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GIORDANO BRUNO

CORPUS
ICONOGRAPHICUM
LE INCISIONI NELLE OPERE A STAMPA

A cura di Mino Gabriele

ADELPHI
GIORDANO BRU O

CORPUS
ICONOGRAPHICUM
LE INCISIO I ELLE OPERE A STAMPA

A cura di Mino Gabriele

ADELPHI
Giordano Bruno
De umbris idearum
Ruote mnemoniche

Adelphi
/
Giordano Bruno
Corpus
iconographicum
Le incisioni nelle opere a stampa

Adelphi

Catalogo, ricostruzioni grafiche


e commento
di Mino Gabriele.
Fra le opere di Giordano Bruno apparse a
stampa in edizioni cinquecentesche, diciasset­
te contengono xilografie (spesso inserite nel
testo, talvolta fuori testo), per un totale di cir­
ca 240 incisioni, in gran parte realizzate dallo
stesso Bruno. A questo insieme di figure com­
plesso e articolato il filosofo affida un compito
basilare: poiché sono proprio le umbrae, le i­
magines interiori coniate sulle vestigia delle
cose del creato, ad assumere quelle forme ico­
niche e quegli schemi mentali, simbolicamen­
te efficaci, che divengono veicoli atti a condur­
re l'intelletto alla gnosi. Affiancando il testo,
l'immagine racconta infatti in maniera diver­
sa, approfondisce e integra lo scritto a cui è ri­
ferita, e in qualche caso finisce per sostituirlo
del tutto, divenendo essa stessa il testo. So­
stenuto da una poderosa capacità immagina­
tiva, Bruno realizza un corpus unico nel suo
genere: e anche quando si tratta di rielabora­
zioni di temi geometrici o cosmografici già no­
ti, le peculiarità tecniche e concettuali che so­
no alla base del processo compositivo rendono
queste incisioni, caratterizzate da una straor­
dinaria originalità formale e iconografica, per­
sonalissimi prodotti del suo genio.
Qui, per la prima volta, Mino Gabriele (uno dei
massimi studiosi italiani di iconografia e ico­
nologia) ci offre il ricco Corpus iconographicum
bruniano nella sua interezza, esaminando tut­
te le xilografie in ordine cronologico, rintrac­
ciandone le fonti, chiarendo il rapporto con il
testo e proponendo, nel caso in cui tale rap­
porto si presenti particolarmente oscuro, un'er­
meneutica che fornisca una risposta consona
e rispettosa, anche filologicamente, dei detta­
mi dell'autore.

Di Giordano Bruno sono apparse presso Adel­


phi le Opere magiche (2000), nell'edizione diret­
ta da Michele Ciliberto.
Sull'astuccio: Illustrazioni tratte dagli Articuli cen­
tum et sexaginta adversus huius tempestatis
mathematicos atque philosophos di Giordano
Bruno.
GIORDANO BRUNO

CORPUS
ICONOGRAPHICUM
LE INCISIONI NELLE OPERE A STAMPA

Catalogo, ricostruzioni grafiche e commento


di Mino Gabriele

ADELPHI EDIZIONI
Questa pubblicazione è promossa dal Comitato Na­
zionale per le celebrazioni di Giordano Bruno nel
quarto centenario della morte, in collaborazione
con l'Isti tuto Nazionale di Studi sul Rinascimento .

© 2001 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO

ISBN 88-459-1667-7
Dedicato alla memoria degli amici
Sandra Bussu
Arnaldo Pini
Fraterne peramanter
PREMESSA

Con questo studio si intende affrontare un singolare


vuoto nella pur vasta bibliografia di studi su Giordano
Bruno: infatti sino ad oggi il ricco Corpus iconographicum,
che orna e correda le edizioni bruniane cinquecente­
sche, non era stato oggetto di indagine sistematica, forse
per una sorta di diffusa e latente ars oblivionis in contrap­
passo alla celebrata ars memoriae del Nolano. Si tratta di
un insieme di figure complesso e articolato, a cui Bruno
affida un compito basilare per spiegare la sua visione del
mondo, in quanto l'immagine racconta in maniera diver­
sa, integra e approfondisce lo scritto a cui è riferita e, in
qualche caso, lo sostituisce del tutto, divenendo essa stes­
sa il testo. L'illustrazione non è che una finestra mentale,
spalancata sull ' orizzonte speculativo e immaginale del­
l'autore.
Qui si considerano, attraverso l'esame iconologico, tut­
te le illustrazioni che compaiono nelle opere a stampa di
Bruno, rintracciandone le fonti e cercando di cogliere
quelle valenze formali e concettuali che ne costituiscono
le ragioni significanti. In primo luogo si tiene sempre
presente il legame che in Bruno correla e coniuga la sin­
gola xilografia al testo; in secondo luogo, quando tale
x PREMESSA

simbiosi testo-immagine tace o si presenta particolar­


mente oscura, si propone un ' ermeneutica delle figure
che, comunque e per quanto possibile, porga una rispo­
sta iconologica consona e rispettosa, anche filologica­
mente, dei dettami del Nolano. A questo scopo, alla ri­
produzione degli originali, quando risultano non ben
comprensibili graficamente, viene accostata la ricostru­
zione geometrica, elaborata con cura sugli archetipi.
Il lavoro segu e un criterio cronologico: prende in esa­
me la successione di tutte le immagini - escludendo le
mere composizioni o sequenze letterali e sillabiche con
funzione mnemonica - che compaiono nella teoria dei
testi a stampa bruriiani illustrati, editi tra il 1 582 ed il
1 59 1 ; d'ogni specifica opera si considerano le xilografie e
figure, numerandole secondo la progressione nel volu­
me. Tale cronologia bibliografica si basa sul fondamenta­
le lavoro di Virgilin Salvestrini, Bibliografia di Giordano
Bruno (1582-1950),�2· edizione postuma a cura di Luigi
Firpo, Firenze, 1956, e sulle integrazioni e correzioni che
allo stesso sono st:tte fatte da Rita Sturlese, Bibliografia,
censimento e storia dllle antiche stampe di Giordano Bruno, Fi­
renze, 1987.

Firenze, estate 2(f01


M. G.
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
OPERE DI GIORDANO BRUNO

OPERE ITALIANE

Giordano Bruno, Dialoghifilosofici italiani, a cura e con un


saggio introduttivo di M. Ciliberto, Milano, 2000
Abbreviazioni delle singole opere:
Cabala Cabala del cavallo pegaseo
Causa De la causa, principio et uno
Cena La cena de le Ceneri
Furori De gli eroici furori
Infinito De l 'infinito universo e mondi
Spaccio Spaccio de la bestia trionfante

Altre edizioni:
Candelaio G. Bruno, Candelaio, a cura di V. Spam­
panato, Bari, 1 923
XIV TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

OPERE LATINE

Jordani Bruni Nolani Opera latine conscripta, publicis


sumptibus edita, recensebat F. Fiorentino [F. Tocco, H.
Vitelli, V. lmbriani, C.M. Tallarigo] , Neapoli - Floren­
tiae, 1 879- 1 891
L'edizione consiste di tre volumi divisi in otto tomi: il nu­
mero romano dopo l'opera abbreviata indica il volu­
me, il numero arabo il tomo.
Abbreviazioni delle singole opere:
Acrotismus Camoeracensis acrotismus
Artificium Artificium perorandi
Cantus Cantus Circaeus
De compendiosa De compendiosa architectura et complemento
artis Lullii
De imaginum
compositione De imaginum, signorum, et idearum composi­
tione
De immenso De innumerabilibus, immenso et infigurabili
De lampade De lampade combinatoria Lulliana
De minimo De triplici minimo et mensura
De monade De monade, numero et figura
De prog;ressu De progressu et lampade venatoria logicorum
De scrutinio De specierum scrutinio et lampade combina­
toria Raymundi Lullii
Dialogi duo Dialogi duo. Mordentius - De Mordentii cir­
czno
Explicatio Explicatio triginta sigillorum
Figuratio Figuratio Aristotelici Physici auditus
Libri Phys. Libri Physicorum Aristotelis explanati
Oratio cons. Oratio consolatoria
Oratio val. Oratio valedictoria
Sigillus Sigillus sigillorum
Su mma Summa terminorum metaphysicorum

Altre edizioni:
Idiota
De somnii int. G. Bruno, Due dialoghi sconosciuti e due
Dialoghi noti. Idiota triumphans - De som-
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI xv

nii interpretatione - Mordentius - De mor­


dentii circino, a cura di G. Aquilecchia,
Roma, 1957
Praelectiones
Ars def G. Bruno, Praelectiones geometricae e Ars
deformationum, testi inediti a cura di G.
Aquilecchia, Roma, 1 964
De umbris De umbris idearum, a cura di R. Sturlese,
Firenze, 1991

Giordano Bruno, opere magiche, edizione diretta da M. Ci­


liberto, a cura di S. Bassi, E. Scapparone, N. Tirinnanzi,
Milano, 2000
Abbreviazioni delle singole opere:
De magia De magia naturali
De magia math. De magia mathematica
De principiis De rerum principiis et elementis et causis
De vinculis De vinculis in genere
Lampas Lampas triginta statuarum
Medicina Medicina Lulliana
Theses Theses de magia

OPERE DI ALTRI AUTORI*

Agrippa
Cornelius Agrippa, De occulta philosophia libri tres, a cura di
V. Perrone Compagni, Leiden - New York - Koln, 1992

* Per i volumi a stampa dei secoli XV e XVI citati nel corso del
lavoro, si è adottata una trascrizione abbreviata (autore, titolo,
luogo di stampa e anno) , in quanto altri dati tipografici, nella
maggior parte dei casi, non risultano particolarmente signi­
ficativi alla funzione critica del commento.
XVI TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

Aristotele
Aristotelis Opera cum Averrois commentariis, Venetiis, apud
Junctas, voli. I-XII, 1 562-1 574

Charles de Bovelles
Carolus Bovillus, Que in hoc volumine continentur: Liber de
intellectu. Liber de sensibus. Liber de nihilo. Ars oppositorum.
Liber de generatione. Liber de sapiente. Liber de duodecim nu­
meris. Epistolae complures. Liber de numeris perfectis. Libel­
lus de Mathematicis rosis. Liber de Geometricis corporibus. Li­
bellus de Geometricis supplementis, Parisiis, ex officina
Henrici Stephani, 1 5 1 0

Ficino
Marsilii Ficini Fiorentini Opera, Basileae, ex officina Hen­
ricpetrina, voli. 1-11, 1 576
INTRODUZIONE
D I M I N O GABRI ELE
La fresca sorgente del respiro,
più intatta della brezza quando sale
dal mare aperto per sereni cieli,
è simile in tutto, non eguale
a questa purissima fontana
di luce che s'allarga in tutto il cielo
e lenta crescendo già discopre
dal manto della notte il nuovo sole
e i monti rivela, netti, sopra il mare.
A. PINI*

Cos'è un'immagine? Qualcuno potrebbe rispondere


una montagna o il gesto di un passante, oppure una fo­
tografia, altri il ricordo di un volto, un numero o ciò che
sognano. La risposta più solida, e che meglio ci soccorre
per intendere il Corpus delle illustrazioni bruniane, è che
<<l'immagine è ciò che non c 'è»: affermazione che non va
considerata così peregrina come appare, perché se << l'im­
magine fosse ciò che c'è>>, non ve ne sarebbe più bisogno, in
quanto basterebbe il << c è ' >> . Perdoni il benevolo lettore
questo gioco di non sole parole, il cui senso, spero, appa­
rirà chiaro più avanti, nel seguito della discussione sulla
creazione delle immagini in Bruno, sia mentali che sensi­
bili, sul loro concorrere alla composizione dei mondi e
alla visibile intelligenza del divino. Ma procediamo con
ordine, analizzando innanzitutto il significato di alcuni
concetti-chiave del pensiero del Nolano, dalla compren­
sione dei quali dipende quella del suo intero sistema ico­
nologico.

* Il riso di Adamo, Firenze, 1983, p. 46.


Ombre

Il mondo, secondo il Nolano, nel concento della sua


unità, è triplice: ideale (o archetipico o metafisico o divi­
no) , fisico (o naturale) e razionale (o logico o artificiale
o umbratile) . Riprendendo e interpretando tematiche
ermetiche e neoplatoniche sulla tripartizione dell'uni­
verso, 1 Bruno considera che in primis sta l'idea, l'archeti­
po « che alberga nella mente divina >> , 2 successivamente le
cose naturali che conservano impresse le « vestigia ' 'di
quel mondo ideale, infine la ragione, il mondo mentale
dell'uomo che intende e conosce attraverso le ''ombre >>
di tali idee.3 Come le idee sono le forme archetipiche, i
princìpi formatori delle cose che nascono e periscono, si­
milmente noi diamo forma in noi stessi ad immagini, os­
sia alle '' ombre >> di quelle idee. 1
Questo mundus triplex, dove in sostanza gli attori prin-

l. Cfr. L. Spruit, Il problema della conoscenza in Giordano Bruno,


Napoli, 1988, pp. 66-67, 101 sgg.; A. Eusterschulte, Analogia en­
tis seu mentis. Analogie als erkenntnistheoretisches Prinzip in der Phi­
losophie Giordano Brunos, Wiirzburg, 1997, pp. 177 sgg., 185 sgg.,
279 sgg.; T. Dragon, Unité de lE tre et dialectique. L'idée de philo­
sophie naturelle chez Bruno, Paris, 1999, pp. 143 sgg., 205 sgg.; si
veda sotto la nota 9.
2. << [ . . . ] in un atto simultaneamente unico e totale » (le tradu­
zioni sono tutte del Curatore, salvo dove sia segnalato diversa­
mente in nota) , cfr. De umbris, p. 44: << Caeterum idea in mente
divina est in actu totu simul, et unico >> .
3. Cfr. Cantus, Il, l, p. 235; De imaginum compositione, Il, 3, pp.
94-98, 101-104, 164; De magia, pp. 172-74; De monade, l, 2, pp.
358-60; De umbris, pp. 25-26, 28-29, 43-44, 59-60, 103; Lampas, p.
1040; Oratio val., l, l, pp. 14-15; Sigillus, II, 2, pp. 164-65, 203-
204; Theses, pp. 338-40; Causa, p. 207; Furori, p. 946; qui sotto le
note 10, 13, 25.
4. De umbris, pp. 59-60: << Sicut ideae sunt formae re rum princi­
pales, secundum quas formatur omne quod o ritur et interit
[ . . ] ita tunc ve rum est nos in nobis idearum umbras efformas-
.

se ''·
INTRODUZIONE XXI

cipali sono Dio, Natura e Uomo,5 pone inevitabilmente il


quesito dei loro rapporti e correlazioni, dunque della co­
noscenza e _delle ragioni epistemologiche che ne spieghi­
no i nessi. E inevitabile infatti che qualsiasi realtà succes­
siva all' uno - duplice, triplice o altro che sia - generi la
questione della creazione e/ o della processione relativa­
mente all' uno stesso, e di conseguenza del senso delle
parti e del tutto rispetto a quell ' uno. Esaminiamo ora in
che modo Bruno conferisca all' ombra lo statuto di stru­
mento paradigmatico per tale iter gnoseologico.
Nel De imaginum compositione" si legge che le idee sono la

5. Notevole la convergenza con l'analoga tripart:Izwne << Dio­


mondo-uomo >> del Corpus Hermeticum (a cura di A.D. Nock e A.­
J. Festugière, voli. I-IV, Paris, 1946-1954), VIII, 2-5; IX, 8; X, 12-
14-22; cfr. Asclepius, 10 e il commento di Marsilio Ficino, in opera,
vol. Il, pp. 1861-62. Sul sistema triadico neoplatonico: S. Gersh,
Middle Platonism and Neoplatonism. The Latin Tradition, Notre Da­
me, Indiana, 1986, pp. 250 sgg. Si veda anche la triade intelligi­
bile << essere-vita-mente >> dello pseudo-Dionigi Areopagita, DN,
V-VII, la cui impostazione è già in Pio tino (cfr. P. Hadot, Étre, vie,
pensée chez Plotin et avant Plotin, in Les Sources de Plotin, Entretiens
sur I'Antiquité Classique, V, Genève, 1960, pp. 108 sgg. ) .
6. II, 3, pp. 94-98, 101-104: << ldeae sunt causa rerum ante res,
idearum vestigia sunt ipsae res seu quae in rebus, idearum um­
brae sun t ab ipsis rebus seu post res >> . Sui significati de li' umbra
in Bruno e nelle sue fonti, si veda F. Tocco, Le opere latine di
Giordano Bruno esposte e confrontate con le italiane, Firenze, 1889,
pp. 44 sgg., 332 sgg.; F.A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione er­
metica, Bari, 1969, pp. 214 sgg., e L'arte della memoria, Torino,
1972, pp. 183-213; A. Ingegno, Il primo Bruno e l'influenza di
Marsilio Ficino, in << Rivista critica di storia della filosofia >> , 23
(1968), pp. 149-70; Spruit, op. cit., pp. 39-97; M. Ciliberto, La
ruota del tempo. Interpretazione di Giordano Bruno, Roma, 1986,
pp. 37-43, 66-75, e Umbra profunda. Studi su Giordano Bruno, Ro­
ma, 1999, pp. 99 sgg.; L. De Bernart, Immaginazione e scienza in
Giordano Bruno, Pisa, 1986, pp. 29 sgg., 63 sgg.; Sturlese, in Bru­
no, De umbris idearum, cit., pp. LI V-LVI; Dragon, op. cit., pp. 105
sgg., 220 sgg.; chiarificatrici per intendere i terni dell'immagi­
nazione e della lotta tra umbra tenebrarum e umbra lucis, anche
con riferimento a Bruno, rimangono le pagine di R. Klein, La
XXII INTRODUZIONE

causa delle cose prima delle cose, le vestigia delle idee sono
le cose stesse o nelle cose, le ombre delle idee vengono dal­
le cose stesse o dopo le cose. In tale gerarchia triadica, l' um­
bra esprime il livello più basso: idea/cosa/ ombra.7 « Le for-

Forme et l'intelligible, Paris, 1970 ( trad. i t. La forma e l'intelligibile,


Torino, 1975, pp. 45-74).
7. De umbris, p. 103 (metafisica/natura/ombra) ; cfr. la triparti­
zione in mondo archetipo/fisico/umbratile nel De imaginum
compositione, II, 3, p. 101: « cum observatum sit triplicem esse
mundum, archetypum, physicum et umbratilem [ ibid., Il, 3, p.
98: « mundus rationalis » ] , ut a primo datur per medium de­
scensus ad tertium, et a tertio per medium ascensus ad pri­
mum, sicut a sole descendimus ad aspectum lucis lunae, astris
et aeri communicatae, et ab hac ad lucem umbratilem, seu ut
in speculo [ . . . ] Ita animus sensusque noster species atque fa­
vores quosdam immediate a superno mundo sibi procurat,
comparat et recipit, quosdam vero per medium rerum natura­
lium atque sensibilium » ( « quando si sia osservato che il mon­
do è triplice, archetipico, fisico e umbratile [o razionale] ,
affinché dal primo si possa discendere al terzo tramite il me­
dio, e dal terzo ascendere al primo attraverso il medio, come
dal sole discendiamo a vedere la luce della luna, comunicata
agli astri e all'aria, e da questa alla luce umbratile, quasi come
in uno specchio [ . . . ] Così il nostro animo e il nostro senso si
prende cura, si dispone e accoglie immediatamente certe spe­
cie e influssi dal mondo superiore, o certe altre per mezzo del­
le cose naturali e sensibili » ) . Le « specie » sono immagini, for­
me esteriori: cfr. infra la nota 46 e ibid., Il, 3, pp. 117-18: « Hac
luce [ . . . ] non solum nostra, sed etiam universa per immensum
se diffundens. Haec inquam est quae absentium species sensi­
bus internis visibiliter ingerit, qua et somniantes videmus spe­
cies atque figuras rerum sensibilium accipimus »; De imaginum
compositione, Il, 3, pp. 97-98. Si veda anche Asclepius, 17, in Cor­
pus Hermeticum, cit. , vol. Il, p. 316: « per enim formas solas spe­
cierum, quarum imaginibus videtur insculpta, quasi visibilis
creditur, cum depicta monstratur "· La parola « ente » va intesa
in tre modi: metafisico, fisico e logico, come tre sono i princìpi
di tutto, ovvero Dio, natura e arte, e tre sono gli effetti: divino,
naturale e artificiale (cfr. De imaginum compositione, Il, 3, p. 94:
« Ens in tria capita distributum intelligitur, metaphysicum, phy­
sicum et logicum universaliter dictum; ut tria sunt omnium
INTRODUZIONE XXIII

me esteriori " dichiara Bruno (( sono dette vestigia delle


idee, e quelle interiori ombre di queste stesse idee >>,8 e an­
cora: ((si ritiene che le forme nei corpi altro non siano che
immagini delle idee divine, e queste stesse immagini nei
sensi interni degli uomini, con quale nome migliore si pos­
sono chiamare se non con quello di ombre delle idee divi­
ne, dal momento che distano dalla realtà delle cose natura­
li quanto le naturali sono distanti dalla verità metafisica? ».9
Le umbrae sono pertanto quelle specifiche rappresentazio-

principia, Deus, natura atque ars; et tres sunt effectus, divinus,


naturalis, artificialis »; Sigillus, Il, 2, pp. 202-203) ; De monade, l,
2, p. 389: « Genus vero sensibile in res substantiales et imagina­
biles distinguitur, in mundo nempe corporeum, et eum qui
corporum imaginibus consistit et umbris "· Nel De monade, l, 2,
p. 391 , il « mondo viene suddiviso » in « Intellegibile, Cogitabi­
le, Sensibile e Umbratile ». Cfr. De umbris, pp. 25-26.
8. Cantus, II, l, p. 235: "Unde si ipsae exteriores vestigia appel­
lantur idearum: interiores umbrae appellantur earundem a
nobis in libro qui de umbris inscribitur » .
9 . De umbris, p . 103: ••Formae enim in corporibus nil aliud
quam divinarum idearum imagines esse censentur; quae ea­
dem in sensibus hominum internis quo melius nomine intitu­
lari possunt quam divinarum idearum umbrae, cum ita a reali­
tate distent naturalium, sicut naturales a veritate distant me­
thaphisicalium? "· Dal punto di vista iconografico tale equidi­
stanza tra i diversi livelli della gerarchia cosmica deriva dalle
proporzioni tipiche degli schemi didascalici medioevali (in
particolare cfr. Isidori Hispalensis De natura rerum Liber, ree. G.
Becker, Berolini, 1857, figg. I-VII) , che raffigurano l'universo e
le sue parti, Dio e i gradi della creazione. In tali schemi la cor­
relazione viene di solito scandita geometricamente da cerchi
concentrici, con i raggi tra loro commensurabili e le circonfe­
renze equidistanti, a testimonianza didattica dell'armonico le­
game che coniuga tutte le cose (cfr. J. Baltrusaitis, L'image du
monde céleste du IX' au XII' siècle, in << Gazette des beaux-arts » ,
20, 1 938, pp. 1 37-48; S.K Heninger, The Cosmographical Glass. Ren­
aissance Diagrams of the Universe, San Marino, California, 1977) .
Ampio uso di questi schemi circolari si ritrova nelle opere di
un autore assai stimato da Bruno (si veda più avanti il com­
mento alla figura 2 dell ' Infinito) , ossia Charles de Bovelles, Li­
ber de sapiente, cc. 26r, 29v, 47v, 49r, 142r.
XXIV INTRODUZIONE

ni o imagines interiori coniate sulle vestigia, tracce, delle in­


numerevoli cose del creato: l'uomo capta « visivamente » 10
queste ultime con i sensi � sterni rielaborandole poi dentro
di sé con quelli interni." E infatti attraverso le attività razio­
nali della memoria e dell'immaginazione 12 che le umbraeas-

10. De imaginum compositione, II, 3, p. 98: « Tertio succedit mun­


dus rationalis, nempe rerum universitas in intentione, qui spe­
ciebus a physicis rebus abstractis coalescit, et propter minorem
entitatis rationem plus ab ideali veritate distat quam vestigium,
et ideo iure optimo umbrae notione concipitur " ( << In terzo luo­
go viene il mondo razionale [mentale] , ovvero la totalità delle
cose presenti all'intenzione, che si congiunge con le specie [im­
magini] che si distaccano dalle cose fisiche, e per il minore gra­
do della sua essenza dista dalla verità ideale più dell'orma, e
perciò a pieno diritto viene concepito con la nozione di om­
bra " ) . Il Nolano accoglie la teoria della visione elaborata dagli
atomisti Leucippo e Democrito, poi ripresa e trasmessa da Epi­
curo e Lucrezio, secondo la quale, grazie all'effe tto della luce,
dalla superficie delle cose si sprigionano, si staccano, dei sotti­
lissimi veli di atomi, che riproducono la forma e la struttura del­
le cose stesse. Questi veli raggiungono i nostri sensi e danno
luogo alle sensazioni. Si tratta delle immagini (eidola) delle cose
che penetrando in noi mettono in moto il processo della cono­
scenza sensibile, ma anche di quella fantastica connessa al pen­
siero. Cfr. E. Zeller e R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo svi­
luppo storico, parte prima, vol. V, Firenze, 1969, pp. 234-52; D.
Park, The Fire within the Eye, Princeton, 1 997, pp. 35-38.
1 1 . Cfr. Furori, pp. 81 1-13, 880-82.
1 2. De imaginum compositione, II, 3, p. 103: « non sine formis qui­
busdam seu figuris, quae per sensus externos ab obiectis sensi­
bilibus concipiuntur et in interioribus collocantur atque dige­
runtur, operationem aliquam naturae nostrae convenientem
perficere posse cognoscimus " Sulla dinamica che coinvolge il
·

transito delle impressioni sensibili ali' imaginatio e alla memoria,


cfr. ibid. , Il, 3, pp. 1 1 7-24. Nel De monade, l, 2, p. 389: « Genus
vero sensibile in res substantiales et imaginabiles distinguitur,
in mundum nempe corporeum, et eum qui corporum imagini­
bus consisti t et umbris " ( « Il genere sensibile si suddivide in co­
se sostanziali e immaginabili, ossia nel mondo corporeo ed in
quello che consiste nelle immagini e nelle ombre dei corpi " ) :
la fonte è Ficino, che riprende il Sofista di Platone e il Commen-
INTRODUZIONE xxv

sumono quelle forme iconiche e schemi mentali, simboli­


camente efficaci, che divengono veicoli immaginali adatti
ad aiutare e condurre l'intelletto alla gnosi. Il filosofo, se­
condo Bruno, è come un pittore, perché pensare è operare
con la facoltà immaginativa, comporre e tradurre in imma­
gini i concetti: « non est philosophus, nisi qui fingit et pin­
git, unde [ . . . ] intelligere est phantasmata speculari >> • 1 3
Secondo il Nolano/4 come nella scrittura o nella pittura,
arti che sono al servizio degli occhi esterni, accade che let­
tere o simboli, segni o immagini vengano fissate, e vi per­
mangano, su una pagina di quaderno, su una pietra o una
tela, oppure su una tavola o una parete, così nella sua arte
della memoria (strumento cardine della gnoseologia bru-

to alla Repubblica di Proclo, cfr. A. Rabassini, Il Bene e le ombre.


'Excerpta '.ficiniani dal 'Commento alla Repubblica ', in ,, Accademia.
Revue de la Société Marsil Ficin •• , l ( 1 999) , pp. 49-65.
1 3. Cfr. Explicatio, Il, 2, p. 1 33 (cfr. De imaginum compositione, Il,
3, p. 9 1 ) : l'intero capitolo ( « Pictoris, qui duodecimus est sigil­
lus, explicatio » ) è di grande interesse per l'analogia tra filo­
sofo, pittore e poeta. Come il filosofo, con la sua speculazione
immaginativa, con la sua pictura mentis, dà forma, misura, colo­
ri, ecc. al pensiero, così il pittore dipinge le sue tele e il poeta
descrive in versi. Il motivo ricorre in più occasioni negli scritti
bruniani: De umbris, pp. 71-72, 75-76, 98; Cantus, Il, l, pp. 2 1 9-
20; Sigillus, Il, 2, p. 2 1 1 ; De imaginum compositione, Il, 3, pp. 198-
99; cfr. Tocco, op. cit., p. 50. Il modello è Platone (Phil., 39a-b) ,
che paragona l'attività immaginativa ad un pittore che dipin­
ge nell'anima le immagini di ciò che è stato detto: si veda M.W.
Bundy, The Theory of Imagination in Classica[ and Mediaeval
Thought, Il, l, Urbana, 1 927, pp. 46-47.
14. Cantus, Il, l, pp. 219-20: « Et ideo sicut in scriptura extrin­
seca atque pictura quae serviunt oculis extrinsecis duo requi­
runtur: ratio videlicet formae atque figurae characterum et
imaginum, et materia atque subiectum in quo formae illae et ima­
gines possint subsistere, manere et perdurare. lta etiam in
scriptura intrinseca atque pictura, quae serviunt oculis intrin­
secis, duo sunt necessaria. Alterum quod habeat rationem figu­
rarum, imaginum et literarum: alterum quod habeat rationem
libri, paginae, lapidis, atque parietis >>. Cfr. De imaginum composi­
tione, Il, 3, pp. 1 98-99; De umbris, pp. 75-76.
XXVI INTRODUZIONE

niana) , 15 la quale è al servizio degli occhi interiori, la fa­


coltà fantastica plasma e crea immagini, simboli e lettere
artificiali fissandole su un sostrato o subiectum, cioè un de­
terminato spazio definito, anch'esso immaginale, disposto
a recepirle, come se fosse la nuda parete, pronta per es­
sere affrescata con tante figure, o la pagina bianca dove
verrà scritto un discorso. Qui la facoltà fantastica, perché
guidata dalla ragione, 1 6 pone e dispone con ordine le im­
magini artificiali e, grazie a questa puntuale organizzazio­
ne, può eventualmente rimuoverle, sostituirle e combinar­
le come desidera, ma sempre in modo tale che le singole
immagini, segni, ecc. risultino tra loro coniugati, collegati
con ordine analogico come se fossero, appunto, parti di
un discorso o di un ciclo figurativo.
Il meccanismo fisiologico che sta alla base di un tale
processo viene spiegato in dettaglio dal Nolano nel Can­
tus Circaeus. Seguendo la concezione della scala dei sen­
si interni dettata da Alberto Magno, 1 7 che a sua volta ri­
prende Avicenna, 18 Bruno così illustra la correlazione tra
i ventricoli celebrali. 1 9 Nel cervello si trovano quattro ca­
vità o celle che si susseguono partendo dalla parte ante-

1 5 . Si veda il commento alle figure del De umbris.


1 6 . De imaginum compositione, II, 3, p. 198: « Phantasia vero,
quae rationis moderamine regulatur ».
17. De anima, II, 4, 7: « Sensum igitur communem in anteriori
parte cerebri posuerunt in lo co [ . . ] Post quem locum est du­
.

rities maior [ . . ] et illum dederunt thesaurum formarum [ . ]


. . .

qui thesaurus imaginativa [ . . ] vocatur. In prima autem parte


.

mediae cellae cerebri [ . . ] posuerunt aestimativam [ . . ] The­


. .

sauri autem eius reservante intentiones, qui memoria vocatur,


in posteriori parte cerebri posuerunt •• .
18. Si veda, anche per i l confronto con l a teoria ficiniana in
merito, Klein, op. cit., pp. 45-47; cfr. Bundy, op. cit., pp. 185-95.
1 9. Cfr. Cantus, II, l, pp. 217-19; De umbris, pp. 97-99; Sigillus, II,
2, pp. 164-66; Summa, I, 4, pp. 3 1-32; Tocco, op. cit. , pp. 58-59;
Spruit, op. cit., pp. 1 1 4-16; I. Lavin, Memoria e senso di sé. Sul ruo­
lo della memoria nella teoria della psicologia dall'antichità a Giovan­
battista Vico, in La cultura della memoria, a cura di L. Bolzoni e P.
Corsi, Bologna, 1992, pp. 300-302.
INTRODUZIONE XXVII

riore della testa, la frontale, fino alla nuca, le quali con­


tengono rispettivamente il senso comune e le facoltà fan­
tastica, cogitativa e memorativa. Nella prima cella il senso
comune accoglie, coordinandole coerentemente, le in­
numerevoli percezioni recepite dal mondo esterno, le
quali entrano nell'uomo attraverso le " porte >> e le <<fine­
stre >> dei sensi, come vuole la fortunata metafora me­
dioevale del «corpo-castello ''• di ascendenza neoplatoni­
ca,20 che Bruno ripropone in più occasioni nei suoi scrit­
ti. 21 Queste percezioni vengono trasmesse dal senso co­
mune alla cella della fantasia, dove assumono forme più
astratte, divengono immagini concettuali, del tutto auto­
nome rispetto alle forme o immagini originali delle cose
(viste, udite, toccate, ecc.) che le avevano suscitate. La fa­
coltà fantastica (che il Nolano suddivide in immaginazio­
ne e fantasia) , oltre ad elaborare queste immagini o spe­
cie interiori, le ordina e coordina tra loro: tale compito
viene svolto dall'immaginazione, che plasma le figure as­
sociandole a contenuti mentali adeguati, e dalla fantasia
che le colloca ordinatamente nelle sedi e luoghi adatti.
Nella terza cellula la facoltà cogitativa riceve queste figu­
re non più sensibili ma immaginali: di esse coglie il si­
gnificato con una sorta di valutazione, e quelle che la sti­
molano e ne sollecitano gli affetti più forti, come amore,
odio, timore, speranza, gioia, tristezza, orrore22 (dunque
le immagini più violente e vivide che, in quanto tali, ri­
mangono meglio impresse e tenacemente infisse nel ri­
cordo) , sono immagazzinate, sempre con ordine, nella
memoria, cioè nella successiva, posteriore ed ultima cel­
la. Fondamentale, e Bruno lo sottolinea,23 è questa capa-

20. Cfr. Cicerone, Tusc., l, 20, 46; Sinesio, De insomn., 5; l. Galli­


naro, I castelli dell'anima, Firenze, 1999, pp. 169-75; Cb. Lucken,
L'imagination de la dame. Fantasmes amoureux et poésie cortoise, in
« Micrologus », 6 ( 1998) , pp. 205-208.
2 1 . De immenso, I, 2, p. 218; De monade, I, 2, p. 405; De umbris, p.
78; De vinculis, pp. 450-52, 502; Sigillus, Il, 2, p. 1 64; Cabala, p.
728; Candelaio, p. 49.
22. Cantus, II, l, pp. 219, 238.
23. Ibid., II, l, pp. 218-20; Sigillus, II, 2, pp. 167-68.
XXVIII INTRODUZIONE

cità ordinatrice, perché rende possibile un pronto richia­


mo mnemonico dei dati raccolti, proprio grazie alla loro
studiata collocazione e concatenazione, purgando così la
memoria da ogni confusione. Il risultato finale di un si­
mile concorso di attività razionale e mnemonico-immagi­
nativa è quello di produrre immagini noetiche, le quali
diano corpo « visivo >> ai pensieri, sempre più alti, 24 con
cui la facoltà o potenza intellettiva dell'anima ascende a
dialogare << visivamente » con il proprio grado di lumino­
sità, con i fulgori ideali delle realtà intelligibili. Gradua­
lità gnoseologica in cui le immagini intellettuali, divenu­
te sempre più vicine, speculari e coincidenti all'idea bra­
mata, tendono a farsi più semplici ed essenziali, proprio
come quel principio con cui ambiscono coincidere: così
si innalzano e metamorfosano sino a fondersi in esso, co­
me il soggetto che ama nell'oggetto amato, secondo la
metafora erotica dell' indiamento, che ha nel mito di At­
teone dei Furori il suo vertice espressivo e poetico, e di
cui diremo più avanti a proposito dell'aniconismo nume­
rico e geometrico che tesse l'iconografia bruniana.
Questa progressione della conoscenza << visiva » dell' a­
nima umana verso le intelligenze superiori e divine, ver­
so l 'unità/5 è esplicitata dal Nolano/6 e risulta possibile

24. Furori, pp. 880-8 1 .


25. Sigillus, Il, 2 , p. 216: « qui intelligit, aut unum aut nihil in­
telligit > ; Causa, p. 296: « chi non intende uno, non intende
nulla » .
26. Furori, p. 824: « Essendo l' intelletto divenuto all' apprension
d'una certa e definita forma intellegibile, e la volontà all'affe­
zione commensurata a tale apprensione, l' intelletto non si fer­
ma là: perché dal proprio lume è promosso a pensare a quello
che contiene in sé ogni geno de intelligibile e t appetibile, sin
che venga ad apprendere con l'intelletto l' eminenza del fonte
de l'idee, oceano d'ogni veritade e bontade. Indi aviene che
qualumque specie gli vegna presentata e da lei vegna compre­
sa, giudica che sopra essa è altra maggiore e maggiore, con ciò
sempre ritrovandosi in discorso e moto in certa maniera >> ;
ibid. , p. 947: << Severino: "Questi doi modi quantunque siena di­
stinti nella cognizion sensitiva o vision oculare, tutta volta però
INTRODUZIONE XXIX

perché nella concezione del filosofo la compatibilità ana­


logica tra i diversi gradi dell'essere è infinita e necessaria
all'unità del tutto:27 ogni specie è specchio di un'altra,
ogni umbra di un'idea e viceversa, in una continua, uni­
versale circolazione della luce che è madre di ogni cono­
scenza. 28
L'uomo interiore bruniano, nel suo grado di esistenza,
non può sperimentare altro che l'ombra delle idee/9

concorreno in uno nella cognizione razionale o in telletiva".


Minutolo: "Parmi avere inteso e letto che in ogni visione si ri­
chiede il mezzo over intermedio tra la potenza et oggetto. Per­
ché come per mezzo della luce diffusa ne l'aere e la similitudi­
ne della cosa che in certa maniera procede da quel che è visto
a quel che vede, si metta in effetto l'atto del vedere: cossì nella
regione intellettuale dove splende il sole dell'intelletto agente
mediante la specie intellegibile formata e come procedente da
l'oggetto, viene a comprendere de la divinità l'intelletto nostro
o altro inferiore a quella. Perché come l' occhio nostro (quan­
do veggiamo) non riceve la luce del foco et oro in sustanza, ma
in similitudine: cossì l'intelletto in qualumque stato che si tro­
ve, non riceve sustanzialmente la divinità [ . . . ] ma in similitudi­
ne"••; cfr. anche ibid., pp. 833-34, 849; De umbris, pp. 29-32 (In­
tentiones VII, VIII e IX).
27. Cfr. i dialoghi secondo e quinto della Causa, in particolare
pp. 295-96: « ne delettamo nella voce, non in una singulare, ma
in una complicante che resulta da l'armonia di molte. Ne de­
lettamo in uno sensibile, ma massime in quello che compren­
de in sé tutti sensibili: in uno cognoscibile, che comprenda
ogni cognoscibile; in uno apprensibile, che abbraccia tutto che
si può comprendere; in uno ente che compiette tutto: massime
in quello uno che è il tutto istesso " Cfr. Sigillus, Il, 2, p. 1 75.
·

28. L'archetipo filosofico è il Bene platonico: sole che rende vi­


sibili tutte le cose, pertanto intelligibili agli uomini veggenti
(Resp., 507d-509b) .
29. Cfr. De umbris, pp. 25-26 (Intentio l); ibid. , p. 56: << Ita ab um­
bris ad ideas patebit aditus, et accessus, et introitus " (,, Così
dalle ombre si aprirà l'adito, l'accesso, l'ingresso alle idee " ) ;
ibid., p . 59: << Nos autem oportet eas [ideas] extra, e t supra nos
inquirere, cum umbras earum tantum in nobis habemus "
(« Noi invece dobbiamo ricercarle [le idee] al di fuori e al di
xxx INTRODUZIONE

cwe le immagini mentali (esemplare affermazione sul


frontespizio del De umbris: ,, umbra profunda sumus '' ) ,
formandone razionalmente quante e come le desidera
con la sua facoltà immaginativa, producendo qualsiasi ti­
po di ombra:30 una catena infinita di ombre originata da
qualsiasi cosa percepibile e concepibile, rappresentabile,
e che rinvii al modello ideale, ovvero una scala gerarchi­
ca di ombre o << pitture" interiori che lo innalzi, in una
nobile progressione immaginativa e concettuale, sino al

sopra di noi, poiché in noi abbiamo soltanto le ombre delle


idee ,, ) ; ancora infine alla Intentio I, p. 26: '' [anima] experitur
in hominis mente imaginis aliquid quatenus ed eam appulsum
habet; sensibus auterri internis et ratione, in quibus animaliter
vivendo versamur, umbram ipsam " ( « [l'anima] nei sensi inter­
ni e nella ragione, esperimenta l'ombra stessa » ) . L'anima uma­
na è per Bruno una sostanza trasparente e limpida, distinta dal
corpo e da cui si può separare, in esso alberga governandolo e
assistendolo come il nocchiero la nave ( Causa, pp. 2 1 3-1 5 ) : es­
sa è il vero homo interius, ma non può accedere direttamente al­
l' uno se non per mezzo dell' umbra; cfr. De umbris, pp. 25-26, 49-
5 1 . "Bruno tratta dell'anima e della sua conoscenza fuori da
qualsiasi contesto teologico, ciò al contrario di Tommaso e Fi­
cino, nei quali l'immortalità individuale dell'anima è di prima­
ria e essenziale importanza » (Spruit, op. cit., p. 57, nota 60; cfr.
pp. 57 sgg., 99 sgg., 185 sgg., 224 sgg. ) . Bruno crede alla me­
tempsicosi: Cabala, pp. 716-19 (cfr. Furori, p. 837; Spaccio, pp.
465-66; De minimo, I, 3, p. 143) . Giovanni Mocenigo ricorda
che, recatosi a trovare Bruno « in letto [ . . . ] e trovandoli vicino
un ragnetto, l'ammazzai, e lui mi disse ch'avevo fatto male, e
cominciò a discorrere che in quelli animali poteva esser l'ani­
ma di qualche suo amico, perché l'anime, morto il corpo, an­
davano d'un corpo in un altro, et affirmava che egli era stato
altre volte in questo mondo, e che molte altre volte saria torna­
to doppo che fosse morto, o in corpo h umano, o di bestia, et io
ridevo, e lui mi riprendeva, che io mi burlassi di queste cose »
(L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni,
Roma, 1 993, p. 284) .
30. Cfr. De imaginum compositione, Il, 3, pp. 1 1 9-20: « verum quo­
que ad innumerabilium imaginum multiplicationem impro­
portionabiliter concipiendarum multiplicari poterunt "·
INTRODUZIONE XXXI

medesimo mondo ideale. << Noi sosteniamo '' scrive il No­


lano << che ci sono idee di tutte le cose, perché da ogni co­
sa che concepiamo si ascende fino alle idee stesse. Da tut­
te le cose infatti formiamo ombre ideali >> .3 1
La marcata distinzione tra sensi esterni ed interni è
fondamentale nell'antropologia bruniana, perché stabili­
sce i due modP2 di << vedere '' e << conoscere» da parte del­
l'uomo. In sostanza, con quelli esterni le immagini si ri­
cevono, con gli interni si creano per accostarsi alle figure
ideali, le quali, per dir così, riappaiono nel mondo fisico
attraverso le immagini delle cose che, a loro volta, ali­
mentano i sensi esteriori, e così via. In tal modo l' inces­
sante concatenamento delle immagini, fisiche, mentali e
ideali, costituisce la scala naturale e psicologica attraver­
so cui il filosofo può salire dal dato sensibile alla metafisi­
ca. Da ciò l'indiscusso primato che Bruno conferisce alla
<< vista >> , intesa in ogni sua possibile valenza. Per lui la vi­
sta è il << più spirituale di tutti i sensi ''• essa è « eccellente ''
e •• divina '' , « concepisce ciò che c'è di più lontano dalle
immagini stesse del mondo ''• grazie agli << occhi dei pen­
sieri '' l'anima vede.33 Il Nolano porta in tal modo alle
estreme conseguenze, certo connesse al ruolo preponde­
rante che la facoltà immaginativa svolge nella sua <<fisio­
logia '' della conoscenza, 34 quella nobilissima considera-

31 . De umbris, p. 60: il testo latino è citato alla nota 5 1 . Per Bru­


no l'anima, « operando " svincolata dal corpo, si può unire alle
idee, al di là di ogni contingenza spazio-temporale ( ibid., p.
49) .
32. Libri Phys., III, p. 268: << qui se habe t sicut oculus internus ad
species intelligibiles, sicut oculus externus ad sensibiles >>; il
concetto ritorna numerose volte nelle opere di Bruno, che, in
particolare, chiama l'occhio interiore in modi diversi ma con
un unico significato: •• mentis oculus ''• •• rationis oculus ''•
« phan tasiae oculus '' .
33. Bruno ribadisce più volte e dettagliatamente il motivo: cfr.
Cantus, Il, l, p. 235; De imaginum compositione, II, 3, p. 1 00; De
vinculis, p. 502; Sigillus, Il, 2, pp. 2 1 1-12; Furori, pp. 792, 830.
34. Basilari in merito rimangono le pagine della Prima sezione
del Libro I del De imaginum compositione, II, 3, pp. 94-124.
XXXII INTRODUZIONE

zione della " vista >> che già troviamo in Platone quando,
nel Timeo ( 47a-c) , ne celebra l'estrema utilità per intellege­
re se stessi e il mondo, per raggiungere la vera " visione >>
filosofica. Tematica che perdurerà nel Medioevo e suc­
cessivamente, come in Boezio o nel neoplatonico Liber de
causis, dove il processo conoscitivo si sviluppa secondo le
stesse modalità della visione/5 oppure nel De coniecturis di
Cusano/6 nei libri De intellectu, De sensibus, De sapiente
di Charles de Bovelles, �7 nella Theologia Platonica o In
Theophrastum di Ficino,38 tanto per citare autori cari a
Bruno, nei quali, in sintesi, la teoria della visione e il pri­
mato del senso della vista è conseguente ad una conce­
zione del mondo in cui la causalità degli esseri e dell'in­
tero creato, antologica, cosmologica e gnoseologica, si
basa sulla luce.
L' umbra si propone quale strumento interiormente
" visibile >> , imago che nutre di noetiche figurazioni l'ani­
ma, impegnata nella sua caccia�9 sofianica: "L' ombra pre­
para quindi lo sguardo alla luce. L'ombra tempera la lu­
ce. Con l'ombra la divinità tempera e porge all'occhio
oscurato dell'anima affamata e assetata40 le immagini che

35. Cfr. G. Federici Vescovini, Studi sulla prospettiva medioevale,


Torino, 1 965, pp. 2 1 -23, ma anche 32, 37 sgg., 231 .
36. Ibid., pp. 2 1 , 30.
37. Nell'edizione citata rispettivamente alle cc. 3 r sgg., 10r sgg. ,
22r sgg., 1 39v-1 42r.
38. In Opera, pp. 89-9 1 , 181 1 .
39. Furori, p . 918: « Conviene dunque che l'anima umana abbia
il lume, l 'ingegno e gli strumenti atti alla sua caccia. Qua soc­
corre la contemplazione, qua viene in uso la logica, attissimo
organo alla venazione della verità, per distinguere, trovare e
giudicare'' · La metafora della caccia come venatio sapienziale è
esposta da Bruno con il mito di Atteone, ibid., pp. 819 sgg., e di
cui si discute in. fra.
40. L'occhio obnubilato come metafora di chi vede solo l'in­
gannevole realtà sensibile è in Platino, V, 5, 1 1 (cfr. gli « occhi
mortali » di l, 6, 8 e VI, 2, 8) ; più in generale: W. Deonna, Le
symbolisme de l'oeil, Paris, 1965, pp. 233-300. L'immagine dell 'a­
nima dolente e assetata è un topos della mistica aeg;ritudo amoris
INTRODUZIONE XXXIII

rivelano le cose. Allora osserva attentamente quelle om­


bre che non si estinguono, ma conservano e custodisco­
no in noi la luce, e per mezzo delle quali siamo innalzati
e condotti all 'intelletto e alla memoria » .4 1 Le immagini
dell'universo materiale e naturale percepite e viste di
nuovo con l 'occhio interiore sono imprescindibili umbrae
di altro, ultime impronte della luce sublime:42 grazie al-

medioevale e umanistica (di matrice classica) , che sottolinea


l'affannosa e ardente cerca del refrigerium spirituale, della co­
noscenza divina: cfr., anche per le fonti bibliografiche, F. Co­
lonna, Hypnerotomachia Poliphili, introduzione, traduzione e
commento di M. Ariani e M. Gabriele, Milano, 1 998, vol. Il, p.
534, nota 4, p. 538, nota 6 e p. 666, nota 2; M. Sandaeus, Pro
theologia mystica clavis, Coloniae Agrippinae, 1 640, pp. 210, 328-
29; Ficino, Dialogus inter Paulum et animam, quod ad Deum non
ascenditur sine Deo, et defide, spe, charitate, in Opera, vol. I, p. 703:
« Attende, anima sitibunda liquoris aeterni >> (cfr. De raptu Pau­
li, in Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. Garin, Milano­
Napoli, 1 952, p. 954) . Il lemma « refrigerio •• , nel significato ap­
pena detto, ricorre più volte nei Furori bruniani, in particolare
alle pp. 793 ( « Il spirito [ . . . ] ha refrigerio per esser rapito da
quell' oggetto che dà gioia al core » ) , 830 ( « refrigerio de mie
pene >> ) e 845 ( « per di mio spirto refrigerio e scampo » ) .
4 1 . De umbris, pp. 3&-37: « Umbra igitur visum preparat ad lu­
cem. Umbra lucem temperat. Per umbram divinitas oculo esu­
rientis, sitientisque animae caliganti nuncias rerum species
temperat, atque propinat. Eas igitur umbras quae non extin­
gunt, sed servant, atque custodiunt lucem in nobis, et per quas
ad intellectum, atque memoriam promovemur, atque perduci­
mur, recognoscere », Traduco species con « immagini » : cfr. i
Conceptus XI e XXVIII del De umbris, pp. 52 e 60. De principiis,
pp. 596-98: ,, Lux est [ . . . ] vehiculum specie rum seu imagi­
num >>; Furori, p. 947. Altri luoghi in M. Ciliberto, Lessico di Gior­
dano Bruno, Roma, 1 979, vol. Il, pp. 1 1 4&-5 1 ; per la dottrina
delle species nell'ambito della visione esteriore e interiore si ve­
da Federici Vescovini, op. cit., pp. 58 sgg., 65, 70, 245 sgg.; Park,
op. cit., pp. 1 00 sgg., 1 1 1-14; G. Stabile, Teoria della visione come
teoria della conoscenza, in « Micrologus >>, 5 ( 1 997) , pp. 225-46.
42 . Sigillus, II, 2, p. 1 7 1 : « Desinamus igitur, desinamus eas,
quae veluti rerum sunt umbrae, a sensibus obiectas species ad-
XXXIV INTRODUZIONE

l'ombra, che partecipa di quella luce,43l'anima può risali­


re nella conoscenza, dalla stessa ombra immaginale al ba­
gliore divino.
L'ombra, la pictura mentis,44 nella sua dinamica propor­
zionalità e processione tra luce e oscurità, testimonia il
graduale legame di bellezza nell'ordine delle cose,45 in

mirari »; Furori, p. 807: « e sotto l'imagini sensibili e cose mate­


riali va comprendendo divini ordini e consegli [ . . . ] perché la
lezion principale che gli dona Amore, è che in ombra contem­
ple (quando non puote in specchio) la divina beltade ••.
43. De umbris, p. 26: « Non est umbra tenebrae, sed vel tenebra­
rum vestigium in lumine, vel luminis vestigium in tenebris, vel
particeps lucis et tenebrae, vel compositum ex luce et tenebris,
vel mixtum ex luce et tenebris [ . . . ] Habeatur autem in propo­
sito, ut lucis vestigium, lucis particeps, lux non p lena " ( ,, L' om­
bra non è tenebra, ma o vestigio della tenebra nella luce o del­
la luce nella tenebra, o un composto di luce e tenebra " ) ; Furo­
ri, p. 848: « Li gradi della contemplazione son come li gradi
della luce, la quale nullamente è nelle tenebre; alcunamente è
ne l'ombra » ; cfr. Charles de Bovelles, c. 1 39v (cap. 37) : « Um­
bra luminis est aut refractio aut reflectio [ . . . ] Lume n lucis est
species, umbra luminis vestigium " ·

44. Cantus, Il, l, p. 220: « [scriptura intrinseca atque pictura]


serviun t oculis intrinsecis " .
45. De vinculis, pp. 492-94: « Vinculum pulchritudinis apud
Pythagoricos et Platonicos dicitur fulgor, radius et actus quidam,
vel umbra et simulachrum illius saltem atque vestigium, primo
diffusum in mentem quam rerum ordine decoret, secundo in
animam quam rerum serie compleat, tertio [in] naturam quam
seminibus distinguat et suffulciat, quarto in materiam quam for­
mis exornet. Hic radius clarissime est in mente, dare in anima,
obscure in natura, obscurissime in rerum naturalium subiecto -
aiun t " (« Il vincolo della bellezza presso i Pitagorici e i Platonici
viene detto fulgore, raggio o un certo atto, o ombra e simulacro
o per lo meno traccia di essa, prima di tutto effuso nella mente
che adorna con l'ordine delle cose, secondariamente nell'ani­
ma che colma con la catena delle cose, in terzo luogo nella na­
tura che distingue e sostiene con i suoi semi, in quarto luogo
nella materia con abbellisce con le forme. Questo raggio è chia­
rissimo nella mente, chiaro nell'anima, oscuro nella natura,
INTRODUZIONE xxxv

quanto le ombre che si pongono dinanzi agli occhi inte­


riori hanno, per così dire, percorso e intrecciato il ma­
crocosmo con il microcosmo: esse difatti discendono
quali idee dall'unità del piano metafisica a quello fisico o
naturale, dove si manifestano come « vestigia >> , e poi a
quello mentale,46 dove propriamente appaiono umbrati­
li. Il punto di partenza, per risalire una simile processio­
ne fino al principio, risulta allora il livello mentale o ra­
zionale, sede delle ombre, che è collocato nella testa del­
l'uomo, dove si trovano le quattro cellule delle facoltà o
sensi interiori, dove l'immaginazione, come meglio ve­
dremo più avanti, svolge una funzione fondamentale.47
L'ordine del mondo razionale - spiega Bruno -48 è fatto a

oscurissimo nella materia che è il sostrato delle cose naturali -


così essi affermano >> ) ; sulla « bellezza-armonia >> : Furori, pp. 809-
10; cfr. Ficino, In Conv. , in opera, vol. Il, p. 1326.
46. De umbris, p. 28: « Umbras eas in proposito maxime consi­
deramus quae sunt appetituum, et cognitive facultatis obiecta
[ . . . ] quae sensim ab unitate illa supersubstantiali decedentia,
per crescentem multitudinem in infinitam multitudinem [ . . . ]
progrediuntur; quae quantum ab unitate recedunt, tantum ab
ipsa quoque veritate elongantur. Fit enim ab ipso superessen­
tiali ad essentias, ab essentiis ad ipsa quae sunt, ab iis ad eorum
vestigia, imagines, simulachra, et umbras excursus >> . Dall'unità
<< sovrasostanziale >> alla molteplicità: passaggio che si compie
dal << sovraessenziale >> ali' << essenziale >> e dall ' << essenza » delle
cose alle loro <<vestigia, immagini, simulacri, ombre >> .
47. Cfr. Cantus, Il, l, pp. 217 sgg.; in.fra la nota 7 1 .
48. De imaginum compositione, Il, 3 , p . 96: « sequitur ordo mundi
rationalis, qui est ad similitudinem naturalis cuius est umbra,
qui est imago divini cuius est vestigium [ . . . mundus rationalis]
quod est veluti speculum quoddam vivens, in quo est imago re­
rum naturalium et umbra divinarum. Hoc sane speculum con­
cipit ideam tanquam causam rerum, sicut imago rei faciendae
in mente efficientis imbuit efficientis rationem. Concipit for­
mam tanquam rem ipsam, nempe speciem [ . . . ] Hic generali­
ter loquentibus rerum sunt imagines atque figurae tanquam
propria in sede, ubi servantur, conduntur » . Sul significato del­
lo specchio come metafora neoplatonica dell'immaginazione,
si veda più avanti, il terzo paragrafo dell'Introduzione.
XXXVI INTRODUZIONE

somiglianza di quello naturale del quale è l' ombra, che a


sua volta è immagine del divino di cui è vestigio: il mon­
do razionale è una sorta di « specchio vivente >> ,49 nel qua­
le sta l' immagine delle cose naturali e l' ombra delle divi­
ne. Senza dubbio questo specchio concepisce l'idea qua­
le causa delle cose, come l'immagine della cosa da fare,
nella mente di chi sta operando, imbeve la ragione del­
l'operante. In tale specchio, parlando in generale - pro­
segue il Nolano -, si trovano raccolte e conservate le im­
magini delle cose e le figure come in una sede propria.
La realtà umbratile risulta il primo scalino della co­
noscenza e, nel contempo, costituisce il tramite più di­
retto e immediato per cui la ragione umana può rivol­
gersi alle realtà fisiche e risalire a quelle metafisiche, in
quanto le molteplici forme umbratili (o « vestigia, im­
magini, simulacri >> ) sono gradualmente, analogicamen­
te inanellate attraverso la natura e il divino. L'ininter­
rotta catena delle umbrae che unisce il mondo del « mol­
teplice >> all ' << unità >> e viceversa5° è conseguente all' omo­
loga onnipresenza delle idee (ci sono idee di tutte le co­
se) , sulla dinamica delle quali è strutturata la realtà. 51

49. Lampas, p. 1022: << Est natura ab intelligentia finita - cuius­


modi nostra - attingibilis velut in speculo ,. .
50. Si veda l' /ntentio VII (ma anche VIII e IX) del De umbris, pp.
29-30: << Cum vero in rebus omnibus ordo sit atque connexio,
ut inferiora mediis et media superioribus, composita simplici­
bus uniantur, materialia spiritualibus, spiritualia prorsus inma­
terialibus adhaereant, ut unum sit universi entis corpus, unus
ordo, una gubernatio, unum principium ,. ; cfr. Sigillus, Il, 2,
pp. 1 79-80.
5 1 . « Et nos in proposito ideo omnium volumus esse ideas, quia
ab omni conceptabili ad easdem conscendimus. De omnibus
enim formamus umbras ideales >> : De umbris, pp. 60-61 ( Concep­
tus XXVIII; cfr. anche XXIX e XXX ) . Significativo in proposito
il Conceptus XXII ( ibid. , p. 56) , laddove si dichiara che l'idea si
può intendere in quattro modi: nelle cose artificiali, nelle in­
tenzioni prime, nei princìpi della natura, nella mente divina
(« In artificiali bus ipsis [ . ] In intentionibus primis [ . . . ] In
. .

principiis naturae [ . . ] In divina mente » ) , ovvero << In primis di-


.
INTRODUZIONE XXXVII

Nel Sigillus sigillorum52 si legge: « Un solo ed unico sog­


getto riconosce una semplice radice e un solo principio
virtuale. Di qui si generi il giudizio [criterio] proporzio-

citur technica, in secundis logica, in tertiis physica, in quartis


methaphysica » . Una siffatta, esaustiva quadripartizione s'ispi­
ra a quella ficiniana, che distingue e colloca le idee << Ìn ipso
vero intelligibili [ ... ] in sequentibus mentibus [ . . . ] in natura
[ . . . ] in materia » , secondo un loro diverso grado di partecipa­
zione. Cfr. Theol. Plat., XI, 4, in Opera, vol. I, pp. 248-49. Pro­
prio in questi passi Ficino ragiona esplicitamente dell' umbra
idearum (p. 249: << In natura vero semina quaedam infima for­
marum ab ideis infusa; in materia denique umbras •• , e ancora
<< In materia quidem postrema idearum umbra resultat, super
materiam vero idearum omnium luce t facies » ) , secondo
un'accezione negativa che, pur discordando da quella brunia­
na in proposito, sancisce l'esempio metaforico ed epistemolo­
gico dell' umbra quale residuo dell'idea nella materia, non di­
versamente da quanto, per questo aspetto, accade nello stesso
Bruno (De umbris, p. 26, Intentio Il: « umbra [ . . . ] luminis vesti­
gium in tenebris » ; p. 29, Intentio VI: « umbra in materia seu
natura, in naturalibus ipsis, [ . . . ] consisti t » ) . Mentre in Ficino
l' umbra è vanitas della materia, sta gerarchicamente al di sotto
della dignità umana, si riscontra soltanto nel più basso gradi­
no della realtà ed è contrapposta alla luce superiore (cfr.
Theol. Plat., XIII, 4 e XIV, 8, in opera, vol. I, pp. 301 sgg., 3 1 7,
per Ficino << corpora sunt umbrae Dei " • in Dialogus inter Pau­
lum et animam, in opera, vol. l, pp. 697-98; P. O. Kristeller, Il pen­
siero filosofico di Marsilio Ficino, Firenze, 1 988, pp. 89 sgg., 1 1 3
sgg.; MJ.B. Allen, /castes: Marsilio Ficino 's /nterpretation ofPlato 's
Sophist, Berkeley, 1 989, pp. 1 69 sgg., 1 82-83; si veda anche la
teoria dell ' << impressione , sensoria in Platino, IV, 6, l ) , in Bru­
no invece risulta presente in ogni gradino e porta a quella lu­
ce (cfr. De umbris, p. 36: « umbra [ . . . ] conducens ad lucem » ;
pp. 43-44; cfr. pure l e Intentiones XV, XVII e XXX ) . S i veda
inoltre De mag;ia, pp. 170-72. Sulle influenze ficiniane in Bru­
no, in particolare sul De umbris, cfr. sopra le note 5, I l , 20 e la
Bibliografia nell' edizione Sturlese, pp. XXI-XXII, come i nu­
merosi luoghi nelle note al testo.
52. II, 2, p. 1 79 (ma cfr. pp. 164-65 ) : << Unum ergo proprium sub­
iectum [ . . . ] unum virtuale principium recognoscit. Hinc fiat
proportionale iudicium de intellectu primo ad alios intellec-
XXXVIII INTRODUZIONE

nale del primo intelletto agli altri intelletti, dal primo e


superiore grado di cognizione agli altri livelli. Un'unica
luce illumina tutto, una sola vita vivifica ogni cosa di­
scendendo secondo determinati gradi dalle cose supe­
riori a quelle inferiori e risalendo dalle inferiori alle su­
periori, e come ciò accade nell'universo così è anche
nei simulacri dell'universo » . 53
La progressiva gnosi umbratile verso la luce noetica ha
il suo modello nel celebre mito platonico della caverna,S4
e interessanti a riguardo, anche per il confronto e la con­
cordanza con il pensiero bruniano,55 risultano alcuni luo­
ghi di Ficino,56 nei quali si ricorda come il trapasso dalla
buia caverna alla luce del giorno non deve essere repen­
tino, ma si deve avanzare per gradj,S' dalle ombre delle
cose alle cose stesse e dall'immagine della luce alla luce
medesima: un processo che educa alla conoscenza del
mondo divino e affranca l'anima dalla prigione corpo-

tus, de primo superiorique cognitionis gradu ad alios cognitio­


nis gradus. Una lux illuminat omnia, una vita vivificat omnia
certis gradibus a superioribus ad inferna descendens, et ab in­
fernis ad suprema conscendens; et sicut est in universo, ita est
et in universi simulacris ». Lo stesso in Lampas, p. l038 (XIX) .
53. Cfr. pseudo-Dionigi Areopagita, CH, III-IV; EH, V; DN, VIII.
Bruno conosceva le opere dionisiane: cfr. Spruit, op. cit., p. 47.
54. Resp., 514a sgg.; cfr. Plotino, IV, 8, l e 4.
55. Il Nolano ripropone il mito nel De immenso, l, l , pp. 206-
208; Lampas, p. 1022; Causa, pp. 180-82; Furori, pp. 945-46.
56. Theol. Plat. , in opera, vol. l, pp. 1 60-61; ma anche pp. 838-
39: ,, Multoque magis id illi malurn continget, si a spelunca sur­
surn ad caeleste diuturnumque lurnen repente trahatur. Quare
non subito, sed paulatim convenientibus gradibus ab umbris
rerurn ad res ipsas, itern a luminis imagine ad lumen ipsurn est
perducendus [ . .. ] Verae enim mentes, verae res quaeque, verus
sol in mundo solum sunt invisibili, quae si absque congruis
educationis disciplinarurnque gradibus repente intueri cone­
rnur, caligamus protinus et dolernus >> (cfr. De umbris, lntentio
XV, pp. 36-37) .
57. Cfr. Spaccio, p. 537.
INTRODUZIONE XXXIX

rea58 e dalla dolente cecità. Si legge nei Furori: << veggiamo


non gli effetti veramente, e le vere specie delle cose, o la
sustanza de le idee, ma le ombre, vestigii e simulacri de
quelle, come color che son dentro l'antro et hanno da
natività le spalli volte da l'entrata della luce, e la faccia
opposta al fondo: dove non vedono quel che è veramen­
te, ma le ombre de ciò che fuor de l'antro sustanzialmen­
te si trova >> .59
L' umbra, tra oscurità e lucore, si configura come inter­
mediario e paradigma di ogni possibile conoscenza della
realtà. L'ombra assurge a dinamica cerniera che, con­
temporaneamente, coniuga e distingue tra mondo natu­
rale, umano, e mondo divino, tra relativo e assoluto, tra
errore e verità, tra sfera razionale e sfera ideale. 60 Tale
funzione mediativa61 ne fa, come detto sopra, l 'efficace
strumento per il graduale viaggio dell'anima, 62 un iter

58. Furori, p. 8 1 2 : << in questa terrena vita (rinchiuso in questa


priggione de la carne, et avvinto da questi nervi, e confirmato
da queste ossa) »; il tema simbolico del « corpo-prigione-tom­
ba » è di genesi platonica ( Crat., 400c; Gorg. , 493a; Phaedr.,
250c; Phaed., 62b ) ; cfr. Cicerone, Somn. Scip., 1 4; Platino, IV, 8,
l sgg.; Ficino, in Opera, vol. l, pp. 1 60, 713. Sulla tradizione a ri­
guardo in ambito rinascimentale si veda il commento alla cita­
ta edizione dell' Hypnerotomachia Poliphili, vol. Il, pp. 599 sgg.
59. Furori, p. 946.
60. Cfr. De umbris, in particolare le Intentiones l, Il, III, IV, XIV
sgg.
6 1 . Ibid., Intentio XV, p. 36: << Umbra igitur visum preparat ad lu­
cem. Umbra lucem temperat •• .
62. Ibid., Intentio XVIII, p . 38: << Non dormies [ << non dormi­
rai " • dunque << sarai sveglio » : l'allusione è all'uomo che se
<< dorme » rimane succube delle sole sensazioni che costitui­
scono il « sonno dell'anima » , cfr. Aristotele, De an. , 429a; Pla­
tino, VI, 7, 7, ma anche III, 6, 6 c V, 5, 1 1 ] si ab umbris physi­
cis inspcctis ad proportionalcm umbrarum idcalium considc­
rationem promoveris » ( << Non dormirai se dall' attenta osser­
vazione delle ombre fisiche ti innalzerai a considerare pro­
porzionalmente le ombre ideali » ) ; cfr. anche le Intentiones
IX, XIII, XIV, XXIII.
XL INTRODUZIONE

ascensivo rispettoso e cosciente della proporzionalità, os­


sia del criterio che correla il molteplice e l'unità secondo
l'ordinata numerologia, 63 in un concento che accorda il
macrocosmo al microcosmo, 64 le parti e il tutto nell' u­
nità. 65 " Dunque , afferma Bruno << solo con la concezione
della simmetria conosciamo qualsiasi cosa composta,
connessa, congiunta, mista, unita e ordinata. Infatti ben­
ché contempliamo distintamente all'esterno e all'inter­
no [in riferimento ai sensi esteriori e a quelli interiori]
parte dopo parte, membro dopo membro, specie dopo

63. Nel Sigillus, Il, 2, p. 1 76: •• mens autem divina in sua essen­
tia viva possidet et invenit universa, et intellectum usque ad
materiae profundum illuminat. Hic est lux, qui in densissimis
tenebris, utpote in profundo materiae, luce t [ . . . ] in natura au­
tem aequalitatem et proportionem quandam pro specierum
capacitate servat » ( " d'altra parte la mente divina nella sua viva
essenza possiede e trova tutte le cose, ed illumina l'intelletto
fin nel profondo della materia. Questa è la luce che risplende
nelle più fitte tenebre, ovvero nelle profondità della materia
[ . . . ] tuttavia nella natura la mente divina mantiene una certa
eguaglianza e proporzione secondo la capacità di ogni spe­
cie » ) ; e alle pp. 214-15: « Ad omnia nimirum per similitudi­
nem, proportionem, ordinem, symmetriamque dirigimur >>
( « Senza dubbio siamo indirizzati a tutte le cose mediante simi­
litudine, proporzione, ordine e simmetria >> ) ; p. 2 1 6: •• Symme­
triae tandem conceptione sola quodcumque compositum,
complexum, copulatum, mixtum, unitum, ordinatum cogno­
scimus. Quantumvis enim partem post partem, membrum post
membrum, speciem post speciem distincte exterius intimius
contemplemur, non tamen nisi harmonica consonanteque col­
latione omnium ad omnia, vel saltem praecipuorum ad praeci­
pua, perfecti rationem erimus adepti >> . Notevole anche 1'/nten­
tio VII nel De umbris, pp. 29-31 . Cfr. Nicola Cusano, De docta
ignorantia, I, l sgg., 1 1 sgg.; A. Bònker-Vallon, Metaphysik und
Mathematik bei Giordano Bruno, Berlin, 1 995, pp. 18 sgg., 66 sgg.,
1 1 3 sgg.; Eusterschulte, op. cit.
64. Cfr. De umbris, pp. 81-82; De imaginum compositione, Il, 3, pp.
197-98; De magia math., pp. 4-6.
65. Sull'argomento si vedano i significanti passi nella Causa,
pp. 210-12, 25 1-53, 269, 277-82.
INTRODUZIONE XLI

specie, non riusciamo a comprendere tuttavia la ragione


della perfezione del tutto, se non grazie all'armonica e
consonante analogia di tutte le cose con tutte le cose, o
almeno delle precipue con le precipue >> . 66 Nel Conceptus
XIX67 si riferisce della scala neoplatonica di sette gradini
per la quale si ascende al principio, fin quando si ha la
« trasformazione di sé nella cosa [ . . . ] e della cosa in se
stesso '' ( « transformatio sui in rem [ . . . ] transformatio rei
in seipsum '' ) , coincidentia che costituisce il fine della sa­
pienza « interiore '' bruniana, per la quale l'intelletto e la
cosa conosciuta si uniscono,68 secondo una reciprocità re­
sa possibile dalla scalarità, dalla proporzione che cifra e
relaziona l' ascensus animi con il tutto e viceversa: il sog­
getto tende a unirsi con l 'oggetto, in un cammino estati­
co. Tale congiungimento viene mirabilmente espresso
dal Nolano, nelle ultime pagine del « Dialogo secondo,
Parte seconda '' dei Furori, attraverso la metafora della ve­
natio sapientiae, connessa al mito di Atteone. Nel De im­
menso si afferma altresì: « Pertanto perseguiamo quella
contemplazione che non è futile né vana, ma profondis-

66. Sigillus, II, 2, p. 216: il passo latino è citato sopra, alla nota
63.
67. De umbris, p. 56: « Septem gradibus - quibus duos addimus
- constare intellexit Plotinus [ma la fonte è Ficino, In Enn., VI,
7, 36, in Opera, vol. II, p. 1 793; cfr. M.L. Gatti, Platino e la me­
tafisica della contemplazione, Milano, 1982, pp. 1 1 4-69, in partico­
lare p. 1 30] schalam qua ascenditur ad principium. Quorum
primus est animi purgatio, secundus attentio, tertius intentio,
quartus ordinis contemplatio, quintus proportionalis ex ordi­
ne collatio, sextus negatio, seu separatio, septimus votum, oc­
tavus transformatio sui in rem, nonus transformatio rei in se­
ipsum. Ita ab umbris ad ideas patebis aditus, et accessus, et in­
troitus '' Sulla conoscenza che ascende all'unità, cfr. Sigillus, II,
·

2, pp. 1 76, 2 1 6.
68. Cfr. Plotino, III, 8, 6-7; e ancora nei Furori, p. 906: « Ma do­
ve l'affetto intiero è tutto convertito a Dio, cioè all'idea de le
idee, dal lume de cose intelligibili la mente viene exaltata alla
unità super essentiale, è tutta amore, tutta una, non viene ad
sentirsi sollecitata da diversi oggetti che la distrahano '' ·
XLII INTRODUZIONE

sima e la più degna dell'uomo perfetto, quando cerchia­


mo lo splendore, l'effusione e la partecipazione della di­
vinità e della natura [ . . . ] Allora l'uomo verrà detto un
grande miracolo da Trismegisto: l'uomo che si trasforma
in dio, quasi fosse egli stesso dio, che cerca di divenire
ogni cosa come dio è ogni cosa; tende verso un oggetto
senza limite [ . . . ] come infinito è dio, immenso, ovunque
tutto •• . 69 Nondimeno è significativa, come espressione
della omoiosis theo bruniana, la conclusione del << Dialogo
terzo » della « Parte prima » degli Eroici furori: « E per il
contrario, per sentimento della propria nobiltà, [gli dèi]
ripigliano la propria e divina forma: come il furioso eroi­
co inalzandosi per la concepita specie della divina beltà e
bontade, con l'ali de l'intelletto e voluntade intellettiva
s'inalza alla divinitade lasciando la forma de soggetto più
basso. E però disse: "Da soggetto più vil dovegno un Dio,
Mi cangio in Dio da cosa inferiore" » .
Altrove70 Bruno parla di questa interiore dialettica
ascensiva riproponendo i quattro gradi di conoscenza
boeziani:7 1 sensus, imaginatio, ratio, intellectus. Boezio di-

69. De immenso, l, l, pp. 205-206: « Non levem igitur ac futilem,


atqui gravissimam perfectoque homine dignissimam contem­
plationem partem persequimur, ubi divinitatis, naturaeque
splendorem, fusionem [ . ] perquirimus [ . ] Hinc miraculum
. . . .

magnum a Trismegisto [il riferimento è all Asclepius, in Corpus


'

Hermeticum, cit. , vol. Il, pp. 301-302; l'argomento è ampiamente


diffuso nel Rinascimento: Pico della Mirandola, De hominis di­
gnitate, a cura di E. Garin, Firenze, 1942, p. 102; M. Ficino, Theo­
lof:ia platonica, a cura di R. Marcel, voli. I-III, Paris, 1 964, vol. II,
p. 257] appellabitur homo, qui in deum transeat quasi ipse sit
deus, qui conatur omnia fieri, sicut deus est omnia; ad objec­
tum sine fine (ubique tamen finiendo) contendit, sicut infini­
tus est deus, immensus, ubique totus »; Furori, p. 821 : « ben si di­
ce il regno de Dio esser in noi, e la divinitate abitar in noi » .
70. Sif:illus, Il, 2 , pp. 172-80.
71 . Nel De consolatione philosophiae (V, 4, 70-80 e V, 5, 1-56: « sen­
sus, imaginatio, ratio, intelligentia •• ; cfr. Bundy, op. cit., pp. 1 72
sgg.; Gersh, op. cit., vol. Il, pp. 714-18) e nel De Trinitate (Il, 64) .
Autorevoli, per lo specifico riferimento alla processione cogni­
tiva, sono le pagine del Sir;illus, II, 2, pp. 1 72-80 (cfr. Tocco, op.
INTRODUZIONE XLIII

spone il naturale processo conoscitivo secondo quattro


modalità: i sensi, l'immaginazione, la ragione e l'intelli­
genza, quadripartizione che ha un similare precedente

cit., pp. 362-63; Ciliberto, La ruota del tempo, cit., pp. 66-75; De
Bemart, op. cit., pp. 21 sgg., 33 sgg.; Spruit, op. cit., pp. 34 sgg.,
39 sgg., 95-96, 214 sgg. ) . Si veda anche il Conceptus XX nel De
umbris, p. 56: << Omne quod est post unum, necessario multi­
plex est et numerorum >> . Bruno torna in più occasioni sulla ge­
rarchia delle facoltà, proponendo scale non sempre identiche
ma sostanzialmente non divergenti: cfr. Explicatio, Il, 2, p. 1 28
(<< vivere, sentire, imaginari, ratiocinari, intelligere, mentare >> ) ;
Cantus, II, l, pp. 2 1 7-18; De monade, I, 2 , p . 455; Lampas, pp.
1 226-39. Nella Summa, I, 4, pp. 31 sgg., menziona la seguente:
<< cognitio sensi tiva, phantasia, memoria, ratio, intellectus,
mens », ovvero la stessa sequenza già apparsa in Johann Reuch­
lin, De arte cabalistica, Hagenau, 1 5 1 7, c. 2v: << Haec illa est quae
paulo ante a nobis vocabatur deificatio, cum ab obiecto prae­
sente per medium suum exterior sensus transit in sensionem
interiorem, et illa in imaginationem, et imaginatio in existima­
tionem, et existimatio in rationem, et ratio in intellectum, et
intellectus in mentem, et mens in lucem, quae illuminat homi­
nem, et illuminatum in se corripit >> ( << Questo è ciò che poco
prima abbiamo chiamato deificazione: quando da un oggetto
presente, attraverso un suo intermediario, la sensazione ester­
na [ che l'uomo ne recepisce] passa al senso interno, e questo
nell'immaginazione, e l'immaginazione nel giudizio, e il giudi­
zio nella ragione, e la ragione nell 'intelletto e l'intelletto nella
mente, e la mente in luce che illumina l'uomo e, illuminato, lo
rapisce a sé >> ) . A simili processioni non sono certo estranei an­
che i livelli delle attività o facoltà dell'anima dell' ltinerarium
mentis in Deum (I, 6) di san Bonaventura ( << sensus, imaginatio,
ratio, intellectus, intelligentia, apex mentis >> ) . Sulla classifica­
zione dei sensi interni e la tradizione di certe forme ed espe­
rienze mistiche, speculative e immaginali, cfr. il fondamentale
Bundy, op. cit.; H . Austryn Wolfson, The Internai Senses in Latin,
Arabic, and Hebrew Philosophic Textes, in << Harvard Theological
Review >> , 28 ( 1 935) , pp. 69-1 33; P. Michaud-Quantin, La clas­
sification_ des puissances de l'ame au Xl/' siècle, in << Revue du
Moyen Age latin >>, 5 ( 1 949) , pp. 1 5-34; M. Insolera, La trasmu­
tazione dell'uomo in Cristo, Roma, 1 996, pp. 23-42, 59 sgg., 155
sgg.; K.H. Tachau, Et maxime visu, cuius species venit ad stellas et
XLIV INTRODUZIONE

in Pro cl o. 72 Ugualmente nei Furori: « Come quando il sen­


so monta all'imaginazione, l'imaginazione alla raggione,
la raggione a l'intelletto, l'intelletto alla mente, allora l'a­
nima tutta si converte in Dio ed abita il mondo intelligi­
bile. Onde per il contrario descende per conversion al
mondo sensibile per via de l'intelletto, raggione, imagi­
nazione, senso, vegetazione >> .73
Il ritmo di questa ascesa e discesa cognitiva del filo­
sofo, nella quale il mondo sensibile si congiunge e tra­
smuta gerarchicamente in quello divino e viceversa, è ga­
rantito e certificato dalla sua speculare, proporzionata
aderenza alla catena macrocosmica dell'essere, all' ordo
cosmico, secondo la simmetrica analogia che lega il mi­
ero al macrocosmo nella filosofia antica, come nel Me­
dioevo e nel Rinascimento/4 tradizione che Bruno non
esita ad accostare a quella cabbalistica. Scrive il Nolano:
« Dio esercita il suo influsso sugli angeli, gli angeli sui cor­
pi celesti, i corpi celesti sugli elementi, gli elementi sulle
sostanze miste, le sostanze miste sui sensi, i sensi sull'ani­
mo, l'animo sull'essere vivente; l'essere vivente ascende
attraverso l'animo ai sensi, attraverso i sensi alle sostanze

ad quem species stellarum veniunt. Perspectiva and Astrologia in Late


Medieval Thought, in « Micrologus •• , 5 ( 1 997) , pp. 2 1 1 sgg.; Bru­
no tratta esplicitamente dei sensi interni (senso comune, fan­
tasia, facoltà cogitativa e memorativa) nel Cantus, Il, l, pp. 2 1 7
sgg.; sulle concezioni a proposito del Nolano cfr. Klein, op. cit.
72. In Timaeum, pp. 248 sgg. (Diehl) : aisthesis, doxa, logos, noesis.
73. Furori, p. 833. Nel De umbris, p. 56 ( Conceptus XIX) si ricor­
dano sette gradini per ascendere al « Principio >> : << animi pur­
gatio, attentio, intentio, ordinis contemplatio, proportionalis
ex ordine collactio, negatio, separatio, votum, transformatio
sui in rem, transformatio rei in seipsum •• ; la fonte è Ficino, In
Enn., VI, 7, 36.
74. Cfr. K Reinhardt, Kosmos und Sympathie, Miinchen, 1 926,
pp. 1 1 1 sgg.; R. Allers, Microcosmus. From Anaximandros to Para­
celsus, in << Traditio •• , 2 (1944) , pp. 319-407, in particolare, per
riferimenti a fonti autorevoli di Bruno quali Cusano e Ficino e
allo stesso Bruno, si vedano le pp. 355-83; P. Lévéque, Aurea Ca­
tena Homeri, Paris, 1959, pp. 3 1 sgg.
INTRODUZIONE XLV

miste, attraverso le sostanze miste agli elementi, attraver­


so gli elementi ai cieli, attraverso questi ai demoni o an­
geli, attraverso questi a Dio o alle divine operazioni. Così
è la discesa di Dio, o da Dio, attraverso l'universo fino al­
l'essere vivente; ed in vero l'essere animato ascende a
Dio attraverso l'universo. Dio è in cima alla scala e il ca­
balistico Giacobbe alla sua radice e fondamento. I gradi
delle creature intermedie, secondo i loro numeri, stabili­
scono l 'altezza della scala: attraverso questi gradi le virtù
operatrici superiori discendono agli esseri inferiori, le
virtù inferiori ascendono a quelli superiori. Per questa
ragione gli antichi autori di profonda filosofia indicaro­
no tale ascesa e discesa con l'uscita e l'entrata dalle due
porte del Cancro e del Capricorno, di cui la prima è det­
ta degli uomini, la seconda degli dèi >> .75 Ragguardevole,
in questo brano, testimonianza del sincretismo dottrina­
le bruniano è la convergenza simbolica che Bruno coglie
liberamente tra il mito cosmologico dell 'Antrum Nympha­
rum omerico76 e la scala di Giacobbe. Nel primo si narra

75. De magia math., pp. 4-6 (cfr. De magia, pp. 1 68-70) : « <nfluit
Deus in angelos, angeli in corpora caelestia, caelestia in ele­
menta, elementa in mixta, mixta in sensus, sensus in animum,
animus in animai; ascendit animai per animum ad sensus, per
sensus in mixta, per mixta in elementa, per elementa in caelos,
per hos in daemones seu angelos, per istos in Deum, seu in di­
vinas operationes. Sic Dei vel a Deo est descensus per mundum
ad animai; animalis vero est ascensus per mundum ad Deum.
Deus est in cacumine schalae, cabalisticus lacob in radice et
fundamento illius, gradus mediarum creaturarum - iuxta suos
numeros - altitudinem schalae constituunt, per quos virtutes
operatrices superiores descendunt ad inferiora, et infernae
conscendunt ad superna, quia adscensus et descensus per exi­
tum et ingressum duarum portarum Cancri et Capricorni -
quarum altera Deorum dicitur, altera hominum - designati
sunt ab antiquis profundae philosophiae authoribus >> . La fon­
te principale di questo brano, se si escludono i riferimenti ad
Omero e Giacobbe di cui alle note successive, è Agrippa, De oc­
culta philosophia, I, l, p. 85.
76. Od., XIII, 1 02-1 2.
XLVI INTRODUZIONE

delle due porte o aperture, poste nei due punti solstiziali


del Cancro e del Capricorno, attraverso cui, secondo l'e­
segesi neoplatonica di Porfirio77 e Macrobio/8 le anime
discendono nella generazione di questo mondo, nella
carne e nella manifestazione individuale, e risalgono a
stati sovraindividuali e divini, perciò dette rispettivamen­
te " porta degli uomini >> e " porta degli immortali ,, . La se­
conda appare nel celebre sogno di Giacobbe/9 e per il
cabbalista cristiano Johann Reuchlin80 - la fonte più pro­
babile del Nolano - allude, proprio con il suo toccare ter­
ra e cielo, unire uomo e dio attraverso il moto ascensivo e
discensivo degli angeli sui gradini, alla possibilità che ha
l'uomo di trascendere il mondo corporeo fino all'altro
mondo .
Il viaggio dell'anima verso la sapienza si configura così
per Bruno incorniciato tra due estremità che, in qualsi­
voglia modo si chiamino, porte solstiziali o primo e ulti­
mo gradino della mistica scala, sanciscono la dignità del­
l'uomo a percorrerle cercando in se stesso le radici ed il
seme divino, ma partendo pur sempre dalle umbrae, dalle
immagini interiori che riflettono quel principio: " Se in-

77. Cfr. Porfirio, L'antro delle Ninfe, testo greco a fronte, intro­
duzione, traduzione e commento di Laura Simonini, Milano,
1986, pp. 36 sgg., 1 89 sgg.
78. In Somn. Scip., l, 12.
79. Gen., 28, 1 2-13.
80. op. cit., cc. 20r, 30v, 52r-v. Pare che Bruno non conoscesse
l'ebraico, ma avesse appreso la Cabbala soprattutto attraverso
il De occulta philosophia di Agrippa e, quasi certamente, il De arte
cabalistica di Reuchlin (cfr. Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 282-
300; K.S. De Leon:Jones, Giordano Bruno and the Kabbalah, Lon­
don, 1 997, pp. 1 4 sgg. ) . Giacobbe ,, cabalisticus ,, e il significato
della sua scala, nella specifica accezione cosmologica presenta­
ta da Bruno, non compare in Agrippa, ma ricorre in Reuchlin.
Anche un confronto testuale tra il passo bruniano (per esem­
pio " Deus est in cacumine schalae >> ) e quelli di Reuchlin ap­
pena citati (per esempio c. 20r : " per scalam Iacob, cacumine
tangentem caelus cui deus ipse innitatur •• ) suggerisce una di­
pendenza del primo dai secondi; si veda inoltre la nota 7 1 .
INTRODUZIONE XLVII

fatti >> afferma il Nolano «è un dono beato imparare a co­


noscere Dio stesso dentro di noi, senza dubbio appren­
dere attraverso l'immaginazione è il dono di una intro­
spezione più antica e personale » . 81 Memorabile a propo­
sito l' incipit del De immenso:
<< Est mens, quae vegeto inspiravi t pectora sensu,
quarnque juvit volucres humeris ingignere plumas,
corque ad praescriptam celso rapere ordine metam:
unde et Fortunam licet et contenere mortem;
arcanaeque patent portae, abruptaeque catenae,
quas pauci excessere, quibus paucique soluti.
[ ]
. . .

lntrepidus spacium immensum sic findere pennis


exorior » . 82
( « È la mente che ha ispirato il mio cuore con vivida
immaginazione,Sg e che si piacque di infondere ali alle
mie spalle, e di trasportarmi il cuore ad una meta presta­
bilita da un ordine eccelso, per cui è lecito sprezzare la
fortuna e la morte. Si aprono arcane porte e si spezzano
le catene, che solo pochi varcarono e da cui solo pochi si
sciolsero [ . . ] Così io sorgo impavido a fendere con le
.

ali84 l'immensità dello spazio » ) .

