaurano nel corso della produzione.
Al di sopra della struttura, inoltre, si eleva la sovrastruttura (attività spirituale) che
comprende valutazioni di carattere filosofico, religioso, economico, giuridico, politico ecc.
Il capitale
Nel seguente saggio Marx analizza l’economia capitalistica e giunge a mettere in luce le
contraddizioni di questo sistema.
Secondo il suo punto di vista, il capitalismo ha come obiettivo l’incremento del capitale che si
concretizza attraverso la produzione e la vendita della merce. Essa ha due valori:
VALORE D’USO: capacità che la merce ha di soddisfare un bisogno;
VALORE DI SCAMBIO: consiste nella possibilità che la merce sul mercato possa essere
scambiata con qualcos’altro e, secondo il filosofo, dovrebbe dipendere dalla quantità di
lavoro impiegata per la sua produzione.
Si osserva che mentre prima della società capitalistica si producevano merci con l’obiettivo
di venderle per poi comprare altre merci, con l’avvento della nuova società, invece, si cerca
di investire il proprio capitale per comprare della “merce umana” che consente di poterlo
incrementare.
Inoltre si osserva che il capitale incrementato si distingue in:
CAPITALE VARIABILE: capitale investito nei salari degli operai;
CAPITALE COSTANTE: capitale investito nell’acquisto e nella manutenzione delle
macchine.
Questo avviene perché il capitalista è costretto ad investire non solo in salari ma anche negli
impianti e, dunque il suo reale tasso di profitto è pari a:
Marx osserva storicamente che il progresso della tecnica porta ad un aumento del capitale
costante e al contempo una diminuzione del capitale variabile, dal momento che le
macchine più efficienti permettono di utilizzare meno operai.
Da ciò segue una diminuzione del mercato interno che porta all’impossibilità di vendere le
merci tanto quanto venivano vendute prima. A questo punto si verifica quella che Marx
chiama “crisi di sovrapproduzione” che porta, a sua volta, ad una caduta tendenziale
del profitto.

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