8 1 . De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 20: << Si enim ipsum


Deum per se inspicere donum beatum est, nimirum per phan­
tasiam percipere antiquioris propriaeque inspectionis est mu­
nus >>.
82. I, l, p. 201 ; cfr. Infinito, p. 322.
83. Traduce << vegeto sensu » : cfr. ancora il De immenso, I, l, p.
210: « Phoebum [ . . . ] plures Nymphae choraeas [ . . . ] vegeto
sensu, ac clara ratione videmus >> ; De imaginum compositione, Il,
3, p. 1 20: << haec [phantasia] enim sensus est sensuum ».
84. L'immagine delle ali che conducono in alto l'anima è in
Platone, Phaedr:, 246d sgg.; cfr. Plotino, IV, 7, 1 0 .
Contemplazione e furore

Ci permetta a questo punto il lettore, per afferrare me­


glio il significato dell'architettura gnoseologica bruniana
fin qui esaminata, di fare un passo indietro, anzi di rico­
minciare da capo, ma da un ben altro punto di vista, ossia
di esaminare come si svolge, in senso pratico, operativo,
il procedimento che conduce a transitare dall' ombra alla
luce.
Come si è visto sopra, l'uomo stesso è ombra profondas5
che anela al vero lucore, e Salomone « il più sapiente de­
gli Ebrei >> scrive Bruno « volendo insegnare la perfezione
dell'uomo e il conseguimento di ciò che di meglio si pos­
sa avere in questo mondo, presenta la sua amica,s6 che
parla così: "Mi sono seduta all'ombra di colui che avevo
desiderato",, _s7 In che cosa consista questo insegnamento
viene spiegato nella Intentio VI del De umbris,88 dove la ses­
sio all 'ombra dell'amato del Cantico dei Cantici diviene me­
tafora del processo psicologico-cognitivo dell'uomo: « nel-

85. De umbris, p. 1 : « Umbra profunda sumuS >> ; nell'uomo si ac­


cordano la « diafanicità >> o trasparenza dell'anima con l ' « opa­
cità » del corpo: sulla correlazione tra diafano e anima per la
valenza eterea di quest'ultima, cfr. J. Pépin, Théologie cosmique et
théologie chrétienne, Paris, 1964, pp. 221-38; A. Vasiliu, Du diapha­
ne, Paris, 1997, pp. 76-1 18.
86. La sposa del Cantico dei Cantici.
87. Cant., 2, 3; cfr. De monade, l, 2, p. 389.
88. De umbris, p. 29: « Umbra in materia seu natura, in naturali­
bus ipsis, in sensu interno atque externo, ut in motu et altera­
tione consistit. In intellectu vero, intellectumque consequente
memoria est ut in statu. Ideo sapiens [Salomone] ille virginem
sopranaturalem et soprasensualem quasi notitiam consequ­
tam, sub illius primi veri bonique desiderabilis umbra seden­
tem inducit. Quae sessio seu status quia in naturaliter degenti­
bus non multum perseverat - mox enim atque statim sensus
isti nos insiliunt atque deturbant, ipsique nostri duces phanta­
smata nos circumveniendo seducunt -, sessio illa potius prae­
terito absoluto vel inchoato, quam praesenti tempore designa­
tur. Dicit enim: "sub umbra sedi", vel "sedebam"».
INTRODUZIONE XLIX

la materia o natura, nelle stesse cose naturali, nel senso


interno e in quello esterno, l'ombra è presente come in
moto o in mutamento. Invece nell'intelletto, o nella me­
moria che è conseguente all'intelletto, l'ombra è come
stabile. Perciò quel sapiente introduce la vergine che, co­
me se avesse conseguito una conoscenza sovrannaturale e
sovrasensibile, siede all'ombra di quel primo breve e vero
desiderabile. Ma poiché un simile stare a sedere o condi­
zione di stabilità, non dura a lungo in chi vive natural­
mente - subito infatti, all'istante, questi sensi ci assalgono
e ci abbattono, e queste stesse rappresentazioni fantasti­
che (phantasmata) che ci guidano, circondandoci ci svia­
no -, tale essere seduti viene meglio indicato con il passa­
to remoto o con l'imperfetto che dal tempo presente. Di­
ce infatti: "Mi sono seduta all'ombra", oppure "sedevo"•• . 89
Non sfugga che qui la differenza tra il presente « siedo al­
l' ombra >> ed il passato << sedevo ,, ( oppure << mi sono sedu­
ta >> ) vuole sottolineare che l'anima gusta così repentina­
mente e atemporalmente l'evento soprannaturale, prima
di tornare al corpo sensibile, da non poterlo mai riferire
mentre accade, dunque al presente, ma di poterne parlare
solo dopo, nel passato del ricordo.
In questo modo si dichiara che le umbrae, affinché pos­
siamo innalzarci nella speculazione, vanno colte dall'in-

89. Furori, pp. 8 1 7-18: <da mente l' inalza [le anime] alle cose
sublimi, come l'imaginazion l 'abbassa alle cose inferiori; la
mente le mantiene nel stato ed identità come l' imaginazione
nel moto e diversità; la mente sempre intende uno, come l'i­
maginazione sempre vassi fingendo varie imagini " · La fonte di
queste considerazioni è Plotino (IV, 3, 9; IV, 8, 8 ; V, 2, l; VI, 9,
1 1 ; cfr. Gatti, op. cit., pp. 63, 74, 97, 1 00, 124 sgg., 1 64) dove
l' •< immobilità >> è propria del « Creatore » e il movimento della
« creazione >> (ma sulla non mutevolezza della divinità, cfr. Plato­
ne, Resp., 382e ) , dicotomia presente sia nella processione co­
smologica che nell'attività dell'anima umana e della contem­
plazione (ancora chiarificatrici rimangono, in merito anche al­
la problematica della visio nella contemplazione in Platone e
Plotino, le pagine di V. Cilento, Contemplazione, in « La parola
del passato •• , 2, 1946, pp. 197-22 1 ) ; cfr. Asclepius, 3 1 , in Corpus
Hermeticum, cit. , vol. II, p. 339.
L INTRODUZIONE

telletto in uno stato di immobilità, di quiete distaccata


dal moto e dalla mutevolezza dei sensi, altrimenti le ve­
diamo solo come oscillanti fantasmi. << L'opra d'intelli­
genza » scrive il Nolano « non è operazion di moto, ma di
quiete >> .90 Il lemma bruniano phantasmata significa l'im­
magine prodotta dalla facoltà immaginativa: una figura o
astrazione interiore91 elaborata sui dati sensibili esterni,
necessaria alla rappresentazione della dinamica mentale.
Si tratta di immagini, per così dire, 'positive' se utilizzate
strumentalmente nella creazione ordinata e discorsiva
della visione ( « Bisogna pertanto disporre in ordine ar­
monioso92 le immagini dei "fantasmi">> la cui contempla­
zione risulta necessaria « affinché tu sia fecondo negli at­
ti delle potenze che da questi derivano >> ) ,9� mentre risul-

90. Furori, p. 787; De umbris, p. 1 2: << H une intcllectus non er­


rans stare docet, sensus autem fallax suadet moveri » .
9 1 . Causa, p . 1 73: << Qualmente certe geometriche nominazioni
come di punto e uno, son prese per promovere alla contem­
plazione de lo ente e uno >> .
92. Sigillus, II, 2, p . 203: << concinna Appositio " ·
93. lbid., p. 1 67: « Phantasmatum igitur (quorum speculatio ne­
cessaria fertur) condonare species oportet, ut felix in actibus
succedentium potentiarum habere » ; Furori, p. 946: << per con­
templar le cose divine, bisogna aprir gli occhi per mezzo di
figure, similitudini ed altre raggioni che gli peripatetici com­
prendono sotto il nome de fantasmi [ . . ] questo stato detto
.

speculator de fantasmi dal filosofo, e dal teologo vision per si­


militudine speculare ed enigma [ cfr. l Cor., 1 3 , 12: « Videmus
n unc per speculum in aenigmate » ] ; perché veggiamo non gli
effetti veramente e le vere specie de le cose, o la sustanza de le
idee, ma le ombre, vestigii e simulacri di quelle » ; De imaginum
compositione, Il, 3, p. 9 1 : << non intelligimus, nisi phantasmata
speculemur » ; Explicatio, Il, 2, p. 1 34: << nihil intelligimus sin e
phantasmate, ita non est quod sine phantasmate recordemur >• .
Sul lemma phantasma (connesso alla creazione immaginativa)
nelle sue diverse accezioni in ambito platonico, aristotelico e
neoplatonico: Bundy, op. cit., pp. 2 1 sgg., 36 sgg. , 1 35 sgg. e pas­
sim; E. Moutsopoulos, Le problème de l'imaginaire chez Plotin,
Athènes, 1 980, pp. 40-68; M.F. Manzanedo, La imaginacion y la
memoria seg-Un Santo Tomas, Roma, 1 978, pp. 23 sg. , 55 sgg., 182
INTRODUZIONE LI

tano ' negative' se considerate nella loro mutevole, fram­


mentaria instabilità, conseguente all'alternarsi delle sol­
lecitazioni sensoriali, non ancora spente, sulle facoltà
dell'anima. Allora l' oculus mentis viene distratto dalla con­
centrazione ( « in vero l'uomo sapiente e virtuoso, non
sentendo dolore, è perfettamente beato - per quanto
possono permetterlo le condizioni di questa vita - se vuoi
con te m plare la cosa con l'occhio della ragione >> ) ,94 con­
fuso e sviato non può più approdare ad una composizio­
ne unitaria e armonica della visione medesima: in que­
st'ultimo caso si tratta di un fantasticare (phantasiare) 95
senza costrutto, ovvero di una sorta di illusioni o alluci­
nazioni immaginative, da cui già mette in guardia Aristo­
tele96 e di cui discute san Tommaso.97 Esemplare a propo­
sito quanto si legge nei Furori:98 « onde più e più avvici­
nandosi al sole intelligenziale, rigettando la ruggine del-

sgg.; Bruno tiene senz'altro presenti gli insegnamenti di Ari­


stotele sulla memoria (De an., 427b sgg.; De mem. , 449b sgg. ) :
senza immagini non può ricordare così come il pensiero non
può procedere.
94. Sigillus, Il, 2, p. 193: « vere enim sapiens et virtuosus, cum
dolorem non sentiat, est perfecte (ut praesentis vitae conditio
ferre potest) beatus, si rem rationis oculo velis aspicere >> ; cfr.
De umbris, p. 1 2 1 : « Rotae fixae mentis oculo conspicendae
sunt>> ; sull'importanza di questa terminologia oculare in Bru­
no, si veda più avanti.
95. De imaginum compositione, Il, 3, p. l03: « oportet scire volen­
tem phantasmata speculari, intelligere item aut phantasiam es­
se aut phantasiare quiddam >> ; p. 2 1 1 : '' stulta phantasmata cir­
cum l credulitate leves agitant sine pondere mentes >> ; cfr. De
immenso, I, l, p. 308: •• sicut illi qui non desinunt sphaeras alias
phantasiare super eam quae octava et ultima fuit Aristoteli >>;
Lampas, p. 1234: « ex alia parte vel a falsa imaginatione vel a
sensu perturbatione circumvenimur »; Sigillus, II, 2, p. 1 7 1 :
« perpetuo in praesumptuoso ignorantiae domicilio titubando
pernoctet, ibidem turbatae phantasiae velut insomniis exagita­
tus [ . . . ] proruat >> .
96. De somn., 46la-b.
97. Cfr. Manzanedo, op. cit.
98. Alle pp. 806-807.
LII INTRODUZIONE

le umane cure [ ] ha sentimento della divina et interna


. . .

armonia, concorda gli suoi pensieri e gesti con la simme­


tria della legge insita in tutte le cose [ ] Non come ine­
. . .

briato dalle tazze di Circe va cespitando et urtando [ ] . . .

o come un Proteo vago or in questa or in quell' altra fac­


cia cangiandosi, giamai ritrova loco, modo, né materia di
fermarsi e stabilirsi.99 Ma senza distemprar l ' armonia vin­
ce e supera gli orrendi mostri 100 [ ] e sotto l'immagini
• • •

sensibili e cose materiali va comprendendo divini ordini


e consegli >> .

99. Proteo simboleggia qui il vagolare dell'immaginazione che


corre da una figura all'altra in una migrazione di forme senza
requie, cfr. Sigillus, Il, 2, p. 1 7 1 : «A Circaeis demum veluti po­
culis abstinentes, caveamus ne animus a sensibilibus speciebus
illectus, ita sui in ipsis fixionem faciat, ut intelligibilis vitae pri­
vetur delitiis [ . . ] perpetuo in praesumptuoso ignorantiae do­
.

micilio titubando pernoctet, ibidemque turbatae phantasiae


velut insomniis exagitatus, amissis connatis alis intelligentiae,
proruat, et Protei contemplatus vultum, nunquam concinne
formatam, in qua conquiescat, speciem inveniat. Desinamus
igitur, desinamus eas, quae veluti rerum sunt umbrae, a sensi­
bus obiectas species admirari ,, (« Infine, come chi si astiene dai
filtri di Circe, stiamo attenti che l'animo non sia adescato dalle
specie sensibili e non si fissi su di esse, al punto di perdere le
delizie della vita intellegibile [ . . ] e rimanga di continuo nelle
.

tenebre vagolando nel presuntuoso domicilio dell'ignoranza,


e qui, come esagitato dai sogni di una fantasia turbata, lasciate
cadere le innate ali dell'intelligenza [cfr. Furori, pp. 806-807 ] .
precipita, e contemplando il volto di Proteo non è più capace
di trovare alcuna specie armonicamente formata in cui trovare
quiete. Smettiamo dunque, smettiamo di ammirare le specie
presentate dai sensi, che sono quasi ombre delle cose •• ) ; De
vinculis, III, pp. 647, 653. Su tale psicomachia, cfr. Giamblico,
De myst., III, 7, 1 1 4-15, e la versione di Ficino, in Opera, vol. Il,
p. 1 885.
100. Del vano fantasticare, cfr. Causa, p. 273: « Se non son mo­
stri, son peggio che mostri, voglio dire chimere e vane fanta­
sie •• ; De immenso, I, 2, p. 265: « Phantasiae quae sunt monstruo­
se progenitura », e p. 304: « monstrosa reperta, phantasiae par­
tus »; De umbris, p. 78.
INTRODUZIONE LUI

Anche coloro che si danno ad una vita ascetica e solita­


ria, pur raccogliendosi in meditazione e contraendo lo
spirito per un verso, si possono allontanare da tale condi­
zione per un altro, quando, a causa di un'immaginazione
turbata da una vana meditazione sui fantasmi, finiscono
in uno stato di miserabile insensatezza. 1 0 1 D'altra parte,
come si sottolinea nei Furori, 1 02 << chi vuole apprendere il
vero per via di contemplazione deve essere ripurgatissi­
mo nel pensiero » . 1 03 La sessio sub umbra si pone dunque
come la conditio sine qua è impossibile speculare, ricorda­
re e immaginare al di là dell'illusorio vortice dei sensi e
dei pensieri che ad essi rimangono legati: è uno stato di
quiete, di arduo conseguimento, che libera dal vaneggia­
re/04 corrispondente all' esichya platonica e pitagorica, 1 05
già mirabilmente illustrato in un passo di Plotino:

1 0 1 . Sigillus, Il, 2, p. 193: '' Tales diximus, qui victus ratione, so­
litudine, silentio, umbra, percunctione, flagris, calore, frigore
vel tepore, spiritu hinc contracto, inde abacto, vana phanta­
smata meditatione perturbata, phantasia, miserabilem incur­
runt insensationem •• .
1 02. Alla p. 949; il motivo è platonico (Resp., 5 l lb-c), e svilup­
pato in Plotino, VI, 7, 36 e VI, 9, 8-1 1 .
103. Sulla purificazione dell 'anima protesa verso l a conoscenza
del mondo ideale: Platone, Phaed. , 65a sgg.; Plotino, l, 6, 7; IV,
7, lO; VI, 7, 36.
104. Spaccio, p. 809: « l'inespugnabil muro della filosofica con­
templazion vera circonda, dove la quiete de la vita sta fortifica­
ta e posta in alto, dove è aperta la verità, dove è chiara la ne­
cessitade de l'eternità d'ogni sustanza •• ; Acrotismus, l, l, p. 94:
« ad contemplationem absoluti, solius, nudi, atque puri »; De
magia, p. 1 70: « mox ascendi t animai per animum ad sensus,
per sensus in mista, per mista in elementa, per haec in daemo­
nes, per hos in astra [ . . . ] per hos in animam mundi, seu spiri­
tum universi, per hunc in contemplationem unius simplicissi­
mi optimi maximi incorporei, absoluti, sibi sufficientis ••; Sigil­
lus, II, 2, p. 1 95 : « cuius [Amoris] ducatu in contemplationis
eriguntur [animae] "· Cfr. Charles de Bovelles, Libcr de sensibus,
c. 22v: « Exterioris sensus fluxa est et presentanea operatio. In­
terioris vero fixa et permanens » .
105. Platone, Tim., 45d; Resp., 496d, 604e; Epist. , VII, 33ld;
LIV INTRODUZIONE

« [ ] in quel momento [il veggente] era uno di per sé e


. . .

non aveva in sé alcuna differenziazione né rispetto a se


stesso né rispetto alle altre cose; non c'era in lui alcun mo­
vimento; né collera né desiderio erano in lui, una volta sa­
lito a quell'altezza, e nemmeno c'era ragione o pensiero;
non c'era nemmeno lui stesso insomma, se proprio dob­
biamo dir così. E invece, quasi rapito o ispirato, è entrato
silenziosamente nella solitudine e in uno stato che non co­
nosce turbamenti, e non si allontana più dall'essere di Lui
[l'Uno] , né più si aggira intorno a se stesso, essendo ormai
assolutamente fermo, identico alla stessa immobilità >> . 1 06
Preziosa, per la dettaglia descrizione dell'esperienza, un'a­
nonima, cinquecentesca Prattica deU'estasifilosofica del B. : 107

Giamblico, De vita Phyt., 65, 96, 1 1 4, 197. Cfr., anche per i pen­
satori latini e greci, sia pagani che cristiani: O. Casei, De philo­
sophorum r;raecorum silentio mystico, Giessen, 1919, pp. 51 sgg., 70
sgg., 1 45 sgg.; E.R. Dodds, The Greeks and the lrrational, Berke­
ley - Los Angeles, 1951 (trad. it. I Greci e l'irrazionale, Firenze,
1973, pp. 152 sgg. ) ; L. Rossi, !filosofi r;reci padri dell'esicasmo, To­
rino, 2000, pp. 232 sgg., 306 sgg.
1 06. VI, 9, 1 1 (cito dalla versione in Plotino, Enneadi, a cura di
G. Faggin, Milano, 1 992, p. 1 361 . Sul rapporto tra contempla­
zione, quiete interiore e indiamento in Plotino, si veda:
Porfirio, Vita Platini, 23 (cfr. Porphyre, La vie de Plotin, voli. I-II,
a cura di L. Brisson, J-L. Cherlonneix, M.-0. Goulet-Cazé, R.
Goulet, M.D. Germek, J.-M. Flamand, S. Matton, D. O'Brien,J.
Pépin, H.D. Sa:ffrey, A.-Ph. Segonds, M. Tardieu, P. Thillet, Pa­
ris, 1992, vol. II, pp. 294-96) ; Casei, op. cit., pp. 1 1 5 sgg.; H.
Lewy, Chaldaean Oracles and Theurgy, Paris, 1 978, pp. 368-75,
487-89; Gatti, op. cit., pp. 83 sgg., 92 sgg., 98, 124 sgg., 1 62 sgg.;
ragguardevole anche Lucrezio, V, 1203: « sed [pietas] mage pa­
cata posse omnia mente tueri '' ( « ma [la pietas] è soprattutto
poter contemplare tutto con mente acquietata » ; cfr. V, 37-55;
VI, 58-79 e Cicerone, De fin., V, 29, 87. Si veda anche Agrippa,
De occulta philosophia, pp. 545-46.
107. Il testo compare alle cc. 503r-504v del ms. cartaceo, se­
gnato Magi. VIII. 6, della Biblioteca Nazionale di Firenze. Si
tratta di una miscellanea a più mani, dell' inizio del XVII seco­
lo, contenente soprattutto opere del Campanella. L'amanuen­
se che redasse queste ultime è lo stesso che copiò la Prattica. Al-
INTRODUZIONE LV

<<Bisogna eleggere un luogo, nel quale non si senti stre­


pito d'alcuna maniera, all' oscuro o al barlume d'un pic­
colo lume così dietro che non percuota gli occhi o con

cuni punti di sospensione nel testo della Prattica denotano che


il copista, trascrivendo dalla versione precedente, o forse dal­
l'archetipo, non poté leggere qualche parola. L'originale è co­
munque di conio rinascimentale perché la citazione di Por­
firio rinvia alla sua Vita Plotini, 23, la cui editio princeps, nella ver­
sione latina di Marsilio Ficino, apparve nel 1 492 (cfr. S. Mat­
ton, Regards sur la fortune de la Vie de Plotin. XV'-XVIII' siècle, in
Porphyre, op. cit., vol. Il, pp. 639-720. La citazione contiene un
errore o una svista: vi si dice che Plotino fu rapito << sette volte >> ,
mentre il testo greco o la versione latina di Ficino [cfr. in ope­
ra, p. 1546] parlano di << quattro volte >> ) . Il breve scritto venne
edito per la prima volta nelle Opere di Tommaso Campanella, a
cura di A. D'Ancona, Torino, 1 854, vol. Il, pp. cccxxm­
cccxxiv. D'Ancona ne attribuisce, senza fondati motivi, la pos­
sibile paternità allo stesso Campanella o ad un suo discepolo,
oppure, per l' iniziale B. dell'autore, a Giordano Bruno. A.
Bruers, in T. Campanella, Del senso delle cose e della magia, Bari,
1925, p. 195, coglie una certa somiglianza tra il contenuto del­
la Prattica e il capitolo 10 del Libro III dell'opera campanellia­
na, dove si tratta dei « melanconici >> e della << demonoplessia » .
Ma u n attento riscontro tra i due testi rende assai poco credi­
bile l'affermazione di Bruers. L'attribuzione a Bruno non è tut­
tavia improbabile, semmai da verificare e comprovare ulterior­
mente. Gli indizi a favore di questa ipotesi sono i seguenti: la
Prattica fu quasi certamente composta nella seconda metà del
XVI secolo, come le opere del Campanella riportate nel ms. ed
alle quali è associata; il nome dell'autore inizia per B. come
Bruno; il Nolano conosceva sicuramente l'opera di Porfirio,
che menziona alla fine del De magia, p. 284, e nel De principiis,
p. 700; evidente la concordanza del processo psico-fisico de­
scritto nella Prattica (il distacco dal sensibile, l'introversione,
gli << spiriti » che salgono, il << lume >> della conoscenza••, ecc.)
con quello del furioso bruniano (si veda, oltre alle numerose
citazioni qui riportate, Furori, pp. 841-43, 888-91 e Cantus, II, l,
p. 1 68: << spiritum in capum accersentes >> ) . Al contrario, dal
punto di vista stilistico, la Prattica è palesemente estranea alla
prosa del Nolano, niente vieta tuttavia che si tratti di una riela­
borazione di terzi svolta su materiale didattico, tipo appunti,
composto o dettato dal filosofo.
LVI INTRODUZIONE

occhi serrati. In un tempo quieto et quando l'huomo si


sente spogliato d'ogni passione tanto del corpo quanto
dell'animo. In quanto al corpo, non senta né freddo, né
caldo, non senta in alcuna parte dolore: la testa scarica
del catarro et da fumi del cibo, et da qualsivoglia humo­
re; il corpo non sia gravato di cibo né habbia appetito né
di mangiare né di bere, né di purgarsi, né di qualsivoglia
cosa; stia in luogo posato a sedere agiatamente, appog­
giando la testa alla man sinistra o in altra maniera più co­
moda [ . ] l' animo sia spogliato di ogni minima passione
. .

o pensiero, non sia occupato né da mestizia, o dolore, o


allegrezza, o timore, o speranza, non da pensieri amorosi
o di cure familiari o di cose proprie, o d'altri, non di me­
moria di cose passate, o d'oggetti presenti; ma essendosi
accomodato il corpo come sopra, deve mettersi là, et
scacciar dalla mente di mano in mano tutti i pensieri che
gli cominciano a girar per la testa et quando viene uno
subito scacciarlo, et quando ne viene un altro subito an­
co lui scacciare insino che non ne venendo più, non si
pensi a niente al tutto, et che si resta del tutto insensato
interiormente et esteriormente, e diventi immobile co­
me se fussi una pianta o una pietra naturale, e così l'ani­
ma non essendo occupata in alcuna attione, né vegetabi­
le, né animale, si ritira in se stessa, et servendosi sola­
mente degli instrumenti intellettuali, purgata di tutte le
cose sensibili, non intende le cose più per discorso, come
faceva prima, ma senza argomenti e conseguenze, fatta
Angelo, vede intuitivamente l'essenzia delle cose nella
lor semplice natura, et però vede una verità pura, schiet­
ta, non adombrata, di quello che si propone speculare:
perciocché avanti che si metta all'opra, bisogna stabilire
quello di che si vuole o speculare o investigare et inten­
dere, et quando l'anima si trova depurata proporselo da­
vanti, et allora gli parrà d'avere un chiarissimo et risplen­
dente lume, mediante il quale non si gli nasconde verità
nessuna, et allora si sente tal piacere e tanta dolcezza che
non ci è piacere in questo mondo, che a quello si possa
paragonare [ ] In tal maniera che l'anima pensando
. . .

d'avere a ritornare nel corpo per impiegarsi nelle opere


INTRODUZIONE LVII

del senso grandemente si duole, et senz'altro non ritor­


nerebbe se non dubitasse che per la longa dimora in tal
estasi si spiccherebbe al tutto del corpo. Perciocché quel­
li sottilissimi spiriti, ne' quali ella dimora, se ne sagliano
al capo, et però alcuni sentono un dolcissimo prurito nel
capo, dove gl 'instrumenti intellettuali, et a poco a poco
svaporano, i quali, se tutti svaporassero, senz'altro l'huo­
mo morrebbe. Et però sono più atti a queste estasi quelli
che hanno il craneo aperto, per la cui fessura possono
esalare alquanto li spiriti, altrimenti se ne raduna tanti
nella testa, che l'ingombrano tutta, et gli organi per così
gran concorso si rendono inabili. Questa credo che sia
l'estasi platonica, della quale fa mentione Porfirio, che
da questa Platino sette volte fu rapito et egli una volta, es­
sendo che di raro si trovan tante circostanze in un huo­
mo [ . . . ] •• .
Similmente lo stesso Bruno, dove descrive la psicoma­
chia del « furioso >> , 108 lo scontro tra intelletto e sensi per il
raggiungimento di una visione noetica salda e immobile,
libera dal fluttuare delle cose temporali: " Ma l'intelletto
in atto con sua continua pena (poiché questo non è per
natura e condizione umana in cui si trova cossì travaglio­
so, combattuto, invitato, sollecitato, distratto, e come la­
cerato dalle potenze inferiori) sempre vede il suo ogget­
to fermo, fisso e costante, e sempre pieno e nel medesi­
mo splendor di bellezza •• , e ancora: " per la mia continua
applicazione secondo l'intelletto, memoria e volontade
(perché non voglio altro ramentare, intendere, né desi­
derare) [la divina luce] sempre mi è tale e, per quanto
posso capirla, al tutto presente, e non m'è divisa per di­
strazion de pensiero, né me si fa più oscura per difetto
d'attenzione, perché non è pensiero che mi divertisca da

1 08. Furori, pp. 834-836, 848, 856 e 806-807: « Doviene un dio


dal contatto intellettuale di quel nume oggetto; e d'altro non
ha pensiero che de cose divine, e mostrasi insensibile ed im­
passibile in quelle cose che comunemente massime sentono, e
da le quali più vegnon altri tormentati; niente teme, e per
amor della divinitade spreggia gli altri piaceri, e non fa pensie­
ro alcuno della vita ».
LVIII INTRODUZIONE

quella luce, e non è necessità di natura qual m'obblighi


perché meno attenda •• . L'anima, in questo particolare
stato di grazia estatica, o rapimento ( « Tal il mio spirto -
ch'il divin splendore l accende e illustra -, mentre va
spiegando l quel che tanto riluce nel pensiero, l manda
da l'alto suo concetto fore l rima, ch'il vago sol vad'oscu­
rando, mentre mi struggo e liquefaccio in tiero '' ) , 1 09 torna
brevemente nello splendore divino, I l o alla sua « patria ••
paradisiaca, « dalla patria di luce >> : « Lasciami vita corpo­
rale, e non m'impacciar ch'io rimonti al mio più natio al­
bergo, al mio sole >> . 1 ll Ma si tratta di un ritorno momen­
taneo, di breve durata, perché l'anima transita altrove
non per la morte fisica del corpo, la quale recide ogni le­
game, ma grazie ad un temporaneo distacco dovuto a
speciali condizioni estatiche. 112

109. Cfr. Furori, pp. 884-886. I verbi « struggere >> e « liquefare ••


sono lemmi tecnici della unio mystica dell'anima, cfr. Richard
de Saint-Victor, Les quatre deg;rés de la violente charité, testo critico
con introduzione, traduzione e note a cura di G. Dumeige, Pa­
ris, 1955, pp. 1 49-77; Sandaeus, op. cit., p. 265.
1 1 O. Furori, pp. 819-20, 882, 888-89: « Se aspira al splendor alto,
ritiresi quanto può all'unità, contraasi quanto è possibile in se
stesso '' ·
1 1 1 . lbid., pp. 835-36, cfr. anche pp. 787-88, 791-92, 821 ; Sigil­
lus, Il, 2, p. 194: •< Ìlli [animo] a patrio lucis et intellegibili mun­
do exulanti •• ; su questo motivo dell'anabasi pneumatica verso
la patria celeste, caro a Plotino (1, 6, 8) : F. Chatillon, Plotiniana
_
Il. Retour en la très claire patrie, in << Revue du Moyen Age latin •• ,
10 ( 1954) , pp. 221-36. Ficino ne parla nel Commentarium in
Phaedrum (in Opera, vol. Il, p. 1 377) : cfr. MJ.B. Allen, Marsilio
Ficino and the Phaedran Charioteer, Berkeley, 198 1 , pp. 156-67.
Sull' illuminazione elettiva in Bruno si veda il De minimo, l, 3,
pp. 187-89.
1 1 2. Cfr. Furori, p. 835: « se per virtù di contemplazione [l'ani­
ma] ascende o è rapita sopra l 'orizonte de gli affetti naturali,
onde con più puro occhio apprenda la differenza de l'una e
l'altra vita, all' ora vinta da gli alti pensieri, come morta al cor­
po, aspira ad alto; e benché viva nel corpo, vi vegeta come
morta »; Lampas, p. 1 232: << Est ecstasis, utpote facultas ad ex­
trahendum a sensibus, a praesentibus, et appulsus ad superio-
INTRODUZIONE LI X

Bruno, per spiegare l'operazione interiore che si deve


compiere per salire alla suprema conoscenza, 11 3 ricorre
ad una personale lettura del mito di Atteone, cui si è ac­
cennato sopra. Atteone, nelle Metamorfosi114 di Ovidio, è
il celebre cacciatore che, avendo osato guardare Diana
nuda al bagno, venne trasformato in cervo e sbranato dai
propri cani: le varie interpretazioni rinascimentali della
vicenda, connessa soprattutto alla letteratura emblemati­
ca e simbolica, 1 15 scorgono in Atteone colui che, frequen­
tando il « male >>, ne rimane vittima, oppure la figura di
un « padrone >> incapace ( « timido >> come un cervo) che
viene rovinato dai suoi servitori (i cani che lo dilaniano) ,
o ancora un esempio di punizione divina per l'uomo che

ra, et continuatio quaedam rationis humanae cum intelligen­


tia divina seu daemoniaca, sive bona sive mala illa si t >> (« L'e­
stasi, grazie alla facoltà di astrarsi dai sensi e dalle cose presen­
ti, è un avvicinarsi alle cose superiori, una certa diretta connes­
sione dell'umana ragione con l'intelligenza divina o demonia­
ca, buona o cattiva che sia , ) . Notevole descrizione fisiologica
di un simile processo psico-fìsico nel!' Hypncrotomachia Poliphili
di Francesco Colonna, cit., vol. l, pp. 448-60; vol. Il, pp. 461-74
e relative note. Cfr. anche i casi di estasi elencati in Agrippa, De
occulta philosophia, pp. 206-10.
1 1 3. Un palese riferimento autobiografico del Nolano su certe
pratiche spirituali è nei Furori, p. 900.
1 14. III, 138-252; cfr. Apollodoro, Bibl. , III, 4, 4; Igino, Fab.,
1 80, 1 8 1 ; Fulgenzio, Mit. , III, 3.
1 1 5. Si veda A. Alciato, Emblematum Libcr, Augustae Vindelico­
rum, 1 5 3 1 , c. E6v; per una rassegna dei significati del mito in
chiave allegorico-emblematica cfr. l'edizione dell'opera di Al­
dato con il commento di C. Mignault più volte stampata nei se­
coli XVI e XVII (in particolare ho utilizzato quella di Lione,
1 600, embi. LII, pp. 2 1 3-1 6 ) , così come quelle di Pierio Vale­
riano ( Hicroglyphica, Lugduni, 1 602, pp. 69-70) , di Natale Con­
ti (Mythologia, Lugduni, 1 605, pp. 660-62 ) , e soprattutto di An­
tonio Ricciardi ( Commentaria symbolica, Venetiis, 1 59 1 , cc. 13v-
14r) ; cfr. anche A. Henkel e A. Schone, Emblemata. Handbuch
zur Sinnbildkunst des XVI. und XVII. Jahrhundcrts, Stuttgart, 1 967,
coli. 1 622-23; B. Guthmuller, Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradi­
zione ovidiana nel Rinascimento, Roma, 1997, pp. 22 1-22.
LX INTRODUZIONE

pretende di curiosare nelle cose che gli sono vietate, co­


me osservare appunto le sacre membra della dea, che
personifica l'unità dell'essere e la Natura tutta,1 16 la cui
intima e occulta visione non può certo esser profanata
impunemente. Il Nolano rovescia il senso del mito fin
qui considerato, sostanzialmente negativo e ammonito­
rio nella sua morale, connotando invece la metafora di
alte valenze gnoseologiche: il cacciatore Atteone e il suo
strazio alludono alla più nobile impresa del filosofo, del
<< furioso >> amante della verità e della bellezza arcane. Sul­
la scia del celebre passo del Fedone 11 platonico (in cui la
« caccia dell'essere >> corrisponde all'ardente desiderio
dell'anima del filosofo, purgata dagli impedimenti cor­
porei, di cogliere direttamente l ' « essere >> e raggiungere
la vera saggezza: meta che può esser guadagnata solo do­
po che l'anima si sia sciolta dal corpo, ossia dopo la mi­
stica « morte >> di questo) , Bruno rilegge la favola nel mo­
do seguente: Atteone « significa l'intelletto intento alla
caccia della divina sapienza, all 'apprensione della beltà
divina. Costui slaccia "i mastini et i veltri": de quai questi
sono più veloci, quelli più forti. Perché l' operazion de
l'intelletto precede l' operazion della voluntade; ma que­
sta è più vigorosa et efficace che quella >> . 118 I cani rappre­
sentano i « pensieri >> liberati dall'intelletto e spinti dalla

1 1 6. Furori, p. 92 1 : << perché dalla monade che è la divinitade,


procede questa monade che è la natura, l'universo, il mondo;
dove si contempla e specchia come il sole nella luna, mediante
la quale ne illumina trovandosi egli nell'emisfero delle sustan­
ze intellettuali. Questa è la Diana, quello uno che è l' istesso en­
te, quello ente che è l'istesso vero, quello vero che è la natura
comprensibile >> .
1 1 7. 66a-c e 65c; Theaet., 1 98a. Il motivo venne sviluppato dal
Cusano nel De venatione sapientiae. Sul simbolismo mitologico
di Atteone in Bruno e le sue valenze neoplatoniche: W.
Beierwaltes, Pensare l 'uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla
storia dei suoi influssi, Milano, 1 99 1 , pp. 360-68.
1 1 8. Furori, pp. 819 sgg., 91 7-22; a queste pagine fanno riferi­
mento i vari passi qui riportati.
INTRODUZIONE LXI

volontà a cacciare, ad inseguire le « specie intellegibili


de' concetti ideali '' , ovvero le immagini ideali. 1 1 9 Ma nel
momento in cui tali « veltri e mastini " giungono dinanzi
alla « preda " ambita, alla bellezza divina, Atteone-intel­
letto ne viene rapito e diviene esso stesso << preda » , se­
condo una metamorfosi in cui il soggetto si unisce all'og­
getto desiderato dalla volontà. 1 20 Qui ,, soggetto " e << og­
getto " , ovvero << cacciatore " e << preda " , si compenetrano
a tal punto che quello realizza appieno la propria indivi­
dualità in questo, in una sorta di dei.ficatio: << il predator
dovegna preda, il cacciator doventi caccia, perché in tut­
te le altre specie di venaggione che si fa de cose partico­
lari, viene a cattivare a sé l'altre cose, assorbendo quelle
con la bocca de l'intelligenza propria; ma in quella divi­
na ed universale viene talmente ad apprendere che resta
necessariamente ancora compreso, assorbito, unito " . 121
<< Sai bene " si legge ancora nei Furori << che l'intelletto ap­
prende le cose intelligibilmente [ . ] e la volontà perse­
. .

guita le cose naturalmente, cioè secondo la raggione con


la quale sono in sé. Cossì Atteone con que' pensieri, quei
cani che cercavano estra di sé il bene, la sapienza, la bel­
tade, la fiera boscareccia, ed in quel modo che giunse al­
la presenza di quella, rapito fuor di sé da tanta bellezza,
dovenne preda, veddesi convertito in quel che cercava; e
s' accorse che de gli suoi cani, e gli suoi pensieri, egli me-

1 19. lbid., p. 820: << e per dove costui slaccia i veltri e mastini appo
la traccia di boscarecce fiere, che sono le specie intelligibili de'
concetti ideali; che sono accolte, perseguitate da pochi, visitate
da rarissimi, e che non s'offreno a tutti quelli che le cercano ".
1 20. L'impeto volitivo guida le potenze dell'anima del << furio­
SO » verso la meta sublime: ibid. , pp. 787, 82 1 : << E questa caccia
per l'operazion della voluntade, per atto della quale lui si con­
verte nell' oggetto » ; sulla « volontà intellettuale » , cioè sul co­
mune concorso di volontà e intelletto nella << caccia » sofianica
(tema già sviluppato nella Theologia Platonica , X, 8 e XIV, 3, da
Ficino, in opera, pp. 236 sgg., 309-1 1 ; cfr. Kristeller, op. cit. , pp.
274 sgg., 288 sgg. ) ; cfr. Furori, pp. 787, 819 , 896-97, 905-906.
1 2 1 . Cfr. ibid., pp. 806-807.
LXII INTRODUZIONE

desimo venea ad essere la bramata preda, perché gta


avendola contratta in sé, non era necessario di cercare
fuor di sé la divinità >>.
Il fine da raggiungere, la << preda » , nel culmine del
processo speculativo, si eclissa dunque dal mondo este­
riore per sorgere in quello interiore, non va dunque più
perseguito fuori di sé, bensì dentro se stessi, 122 attraverso
la concentrazione e la contemplazione, 123 in quanto « il
regno de Dio esser in noi, e la divinitade abitar in noi per
forza del riformato intelletto e voluntade »: 12 4 allora i << ca­
ni » , i pensieri sollecitati dalla volontà, si convertono al
nuovo fine e si rivolgono verso lo stesso << Cacciatore » , 125
che ormai, raccolto nella fusione con l'intelligibile, nel
raptus, non esiste più come tale (cioè soggetto al tempo,
alle passioni e ai sensi, insomma alla visio sensibile) , ma
« muore » , metamorfosato nell'unione mistica, e nel con­
tempo rigenerato a nuova intelligenza. << Morte » come
esercizio interiore del filosofo che transita da una condi­
zione di arduo conflitto, dove l'anima si sente sollecitata
dai richiami, << dilaniata » dai « morsi » , che riceve sia dai
pensieri illusori o potenze inferiori, che cercano di tra­
scinarla verso il basso, sia da quelli che le infliggono gli
<< alti pensieri ,, che invece la vogliono innalzare. Psicoma­
chia che si risolve nel seguire l ' << appulso » più nobile,

1 22. Ibid. , p. 888: << Se aspira al splendor alto, ritiresi quanto


può all'unità, contrahasi quanto è possibile in se stesso >> .
1 2 3 . Ibid. , p . 820: << l'oro della divina sapienza, l'alabastro della
beltade divina, nella contemplazione della quale gli Pitagorici,
Caldei, Platonici et altri al meglior modo che possono, s' inge­
gnano d'inalzarsi » .
1 24. Ibid. , p . 8 2 1 , cfr. p . 889: << Cesarino. Come intendi che la
mente aspira alto? Maricondo [ . . . ] venir al più intimo di sé,
considerando che Dio è vicino, con sé e dentro di sé, più ch'e­
gli medesimo esser non si possa; come quello che è anima de
le anime, vita de le vite "·
1 25. Ibid. , p. 8 1 9 : << I ' allargo i miei pensieri l ad alta preda, ed
essi a me rivolti / morte mi dàn coi morsi crudi e fieri », ma si
veda l'intero sonetto e l'annessa prosa, cfr. in particolare pp.
920-2 1 .
INTRODUZIONE LXIII

l'impulso o impeto verso la <duce >> noetica, nella progres­


siva, limpida essenzialità dei pensieri sempre più privi di
discorsività, di colloquio con il corpo, man mano che l'in­
telletto sale rapito al mondo delle idee. « Ecco dunque co­
me l'Atteone, messo in preda de suoi cani, perseguitato
da proprii pensieri, corre e drizza i novi passi; è rinovato a
procedere divinamente e più leggiermente, cioè con
maggior facilità e con più efficace lena, a' luoghi più folti,
alli deserti, alla reggion de cose incomprensibili; da quel
ch'era un uom volgare commune, dovien raro ed eroico,
ha costumi e concetti rari, e fa estraordinaria vita. Qua gli
dàn morte i suoi gran cani e molti: qua finisce la sua vita
secondo il mondo pazzo, sensuale, cieco e fantastico, e co­
mincia a vivere intellettualmente; vive vita de dei, pascesi
d'ambrosia e inebriasi di nettare >> . 126
Si tratta della « morte ,, mistica o introversione spiritua­
le di cui scrive Plotino 127 e che, come afferma Bruno, " da
cabalisti è chiamata morte di bacio >>, 128 la morte d'amore
celebrata nel Cantico dei Cantici ( 1 , 2 ) , la quale conduce
alla beatitudine, e trasmuta il vivere dalla contingenza
temporale ( « mondo pazzo, sensuale, cieco e fantastico ,, )

1 26. lbid. , p. 8 2 1 , ma cfr. pp. 830-36.


1 27. VI, 9, 8-1 1 ; cfr. P. Hadot, Exercices spirituels et philosophie an­
tique, Paris, 1981 (trad. it. Esercizi spirituali e filosofia antica, Tori­
no, 1988, pp. 32 sgg., 50 sgg. ) .
1 28. Furori, p. 823; sulla mors osculi nella tradizione rinascimen­
tale e neoplatonica: E. Wind, Pagan Mysteries in the Renaissance,
New Haven, 1958 (trad. it. Misteri pagani nel Rinascimento, Mila­
no, 1971 , pp. 189 sgg. ) ; in relazione allo Zohar: G. Scholem,
Die jiidische Mystik in ihren Hauptstromungen, Frankfurt a.M.,
1957 ( trad. i t. Le grandi correnti della mistica ebraica, Milano,
1 965, pp. 306 sgg. ) ; la fonte di Bruno è probabilmente Giovan­
ni Pico della Mirandola che ne parla nelle Conclusiones numero
XV secundum propriam opinionem de intelligencia dictorum Zoroa­
stris et expositorum eius Chaldeorum, n. 7 (a cura di B. Kieszkow­
ski, Genève, 1 9 73, p. 77) e nel Commento sopra una canzone d 'a­
more, III, 8 (a cura di E. Garin, Firenze 1 942, pp. 557 sgg. ) . Sul
motivo della << morte per amore >> , cfr. M. Ficino, El libro dell'a­
more, a cura di S. Niccoli, Firenze, 1987, pp. 39-43 ( Il, 8) .
LXIV INTRODUZIONE

all'eternità paradisiaca! 29 Notevole a proposito il con­


fronto del dettato e della pratica bruniani con gli inse­
gnamenti di Leone Ebreo:
«Filone. Così pungitivo potrebbe essere il desiderio e
tanto intima la contemplazione, che del tutto discarcasse
e retirasse l'anima dal corpo, resolvendosi i spiriti per la
forte e ristretta loro unione in modo che, afferrandosi
l'anima affettuosamente col desiderato e contemplato
oggetto, potria prestamente tassare il corpo esanimato
del tutto.
«Sofia. Dolce sarebbe la morte.
«Filone. Tale è stata la morte de' nostri beati che, con­
templando col sommo desiderio la bellezza divina, con­
vertendo tutta l'anima in quella, abbandonarono il cor­
po; onde la sacra Scrittura, parlando della morte de' dui
santi pastori Moisè e Aron, disse che morirono per bocca
di Dio, e li sapienti metaforicamente declarano che mo­
rirono baciando la divinità, cioè rapiti da l'amorosa con­
templazione e unione divina >> . 1 �0
La quiete della sessio del De umbris che consente una
« conoscenza soprannaturale e sovrasensibile >> , e la « mor­
te >> e « rinascita >> di Atteone, appaiono dunque come due
modalità, psicologicamente omologhe, di una stessa tec­
nica meditativa, protesa innanzi tutto a far tacere i « fan­
tasmi >> del mondo sensibile, per poi rivolgere l'anima ver­
so la visione della verità. 1 3 1 Semmai, si può rilevare che la
descrizione del processo psicologico del << furioso >> inte­
gra e arricchisce di particolari fisiologici, esperienziali ed
umani il significato della sessio del De umbris. Questa appa­
re, se consideriamo che proprio il De umbris costituisce
l' incipit nella cronologia delle edizioni e del pensiero bru­
niani, come una sorta di << emblema >> anticipatore e pro­
grammatico di ciò che verrà sviluppato, tre anni dopo,
nelle pagine dei Furori, dove si descrivono, per così dire,

1 29. Cfr. Furori, p. 788.


1 30. Dialoghi d 'amore, a cura di S. Caramella, Bari, 1 929, pp.
1 77-78.
1 3 1 . Spaccio, p. 537; Furori, p. 918.
INTRODUZIONE LXV

le vicissitudini dell'anima e le sue « battaglie », 1 32 che por­


ta all'acquietamento o mortificazione dei sensi e delle
passioni, ossia lungo la gradazione dei mistici incendi
d'<< amore >> per l ' « amato >> verso il fine della deificatio. 1 33
Esemplare l'inizio del « Dialogo terzo >> della « Parte se­
conda >> dei Furori, dove il « furioso >> , proprio « posando
sotto l'ombra d'un cipresso >> (il lemma « posare >> indica
qui lo stato di quiete dell'anima, 1 34 mentre il cipresso sim­
boleggia la condizione di « morte >> del filosofo che prelu­
de alla sua « rinascita >> 1 35) si « accende >> di spiri tale eroti­
smo che lo innalza, attraverso varie tappe fisiologiche, al
simbolico colloquio tra gli « occhi >> ed il « cuore >> , fino
all' « assorbimento >> beatifico nella luce, nel bene, nel bel­
lo. 1 36 La sessio, in questo senso, annuncia l'entusiasmo ra-

1 32. Cfr. Furori, pp. 763 sgg. ( « guerra civile >> , ,, milizia >> ) ; 786-87
e sgg. ( « guerrieri ) ; 798-99 sgg. ( <da guerra ch'ha l'anima in se
stessa •• ) ; 835 sgg. ( « l'exercito de' pensieri •• ) . La psicomachia
bruniana, ovvero le varie fasi dell' ascensus animi rappresentato
attraverso la simbolica militarizzazione del processo psico-fisi­
co, dello scontro tra vizi terreni e virtù celesti, caratterizzata da
metafore erotiche, è un topos, pur nelle diverse accezioni, della
letteratura antica, medioevale e rinascimentale: da Prudenzio
ad Andrea Cappellano, da Raimondo Lullo al Roman de la Rose,
da Dante a Boccaccio, a Ficino, all' Hypnerotomachia Poliphili
(per le fonti, la traditio del tema e i dovuti riferimenti biblio­
grafici, cfr. Colonna, op. cit., vol. II, pp. 485-86, 5 1 3-1 4) .
133. Furori, pp. 786 sgg., 923 sgg.
1 34. Ibid. , p. 888: « il spirto che devria posarsi alquanto >> .
1 35 . La metafora, ma con valenza poetico-esortativa e retorica,
già ricorre ibid., alle pp. 78 1-85: « O monte [Parnaso] o dive
[Muse] o fonte [eliconio] l ov'abito, converso e mi nodrisco;
l dove quieto imparo et imbellisco; l alzo, avviv' orno, il cor, il
spirto e fronte: l morte, cipressi, inferni l cangiate in lauri, in
astri eterni [ . . . ] monte dove ascendendo "inalzo" il core; Muse
con le quali versando "avvivo" il "spirito"; fonte sotto li cui ar­
bori poggiando adorno la "fronte"; "cangiate" la mia "morte"
in "vita", gli miei "cipressi" in "lauri", e gli miei "inferni" in
"cieli"•• : cioè destinatemi immortale, fatemi poeta, rendetemi
illustre, mentre canto di morte, cipressi et inferni.
1 36. Ibid. , pp. 923-34.
LXVI INTRODUZIONE

zionale del « furioso » : 1 37 essa annichilisce gli eserciti dei


« bassi pensieri >> e l'anima contemplante può farsi rapire
dagli << alti pensieri >> , << oltre l' orizzonte de gli affetti natu­
rali >> . 1 38 L'agente principe dell' operazione interiore che
purifica l'intelletto per promuoverlo all' << animosità eroi­
ca >> , che << apre l'intelletto e fa penetrare il tutto e suscita
miracolosi effetti è l'amore >> . 139 Ben significativo un altro
passo dei Furori, dove il << soggetto '' che brama l'<< ogget­
to >>, l ' << anima >> il mistico << amato '' , si diletta e si compiace
<< Ìn una sola beltade >> e vi rimane ,, affiso >> , cioè intensa­
mente fisso, immobile, perché << l'opra d'intelligenza non
è operazion di moto, ma di quiete. E da là solamente con­
cepe quel dardo che l'uccide, cioè che gli constituisce
l'ultimo fine di perfezione. "Arde per un sol fuoco", cioè
dolcemente si consuma in uno amore '' . 140
Bruno, 1 41 riprendendo le pagine sui diversi tipi di fu-

1 37. Ibid., p. 788: << si concepe il furor e nasce l'entusiasmo, per


solcar il campo de le muse, spargendo il seme de suoi pensie­
ri '' .
138. Ibid. , pp. 834-35.
139 . Cfr. ibid. , pp. 790-93; l'amore è inteso dal Nolano come il
« vincolo >> più potente di tutti e governatore della universale
simpatia magica delle cose: De vinculis, p. 492: << Diximus in his
quae de naturali magia quemadmodum vincula omnia tum ad
amoris vinculum referantur, tum ab amoris vinculo pendant,
tum in amoris vinculum consistant " ( << Si è detto nella nostra
opera sulla magia naturale come tutti i vincoli si riconducano
al vincolo d'amore o ne dipendano o consistano in esso '' ) ; cfr.
De magia, pp. 230-32; De magia math., p. 398. Su Amor-magus cfr.
Ficino, In Conv. , VI, 1 0, in Opera, vol. II, pp. 1 347-49: << Sed cur
magnum putamus amorem? Quia tota vis magicae in amorem
consistit. Magicae opus est attractio rei unius ab alia, ex qua­
dam cognatione naturam ''·
1 40. Furori, p. 787.
1 4 1 . Ibid., pp. 805 sgg.; sul significato del furor bruniano (cfr.
Lampas, p. 1 2 32 ) , si veda l'Introduzione di M. Ciliberto all'edi­
zione degli Eroici furori, a cura di S. Bassi, Bari, 1995, pp. vn­
xu; cfr. le note di N. Tirinnanzi all'edizione, a cura di M. Cili­
berto, dei Dialoghi .filosofici italiani, Milano, 2000, pp. 1 347 sgg.,
1 363 sgg., 1 367 sgg., 1 384 sgg.
INTRODUZIONE LXVII

ror, di genesi platonica/42 composte da Ficino 1 43 e da


Agrippa, 1 44 dimostra di prediligere tra tutti i << furiosi >>
quelli che sanno eroicamente e umanamente vivere la
loro speciale condizione, con raziocinio e consapevolez­
za, e sono capaci di operare attivamente. Costoro si di­
stinguono « per essere avvezzi o abili alla contemplazio­
ne >>, per possedere uno « spirito lucido et intellettuale >>
innato, per essere stimolati interiormente da un « fervor
naturale suscitato da l ' amor della divinitate, della giusti­
zia, della veritade, della gloria, dal fuoco del desio e
soffio dell'intenzione >> , che gli acuiscono i sensi e la po­
tenza intellettiva, e « accendono il lume razionale con
cui veggono più che ordinatamente >> . Questi furiosi
« non vengono al fine a parlar et operar come vasi e
istrumenti, ma come principali artefici et efficienti >> : es­
si sono i più degni, i più potenti ed efficaci, e sono divi­
ni. In essi « si considera e vede l'eccellenza della propria
umanitade >> . Il furor che li prende si caratterizza non co­
me « Un raptamento sotto le leggi d'un fato indegno,
con gli lacci di ferine affezioni: ma un impeto razionale
che siegue l'apprension intellettuale del buono e bello
che conosce; a cui vorrebbe conformandosi parimente
piacere, di sorte che della nobiltà e luce di quello viene
ad accendersi, et investirsi de qualitade e condizione per
cui appaia illustre e degno. Doviene un dio dal contatto
intellettuale di quel nume oggetto; e d'altro non ha pen­
siero che de cose divine, e mostrasi insensibile et impas­
sibile in quelle cose che comunemente massime si sente­
no, e da le quali più vegnon altri tormentati [ . . . ] è un
calor acceso dal sole intelligenziale ne l'anima et impeto

1 42. È Platone che nel Phaed. , 265b distingue quattro specie di


divina mania ( cfr. R. Velardi, Enthousiasmòs. Possessione rituale e
teoria della comunicazione poetica in Platone, Roma, 1989, pp. 83
sgg., 99 sgg. ) , catalogazione poi ripresa da Ficino e Agrippa.
1 43. In Conv. , VII, 14, in Opera, vol. Il, pp. 136 1-62, 1 375; Epist.,
XI, 8, ibid. , vol. l, p. 927; cfr. Allen, Marsilio Ficino, cit., pp. 1 42-
45, e lcastes, cit. , pp. 139-4 1 .
144. De occulta philosophia, pp. 545-53.
LXVIII INTRODUZIONE

divino che gl'impronta l'ali: 145 onde più e più avvicinan­


dosi al sole intelligenziale, rigettando la ruggine de le
umane cure, dovien un oro probato e puro/ 46 ha senti­
mento della divina et intera armonia, concorda i suoi
pensieri e gesti con la simmetria della legge insita in tut­
te le cose ». << Veramente l'intendere, " si legge ancora
nei Furon147 << il vedere, il conoscere è quel che accende il
desio, e per consequenza, per ministerio de gli occhi,
vien infiammato il core: e quanto a quelli fia presente
più alto e degno oggetto, tanto più forte è il foco e più
vivaci son le fiamme >> . Per Bruno « Cupido >> è straordi­
nario << vincolo >> che accende il desiderio dell ' •• amante >>
verso l ' << amato >> , li mescola in una sola metamorfosi, in
cui quello << muore >> e dimora in questo. 148
Il motivo del « calore >> o « fuoco >> che con il suo fervo­
re innalza il •• furioso >> riprende la fisiologia aristotelica e
galenica che vede nel cuore il caloris fans, la sede del ca­
lore innato, la cui vitalità percorre l'intero organismo
umano, i sensi, le passioni e i moti dell'animo. 149 Dal cuo­
re gli spiriti animali, sostanza pura e tenuissima, afflui­
scono al cervello e sono causa degli effetti psichici più

145. L'immagine delle ali che innalzano l'anima è platonica,


cfr. sopra la nota 84.
146. L'oro come me tafora della condizione di suprema ric­
chezza interiore, propria del sapiente è in Platone, Phaedr. ,
279b-c; cfr. Plotino, l, 6, 5.
1 47. Alla p. 924, ma si vedano anche le pp. 785 sgg.; cfr. Cande­
laio, pp. 48-49: << fascinazione si fa per la virtù di uno spirito lu­
cido e sottile, dal calor del core generato di sangue più puro, il
quale, a guisa di raggi, mandato fuor de gli occhi aperti, che,
con forte imaginazion guardando, vengono a ferir la cosa guar­
data, toccano il core e sen vanno ad afficere l'altrui corpo e spir­
to >> .
1 48. Cfr. De vinculis, pp. 492 sgg., 524-28.
149. Cfr. P. Manuli e M. Vegetti, Cuore, sangue e cervello. Biologia
e antropologia nel pensiero antico, Milano, 1997, pp. 1 1 3 sgg., 157
sgg.; L. Giuffrè , Dante e le scienze mediche, Bologna, 1924, pp. 25
sgg., 63 sgg., 85 sgg.; M. Ciavolella, La " malattia d 'amore " dal­
l 'Antichità al Medioevo, Roma, 1976, pp. 1 6 sgg.
INTRODUZIONE LXIX

elevati. 150 Bruno, nel Dialogus praelibatorius del De um­


bris,151 fa presente che per il buon funzionamento della
memoria e dell'attività mentale è necessario che lo spiri­
to animale salga ad essa soltanto se è « limpido, luminoso
e chiaro >> ( serenus, lucidus et clarus) e mai freddo, poiché
indurrebbe al vizioso torpore. Psico-fisiologia celebrata
soprattutto nella letteratura cortese e umanistica152 attra-

150. Cfr. De umbris, pp. 1 7-18; De minimo, l, 3, p. 1 43; Sigillus, II,


2, pp. 1 85-86 ( ,, De octava contractionis specie » ) . In generale
la teoria medica degli spiriti medioevale e rinascimentale, di
ascendenza galenica, considera che tutte le operazioni psichi­
che in riferimento al corpo (di natura fisiologica e psicofisiolo­
gica) si compiono per mezzo dello « spirito », sostanza sottilissi­
ma di origine astrale e che accompagna l'anima individuale
quando s'incarna. Esso viene distinto in spirito vitale, animale
e naturale a seconda che si trovi nel cuore, nel cervello e nel fe­
gato; circola nel corpo portato dal sangue, di cui costituisce la
parte più sottile, pneumatica. I più importanti sono i primi
due, vitale e animale, in quanto intervengono rispettivamente
sugli stati emotivi, passionali, cardiaci (quindi connessi alle
complesse dinamiche della psicomachia amorosa) e sui sensi
interni che hanno sede nel cervello, e dai quali dipendono le
operazioni mnemoniche e immaginative, fondamentali per la
gnoseologia bruniana. Cfr. Giuffrè, op. cit. , pp. 25 sgg., 37 sgg.;
G. Verbeke, L'évolution de la doctrine du pneuma, Paris, 1945, pp.
206-20; Klein, op. cit., pp. 20-44; D.P. Walker, The Astral Body in
Renaissance Medicine, in «journal of the Warburg and Cour­
tauld lnstitutes » , 21 ( 1 958 ) , pp. 1 1 9-33.
1 5 1 . Alle pp. 1 7-18: qui si elenca inoltre una serie di accorgi­
menti terapeutici, utili a ridestare l 'energia degli spiriti vitali: si
invita a « cacciare via la tristezza con il piacere », a praticare un
« coito moderato " • a « purgare i meati del corpo », a « sfregarsi
la testa con un pettine d'avorio o con un panno ruvido » , ad
« astenersi da cibi freddi e umidi », ad usare astringenti natura­
li per lo stomaco affinché i vapori che salgono dallo stomaco a
causa della digestione non stimolino il sonno, ad usare « so­
stanze aromatiche '' • ecc.; il Nolano riprende i consigli di jaco­
bus Publicius, Ars orandi; Ars epistolandi; Ars memorandi, Vene­
tiis, 1 482, cc. H2v-H4r ; cfr. la nota 4 del Cantus.
152. Rinvio per le fonti al citato commento all' Hypnerotomachia
Poliphili, vol. Il, pp. 5 1 2 sgg., 967 sgg., 1 095 sgg.; cfr. C.S. Lewis,
LXX INTRODUZIONE

verso la metafora erotica e cardiologica del mistico in­


cendio amoroso, quale espressione della psicomachia tra
vizi e virtù, dell 'itinerario dell'anima verso il vero Bene,
verso l'amata << madonna », ed il cui archetipo va cercato
nel Phaedrus platonico (249b-e ) , dove l'eros, l'innamora­
mento, conduce l'anima verso il divino con un atto irra­
zionale, uno stato di mania che estrania l'uomo da se
stesso.
Quanto finora detto e considerato ci offre uno spacca­
to fisiologico abbastanza preciso del processo mistico­
speculativo del Nolano. I momenti in sostanza sono i se­
guenti: il distacco pneumatico dal sensibile, la nascita di
un << fuoco » interiore o << fervor naturale •• , l'acuirsi dei
sensi interni (memoria e immaginazione) che accendo­
no il lume razionale, l'intelletto che s'illumina e vede le
trame divine.
L'intero processo avviene attraverso un'opera di medi­
tazione e interiorizzazione, attraverso la capacità di << con­
centrazione >> del filosofo, del sapiente, del mago, che
" contrahasi quanto è possibile in se stesso, di sorte che
non sia simile a molti », 153 tecnica che può indurre a
<< contrarre in sé >> il divino. 1 54 Bruno inserisce la propria
pratica della contractio animi155 in una nobilissima tradi­
zione paradigmatica di celebri personaggi che l'avrebbe­
ro attuata, ritirandosi e raccogliendosi in eremi solitari. 156

The Allegory ofLove, Oxford, 1 95 1 , pp. 44 sgg.; Wind, Misteri pa­


gani nel Rinascimento, cit., pp. 67 sgg., 1 75 sgg. Si veda in parti­
colare il citato El libro dell'amore di Ficino.
153. Furori, pp. 888-89.
154. Ibid., p. 82 1 : « perché già avendola contratta in sé, non era
necessario di cercare fuor di sé la divinità •• ; p. 932: « avendo
contratta in sé la divinitade, è fatto divo ». Cfr. i vari luoghi di­
scussi in Tocco, op. cit., pp. 76-81 .
1 55. La terminologia in quanto tale è di vulgata tradizione psi­
cologica latina: Zac., 1 1 , 8: « con tracta est anima mea " ; Lucre­
zio, V, 1 2 1 8: « animus contrahitur »; Cicerone, Q. Fr. , l, l , 1 : •• ne
contrahas ac demittas animum ».
1 56. Cfr. Spaccio, p. 645: •< l'Eremo, la Solitudine: che sogliono
parturir quel divino sigillo ch'è la buona Contrazzione ».
INTRODUZIONE LXXI

Pitagora, dopo dieci anni di vita in solitudine, fu capace


di contemplare la natura; Zoroastro, dopo un ventennio
in simile condizione, poté perfezionare tutte le arti magi­
che e divinatorie; Mosè, tornato dal deserto, vinse i ma­
ghi del faraone; Gesù cominciò ad operare cose meravi­
gliose dopo che nel deserto aveva sconfitto le diaboliche
tentazioni; anche Raimondo Lullo e Paracelso poterono
eccellere nelle loro arti grazie all'esercizio della contra­
zione. La contrazione che scaturisce dalla fede può spo­
stare le montagne, la speciale contrazione che rende l'a­
nima capace di varcare i limiti corporei permette alla
stessa di errare liberamente e vedere altrove, come ac­
cadde alla psiche di Clazomenio e a quella del sacerdote
Cornelio. La contrazione che nasce dal vivido desiderio
permise a Giacobbe di far partorire agnelli di diverso co­
lore. San Tommaso Aquinate, uomo di « eminente capa­
cità contemplativa >>, si sollevò nell'aria grazie ad un'in­
tensa contrazione; Polemone accademico era così con­
tratto in sé da non accorgersi dei morsi dei cani che lo di­
laniavano, e Lorenzo stava sui rovi arden ù come su un
giaciglio di rose. 1 57 Questi episodi ed altri sono tratti e in­
terpretati da diverse fonti classiche e bibliche, mediate
soprattutto dai testi di Ficino e Agrippa, 1 58 e che il Nolano
riporta nel Sigillus sigillorum/59 dove sono inseriti all'in­
terno dei quindici tipi di contractio elencati.
La contrazione si presenta così come uno strumento

157. Considerati certi esempi mi domando (e il lettore mi con­


ceda l' azzardo di questa mera ipotesi) se Bruno, che era natu­
ralmente dotato della capacità di contrarsi fin dalla tenera età
( Sigillus, II, 2, pp. 184-85) e praticava simili tecniche interiori
di estraneazione, non ne abbia fatto estremo uso nel suo tragi­
co supplizio. Significativi a proposito i Furori, p. 893 (cfr. qui
sotto la nota 1 62) , dove si afferma che la contrazione eroica in­
duce a non temere la morte né a soffrire « dolor di corpo >> .
1 5 8 . Rinvio per l e fonti e d i riscontri storici d i questi personag­
gi ed episodi a: G. Bruno, Le ombre delle idee. Il canto di Circe. Il si­
gillo dei sigilli, introduzione di M. Ciliberto, traduzione e note
di N. Tirinnanzi, Milano, 1 997, pp. 378-80, 383-84 387-89.
159. Il, 2, pp. 1 80-93.
LXXII INTRODUZIONE

potente, artificialmente ottenuto grazie ad un'intensa


concentrazione, che da un lato è compartecipe dell'atto
contemplativo e della sua sessio, mistica stasi, ma da un al­
tro costituisce il veicolo psicologico per l'ascesa, il piedi­
stallo per l' agire del « furioso » . Chi ne è in grado ne potrà
poi fare l'uso più opportuno secondo le proprie capacità,
come dimostrano le diverse, straordinarie imprese di Pita­
gora o di Mosè, di Cornelio o di Giacobbe, ecc. La con­
trazione bruniana si caratterizza pertanto come una sorta
di condizione fisiologica adatta al raptus mistico - Bruno
cita espressamente il raptus Pauli -, 160 connotata da un for­
te stato emozionale e di esaltazione: « ecco il Furor divino,
Entusiasmo, Rapto, Vaticinio e Contrazzione, che versano
nel campo dell 'Inspirazione '', 161 condizioni che evocano
pratiche magico-te�rgiche, di trance e invasamento. Si
legge nei Furori: « E tanta la virtù della contemplazione
(come nota Iamblico) che accade talvolta non solo che
l'anima ripose da gli atti inferiori, ma et oltre lascie il cor­
po a fatto. Il che non voglio intendere altrimenti che in
tante maniere quali sono esplicate nel libro De' trenta sigil­
li, dove son prodotti tanti modi di contrazione. De quali
alcune vituperose, altre eroicamente fanno che non s'ap­
prenda tema di morte, non si soffrisca dolor di corpo,
non si sentano impedimenti di piaceri: onde la speranza,
la gioia, e gli diletti del spirto superiore siano di tal sorte
intenti, che faccian spente le passioni tutte che possono
aver origine da dubbio, dolore e tristezza alcuna » . 1 62

1 60. Ibid. , II, 2, p. 1 9 1 . La citata operetta di Ficino De raptu Pau­


li commenta l' iter estatico al terzo cielo di san Paolo, in riferi­
mento a 2 Cor., 1 2 , 2-4.
1 6 1 . Spaccio, pp. 615-17; cfr. De monade, I, 2, p. 457: Mosè, Giob­
be, David, Salomone, Esiodo, Orfeo e le Sibille spiegarono i si­
gnificati della parola divina perché « presi da repentino furore si
resero ricettacoli ( vasa) della divinità che parla ». Notevole an­
che la Lampas, p. 1 232 (si veda qui la nota 1 65) : l' enthusiasmus è
una sorta di irradiazione, fulgore, calore bruciante dello spirito
che spinge l' << ingegno » a compiere opere fuori del comune.
1 62. Alla p. 893 (la citazione di Giamblico è da Ficino, Theol. Plat.,
XII, 4, in opera, vol. I, pp. 272-74) ; cfr. Sigillus, II, 2, pp. 190-91.
INTRODUZIONE LXXIII

L'eroica contemplazione bruniana, nel rapimento o


transito, può condurre chi la attua ad assumere su di sé i
<< poteri >> che una simile condizione conferisce al mistico.
Riferendosi ai princìpi delle cose, Bruno dichiara che
<< colui che vuole restaurare la magia nella sua pienezza e
ricondurla al suo antico e nobilissimo stato >> deve neces­
sariamente meditare su tali princìpi, << essere capace di
aggregare gli enti universali, di praticare l'atto della con­
templazione, e di applicarne la sua prassi >> ; 1 63 e ancora:
<< con il canto e la preghiera e la contemplazione e l'esta­
si dell'anima >> si espellono i demoni maligni. 1 64 N ella
Lampas 165 è detto che si può accedere a stati di conoscen­
za superiori per mezzo di << una certa illuminazione, o fol­
gore o calore spiritale, che eccita e aizza l'ingegno ad
opere fuori del comune. Ciò accade ai sapienti, che di­
ventano tali non per dono, ma per l 'impegno e la fatica,
come Platone e Socrate, i quali per molte ore del giorno
elevatisi al di sopra dei sensi si ripiegavano completa­
mente nella forza dell'intelletto >>.
È una tecnica che innalza alle più nobili conoscenze,
dal momento che promuove, ad un livello meramente

1 63. De rerum principiis, p. 7 1 6: « Et haec sunt praecipua capita,


circa quae oportet meditari, aggregare universalia, exercere
actum contemplationis et applicare praxes eum qui piene ma­
giam vult in pristinum et nobilissimum statum instaurare >> .
1 64. De magia, p. 236: << Ad haec valde verisimile est morbos om­
nes esse malos daemones, unde et cantu et prece et contem­
platione et animae ecstasi depelluntur >> ; De magia math. , p. 6:
<< In praesentiarum ergo proponuntur in hac disciplina: pro
primae partis complemento - quae supranaturali innititur po­
tentiae - contemplatio, fides, cultus, ritus et puritas ad pura >> .
165. Alla p. 1 232: « [ . .. ] est irradiatio quaedam, vel fulgor vel,
calor spirituosus impellens et exagitans ingenium ad supra vul­
gares operationes. Hic in sapientibus - qui non tantum ex do­
no quantum etiam ex industria quadam et studio fiunt poetae
et philosophi - sequitur post ecstasin, sicut in Platone et Socra­
te, qui per multas horas diei extra sensus sublati in vim intel­
lectivam prorsus incumbebant>> . Cfr. Agrippa, De occulta philo­
sophia, p. 545: " Furor est illustratio animae '' ·
LXXIV INTRODUZIONE

noetico, la capacità di raccogliere e rivolgere l'intenzio­


ne intellettuale nell'immagine della cosa che si vuole co­
noscere, mettendo così l'animo umano in grado di vede­
re realtà soprannaturali, e di capire ciò che vede:1 66 ope­
razione che, secondo il Nolano, è facile per chi sa vera­
mente intendere. Nel De umbris si dice che « l'anima più
limpida, perché più esposta alle idee divine, accoglie in
sé con maggiore forza le forme degli oggetti, allo stesso
modo di chi ha la vista più acuta e distingue con maggio­
re facilità e nitidezza >>. 167 La contractio permette di osser­
vare distintamente la diversità e la molteplicità delle figu­
razioni che vengono alla luce dall'astrazione contempla­
tiva. 168 La contractio bruniana, per l'alta dignità che assu­
me nell'ascesa cognitiva dell 'anima attraverso la visione,
riprende il motivo plotiniano 169 della suprema intensità
visiva o " vista più acuta >> di cui sono dotati alcuni uomini
eccezionali, i quali possono così incontrare la luce supre­
ma, secondo un altro modo di contemplare e di vedere,
perché unitivo con ciò che si vede.

1 66. Sigillus, Il, 2, p. 1 83: « Contractione intentionis in rei co­


gnoscendae speciem, divinis insomniis, visionibus, et revelatio­
nibus exponitur animus; ipsi quippe vere intendenti nihil est
difficile >> ; cfr. anche le pp. 2 1 3-14.
1 67. Alla p. 103: « Anima clarior divinis ideis magis exposita in­
tentius obiectorum formas suscipit, quemadmodum qui acu­
tioris visus est, facilius aptiusque discernit » .
1 68. Sigillus, Il, 2 , p . 2 1 3 : « Contractio deinde nihilminus con­
ducere intelligatur; ab hac enim multitudinis, diversitatis, con­
trarietatis uniformitatisque essentiarum imnium notitia, velut
a vestigiis et impressionibus, exoritur; per diversas enim ipsa­
rum in materiae gremio figurationes contrahuntur [ . . ] Si c .

enim per concretionem intellegibile unum et verum ad nos de­


scendi t, quemadmodum necessarium est nos ad ipsum per ab­
stractionem ascendere »; cfr. ibid. , II, 2, p. 193.
1 69. Enn. , V, 9, l; sulla henosis, cfr. VI, 7, 35 sgg. ; VI, 9, 9 sgg.
Lo specchio dell 'immaginazione

Se la contemplazione e contrazione del furioso brunia­


no sono il prodotto dell'ingegno, della volontà e della li­
bertà dell'individuo, proteso con le potenze dell'anima
ad apprendere la verità, lo strumento cardine che pone
in atto questo viaggio è l'immaginazione, facoltà che sta
fra i sensi e l'intelletto, intermediaria tra il mondo cor­
poreo e quello spirituale, fra il particolare e l'universa­
le.170 Grazie ad essa l'uomo, partendo dalla realtà sensibi­
le percepita esteriormente, può, come fa il pittore, 171 di­
pingere o costruire dentro di sé le figure necessarie, il
lessico pneumatico dovuto, ossia i gradini immaginali
della scala della conoscenza, attraverso i quali l'anima
può avvicinarsi e unirsi discorsivamente alle idee. L'imma­
ginazione umana è un artificio creativo simile all'arte im­
piegata dalla Natura 1 72 per produrre le sue innumerevoli
e ordinate forme, per cui si tratta di una potenza interio­
re del tutto consona e in comunione con le dinamiche

1 70. Sull'immaginazione in Bruno, cfr. Klein, op. cit. , pp. 45-74;


E. Garin, Phantasia e !maginatio fra Marsilio Ficino e Pietro Pompo­
nazzi, in « Giornale critico della filosofia italiana», 64 ( 1 985) ,
pp. 349-61 ; De Bernart, op. cit., pp. 1 27 sgg.; E. Canone, Phan­
tasia/imaginatio come problema terminologico nella lessicog;rafia filo­
sofica tra Sei-Settecento, in Phantasia-imaginatio, Atti del V Collo­
quio Internazionale del Lessico Intellettuale Europeo, a cura
di M. Fattori e M . Bianchi, Roma, 1 988, pp. 22 1-57; Bònker-Val­
lon, op. cit., pp. 40 sgg.; G. De Rosa, Il concetto di immaginazione
nel pensiero di Giordano Bruno, Napoli, 1997.
1 7 1 . Explicatio, Il, 2, p. 1 33: '' Primus praecipuus pictor est
phantastica virtus >> .
1 72. Acrotismus, l, l, p. 80: « Natura est sempiterna et individua
essenti a [ . . . ] lpsa est ars vivens et quaedam intellectualis ani­
mae potestas, non alienam sed propriam, non extrinsecus sed
intrinsecus, non electione tali, materiam perpetuo figurans: ut­
pote non sicut statuarius externe, cum discursu, et instrumen­
to operatur, sed perinde ut Geometra, dum vehementer quo­
dam affectu figuras imaginatur, spiritum eius intimum imagi­
natione movet atque figurat >> .
LXXVI INTRODUZIONE

generazionali del cosmo. Per mezzo della facoltà fantasti­


ca le immagini colte dai sensi sono nuovamente modella­
te in altre forme, capaci di rappresentare i concetti, an­
che i più lontani ed elevati rispetto a quegli stessi dati
sensibili. La creazione di tali immagini « rivela e non oc­
culta •• , come insegnano i primi teologi e gli antichi filo­
sofi, il senso degli arcani della natura, perché descriven­
doli e illustrandoli mentalmente concorre ad un loro più
alto apprendimento.173
Nel rispetto della gnoseologia bruniana, secondo cui
la ragione umana o mondo razionale è come uno spec­
chio vivente che percepisce le immagini delle cose natu­
rali e l'ombra di quelle divine, 1 74 e di cui si è detto sopra,
il processo interiore che attua la composizione delle im­
magini presenta questa dinamica:
a) seguendo la teoria sulle sensazioni, ed in particolare
di quella visiva, del pensiero atomistico antico, 175 Bruno

1 73. Lampas, p. 940: '' Sensi bilia erunt figuratae species et ope­
ra phantasiae et imaginationis fabrefactae, per quas subinde
volumus ea, quae a sensu sunt remotiora, significari: itaque
usum atque formam antiquae philosophiae et priscorum theo­
logorum revocabimus, qui nimirum arcana naturae eiusmodi
typis et similitudinibus non tantum velare consueverunt, quan­
tum declarare, explicare, in seriem digerere, et faciliori memo­
riae retentioni accomodare »; l'immaginazione è fondamenta­
le nella costruzione delle immagini nell' ars memoriae, cfr. Can­
tus, Il, l, pp. 2 1 7 sgg.; si veda il commento al De umbris.
1 74. De imaginum compositione, II, 3, p. 94: « Ens i n tria capita di­
stributum intelligimur, methaphysicum, physicum et logicum
universaliter dictum; ut tria sunt omnium principia, Deus, na­
tura atque ars; et tres sunt effectus, divinus, naturalis, artificia­
lis. Omne agens proposito et non necessitate quadam constitu­
tum speciem rei efficiendae ut praeconcipiant oportet. Quae
sane species ante naturalia appellatur idea, in naturalibus for­
ma sive vestigium idearum, in postnaturalibus ratio seu inten­
tio, quae in primam atque secundam distinguitur, quam nos
aliquando idearum umbram convenimus appellare >> ; « quod
[orda mundi rationalis] est veluti speculum quoddam vivens,
in qua est imago erum naturalium et umbra divinarum >> .
1 75. È la teoria degli eidola della fisica atomistica: cfr. Zeller e
INTRODUZIONE LXXVII

osserva che la percezione sensoriale delle cose naturali


avviene perché, per influenza della luce che costituisce il
veicolo delle immagini (forme e colore) , 176 la superficie
di una qualsiasi cosa emana un effetto che riproduce la
forma della stessa cosa, che viene così recepita come im­
magine dall' occhio esterno; 1 77
b) la luce, « che è una certa sostanza spirituale •• , 178 im­
mette nei sensi interni, tramite la vista, tali immagini.
Queste vengono << internamente collocate e disposte » ,179
affinché abbia luogo il processo cognitivo;
c) lo << spirito fantastico » raccoglie, abbraccia simili im­
magini e crea quelle noetiche. Senza questa vis immagi­
nativa, che compone ordinatamente figure, non siamo in

Mondolfo, op. cit. , pp. 237 sgg.; Park, op. cit. , pp. 35 sgg.; per la
questione in Ficino: Allen, Marsilio Ficino, cit., pp. 1 9 1 sgg., 197
sgg.; si vedano sopra le note 1 0 e 41 .
1 76. De ima[finum compositione, II, 3, p. 9 1 : << sed nostri quaedam
extema de superficie possumus ( colorem scilicet atque figu­
ram) accidentia et oculi ipsius similitudinem in speculo vide­
re »; cfr. ibid. , Il, 3, pp. 1 1 7-18, cap. 12 : << De luce imaginum
vehiculo ».
1 77. lbid. , II, 3, pp. 96-98: << Concipit imaginem tanquam rei
ipsius effectum a rei quodammodo superficie emanantem, et
potentiam cognoscitivam informantem promus quidem sensi­
tiva, subinde vero rationali luce » ; ma cfr. per intero i primi due
capitoli: << De luce, radio et speculo " e << De iis quae ad specu­
lum et in speculo [ . . . ] Tertio succedi t mundus rationalis, nem­
pe rerum universitas in intentione, qui speciebus a physicis re­
bus abstractis coalescit " ·

1 78. lbid. , Il, 3, pp. 1 1 7-18: << Hac luce, quae substantia quae­
dam spiritualis est [ . . . ] donata est anima, non salurn nostra,
sed etiam universa per immensum se diffundens " ( << Da questa
luce, che è davvero sostanza spirituale [ . . . ] è stata donata all 'a­
nima, e non solo all'anima nostra, ma anche a quella universa­
le che si diffonde ne !l 'immensità " ) .
1 79. Ibid. , Il, 3 , p. 1 03: « <deoque non sine formis quibusdam
seu figuris, quae per sensus externos ab obiectis sensibilibus
concipiuntur et in interioribus collocantur atque digeruntur,
operationem aliquam naturae nostrae convenientem perficere
posse cognoscimus " .
LXXVIII INTRODUZIONE

grado di pensare perché, come recita il dettato aristoteli­


co, 180 l'uomo non può cogitare né conoscere senza imma­
gini, che danno forma e costituiscono il vocabolario dei
moti del pensiero discorsivo;
d) tale luce, immateriale e prima sostanza creata da Dio,
viene emanata dalla nostra anima e rende possibile l'im­
maginazione. Essa costituisce la « potenza in un certo sen­
so più interna e spirituale dell'anima >> che recepisce e
compone le rappresentazioni provenienti dal mondo
esterno. Un simile lume, che << risiede nello spirito fantasti­
co », 181 rischiara e consente di vedere interiormente le im­
magini concepite. È questo il lucore che appare, grazie al­
la contractio, all' oculus mentis e permette di osservare le for­
me dei disegni immaginali, con le loro componenti mate­
matiche, secondo la contrapposizione oscurità-luce, ba­
gliore che nelle xilografie bruniane sembra venire espres­
so, e figurativamente concretato, da quelle parti candide,
da quelle sezioni geometriche bianche (per esempio nelle
tavole I, II, III, VI, VIII e IX degli Articult) , che risaltano sul
fondo scuro dell'immagine impressa sulla carta. 1 82
In più occasioni 18� Bruno distingue, con una terminolo-

1 80. De an., 427b-428a; De mem., 449b-450a (cfr. Bundy, op. cit. ,


pp. 66 sgg.; Manzanedo, op. cit. , pp. 14 sgg. ) : tale concezione
viene ripresa testualmente da Bruno nel De imaginum composi­
tione, Il, 3, pp. 9 1 , 1 03.
181. Ibid. , Il, 3, p. 1 1 9: « non minus animae potentia ilia inte­
rior et quodammodo spiritualior, quae species istas recipit et
componit, in spiritu phantastico consistens, individuum quid­
dam esse cense n da est de genere lucis, ita ut eadem si t lux [ . . . ]
simul ipsa ìux est atque videns , .
182. Sigillus, II, 2 , p. 1 97: << [prima contractione] qua absoluta
forma fit huius iliiusque in hoc et in ilio forma, sicut lux, quae
est primo velut in se ipsa, postea progressu quodam huius
efficitur atque illius, in hoc et in ilio lume n >> ( << [ con la prima
contrazione] la forma assoluta diventa forma di questo e di
quello, in questo e in quello, similmente alla luce, che all'ini­
zio è come in se stessa e poi per un certo processo diviene luce
di questo e di quello, luce in questo e in quello ,, ) .
1 83. De umbris, pp. 96-97; Cantus, Il, l , pp. 217 sgg.; ma soprat-
INTRODUZIONE LXXIX

gia non sempre coerente, tra due tipi di immaginazione,


seguendo l'impostazione neoplatonica ficiniana della vis
immaginativa e della sua duplice valenza. 1 84 Nella gerar­
chia pneumatica « sperimentiamo >> , più in alto, una imagi­
natio o phantasia raziocinante, padrona di giudicare e di
discorrere, che guarda alla speculazione intellettuale, una
specie di cognitio rationalis, mentre inferiormente ve ne è
una seconda dalle caratteristiche della cognitio sensitiva,
istintuale e involontaria, attratta passivamente dalla natu­
ra sensibile. 185 Due facce di una stessa medaglia: l'una os­
serya l'alto e l'altra il basso, l'universale ed il particolare.
E nelle pagine del De imaginum compositione, 186 special-

tutto Sigillus, II, 2, pp. 1 74-77: « Duplicem subinde in no bis es­


se imaginationem considerato: primam quidam in anima ratio­
cinantem expe rimur, discursionis iudiciique compotem, ratio­
nique quodammodo similem; secundam vero in anima, seu vi­
ta, in nobis ratione carentem, ab hac impressam; quae quidem
imaginatio non tam ratione utitur et discursione, quam fertur
instinctu quodam circa corporis passiones, et tanquam, com­
munis sensu principium est sensum reliquorum " (« Considera
poi che in noi l'immaginazione è duplice: la prima che speri­
mentiamo nell 'anima è raziocinante, padroneggia il ragiona­
mento e il giudizio, ed è in un certo qual modo simile alla ra­
gione; la seconda, che sperimentiamo nell'anima, ovvero vita,
viene impressa da quest'ultima in noi ed è priva di ragione. Ta­
le immaginazione non fa uso del raziocinio e del discorso, ma
è portata da una sorta di istinto intorno alle passioni corporee
e, in quanto senso comune, è il fondamento degli altri sensi >> ) .
184. In Enn. , IV, 3, 30, in opera, vol. II, p. 1 739 (cfr. Plotino, III,
6, 4; IV, 3, 23-3 1 ) ; si veda Klein, op. cit., pp. 62-66; Canone, Phan­
tasia/imaginatio, cit., pp. 239-40: De Rosa, op. cit. , pp. 39-47.
185. Sul << senso comune >> e i sensi interni, cfr. sopra le note 17-
19 e 71.
186. Il filosofo di Nola, sia nella terminologia che nei concetti,
riprende tutte queste tematiche inerenti l ' imaginatio e la phan­
tasia dal De insomniis del neoplatonico Sinesio, testo che cono­
sce nella versione latina (De somniis) dì Ficino, realizzata intor­
no al 1488, apparsa per la prima volta presso Aldo Manuzio a
Venezia nel 1 497, e successivamente ristampata (nel 1 5 1 6 an­
cora presso Aldo, insieme al De mysteriis di Giamblico e ad altre
LXXX INTRODUZIONE

mente nei primi capitoli, che il Nolano spiega con mag­


giore chiarezza il senso della sua ' imaginatio razionale' e
ne d,e finisce funzioni e fini. Qui Bruno ripropone più
volte la metafora sinesiana dello specchio, riferendola al­
lo stesso modo sia alla ratio sia ali' imaginatio: tale coinci­
denza stabilisce che unico è lo specchio (appunto l'im­
maginazione razionale) che riceve e riflette le immagini
o « ombre '' delle idee, indipendentemente e al di sopra
dell'esperienza del mondo sensibile. Il motivo è quel­
lo dello speculum animae platonico e neoplatonico 187 ed
esprime il concetto dell'omologia o corrispondenza o
concordanza tra il « modello '' metafisico e la sua « imma­
gine ••, tra l'originale e la sua riproduzione, specularità
immaginale che accorda il visibile interiore con l'invisibi­
le divino. Chi pone in atto un simile processo è, in ultima
analisi, la stessa anima 188 che, avendo in sé i princìpi ra­
zionali di tutte le cose, li proietta sulla fantasia o immagi-

traduzioni ed opere di Ficino) , e n eli' Opera omnia ficiniana di


Basilea del 1576 (vol. Il, pp. 1968-78) ; per i riferimenti biblio­
grafici in merito cfr. A. Rabassini, Il De somniis di Sinesio tradotto
da Ficino, in « Accademia •• , l ( 1 999) , pp. 153-54. Sulla dipen­
denza bruniana da Sinesio si confrontino in particolare i capi­
toli 1-2 e 1 2-16 della prima parte del De imaginum compositione
(Il, 3, pp. 94-98 e 1 1 8-22 ) , con i capitoli 2-7 e 14-15 del tratta­
tello sinesiano (nella versione ficiniana, in Opera, vol. Il, pp.
1969-72 e 1975-76 ) . Cfr. Bundy, op. cit., pp. 147-53; Klein, op.
cit. , pp. 52-56; M. Di Pasquale Barbanti, Ochema-Pneuma e Phan­
tasia nel Neoplatonismo, Catania, 1998, pp. 1 57-86.
187. Platone, Tim. , 71 a-b; Plotino, l, 4, 10; Proclo, In Eucl. , 121
e 141; cfr. A. Charles, L'imagination, miroir de l'iime selon Proclos,
in Le néoplatonisme, Colloques internationaux du CNRS: Scien.
Hum. (Royaumont, 1969) , Paris, 1971, pp. 241-48; J. Trouil­
lard, La mystagogie de Proclos, Paris, 1982, pp. 37-69; E. Moutso­
poulos, Le problème de l'imaginaire chez Plotin, cit. , pp. 47-48, e
Parcours de Proclus, Athènes, 1 994, pp. 38-39.
188. De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 20: « Ex hisce manifestum
est potentiam istam imagin_um esse effectricem, vel qua anima
imaginum est effectrix » (<< E dunque manifesto che codesta po­
tenza [della fantasia] è la creatrice delle immagini, o ciò con cui
l'anima crea le immagini " ) ; cfr. anche pp. 94-98, 1 1 7-19.
INTRODUZIONE LXXXI

nazione per contemplarli come « in uno specchio '' • sì da


conoscerli ed esercitare l'attività del pensiero. Nello
« specchio » della fantasia i princìpi razionali, proprio in
quanto tali, assumono forme con estensione e dimensio­
ne, tra loro commensurabili e coniugabili, ripetibili e
moltiplicabili, cosicché divengono pensabili, perché d�­
scorsivamente visibili e riconoscibili. Scrive il Nolano: « E
questo [della fantasia o dello spirito interno] un certo
mondo e un grembo in un certo qual modo insaziabile di
forme e di immagini, il quale non solo contiene le imma­
gini delle cose concepite esternamente secondo la loro
grandezza ed il loro numero, ma anche aggiunge, con la
forza dell'immaginazione, grandezza a grandezza e nu­
mero a numero. E come in natura da pochi elementi si
compongono e si sviluppano insieme innumerevoli spe­
cie, così ad opera di tale intrinseco strumento non solo le
forme delle specie naturali vengono conservate in code­
sto amplissimo seno, ma in vero potranno essere ancora
moltiplicate per una moltiplicazione di innumerevoli im­
magini, così tante da risultare inconcepibili, come quan­
do da un uomo e da un cervo, da un uomo e da un caval­
lo o da un uccello ci immaginiamo centauri alati, esseri
razionali alati, e da una simile mescolanza possiamo de­
durre cose infinite da innumerevoli, più abbondante­
mente che con il limitato numero di lettere dell'alfabeto,
con le quali si compongono i discorsi di molte lingue con
combinazioni e coordinamenti diversi » . 189

189. lbid. , II, 3, p. 1 1 9: << Hic est mundum quidam et sinus quo­
dammodo inexplebilis formarum et specierum, qui non solum
species rerum externe conceptarum continet secundum ea­
rundem magnitudine atque numerum, sed etiam virtute ima­
ginationis magnitudini magnitudinem, numero numerum ap­
ponit. Rursumque sicut ex paucis elementis natura innumera­
biles species componuntur et coalescunt, ita et opere istius in­
trinseci efficientis non solum specierum naturalium formae in
isto amplissimo sinu reservantur, verum quoque ad innumera­
bilium imaginum multiplicationem improportionabiliter con­
cipiendarum moltiplicari poterunt, sicut ubi ex nomine et cer­
vo, nomine et equo et ave, centauros alatos, alata animalia ra-
LXXXII INTRODUZIONE

Modalità compositiva che trova piena applicazione an­


che nell' ars memoriae:190 « il primo soggetto [sostrato] con­
sta di parti materiali che non possono sottrarsi alla fa­
coltà visiva, per cui la facoltà fantastica è capace di con­
templarle nel loro ordine, oppure giovandosi con
profitto di queste stesse parti e princìpi, potrà dividerle
ordinatamente in cose meravigliose e in nuove, innume­
revoli metamorfosi, e poi osservarle così distribuite come
se fossero fissate ad un cerchio » .191 Infatti, sempre nel
contesto della mnemotecnica, Bruno chiama campus (ma
anche ager o atrium) quello spazio immaginativo, sempli­
ce e universale nelle sue forme geometriche , che risulta
suddivisibile secondo simmetrie proporzionali, come nel
caso del rombo e dei suoi sottomultipli a losanga della ta­
vola VI del De lampade combinatoria. 192 Superfici solitamen-

tionalia confingimus, et consimili mistione ex innumerabilibus


infinita possumus educare, amplius quam ex numeratis ele­
mentis multarum linguarum dictiones combinatione et varia
coordinatione componuntur » .
190. S i veda i l commento al De umbris e al Cantus.
1 9 1 . De umbris, pp. 78-79: « Constat quidem subiectum pri­
mum partibus materialibus, atque ita materialibus, ut visivam
non subterfugiant facultatem, quatenus eadem suo ordine
phantastica facultas valeat contemplari, ve! ipsis utens tan­
quam partibus atque principiis, in monstra, novasque innu­
meras metamorphoses digerere, et digestas velut orbi adfixas
intueri ».
192. Si veda il commento a proposito. Cfr. De umbris, p. 1 28:
<< Ad internum subiectorum campum amplificandum et
adiectorum numerum felicissime multiplicandum >>; in parti­
colare Explicatio, II, 2, p. 79: « Campus est primus sigillus. Hic
ex illis speciebus confletur oportet, quarum simulacra in
phantasticae facultatis amplissimo sinu ideo continentur, ut
iacta intentionum et phantasiabilium universorum semina in
exoptatam messem promoveant »; p. 1 2 1 : « Campus [ . . . ] est
locus, qui in secunda theoria Artis reminiscendi parte per co­
munis propriique differentias distinguitur et in suas species
omnes distribuitur »; De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 1 6:
" Adiectum tibi quod talem succurrit in usum l lumine cunc­
ta velut comprendito sollicitus, ne l subiecta absolvas a cam-
INTRODUZIONE LXXXIII

te quadrangolari, o comunque modulari, a dimostrare


come il senso del tutto stia nella parte e questa in quello,
armonicamente.
Nella celebrazione di questa essenziale attività ordina­
trice dell'immaginazione razionale, che così può fornire
all'anima « pensante >> il vocabolario iconico più adatto
alle sue operazioni intellettuali, consiste forse il contribu­
to, non certo nuovo, ma comunque più significativo di
Bruno sui processi psicologico-cognitivi e rappresentativi
della mente umana. Egli ripete quasi ossessivamente nel­
le sue opere, e in diverse occasioni ne parliamo in questo
studio, che le immagini vanno fissate dall' immaginazio­
ne o dall' oculus mentis, altro sintagma costante nei trattati
bruniani, secondo grandezza, qualità, figura, luce, posi­
zione, relazione, analogia, ordine, numero, distribuzio­
ne, e così via. 193 Si tratta di una condizione inevitabile
quanto necessaria affinché permanga quell'equazione
tra « razionalità >> e « discorsività >> che sancisce e rende
stabile la vitalità dei processi del pensiero come la veridi­
cità delle più alte speculazioni intellettuali. Per contro
ogni disordine delle immagini, ogni loro caotica agitazio­
ne dinanzi all' oculus mentis non può che produrre un
<< pensiero >> confuso e infruttuoso.
Si può meglio capire ora quanto dicevamo sopra circa
l' opportunità nella contemplazione di rifuggire i disarti­
colati « fantasmi >> , ed invece seguire lo stato della sessio
sub umbra, quella quiete interiore che permette alla fan-

pi margine quicquam >> ( << L' adiectum che ti soccorre in tale


uso con tutta la luce , come sollecito comprenderai, per non
perdere alcun subiectum dal margine del campo [dei soggetti
medesimi: qui il << campo >> va inteso quale luogo che contiene
tutte le immagini latenti e che va dunque << coltivato » con un
esame attento e ordinato] » ) . Per i contributi critici: Tocco,
op. cit., p. 1 3 ; A. Noferi, Caos. Simulacro e scrittura nella teoria
bruniana dell'immaginazione, in Letteratura e critica. Vol. I. Studi
in onore di Natalino Sapegno, Roma, 1 974, pp. 369 sgg.; De Ber­
nart, op. cit. , p. 85.
193. Cfr. De imaginum compositione, II, 3, pp. 1 2 1 -22; De umbris, p.
65; Sigillus, II, 2, pp. 2 1 5-17.
LXXXIV INTRODUZIONE

tasia creatrice di porgere e di ricevere discorsi all'intellet­


to contemplante. Infatti, come spiega Sinesio, 194 fonte
primaria di Bruno sul tema dell' imaginatio, affinché lo
« spirito fantastico •• sia nitido specchio delle immagini si
devono acquietare le passioni dell'anima: il filosofo, vi­
vendo con moderazione e temperanza, può pervenire a
quella condizione di imperturbabilità che rende lo
" specchio << della sua anima perfetto ricettacolo del divi­
no e delle sue più alte icone.
« Che se tale è il nostro ingegno •• si legge nel De imagi­
num compositione195 «è certo necessario che lo siano le sue
operazioni, quali appunto indagare, trovare, giudicare,
disporre e ricordare, senza divagare qua e là fuori dallo
specchio, né subire turbamenti dalle immagini. Allora, se
grazie alla natura ci viene presentato uno specchio terso
e piatto, e la luce degli schemi, certo anche per mezzo
dell'arte, diviene vigorosa e risplende nell' orizzonte del­
l'intelligenza, subito dopo il dono di tale facoltà, dalle
immagini (delle cose) chiare ed evidenti che appaiono
dinanzi verremo indirizzati, in una sorta di molteplice
impeto, verso quella somma felicità, che è massimamen­
te degna dell'uomo fin dove è uomo •• .

194. Nella citata versione ficiniana, in Opera, vol. Il, p. 1976:


« Ab omnibus profluunt simulachra, quorum speculum recep­
taculumque est species ipsae phantasticus " · L'archetipo si può
far risalire a Platone, Phaed. , 84a-b.
195. II, 3, p. 9 1 : « Quod si tale est nostrum ingenium, talia ni­
mirum eiusdem esse oportet opera, ut scilicet inquirens, inve­
niens, iudicans, disponens, reminiscens, non extra speculum
divagetur, non absque imaginibus agitetur. Heic si per naturam
speculum tersum subiiciatur atque planum, nec non per artem
in horizonte ratiocinii lux canonum vigeat et splendeat, illico
iuxta elargitam facultatem ex imaginibus rerum claris atque
perspicuis in prospectum venientibus ad summam in multipli­
ci genere actus felicitatem dirigemur illam, quae homini maxi­
me quatenus homo est adpropriatur>•.
Matematiche astrazioni

Il tipo di immagine mentale che più di ogni altra ga­


rantisce un veritiero incontro, se non uno sposalizio, tra
l'intelletto e l'intellegibile, è l'immagine astratta, mate­
matica, ossia figurata attraverso numeri o linee. 196 In que­
sto modo l'intelletto, in una sorta di ascesa aniconica, di
cui si è già detto, è come se abbandonasse le innumere­
voli figurazioni inventate dall'immaginazione per astrarsi
ulteriormente. 1 97 L'astrazione riguarda difatti una facoltà
rivolta verso operazioni superiori a quelle proprie della
stessa fantasia. 1 98 Bruno addirittura distingue due tipi di
contractio: la prima per contemplare immagini prodotte e
inventate su forme materiali, la seconda su quelle nume­
riche. 1 99 Si legge nel Sigillus che Apollo ispira i numeri ai
vati, « cosicché tu comprenda che i numeri non sono al­
tro che certi limpidi princìpi metafisici, fisici e razionali,
che sia la materia che l'intelletto, quando si dispiegano e
si espongono alla forma superiore o luce, sono in grado
di concepire in sé secondo l'una o l ' altra modalità di co­
noscenza '' . 200
Un simile denudamento o liberazione progressiva delle

196. Cfr. , oltre a Bonker-Vallon op. cit. , anche S. Otto, Figur,


Imagination, Intention. Zu Brunos Begriindung seiner Konkreten
Geometrie, in Die Frankfurter Schriften Giordano Brunos und ihre Vo­
raussetzungen, a cura di K Heipke, W. Neuser e E. Wicke,
Weinheim, 199 1 , pp. 37-50.
197. Sigillus, II, 2, p. 2 1 3: « Sic enim per concretionem intelligi­
bile unum et verum ad nos ascendit, quemadmodum necessa­
rium est nos ad ipsum per abstractione ascendere »; ma cfr. pp.
196-97, 2 1 2-17; qui sotto la nota 202.
198. Cantus, II, l , p. 229: « abstractio pertinet ad superiorem fa­
cultatem, quam sit ipsa phantasia >> .
199. Sigillus, Il, 2, pp. 2 1 3-15.
200. Ibid., Il, 2 , pp. 2 1 4-15: << Ut nil aliud numeros esse perci­
pias, quam claras quasdam metaphysicas vel physicas vel ratio­
nales rationes, quas vel materia vel intellectus, dum ad superio­
rem formam vel lumen explicantur et exponuntur, per unum
vel alium cognitionis modum conceptare valent >> .
LXXXVI INTRODUZIONE

immagini mentali, che privilegia l'aniconismo numerico


e geometrico in una sorta di apofatica ricerca della luce,
viene affermato nella Causa201 in due formidabili brani:
« l'intelletto, volendo liberarse e disciorse dall'imagi­
nazione alla quale è congiunto, oltre che ricorre alle ma­
tematiche et imaginabili figure, a fin che o per quelle o
per la similitudine di quelle comprenda l'essere e la su­
stanza de le cose, viene ancora a riferire la moltitudine e
diversità di specie a una e medesima radice: come Pitago­
ra che puose gli numeri principii specifici de le cose, in­
tese fundamento e sustanza di tutti la unità: Platone et al­
tri che puosero le specie consistenti nelle figure, di tutti
il medesimo ceppo e radice intesero il punto come su­
stanza e geno universale »;
« quando l'intelletto vuoi comprendere l' essentia di
una cosa, va simplificando quanto può: voglio dire, dalla
composizione e moltitudine se ritira rigittando gli acci­
denti corrottibili, le dimensioni, i segni, le figure, e quel­
lo che sottogiace a queste cose. Così la lunga scrittura e
prolissa orazione non intendono, se non per contrazzio­
ne ad una semplice intenzione: l'intelletto in questo di­
mostra apertamente come ne l'unità consista la sustanza
delle cose, la quale va cercando o in verità o in similitu­
dine >> .
La motivazione filosofica di tutto ciò consiste nel fatto
che per Bruno la guida sicura e irri i mnciabile della sua
ascesa gnoseologica è la << razionalità >> , la « misura >> (di
cui la << monade >> è il principio) , che pervade, pur in di­
verso grado ma unitariamente, sia la somma Mente divi­
na che la Natura e l'Intelletto umano: ratio che trama
dunque per intero la molteplicità, la diversità, ma anche
le analogie e l 'unità di quel mundus triplex di cui si è par-

20 1 . Alle pp. 285 e 287. Cfr. Sigillus, II, 2, p. 2 1 1 : << lntelligibiles


tandem specis sunt, quibus, discursione deposita, actu uno
possidemus omnia, beati vivimus, aeternam mentis intelligen­
ùam imitamur » ( << Infine le specie intelligibili sono quelle per
cui, abbandonato il ragionamento discorsivo, con un solo atto
possediamo tutto, viviamo beati, imitando così l'intelligenza
eterna della mente >> ) ; Summa, l, 4, pp. 31-33 (XIV) .
INTRO DUZIONE LXXXVII

lato più volte in precedenza. Scrive il Notano: << Mente so­


pra tutte le cose è Dio. Mente insita in tutte le cose è la
natura. Mente che tutte le cose pervade è la ragione. Dio
prescrive e ordina. La natura esegue e compie. La ragio­
ne contempla e discorre. Dio è la monade fonte di tutti i
nume ri [ . . ] La natura è numero numerabile, grandezza
.

misurabile, momento determinabile. La ragione è nume­


ro numerante, grandezza misurante, momento di valuta­
zione ,, . 202 Se allora questa mensura cifra e coordina il sen­
so di tutte le cose, pur in diversi gradi, divino, naturale e

202. De minimo, l, 3, p. 1 36: « Mens su per omnia Deus est. Mens


insita omnibus natura. Mens omnia pervadens ratio. Deus dic­
tat et ordinat. Natura exequitur atque facit. Ratio contempla­
tur et discurrit. Deus est monas omnia numerorum fons [ . . . ]
Natura est numerus numerabilis, magnitudo mensurabilis, mo­
mentum attingibile. Ratio est numerus numerans, magnitudo
mensurans, momentum aestimans >>; ma anche pp. 131-38 e
269 sgg. (De principiis mensurae et fig;urae Liber) ; cfr. Articuli, l, 3,
pp. 1 6-1 7: << Sive significationes mensurae spectes, sive rerum
sub hoc distributarum ordinem consideres, mensuram pri­
mam mentem ipsam intelligas atque dicas oportet; omnis enim
mensura a mente recipit denominationem [ . . ] Septimo homi­
.

nis rationem, seu mensurandi potentiam in ipsa ratione consi­


stentem >> ; De umbris, p. 57 ( Conceptus XXI) . È Platone a rappre­
sentare i princìpi dell'universo con forme geometriche e nu­
merologiche ( Resp. , 526c-527d; Phil. , 5 1 c; Tim. , 53b sgg.; sulla
traditio umanistica a riguardo si veda il commento al citato
Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, vol . Il, pp. 747-
61 ) . Considerevole il parallelismo tra Bruno ( Sigillus, II, 2, p.
197, dove si dice che i numeri conducono dal mondo umbrati­
le dei corpi a quello delle idee - ,, corpo rum imaginibus et um­
bris, quae sunt obscura sensibilia, per mathemata [ . ] ad . .

ideas >> - e che la luminosità ideale compenetra la nostra ragio­


ne attraverso la funzione mediatrice dei numeri - « sicut et illa­
rum claritas nostrae rationis per media mathemata sese intru­
dit » ) e Proclo (In Eucl. , Prol. , 5-6, ricordando Platone, Resp.,
514a sgg.; cfr. Platino, l, 3, 3 ) , il quale osserva come la scienza
matematica conduca alla contemplazione, e guidi dalle tene­
bre alla luce intellettuale. Sulla geometria quale strumento
gnoseologico in riferimento ad Aristotele e san Tommaso: P.
Hoenen, De noetica geometriae origine theoriae COf:�titionis, Romae,
LXXXVIII INTRODUZIONE

umano, ecco che le forme, qualsiasi manifestazione, i­


deale, fisica o mentale sottendono o esplicitano la logica
di una simile ratio.
« Tutti i sapienti ,, si dice nel Sigillus203 « concordano nel
sostenere che anche la matematica contribuisce alle ope­
razioni dell'animo, perché quello che è visibile è imma­
gine di ciò che è invisibile. Così, come in uno specchio,
gli enti che sono nel mondo intelligibile divengono ma­
nifesti nel mondo sensibile. Qui si muovono, si differen­
ziano, là invece rimangono immobili, secondo una ragio­
ne perpetua e immutabile. La matematica insegnando ad
astrarci dalla materia, dal moto e dal tempo, ci rende ca­
paci di intendere e contemplare le specie intelligibili.
Perciò Pitagora, Platone e tutti quelli che cercarono di
insegnarci cose difficili e profonde non usarono altri
strumenti se non la matematica •• .
È evidente che l a concezione della matematica bru­
niana, potente strumento astrattivo per la gnosi con­
templativa e cifra essenziale del creato, su cui scrive
straordinarie e appassionate pagine soprattutto nel De
minimo e nel De monade, niente ha a che fare con la
quantità volgarmente intesa.204 Il numero, la monade e il

1 954, pp. 8-1 5 , 223 sg., 260 sgg.; si veda in.fra il commento alle
figure del De minimo e del De monade.
203. II, 2, pp. 1 94-97: « Videto primum quatuor internos ac­
tuum rectores: amorem, arte m, magiam, mathesim [ . . . ]
Mathesis quoque conferre ad opus animi omnes sapientes con­
sensere; visibilia namque invisibilium sunt imagines. Velut
enim in speculo ea, quae sunt in mundo intelligibili, praesen­
tia fiunt in mundo sensibili. Hic sunt in motu, in varietate; ibi
vero in perpetua stabilique quidam ratione consistunt. Mathe­
sis docens abstrahere a materia, a motu et tempore, reddit nos
intellectivos et specierum intelligibilium contemplativos. Ideo­
que Pythagoras, Plato et omnes, qui res profundas atque
difficiles nobis sunt insinuare conati, aliis quam mathematicis
mediis non unquam usi sunt >> ; cfr. De immenso, I, l , pp. 297-99;
De umbris, pp. 52 ( Conceptus XI) , 56-57 ( Conceptus XX e XXI) ;
Lampas, III, pp. 1 200-1 202 (« unde bene dicitur species rerum
esse sicut numeros " ) ; Tocco, op. cit., p. 1 72.
204. De monade, l, 2, pp. 332-34; Sigillus, Il, 2, p. 2 1 4.
INTRODUZIONE LXXXIX

minimo sono realtà ontologiche che si moltiplicano ed


espandono secondo un movimento che investe tutti i
mondi, costituendo così lo scheletro dinamico del cor­
po dell'universo. Questa scala di numeri, linee, poliedri
e così via, coniuga e lega il microcosmo con il macroco­
smo, facendo sì che la numerologia e la geometria di­
vengano anche il linguaggio simbolico per eccellenza
dell'immaginazione creatrice e dell 'intelletto, perché
esse di fatto ne esprimono la vera essenza e nel contem­
po ne rappresentano il più segreto lessico. Nel De mona­
de 205 si precisa che i numeri di questo genere furono
quei princìpi che permisero ai maggiori saggi dell'anti­
chità, come Pitagora, Aglaofamo, Zoroastro ed Ermete,
di cooperare con l' « operante natura '' , e che « Platone
pose figure di questo tipo al di là delle cose sensibili » . Il
Nolano, riprendendo Ficino, 206 celebra con questi alti­
sonanti nomi la prisca theologia, presentandosi come il
più nobile epigono di quell'antica e autorevole tradizio­
ne filosofica.
Bruno applica le modalità o tecniche << visive " del
pensiero, che abbiamo finora considerato, a tutta la sua
speculazione e ne scrive in tutte le sue opere, manife­
standola concretamente nella « razionalità » delle imma­
gini con cui illustra sia il De umbris o il Cantus o il De
imaginum compositione, o gli altri trattati sull' ars memoriae,
sia testi di più intenso respiro filosofico o cosmologico,
dall'Infinito alla Cena, alla Causa, fino ai tre poemi fran­
cofortesi. Tranne che per qualche eccezione, l 'intero
Corpus iconogmphicum bruniano è scandito da lettere,

205. De monade , II, l, p. 334.


206. Cfr. Yates, Giordano Bruno, cit. , pp. 25 sgg., 259 sgg.; per Fi­
cino ( Theol. Plat., I, 3, in Opera, pp. 81 -84) , le scienze matema­
tiche introducono alla metafisica: il filosofo ebbe grande inte­
resse per i significati numerologici e geometrici, sia con riferi­
mento alle forme « universali ,, che a quelle << particolari " , co­
me alle formule matematiche e musicali inerenti l'anima del
mondo: cfr. MJ.B. Alleo, Nuptial Arithmetic. Marsilio Ficino 's
Commentary on Fata[ Number in Book VIII of Plato 's Republic,
Berkeley-Los Angeles, 1 994, pp. 27 sgg., 44 sgg., 98 sgg.
xc INTRODUZIONE

numeri, figure geometriche elementari schematica­


mente semplici. Anche le complesse ruote del De umbris
o gli oscuri sigilli dell'Explicatio, tanto per fare due e­
sempi, da un punto di vista meramente « visivo » sono
impostati su proporzioni, simmetrie, accordi di lettere,
numeri e linee o geometrie, in sostanza facili da « vede­
re '' · Tutto ciò evidenzia che per l'autore, per Bruno,
immaginare e pensare non siano altro che due aspetti
complementari di una stessa modalità gnoseologica,
poi concretata ed espressa matericamente nel disegno o
schema o signum o sigillus del legno xilografico.
Simili iconografie, intimamente « matematiche », tradi­
tano e dispiegano a chi le osserva le strutture del creato co­
sì come le « vede » Bruno con il suo oculus mentis. Ciò pro­
babilmente ci porge anche una chiave di lettura della di­
dattica espressiva del filosofo di Nola e, fors'anche, dell'ar­
dua impresa di comprenderlo. Infatti, come ci possiamo
rendere conto dal nostro commento al Corpus iconographi­
cum, egli non usa mediazioni esplicative o chiarificatrici
delle sue immagini, che non a caso percorrono spesso i te­
sti in totale discrasia dai medesimi, bensì ce le porge, le
presenta quali le ha «viste » o immaginate: sta a noi seguir­
lo e raggiungerlo oppure lasciar perdere. Per assurdo, ma
non so fino a che punto, si potrebbe dire che Bruno più
che << pensare » il suo pensiero semplicemente lo << vede » .
I n questo atteggiamento, che potremmo definire pro­
prio di un'esposizione criptodidattica, sta probabilmente
- ci perdoni il lettore questa libera riflessione - una delle
ragioni psicologiche, non certo dottrinali, dei suoi pole­
mici scontri con i dotti o accademici dell' epoca, peripa­
tetici o neoplatonici che fossero, e ci pone anche la que­
stione dello smarrimento dello stesso Mocenigo che, in­
vitatolo a Venezia per apprendere tanto magistero, si
trovò di fronte ad un apprendistato mnemonico e imma­
ginativo di ben arduo conseguimento. 207

207. Cfr. V. Spampanato, Vita di Giordano Bruno con documenti


editi ed inediti, prefazione di N. Ordine, Paris-Torino, 2000 ( l "
ediz., Messina, 1 92 1 ) , pp. 472 sgg. (dichiara Giovanni Mocenigo
Arte e magia

Quanto finora detto trova feconda applicazione nella


produzione « artistica >> del Nolano, ossia nel ricco Corpus
autografo di incisioni con cui orna i propri volumi a
stampa, e di cui discutiamo più avanti gli aspetti storico­
critici e tecnico-artistici. Qui ci interessa come la produ­
zione grafica del Nolano altro non rappresenti che la sin­
tetica, pratica attuazione del suo pensiero magico e spe­
culativo. Come dimostra il commento all'Explicatio trigin­
ta sigillorum, Bruno crede in una magia naturale, ossia a
quei legami simpatici che legano e « vincolano ,, l'intero
universo/08 dalle superiori realtà angeliche209 e astrali a
quelle umane e dei regni minerale, vegetale e animale/10

a Gian Battista Ciotti: ,, Ho costui [Bruno] qui a mie spese [ . . . ]


il qual me ha promesso de insegnarmi molte cose, ed ha avuto
robbe e denari in quantità da me a questo conto; io non lo pos­
so tirar a conclusione; dubito ch'egli sia orno da bene. Però an­
dando voi a Francoforte, averò a caro, e mi farete piacere, di far
qualche diligenza per sapere se è persona da potersi fidar di lui,
e se attenderà a quel che lui mi ha promesso >> . « Onde ,, raccon­
ta il Ciotti « quando fui a Francoforte, parlai con diversi scolari,
che erano andati alla sua lezione in quella città mentre è stato
lì, e che avevano avuto una pratica e conversazione; da quali mi
fu detto in surnrna, che [ . . . ] Iordano faceva ben professione di
memoria e d'aver altri secreti simili, ma che non si era mai visto
ch'egli avesse fatto opera con alcuno, anci, che tutti coloro che
avevano a far seco per simili cose, erano stati mal sotisfatti ''·
208. Cfr. soprattutto il De vinculis, pp. 4 1 4 sgg.; De magia math. .
pp. 134 sgg.; De magia, pp. 1 62 sgg.
209. De magia math., pp. 1 3 sgg.; De magia, pp. 223 sgg.; le fonti
del Nolano sono soprattutto Psello (De daemonibus: cfr. la ver­
sione di Ficino, in Opera, vol. Il, pp. 1939-45 ) , Triternio ( Stega­
nog;raphia) e Agrippa.
210. De magia math. , pp. 1 1 8-38 ( « De septern electis plantis, sep­
tern planetarurn influentiarn habentibus, et virtutern a superiori­
bus naturalibus virtutibus percipientis et largientibus >> ; « De lapi­
durn virtutibus >> ; « De anirnaliurn virtutibus » ) ; le fonti di Bruno
sono Alberto Magno (De mineralibus) , lo pseudo-Aiberto Magno
(De mirabilibus; De vegetabilibus; Liber secretorum) e Agrippa.
XCII INTRODUZIONE

secondo una visione del tutto consona ai suoi tempi. Tut­


tavia, pur ripercorrendo motivi magico-teurgici già pre­
senti nel De radiis e nel Picatrix, in Ficino e in Agrippa, il
Nolano costruisce i suoi sigilli2 11 in maniera del tutto par­
ticolare, perché in essi fa confluire il disegno immagina­
tivo e la ratio matematica, 212 la sua geometria noetica2 1 3 e,
soprattutto, li costruisce con le proprie mani.
Nel De imaginum compositione214 si precisa che, per
quanto concerne il « luogo » ( « Quod ad locum attin­
tet » ) , l'esperienza dimostra che •de immagini sono me­
glio inserite dentro e trattenute negli angoli e nei ricetta-

2 1 1 . De magia, p. 196: " ita et no bis cum certo numinum genere,


non nisi per definita quaedam signa, sigilla, figuras, characteres,
gestus et alias ceremonias, nulla potest esse participatio. Qui ma­
giae ergo praesertim ea specie, quae theurgica est, sin e huiusmo­
di vocibus et scripturis vix quippiam poterit magus promovere >>
(« così per noi non ci può essere alcuna partecipazione con un
certo tipo di divinità, se non attraverso certi determinati segni, si­
gilli, figure, caratteri, gesti e altre cerimonie. Pertanto, senza for­
mule magiche e scritture di tal fatta, a stento qualche mago potrà
riuscire, specialmente in quel tipo di magia che è la teurgica >> ) .
212. De magia, p. 1 68: " [magia mathematica] habet enim simili­
tudinem cum geometria propter figuras et characterismum;
cum musica propter incantationem; cum arithmetica propter
numeros, vices; cum astronomia propter tempora et motus;
cum optica propter fascinia, et universaliter cum universo
mathematices genere, propter hoc quod ve! mediat inter ope­
rationem divinam ve! naturalem, ve! participat de utraque, ve!
deficit ab utraque >> ( " [la magia matematica] ha infatti somi­
glianza con la geometria per le figure ed i caratteri; con la mu­
sica per gli incantamenti; vicendevolmente con l'aritmetica per
i numeri; con l'astronomia per i tempi e i moti; con l'ottica per
le fascinazioni, e generalmente con ogni genere di matematica,
perciò o media fra l'opera divina e quella naturale, oppure par­
tecipa di entrambe, o si sottrae a entrambe >> ) ; cfr. Agrippa, De
occulta philosophia, pp. 249 sgg. (Libro II, capitoli 1-4 e 23) . Si ve­
da la nota 38 dell'Explicatio.
2 1 3. Sui poteri magici dei numeri e delle forme geometriche
cfr. Agrippa, De occulta philosophia, pp. 249 sgg., 3 1 9-2 1 .
2 1 4. II, 3 , p . 1 24.
INTRODUZIONE XCIII

coli scavati » ( « et experimur imagines in angulis incavis­


que susceptaculis melius immitti et retineri » ) . Il brano
testimonia come il solco dell'incisione, con la sua spe­
cifica profondità e cavità, sia importante per rendere più
ricettivo il sigillo o il talismano che deve recepire, ren­
dersi << vaso » degli influssi celesti: condizione valida sia se
riferita ad una concreta pratica artistica sia ad un'attività
interiore. 2 15 Ma fin qui siamo, per dir così, nella norma
comune ad una prassi magica che incide pietre e metalli
preziosi con determinati simboli o caratteri, come voglio­
no, per fare alcuni esempi, Cecco d'Ascoli216 e Agrippa, 217
oppure Ficino,218 o come si legge nel Morgante219 di Luigi
Pulci, ovvero ancora in un celebre passo di Bruno, 220 dove
la maga Circe esalta la sua potenza mostrando agli dèi
lettere sacre incise su una lamina e tracciando nell'aria
caratteri magici. Ciò che rende assai singolare la pratica
magico-iconica di Bruno è il modo con cui la attua. Infat­
ti, considerando alcuni dati certi221 - ovvero che Bruno
non usava disegni preparatori per le sue xilografie ma in­
cideva di getto sul legno e che praticava tecniche medita­
rive profonde come quelle connesse alla << contrazione » -

215. Cfr. il commento all'Explicatio; Cantus, Il, l, pp. 240-41 ; De


magia, p. 162. In particolare il capitolo 5 del De radiis ; si veda la
nota 34 dell' Explicatio.
216. L'Acerba, ridotta a miglior lezione da A. Crespi, Ascoli Pi­
ceno, 1 927, p. 340: « Lo spazio che su fra le stelle vedi l fra il
gonfalone e il pozzo e il fuoco sacro l il gran segreto volgiono
che tu credi. l Lì sono i caratteri segnati '' ·
217. De occulta philosophia, pp. 369-70 (Libro Il, capitolo 49) .
218. Soprattutto nel Libro III del De vita coelitus comparando: cfr.
il commento ali'Explicatio e agli Articuli. Cfr. Pico della Miran­
dola, Heptaplus, in Opera, Basileae, 1 572-1573, vol. Il, p. 7.
219. XXIV, 9 1 : << Malgigi venia disegnando l caratteri e sigilli, e
preparava l le candarie e' pentacoli » ; cfr. XXI, 70 e 75.
220. Cantus, Il, l, pp. 192-93: << En literae de orum sacrae: quas
in hac lamina ostendo. En quos in aerem esplico characteres.
En vestigium magni sygilli " .
2 2 1 . S i veda l a Nota a l Corpus iconog;raphicum e i l commento al­
l' Explicatio.
XCIV INTRODUZIONE

e tenendo conto che l 'efficacia magico-simpatica di certi


sigilli e caratteri o figure dipende dalla forza della mente
e dall'intensità dell' animo che si applica nel realizzarli,
niente vieta di credere che il Nolano realizzasse le sue xi­
lografie in uno stato psicologico particolare, di estrema
concentrazione e partecipazione interiore alla sua ,, ope­
ra >> grafica. Considerazioni che suggeriscono come Bru­
no potesse incidere le sue figurazioni ponendosi in una
condizione di << furor eroico >> , di << entusiasmo >> intelletti­
vo. Non a caso si legge nel De maffia mathematica222 che
ogni << artificio >> di caratteri dipende dalla potenza della
mente, dallo stato d'animo e dall'intenso desiderio di chi
lo realizza: certe immagini sono più efficaci tanto più ar­
dente e bramosa è l'anima che le << produce >> . La parteci­
pazione all'evento magico-simpatico è fondamentale alla
sua riuscita proprio perché entrano in gioco le virtù e le
facoltà spirituali del filosofo-mago: l'opera magico-teur­
gica esclude ogni estraneità dell'officiante e ne pretende
il pieno coinvolgimento. Lo stesso Agrippa223 puntualizza
che il potere di un'immagine dipende da come il mago
l'ha saputa scolpire o incidere, e iscrivervi i nomi che
produrranno l'effetto desiderato, insomma da come l'o­
perante è stato capace di infondervi le proprie intenzio­
ni, i desideri del suo animo.

222. Alla p. 132: « Quod artificium caracterum est habens effica­


cium a mente, quae grandi desiderio affectat, sicut enim est su­
per de odoribus, gestibus et aliis, ita de characteribus et figuris. Et
ideo non ut emuntur ad idem caracteres similes omnes sed, se­
condum affectiones diversorum diversas, dissimiles, et ideo aut
parum aut nihil prodesse solent nisi authori eorum [ . . . ] quas
omnes [figuras] anima magis desiderans et ardens et commota
magis efficaces producit. Similiter est in aliis quae anima deside­
rat, et hic est vis magna ad magnam considerationem »; cfr. Arti­
culi, I, 3, p. 17; Sigillus, Il, 2, pp. 194-99; Klein, op. cit., pp. 71-72.
223. De occulta philosophia, pp. 369-70 (Libro II, capitolo 49) ;
cfr. De imaginum compositione, II, 3, pp. 10 1-102. Su certe moda­
lità operative nella magia, inerenti anche la funzione dell' ima­
ginatio, notevole nei capitoli 5, 7 e 8 del De radiis, si veda la no­
ta 34 dell Explicatio .
'
INTRODUZIONE xcv
Tutto ciò spiega la grande attenzione e dedizione che
Bruno dedica alle illustrazioni dei suoi libri, realizzan­
do personalmente decine di immagini xilografiche, le
quali, si noti bene, al di là del loro complesso e talvolta
oscuro significato, costituiscono comunque un ragguar­
devole apparato didattico-iconografico che vuole inizia­
re il lettore all'apprendimento dei metodi speculativi
bruniani. Non è certo un caso che si tratti di un corpus
grafico basato quasi esclusivamente su schemi geometri­
ci e matematici per le ragioni che abbiamo visto sopra,
ossia su immagini-guida essenziali che possono poi esse­
re arricchite iconologicamente e mnemonicamente co­
me può e vuole chi le mette in pratica. L' arte della com­
posizione delle immagini bruniane è in sostanza, come
dimostra il De imaginum compositione, di stampo pura­
mente mnemonico (evidente nel caso delle tavole del
De umbris e del De compendiosa architectura) , che viene tal­
volta coniugato con modalità magico-teurgiche e/ o filo­
sofiche, come è evidenziato nell' Explicatio o negli Arti­
culi. Nasce così un lessico figurativo composito e duttile
nel suo lessico grafico, che manifesta e delinea soprat­
tutto i processi mnemonico-immaginativi propri della
mente del Nolano, che è rivolta alla comprensione e al
disvelamento dei fenomeni naturali come delle leggi di­
vine. In questa speciale adesione e partecipazione della
prassi iconica alla teoria filosofica sta l'elemento di ec­
cezionalità delle figurazioni bruniane. Non risulta che
Ficino o Campanella, Cusano o Charles de Bovelles, op­
pure Agrippa, abbiano illustrato personalmente i loro
volumi, né tanto meno che abbiano unito ai loro scritti
un'iconografia che abbia messo a nudo i meccanismi
mentali e immaginali della loro discorsività e ricerca
gnoseologica, Bruno invece lo ha fatto con un'intensità
e vivacità che lo rendono unico nel panorama storico
della filosofia occidentale, e ne fanno un personaggio
di rara coerenza nella sua originalissima via della cono­
scenza di se stesso e del divino.
Nota al Corpus iconographicum

Le opere di Giordano Bruno, se si escludono quelle


smarrite e quelle lasciate manoscritte, successivamente
edite dopo l'arresto o la morte del filosofo, compaiono
in un arco di tempo che va dal 1 582, anno in cui si stam­
pano a Parigi il De umbris idearum, il Cantus Circaeus, la De
compendiosa architectura e il Candelaio, al 1 59 1 , quando vie­
ne pubblicato a Francoforte il De imaginum compositione.
Com'è noto, nell'estate dello stesso anno Bruno si trasfe­
rirà in Italia, a Padova e Venezia, dove, nel maggio del
1592, su denuncia del patrizio Giovanni Mocenigo, verrà
arrestato dall'Inquisitore veneto: detenzione che si con­
cluderà, dopo che nel 1 593 il Nolano sarà trasferito nelle
carceri romane del Sant'Uffizio e processato, con il tragi­
co rogo in Campo de' Fiori il 1 7 febbraio 1 600.
Diciassette, tra tutte le opere apparse nell'arco di tem­
po suddetto, ossia nove anni, contengono illustrazioni,
spesso inserite nel testo, talvolta fuori testo, per un nu­
mero complessivo di circa 240 immagini. Approssimazio­
ne dettata dal fatto che, come vedremo analizzando le
singole opere, alcune di tali stampe vennero ripetute in
occasioni diverse, talvolta anche leggermente modificate,
ovvero riutilizzate in contesti e volumi differenti sì da co­
stituire, per un verso, una mera ripetizione iconografica
e rappresentare, per un altro, nuove valenze concettuali.
Di certe oscillazioni iconiche, che viziano la possibilità di
fare un conto meramente quantitativo delle xilografie o
stampe, daremo comunque ragione di volta in volta nel
commento alle singole immagini.
Un siffatto, nutrito Corpus iconowaphicum pone un'ine­
vitabile serie di questioni interpretative, di cui tre fonda­
mentali. La prima concerne l 'autore o gli autori delle xi­
lografie, la seconda riguarda il rapporto testo-immagine,
la terza il loro significato e la ragione per la quale sono
state realizzate, problematica, quest'ultima, di cui abbia­
mo già discusso nel capitolo precedente.
La risposta alla prima ci viene fornita da dati e riscon­
tri storico-documentali obiettivi ed è così sintetizzabile:
INTRODUZIONE XCVII

gran parte delle incisioni furono create dallo stesso Bru­


no, alcune da altre mani. A riguardo il De triplici minimo224
contiene, nell'epistola dedicatoria del tipografo Ioannes
Wechelus, l'informazione capitale per la comprensione
dell'iconografia bruniana e della sua genesi artistica. Vi si
spiega infatti che fu lo stesso Nolano a realizzare le xilo­
grafie che ornano il testo. L'epistola dice precisamente:
" Opus aggressus, ut quam accuratissime absolveret, non
schemata solum ipse sua manu sculpsit, sed etiam opera­
rum se in eodem correctorem praebuit >>, ovvero: « Intra­
presa l'opera, per condurla a termine nel modo più ac­
curato, non solo incise di propria mano le figure, ma si
prestò anche a curarne personalmente la revisione >> . Si
noti che il verbo sculpere è specifico lemma tecnico, nelle
antiche stampe, per indicare il lavoro di chi incide con
bulino o sgorbia su metallo o legno, ossia riporta il dise­
gno sulla lastra.
Le xilografie del De triplici minimo sono dunque auto­
grafe di Bruno e costituiscono di conseguenza il termine
artistico di paragone per riconoscere, attraverso un ade­
guato confronto critico e stilistico, quali altre tavole pos­
sono attribuirsi alla sua mano, tra le numerose che com­
paiono nell'insieme dei suoi libri, e quali invece furono
eseguite da artisti diversi. Dal punto di vista stilistico non
possiamo che constatare, anche ad un primo sguardo, la
cattiva qualità di tali xilografie. Devo sottolineare a tale
proposito che, avendo personalmente esaminato con len­
ti e lampade speciali tutte le stampe originali del Corpus
iconographicum bruniano, queste del De triplici minimo (co­
me d'altra parte tutte quelle attribuibili al Nolano) ap­
paiono nell'esecuzione manuale e grafica assai imprecise
e approssimative. Infatti, sempre ad un'attenta osservazio­
ne lenticolare , si nota che il solco dell'intaglio dovuto alla
sgorbia, nelle 33 xilografie del De minimo, presenta conti­
nuamente numerosi graffi laterali, che fuoriescono dallo
stesso solco centrale, denunciando così come la mano di

224. l, 3, p. 123; nell'edizione originale c. a2v; si veda Spampa­


nato, op. cit., p. 66; Salvestrini, op. cit. , pp. 143-44.
XCVIII INTRODUZIONE

Bruno correva incerta sul legno che incideva, deviando


continuamente dal senso rettilineo del taglio. Inoltre
l'ampiezza dei solchi delle linee risulta disomogenea, a te­
stimoniare che la pressione della sgorbia che scavava il le­
gno era incostante. La maldesua imperizia del Nolano co­
me « artista >> risulta pertanto palese: egli non padroneg­
gia affatto l'arte incisoria, eppure sceglie di essere lui stes­
so l'artista che realizza le stampe che illustrano il De mini­
mo, come accade del resto anche per numerose immagini
di altri suoi volumi. En passant si può inoltre considerare
che il Nolano non era digiuno della prassi tipografico-edi­
toriale se a Ginevra, nel 1 578, alcuni esuli italiani gli ave­
vano trovato un lavoro in tipografia quale correttore di
bozze.225 Esperienza che, mi pare, avrebbe dovuto dargli
una qualche dimestichezza con il mestiere e suggerirgli,
per una migliore riuscita delle « sue >> illustrazioni, di
affidarne l'esecuzione ad un incisore vero e proprio. Ma
non fu così per la maggior parte del Corpus. La diversa
scelta di Bruno si configura dunque come deliberata, e ri­
flette quelle motivazioni magiche e operative della teoria
e della pratica filosofica bruniana sopra considerate, non­
ché la sua concezione di un'espressività estetica che poco
concede all'eleganza formale.226 Il pensiero del Nolano
sembra completamente assorto nelle sue ricerche << men­
tali >> e nella loro immediata, veemente227 rappresentazio­
ne, più che rivolto ad un' espressività ponderata: lo inte­
ressa soprattutto il fine, il pronto risultato della sua spe­
culazione, più che il mezzo con cui la racconta o descri­
ve. Lo strumento dunque, verbale o iconico che sia, non
necessita di belletti o di speciale eleganza per comunica­
re i rapidi processi del pensiero bruniano, bensì serve a

225. Cfr. Spampanato, op. cit. , p. 700 (Documenti vene ti, IX) .
226. Cfr. A. Mariani, La negazione bruniana dell 'estetica, in << Rina­
scimento •• , 23 ( 1 983 ) , pp. 303-2 7.
227. Acrotismus, l, l, p. 80: la Natura è un'arte vivente << utpote
non sicut statuarius externe, cum discursu, et instrumento
operatur, sed perinde ut Geometra, dum vehementer quodam
affectu figuras imaginatur, spiritum eius intimum imaginatio­
ne movet atque figurat >> .
INTRODUZIONE XCIX

testimoniarli, per cui può bastare anche una grafica pe­


regrina com' è appunto quella del filosofo di Nola.
Di tali limiti " artistici >> daremo specifica notizia in se­
guito, nel commento a ciascuna figura del De minimo, co­
me a quelle che illustrano le altre opere. Per adesso è ne­
cessario proseguire nell'analisi grafica delle xilografie, in
particolare delle singole lettere alfabetiche che Bruno uti­
lizza per cifrare le varie figure geometriche del De minimo.
Queste lettere invero ribadiscono per un verso e rivelano
per un altro due aspetti importanti del modo di incidere
bruniano . In primo luogo, basti osservare che le lettere
appaiono talvolta sì mal fatte da non risultare ben leggibi­
li. Di questa carenza dovette rendersi conto lo stesso Bru­
no (che, come sappiamo, curò " personalmente la revisio­
ne delle xilografie >> ) , 228 se le lettere della tavola XX
(Atrium Minervae; ma lo stesso accade nelle tavole VII,
VIII e XVIII) 229 sono ottenute con i caratteri tipografici
del testo e non intagliate con la sgorbia come solitamente
succede.230 Si tratta di evidenti sostituzioni di lettere incise
con quelle prodotte dai piombi tipografici, fatto che
emerge anche dalla collocazione di alcuni caratteri tipo­
grafici (L, T, I, H, N, M) . Tant'è che questi caratteri sono
posti su piccole abrasioni del legno (fenomeno inusuale
alla tecnica grafica di Bruno) , le quali, nella xilografia,
appaiono come una sorta di bianche aureole intorno a
ciascuno di tali caratteri. Tutto ciò lascia intendere che
qui la qualità formale delle lettere incise da Bruno fosse
risultata così scadente da rcnderle incomprensibili, per
cui non sarebbe rimasta altra possibilità che quella di so­
stituirle (perciò le piccole abrasioni che le hanno 'can­
cellate' ) , ponendo al loro posto le nitide lettere tipo-

228. Cfr. in fine al commento della tavola I dei Dialogi duo.


229. Cfr. la numerazione delle immagini riprodotte e ricostrui­
te nel commento al De minimo.
230. Si vedano, ad esempio, le lettere alfabetiche nelle altre, di­
verse figure del De minimo, oppure, caso emblematico, si noti
che nella tavola III ( Quadra Mordentii) , in alto, la lettera A ri­
sulta scolpita, mentre F e G sono tipografiche.
c INTRODUZIONE

grafiche, probabilmente per non perdere del tutto il le­


gno ormai compromesso. Le svariate mende e le loro
parziali correzioni che s'incontrano tra le lettere e i nu­
meri dei legni bruniani - come dimostrano in particolare
le due versioni della tavola I del Mordentius e la tavola VII
del De lampade combinatoria - documentano che Bruno
non faceva disegni preparatori delle sue stampe, ma inci­
deva direttamente sul legno la sua immagine mentale,
salvo poi rettificare certe pecche prodotte dalla sua im­
perizia.
In secondo luogo si nota che le lettere incise presenta­
no specifiche particolarità, per dir così, grafologiche: ad
esempio la forma delle lettere G e M. Nella prima il se­
gno della parte superiore è solitamente caratterizzato, ri­
spetto al corpo della lettera, da un tratto un po' agget­
tante, mentre la parte inferiore tende a chiudersi in se
stessa a mo' di chiocciola; nella seconda le due aste ester­
ne maggiori tendono a divaricarsi in modo esagerato.
Inoltre è tipico della mano di Bruno marcare le estremità
delle singole linee che compongono una lettera con una
maggiore pressione della sgorbia, la cui punta incavata
lascia così quelle piccole forme triangolari che concludo­
no, per esempio, le aste laterali delle lettere H o N, op­
pure le estremità della K, della T o della V, o di altre let­
tere ancora.
L'insieme di questi dati, meramente tecnico-grafici,
che si traggono dalle xilografie del De minimo, costituisco­
no, in effetti, la firma " artistica » del Nolano e, nel con­
tempo, assurgono a modello della sua techne. Grazie ad
essi mi è stato possibile - studiando e confrontando
graficamente e con gli strumenti appropriati, come detto
sopra, ogni singola incisione del Corpus iconographicum
bruniano - individuare, con notevole margine di certez­
za, quali xilografie si debbano alla mano del filosofo e
quali ad altra. Di ciò si darà ragione, di volta in volta, nel
commento iconografico a ciascuna di esse.
Infine, consideriamo la funzione delle xilografie bru­
niane nel rapporto testo-immagine. Innanzi tutto si deve
constatare che spesso il testo bruniano non spiega affat-
INTRODUZIONE CI

to, o lo fa in maniera oscura, il senso dell'immagine a cui


si riferisce, e quest'ultimo aiuta ben poco a comprendere
quello (basti ricordare le incisioni dei Triginta sigilli e le
loro spiegazioni, oppure quelle degli Articuli adversus
mathematicos e del De insomniis) . Una simile discrasia tra
testo e immagine, di cui si ignorano obbiettivamente le
ragioni, ci obbliga alla seguente riflessione : o in Bruno
tale carenza di rapporto è conseguente ad una cattiva ela­
borazione e composizione dell'opera in quanto tale (ipo­
tesi francamente poco credibile, considerando le notevo­
lissime capacità intellettuali e organizzative di Bruno,
nonché il fatto che seguiva personalmente la cura delle
proprie opere) , oppure tale carenza è calcolata in base al
fatto che sia il testo che le immagini sono indipendenti,
ovvero l'uno può assolvere la propria funzione didattica
a prescindere dall'altro. Il testo pertanto esplica concetti
e ragionamenti in maniera autosufficiente, così come fa
l'immagine. In questo caso (che ritengo più verosimile)
l'immagine assume, nel libro, uno statuto di messaggio e
di linguaggio autonomo. Ma come è possibile (e questa è
la domanda chiave) che da un'immagine, composta da
un semplice schema geometrico e da qualche lettera,
certamente di per sé assai poco comprensibile, possa ri­
sultare un chiaro messaggio o un insegnamento per chi
la osserva? La risposta mi pare sia proprio lo stesso Bruno
a darcela, quando nel De umbrism afferma che, nella sua

231 . Cfr. p. 1 1 7: « Tu prout tibi commodius videbitur, ordinabis


atque statues » ( « Tu ordinerai e collocherai le lettere [mnemo­
niche] come ti sembrerà più opportuno » ) ; p. 1 22: « Consulto
piane industriae tuae committere placuit inveniendas con­
gruentes actiones, et organa, sive insigna: sicut enim singulis
peculiares determinatorum hominum sunt magis notae et ce­
lebres effigies, ita etiam - cum trahat sua quemque voluptas
[cfr. Virgilio, Ecl., II, 65] habent singuli quibus operibus in­
-

strumentis et insigniis, sollicitentur magis, magisque in affectus


concitentur » ( « Dopo averci riflettuto ci è sembrato opportu­
no affidare interamente alla tua ingegnosità il compito di tro­
vare azioni convenienti e strumenti, ovvero insegne. Come in­
fatti a certuni sono più note e consuete le immagini di deter-
CII INTRODUZIONE

ars, la disposizione e l'invenzione delle immagini menta­


li, come la combinazione dei subiecta con gli adiecta, gode
di libertà applicativa, dipende cioè dal soggetto che pra­
tica questi tipi di esercizi interiori. In tal modo gli schemi
bruniani, rispettate le coordinate ordinatrici dettate dal­
l' ars, non vincolano oltre il processo creativo delle imma­
gini e non necessitano, dunque, di un testo che li palesi
apertamente. Ogni psicologia deve produrre i propri
« fantasmi ••, dal momento che la memoria è sensibile sol­
tanto a quegli oggetti che intimamente « commuovono >>
la nostra affettività. m Difatti ulteriori definizioni o regole
scritte finirebbero per limitare e imprigionare tale creati­
vità, impedendole di nutrirsi liberamente dell'esperienza
individuale, componente essenziale per l'apprendimen­
to di certe pratiche mnemonico-psicologiche e speculati­
ve. Semmai possiamo credere che le xilografie del Nola­
no costituiscano delle modalità esemplari, eccellenti: so­
no infatti il risultato dell'esperienza dello stesso Bruno,
che si stima sommo maestro nell'arte della creazione del­
le immagini, e che non a caso realizza di persona gran

minati uomini, così pure - poiché ognuno è attratto dal pro­


prio piacere - ciascuno di noi ha alcune azioni, strumenti e in­
segne da cui viene maggiormente stimolato e indotto a prova­
re degli affetti » ) ; p. 1 28: « Quam celebre si t hoc inventum me­
lius per usum et applicationem [ . . . ] poteris comprendere »
(« Quanto magnifica sia quest'invenzione [la mnemotecnica
bruniana] potrai comprenderlo attraverso l' esercizio e l' appli­
cazione » ) ; p. 1 7 4: « Quod si lubet adiecta ipsam in subiectorum
rationem et vicem convertere, quid est quod te possit impedi­
re? » ( « Se poi preferisci convertire gli adiecta alla stessa ragione
e impiego dei sostrati, cosa c'è che possa impedirtelo? » ) ; cfr.
ancora p. 1 28 ( « non modicam ti bi tribuo facultatem » ) , p. 175
(« de bes eligere species »; « hoc ipsum tibi poteris adcommoda­
re >> ) e p. 176 ( « tuo o amice studio poteris provide re ) ; ma an­
che pp. 1 30-3 1 (si veda la nota 1 32 del De umbris ) ; Sigillus, II, 2,
p. 1 93: « quot modis [ . . . ] novasque per teme t formandum et
concipiendum impressiones valeas >> ( « e in quanti modi [ . . . ]
tu possa essere capace da te stesso di formare e concepire nuo­
ve impressioni » ) .
232. Cfr. A d Herennium, III, 23, e , sopra, le note 40 sgg.
INTRODUZIONE CIII

parte delle sue illustrazioni. Sarà dunque la pratica di chi


le metterà di nuovo in atto a conferire il senso di quelle
mute figure. In altre parole, l'intelligenza delle immagini
bruniane non dipende dal loro rapporto con il testo che
le accompagna, ma dall'esperienza di chi le pratica.
Tutte queste peculiarità tecniche e concettuali, che so­
no alla base del processo compositivo delle xilografie
bruniane, le rendono inevitabilmente personalissimi
prodotti del genio nolano, e ne giustificano l'originalità
formale e iconografica che le caratterizza, spesso anche
quando sono delle rielaborazioni di temi geometrici o
cosmografici già noti. Infatti le incisioni con le caratteri­
stiche dei " sigilli '' o " diagrammi " che troviamo, per
esempio, nel De minimo, nel De immenso, negli Articuli ad­
versus mathematicos, nell' Explicatio triginta sigillorum, nella
Cena, non trovano riscontro iconografico nel panorama
dei libri illustrati del Cinquecento inerenti l'arte della
memoria, la filosofia, la cabbala, la criptografia, o temi
astronomici e cosmologici. Basti confrontare le edizioni
di Lullo o dijacobo Publicio, di Agrippa o di Tritemio, di
Delminio Camillo, di Romberch o di Cosma Rosselli e di
Giovanni di Sacrobosco, della Virga aurea, di Cusano o di
Charles de Bovelles, che citiamo nel corso di questo lavo­
ro, per rendersi conto della singolarità dell'invenzione
iconica di Bruno. Certo egli conosce queste opere e le il­
lustrazioni che le ornano, e sicuramente, come dimo­
strerà il commento alle immagini del Nolano, si ispira, ri­
prende, rielabora alcune di queste figure, ma sempre
con quella libertà creativa che vola a comporre gli straor­
dinari disegni eh' egli vuoi vedere nella sua ascesa cono­
scitiva. Sostenuto da una poderosa capacità immaginale,
il sophos di Nola produce così un Corpus iconographicum
unico nel suo genere, che, per le astrazioni formali che
sviluppa ed i significati gnoseologici e psicologici che as­
sume, non ha precedenti, né avrà epigoni nella storia
della grafica e dell'illustrazione europea.
CORPUS ICONOGRAPHICUM
DE UMBRIS IDEARUM
De umbris idearum . , Parisiis, apud Aegidium Gorbinum, 1582
. .

(Salvestrini, n. 32; Sturlese, n. 1 ) 1

l . Al piede del contro-occhiello si troveranno i dati biblio­


grafici di ogni opera: si rimanda, indicandone i relativi nume­
ri di catalogo, ai lavori di V. Salvestrini e R. Sturlese citati nella
Premessa. Il De umbris è composto da una prima parte, dove si
ragiona della mnemotecnica in generale, stabilendone i fon­
damenti teorici, e di una seconda parte, intitolata Ars memo­
riae, dove se ne affrontano gli aspetti pratici e le regole combi­
natorie.
Il De umbris è il primo libro di Bruno con xilografie:2
apparve nel 1 582 a Parigi, nell'anno in cui vennero stam­
pati anche il Cantus Circaeus, il Candelaio e il De compendio­
sa architectura et complemento artis Lullii. Si tratta del testo
fondamentale della mnemotecnica bruniana, composto
per il sovrano francese Enrico III, il quale - racconterà
Bruno - « mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se
la memoria che avevo e che professava, era naturale o
pur per arte magica; al quale diedi sodisfazione; e con
quello che li dissi e feci provare a lui medesimo, conobbe

2. La critica ha accertato, grazie ad esplicite ammissioni bru­


niane, che prima del De umbris sarebbero state stampate alme­
no altre tre opere: l'Arca di Noè ( tra il 1 568 e il 1 5 71 ) , un libret­
to intitolato De ' segni de' tempi, pubblicato a Venezia nel 1 577 o
15 78, e la Clavis magna, un trattato di mnemotecnica più volte
citato nel De umbris. Non sono noti esemplari di questi libri: la
Clavis magna avrebbe dovuto, quasi sicuramente, contenere il­
lustrazioni mnemoniche, così come accade nei consimili testi
del Nolano sull'arte della memoria. In merito, anche per la bi­
bliografia e le fonti, rinvio a Spampanato, op. cit. , pp. 1 5 1-57,
274, 306; Salvestrini, op. cit. , pp. 47-64, 1 75-77; Sturlese, in Bru­
no, De umbris idearum, cit., pp. IX-XI.
6 CORPUS ICONOGRAPHICUM

che non era per arte magica ma per scienzia. E doppo


questo feci stampar un libro de memoria, sotto titolo De
umbris idearum, il qual dedicai a Sua Maestà; e con questa
occasione mi fece lettor straordinario e provisionato ». �
La memoria di Bruno, che stupì il re di Francia, era
senz'altro portentosa e coniugava doti naturali ad una di­
sciplina appresa e praticata fin dalla giovane età. Bruno,
ancora « puer » , 4 cominciò a studiare il Phoenix, il trattato
sulla mnemotecnica di Pietro da Ravenna/ autore che in
seguito ricorderà, elogiandolo con ammirazione e come
costante punto di riferimento della sua arte. Sulle ecce­
zionali doti memorative del Nolano, unanimemente rico­
nosciute, 6 scrive Leonardo Olschki: « Sappiamo da testi­
monianze e asserzioni irrefutabili che il Bruno fu dotato
di una memoria prodigiosa. Egli rientra nella schiera dei
dotti e pensatori che, come Pietro Ravennate, Pico della
Mirandola e Tommaso Campanella, si distinsero nel Ri­
nascimento per questa caratteristica attitudine >> .7 Bruno,
come narra il suo discepolo Raphael Egly, aveva una
mente « rapidissima >>, che pensava e dettava nello stesso
momento: << Stans pede in uno, quantum calamo conse­
qui possis, simul et dictare et cogitare; tam rapido fuit in­
genio et tanta vi mentis! >> .8 Bruno è pienamente consa-

3. Spampanato, op. cit., p. 701 (Documenti veneti, IX) .


4. Cfr. Explicatio, II, 2, p. 1 30.
5. Cfr. più avanti il commento alle tavole VI, VII, VIII.
6. Si veda Spampanato, op. cit. , pp. 3 1 4 sgg., 701 ; Tocco, op. cit. ,
pp. 91 sgg.
7. L. Olschki, Giordano Bruno, Bari, 1 927, pp. 1 0 1 sgg.
8. Summa, l, 4, p. 5. Si legge in F. Fiorentino, Studi e ritratti della
Rinascenza, Bari, 1 9 1 1 , pp. 268-69: « Nell'Ars reminiscendi pub­
blicata a Napoli nel 1 602, il Porta [Giovan Battista della Porta]
racconta di aver conosciuto a Napoli un tale [che il Fiorentino
identifica in Giordano Bruno, il cui nome l 'autore ha « paura
di profferire ,, ] che recitava fino a mille versi, cominciando dal
primo, dall 'ultimo, dalla metà, dondeché si volesse, che aveva
fatto arrossire oratori e poeti, perché le orazioni e i carmi ap­
pena uditi, ei tosto recitava come composti da sé; che dettava
fino a dieci lettere ad un tempo in più lingue, e con tal velocità
DE UMBRIS IDEARUM 7

pevole del suo alto ingegno, tanto da considerarsi colui


che ha portato a perfezione l'arte della memoria, a dif­
ferenza - e ben oltre - di quanto avevano fatto tutti i
più celebrati, antichi maestri dell' ars.9 Significativo è il
suo autoinserimento tra i personaggi famosi dell'elenco
mnemonico inerente la tavola VIII del De umbris: 10 qui
<< Giordano '' , inventore della clavis magna e delle << om­
bre delle idee '' • si pone, tra gli altri, in compagnia di
Platone e Raimondo Lullo, di Pitagora, Alcmeone ed
Euclide.
Il De umb·ris costituisce la prima, basilare esposizione
della teoria e della pratica bruniana sull' ars memoriae, 1 1
che ora esamineremo in dettaglio attraverso lo studio

che gli scrivani appena potevano tenergli dietro [ . . . ] e questi


lo faceva in virtù dell'arte mnemonica >> . Il discorso allusivo di
Giovan Battista della Porta compare nella prefazione al lettore
del suo trattato sull'arte della memoria, sia nella versione lati­
na del 1 602 che in quella volgare (L 'arte di ricordare) , stampata
a Napoli nel 1 566 ( riedita nel l 583) . Nel Sigillus (Il, 2, pp. 1 84-
85) il Nolano rammenta con vivi particolari un episodio auto­
biografico risalente a quando era in fasce: ricordo che, se vero
e non inventato per finzione letteraria e autocelebrativa, ha
dell'incredibile.
9. Cfr. De umbris, pp. 1 1 2-14, 1 77-78 ( «Tertia pars III-VI '' e « De
duobus egregiis inventiis in hac arte, et encomium ipsius >> ) ; De
imaginum compositione, Il, 3, p. 1 1 4: « Mihi sic hanc artem prio­
ribus annis accedi t ad magis speciales differentias attrectare '' ·
l O. Si veda p. 1 38: « Iordanus in clavis et umbras '' ; cfr. Yates,
L'arte, cit., p. 204.
1 1 . Argomento su cui il Nolano dedicherà altri importanti
scritti, come quelli riguardanti l' ars lulliana (il De compendiosa
architectura, il De lampade combinatoria e il De progressu et lampade
venatoria, l' Artijicium perorandi e il De specierum scrutinium) , op­
pure opere specifiche quali il Cantus Circaeus, l'Explicatio trigin­
ta sigillorum, il Sigillus sigillorum e il De imaginum compositione;
cfr. Tocco, op. cit. , pp. 4-1 0 1 ; P. Rossi, Clavis universalis, Milano­
Napoli, 1960, pp. 1 09-34; C. Vasoli, Umanesimo e simbologia nei
primi scritti lulliani e mnemotecnici del Bruno, in Umanesimo e sim­
bolismo, Atti del IV convegno internazionale di studi umanistici,
Padova, 1958, pp. 25 1-304; Yates, L 'arte, cit., pp. 183-246.
8 CORPUS ICONOGRAPHICUM

delle illustrazioni che arricchiscono e accompagnano il te­


sto. Sono in tutto 32 xilografie di buona fattura, dove an­
che le lettere alfabetiche delle ruote risultano incise con
cura, così come pregevoli appaiono le figure dei segni zo­
diacali e astrologici: qualità che rinvia alla mano di un arti­
sta provetto e ne esclude, per quanto detto sopra nella No­
ta al Corpus iconographicum, la paternità dello stesso Bruno.
Il succedersi delle xilografie (eccetto la tavola l) segue
la suddivisione in due parti del testo, come viene dichia­
rato alla fine del Dialogus praelibatorius: « Trattiamo que­
st'arte secondo due forme e per due vie. La prima è più
alta e generale: serve a ordinare tutte le operazioni del­
l'animo, ma è anche il principio di molti metodi, attra­
verso i quali, come con diversi organi, si può sperimenta­
re e apprendere la memoria artificiale. Essa consiste in
primo luogo nelle trenta intenzioni delle ombre [tav. II] ,
in secondo luogo nei trenta concetti delle idee [tav. III] ,
in terzo luogo nelle innumerevoli combinazioni tra in­
tenzioni e concetti, che si possono ottenere corrispon­
dendo diligentemente le lettere della prima ruota con le
lettere della seconda. L'altra [tavv. IV, V, VI, ecc.] che se­
gue è più con tratta ( est contractior) 12 e serve a procurare,
attraverso l'arte, un genere sicuro di memoria >> .U
Le prime due ruote (tavv. II e III) , dalle quali nasce poi
una terza, che però non viene raffigurata nel testo, 1 4 costi-

1 2. Sul significato psicologico del termine « contrazione » m


Bruno si veda l 'Introduzione.
13. Si vedano le pp. 23-24: « Artem istam sub duplici forma
tractamus, aque via: quarum altera est altior et generalis tum
ad omnes animi operationes ordinandas, tum etiam est caput
multarum methodorum, quibus tamquam diversis organis ar­
tificiosa potest pertentari et inveniri memoria. Et consistit ipsa
primo in triginta intentionibus umbrarum. Secundo in triginta
conceptibus idearum. Tertio in pluribus complexionibus, quae
fieri possunt ex intentionibus et conceptionibus per industrio­
sam adaptationem elementorum primae rotae ad elementa se­
cundae. Altera quae sequitur, est contractior ad certum memo­
riae per artificium comparandae genus » .
1 4 . De umbris, p. 63.
DE UMBRIS IDEARUM 9

tuiscono dunque gli strumenti per l' ars memoriae generale,


mentre le successive illustrazioni (tavv. IV, V, VI, ecc.) ri­
guardano la pratica mnemonica e le sue specifiche appli­
cazioni.15
A questo punto, per meglio procedere nella compren­
sione dell' ars bruniana, sia nelle sue valenze tradizionali
che in quelle originali e innovative, si rende necessaria
una breve disamina dei princìpi canonici dell' arte della
memoria ed un confronto con quelli elaborati dal Nola­
no. La mnemotecnica, nel mondo classico come nelle
età successive, serve ad addestrare la facoltà naturale del­
la memoria, cosicché il retore, il filosofo, il politico, in­
somma, chi deve tenere un lungo ed articolato discorso,
un'esposizione ricca e complessa di pensieri, sia in grado
di padroneggiare l 'argomento ricordandolo puntual­
mente ed esponendolo in maniera chiara, efficace e logi­
ca. Mfinché ciò accada è necessario memorizzare i dati
secondo un criterio ordinato e prestabilito, tale che per­
metta di riportarli alla memoria facilmente e prontamen­
te quando occorra. Come scrive Cicerone: « coloro che
vogliono esercitare la memoria, devono stabilire dei luo­
ghi immaginari, raffigurarsi mentalmente le immagini
delle cose da ricordare e collocarle in questi luoghi, in
modo tale che l'ordine dei luoghi conservi l'ordine delle
cose, e le immagini delle cose denotino le cose stesse: i
luoghi fanno così le veci delle tavolette di cera, e le im­
magini delle lettere che vi scriviamo sopra » . 16 La me m o-

1 5 . Loc. cit.: « Iam applicationem, et intentionis universalis con­


tractionem, ad artem memoriae aggrediamur >> . Sulle rotae alfa­
betiche bruniane si veda il commento alle tavole V-VIII.
1 6 . De or., Il, 86, 354. La spiegazione è ribadita nell'Ad Heren­
nium, III, 1 7: « Come coloro che conoscono la scrittura posso­
no leggere ciò che viene dettato e leggere quanto scrivono,
ugualmente coloro che conoscono l' arte della memoria posso­
no collocare nei luoghi ( in locis) quello che odono, e da questi
recitarlo a memoria (ex his memoriter pronuntiare) . Perché i luo­
ghi sono del tutto simili a una tavoletta di cera o alla carta, le
immagini alle lettere, la disposizione e la collocazione ( disposi­
tio et conlocatio) delle immagini alla scrittura, e l'esposizione
10 CORPUS ICONOGRAPHICUM

ria artificiale si fonda dunque, come sancisce la trattati­


stica classica e medioevale, 17 su << luoghi >> ( locz) e '' imma­
gini >> ( imagines) : 18 quelli sono un'ordinata distribuzione
di posti agevolmente memorizzabili (ad esempio una se­
rie di spazi o di membri architettonici, quali le stanze di
un edificio, le colonne di un colonnato, ecc. ) , queste so­
no i simboli, le forme o rappresentazioni di ciò che si
vuole rammentare (ad esempio: per memorizzare un di­
scorso su una battaglia navale e il conseguente esito mili­
tare, basta fissare nella memoria le figure di un'àncora e
di una spada, 19 collocando la prima nel vestibolo di una
casa e la seconda nella stanza successiva; sarà sufficiente
ricordare i due simboli e la loro distribuzione spaziale,
per farsi tornare a mente il tema del discorso sullo scon­
tro navale e la sua progressione espositiva) . Naturalmen­
te questo esempio, elementare nel suo binomio mnemo­
nico, può trasformarsi in un articolato e più ampio siste­
ma di luoghi e di immagini, tale da permettere, all'occa­
sione, il pronto e chiaro ricordo di ragionamenti assai
più complessi, anche di natura filosofica e scientifica.
Inoltre nell'Ad Herennium20 si precisa che, una volta fissa­
ta l'ordinata disposizione dei luoghi necessaria a richia­
mare la successione logica dei concetti, si possono utiliz-

(pronuntiatio) alla lettura » . Questo paragone tra ars e scrittura


verrà puntualmente ripreso e ampliato da Bruno, cfr. la nota
14 dell'Introduzione.
1 7. Oltre al De oratore (Il, 86-88, 350-60) ciceroniano, i testi lati­
ni fondamentali sull 'arte della memoria, celebrati come mo­
delli anche nel Medioevo, furono l 'anonimo Ad Herennium
(III, 1 6-24) , l' Institutio oratoria (Xl, 2, 17-22) di Quintiliano e
Marziano Capella, V, 538-39; cfr. Tocco, op. cit., pp. 21-43; P.
Rossi, op. cit. , pp. 7 sgg.; Yates, L'arte, cit., pp. 3 sgg., 47 sgg., 76
sgg.; ma si veda anche De umbris, pp. 70-7 1 , 75-76.
18. Queste devono essere di particolare efficacia (imag;ines agen­
tes) sì da rimanere meglio impresse nella memoria, come figure
insolite e straordinarie, personaggi di eccezionale bellezza o
bruttezza. Lo stesso in Bruno, cfr. Cantus, II, l, pp. 328-29.
19. Cfr. il citato Quintiliano, Xl, 2, 1 9-20.
20. III, 20-2 1 ; cfr. Cicerone, De or., Il, 87-88, 358-60.
DE UMBRIS IDEARUM 11

zare due tipi di immagini, uno per ricordare le « cose »


( memoria rerum) ed un altro per le « parole >> ( memoria ver­
borum) .21 Nel primo caso le immagini o simboli inventati
devono ricordare i concetti, le « cose >> del discorso, nel
secondo le singole << parole >> che lo compongono. Su
quest'ultimo, di più difficile applicazione in quanto pre­
vede un'immagine-simbolo per ogni parola, il giudizio
dell'anonimo compilatore dell'Ad Herennium è critico,
proprio perché, considerando l'innumerevole quantità
delle parole possibili, trova << ridicolo >> dover accordare e
mettere insieme tante immagini quante ne richiede un
migliaio di parole.22 Diversamente Bruno nel De umbris,
come stiamo per vedere, elabora un innovativo sistema di
ruote mnemoniche, che consente di memorizzare centi­
naia di immagini utili alla memoria verborum.
Secondo il Nolano l' ars memoriae si fonda, rispetto ai
dettami della precedente, su tre componenti: subiectum,
adiectum e organum.2� Il subiectum corrisponde al locus del­
la memoria artificiale classica, mentre l' adiectum o subiec­
tum proximum all' imago. Si legge nel De umbris:24 << La pittu-

2 1 . Cfr. Cantus, Il, l, pp. 182, 241-52; De imaginum compositione,


II, 3, pp. 105-1 06, 1 1 3-15.
22. III, 23; non molto diversamente la pensano Cicerone (De
or:, II, 88, 359) e Quintiliano (lnst. or:, XI, 2, 26) .

23. Cfr. l 'intera « Secunda pars » del De umlnis, pp. 77- 1 1 0 e


sgg.; Tocco, op. cit. , pp. 50-53; Vasoli, op. cit. , pp. 266 sgg.; Nofe­
ri, op. cit., pp. 368 sgg.; P. Rossi, op. cit., pp. 1 1 4-I8; De Bernart,
op. cit., pp. 83 sgg.
24. Alle pp. 75-76: « Habe t pictura - ut decenti bus utar hac
arte terminis - subiectum primum in quo, parietem, lapi­
dem, et similia. Habet subiectum proximus ex quo, ipsum
colorem, et habet pro forma ipsos colorum tractus. Scriptura
etiam habet subiectum primum chartam tanquam locum;
habet subiectum proximum minimum, et habet forma ipsos
characterum tractus. Ita et haec ars obiec tive admittit subiec­
tum: primum videlicet quod est locus, et proximus quod est
appositum, sive adiectum •• ; cfr. anche pp. 70-7 1 , 77, 1 1 1-12.
Cfr. Cantus, Il, l , pp. 220-33, e infra il commento alla tavola
Il del medesimo .
12 CORPUS I C ONOGRAPHICUM

ra ha un sostrato25 primario nel quale si attua, ossia la pa­


rete, la pietra e simili, ne ha poi uno prossimo, per mez­
zo del quale si compie, ovvero il colore stesso, ed ha per
forma gli stessi tratti dei colori. Ugualmente la scrittura
ha come sostrato primo la carta in quanto luogo, e come
sostrato prossimo il minio, ed ha per forma i tratti stessi
dei caratteri. Così questa arte obbiettivamente ammette
due sostrati: il primo è il luogo, mentre il sostrato prossi­
mo è l' adiectum •• . La correlazione tra subiectum e adiectum
bruniani va tuttavia oltre la tradizionale, semplice mecca­
nica memorativa tra « luogo •• e « immagine •• . Per Bruno
l' ars è simile alla natura:26 come questa agisce all'interno
di una materia prima informe, ancora tutta in potenza,
da modellare e plasmare nelle molteplici varietà di spe­
cie, così quella agisce, attraverso l'opportuno uso delle
facoltà interiori, come la fantastica e la cogitativa, nella
selva di dati recepiti continuamente dal mondo sensibi­
le.27 Il subiectum non va pertanto inteso come una generi­
ca, in figurata « materia prima •• , 28 una sorta di quid indivi­
so e caotico di tutte le apparenze sensibili, bensì come un
« grembo •• , un « ricettacolo » che sì, accoglie queste appa­
renze, ma che, grazie alla costante opera immaginativa
sulle stesse, viene intrinsecamente plasmato, diviene un

25. Il lemma subiectum può tradursi anche con « soggetto » , se


lo intendiamo come una sorta di materia o sostanza che viene
plasmata dal lavoro dell' ars.
26. Con specifico riferimento all' ars memoriae si veda soprattut­
to Cantus, II, l , pp. 21 8-19; De umbris, pp. 74-76; Sigillus, Il, 2,
pp. 1 95-96; più in generale il Dialogo terzo della Causa, pp.
233-37; si veda p. 235: « Tutte queste arti in una propria mate­
ria fanno diversi ritratti, ordini e figure, de le quali nessuna è
propria e naturale a quella. Cossì la natura, a cui è simile l'arte,
bisogna che de le sue operazioni abbia una materia; per che
non è possibile che sia agente alcuno, che se vuoi fare qualche
cosa, non abia di che farla; o se vuoi oprare, non abbia che
oprare . E dunque una specie di soggetto, del qual, col qual e
nel qual la natura effettua la sua operazione, il suo lavoro » .
27. Cfr. De imaginum compositione, II, 3 , pp. 1 1 8-20, 1 25-26.
28. Cantus, II, l , pp. 221-22.
DE UMBRIS IDEARUM 13

phantasticum chaos,29 che attende soltanto di essere « atti­


vato >> in forme colorate30 o immagini mentali, ossia di tra­
sformarsi da subiectum in subiectum proximum, insomma di
estrinsecarsi in vivide immagini o adiaecta. Il passaggio da
tale << informità fantastica >> alla << forma » è una meta­
morfosi in cui i dati, le immagini implicite in quella, di­
vengono esplicite in questa: le << pitture » o le << scritture >>
che giacciono come materia amorfa nel subiectum diven­
gono attive, visibili nelle imagines che emergono chiare
dallo stesso scuro subiectum grazie ali' opera dell' imagina­
tio.31 La facoltà mentale che aiuta sia la memoria che l'im-

29. De umbris, pp. 77-78 (cfr. pp. 89-90) : << Primum autem subiec­
tum [ . . ] est phantasticum chaos ita tractabile, ut cogitativa po­
.

tentia ad trutinam redigente visa, atque audita in talem prodire


possit ordinem, et effigiem ». Si veda De compendiosa, II, 2, pp.
47-48: << Tale est apud Lullium, qui ipsum Chaos, cuius composi­
tio est ex prima materia eidemque proxima forma »; cfr. Explica­
tio, II, 2, p. 82. Il caos, similmente inteso quale prima materia o
sylva maxima, dove giacciono accumulati i dati sensoriali da ela­
borare mentalmente con la mnemotecnica, ricorre già in Do­
menico de Carpanis, De nutrienda memoria, Napoli, 1 476, c. l v.
(cfr. P. Rossi, op. cit., pp. 32-33) . In altre parole, si può dare « for­
ma » e « ordine » ad una materia che è sì « pienamente informe
da potere essere formabile in qualunque sua parte >> (De umbris,
p. 90: « prorsus informe ut undecunque formabile esse possit » ) :
essa appare come una sorta di nube che, sospinta dai venti
esterni, può prendere e cambiare tutte le infinite forme possi­
bili ( ibid. , p. 78: << Haud enim secus tale chaos se habere videtur
quam nubes ab externis impulsa ventis, quae pro impulsuum
differentiis atque rationibus, infinitas omnesque subire valet
specie rum figuras » ) . Sul motivo della silva rerum ac sententia­
rum, di formulazione retorica, cfr. Cicerone, De or., III, 26, 1 03 .
30. De imag;inum compositione, Il, 3, p . 1 25: « quasi a centro ma­
teriae figuras explicans, tum quasi in superficie illius figurata
colorans » (« quasi dispiegando con ordine le figure tratte dal
centro della materia, poi quasi colorandole sulla sua super­
ficie » ) .
3 1 . Sulla funzione dell'immaginazione si veda l'Introduzione.
Cfr. gli specifici capitoli sui subiecta e sugli adiecta sia nel Cantus
(Il, l, pp. 221 sgg.; p. 222: « Sed est subiectum formarum phan-
14 CORPUS ICONOGRAPHICUM

maginazione a compiere questa trasformazione è lo scru­


tinium, elemento nuovo rispetto all' ars tradizionale e in­
trodotto dal Nolano.
L' organum o scrutinium costituisce infatti lo << strumen­
to » o '' organo >> con il quale la memoria ricorda facil­
mente e l'immaginazione'2 sa discernere, frugare, investi­
gare nella massa, nel cumulo dei dati sensoriali recepiti.
Si tratta della capacità che si trova al confine tra la me­
moria e l'immaginazione," pertanto risulta da esse distin­
ta, e può conservare, connettere e coniugare i dati fra lo­
ro. Lo scrutinium pone pertanto ordine tra le '' unità >> del­
la « moltitudine >> ,'4 scrive Bruno: << Lo scrutinio è dunque
una sorta di numero, grazie al quale il pensiero tocca a
suo modo le specie [immagini] conservate, distinguen-

tasiabilium apponibilium, et remobilium, vagantium, discur­


rentium ad libitum operantis phantasiae, et cogitativae >> ; pp.
234 sgg., p. 235: « est igitur forma in proposito aliquod cogita­
tum vel cogitabile opere phantasiare cogitativae, adiectum lo­
cis seu subiectis » ) sia nel De umbris, pp. 88-95, p. 88: '' Adiectum
vero seu forma in genere isto definitur subiecto sive physico, si­
ve technico, sive phantastico appositum, ad aliquid per soler­
tem cogitationis apparatum, presentando, effigiendo, notan­
do, vel indicando ad picturae scripturaeque similitudinem, ex­
primendum vel significandum » .
32. lbid., p . 96: « Scrutinium quo intendens imaginatio investi­
gat »; p. 98: « Et sicut imaginativa comprehendere dicitur quid
eius quod a pietore est in pariete descriptum, rememorativa­
que illius picturae retinet inventionem, ita organum istud ha­
bet vicem deferentis et applicantis [ . . ] istius ad illud » ( •• E co­
.

me si dice che la facoltà immaginativa comprende qualcosa di


quello che è stato rappresentato da un pittore su una parete, e
che la memorativa conservi il proposito di quel dipinto, così ta­
le organo ha il compito di trasferire e di congiungere [ . . . ] una
cosa ad un'altra » ) . Cfr. pp. 96-1 1 0 .
3 3 . lbid., p . 97: «virtus enim conservationis est i n confinio virtu­
tis memorativae et imaginariae, et quasi conterminat eas »; è la
fisiologia di Aristotele (De mem. , 450a) a stabilire che la memoria
e l'immaginazione si trovano nella stessa parte dell'anima.
34. De umbris, pp. 96 sgg.; cfr. Tocco, op. cit., pp. 53-54; De Ber­
nart, op. cit., pp. 78 sgg.
DE UMBRIS IDEARUM 15

dole secondo la propria capacità, suddividendole, riu­


nendole, congiungendole, cambiandole, organizzando­
le, ordinandole, e riferendole ad un'unità da sceglie­
re >> .35 Certe qualità dello scrutinium già compaiono attri­
buite da Avicenna alla vis imaginativa: questa, nella con­
cezione psicologica nel De anima,'6 è una potenza atùva
che suddivide e distingue le impressioni sensibili conser­
vate nell'immaginazione . Lo scrutinio opera attraverso
l'applicazione, la formazione, la mutazione, la riunione e
l'ordinamento:" sono conoscenze e capacità - precisa
Bruno - note soltanto a pochi. La riunione e la mutazio­
ne consistono, sempre allo scopo di un più facile appren­
dimento mnemonico, nella capacità dell'immaginazione
di riunire molteplici cose attraverso un solo, comune
principio memorabile che, relazionandole tutte a sé, è in
grado di « mutarle » , << trasformarle >> pur salvaguardando
e mantenendo nel contempo le singolari specificità di
ciascuna cosa. Nelle forti valenze e funzioni psicologiche
dello scrutinium, come nel suo speciale rapporto con il
subiectum (il luogo) e l' adiectum (l'immagine) , di cui si è

35. De umbris, p . 99: « Est igitur scrutinium numerus quidam,


quo cogitatio tangit modo suo species conservatas, eas pro sua
facultate disterminando, disgregando, colligendo, applicando,
immutando, formando, ordinando, inque seligandam unita­
tem referendo >> .
36. « Post han c est vis que vocatur imaginativa comparatione
animae vitalis et cogitativa comparatione anime humane, que
est vis ordinata in media concavitate cerebri [si noti che come
nella fisiologia bruniana lo << scnttinio >> è collocato nel mezzo
tra la memoria e l 'immaginazione, anche qui la vis è posta nel­
la concavità mediana del cervello] ubi est nervus et solet com­
ponere aliquid de eo quod est in imaginatione com alio, et di­
videre aliud ab alio secundum quod vult >> (Liber de anima seu
sextus de naturalibus, a cura di S. Van Riet, Introduzione di G.
Verbeke, voli. I-11, Louvain-Leiden, 1 968-1 972, vol. I, p. 89 [I, 5 ,
f. 5rb] ; cfr. pp. 99 [I, 5, f. 6ra] . 270-71 [III, 8 , f. 23va 9] ; cfr. Fe­
derici Vescovini, op. cit., pp. 83-84.
37. De umbris, p . 1 0 1 : « Genus actuum scrutinio prosequutorum
in quinque distribuitur species: applicationem, fonnationem,
immutationem, adunationem, et ordinationem >> .
16 CORPUS ICONOGRAPHICUM

appena detto, va colta la differenza tra la mnemotecnica


bruniana e quella classica: quest'ultima procede, come
sappiamo, per accostamenti tra « luoghi >> e « immagini >>,
in quanto vincolata e finalizzata ad una funzionalità reto­
rica, ed è un meccanismo rivolto ad una comunicazione,
ad un' espressività esterna all'uomo; diversamente l' ars
bruniana si rivolge con grande intensità all'uomo inte­
riore, per cui l' ars si propone come un artificio che ri­
guarda soprattutto le potenze dell'anima e la visione
mentale. Da ciò la necessità - nell'ottica antropologica e
gnoseologica di Bruno - di un nuovo strumento mnemo­
nico, come lo scrutinium, che soddisfa esigenze pneuma­
tologiche e immaginali che vanno al di là di quelle reto­
riche o letterarie. Si ricordi quanto sta scritto proprio sul
citato frontespizio del De umbris: « Le ombre delle idee,
che contengono l'arte di cercare, trovare, giudicare, or­
dinare e applicare: esposte per una scrittura interiore ( ad
internam scripturam) e per non comuni operazioni mne­
moniche >> . Il Nolano36 rivendica con orgoglio l'invenzio­
ne del suo scrutinium, strumento fino ad allora ignorato.
Tuttavia il filosofo, in questo caso, esagera un po' , dal
momento che i pregi del suo scrutinium sembrano in vero
la riproposizione, mutatis mutandis, di quelli propri della
facoltà cogitativa, di cui si è già detto nell'Introduzione:
anch'essa nel cervello è posizionata non a caso tra l'im­
maginazione e la memoria, e viene qualificata da sicure
virtù razionali e capacità di giudizio.
Adesso, benevolo lettore (come si scriveva una volta) ,
dopo avere discusso, spero a sufficienza, delle regole
mnemoniche antiche e bruniane, proviamo ad indagare i
significati delle machinae memorative che illustrano il De
umbris, armati, è proprio il caso di dirlo, di subiecta, adiecta
e scrutinium, ossia di « luoghi >> , « immagini >> e « strumen­
to » e, non secondariamente, di pazienza e attenzione.

38. Si veda in particolare il terzo paragrafo del capitolo « De or­


gano » nel De umbris, pp. 96-97.
Tavola 1: c. i7r; p. 4439

Tavola I

39. Nelle opere latine, i titoletti riguardanti la successione


delle tavole nei singoli testi indicano, oltre al numero roma­
no della tavola commentata (secondo una numerazione pro­
gressiva che rispetta la sequenza con cui le illustrazioni com­
paiono nell'opera presa in esame ) , quello della pagina o car­
ta con l' incisione (in questo caso si cita la serie letterale del­
la fascicolazione) come compare nell'edizione originale; se­
gue il numero della pagina dell 'edizione moderna di riferi­
mento come dalla tavola delle Abbreviazioni. Per il De umbris
si rinvia all'edizione Sturlese. Segue la riproduzione della xi­
lografia o figura originale accompagnata (dove si richiede
per una migliore comprensione geometrica della stessa) da
una sua ricostruzione dovuta al curatore. Cfr. la nota l del
commento alla Cena. Il catalogo prevede soltanto l' elenco
commentato delle xilografie e di alcune figure non xilo­
grafiche di particolare importanza iconologica, delle quali si
dà specifica notizia di volta in volta. Per l'intelligenza del
Corpus nel suo insieme, si introducono alcune opere, come
nel caso del De umbris o del De compendiosa, dell'Explicatio o
degli Articuli, con un breve discorso di carattere più genera­
le, teso a delucidare tematiche e concetti che tramano, in
parte o per intero, l' opera bruniana e non solo il singolo te­
sto preso in esame. Si noti bene che la numerazione romana
delle tavole è riferita sempre e soltanto alle illustrazioni ori­
ginali e ne costituisce la catalogazione, mentre la numera­
zione araba rinvia alle ricostruzioni e all' apparato critico­
figurativo del commento.
18 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L'inclinarsi del segmento CD (perpendicolare alla li­


nea AB ) verso il punto B (moto scandito dalla successio­
ne nei punti E, F, G, ecc.) genera, per evidente ragione
geometrica, infinite differenze d' angoli supplementari
ottusi e acuti:40 analoga è l'unità delle infinite differenze
delle cose.41 Similmente Bruno si esprime nella tavola II
della Causa e nella tavola I del De minimo.42 La fonte con­
cettuale e l' exemplum geometrico vanno ricerçati nel De
beryllo43 di Nicolò Cusano, il quale coniuga un dato gem­
mologico (la concavità e convessità del berillo: la tradi­
zione medioevale in merito si basa sull'accostamento tra
berillo e smeraldo data da Plinio44) con la speculazione
dello pseudo-Dionigi Areopagita45 sul rapporto tra Dio, la
causa universale, e la molteplicità dei singoli esseri. Bru­
no nutre una grande stima per le elaborazioni geometri­
co-simboliche del Cusano/6 e attribuisce loro una grande
utilità propedeutica e gnoseologica alla comprensione

40. De umbris, p. 45: « ldeoque in ipso D infinitae simul, et u­


num sunt angulorum differentiae » .
4 1 . /bid., p. 44: « Adest paradigma unius ideae actu infinitas re­
rum differentias habentis, et unius umbrae in facultate infini­
tarum differentiarum » .
42. S i vedano infra i commenti a riguardo; cfr. i l De minimo e la
Summa, rispettivamente in l, 3, pp. 1 47-48 e I, 4, p. 1 1 7.
43. 9-10, 19.
44. Nat. hist., XXXVII, 64 e 76 sgg.; cfr. Marbodo, Lap., VII,
1 45; Albertus Magnus, Book of minerals, trad. di D. Wyckoff,
Oxford, 1967, pp. 1 1 8-19.
45. DN, V, 7 sgg.; cfr. Alberto Magno, Super Dyonisium De divinis
nominibus, XIII, 1 1 -12 (P. Simon ) .
46. Causa, p. 289: « come divinamente notò il Cusano, inven­
tor di più bei secreti di geometria »; delle dipendenze bru­
niane a riguardo si discute, di volta in volta, negli specifici
luoghi del commento. Cfr. H. Védrine, L 'influence de Nicolas
de Cues sur Giordano Bruno, in Nicolò Cusano agli inizi del mon­
do moderno, Atti del Congresso internazionale in occasione
del V centenario della morte di Nicolò Cusano, Firenze,
1 970, pp. 2 1 1-23.
DE UMBRIS IDEARUM 19

del mondo intelligibile e metafisica, con cui però non


vanno identificate, costituendone solo l' aspetto « signi­
ficante '' e non il « significato " · Si legge nella Causa: « cer­
te geometriche nominazioni come di punto e uno, son
prese per promovere alla contemplazione de lo ente e
uno, e non sono da per sé sufficienti a significar quel­
lo " . 47

47. Alla p. 1 73.


Tavola Il: c. i8r; p. 46

Tavola II

Con queste tre illustrazioni (tavv. II, III e IV) Bruno


vuole iniziare il neofita della sua ars ai primi rudimenti
psicologici, grazie ai quali è possibile prendere confiden­
za con la creazione delle immagini mentali, di cui si è
parlato più in generale nell'Introduzione. Le lettere alfa­
betiche distribuite sulle ruote vanno intese come exempla
propedeutici all 'esercizio memorativo: esse indicano ge­
nericamente l'oggetto da memorizzare ed i suoi significa­
ti, 48 e possono considerarsi sia subiecta che adiecta. La loro
successione circolare corrisponde psicologicamente ad
altrettanti modi di intendere le ombre ( triginta intentiones
umbrarum) , di cui si discute nella prima parte del tratta-

48. Causa, p. 63.


DE UMBRIS IDEARUM 21

to:49 da ciO l' immagine simbolica del cono d' ombra al


centro della fi gura, il quale indica, con il suo vertice pun­
tato verso la corona delle lettere, quasi fosse una lancetta
d' orologio in movimento,50 le diverse intentiones. Il cono
d' ombra causato dalla massa terrestre si deve, formal­
mente e concettualmente, alla luce del Sole posto al cen­
tro della seguente tavola III, secondo una scansione di­
dattico-astronomica che accomuna e ritma le due imma­
gini come se fossero sovrapposte. Difatti, dal punto di vi­
sta dell'arte della memoria, le tavole II e III, inerenti ri­
spettivamente le « intenzioni '' e i « concetti '' delle idee,
vanno lette unitariamente.5 1 La doppia iconografia così
intesa risulta del tutto consueta a quella astronomica di
un 'eclisse, come veniva raffigurata nei secoli XVI e XVIJ.52
Ma che cosa sono le intentiones per Bruno?
L' ars bruniana è rivolta, come più volte detto,5� ad

49. Ibid., pp. 25-45.


50. Una simile iconografia compare nelle numerose xilografie
delle ruote (con al centro il Sole che addita i luoghi del gioco)
nel Triompho di Fortuna di Sigismondo Fanti (Venegia, 1 527) .
5 1 . Causa, p. 47: « Iam ad triginta idearum conceptus primo
simpliciter, secundo cum intentionibus umbrarum complexe
concipiendis concequenter progrediamur " ( « Andando avanti
passiamo ora ai trenta concetti delle idee, che prima si devono
concepire in modo semplice, poi in connessione con le inten­
zioni delle ombre " ) .
52. Basti confrontare gli exempla emblematici in Henkel e
Schone, op. cit. , coli. 22, 31, 35; ma anche le incisioni che, nel
capitolo sulle eclissi del Sole e della Luna, ornano le diverse
edizioni cinquecentesche della Sphaera di Giovanni Sacrobo­
sco, opera di cui Bruno aveva approfondita conoscenza e sulla
quale tenne lezioni in diverse occasioni (cfr. C. Carella, Le lezio­
ni sulla " Sphaera " e il primo soggiorno a �nezia, in Giordano Bru­
no. Gli anni napoletani e la "peregrinatio " europea, a cura di E. Ca­
none, Cassino, 1992, pp. 79-82 ) .
53. Cfr. l'Introduzione; De umbris, p. 3 1 : •• per intrinseca opera­
tio » , p. 1 1 3: « in trinseca lectio >> ; cfr. Oratio val., I, l , p. 12. Para­
digmatici sia lo stesso frontespizio dell'opera: De umbris idearum
[ . . ] Ad internam scipturam, et non vulgares per memoriam operatio-
.
22 CORPUS ICONO GRAPHICUM

un'esperienza psicologica, e la pratica dell' ars memoriae si


svolge attraverso un'industriosa, ingegnosa organizzazio­
ne del pensiero. Si tratta della « scrittura interiore ••: l'ar­
te è radicata nell' essenza stessa di tutta l'anima, e grazie
ad essa siamo " regolati ed rivolti ad intendere, a ragiona­
re, a ricordare, ad immaginare, a desiderare, ed anche a
sentire come vogliamo •• .54 In questo contesto il termine
intentio esprime l'avvio del processo conoscitivo dell'ani­
ma. L' << intenzione •• , come la ragione, opera attraverso
l'esperienza delle << ombre •• :55 è un atto cognitivo precon­
cettuale verso l 'immagine dell'oggetto che si vuole cono­
scere,S6 cioè, in definitiva, verso le << ombre delle idee '' · In
generale, per essere in grado di ricordare - secondo il
Nolano - è prima di tutto necessaria l'azione dell' inten­
dere ( intentio) , con cui un senso esterno o interno diven­
gono in atto, si manifestano, proprio grazie all'incontro
con lo stimolo sensibile inviato dall'oggetto,57 dalle cose.
L'intenzione così concorre ad una preliminare formazio­
ne e selezione delle immagini da memorizzare.58 Con

nes explicatis (<< Le ombre delle idee [ . . . ] esposte per scrivere in­
teriormente e per non comuni operazioni mnemoniche >> ) , sia
l' incipit (p. 88) del capitolo << De adiectis >> .
54. De umbris, pp. 65-66: << sed [ . . . ] ipsam animae totius inco­
lens [ars] essentiam [ . . . ] Porro per ipsam [artem] regulamur
et dirigimur ad intelligendum, discurrendum, memorandum,
phantasiandum, appetendum, et quandoque ut volumus sen­
tiendum >> .
55. Ibid., p. 44: « In intentione, et ratione per umbrae mo­
dum » .
56. Summa, l , 4, pp. 49-50: << Rursum intentio sumitur pro actu,
quo intendens intendit in rem intentam sive in aliud, sicut vi­
sio significat actum videntis in rem visam •• ; p. 1 1 3 : « Intentio
quippe est actus potentiae cognoscitivae vel appetitivae versus
obiectum •• ; cfr. De monade, l, 2 , p. 430.
57. De umbris, p. 96.
58. Sul concetto medioevale e rinascimentale di intentio quale
processo psicologico-conoscitivo e sulle analogie con quello
bruniano (che comunque rimane originale per le pregnanti
DE UMBRIS IDEARUM 23

questa tavola II si vuole pertanto invitare il seguace o al­


lievo dell' ars bruniana a prender confidenza col mettere
in atto la propria intenzione verso le 30 lettere, ossia con
l'alfabeto mnemonico inventato dal Nolano e di cui dire­
mo tra poco.

valenze, connesse alla mnemotecnica, che lo caratterizzano) ,


cfr. Bundy, op. cit., pp. 185, 1 89 sgg.; Federici Vescovini, op. cit.,
pp. 64 sgg., 80-85; L. Dewan, S. Alberto, i sensibili e l'essere spiri­
tuale, in Alberto Magno e le scienze, a cura diJ.A. Weisheipl, Bolo­
gna, 1994, pp. 327-32; Alleo, Icastes, cit., pp. 1 24, 196-97, 200. Il
lemma assume anche il significato di prima, elementare parte
del ragionamento discorsivo nel De lampade, Il, 2, p. 248: « Sim­
plices ergo intentiones (quas incomplexos terminos communi­
ter appellant) hae sunt, in qua propositio seu verificatio resol­
vitur »; cfr. Inst. or., V, 14, 6: nel ragionamento << erit prima in­
tentio, secunda adsumpsio, tertia conexio ,, .
Tavola III: c. u2r; p. 62

Tavola III

In questo caso la successione delle lettere nella ruota


corrisponde a quella dei triginta idearum conceptus. Il
<< concetto >> esprime la capacità cognitiva dell'anima che
comprende, che sa concepire e accogliere in sé il senso
delle realtà << umbratili ,, e << ideali ,, . 59 L' intentio e il concep­
tus sono due atti coincidenti e complementari dell'anima
che agiscono rispettivamente secondo exitus e reditus: il
primo procede verso l'immagine dell ' << oggetto ,, da esa­
minare in una reciproca coincidenza, << avvicinandosi or­
dinatamente ,, (una sorta di << lavoro preparatorio ,, ) , il se-

59. Cfr. De umhris, pp. 50-5 1 , 53, 59-60 ( Conceptus VII, XII,
XXVII e XXVIII) .
DE UMBRIS IDEARUM 25

condo invece la recepisce pienamente, come rimanendo­


ne « pregno >> , in modo del tutto indipendente dal primi­
tivo dato sensibile. 60 Il testo61 spiega che la combinazione
prodotta dall'incontro delle lettere di questa ruota con
quelle della prima (tav. Il) genera innumerevoli combi­
nazioni bielementali; ciò permette di impadronirsi del­
l'« arte generale >> . Fissando mentalmente le due ruote e
coniugandone gli alfabeti, ecco infatti che nascono i pri­
mi binomi letterali mnemonici (AA, BB, CC, ecc . ) di ca­
rattere generale, la cui padronanza è conseguente alla
capacità di vedere con l' intentio e di recepire con il con­
ceptus i « luoghi >> e le « immagini >> presentate dal sistema
alfabetico della ruota.

60. Summa, l, 4, pp. 49-50: « Conceptio dupliciter capitur, uno


pacto relative, alio pacto absolute. Conceptio absolute tot mo­
dis sumitur quot et intentio, quia conceptionem meam et in­
tentionem meam pro eodem possumus accipere. Relative au­
tem, ut est terminus appositus et condistinctus ab intentione.
Ita aliud significat, sicut aliud est ab illa, quatenus ire aliud est
quam redire, tendere aliud quam reverti. Intentio quippe est
actus potentiae cognoscitivae vel appetitivae versus obiectum,
conceptio vero est actus quidam informationis seu receptionis
ab obiecto in potentiam; ut intentio etiam sit quaedam disposi­
tio, apparatio, appulsus, conceptio vero habituatio, adimple­
tio, impraegnatio '' .
6 1 . Alle pp. 23-24: « Artem istam sub duplici forma tractamus,
atque via: quarum altera est altior et generalis tum ad omnes
animi operationes ordinandas, tum etiam est caput multarum
methodorum, quibus tamquam diversis organis artificiosa po­
test pertentari et inveniri memoria. Et consistit ipsa primo in
triginta intentionibus umbrarum. Secundo in triginta concep­
tibus idearum . Tertio in pluribus complexionibus, quae fieri
possunt ex intentionibus et conceptibus per industriosam
adaptationem elementorum primae rotae ad elementae secun­
da »; p. 63: « Oportebit ergo volentem per se ipsum artem ge­
neralem ad habitus intellectus, voluntatis, et memoriae captare
[ . . ] primo calle re elementarium primum cum suis significa­
.

tionibus, secundo secundum, tertio secundum deducere per


primum '' . In merito si veda il commento alle seguenti tavole V,
VI e VIII.
26 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura l Figura 2

L'immagine del Sole raggiato al centro di un circolo,


dal punto di vista iconografico, è di antica origine astro­
nomica: il luminare costituisce il perno cosmico della fa­
scia zodiacale che gli corre intorno, divenendo così, in
quanto (( dominatore » dell' ordine astrale, anche il sim­
bolo della sovranità sull'intero universo. 62 La speciale ico­
nografia e composizione eliaca del De umbris dipende for­
malmente da modelli sia didattico-astrologici, come la
(( Pratica notabilissima di Pietro d'Abano, per sapere in
che segno et grado si ritrovi la Luna quotidianamente »
(fig. l ) , 6� sia emblematici. 61 Tra questi ultimi spicca, per la
stretta analogia grafica con quella del Nolano, una xilo­
grafia (fig. 2) delle Devises Heroiques65 di Claude Paradin,
in cui appare il Sole, con raggi dritti e sinuosi alternati, al
centro di una corona dove corrono spighe e stelle invece

62. Cfr. H.P. L'Grange, Studies on the Iconography of Cosmic King­


ship in the Ancient World, Oslo, 1953, pp. 28 sgg., 90 sgg., 103
sgg.; H.G. Gundel, Zodiakos. Tierkreisbilder im Alterum, Mainz am
Rhein, 1 992, pp. 22 1 sgg., tavv. 2 sgg.
63. Pietro d'Abano, La geomantia, Venetia, 1 556, p. 60.
64. Cfr. Henkel e Schone, op. cit. , coll. 1 1-27.
65. Lion, 1 557, p. 155 : opera più volte edita sia nel Cinquecen­
to che nel secolo successivo, cfr. M. Praz, Studies in Seventeenth­
Century lmagery, Roma, 1 974-1 975, vol. II, pp. 444-45.
DE UMBRIS IDEARUM 27

delle lettere mnemoniche. Nella figura bruniana i l Sole


rappresenta l 'intelletto o << prima e universale intelligen­
za >>, 66 che, unico e immutevole, illumina i << concetti >> del­
le idee (come in questa tavola III) e le << intenzioni >> delle
ombre delle stesse idee (come nella tavola Il) . 67 Il Sole
quale metafora della somma Intelligenza e dell'Uno, mo­
tivo di genesi platonica, 68 ricorre in Plotino,69 come nello
pseudo-Dionigi Areopagita70 e Ficino,7 1 ma è a Giulio Del­
minio Camillo che molto probabilmente Bruno guarda.
Camillo infatti, nell'Idea del theatro,72 la sua straordinaria
machina in cui la ragnatela di loci e imaffines vuoi memo­
rizzare ogni sapere, conferisce al Sole un'assoluta centra­
lità, facendo sposare nell'astro valenze mnemoniche pri­
marie, rispetto a ogni altra imago, e significati esaltanti

66. Furori, pp. 806-807, 850-54; cfr. gli epiteti eliaci nel Cantus,
Il, l, pp. 186-87; Lampas, pp. 1026-44; De principiis, pp. 596-614;
si vedano, in particolare nel De umbris, sia il '' Dialogus praeliba­
torius apologeticus » (p. 14: <dntellectus, atque sol iste sensibi­
lis •• ) sia la prima pars dell'Ars memoriae (p. 67: « ab agente intel­
lectu tanquam irradiante sole [philosophi] illustrentur » ; « i filo­
sofi sono illuminati dali 'intelletto agente come da un sole >> ) .
67. De umbris, pp. 42 sgg. (Intentiones XXIX sgg. ) .
68. In particolare è immagine del sommo Bene nel mito della
caverna (Resp., 508 sgg., 5 1 4a-5 1 9b; cfr. Proclo, In Remp., l, 293
sgg. [Kroll] ) , più volte ricordato da Bruno: si veda la nota 56
dell'Introduzione. Si veda anche il parallelismo metaforico in­
telletto/luce in Aristotele (De an., 430a) .
69. IV, 3, 1 1 ; V, 6, 4; V, 5, 7-8.
70. DN, IV, 4.
71 . Cfr. Orphica comparatio Solis ad Deum e De sole, in opera, vol. I,
pp. 825-26, 965 sgg.
72. Fiorenza, 1 550, pp. 60-64; cfr. Yates, L 'arte, cit., pp. 1 38-42;
sull'opera di Camillo, più volte edita nel Cinquecento, cfr. L.
Bolzoni, Lo spettacolo della memoria, in Giulio Camillo, L 'idea del
teatro, Palermo, 1 99 1 , pp. 35-38; sulla conoscenza della medesi­
ma da parte di Bruno: Yates, L'arte, cit. , pp. 183 sgg.; Giordano
Bruno 1548-1 600, Mostra storico documentaria, Biblioteca Ca­
sanatense, Roma, 7 giugno-30 settembre 2000, Firenze, 2000,
pp. 23-24, 28.
28 CORPUS ICONOGRAPHICUM

l'intelletto e la ragione, analogamente a quanto accade


al Sole nelle ruote bruniane.

Tavola non rappresentata nel testo: c. 15r; p. 89

La xilografia, benché esplicitamente annunciata nello


scritto e indicata come Figura prima, non compare nell' e­
dizione. Bruno parla di un'immagine circolare, con lette­
re e numeri posti in convenienti intervalli sulle circonfe­
renze e sui raggi percorsi dal « formatore >> (formator) , che
vi imprime le figure di segni zodiacali e planetari. Il « for­
matore >> , che viene indicato dalla lettera A, dovrebbe
campeggiare al centro del tondo. Pare trattarsi pertanto
di una sorta di cosmografia o cosmogramma mnemoni­
co, probabilmente simile, nell 'impostazione grafica, alle
tavole XXX e XXXI del De umbris, di cui si discute a suo
luogo e dove compaiono lettere, numeri e simboli astrali.
Sia la funzione ordinatrice e cosmogonica del formator,
che ne caratterizza le valenze divine e demiurgiche,73 sia
il denominarlo con la lettera A, sembrano ispirarsi a Lui­
lo, il quale, con la stessa lettera, nell'ambito delle sue
«figure >> mnemoniche, indica appunto la «figura >> divi­
na: « sciendum est igitur, quod A, est quaedam figura si­
gnificans Deum >> . 74
Tuttavia il significato iconico di questa figura « man­
cante >> , in base alle sommarie indicazioni testuali,75 rinvia
allo specifico tema del chaos « fantastico >> o primo subiec-

73. A proposito del « formatore » quale « intelletto universale >> ,


« distintore >> e « dispensator» delle « forme >> , cfr. Causa, pp.
210-12, 224.
74. Cfr. Liber principiorum philosophiae e Liber principiorum ]uris,
in opera, Moguntiae, 172 1 , tomo l, rispettivamente alle pp. 62
e 30; lo stesso per la lettera A posta da Lullo al centro della Fi­
gura A quae est imperatrix et domina omniumfigurarum (fig. 3 ) : Ars
magna, in opera, tomo I, cit., p. 2; si veda più avanti il commen­
to al De compendiosa architectura.
75. De umbris, pp. 88-90.
DE UMBRIS IDEARUM 29

Figura 3

tum, il cui stato « informe » prende « forma » 76 in modo or­


dinato grazie alle immagini « formatrici >> degli adiecta, co­
sicché, da un punto di vista mnemonico, la lettera A può
bene significare l' adiectum stesso, ovvero la '' forma » che
è « ordine delle specie pensabili »,77 di cui si parla proprio

76. La generazione degli adiecta nel primo subiectum, intesa con


valenza sia gnoseologica che cosmologica, viene ribadita da
Bruno nel De imaginum compositione ( Il, 3, p. 1 26: « prius cogno­
scimus unum quoddam immensum et interminatum obiec­
tum, tum spacium atque receptaculum, tum corpus in eo re­
ceptaculo atque spacio, tum specierum ex tali materia coale­
scentium multitudinem ,. ) , e nel De principiis, pp. 586-90.
77. De umbris, p. 88: •• Adiectum vero seu forma [ . . ] Forma
.

[ . . ] est depromptus et explicatus ordo cogitabilium specie­


.

rum » .
30 CORPUS ICONOGRAPHICUM

nelle pagine in cui doveva comparire la xilografia « man­


cante »: non a caso Bruno vuole rappresentare qui l' orga­
nica processione di come « Hoc est informe chaos infor­
mare » .78 Sturlese identifica questa immagine assente con
l'incisione che nel De umbris si trova alla c. 29v, ossia con
la tavola IV di cui si ragiona qui di seguito. Tale interpre­
tazione non mi pare condivisibile: infatti, come ha osser­
vato Manuela Maddamma,79 le discordanze formali e con­
cettuali tra questa figura « mancante >>, iconograficamente
imperniata su simboli e immagini astrali, e la successiva
tavola IV, caratterizzata dal sistema alfabetico, rende im­
pensabile uno scambio dell'una con l'altra.

78. Su questa « formazione » logico-fantastica del caos, rimane


basilare il contributo di A. Noferi, op. cit., pp. 367 sgg.; P. Rossi,
op. cit., pp. 1 1 7-18.
79. Giordano Bruno, L'arte della memoria. Le ombre delle idee, a cu­
ra di M. Maddamma, Milano, 1996, pp. 107-109.
Tavola IV: c. 29v; p. 89

Tavola IV

L'illustrazione mostra uno dei motivi cardine dell'arte


della memoria del Nolano, ossia come si generano i bi­
nomi letterali che coniugano ciascuna delle singole lette­
re dell'alfabeto, poste sulla ruota, con una vocale, qui la
lettera A posta al centro, in un accordo che produce: AA,
BA, CA, DA, EA, ecc. Tale processione ci indica il movi­
mento che deve compiere l'occhio interiore nella sua
concatenazione delle figure alfabetiche: prima soffer­
marsi su una lettera della ruota, poi spostarsi al centro e
unirla alla vocale.
Tuttavia, in questo accostamento tra la vocale e le lette­
re dell'alfabeto, si può incorrere nel pericolo di produr­
re un certo disordine nella trama mnemonica. Bruno 80 ci

80. De umbris, pp. 1 07-109; cfr. Ctmtus, Il, l, p. 237.


32 CORPUS ICONOGRAPHICUM

mette in guardia. In effetti, poiché in una simile genera­


zione sillabica bielementale la vocale A è prevalente ri­
spetto a tutte le lettere dell' alfabeto, dal momento che è
" essa >> sola a sposarsi con tutte le altre << modificandole >>
(la A si trasforma in AA, la B in BA, la C in CA, e così via) ,
c'è il rischio che tanto predominio faccia << perdere >> o
<< diminuire >> , nell'insieme della nuova sequenza bino­
miale, la specificità simbolica di ciascuna delle lettere al­
fabetiche. Ciò non deve accadere, perché la diversità,
l'autonomia e la specifica qualità di ogni singola lettera
sono fondamentali per conservare le proprie, rispettive
valenze mnemoniche, soprattutto quando si accoppia
con un'altra. Il Nolano ammonisce in sostanza a non so­
vrapporre o accostare confusamente, nella meccanica as­
sociativa dell' ars, né i luoghi né le immagini, affinché
non perdano quella distinta chiarezza che li rende effica­
cemente memorizzabili. Per meglio intendere, propon­
go il seguente esempio: se alla vocale A associamo la figu­
ra di un cavallo e alle rispettive lettere A, B, C, ecc. della
ruota quelle di oggetti ad esso riferibili (A sta per il fre­
no, B per la sella, C per le briglie, ecc. ) , nel momento in
cui componiamo la sillaba BA noi ricordiamo l'icona di
un « cavallo con freno >>, ma se in questa operazione la A
<< prevale ,, iconicamente sulla B, allora, per dir così, l'im­
magine del << cavallo >> sopraffà, ali' occhio interiore, quel­
la del << freno » , rendendo questo irriconoscibile e confu­
sa la figurazione nel suo insieme.
Tavole V, VI, VII: rispettivamente alle cc. 34v, 36r, 37r;
pp. 1 1 6, 1 19, 1 2 1

Tavola V

Queste tre figure circolari concentriche costituiscono


la " prima pratica >> (prima praxis) della mnemotecnica
bruniana. Il disegno di ciascuna di esse rappresenta una
corona suddivisa in settori, nei quali sono progressiva­
mente collocate 30 singole lettere. La ruota alfabetica
che ne nasce, intesa quale machina logica per pensare, è
un 'elaborazione che risale a Raimondo Lullo, il quale a
sua volta si era ispirato ad immagini astro-cosmologiche e
diagrammologiche. 81 Il nesso tra arte della memoria e cir-

81. Cfr. L. Thorndike, A History of Magie and Experimental Sci­


ence, New York, 1923, vol. II, pp. 864-66; F.A. Yates, The Art ofRa­
mon Lull, in «journal of the Warburg and Courtauld Insti­
tutes •• , 17 ( 1954) , pp. 1 1 5-73; F.A. Yates, Ramon Lull andjohn Sco-
34 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola VI

colarità astrologica è comunque molto antico se Metro­


doro di Chio (IV secolo a.C.) viene menzionato da Quin­
tiliano82 quale campione di mnemotecnica, in quanto
aveva escogitato un sistema combinatorio fondato su 360
luoghi posti nei dodici segni zodiacali percorsi dal Sole.
Non secondario per stabilire le fonti a cui guarda il Nola­
no nell'invenzione delle sue ruote alfabetiche mi pare
un passo del De rerum principiis, 83 dove si cita la sistematica

tus Erigena, in <<journal of Warburg and Courtauld Insti­


tutes >> , 23 ( 1 960) , pp. 1-45; Yates, L 'arte, cit., pp. 1 64-65; D. Ur­
voy, Penser l1slam. Les présupposés islamiques de l'« art " de Lull, Pa­
ris, 1980, pp. 1 58-64. Bruno conosce assai bene l'opera lullia­
na, cfr. infra il commento al De compendiosa architectura.
82. /nst. or: , Xl, 2, 22.
83. Alla p. 702 : << Et circumfertur rota Pythagorae: huius cir­
cumferentia dividitur in quatuor classes, continens elementa­
rium litterarum divisum in quatuor partes, et singulis litteris
DE UMBRIS IDEARUM 35

Tavola VII

suddivisione e collocazione di lettere e numeri sulla cir­


conferenza della « ruota >> di Pitagora, della quale ripro­
pongo l'immagine (fig. 4) , traendola da La Géomance . . .
avec la Roue de Pythagoras di Christofe de Cattan, testo che
venne edito a Parigi cinque volte tra il 1 558 ( editio prin­
ceps) e il 1 5 77, e che molto probabilmente fu noto al No­
lano.
Tale « ruota •• , da non confondersi con la numerazione
pitagorica dei vari luoghi dell'universo ricordata da Ari-

est ascriptus proprius numerus, ut ex collatione numerorum


cum numeris concludatur divinatio multarum rerum >> ( << Ed è
assai diffusa la ruota di Pitagora: la sua circonferenza è divisa in
quattro settori, e contiene nelle quattro parti una suddivisione
di elementi letterali: a ciascuna lettera è assegnato un numero
proprio, in modo che attraverso il confronto di numeri con
numeri si tragga la divinazione di molte cose » ) .
36 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 4

stotele nella Metaphysica,84 è uno strumento astro-divina­


torio, falsamente attribuito a Pitagora, 85 che si basa sulla
correlazione tra lettere e numeri e che presenta un' ico­
nografia vicina a certe figure ruotanti bruniane. Nondi­
meno, per la stretta assonanza grafico-strumentale, van­
no menzionate le rotae criptografiche che, grazie alle
opere di Giovanni Tritemio ( 1 462-1 5 1 6) e di Giovan Bat-

84. 990a, 1 8-32; cfr. Metaphysicorum Libri XIII/, in Aristotelis Ope­


ra, vol. VIII, cc. 1 6v-1 7r; su questo controverso brano cfr. J.
Burnet, Early Greek Philosophy, London, 1 908, pp. 337-39; W.D.
Ross, Aristotle's Metaphysics, testo riveduto con introduzione e
commento, Oxford, 1 953, vol. l, pp. 184 sgg.
85. Cfr. J.A. Fabricius, Bibliotheca Graeca, Hamburgi, 1 7 18, vol. I,
pp. 466-67; Thorndike, op. cit., vol. VIII, pp. 489-90; S.K He­
ninger, Touches of Sweet Harmony, San Marino (California) ,
1 974, pp. 68, 237-39.
DE UMBRIS IDEARUM 37

Figura 5

tista della Porta ( 1 535-1 6 1 5 ) , vennero diffuse in Europa


nei secoli XVI-XVII: in particolare vanno rammentate la
Steganog;raphia del primo (da cui traggo la figura 5: l' editio
princeps apparve a Francoforte nel 1 606) e il De furtivis li­
terarum notis, vulgo De ziferis libri III/ del secondo (da cui
traggo la figura 6) , edito per la prima volta a Napoli nel
1563.
38 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 6

In entrambi i casi il movimento delle ruote concentri­


che, alle cui circonferenze sono poste lettere, segni e nu­
meri in chiave, produce dei criptosistemi mnemonici, di
ampio spettro verbale, dalle arcane valenze magico-evo­
cative. Il trattato di Tritemio, che già manoscritto godette
di autorevole fortuna, viene citato da Bruno sia nel De
magia matemathica che nel De rerum principiis. 86 Vanno poi
ricordate le macchine mnemoniche a ruote alfabetiche
realizzate, intorno al 1 430, da Giovanni Fontana per il
suo Secretum de thesauro experimentomm ymaginationis homi­
num,87 tra le quali compare il disegno (fig. 7) di uno stru­
mento a ruote alfabetiche simile a quelli bruniani.

86. Rispettivamente pp. 12-20 e p. 656; cfr. Yates, Giordano Bru­


no, cit., pp. 1 60, 165-66, 345; W. Shumaker, Renaissance Curiosa,
New York, 1982, pp. 91-1 3 1 .
87. Cod. Lat. Nouv. Acq. 635, della Bibliothèque Nationale di
Parigi, cc. 20r-2 1 v, riprodotto in E. Battisti e G. Saccaro Battisti,
DE UMBRIS IDEARUM 39

Figura 7

Le tre figure in questione, da un punto di vista iconico,


si basano sulle due componenti essenziali che danno for­
ma all'arte combinatoria, ovvero sul disegno geometrico
(qui è il cerchio, ma il discorso vale anche per il triango­
lo, il quadrato, ecc.) e sull'alfabeto.
Già Aristotele, nel De memoria et reminiscentia,aa parago­
na la capacità ritentiva della memoria alla capacità di

Le macchine cifrate di Giovanni Fontana, Milano, 1984, pp. 1 41-


58, in particolare pp. 1 45-46.
88. 450a-b, 452a; cfr. Cicerone, De or., Il, 86-87, 358.
40 CORPUS ICONOGRAPHICUM

conservare un disegno o una pittura, e spiega che come i


fatti sono tra loro correlati in ordinata successione, così
lo sono anche i movimenti della memoria, per cui si ri­
cordano più facilmente le cose che hanno un certo ordi­
ne, come quelle matematiche o le dimostrazioni geome­
triche, mentre poco rimane delle cose confuse. 89 Il filo­
sofo stabilisce così un modello memorativo che lega in­
dissolubilmente la sua efficacia e la corretta funzionalità
psicologica all' ordo espressivo di un'iconografia geome­
trico-matematica. Come si è già detto, la mnemotecnica
classica, medioevale e rinascimentale, terrà sempre pre­
sente la necessità di una << ordinata distribuzione delle
cose >> coniugata ad una logica successione di luoghi, soli­
tamente rappresentati da concatenati spazi architettoni­
ci. Bruno in merito è esplicito: << Un'arte simile è, nel suo
genere, un'architettura discorsiva delle cose da trattare,
ma anche un abito dell'anima raziocinante >> .90 Il percor­
rere o costruire mentalmente (ovvero, come precisa il

89. Cfr. la versione latina in Aristotelis opera, vol. VI, c. 19v: « Et


sunt facile reminiscibilia, quaecunque o rdinationem habent
aliquam, sicut mathemata, quae autem prave, et difficulter »
(questa edizione era nota a Bruno: cfr. G. Spinosa, Bruno e gli
scritti di Aristotele, in Giordano Bruno. Gli anni napoletani, ci t., pp.
1 39 sgg.; ma si veda soprattutto il De progressu et lampade combi­
natoria, di cui infra, dove il Nolano discute, e illustra con la spe­
cifica iconografia geometrica, le argomentazioni sui sillogismi
tratti dai Topici di Aristotele) ; altrettanto san Tommaso, In libros
de memoria et reminiscientia expositio, cap. 5, in opera omnia, cura
et studio Fratrum Praedicatorum, Roma-Paris, 1 985, tomo
XLV, 2, p. 1 22: « sicut mathemata, id est theoremata mathema­
ticorum, quorum secundum concluditur ex primo et sic dein­
ceps; illa autem que sunt male ordinata, difficulter reminisci­
mur » .
90. De umbris, p. 6 5 : ,, Est quidem huiuscemodi ars re rum pro­
sequendarum in genere discursiva architectura; et habitus qui­
dam ratiocinantis animae »; sul lemma habitus cfr. la nota 4 del­
la Figuratio. Altrettanto per le immagini, cfr. De imaginum com­
positione, Il, 3, p. 157: « Tenendum ut imagines imaginibus ad
confusionem evitandam concatenentur ».
DE UMBRIS IDEARUM 41

Nolano, con l ' « occhio interiore » ) 9 1 delle linee o segmen­


ti che, in una regolare e connettiva successione, danno
corpo a figure piane geometriche, altro non è, come
spiega il citato Aristotele,92 che un movimento del pensie­
ro, il quale, ragionando, si sposta seguendo un preciso
ordine logico, espresso in modo speculare, nella dovuta
proporzione e analogia, a quella stessa figura geometrica
che disegna interiormente. Insomma, l'iconografia geo­
metrica, con il suo asciutto e schematico aniconismo, co­
stituisce il veicolo più pratico ed efficace affinché la men­
te possa vedere chiaramente il moto di ciò che pensa, os­
,
sia immagina. E del resto sempre Aristotele93 ad afferma­
re che non si può pensare senza immagini.
Se dunque la trama geometrica rappresenta il discorsi­
vo moto mentale, le lettere o vocaboli, che troviamo col­
locati in alcuni punti o luoghi della stessa, esprimono le
stazioni di quel pensiero, dove sono custodite mnemoni­
camente le parti del discorso immaginato.94 Da un punto
di vista generale, l' alfabeto, che ovviamente è una catena
consequenziale di lettere, diviene pertanto lo strumento
compositivo (la lettera genera la sillaba, questa il vocabo­
lo e viceversa) più adatto a indicare la successione delle
stazioni e delle immagini correlate. In questo senso si ca­
pisce perché nel De umbris, ma non solo, Bruno ricorra
molto spesso alla figura circolare95 per rappresentare i
meccanismi dell' ars: grazie alla sua forma96 i vari luoghi o
punti alla circonferenza risultano facilmente collegabili

91 . Motivo continuamente ribadito nei testi bruniani (cfr. l' In­


troduzione) , magistrale nello stesso De umbris, p. 1 2 1 : « Rotae
fixae mentis oculo conspiciendae sunt huismodi » .
92. In particolare 452a-452b; cfr. Aristotele, Parva naturalia, In­
troduzione e commento di D. Ross, Oxford, 1955, pp. 249-52;
Bundy, op. cit. , pp. 25-26, 7 1 .
93. De an. , 427b-428a; De mem., 449b-450a.
94. Cfr. Ad Herennium, III, 1 7-18.
95. Nel De compendiosa (tav. IV) il filosofo di Nola preferisce
quella angolare.
96. Cfr. ibid., II, 2, pp. 1 2-13.
42 CORPUS ICONOGRAPHICUM

tra loro non soltanto lungo la progressione circolare (B­


C-D-E-F, ecc. ) , ma anche attraverso corde che permetto­
no abbinamenti interni al discorso (B-F, C-E, B-H, ecc) .
La fonte del Nolano sono le ruote alfabetiche di Raimon­
do Lullo, di cui si discute più avanti nel commento alle
figure del De compendiosa architectura.
Pietro da Ravenna, nelle prime pagine del suo fortuna­
to manuale di mnemotecnica intitolato Phoenix sive de ar­
tificiosa memoria,97 sostiene il grande vantaggio che le let­
tere dell' alfabeto e le sillabe offrono all'artificio della me­
moria verborum. Bruno ribadisce tale importanza << verba­
le >>98 all'interno della tradizionale suddivisione tra la me­
moria delle parole e quella delle cose.99 Tale bipartizione,
come si è de tto sopra, ma giova ripeterlo, deriva dalla
mnemotecnica classica, che prevede due specie di imma­
gini: una per ricordarsi le cose ( res) , ossia i concetti o ar­
gomenti del discorso, e una per le parole ( verba) con le
quali ci si esprime, ovvero il linguaggio con cui si porgo­
no i concetti. Per Bruno100 la prima è necessaria di per sé,

97. Venetiis, 1 49 1 , cc. lr, b4 v: « Quarta est conclusio, ut imagi­


nes alphabeti, seu nomina demonstrativa litteras bene memo­
ria teneantur et saepe repetantur » ; l'opera fu ben conosciuta e
lodata da Bruno, cfr. Tocco, op. cit. , pp. 35-37; P. Rossi, op. cit.,
pp. 27-30, 1 1 1-1 3.
98. Cfr. Explicatio, II, 2, p. 1 3 1 : « Quo igitur facilius certaque se­
rie succedentia quaedam, ut alia suo succedere possint ordine,
efficiant, plura sensibilia facileque memorabilia per ordinem
alphabeti ve! syllabici in catalogum redacta docuit [Pietro da
Ravenna] apparanda » .
99. De umbris, p. 1 1 2: << Adest ergo duplicis generis memoria,
terminorum videlicet atque rerum »; l' argomento viene più
ampiamente affrontato nel De imaginum compositione, II, 3, pp.
105-106 (<< De imaginibus rerum » ) e 1 1 3-15 (<< De imaginibus
verborum seu vocum et dictionum » ) , come nel Cantus, Il, l,
pp. 241-52 (<< Modi aliquot imaginum ad rerum figurationem
atque vocum »; << Pro rebus praesentandis »; << De memoriae ver­
borum praxi » ) .
l00. De umbris, p. 1 1 2: << per ipsam acui creditur memorativa fa­
cultas ad propriae functionis expeditionem »; sulle due moda­
lità memorative cfr. ibid., pp. 179 sgg. , 1 93 sgg. ( ,, De praxi re-
DE UMBRIS IDEARUM 43

mentre la seconda migliora la memoria acuendone la


funzionalità. Tali capacità di allenamento e potenzia­
mento mnemonico, che il Nolano coglie nella memoria
verborum/01 fanno sì che egli utilizzi quest'ultima per rea­
lizzare sia la prima praxis, ora discussa, che la secunda, cor­
rispondente al complesso sistema delle " cinque ruote •• ,
che commentiamo nella prossima figura. Praticamente il
gioco consiste, nel meccanismo di base, nel memorizzare
un determinato numero di immagini che permettano di
ricordare prontamente le parole da dire. Accade, se mi è
lecito azzardare il paragone, come se la testa non fosse al­
tro che una sala cinematografica, dove l'immaginazione
proietta un film muto, le cui immagini, correndo i foto­
grammi, suscitano subito alla memoria i sottotitoli per
ogni scena. In breve abbiamo trascritta l'intera trama, pa­
rola per parola.
Infatti ciascuna immagine del sistema mnemonico bru­
niano fa riferimento ad una lettera o sillaba, e solo a
quella,102 per cui un determinato gruppo di immagini rin-

rum incomplexis terminis significabilium " e « Ars alia brevis ad


verbo rum rerumque memoriam » ) .
1 0 1 . Ibid., p. 1 77: « Facit ergo inventio nostra ad longe cititius
et expeditius intimam scriptura perficiendum [ . . ] Ubi enim
.

balabant litteras cogendas in syllabas [ . ] iam statim terminos


. .

in orationem cogere docemus " ( << La nostra invenzione serve


dunque a realizzare più rapidamente e più facilmente la scrit­
tura interna [ . ] Infatti rh entre quelli belavano di riunire le
. .

lettere in sillabe [ . ] ora noi insegniamo a riunire i termini in


. .

un discorso » ) .
102. Ibid., p . 1 74. << Sin t formae perpetuis perpetuo subiectis
inhaerentes. Subiecta ipsis ordinem tribuant, vel ab ipsis ordi­
nem recipiant. Quod quidam ad ipsarum formarum memo­
riam habendam conduci t » ( « Le forme siano permanentemen­
te aderenti ai sostrati permanenti [in altre parole: ciascuna sil­
laba deve essere coniugata sempre con la stessa immagine e vi­
ceversa] . I sostrati conferiscono ordine ad esse, o da queste
stesse vengono ordinati. Ciò consente senza dubbio di memo­
rizzare le forme " ) ; cfr. pp. 74 e 94: << Quibus omnibus non
efficitur quo minus subiectis adiecta sint adnexa atque fixa, sed
potius ut magis figantur " ( « Tutte queste cose non fanno sì che
44 CORPUS IC ONOGRAPHICUM

via, in maniera inequivocabile, ad un corrispondente in­


sieme di sillabe o di elementi letterali, dal quale si gene­
rano le parole: ne consegue che, componendo o scom­
ponendo immagini diverse, prendono forma automatica­
mente aggregazioni diverse di sillabe e dunque di voca­
boli, i più disparati. Disponendo, come vuole il sistema
ideato da Bruno e di cui parleremo tra poco, di centinaia
di immagini e di altrettante sillabe, appare evidente
quanto ricca e fertile possa divenire la produzione mne­
mon�ca di parole in un simile meccanismo combinato­
rio. E un impiego « nuovo >> della memoria verborum, che
Bruno considera non solo un perfezionamento di quello
classico, ma anche una geniale invenzione che, nel suo
genere, supera tutte le precedenti e non teme confronti
con le future. 10� Anche per l'alfabeto Bruno va oltre i suoi
predecessori. Se infatti Lullo, per le sue rotae, ricorre al
solo alfabeto latino, e Cosma Rosselli nel Thesaurus ar­
tificiosae memoriae,104 pur elencando diversi tipi di alfabeto
(latino, greco, ebraico, arabo, ecc. ) , li considera tra loro
ben distintamente, il Nolano ne elabora uno di 30 lette­
re105 che fa uso congiuntamente dell'alfabeto latino, gre­
co ed ebraico secondo il ragionamento seguente. Dal
momento che l'alfabeto greco ed ebraico trovano equiva­
lenza con quello latino per molte lettere (per esempio
alpha e aleph con A, beta e beth con B, ecc. ) , possiamo far
uso di quest'ultimo (ABCDEFGHIKLMNOPQRSTVXYZ ) 1 06
per rappresentare unitamente i tre alfabeti, tuttavia, per
completezza, alle 23 lettere latine si devono poi aggiun­
gere le 4 lettere greche (psi, phi, omega, theta) e le 3 ebrai­
che ( ayin, tzade, shin) , le quali risultano in più o al di fuo-

gli adiecta siano mal connessi e poco fissati ai sostrati, bensì che
siano ancora più attaccati » ) .
1 03. Ibid., pp. 1 77-78.
1 04. Venetiis, 1 5 79, cc. 90v sgg., 142r sgg.; si veda anche Lodo­
vico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e con­
servar la memoria, Venetia, 1562, cc. 57r sgg.
1 05. De umbris, pp. 1 1 5-1 6.
1 06. Cfr. Rosselli, op. cit. , c. 91r.
DE UMBRIS IDEARUM 45
ri di quelle latine. In questo modo un solo e semplice al­
fabeto serve fedelmente tre lingue e quelle che ad esse
sono subalterne.107

107. De umbris, p. 1 1 5: « Et ita unum simplex elementarium de­


servi t tribus linguis et iis quae illis sunt subalternatae » . La fon­
te è lsidoro di Siviglia, Etym., IX, l, 3: « Tres autem sunt linguae
sacrae: hebraea, graeca, latina, quae toto orbe maxime excel­
lunt». Il numero 30 ricorre sovente nella distribuzione e clas­
sificazione mnemonica bruniana, dai diversi casi elencati nella
Lampas triginta statuarum ai Triginta sigilli. Nel De imaginum com­
positione, Il, 3, pp. 1 26, 1 65 (ma anche pp. 93, 1 1 5, 1 57, 1 63
sgg. ) , si sottolinea la funzione memorativa e psicologico-imma­
ginativa del 30 (p. 1 26) : « Descendimus ad peculiaria commu­
niaque loca, in quibus operatio sensus externi pedisequa sen­
sus interni cooperationem adiuvat; et ad id distinctio nobis tri­
ginta communium locorum succurrat oportet » . La scelta di ta­
le numero di lettere, grazie alle quali l'alfabeto latino, ebraico
e greco si coniugano, permette di produrre un 'ampia compa­
gine di elementi mnemonici come una proficua applicazione
combinatoria degli stessi. Pertanto il 30, « generato » dalle tre
lingue, assolve da un lato una funzione memorativa sostanzial­
mente strumentale ma non univoca (come dimostra il fatto
che nel Cantus, Il, l, pp. 1 95 sgg., si ricorre a un alfabeto di 24
lettere e nel De imaginum compositione, Il, 3, pp. 1 31-55, 1 65-67,
ad una serie di 32 immagini come ad una di 24 « atrii » ) , da un
altro lato, tuttavia, assume dei significati speculativi, cosmolo­
gici e magici (come lascia intendere il suo impiego nella citata
Lampas, nei Triginta sigilli, nel De vinculis, pp. 452-54) , da ri­
condursi in sintesi alla tripartizione tra mondo metafisico, fisi­
co e razionale, ovvero ideale, naturale e umbratile. '' Noi » pre­
cisa Bruno « onoriamo in tutte le cose il numero tre » ( « qui in
universis numerum trigenarium observamus » : De imaginum
compositione, II, 3, p. 1 56; cfr. il simbolismo della « Triade >> nel
De monade, l, 2, pp. 358-75: tavv. Il, III, IV) , da cui si genera il 30
secondo quanto detto sopra. Ancora nel De imaginum composi­
tione, Il, 3, pp. 197-98, si parla dell'armonia universale o musi­
ca divina scandita secondo tre gradi di percezione, in quanto
la musica è triplice: nella mente di Dio, nell'ordine e nel movi­
mento delle cose, nella composizione delle forme che l'animo
umano produce dalle stesse cose, ovvero nelle « ombre delle
idee " · Il numero 30, nella trattatistica numerologica rinasci-
46 CORPUS IC ONOGRAPHICUM

La machina delle tre ruote alfabetiche (tav. VII) co­


struita da Bruno si ispira, nel suo schematismo combina­
torio che riunisce le due ruote precedenti ( tavv. V e VI) ,
alla « quarta figura » dell' Ars generalis di Lullo. 108 Il conge­
gno bruniano è uno strumento mnemonico che l'occhio
della mente deve osservare secondo questo criterio: 1 09
l ) si predisponga una ruota suddivisa in 30 settori con­
trassegnati ordinatamente da altrettante lettere o << ele­
menti » ( tav. V) ;
2) si presentino rapidamente alla " fantasia »110 30 " ag­
giunti » ( adiecta) , cioè figure mnemoniche, e siano collo­
cati anch'essi in corrispondenza di ciascuna delle 30 let­
tere nelle quali è suddivisa la stessa ruota, per cui, ad
esempio, alla sequenza alfabetica A-B-C-D-E-F-G-H-1-K-L­
M-N-0-P-QR-S-T-V-X, ecc., corrispondono le immagini
di Licaone, Deucalione, Apollo, Argo, Arcade, Cadmo,
Semele, Eco, Tirreno, Piramo, Mineide, Perseo, Atlante,
Plutone, Ciane, Aracne, Nettuno, Pallade, Giasone, Me­
dea, Teseo, ecc. Sono tutti personaggi che il Nolano trae
dalle Metamorfosi di Ovidio:1 11 l'elenco segue puntual­
mente la successione con la quale le loro gesta compaio-

mentale, simboleggia la raggiunta maturità dell'insegnamento


dei misteri, secondo il paradigma del Cristo che iniziò a
trent'anni la sua predicazione: cfr. Agrippa, De occulta philo­
sophia, p. 296; P. Bungus, Numerorum mysteria, Bergomi, 1 599,
pp. 473-86; sull'ampia tradizione patristica che celebra il sim­
bolismo sapienziale del numero 30, cfr. H. Meyer e R. Suntrup,
Lexicon der Mittelalterlichen Zahlenbedeutungen, Mimchen, 1 987,
coli. 692-702.
1 08. Raimundi Lulli Opera latina. Tomus XIV Ars generalis ultima,
a cura di A. Madre, Turnholti, 1 986, p. 20; Yates, The Art of Ra­
mon Lull, cit. , pp. 1 1 6-1 7; si veda infra il commento al De com­
pendiosa architectura.
109. De umbris, p. 1 2 1 : « Rotae fixae mentis oculo conspicien­
dae sunt huiusmodi » ; il processo è descritto alle pp. 1 1 5 sgg.
1 1 0. lbid., p. 1 1 6: « Triginta igitur adiecta promptitudine [ . ]
. .

tuae se offerant phantasiae » .


1 1 1 . I luoghi sono stati individuati da Rita Sturlese, i n Bruno,
De umbris idearum, cit. , pp. 1 1 7-18.
DE UMBRIS IDEARUM 47

no nel testo ovidiano, per cui tale elenco va considerato a


pieno titolo un onomastico mnemonico. Era del resto co­
mune alla tecnica memorativa medioevale e rinascimen­
tale il ricorso alla grande poesia latina, in particolare a
Ovidio e Virgilio, come fonte di immagini verbali e mito­
eroiche. 112 Lo stesso Bruno ricorre in più occasioni a ver­
si poetici con intento memorativo, per esempio nel De
imaginum compositione, m dove utilizza come sistema mne­
monico di immagini i primi tre versi dell'Eneide virgilia­
na, oppure nell'Explicatio triginta sigillorum ,114 in cui men­
ziona a tale scopo le Bucoliche;
3) mentre nella prima ruota esterna (tavv. V e VII) so­
no così rappresentati i 30 personaggi (che Bruno chiama
agentes) , nella seconda ruota mediana ( tavv. VI e VII) si
raffigurano, sempre per ogni lettera, le azioni ( actiones)
che vengono compiute da ciascuno di tali personaggi:
per esempio ci si immagina che Licaone (corrispondente
alla A della prima ruota) sia ad un banchetto (azione cor­
rispondente alla A della seconda ruota) , per cui con la
figurazione di << Licaone a banchetto >> si vuol significare ,
ovvero ricordare, il binomio letterale AA; << Deucalione
con le pietre >> allude a BB; << Apollo con Pitone >> a CC;
<<Argo col bue >> a DD, ecc.;
4) ad ogni lettera della terza ruota interna ( tav. VII) ,
seguendo lo stesso meccanismo che relaziona le altre
due, si pone, in riferimento ad ogni singolo personag­
gio, un determinato strumento ( instrumentum) o inse­
gna distintiva ( insigne) dello stesso: in A vediamo una ca­
tena, in B una benda, in C un balteo, in D un cappuccio
e così via, per cui con l'immagine di « Licaone a ban­
chetto con una catena >> rammentiamo i tre elementi
AAA , con quella di << Deucalione con le pietre bendato >>
si allude a BBB, con quella di << Apollo con Pitone con il

1 1 2. Cfr. P. Rossi, op. cit. , pp. 28, 38; Yates, L'arte, cit., pp. 1 03,
218 , 254; Bolzoni, op. cit. , pp. 62, 1 5 1 sgg., 1 71 sgg.; M. Rossi,
Arte della memoria e codici letterari nei giochi didattici dall'umanesi­
mo a Comenio, in La cultura della memoria, cit., pp. 1 58-59.
1 1 3. II, 3, pp. 286 sgg.; cfr. Tocco, op. cit., pp. 86, 99.
1 1 4. Il, 2, pp. 1 26-27.
48 CORPUS ICONOGRAPHICUM

balteo » a CCC, ecc. In merito Bruno ci porge la seguen­


te serie esemplare delle prime cinque combinazioni del­
le trenta possibili:

A Licaone A a banchetto A con una catena


B Deucalione B con le pietre B bendato
C Apollo C con Pitone C con il balteo
D Argo D a guardia del bue D con il cappuccio
E Arcade E con Callisto E con la bisaccia

Quanto finora detto riguarda ovviamente le ruote con­


siderate immobili;1 1 5 se invece lasciamo fissa solo la prima
ruota, quella più esterna, e cominciamo a muovere le
due interne, girandole in un senso o nell'altro,1 16 ecco
che si generano nuove, innumerevoli combinazioni tra le
lettere e tra le immagini. Per esempio: prima " Licaone a
banchetto con una catena » veniva rappresentato da
AAA , ora, attribuendogli l'azione di « Deucalione con le
pietre bendato '' (ovvero la lettera B) e l'insegna di " Apol­
lo con Pitone con il balteo>> (ovvero la lettera C) , abbiamo
ABC che significa << Licaone con le pietre con il balteo >> . Bru­
no 11 7 scrive che se Licaone (A) agisce come Medusa 118
(azione relativa alla M della seconda ruota) con l'insegna
di Plutone (relativa alla O della terza ruota) si presenterà
la combinazione AMO, oppure che se Arcade (E) com­
pie l'azione di Semele (G) ed ha l'insegna di Plutone
(O) avremo EGO. Un tale gioco combinatorio vale an­
che tra due sole lettere: in questo caso rimane immobile
la ruota esterna e si muove solo la seconda mediana, per
cui AB corrisponde a " Licaone >> (A della ruota esterna
fissa) << con pietre >> (B di quella interna mobile ) , mentre
RA si presenta con << Nettuno '' (R della ruota esterna im­
mobile) << a banchetto '' (A di quella interna mobile) , ecc.

1 1 5 . De umbris, pp. 1 1 5-23.


1 1 6. Ibid., pp. 1 25-28.
1 1 7. Ibid., p. 1 24.
1 1 8. Il riferimento è per sineddoche, perché il testo accosta il
binomio MM a « Perseo con la testa di Medusa '' .
DE UMBRIS IDEARUM 49
Inoltre Bruno119 spiega che si possono realizzare combi­
nazioni anche di quattro o cinque lettere senza aumenta­
re il numero delle ruote, ma solo aggiungendo certe con­
sonanti (S, T, L, R, N) in fine o al centro di una sillaba tri­
letterale. Se vogliamo trasformare, per esempio, la com­
binazione AMO (raffigurata da « Licaone che agisce co­
me Medusa e porta l'insegna di Plutone '' ) in AMOR,
sarà sufficiente, una volta stabilito che la lettera R in fina­
le di sillaba viene sempre significata dall'immagine di un
determinato accidente, quale un fiore sulla testa del per­
sonaggio agente, aggiungere questo fiore sul capo dello
stesso Licaone, particolare che in tutte le occorrenze
qualificherà appunto la R in finale di sillaba. 120

1 1 9. Ibid., pp. 1 25-28.


120. Bruno aggiunge, un po' sbrigativamente, altre indicazioni
sui criteri combinatori polielementali e sull'uso della V che se­
gue la Q; cfr. Tocco, op. cit., pp. 55-56; M. Maddamma, in Bru­
no, L 'arte della memoria, cit., pp. 1 49-50.
Tavola VIII: c. 44v; p. 1 32

La << prima pratica >> con le tre ruote ( tavv. V, VI, VII)
appena esaminata è propedeutica alla « seconda >> ( tav.
VIII) dove appunto, come dice Bruno, quella diviene
<< adulta >>, 121 compiuta. Infatti, mentre con la prima, attra­
verso il gioco delle tre ruote alfabetiche, si producevano
limitate combinazioni sillabiche (fino a 5 lettere) , con la
seconda, dove le ruote sono 5 e presentano 1 50 settori
ciascuna, si possono ottenere tutte le parole che voglia­
mo, divenendo finalmente in grado - a differenza degli
antichi che non lo ritennero possibile - di padroneggiare
l' << infinita moltitudine delle parole >> . 122 In pratica il mec­
canismo combinatorio bruniano, che per la sua comples­
sità grafica non viene raffigurato nel libro, procede in
questo modo.
l ) Fissata mentalmente una ruota o corona suddivisa
in 150 settori (analoga nello schema, ma cinque volte più
grande di quelle delle tavole V, VI e VII) , si collocano
poi, in ogni rispettivo settore, altrettante sillabe compo­
ste da due lettere e terminanti in vocale. Queste 1 50 silla­
be si ottengono unendo a ciascuna delle 30 lettere del­
l'alfabeto bruniano già visto (costituito dalle 23 latine
più le 4 greche e le 3 ebraiche) le 5 vocali (A-E-1-0-U) ,
per cui, moltiplicando le 30 lettere per le 5 vocali, abbia­
mo la seguente catena di 150 sillabe bielementali aperte
(terminanti in vocale) : AA, AE, AI, AO, AU l BA, BE, BI,
BO, BU l CA, CE, CI, CO, CU l DA, DE, DI, DO, DU,
ecc. Tale operazione si applica uniformemente a 5 ruote
concentriche, cosicché in tutto risultano 750 sillabe, che
siglano altrettanti settori suddivisi equamente tra le 5
ruote. A ciascuno dei 1 50 settori di ciascuna ruota siglati
con le sillabe viene poi assegnata una specifica immagi­
ne, sicché in ogni settore vediamo una sillaba abbinata a
un' immagine che la rappresenta. Nell'insieme risulta un

1 2 1 . De umbris, p. 1 29: « Praxis vero magna in quam properat


prima praxis adulta » .
122. Ibid. , pp. 1 1 3-14.
DE UMBRIS IDEARUM 51

sistema mnemonico fondato su 750 unità iconiche co­


niugate ad altrettante unità sillabiche.
2) Esaminiamo il criterio con il quale Bruno costruisce
tali abbinamenti: 123
prima ruota (l' ordine procede da quella esterna alla
ruota interna più piccola) : qui vengono collocate le 1 50
immagini dei personaggi agentes (per esempio: Osiride,
Cerere, Noè, Zoroastro, Atlante, Raimondo Lullo, ecc. ) ,
ossia dei mitici inventori dell' antichità (dell'agricoltura,
delle tecniche, delle arti, delle varie attività umane, ecc. ) ,
ma non mancano figure bibliche o anche storiche come
quelle di alcuni filosofi. La lista è tratta in prevalenza, co­
me già osservato, 1 24 dal De rerum inventoribus di Polidoro
Vergilio e dalle Vitae philosophorum di Diogene Laerzio;
seconda ruota: se nella prima ruota trovano posto gli
agentes, in questa seconda compaiono le loro 1 50 azioni
( actiones) , cioè le attività relative alle loro « invenzioni •• ,
inerenti sia il mondo della natura che quello delle arti e
mestieri; per esempio: praticare l'agricoltura (Osiride) ,
aggiogare i buoi (Cere re) , operare con la magia (Zo­
roastro) , tenere sollevata la sfera del mondo (Atlante) ,
escogitare •< Ì nove elementi >> dell' ars (Raimondo Lui­
lo) , ecc.;

123. Ibid. , p. 1 3 1 : « Conficies igitur ad similitudinem trium


praedictarum rotarum, quinque rotas fixas, quorum singulae
centum et quinquaginta constent combin ationibus elemento­
rum quorum. Quorum exterior atque prima significet agentes
sub inventorum nomine. Seconda actiones. Tertia insigna.
Quarta adstantia. Quinta circumstantia » ( « Comporrai dun­
que, similmente alle tre ruote suddette [tavv. V, VI, VII] , cin­
que ruote fisse [agli occhi dell'immaginazione, cfr. ibid., p.
1 75: « oculis phantasticae facultatis fixas » ] , ciascuna delle qua­
li consti di centocinquanta combinazioni di due lettere. Di
queste, la prima più esterna significhi gli agenti sotto il nome
di inventori. La seconda le azioni. La terza le insegne. La quar­
ta gli assistenti. La quinta le circostanze » ) , cfr. Explicatio, Il, 2,
pp. 105-106; per l'intero processo cfr. De umbris, pp. 1 29-83.
1 24. Yates, L 'arte, cit., p. 205; Sturlese, in Bruno, De umbris idea­
rum, cit., pp. 1 32-39.
52 CORPUS ICONOGRAPHICUM

terza ruota: vi si trovano le 150 insegne distintive ( insi­


gnia) di ciascuno di tali personaggi: si tratta di aggettivi
che ne evidenziano un particolare aspetto o qualità; per
esempio: falso, involuto, negletto, oppresso, festoso, bruta­
le, incerto, affamato, ozioso, derubato, malvagio, osceno,
tremante, armato, ecc. Tali epiteti, di vivace presa mnemo­
nica, sono arbitrari e senza attinenza storica col personag­
gio di riferimento. Il meccanismo iconico ripete quello già
visto sopra fra le tre ruote delle tavole V, VI e VII;
quarta ruota: le sillabe vengono qui contraddistinte da
1 50 figure di piante, animali, oggetti, e di vari « elemen­
ti » sia naturali che artificiali (per esempio: oliva, alloro,
mirto, fiori, rondine, testa di cinghiale, testa di leone,
collana, serpente, fiamma, bottiglia, tromba, spada, lago,
fornace, culla, nube, ventaglio, ecc. ) , le quali sono sem­
pre riferite al personaggio agens e ne rimangono iconolo­
gicamente accanto come se lo << assistessero " (Bruno
chiama adstans questo tipo di immagine) . Si noti che co­
me l' insigne corrisponde di solito ad un epiteto, così l' ad­
stans corrisponde ad un attributo;
quinta ruota: l'ultima sequenza iconica, che rappresen­
ta la quinta serie di sillabe, sviluppa una teoria di 1 50
figure che il Nolano chiama circumstantiae. Queste sono
immagini che stanno intorno a quelle agens e le richia­
mano grazie ad una « circostanza >> che le rievoca. La << cir­
costanza >> è strettamente connessa alla figura principale
a cui è posta intorno. 125 Nel Cantus si legge: << Talvolta da
una circostanza si ricorda il luogo e il soggetto, come da
un certo costume ci rammentiamo di un tedesco o della
Germania, di un africano o dell'Mrica ,, . 1 26 Il N olano pre­
cisa che le << circostanze non sono raffigurabili di per
sé >> , 127 ma prendono le forme delle valenze significanti di

1 25. De umbris, pp. 1 82-83.


1 26. Cantus, Il, l , p. 243: « Aliquando ex circumstantia locum
atque subiectum, ut ex certo habitu Theutonicum seu Germa­
niam, Mricanum, seu Mricam » .
1 27. De umbris, p. 1 8 1 : « Talis qualitas, per ipsum cui proprius
inest. Sic substantia per ea quibus subisse se fingitur acciden­
tia. Accidentia quae inhaerent, per ea quibus inhaerent, sicut
DE UMBRIS IDEARUM 53

quelle cose alle quali stanno accanto. Difatti un acciden­


te qualsiasi, qual è una circostanza, viene espresso attra­
verso un'immagine aderente per semplice analogia alla
cosa, al soggetto a cui si aggiunge e si associa, in quanto
dipende iconologicamente del tutto da quel soggetto.
Nel De imaginum compositione128 le immagini circostanti al­
la figura di Giove sono « Paternità, Dominazione, Dittatu­
ra, Impero, Regno, Principato, Ducato, Presidenza, Go­
verno, Moderazione, Potere, Redini >> : tutte icone che de­
clamano per analogia la sovranità del sommo dio. Si trat­
ta di associazioni formali, più volte citate da Bruno129 e

et per haec inhaerentia [per] ipsa quibus inhaerent. Acciden­


tia quae adsunt, per ea quibus adsunt vicissim. Accidentia quae
consistunt cum iis quibus consistunt convertibiliter. Accidentia
circumstantialia cum seipsis non valeant figurari, per haec
quorum sunt circumstantiae aut quibus circumstare ponuntur,
figurantur » ( « Una certa quantità si raffigura mediante ciò in
cui essa è più propriamente insita. Perciò la sostanza si raffigu­
ra mediante quegli accidenti per i quali si immagina che essa
ne sia il sostrato. Gli accidenti che si aggiungono si raffigurano
mediante quelle cose a cui si aggiungono, così come queste
stesse cose a cui si aggiungono sono raffigurate dagli accidenti
che aderiscono loro. Gli accidenti che si pongono vicini, si
raffigurano mediante quelle cose a cui stanno vicendevolmen­
te vicini. Gli accidenti che si presentano [nelle cose] sono
raffigurati scambievolmente attraverso quelle cose in cui com­
paiono. Gli accidenti circostanziali, che non possono essere
raffigurati di per se stessi, si raffigurano mediante quelle cose
di cui sono circostanze, ovvero intorno alle quali si stabilisce
che stiano accanto ,, ) ; cfr. anche pp. 182-83.
128. II, 3, p. 203 ( '' Circumstantes » ) ; cfr. pp. 257-58, 270; Lam­
pas, p. 1406: « Subiecti formas et arma, sive armenta seu cir­
cumstantias, discurrendo per Gygantum membra " ( « Percor­
rendo il discorso [mnemonico] attraverso le membra dei Gi­
ganti [osserva] le forme del sostrato e le sue armi o armenti,
ossia gli elementi circostanti » ) ; Summa, l, 4, p. 4 1 .
1 29. De umbris, p . 92: « Adferet illi sagittarius sagittam, scriptor
calamum, sutor acum. Tanta virtus est in connexione, adnexio­
ne, antecedentia, concomitantia et consequentia, ut invisibilia
faciant visibilia, intelligibilia per universum sensibilia, difficilis
54 CORPUS ICONOGRAPHICUM

comuni alla tradizione dell' ars memoriae, 130 fondate su


un'elementare associazione analogica o trasposizione
metaforica: l'immagine dell' « astrolabio >> in mano ad un
uomo ci dice che si tratta di un « astrologo » , mentre
quella di un « abitante » indica la << patria » ; una « toga » e
un « cappuccio » possono designare una « turca, un e­
breo, un monaco o un arabo »; il dio Giano si collega al
simbolo della porta, Marte a quello della spada; la danza
allude all'atto del danzatore; l'autunno viene espresso
dalle uve, l'inverno dalle nevi, il re dal regno, il ricco dal­
le ricchezze, il legislatore dalle leggi. « Una data circo­
stanza » scrive Bruno « mi cambia i nomi, e la figura che si
forma semplifica qualunque composto, persona, verbo,
caso, numero, e genere » . m La « circostanza » proprio per
la sua stretta simbiosi analogica con il soggetto di riferi­
mento ne diviene una specifica cifra simbolica, e non un
consueto attributo o epiteto.
Riepilogando: Bruno, al contrario di quanto fa per i
personaggi agentes, le relative actiones, le insignia e gli ad­
stantes, di cui ci porge la nomenclatura completa (un ca-

quoque sensus facile persentita » (quando, praticando l' ars me­


moriae, si vogliono aggiungere al subiectum delle immagini di
piccole dimensioni, che possono sfuggire all'occhio della fan­
tasia, allora le vincoliamo ali' adiectum di cui esse sono normal­
mente congiunte e compagne, così <d'arciere porta con sé la
freccia, lo scrittore la penna, il calzolaio l'ago. Vi è tanta forza
nella connessione, nell'annessione, nell'antecedenza, nella
concomitanza e nella conseguenza, che le cose invisibili diven­
gono visibili, quelle universalmente intellegibili si fanno sensi­
bili, e quelle che si percepiscono con difficoltà si sentono facil­
mente » ) ; cfr. Cantus, Il, l, pp. 244-45; De imag;inum compositione,
Il, 3, pp. 106-1 2 .
1 30. Cfr.Johannes Romberch, Congestorium artificiosae memoriae,
Venetiis, 1 533, cc. 66rsgg.; Dolce, op. cit., cc. 74 r sgg. (cfr. la no­
ta 4 del Cantus) .
1 3 1 . De imag;inum compositione, Il, 3, pp. 1 1 2-1 3 : << Stantia mi cir­
cum variat data nomina simplex l compositum faciet quidquid
concepta figura, l personam, verbum, casum, numerumque
genusque >> . Cfr. Explicatio, II, 2, pp. 1 06-107.
DE UMBRIS IDEARUM 55

talogo di 1 50 immagini distinte per ciascuna delle prime


quattro ruote ) , non ci dà alcun elenco di queste 1 50 cir­
cumstantiae (che vanno collocate nella quinta ruota, la
più interna) , in quanto, come lui stesso dichiara, non so­
no raffigurabili di per sé. La loro iconografia, si è già os­
servato, dipende infatti dalla figura agens di riferimento,
della quale sono una sorta di appendice ed alla quale ri­
sultano strettamente pertinenti e dipendenti. Molto pro­
babilmente il motivo per cui Bruno non ci offre l'elenco
delle << circostanze '' si deve proprio a questa speciale di­
pendenza della circumstantia dall' agens, relazione che già
definisce di per sé la forma iconologica della stessa cir­
cumstantia in base a quella dell' agens, e la rende dunque
facilmente rappresentabile agli occhi della mente da chi
pratica l' ars memoriae. Date queste coordinate e posti tali
vincoli, che garantiscono comunque alle << circostanze "
un' obbligata tipologia iconica, si può certo lasciare l'in­
venzione ultima della loro immagine allo stesso pratican­
te, al neofita bruniano, secondo quell' atteggiamento di­
dattico, caratteristico dell'insegnamento del Nolano,132

1 32. Nel De umbris (pp. 1 30-3 1 : « Tu ergo ipse ordinabis tibi


centum et quinquagita nomina, quae vel a propria appellatio­
ne, vel a consueta actione, vel affectu proprio, secundum ordi­
nem quo adsistentia sunt ordinata, ordinateque quinque subsi­
stentibus informantur. Quo facto, ad ordinationem horum vel
aliorum - si decentiores habueris - subsistentium partium et
artium [ . . . ] reduces, vel notorum tibi nomina buie qui sequi­
tur ordini et regione apponendo, vel aliter ut tibi commodius
fuerit, a nobis appositis disponendo, aliis quorundam loco suc­
cedentibus utens, in certam seriem reducendo '' ) , in riferimen­
to proprio agli elementi mnemonici (sigle letterali, nomi dei
personaggi agentes, delle loro " azioni " , ecc . ) del sistema a cin­
que ruote, si fa presente che chi si applica a quest'arte (una
volta stabilito e rispettato il meccanismo combinatorio dettato
da Bruno) può anche ordinare o modificare tali elementi a
suo piacimento, secondo il sistema che ritiene più vantaggioso,
disponendo diversamente le stesse serie stabilite nel testo. Cfr.
la Nota al Corpus iconographicum. In fondo Bruno fa propria
l'osservazione dell'Ad Herennium (II, 23, nn. 38 sgg. ) secondo
56 CORPUS ICONO GRAPHICUM

per cui, stabilite le regole dell' ars, sarà poi l'esperienza


personale a sancire la qualità dell'apprendimento. Si
può allora supporre che, riprendendo il personaggio so­
pra citato di Cerere, tradizionale dea delle messi, gli si
possa mettere intorno l'immagine di un campo di grano
maturo, così al « mago » Zoroastro un cerchio o un pen­
tacolo magico ai suoi piedi, o ancora al dio egizio Osiride
il fiume Nilo che gli corre accanto. Il meccanismo che si
genera con tale processione di immagini (dalla agens a
quella della actio, fino alla circumstantia) , una volta ben
fissata nella memoria, come raccomanda più volte il No­
lana, è un po' simile a quello delle scatole cinesi: m il per­
sonaggio agens è la scatola più grande, che connota ico­
nologicamente e memorativamente l' intera sequenza,
dentro la prima si trova la seconda scatola della sua actio,
e così via fino alla circumstantia. La connessione tra i cin­
que tipi di immagini è talmente integrata, 1 34 attraverso la
catena analogica, che basta richiamare la figura del per­
sonaggio agente perché lo seguano automaticamente le
altre quattro immagini e, di conseguenza, le sillabe biete­
mentali relative.
Come esempio riassuntivo di quanto finora esposto,
faccio seguire uno schema con l 'ordine delle ruote, delle
sillabe e delle immagini secondo gli elenchi dati nel De
umbris: m

cui è inutile cimentarsi nell' ars facendo uso di insiemi di imma­


gini precostituite da altri, e pertanto psicologicamente estra­
nee al soggetto, aride e meccaniche, bensì è necessario dotarsi
di immagini partorite dalla propria fantasia, le sole che per i le­
gami affettivi, di intimità, che suscitano rimangono meglio
infisse nella memoria.
1 33. Si veda più avanti la nota 1 74.
1 34. Si leggano soprattutto le pp. 1 29-3 1 , 182-83 (inerenti la
prassi relativa all'uso di termini complessi) del De umbris e, so­
pra, la nota 1 2 7.
135. Alle cc. 45r- 50v dell' originale; pp. 1 32-49 dell'edizione
Sturlese. Nel testo l'elenco degli agentes e quello delle actiones
corrono l'uno accanto all'altro e, da un lato, li accompagna
DE UMBRIS IDEARUM 57

un'unica processione di sillabe. A rigore i due elenchi dovreb­


bero essere distinti e singolarmente abbinati alle rispettive e
identiche processioni sillabiche, ossia, per esempio, nella pri­
ma ruota dovremmo avere l'immagine dell' agens abbinata alla
sillaba iniziale AA, seguita, nella seconda ruota, dall'immagine
dell' actio, a sua volta abbinata all'altra sillaba AA, come si può
osservare nello schema qui allegato (in merito le indicazioni
del Nolano non lasciano dubbi: cfr. sopra la nota 1 23) . Proba­
bilmente Bruno, in questo caso, fa stampare, accanto alle due
immagini, una sola processione sillabica sia perché ciò non
compromette in alcun modo il senso del meccanismo mnemo­
nico, chiaramente delucidato nel testo (per altro già utilizzato
poche pagine prima nel sistema della prima praxis: cc. 35r- v
dell'originale; pp. 1 1 7-1 8 dell'edizione Sturlese) , sia perché, ti­
pograficamente, inserire anche la seconda processione avreb­
be comportato una diversa e più complicata impaginazione.
Infatti, nell'originale, l'elenco sillabico, i relativi nomi dei per­
sonaggi e le loro azioni sono stampati sulla stessa pagina, insie­
me e ordinatamente, in modo tale da occupare l'intera su­
perficie del foglio, e dove, è ovvio, non c'è posto per altri ca­
ratteri tipografici.
I ruota agens II ruota actio m ruota insigne IV ruota adstans V ruota
circumslantia

AA con il pane
AA Regima AA nodoso AA oliva AA ...
di castagne

AE con
AE Osiride AE falso AE alloro AE ...
l'agricoltura

AI con il giogo
Al Cerere Al involuto Al mirto Al ...
dei buoi

AO Trittolemo AO semina AO informe AO rosmarino AO ...

AU Pitumno AU concima AU famoso AU cipresso AU ...

BA Erittonio BA sul carro BA inerte BA palma BA . . .

B I Glauco BI lavora il ferro BI indegno BI edera BI . . .

BE Trace BE con la falce BE vestito BE papavero BE . . .

BO conserva
BO Misia BO inetto BO quercia BO ...
col sale

B U fa il fuoco
BU Pirode BU sdraiato BU ortica BU ...
con la selce

CA Asamone CA trapianta CA opprimente CA fiori CA ...

CE Fega CE innesta CE inaudito CE spine CE ...

Cl sull'asino
CI Belhaiot CI incostante CI tiara triplice Cl ...
che lo porta

CO trebbia
CO Pilumno CO disadorno CO corno co . . .
il grano

C U Oreste eu cura le viti eu incantato CU coma eu . . .

DA pianta DA corona
DA Noè DA entralo DA ...
una vigna regale

DE estrae il vino
DE Libero DE allacciato DE bufone DE . . .
dall'orzo

DI col vino
DI Stafilo DI giacente DI rondine DI . . .
annacquato

DO nei giardini
D O Iside DO orrendo DO salice DO . . .
ordinati

DU coma
DU Minerva DU con l'olivo DU fuor di sé DU ...
di cervo
DE UMBRIS IDEARUM 59

È evidente che muovendo le ruote e combinando le


immagini e le annesse sillabe si possono generare innu­
merevoli vocaboli, rappresentati da altrettanti gruppi di
immagini; prendiamo ad esempio il verbo AEDIFICARE,
seguendo le indicazioni del testo bruniano:

Sillaba hnmagine

I ruota agens AE Osi ride

II ruota aetio DI col vino annacquato: corrisponde


all' actio del personaggio agens Stafilo,
che è connotata appunto dalla serie
DA, DE, DI, DO, DU

W ruota insigne FI fatale: insigne dell' agen.� Danao


espressa dalla serie FA, FE, Fl, FO, FU

IV ruota adstans CA con fiori: relativa all' adstans


di Asamone, agenJ della serie
CA, CE, Cl, CO, CU

V ruota circumstantia RE nel deserto (?) , oppure un 'altra


icona strettamente re lata all' agens

Il senso di questa combinazione di immagini e sillabe è


che il ricordo della parola AEDIFICARE viene stabilito
nella figura di « Osiride con del vino annacquato, in atteg­
giamento fatale, con accanto dei fiori e intorno il deser­
to ». 1 36 Nel caso che dobbiamo memorizzare parole com-

1 36. Questo esempio che ha per soggetto il dio Osiride " con il
vino annacquato » (ma potremmo farne quanti se ne vuole se­
guendo l'onomastica mnemonica bruniana) pone in risalto
l'uso puramente strumentale che Bruno fa dei mitici perso­
naggi da lui citati nelle ruote, dove accosta loro attributi ed
epiteti privi di ogni fondamento iconologico, riducendoli così
a nomi " vettore '' della sua sequenza mnemonica, decontestua-
60 CORPUS ICONOGRAPHICUM

poste dà meno di 5 sillabe si fa uso solo delle ruote ne­


cessarie allo scopo, ad esempio per il lemma VOLARE
bastano le prime 3 ruote. Tuttavia, come ben sapeva il
Nolano,m il sistema di 1 50 sillabe bielementali aperte
non esaurisce - come illustra Sturlese - << la gamma delle
sillabe possibili [ ] che possono essere anche poliele­
. . .

mentali (DRA-MIS-NUM-TRANS) oppure bielementali


chiuse (AD-IM-UN) . Per questi casi il Bruno offre un si­
stema di riduzione, che permette di ricondurre tutte le
sillabe possibili alla 1 50 fondamentali da lui codificate
[ ] Bruno isola le consonanti terminali in sillabe polie­
. . .

lementali (undici: C-G-L-M-N-P-NS-NT-R-S-T) ; a queste


aggiunge le tre liquide (L-N-R) in posizione media (ad
esempio nelle sillabe BLA-GNU-PRA) » . 1 38 Sono in tutto
1 4 lettere che vengono rappresentate da 4 immagini cia­
scuna. Queste lettere servono così a integrare (dove lo ri­
chiede la formazione di certi vocaboli) il sistema prima­
rio delle 1 50 sillabe e a disporre di un sillabario comple­
to per ogni evenienza verbale; analogamente accade per
le immagini che denotano queste « nuove >> lettere e che
vanno aggiunte al preesistente lessico figurativo. ug
La machina delle 5 ruote, come già accennato, non vie­
ne raffigurata nel libro per l'evidente complessità grafica
della sua realizzazione. 140 Allora Bruno, considerato che

lizzandoli del tutto dalle loro valenze mitiche, storiche e lette­


rarie.
1 37. Si vedano nel De umbris i paragrafi IV-IX della prima praxis
(pp. 1 25-28) e gli ultimi paragrafi della secunda praxis, pp. 1 75-
77.
1 38. Sturlese, in Bruno, De umbris idearum, cit. , pp. LXVII-LXIX.
1 39. Sul meccanismo che regola l'inserimento di certe lettere
e immagini nella combinazione delle ruote si veda Sturlese, op.
cit., pp. LXIV-LXIX; M. Maddamma, in Bruno, L'arte della memo­
ria, cit., pp. 206-207.
1 40. De umbris, p. 1 3 1 : « Quoniam difficile est quinque rotas in
modicam contrahere latitudinem, unam tantum apponimus
ad cuius similitudinem sunt aliae, eandemque non extensam
sed contractam, quandoquidem triginta precipua vexilla ordi­
nantur in circumferentiam, et subalternata singulorum quin-
DE UMBRIS IDEARUM 61

Tavola VIII

le 5 ruote sono simili l'una all'altra, ne disegna una sol­


tanto che serva così da esempio per tutte: questa (tav.
VIII) viene rappresentata in forma « contratta » , ridotta.
Se l'immagine riassume in sé una delle 5 ruote, vuol di­
re che tutti gli elementi (le 1 50 sillabe e le rispettive im­
magini) che si trovano distribuiti in una di queste devo­
no ugualmente comparire, pur in maniera diversa, an­
che nella medesima tavola VIII. Infatti le 1 50 sillabe di
una ruota delle 5 (che d'ora in poi, per comodità e per

que ordinantur in scalas a singulis ad medium '' ( '' Dal momen­


to che è difficile contrarre cinque ruote in un piccolo spazio,
ne mostriamo soltanto una, a somiglianza della quale sono le
altre. Anche questa tuttavia non è dispiegata per intero ma
contratta, poiché vi sono stati collocati ordinatamente i trenta
vessilli sulla circonferenza, e i cinque elementi subordinati agli
stessi vessilli vi sono stati disposti a scale, da ciascun vessillo
fino al centro " ) .
62 CORPUS ICONOGRAPHICUM

distinguerla dalla « contratta » , chiamo << estesa » ) sono


prodotte, come sappiamo, dalla congiunzione di ciascu­
na delle 30 lettere dell'alfabeto bruniano con le 5 vocali
(AA-AE-AI-AO-AU; BA-BE-BI-BO-BU; CA-CE-CI-CO-CU;
DA-DE-DI-DO-DU, ecc. ) . Ma, nella figura « contratta » ,
composta secondo il testo da 6 ruote 1 4 1 concentriche (u­
na alfabetica più esterna con i « vessilli >>, cioè le lettere,
alla circonferenza, e 5 interne con vocali) dove sono col­
locate tutte queste lettere alfabetiche ( 1 50) e le vocali
( 1 50) che generano i 1 50 binomi (AA-AE-AI-AO-AU; BA­
BE-BI-BO-BU, ecc.) della figura « estesa >>?
Le 1 50 vocali sono posizionate nelle 5 ruote interne,
disposte radialmente nei settori verso il centro, mentre
invece le 150 lettere dell'alfabeto sono « ridotte >> in una
singola ruota alfabetica (la seconda o quella più interna
delle due che coronano la tavola VIII; della prima ruota,
la più esterna, ragioniamo a parte più avanti) che ne con­
tiene 30, ossia un solo, intero alfabeto rispetto ai 5 che si
susseguono nella ruota « estesa >> . In altre parole Bruno
ha lasciato nella ruota « contratta » lo stesso numero di
vocali ( 1 50) contenute in quella « estesa >> e, nel contem­
po, ha ridotto a Ys (30) il numero delle 1 50 lettere alfa­
betiche che cifrano la « estesa >> .
In questo modo si capisce il senso della '' contrazione >>
e la semplicità del suo meccanismo combinatorio, finora
rimasto incompreso e ritenuto del tutto enigmatico. In­
fatti, per formare con la figura « contratta >> le 150 sillabe
e le annesse immagini di quella « estesa >> , è sufficiente
muovere la seconda ruota alfabetica (l'interna tra le
due) in senso orario. Come emerge utilizzando la rico­
struzione (fig. 8, fuori testo in astuccio) , cioè l'applica­
zione mobile della tavola VIII, accade che la lettera A
(della ruota alfabetica) forma con la vocale a (della ruo­
ta sottostante) la sillaba AA, ma se la spostiamo gradual­
mente verso destra, da un settore ad un altro, la troviamo
abbinata di conseguenza alla sottostante vocale e, per cui
abbiamo AE, poi con la i avremo AI, con la o AO, con la u

1 4 1 . In realtà nella xilografia le ruote sono 7, ma di questa ap­


parente contraddizione testo/immagine diremo fra poco.
DE UMBRIS IDEARTJM 63

AU. Tale ritmo risulta contemporaneo a tutte l e lettere


che si accoppiano in successione con le 5 vocali perché
queste ultime (come si vede chiaramente nella tavola
VIII e nella figura 8) , sono poste a scalare, di ruota in
ruota, verso il centro (ricordo il testo: « et subalternata
singulorum quinque ordinantur in scalas a singulis ad
medium '' ) , 142 per cui mentre la lettera A (colorata di gial­
lo nella ricostruzione della figura 8 per una migliore in­
telligenza visiva del processo combinatorio) sta percor­
rendo le « sue >> vocali (gialle) della prima ruota (delle
cinque interne) , la lettera B (colorata di rosso) sta facen­
do altrettanto con le vocali (rosse) della seconda ruota,
la C (verde) con quelle (verdi) della terza ruota, la D
(arancione) con quelle (arancioni) della quarta ed in­
fine la E (azzurra) con le vocali (azzurre) della quinta.
Con la lettera F (di nuovo colorata di giallo) si ricomin­
cia un'analoga congiunzione con le vocali (gialle) della
prima ruota, mentre la G (di nuovo rossa) si sposa con
quelle (rosse) della seconda, e così via. Il simbolismo cro­
matico, ora applicato in funzione didattica nella ricostru­
zione della figura 8, non è affatto peregrino agli insegna­
menti dell'arte combinatorio-mnemonica medioevale e
successiva, bensì vi compare quale attivo strumento visivo
e distintivo, già ricorrendo nelle ruote di Lullo, 1 43 come

142. Tale dinamica mnemonica è dichiarata in due passi del De


umbris, di cui non è mai stato afferrato l'esatto significato, per­
ché non se ne coglieva la correlazione con il meccanismo com­
binatorio della ruota « contratta '' ora scoperto; p. 1 29: " ita
nunc ordinate disponas centum quinquaginta, quod fit singula
ad sistentium elementorum per quinarium subsistentium de­
ducendo ,, ( « così ora tu disponi centocinquanta elementi in
modo ordinato: cosa che si ottiene conducendo ciascuna delle
lettere che stanno sopra attraverso le cinque lettere che stanno
sotto >> ) ; cfr. p. 1 30: « Nunc ad amplissimam operationem, sin­
gulis propositorum vexillorum, per quinarium quinque subsi­
stentium elementorum deducendis, alia quinque substerna­
mus vexilla >> .
143. Ars generalis ultima, a cura di A . Madre, Turnholti, 1 986,
pp. 1 4-1 7: << Triangulus viridis [ . . . ] Triangulus rubeus [ . . . ] Per
64 CORPUS ICONOGRAPHICUM

in Bruno quando, a proposito della superficie dei loci me­


moriae, osserva che nel locus in generale si opera « quasi
estraendo le figure (forme, immagini) dal centro della
materi<�:_, come colorando sulla superficie le sue figurazio­
ni >> . 1 44 E evidente che nella tavola VIII bastano cinque
« mosse >>, ovvero è sufficiente spostare gradualmente la
lettera A sulle '' sue >> cinque vocali affinché ciò accada, in
modo simultaneo, a tutte le altre lettere alfabetiche con
le rispettive vocali.
In sostanza questo marchingegno « contratto >> permet­
te, muovendo unicamente la seconda ruota alfabetica, la
più interna delle due, di soli cinque gradi o settori, e
mantenendo fisse le 5 ruote interne con vocali, un sin­
cronico abbinamento tra ciascuna delle 30 lettere con le
« proprie >> 5 vocali e la ovvia conseguente generazione
delle 1 50 sillabe e consociate immagini o viceversa.
A questo punto si deve parlare della ruota alfabetica
più esterna, la prima delle due, alla quale si è accennato
sopra. A riguardo il testo tace e, a prima vista, sembre­
rebbe superflua, considerando che il congegno combi­
natorio appena esposto (che trova conferma sia nel testo
che nella incisione) non necessita, per il suo funziona­
mento, di questa ulteriore ruota. Perché dunque Bruno
l ' ha voluta nella sua xilografia? Credo per darci un preci­
so e significativo exemplum di come questa macchina, ca­
pace di « contrarre >> in sé una singola ruota di 1 50 sillabe,

triangulum croceum » ; cfr. A. Llinarès, in R. Lulle, L 'Art bref,


Paris, 199 1 , pp. 35, 87. Gli stessi triangoli colorati in Bruno, Me­
dicina, pp. 828-30.
144. « [ . . ] quasi a centro materie figuras explicans, tum quasi
.

in superficie illius figurata colorans » (De imaginum compositione,


Il, 3, p. 1 25) . Il colore è fondamentale nella creazione memo­
rativa delle immagini (ancora nel De imaginum compositione, Il,
3, p. 1 90: « In iis [ loci quali « campi » , « atrii » , « Case •• ] inquam
requiruntur certa perspicuitas, color, ordo, varietas, distantia,
magnitudo, selectio, numerus, distinctio, compositio » ) ; i colo­
ri sono le qualità estrinseche delle cose: De umbris, p. 1 79; cfr.
Lampas, p. 1 3 1 4; De vinculis, p. 539: « species figuram, linea­
menta et colores significat » .
DE UMBRIS IDEARUM 65

può, se ampliata opportunamente, « contrarre » l'intero,


grande sistema mnemonico a 5 ruote con 750 sillabe e al­
trettante raffigurazioni di cui si è già detto. Difatti, se
muoviamo gradatamente in senso orario anche questa
prima ruota alfabetica, esattamente come si è fatto finora
con la sottostante, ci accorgiamo che le sue lettere (ac­
coppiandosi anch'esse con le corrispettive vocali poste
nelle 5 ruote interne) producono altre 1 50 sillabe. E evi­
dente che ciò vale per qualsiasi altra ruota alfabetica che
si vuole aggiungere alle preesistenti: in altre parole l'am­
pliamento del sistema combinatorio della tavola VIII di­
pende soltanto, restando invariato il numero e la posizio­
ne delle 5 ruote centrali con vocali, dall'aumento del nu­
mero delle ruote alfabetiche. Tale dinamica spiega per­
ché queste ultime, nel meccanismo compositivo delle
ruote concentriche, devono essere sistemate sulle orbite
esterne, aperte oltre il limite dell'ultima circonferenza
(dove niente impedisce di aggiungerne altre) , mentre
quelle vocaliche rimangono chiuse, fisse all'interno.
Immaginiamoci allora che la xilografia sia composta
dalle 5 ruote interne con vocali (come di fatto lo è) e da
ben 5 ruote esterne con le lettere (delle quali per como­
dità grafica l' incisione bruniana riproduce soltanto le
due che vediamo) , ebbene il moto uniforme di queste ,
coniugandosi con le vocali di quelle (5 ruote X 30 lettere
x 5 vocali) , genera le 750 sillabe e le altrettante immagini

connesse. Ma c'è di più. Infatti, se si considera un simile


congegno (5 ruote mobili alfabetiche e 5 fisse di vocali)
alla luce delle cinque modalità iconiche (AGENS-AC­
TIO-INSIGNE-ADSTANS-CIRCUMSTANTIA) che rappre­
sentano le sillabe, se ne trae che, per esempio, la ruota al­
fabetica più esterna, grazie all'unione delle sue lettere
con le rispettive vocali, secondo la regola che conoscia­
mo, viene contrassegnata dalle 150 sillabe e dalle rispetti­
ve figure AGENTES, la seconda ruota dalle proprie 1 50
sillabe e annesse ACTIONES, similmente nella terza per
ogni sillaba avremo un INSIGNE, nella quarta un AD­
STANS, nella quinta una CIRCUMSTANTIA. In tale mo­
do la sequenza combinatoria delle 5 ruote alfabetiche
66 CORPUS IC ONOGRAPHICUM

che, l'una dopo l'altra, si sposano con le vocali e genera­


no le sillabe, rispecchia la processione memorativa delle
immagini, che vanno appunto di 5 in 5, dall'AGENS alla
CIRCUMSTANTIA.
Si tenga infine presente che il ricorso al numero 5, fin
qui più volte incontrato nelle elaborazioni dell' ars bru­
niana, fa parte delle regole auree della mnemotecnica.
Infatti, a proposito dei loci, nell'Ad Herennìum 145 si consi­
glia di procedere mnemonicamente di 5 << luoghi » in 5,
per essere certi di non sbagliare nel ricordare il loro or­
dine.
A questo punto, prima di proseguire nell'esame delle
xilografie succesive, è necessario aprire una parentesi su
alcune questioni suscitate dalla machina delle 5 ruote, su
cui hanno ampiamente dibattuto, secondo tagli interpre­
tativi diversi, alcuni dei maggiori studiosi di Bruno e del
De umbris idearum. Per comodità espositiva affronterò le
questioni in due punti successivi: il primo riguarda il pro­
blema delle sigle tipografiche, il secondo la lettura << ma­
gica >> della Yates.

145. III, 18; cfr. l'Artificialis memoriae regulae di Iacopo Ragone


da Vicenza, composto nel 1 434, in P. Rossi, op. cit., p. 2 1 ; oppu­
re quanto si afferma in un anonimo trattato sulla memoria ar­
tificiale, anch'esso risalente al XV secolo, riportato ibid., p. 23:
" Et nota quod predicta ]oca scire debes et ante et retro et ipsa
adigere per quinarium numerum, videlicet de quinque in
quinque " ·
IL PROBLEMA DELLE SIGLE TIPOGRAFICHE

Nell'edizione originale del De umbris146 troviamo che


gli elenchi delle sigle sillabiche, che accompagnano gli
agentes, le actiones, ecc., non sembrano a prima vista cor­
rette in quanto, invece di essere costituiti da 5 serie com­
plete (una per ogni ruota) di 1 50 sillabe bielementali
aperte secondo l'ormai consueto schema (AA-AE-AI-AO­
AU; BA-BE-BI-BO-BU; CA-CE-CI-CO-CU; DA-DE-DI-DO­
DV, ecc.) , si riscontrano notevoli varianti, sovrapposizio­
ni e ripetizioni di gruppi sillabici. Per esempio nella pri­
ma ruota l'elenco procede dal gruppo iniziale di sillabe
AA-AE-AI-AO-AU fino al gruppo HA-HE-HI-HO-HU, per
un numero complessivo di 40 sillabe su 1 50; poi l'elenco
riprende da GA-GE-GI-GO-GU per arrivare al gruppo
con la psi: 'PA-'PE-'PI-'PO-'PU. Si hanno così 1 30 sillabe,
tra le quali due gruppi (quelli che iniziano con la G e con
la H) sono doppi. Le altre 20 mancanti, invece di essere
composte, come richiesto dall'alfabeto bruniano, dalle
rimanenti lettere greche ed ebraiche, accoppiate con le
solite vocali, sono costituite da cinque gruppi sillabici che
ripetono la successione da AA-AE . . . fino a . . . DO-DV. Al­
tre simili varianti si ripropongono negli elenchi successi­
vi, come nella terza ruota, dove gli ultimi sette gruppi di
sillabe, che avrebbero dovuto essere composti dalle lette­
re greche ed ebraiche, sono altrimenti ottenuti con la ri­
petizione, per sette volte, del gruppo AA-AE-AI-AO-AU.
Nella quarta ruota poi, quella inerente i 1 50 adstantes, in
sostituzione dell'usuale teoria di sillabe, troviamo ripetu­
to per 30 volte, in lettere minuscole, il gruppo aarae-ai-ao­
au. Certe oscillazioni e ripetizioni di gruppi sillabici si
devono, secondo la Sturlese/47 che li giudica « anomali '' •
« irregolari '' e incongruenti '' • a « ragioni tipografiche '' • e
cioè al fatto che la tipografia del Gourbin, dove fu stam­
pato il De umbris, non disponeva di un sufficiente numero
di caratteri greci ed ebraici per realizzare tutte le liste sil-

146. Alle cc. 45r- 50v.


1 47. Op. cit., pp. XLV-XLVII, LIX-LX.
68 CORPUS ICONOGRAPHICUM

labiche richieste, così che in sostituzione dei caratteri


mancanti si ricorse ad altre coppie di lettere. In conse­
guenza, la Sturlese, poiché l'intero sistema sillabico così
com'è stampato nell'originale (anche in considerazione
« d eli' enigmatica serie della quarta ruota >> degli astantes)
è fallace e inutilizzabile, lo corregge e, nella sua edizione
critica del De umbris, propone tutte le serie sillabiche se­
condo la loro canonica successione, ossia associando cia­
scuna lettera dell' alfabeto bruniano alle cinque vocali.
Come ha rilevato con acume Francesco Torchia, 148 l'in­
terpretazione della Sturlese non è sostenibile. Discutia­
mone le ragioni. Innanzi tutto la questione della carenza
di caratteri greci ed ebraici è inficiata dali' elenco sillabi­
co della quarta ruota degli astantes, tutta composta, come
sappiamo, dal gruppo aa -ae-ai-ao-au ripetuto. In questo
caso, se seguiamo il ragionamento della Sturlese, do­
vremmo dedurne che l'affermata tipografia Gourbin era
sprovvista non solo di lettere greche ed ebraiche, ma an­
che di quelle latine. Non pare certo credibile, evidente­
mente le ragioni di tutto ciò vanno cercate altrove. In se­
condo luogo, sappiamo con certezza 1 49 che già in corso di
stampa i fascicoli del De umbris subirono revisioni e corre­
zioni, per esempio il fascicolo K venne ricomposto inte­
gralmente per due volte, così come numerosi furono gli
interventi dei due revisori, che la Sturlese identifica in
un impiegato della tipografia Gourbin e nello stesso Bru­
no. Le nuove tirature, spiega ancora la studiosa, furono
« un'operazione estremamente dispendiosa sia per il co­
sto del lavoro che per il costo della carta finita al macero,
e che appare tanto più singolare se consideriamo che
Bruno era allora, a Parigi, quasi uno sconosciuto, mentre
l'editore aveva già alle sue spalle una solida attività •• . '""
« Certo Bruno '' prosegue la Sturlese « approfittò della ri­
composizione per correggere refusi e migliorare qualche

148. La chiave delle ombre, in << Inserzioni >> , l ( 1 997) , pp. 1 3 1-5 1 .
149. Lo dimostra la stessa Sturlese, in Bruno, De umbris idearum,
cit., pp. XXIV sgg., XLIV sgg.
150. /bid., pp. XLV-XLVII.
DE UMBRIS IDEARUM 69

verso )) . Ma non solo. « Se si considera infatti il fregio usa­


to come testata in capo all' Ars brevis et expedita a c. 73v, si
nota subito che la modesta ornamentazione a foglie che
compare nella prima composizione A (mai usata nel cor­
so del De umbris) è sostituita, in B [cioè nella seconda
composizione] da un imponente fregio a grottesca >>.
La domanda che ci poniamo a questo punto, e che
rende vana l'ipotesi della Sturlese, appare scontata: ma
come è possibile che una simile mole di correzioni e di
interventi tesi a migliorare la redazione finale del testo,
dovuti anche allo stesso Bruno, abbia partorito decine di
serie sillabiche incongruenti, sbagliate e non corrette, ta­
li da rendere inefficiente e incomprensibile il meccani­
smo mnemonico delle cinque ruote? Pertanto gli elenchi
di sillabe, così come compaiono nell'originale, non pos­
sono essere che quelli stabiliti dal Nolano e quindi sono
esatti. Ma che senso hanno allora le varianti e oscillazio­
ni? La risposta, mi pare, va cercata nel modo con cui il
Nolano porge il proprio insegnamento dell' ars: da un la­
to egli lo affida ad una scrittura ricca di esempi e di sche­
mi talvolta oscuri, da un altro lo delega al reale riscontro
che il lettore o l'allievo può trarne, mettendolo personal­
mente in pratica, riuscendo così a decifrare quelle oscu­
rità attraverso l'esercizio, a rendere viva e verace la dot­
trina scritta grazie alla sua applicazione interiore. 1 5 1 Una
simile prassi didattica giustifica pienamente la presenza
delle varianti negli elenchi: grazie ad essi si vogliono in­
fatti mostrare, a chi segue l' ars del Nolano, diverse ma­
niere di utilizzazione sia degli elementi sillabici e iconici
che delle loro combinazioni, fermi restando i meccani­
smi di base che li regolano. Bruno infatti, pur sempre
nell'ottica della sperimentazione individuale e rispetto
alle norme stabilite, scrive152 che gli elementi mnemonici

1 5 1 . Bruno ribadisce più volte l' importanza docetica di certe


pratiche, cfr. la nota 1 75 dell'Introduzione e la nota 132 del De
umbris.
152. De umbris, pp. 1 1 6-17, 1 22-23, 1 28, 1 30-31 ; cfr. la nota pre­
cedente. A proposito della moltiplicazione degli elementi let­
terali Bruno osserva che, se ce n'è bisogno, si può « dilatare im-
70 CORPUS ICONOGRAPHICUM

si possono cambiare l'uno con l'altro, modificare e di­


sporre a piacimento, che le ruote si possono muovere in
questo o quel senso, che le sillabe si possono formare sia
legando ogni elemento alfabetico a ciascuna vocale, sia
viceversa, come nella tavola XXIX, e che l 'impiego e la
composizione degli elementi possono essere adattati alle
necessità combinatode del momento o dell'occasione.
In questo contesto emerge la vivace funzionalità delle va­
rianti negli elenchi sillabici, i quali, non più intesi rigida­
mente vincolati e vincolanti, come invece propone la ri­
costruzione in merito della Sturlese, testimoniano la pos­
sibilità di diversi giochi combinatori all'interno degli
stessi elenchi, ed esemplificano la mirabile versatilità del­
l'invenzione bruniana. Allora, per esempio nella prima
ruota, si può ipotizzare che immagini diverse, le quali
rinviano a gruppi sillabici uguali, possano dimostrarsi ne­
cessarie alla creazione di specifici gruppi di parole tra
loro foneticamente similari. La sostituzione, nella terza
ruota, dei gruppi con le lettere greche ed ebraiche, for­
se significa semplicemente che, una volta fissata mental­
mente una qualsiasi serie di immagini (come gli ultimi
35 insignia della terza ruota) , questa può essere collegata
a quell' insieme di gruppi di sillabe (o anche con lo stesso
gruppo ripetuto) che riteniamo più opportuno, indipen­
dentemente dall'elenco complessivo. In una simile pro­
spettiva anche l ' " enigmatica >> serie della quarta ruota
può essere spiegata. Prendiamo di nuovo in considera­
zione la tavola VIII e la sua ricostruzione mobile (fig. 8) :
si nota immediatamente che l'elenco sillabico di lettere
in caratteri minuscoli della quarta ruota trova puntuale
riscontro nella parte centrale della figura, ossia nel corpus
delle minuscole che , nelle cinque ruote interne, indica­
no la teoria delle vocali. Se questa concordanza è si-

mensamente la pagina ''• cioè il subiectum, e il luogo mnemoni­


co, e di conseguenza moltiplicare in maniera innumerevole gli
elementi da aggiungere ( ibid., p. 128: << Habebas ad numerum
elementorum triginta vivacisima adiecta [ . . ] Nunc iuvat in im­
.

mensum - si fuerit opus - dilatata paginam, multiplicare in in­


numerum dictionum adiectionem » .
DE UMBRIS IDEARUM 71

gnificante, ne consegue che qui Bruno vuole probabil­


mente suggerire l'utilizzazione delle sole ruote vocaliche
come meccanismo combinatorio, autonomamente dalle
ruote alfabetiche sovrastanti. È ovvio che questo mecca­
nismo esposto nella quarta ruota degli astantes, dove 1 50
immagini sono relate al solo gruppo aarae-ai-ao-au ripetu­
to per 30 volte, risulta di per sé inutilizzabile per la memo­
ria verborum, essendo privo di elementi consonantici at­
ti alla formazione di « innumerevoli >> parole, senonché
Bruno, 153 in diverse occasioni, fornisce indicazioni sul mo­
do di aggregare le consonanti sia al centro che in finale
di sillabe bielementali, perciò anche bivocaliche. In ge­
nerale tali aggregazioni si ottengono aggiungendo al­
l'immagine dell' agens (ugualmente a quella dell' actio, o
dell' insigne, oppure dell' adstans o della circumstantia) un
particolare accidente, un simbolo, tale da ricordare la
consonante voluta al posto desiderato. 154 In questo caso
le aggregazioni, che possono essere di più consonanti,
dovrebbero riguardare gli adstantes secondo un criterio
speciale, considerando appunto le ben 1 50 sillabe bivo­
caliche. Non ci è dato di conoscere come la dinamica as­
sociativa e combinatoria vada qui puntualmente applica­
ta, e il Nolano non esplicita un granché, limitandosi ad
invitare il praticante dell' ars, come suo costume, a trova­
re lui stesso una soluzione al problema. 155 A noi tuttavia

153. Ibid., pp. 1 75-77; l'argomento è trattato anche nella prima


praxis, pp. 1 25-27; si vedano sopra le note 1 1 9, 1 20, 1 35, 1 36,
137.
1 54. Ibid., p. 177: nella prima ruota Bruno assegna al personag­
gio agens 1 1 differenti immagini (significanti le lettere finali C,
G, L, M, N, P, NS, NT, R, S, T; cfr. Sturlese, in Bruno, De umbris
idearum, cit., pp. LXVI I-LXVIII ) da collocarsi sul suo capo, e 3 im­
magini (significanti gli elementi intermedi L, N, R) da porsi sul
suo dorso o viceversa. Assegna poi altrettante differenze ( 1 1 + 3)
da aggiungere alla figura dell' actio nella seconda ruota; per la
terza ruota ( insignia) non viene precisato niente; per la quarta
( adstantes) abbiamo ancora 1 1 + 3 differenze come nell' actio;
per la quinta se ne prevedono 15 ( 1 2 finali e 3 medie) .
155. Ibid., p. 1 76: « Pro medianti bus autem et supervenienti-
72 CORPUS ICONOGRAPHICUM

basta sapere che un simile gioco aggregativo sia previsto,


quindi applicabile al singolare catalogus degli adstantes
denotati da sillabe di sole vocali, per rendere plausibile la
nostra ipotesi.

L ' INTERPRETAZIONE «MAGICA>> DI FRANCES A . YATES

La studiosa inglese Frances A. Yates 1 56 ha ritenuto che


le 1 50 immagini zodiacali, planetarie, lunari, 1 57 che nel
testo bruniano compaiono dopo gli elenchi sillabici, co­
stituiscano le icone che vanno collocate nella ruota più
interna della machina con cinque ruote, ossia nella ruota
dove si pongono le circumstantiae. Le pregnanti valenze
magico-astrali, che la Yates attribuisce a tali immagini e
alla loro positura centrale, nel mezzo del marchingegno
rotante, le fanno ritenere che l'intero sistema vada inteso
come un potente meccanismo di mnemotecnica magica.
Non mi dilungo sull'analisi che la Yates svolge in propo­
sito, in particolare sui significati dei segni zodiacali, pla­
netari, ecc., perché il nocciolo della questione è un altro,
ovvero che le 150 immagini astrali, se si segue attenta­
mente il testo di Bruno, non si possono riferire alla ruota
interna della machina, come vedremo fra poco commen­
tando le tavole IX-XXVIII. Così l'interpretazione della
Yates è sbagliata perché si basa su un presupposto inesi­
stente. Vediamo le ragioni di questa affermazione, che
spiegano l'abbaglio della Yates. 1 5H

bus, seu cadentibus et succedentibus elementis ad singulas


quinque combinationum pertinentibus, tuo o amice studio po­
teris providere >> .
156. L 'arte, cit. , pp. 183 sgg., e Giordano Bruno, ci t., pp. 2 1 2-27.
157. Nell'originale alle cc. 5 1 r- 67r; nell' edizione Sturlese alle
pp. 1 50-74.
158. Tengo qui a precisare che questa svista, anche se di non
poco conto, niente toglie all'alto pregio scientifico della Yates,
i cui geniali e pionieristici lavori su Bruno e sull'arte della me­
moria rimangono a tutt'oggi un saldo punto di riferimento.
Eventualmente c'è da chiedersi come mai nessuno, dei tanti
DE UMBRIS IDEARUM 73
La quinta ruota concerne le circumstantiae, che non pos­
sono essere, per loro natura, complesse immagini astrolo­
giche, bensì - come si è visto in precedenza - raffigura­
zioni sostanzialmente semplici quanto disparate, dipen­
denti come sono dalla varietà e diversità dei personaggi
agentes di riferimento, ai quali sono vincolate attraverso
un'analogia elementare. Le 1 50 figure astrali invece, es­
sendo univoche nella loro tematica celeste e costituendo
un articolato e conchiuso sistema astronomico-simbolico,
non possono soddisfare l'elasticità concettuale e le diffe­
renziazioni iconiche richieste appunto dalle varie associa­
zioni analogiche tra circumstantiae e agentes. Insomma le
circumstantiae sono espressioni iconologicamente sinteti­
che, denotate da singole, schiette immagini, e non certo
dalle eterogenee personificazioni astrali dei decani, dello
zodiaco, astrali elencate nel testo bruniano: dal momento
che queste ultime non raffigurano le circumstantiae, l'in­
terpretazione della Yates non ha più senso.
Prima di tentare di spiegarci come la studiosa sia potu­
ta incorrere nell' abbaglio, vale la pena di sottolineare al­
tri quattro aspetti della questione che confermano ulte­
riormente le nostre osservazioni.
Il primo riguarda la constatazione che le 1 50 immagini
astrali, considerate singolarmente, risultano composte -
ma ne ragioneremo meglio fra poco - secondo la struttu­
ra mnemonica quinaria dell' agens, dell' actio, dell' insigne,
dell' adstans e della circumstantia, per cui costituiscono
tutte insieme un autonomo, completo sistema di 750 ico­
ne, da applicare semmai all'intera machina delle cinque
ruote con ordinata distribuzione, ma non certo ad una
sola ruota come vuole la Yates.
Il secondo concerne l'osservazione che nella stampa
originale le figure astrali non sono accompagnate da una
numerazione progressiva (da l a 1 50) , come invece acca­
de per le immagini degli agentes, per quelle delle actiones,
degli insignia e degli adstantes (mancano le circumstantiae

studiosi che si sono occupati dell'argomento dopo l'interpre­


tazione della Yates, non si sia accorto dell'errore.
74 CORPUS ICONOGRAPHICUM

per i noti motivi, e dunque la relativa numerazione) : di­


stinzione che mette in risalto, in modo esplicito, la diver­
sità di impiego tra le due liste.
Il terzo è inerente al corretto funzionamento della ma­
china combinatoria con le cinque ruote: seguendo l'in­
terpretazione della Yates, ci troviamo di fronte ad un'at­
tuazione dell' ars bruniana impraticabile. Difatti, se per
ricordare una parola di cinque sillabe, secondo il dettato
di Bruno che prevede in sostanza una proporzione pari­
tetica tra imago e syllaba, occorrono cinque semplici im­
magini ( agens, actio, insigne, adstans e circumstantia: ri­
prendendo l'esempio fatto sopra abbiamo il verbo AEDI­
FICARE che viene rammentato dalla sequenza iconica di
« Osiride l col vino annacquato l fatale l con fiori l nel
deserto » ) , applicando l'opinione della studiosa inglese
accade invece che le immagini proliferano, rendendo ol­
tremodo complicata e un po' assurda la stessa ars che, co­
sì intesa, servirebbe a ricordare poche parole attraverso
una pletora di figure. 1 59 Basti riconsiderare ancora la pa­
rola AEDIFICARE, e attribuire alla circumstantia le imma­
gini astrologiche relative alla sillaba RE: 160 ne risulta che
per memorizzarla è · necessaria la seguente serie icono­
grafica: << Osiride l col vino annacquato l fatale l con fio­
ri l e una donna l su un'idra l con tre colli l da ciascuno
dei quali escono sette teste l la quale tende davanti a sé
le mani vuote >> . Evidente la mancanza di qualsiasi pro­
porzione mnemonica tra immagini e sillabe, esorbitante
il carico di immagini necessario a memorizzare un di­
scorso complesso. Tanto più che con questo inserimento
di figure astrali, ciascuna delle quali presenta come pri­
ma immagine un personaggio agente (uomo, donna, sol­
dato, fanciullo, centauro, ecc. ) , si interrompe e confon­
de (proprio per la duplicazione dell' agens) quel sistema
di scatole cinesi che regola e semplifica il meccanismo

159. Cfr. Torchia, op. cit. , pp. 135- 36.


1 60. De umbris, p. 1 68: « Quarta est mulier super hydram tres
cervices e quarum singulis septem exiliunt capita habentem,
vacuas antrorsum tandens manus >>.
DE UMBRIS IDEARUM 75

figurativo delle cinque ruote, fondato appunto sul pri­


mato di quell 'unico agens (Regima, Osiride, Cerere, Trit­
tolemo, ecc. ) , sotto e intorno al quale, come ad una figu­
ra guida, sono correlate, o se si vuole iconologicamente
« incastrate " , tutte le successive immagini dell' actio, del­
l' insigne, ecc., ossia azioni, epiteti, attributi, ecc. ad esso
pertinenti. Gioco, appunto, di " incastri >> e di concatena­
zioni analogiche, nel quale un 'immagine richiama l'al­
tra, proprio come gli anelli in una catena o - se il para­
gone è permesso - come una scenetta segue e rinvia ad
un'altra in un cartone animato, secondo una vivida dina­
mica figurativa che rende il meccanismo mnemonico di
Bruno meno difficile di quanto sembri, ma che divente­
rebbe impossibile seguendo la Yates.
Quarto, ovvero alcune brevi considerazioni che, al
contrario dall'ipotesi della Yates, negano ogni valenza
magica alla machina del De umbris. Innanzi tutto si ricordi
che l'opera venne concepita espressamente per dimo­
strare al re di Francia, come si è detto sopra, che la
straordinaria padronanza mnemonica del Nolano « non
era per arte magica ma per scienzia » . Affermazione do­
vuta allo stesso filosofo e di cui non c'è ragione di dubi­
tare: ne consegue che il De umbris è un manuale dove si
espone « scientificamente " l' ars e non altrimenti. Bruno
è attento a certe distinzioni se nel De imaginum compositio­
ne, 1 6 1 a proposito delle immagini dei 30 sigilli esposte da
un punto di vista meramente tecnico-mnemonico e
grafico-compositivo, sente l'esigenza di precisare che, in
questo caso, non si discute di « immagini magiche " . Ci
soccorre poi in proposito il riscontro che, per contrasto,
ci viene offerto dalle altre opere di Bruno, nelle quali si
palesa invece la sua << arte " magica, come pe r esempio
nell' Explicatio triginta sigillorum oppure negli Articuli ad-

1 6 1 . Il, 3, p. 278: << Superest in hac tertia contemplatione magis


ad particularia discernere, primum haud quidam magicas, de
quibus nullum est heic propositum, sed tum nostris rationibus
adcommodas, tum a rationibus nostris tanquam principiis de­
pendentes, tum etiam pro modulo typicas '' ·
76 CORPUS ICONOGRAPHICUM

versus mathematicos: qui le xilografie sono eseguite perso­


nalmente dal Nolano philosophus, artifex e magus, e carat­
terizzate, dal punto di vista iconologico, da un ricco e
preciso lessico di signa magico-astrali, proprio al contra­
rio di quelle del De umbris, dove non solo non si trova
traccia di un simile vocabolario, ma si tratta di incisioni
significativamente realizzate da altra e valente mano arti­
stica e non certo da quella di Bruno.
In ultimo due parole sui motivi che possono avere sug­
gerito alla Yates la sua interpretazione. Non possiamo fa­
re che delle ipotesi. La più verosimile è che si tratti di
una '' svista >> nel vero senso della parola. Infatti nell' origi­
nale (fig. 8 bis) , dalla c. 45r (f5r) fino alla c. 50 v (g2v) ,
corrono ordinati gli elenchi con le sillabe e le relative nu­
merazioni arabe, da l a 1 50, inerenti le cinque ruote del­
la machina secondo le modalità già esposte sopra, cioè
non compare, perché non necessaria, la lista delle cir­
cumstantiae, così come gli agentes e le actiones vengono ci­
frati (similmente all' exemplum della tavola V) 162 da una so­
la lista sillabica e numerica, benché vadano intesi distinti.
Fin qui ed in questa maniera le pagine del De umbris pre­
sentano ed illustrano il sistema combinatorio della machi­
na, nella completezza delle sue componenti. Alla c. 51 r
(g3r) , subito successiva a tale esposizione (fig. 8 bis) , tro­
viamo un incipit che, distinto dalla pagina precedente
per i caratteri tipografici maiuscoli (IMAGINES FACIE­
RUM signorum ex Teucro babilonico quae ad usum praesentis
artis quam commode trahi possunt) , afferma chiaramente
che qui troviamo esposte « Le immagini degli aspetti dei
segni [zodiacali] tratte da Teucro Babilonese, le quali si
possono utilizzare assai convenientemente nella presente
arte >> . Segue un elenco di 1 50 immagini astrali abbinate
a sillabe, ma prive di numerazione, e che costituiscono,
come si dimostra qui di seguito, un corpus mnemonico
autonomo dal precedente, anzi una variante del mede­
simo. Significativo è che Bruno scriva « [ ] commode . . .

1 62. Cfr. il sistema della prima praxis : c. 35 r- v dell'originale;


pp. 1 1 7-18 dell'edizione Sturlese.
DE UMBRIS IDEARUM 77
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'ai marmor'"' 11 3 :.i lupus in cadauec 138 candid à prcclnétu� p!'Jia;� ; . _:' · · ;·:
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• o fpecuPùln>'ìtpc-c ao c®is cuctlos- la·
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Figura 8 bis: le cc. 50 v e 51 r del De umfnis

trahi possunt » , presentando così questo nuovo insieme


di immagini come uno strumento non « necessario >> ma
soltanto << possibile >>, conveniente e comodo nella sua ap­
plicazione mnemonica: ben altrimenti avrebbe dovuto
essere l'espressione bruniana se, come vuole la Yates, tale
insieme fosse stato il perno magico dell'intero sistema
combinatorio delle cinque ruote. Precisato tutto questo,
torniamo alle pagine dell'originale. Si può supporre che
la studiosa inglese sia stata tratta in inganno da una lettu­
ra un po' affrettata delle suddette pagine, in particolare
dal passaggio dalla c. 50 v alla 51 r, i testi (e le immagini)
delle quali costituiscono rispettivamente: da un lato la
conclusione degli elenchi mnemonici delle cinque ruote
della machina, dall'altro l'inizio di un nuovo insieme di
elenchi. Non distinguendo come dovuto i contenuti del­
le due pagine, ma considerandoli di seguito, soprattutto
78 CORPUS ICONOGRAPHICUM

perché in entrambe corrono le solite liste sillabiche ac­


canto alle immagini, è inevitabile che si possa credere
l'una la naturale continuazione dell'altra e, di conse­
guenza, le figure zodiacali facenti parte del sistema iconi­
co-mnemonico precedente. C'è da aggiungere che sulla
svista della Yates pesa comunque un' errata valutazione
del significato delle circumstantiae.
Tavole IX-XXVIII: cc. 5 1 r- 64v; pp. 1 50-71

Tavola IX Tavola X

Tavola XI Tavola XII

Tavola XIII Tavola XIV

Tavola XV Tavola XVI


80 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola XVII Tavola XVIII

Tavola XIX Tavola XX

Tavola XXI Tavola XXII

Tavola XXIII Tavola XXIV


DE UMBRIS IDEARUM 81

Tavola XXV Tavola XXVI Tavola XXVII

Tavola XXVIII
82 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Terminati gli elenchi inerenti le cinque ruote, il Nola­


no propone, come appena detto, le immagini degli
aspetti dei segni zodiacali tratte da Teucro Babilonese.
Nel complesso si tratta di 150 figure astrologiche: 36 de­
cani che rappresentano le sillabe da AA ad HA, 49 imma­
gini dei pianeti (sillabe da HE a RU) , un 'immagine del
drago della Luna (sillaba SA) , 28 immagini delle mansio­
ni della Luna (sillabe da SE a ZO) , 36 immagini delle 1 2
case dell'oroscopo. In quest'ultimo caso, a parte la prima
figurazione che denota la sillaba ZU, ritroviamo, al posto
delle serie di sillabe con lettere greche ed ebraiche, il
gruppo AA-AE-AI-AO-AU ripetuto sette volte.
Tutte le immagini sono soltanto descritte nel testo ma
non rappresentate con illustrazioni. La fonte letteraria di
un simile corpus iconografico astrale (escluse le 36 figure
delle 1 2 case) è stata individuata da Eugenio Garin 163 nel
De occulta philosophia di Cornelio Agrippa. 164
Ogni immagine è costruita secondo il sistema quinario
già esaminato per le cinque ruote della tavola VIII. 165 Fac­
ciamo qualche esempio.
La prima figura, o primo decano del segno dell'Ariete,
è « un uomo nero di statura smisurata, con gli occhi ar­
denti, dal volto severo, cinto di una candida veste ». 166
Scomponendo l'iconografia si nota che essa è costituita

1 63. Magia ed astrologia nella cultura del Rinascimento, in « Belfa­


gor », 5 (1950) , p. 663, nota 6.
1 64. Libro Il, capitoli 37-46, pp. 354-65.
1 65. Come già accaduto in precedenza per le figure dell' agens
e dell' actio, dove le due immagini, essendo riferite ad una me­
desima forma sillabica (per esempio AA) , venivano denotate
insieme da questa stessa unica sillaba (cfr. sopra la nota 1 35) ,
così qui, sempre nella stampa originale (cc. 51 r-67r) , ogni se­
rie di cinque immagini ( agens, actio, insigne, ecc.) viene accosta­
ta unitariamente alla comune sillaba di riferimento, senza che
questa venga inutilmente ripetuta ogni volta per ciascuna im­
magine.
166. De umbris, p. 1 50: «Ascendit in prima facie Arietis homo
niger, immodicae staturae, ardentibus oculis, severo vultu,
stans candida precinctus palla •• .
DE UMBRIS IDEARUM 83

da un personaggio agens (uomo nero) la cui actio consiste


nel mostrare la statura smisurata, il cui insigne sono gli
occhi ardenti, l' adstans il volto severo, la circumstantia l'a­
bito bianco che lo cinge. Naturalmente gli abbinamenti
che ora propongo tra la singola immagine e i rispettivi in­
signe, adstans e circumstantia sono interpretativi, e dunque
in qualche caso opinabili, in considerazione di una certa
intercambiabilità che Bruno assegna loro e di cui si è par­
lato sopra. Tuttavia, a parte certe oscillazioni, appare in­
discutibile che tutte queste 1 50 immagini, o meglio com­
posizioni iconografiche, risultino scomponibili in cinque
icone più semplici che danno corpo all'insieme.
La seconda figura, o secondo decano, mostra ancora
una rappresentazione composita suddivisibile in cinque
immagini semplici: « una donna non priva di bellezza
[prima] , vestita di una tunica bianca [seconda] , ricoper­
ta da un pallio tinto di vero color porpora [terza] , con la
chioma sciolta [quarta] e coronata d'alloro [quinta] " . 167
Il terzo decano dell'Ariete è personificato da « un uo­
mo pallido dai capelli rossi [prima] , vestito con vesti ros­
se [seconda] , che porta nella sinistra un bracciale d'oro
[terza] , nella destra un bastone di rovere [quarta] , mo­
strando un volto turbolento e iracondo, perché non può
conseguire né conservare i beni desiderati [quinta ] >> . 168
Il primo decano del segno del Toro è << un uomo nudo
[prima] che ara [seconda] , porta un berretto di paglia
intrecciata [ terza] , di carnagione scura [quarta] , seguito
da un altro contadino che semina [quinta] » . 1 69
La prima immagine di Giove è << un uomo maestoso

167. Loc. cit. : « In secunda mulier non invenusta, alba induta


thunica, pallio vero thyrio colore intincto superinduta, saluta
coma, et aluro coronata >> .
1 68. Loc. cit.: « In tertia homo pallidus ruffi capilli rubris indu­
tus vestibus, in sinistram auream gestans armillam, et ex roba­
re baculum in dextra, inquieti et irascentis prae se ferens vul­
tum cum cupita bona nequeat adi pisci nec praestare » .
1 69. Ibid., p . 1 5 1 : « In prima Tauri facie nudus arans, d e palea
pileum intextum gestans, fusco colore, quem sequitur rusticus
alter semina iacens '' ·
84 CORPUS ICONOGRAPHICUM

[prima] , sopra un carro [seconda] tirato da draghi [ ter­


za] , che scaglia una freccia [quarta] nella testa di un dra­
go [quinta] >> . 1 70
La seconda immagine di Mercurio è « un bel giovane
[prima] barbuto [seconda] , coronato d'olivo [terza] ,
che impugna uno scettro [quarta] , e un fuoco acceso da­
vanti a lui [quinta] >> . 1 71
La ventesima delle case della Luna è « un centauro
[prima] cacciatore [seconda] , con la faretra [ terza] , ha
un arco nella sinistra [quarta] , una volpe morta nella de­
stra [quinta] >> . 172
Considerando così che queste 1 50 immagini sono
composte da 5 figure ciascuna, ne deriva che siamo di
fronte ad un catalog;us di 750 imagines da collocare, secon­
do i criteri già considerati, sui 750 settori del marchinge­
gno mnemonico delle cinque ruote. Si tratta soltanto di
una « Variazione >> sul tema, di un altro insieme di imma­
gini vincolate e correlate analogicamente, ma stavolta da
significanti astrologici, e non, come in precedenza, dalla
sequela dei mitici inventori dell'antichità. Una simile tra­
ma di iconologia astrale è del tutto consona alla tradizio­
ne dell' ars memoriae. Metrodoro di Chio, di cui sopra, di­
venne celebre campione di mnemotecnica perché ideò
un sistema combinatorio fondato su 360 luoghi posti nei
dodici segni zodiacali percorsi dal Sole. Il mondo delle
immagini celesti quale strumento mnemonico ricorre co­
munemente nei più noti manuali del Rinascimento, 1 73 e
lo stesso Bruno lo ripropone sia nella seguente tavola
XXX che nelle numerose figure planetarie del Libro II
del De imaginum compositione, dove si elencano in maniera

170. Ibid., p. 1 60: << Prima lovis imago: vir decorosus su per cur­
rum a draconibus tractum, dextra in caput draconis iacens sa­
gittam •• .
1 7 1 . lbid., p. 1 66: « barbatus iuvenis et venustus, coronatus oli­
va, sceptrum habens in manu, et ante illum ignis accensus » .
1 72. lbid., p. 1 70: << Centaurus venator, pharetratus arcum ha­
bens in sinistra, in dextra mortuam vulpem » .
173. Cfr. Rosselli, op. cit. , cc. 2 1 r sgg.; Dolce, op. cit. , cc. 2 1 r sgg.,
86v.
DE UMBRIS IDEARUM 85

didattica centinaia di imagines memoriae di natura mito­


astrale.
Le 150 immagini uraniche in questione, come già det­
to, non sono raffigurate da incisioni ma solo descritte
verbalmente. Nel testo compaiono invece 20 xilografie
con altri soggetti: 1 2 illustrazioni dei segni zodiacali
(tavv. IX-XX) , 7 dei pianeti (tavv. XXI-XXVII) , un co­
smogramma con lo schema delle 1 2 case ( tav. XXVIII) ,
sotto le quali stanno raccolte, accordate e suddivise le
1 50 immagini. Queste 20 incisioni non sono abbinate a
nessuna sillaba e non presentano pertanto alcun nesso
con i meccanismi delle ruote e con la memoria verborum.
Sembrano piuttosto svolgere una funzione di semplifica­
zione logica e di raccordo tra le 1 50 immagini astrologi­
che descritte dal Nolano. Infatti ad ogni singola xilo­
grafia sono subordinati, nel testo, gruppi determinati di
immagini, per cui basta, per esempio, ricordare visiva­
mente la ben nota serie dei 7 pianeti per memorizzare
meglio la successione delle 49 immagini ( 7 per ogni pia­
neta) che secondo l'ordine astrologico ne dipendono,
oppure la serie dei 1 2 segni zodiacali per rammentare i
36 decani (3 per ogni segno) , o ancora il cosmogramma
con le 1 2 case astrologiche per rammentarsi delle 36 che
sono collocate in queste ultime. In tal modo le xilografie
divengono dei contenitori iconico-mnemonici che ridu­
cono la complessità della machina memoriae, sia perché so­
no tra loro tutti coniugati dalla comune valenza astrolo­
gica, sia perché divengono dei punti di riferimento che
facilitano anche la comprensione del testo medesimo.
Infatti la mente che procede leggendo e memorizzando
può « sostare » in essi senza perdere il filo della trama im­
maginati':_a, in quanto tutta compresa e suddivisa in tali
<< soste >> . E del resto il Nolano che nel Cantus Circaeus 174

1 74. Il, l, p. 237: « Hinc enim accidit ut aliae [formae seu ima­
gines] alias confundant, ut evenit in literis complicatis. Illud ta­
men feliciter contingere potest, ut in eodem loco plures ita
collocentur ut aliae alias consequentes attingan t, quae in ante­
cedentibus ita continebantur, sicut virtualiter in praemissis
su n t illationes " .
86 CORPUS ICONOGRAPHICUM

sottolinea l'importanza di fare uso, nella pratica mnemo­


nica, delle immagini che siano tra loro strettamente col­
legate, ovvero " quelle che conseguono siano già conte­
nute nelle immagini precedenti, così come le conclusio­
ni sono già virtualmente nelle premesse •• proprio come
accade nella correlazione tra le figurae zodiacali o plane­
tarie e le loro immagini. Ma vediamo nel dettaglio queste
relazioni ed i loro criteri iconologici.
A ciascuna delle 1 2 incisioni, che raffigurano i segni
dello zodiaco, corrispondono 3 decani, secondo la tradi­
zione astrologica più antica. Infatti ciascun decano, da
un punto di vista strettamente astronomico, indica 1 0
gradi della fascia zodiacale che è di 360, per cui ad ogni
segno, che occupa 30 gradi della stessa fascia, spettano 3
decani. Questi vennero personificati e divinizzati già nel­
l'antico Egitto e la tradizione iconografica in merito si
perpetuerà nel Medioevo come nel Rinascimento. 1 75 L'i­
conografia astrale delle 1 2 xilografie riprende fedelmen­
te quella dei 1 2 segni zodiacali che illustrano il Flores
astrologiae di Albumasar, stampato a Venezia, nel 1 500 cir­
ca, da Giovan Battista Sessa. 1 76 Le eccentriche personifica­
zioni dei decani, come le 7 bizzarre iconografie antropo­
morfe coniugate a ciascuno dei 7 legni che raffigurano i

1 75. Cfr. W. Gundel, Dekane und Dekansternbilder: Ein Beitrag zur


Geschichte der Sternbilder der Kulturvoelker, Gluckstadt, 1 936; M.
Bertozzi, La tirannia degli astri. Aby Warburg e l'astrologia di Palaz­
zo Schifanoia, Bologna, 1 985, pp. 35 sgg., 81 sgg., 1 1 3 sgg.; H.G.
Gundel, Zodiakos, cit. , pp. 3 1 sgg. , 87 sgg.; Les tatlettes astrologi­
ques de Grand [Vosges], Atti della tavola rotonda del 1 8 marzo
1992 organizzata dal Centro di Studi Romani e Gallo-Romani
dell'Università di Lione III, a cura di J.-H. Abry, Lyon, 1993,
pp. 63 sgg., 77 sgg., 1 1 3 sgg.
1 76. Si vedano le cc. b1 v-b2r, ripetute in d2v-e3v. Anche l' ico­
nografia dei sette pianeti riprende in modo sincretico quella
dei troni e dei carri astrali di Albumasar (cc. b2v-b3r) . Cfr.
Prince d'Essling, Les livres à figures vénitiens de la fin du V' siècle et
du commencement du XVI', Florence-Paris, 1 874-1914, n. 437; M.
Sander, Le livre à figures italien depuis 1467jusqu 'à 1530. Essai de
sa bibliographie et de son histoire, Milan, 1942, n. 213.
DE UMBRIS IDEARUM 87

pianeti, o le non meno fantastiche immagini delle case


della Luna, come le restanti, soddisfano appieno l'esi­
genza, dettata la buona regola dell' ars, per cui le immagi­
ni ottimali da memorizzare sono quelle più strabilianù,
efficaci e stimolanti possibile, sì che, proprio perché fuo­
ri del comune, vengono meglio trattenute e impresse
nella stessa memoria.177
Nelle xilografie bruniane (tavv. XXI-XXVII) le figure
con il dio-pianeta in trono, ai cui piedi si trovano i corri­
spettivi segni zodiacali clipeati ed in alto i canonici signa,
costituiscono una semplificazione grafica del carro astra­
le tardomedioevale, dove già ritroviamo il dio-pianeta in­
tronato con gli attributi, e il veicolo che ha per ruote dei
tondi con le immagini dello zodiaco: iconografia che ri­
troviamo puntuale anche nel De imaginum compositione. 176
Una tale ùpologia mito-iconografica, che deriva probabil­
mente da modelli della tarda laùnità, ripresi nel XIV seco­
lo nel Fulgentius Metaforalis del francescano John Ride­
wall,179 si afferma nel Rinascimento grazie ai carri allego-

1 77. Cfr. Cicerone, De or., Il, 87, 358: « imaginibus autem agen­
tibus acribus, insignitis, quae ocurrere celeriter, quae percute­
re animum possint>>; Ad Herennium, III, 22: « si quid videmus
aut audimus egregie turpe aut honestum inusitatum magnum
incredibile ridiculum, id diu meminisse consuevimus '' · Bruno
è del tutto d'accordo, basti confrontare: De umbris, pp. 92-93,
1 22; Cantus, Il, l, p. 237: « Formae [ . . . ] debent esse ex eorum
genere quae maxime valeant phantasiam pulsare, & cogitati­
varo excitare >> ; p. 238: « quod tales eligendae sunt formae, qua­
les admirationem, timorem, amorem, spem, abhominationem,
similesque alios eius generis affectus valean t accire [ . . . ] Hinc si
ex hominum genere magis tibi notos, atque celebres, mon­
struosos, pulchros, dilectos, exosos omnes adsumas: melius usu
venire poterunt >> ; Sigillus, Il, 2, p. 1 66. Si veda la nota 33 del Si­
gillus.
178. II, 3, pp. 206-268.
179. H. Liebeschiitz, Fulgentius Metaforalis. Ein Beitrag z.ur Ge­
schichte der Antiken Mythologie in Mittelalter, Leipzig-Berlin, 1926,
pp. 2 1-43, 1 1 3 sgg.; J. Seznec, La survivance des dieux antiques,
ed. rivista, Paris, 1980 ( trad. i t. La sopravvivenza degli antichi dei,
Torino, 1 98 1 , pp. 1 88 sgg. ) .
88 CORPUS ICONOGRAPHICUM

rici, rappresentanti i trionfi dei pianeti, che percorreva­


no le strade cittadine in occasioni di speciali feste e cele­
brazioni signorili presso le corti italiane. Superbi esem­
plari a riguardo furono i carri e gli addobbi astrali esibiti
a Pesaro nel 1 475, durante le celebrazioni delle nozze tra
Costanzo Sforza e Camilla d'Aragona, e dei quali riman­
gono, fedele e mirabile testimonianza, le miniature (fig.
9: i carri di Marte e Giove; fig. 10: i carri della Luna e di
Mercurio) del codice Urbinate Latino 899 della Bibliote­
ca Apostolica Vaticana, realizzato nel 1480.1 80 Altrettanto
si può dire delle xilografie (fig. 1 1 : il pianeta Vene re) at­
tribuite a Maso Finiguerra (dette anche << calendario •• di
Baccio Baldini) , 181 risalenti a1 1 460 circa, come pure delle
incisioni (fig. 1 2: il pianeta Saturno) di Hans Sebald
Beham, databili intorno al 1 535. Le tipologie iconologi­
che dei carri planetari concordano nel raffigurare il dio­
pianeta intronato, con i suoi attributi (Saturno con la fal­
ce, Marte con la spada, Mercurio con il caduceo, ecc. ) , su
un carro vero e proprio condotto da una pariglia di ani­
mali simbolici, mentre le ruote sono espresse da tondi
con i segni dello zodiaco. In particolare gli dèi-pianeti
Venere e Giove sono accompagnati sui rispettivi veicoli
da Cupido e dal giovane Ganimede, 182 il coppiere degli
dèi: iconologia che illustra, come accennato sopra, an­
che i carri astrali del De imaginum compositione.

1 80. Si vedano le cc. 9 1 v-99 v : cfr. T. De Marinis, Le nozze di Co­


stanzo Sforza e di Camilla d 'Aragona celebrate a Pesaro nel Maggio
1 4 75, Firenze, 1 946, pp. 38 sgg.; ma anche M. Tabarrini, Descri­
zione del convito e delle feste fatte in Pesaro per le nozze di Costanzo
Sforza e Camilla d'Aragona il 26 maggio 1 4 75, Firenze, 1 870, pp.
43 sgg.; cfr. i carri planetari nel registro superiore degli affre­
schi di Palazzo Schifanoia a Ferrara: Bertozzi, op. cit., pp. 29
sgg.
1 8 1 . Cfr. F. Saxl, La fede negli astri, Torino, 1 985, pp. 287-9 1 ,
figg. 1 90-97; Bertozzi, op. cit., pp. 102 sgg.
182. Sulla figura mito-astronomica di Ganimede: Igino, Astr.,
Il, 16 e 29; cfr. A. Le Boeuffle, Les noms latins d'astres et des cons­
tellations, Paris, 1977, pp. 1 1 2, 179, 196, 218.
DE UMBRIS I DEARUM 89

Figura 9

Nell'iconografia del De umbris il carro è ridotto, per si­


neddoche iconologica, al seggio con le due ruote-clipei,
secondo un modello che già troviamo xilografato (fig.
1 3 : il pianeta Giove tra i segni dei Pesci e del Sagittario)
nella Leopoldi Compilatio ducatus Austriae 183 del l489.

183. Cfr. in O. Behrendsen, Darstellungen von Planetengotteiten


an und in Deutschen Bauten, Strassburg, 1926, p. 22; Saxl, op. cit. ,
fig. 58.
90 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 1 0

L'iconografia del segno zodiacale o planetario clipeato


risale al mondo classico e viene trasmesso al Rinascimen­
to dai planetari e dalle enciclopedie medioevali, dove il
tondo contenente il signum o la personificazione dell'a­
stro ne rappresenta il moto circolare. 184 Alla singola inci-

1 84. Cfr. H. Stern, Le calendrier de 354, Paris, 19 53, pp. 20 sgg.,


1 69 sgg., tavv. VII, Xl, XII, XIX sgg.; H.G. Gundel, op. cit. , pp.
70 sgg., nn. 428, 429, 432; Saxl, op. cit., pp. 292-302, figg. 199,
200, 203; M. Reuter, Metodi illustrativi nel Medioevo. Testo e imma-
DE UMBRIS IDEARUM 91

Figura Il

sione ( tav. XXVIII) 1 85 del cosmogramma con le 1 2 case


corrispondono 36 immagini verbali, 3 per ogni casa. L'i­
conografia circolare dell'incisione è consona ai disegni
cosmografici medioevali e rinascimentali: 1 86 al centro in
anelli concentrici sono schematizzati la terra, l'acqua, l'a-

gine nel codice 132 di Montecassino << Liber Rabani de originibus re­
rum ,,, Napoli, 1 993, pp. 1 47-48, tavv. LXI-LXII.
185. Xilografia ripetuta più avanti, cfr. la tavola XXXI.
186. Cfr. Heninger, The Cosmographical Glass, cit. , pp. 19 sgg., 32
sgg.; Isidori Hispalensis De natura rerum Liber, cit., pp. 21 sgg.; si
veda anche il De principiis, p. 648.
92 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 12

ria e il fuoco, sulla corona più esterna gli orizzonti cosmi­


ci - oriente, occidente, meridione e settentrione- e al­
l'interno l'usuale quadratura astrologica con il sistema
della 12 case, assai noto quanto diffuso fin dall'antichità
classica. 187

187. Si veda: A. Bouché-Leclercq, L'astrologie wecque, Pari s ,


1899, pp. 280 sgg.; F.H. Cramer, Astrolog;y in Roman Law and Pol­
itics, Philadelphia, 1954, pp. 20 sgg.; F. Boli, C. Bezold e W. Gun-
DE UMBRIS IDEARUM 93

Figura 13

Le 12 case o dimore, che vanno lette in senso antiora­


rio come accade nella xilografia, costituiscono i loci trian­
golari dove sono collocate le immagini di tre in tre. Nel­
l'incisione ciascuno di questi loci è caratterizzato da un
vocabolo e da due simboli: quello del pianeta e quello
del segno zodiacale che ((influenzano» e ((dominano»
ogni singola casa. La parola indica l'ambito dove tale in­
fluenza si esercita secondo questa successione: I. Vita, Il.
Opes, III. Fratre[s], IV. Pater, V. Filii, VI. Infermitadi, VII.
Uxor, VIII. Mors, IX. Religion[es], X. Mater, XI. Amici, XII.
lnimici. Quest'ultima parola, che nell'incisione non risul­
ta subito chiara per l'assenza dei puntini sulle due ultime
i, è stata anche decrittata in Fames 188 e in Fimma.189 Tali in­
terpretazioni sono errate, non solo perché il carattere

del, Sternglauhe und Sterndeutung, Stuttgart, 1 966 (trad. it. Storia


dell'astrolog;ia, Bari, 1 977, pp. 87 sgg.); G. Bezza, Arcana mundi.
Antologia del pensiero astrologico antico, voli. I-11, Milano, 1 995,
pp. 1 93-2 1 6 e sgg., 224 sgg.
1 88. A.F. Gfrorer, inJordani Bruni Nolani Scripta, Stuttgardiae,
1 836, vol. II, p. 396.
189. M. Maddamma, in Bruno, L 'arte della memoria, cit., p. 203.
94 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 14

della lettera iniziale del vocabolo non corrisponde a


quello di una F ( basti confrontarlo con il modo di scrive­
re la F in Fratres e in Filit), bensì a quello di una I (con­
frontare con la I di Infermitadi), ma anche e soprattutto
perché, ad un riscontro astrologico obbiettivo, la dodice­
sima casa è proprio quella degli lnimici, secondo la tradi­
zione in merito:190 l'elenco delle 12 case riprende infatti
quello canonico. Sorprendente a riguardo è la strettissi­
ma somiglianza iconografica di questa tavola XXVIII con
quella che orna il frontespizio (fig. 14) delle Annotationi
sopra la lettione della Spera del Sacrobosco di Mauro Fiorenti­
no, stampato a Firenze dal Torrentino nel 1550, dove, tra
l'altro, fa mostra di sé la scritta Inimici, nitidamente ap­
posta proprio nella dodicesima casa. Considerando lo
studio e l'interesse del Nolano per l'opera del Sacrobo-

1 90. Cfr. i citati Bouché-Leclercq, Cramer, Boll-Bezold-Gundel


e Bezza.
DE UMBRIS IDEARUM 95

sco, 191 niente impedisce di credere che questa filiazione


grafica della xilografia bruniana dalla stampa del Fioren­
tino derivi dal fatto che il Nolano aveva presso di sé il li­
bro delle Annotationi con l'illustrazione e, considerando­
la come un modello, l'abbia fatta riprodurre per l'occa­
sione.

191. Si veda sopra la nota 52.


Tavola XXIX: c. 68v; p. 176

Tavola XXIX

La xilografia di questa ruota alfabetica con al centro le


cinque vocali, tra loro combinate in un monogramma,
esemplifica figurativamente il testo.192 Difatti nei sistemi
delle ruote concentriche finora esaminati le sillabe na­
scevano dalla congiunzione di ciascuna lettera dell'alfa­
beto detta adsistens, collocate alla circonferenza, sulla
ruota esterna più grande, con ognuna delle vocali, chia­
mata subsistens, 19� poste al centro, nelle ruote interne sol­
tostanti, per cui si produceva la nota teoria sillabica: AA ,

1 92. De umbris, p. 1 75: << Ad combinationes in quibus elemen­


tum subsistens praecedit elementum adsistens ».
193. Sulla terminologia inerente gli elementi « assistenti » e
«sussistenti », si vedano i primi paragrafi della secunda praxis
del De umbris, pp. 129-30; cfr. p. 125.
DE UMBRIS IDEARUM 97

AE, AI, AO, AU; BA, BE, BI, BO, BU, ecc. Qui si afferma
che si può procedere anche al contrario: partendo cioè
dalle vocali ( subsistentes) poste al centro, si possono co­
niugare le lettere alfabetiche ( adsistentes) situate alla cir­
conferenza, generando la nuova serie AA, AB, AC, AD,
AE, AF, AG... EA, EB, EC, ED, EE, EF . . lA, IB, IC, ID,
.

lE.. . OA, OB, OC, OD... UA, UB, UC... , ecc.194 Come
spiega Bruno, questa inversione sillabica va trasferita an­
che alle stesse immagini che sono correlate alle sillabe
medesime, per cui, ad esempio, se MA della prima se­
quenza sillabica era denotata dalla figura di «Corebo va­
saio in piedi>>, con AM della seconda abbiamo «Corebo
vasaio seduto »/95 ossia l'immagine presenta un'inversio­
ne iconica parallela a quella letterale, generando così un
secondo lessico mnemonico-iconologico del tutto sim­
metrico e speculare al primo.

1 94. Ibid., p. 175: « Hic enim sicut habes centum quinquaginta


simplices combinationes, in quibus elementum adsistens vel
pro adsistente positum praecedit elementum subsistens vel pro
subsistere positum, ita perquam facili negotium habes centum
et quinquaginta alia in quibus elementum adsistens vel pro ad­
sistente positum sequitur elementum subsistens vel pro subsi­
stente positum ».
195. Loc. cit. : « Cb orebus figulus sedens notat AM, qui stando si­
gnificabat MA ».
Tavola XXX: c. 75r; p. 188

Tavola XXX

Il testo che accompagna questa ruota non ne spiega il


preciso funzionamento. Di essa si dice196 soltanto che può
servire a innumerevoli usi e che la «scala" con i simboli
dei sette pianeti è girevole, e si muove incontrando gli al­
tri, diversi gruppi di lettere e numeri. Subito prima Bru­
no parla dell' ars quale tecnica capace di memorizzare
tutto quello che riguarda un'arte o una professione: un
medico, per esempio, può imparare a collocare sotto
l'ordine dei libri, dei trattati, delle sezioni i capitoli, le

196. Ibid. , p. 187: <<Pro cuius artis typo foecundam habes subse­
quentem figuram quae ad innumeros usus referri potest. In
qua scala septem erronum characteribus constat est descripta.
Haec [ . ] circa circuii centrum in plano versatilis, diversis da t
. .

per diversos orbes, et eorundem portiones cicumferri ».


DE UMBRIS IDEARUM 99

parti dei capitoli e gli aforismi con tutti i loro propositi


non meno ordinatamente di quanto lo sono nel libro
stesso.
Consideriamo ora la xilografia come se fosse composta
da due ruote concentriche di cui una girevole e l'altra
fissa, come nella ricostruzione della figura 15 (fuori te­
sto in astuccio) . La prima riporta la scala con i sette sigil­
li planetari, i quali denotano, ad esempio, i nomi di sette
famosi medici (lppocrate, Dioscoride, Galeno, ecc., che
vengono significati rispettivamente dai segni di Saturno,
Giove, Marte, ecc.) ; la seconda, guardandola in senso an­
tiorario, 197 allude invece, con le serie dei suoi elementi (si
tratta di 9 scale alfabetiche e numeriche) , alle opere di
tali personaggi in questo modo: la prima scala ( a, b, c, d,
e, f, g) rappresenta sette loro opere sempre in ordine se­
riale ( a sta per il corpus ippocratico, b per La materia medi­
ca di Dioscoride, c per l ' Opera di Galeno, ecc.) , la secon­
da scala (l, 2, 3, 4, 5, 6, 7 ) alle prime suddivisioni interne
dell'opera ( l allude ai diversi trattati che compongono il
corpus ippocratico, 2 ai cinque libri che compongono l'o­
pera di Dioscoride, ecc.) , la terza (b, c, d, e,f, g, h) ad una
successiva suddivisione in sezioni e così via, fino alla setti­
ma scala passando per ulteriori spartizioni dei contenuti,
ovvero paragrafi, proposizioni, aforismi.
In questo modo, rimanendo immobile la ruota con le 9
scale, ma muovendo quella con i segni planetari, possiamo
memorizzare di conseguenza, proseguendo nel nostro
esempio, tutto il sapere medico. Infatti, man mano che la
ruota astrale gira verso sinistra, e incontra le scale alterna­
te di lettere e numeri, genera (consideriamo per comodi­
tà espositiva solo le tre prime corone alla circonferenza) le
sequenze a-l- b-2 - c-3-d-4-e, b-2-c-3-d-4- e-5-J, c-3 -d-4-e-
5-J-6-g, rispettivamente percorse dai segni di Saturno (os­
sia lppocrate) , Giove (Dioscoride) e Marte (Galeno) , i
quali, avanzando, indicano così la successione mnemo­
nica delle loro opere, libri, trattati, capitoli, ecc. cifrati sim-

1 97. Lo stesso accade per le case della tavola XXVIII.


1 00 CORPUS ICONOGRAPHICUM

bolicamente dalle lettere e dai numeri delle rispettive se­


quenze.
Si noti che le scale alfabetiche ( a, b, c, d. . . ; b, c, d, e... ; c,
d, e,f . . ; d, e,f, g. . . ; ecc.) e quelle numeriche (1 , 2 , 3, 4 . . . ;
2, 3, 4, 5 . . ; 3, 4, 5, 6 . . . ; 4, 5, 6, 7 . . . ) iniziano le rispettive
.

serie diminuendo progressivamente di un elemento. Ta­


le calibrata e semplice processione fa sì che la ruota con i
segni astrali, girando lungo tali scale, non incontri mai
una serie mnemonica di lettere o numeri uguale all'altra.
Al centro della ruota c'è la vocale A, il cui senso va ri­
condotto a quello dell'analoga lettera centrale discusso
nelle tavole IV e V. La singolare forma grafica di questa
A, caratterizzata dalle estremità curvilinee e ricorrente
anche in altre xilografie bruniane, 198 è del tutto consona
a variazioni calligrafiche e tipografiche dei modelli alfa­
betici in uso nei secoli XVI e XVII. In merito, per esem­
pio, basti vedere le numerose versioni grafiche della let­
tera A proposte nei più disparati alfabeti stampati nel
Champjleury di Geofroy Tory, 199 nel Della tramutatione me­
tallica sogni tre di Giovan Battista Nazari,200 oppure nel
Traité des Chiffres di Blaise de Vigenère/01 o nella Virga au­
rea del francescano Hepburn d'Ecosse.202

198. Si veda, per esempio, nelle tavole XXVIII e XXX degli Ar­
ticuli.
199. Paris, 1529, c. 7lrsgg.
200. Brescia, 1 599, pp. 70-71.
201 . Paris, 1586, cc. 287v -340v.
202. Romae, 161 6, tavv. 1-11; cfr. la nota 71 dell'Explicatio.
Tavola XXXI: c. 77 v; p. 192

Tavola XXXI

È la tavola XXVIII, qui ripetuta ma utilizzata autono­


mamente dal contesto precedente, a sottolineare come
essa costituisca comunque un sistema indipendente di lo­
ci dove collocare le imagines:203 se ne veda sopra il com­
mento, come pure quanto si osserva per la tavola II del
Cantus Circaeus.

203. De umbris, pp. 190-92.


Tavola XXXII: c. 80v; p. 19 7

Tavola XXXII

Dal punto di vista iconografico l'immagine è ottenuta


ponendo al centro della solita ruota alfabetica delle tavo­
le II, III, IV, ecc. il leone zodiacale della tavola XIII. La xi­
lografia illustra emblematicamente un Alius artis modus e
gli annessi versi dell'Aenigma che precedono l'incisione:
in questi si canta il ruggito del leone, che svolge un ruolo
analogo a quello del Sole nella tavola III. La fiera è sim­
bolo eliaco per eccellenza in quanto domicilio zodiacale
dell'astro/04 che 'risuona' rivolto verso le direzioni cardi­
nali, est, ovest, sud, nord ed al centro. A tali posizioni

204. Cfr. Bouché-Leclercq, op. cit. , pp. 135 sgg., 187 sgg.; A. Le
Boeuffie, Astronomie, astrologie, lexique latin, Paris, 1 987, pp. 123-
24, 165.
DE UMBRIS IDEARUM 1 03

corrispondono rispettivamente le cinque vocali A, E, I,


O, U. 205 Tenendo presente questa quintuplice partizione
e ponendo le vocali prima o dopo una lettera dell'alfabe­
to, consonante o vocale che sia, oppure inserendola tra
due o tre lettere, si produrrà una notevolissima quantità
di sillabe.

205. Cfr. il commento alla tavola II del Cantus, II, l, pp. 254-56;
Explicatio, II, 2, pp. 135, 1 53: « Infinitarum syllabarum differen­
tium multitudinem perpaucis quam commode imaginibus fi­
gurare combinator iste perdocet, ubi tria proponit statuenda
combinatoria: primum in quo consona sonantem praecedit, se­
cundum in quo sonans consonantem praeit, tertium in quo in­
ter duas tresve consonas media sonans quintuplici situs differen­
tia designatur. Nos eo aenigmate, in quo implicatur ars ad innu­
meras industrias viam aperiens, insinuavimus, ubi posita bestia
in medio circuii vel quatranguli, vice multiplicis consonantis, ad
quinque di.fferentias multiplicem sibi sonantem adsciscit••; De
imaginum compositione, II, 3, pp. 1 57-65, 193, 302-304.
CANTUS CIRCAE US
Cantus Circaeus . .., Parisiis, apud Aegidium Gilliurn, 1 582 (Salve­
suini, n. 37; Sturlese, n. 2)
Tavola I, c. 7r; II, l, p. 195

Tavola I
1 08 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Siamo di fronte ad un'altra applicazione dell' ars se­


condo i meccanismi delle ruote già visti: al centro la
raffigurazione di un porco1 svolge la funzione di immagi­
ne agens, 2 alla circonferenza due ruote o corone concen­
triche. Quella interna presenta 24 caselle vuote, mentre
nei settori della esterna corrono 24 lettere connotate da
due serie di altrettanti epiteti, non certo positivi, dell'ani­
male, formando così l'« alfabeto porcino >>.3
La successione lettera-epiteto si presenta come segue.
Prima serie: A. avarum, B. barbarum, C. coenosum, D. du­
dum, E. erroneum, F. foetidum, G. gulosum, H. hebes, L. libidi­
nosum, M. molestum, ecc.; seconda serie: A. ingratum, B.
immundum, C. inconsultum, D. infidum, E. inconstans, F. im­
paciens, G. indiscretum, H. incivile, I. impudens, K impetuo­
sum, L. incautum, M. infaustum, ecc.
Come si può notare, e viene sottolineato anche nel te­
sto, la prima serie esclude la lettera I, che invece costitui­
sce l'iniziale di tutti gli epiteti della seconda serie. Bruno
vuole qui evidenziare come si possano sviluppare le po­
tenzialità combinatorie della sua machina mnemonica
passando da una serie ad un'altra, ossia da una ruota ad
un'altra. Infatti prima si pone l'alfabeto sulla ruota ester­
na, poi si collega ciascuna lettera con un epiteto che inizi
con quella stessa lettera (per esempio, come si è appena
visto, alla A si unisce l'epiteto avarum, alla B barbarum,
ecc. ) . Solo alla vocale I non viene assegnato l'epiteto per­
ché essa, per così dire, germina, sviluppa altri 24 epiteti,
caratterizzati dall'avere tutti come iniziale la medesima

l. Il testo recita « porcus >> , ma l' iconografia rinvia a quella di


un cinghiale. La buona qualità grafico-artistica di questa inci­
sione e di quella successiva (con le figure dell'albero ed i 5 per­
sonaggi) esclude che possano attribuirsi alla mano inesperta
dello stesso Bruno; cfr. la Nota al Corpus iconowaphicum.
2. Cfr. il commento alla tavola VIII del De umbris.
3. «Cum elementarium porcinum institueres, Circe [ ...]»; per
le citazioni qui date in riferimento alla tavola l, cfr. Cantus, Il,
l, pp. 1 95-97.
CANTUS CIRCAEUS 109

vocale I ( <dpsum [ « elementum >>, cioè la vocale l] est tum


in aliis omnibus elementis implicitum, tum & ipsorum
elementum videtur elementorum >>) , e che formano ap­
punto la seconda serie (A. ingratum, B. immundum, ecc.) ,
da collocare nelle caselle vuote della ruota interna. Si
comprende ora che unendo le iniziali degli epiteti della
prima con quelli della seconda ruota (per esempio ava­
rum con ingratum, barbarum con immundum) si genera la
sequenza sillabica AI, BI, CI, DI, El, Fl, ecc. (per esempio
le parole avarum ingratum denotano la sillaba Al). Natu­
ralmente, se applichiamo quanto detto per la I alle altre
quattro vocali e relativi epiteti, ecco che si ha una teoria
di sillabe esaustiva del rapporto tra l'alfabeto e le vocali
(AO, BO, CO . . . ; AU, BU, CU . . . ; AA, BA, CA . . , ecc.) si­
.

mile a quelle prodotte con le ruote della tavola VIII del


De umbris. Appare chiaro altresì perché nella xilografia la
ruota interna abbia le caselle alfabetiche lasciate in bian­
co: in esse infatti non vanno collocate lettere fisse (come
nella ruota esterna) , bensì si avvicendano le serie di que­
sta o quella vocale (ripetuta 24 volte con i congiunti epi­
teti che la connotano in successione) , secondo le esigen"
ze richieste, di volta in volta, dal lessico mnemonico. Si
osservi inoltre che la ruota interna può essere cifrata non
solo da vocali, ma anche con normali lettere alfabetiche
(non si dimentichi che nel testo ingratum indica sia la I,
sia la A; immundum sia la I, sia la B; inconsultum la I e la C,
ecc. ) , per cui nascono nuove composizioni sillabiche
(per esempio: AA, BB, CC, DD, ecc. ) come nella tavola
VI del De umbris. Lasciando ferma la ruota esterna e muo­
vendo quella interna, si possono comunque comporre
ancora numerose altre sillabe.
Ulteriori possibilità combinatorie del marchingegno si
hanno se si utilizza anche l'altra serie di 24 caratteristi­
che naturali della bestia, da porsi sulla ruota interna al
posto delle vocali, secondo una progressione che è nu­
merica e non alfabetica («Et ego per numeros ex natura­
libus ipsum [porcum] considerabo: I. parvos habens ocu­
los, hosque non nisi gulae inservientes. II. acutas habet
aures. III. Peramplas fauces. IV. Immunditias ad omnes
I lO CORPUS ICONOGRAPHICUM

nares adpositas. V. laesivos dentes. VI. augustum. Augu­


stum volo dicere frontem. VII. cerebrum pinguisculum.
ecc.>> ) . Il funzionamento di tale gioco <<lettere-numeri>> e
connessi «epiteti-caratteristiche naturali>> è, molto pro­
babilmente, analogo a quello proposto con le ruote della
tavola XXXI del De umbris.
Infine, a riprova di come certi strumenti bruniani pos­
sano essere dilatati a piacimento da chi è in grado di pra­
ticarli, basta sostituire la figura agens del «porco>> con
quella di un «asino>> o di un «cane>> , di una «scimmia>> o
di una «iena>> o di un «pavone>> , di un'«aquila>> o di un
«cammello>> , con i loro adeguati epiteti, per disporre di
un vero e proprio bestiario mnemonico, un vocabolario
zoologico tanto vario quanto semplice ed efficace sia ico­
nicamente che nel suo meccanismo verbale e sillabico.
Un tale lessico iconico-zoomorfo ha illustri precedenti
nelle xilografie dell'opera quattrocentesca sull'arte della
memoria di Publicio, testo poi puntualmente ripreso nel
Cinquecento da Romberch e da Dolce.4

4. Sulle immagini di animali come alfabeto mnemonico, si ve­


dajacobo Publicio, Ars memoriae, breve trattato che appare co­
me appendice (cc. clr- d7v ) nella sua Ars orandi; Ars epistolandi;
Ars memorandi, Venetiis, 1482 (l'operetta venne ristampata a
Venezia nel 1485 e ad Augusta nel 1490; cfr. Prince d'Essling,
op. cit. , nn. 292-93, e Sander, op. cit. , nn. 5982-83; P. Rossi, op.
cit. , pp. 38, 93, 294; Yates, L 'arte, cit., pp. 76, 1 01 sgg.): riprodu­
co qui alla figura l la xilografia della c. d3r inerente il bestia­
rio. Per altri esempi di zoologia mnemonica, si veda Rosselli,
op. cit. , cc. 66v sgg., 106r-v ;Johannes Romberch, Congestorium
artificiosae memoriae, Venetiis, 1533, c. 54r; Dolce, op. cit. , c. 59r
(si tratta della versione italiana del Congestorium di Romberch,
di cui mantiene le stesse xilografie) ; si veda ancora Yates, L'ar­
te, cit., pp. 109 sgg., e le figure della Logica memorativa, Stras­
burgi, 1 509, di Thomas Murner, in M. Rossi, op. cit. , pp. 1 39-67.
Per Bruno in particolare: Cantus, Il, l, pp. 197 sgg.; Tocco, op.
cit., pp. 59-63; le note di N. Tirinnanzi, in Bruno, Le ombre delle
idee. Il canto di Circe. Il sigillo dei sigilli, cit., pp. 256-76; Ciliberto,
La ruota del tempo, cit., pp. 75-79.
Figura l
Tavola II, c. 36r; II, l, p. 254

Tavola II

Il rapporto tra testo e immagine non è perspicuo, ma


lo diventa se consideriamo l'albero al centro della xilo­
grafia e le sue ramificazioni nei contorni: rappresenta
un subiectum, cioè un locus. 5 Bruno spiega nel Cantus6

5. Cfr. il commento alla tavola V del De umbris.


6 . II, l, pp. 222-23: « Ipsum vero naturale, ve l potest esse com­
munissimum, extentum iuxta latitudinem arnbitus universi,
vel communius iuxta latitudinem geographiae, vel commune
iuxta latitudinem alicuius continentis [ . ] vel propriissimum
. .

iuxta multitudinem atque numerum partium domus [ ] Sub­ . . .

iecta ergo sensibilia atque materialia, iudicio omnium qui


de hac arte hactemus bene dixerunt: primo quo ad substan­
tiam ita sunt eligenda, ut sint ad oculum sensibilia: quorum
alia sunt naturalia ut lapides, arbores et similia, alia sunt ar­
tificiosa, ut aulae, columnae, anguli, statuae & similia. Alia
sunt utroque modo sese habentia, ut quae partim natura,
CANTUS CIRCAEUS 1 13

che i subiecta sono «sensibili e materiali» perché devo­


no essere ben visibili agli occhi: alcuni di essi sono rap­
presentati da cose naturali, quali «pietre, alberi e simi­
li•• , altri da cose artificiali, come «aule, colonne, angoli,
statue e simili>> , altri ancora un po' dalle une e un po'
dalle altre. Nella presente incisione la pianta svolge
pertanto la funzione del subiectum che, essendo << natu­
rale>> , si estende completamente nello spazio che gli è
proprio.7 In ciò sta il motivo per cui l'albero della xilo­
grafia si diffonde, ramificato sull'intera superficie del
disegno che lo contiene. Si noti, dal punto di vista ico­
nografico, che questa ramificazione estensiva viene rap­
presentata nella figura attraverso una duplice espressi­
vità. In alto e in basso, tra i margini del quadrato e la
circonferenza, si trovano racemi vegetali, mentre sui
margini sinistro e destro abbiamo una stilizzazione de-

partim arte constat » (<<Il sostrato naturale o può essere gene­


ralissimo, cioè esteso come l'universo, o più comune, allo
stesso modo di uno spazio geografico, o comune, nel senso
dell'estensione di un continente [ . .] oppure può essere un
.

sostrato proprissimo, cioè come una delle diverse e numerose


parti di una casa [ . .] Pertanto i sostrati sensibili e materiali,
.

a giudizio di tutti coloro che fino ad oggi hanno insegnato


bene quest'arte, devono per prima cosa essere scelti, circa la
loro sostanza, in modo che siano ben visibili agli occhi: di
questi sostrati alcuni sono naturali, cioè pietre, alberi e simili,
altri artificiali, come aule, colonne, angoli, statue e simili. Al­
tri hanno caratteristiche tali da appartenere ad entrambi i
gruppi, come quelli che in parte dipendono dalla natura, in
parte dall'artificio »); cfr. De umbris, pp. 80-82, in particolare
la nota a 1 1 1 , 2-3, p. 81.
7. Cfr. De umbris, pp. 79-80: << Horum [subiectorum] aliud est
communissimum, quia tantum valet extendi, quantum phanta­
siae potest comprehendere sinus, qui positae orbis quantitati
quantumlibet addere potest, licet non quantumlibet substrahe­
re>> (<<Tra questi sostrati ve n'è uno comunissimo, perché è ca­
pace di estendersi per quanto può contenere il grembo della
fantasia, il quale può aggiungere quanto vuole all'estensione
del cerchio [mnemonico] predisposto, ma non sottrarre>>); De
imaginum compositione, II, 3, pp. 1 25, 1 29.
1 14 CORPUS ICONOGRAPHICUM

gli stessi: duplicità formale che sta ad indicarci sia come


entrambe le tipologie grafiche vadano lette congiunta­
mente, in maniera del tutto corrispondente e contigua,
sia come non assolvano alcun compito decorativo, in
quanto significanti l'estensione spaziale e concettuale
del subiectum, al contrario di come potrebbe sembrare a
prima vista.
Nell'alfabeto mnemonico l'albero-subiectum esprime la
lettera B ( «Tuo ipsa [subiecta] tipi poteris eligere arbi­
trio, huius tamen esse debent generi B. Arbor. C. Colum­
na. D. Puteus. F. Ara. G. Patibulum. H. Mensa. K. Lectus.
L. Statua. M. Tribunal. N. Cathedra. P. Fornax [ . .. ] Z. Se­
pulchrum. A. Feretrum. E. Sacrarium. l. Ignis. O. Lapi­
dum cumulus. U. Fons>> :8 si osservi che l'alfabeto com­
prende 24 lettere, ossia 19 consonanti seguite da 5 voca­
li) . Pertanto sul tronco dell'albero, in basso, si scorge
''incisa>> la lettera B. Ciascuna delle lettere di un simile
alfabeto (in questo caso la B ne esprime l' exemplum in
quanto prima lettera) , affinché sia possibile la generazio­
ne delle sillabe, deve pertanto combinarsi con le vocali,
secondo modalità analoghe a quelle che abbiamo esami­
nato sopra per le tavole IV-V�IX del De umbris. Infatti Bru­
no, per connotare figurativamente il succedersi di tali
combinazioni sillabiche, ricorre alla canonica relazione
tra subiectum e adiectum: una volta situata al centro una
delle 24 l ettere-subiecta (qui è la B-albero) , propone per
le vocali cinque figure-adiecta, che caratterizza attraverso
altrettante e diverse collocazioni spaziali. Queste corri­
spondono a «occidente, oriente, settentrione, meridione
e centro>> , ovvero alle cinque posizioni «stare innanzi
[mostrarsi eretto, come fa il personaggio di riferimento
nell'illustrazione, all'angolo destro in basso della figura] ,
flettersi [ma qui si intenda inginocchiarsi, come suggeri­
sce l'altro personaggio nell'angolo destro in alto] , seder­
si, coricarsi, giacere>> , e ancora ad altrettante direzioni:
«davanti, dietro, sopra, sotto, in mezzo>> ( << Extant quin­
que cardinales differentiae. Occidentale, Orientale, Sep-

8. Cantus, Il, l, p. 255.


CANTUS CIRCAEUS 1 15

tentrionale, Australe, & Mediuum. Extant aliae quinque


situales, prostare, flecti, sedere, cubare, iacere. Extant
aliae quinque locales, ante, retro, sursum, deorsum, in
medio ») .9
La xilografia illustra questi cinque adiecta per mezzo
dei personaggi situati agli angoli del quadrato e al cen­
tro, secondo uno schema geometrico (un cerchio con in-

9. Cantus, Il, l, p. 255. L'ordinata, quadripartita connessione


tra i moti dell'anima e le dimensioni spaziali è in Aristotele, De
an., 404b, 1 8-27. L'eccellenza della tetrade spaziale, che con­
giunge il microcosmo con il macrocosmo, già enunciata dai Pi­
tagorici e da Empedocle, si sviluppò in epoca classica elaborata
soprattutto dalla scuola ippocratica, come da Galeno e Tolo­
meo, e venne caratterizzata da valenze etna-astrologiche, me­
diche e cosmologiche, perpetuate poi nel Medioevo e nel Ri­
nascimento: cfr. Allers, op. cit. , pp. 344 sgg.; E. Schòner, Das Vie­
rerschema in der antiken Humoralpathologie, Wiesbaden, 1 964
( « Sudhoffs Archiv fiir Geschich te der Medizin >>, 58, 1 964,
Beiheft 4>> ) , pp. 9 sgg., 86 sgg.; sulla quadripartizione del mon­
do e le connessioni con l'età ed i temperamenti umani si veda
Heninger, Touches, cit., pp. 146-200; R. Klibansky, E. Panofsky e
F. Saxl, Saturn and Melancholy, London, 1 964 (trad. it. Saturno e
melanconia, Torino, 1 983, pp. 7 sgg., 92 sgg.) ; J.A. Burrow, The
Ages of Man, Oxford, 1 986, pp. 1 2 sgg. Una simile tradizione,
che coniuga i quattro orizzonti agli umori, ai quattro elementi,
ai segni zodiacali, alle quattro età dell'uomo, ai colori, alle sta­
gioni, ecc., si riflette pertanto anche nelle composizioni mne­
moniche (cfr. anche l'orientamento nella figura 5 del cubile
nel De imaginum compositione) . Infatti l 'utilizzazione del quadra­
to, suddiviso secondo i quattro punti cardinali quale schema
mnemonico, compare illustrato in una xilografia del citato Pu­
blicio (alla c. d3v: qui riprodotto nella figura 2) , che verrà poi
fedelmente copiata (fig. 3) dai citati Romberch (cc. 57r sgg. ) e
Dolce (c. 65r) : cfr. sotto la nota Il. Su certe valenze psicologi­
che relative alla tetrade e alla spazialità cosmologica, si veda P.
Kucharski, Étude sur la doctrine pythagoricienne de la tétrade, Paris,
1 952, pp. 1 1-1 7; N. Sed, La mystique cosmologique juive, Paris,
1 98 1 , pp. 1 1-1 9, 1 82, nota 1 75. La mnemotecnica e l'immagi­
nazione bruniana sono sempre articolate sullo spazio geo­
grafico della visione, cfr. la forma dei loci, atria, cubilia nel De
imaginum compositione, Il, 3, pp. 1 25 sgg. e l'Introduzione.
1 16 CORPUS ICONOGRAPHICUM

scritto un quadrato contenente, a sua volta, un altro qua­


drato) che ricalca quello delle tavole XXIX e XXXII del
De umbris, dove si coniugano ars memoriae e valenze astro­
logiche e cosmologiche: a riguardo si deve rilevare che la
quadripartizione ortogonale o cruciforme dell'universo
assume, nei sigilli bruniani, esplicite valenze magiche. 10
L'uso dei punti cardinali quali strumenti mnemonici per
qualificare e posizionare il movimento alfabetico sul locus
è già esemplificato anche attraverso una xilografia (ri­
prodotta sotto, fig. 3) nella citata Ars memoriae di jacobo
Publicio, e nei menzionati lavori di johannes Romberch
e Lodovico Dolce, i quali, come osservato in precedenza,
si rifanno allo stesso Publicio. Come esempio di tanta
puntuale continuità, propongo di seguito anche la figura
4, la quale mostra la xilografia che illustra tale artificio sia
nel Congestorium di Romberch sia nel Dialogo11 di Dolce:

10. Cfr. il commento all'Explicatio trig;inta sig;illorum.


1 1 . Cit., c. 65r. Sia Romberch ( op. cit., cc. 57r sgg.) che Dolce
( op. cit. , cc. 64r- 65r) , entrambi ricordati alle note 4 e 9, ripren­
dono il testo e l'immagine di Publicio ( op. cit. , cc. c7 r, d3v). Il
meccanismo sembra prevedere, in sintesi, che un elemento
mobile, con perno fisso al centro della xilografia (nella fig. 2 è
l'immagine del serpentello ruotante), spostandosi in senso
orario componga le prime sillabe di una qualsiasi parola: per
esempio dirigendosi la testa del serpentello da A (cioè da
« Oriente>>) a B e poi verso I (cioè a << Meridione>>) si ottiene
ABI, così come procedendo da A (<< Oriente>>) a O ( « Setten­
trione>>), sempre passando per la sola B, si forma ABO, e così
via. Il processo compositivo coinvolge anche le lettere poste
lungo gli assi cardinali dei cerchi concentrici, cosicché nell'in­
sieme si possono combinare le consonanti con le vocali (alle
quali sono unite le liquide: << vocales liquidasque annectet>>) o
viceversa, generando sillabe e parole. Il funzionamento della
machina, che le parole di Publicio annesse all'immagine non
spiegano a sufficienza, viene interpretato dai citati Romberch
e Dolce; quest' ultimo a proposito dello scritto di Publicio, os­
serva (c. 64v) che è <<più agevole intender gli oracoli di Apol­
lo>>. L'impianto iconografico con la quadripartizione degli
orizzonti e con gli anelli concentrici intorno riprende modelli
cosmografici diffusi nel Medioevo e nel Rinascimento: cfr. Isi-
CANTUS CIRCAEUS 1 17

l'incisione è sempre la stessa, evidentemente per l'edizio­


ne del Dialogo il tipografo (i fratelli Sessa) riutilizzò legni
già adoperati per il Congestorium (stampato da Melchiore
Sessa) .

Figura 2

dori Hispalensis De natura rerum Liber, cit., pp. 1 3, 1 9 sgg.; Hen­


inger, The Cosmographical Glass, cit., pp. 36 sgg., 1 00 sgg., 1 66
sgg.
Figura 3

Figura 4
CANTUS CIRCAEUS 1 19

I personaggi della tavola II vanno letti da sinistra in al­


to in senso orario: quello seduto 1 2 rappresenta la vocale A
postagli accanto sull'angolo, l'inginocchiato la vocale E,
quello eretto la O, lo sdraiato la l, quello che al centro
abbraccia l'albero la U, incisa sullo stesso fusto arboreo.
Ciascuno di essi è ulteriormente qualificato dall'azione
che compie e da un attributo, come vuole la prassi mne­
monica esposta nelle ruote del De umbris, 13 dove le imma­
gini sono costituite da 30 personaggi mitici o famosi, a
ciascuno dei quali è accostato sia un elemento figurativo
che indica cosa sta facendo, sia un' « insegna >> o attributo
che ne qualifica il ruolo iconologico. In maniera analo­
ga, qui nel Cantus, abbiamo: in alto a sinistra un perso­
naggio seduto che impugna uno scettro ed è accompa­
gnato da un' aquila (iconografia che sembra rinviare a
Zeus, sovrano tra gli dèi e di cui l' aquila è notissimo e
classico attributo) ; 1 4 in alto a destra un individuo inginoc­
chiato che tiene una specie di zappa ed ha accanto un uc­
cello (un'oca o forse un cigno) ; a destra in basso una per­
sona in piedi, non meglio riconoscibile, che pare maneg­
giare una spada ed ha vicino un amorino con arco e frec­
ce; in basso a sinistra un personaggio sdraiato, che sem­
bra appoggiarsi ad un bastone o verga, con un cagnolino
accanto; infine, nel mezzo, un giovane « giace >> abbrac­
ciando l'albero, che ne costituisce anche l'attributo basi­
lare. Su tutte queste azioni il testo tace, a ulteriore ripro­
va di come per Bruno la xilografia integri a pieno titolo
quanto egli scrive e, di fatto, possa costituire un autono­
mo, concreto esempio didattico per chi ha capito il mec-

1 2. Le diverse posizioni del corpo umano utili a connotare ele­


menti letterali o loci memorativi secondo analogia grafica (di
cui Bruno dà ora la sua originale applicazione) ricorrono nel­
l'iconografia alfabetica che illustra il cap. 2 1 (« De simulachris
literarum et numerorum ») dell'Ars reminiscendi (Neapoli,
1 602) di Giovan Battista della Porta: si veda qui la figura 4.
13. Alle pp. 1 1 5 sgg.: cfr. il commento alle tavole VI, VII, VIII
sgg.
1 4. Cfr. D'Arcy W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, Oxford,
1 936, pp. 3 sgg.
1 20 CORPUS ICONOGRAPHICUM

canismo della sua arse lo vuole praticare. Infatti con que­


sta tavola II ci troviamo di fronte ad un nuovo marchin­
gegno mnemonico del Nolano, il cui funzionamento di­
pende dalla dinamica combinatoria che si stabilisce tra i
subiecta e gli adiecta e dalla loro reciproca convertibilità.
Il senso è il seguente: chi vuole qui applicare l' ars me­
moriae deve immaginarsi 24 lettere alfabetiche poste cia­
scuna al centro di un cerchio, pertanto 24 cerchi ben di­
stinti tra loro, 1 5 che danno forma ad una collana di tondi
alfabetici. Si immaginino poi le vocali (che devono unirsi
a ciascuna delle lettere per generare le note sillabe) col­
locate agli angoli e al centro di un quadrato inscritto nel
medesimo cerchio. In tale correlazione verbale ogni let­
tera viene espressa da un subiectum iconico (in questo ca­
so un albero che connota la B) , mentre ogni vocale dai 5
personaggi, ovvero gli adiecta. Pensando, per esempio, ad
un albero e ad un uomo seduto ricordiamo la sillaba BA,
ad un albero e ad un uomo inginocchiato la sillaba BE, e
così via; ma ciò vale anche viceversa: un uomo seduto e
un albero stanno per AB, uno inginocchiato e un albero
per EB, ecc. (fig. 5 ) .16

15. Cfr. De umbris, p. 82: '' Sicut enim litterae super litteras ap­
positae, et sigilli super sigillos, se invicem aut delent, aut certe
confundunt, non minus subiectis nedum inquam adnexis et
connexis, sed et continuis, vel contiguis, nulla intercapedinis
convenienti letitudine distinctis, importunam te noveris incur­
rere confusionem '' (« Infatti come le lettere sovrapposte ad al­
tre lettere, e i sigilli su altri sigilli, o si cancellano reciproca­
mente, o almeno si confondono, allo stesso modo - dico - ti
accorgerai di incorrere in una impraticabile confusione quan­
do i sostrati, tanto più quelli congiunti e connessi, ma anche
quelli continui e contigui, non sono distinti da nessun conve­
niente intervallo spaziale »); cfr. Cantus, Il, l, pp. 226-27, 255.
Disporre i loci secondo una ordinata suddivisione, per poi por­
vi con più chiarezza le immagini, è regola della mnemotecnica
classica: Ad Herennium, III, 19.
1 6. Cfr. Cantus, II, l, p. 255: ' ' Proinde ad constituendas earum
primas combinationes addicas subiectorum dictorum singulis
adsistentia quinque, quae duplici differentia praecedentem vel
subsequentem tibi notam demonstrent » (<< Perciò per compor-
CANTUS CIRCAEUS 121

Fin qui l a normale prassi, che ricalca i modelli combi­


natori più elementari delle ruote del De umbris. Ma come
si fa a moltiplicare questo sistema bisillabico senza ricor­
rere al meccanismo delle ruote e utilizzando soltanto lo
stesso schema a quadrati della tavola II, e gli stessi perso­
naggi e l'albero? È semplice, basta non considerare più i
5 personaggi quali adiecta, bensì trasformarli immaginati­
vamente in subiecta:17 ciascuno di essi diventa allora figu­
ra mnemonicamente autonoma che, in quanto tale, di­
viene referente delle « sue proprie >> 5 vocali le quali, nel­
la xilografia, sono non a caso posizionate intorno ed al
centro dell'immagine di ciascun personaggio medesimo
(si confronti la semplificazione grafica nella ricostruzio­
ne della figura 6 ) , secondo lo schema dei quattro angoli
e del centro, già visto e applicato per il subiectum -al bero. 18

re le prime combinazioni delle lettere assegna cinque [imma­


gini] assistenti a ciascuno dei sostrati suddetti, le quali ti indi­
chino, attraverso la duplice differenza [tra le due lettere com­
ponenti ciascuna sillaba], la lettera che precede e quella che
segue» ) .
1 7 . Cfr. De umbris, p. 1 74 (si tratta di una delle quattro rego­
le fondamentali per l'uso proficuo delle immagini nell' ars) :
«Quod si lubet adiecta ipsam in subiectorum rationem et vi­
cem convertere, quid est quod te possit impedire? » (,,Se poi
gradisci che gli adiecta prendano la stessa funzione e posto dei
subiecta, cosa te lo potrebbe impedire?>> ) ; si veda Rosselli, op.
cit., c. 78r: «Ne mireris, quod quae pro locis supra posuimus,
pro figuris nunc apta esse dicamus. Loca enim praedicta pro
figuris [secundum diversos respectos] servire potuerunt ».
18. Cfr. Cantus, II, l, pp. 255-56: «Extant aliae quinque locales,
ante, retro, sursum, deorsum, in medio. Quibus quidem trinis
differentiis, subiectum, insigne, & operationem quintuplicare
consonando valebis. Adsistentia quinque, per diversos actus ad
quatuor & viginti differentias multiplicatos, elementum sonans
atque consonans addere possunt. Qui quidem differentiarum
numerus, in diversis compleatur generibus, ut commode ve­
niat in usum >> (« Ci sono ancora altre cinque differenze di luo­
go: davanti, dietro, sopra, sotto, in mezzo. Attraverso queste
differenziazioni, ciascuna delle quali è triplice, potrai senza
1 22 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Ma non solo, perché ogni personaggio, essendo compo­


sto da un'immagine tripartita (un << soggetto>> , l ' << azione>>
che compie e un << attributo >>, per esempio, possiamo
definire il primo personaggio della tavola II in questi ter­
mini: << Zeus seduto in trono con l'aquila>> ) , 1 9 può denota­
re tre lettere alfabetiche. A questo punto risulta evidente
che la tavola II del Cantus, per chi sa applicarla, è un for­
midabile macchinario mnemonico. Essa infatti, da un
punto di vista dei signa letterali, contiene:
a) un'immagine centrale (albero, colonna, pozzo, ecc.)
che contrassegna una lettera dell'alfabeto (B, C, D, ecc. ) ;
b) 5 immagini di personaggi che contraddistinguono
ciascuna 5 gruppi di 3 lettere alfabetiche (vocali o conso­
nanti che siano) ;
c ) 5 gruppi di vocali intorno ai personaggi.
Ne consegue che coniugando ciascuna lettera dell'al­
fabeto con gruppi di vocali e lettere così nutriti si posso­
no produrre innumerevoli insiemi sillabici, atti a genera­
re le più svariate parole mnemoniche. Tanto più che Bru­
no evidenzia l'elasticità di queste correlazioni, dal mo­
mento che, pur sempre rispettando la simmetria compo­
sitiva,20 sia i 5 personaggi, come le loro azioni e attributi,
sia il subiectum centrale si possono liberamente sostituire
con altri simili.

dubbio quintuplicare il sostrato, l'insegna e l'operazione in co­


mune armonia. Le cinque immagini assistenti, moltiplicandosi
separatamente con le ventiquattro lettere distintive [dei sostra­
ti] , possono aggiungere la vocale e la consonante. Un simile
numero di immagini diverse si potrà certo completare con
figure di generi diversi, debitamente con i bisogni del caso>> ) .
1 9. Cfr. il commento alle tavole VI, VII e VIII del De umbris.
20. Cantus, II, l, p. 256 << Quibus ita dispositis, determinatis et
menti firmiter adfixis>> («Con le immagini così disposte in ma­
niera determinata e saldamente fissate nella mente» ) .
Figura 5

Figura 6
1 24 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Considerando inoltre che un tale congegno si può ri­


petere per ciascuna delle 24 lettere alfabetiche suddet­
te (B. Arbor, C. Columna, D. Puteus, ecc.) appare come il
congegno bruniano divenga una inesauribile palestra
di ginnastica mnemonica. Un'analoga machina compare
nella tavola III e nella figura l dell'Explicatio triginta sigil­
lorum.
Infine, occorre un'ulteriore considerazione sull'artico­
lata iconologia dei 5 personaggi, dovuta al fatto che que­
sti possono trasformarsi da adiecta in subiecta e dunque di­
venire imagines agentes. A riguardo Bruno precisa che per
la stabilità mnemonica dei subiecta è opportuno talvolta
aggiungere al subiectum principale, che deve rimanere
fisso (nel nostro caso il singolo personaggio in quanto ta­
le) , altri subiecta con funzione attributiva che invece lo di­
versificano, lo rendono dinamico (qui, per esempio, l'a­
quila, l'oca, ecc., come pure le diverse azioni dei perso­
naggi ) , di modo che, qualificandolo ulteriormente, pos­
sono aiutare a ricordarlo con maggiore certezza ed ef­
ficacia, specialmente dove si presentano correlazioni o
successioni di diversi e molteplici subiecta, proprio come
in questo caso. 2 1

21. Cfr. Cantus, Il, l, pp. 227-28; si veda anche De umbris, pp.
1 1 2-15, 158-59.
DE COMPENDIOSA AR CHITECTURA
ET COMPLEMENTO ARTIS LULLIJ
De compendiosa architectura et complemento artis Lullij . , Parisiis,
. .

apud Aegidium Gorbinum, 1 582 (Salvestrini, n. 40; Sturlese,


n. 3)
Il De compendiosa architectura, come già osservò il Toc­
co, 1 è una sorta di riassunto commentato dell'Ars magna
di Lullo, che il Nolano si propone, grazie ad alcune mo­
difiche, di chiarire e perfezionare ulteriormente/ per
cui, delle otto figure che illustrano il testo, quattro rical­
cano nella forma e nella sostanza quelle presenti nell'o­
pera lulliana, mentre le altre quattro visualizzano rispet­
tivamente l'interpretazione pratico-tecnica che ne dà
Bruno.s Le xilografie, dal punto di vista dell'esecuzione
grafica, sono tutte di buona quaHtà, da attribuirsi pertan­
to a un incisore di mestiere. Prima di discuterne vediamo
in breve gli aspetti teorici e pratici elaborati nell' Ars ma­
gna, da cui appunto derivano.
Raimondo Lullo ( 1 235 ca-1316) , con le ultime versio-

l. Op. cit., pp. 4-8; cfr. Vasoli, op. cit. ; De Bernart, op. cit. , pp. 88
sgg.; S. Ricci, La fortuna del pensiero di Giordano Bruno 1 600-
1 750, Firenze, 1 990, pp. 1 3-47.
2. De compendiosa, II, 2, p. 1 2.
3. Alcune di queste illustrazioni verranno riproposte nel De
lampade combinatoria, opera che, insieme al De progressu et lam­
pade venatoria log;icorum, costituisce un'ulteriore analisi e com­
mento del Nolano all'Ars di Lullo.
1 28 CORPUS ICONOGRAPHICUM

ni di Ars malf'ta e Ars brevis4 del 1308, consegna alla storia


un fortunato sistema mnemonico che non deriva tanto
dall'arte della memoria classica di formazione retorica,
quanto da speculazioni mistico-filosofiche e teologiche,
dove convergono nozioni aristoteliche e neoplatoniche,
come pure certe elaborazioni della logica formale araba. 5
L'Ars lulliana nella sua formulazione logico-combinato­
ria ha lo scopo di dimostrare l'assoluta « Verità>> della « fe­
de>> e della « dottrina>> cristiane.6 Il cardine dell'architet­
tura mnemonica di Lullo è un alfabeto composto da 9

4. Le citazioni qui riportate sono tratte da Raimundi Lulli ope­


ra latina. Tomus XIV Ars generalis ultima, cit.: d'ora in avanti
menzionata come Ars generalis; Raimundi Lulli opera latina.
Tomus XIII Ars compendiosa Dei, a cura di M. Bauza Ochogavia,
Turnholti, 1 985: d'ora in avanti citata come Ars compendiosa.
5. Sulla questione cfr. Yates, The Art ofRamon Lull, cit., e Ramon
Lull andjohn Scotus Erigena, cit.; Vasoli, op. cit.; P. Rossi, op. cit. ,
pp. 41-80, 261-70; P. Zambelli, Il " De auditu kabbalistico " e la tra­
dizione lulliana nel Rinascimento, in «Atti dell'Accademia Tosca­
na di Scienze e Lettere» , 30 ( 1 965 ) , pp. 1 1 5-248, con partico­
lare riferimento a Bruno le pp. 240-46; basilare per l'analisi sui
fondamenti dell' ars lulliana e il catalogo delle opere rimango­
no i lavori di E.-W. Platzeck, La combinatoria luliana, in « Revista
de filosofia••, 1 2 ( 1 953) , pp. 575-609 e 1 3 ( 1954) , pp. 1 25-65;
E.-W. Platzeck, Raimund Lull: sein Leben, seine Werke, die Grund­
lagen seines Denkens, voll. 1-11, Roma-Diisseldorf, 1962-1964; R.
Lullus, Quattuor Libri Principiorum, Introduzione e note a cura
di R.D.F. Pring-Mill, Wakefield, 1969; Urvoy, op. cit. , pp. 158 sgg.,
257 sgg., 317 sgg., 336 sgg., 365 sgg., 398 sgg.;J.N. Hillgarth, Ra­
mon Lull and Lullism in fourteenth-century France, Oxford, 1971,
pp. 7 sgg., 101 sgg.; C. Ottaviano, L 'ars compendiosa de R Lulle,
Paris, 1 98 1 , pp. 105-61 ; sulle tappe concettuali che hanno con­
dotto Lullo all'elaborazione dell' ars, si veda, oltre ai lavori ci­
tati di Platzeck e Hillgarth, la sintesi proposta da Llinarès, op.
cit., pp. 9-103.
6. L' ars, secondo il suo inventore, doveva favorire la conversio­
ne al Cristianesimo del mondo ebraico e di quello islamico;
emblematico in Ars compendiosa, p. 18: << Subiectum huius Artis
est Deum intelligere et amare et sic cognoscere veram legem
et per consequens falsam sectam ».
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 1 29

lettere (B C D E F G H I K) che costituiscono le cifre di


sei gruppi di significati. 7
Il primo riguarda 9 concetti fondamentali: B. Bonitas,
C. Magnitudo, D. Aeternitas (o Duratio) , E. Potestas, F. Sa­
pientia, G. Voluntas, H. Virtus, I. Veritas, K. Gloria.8 Questi
concetti sono Dignitates Dei, ovvero attributi divini che
Lullo considera, chiamandoli praedicata absoluta, come
princìpi universali e assoluti dell'arte, necessariamente
veri, e che il praticante deve ben fissarsi nella mente per
saperla applicare.9
Il secondo concerne i praedicata respectiva, che esprimo­
no le modalità concettuali o princìpi generali delle cose,
e sono suddivisi secondo tre terne: B. Differentia, C. Con­
cordantia, D. Contrarietas l E. Principium, F. Medium, G. Fi­
nis l H. Maioritas, I. Aequalitas, K. Minoritas.
Il terzo è costituito dalle quaestiones (B. Utrum, C. Quid,
D. De quo, E. Quare, F. Quantum, G. Quale, H. Quando, I.
Ubi, K. Quomodo et cum quo) , ossia dai 9 tipi di domande
possibili, grazie ai quali, se ci interroghiamo su un qual­
siasi argomento e li correliamo opportunamente, attra-

7. Cfr. Ars generalis, pp. 5-20; i due lavori appena citati della
Yates; P. Rossi, op. cit. , pp. 64-71 ; Ottaviano, op. cit., pp. 1 05 sgg.
8. Cfr. Ars generalis, pp. 8-9; sul valore cosmologico di questa
scansione numerico-alfabetica in ragione di 9, cfr. Yates, The
Art of Ramon Lull, cit., pp. 1 1 7 sgg., 1 72-73.
9. Ars generalis, pp. 6-9: « Ratio huis est, ut cum ipsis principiis
alia principia subalternata sint et ordinata, et etiam regulata,
ut intellectus in ipsis scientiis quiescat per verum intelligere, et
ab opinionibus erroneis sit remotus et prolongatus. Per hanc
quidem scientiam possunt aliae scientiae faciliter acquiri.
Principia enim particularia in generalibus huius Artis relucent
et apparent [ ..] Principia vero huius Artis sunt haec: Bonitas,
.

Magnitudo, Aeternitas [ . ] Istud vero Alphabetum cordete­


. .

nus oportebit sciri; quia si non, artista minime poterit uti ista
Arte sive practicare >> . Su questi nomina Dei, si veda sant'Agosti­
no, De Trinitate, VII, l, l sgg., e il De divinis nominibus dello
pseudo-Dionigi; cfr. Platzeck, La combinatoria, cit., pp. 584-85;
Yates, Ramon Lull and fohn Scotus Erigena, cit., pp. 6 sgg.; Lli­
narès, op. cit. , pp. 1 4 sgg.
1 30 CORPUS ICONOGRAPHICUM

verso il concatenamento verbale dell' ars, ai praedicata


e/ o ai subiecta, siamo in grado di svolgere convincenti so­
luzioni, consone alle norme della << fede ,, cristiana. 1 0
Il quarto comprende i subiecta (B. Deus, C. Angelus, D.
Coelum, E. Homo, F. Imaginatio, G. Sensitiva, H. Vegetativa,
l. Elementativa, K. Instrumentativa) : si tratta dei 9 gradini
dell'essere, della creazione, che discendono da Dio al­
l'angelo, all'uomo, al mondo inferiore, dal macrocosmo
al microcosmo, secondo una scalarità influenzata dalla
visione neoplatonica di Scoto Eriugena. 1 1
Il quinto e il sesto gruppo sono composti dall'abbina­
mento di << virtÙ >> e << vizi >> tra loro distinti: B. iustitia e ava­
ritia, C. prudentia e gula, D . fortitudo e luxuria, E. temperan­
tia e superbia, F. fides e accidia, G. spes e invidia, H. caritas e
ira, l. patientia e mendacium, K. pietas e inconstantia.
In sintesi l'alfabeto lulliano va così memorizzato:12
B significa bontà l differenza l se, forse, quale? (nel sen­
so delle << possibilità >> positive, negative o dubitative insite
in una domanda, per esempio: se la bontà sia così piena
di grandezza come la sapienza; oppure se l'anima sia o
non sia immortale) l Dio l giustizia l avarizia;

10. In particolare si veda Ars generalis, pp. 26 sgg.; Ars compen­


diosa, pp. 23 sgg.; Lectura artis quae intitulata est brevis practica ta­
bulae generalis, in Raimundi Lulli opera latina. Tomus XX, a cura
dij. Gaya Estelrich, Turnholti, 1995, p. 344.
1 1 . Cfr. Yates, Ramon Lull andjohn Scotus Erigena, cit.; Llinarès,
op. cit. , pp. 1 39 sgg.
1 2 . Ars generalis, p. 1 1 : « Figuram quidem istam debet artista
huius Artis habituare et imaginari, et ad propositum applicare
secundum ea [ . . . ] ut intellectus per ipsam veritates attingere
possit; et hoc vere et realiter >>. Le figure lulliane sono stru­
menti di conoscenza noetica, e chi vuole apprendere l'arte de­
ve studiarle e interiorizzarle con cura e metodo: Lectura artis,
ci t., p. 345: << In principio artista debet docere alphabetum et
figuras, definitiones et regulas, secundum quod Ars docet. Sed
quia ista est lectura, plenius ea declarabimus hic, quam in Ar­
te. Alphabetum autem declarari non oportet, quia per se pa­
tet. Sed super figuras aliquantulum stare volumus, et etiam su­
per definitiones et regulas >>.
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 131

C grandezza l concordanza l che cosa? (con valenza


di quiddità, in relazione alla natura e all' essenza della co­
sa, per esempio: cos'è l'uomo?) l angelo l prudenza l
gola;
D eternità l contrarietà l di che? (con il significato di
« materialità >> , per esempio: di cosa è fatto il cielo?) l cie­
lo l forza l lussuria;
E potenza l principio l perché, in che modo? (nel
senso di << causalità >>, per esempio: quale potenza muove
la sapienza verso la verità? Oppure: com' è che la sala­
mandra vive nel fuoco?) l uomo l temperanza l orgo­
glio;
F sapienza l mezzo l quanto? (con valore quantitativo,
per esempio: quanti sono i princìpi della sapienza e della
volontà? O anche: quanta virtù c'è nell'immaginazione
d'amore?) l « immaginativa >> l fede l accidia;
G volontà l fine l quale? (con valore qualitativo, per
esempio: quale anima possiede maggiore virtù?) l << sen­
sitiva >> l speranza l invidia;
H virtù l superiorità l quando? (con significato tem­
porale, per esempio: quando l'angelo cominciò a pecca­
re? ) l << vegetativa >> l carità l ira;
I verità l uguaglianza l dove? (con valore di luogo,
per esempio: dov'è la gloria di Dio?) l << elementativa >> l
pazienza l menzogna;
K gloria l inferiorità l come e con che? (nel significa­
to di « maniera e ragione >> di essere, per esempio: come
Dio muove il firmamento?) l << Ìstrumentativa >> l pietà l
incostanza.
Lullo illustra le interconnessioni tra questi gruppi di si­
gnificati, oltre che con ampie precisazioni ed exempla te­
stuali, attraverso quattro figure combinatorie:13

13. Ars generalis, pp. 10-20; Ars compendiosa, pp. 21 sgg., 295
sgg.; cfr. Lectura artis, cit., pp. 345-5 1 .
132 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura l

La prima figura consiste in una ruota con le 9 lettere


dell'alfabeto ripartite in altrettanti e distinti settori: le let­
tere rappresentano le Dignitates Dei. Queste campeggiano
in qualità di soggetti grammaticali (B. Bontà, C. Gran­
dezza, ecc.) nei rispettivi settori della corona media della
ruota, mentre nella corona interna in qualità di predica­
ti (buono, grande, ecc. ) . Al centro la lettera A designa
l'immagine nel suo insieme. 1 4 Il meccanismo combinato­
rio prevede che tali soggetti possono « convertirsi ,, nei
predicati e viceversa, per cui si può dire che « la Bontà è
grande ,, (Bonitas magna) , ma anche che « la Grandezza

14. Ars generalis, p. 10: «Prima figura est designata per A , et est
circularis ,, .
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 1 33

Figura 2

è buona >> (Magnitudo bona) , oppure che « la Grandezza è


eterna >> e « l'Eternità è grande >>, che « la Bontà è eterna >>
e « l'Eternità è buona >> . Altrettanta « convertibilità >> si
può attuare anche tra i predicati e il subiectum Dio: « Dio
è buono >> , « buono è Dio >>, e così via. 1 5 Relazioni che sono

15. Ars generalis, pp. 1 0-1 1 : «Et [figura] dicitur circularis, quia
subiectum mutatur in praedicatum et e converso. Ut cum dici­
tur: Bonitas magna, magnitudo bona, magnitudo aeterna, ae­
ternitas magna; et sic de aliis; Deus bonus, bonus Deus; et sic
de aliis suo modo. Per talem quidem circulationem poterit ar­
tista cognoscere ea, quae convertuntur, et ea, quae non con­
vertuntur; sicut Deus et bonus, qui possunt converti; non au­
tem: Deus et angelus convertuntur, nec bonitas et angelus, nec
1 34 CORPUS ICONOGRAPHICUM

. .
b.c. c.d. : d.e. e.f. .: f.g. : g.h. h.i. i.k.
.. .
. . . . . . . -. . . . . . . . � . . . . . . .

. .
b. d. c.e. : d.f. e.g. : f. h. : g.i. h.k.
. ..:
' ' ' " " ' " ' ' - · · :. . . · · - - - ,-'----'-'-�-'--"

b.e. c.f. : d.g. e.h. : f. i. : g.k.

b.f. -�-- �: - -- �--�: --�-_ ;:----�- ��-·r ------


:
- - - - - - -:. - - - - - - - - - - - - - ; - - - - - - - :l
b.g. c.h. : d.i. e.k. :
. . . . . . . ..

b.h. e.i. : d.k .


. . . . . . . ·. . . . . . .

b.i. c.k. :

b.k.

Figura 3

graficamente espresse dalle corde che uniscono, all'in­


terno del circolo, un punto ad un altro, ossia una lettera
ali' altra e viceversa. 1 6 La « convertibilità >> non si può inve­
ce applicare tra gli stessi subiecta (per cui non si può af­
fermare che « Dio è l'angelo » o che <d'angelo è Dio ••,
ecc. ) , e neppure, escluso il subiectum Dio, tra le dignitates
e gli altri subiecta, ovvero non si possono riferire in asso­
luto la « Bontà >> (Bonitas) , la « Grandezza >> ( Magnitudo) ,

sua bonitas et magnitudo, et sic de aliis terminis. In ista figura


implicantur omnia. Sicut quando dicitur: Deus est bonus, ma­
gnus, et cetera. Angelus est bonus, magnus, durabilis, et cete­
ra. Avaritia non est bona, sed mala; et sic de aliis suo modo > .
1 6. De compendiosa, Il, 2, pp. 15-16: << Ìdeoque lineae a singulis
elementis extentae ad omnia et ab omnibus ad singula re­
flexae conversionem significant et aequalitatem '' ·
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 1 35

Figura 4

ecc. , che sono le dignitates proprie di Dio, all'angelo o al


cielo o all'uomo. Pertanto diremo semplicemente « l'an­
gelo è buono >> (oppure la « bontà dell'angelo •• , oppure
<< il cielo è buono •• , <da bontà dell'uomo •• , o ancora
<< l'uomo è buono •• , ecc. ) , senza incorrere nelle errate
proposizioni: << l' angelo è la Bontà ••, oppure << il cielo è la
Bontà •• , « l'uomo è la Bontà •• e così di seguito. Si produ­
ce in questo modo, per ciascuna dignitas, 17 la seguente
scala proporzionale memorativa, che rispecchia quella
dell'essere o dei subiecta lulliani:

17. Qui tale processione è esemplificata attraverso la « Boni­


tas ••, la prima delle dig;nitates.
1 36 CORPUS ICONOGRAPHICUM

SUBIECTA
B. Deus: la Bontà di Dio;
C. Angelus: la Bontà dell'angelo;
D. Coelum: la Bontà del cielo (intesa anche
come bontà dei singoli pianeti o
dei segni zodiacali) ;
E. Homo: la Bontà dell'uomo;
F. Imaginatio: la Bontà dell'immaginazione (im­
maginare cose buone rende l'uo­
mo buono) ;
G. Sensitiva: la Bontà nel mondo animale (an­
che in una singola e determinata
bestia) ;
H. Vegetativa: . la Bontà nel mondo vegetale (co­
me in una singola e determinata
pianta) ;
I. Elemen tativa: la Bontà nei quattro elementi (per
esempio la bontà del fuoco o quel­
la dell' acqua) ;
K. Instrumentativa: la Bontà nelle arti, nelle scienze e
nella morale.

Tale sistema, che permette o impedisce la correlazio­


ne tra i suoi diversi elementi, induce a riconoscere rapi­
damente quali dei significati conferiti alle lettere siano
<< convertibili >> e quali non lo siano, dunque a disporre di
un essenziale vocabolario dialettico-mnemonico. Grazie
ad esso, alla mente che si interroga e medita su questioni
inerenti il divino, l'umano, la natura o l'arte, si può ri­
spondere con prontezza e chiarezza, perché non si perde
mai di vista la trama della gerarchia delle cose e la supre­
mazia della nomenclatura divina. In tal modo, sia lo sche­
matismo del vocabolario sia le sicure correlazioni tra le
diverse componenti della creazione gerarchica escludo­
no sfumature e sofismi dialettici, non previsti nella gab­
bia logica di un simile meccanismo combinatorio. 18

18. Ars generalis, pp. 10-l l , 26 sgg., l l9-89, 31 6-95 e sgg., 395-
523 (De questionibus) .
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 137

Nella seconda figura circolare, designata nel suo insie­


me dalla lettera T posta al centro, sono collocate, come
nella precedente, sulla corona esterna le 9 lettere, men­
tre nel circolo più interno le tre terne dei praedicata re­
spectiva ( differentia, concordantia, contrarietas l principium,
medium, finis l maioritas, aequalitas, minoritas) , scritte negli
angoli di ciascuno dei tre triangoli equilateri, armonica­
mente coordinati e sovrapposti nel mezzo della figura, in
ragione appunto del numero 9 . Abbiamo dunque il
triangolo BCD, con agli angoli « differenza >>, « concor­
danza >> e « contrarietà >> ; il triangolo EFG, con « princi­
pio >>, « mezzo >> e <<fine >>; il triangolo HIK. con '' superio­
rità >> , « uguaglianza >> e « inferiorità » . A ognuno di questi
praedicata corrispondono ( poste sulla corona mediana
della figura e graficamente indicate dalle punte dei trian­
goli) le rispettive species, cioè aspetti o forme, connessi al­
la << differenza >>, alla « concordanza '' • ecc. Così le species
che assume la differentia19 sono fra '' sensibile >> e '' sensibi­
le >> (per esempio la differenza che intercorre tra un cor­
po e un altro, come tra una pietra e un albero) , tra '' sen­
sibile >> e '' spirituale >> (per esempio tra corpo e anima) ,
tra '' spirituale >> e '' spirituale >> ( tra due realtà spirituali,
come tra un angelo e l'anima, tra un angelo e Dio, ecc.) .
Questa figura T è al servizio della prima figura A, perché
aiuta la memoria a schematizzarne e puntualizzarne ulte­
riormente i dati, cosicché, ad esempio, per mezzo della
differentia si può distinguere (in base alle sue species) tra
<< bontà >> e << bontà >>, tra << bontà >> e << grandezza >> /0 e così
di seguito.

19. Ars generalis, p. 12: « Supra angulurn de differentia scribi­


tur: Sensuale et sensuale, sensuale et intellectuale, intellectua­
le et intellectuale. Et sic de angulis concordantiae et contrarie­
tatis, ad significandurn differentiarn, quae est inter sensuale et
sensuale, sicut inter unurn corpus et aliud; et inter sensuale et
intellectuale, sicut inter corpus et anima; et inter intellectuale
et intellectuale, sicut inter Deurn et angelurn. Et sic de concor­
dantia et contrarietate » .
20. Lectura artis, cit., pp. 347-48: « Est etiarn haec secunda figu­
ra subserviens primae; sicut differentia, quae distinguit inter
1 38 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Nella terza figura si svolgono i possibili accostamenti


che nascono coniugando le 9 lettere della prima figura A
con quelle della seconda T. Ne derivano 36 combinazio­
nP1 elementari di due lettere, disposte su una griglia
triangolare a scale. 22 Poiché ciascuna lettera può riferirsi
sia alla prima che alla seconda figura, le 36 coppie biele­
mentali assumono molteplici e diversi significati. In ogni
casella infatti sono contenute due lettere che rappresen­
tano un soggetto e un predicato, per cui la coppia BC
vuoi dire « la Bontà è grande » se rivolta alla sola figura A,
ma se riferita alla figura T va intesa di conseguenza.
Nella quarta figura abbiamo tre ruote, ineguali e con­
centriche: la maggiore è fissa, le altre due mobili. Dentro
ciascuna si trovano le lettere disposte secondo la consue­
ta suddivisione in settori. Questa figura comprende e
riassume in sé le precedenti (prima, seconda e terza) ed
esprime la forma più semplice dell'arte combinatoria lul­
liana. Tenendo fissa la ruota esterna e muovendo le due
interne si producono infatti 84 combinazioni triletterali
e le annesse formulazioni verbali e conce ttuali, dettate
dalla concertazione dei singoli significati che ciascuna
lettera simboleggia.23
Torniamo ora alle immagini del De compendiosa.

bonitatem et bonitatem, inter bonitatem et magnitudinem; et


sic de aliis. Et concordantia, quae concordat bonitatem cum
bonitate, bonitatem cum magnitudinem; et sic de aliis •• .
2 1 . Sul numero delle combinazioni (n = n (n-1 ) l l:2 = 9 (9-1 )
l 1 :2 = 36) , cfr. Platzeck, La combinatoria, cit., p. 581, nota 6.
22. Ars generalis , pp. 18-20, 75-103, 419 sgg.
23. Ibid. , pp. 20, 103 sgg.
Tavola 1: c. Br; Il, 2, p. 13

Tavola I

L'immagine visualizza fedelmente l'alfabeto di Lullo24


senza aggiungervi altro. 25 Nel testo bruniano, che accom­
pagna questa ruota alfabetica, appare il seguente sche­
ma, che riassume le componenti dell' ars di Lullo. 26
Lo schema, che si ispira alla Tabula artis brevis lulliana/7
evidenzia una semplificazione mnemonica del sistema di
Lullo, che qui concerne, rispetto ai sei gruppi primitivi,
soltanto quattro gruppi di significati, ordinati secondo le
componenti base della discorsività del pensiero: sogget­
to, predicato assoluto e predicato relativo, quesito. Per

24. De compendiosa, II, 2, pp. 12-13 (De alphabeto) .


25. Cfr. Gfrorer, op. cit. , p. 244.
26. De compendiosa, Il, 2, pp. 1 2-13; cfr. Tocco, op. cit. , p. 5.
27. In Yates, The Art of Rnmon Lull, cit. , tav. Sa; cfr. P. Rossi, op.
cit. , pp. 66-68.
B c D E F G H I K

IMAGI- ELEMEN- INSTRUMEN-


DEUS ANGELUS COELUM HOMO SENSITIVA VEGETATIVA Subie<:ta
NATIO TATIVA TATIVA

AETERNITAS
MAGNI- Praedic:ata
BONITAS seu POTESTAS SAPIENTIA VOLUNTAS VIRTUS VERITAS GLORIA
TUDO absoluta
DURATI O

DIFFE- CONCOR- CONTRA- PRINCI- AEQUA- Praedic:ata


MEDIUM FINIS MAIORITAS MINORITAS
RENTIA DANTIA RIETAS PIUM LITAS respectiva

QUO MODO?
UTRUM? QUID? DE QUO? QUARE? QUANTUM? QUALE? QUANDO? UBI? Quaestiones
CUM QUO?
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 141

Bruno gli elementi stessi costituiscono l'alfabeto mentale,


come le lettere sono l'alfabeto del discorso.28 La Tabula lul­
liana viene riesaminata e rielaborata da Bruno anche nel
De lampade combinatoria lulliana, nel De specierum scrutinium
e nelle Animadversiones circa lampadem lullianam.29

Tavola Il: c. Sv; II, 2, p. 1 4

Tavola II

28. De compendiosa, II, 2, p. 1 2: •< lam non ad librum, sed ad ar­


tem - a no bis elucidandam et complendam - respicientes, artis
alphabetum et eius memoriam proponimus [ . . ] Quemadmo­
.

dum scriptura atque lectio suis constat elementis, ita iudicium


et inventio, quae per hanc aliasque plurimas artes attentan­
tur '' ·
29. Rispettivamente in Il, 2, pp. 225 sgg., 329 sgg. , 359 sgg.;
per lo schema si veda in particolare p. 336.
1 42 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Quest'immagine, che Bruno denomina Figura novem


imaginandorum cubilium, viene da lui ideata allo scopo di
meglio trattenere a mente il meccanismo espresso nello
schema appena visto. 30 « Riferendosi " scrive il Nolano « a
quanto detto nel Cantus Circaeus, dove si stabilivano le
correlazioni tra i subiecta e gli adiecta, poiché qui si devo­
no memorizzare con fermezza quattro significati, tra loro
corrispondenti, per mezzo di un solo elemento, ed essen­
do la memoria naturale insicura ed esitante, si ricorra a
nove cubilia 3 1 quadrati. In ciascuno di essi si collochi ad
oriente il soggetto A, a settentrione il predicato assoluto
E, a occidente il predicato relativo I, a meridione la que­
stione O, e dunque il centro contenga la lettera32 dell 'e­
lemento simboleggiante questi quattro » . In tale modo
abbiamo 9 « camere >> quadrate: ciascuna di esse com­
prende, ordinatamente disposti agli angoli, secondo gli
assi cardinali/3 le 4 componenti base della discorsività
del pensiero, di cui sopra (soggetto, predicato assoluto e
relativo, questione: significati dalle 4 vocali A, E, I, O ) ,
mentre al centro sta una singola lettera dell'alfabeto lul-

30. De compendiosa, Il, 2, p. 1 4: « Ad alphabeti retentionern: Sup­


positis dictis in Cantu Circaeo, ubi de subiectorurn adiectorurn­
que ratione definivirnus, curn singulis elernentis quattuor con­
venientia significata tibi sint firrniter tenenda, naturalis autern
memoria suspecta sit et haesitans, ad novern recurrito quadrata
cubilia; quorum singulorurn orienti A subiecturn, septentrioni
E praedicaturn absoluturn, occidenti I respectivurn praedica­
turn, rneridiei O quaestio adiiciatur, rnediurn vero elementi ilio­
rum quattuor significativi notarn contineat >> . Sulle immagini del
De compendiosa, cfr. anche De Bernart, op. cit., pp. 104-2 1 .
31 . Cubile: termine tecnico per << giacigli >> , ricettacoli rnnerno­
nici, lo stesso che la << carnera >> lulliana (cfr. Ars compendiosa,
pp. 1 8 sgg. ) , luoghi dove collocare le << immagini >> ; su questo
lemma, si veda l'Introduzione e il commento alle tavole del De
imaginum compositione.
32. << notarn contineat>>: cfr. Cantus, II, l, p. 255: << notarn de­
rnonstrent >> .
33. Cfr. i l commento alla tavola I I del Cantus.
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 1 43

liano, con i significati che denota.34 Una simile sistema­


zione, che ritroviamo nella tavola IV, fa sì che ogni lette­
ra divenga il concetto di riferimento su cui « ragionano >>
(collocandosi appunto ai quattro angoli del cubile e dia­
logando logicamente tra loro) le 4 componenti discorsi­
ve, ovvero queste divengono degli adiecta e quella il rela­
tivo subiectum, intesi secondo l'arte bruniana. In altre pa­
role Bruno riduce il complesso schema di tipo lulliano vi­
sto sopra ad una sola, semplice figura geometrica qua­
drata, questa tavola II, facilmente rappresentabile e «visi­
bile >> nella interiore pratica mnemonico-immaginativa
dell'operante. Infatti in essa gli elementi compositivi ven­
gono tutti tra loro coniugati attraverso la centralità geo­
metrica del concetto che si vuole analizzare e la logica
correlazione che questo instaura (o viceversa) con i quat­
tro angoli, dove albergano le basi discorsive. Costui può
dunque « guardare >> mentalmente sia una collana di 9 eu­
bilia, ciascuno con le rispettive componenti agli angoli
(le 4 vocali) e notae centrali (alfabeto lulliano) , sia un so­
lo cubile, dove si possono inserire e combinare, di volta
in volta, tutte le componenti e le rispettive lettere-notae
che li simboleggiano (basta sostituire una lettera-nota
centrale con un 'altra, che mutano anche i corrispettivi
subiecta, praedicata, ecc. ) : in entrambi i casi, per così dire,
il risultato non cambia.

34. De compendiosa, II, 2, pp. 1 2-1 3: « B significat Deurn, bonita­


tern, differentiarn, utrurn? C significat angelurn, rnagnitudi­
nern, concordantiam, quid? •• , ecc.
Tavola III: c. 9r; II, 2, p. 15

Tavola III

Nel testo questa incisione viene detta « Prima figura » ,


i n quanto corrisponde alla prima figura lulliana discus­
sa sopra. Due delle tre figure di Lullo che si trovano nel
De compendiosa (qui tavv. V e VIII) sono identiche, nel
senso che sono state impresse usando la stessa matrice
!ignea, a quelle che appaiono sui fogli sciolti inseriti
nell' Opusculum de auditu kabbalistico attribuito a Lullo,
e stampato a Parigi nel 1578 « apud Aegidium Gorbi­
num >> , ovvero dallo stesso stampato re del De umbris e
del De compendiosa, il quale evidentemente riutilizzò in
quest'ultima i legni che gli erano serviti per l' Opuscu­
lum. L' iconografia delle figure lulliane nei libri a stam­
pa segue comunque modelli grafici canonici, tant'è che
uguali alle nostre, anche se di dimensioni diverse, le ri-
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 1 45

troviamo, per esempio, sia nell 'Ars magna generalis et ul­


tima (Lugduni, 1 5 1 7 ) , sia nell' Opera (Argentorati, 1 6 1 7 )
stampata dai fratelli Zetzner.

Tavola IV: c. 1 1 r; II, 2, p. 1 7

Tavola IV

Come per la precedente tavola II, che serviva a tenere


meglio a mente l'alfabeto di Lullo, anche qui l'immagi­
ne, di invenzione bruniana, serve a ricordare con più
efficacia il sistema combinatorio lulliano della tavola III
appena considerata.35 Di fatto Bruno trasferisce, come
già nel c aso appena citato della tavola II (Ad alphabeti re­
tentionem ) , il sistema circolare proprio delle fig;urae di
Lullo su una struttura quadrata, ossia colloca gli elemen­
ti letterali agli angoli, sui lati e al centro di un quadrato,

35. Ibid. , II, 2, p. 1 7.


1 46 CORPUS ICONOGRAPHICUM

rifacendosi ancora una volta al meccanismo subiecta-adiec­


ta dei punti cardinali, tra loro combinabili e moltiplicabi­
li, esposto nella tavola II del Cantus Circaeus. 36 La motiva­
zione di questo passaggio dalla figura « rotonda » lulliana
a quella « quadrata >> si deve al fatto che Bruno individua,
nella trama di correlazioni di una tale « rotonda >>, un li­
mite alle possibilità del meccanismo combinatorio.37 In­
fatti in quest'ultima le lettere o elementi distribuiti sulla
circonferenza, a causa dei distinguo filosofici e teologici
insiti nella logica di Lullo, non risultano sempre e co­
munque tutti coniugabili o « convertibili >> tra loro, in al­
tre parole si possono produrre soltanto certe associazioni
tra determinati elementi letterali, ovvero tra i sei gruppi
di significati e secondo le ragioni di cui si è detto sopra. 38
Nella figura « quadrata >> invece tali limitazioni possono
scomparire perché Bruno riconduce il meccanismo alla
dialettica dei subiecta e degli adiecta già visto nel Cantus
Circaeus, dove ciascun elemento può essere correlato al­
l'altro o agli altri e viceversa/9 con la conseguente conca­
tenazione logico-mnemonica o «fissazione >> di tutti gli
elementi, in una dinamica dove l'ordine delle « conver­
sioni >> non prevede restrizioni concettuali di sorta. << In

36. Il, l, pp. 253-55; De compendiosa, II, 2, p. 1 7: << atriurn qua­


draturn novern discrirninaturn conceptaculis habeto, cuius an­
guli quattuor habeant elernenta, et media laterurn quatuor se­
quentia, ultirnurn vero quadrati rnediurn. Habet ergo angulus
orientis B, septentrionis C, occidentis D, rneridiei E, latus
orientis F, latus septentrionis G, occidentis H, rneridiei I, rne­
diurn K >>.
37. Cfr. De compendiosa, II, 2, pp. 14-16.
38. Cfr. Ars generalis, p . l 0: << Et dicitur circularis, quia subiec­
turn rnutatur in praedicaturn, et e converso [ . ] Per talern qui­
. .

dern circulationern poterit artista cognoscere ea, quae conver­


tuntur, et ea, quae non convertuntur >> .
39. De compendiosa, Il, 2, p . 1 7: << lbi consequenter habes fìxurn
ordinern conversionurn, denorninationurnque ornniurn per
singula, et singulorurn per ornnia. Rotundarn fìgurarn tan­
quarn rnernoriae inirnicarn despicirnus, angularern ut eidern
farniliarissirnam eligirnus >> .
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 1 47

questa figura [quadrata] '' dice Bruno « si avrà di conse­


guenza l'ordine fisso delle conversioni, delle denomina­
zioni di tutti attraverso ciascun elemento e di ciascuno at­
traverso tutti. Disdegniamo la figura rotonda, nemica
della memoria, e si elegga quella angolare che è ad essa
la più familiare '' · In tal modo il Nolano, che - come ben
sappiamo dalle figure circolari e dalle ruote mobili del
De umbris -40 sa fare buon uso della «figura rotonda '', vuol
sottolineare non tanto la supremazia di quella « quadra­
ta >> , bensì la sua sintetica funzionalità ( « memoriae fami­
liarissima » ) nella pratica dell' ars rispetto alla '' rotonda ''
lulliana. Si tratta di una felice variante alternativa, nel­
l'immediato più semplice dei complessi moti delle ruote
di Lullo, la quale pertanto, come già notò Johannes
Paepp,4 1 può facilitare l'apprendimento mnemonico. Del
resto Bruno, nell'elaborazione della sua ars memoriae, pur
senza mai trascurare né sottovalutare quelle « rotonde '' •
dedicò speciale attenzione alle forme « quadrate '' , come
provano i particolari loci quadrangolari ( atria e cubilia)
discussi nel De imaginum compositione,42 il suo ultimo trat­
tato mnemonico, che riassume e conclude i precedenti:
qui il locus quadrato o rettangolare costituisce uno spazio
« visivo '' e « mentale '' privilegiato, dove si può esercitare
l'attività mnemonico-creativa dell'immaginazione.
Si deve infine notare che nella xilografia mancano le
linee di congiunzione tra C e I e tra B e G: probabilmen­
te si tratta di una semplice svista dell'incisore, in quanto
tale carenza contrasta graficamente con il sistema combi­
natorio bruniano, di cui sopra, che prevede la correlazio­
ne tra tutti gli elementi: basti confrontare l ' analoga figu­
ra nel De imaginum compositione.43

40. Nel Cantus e nell'Explicatio è presente sia la tipologia qua­


drata che quella circolare.
4 1 . Eisagoge, seu introductio Jacilis in praxim artificiosae memoriae,
Lugduni, 1 6 1 9 , p. 69.
42. II, 3, pp. 1 25 sgg. , 163 sgg.
43. Il, 3, p. 197.
Tavola V: c. l l v; Il, 2, p. 1 8

Tavola V

L'immagine copia fedelmente quella della seconda fi­


gura di Lullo esaminata sopra (perciò anche nel testo del
De compendiosa è detta Secunda figura) . La xilografia deriva
dall'edizione del citato Opusculum de auditu kabbalistico.
Bruno, seguendo Cornelio Agrippa,44 spiega la T al centro
della figura come abbreviatura di « Triangulum » .

44. In artem brevem Raymundi Lullii, in Opera, Lugduni, s.a.


[ 1 570 ca] , vol. II, p. 347.
Tavola VI: c. 13v; II, 2 , p. 20

Tavola VI

Come nel caso delle xilografie precedenti, Bruno esco­


gita, anche qui, una sua nuova figura per migliorare la ri­
tenzione dello schema lulliano appena visto. Il testo45
precisa che la pratica mnemonica consiste nel porre in
ciascun angolo di un triangolo una singola, vivida imma­
gine, che abbia vicino a sé altre due immagini collaterali.
Chi vuole memorizzare deve poi procedere (attraverso

45. De compendiosa, II, 2, pp. 20-2 1 : << Figurae praesentis memo­


ria facilis [ . . . ] Singuli angulorum singulas (si placeat) vivas ha­
beant imagines, quae duas alias sibi collaterales adsumant.
Deinde memoraturus procede a collaterali sinistro anguli B ad
angulum B, bine ad suum collaterale dextrum F, deinde a col­
laterali sinistro anguli C ad ipsum C, inde ad eius collaterale
dextrum H, tandem ad collaterale sinistrum ipsius D, quod est
I, ad eius collaterale dextrum K ••.
1 50 CORPUS ICONOGRAPHICUM

l'« occhio interiore » ) 46 dall'angolo collaterale sm1stro


dell 'angolo B (ossia dall'angolo contrassegnato dalla let­
tera E) all'angolo B, di qui al suo angolo collaterale de­
stro F, quindi dal collaterale sinistro dell' angolo C47 allo
stesso angolo C, poi al suo collaterale destro H, infine dal
collaterale sinistro di D, che è I, allo stesso D e al suo col­
laterale destro K. In altre parole Bruno propone di ricor­
rere ad un solo triangolo invece dei tre posti al centro
della Secunda figura di Lullo. Il meccanismo è semplice
ed analogo, nella sostanza compositiva, allo schema logi­
co delle altre due figure bruniane (qui sopra tavole II e
IV) , ovvero, stabilito un locus quadrato o circolare,48 vi si
pongono delle immagini che indicano le lettere e vice­
versa. Questa disposizione è orientata (come vuole il si­
stema combinatorio esposto nel Cantus Circaeus già visto)
nel senso che tali lettere o immagini sono situate agli an­
goli geometrici o al centro (come nelle tavole II e IV) , co­
sicché si sviluppi una correlazione continua tra l'una e le
altre, tra queste e quella, graficamente espressa dalle li­
nee di congiunzione. Infatti, come Bruno spiega nel De
imaginum compositione,49 la forma del luogo deve consenti­
re proporzione, ordine e simmetria alle cose che vi ven­
gono collocate, secondo una predisposizione che predili-

46. /bid. , Il, 2, p. 20: « formam interni sensus oculo necessum


est habere praesentem ».
47. Nella figura l'angolo è cifrato erroneamente (con ogni
probabilità per una svista dell'incisore) con la lettera E, men­
tre vi doveva comparire la G, secondo il dettato e la successio­
ne dell'alfabeto lulliano, che Bruno segue sempre con atten­
zione. Che qui si tratti di una involontaria sostituzione di lette­
re lo dimostrano i triangoli con le tre terne alfabetiche dispo­
ste agli angoli (B, C, D - E, G, F - H, K, 1 ) , con i quali il Nola­
no spiega proprio la figura lulliana dei praedicata respectiva ( Se­
cunda figura) di cui stiamo ora trattando; cfr. De lampade, Il, 2,
pp. 265-72.
48. De compendiosa, II, 2, p. 20: « vel in quadrato vel in rotundo
atrio triangulum [ . . . ] disposi tum >>; sul lemma " atrio », si veda
l'Introduzione e il commento al De ima[finum compositione.
49. Il, 3, pp. 125 sgg., 1 56-57.
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 151

ga il ternario/0 nel senso che, per esempio, un " atrio »,


quadrato o rettangolare che sia, è opportuno presenti a
ciascuno degli angoli una disposizione ortogonale di tre
immagini o lettere .51 Nell'incisione che stiamo discuten­
do il locus-subiectum è dato dal cerchio con il quadrato in­
scritto, mentre il triangolo interno esprime il gioco di
correlazioni che, nelle altre due figure, era dato dalle li­
nee. Infatti, come si evince dal testo sopra citato (nella
nota 45 ) che accompagna questa tavola VI, ai tre angoli
del triangolo stanno tre immagini corrispondenti alle let­
tere B, C, D , cioè immagini e lettere coniugate secondo
la ovvia, geometrica correlazione interna che lega gli
stessi angoli e i lati del triangolo: per esempio, dall'ango­
lo al vertice B possiamo collegarci sia a C che a D, ma ciò
vale anche per C con B e D, come per D con B e C. Se poi
la B, la C e la D divengono esse stesse, come si insegna
nel Cantus, dei subiecta, ed intorno mettiamo in correla­
zione collaterale altri adiecta, cioè le immagini, ossia le
lettere EF (intorno a B) , GH (intorno a C) , IK (intorno a
D) (tutte insieme, non dimentichiamolo, formano il no­
to alfabeto lulliano) , ecco che da ogni angolo si sviluppa
una concatenazione fra tutte le lettere delle tre terne con
simmetria geometrica, con una dinamica logica rigorosa,
sempre determinata com'è dalla chiara posizione spazia­
le che rispettivamente occupano.

50. Il, 3, p. 15 6: « qui in universis nurnerurn trigenariurn ob­


servarnus '' .
5 1 . Il, 3; cfr. le illustrazioni alle pp. 1 27 e 156.
Tavole VII e VIII: cc. 1 6r e 1 6v; Il, 2, pp. 24-25

B C. C D. D E . EF. F G. G H. HI. Ik.


B D . C E . DF. EG. FH. GI. H k.
B E. C F . D G .F H. F I . Gk.
BF . C G. D H .EI. Fk.
B G. C H. D l. Ek.
B H. C I . D k.
BI. Ck.
Bk.
Tavola VII

Tavola VIII
DE COMPENDIOSA ARCHITECTURA 153

S i tratta della terza e quarta figura di Lullo discusse so­


pra: una è la griglia triangolare a scale (nell'edizione
bruniana la tavola VII non è xilografica, ma formata da
semplici caratteri tipografici accoppiati e sovrapposti,
identica alla precedente figura 3 ) , l'altra (tav. VIII) è
quella con le tre ruote alfabetiche concentriche. Il legno
di quest'ultima (anzi i legni, trattandosi di tre ruote indi­
pendenti, di misure diverse, che vanno poi sovrapposte)
è lo stesso già usato per il citato Opusculum de auditu kab­
balistico.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM
Explicatio tri{finta si[fillorum ad omnium scientiarum et artium in­
ventionem, dispositionem et memoriam. Quibus adiectus est si[fillus si­
{fillorum. . , s.n.t. (Salvestrini, n. 60; Sturlese, n. 6)
.
In quest'opera, che riguarda l an reminiscendi e venne
'

pubblicata a Londra nel 1583, sono descritti 30 sigilli, 1 dei


quali soltanto 1 1 illustrati con xilografie: 8 presentano figu­
re geometriche (ossia i sigilli Il, III, XVIII, XIX, XXI, XXVI,
XXIX e la Figura sigiUi sigillorum) , 3 invece l'alfabeto ebraico
disposto e numerato secondo schemi radiali e ortogonali.
Le tavole sono inserite fuori testo e in sequenze diverse.2 Nel
volume sono stampate pure alcune combinazioni di lettere
e numeri che compongono figure mnemoniche, ma non si
tratta di xilografie. La qualità tecnico-artistica delle incisioni
è assai scadente e, per le assonanze grafiche e stilistiche con
quelle del Mordentius e del De triplici minimo, vanno attribui­
te alla mano dello stesso Bruno. 3 Sul significato iconologico
dei gruppi di piccoli punti e linee che nelle xilografie incor­
niciano, come elementi decorativi, i sigilli II, XVIII, XXI e
XXIX, si veda infra e l'Introduzione.

l. Delle immagini di questi sigilli si parla sinteticamente, ac­


compagnandole con un parziale corredo iconografico costitui­
to da schemi grafici, nel Libro III del De imaginum compositione,
Il, 3, pp. 278-322.
2. Cfr. Salvestrini, op. cit. , p. 68.
3. Si veda la Nota al Corpus iconographicum.
158 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La parola guida che caratterizza l'opera è sigillum, ter­


mine che Bruno spiega nel De imaginum compositione : « Il
sigillo (che è un diminutivo di segno) significa la parte
più eccellente del segno, ovvero il segno preso in modo
più contratto, come significhiamo con la sola testa o con
la sola mano l'uomo o l' opera dell'uomo >> .4 Consideran­
do che per Bruno il signum altro non è che l'idea, il vesti­
gio, l'ombra della cosa significata/ se ne trae che per lui
il sigillo costituisce, nella sua essenzialità, il lessico più
nobile: un sigillo ideale, un'icona sintetica e schematica,
una sorta di simbolo-sineddoche che pure contiene e
riassume in sé tutte le più ampie valenze significanti del­
la « cosa >> che vuole rappresentare. In questo senso il si­
gillo diviene tramite di perfetta analogia tra l'intelletto e
l'intelligibile, tra il conoscente e il conoscibile, è una mo­
dalità gnoseologica che va oltre i limiti delle comuni pa­
role e immagini, perché sintetizzando in sé l ' « ombra del­
le idee >> , della « luce >> , ne esprime il « vestigio >> , ne con­
tiene il germe, l'accenno di quelle stesse idee, di quella
stessa luce verso cui tende la conoscenza umana. « Il com­
pito dell' indizio, del segno, del sigillo non è tanto quello
di rappresentare e significare, quanto di mostrare, come
l'indice non significa o connota in sé la cosa che indica,
bensì invita o sollecita a intuirla o guardarla >>.6
Bruno scrive che « le immagini, i sigilli e i caratteri ser­
vono ad agire, percepire e significare ora nel mondo fisi­
co [naturale ] , ora in quello matematico, ora in quello ra-

4. Il, 3, p. 98: << Sigillum (quod signi quodam dirninutivurn est)


signi partem notabiliorern ve! signurn contractius accepturn si­
gnificat, sicut solo capite ve! sola rnanu hominern ve! hominis
operationern significarnus >> (si veda il capitolo 3 del Libro l ) ;
cfr. Tocco, op . cit. , pp. 67 sgg.
5. De imaginum compositione, Il, 3, p. 98: << Signum est quodam­
modo genus ad omnia quae significant, sive ut idea sive ut ve­
stigium sive ut umbra sive aliter >> .
6 . lbid., Il, 3 , pp. 98-99: << Indiciurn, sicut e t signurn e t sigillum,
est cuius rnunus non tarn est repraesentare, significare, quam
ostendere, sicut index non rern quam indicat per se significat
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 159

zionale. Infatti alla natura spetta di produrre la specie


definita dalla materia indefinita per mezzo dell'idea insi­
ta e presente in essa [ . . . ] Subito dopo, grazie alla mate­
matica, i simulacri, le immagini e i caratteri conducono a
produrre e ottenere molte cose, tenendo presente che il
mondo è triplice, archetipico, fisico e umbratile [ovvero
divino, naturale e razionale] / affinché dal primo si possa
discendere al terzo tramite il secondo, e dal terzo ascen­
dere al primo tramite il secondo, come dal sole discen­
diamo a vedere la luce della luna, comunicata agli astri e
all'aria, e da questa alla luce umbratile, quasi come in
uno specchio (ma il sole può anche infonderla diretta­
mente nello specchio) , e da questo tornare indietro ver­
so il sole con un percorso diretto e immediato. Così il no­
stro animo e il nostro senso si dispone, si procura e acco­
glie immediatamente certe specie e influssi8 dal mondo
superiore, o certe altre per mezzo delle cose naturali e
sensibili. Tutte queste, che siano di un modo o di un al­
tro, non le procuriamo e otteniamo se non con certi se­
gni, archetipi, gesti e, come dicono, sacri misteri. Pertan­
to le forme, i simulacri e i segnacoli sono veicoli e, direi
quasi, vincoli per i quali i favori delle cose superiori ema-

ve! notat, sed ad eius tantum intuitum seu obtutum invitat ve!
appelli t >> (sul concetto di •• sigillo >> in Bruno, cfr. De Bernart,
op. cit. , pp. 15-62; Spruit, op. cit., pp. 57-67; Ciliberto, Umbra
profunda, cit., pp. 1 1 1-23) .
7. De imaginum compositione, II, 3, pp. 94 sgg.: « Ens in tria capita
distributum intelligitur, metaphysicum, physicum, et logicum
universaliter dictum; ut tria sunt omnium principia, Deus, na­
tura atque ars; et tres sunt effectus divinus, naturalis, artificia­
lis »; cfr. l'Introduzione e Spruit, op. cit., pp. 101 sgg.
8. Cfr. Spaccio, p . 635: " sette lumi chiamati erranti; a gli quali,
come ad originai principio e feconda causa, [gli Egizi] redu­
ceano le differenze delle specie in qualsivoglia geno: dicendo
de le piante, de li animali, de le pietre, de gl'influssi, e di altre
et altre cose, queste di Saturno, queste di Giove, queste di Mar­
te, queste e quelle di questo e di quell'altro. Cossì de le parti,
de membri, de colori, de sigilli, de caratteri, di segni, de imagi­
ni destri bui te in sette specie " ·
1 60 CORPUS ICONOGRAPHICUM

nano, procedono, si infondono in quelle inferiori, le


quali li concepiscono, trattengono e conservano >>.9
Si noti che nella definizione di sigillo data sopra si dice
che si tratta di un segno contractius, contrazione speciale
che procede dalla capacità di concentrazione mentale, se­
condo una pratica ascetica e di raccoglimento interiore
per contemplare le cose con l'occhio della ragione, 1 0 di

9. De imaginum compositione, II, 3, pp. 1 01-102: « Conferunt ima­


gines, sigilla et characteres ad agendum, percipiendum et si­
gnificandum tum physice, tum mathematice, tum logice. Natu­
rae enim comparatum est per praesentem seu inexistentem
ideam ac formam ex indefinita materia definitam educere spe­
ciem; indefinita inquam materia non prima in proposito sed
proxima, quale est commune nutrimentum, quod in certae spe­
ciei substantiam atque semen convertitur. Mathematice sub­
inde simulacra, imagines et characteres ad multa producenda
atque comparanda conducunt, cum observatum sit triplice es­
se mundum, archetypum , physicum et umbratilem, ut a primo
detur per medium descensus ad tertium, et a tertio per me­
dium ascensus ad primum, sicut a sole descendimus ad aspec­
tum lucis lunae, astris et aeri communicatae, et ab hac ad lu­
cem umbratilem, seu ut in speculo, non obstante quod et a so­
le immediate in speculum valeat immitti, et a speculo ad solem
directo et immediato tractu retorqueri. Ita animus sensusque
noster species atque favores quosdam immediate a superno
mundo sibi procurat, comparat et recipit, quosdam vero per
medium rerum naturalium atque sensibilium. Quae omnia, si­
ve uno sive alio modo sit, non nisi certis signis, archetypis, ge­
stibus et, ut aiunt, sacramentis comparamus et assequimur. lta­
que formae, simulacra, signacula vehicula sunt et vincula velu­
ti quaedam, quibus favores rerum superiorum inferioribus
tum emanant, procedunt, immittuntur, tum concipiuntur, con­
tinentur, servantur ».
10. Sigillum, Il, 2, pp. 192-93: « Ea tandem laudabilissima vere
philosophis propria animi contractio est [ . . . ] vere enim sapiens
et virtuosus, cum dolorem non sentiat, est perfecte (ut praesen­
tis vitae conditi o ferre potest) beatus, si rem rationis oculo velis
aspicere ,, ( « È infine lodevolissima la contrazione dell'animo
veramente propria dei filosofi [ . ] in vero infatti l'uomo sa­
. .

piente e virtuoso, senza sentire dolore, è perfettamente beato ­


per quanto può offrire la condizione della presente vita - se
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 161

cui Bruno nel Sigillum sigillorum offre quindici tipi.1 1 Rag­


guardevole a proposito nello Spaccio12 l'affermazione che
« l'Eremo, la Solitudine [ . . ] sogliono parturir quel divino
.

sigillo eh' è la buona Contrazzione >> . Il << sigillo » bruniano


esprime così e innanzi tutto una figura mentale prodotta
da un'alta capacità di concentrazione, che poi si potrà
concretare in un'immagine, in un disegno inciso su una
pietra o un metallo: in questo modo la pictura sensibile e
materica risulta speculare, sorella e figlia della pictura men­
tis. 1 3 Nel Cantus Circaeus14 si sottolinea come l' ars memoriae
educhi lo spiritus phantasticus a dipingere le forme ( adiec­
ta) nei sostrati ( subiecta) fino a renderlo capace di << scol­
pirvi » le stesse forme, secondo una progressiva padronan­
za delle proprie tecniche immaginative.
L'alta dignità semantica che Bruno conferisce al lin­
guaggio dei « sigilli », come pure a quello dei signa, notae,
characteres, si deve dunque alla loro potenza evocativa,
magica, 15 che li rende particolarmente adatti alle cerimo­
nie religiose. Essi rendono visibili i misteri del mondo,
introducono il vocabolario dell'invisibile; grazie ad essi,
proprio per la loro virtuosa medietà simbolica tra micro

vuoi contemplare la cosa con l' occhio della ragione '' ) . Sul si­
gnificato del termine contractio cfr. l'Introduzione.
I I . Ibid., II, 3, pp. 1 80-93.
1 2 . Alla p. 645.
13. Si tratta di due modalità dello stesso linguaggio: << Figura­
mus ergo aliquid et describimus ad externum oculum seu ad
internum » (De imaginum compositione, II, 3, p. 1 06) ; sull'argo­
mento si veda l ' Introduzione.
1 4. II, l, p. 240: << Duo sunt quae sibi peculiariter p otest vindi­
care. Alterum quod adeo (si intelligatur) spiritum ipsum regu­
lare docet: ut tantum absit ne formas in ipsis doceat depingere
subiectis, ut mirum in modum quomodo eaedem in ipsis in­
sculpti valeant aperiat » . Cfr. De umbris, p. 94: << Simul igitur in­
telligantur adiecta cum subiectis, et quasi elementa lapidibus
insculpta prodibunt » ( << Pertanto gli "adiecta" vanno intesi in­
sieme ai "subiecta", e appariranno come lettere incise su pie­
tra » ) ; Lampas, p. 940; Sigillus, II, 2, p. 172 .
15. Cfr. in.fra i l commento alla tavola III.
1 62 CORPUS ICONOGRAPHICUM

e macrocosmo (propria della funzione mediatrice del­


l' umbra bruniana) , 16 divengono « veicoli >> che coniugano,
rendono intercomunicanti i tre piani: quello archetipico
o divino, quello fisico o naturale e quello umbratile o ar­
tificiale. 1 7 In questo senso i sigilli esprimono le più nobili
umbrae idearum. Autorevole nel De magia, 1 8 dove << deter­
minati segni, sigilli, figure, caratteri, 1 9 gesti e altre cen-

1 6. Cfr. la prima parte dell'Introduzione.


1 7. Cfr. De imaginum compositione, II, 3, pp. 94-95 (brano citato
sopra, alla nota 7) e 1 03-105.
18. Alle pp. 1 92-94: ,, Similiter et omnes scripturae non sunt
eius momenti, cuius sunt characteres illi, qui certo ductu et
figuratione res ipsas indicant, unde quaedam signa in invicem
inclinata, se invicem respicientia, amplectentia, constringentia
ad amorem [ . . . ] Tales erant litterae commodius definitae
apud Aegyptios, quae hieroglyphicae appellantur seu sacri cha­
racteres, penes quos pro singulis rebus designandis certae
erant imagines desumptae e rebus natuare vel earum partibus;
tales scripturae et tales voces usu veniebant, quibus deorum
colloquia ad mirabilium exequutionem captabant Aegyptii
[ . . . ] ltaque ad ilio rum similitudinem quibusdam h odie fabre­
factis imaginibus, descriptis characteribus et ceremoniis, qui
consistunt in quodam gestu et quodam cultu, quasi per certos
nutus vota sua explicant Magi quae intelligantur, et haec est il­
la deorum lingua, quae alii omnibus et quotidie millies immu­
tatis semper manet eadem, sicut species naturae manet eadem
[ . . . ] Et sicut hominibus unius cum generis cum hominibus
alius generis sine idiomatum communione non est conversatio
neque contractio, nisi per nutus, ita et nobis cum certo numi­
num genere, non nisi per definita quaedam signa, sigilla, figu­
ras, characteres, gestus et alias ceremonias, nulla potest esse
partecipatio. Qui magiae ergo praesertim ea specie, quae
theurgica est, sine huiusmodi vocibus et scripturis vix quip­
piam poteri t magus promovere »; cfr. Spaccio, pp. 644-45.
19. Si tenga presente che i lemmi grammai (segno, linea per
formare figure matematiche o lettere) e characteres (caratteri)
sono termini tecnici della teurgia neoplatonica di Giamblico
(De myst. , Il, 13, 13 1-32) e di Porfirio (anche per i luoghi paral­
leli cfr. Porphyrius, De philosophia ex oraculis haurienda, a cura di
G. Wolff, Berolini, 1 856, pp. 1 37 sgg., 1 64; Lewy, op. cit. , pp.
252-54) .
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 63

monie " permettono il contatto fra l'uomo-mago e gli es­


seri divini: senza voci e scritture di un tal genere il mago
non può certo sperare di ottenere dei risultati, soprattut­
to nella magia teurgica.20 In merito Bruno si colloca stori­
camente nella più arcana tradizione, richiamando gli an­
tichi Egizi che praticavano questa lingua degli dèi, dove i
segni delineati e figurati mimano le cose stesse: si tratta
di un linguaggio che, a differenza delle comuni lingue
che si sono modificate con il tempo, è rimasto sempre lo
stesso - immutabile perché lingua sofianica per eccellen­
za - aderendo pienamente a quello della natura.21 Pro-

20. Nelle prime pagine del De magia (pp. 160 sgg. ) , Bruno di­
stingue dieci tipi di magia, e ne sceglie tre: « la magia divina,
quella fisica e quella matematica '' (p. 166: << magiam triplicem
accipimus: divinam, physicam et mathematicam >>; il Nolano se­
gue qui il De occulta philosophia di Agrippa, p. 86) , partizione
che segue i gradi dei tre mondi: « archetipo, fisico e razionale o
matematico '' (cfr. ibid. , p. 1 72: << luxta tres praedictos magiae
gradus tres mundi intelliguntur: archetypus, physicus et ratio­
nalis '' ) . La magia (cfr. ibid., pp. 1 60-64) << matematica '' e quella
<< metafisica '' ( << che va propriamente detta teurgia '' ) fanno
uso, tra l'altro, di << canti », << calcoli di numeri », << imagines,
figurae, sigilla, characteres seu litterae » . Sull'argomento, si ve­
da infra il commento alla tavola III.
21. Per il testo latino, si veda sopra, nota 18. Al tema dei << gero­
glifici '' • intesi come linguaggio insuperato perché soddisfacen­
te appieno la vocazione umana di colloquiare con la natura e
con il divino e adatto così a svelare le altrimenti inaccessibili
leggi dell'universo, Bruno dedica i seguenti versi (De imaginum
compositione, Il, 3, p. 1 1 1 ) : << Arcanas, Aegypte, notas divumque
hominumque l colloquio celebres quondam sacrata tulisti, l
queis duce natura sancte meliusque notari l sensa valent, vario
quam sensu atque ordine nostrum. l Hisce antiqua manent si­
gnis mysteria prompta l ut numeris natura suis sese explicat »
( << Celebri segni arcani, o Egitto una volta santo, portasti per il
colloquio degli dèi e degli uomini: con essi, come insegna la na­
tura, le percezioni sono rappresentate con forza, religiosamen­
te e meglio di un volubile sentire e di una nostra ordinata di­
sposizione. Grazie a questi segni permangono visibili gli antichi
misteri, così come la natura si manifesta con i suoi numeri '' ) .
1 64 CORPUS ICONOGRAPHICUM

prio quest'ultima convinzione, ovvero che un lessico sim­


bolico tanto più ricalca con i suoi signa la semplicità di
quella delle « cose '' naturali che esprime, tanto più si av­
vicina alla lingua di Dio che ha creato quelle forme, col­
loca Bruno in linea con quella tradizione classica e uma­
nistica che vede nel « geroglifico >> un linguaggio divino
in quanto il più direttamente analogico a quello natura­
le: in esso si attua il felice connubio tra simplex forma ed
excogitatio, tra significante e significato. Plutarco,22 Am­
miano Marcellino/3 Plotino/4 Porfirio,25 Giamblico,26
Marsilio Ficino, Francesco Colonna, tanto per citare al­
cuni dei maggiori, esaltano una simile concezione. Esem­
plare Ficino : << Sacerdotes Aegyptii ad significanda divina
mysteria, non utebantur minutis litterarum characteri­
bus, sed figuris integris erbarum, arborum, animalium
quoniam videlicet Deus scientiam rerum habet non tan­
quam excogitationem de re multiplicem, sed tanquam
simplicem firmamque rei formam » . 27 La rivendicata di­
scendenza egizia conferisce ai sigilli bruniani nobile pro­
genie e pertanto pone Bruno28 come mago-teurgo ed epi-

22. Is. et Os., 1 0 e 32.


23. XVII, 4, 10.
24. V, 8, 6.
25. Vit. Phyt., 1 1-12.
26. De myst. , VII, 4-5.
27. In Enn., in Opera, vol. Il, p. 1 768. Per i passi degli autori ci­
tati, la questione critica (anche in relazione alla scoperta di
Horapollo e all'invenzione dei geroglifici nel Colonna con ri­
ferimento all'ambito umanistico) e la bibliografia in merito, si
veda Colonna, op. cit. , vol. Il, pp. 609-27; sulla fortuna del lin­
guaggio geroglifico la sua tradizione nel mondo antico e le
specifiche fonti, cfr. P. Marestaing, Les écritures égyptiennes et l'an­
tiquité classique, Paris, 1 9 1 3; Th. Hopfner, Fontes historiae religio­
nis Aegyptiacae, Bonnae, 1 922-1925, passim.
28. Nel De magia, pp. 232-36, Bruno riferisce di dirette espe­
rienze giovanili con il mondo « magico " , in particolare ricorda
incontri diretti con gli << spiriti '' o « demoni '' nei pressi dei
monti Libero e Lauro come in altre località vicino a Nola: << Et
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 65

go no di quella sapienza:29 secondo lui il termine magus,


quando viene usato dai filosofi e tra i filosofi, significa
« uomo sapiente dotato della capacità di agire >> .30 Non si
dimentichi che l ' « uomo interiore >> bruniano è capace,
una volta svincolate le potenze dell'anima dai legami cor­
porei, di ascendere ad uno stato oltre il tempo e lo spazio
e di unirsi alle " idee >> . 3 1 A similitudine degli Egizi, scrive
il Nolano,32 " oggi i Maghi, costruite immagini e descritti
caratteri e cerimonie, che consistono in certi gesti e in
certi riti, esprimono le loro preghiere come attraverso
determinati cenni, e questa è quella lingua degli Dei che,
mentre tutte le altre si sono mutate mille volte e quoti­
dianamente si modificano, rimane sempre la stessa, co­
me sempre la stessa resta la specie della natura >> . Le fon­
ti magiche, teurgiche,33 connesse a certe pratiche, vanno

mihi contigit eos vidisse ad montes Liberi et Lauri, nec mihi so­
li, se d frequen ter apparen t incolis lo ci illius >> .
29. Sui temi magici in Bruno, si veda A. Corsano, Il pensiero di
Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, Firenze, 1940; il fon­
damentale lavoro della Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 21 2-366;
M. Ciliberto, Giordano Bruno, Roma-Bari, 1990, pp. 242-5 7. Per
quanto riguarda il sapere degli antichi filosofi e teologi, che si
esprimevano attraverso arcani e figure naturali, Bruno rivendi­
ca di essere, nel suo tempo, il primo a « risuscitare >> simili dot­
trine e pratiche: si veda Lampas, pp. 938-40.
30. De magia, p. 1 66: «A philosophis ut sumitur inter philoso­
phos, tunc magus significat hominem sapientem cum virtute a­
gendi '' ·
3 1 . De umbris, p . 49: « Cui sententiae - sine controversia - Theo­
logus ille [il riferimento è a san Paolo, cfr. Rom., 7, 22 e Eph., 3,
16] adstipulatur maxime, qui perfectiori eam intitulans, nomi­
ne "interiorem hominem" appellavit. Quod si pro huius con­
firmatione operationes sine corpore eidem possibiles exqui­
rans, ecce certo loco temporique non adstrictis copulatur ideis,
quotiescumque mente animove solutus homo materiam de­
stituit atque tempus " ·
32. Per i l testo latino, si veda sopra, nota 1 8.
33. È soprattutto la scuola neoplatonica che trasmette al mon­
do rinascimentale la teurgia antica e il suo modus operandi: cfr.
1 66 CORPUS ICONOGRAPHICUM

ricercate nel De radiis di Al-Kindi,'4 nel Picatrix,'5 in Fici­


no'6 come in Agrippa,37 dove la realizzazione dei talisma-

Dodds, op. cit., pp. 335-69; opus Procli De sacrificio et magia, in­
terprete Marsilio Ficino, a cura di W. Kroll, Greifswald, 190 1 ,
pp. 5-1 1 e note alle p p . 1 2- 1 4; m a anche D .-P. Walker, La magie
spirituelle et angélique de Ficino à Campanella, Paris, 1 988, pp. 37-
56.
34. Quest'opera, attribuita al filosofo e scienziato arabo Al­
Kindi, che morì a Baghdad intorno all'870 ed il cui originale
arabo è andato perduto, venne tradotta in latino fin dal XII se­
colo. In Occidente godette di grande fortuna sotto il titolo di
Theorica artium magicarum, tanto da costituire, insieme al Pica­
trix, il più autorevole e diffuso manuale di magia naturale,
nonché un importantissimo riferimento per le dottrine astro­
logiche medioevali: cfr. Thorndike, op. cit. , vol. l, pp. 642-46;
vol. Il, pp. 443 sgg. ; Al-Kindi, De radiis, a cura di M.T. D 'Al­
verny e F. Hu<!ry, in <<Archives d'histoire doctrinale et littérai­
re du Moyen Age •• , 41 ( 1 974) , pp. 1 39-79; Federici Vescovini,
op. cit., pp. 44-47. Sull' influenza del De radiis nel Medioevo e
nel Rinascimento come nei secoli successivi, si vedano i volumi
I-VII dell'opera del Thorndike, dove certi riscontri e riferi­
menti sono sparsi tra numerose citazioni e note.
35. Soprattutto i primi tre libri: cfr. " Picatrix " das Ziel des Weisen
von Pseudo-Magriti, tradotto in tedesco dall'arabo a cura di H.
Ritter e M. Plessner, London, 1 962, pp. 1-296; Picatrix. The La­
tin Version ofthe Ghayat Al-Hakim, a cura di D. Pingree, London,
1986, pp. 1-1 72; V. Perrone Compagni, Picatrix latinus. Concezio­
ni filosofico-religiose e prassi magica, in << Medioevo " • l ( 1 975 ) , pp.
237-337; Thorndike, op. cit. , vol. II, pp. 8 1 3-24 e passim. Si veda
anche Alfonso X el Sabio, Astromagia (Ms. Reg. lat. 1283a), a cu­
ra di A. D 'Agostino, Napoli, 1 992. Per l' influenza del Picatrix
sul pensiero di Ficino, su quello di Agrippa e sulla cultura rina­
scimentale, rinvio alla nutrita bibliografia e ai riscontri in Per­
rone Compagni, op. cit., pp. 244-45, 260-61 , 275; si veda in par­
ticolare Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 64-72, 1 79.
36. Cfr. il Libro III del De vita coelitus comparanda, in opera, vol.
l, pp. 529-72; si veda Walker, La magie spirituelle, cit., pp. 1 9-56,
69 sgg.
37. In particolare i Libri II e III del De occulta philosophia, pp.
249-599; cfr. H. Morley, The Life of Henry Cornelius Agrippa von
Nettesheim, London, 1 856, vol. l, pp. 137-223; Thorndike, op.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 67

ni per ricevere gli influssi astrali è del tutto simile a quel­


la bruniana. Come praxis generale si tratta di determinati
materiali preziosi o semipreziosi lavorati (gemme, metal­
li, leghe) , sulla cui superficie vengono scolpite o impres­
se figure matematiche38 e opportuni segni (lettere, nu­
meri, sigle criptografiche, nomi, caratteri e simboli arca­
ni, figure) capaci di attrarre e catturare per simpatia ico­
nica e speculare gli influssi celesti, coniugando perfetta­
mente macrocosmo e microcosmo, e svolgendo una po­
tente funzione magico-evocativa.39 Ma Bruno, e qui sta la

cit., vol. V, pp. 1 27-38; Cornelius Agrippa ab Nettesheim, De oc­


culta philosophia, cura e commento di KA. Nowothy, Graz, 1 967,
soprattutto le Appendici VII-XVII; P. Béhar, Les langues occultes
de la Renaissance, Paris, 1996, pp. 29-62 e passim.
38. In Bruno (per esempio in De umbris, p. 57; Sigillum, Il, 2, pp.
196-99; Summa, l, 4, p. 34; Theses, pp. 324-26; cfr. l 'Introduzione)
la matematica è potente strumento magico in quanto interme­
diario tra la magia divina e quella fisica; con le sue essenziali for­
me geometrico-numerologiche, permette alla mente di astrarsi
dalla materia e di salire a contemplare il mondo intelligibile,
svolgendo dunque un'alta funzione mediatrice; già in Agrippa
(De occulta philosophia, I, l; Il, 1-2 e 23, rispettivamente alle pp.
89, 249-55, 3 1 9-2 1 ) numeri e figure geometriche posseggono
grandi poteri magici grazie alla loro concordanza con gli ele­
menti naturali e con il cielo; ragguardevole, a p. 89: coloro che
vogliono studiare la magia devono conoscere in maniera ap­
profondita la matematica, che permette di scrutare gli aspetti e
le immagini degli astri, dai quali dipendono le proprietà e le
virtù delle cose le più elevate ( « Quincunque igitur nunc in hac
facultate studere affectat, si non fuerit [ . ] opifex mathemati­
. .

cae et in aspectibus et figuris stellarum, ex quibus cuiuslibet rei


sublimis virtus et proprietas dependet>> ; cfr. Picatrix, ed. Pingree,
p. 32) . Tuttavia il concetto della matematica quale « precisione >>
(praecisio) che, come tale, conduce alla verità, ovvero il concetto
di una matematica metafisica e speculativa o immaginale, è in
Cusano, De docta ignorantia, I, l e Il sgg.; Il, 13 e passim.
39. La tradizione è antica, cfr. Th. Hopfner, Griechisch-Aegypti­
scher Offenbarungszauber, Leipzig, 1921-1924, vol. l, pp. 220-23;
F. Dornseiff, Das Alphabet in Mystik und Magie, Berlin, 1925, pp.
35 sgg. , 8 1 sgg.; C. Bonner, Studies in Magical Amulets Chiejly
Greco-Egyptian, Ann Arbor, 1 950, soprattutto l'Introduzione ed
1 68 CORPUS ICONOGRAPHICUM

sua innovazione teorica e pratica nell'uso dei sigilli, ap­


plica a pieno titolo la loro funzione magica all' ars remini­
scendi, trasformandola così, di fatto, in una machina che,
attraverso la vis immaginale, può attivamente interagire
con il mondo e i suoi elementi: non a caso nel De umbris
idearum (Ars memoriae: prima pars) si afferma che certi « se­
gni, note, caratteri e sigilli » permettono ali' ars di acquisi­
re un potere tanto grande da « operare oltre la natura, al
di sopra della natura e, se la situazione lo richiede, con­
tro la natura ».4° Con una simile sovrapposizione e sposa­
lizio tra l' ars e la magia teurgica Bruno va ben oltre le
connotazioni del sigillo-immagine stabilite dalla tradizio­
ne mnemonica,41 dove ricorrono segni o figure in quanto

i primi tre capitoli; A. Delatte e Ph. Derchain, Les intailles ma[fi­


ques gréco-éf!Jptiennes, Paris, 1964, pp. 265-77; Dodds, op. cit. , pp.
240, 352, 356 sgg.; ma si veda anche P. Merlan, Plotinus and the
Ma[fic, in « lsis » , 44 ( 1 953 ) , pp. 341 sgg.
40. De umbris, p. 72: « Quaedam vero adeo arti videntur appro­
priata, ut in eisdem videatur naturalibus omnino suffragari;
haec sunt signa, notae, characteres, et sygilli, in quibus tantum
potest, ut videatur agere praeter naturam, supra naturam, et si
negotium requirat, contra naturam »; cfr. Cantus, Il, l , p. 1 93:
« En literae deorum sacrae: quas in hac lamina ostendo. En
quos in aerem explico characteres. En vestigium magni sygilli.
Moeri, explica membranam in qua sunt potentissimae notae,
quarum mortales omnes latent misteria. Haec sunt quibus
ipsas credimus nos posse mutare naturae leges »; De ma[fia, pp.
192-96, citato sopra, alla nota 18.
41. Si veda Johannes Romberch, op. cit., c. 40r: « Et quod ad
primum attinet, huiusmodi figure variam habent denominatio­
nem, ut que specie, idolum, simulachrum, similitudo, figura,
forma, idea et imago sepe nominentur ac alterum pro altero
dicatur » (cfr. la versione italiana, cioè il Dialogo di Dolce, ci t., c.
39v) ; Cosma RosseIli, op. cit. , c. 78r: « Quo ad secundum, id est
figurarum multiplices denominationes, ut sequentium intelli­
gentiam habere possimus, oportet noscere, quod hae supradic­
tae figurae, huic nostrae arti inservientes multiplici appellatio­
ne, ab huius artis peritis, denominantur. Dicuntur enim etiam
imagines simulacra, et idola, signa quoque, similitudines, ac
species, notae etiam vocitantur, et memorandorum umbrae •• ;
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 69

imagines efficaci da porre nei loci; per lui il << sigillo » di­
viene un vero e proprio strumento pratico di trasforma­
zione e di ascesa interiore, noetico, che eleva la sua ars a
veicolo creativo operante con la natura e al di là della na­
tura. Ulteriore prova di questa sinergia mnemotecnico­
magica si riscontra nelle xilografie.
Infatti, per la prima volta, nell' iter cronologico dell 'ico­
nografia bruniana compaiono ora, in alcuni sigilli del­
l'Explicatio, dei segni (punti, linee a croce e a stella o va­
riamente secanti) che connotano in modo del tutto sin­
golare le immagini. Nelle incisioni che illustrano i sigilli
Il, XVIII, XXI, XXIX (corrispondenti qui alle tavole I,
III, V e VII, e alle relative ricostruzioni) si può osservare
che le rispettive immagini geometriche sono contornate,
come incorniciate in parte o del tutto, da serie di punti e
linee di tal genere. Negli originali si nota come la mano
di Bruno abbia scalfito il legno con leggerezza e appros-

si confronti l'elenco nel De umbris, p. 7 1 : « Habes in libro Clavis


magnae duodecim indumentorum subiecta: species, formas, si­
mulachra, imagines, spectra, exemplaria, vestigia, indicia, si­
gna, notas, characteres, et sigillos '' · Tale molteplice nomen­
clatura delle figure mnemoniche riguarda di fatto quelle spe­
cifiche immagini che, per la loro singolarità o straordinarietà
(" simulacra, idola, notae, ecc. » ) , possono essere più facilmen­
te trattenute dalla memoria: cfr. la nota 1 77 del De umbris. Mar­
ziano Capella, V, 538-39, sottolinea come le notae (sigle, segni,
cifre, contrassegni) siano particolarmente utili per ritenere a
mente; Quintiliano, Inst. or. , XI, 2, 2 1 : '' imagines sive simula­
era » . Notevole Giovan Battista della Porta, che nel capitolo 1 9
( << Come posiamo ricordarci per la scrittura degli egizzii » ) del
suo L'arte di ricordare, cit., sottolinea l'utilità dell'uso dei segni
geroglifici nell' arte mnemonica per la loro semplicità analogi­
ca che salda efficacemente forma e concetto. Si noti bene che,
per Bruno, i sigilli possono essere usati anche per la sola fun­
zione mnemotecnica, a prescindere da qualsiasi implicazione
magica: cfr. l' incipit del Libro III del De imaginum compositione,
Il, 3, p. 278, dove si parla delle immagini dei 30 sigilli: « Super­
est in hac tertia contemplatione magis ad particularia discen­
dere, primum vero imagines haud quidam magicas, de quibus
nullum est heic propositum » .
1 70 CORPUS ICONOGRAPHICUM

simazione, sì che le tracce decorative che ne risultano


non compongono una trama omogenea e rigorosa tale
da costituire una cifra costante e un segno riconoscibile;
per questa non ben decifrabile incertezza le ometto nelle
altre ricostruzioni. Le ripropongo invece nella ricostru­
zione (fig. l ) della tavola III (ossia nel sigillo XVIII: De
quadrato encyclio:42 il quadrato che abbraccia tutto ) , dove
risultano leggibili e graficamente articolate. Come il let­
tore può vedere, si tratta di un unico motivo ripetuto ai
quattro angoli della xilografia: al centro una stella con
sei raggi, intorno alla quale, ad ogni angolo di un altro
ipotetico quadrato che la inscrive, sta un segno a croce
con quattro punti negli spazi angolari.

42. Il, 2, p. 88.


Tavola III: Ad quadratum encyclium qui est XVIII
sigillus;43 II, 2, p. 1 1 1

Tavola III

43. Diversamente da tutti gli altri casi esaminati, dove le xilo­


grafie compaiono nel testo e risultano così classificabili grazie
alla pagina o alla carta in cui sono stampate, qui la posizione
fuori testo delle tavole impedisce il consueto riferimento alla
loro collocazione nell'originale, che pertanto ometto, mentre
cito l'intestazione della singola incisione. Eccezionalmente in
1 72 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura l

È il medesimo testo dell'Explicatio44 a farci capire che si


tratta di « quattro stelle di prima grandezza >> (in riferi­
mento alle stelle con sei raggi) con intorno (in posizione
tra loro ortogonale) altrettante « stelle di seconda gran­
dezza >> (con riferimento a quelle cruciformi) ; inoltre, a
sua volta, ogni stella secondaria può essere circondata da
altre quattro, di ancora minore lucentezza, e così via, se-

questo caso (rispetto alla consuetudine del catalogo) anticipo


la tavola III (seguirà la consueta numerazione ) , perché dalla
sua comprensione dipende quella di tutte le altre.
44. Il, 2, p. 88: « Quandoque dum ad latera quattuor stellarum
primae magnitudinis, aliis secundae magnitudinis quattuor ap­
posiùs, eadem forma tertiae magnitudinis quattuor accessis­
sent, quaternarium mihi primo migrabat in duodenarium, se­
cundo duodenarium in 48narium extendabatur, terùo 48na­
rium in 1 92narium amplificatum universae descriptioni deser­
vissent, ulteriora pari adtentassem serie » .
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 73
a a a a
c A d c D d c A d c D d
b b b b
A B
a a a a
c c d c B d c c d c B d
b b b b

a a a a
c A d c D d c A d c D d
b b b b
c D
a a a a
c c d c B d c c d c B d
b b b b

Figura 2

condo una progressione geometrico-stellare che da 4


passa a 12, e cresce fino a 48, poi a 1 92, ecc. ;45 segue, nel
testo, questo schema alfabetico46 (fig. 2) basato sull'ordi­
nato sviluppo delle prime quattro lettere.

45. La corretta progressione numerica delle stelle, in ragione di


quattro, come si deduce anche dallo schema alfabetico annesso
al testo e qui riproposto, è 4, 16, 64, 256, ecc., sequenza che
Bruno propone invece attraverso la successione 4, 12, 48, 192 ( 4;
4 + 12 16; 4 + 12 + 48 64; 4 + 12 + 48 + 64 + 1 92 256, ecc. ) .
= = =

46. Explicatio, II, 2, p. 88; la ricostruzione (fig. 2 ) tiene presen­


te, oltre allo schema originale, anche la xilografia ( tav. III) ed
il testo medesimo. Nella parte inferiore dello schema alfabeti­
co originale si nota, in due casi, che una lettera b è decentrata
rispetto alla A di riferimento secondo il solito ordine ortogo­
nale, così come non compare sotto la C (ma potrebbe essere al
contrario, non compare sotto la A ed è decentrata rispetto alla
C) : o si tratta di una svista tipografic<reompositiva oppure Bru-
1 74 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 3

È evidente che se per un aspetto si tratta, in sostanza, di


un altro strumento combinatorio alfabetico (ogni lettera
denota una immagine e viceversa) che ripete (anche per
la specifica quadripartizione ortogonale dei subiecta e dei
relativi adiecta e per la loro geometrica moltiplicazione)
quanto già esaminato nella tavola II del Cantus Circaeus,
per un altro aspetto (quello di punti, stelle, linee, ecc.) ri­
chiama precise valenze magico-astrali, che finora, come si
è detto, non erano mai apparse nella produzione xilo­
grafica del Nolano. Ma procediamo in ordine cronologi­
co, esaminando a ritroso le citate fonti magico-speculative
di questa tematica bruniana. Innanzi tutto si deve osserva-

no propone in modo ellittico altri possibili sviluppi e ramifica­


zioni alfabetiche del suo sistema.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 75

re che la quadripartizione ortogonale degli orizzonti o del


subiectum, corrispondente alla divisione cruciforme dello
spazio appena detta, conferisce allo stesso eccezionale po­
tenza magica. Nel De magia mathematica47 Bruno, ripren­
dendo Tritemio48 e le sue indicazioni di magia operativa,
pone nei 4 punti cardinali le dimore dei 4 Spiriti principa­
li, seguiti dagli innumerevoli loro '' ministri, vassalli e servi­
tori '' • secondo le seguenti corrispondenze: Nord/Arma­
del (o Demoriel) , Sud/Caspiel, Est/Carnaziel, Ovest/An­
chiadrel. Lo schema grafico che Tritemio presenta per il­
lustrare una simile quadripartizione teurgico-evocativa si
fonda, come si vede nell'illustrazione che ripropongo qui
accanto (fig. 3) , sulla croce e sulle conseguenti partizioni
angolari che divengono le dimore degli Spiriti e, proce­
dendo verso il centro, dei relativi « ministri >> .
Agrippa, nel De occulta philosophia,49 opera di cui Bruno
si servì ampiamente,50 dichiara che il potere della figura

47. Alle pp. 1 2-14.


48. Questi viene espressamente citato da Bruno: cfr. Stegano­
g;raphia, Francofurti, 1 606, pp. 46 sgg. (la figura 3 è tratta da p.
56) ; Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 164 sgg.; De umbris, nota 86.
49. Libro II, cap. 23, pp. 319-20: « Figuram autem crucis Aegyp­
tii atque Arabes summam potentiam habere confirmabant
quodque sit omnium coelestium virium atque intelligentiarum
firmissimum receptaculum, quia ipsa sit figura omnium rec­
tissima, continens quatuor angulos rectos sitque prima super­
ficiei descriptio, habens longitudinem et latitudinem; dice­
bantque eam coelestium fortitudine conspiratam, quia eorum
fortitudo per rectitudinem angulorum atque radiorum resulat;
suntque stellae tunc maxime potentes, quando in figura coeli
quatuor obtinent cardines atque radiorum suorum in se invi­
cem protectione crucem constituunt >> ; ma si veda anche Libro
l, cap. 34 e Libro II, cap. 35, p. 352: « Coelestium enim corpo­
rum radii animati, vivi, sensuales, dotes mirificas potentiamque
vehementissimam secum ferentes, etiam repentino momento
ac subito tactu mirabiles in imaginibus imprimuntur vires » ;
cfr. G. Zanier, La medicina astrologica e la sua teoria. Marsilio Fici­
no e i suoi critici contemporanei, Roma, 19'77, pp. 2 7 sgg.
50. Cfr. Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 149, 163, 2 1 8 sgg., 263
sgg., 274 sgg., 295 sgg.
1 76 CORPUS ICONOGRAPHICUM

della croce deriva dalla rettitudine dei suoi angoli e raggi,


e che è potentissimo ricettacolo di tutte le forze e le intel­
ligenze celesti, così come afferma che i raggi degli astri
« animati, vivi, sensibili, portano con sé doti mirabili e vee­
mentissime potenze, e anche attraverso un solo, repen­
tino, momentaneo contatto, imprimono sulle immagini
forze miracolose ». Ficino, nel De vita,51 in un passo noto a
Bruno,S2 sostiene che gli antichi creatori di caratteri e im­
magini celesti per talismani o similia consideravano più di
tutte la figura della croce, perché i corpi agiscono per
virtù della loro superficie e questa, grazie all'incontro or­
togonale dei suoi assi, viene mirabilmente definita in lar­
ghezza e lunghezza, misure su cui si fonda il principio
stesso di superficie. La croce che contiene quattro angoli
retti, prosegue Ficino, è figura eccellente, la più retta di
tutte, in quanto gli effetti celesti si fanno sentire massima­
mente attraverso la dirittezza dei raggi e degli angoli: in­
fatti le stelle sono soprattutto potenti quando occupano i
quattro angoli o cardini del cielo, quelli d'oriente e d'oc-

5 1 . Libro III, cap. 18, in Opera, vol. l, p. 556: « Antiquiores au­


tem [ . . . ] figuram crucis cunctis anteponebant, quia corpora
per virtutem agunt ad superficiem iam diffusam. Prima vero
superficies cruce describitur. Sic enim in primis habet longitu­
dinem atque latitudinem. Primaque haec figura est et omnium
recta quam maxime, et quatuor rectos angulos continet. Effec­
tus vero coelestium maxime per rectitudinem radiorum ango­
lorumque resultant. Tunc enim stellae magnopere sunt poten­
tes, quando quatuor coeli tenent angulos immo cardines,
orientis videlicet occidentisque et medii utrinque coeli, Sic ve­
ro dispositae radios ita coniiciunt in se invicem, ut crucem in­
de constituant. Crucem ergo veteres figuram esse dicebant,
tum stellarum fortitudinem factam, tum earundem fortitudinis
susceptaculum, ideoque habere summam in imaginibus pote­
statem ac vires et spiritus suscipere planetarum ».
52. A. Mercati, Il sommario del processo di Giordano Bruno, Città
del Vaticano, 1 942, p. 42; il brano è stato studiato, ma senza in­
dividuarne la fonte (che va cercata nel Picatrix, cfr. qui infra) ,
da A. Chastel, Il " signum crucis " del Ficino, in Marsilio Ficino e il
ritorno di Platone, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze, 1 986, vol.
I, pp. 2 1 1-19.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 77

cidente e quelli tra loro intermedi. Così disposte le stelle


si scagliano i raggi reciprocamente in modo da formare
una croce. Pertanto, dicevano gli antichi, la croce è una
figura formata dalla potenza delle stelle e ricettacolo di
una simile potenza: per tale motivo è, tra le immagini,
quella con il più alto potere e riceve su di sé le energie e
gli spiriti dei pianeti. Il motivo della croce come segno
magico-evocativo grazie alla ortogonalità e rettitudine
delle sue linee, che coincide con la quadripartizione degli
orizzonti cosmici, è menzionato nel De monade,53 dove so­
no ripresi i citati passi di Agrippa e Ficino. Similmente
per il No lano l'angolo in teso come << locus angolare >> assu­
me basilare importanza nella costruzione e composizione
spaziale dei suoi sigilli o immagini mnemoniche:54 l' espe­
rienza insegna che « le immagini sono meglio immesse e
trattenute negli angoli e nei ricettacoli incavati >> . Nel De
magia 55 Bruno stabilisce che il movimento attrattivo delle
cose è un movimento rettilineo,56 « in linea retta il simile

53. l, 2, p. 400: « Et quia quatuor ista caeli puncta duobus colu­


ris distinguuntur, ubi hinc et inde ad angulos rectos circuii in­
tersecantur; relinquitur ut locis solstitiorum et aequinoctiorum
figura quadrangula necessario conveniat: unde characteri ex
duabus se recta intersecantibus lineis, cui quatuor anguli in
unum concurrunt punctum, quem caracterem Isidis fronti Se­
rapidisque pectori fertur Aegyptios olim insculpsisse, vim quan­
dam inesse magica concluditur >> .
54. Basti confrontare i numerosi passi a riguardo nel De imagi­
num compositione, Il, 3, pp. 1 24 ( « et experimur imagines in an­
gulis incavisque susceptaculis melius immitti et reteniri » ) , 1 2 6-
30, 156, 1 63-69 , 1 90-93, 1 95 e passim. Si veda l'Introduzione.
55. Alla p. 206: << recta etiam simile tendi t ad simile et conve­
niens si bi '' ·
56. I << vincoli •• , ossia le forze che legano e tramano l'universo,
sono come folgore, raggio, ovvero ombra o simulacro e vestigio:
«Questo raggio è lucentissimo nella mente, riluce nell'anima,
oscuro nella natura, oscurissimo nella materia delle cose ,, ( << Hic
radium carissime est in mente, dare in anima, oscure in natura,
obscurissime in rerum naturalium subiecto, aiun t » ) , secondo
una gradualità luminosa che accorda la potenza del <<vincolo-
1 78 CORPUS ICONOGRAPHICUM

tende al simile >>, ma è soprattutto nel capitolo 1 7 della


Prima sectio del De imaginum compositione57 che spiega ed
elegge la supremazia gnoseologica del raggio diritto su
quello obliquo: il raggio perpendicolare unisce l'occhio
(sia nella visione sensibile che in quella interiore) al visi­
bile attraverso una maggiore potenza penetrativa rispetto
a quello obliquo, rendendo così l'atto cognitivo più sicu­
ro e semplice. Ma le linee ed i punti disposti secondo de­
terminati criteri costituiscono delle immagini significanti:
il character è ciò che attraverso certi tratti di linee o di
punti significa qualcosa, come le lettere dell'alfabeto;56 e
ancora: << La nota, il carattere, il segno, il sigillo e l'indizio
possono essere linee o punti, tutte quelle cose che non
racchiudono uno spazio >> . 59
Per Bruno, << immagini, sigilli, caratteri, simulacri >> (in­
somma tutte quelle forme che, opportunamente realizza­
te secondo i princìpi naturali, matematici e logici, servo­
no ad agire, percepire e significare)60 costituiscono segni

raggio >> alla scala dell'essere neoplatonica ed alla « conversione >>


delle cose inferiori alle superiori, e la « provvidenza» di queste
su quelle (De vinculis, pp. 418-20, 545-47, 492-96) .
57. II, 3, pp. 1 2 2-24: « Laborat enim quodammodo spiritus at­
que sensus internus, et confusione quadam obnoxius facile
efficitur, ubi reflexa duplicique specie rem visibilem deprehen­
dit perpendiculariter iactus visibili radio ad visibile non per­
pendiculariter iacto maxime et manifestissime praestat » .
58. III, 3 , p. 9 8 : « Character quod certo linearum tractu vel
punctorum situati aliquid significant, sicut elementa >> .
59. Il, 3, p . 99: « Nota, character, signum, sigillum e t indicium
dici possunt tum lineae, tum puncta, tum omnia quae spacium
non concludunt••.
60. Segni, sigilli, simulacri, indizi, caratteri, note, ecc. sono ter­
mini che in Bruno indicano forme espressive naturali tra loro
diverse: le loro specificità possono essere distinte, comprese e
utilizzate da colui che si applica a certe forme con le proprie
facoltà interiori: cfr. soprattutto i capitoli 12 e 1 3 della seconda
parte del Sigillum (II, 2, pp. 204-205 ) e il capitolo 3 del Libro I
del De imaginum compositione (II, 3, pp. 98-100) . Si tratta co­
munque di una nomenclatura che, da un punto di vista gene-
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 79

magici che possono calamitare speculannente gli influssi


celesti, risultando operativamente « veicoli '' • e << vincoli ''
capaci di condurre, immettere e legare le influenze astra­
li alle cose del mondo inferiore al fine che queste le pos­
sano concepire e conservare.
I modelli concettuali di simili speculazioni sui << raggi " •
e dunque sulle <dine e >> e sui << punti >>, furono per Ficino,
e poi per Agrippa e per Bruno, i citati De radiis e Picatrix. 61
In quest'ultimo, il noto compendio medioevale di magia
cerimoniale e astrologica che tanto influenzò la cultura
magica dell'Umanesimo e del Rinascimento,62 si dichia­
ra63 che i raggi emessi da un astro, quando vanno a colpi­
re << punto per punto >> la superficie di un talismano pre­
disposto a riceverli, devono compenetrarlo ortogonal­
mente nel << punto '' dovuto, perché solo così l'incidenza
radiante penetra con efficacia nel metallo o nella cosa,
ovvero la linea retta, dritta, che fuoriesce dal pianeta e
giunge al talismano deve essere necessariamente tale af­
finché l'energia stellare possa agire in modo integro e
completo. 54 Nel De radiis si afferma che i raggi, provenen-

rale, può essere ricondotta al solo, comune significato del lem­


ma << immagine >> ; cfr. ibid., Il, 3, p. 1 00: << In arte hac omnia sub
nomine imaginis solent usurpari, sive notae sive signa sive indi­
eia sive commodius et aliter proprius nominitentur >> .
6 1 . Ma anche il domenicano Tommaso d'Aquino nel Contra
gentiles (III, l 04-105 ) , dove si scaglia contro la teoria magica de­
gli influssi astrali, riferisce di come i maghi, senza alcuna ragio­
ne, utilizzino specifici caratteri e figure ( << utuntur quibusdam
characteribus e t figuris determinatis >> ) , per far sì che i corpi
del mondo inferiore possano ricevere le dovute impressioni
astrali; sulla probabile conoscenza di Tommaso d'Aquino del
De radiis, cfr. l'edizione D 'Alverny-Hudry, cit., p. 1 40, nota 4.
62. Per l'apparato bibliografico in merito si rinvia a quelli ri­
portati nelle edizioni e negli studi citati sopra, alle note 34-35.
63. In particolare nei capitoli 5 e 7 del Libro Il, cfr. ed. Ritter­
Plessner, cit., pp. 85-86, 1 01-1 05; ed. Pingree, cit., pp. 6, 46-6 1 ;
ed. Perrone Compagni, cit., pp. 3 1 3-15.
64. Tra l' altro vi si parla di una città, chiamata Adocentyn, co­
struita, come un gigantesco talismano quadrato basato sui
1 80 CORPUS ICONOGRAPHICUM

do dalle stelle, trasmettono ai corpi del mondo inferiore


le loro virtù: tanto più l'irradiamento è perpendicolare
tanto più è efficace,65 pur nella diversità che tale compe­
netrazione subisce in base al luogo dove essi scendono e
dalla materia o corpo che li riceve. Solo l'uomo sapiente,
che conosce le « verità occulte della natura », può veicola­
re queste energie radiali attraverso una pratica teurgica
di suoni, parole e simboli (figurae et characteres) ,66 attra­
verso un'arte fatta di parole e di immagini c he, in specu-

quattro punti cardinali, dal mitico Ermete nell 'Egitto orienta­


le. Urbanistica magica con schema apotropaico : sui quattro la­
ti delle mura ( rivestite di immagini virtuose, spiritualmente e
astralmente favorevoli ) , ossia in direzione dei quattro punti o
spazi della divisione ortogonale del mondo, erano poste le im­
magini a forma di aquila (Oriente) , di toro ( Occidente ) , di
leone (Meridione) , di cane (Settentrione) ; cfr. ed. Ritter-Pless­
ner, cit., pp. 322-23; ed. Pingree, cit., pp. 1 88-89; ed. Perrone
Compagni, cit. , pp. 268, 333-34. L'iconografia docetica delle
mura, fondata sul simbolismo astrale, anticipa quella proposta
da Campanella nella Città del Sole: si veda Yates, Giordano Bruno,
cit., pp. 69 sgg. , 399 sgg. Non è sicura, ma non è nemmeno da
escludere, la conoscenza diretta del Picatrix da parte di Bruno,
le cui fonti principali, per certi argomenti, sono Ficino e Agrip­
pa, i quali riprendono appunto il Picatrix. Tuttavia si deve os­
servare come nel Picatrix (oltre all'arcana quadripartizione
spaziale del talismano-città appena menzionato, che trova ri­
scontro nella mnemotecnica magica dei ripetuti subiecta o sigil­
li quadrati del Nolano) si stabilisca anche l'assoluta priorità
magica degli angoli nella costruzione delle immagini geome­
triche quadrangolari (altro tema cardine nella composizione
delle immagini bruniane, di cui sopra) : dai quattro angoli si
possono estrarre << i segreti del mondo, di tutta la natura e del­
le sue qualità, come della generazione di tutte le cose » , cfr. ed.
Ritter-Plessner, cit., p. 1 99; ed. Pingree, cit., p. 1 09; ed. Perrone
Compagni, cit., pp. 270, 321 : << Deinde quattuor putei angulos
foveas, ex quibus extrahes mundi secreta naturamque comple­
tam et eius qualitates, necnon generationes omnium rerum ».
65. Sull'angolo di incidenza dei raggi astrali, si veda Bouché­
Leclercq, op. cit., pp. 172-74.
66. Si vedano soprattutto i capitoli 2 (De radiis stellarum) , 7 (De
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 181

lare sinergia al cielo e ai suoi influssi siderali, riesce a ma­


nifestare la trama occulta del mondo, e rivelare la segreta
cooperazione tra macrocosmo e microcosmo. Tali figurae
tracciate dal Sapiente sono disegni geometrici, come un
pentalfa a fonna stellare, mentre i characteres sono un al­
fabeto magico composto da disegni astratti che indicano
gli astri. Riporto qui di seguito alcuni esempi tratti dal Pi­
catrix:67 la figura 4 mostra una serie ordinata di punti ra­
diali, mentre la figura 5 rivela immagini talismaniche for­
mate su punti e linee irradiate dagli astri.
Bruno conosce tali teorie magiche, le condivide e le
pratica, dal momento che contorna attentamente, inci­
dendo di propria mano, le xilografie dell'Explicatio in
questione (ma il fenomeno assumerà ulteriore rilievo
nelle opere seguenti, basti pensare ai segni del Sole, del­
la Luna e della stella a cinque punte, dette « foecondissi­
mae figurae » , che ricorrono negli Articuli adversus mathe­
maticos,68 di cui parleremo più avanti) , ornandole di teo­
rie di punti e stelle o di linee che si incrociano ai margini
delle stesse incisioni, oltre ai palesi segni astrali del sigil­
lo XVIII esaminati sopra (cioè della tavola III) . Il simbolo

o o
o
o o

Figura 4

Figura 5

figuris) e 8 (De imaginibus) : ed. D 'Alverny-Hudry, cit., pp. 219-


23, 250-54.
67. Si veda ed. Ritter-Plessner, cit., pp. 85, 1 1 1-12; ed. Pingree,
cit., pp. 47, 63-64; cfr. Agrippa, De occulta philosophia, pp. 377-78.
68. l, 3, p. 2 1 ; cfr. Yates, Giordano Bruno, ci t. , pp. 341-42.
1 82 CORPUS ICONOGRAPHICUM

della falce lunare, che ritroviamo sovente nelle xilografie


bruniane a partire da quelle contenute negli Articuli ad­
versus mathematicos del 1 58 8 , dunque cinque anni dopo
l'Explicatio,69 già ricorre come segno magico-talismanico
della Luna sia nel Picatrix70 che nel De occulta philosophia.71
Si tratta comunque di signa astro-magici, linee e punti
prodotti dall'incidenza perpendicolare dei raggi stellari
e planetari, tra loro geometricamente disposti o coniuga­
ti, del tutto simili a quelli che vediamo nelle xilografie
bruniane (si notino ad esempio i sigilli II, XXI e XXIX) ,
la cui traditio iconografica è ampiamente diffusa nel
mondo medioevale e rinascimentale. 72
Con ciò il Nolano vuole evidentemente potenziare,
rendere più « fecondi '' di influssi celesti i propri sigilli,
far sì che tanti punti e linee a croce ne garantiscano un
irradiamento astrale pervasivo con il conseguente au­
mento dell'energia magica e simpatica, divengano dei
potenti « vincoli " • nei quali l' ars memoriae e l' ars magica
congiunte compongono un nuovo metalinguaggio uni­
versale, capace di far esprimere e comunicare l'uomo
con il cosmo e con il divino.

69. Cfr. Salvestrini, op. cit. , pp. 65-68, 1 37-38.


70. Ed. Pingree, cit., pp. 65 sgg. , 73 sgg., tav. 2.
71. Alle pp. 318, 374, 376-77.
72. In merito cfr. , per il De radiis, l ' ed. D 'Alverny-Hudry, cit.,
pp. 1 46-47, 250; circa il Picatrix, ed. Ritter-Plessner, cit., pp. 85,
1 1 1 sgg., 158 sgg., 163; ed. Pingree, cit., pp. 47, 63 sgg., 1 87
sgg. , tavv. 1-2; Agrippa, De occulta philosophia, pp. 3 1 4 sgg., 492
(in particolare il Libro Il, capitoli 22 sgg., 48 e il Libro III, ca­
pitolo 30) ; per la disposizione geometrico-stellare, Alfonso X
el Sabio, op. cit. , pp. 2 1 8 sgg., 248 sgg., 286 sgg. ; su simili lessi­
ci magici ragguardevole silloge nelle tavole della Virga aurea,
stampata a Roma nel 1 61 6, del frate Iacobus Bonaventura Hep­
burnus Scotus, che Paolo V nominò bibliotecario dei mano­
scritti orientali del Vaticano, cfr. F. De Mely, La Virga aurea du
Fr. J -B. Hepburn d 'Ecosse, Milano, 1984. Ma si veda anche la nu­
trita bibliografia in F. Gettings, Dictionary of Occult, Hermetic and
Alchemica[ Sigils, London, 1981, pp. 94-95, 193, 196-20 1 , 230,
252 e passim.
Tavola 1: Ad caelum quod est secundus sigillus;
Il, 2, p. 1 09

Tavola I

Di sigilli denominati caelum �� si parla anche nel De


<<

imaginum compositione/� mentre un altro sigillo De caelo, il

73. II, 3, pp. 307-308: << Sigillum X. Caelum ·� . « Sigillum XL Or­


bita caeli » ; in questi casi i luoghi sono determinati da superfici
triangolari o dal movimento circolare del raggio che così con-
1 84 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 6

XXV, viene menzionato ancora nell'Explicatio,74 ma in


questi casi lo scritto non è accompagnato da alcuna illu­
strazione. La presente xilografia, come spiega l'annesso
testo, rappresenta un sistema di luoghi adatto a memo­
rizzare , sempre attraverso l' occhio interiore, dati cosmo­
grafici e geografici,75 e che allo scopo segue una suddivi­
sione geometrica dello spazio circolare partendo dai due
emisferi, poi secondo le quattro regioni celesti e così via.

nota il moto dei pianeti, tuttavia il testo non è esplicito sulla


correlazione e dinamica mnemonico-iconografica dei subiecta
e degli adiecta.
74. Il, 2, pp. 94-95.
75. II, 2, pp. 122-23: « Coelum dicitur secundus sigillus, quia ad
eam memoriter retinendi rationem spectat, qua cosmicae vel
geographicae vel alius eiuscemodi descriptionis formam habe­
re ad sensus interioris oculum concupimus. Cur igitur sphaera
mundi vel terrae in sua sit divisa hemisphaeria » .
Tavola Il: Ad catenam, ubi tertius est sigillus; II, 2, p. 1 1 0

Tavola II

La concatenazione degli spazi quadrangolari e dei cer­


chi inscritti collegati attraverso le diagonali, i diametri,
ecc., che tra loro si intersecano ordinatamente, genera
una trama di loci geometrici successivi, dove chi pratica
1 86 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 7

l' ars può distribuire una teoria di elementi letterali o nu­


merici con le relative immagini, come fossero anelli di
una catena. L'argomento era già stato esposto nella In­
tentio XIII del De umbris,76 in cui, seguendo l'insegnamento

76. Alle pp. 34-35: il rinvio è sollecitato dallo stesso Bruno (Ex­
plicatio, Il, 2, p. 1 23: « Catenae explicationem habes in intentio­
ne decimatertia libri De umbris idearum>> ) . Su questo sigillo cfr.
anche il De imaginum compositione, II, 3, pp. 294-96. Sul riferi­
mento simbolico della " catena , quale connessione discensiva
e ascensiva degli " esseri , (cfr. Bruno alle Intentio XIII e Intentio
XIV del De umbris, pp. 34-35; ma anche p. 82) di matrice neo­
platonica (ispirata ai celebri versi omerici, Il., VIII, 1 8 sgg.; cfr.
Platone, Resp., 61 6b-c; Tim. , 3 1 c-32c, 38e; sull'eguaglianza cate­
na d'oro/sole: Theaet., 1 53c-d; Reinhardt, op. cit. , pp. 331 sgg. ) ;
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 187

di Quintiliano,77 ripreso anche da johannes Romberch/8


si osserva come l'apprendimento mnemonico sia facilita­
to da quelle immagini che, concatenate artificialmente
tra loro, si richiamano l'un l'altra permettendo così di
presentare alla memoria anche « cose >> che di per se stes­
se non si potrebbero coniugare o accostare in successio­
ne. A proposito Bruno ricorre all'esempio di alcuni versi,
che poi riproporrà quasi identici nell'Explicatio,79 attra­
verso la << concatenazione >> dei quali è facile ricordare,
dato un segno zodiacale, tutte le altre costellazioni.

si veda Macrobio, In Somn. Scip., l, 14, 15; pseudo-Dionigi Areo­


pagita, DN, III, l e VIII, 3; Marsilio Ficino, In De div. nom., in
opera, vol. II, p. 1 049; In Philebum, in opera, vol. II, p. 1 234; cfr.
Léveque, op. cit. I l tema allegorico della « catena aurea '' godet­
te di notevole fortuna anche presso la tradizione alchemica la­
tina rinascimentale, in particolare venne diffuso da autori inte­
ressati all'ermeneutica simbolica e criptografica come Antonio
Ricciardi ( Commentaria symbolica, ci t. , vol. I, ff. 1 41-42) e Blaise
de Vigenère ( Traité du Feu et du Sel, Paris, 1 618, p. 55) : cfr. M.
Gabriele, Alchimia e iconologia, Udine, 1 997, pp. 25-26. A riguar­
do Bruno , proprio nell'Explicatio (II, 2, p. 1 29) , accenna agli al­
chimisti osservando come essi, pur non trovando la pietra filo­
sofale, possano comunque giungere, grazie a tentativi e ricer­
che, a scoprire segreti naturali.
77. Inst. or., XI, 2, 20: « Ut quamlibet multa sint quorum memi­
nisse oportet, fiant singula connexa quodam choro »: cfr. la ci­
tata Intentio XIII del De umbris.
78. Ci t. , c. 66r: « Et eiusmodi !ocatio a no bis colligantia est nun­
cupata [ . . ] et chatenam dicimus » .
.

79. II, 2, p . 1 24; cfr. Tocco, op . cit. , p . 67, nota 4.


Tavola IV: Ad binarii encyclium qui est XIX sigillum;
II, 2, p. 1 1 2

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Tavola N

Dalla ricostruzione, che segue le indicazioni testuali


(queste descrivono solo uno spaccato esemplare del siste·
ma mnemonico inserito nel sigillo, ovvero quella parte che
nella figura 8 connotiamo con gli elementi alfabetici) ,80 ci

80. Il sistema può essere applicato all'intera superficie della fi­


gura.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 89

Figura 8

si rende conto che il sigillo sviluppa una meccanica combi­


natoria basata sulla progressione binaria di elementi alfa­
betici che, a partire dalla coppia di lettere A-B collocate al­
la circonferenza del circolo interno, procede poi nelle co­
rone concentriche successive. Infatti ad A e B si collegano
rispettivamente B-C e D-E sulla corona seguente, proprio
come accade ancora per C, D ed E, a cui si coniugano rela­
tivamente E-F, G-H e 1-K. e così via fino all'intero alfabeto a,
b, c, d, e, f, g, h, i, k, ecc. disposto nei settori della corona
più esterna.
Tavola V: Ad rotam figuli quae est XXI sigillus;
II, 2, p. 1 1 3

Tavola V

L'immagine ricalca nello schema geometrico-mnemo­


nico (su cui il testo dell'Explicatio non è affatto perspi­
cuo) 81 quello altre volte usato da Bruno, per esempio nel­
la tavola II del Cantus. Ragguardevole, per la forte valen-

8 1 . II, 2, pp. 90-9 1 .


EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 191

Figura 9

za magico-radiale che esprime, è la corea di punti che in­


cornicia ritmicamente e circolarmente il quadrato cen­
trale. Del tutto enigmatica la scritta che corre, come su
un cartiglio, sulla banda della metà superiore sinistra del­
la diagonale: IMUSMIS; o si tratta di cifre alfabetiche di
un sistema mnemonico su cui lo scritto di riferimento ta­
ce, oppure, scomponendo la parola in IMUS e MIS, è
possibile tradurla « in fondo a me >> (letteralmente: << la
parte più bassa di me >>, << il fondo di me >> ) . Il senso rima­
ne comunque oscuro, a meno che, considerando che la
scritta unisce la circonferenza (contrassegnata dai punti
dei raggi stellari) al centro del sigillo, debba intendersi
come un motto emblematico, allusivo di una sorta di
192 CORPUS ICONOGRAPHICUM

congiunzione simbolica tra le << profondità >> del macroco­


smo astrale e la « profondità >> di se stessi, il centro82 della
propria interiorità, dove si pratica l' ars grazie alle facoltà
spirituali.83

82. Cfr. Summa, l, 4, p. 85: « quid enim conci pere possumus,


nisi quod apprehendimus et ad quod attingendum perveni­
mus? Quod ergo intentione non pulsavimus, non tetigimus,
neque comprehensione complectemus. Ipse vero non inten­
dendo, quasi emigratione quadam et emissione et progressu
seu discursu ad rerum intuitum et comprehensionem manu­
ducitur, sed omnimoda preasen tia universa in se ipsis non
aspicit modo, sed et inspicit, sicut non astat modo rebus, sed
et instat; instat autem non ut comprehensus ab illis atque
contentus, sed ut comprehendens et continens illa, atque ut
omnium essentiale fundamentum atque centrum vitae et sub­
stantiae universae •• .
83. Sul tema dei sensi interiori, si veda l'Introduzione e il ca­
pitolo « Modus & ratio guberandorum sensuum internorum
ad istruendam & costruendam memoriam » del Cantus (II, l,
pp. 2 1 7 sgg. ) ; ma anche qui (Il, 3, p. 95) il testo che accom­
pagna il sigillo XXVI: « Facile visa species cum figura forma­
que, quae circa est, sensus interioris occurrit facultati, facilli­
me ve! possumus locum certis destinare speciebus, ve! certas
locis species ita addicere, ut cum fuerit opus, qualitatis eius­
dem ratio, de iusdem ad determinatum locum relatione, de­
signata prodeast » .
Tavola VI: Ad peregrinum qui est XXVI sigillus;
Il, 2, p. 1 1 4

Tavola VI

Nel testo corrisponde al sigillo XXVII (De peregrino) :8�


siamo di fronte ad una catena << combinatoria » con la
moltiplicazione di un medesimo modulo (cerchio con

84. II, 2, pp. 96-97.


194 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura IO

quadrato inscritto) , qualificato da cinque elementi lette­


rali disposti secondo il canonico sistema più volte incon­
trato: uno al centro con intorno gli altri quattro distri­
buiti ortogonalmente.
Tavola VII: Ad XXIX sigillum; II, 2, p. 1 15

Tavola VII

L'immagine dei due cerchi concentrici è di genesi lul­


liana.85 La xilografia presenta trame di punti stellari e li­
nee incrociate ai margini superiore e inferiore, inoltre
un punto è inserito in ciascuno dei 1 6 settori in cui sono

85. Cfr. De compendiosa, Il, 2, p. 25: si veda sopra il commento


alla quarta figura di Lullo; ugualmente nel De lampade, Il, 2,
pp. 3 1 6 sgg.
196 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 1 1

suddivise le due corone concentriche del sigillo. Essendo


questi i loci dove vanno posizionati gli elementi86 e le im­
magini, mi sembra particolarmente significativo che con­
tengano anche i signa puntiformi degli influssi celesti, in
quanto tale concomitanza mostra graficamente quella si­
nergia magico-mnemonica di cui si è discusso sopra. Il te­
sto che parla di questo sigillo (De combinante qui XXIX si­
gillus) 87 elenca, per il funzionamento della machina mne­
monico-combinatoria, sia semplici serie alfabetiche sia
insiemi di sillabe bielementali connesse a nutrite e diver­
sificate schiere di imagines, secondo criteri che riprendo­
no le tipologie logiche delle ruote del De umbris, oltre a
quelle lulliane menzionate sopra.

86. Notevole il confronto tra questa figura e le analoghe (le


quali nei rispettivi settori hanno, al posto dei punti, la consue­
ta sequenza di lettere alfabetiche ) , che troviamo nel De compen­
diosa e nel De lampade citati nella nota precedente.
87. Explicatio, II, 2, pp. 100-104; cfr. De imaginum compositione, II,
3, p. 318.
Tavola VIII: Figura sigilli sigillorum pro deductione et
multiplicatione subiectorum et formarum; Il, 2, p. 1 1 6

Tavola VIII

La xilografìa contiene due immagini relative alla stessa


figura: un cerchio con 1 2 lettere collocate sulla circonfe­
renza a uguale distanza tra loro, secondo un ordine cir­
colare che aiuta l'immaginazione ad osservare distinta­
mente, a contemplare, il subiectum e le sue parti, come
198 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 1 2

viene spiegato nel De umbris.88 L'immagine che vediamo


nella parte superiore dell'incisione si ispira a modelli lul­
liani già rivisitati da Bruno nel De compendiosa architectu-

88. Alle pp. 78-79: « Constat quidam subiectum primum parti­


bus materialibus [ . . . ] quatenus eadem suo ordine phantastica
facultas valeat contemplari [ . . . ] et digestas velut orbi adfixas
intueri " ( « [ . . . ] e osservare attentamente queste parti distinte
come se fossero fissate su un cerchio " ) .
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 1 99

ra,69 e serve, come viene osservato nella stessa Explicatio,90


ma soprattutto nel Sigillus sigillorum,91 alla moltiplicazio­
ne dei subiecta e delle formae designati da dodici elementi
letterali (A-B-C .. . L-M) posti sulla circonferenza, i quali,
connettendosi tra loro attraverso l'ordinata ragnatela di
linee (corde) , che si sviluppa all'interno del circolo, dan­
no luogo a numerose combinazioni sillabiche, ossia alla
moltiplicazione degli elementi stessi. Questo ulteriore ar­
tificio, che nel meccanismo mnemonico non è certo mol­
to diverso dai tanti fin qui proposti dal Nolano, presenta
però una singolarità nella figura sottostante, del tutto si­
mile alla precedente nell'impianto grafico. Qui infatti
non c'è correlazione di linee tra i singoli elementi, se
non la loro convergenza in un '' punto >> superiore, che
sta al di fuori della medesima circonferenza. Tenendo
presente che, nel Corpus iconographicum bruniano, questa
tipologia grafica (del cerchio e di un punto ad esso ester­
no, da cui provengono più linee che vanno a incontrare
la circonferenza) raffigura didatticamente - come ad
esempio nelle tavole I e III della Cena o in altre simili del
De immenso -, un « punto >> visivo o « corpo >> luminoso da
cui partono i raggi visivi o luminosi verso un altro « cor­
po >> sferico, mi chiedo se qui non si possa dire altrettan­
to. In questo caso la figura diviene un palese exemplum
della teoria degli influssi astrali sul « sigillo dei sigilli >> , in
altre parole: il « punto >> indica un soggetto astrale (stella
o pianeta che sia) , le linee che cadono sulla sottostante
circonferenza i raggi che ne portano l'influsso, gli ele­
menti letterali i ricettacoli di tanta influenza, realizzando
così un emblema iconico di quella convergenza magico­
mnemonica di cui si è detto sopra. L'interpretazione mi
pare inoltre suffragata dal connubio e corrispondenza
tra « punti >> ed elementi letterali che abbiamo riscontrato
nella stessa tavola VII sopra esaminata.

89. Il, 2, pp. 1 4 sgg., si veda il commento alla tavola I; lo stesso


nel De lampade, Il, 2, pp. 252 sgg., 308 sgg.
90. II, 2, p. 1 60 .
9 1 . I l , 2 , pp. 204-1 2.
Tavole IX, X, XI: II, 2, pp. 11 7- 1992

Tavola IX

92. Queste xilografie non hanno titolatura. Per le tavole IX e X


riproduco i soli originali, che sono sufficientemente chiari e
non necessitano della ricostruzione geometrica; diversamente
per la tavola Xl, incisa per metà su una matrice e per metà su
un'altra, dunque tale da rendere opportuna la sua ricostruzio­
ne (fig. 1 3: cfr. la citata Opera Latine Conscripta, Il, 2, p. 1 1 9)
perché sia letta nella sua interezza. Credo che queste tre xilo­
grafie, per la buona qualità grafica, soprattutto per una preci­
sione esecutiva solitamente ignota a quelle intagliate da Bru­
no, possano attribuirsi ad altra mano.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 201

Tavola X

Le tre xilografie raffigurano dei sigilli in cui, invece di


utilizzare le lettere dell' alfabeto latino, come fatto finora,
si ricorre alle 2 2 di quello ebraico. Ciascuna piccola ca­
sella quadrata che racchiude la singola lettera costituisce
un (( atrio )) o luogo mnemonico, dove si distribuiscono le
immagini, secondo schematismi ortogonali e angolari
già visti nel Cantus o, qui sopra, nel sigillo XVIII ( tav. III) ,
e descritti con cura nel De imaginum compositione.93 Il testo

93. II, 3, pp. 1 26-55, specificatamente alla tavola XI (quadrata


con i 22 elementi alfabetici ebraici) : pp. 309-1 1 ; si veda anche
Explicatio, II, 2, pp. 98-99.
202 CORPUS ICONOGRAPHICUM

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Tavola XI

non soccorre per comprendere il meccanismo combina­


torio delle tavole IX e X. In merito si rileva che l'una
sembra complementare all 'altra, nel senso che mentre
nella tavola IX la sequenza alfabetica appare disposta ai
lati dell'immagine e il sistema mnemonico converge al
centro, nella tavola X, al contrario, la diagonale alfabeti­
ca attraversa la centralità dell'immagine e si irraggia ver­
so i poli angolari. La particolarità che alle lettere ebrai­
che sia annessa la successione numerica da l a 22, secon­
do una sequenza numerale ordinaria che non tiene con­
to del valore numerico di ciascuna,94 si spiega con il sem-

94. La tradizione ebraica accosta alle 22 lettere i seguenti nu­


meri: 1 , 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 1 0, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90, 1 00,
200, 300, 400. Bruno ne è a conoscenza (si veda Reuchlin, op.
cit., cc. 69v-70r; il capitolo 1 9 del Libro II del De occulta philo-
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 203

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Figura 1 3

plice fatto che, nella elaborazione delle serie mnemoni­


che, si possono usare elementi tanto letterali quanto nu­
merici, purché l'uno richiami prontamente l'altro: basti
confrontare il sigillo lnterpres del De imaginum compositio­
ne,95 nel quale le 22 lettere ebraiche sono denominate

sophia di Agrippa, pp. 304-306; cfr. Yates, Giordano Bruno, cit.,


pp. 282-300; De Leon:Jones, op. cit. , pp. 29 sgg., 40 sgg.; Dra­
gon, op. cit. , pp. 39 sgg., 77-80) , ma privilegia qui gli elementa­
ri abbinamenti lettere-numeri probabilmente per facilitare i
suoi meccanismi combinatori.
95. II, 3, pp. 3 1 0-1 1 : « ABCD quadratum est figura duorum et
viginti atriorum, iuxta elementorum Hebraeorum numerum >> .
204 CORPUS ICONOGRAPHICUM

con i numeri da l a 22. L'iconografia della tavola IX è


una variante del modello grafico-mnemonico e didattico
dell'incisione (fig. 1 4) che si trova nel Liber de sensibus 96
di Charles de Bovelles e che ripropongo qui di seguito:

Figura 1 4

96. I n Que in hoc volumine continentur, c . 42v.


EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 205

Al centro della raffigurazione sta il Sole raggiato sim­


bolo di Dio o della Luce divina, da cui dipendono, come
indicano le linee diritte che accordano teologicamente e
cosmologicamente i diversi tondi, i vari gradi gerarchici
della creazione: a destra, dal basso, gli elementi, i pianeti
e il firmamento fino ai cieli delle anime, degli angeli e di
Dio; a sinistra, in analogico parallelo, il mondo umano,
dalle componenti vegetative ai sensi fino all'immagina­
zione, all'intelletto e alla mens.97 Lo schema segue gli or­
dinari modelli logico-mnemonici, di matrice aristoteli­
ca,98 che permettono di rappresentare in modo chiaro e
didattico le correlazioni discorsive tra più elementi (ad
esempio tra parti del discorso quali il soggetto, il predi­
cato, ecc., che vengono opportunamente inseriti nei cer­
chietti e relazionati con linee a seconda della necessità
logica) , anche differenti tra loro.99 Tali dati e riflessioni
suggeriscono l'ipotesi che il gioco combinatorio sottinte­
so nella tavola IX sia simile a quello della precedente ta­
vola VIII (ma ciò si potrebbe dire anche per le altre tavo­
le l, IV, VI, VII) , dove vediamo il sigillo circolare, 1 2 let­
tere regolarmente distribuite sulla circonferenza e una
trama di linee che esprimono le loro correlazioni. Se qui
facciamo altrettanto, ossia consideriamo il circolo centra­
le della tavola IX proprio come quello della tavola VIII e
collochiamo, sulla parte destra e su quella sinistra della
sua circonferenza (che qui è costituita da una corona,
dunque suddivisibile in una serie di settori dove porre gli
elementi letterali come nelle tavole IV e VII) , i due sim-

97. Ibid., cc. 41 v-43r.


98. In particolare gli Analytica priora, 26b sgg., 39a sgg., 41b
sgg., 43b sgg.: esempio eclatante di questa speciale iconografia
sono le miniature dell'Aristotele latino, Analitica priora; Analitica
posteriora, Topica, De sophisticis elenchis (XN secolo) , cod. Borgh.
1 30, ff. 2 1 , 74v, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vatica­
no; cfr. I.M. Bochenski, A History of Formai Logic, N otre Darne
(Indiana) , 1 96 1 , pp. 1 43 sgg., 219 sgg.
99. Si vedano i numerosi esempi iconografici riportati proprio
nelle opere del Bovillus, cc. 41 r sgg. , 53r sgg., 68r sgg., 80v
sgg., 12r sgg.
206 CORPUS ICONOGRAPHICUM

metrici e speculari alfabeti ebraici (oppure le rispettive


serie numeriche) seguendo l'ordine dato alle lettere nel­
la xilografia (dali' alto in basso, dalla aleph al tau ) , ecco
che troviamo su tale circonferenza (o corona) 22 lettere
(o atrii) più altre 22 lettere, che possono dialogare tra lo­
ro generando sillabe bielementali e gruppi polielementa­
li utili all' ars. Ma la rappresentabilità grafica di questi
meccanismi è quantomeno improponibile . Infatti se gli
elementi letterali fossero stati disegnati sulla circonferen­
za e tutte le loro corrispondenze dentro il cerchio (come
nella tavola VIII) , a causa del loro alto numero (si tratta
di 4 4 lettere alla circonferenza e di relative 1 804 linee di
corrispondenza tra loro: si ricordi che Bruno, anche nei
complessi sistemi ruotanti del De umbris, non supera i 30
elementi per ruota) , non sarebbero stati graficamente
presentabili né quantificabili. Basti osservare che nella ta­
vola VIII, benché sulla circonferenza siano inseriti solo
1 2 elementi letterali, l'intreccio che nasce dalle loro cor­
relazioni risulta già assai fitto di linee (corde) e di non
immediata lettura.
La ragione per cui Bruno realizza questa incisione ap­
pare allora del tutto strumentale e pratica. In effetti, im­
postando così la figura quadrangolare con il piccolo cer­
chio centrale di riferimento, e ponendo gli alfabeti in
evidenza laterale, divengono palesi, operativamente visi­
bili agli « occhi interiori >> , sia la scansi one delle lettere,
sia i loro innumerevoli collegamenti, altrimenti non cer­
to rappresentabili sulla superficie di una comune xilo­
grafia. È infatti sufficiente, per la logica combinatoria,
utilizzare di volta in volta gli elementi richiesti per una
determinata operazione mnemonica senza dover coin­
volgere l'intero sistema, ovvero, agendo su una sola delle
lettere e dell'atrio relativo, possiamo mettere in moto
quante altre lettere (e atrii) vogliamo, anche grazie alle
simmetriche linee di congiunzione tra i due alfabeti che
collegano specularmente un elemento all'altro, o ad al­
tri, e viceversa. Una volta raggiunto lo scopo prefissato
possiamo « ancorare >> (ovvero mettere per il momento
da parte) l'operazione alla lettera (o atrio) da cui si era
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 207

iniziato il procedimento e ricominciare con un'altra ope­


razione. Non diversamente dovrebbe accadere con la ta­
vola X: qui l'alfabeto (con i relativi numeri) è uno solo,
mentre il sigillo circolare si mostra scomposto agli angoli
come un binomio di loci complementari. Mi chiedo se
non vi sia in questa disposizione angolare un riferimento
alla maggiore potenza magica dello stesso sigillo e delle
immagini che vi vengono accolte, secondo quanto detto
sopra. In questo caso la tavola X rappresenterebbe il na­
turale sviluppo « magico » della tavola IX, che appare fun­
zionale alla specifica maestria della mnemotecnica.
La tavola Xl, come meglio si coglie dalla sua ricostru­
zione (fig. 13) , è costituita da un quadrato, il cui lato è
composto in ragione di 2 2 piccoli quadrati uguali, per
cui la griglia dell'intera superficie quadrata risulta di 484
piccoli quadrati. Sulla diagonale, anch'essa geometrica­
mente scandita dal numero 2 2 , corrono le lettere dell'al­
fabeto ebraico. Il significato dell 'immagine risulta enig­
matico. 1 00 Si noti che la disposizione diagonale delle let­
tere e la conseguente posizione che assumono nella gri­
glia fa sì che, se inseriamo (cominciando dall'alto verso il
basso e procedendo da destra verso sinistra) nella prima
fila orizzontale di 2 2 caselle le rispettive lettere dell' alfa­
beto ebraico (la prima, cioè la aleph, è già al suo posto
nell'angolo in alto a destra) , e altrettanto facciamo con
le sottostanti file sino in fondo, accade quanto segue:

100. Anche a confronto con quelle pagine dell'Explicatio ( << De


claustro cabalistico et tempio. XXVIII sigillus >> : II, 2, pp. 98-99,
15 1-52) in cui si parla di un sistema mnemonico con 22 ele­
menti ( ma si tratta dell'alfabeto latino, e non si danno indica­
zioni geometrico-compositive) , oppure con quelle analoghe
del De imaginum compositione (Il, 3, pp. 310-1 1 ) dove si trova un
quadrato ABCD con all'interno 22 colonne composte di 22
elementi numerici (nel testo vi è sì un esplicito riferimento al­
l 'alfabeto ebraico: « ABCD quadratum est figura duorum et vi­
ginti atriorum, iuxta elementorum Hebraeorum numerum >> ) ,
tuttavia lo sviluppo ortogonale e diagonale non sembra con­
cordare con quello della tavola Xl.
208 CORPUS ICONOGRAPHICUM

orizzontalmente l'intera griglia risulterà riempita da 22


alfabeti ebraici che si succedono l'uno sotto l'altro; verti­
calmente la prima fila di quadrati sulla destra conterrà 22
aleph , la seconda 22 beth, la terza 22 gimel, la quarta 22 da­
leth, e così via fino all'ultima fila a sinistra con 22 tau . 1 0 1 La
struttura quadrata della griglia e l'ordinata disposizione
degli alfabeti appena detta fa in modo che le lettere della
sequenza diagonale della tavola XI occupino il posto che
numericamente loro spetta nella successione alfabetica:
per esempio la aleph, che è la lettera numero l , sta nella
prima casella delle linea orizzontale che è anche la prima
di quella verticale; la daleth, che è la lettera numero 4, sta
nella quarta casella della quarta fila orizzontale che è la
stessa della quarta della verticale, e così via fino alla tau , la
ventiduesima lettera, che si trova nella casella 22 della li­
nea orizzontale e di quella verticale. Dunque le 22 lettere
posizionate in diagonale, e non casualmente evidenziate
nella xilografia, costituiscono per certo una successione
di loci privilegiati, una sorta di perni di riferimento imma­
ginativo, da cui possono dipendere le relative caselle ed
elementi letterali che si sviluppano accanto a loro. Quale
marchingegno mnemonico voglia intendere Bruno con
tutto ciò ci sfugge, anche perché, da un punto di vista
combinatorio, in un reticolo quadrato di 484 lettere ordi­
nate e coniugabili (in ragione di 22) sia da destra a sini­
stra che dall' alto in basso e diagonalmente oppure vice­
versa, si manifesta una miriade di sistemi di subiecta, prati­
cabili solo attraverso scelte e delimitazioni operative, im­
maginative, che Bruno però non ci indica.
Infine, un'ultima considerazione che potrebbe suggeri­
re una lettura magica di una simile iconografia. Griglie
quadrate identiche a quella bruniana, costruite in ragio­
ne delle 22 lettere ebraiche, alfabeticamente disposte se­
condo diverse successioni (per esempio da destra a sini­
stra oppure all' inverso) , sono raffigurate già nel De occulta

1 0 1 . La stessa composizione si può ottenere inserendo gli alfa­


beti secondo le file verticali, dall'alto verso il basso e da destra
a sinistra.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 209
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Figura 15

philosophia di Agrippa:1 02 si tratta di tabulae (formate sia

102. Capitolo 25 del Libro III ( pp. 472-81 ) . Cfr. il De arte cabalisti­
ca di Reuchlin, cit., cc. 71 v sgg., dove si parla della permutazione
e combinazione delle 22 lettere ebraiche in riferimento alla temu­
rah ( « ubi mutua fit literae pro litera positivo, et totiens fit quo­
tiens alphabeta pennutantur. Pennutantur autern iuxta nume­
rum literarum bis et vigesies » ) , e vi è riportato un esempio
grafico che ricomparirà in Agrippa, De occulta philosophia, p. 478.
Griglie criptografiche simili a quelle di Agrippa e Bruno in Blaise
de Vigenère, Traité tks Chif.fres, Paris, 1586, cc. 9 1 r sgg., 184r sgg.
210 CORPUS ICONOGRAPHICUM

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Figura 1 6

con singole lettere che con sillabe bielementali) che ser­


vono a (( comporre tutti i nomi divini e angelici » 103 attra­
verso un procedimento di commutazione delle stesse let-

103. «[ . . . ] et quondam hae tabulae omnibus tum divinis tum


angelicis nominibus inserviunt •• (p. 473; cfr. pp. 468-90, in par­
ticolare i capitoli 26-28 del Libro III ) ; su queste mistiche com­
binazioni: Reuchlin, op. cit. ; si veda pure J. Reuchlin, La Kabba­
le, Introduzione, traduzione e note a cura di F. Secret, Paris,
1995, pp. 226, 238, 246, 284, 287, 308.
EXPLICATIO TRIGINTA SIGILLORUM 211

tere. Ne ho proposte due subito sopra con le figure 1 5 e


1 6: la prima è la << Tavola delle commutazioni retta >> , la se­
conda quella delle << commutazioni voltata >> .
Appare evidente che la tavola XI, considerata con la
griglia interamente occupata dagli elementi alfabetici
come detto sopra, si presenta quale una elaborazione
grafico-compositiva delle tabulae di Agrippa, la cui opera,
come si sa, era ben nota al Nolano. Tanto più che nel De
occulta philosophia i nomi degli « spiriti celesti '' • calcolati
su tabulae specifiche, possono essere poi applicati su tali­
smani o anelli ( « pro fabricanda immagine ve l anulo seu
ali o quovis opere sub certa costellatione peragendo >>) 104
sì da riceverne gli opportuni benefici ed effetti, proprio
come accade con certi sigilli bruniani. Ma non avendo a
disposizione altri dati o indicazioni da parte di Bruno,
non resta che considerare questa tavola XI quale potente
strumento mnemonico-magico e teurgico solo in via ipo­
tetica.

1 04. Si veda p. 482, ma cfr. pp. 483-87 e il capitolo 47 del Libro


1: « De annulis et eorum compositionibus >>.
LA CENA DE LE CENERI
La cena de le Ceneri, s.I., s.e., 1 584 (Salvestrini, n. 63; Sturlese,
n. 7)
Tavola 1: p. 561

La stessa immagine ritorna nel De immenso, 2 dove appa­


re graficamente più nitida e comprensibile per la miglio­
re esecuzione artistica dell'incisione. Le xilografie della
Cena (eccetto la tavola VII) sono di scadente qualità for­
male e, da un punto di vista grafico, sono tutte attribuibi­
li a Bruno, per le ragioni già espresse nella Nota al Corpus
iconographicum. In particolare si osserva che le linee, sia
dritte (come nelle tavole I, III, IV) , sia curve (come nelle
tavole V, VII, IX) , mostrano, per i numerosi graffi che ne
contornano la traccia, come l'autore premesse la sgorbia
sul legno in maniera malferma e discontinua. Certi limiti
esecutivi fanno sì che, nella Cena, le composizioni geo-

l. Nelle opere italiane di Bruno, a differenza di quelle latine


(cfr. la nota 39 del commento al De umbris) , il titoletto indica la
progressiva numerazione delle figure, cui segue il numero di
pagina dell' edizione originale che contiene la xilografia. Al­
trove ogni citazione dell'opera rinvia sempre e soltanto all'e­
dizione di riferimento come dalla tavola delle Abbreviazioni.
2. l, l, p. 327; nell'edizione originale a p. 275.
216 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola I

metriche, con le rispettive cifre o lettere, spesso non ri­


sultino ben leggibili, e non sempre, d'altra parte, concor­
dino con il testo.3 Le ricostruisco integrando l'archetipo
secondo le indicazioni testuali (per esempio, qui nella ta­
vola I, inserisco le lettere DD, indicanti l'arco più grande,
che non si rilevano nell'incisione bensì nello scritto) . Per
ridisegnare questa prima immagine tengo presente an­
che la citata, analoga incisione del De immenso. Lascio vi­
sibili al lettore, per una migliore comprensione della
figura, le linee indicanti i vari passaggi geometrici del-

3. Cfr. Giordano Bruno, Dialoghi italiani, voli. 1-11, nuovamente


ristampati con note da G. Gentile, 3" ediz., a cura di G. Aqui­
lecchia, Firenze, 1 985, vol. l, p. 95, nota l.
LA CENA DE LE CENERI 217

Figura l

la ricostruzione, come ad esempio quelle che escono a


raggiera dal circolo: tali linee sono disegnate più sottili
delle altre.
Dal punto di vista grafico-compositivo si deve infine os­
servare che, nell'incisione originale, le linee e le propor­
zioni tra le varie componenti geometriche risultano assai
imprecise. Infatti non si riscontra alcuna logica simmetri­
ca nella successione delle corde AA, BB, CC, DD, le qua­
li, essendo generate dalla calibrata progressione dell'o c-
218 CORPUS ICONOGRAPHICUM

chio che si allontana (ritmo che nella xilografia segue


una scansione regolare, come analogamente accade nel­
la seguente tavola III ) , dovrebbero mantenere tra loro
una corrispettiva e proporzionata distanza. Per questi
motivi la ricostruzione che propongo, così come accadrà
con le prossime della Cena, cerca soprattutto di seguire
una logica corrispondenza tra le varie componenti geo­
metriche del disegno, pur senza perdere di vista le nor­
me testuali e i dati della stessa xilografia originale.
La xilografia vuole illustrare il seguente concetto:4 se
l'occhio umano potesse guardare la terra da altezze cele­
sti, accadrebbe che, man mano che l'occhio si innalza
nello spazio etereo, tanto più si restringe l 'angolo di vi­
suale, tanto più aumenta l'ampiezza dell'arco emisferico
sottostante e tanto più piccolo risulta l'orizzonte artificia­
le. Bruno tratteggia nella parte inferiore del disegno la
semisfera terrestre (nel De immenso il globo appare per in­
tero) , mentre ricorre a due composizioni geometriche
tra loro distinte che poi, per illustrare meglio il proprio
pensiero, sovrappone e coniuga nella figura che vedia­
mo.
La prima composizione riguarda il rapporto inversa­
mente proporzionale tra il decrescere dell'angolo di vi­
suale e l'aumentare dell'arco emisferico. La figura è co­
stituita dai quattro triangoli equilateri, l'uno nell'altro,
che si ergono sull'emisfero terrestre: i loro quattro verti­
ci (rispettivamente tangenti al centro i segmenti paralleli
1 - 1 , 2-2, 3-3, 4-4 e con l'angolo che, aumentando progres­
sivamente l'altezza di ogni triangolo, si restringe) indica­
no l'ipotetico occhio che, salendo in altezza, si allontana
dalla terra e riduce l'angolo di visuale. L'ampiezza delle
quattro basi, segnata dalla scansione crescente delle cor­
de AA, BB, CC, DD (alle quali corrispondono i rispettivi
archi) , rappresenta invece il progressivo aumento visivo
dell'arco emisferico.
La seconda composizione concerne il rapporto diretta­
mente proporzionale tra il decrescere dell'angolo di vi-

4. Cfr. Cena, pp. 63-70; De immenso, l, l, pp. 326-28.


LA CENA DE LE CENERI 219

suale e la diminuzione dell' orizzonte artificiale. Quest'ul­


tima viene esemplificata con l'immagine della scala dei
segmenti paralleli 1-1 , 2-2, 3-3, 44 (denotanti le successi­
ve misure decrescenti dell'orizzonte) , i quali si accorcia­
no secondo quanto il cono visivo s'innalza e si riduce, as­
sottigliamento che viene espresso in modo didattico dal
triangolo più alto e sottile di tutti, posto al centro della
figura, ed al cui vertice si può immaginare l 'occhio.
La dinamica concettuale proposta dalla xilografia del
Nolano sembra rivisitare, nel suo insieme e in modo arbi­
trario, sia un passo dell' Ottica di Euclide, sia certe regole
ottiche proprie della prospettiva artificiale del Rinasci­
mento, specialmente quelle inerenti il quadrato prospet­
tico a scacchiera e la diminuzione proporzionale delle pi­
ramidi visive, studiate e sistemate negli scritti di Leon
Battista Alberti e di Piero della Francesca, come di Leo­
nardo.5
Circa Euclide si può osservare che secondo il Teorema
24 della sua Ottica più l'occhio si avvicina ad una sfera e
più la parte vista risulterà piccola:6 è quanto accade con
l ' « occhio •• bruniano che avvicinandosi alla terra ne vede

5. L.B. Alberti, Della pittura, a cura di L. Mallè, Firenze, 1 950,


pp. 72-73, e De pictura, in opere volgari, a cura di C. Grayson, Ba­
ri, 1 973, vol. III, pp. 38 sgg. {l, 20 sgg. ) ; Piero della Francesca,
De prospectiva pingendi, edizione critica a cura di G. Nicco-Faso­
la, Firenze, 1984, pp. 70 sgg., 1 25 sgg., 1 33-34; Klein, op. cit. ,
pp. 25 1-315; C. Grayson, L. B. Alberti 's 'Costruzione Legittima ', in
Studi su Leon Battista Alberti, a cura di P. Claut, Firenze, 1 998,
pp. 2 1 5-29; M. Kemp, La scienza dell'arte, Firenze, 1 990, pp. 38,
43, 55 sgg.
6. Euclide è ben noto a Bruno, che più volte lo cita (cfr. Cili­
berto, Lessico di Giordano Bruno, cit., vol. I, pp. 421-22; C.
Lefons, Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli nelle opere la­
tine di Giordano Bruno, Firenze, 1998, p. 43 ) , ovvero, come scri­
ve F. Tocco a proposito del De triplici minimo ( op. cit. , pp. 1 59
sgg., 1 65 ) : « frequentemente e minutamente •• ; cfr. Bonker-Val­
lon, op. cit., pp. 5 1 sgg., 1 86 sgg., 2 1 2 sgg.; per questo teorema,
si veda I. Danti, La prospettiva di Euclide, Fiorenza, 1 573, p. 46;
Euclide, Ottica. Immagini di una teoria della visione, a cura di F.
Incardona, Roma, 1996, pp. 1 1 9-20.
220 CORPUS ICONOGRAPHICUM

porzioni sempre minori, come dimostra il decrescere


successivo delle corde DD, CC, BB, AA rispetto alle sta­
zioni visuali che scendono ad altezze sempre minori, os­
sia dal vertice o punto mediano del segmento 4-4, a quel­
lo cifrato da 3-3, fino ai due successivi.

Tavola II: p. 58

Tavola II

La figura vuole esemplificare che il « sole, non solo è


grande, ma anco più grande che la terra ».7 Ciò si dimo­
stra attraverso considerazioni soprattutto di natura astro­
nomica, in particolare connesse al fenomeno delle eclis­
si. Gli astronomi, ricorda Bruno, insegnano che il cono
d'ombra, prodotto dalla Terra illuminata dal Sole, ha il
vertice nella sfera di Mercurio e per base l'emisfero ter­
reste non rischiarato. Tali contorni o limiti del cono
d'ombra terrestre sanciscono che il Sole è assai più gran-

7. Cena, p. 70.
LA CENA DE LE CENERI 221

Figura 2

de della Terra. Infatti l' ottica delle ombre stabilisce che


se un corpo luminoso (nella xilografia contrassegnato
con A) sparge la sua luce su un corpo opaco più piccolo
(C) , produce inevitabilmente un cono d' ombra che si
conclude in un punto (l) determinato e finito (nell'inci­
sione ciò viene espresso dall'angolo acuto HIF) , ed ha
per base il corpo opaco stesso. Se invece il corpo lumino­
so (B) è minore dell' opaco (C) , il conseguente cono
d'ombra si dilata all'infinito, come le rette D ed E che de­
limitano tale cono. Bruno aveva affrontato la questione
già nel De umbris 8 e si ispira a una tradizione astronomica
trasmessa dal filosofo medioplatonico Teone di Smirne9 e
dal neoplatonico Calcidio, 10 laddove parlano della gran­
dezza del Sole e della Luna, stabilendo la maggiore gran­
dezza di quello in base al cono d'ombra che questa
proietta sulla Terra durante l'eclisse.

8. Alla p. 41 (lntentiones XXV e XXVI ) : cfr. Alberto Magno, De


natura boni, 1 88 (E. Filthaut) ; Alessandro Piccolomini, La sfera
del mondo, Vinegia, 1 564, p. 2 1 1 .
9 . Expos. rer. math. ad leg. Plat. util. , pp. 192-98 (E. Hiller) .
10. In Tim., pp. 1 39-44 Q.H. Waszink) .
Tavola III: p. 60

Tavola III

L'immagine e il testo connesso, pur tra qualche disso­


nanza, si integrano a vicenda, porgendo l 'uno dei dati
che l'altra ignora e viceversa: la ricostruzione grafica che
propongo tiene conto di entrambi. L'illustrazione vuole
rappresentare che un piccolo corpo sferico lucente (N)
può illuminare un altro corpo opaco più grande (A) fin
oltre la metà della sua circonferenza. 1 1 Man mano che il

1 1 . Cena, p. 59: ,, il corpo lucido B [ma si intenda N] [ . . . ] po­


trà, col molto discostarsi, comprendere al fine arco maggior
LA CENA DE LE CENERI 223

Figura 3

corpo minore N (nella xilografia la lettera, dichiarata nel


testo, non è segnata, pertanto la integro nella ricostruzio­
ne della figura 3 ) si allontana da A, secondo la sequenza
dei punti bt, b2 , b3 , b4 , la superficie emisferica di A, che ne
viene illuminata, si ingrandisce secondo la successione

che il semicircolo '' · Sulla diversa visibilità di un corpo opaco e


di uno luminoso, cfr. De immenso, I, 2, pp. 132 sgg.; Tocco, op.
cit., pp. 272 sgg.
224 CORPUS ICONOGRAPHICUM

crescente degli archi c-d, e-f, g-h, i-k, 1 2 delimitati dalle ri­
spettive corde B 1 , B2 , B3 , ecc. (la sequenza letterale è igno­
rata nell'incisione, lo scritto cita soltanto le prime tre) .
La quinta corda/3 al centro dell'illustrazione e non se­
gnata da alcuna lettera, corrisponde al diametro e deli­
mita l'emisfero del corpo opaco.
Bruno, dal punto di vista grafico-compositivo, adatta
qui lo schema ottico-geometrico già proposto sopra per
la tavola I.
L'affermazione che un corpo luminoso possa rischiara­
re non solo tutto l'emisfero di un corpo opaco rivolto
verso la sua luce, ma anche l'emisfero opposto, è insoste­
nibile da un punto di vista sia fisico che astronomico. Ma
non si dimentichi che Bruno per le sue convinzioni ri­
corre ad un empirismo diretto e personale, 1 4 lontano dal-

1 2 . Queste ultime due lettere si riscontrano solo nella xilo­


grafia, dove sono collocate, per la maldestra capacità dell'inci­
sore (che delinea qui in modo altrettanto impreciso la posizio­
ne delle lettere g e h; si veda la nota successiva) , all'altezza del­
le estremità del diametro: accostamento improponibile per­
ché, se così fosse, si lascerebbe indeterminata (senza cifre) la
quarta corda e si interromperebbe, senza alcun senso, la logi­
ca della doppia sequenza (b1/ c-d, b2/ ef, ecc. ) . Inoltre i due
punti i e k, se veramente indicassero le estremità del diametro,
dovrebbero, come tutti gli altri, essere toccati da due linee tan­
genti, le quali, in que'ito caso, per ovvie ragioni geometriche,
non potrebbero essere che due parallele (perpendicolari al
diametro in i e k) , che invece mancano: cfr. la tavola IV. A ri­
guardo si deve rilevare che nella figura ridisegnata nell' edizio­
ne di Guzzo e Amerio (Milano, 1 995, p. 238: la stessa viene ri­
presa nell' edizione di Aquilecchia e Hersant, Paris, 1994, p.
148) si denota erroneamente tale diametro con le lettere i-k.
1 3 . Nel testo (p. 73) il diametro è indicato per sbaglio (refuso
o fraintendimento del manoscritto che sia) con g-h, dato che
viene smentito chiaramente sia dalla xilografia sia dalla logica
sequenza dei binomi letterali, che si concludono, non a caso,
con la corda i-k, la più grande di tutte, e non con la preceden­
te, minore, g-h.
1 4. Basti l' exemplum dello « stecco » posto tra l 'occhio e il << lu-
LA CENA DE LE CENERI 225

la metodologia e dal cannocchiale di Galileo, che pure si


affermeranno pochi decenni dopo. Tale opinione si fon­
da sull'osservazione che un corpo opaco, che si allontana
alla vista, diviene sempre più piccolo, fino a perdere « fa­
cilissimamente >> il suo diametro, mentre un corpo lumi­
noso di analoghe dimensioni lo perde molto più gradata­
mente, « tardissima et difficilissimamente >> : di notte an­
che a grandissima distanza la fiamma di una lucerna si
continua a vedere, mentre, se spenta, la lucerna risulta
invisibile. 1 5 Secondo il paralogismo bruniano ne conse­
gue - riconsiderando i corpi A e N della nostra figura -
che se i due corpi si allontanano sempre di più l'uno dal­
l'altro accadrà che il corpo opaco A potrà ridursi, nell'e­
strema lontananza rispetto a N, ad un punto infinitesi­
male, cosicché lo stesso corpo luminoso N, che rimane ir­
riducibile pur nella sua minima luminescenza, risulterà
infine « maggiore >> di A e potrà con i suoi raggi contor­
narne il corpo e, come avvolgendolo, illuminarlo anche
nell'emisfero ad essi opposto.

me de la candela , che Bruno ci porge proprio nella Cena, pp.


74-75.
15. Cena, pp. 71-73.
Tavola N: p. 62

Tavola IV

L'immagine costituisce una sorta di corollario o ulte­


riore esemplificazione della figura precedente e vuole
raffigurare come un corpo opaco tende a ridursi, fino a
scomparire, man mano che ci si allontana da esso, men­
tre un corpo luminoso diminuisce solo parzialmente.
Si vuole dimostrare con riga e compasso come la mi­
sura del semidiametro AN di un corpo opaco sferico,
espresso nella xilografia dal circolo più piccolo con cen­
tro N, tenda ad annullarsi con la progressiva diminuzio­
ne dell 'angolo retto NAI (quest'ultima lettera, assente
nello scritto e nell'illustrazione bruniani, viene aggiunta
nella ricostruzione della figura 2 ) , il quale, spostandosi
N in N 1 , poi in N2 , in Ns e così via sulla retta K, diviene
sempre più acuto (N 1 AI, N:AI, N3AI, ecc.) , finché sparirà
(come pure la misura di AN) , quando AN (con N alla
ennesima) coinciderà con la medesima retta AI: conver­
genza possibile solo all'infinito. Se questo vale per il se­
midiametro AN - scrive Bruno - , 16 altrettanto dicasi per
l'intero diametro AO e dunque per il corpo opaco.

16. Ibid. , pp. 73-74.


LA CENA DE LE CENERI 227

Figura 4

L' argomentazione così com'è posta, nel suo sincreti­


smo ottico-astronomico e geometrico, appare paralogica
e fantasiosa. 1 7 Si può constatare, per quanto riguarda l'a­
spetto meramente grafico e soltanto per questo, che l'im­
magine (il disegno del piccolo cerchio, del suo diametro
e delle tre linee ad esso perpendicolari) configura una
composizione geometrica uguale a quella descritta nel
Teorema 25 dell ' Ottica di Euclide, 1 8 così come il fascio di
linee che esce da A e che va a cadere sulla linea NK ta­
gliandola secondo segmenti equivalenti (NN1, N 1 N2 ,
N2N3 , ecc.) , se considerato otticamente - ossia se A corri­
sponde all'' occhio', le linee ai raggi visivi e la linea NK al
piano orizzontale -, ricorda la dinamica del cono visivo
nella prospettiva artificiale del Rinascimento. 1 9

1 7. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 272.


1 8. Si veda l'edizione a cura di F. Incardona, cit. , p. 1 20;
« Theorema ventesimosesto "• in Danti, op. cit., pp. 41-42.

19. Cfr. sopra la nota 5; si veda anche Leonardo da Vinci, Libro


di pittura, a cura di C. Pedretti, trascrizione critica di C. Vecce,
Firenze, 1995, vol. l, pp. 226-27.
Tavola V: p. 75

Tavola V

La xilografia rappresenta con il cerchio più piccolo la


sfera terrestre, e con quello maggiore la volta celeste. Un
osservatore posto in M può vedere l'emisfero celeste nei
punti A, B, C, D (ma in quest'ultimo caso è impossibile,
perché è situato oltre i limiti del suo oriz�onte visivo, ov­
vero al di sotto della tangente AC al punto M) , anche se
eventuali montagne si frappongono tra lui e il cielo. Co­
me osserva Firpo: (( Anche qui il disegno non è molto
esatto [ . . . ] Bruno vuoi dire in sostanza che le depressioni
terrestri, quando sono profonde, sono solitamente an­
che molto vaste, e chi si trova in esse non perde la visione
dell'intero emisfero celeste, perché le alture circostanti,
LA CENA DE LE CENERI 229

Figura 5

Figura 6

per la cunratura terrestre, non recano impedimento. Ciò


entro certi limiti può essere vero, ma non ha alcun carat­
tere di rigorosa generalità >> . 20 Il testo dichiara: « come si
può alquanto considerare nella presente figura, dove la
vera superficie de la terra è A B C, entro la quale su-

20. Scritti scelti di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella, a cu­


ra di L. Firpo, Torino, 1968, p. 1 1 8, nota 28.
230 CORPUS ICONOGRAPHICUM

perfide vi sono molte particolari del mare et altri conti­


nenti, come per esempio M, dal cui punto non meno
veggiamo l'intiero emisfero, che dal punto A et altri de
l'ultima superficie. Del che la raggione è da dui capi: e
dalla grandezza de la terra, e dalla convessitudine cir­
cumferenziale di quella, per il che M punto non è intan­
to impedito che non possa vedere l'emisfero: perché
gl'altissimi monti non si vengono ad interporre al punto
M come la linea MB [ ] ma come la linea MC, MD, la
. . .

quale non viene a caggionar tale impedimento, come si


vede in virtù de l'arco circonferenziale; e nota d'avantag­
gio che sì come si referisce M ad C et M ad D , così anco K
si riferisce ad M: onde non deve esser stimato favola quel
che disse Platone delle grandissime concavità e seni de la
terra '' · 21
L'incisione presenta diversi dati geometrici poco com­
prensibili, vediamo i più palesi:
l ) è impossibile, per le ovvie e suddette ragioni, che un
segmento unisca D a M e sia tangente allo stesso M;
2) del punto C, segnato in basso all' esterno del cerchio
più grande, non si fa cenno nel testo e non se ne coglie il
senso. Forse vuole indicare il diametro AC (fig. 5) , oppu­
re, ma è m era ipotesi, un altro punto (dopo il « primo » C
e dopo D: quest'ultimo, nella geografia del cerchio più
piccolo o globo terrestre, risulta situato all' altezza dell'e­
quatore : ED nella figura 6) , verso il quale volge lo sguar­
do un osservatore che da M, spostandosi in senso orario
sulla superficie terrestre (M, M 1 , M2 nella figura 6) , va­
. . .

da ad osservare l'emisfero australe;


3) il significato della relazione tra M e K non è esplici­
to: forse si vuole indicare un luogo dentro la terra, sotto
la sua superficie, da dove, come accade in M, si può co­
munque osservare il cielo.

2 1 . Cena, p. 85.
Tavola VI: p. 79

Tavola VI

Si ha qui un singolare esempio di discrasia testo/imma­


gine; mentre questa raffigura un vascello a vele spiegate
che, visto di poppa, solca i marosi sospinto dai venti, quel­
lo descrive il seguente esempio: « Con la terra dunque si
muoveno tutte le cose che si trovano in terra; se dumque
dal loco extra la terra qualche cosa fusse gittata in terra,
per il moto di quella perderebbe la rettitudine. Come ap­
pare dalla nave AB, la qual passando per il fiume, se alcu­
no che se ritrova ne la sponda di quello C venga a gittar
per dritto un sasso, verrà fallito il suo tratto per quanto
comporta la velocità del corso. Ma posto alcuno sopra
l'arbore di detta nave, che corra quanto si voglia veloce,
non fallirà punto il suo tratto di sorte: che per dritto dal
punto E, che è nella cima de l'arbore o nella gabbia, al
punto D, che è nella radice de l' arbore, o altra parte del
ventre e corpo di detta nave, la pietra o altra cosa grave
gittata non vegna. Cossì se dal punto D al punto E alcuno
Figura 7

Figura 8
Figura 9

Figura 10
234 CORPUS ICONOGRAPHICUM

che è dentro la nave gitta per dritto una pietra, quella per
la medesma linea ritornarà in basso, muovasi qualsivoglia
la nave >> . 22 L'esempio, che tratta del principio della com­
posizione dei moti, verrà ripreso da Galileo. 23
La xilografia dunque, oltre a non contenere alcuna ci­
fra o lettera esplicativa di quelle date nel testo, non pre­
senta neppure caratteristiche didattico-iconografiche (al
di là del naviglio, che tuttavia non solca certo un fiume)
che soccorrano il senso dell'argomentazione scritta: vi
mancano i " gravi >> , chi li lancia, le loro traiettorie, la
" sponda >> , e la dinamica spaziale tra i due « moti » è im­
possibile a intendersi. Sulle ragioni di tali incongruenze
propongo la seguente ipotesi.
Si noti innanzi tutto la buona qualità artistica della xi­
lografia, disegnata e incisa con mano sicura ed esperta
(basti osservare il gioco delle spume dei marosi, la pro­
spettiva con gli edifici in terra ferma, la personificazione
del vento, ecc . ) ; dunque chi l'ha realizzata non è sicura­
mente lo stesso che ha eseguito gli altri, scadenti legni
della Cena, i quali sono da attribuirsi allo stesso Bruno
per le ragioni già considerate. Proprio certi limiti del No­
lano (se così manifesti nei semplici disegni geometrici,
figuriamoci quali risultati avrebbero dato in scenari ico­
nografici compositi come in questo) possono aver indot­
to il tipografo o lo stesso Bruno a ricorrere per l' occasio­
ne ad un competente xilografo. Tuttavia ciò non spiega
perché nell'immagine siano asse n ti le « lettere ,, , i '' sas­
si >> , il « moto >> dei gravi, ecc. di cui sopra: particolari che
il bravo artista avrebbe dovuto ben rappresentare. La ra­
gione, e con ciò arrivo alla sostanza della mia ipotesi,
consiste nel fatto che, secondo un costume corrente nel­
la prassi editoriale di allora e non solo, si sia qui riutiliz­
zato un legno che già era servito per illustrare un prece­
dente libro, ossia una xilografia che dal punto di vista

22. Ibid., pp. 87-89.


23. Dialogo, Il, 1 80-8 1 (cfr. l 'edizione a cura di L. Sosio, Torino,
1 970, p. 1 9 1 , nota l) ; si veda p. 364, nota 73 della citata edi­
zione della Cena, a cura di Aquilecchia e Hersant.
LA CENA DE LE CENERI 235

figurativo risultasse vicina al testo bruniano (qui infatti si


parla di una nave, là appare un vascello) , ma inevitabil­
mente priva di quei particolari richiesti dal testo medesi­
mo perché approntata per illustrare un altro scritto. Non
sono riuscito ad individuare l'opera precisa da cui è stata
tratta l'incisione, ma ritengo possa trattarsi di un testo di
emblematica o di imprese, genere letterario-iconico dove
il tema della nave, sospinta dai venti nel mare, godette di
notevole fortuna nei secoli XVI e XVII per le sue impli­
cazioni etiche e concettuali (figg. 7 e 8) ,24 in riferimento
alla buona speranza dell'uomo nel futuro nonostante le
avversità della vita, alla sua virtuosa costanza che sa
sconfiggerle: la nave che resiste alle procelle marine. Il
capostipite di questa tradizione iconologica sono gli Em­
blemata di Andrea Alciati, editi per la prima volta nel
1531 e più volte ristampati. 25 Un emblema, in sostanza, è
un'immagine o raffigurazione simbolica, detta « corpo >> ,
che contrassegna un concetto, coniugata ad un motto,
una sentenza detta << anima >> che richiama quello stesso
concetto; li accompagna inoltre un breve componimen­
to poetico, un epigramma su tale soggetto, secondo le
implicazioni semantiche dell'equazione oraziana « Ut pie­
tura poesis >> . 2 6 L' « anima >> , nel trentacinquesimo emble­
ma ( fig. 9) 2 7 di Alciati, è costituita dal motto spes proxima
( « speranza vicina >> ) , e il « corpo >> dall' immagine di un

24. Rispettivamente tratte da: G. Ruscelli, Le imprese illustri, Ve­


netia, 1 572, cc. 158-64; G. de La Perrière, Le theatre des bons en­
gins, auquel sont contenus cent Emblemes, Paris, 1539, embi. 43.
25. Si veda H. Green, Andreae Alciati and his Books of Emblems,
London, 1 8 72; H. Homann, Studien zur Emblematik des 16.
jahrhunderts, Utrecht, 1971, pp. 25-35; Praz, op. cit. , vol. l, pp.
248-52; vol. Il , pp. 53 sgg.; Henkel e Schone, op. cit. , pp.
xxxm-xxx1v; ma anche RJ. Clements, Picta Poesis, Roma,
1960, pp. 1 0 sgg., 21 sgg. e passim.
26. Cfr. Praz, op. cit. , vol. Il, pp. 1 1 sgg.; Clements, op. cit., pp.
13 sgg., 61 sgg., 173 sgg. ; Klein, op. cit. , pp. 1 19-49; G. Inno­
centi, L'immagine significante, Padova, 198 1 , pp. 3 sgg., 53 sgg.
27. Emblematum liber, Augustae Vindelicorum, 1 5 3 1 , c. B6v; cfr.
Los Emblemas de Alciato, Lyon, 1549, embi. 34 (fig. 10) .
236 CORPUS ICONOGRAPHICUM

vascello nel mare tempestoso, con le vele spiegate e so­


spinta dai venti, proprio come nella xilografia della Cena.
A ulteriore sostegno di una lettura emblematica della
<< nave >> della Cena, si può rilevare come Bruno dia prova,
nei Furori, 28 di conoscere bene l'arte del << concettismo >>,
inventando una serie di emblemi, altamente simbolici e
accuratamente compositi, i quali tuttavia, per motivi che
ignoriamo, sono privi delle xilografie che ne avrebbero
dovuto raffigurare il « corpo », che invece viene solo de­
scritto nel testo. Tra questi ve n'è uno, la cui invenzione
adotta quella già proposta dall'Alciati. Si tratta dell'im­
magine di un'aquila che con << due ali s'appiglia al cielo >>,
ma << vien ritardata dal pondo d'una pietra che tien lega­
ta ad un piede >> :29 iconografia che allude al conflitto tra
l'ascesa dell'anima verso il divino e gli ostacoli che le
frappongono gli istinti più bassi. Analogamente, nel sedi­
cesimo emblema di Alciati, tale ossimoro iconico,30 raffi­
gurato da un uomo che ha la mano destra alata e la sini­
stra tenuta giù da una pietra, significa che il peso, il far­
dello della << povertà >> è d'impedimento all'innalzarsi del­
l ' << ingegno >> .
Infine una riflessione sulla discrasia testo/immagine,
sì accentuata in questa immagine del naviglio. Niente
esclude, anche alla luce delle considerazioni fin qui svol-

28. Cfr. F.A. Yates, The Emblematic Concept in Giordano Bruno 's
'De gli eroici Furori ' and in the Elizabethan Sonnet Sequences, in
<<journal of the Warburg and Courtauld Institutes >> , 6 ( 1 943) ,
pp. 101-2 1 . Si veda anche la tavola XII degli Articuli.
29. Furori, p. 896.
30. La piena e colta formulazione iconologica di queste figure
retoriche che accostano concetti contrari si ebbe nell' Hypnero­
tomachia Poliphili ( ed. cit., cfr. vol. I, p. 1 33; vol. II, pp. 615-16) ,
dove, nel caso specifico, una matrona con la mano destra « ala­
ta >> e con la sinistra che impugna una '' tartaruga » ( quest'ulti­
ma fa le veci della << pietra >> bruniana o di quella di Alciati ) ,
esprime l a dinamica morale e psicologica del festina tarde, cioè
della necessità di coniugare armoniosamente e superare così il
dualismo contrapposto degli estremi.
LA CENA DE LE CENERI 23 7

te, che l'illustrazione sia stata concepita da Bruno pro­


prio con tali caratteristiche, cioè di totale autonomia dal
testo, per ragioni di mnemotecnica. Difatti, se la conside­
riamo come un subiectum mnemonico (come l'albero,
per intenderei, della tavola II del Cantus) , essa viene a
svolgere una funzione di locus, sul quale poi l'immagina­
zione potrà disporre come vuole le varie fasi (con i per­
sonaggi, i movimenti dei << gravi ,, e le annesse cifre lette­
rali) , che esprimono la meccanica del principio della
composizione dei moti.
Tavola VII: p. 98

P TO L E M A E VS.

C O PE R N I C V S.
Tavola VII

L'illustrazione contrappone con efficace chiarezza pe­


dagogica, sottolineata dalle scritte Ptolomeus e Copernicus
poste sopra e sotto l'incisione, la diversità tra il sistema
tolemaico, espresso nella metà superiore del disegno, e
quello copernicano, nella metà inferiore. In alto otto se­
micerchi con relativi simboli, dal centro: Terra, Luna,
Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Ottava
sfera o Firmamento, o sfera mobile delle Stelle fisse; in
basso, dal centro: Sole, Mercurio, Venere, Terra con in­
torno l'orbita della Luna, Marte, Giove, Saturno, sfera
immobile delle Stelle fisse. In quest'ultima rappresenta­
zione planetaria sono connotati graficamente soltanto il
LA CENA DE LE CENERI 239

Sole, la Terra con la Luna e le Stelle fisse: qui la presenza


della sola Terra con la Luna e l'assenza dei tradizionali
simboli per gli altri pianeti sottolinea la precipua funzio­
ne didattica dell'illustrazione, che esalta, nell 'ossimoro
iconico dei due sistemi geometricamente contigui, il sen­
so astronomico della loro contrapposizione scientifica,31
conferito appunto dalla diversa positura della Terra e del
Sole.
La specifica iconografia delle stelle, tracciate con una
sorta di asterisco sul circolo più esterno indicante il cielo
delle Stelle fisse, riprende un motivo grafico, ovvero un
contrassegno astrale, diffuso nell'illustrazione astrono­
mica dei secoli XVI e XVIJ.32 Ripropongo qui di seguito
quattro esempi, tratti rispettivamente dalle opere di
Charles de Bovelles" (figura 1 1 : il mondo geocentrico) ,
di Valentin Nabod'4 (figure 1 2 e 13: il sistema di Marzia­
no Capella e quello copernicano) e di Pierre Gassendi'5
(figura 1 4: il sistema copernicano) :

31 . Per lo schema planetario del sistema copernicano Bruno


poteva tenere presenti le illustrazioni che accompagnano le
edizioni del De revolutionibus orbium coelestium, apparse nel
1 543 e nel 1 566.
32. Cfr. Heninger, The Cosmog;raphical Glass, cit. , pp. 58, 60-62,
64-65, 71 sgg.
33. Liber de sensibus, c. 40r.
34. Primarum de coelo et terra institutionum quotidianarumque
mundi revolutionum, libri tres, Venetia, 1573, c. 41 r-v.
35. lnstitutio astronomica iuxta hypotheseis ta veterum quam Coper­
nici et Thyconis, Parisiis, 1 647, p. 1 59.
Figura 1 1

Figura 1 2
Figura 1 3

Figura 1 4
Tavola VIII: p. 104

Tavola VIII

Il testo annesso all' immagine precisa che il punto O in­


dica « la vista, l'occhio �� dell'osservatore, OAB, OC, OD
sono « le lunghezze, longitudini e linee visuali » , mentre
AC, AD , CD le << larghezze, latitudini )) , Bruno scrive: « Co­
me a noi che dal centro de l'orizonte voltando gli occhi
da ogni parte , possiamo giudicar la minor o maggior di­
stanza da, tra et in quelle cose che son più vicine; ma da
un certo termine in oltre, tutte ne parranno equalmente
lontane: cossì alle stelle del firmamento guardando, ap­
prendiamo la differenza de' moti e distanze d'alcuni astri
più vicini; ma gli più lontani et lontanissimi, ne appaiono
immobili, et equalmente distanti e lontani quanto alla
LA CENA DE LE CENERI 243

o
Figura 1 5

longitudine [ ] Cossì accade che tal stella è stimata


. . .

molto maggiore, che è molto minore; tale molto più lon­


tana, che è molto più vicina. Come nella seguente figura,
dove ad O, occhio, la stella A pare la medesma con la stel­
la B, e se pur si mostra distinta, gli parrà vicinissima; e la
stella C, per essere in un semidiametro molto differente,
parrà molto più lontana: e in fatto è molto più vicina.
Dunque che noi non veggiamo molti moti in quelle stel­
le, e non si mostrino allontanarsi et accostarsi l'une da
l'altre e l'une a l'altre [ ] Et però non denno esser chia­
. . .

mate fisse per che veramente serbino la medesma equidi­


stanza da noi e tra loro, ma per che il lor moto non è sen­
sibile a noi >> .36
Nel brano si elabora, applicandolo su scala astronomi­
ca, il Teorema 54 dell' Ottica 37 euclidea, dove si dichiara
che all'occhio il quale osserva delle cose che si muovono

36. Cena, pp. I lO-Il.


37. Cfr. l'edizione a cura di F. lncardona, cit. , p. 1 43; Danti, op.
cit. , pp. 72-73.
244 CORPUS ICONOGRAPHICUM

con la stessa velocità, quelle più lontane sembrano muo­


versi più lentamente. Ne consegue per Bruno che, guar­
dando nell'estrema lontananza cosmica, l'occhio non è
più in grado di distinguere né i diversi moti, né le diffe­
renti profondità spaziali degli astri, né le loro rispettive
distanze.

Tavola IX: p. 125

Tavola IX

Lo schema rappresenta i quattro moti della terra, ar­


gomento che torna nell' Infinito�8 e nel De immenso.�9 Il di-

38. Alle pp. 340-43.


39. Cfr. in I, l , pp. 361-66, 386 sgg.; in particolare le pagine di
LA CENA DE LE CENERI 245

E
Figura 1 6

segno va letto come segue. Il circolo è immagine della


Terra (nella Cena si usa il paragone di una palla che viene
gettata in aria) ; il primo movimento da A verso E (nel te­
sto erroneamente siglato con B) e viceversa ne significa il
moto di rivoluzione; il secondo movimento da I a K (let­
tere rispettivamente allusive dell'Est e dell' Ovest) e vice­
versa esprime il moto di rotazione; il terzo movimento,
che riguarda un'accelerazione e un ritardamento di que­
st'ultimo, viene annotato, sul segmento 1-K, dalla succes­
sione dei punti 1-2-3 8, i quali, assenti nella xilografìa
. . .

originale, vengono riportati nella ricostruzione (fig. 1 6)

F. Tocco ( op. cit., pp. 3 1 1 sgg.) con le osservazioni di G. Schiap­


parelli; ma anche le note ali' edizione della Cena a cura di
Aquilecchia e Hersant, cit., pp. 381-83. Si veda la tavola IX del
De immenso.
246 CORPUS ICONOGRAPHICUM

secondo il dettato testuale. Il quarto movimento infine


concerne O ed U:40 le due lettere segnano rispettivamen­
te il Nord e il Sud, ossia uno spostamento del Polo Nord
verso quello Antartico e viceversa, che permetterebbe,
nei millenni, la loro reciproca e completa inversione.

40. Bruno, per comporre e collocare i tre binomi (A-E, 0-U, 1-


K) della presente immagine, segue, come sua abitudine mne­
monica, la sequenza alfabetica delle cinque vocali, alle quali
aggiunge, non a caso, la K, che è la prima consonante dopo la
I. Il terzo e il quarto movimento sono il frutto di arbitrarie
quanto inesatte interpretazioni della dottrina copernicana da
parte di Bruno , cfr. sopra i citati Tocco e Schiapparelli.
DE LA CAUSA, PRINCIPIO ET UNO
De la causa, principio et uno . , stampato in Venetia, s.e., 1 584
. .

(Salvestrini, n. 71; Sturlese, n. 8)


Le tre xilografie che illustrano quest'opera sono di sca­
dente qualità esecutiva, e testimoniano, attraverso nume­
rosi graffi riscontrabili intorno ai solchi centrali delle li­
nee incise, come attraverso ritocchi e riprese delle stesse
linee, una mano malferma, quasi incapace di guidare e
premere con la dovuta costanza la sgorbia. Tali dati, co­
me emerge dalla Nota al Corpus iconographicum, ci fanno
attribuire l'esecuzione dei legni allo stesso Bruno.

Tavola I: p. 1 34

« Non vedete » scrive Bruno « come il circolo quanto è


più grande, tanto più con il suo arco si va approssimando
alla rettitudine? Chi è sì cieco che non veda qualmente
l'arco BB, per esser più grande che l'arco AA, e l'arco
CC, più grande che l'arco BB, et l'arco DD più che gli al­
tri tre: riguardano ad esser parte di maggior circolo, e
con questo più e più avicinarsi alla rettitudine della linea
infinita del circolo infinito significata per IK? [ . . . ] tanto
250 CORPUS ICONOGRAPHICUM

- --

----- �

Tavola I

Figura l

che al fine la linea retta infinita vegna ad essere circolo


infinito » . 1 L'immagine ripropone fedelmente l'argo
mento attraverso l' exemplum di una successione di archi
sempre maggiori che, all'infinito, tende a coincidere ap­
punto con la retta IK.

l . Causa, p. 289.
DE LA CAUSA, PRINCIPIO ET UNO 251

Il tema ed il suo simbolismo geometrico, di cui si parla


anche nel De triplici minimo/ è tratto da Cusano che, nel
De docta ig;norantia, 3 in particolare nel capitolo 1 3 del Li­
bro I, illustra con un disegno,4 analogo a quello brunia­
no, il concetto secondo cui la « massima linea curva >>, ov­
vero la « curvi tà >> nella sua linea massima, coincide con la
« linea retta massima e infinita >> ;5 il disegno (fig. 2 ) , che
ricostruisco fedelmente, è il seguente:

G H

Figura 2

(Qui si vede, spiega Cusano, come « l'arco CD del cerchio


più grande si allontana dalla curva dell'arco più piccolo EF
e si discosta maggiormente dall'arco GH del cerchio ancora
più piccolo. Dunque la linea retta AB sarà l'arco del cerchio
massimo che non può essere più grande di così '' ) . 6

2. I, 3, p. 1 48: si veda il commento alla tavola II; cfr. Articuli ad­


versus math. , l, 3 , p. 27.
3. l, 1 2-13, 1 8 .
4. In opera, Basileae, 1 565, p. 9.
5. Loc. cit. : ,, si igitur curva linea, in sua curvitate recepit minus
quanto circumferentia fuerit maioris circuii, igitur circumfe­
rentia maximi circuii, quae maior esse non potest, est minime
curva, quare maxime recta, coincidit igitur cum maximo mini­
mum, ita ut ad oculum videtur necessarium esse, quod maxi­
ma linea sit recta maxime et minime curva » .
6 . Loc. cit. : « quomodo arcus cd maioris circuii plus recedit a
curvitate quam arcus ef minoris circuii, et ille plus a curvitate
252 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La fonte filosofica del Cusano e di Bruno per un simile


exemplum geometrico, che misura e coniuga la contraddi­
zione di due tenni ni opposti quali il << curvo �� ed il « retto ��,
stabilendo il primato di quest'ultimo, è Aristotele, che nel
De anima/ con intento dialettico, osserva come con il << ret­
to �� possiamo conoscere sia il << retto >> che il « curvo », poi­
ché il « regolo �� costituisce il criterio di entrambi, mentre il
<< curvo �� non lo è né di se stesso né del « retto ».

Tavola Il: p. 1 36

Tavola II

recedit, quam arcus gh adhuc minoris circuii, quare linea recta


ab erit arcus maximi circuii, qui maior esse non potest >>; cfr. De
mathematica perfectione, in Opera, cit. , pp. 1 1 20-2 1 .
7 . 4l la; cfr. Thémistius, Commentaire sur le Traité de l'ame d'Aris-
DE LA CAUSA, PRINCIPIO ET UNO 25 3

Figura 3

L'immagine è una « similitudine ,, che esprime come


una sostanza infinita « può essere in tutte le cose tutta,
benché in altri finita in altri infinitamente, in questi con
minore in quelli con maggiore misura » ,8 come si vede
nella dinamica geometrica dei tre quadrati concentrici
A, B, C. Questi infatti, benché tra loro di diversa area,
maggiore o minore che sia, hanno uguali non solo i ri­
spettivi angoli retti, ma anche tutti quelli acuti che nasco­
no dalla comune diagonale D, la quale taglia appunto a
metà tali angoli retti, generando un doppio triangolo
rettangolo per ogni quadrato che seca. Pertanto si deve
intendere che qui la permanenza di certi valori degli an­
goli, inalterata pur nella variabile della suddivisione delle
superfici (quadrati e triangoli) , simboleggia la << sostanza

tote. Traduction de Guillaume de Moerbeke, edizione critica a cura


di G. Verbeke, Louvain, 1 957, p. 85: << sufficiens enim altera
pars contradictionis seipsam iudicare et oppositam; etenim
recto rectum iudicamus et curvum: iudex enim amborum re­
gula, curvum autem neque curvi iudex neque recti » .
8. Causa, p. 29 1 .
254 CORPUS ICONOGRAPHICUM

infinita >> che si ritrova « con maggiore o minore misura »


in « tutte le cose » , ossia in tali, variabili e molteplici su­
perfici.

Tavola III: p. 1 38

Tavola III

Questo disegno prosegue e sviluppa la logica delle due


figure precedenti.9 Si vuole infatti raffigurare come due
(( contrari >> nascono e vengono relazionati da un medesi­
mo e comune principio. I (( contrari », nel simbolismo
geometrico proposto da Bruno, sono l'angolo acuto e
quello ottuso. Data la linea « giacente » BD, e la perpen­
dicolare ad essa MC (questa di fatto corrisponde, nella
costruzione geometrica, al raggio del cerchio con centro
in C) , si osserva che gli angoli acuti e ottusi sono prodot­
ti, per palesi ragioni, dall'inclinazione che assume MC ri-

9. /bid. , si vedano le pp. 293-95.


DE LA CAUSA, PRINCIPIO ET UNO 255

Figura 4

spetto alla linea BD, cioè sono scanditi man mano che la
perpendicolare MC, per così dire, declina verso B (ma
questo ovviamente anche verso D ) , restando fermo C e
muovendosi M lungo la circonferenza del cerchio con
centro in C, e dando luogo alla teoria dei punti M 1 , M2 ,
M, . . . (come nella ricostruzione, mentre nella xilografia
abbiamo solo M ripetuto) : tale successione produce una
serie di angoli M 1 CB, M2 CB . . . , sempre più acuti fino al­
l'angolo piatto M,CB (o BCD) e, in proporzione, l ' altra
serie di angoli contigui M1CD, M 2CD . . . , sempre più ottu­
si. La linea MC diviene pertanto, con la sua << potenza >>
generatrice di angoli << retto >>, << acuto >> e << ottuso >> , tra lo­
ro comunque coniugati, l'emblema di quel medesimo e
comune principio. Analogo meccanismo geometrico, che si
ispira al Cusano, ricorre nella tavola I del De umbris.
Il tema filosofico, fisico e teologico della correlazione
tra grandezza << minima '' e << massima '' viene qui, nella
Causa, esposto soprattutto nel Dialogo terzo .
DE L' INFINITO UNIVERSO ET MONDI
De l'infinito universo et mondi. . . , stampato in Venetia, s.e., 1 584
(Salvestrini, n. 99; Sturlese, n. 9)
Le due xilografie che accompagnano il testo, per le
stesse ragioni esposte all'inizio del commento alla Causa,
vanno attribuite allo stesso Nolano.

Tavola 1: p. 2 6

La xilografia è la stessa della tavola IX della Cena, di­


scussa in precedenza. Qui si parla di due soli moti, quello
di rivoluzione e quello di rotazione, colti nei loro due
princìpi: « nelle cose è da contemplare [ . ] doi principii
. .

attivi di moto: l'uno finito secondo la raggione del finito


soggetto, e questo muove in tempo: l'altro infinito secon­
do la raggione dell' anima del mondo, overo della divi­
nità, che è come anima de l'anima, la quale è tutta in tut­
to e fa esser l'anima tutta in tutto, et questo muove in
istante. La terra dunque ha dui moti. Cossì tutti gli corpi
che si muoveno, hanno dui principii di moto >> . 1

l . Infinito, p . 341 : cfr. pp. 340-43. Sul significato dell'anima del


mondo in Bruno e le sue fonti neoplatoniche, soprattutto il Ti-
260 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola I

meo platonico, Plotino, Ficino e Agrippa, si veda Ciliberto, La


ruota del tempo, cit., pp. 70 sgg.; Spruit, op. cit., pp. 1 85 sgg.;
Bonker-Vallon, op. cit. , pp. 29 sgg.
Tavola Il: p. 1 45

Tavola II

Figura l
262 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Su questa immagine si veda la tavola IV (Area Democritz)


del De triplici minimo e le tavole XXIII e XXV del De im­
menso. In questo caso Bruno, per meglio illustrare quanto
sta affermando sulla pluralità dei mondi, ricorre per la
prima volta ad una simile iconografia, dove si coniugano
valenze geometriche e cosmologiche. Egli afferma: << se
son più mondi simili in specie, deveranno essere o equa­
li o pur [ ] proporzionali in quantità; se cossì è, non po­
. . .

tranno più che sei mondi essere contigui a questo: per­


ché senza penetrazion di corpi, cossì non più che sei sfe­
re possono essere contigue a una, come non più che sei
circoli equali, senza intersezzione de linee, possono toca­
re un altro '' . 2
Le considerazioni bruniane, nel loro significato geo­
metrico, traggono origine nelle riflessioni dei matemati­
ci medioevali e rinascimentali sulla geometria di Euclide,
in particolare sul Teorema 1 5 del Libro IV dei suoi Ele­
menti, dove si dimostra come, in un cerchio dato, si in­
scrive un esagono regolare. Nel Tractato di practica di geo­
metria secondo Leonardo Pisano 3 si spiega infatti come si
possono collocare e inscrivere sei cerchi uguali in un
unico cerchio, seguendo quanto Euclide dichiara << ne la
1 5a del quarto [libro] »,4 in altre parole utilizzando l' ar­
monica simmetria spaziale di un esagono regolare in­
scritto in un cerchio dato: il testo, sempre alla stessa car­
ta, è illustrato con il successivo, eloquente disegno (fig.
2 ) che ripropongo qui accanto:

2. Infinito , p. 432: si vedano le pp. 43 1-34.


3. Leonardo Fibonacci (XIII secolo) : tuttavia l'opera (conserva­
ta nel codice Palatino 755 della Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, risalente al 1 460 ca) è stata attribuita a Maestro Bene­
detto da Firenze, cfr. Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento,
a cura di E. Giusti e C. Maccagni, Firenze, 1994, p. 57.
4. Alla c. 232r del citato codice. Tuttavia, trattandosi di cerchi
tra loro non secanti, si deve tenere presente anche il Teorema
13 del Libro IV degli Elementi, in cui si dimostra che un cerchio
tangente ad un altro non può toccarlo che in un solo punto.
DE L' INFINITO UNIVERSO ET MONDI 263

Figura 2

Il medesimo testo e un identico disegno ricompariranno


nel 1494 nell'edizione veneziana della Summa de Arithme­
tica5 di Luca Pacioli, come un'analoga composizione
geometrica apparirà, un anno dopo, a Parigi, nella Geo­
metria speculativa di Thomas Bradwardine.6
Tuttavia la fonte più vicina e diretta di Bruno è da con­
siderare il pensiero di Charles de Bovelles, che fu un per-

5. Venetiis, 1 494, c. h2r: « Tractatus geometrie - distinctio octa­


va - 57».

6. T. Bravardinus, Geometria speculativa. . . Breve compendium artis


geometrie ex libris Euclidis Boetii, Parisiis, 1 495, c. B3v: « Decima­
tertia conclusio: Sex circuii equales contingunt circulum exte­
rius » .
264 CORPUS ICONOGRAPHICUM

sonaggio grandemente stimato dal Nolano (come testi­


monia un esplicito passo del De lampade combinatoria : « ci­
to Charles de Bovelles, che nello stile non fu certo infe­
riore a Lefèvre d'Etaples [ . . . ] quanto fu di un ingegno
più luminoso, di un giudizio più maturo e più dotato in
tutti i generi di discipline '' 7 ) , che dunque ne conosceva
di sicuro le opere. Infatti Bovelles elabora, a proposito
della figura in questione, non solo le note considerazioni
geometriche appena viste (in particolare nel Geometricum
opus8 del 1 557, dove riscontriamo in diverse occasioni
l'immagine dei sette cerchi, sei dei quali coronano tan­
gendo quello centrale, uguale a questa figura bruniana) ,
ma anche speculazioni cosmologiche e numerologiche,
assenti negli scritti di Pacioli o di Bradwardine, e che in­
vece si riflettono quel significato che il Nolano conferirà
all'immagine anche nei citati luoghi del De triplici minimo
e del De immenso. Se difatti Bruno,9 con questa icono­
grafia, allude sia alla processualità universale del mini­
mum e del suo accrescimento, sia a quella degli innume­
revoli mondi (attraverso il suo schema si esemplifica visi­
vamente la trama cosmologica, il disegno dei princìpi di
tutte le cose) , in modo analogo Charles de Bovelles ri-

7. Il, 2, p. 235: '' mitto Carolum Bovillum, non tam [ . . . ] oratio­


nis stilo Fabro ipso humilior, quam (si e cathedra philosophiae
examinentur) ingenio illustrior iudicioque in multiplici disci­
plinarum genere maturior et excultior »: un 'alta considerazio­
ne che si deve - come Bruno sottolinea nella stessa pagina -
anche alla profonda conoscenza che il Bovillus aveva della dot­
trina lulliana, tanto cara al Nolano; cfr. J.M. Victor, Charles de
Bovelles. 14 79-1553. An Intellectual Biog;raphy, Genève, 1978, pp.
50 sgg., 57 sgg. e passim; su Bovillus e Lefèvre d' Etaples, si veda
anche il commento alla tavola X del De minimo.
8. Lutetiae, 1557, c. 1 7r-v: << Contingit sex circulos invicem ae­
quales, et non plures, circa medium eundem circulum eis ae­
qualem conscribi se quidem mutuo et medium circulum con­
tingentes », cfr. c. 8 1 v ; l'opera, tra il 1 5 1 4 e il 1 557, ebbe nu­
merose edizioni e riedizioni, nonché traduzioni in francese,
cfr. Victor, op. cit. , pp. 1 1 sgg., 179-8 1 .
9. Cfr. più avanti i l commento alla tavola I I del De minimo.
DE L' INFINITO UNIVERSO ET MONDI 265

corre ad essa per mostrare la dinamica cosmica dell'esa­


merone biblico. Questi dice che il circolo centrale sim­
boleggia Dio nella sua sede, « eterna e divina monade >> , 1 0
mentre i sei cerchi circostanti i gradi di tutta la creazione
nella sua « pienezza •• (si noti che nella dinamica atomista
bruniana la Monade-minimum è Dio, il quale nella xilo­
grafia viene espresso dal circolo-minimum) . 11 Bovelles fa
di questa iconografia con sette cerchi l'emblema delle
dottrine e dei misteri più arcani della formazione del
mondo. 1 2 Nelle due immagini che compongono la figura
3 si enuclea in modo docetico il passaggio dal non creato
(i sei tondi neri, intorno a quello bianco centrale indi-

l O. « Finge rursum progressam extra se e media et primaria sui


sede eternam monadem » (Liber de duodecim numeris, in Que in
hoc volumine continentur, cit., c. 1 54v; cfr. le figure e gli annessi
testi nel Liber de generatione, nelle Epistolae, nel Libellus de Mathe­
maticis rosis, ibid. , rispettivamente alle cc. 1 0 1 v, 1 73v, 180v sgg.;
si veda Victor, op. cit., pp. 78-8 1 .
1 1 . Cfr. De minimo, l , 3 , p. 1 36: « Deus est monas omnium nu­
merorum fons, simplicitas omnis magnitudinis et compositio­
nis substantia >> ; si vedano anche le pp. 1 38 sgg., 1 71 sgg., 182
sgg.; i concetti di minimum e di maximum e la loro correlazione,
che ritroviamo sia nel Bovillus sia in Bruno, hanno il loro ar­
chetipo speculativo in Cusano: cfr. Victor, op. cit., pp. 83 sgg.,
1 09 sgg.; C. Luthy, Bruno 's Area Democriti and the Origins of At­
omist lmagery, in << Bruniana & Campanelliana >> , l ( 1 998) , pp.
68 sgg.; si veda il commento alla tavola I del De umbris, alle ta­
vole I e III della Causa, e alla tavola I del De minimo.
1 2 . Libellus de Mathematicis rosis, in Que in hoc volumine conti­
nentur, ci t., c. 1 80v: << Eruntque hi septem circuii, ut geome­
trica rosa. Interest enim quod in rosa: extremi circuii et sese
in mutuo et circulum medium prementes condividunt atque
intersecant. Hic autem incommunicantes sunt seque contin­
gentes. Et huius porpositionis archana doctrina ac elevatio
mentis: mysterium promit creationis universorum que sep­
tem diebus perfecta fuit atque absoluta. Causam simul expri­
mit, cur septima dies requietionis divine dies est. Qua factum
est a Deo nihil. Sex vero primi dies sint divini totius operis
tempus ac mensura >> .
266 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Iigura vacuatum
exre�ioru Lcd•u an'

tecre{Q)atio•
ft� JDedte autcm fe•
cW piene .

Figura 3

cante la sede luminosa di Dio, simboleggiano la vacuità


primordiale) alla « plenitudinis omnium post creationem » .
Pur con diverse sfumature concettuali ree formali, Bovelles
ripropone questo motivo iconico più volte nelle sue opere,
basti ricordare almeno i luoghi (figg. 3, 4, 5 ) del Liber de
nihilo, delle Epistolae complures, del Libellus de Mathematicis cor-
DE L' INFINITO UNIVERSO ET MONDI 267

Figura 4

Figura 5

poribus e del Libellus de Mathematicis rosis, editi unitamente a


Parigi nel l 510Y Da quest'ultima opera Pietro Bongo trarrà
spunto per analoghe riflessioni geometrico-simboliche del
numero sei, che inserirà nel suo Numerorum mysteria.14

1 3. In Que in hoc volumine continentur, ci t., cc. 1 54 v (fig. 3 ) , 1 73 v


(fig. 4) , 1 80v (fig. 5) , cfr. anche l e cc. 1 82r, 1 86r, 1 9 l r.
14. Cit., pp. 270-72; lo stesso nell'edizione del 1 585, p. 1 9 1 .
CABALA DEL CAVALLO PEGASEO
Cabala del cavallo pegaseo. Con l'aggiunta dell 'Asino cillenico. De­
scritta dal Nolano , Parigi, appresso Antonio Baio, 1584 (Sal­
. . .

vestrini, n. 1 30; Sturlese, n. 1 1 )


Tavola 1: c. D8v1

Prima di affrontare ciò èhe a noi interessa, ossia l'esa­


me iconologico dell' immagine, è opportuno ricordare
che l'asino nell'opera bruniana presenta un insieme arti­
colato di valenze simboliche, che possono guardare non
solo alle celebri metamorfosi del Lucio apuleiano, ma
anche alla Digressio ad encomium asini che conclude la De­
clamatio de incertitudine et vanitate scientiarum atque artium2
di Cornelio Agrippa e al poemetto l'Asino di Machiavelli.
« Non originale, dunque, >> sintetizza Eugenio Garin� (( né
il tema dell'asino, né l'uso di un simbolo in tutta la com­
plessità dei significati teorici che aveva assunto. Originale

l. L'immagine, nell'archetipo, è stampata sul verso dell'ultima


carta.
2. In opera, cit., pp. 241-44. La Declamatio, più volte edita nel
Cinquecento (cfr. Morley, op. cit., vol. II, pp. 1 5 1 sgg.; Thorn­
dike, op. cit., vol. V, pp. 1 28 sgg. ) , venne tradotta in italiano da
Ludovico Domenichi e pubblicata a Venezia nel 1 547.
3. Dalla Prefazione a N. Ordine, La cabala dell 'asino. Asinità e
conoscenza in Giordano Bruno, Napoli, 1 996.
272 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola I

invece, in Giordano Bruno, lo "sfruttamento" a oltranza


del tema dell 'asino, l'insistenza e la centralità del moti­
vo, la ricchezza dei sensi di cui viene caricato, così da
esprimere in qualche momento con straordinaria ef­
ficacia alcuni dei punti centrali della sua riflessione )) .
Ma si deve ai lavori di Michele Ciliberto4 e a Nuccio Or­
dine,5 ai quali rinvio il lettore, l'avere affrontato e ragio­
nato ampiamente su tale tematica; l'esegesi del primo
chiarisce come << al centro della riflessione etico-politi­
ca, religiosa e linguistica di Bruno stanno le categorie di
"pedanteria" e di "asinità")) ; il secondo discute anche
sugli aspetti letterari e allegorici della questione, in rife­
rimento ai numerosi luoghi in cui il Nolano « celebra e

4. La ruota del tempo, cit., pp. 24 sgg., 44 sgg., 113 sgg., 1 22 sgg.
5. Op. cit.
CABALA DEL CAVALLO PEGASEO 273

deride la sapienza e la follia, l'umiltà e l'arroganza del­


l'asinità del "mondo " » .
Tornando alla xilografia, s i nota subito che è apposta,
come un sigillo emblematico, sul verso della carta che
conclude il dialogo dell'Asino cillenico e l'intero libro del­
la Cabala. L'immagine presenta una serie di singolarità
iconiche, che meritano di essere decifrate, se vogliamo
coglierne appieno il significato. Innanzi tutto la cornice
arborea e vegetale che contorna i due asini, poi questi
stessi che, come si può ben vedere, sono affrontati in mo­
do simmetrico e speculare come simbolicamente con­
trapposti: l'uno ha la criniera pettinata e le orecchie drit­
te,6 l'altro al contrario la criniera che scivola disordinata
sul collo e le orecchie abbassate; la zampa anteriore de­
stra dell'uno si alza dinanzi a quella sinistra dell' altro,
l' uno ha la coda tagliata e curata, l'altro lunga e selvatica;
questo ha la bocca aperta e quello chiusa. Ma procedia­
mo con ordine.
L' ambientazione, tenendo presente che stiamo par­
lando dell'asino << cillenico >> , richiama le selve dell'Arca­
dia << herbifera >> 7 e dello stesso Cillene << coperto di cipres­
si >>,8 il monte più importante della regione, sacro per eccel-

6. << L'orecchie lunghe, un udito regale >> si dice nel sonetto A


l'asino cillenico ( Cabala, p. 741 ) . Il verso si presta a un doppio
senso, positivo e negativo: nel primo caso il modello è Apu­
leio, Met. , IX, 1 5 : << perfecit asinum [ . . . ] quod auribus grandis­
simis praeditus cuncta longule etiam dissita facillime sentie­
bam >> , anche in considerazione che, sempre Apuleio (Xl, 23:
<< dicerem, si dicere liceret, cognosceres, si liceret audire >> ) , co­
niuga la capacità di ascoltare alla più alta conoscenza misteri­
ca; nel secondo l' aggettivo << regale >> può rinviare alle orecchie
asinine dello stolto re Mida, cantate da Ovidio (Met. , Xl, 1 74
sgg. ) , e ricordate anche nel De umbris, p. 8; su questo motivo
nel Medioevo, cfr. H. Adolf, The Ass and the Harpe, in « Specu­
lum >> , 25 ( 1 950) , pp. 49-57. Entrambi i casi sono ripresi in Va­
leriano, op. cit. , p. 1 1 6.
7. Plinio il Vecchio, Nat. hist. , XXV, 94.
8. Ovidio, Fast. , V, 87-89: << Haec [Maia] enixa iugo cupressife­
rae Cyllenes, l aetherium volucri qui pede cerpit iter. l Arca-
274 CORPUS ICONOGRAPHICUM

lenza al dio Mercurio che vi nacque generato da Maia:9


non di meno si deve sottolineare che secondo Varrone,
Plinio e Columella,10 la specie di asini più pregiata era
proprio quella degli « asini dell'Arcadia », i << più belli e
più grandi >> . Non escluderei che l 'artista, il quale dise­
gnò e/ o incise i due della xilografia, abbia considerato
tali riferimenti zoologici, vista una certa eleganza forma­
le, 'equina' , che caratterizza soprattutto quello di sinistra
con le orecchie ritte.
La diversità tra i due asini, tanto marcata, si spiega con
quanto scrive Bruno sia nell' Asino cillenico sia, e soprattutto,
nel De imaginum compositione.11 Qui si dichiara che l'asino
<< cillenico >> si chiama tale perché possiede le << qualità ••
dello stesso Mercurio << Cyllenius •• . 1 2 Si tratta di << quali-

des [ . . . ] colun t ••; sui boschi del Cillene e la sua ricca vegeta­
zione, cfr. Pausania, VIII, 17.
9. La fabula già omerica (Hymn. ad Merc., 2 sgg. ) è di ampia tra­
dizione mitografica: si vedano le numerose referenze in M.T.
Cicero, De natura deorum, a cura di A.S. Pease, Cambridge
(Mass. ) , 1 958, vol. Il, p. ll lO.
10. Rispettivamente: R. Rust., Il, l, 1 4; Il, 6, 2; Il, 8, 3; Nat. hist. ,
VIII, 1 67; Rust. , VII, l.
Il. Il, 3, pp. 237-40: « Eius qualitates Mercurii qualitatibus sunt
contrariae, sed quia sine contrariis contraria non subsistunt et
contrariis contraria cognoscuntur [ . ] Adstant ergo Asino
. .

proxime Victoria, Triumphus, Honor, Gloria, Maiestas [ . . . ] ni­


si quia cum suprema maiestate coniuncta est Exinanitio et Hu­
militas et Abiectio [ ] Vilitas triumphatrix et Ignorantia [ . . . ]
. . .

Adsunt ergo illi [ . . ] a Hebetudo, saxea Gravitas, plumbea Ob­


.

tusitas, tenebricosa Obscuritas, caliginosa Deliberatio, umbrosa


Conceptio, piceus Squallor, Getica Frigiditas, Syra Stupiditas,
stolida Segnities, impexa Tarditas, ignava Desidia, iners Torpe­
do, Socordia supina, murcidia Acedia, pigra Remissio [ . . . ] Ad­
est et Germanicus Mercurius [ . . . ] Svevum refert nullo Germa­
norum minus ingeniosum, omnibus vero hinc ex Mercurii sini­
stra magis blateronem, loquacem, garrulum, sophistan. Inde
vero ex dextera vegeta facundia, exculta eloquentia, scitaque
suadela et diserta literatura magis celebrandum » .
1 2 . Epiteto eccellente di Mercurio: cfr. I.B. Carter, Epitheta
deorum (supplemento a W. H. Roscher, Lexicon der Mytholog;ie) ,
CABALA DEL CAVALLO PEGASEO 275

tà >> simboliche tra loro contrapposte, positive (vittoria,


trionfo, onore, gloria, maestà) 13 e negative (umiltà e avvili­
mento, viltà e ignoranza, ottusità, oscurità, squallore, stupi­
dità, pigrizia, torpore, apatia, accidia) , 1 4 perché Mercurio è
più di tutti ciarlone, loquace, garrulo, sofista, e nel contem­
po possiede una energica facondia, una colta eloquenza,
una sapienza suadente. Nell'Asino cillenico 1 5 il dualismo
mercuriale non è da meno: « Ecco, ,, dice l'Asino « in verita­
de il mio Cillenio: il conosco per il caduceo et l'ali - Ben ve­
gna il vago aligero, nuncio di Giove, fido interprete della
voluntà de tutti gli dèi, largo donator de le scienze, addiriz­
zator de l'arti, continuo oracolo de' matematici, computi­
sta mirabile, elegante dicitore [ ] uomo tra gli uomini, tra
. . .

le donne donna, desgraziato tra' desgraziati, tra beati bea­


to, tra' tutti tutto; che godi con chi gode, con chi piange

Lipsiae, 1 902, p . 69; Le Boeuffle, Les noms latins, cit., pp. 258-
59.
13. Sull'asino simbolo di sapienza e di virtù, cfr. Valeriano, op.
cit. , pp. 1 20-2 1 ; ma soprattutto, quale fonte di Bruno, si veda la
menzionata Digressio ad encomium asini di Agrippa, dove si loda
l'animale attraverso esempi e citazioni tratte dai « Dottori
Ebrei », da autorità cristiane e pagane; per una più ampia ras­
segna di fonti: S. Bochart, Hierozoicon, Lipsiae, 1 793-1796, vol.
l, pp. 148 sgg.
14. Sulla negatività dell 'asino, le sue valenze simboliche e la lo­
ro fortuna per immagini, sia nel Medioevo che successivamen­
te (l'asino è la cavalcatura e attributo della follia, della lussu­
ria, della morte, dell'avarizia, della pigrizia, dell'accidia, ecc.) ,
cfr. H.W. Janson, Apes and Ape Lore in the Middle ages and the R.e­
naissance, London, 1952, pp. 202 sgg.; M.W. Bloomfield, The
Seven Deadly Sins, Michigan University Press, 1967, pp. 89, 1 50-
5 1 ; T. Vignau-Wilberg, Christoph Murer und die XL Emblemata
Miscella Nova, Bern, 1 982, pp. 259-64, ili. nn. 25-29, 49-50. Si
veda anche Valeriano, op. cit., pp. 1 1 5-19. Notevole, per effica­
cia iconica, la polivalente 'negatività' dell'asino nelle xilo­
grafie della Stultifera navis (Parigi, 1 498, ff. 23, 47, 64) di Seba­
stiano Brant: figura 3 (lo stolto vuole cavalcare l'asino senza
montare la sella); figura 4 (asinità e follia come personifica­
zioni della caducità del mondo e dei capricci della Fortuna) .
15. Alla p. 750.
276 CORPUS ICONOGRAPHICUM

piangi >> . Tanta proteiforme duplicità mercuriale è il risulta­


to di una contaminatio mito-astrale che trae spunto da Boc­
caccio, il quale nel Genealogie deorum gentilium/6 riprenden­
do Albricus/7 Andalò di Negro 1 8 e Albumasar, 1 9 elabora e
porge un ricco spaccato della ambivalenza del dio.
La studiata contrapposizione formale dei due asini del­
la xilografia sta dunque a significare la dicotomia simbo­
lica dell'animale, per cui potremmo dire che, in fondo, si
tratta della rappresentazione di un solo asino visto però
specularmente nel suo dualismo morale e polemico: da
un lato l'asino taciturno e con le orecchie dritte, savio ed
eloquente, dall'altro quello ottuso e trasandato con le
orecchie basse, metafora di umile sottomissione. L'ico­
nografia, con la sua inquadratura didattico-espressiva, è
di tipo emblematico, come quella della nave nella Cena
( tav. VI ) , e rientra a pieno titolo nella tradizione iniziata
con AlciatF0 (fig. l ) e perpetuata dai numerosi testi di

1 6 . 2, 7 (a cura di V. Zaccaria, Milano, 1 998, vol. I, pp. 204-


206) : •• asserit Mercurium adeo flexibilis esse nature, ut evesti­
gio ad naturam eius cui adheret et ipse suam naturam conver­
tat [ . . ] dicit eumque [Mercurius] concu, claritatem et oracu­
.

la vatum, eloquentiam hystoriarum memoriam, credulitatem,


pulchritudinem, bonitatem discipline et acumen ingenii, pre­
scientiam futurorum, arismetricam et geometriam atque
astrologiam [ . . ] preterea auguria, dulcedinem prolationis, ve­
.

locitatem et principatus desiderius [ . . ] et ob illum laudem at­


.

que famam et insuper come tonsuram, sciptores et libros,


mendaciam et testimonium falsum [ . . . ] paucitatem gaudii et
substantie desolationem, negociationes et emporia, furta, con­
tentiones [ . . . ] cum masculis masculus et cum feminis femi­
neus est >> ; si confronti, tra l'altro, il bruniano « huomo tra gli
huomini, tra le donne donna •> .
1 7. Cfr. Scriptores rerum mythicarum latini tres, a cura di G.H. Bo­
de, Cellis, 1 834, pp. 2 1 3-2 1 .
1 8 . Genovese, maestro di astrologia del Boccaccio, cfr. Tracta­
tus Spherae, in Il trattato della sfera di Andalò di Neg;ro nello Zibal­
done di Boccaccio, a cura di A.M. Cesari, Milano, 1982.
19. Introd. In Astr. , VII, 9.
20. Nella prima edizione del 1 5 3 1 , cit., l ' asino compare in tre
CABALA DEL CAVALLO PEGASEO 277

emblemi ed imprese dei secoli XVI e XVII. Naturalmen­


te la considerevole qualità artistica dell'illustrazione e­
sclude, per i motivi stilistici più volte ricordati, che possa
averla realizzata lo stesso Bruno.

Figura l

vignette xilografiche, alle cc. A8v, B7 r, C6r, dove si allude alla


prodigalità dissipatrice, alla presunzione dell' << asinus portans
mysteria » (fig. l) (in Erasmo, Adagiorum Dpus, Chil. II, Cent.
Il, IV; il motivo è già in Aristofane, R.an. , 1 59; in Esopo, n. 193
Hausrath; in Babrio, n. 1 38 Gitbauer: su questa particolare
figura asinina in Bruno, cfr. Ordine, op. cit. , pp. 85 sgg. ) , all'a­
varizia; cfr. il citato Valeriano, dove ricorrono numerose vi­
gnette, e i vari esempi in Henkel e Schone, op. cit., coli. 509-22.
Nella figura 2 il motto che accompagna la vignetta sentenzia:
« In auribus stulti ne loquaeris >> (D. Lebeus-Batillius, Emblema­
ta, Francofurti, 1 596, n. 62) .
Figura 2

Figura 3
Figura 4
FIGURATIO ARI STOTELICI PHYSICI AUDITUS
Figuratio Aristotelici Physici auditus. Ad eiusdem intelligentiam at­
que retentionem per quindecim imagines explicanda. . . , Parisiis, ex
typographia Petri Cheuillot, s.d. (Salvestrini, n. 1 53; Sturlese,
n. 1 3 )
Tavola 1: c. a6v ; I, 4, p. 1 39

La xilografia, in quanto a esecuzione, è tra le più mal­


destre del corpus iconografico bruniano, e non si può at­
tribuire che al Nolano. La ricostruzione (fig. l ) segue ne­
cessariamente l'originale, ma non escluderei, per ragioni
di simmetria non affatto estranee al pensiero iconico di
Bruno, che le varie figure (triangoli, quadrilateri, linee
rette e curve) dovessero ubbidire ad un comune denomi­
natore geometrico o proporzionale, di cui tuttavia non
trovo puntuale riscontro nell'incisione, benché risalti al­
l'occhio una certa simmetrica distribuzione delle sue
parti rispetto all'insieme.1

l. De umbris, p. 83: « Illud quoque non est praeterundum sub­


iecta proportionaliter ad oculorum intuitum in obtutu cogita­
tionis internae spectanda esse » ( « Non si deve neanche trala­
sciare che i soggetti [sostrati] vanno immaginati con la vista in­
teriore del pensiero in maniera proporzionata allo sguardo de­
gli occhi >> ) ; cfr. Si!fillus, II, 2, p. 215: « Ad omnia nimirum per
similitudinem, proportionem, ordinem, symmetriamque diri­
gimur>>; Articuli adversus math., I, 3, p. 20.
Tavola I

Figura l
FIGURATIO ARISTOTELICI PHYSICI AUDITUS 285

L'immagine esprime una singolare iconografia mne­


monica. Si tratta di un'architettura memorativa che, al­
l'interno della finestra immaginale quadrata, non utilizza
più di dieci loci, 2 nell'incisione didatticamente numerati
da l a 1 0. L'originalità della figura sta nella curiosa sche­
matizzazione geometrica con la quale si costruisce gra­
ficamente un corpo umano3 composto da triangoli, li­
nee, quadrati, ecc.: il numero l qualifica l'intera figura
come unico locus, il 2 ne indica l' habitus ( ossia l' attitudi­
ne, la predisposizione razionale che deve assumere l'im­
magine) / la testa è un triangolo cifrato con il numero 3 ,
le stelle a cinque e sei punte segnate con il 5 e il 6 si­
gnificano la destra e la sinistra del corpo, i due quadrila­
teri centrali siglati con 4 e 75 alludono al « petto >> e al
<< ventre ••, mentre il poligono sottostante con il numero 8
al '' femore >>, le '' ginocchia » vengono espresse dai due
quadrilateri con triangolo inscritto e segnati con 9, ai
piedi spetta il numero l O con il sottostante tondo. Le va­
rie linee o segmenti, che congiungono le diverse figure
geometriche, rappresentano gli arti e concorrono a deli­
neare schematicamente il corpo umano, nonché a ren­
dere unitaria e coesa l'immagine nel suo insieme. Questa
appare così quale un solo ed unico locus (o subiectum) ,

2. Figuratio, l, 4, p. 1 39.
3. lbid. , I, 4, pp. 138-39.
4. De umbris, pp. 40, 65, 156: « Habitus et actus imaginum prae­
dictarum licet per se ad artem memorativam non conferant,
compiere tamen possunt imaginum rationem >> ( « Gli atteggia­
menti e le azioni delle immagini suddette [il riferimento è ai
segni zodiacali] , benché di per sé non riguardino l'arte della
memoria, tuttavia possono completare le ragioni delle immagi­
ni >> ) . In Bruno il significato del lemma habitus è inerente alle
attitudini e potenzialità raziocinanti dell'uomo, legate sia ai
sensi che all 'intelletto: oltre all' incipit del Sigillus, cfr. Lampas,
p. 1240; Sum ma, I, 4, pp. 22, 26, 28 ( « [ . . . ] omnes habitus, qui
sunt secundum sensum et intellectum; item virtutes et vitia et
omnes habitus, qui sunt secundum voluntatem sensitivam, ut
irascibilitas, vel rationalem >> ) , 36, 1 00.
5. Quest' ultimo numero non compare nella xilografia.
286 CORPUS ICONOGRAPHICUM

espresso dal corpo umano, ma composto e articolato se­


condo dieci porzioni o << sottoluoghi '' • rappresentati dal­
le membra. Ciascun luogo può trattenere un' immagine
che rinvia ad un concetto, e le dieci immagini posiziona­
te a ragione concorrono logicamente ad esprimere un
concetto più ampio e generale, secondo la dinamica di­
scorsiva del ragionamento che si vuole memorizzare. Di
fatto siamo di fronte ad un altro marchingegno dell' ars
bruniana, fondato per analogia sul rapporto anatomico
tra il corpo e le sue membra, in cui una certa autonomia
di queste è possibile grazie all'armonica unitarietà in
quello.
La grafica di questa tavola I sottolinea ulteriormente,
per l'elementare antropometria che la caratterizza, l'in­
teresse del Nolano verso una mnemotecnica fondata su
grafemi numerico-geometrici, di cui offrirà non pochi
esempi nelle tavole degli Articuli adversus mathematicos,
dell'Explicatio triginta sigillorum, del De triplici minimo e
non solo, dove circoli, quadrati, triangoli costituiscono il
lessico basilare di immagini complesse e unitarie. Indi­
retta conferma di questa ricerca grafica bruniana è data
dal confronto della stessa con la più nota traditio cinque­
centesca in proposito,6 nella quale il corpo umano, consi­
derato nella sua struttura e composizione anatomica, vie­
ne rappresentato come sistema di loci, ma sempre nel ri­
spetto della sua naturale fisionomia e non attraverso
schematismi antropogeometrici come in questo caso. A
tale riguardo ripropongo, con le figure 2 , 3 , 4, 5, una bre­
ve rassegna iconografica di questa tradizione.

6. Cfr. Yates, L'arte, cit., pp. 108 sgg.; per il rapporto tra anato­
mia umana e luoghi memorabili in Giulio Delminio Camillo, si
veda il saggio di C. Bologna, Esercizi di memoria. Dal " Theatro del­
la sapientia " di Giulio Camillo agli " Esercizi spirituali " di Ignazio
di Loyola, in La cultura della memoria, cit. , pp. 1 7 1 , 1 80 sgg.; U.
Eco, Mnemotecniche come semiotiche, ibid., pp. 35-42; Bolzoni, op.
cit. , pp. 27-57.
Figura 2

Figura 3
Figura 4

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Figura 5
FIGURATIO ARISTOTELICI PHYSICI AUDITUS 28 9

In particolare, è esemplare il confronto, non solo ico­


nico ma anche concettuale, tra l'elaborazione bruniana e
quella data dal domenicano Agostino del Riccio nel suo
Arte della memoria, composto nel 1 595/ dove ad una im­
magine antropomnemonica dello spazio ( fig. 2) accosta
il seguente scritto: « Quinta regola [ ] ho fatto fare un
. . .

huomo dipinto in un cerchio con le braccia larghe, così


con le gambe, et è nominato linea circolare perché si co­
mincia a locare da la pianta del piede deritto, poi il se­
condo luogo si piglia il ginocchio; terzo alla cintura;
quarto sotto il braccio, dove stanno quei peli; quinto alla
mano destra; sesto al mezzo il braccio sopra il cubito; set­
timo su la spalla destra; ottavo sopra il capo; nono su la
spalla sinistra; decimo a mezzo il braccio sinistro sopra il
cubito; undecimo alla mano sinistra; duodecimo sotto il
braccio [ ] tre decimo alla cintura sinistra; quarto deci­
. . .

mo al ginocchio sinistro; quinto decimo al piede sinistro.


Ecco rigirato tutto l'huomo cominciando dal piede man­
cino, che son quindici luoghi, et in questi luoghi voglio
metter le sue figure, cioè i quattro elementi et gli undici
cieli >> .
Una simile processione di quindici luoghi, che nell'a­
nalogo sistema proposto da Gesualdo (fig. 3)8 raggiunge
e individua nel corpo umano ben 42 loci, si differenzia da
quello bruniano per un dato sostanziale e non solo for­
male. Infatti, se la coniugazione tra parti del corpo uma­
no e loci è dettata, nella pratica mnemonica tradizionale
di Agostino del Riccio, di Johannes Romberch (fig. 4) , 9
di Filippo Gesualdo o di Cosma Rosselli ( fig. 5) , 10 dalla
connessione tra la sequenza delle parti anatomiche (sem­
pre rappresentate secondo una fisicità didattica e natura-

7. L'opera è manoscritta e conservata presso la Biblioteca Na­


zionale Centrale di Firenze, segnata Magl. 11.1. 1 3; la figura e il
testo che cito si trovano alle cc. 34r-35r. La trascrizione è con­
servativa. Cfr. Yates, L'arte, cit., pp. 226-27.
8. F. Gesualdo, Plutosofia, Padova, 1592, c. 27r.
9. Op. cit. , c. 2 8 r.
10. Op. cit. , cc. 68r, 1 0 1 r, cfr. anche cc. 99v sgg.
290 CORPUS ICONOGRAPHICUM

listica) e la teoria dei loci, in Bruno invece tale conver­


genza si attua attraverso la sintesi dell'astrazione geome­
trica che accomuna sia quei loci che queste parti anato­
miche. Difatti il filosofo nel momento stesso in cui tra­
sforma il corpo e le sue parti in triangoli, quadrati, ecc.,
crea un' ordinata e simmetrica trama aniconica del tutto
consona a divenire, già di per sé, superficie topico-anato­
mica o perfetto " scheletro » architettonico di loci. Ma
non solo: considerando che Bruno nella sua ars memoriae
utilizza normalmente quadrati, triangoli e così via, come
sistemi di loci, ponendo imagines ai rispettivi angoli o lati,
ecco che risulta evidente che mentre nelle iconografie
tradizionali, per esempio quelle di Gesualdo o del Riccio,
la singola parte del corpo costituisce un locus ed uno so­
lo, nell'invenzione bruniana ogni singola parte, proprio
perché trasmutata nell'ordinata superficie di un poligo­
no regolare, può divenire a sua volta un articolato sotto­
sistema di luoghi, come appunto consentono i lati e gli
angoli di un poligono. In altre parole l'antropomorfismo
geometrico-mnemonico di Bruno fa sì che ciascun mem­
bro del corpo possa contenere più loci (e dunque più
imagines) tra loro correlati. In una simile prospettiva,
benché il testo taccia in proposito, mi pare lecito scorge­
re in questa tavola I ragguardevoli potenzialità combina­
torie. Infatti è sufficiente pensare alla machina della me­
moria che Bruno costruisce nel quadrato della tavola II
del Cantus Circaeus e poi applicarne il meccanismo qui,
nei quadrati che compongono l'uomo " poligonale '' bru­
niano (ma altrettanto si può fare con i triangoli) , 1 1 per
rendersi conto che questo può costruire un ben più po­
deroso gioco combinatorio-mnemonico di quanto si pos­
sa intendere a prima vista.
Da ultimo una breve considerazione sulla curiosa ico­
nografia antropogeometrica elaborata da Bruno. Essa,
da un punto di vista strettamente storico-artistico, riuni­
sce e ripropone in sé due antiche tipologie iconiche. La

1 1 . Si vedano le forme triangolari dei cubili mnemonici nel De


imaginum compositione, Il, 3, pp. 1 64 sgg.
FIGURATIO ARISTOTELICI PHYS ICI AUDITUS 291

prima deriva dall' homo ad quadratum (fig. 6) di Vitruvio, 1 2


ossia dal corpo umano che, misurato all'interno di una
griglia quadrata modulare, diviene, con i rapporti sim­
metrico-proporzionali che si stabiliscono tra le singole
membra e l'intero corpo, il canone naturale a cui devono
corrispondere i rapporti tra le rnernbrature architettoni­
che e l'edificio colto nel suo insieme. Il sistema modula­
re proprio dell'architettura viene così a fondarsi sulla mi­
mesi antropocentrica. Concezione che godette di grande
fortuna dal Quattrocento in poi, 1 3 e che ritroviamo, con
valenze magico-astrali, nel De occulta philosophia (fig. 7) di
Agrippa1 4 e nello schematisrno quinario del corpo urna­
no nel De monade bruniano. 1 5 La seconda tipologia è quel­
la inerente lo studio della figura umana e dei suoi movi­
menti, come della sua stilizzazione geometrica, da parte
di pittori e scultori. A titolo di mero esempio si riporta­
no qui sotto alcune immagini (fig. 8) tratte dal Taccuino
dei disegni di Villard de Honnecourt, 16 della prima metà
del XIII secolo, e degli schizzi e studi del pittore cinque­
centesco Luca Carnbiaso (fig. 9) Y

1 2 . III, l, l. La figura 6 è tratta dal De architectura, tradotto e


commentato da Cesare Cesariano, Como, 1 52 1 , f. 50r; cfr. an­
che f. 49r.
13. Cfr. R. Wittkower, Princìpi architettonici nell'età dell 'Umanesi­
mo, Torino, 1 964, pp. 9 sgg.; per una cospicua documentazione
iconografica del motivo, anche in ambito classico e medioeva­
le, si veda F.P. Fiore, P. Marconi, G. Muratore, E. Valeriani, La
città come forma simbolica, Roma, 1 973.
1 4. Alle pp. 331-32.
15. l, 2, pp. 4 1 6-18.
16. Cfr. Villard de Honnecourt, Disegni, dal ms. conservato alla
Biblioteca Nazionale di Parigi (n. 1 9093) , presentato e com­
mentato da A. Erlande-Brandenburg, R. Pernoud, J. Gimpel,
R. Bechmann, Milano, 1 987, taw. 35-38, 45 .
17. Milano, Biblioteca Ambrosiana, segnato F 233 inf. , n. 537.
(Proprietà della Biblioteca Ambrosiana. Tutti i diritti riservati.
Vietata la riproduzione ) .
Figura 6
Figura 7

Figura 8
Figura 9
DIALOGI DUO
DE FABRICII MORDENTIS SALERNITANI
Dialogi duo de Fabricii Mordentis Salernitani prope divina adinven­
tione ad perfectam cosmimetriae praxim, Parisiis, ex typographia
Petri Cheuillot, 1 586 (Salvestrini, n. 1 55; Sturlese, n. 1 4)
A Parigi, dove era tornato dall'Inghilterra nel novem­
bre 1585, Bruno ebbe modo di in contrare e frequentare
Fabrizio Mordente ( 15 32-1608?) , matemati co salernita­
no che fu al servizio dell'imperatore Rodolfo lP e del du­
ca Alessandro Farnese: a lui si deve l'invenzione di uno
spe ciale compasso di proporzione a otto punte / che lo
rese noto negli ambienti s cientifi ci europei e destò la più
grande ammirazione del Nolano, il quale non esitò a
definire Mordente « dio dei geometri, superiore a tutti
quelli che lo hanno pre ceduto e ai contemporanei >> ,3 an-

l. IlMordente si trovava a Praga, in qualità di astronomo im­


periale, quando Bruno, nel 1 585, si recò alla corte di Rodol­
fo Il, al quale dedicò il suo Articuli adversus mathematicos: cfr.
Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 340-43.
2. Il Compasso del Signor Fabritio Mordente con altri Istromenti
Mathematici ritrovati da Gasparo suo fratello, Anversa, 1 584.
3. Così riporta Guillaume Cotin nel suo diario alla data del 2
febbraio 1 586: «jordanus m'a dit que Fabricius Mordentius
Salernitanus est à Paris, aagé de 60 ans, dieu des géométriens,
et surpassant en cela tous ceux de devant luy et de mainte­
nant » : cfr. Giordano Bruno, Due dialoghi sconosciuti e due dialo­
ghi noti. Idiota triumphans, De somnii interpretatione, Mordentius,
298 CORPUS ICONOGRAPHICUM

che se presto il loro rapporto assumer à ton i d iaspra po­


lemi ca e conflittualit à non solo verbale.4 L'entus iasmo d i
Bruno per questo compasso era sus citato non tanto dal­
l'ingegnosa me ccani ca dello strumento in quanto tale,
bensì dalle valenze spe culative, " cosmometri che » e filo­
sofi che che solo lui, e non l ' " ignorante » e " in consapevo­
le >> Mordente,5 sapeva cogl iervi. Tale compasso, che anti­
cipa l' invenzione galileiana del compasso geometrico e mili­
tare, è uno strumento topografi co e d i cal colo, " munito
di cursor i s correvoli lungo le gambe e d iuna riga con va­
rie s cale proporzionali. Serve a misurare le frazioni del
grado (minuti, se condi, terzi, e cc. ) , a svolgere le opera­
zioni previste dal compasso a quattro punte (quali divi­
dere linee e cir conferenze in parti uguali, disegnare poli­
goni regolar i, riprodurre d isegn i, compiere operaz io ni
geometri che e stereometr iche) , a cal colare le radi ci, a
dupli care il cubo, a quadrare il cer chio, ed effettuare ri­
levamenti topografi ci >> . 6
Bruno 7 vede nel compasso la capa cit à di dimostrare
quelle propr ie convinz ion i monadologi che, r iguardant i
s ia il con cetto di minimum sia la matemati ca atom ista, che
poi enun cer à nel De somnii interpretatione e svilupper à ne­
gli Articuli adversus mathematicos e soprattutto nel De tripli-

De Mordentii circino, a cura di G. Aquilecchia , Roma, 1957, p. x;


analogamente nell' Idiota triumphans, ibid. , p. 1 5 .
4 . Sulla complessa vicenda, sia umana che scientifica, rinvio,
tanto per l 'apparato documentale e bibliografico quanto per
l'analisi storico-critica, alla Nota introduttiva di Aquilecchia,
in Bruno, Due dialoghi sconosciuti, cit., pp. VII-XIII; a G. Aqui­
lecchia, Le opere italiane di Giordano Bruno. Critica testuale e oltre,
Napoli, 199 1 , pp. 45-6 1 ; e soprattutto al recente, ampio lavoro
di F. Camerota, Il compasso di Fabrizio Mordente. Per la storia del
compasso di proporzione, Firenze, 2000, in particolare pp. 48
sgg., 83-105; cfr. anche Yates, Giordano Bruno, cit. , pp. 321-25.
5. Cfr. Camerota, op. cit. , pp. 50 sgg., 90 sgg.
6. Ibid., pp. 6-7.
7. Per quanto si dice qui di seguito, cfr. Dialogi duo, I, 4, pp.
227-46; Tocco, op. cit. , pp. 1 1 9-2 1 ; Camerota, op. cit. , pp. 1 1 , 48-
5 1 , 83-105.
DIALOGI DUO 299

ci minimo:8 in particolare che il minimum è in s é indivisibi­


le, che esso è relativo (per esempio: ci ò che appare mini­
mo nei calcoli astronomici pu ò sembrare massimo in
quelli geodetici) , che la divisione in frazioni di una gran­
dezza data non pu ò procedere all'infinito ma deve termi­
nare con un minimum. In questo modo l'invenzione del
Mordente concorre per il Nolano ad ammettere « il limi­
te fisico e matematico della divisibilità >> ,9 dunque a con­
trobattere la teoria aristotelica 1 0 della divisibilità all'in­
finito. Nell'Idiota triumphans, 11 citando e integrando un
passo tratto dal foglio pubblicato a Parigi nel 1 585 presso
Jean le Clerc, 12 dove viene rappresentato e descritto bre­
vemente il Compasso & figura di Fabritio Mordente di Saler­
no, Bruno dichiara le poche « parole che racchiudono in
s é la divina invenzione » di Mordente, e nelle quali «è
compresa l'intera scienza » . 1 3 Asserisce il filosofo: « Con le
parti della linea AB, si possono vedere tutte le lor parti
che son dentro di qualsivoglia lor dato rotto: ponendo
quello o l'altro con suoi dipendenti sopra la detta linea
tante volte quante sono le sue parti, quante volte sarà bi­
sogno insino che non resti nessun rotto >> . Con ci ò si in­
tenda che con lo strumento di Mordente è possibile, data
una retta AB suddivisa in più parti, rappresentare geo-

8. Cfr. i commenti alle tavole di queste due opere.


9. Olschki, op. cit., p. 8 1 .
10. Phys., VI, 231a sgg. ; 232a-235b; 237a-b; cfr. R. Mondolfo,
L 'infinito nel pensin-o dell'antichità classica, Firenze, 1 967, pp. 1 19
sgg., 225-36, 465 sgg.
1 1 . P. 15.
12. Ibid., citato in nota: « con le parti della linea AB si possono
vedere tutte le lor parti, che son dentro di qua1sivoglia lor da­
to rotto. Il che è impossibile potersi fare per nessuno altro mo­
do che si sia: la qual linea AB si può fare corta, & lunga quan­
to si vuole; & si può dividere in quante parti uguali, o disugua­
li sarà di bisogno » ; cfr. Camerota, op. cit., pp. 46-47, 95.
1 3. Idiota, p. 1 5: « Audi Savoline verba illa divinum adinven­
tum complectentia [ . . ] Haec sunt, haec sunt, (O Savoline)
.

paucula illa verba universam complectentia artem, hic totum


negocium incumbit».
300 CORPUS ICONOGRAPHICUM

metr icamente e misurare il valore di qualsiasi frazione,


fino alla minima, in rapporto con l'intera linea e con le
sue stesse parti, dunque esprimere le correlazioni tra le
parti maggiori e quelle minori e viceversa, 14 ossia indivi­
duare un minimum c he commisuri le diverse distanze, an­
c he lineari e curve come un arco e una corda . 1 5
Il Dialog;i duo è composto da due trattatelli, il Morden­
tius e il De Mordentii circino : il primo contiene una xilo­
grafia ( tav. I) , altrettanto il secondo ( tav. II) . Segue in
fondo al volume un brevissimo scritto , di circa due pagi­
ne, intitolato lnsomnium e corredato da un'altra incisione
( tav. III) .

1 4. « La demonstrazione » si legge nell 'Idiota , p. 1 6 (cfr. Came­


rota, op. cit., p. 95) « pende da questo axioma che, la raggio ne
de doi sani et quella de lor rotti simili è una medesima [ . . . ] Il
resto è chiaro per la seconda et quarta proposizione del quar­
to di Euclide'' (si veda G. Aquilecchia, in Bruno, Due dialoghi
sconosciuti, ci t., nota a p. 1 6: " Cfr. la tavola di F. Mordente inta­
gliata a Venezia, 1 567, righe 31-32: "La dimostrazione di que­
sta operatione, pende tutta da questa comune sentenza, che il
tutto al tutto, stia come la simile parte alla simile parte">> ) . È
nei libri V e VI degli Elementi di Euclide che si dimostra come
il rapporto tra due grandezze è proporzionalmente lo stesso di
quello che intercorre tra due loro parti simili, multiple o sot­
tomultiple che siano.
15. Cfr. Idiota, p. 13; le Sententiae Il, III e XIII del De somnii in­
terpretatione; De minimo, l, 3, pp. 2 1 2-14, 266-67.
DIALOGI DUO. MORDENTIUS 301

Tavola i: c. 1 0r; I, 4, p. 242

Tavola I

La prima xilografia ( tav. I; seconda tiratura tav. I bis) 1 6


del Mordentius riguarda appunto il compasso del Salerni­
tano e la sua applicazione; subito dopo propongo la sua
ricostruzione (fig. l), la quale segue e interpreta il testo, 17
non sempre congruo e chiaro rispetto al disegno. In me­
rito tengo presente anche le indicazioni grafiche sugge ri­
te dal Camerota 8' e dal foglio di Mordente su menziona-

1 6. Sulle varianti che si riscontrano tra le due incisioni, si veda


il commento qui di seguito. Cfr. la tavola XIII del De minimo.
1 7. l, 4, pp. 242-44; cfr. l' edizione di Aquilecchia, cit., pp. 45-
46.
18. Cfr. Camerota, op. cit. , pp. 46-48.
302 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola I bis

to. Infatti l'incisione riprende abbastanza fedelmente la


.fig;ura geometrica visibile nel foglio parigino del 1585, ri­
prodotto più avanti (fig. 2 ) .
Il disegno esprime come, grazie allo speciale compasso
(qui considerato nella sua nuova versione: <�due gambe a
sezione quadrata, munite di punte fisse coassiali e quat­
tro cursori con punte ortogonali. Due punte ortogonali
si trovano anche al centro dello snodo » ) ,19 si possa otte­
nere il valore di una frazione attraverso tre diverse moda­
lità operative, le quali sono rappresentate schematica­
mente nella jìg;ura geometrica che appunto, nel suddetto
foglio, accompagna e sottostà all'immagine dello stesso
compasso. La figura, per la sua triplice capacità dimos tra-

1 9. Ibid., p. 46.
DIALOGI DUO. MORDENTIUS 303

Figura l

tiva, era chiamata « trifigura >>, così come il compasso ve­


niva detto drisesto >>. 20
Problema: data la linea AB trovare il valore della sua
frazione BF.
Primo modo: considerato il quadrante ABC e suddivisa
in dodici parti uguali la linea AB, si prenda sulla retta AC
un segmento DC uguale ad una di queste dodici parti.
Dal punto D si tracci, parallela ad AB, la linea DE, sulla
quale si riporti la frazione DF (uguale alla frazione BF di

20. Ibid. , p. 48.


304 CORPUS ICONOGRAPHICUM
C0111pllfo,&: F1g1112di F.dnitio Mordauc di Salerno: con li q�:ali duoi
lì pol(òao f.arc 'YR gnA DUI'IICIO di minbùi dfmj, al NIEO mcclfari j
, imimricc cldla Narura : vno cklli qu24 � Cbe con le� cicli�
B, 6 poi10no vcb tllttc k 1m pani,c:bc fon dcnrro di qUall'moglia
Rotto. D che � impo.llìbilc potcdi F..rc pa- ndfll.l1o akm mOdo
li lia. la q...I Loa AB fipoò!mcoru, &lunga qu:mrofi vuole;&
li può d&a6dcn: iD IJ.IWICC pani vguali , ò difugu.Ji 1m di bifogoo•

J..,...ò'7'.uitll�o.IIMPI-f'J-iiCJ-,,.F,.,;,J�fEJitil..l•. •JIJ,

Figura 2

AB) , di cui si vuole conoscere il valore. Questo valore vie­


ne indicato sulla linea AB dal segmento AG, che si ottie­
ne prolungando la retta CF fino a secare in G la stessa AB
(si sfruttano qui le proprietà proporzionali dei triangoli
simili utili nei rilevamenti topografici e calcoli astrono­
mici, 2 1 per cui AC : CD [ossia AB : BF] AG : DF) . =

2 1 . Oltre alla citata opera di Camerota, si veda, a cura dello


stesso, Giorgio Vasari il Giovane, Raccolto fatto dal Cav. re Giorgio
Vasari: di varii instrumenti per misurare con la vista, Firenze, 1996,
pp. 34-1 35, in particolare pp. 1 23-24.
DIALOGI DUO. MORDENTIUS 305

Figura 3

Secondo modo: si alzi in B, perpendicolare ad AB, il


segmento BH di misura uguale ad un dodicesimo di AB;
si tracci poi la linea AH e su BH si riporti la frazione in­
cognita Hl uguale a BF: da I si tracci IG parallela ad AH
ed il valore della frazione BF = Hl sarà dato dal segmento
AG (lo stesso secondo la proporzione AB : AG = BH :
Hl) .
Terzo modo: in questo caso il confronto tra il testo del
Nolano, i dati grafico-geometrici della sua xilografia e la
terza dimostrazione proposta dalla fif!:Ura del Mordente
(da cui il modello bruniano comunque dipende) non
concordano. Propongo pertanto due ricostruzioni: la
306 CORPUS ICONOGRAPHICUM

prima cons idera soprattutto la d inam ica log ico- composi­


t iva dell'in cis ione e della citata figura cogliendone le co­
m uni valenze geometr iche; la se conda cer ca di seguire il
più possibile il dettato testuale22 di Bruno. Prima r icostru­
zione (fig. l): cons iderato il p iccolo quadrante AKN i cu i
lati ortogonali o raggi AK e AN sono uguali alla dodi ces i­
ma parte della linea AB, s i tra ccin o le corde parallele KL
e BM; KL è par i alla frazione non nota (ma uguale a BF,
DF e Hl) , mentre BM s iottiene prolungando il segmento
AL fino al punto M sull'ar co BC. Riportando la misura di
BM su AB partendo da A, abbiamo AG, ossia si ind iv idua
il valore di KL (la proporzione è AB : BM AK : KL) . Se­
=

conda r icostruzione (fig. 3 ) : dato il sol ito quadrante ABC


e disegnato come sopra quello pi ccolo AKN , si tra cci la
corda KN, sulla quale s i riport i da K verso N il segmento
KL di cu is i ig nora il valore (uguale a BF, DF e Hl della ri­
costruz io ne pre cedente ) ; prolungando poi il segmento
AL fino a M sull'ar co BC, si ottengono i due triangoli si­
mil iABH 1 e AKL, da cui si trae la seguente proporz io ne:
AB : AK KL: BH 1 , che permette di ri cavare il valore del­
=

la fraz io ne. In questo caso rimane comunque os curo il


rapporto MB e AH (BH 1) d i cu i si fa cenno nel testo, né
si comprende un eventuale nesso con AG (misura che dà
il valore alla frazione negl ialtr i due mod i e che, per la s i­
nerg ia che a ccomuna tutte e tre le modalità, dovrebbe
espr imerlo an che in questo) , che del resto lo s cr itto non
menziona.
Le due versioni ( ta vv. I e I bis) di questa prima xilo­
grafia impongono al cune cons ideraz io n i su Bruno in ci-

22. l, 4, pp. 243-44: « designatur su per puncto A quadrans cir­


cuii, cuius semidiameter si t ad unius partis quantitatem, ducta
linea KN. Secundo ad alterius quadrantis constitutionem su­
per centro A ducas lineam BC. Tertio in linea KN sume par­
tem aequalem fractioni BF, quae est KL. Quarto a puncto A
per punctum L trahatur linea recta usque ad arcum BC, quae
est ALM. Quinto capiatur dimensio lineae MB, et invenietur li­
neae AH aequalis, et per consequens illud demonstrant ulti­
ma, quod per primam atque secundain ostendebatur opera­
tionem ''·
DIALOGI DUO. MORDENTIUS 307

sore e correttore d i se stesso. Innanz i tutto s i deve r il e­


vare che in questo caso l'ese cuz io ne in cis or ia (ma ciò
vale an che per tutte le altre tavole che ornano il Mor­
dentius, il De Mordentii circino e l' Insomnium) è opera d i
una mano in esperta, del tutto s im il e, nell ' in certezza del
tagl io delle l in ee e nelle grossolan ità con cu i sono s col­
p ite le lettere, a quella che real izzò i legn i del De triplici
minimo, che, come sapp ia mo, furono in tagl iat i dal me­
des im o Bruno. S i not i in oltre che certe s ingolar i forme
grafi che delle lettere G e M (nella pr im a il segno della
parte super iore è caratter izzato da una l in ea un po' ag­
gettante, nella se conda le due aste esterne magg io r i
tendono ad apr irs i) s ir itrovano puntual inel tratto d ial­
tre G e M, che r icorrono in al cune xilografie del De tri­
plice minimo (per esemp io nell' Atrium Veneris, nell'A­
trium Apollinis, nel Cingulum telluris, e cc. ) , 23 in altre de­
gl i Articuli adversus mathematicos (s i vedano, tra l'altro,
gl i esemp i nelle tavole VII, VIII, XXII, XXVIII) , come
pure nelle tavole VI e VIII dell'Explicatio triginta sigillo­
rum. Da tal i r is contr i s i può dedurre non solo che le in­
cis io n i contenute ne i Dialogi duo vanno cons iderate co­
me autografe d i Bruno, ma an che che fu lo stesso filo­
sofo a segu irne le fas i d i stampa, come test im on ia no le
correz io n iapportate d irettamente sul legno della tavola
I. Infatt i del volume de iDialogi duo, che cont ie ne questa
figura, s i conos cono solo due esemplar i, conservat i a
Par ig i24 e Tor in o.25 Come ha g ià notato Aqu il e cch ia ,26
l' in cis io ne della cop ia par ig ina ( tav. I b is ) r isulta r ito c­
cata - dunque s i tratta d iuna se conda t iratura - r is petto
a quella tor in ese ( tav. I) : nella par ig in a viene agg iu nta
la lettera C sotto l'orlo xil ografi co infer iore a destra, e s i
s corgono, sull' angolo infer iore s in istro, abrase, ma an­
cora l ievemente legg ib il i, le lettere BIH, che inve ce nel-

23. Nell'edizione originale, si vedano in particolare le incisio­


ni alle pp. 138, 1 43, 1 68, 175, 197, 200, ecc.
24. Bibliothèque Nationale, Rés . p.R.745 ( 1 ) .
25. Biblioteca Nazionale, Ris. 28.8 ( l ) .
26. Le opere italiane, cit., pp. 45-61 , figg. 1 2 e 13.
308 CORPUS ICONOGRAPHICUM

la tor in ese sono ben v is ib il i. Tutto ciò vuo i d ire che Bru­
no, in ciso il legno, s i rese conto delle mende o im pre ci­
s ion i in esso contenute solo dopo che una pr im a t ir atu­
ra gl i aveva palesato su i fogl i gl i error i, e d i conseguen­
za provv ide come poteva: inserì la C all 'esterno del mar­
g in e della stessa in cis io ne e can cellò BIH. La pr im a let­
tera andava agg iu nta per ché ne cessar ia a leggere la l i­
nea CG, fondamentale alla log ica proporz ionale della
tavola in quest io ne, le altre tre lettere, pure ne cessar ie
per in tendere il d is egno , dovevano collo cars i non certo
lì, in basso a s in istra, dove s i trovano nella cop ia par ig i­
na, bensì sull'angolo s in istro in alto come dovuto e co­
me r isulta ch iaro dalla r icostruz io ne (figg. l e 3 ) . Que­
sto caso, se da un lato test im on ia la cura e l ' im pegno d i
Bruno nel segu ire la stampa delle sue opere (mer ito
che gl i verrà r iconos ciuto dal t ip ografo Ioannes We che­
lus, che pubbl icherà il De triplici minimo)/7 dall'altro do­
cumenta ulter io rmente la sua po ca padronanza del me­
st iere d i in cis ore. Prova ne s ia che cert i sbagl i (l' in ser i­
mento man cato della C,28 la collo caz io ne errata delle
lettere BIH) sono sostanz ia lmente conness i ad una er­
rata valutaz io ne degl i spaz i, delle m isure e proporz io n i
della s t•.perfi cie da in cid ere. M i pare, ad esemp io , che
solo l' imper iz ia potesse far sì che lo spaz io dell'angolo
in alto a s in istra della tavola ven is se grafi camente r iem­
p ito dalle var ie l in ee là convergent i ( ta vv. I e I b is ) e
non r im anesse p iù posto per le lettere (BIH) che le
avrebbero dovute cifrare come d i norma. Il r ip iego at­
tuato per l'o ccas io ne, oss ia in cid erle in basso ( tav. l), s i
d im ostrò inut il e fin dalle pr ime stampe, in quanto, po­
ste in quel luogo, rendevano in comprens ib ile la loro
funz io ne: da ciò la su ccess iva can cellatura. Tale consta­
taz io ne d i ord in e prat ico sugger is ce e sp iega sub ito
un'altra quest io ne, ovvero che Bruno, per questa in ci-

27. Cfr. la Nota al Corpus iconog;raphicum.


28. Altrettanto dicasi per la lettera A, inserita sul margine de­
stro della pagina, accanto al margine della settima xilografia
del De somnii interpretatione.
DIALOGI DUO. DE MORDENTII CIRCINO 309

sione, non usò un disegno preparatorio, ma s colpì di­


rettamente sul legno: se ne avesse usato uno e lo avesse
riportato sulla tavola, non sarebbe certo in corso in simi­
li magagne. Le stesse considerazioni grafi co-ese cutive
riguardano le tavole del De somnii interpretatione.

Tavola II: c. 1 4r; l, 4, p. 248

Tavola II

Si tratta di una sinteti ca r affigurazione del compasso


del Mordente, di cui si è detto sopra (si notino nella xilo ­
grafia le gambe a sezione quadrata, i quattro cursori con
le punte ortogonali) , che Bruno trae probabilmente dal
citato foglio parigino del 1585 (si veda sopra la figura l),
an che se certo non gli man cò di conos cere direttamente
310 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 4

lo strumento e di praticarne la meccanica. Accompagno


per un confronto iconografico tre immagini del compas ­
so riprese dal corredo storico-figurativo inserito dal Ca­
merota nel suo volume, a cui comunque rinvio:29 la figura
4 è da F. Mordente, Il compasso (Anversa, 1 584) ; le figure
5 e 6 da Michel Coignet, L 'uso del compasso di Fabritio Mor­
dente ( 1 608) . 30

29. Op. cit. , pp. 47, 1 1 0 sgg. , 1 42 sgg., tavv. III, VII, VIII.
30. Modena, Biblioteca Estense, ms. Gamma U, 1 . 1 8- Campo­
ri 290.
Figura 5
Figura 6
Tavola III: c. 20r; I, 4, p. 257

Tavola III

È qu esta l' immag in e fors e p iù en igmat ica d ell' in t ero


Corpus iconographicum brun iano : il suo pr eciso s ign ifi cato,
conn esso ad un part icolar e uso d el compasso d el Mor­
d ent e, r iman e os curo, in quanto il t esto non offr eal cuna
in d icaz ion e ut il ealla sua compr ens io n e. N ella dopp ia r i­
costruz ion e propongo s ia lo s ch ema o d iagramma bru­
n iano tal e e qual e (fig. 7) s ia un d is egno (fig. 8) ch e n e
r il eva l e sott es e g eom etr ie. Qu est'ult im o, pur condotto
con la prud enza, dovuta alla r elat iva affidab il ità g eom e­
tr ica d ell' es ecuz io n exilografi ca ( il tagl io in cisor io è assa i
grossolano) , s ibasa da un lato sulla m isuraz ion em ill im e­
tr ica d ell'or ig inal e e dall'altro sull'assunz ion e d i al cun i
dat i grafi cam ent e ev id ent i. P er es emp io : f ed h s i trovano
sulla l in ea an ch e cost itu is ce l'alt ezza d el tr iangolo abc e
Figura 7

l
pL---�--�--�--�n��----�--��0

Figura 8
DIALOGI DUO. INSOMNIUM 315

in d ica l a met à del quadrato mopq; il prolungamento del


segmento hg fin is ce in m, per cu i hm è uguale al lato del
tr ia ngolo; il tagl ia a metà l'altezza dello stesso tr ia ngolo;
le l in ee de, ab e hg, come le linee fg, il e be sono paralle ­
le. La figura 8 svela che Bruno ut il izza qu i una gr igl ia
modulare tale da rendere commensurab il i le s in gole
part i s ia tra loro che r ispetto all' in s ie me,31 per esemp io :
ed è% d i ab ed uguale a hg; fg è% d i hc; il è uguale a hc
+ fg, ecc.32

La figura accompagna in append ice al volume il breve


_
compon im ento in t itolato Insomnium. E una spec ie d i re­
soconto d i un sogno o r ivelaz io ne v is io nar ia , scr itto in
una forma d iretta ed espress iva, senza preambol i e pr vi a

3 1 . Tale concezione simmetrica è del tutto coerente alla spe­


culazione bruniana, dove si evidenzia che la coniugazione ar­
monica del tutto con ogni sua parte è fondamento sostanziale
della conoscenza: cfr. Sigillus, II, 2, p. 2 1 6: « Symmetriae tan­
dem conceptione sola quodcumque compositum, complexum,
copulatum, mixtum, unitum, ordinatum cognoscimus. Quan­
tumvis enim partem post partem, membrum post membrum,
speciem post speciem distincte exterius intimiusque contem­
plemur, non tamen nisi harmonica consonanteque collatione
omnium ad omnia » ; Causa, p. 296: " chi non intende uno, non
intende nulla, cossì chi intende veramente uno, intende tutto;
e chi più s'avvicina all'intelligenza dell'uno, s'approssima più
all'apprension di tutto » ; si veda anche De umbris, p. 54 ( Con­
ceptus XV); De minimo, I, 3, p. 275; Spruit, op. cit., pp. 44 sgg.,
1 1 2 sgg. ; Eusterschulte, op. cit. , pp. 1 85 sgg., 279 sgg., 435 sgg.;
A. Calcagno, Giordano Bruno and the Logic of Coincidence. Unity
and Multiplicity in the Philosophical Thought of Giordano Bruno,
New York, 1 998, pp. 95-205. La simmetria bruniana, come
compare dalla ricostruzione grafica, riprende certi schemi
modulari propri dell'architettura umanistica di genesi vitru­
viana, cfr. Colonna, op. cit., vol. Il, pp. 628 sgg.
32. L'unico elemento geometrico dell'originale, la cui misura
non coincide puntualmente con la ricostruzione della figura
B, è il segmento hg, che risulta appena più corto di de; tuttavia,
se afè, come pare, 3/4 di ah, ne consegue che hg misura quan­
to la parallela de.
316 CORPUS ICONOGRAPHICUM

d i quella d is cors iv ità log ica propr ia d i un no rmale co­


strutto in prosa: una tale s cr ittura sembra trad ire l'ans ia
dell ' im med iatezza, test imon iare il genu in o ra cconto d i
un r icordo e della sua e ccez ionale frammentar ietà. Bru ­
no fa in tendere d iavere r icevuto una sorta d ivis ione dal­
le connotaz io n i teofan iche, nella quale, r iprendendo un
topos d i ant ica trad iz io ne sap ie nz ia le,33 ra cconta che gl i
apparve v icin o uno s conos ciuto d i cu i non r icorda p iù né
il volto né l'aspetto. Ha inve ce ben fisse nella memor ia le
sue parole, e isegn ie le l in ee che v ide tra cciate su una ta­
voletta, oss ia il d isegno della xilografia. Lo s conos ciuto
gl isp iega che attorno al sole posto al centro g irano quat­
tro orb ite d i astr i, e che le l in ee tra cciate sulla tavoletta
sono lo strumento o congegno graz ie al quale s i può m i­
surare la profond ità del cosmo, non solo la de cl inaz io ne
e l'or ientamento degl iastr i se condo il mer id iano e l'or iz­
zonte, ma an che le loro d istanze, il loro avvi cinars ie il lo­
ro allontanars i; con un s im il e strumento è poss ib ile de-

33. L'apparizione o rivelazione di un insegnamento in sogno o


in uno stato visionario, dettato da una figura « guida » dai con­
notati sofianici, costituisce un diffuso modello letterario e sim­
bolico che, pur tra diverse sfumature allegoriche e dottrinali,
percorre sia il mondo antico che quello medioevale e rinasci­
mentale, dal sogno premonitore di Socrate ( Crit., 44 a-b) al ce­
lebre Somnium Scipionis, dall 'epifania di Iside nelle Metamorfosi
(Xl, 3-6) di Apuleio al sogno di Monica nelle Confessioni ( III,
1 1 , 19-20) di Agostino, dal Poimandres ermetico al De consolatio­
ne philosophiae di Boezio, dalla Commedia dantesca all Hypnero­
'

tomachia Poliphili di Francesco Colonna: cfr. S. Kruger, Il sogno


nel Medioevo, Milano, 1996, p. 249 sgg. ;J. Amat, Songes et visions.
L 'au-delà dans la littérature latine tardive, Paris, 19 85, pp. 25 sgg.,
5 1 sgg. , 265 sgg.; R. Manselli, Il sogno come premonizione, consiglio
e predizione nella tradizione medievale, in I sogni nel Medioevo, a cu­
ra di T. Gregory, Roma, 1985, pp. 219-44; Colonna, op. cit. , vol.
II, pp. XI sgg., 5 1 7-20, 683-86. Bruno in questa occasione usa
indifferentemente i lemmi insomnium e somnium (De somnii
int., p. 20: << figura per somnium mi hi presentata » ) benché l'o­
nirocritica classica (in particolare la classificazione di Macro­
bio) distingua i due momenti; sulla complessa questione : V.
Giussani, Insomnia. Saggio di critica semantica, Roma, 1955.
DIALOGI DUO. INSOMNIUM 317
te rminare « la legge del moto intorno al centro e quella
del moto dal centro o verso il centro: si tratta della legge
del movimen to stesso, o di qualsiasi altro che ne derivi;
così si può trovare con esattezza la legge della dimensio­
ne attraverso la dimensione, quella del moto dal moto,
quella del peso dal peso, e an che della conseguente
quantità e qualità e di cias cuna cosa che ha conseguito,
nella natura delle cose, una cer ta consistenza per gradi
defin ì ti >> . 34
Non si può es cludere che il diagramma costituis ca per
il Nolano non solo una spe ciale appli cazione del com­
passo di Mordente, ma an che uno s chema, un signum
simboli co cosmografi co dell' ars memoriae bruniana: così
potremmo in tendere l'affermazione, ripetuta nell' Insom­
nium, se condo la quale tale diagramma o « congegno >>,
posto dinanzi agli o cchi del filosofo, deve essere tenuto a

34. In Dialogi duo, I, 4, pp. 256-57: «Aderat nescio quis, cuius


neque vultum neque habitum retineo, eius tamen verba et in
tabella oculis expositae notae linearumque tractus non me
praetereunt. Habes, inquiebat ille, quatuor circa medium so­
lem errantium astrorum circuitus, ubi huiusce divinae mathe­
seos filiae dimidiatam adtentatamque rationem obtinuisti. Ha­
bes eam sensus facultatem, qua veluti per longum atque latum
ad mensuram duarum dumtaxat dimensionum facillimus tibi
pateat accessus, quando iuxta normam cinguli mundani recta
in ortum et occasum, nec non in bune illumque mundi cardi­
nem ad multiplicis meridiani legem atque normam excurrit.
At vero quo pacto cosmimetriae istorum profundi pervius pos­
sit esse attactus, certe ne haberi quidem posse cogitasti. De
caeca etenim profunditatis mensura, qua stellis ad solem at­
que tellurem accedere et ab eisdem recedere contingat [ . . ]
.

Haec est illa machina [ ] In hac enim tibi methodus aperitur,


. . .

in qua legem motus eius, qui circa medium est, lex motus eius­
dem vel cuiuscunque consequitur alterius, quod a medio per­
git vel ad medium; ut inde inferre tibi quam certe exacteque
liceat dimensionis a dimensione, motus a motu, ponderis a
pondere, consequentis quoque quantitatis, qualitatis et cuius­
cunque rei, quae certis definitisque in rerum natura gradibus
consistentiam adepta est•• .
318 CORPUS ICONOGRAPHICUM

mente con grande d il igenza,35 tanto p iù che il <<vedere >>


con gl i o cch i d iBruno va inteso, in part icolare quando s i
tratta d i operare immag inat ivamente con l ' ars, come << vi­
sta me n tale >>. 36

35. Loc. cit. : " eius tamen verba et in tabella oculis expositae no­
tae linearumque tractus non me praetereunt [ . . ] Haec est,
.

haec est illa machina, quam a me oculis expositam ut mente


teneas iniungo. In hac enim tibi methodus aperitur » .
36. Cfr. l'Introduzione e i commenti alle tavole del De umbris,
del Cantus e del De ima[Jinum compositione.
DIALOGI IDIOTA TRIUMPHANS
DE SOMNII INTERPRETATIONE
Dialogi Idiota triumphans, De somnii interpretatione, Mordentius, De
Mordentii circino , imprimé à Paris pour l'auteur, 1586 ( Salve­
. . .

strini, n . 1 55 bis; Sturlese, n . 1 5 )


In questo volume, d i cu i è nota una sola cop ia / sono
r iun ite quattro operette, due delle qual i, il Mordentius e
De Mordentii circino, erano g ià state pubbl ic ate lo stesso
anno ne iDialogi duo, un ite all' Insomnium;2 le due restant i
so no l'Idiota triumphans e il De somnii interpretatione. Que­
st'ult ima cont ie ne 7 xilografie, che vanno attr ibu ite alla
mano d i Bruno per le rag io n i cons iderate a propos ito
della tavola I nel Mordentius g ià esam inata.
Le inc is io n i illustrano 7 delle 18 Sententiae o afor ism i
con cu i Bruno vuole sp ie gare e approfond ire il s ign ifica ­
to dell'Insomnium, d i cu i s i è d iscusso sopra. Ora, con r i­
fless ion istrettamente geometr ic he, ma che hanno valen ­
ze filosofiche e cosmolog ic he, s i ant ic ipa quella specula-

l . Parigi, Bibliothèque Nationale, Rés. p.R. 745 (2); G. Aquilec­


chia ne ha curato l'edizione moderna nel l 957: Bruno, Due dia­
loghi sconosciuti, ci t. ; alle pagine di questa, oltre che a quelle del­
l'originale, rinvio per le citazioni. Lo stesso nel catalogo delle
xilografie.
2. Per le xilografie inerenti queste tre operette, si vedano i Dia­
logi duo.
322 CORPUS ICONOGRAPHICUM

z io ne matemat ico-atom ista che troverà amp io sv iluppo


nel De triplici minimo.

Tavola 1: c. C2r; p. 20

Tavola I

L' il lustraz io ne con cerne la Sententia I : vuole mostrare


{attraverso il d isegno del compasso, l'ar co, la corda e il
segmento che l i d ivide a metà) che la m isura della cir­
conferenza corr isponde al quadruplo del diametro, tema
che con cerne la quadratura del cer ch io . 3

3. Cfr. La Quadratura del Cerchio, la Scienza de' residui, il Compas­


so et Riga di Fabritio, et di Gasparo Mordentefratelli salernitani, An­
versa, 1591; no tevole per l'esempio bruniano è Charles de Bo­
velles, La géométrie practique, Paris, 1566, cc. 37r- 38v.
DIALOGI IDIOTA TRIUMPHANS 323

Figura l

Tavola II: c. C2v; p. 20

Tavola II

L'immagine, che accompagna la Sententia II, anticipa


quello che sar à sviluppato nel De triplici minimo con il
(( Quadrato di Antifonte ••: moltiplicando i lati di un qua-
324 CORPUS ICONOGRAPHICUM

drato regolare ins critto in un cer chio si ar riva ad un pun­


to in cui il minimo ar co coin cide con la minima corda.1

Figura 2

Tavola III: c. C4r; p. 22

Tavola III

4. Cfr. il commento alla tavola V del De minimo.


DIALOGI IDIOTA TRIUMPHANS 325
Per il senso d iquesta im mag in e, abb inata alla Sententia
VII , e per la sua r icostruz io ne, r imando alle tavole N e X
del De minimo e alla tavola II dell ' Infinito.

Tavola N: c. D2v; pp. 25-26

Tavola IV

Figura 3
326 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L'in cisione, riferita alla Sententia XIII, mostra due di­


versi modi di misurare il rapporto tra le frazioni dell'ar co
e quelle della corda ad esso sottesa: nel semi cer chio su­
periore abbiamo l'ar co e la corda AB frazionati da linee
parallele e ortogonali alla stessa corda, nell'inferiore l'ar­
co e la corda DE suddivisi analogamente attraverso linee
cur ve tra cciate con il compasso. Il tema sostanziale af­
frontato da Bruno nelle Sententiae XIII-XVII riguarda il
modo di dividere in parti uguali o frazionare una misura
sì da individuarne la più pi ccola parte sensibile, opera ­
zione che geometri camente non è attuabile dividendo in
modo obliquo, per ché l'intersezione (per esempio di
una retta che taglia obliquamente e divide un'altra) non
può avvenire in un « punto ••, che è indivisibile, bensì nel­
la « lunghezza ••. 5

5. Cfr. il commento alla tavola VII del De minimo.


Tavola V: c. D3r; p. 26

Tavola V

Figura 4
328 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L' iconografia, che a ccompagna la Sententia XV, con i


tre cer ch i ( che nel testo, ma non nell' in cis ione, sono ci­
frat i con le lettere A, B e C) vuole rappresentare come
una curva ne in terse ca un'altra in modo obl iquo.

Tavola VI: c.D3v; p. 26

Tavola VI
- . .. - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - . - - - - - - - - - - -

Figura 5
DIALOGI IDIOTA TRIUMPHANS 329
L'immagine, inerente la Sententia XVI , raffigura, dal­
l'alto in basso, l'intersezione di due linee, prima paralle­
le poi incidenti secondo una angolazione sempre mag­
giOre.

Tavola VII: c. D4r; pp. 26-27

Tavola VII
� ------ ---------- -- - - -------------

'

, A
'

'

'

'

'

'
L ------------------- ---------------
:

Figura 6
330 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La qualit à della xilogra fia è talme nte scade nte da com­


prometterne la lettura. Il testo, che riguarda la Sententia
XVII, argome nta circa la possibilit à di i ndividuare i nmo­
do geometrico, attraverso la divisio ne i n par ti uguali di
u na li nea, i minima sensibilia, le più piccole parti se nsibili.
Ve ngo no date a nche alcu ne i ndicazio ni di lettere che poi
no n compaio no nella xilografia: dal pu nto A si tracci no
delle li nee oblique che divida no la li nea (?) nei pu nti B,
C, D, E, ecc . ,6 ma la discrasia fra testo e immagi ne re nde
ardua l'i nterpre tazio ne. Propo ngo co n cautela u na rico­
struzio ne che segue il buo n se nso geometrico, a nche se,
ad u n atte nto esame dell'origi nale, no n so no riuscito a
compre ndere la ragio ne grafica dell'estrema vici na nza di
certe li nee oblique (quelle i n basso a destra nella xilo­
grafia) , dato che o si co nnette a motivi compositivi che
mi sfuggo no, oppure è frutto di u n maldestro operare
dell'i ncisore, ovvero di Bru no . '
I nfi ne u na breve ri flessio ne su come queste 7 xilo­
grafie costituisca no u n'ulteriore e si ngolare testimo nia n­
za della diatriba tra Bru no e il Morde nte, di cui si è detto
comme nta ndo i Dialogi duo. La vice nda i nsi ntesi va divisa
i nu n primo mome nto (co ncretato nelle pagi ne del Mor­
dentius e del De Mordentii circino) i n cui Bru no tesse lodi
e ntusiastiche al Morde nte e al suo compasso, ed i nu nse­
co ndo mome nto i n cui al co ntrario ridicolizza l'i ngeg no
del Saler nita no co n la feroce iro nia dell'Idiota trium­
phans. Il Nola no rive ndica, i nultima ista nza, il primato e
la priorit à delle proprie i ntuizio ni speculative sull'arido
empirismo mecca nico del Morde nte : lo stesso « mirabi­
le » compasso, nelle ma ni dell'autore, è solta nto u no
strume nto geometrico qua ntitativo e no n filosofico e co-

6. Edizione Aquilecchia, p. 27 (n eli' originale alla c. C4r) : « si a


puncto A oblique scindat linearn B C D E: atque si a punctis B
C D E et alijs terminis circa dieta puncta per rectum scindat li­
neam F G H I illi coequalem? ».
7. Cfr. sopra il commento al Mordentius.
DIALOGI IDIOTA TRIUMPHANS 331
smologi co, come inve ce lo in te nde Bruno. Con le 7 xilo ­
grafie in ques tio ne il Nolano sembra andare an cora più a
fondo nella polemi ca, palesando addiri ttura una « egua ­
glianza » tra il celebre compasso e quello comune con
due sempli ci as te . Infa tti , se le tre illus trazioni del Mor­
dentius, del De Mordentii circino e dell' Insomnium devono
per cer to la loro genesi grafi ca all'uso de l compasso di
proporzione, quelle su ccessive del De somnii interpretatione
furono inve ce realizza te a pres cindere dall'invenzione
del Morden te , e con l'aiu to di un no rmalissimo compas ­
so. Ciò si dedu ce sia dalle ri cos truzioni (fedeli al de tta to
grafi co originale e ai suggerimen ti tes tuali) , per le quali
è s ta to su fficien te servirsi, appun to , di un compasso ordi ­
nario, sia e sopra ttu tto da quan to afferma lo s tesso Bruno
all'inizio del De somnii interpretatione: « tu ttavia ci è chiaro
che tu tte ques te cose [i mirabili effe tti del compasso di
Morden te ] possono essere dimos tra te , non meno fa cil ­
men te e più ingegnosamen te, con un comune compas ­
so >> .8 Tu tto ciò, nella con cezione bruniana, mi pare riba ­
dis ca la rela tivi tà di fondo dello s trumen to me ccani co,
per ché è il suo servizio, la sua so ttomissione alle fa col tà
in telle ttuali che ne garan tis ce la digni tà e san cis ce la veri ­
di ci tà dei risul ta ti o ttenu ti , geome tri ci, as tronomi ci o
geode ti ci che siano. Dunque un sempli ce compasso o
quello di proporzione si « equivalgono » , la differenza s ta
nell'in telligenza di chi li guida.

8. Edizione Aquilecchia, p. 20: " nos tamen non late t haec om­
nia non minus facile et magis arùficiose per circinum commu­
nem praestari posset » .
DE LAMPADE COMBINATORIA LULLIANA
De lampade combinatoria Lulliana. Ad in.ftnitas propositiones et me­
dia invenienda ... , Witerbergae, s.e., 15 87 (Salvestrini, n. 15 9;
Sturlese, n . 17)
L'opera è un commento al i ' Ars magna lu l iana che , co ­
me puntual izzò il Tocco, 1 << offre ben poco d i nuovo » r i­
spetto al De compendiosa architectura. Lo stesso d icas i per
l'apparato iconografico che illustra il volume . La qual it à
art is t ica delle xilografie denunc ia la mano inesperta d i
Bruno, per le rag ion i p iù volte sottol in eate. Eppure in
questo caso l ' imprec is io ne ragg iunta nell'esecuz io ne d i
l in ee e cerch i (bast i guardare le tavole 1-111, VII e VIII) è
tale da ch ieders i in qual i infel ic i cond iz io n i mater ial i o
ps icolog iche s i trovasse il Nolano quando intagl iava que ­
ste tavole. A sugger ire l'es istenza d i tal i d iffic olt à, certo
non megl io prec isab il i, m i pare concorra anche il fatto
che in tutte le inc is io n i (come r isalta in part icolare nelle
tavole I, II e VII) le s ingole lettere come le scr itte sono ot ­
tenute con p io mb i t ipografic i, e non scolp ite come acca ­
de sovente, quas i a sottol ineare l' in d is pon ib il it à manuale
dell'autore a comp iere un s im il e lavoro d iprec is io ne.

l. op. cit., pp. 8-12.


Tavola 1: la xilografia è stampata su un fogl io a sé
posto in fondo al volume: il testo di riferimento
è alle cc. b7r-b8v; II , 2, p. 252

Tavola I

L'immagine, denominata (( Prima figura Lulli A: id est


absolutorum praedicatorum » , ripete, eccetto un partico­
lare, la prima figura di Lullo apparsa nel De compendiosa,
al cui commento rinvio il lettore. La sola diversità è data
dalla disposizione delle 9 lettere (B C D E F G H I K), di­
stribuite sulla corona interna e non su quella esterna, ma
anche questa tipologia combinatoria ricalca quella degli
schemi che accompagnano l i1rs demonstrativa di Lullo,2

2. In Yates, The Art ofRamon Lull, cit. , pp. 1 37-4 1 ; cfr. Lulli Lec­
tura artis, cit. , pp. 345-47.
DE LAMPADE COMBINATORIA LULLIANA 337
ed era già stata riproposta da Agrippa nel suo In artem bre­
vem Raymundi Lullii Commentaria 3 attraverso 5 figure di
cui, come esempio, si riprodu cono le seguenti due:

Figura l

Figura 2

3. Il, pp. 333, 434-36.


338 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La figura l porta sulla corona esterna i 9 subiecta o


grad ini della creazione lull iana, la figura 2 i praedicata ab­
soluta. Su quest i argoment i, s iveda an cora il commento
al De compendiosa architectura.

Tavola Il: c. C2r; II, 2, p. 257

Tavola II

Qu iBruno elabora una var iante r ispetto a Lullo, il qua­


le nelle sue ruote, come sapp ia mo, enumera soltanto 9
v irtù fondamental i (B. Iustitia, C. Prudentia, D. Fortitudo,
E. Temperantia, F. Fides, G. Spes, H . Caritas, I. Patientia, K.
DE LAMPADE COMBINATORIA LULLIANA 339

Figura 3

Pietas) .4 Invece il Nolano, seguendo e interpretando la


dottrina aristotelica secondo cui la virtù etica è il « giusto
mezzo >> fra gli estremi (ad esempio, la liberalità è il « giu­
sto mezzo •• fra l'avarizia e la prodigalità) ,5 pone ogni sin­
gola virtù de l e 9 lulliane << nel mezzo •• tra i suoi due
estremi viziosi (per esempio la patientia fra l' insensibilitas
e l' impatientia, oppure la fortitudo tra l' imbecillitas e la fu­
riositas) , generando così una sequela di 9 teme di virtù/
vizi. Queste trovano la necessaria esemplificazione gra-

4. Cfr. sopra la prima parte del commento al De compendiosa ar­


chitectura. Per la ricostruzione, figura 3, cfr. opera latine con­
scripta, Il, 2, p. 257.
5. Aristotele analizza e illustra la questione soprattutto nei Li­
bri I e II deli' Etica Nicomachea, ma si veda anche il Libro II del­
l' Etica Eudemia, dove il filosofo fornisce un elenco di virtù e vi­
zi. Più in generale cfr. R.Joly, Le thème philosophique des genres de
vie dans l'Antiquité classique, Bruxelles, 1956.
340 CORPUS ICONOGRAPHICUM

fica nelle tre ruote concent riche della xilografia: i 9 set­


tori di quella mediana contengono i nomi delle 9 virtù,
mentre le altre due ruote che la contornano, l'interna e
l'esterna, i rispettivi vizi, incominciando dalla B. Iustitia,
che sta fra la B. Iniustitia e la B. Rigiditas, proseguendo
con la C. Prudentia fra la C. Imprudentia e la C. Versutia, e
così via fino alla K. Pietas fra la K. Idolatria e la K. Athei­
smus. Della lettera W al centro della figura (che dovrebbe
indicare l'immagine nel suo insieme, come accade per
iconografie simili nel De compendiosa architectura) non vi è
menzione nel testo, e risulta puntualmente ripresa dalla
xilografia che illustra un analogo meccanismo combina­
torio (ma inerente soltanto alle 9 virtù e ai 9 vizi di Lullo)
discusso da Agrippa nel suo In artem brevem Raymundi Lul­
lii Commentaria.6 Inserisco tale incisione (fig. 4) per il
confronto iconografico con quella bruniana:7 si notino,
oltre alla W centrale, i 1 8 elementi letterali nella corona
interna8 e i rispettivi virtù/vizi scritti alternativamente
sulla esterna.

6. In Opera, pp. 341 sgg.; la xilografia è a p. 435 .


7. Si confronti anche il testo (Il, 2, pp. 256-58) , dove viene pro­
posto un altro gruppo di 9 teme di virtù/vizi (B. Humiltas, fra
B. Superbia e B. Contemptus sui; C. Castitas fra C. Luxuria e C. Fri­
giditas, ecc.) per evidenziare che questo procedimento mne­
monico-combinatorio può essere applicato indipendentemen­
te dagli elenchi dei soggetti, purché si rispetti la logica terna­
ria della contrapposizione tra un elemento medio e i suoi due
estremi.
8. Cfr. sopra la tavola I; inoltre questa xilografia costituisce il
modello grafico anche per la tavola VII.
Figura 4

Tavole III, IV, V: cc. C8r-D2r- D2v ; Il, 2, pp. 266, 270-71

Tavola III
MtliM.
Tavola IV

lrJJ 'oritM.

Tavola V
DE LAMPADE COMBINATORIA LULLIANA 343
Differenti a

Contrarletas Concordantla
Figura 5

Prlnclplum

Flnls Medlum
Figura 6

Malorltas

Mlnorltas Aequalltas
Figura 7

Questi tre triangoli equilateri si trovano riuniti e so­


vrapposti concentricamente nel mezzo della tavola V del
De compendiosa architectura e della seguente tavola VI.
Tavola VI: c. D3r; II, 2, p. 272

Tavola VI

L'immagine inserisce sulla corona esterna i 9 elementi


letterali, mentre riunisce e sovrappone ordinatamente al
centro i tre triangoli precedenti. L'iconografia ricalca
quella della menzionata tavola V del De compendiosa archi­
tectura, che dipende dalla seconda di Lullo . L'incisione,
comprensibile nelle sue parti, non necessita di ricostru­
zione.
Tavola VII: c. F5r; II , 2, p. 302

Tavola VII

Figura 8
346 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La lettera S al centro dell'immagine, come recita il te­


sto,9 indica il subiectum nella sua unicità concettuale, men­
tre nella corona esterna compaiono le diverse modalità o
« specie '' in cui può essere inteso, 10 secondo una dilatazio­
ne o moltiplicazione lessicale dello stesso che può essere
ridotta o ampliata liberamente dal praticante dell' ars me­
moriae.11 Il modello iconico di riferimento sono ancora le
incisioni di Agri ppa riprodotte sopra: la figura 4 come
grafica d'insieme, la figura l per la lettera S nel mezzo.
La xilografia originale (tav. VII) presenta una distribu­
zione disordinata e mutila dei raggi che dal centro vanno
a toccare la corona con le lettere. L'incongruenza geo­
metrica viene corretta nella ricostruzione (fig. 8): nell'in­
cisione infatti sono tracciati 16 raggi invece dei 17 neces­
sari a delimitare i settori delle altrettante lettere (B, C, D
S) e degli annessi subiecta. Una svista così elementare
. . .

evidenzia ancora una volta che Bruno incideva di getto le


sue figure sul legno, senza un disegno preparatorio, il
quale di solito serve proprio a fornire una matrice grafica
esatta del disegno geometrico che si vuole scolpire. Qui,
mi pare evidente, Bruno ha iniziato a incidere i raggi di­
rettamente sul legno, distanziando ad occhio l'uno dal­
l'altro, con il risultato di produrre dei settori di diverse
ampiezze e tali, nel complesso, da risultare infine 16 in­
vece dei 17 richiesti. Si noti tra l'altro la lettera S al cen­
tro invertita, particolare che denota come il Nolano ab­
bia inciso sulla matrice lignea, sbagliando, la lettera se­
condo il verso della normale scrittura, senza rendersi
conto che per attenerla tale nella stampa (e non inverti­
ta qual è) doveva, com'è ovvio, scolpirla alla rovescia.

9. Il, 2, pp. 299-301.


10 . Nella tavola VII: B. Pars l C. Principium l D. Essentia l E.
Causa l F. Effectus l G. Antecedens l H. Comitans l l. Sequens l
K. Coniugens l L. Forma l M. Diffcrentia l N. Genus l O. Pro­
prium l P. Definitio l Q. Simile l R. Potentia l S. opera.
11. Cfr. il commento al De compendiosa architectura.
Tavola VIII : c . F7v; Il, 2, p. 305

Tavola VIII

Figura 9
348 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L'illustrazione concerne un'altra « moltiplicazione » bru­


niana/2 questa volta di predicati. La formula iconografica è
la stessa della precedente tavola VII. Al centro il simbolo
letterale S (assente nella xilografia ma menzionato nel
testo, e inserito nella ricostruzione della figura 9) è il
<< predicato >> che si vuole considerare e cogliere, come so­
pra, nella sua unità concettuale; sulla corona alla circon­
ferenza, invece dei consueti elementi letterali, corre una
frase13 i cui vocaboli svolgono le stesse funzioni delle let­
tere, ossia ogni parola allude ad una valenza specifica del
« predicato >> e ad esso riconduce mnemonicamente. Qui
la S sta a significare la << Prudenza >> e la frase << Beatus vir
qui non abiit in consilio impiorum >> (corrispondente al­
l'inizio del Primo Libro dei Salmi) vuoi dire che la pru­
denza conserva e conduce l 'uomo maturo ( vir) verso la
beatitudine ( beatus) , mentre gli impedisce, facendolo
procedere rettamente, di finire ( qui non abiit) nelle vie
della perdizione; la prudenza dell'anima trova quiete in
consilio (consiglio, prudenza, riflessione, avvedutezza) ,
che non teme lo strepito e le insidie degli empi ( impio­
rum) . 1 4

1 2 . II, 2, pp. 302-305.


1 3. Sull'uso di frasi compiute o versi poetici con funzione me­
morativa, cfr. il commento alle tavole VI, VII e VIII del De um­
bris.
14. Sull'uso mnemotecnico di frasi o versi estrapolati ad hoc da
opere canoniche come la Bibbia o da celebri autori classici
quali Omero, Ovidio, Virgilio, oppure dalla stessa Commedia
dantesca, cfr. la nota 1 1 1 e la nota 1 1 2 del De umbris.
Tavola IX: c. Gl v; II, 2, p. 309

Tavola IX

L'immagine esprime con le lettere sulla corona le 9


quaestiones lulliane (B. Utrum, C. Quid, D. De quo, E. Qua­
re, ecc. ) , con le corde che si intrecciano ordinatamente
nel centro le loro rispettive correlazioni logico-mnemo­
niche. 1 5

15. In merito cfr. il commento al De compendiosa architectura;


per il confronto iconografico si veda anche la tavola V a p. 436
del citato In artem brevem Raymundi Lullii Commentaria, dove è
raffigurata la ruota delle quaestiones.
Tavola X: c. G5r; II, 2, p. 3 1 6

Tavola X

Nell'originale è raffigurata una sola ruota, mentre - lo


esplicita il testo -16 ve ne dovrebbero essere tre concentri­
che, come si vede nella tavola VIII del De compendiosa ar­
chitectura.

1 6. De lampade, Il, 2, pp. 3 1 6-17.


DE PROGRESSU ET LAMPADE
VENATORIA LOGICORUM
De pro�essu et lampade venatoria logicorum. Ad prompte atque co­
piose de quocumque propositio problemata disputandum, s.I., s.e.,
1587 (Salvestrini, n. 1 67; Sturlese, n. 18)
Tavole l, II, III: cc. A4v- A5r; II, 3, p. 10

B
B C

Tavola I Tavola II

B
Tavola III
354 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Le illustrazioni riguardano schemi logici di matrice


aristotelica, 1 in particolare dei Topica e degli Analytica
priora e Analytica posteriora, connessi alla costruzione di
sillogismi. 2 Infatti nella tavola I si indica con BA la pro­
posizione maggiore, con CB la minore, con CA la con­
clusione diretta, con AC l' indiretta. Nella tavola II la
proposizione maggiore è AB, la minore CB, la conclu­
sione diretta CA, l' indiretta AC. Nella tavola III la mag­
giore BA, la minore BC, la diretta CA, l'indiretta AC.
L'iconografia delle tre tavole, come del resto quella del­
le seguenti, copia fedelmente l'usuale grafica illustrati­
va che correda le citate opere aristoteliche nelle stampe
cinquecentesche: basti confrontare le numerosissime
incisioni di triangoli e mezzelune a tre corni che ricor­
rono, per raffigurare le diverse modalità e soluzioni sil­
logistiche, nel primo volume del Priorum Resolutoriorum
liber primus (secundus) cum Averrois media expositione, stam­
pato a Venezia nel 1 562.�

l. Il filosofo viene più volte menzionato nel testo, cfr. Il, 3, pp.
1 3, 37, 57, 70, 74, 83 e passim. Cfr. Tocco, op. cit. , pp. 1 2-18.
2. Come spiega Aristotele ( Top., l OOa sgg. [cfr. Aristotelis ope­
ra, I, 3, cc. 3r sgg. ] , ma l'argomento è ampiamente esaminato
anche in Anal. pr. e Anal. post.) il sillogismo è, nella logica,
quel tipo di ragionamento deduttivo perfetto, in base al quale,
posti alcuni elementi, altri ne conseguono per necessità. L'ar­
gomentazione è costituita da tre proposizioni: dalle prime
due, dette l'una « maggiore », l'altra « minore » , grazie ad un
comune ,, termine medio », si deduce necessariamente la ter­
za.
3. In Aristotelis opera, I, l , cc. 6r sgg., 25r sgg., 80r sgg., l l l r
sgg. e passim.
Tavola IV: c. A6v; II, 3, p. 1 2

Tavola IV

L'immagine coordina e riunisce in sé le tre precedenti,


con B che rappresenta il medium comune.4 La stessa ico­
nografia ricomparirà, ma con valenze cosmologiche e
filosofiche, nel De monade.5 In questo caso la fonte figura-

4. Cfr., anche per l 'articolata dialettica argomentativa, Il, 3,


pp. 10-12.
5 . l, 2, p. 373.
356 CORPUS ICONOGRAPHICUM

tiva è la seguente incisione (fig. l ) che illustra il capitolo


23 del Libro I degli Analytica priora:6

Figura l

Tavola V: c. A7r; Il, 3, p. 1 3

Tavola V

6. Alla c. 68r della citata edizione del Priorum Resolutoriorum li­


ber.
DE PROGRESSU ET LAMPADE VENATORIA 357

L'incisione esprime, attraverso la dialettica del sillogi­


smo, come risolvere le questioni " se ogni piacere (sog­
getto) sia bene (predicato) >> , 7 " se nessun piacere sia be­
ne >>, « se qualche piacere sia bene >> , " se qualche piacere
non sia bene >> ,8 in questo senso già poste da Aristotele.9
Lo schema grafico ricalca quello che esemplifica in mo­
do sinottico (fig. 2) il capitolo 28 del Libro I degli Analy­
tica priora, inerente la costruzione dei sillogismi estensivi.
Questa figura 2, che traggo dalla menzionata edizione
del Priorum Resolutoriorum liber, 1 0 si trova per la prima vol­
ta nel neoplatonico e cristiano Giovanni Filopono, 1 1 e co­
nosce notevole fortuna presso i commentatori medioeva­
li di Aristotele, 12 prendendo il nome di " pons asinorum >> .
La xilografia e l'annesso testo di Bruno, che spiegano sia
figurativamente sia logicamente la questione suddetta tra
voluptas e bonum, dipendono direttamente da tale imma­
gine. 1 3

7. « Bonum est praedicatum problematis, voluptas est subiec­


tum » (11 , 3, p. 14) .
8. Il, 3, pp. 1 3-14: « lbi ad definiendum an omnis voluptas sit
bonum, an nulla voluptas sit bonum, an aliqua voluptas sit bo­
num, an aliqua voluptas non sit bonum, bonum est praedica­
tum problematis, voluptas est subiectum >> .
9. Top. , 1 08b.
1 0 . Alla c. 78r: « Figura metodi, pro medio in singulis coniuga­
tionibus et utilibus et inutilibus inveniendo, ex Antiquis ex­
cerpta » .
1 1 . In Aristotelis Analytica priora, a cura di M . Wallies, i n Com­
mentana in Aristotelem Graeca, XIII, 2, Berolini, 1905, pp. 274
sgg.
1 2 . Cfr. I.M. Bochenski, Formale Logik, Miinchen-Freiburg,
1962, pp. 1 64-65.
1 3. Cfr. II, 3, pp. 1 2-15 e Aristotelis Priorum Resolutoriorum liber,
cit. , cc. 7 1 v- 8 1 v.
A. Bonur.a
ndicatum.

Plni.affir1.h•J"4 •rerriç li�.&: t 1" pri111ç p c6uerfionl.


G

Figura 2
Tavola VI : c. B5r; II, 3, p. 23

Tavola VI

L'iconografia è composta da un rombo indicante il


Campi typus. 14 Quest'ultimo rappresenta quello spazio im­
maginativo, quel subiectum generale e semplice, dove si
svolgono i processi cognitivi e mnemonici attuati dalle
facoltà intellettualiY Una superficie piana quadrangola-

1 4. Sul lemma campus , cfr. il paragrafo « Matematiche astrazio­


ni •• d eli 'Introduzione.
1 5 . De progressu, Il, 3, p. 19: « Campus est universale spacium,
recessus et atria multa complectens, in quibus venari et inveni­
re tentandum. Huius primae, mediae ultimaque partes ea suis
360 CORPUS ICONOGRAPHICUM

re, come qui il rombo, su cui emergeranno le immagini,


gli elementi o adiecta, ordinatamente collocati dall' << oc­
chio interiore >> , secondo partizioni simmetriche propor­
zionali della superfìcie.16 Il « campo >> viene suddiviso in
maniera didattica secondo cinque losanghe minori: le
quattro (dette agri : nel lessico di Bruno ager è una parte
del campus) poste agli angoli contengono i quattro predi­
cabili di Aristotele:17 << definizione >>, << genere •• , << proprio >>
ed << accidente •• ; al centro, nella losanga più piccola, il
perno logico, da cui dipende la formulazione sillogistica
del discorso secondo gli stessi predicabili, 18 perciò nel
mezzo è posta la scritta species, che allude appunto alle
quattro specie dei predicabili colte nella loro unità con­
cettuale. Se da un punto di vista meramente logico-mne­
monico il testo e l'immagine bruniani non presentano

ordinibus loca referunt, quae ita sunt argumentationum, ut li­


terae scripturae ipsius bases et elementa perhibentur. In hisce
piane inducendarum notificandarumque particularium con­
clusionum sita est potentia. Praeesse quippe praehaberique
debent in anima praeordinatae praemissae quaedam universa­
les, sub quibus uniuscuiusque artis propriae velut in actui pro­
pinqua facultate intelligantur quadam contineri ,, .

1 6. Ars def, p. 86: « campus quadratus facile in 4 partes aequa­


les dividetur quando singulae 4 " .
1 7. Top. , 1 0 1 b-1 02b, 1 05a.
1 8. Il, 3, pp. 21-23: « De turri in campo medio. In Campi me­
dio turris est, ad quam redditus ex omni parte collecti pertine­
re videntur omnes. Ipsa subiectum denotat, circa quod et de
quo omnis est consideratio, et ad cuius formationem spectat
omnis syllogisticus apparatus, qui eo respicit, ut de hoc vel ab
hoc ipso in conclusione aliquid affirmatur et producat vel ne­
gatum [ . . ] Tertio igitur loco enumerata restant, quae fre­
.

quentissime in quaestionem et contemplativam referuntur


speculationem; quocirca quodcunque argumentationis et de­
monstrativae conclusionis scientiaeque subiectum accipitur,
ipsum est species, neque esse potest aliud a specie [ . ] Agri
. .

igitur, qui circa turrim in Campo iacent, quatuor (quotquot es­


se possunt de specie praedicabilia) potissimum designant. Ipsi
sunt ager Accidentis, ager Generis, ager Proprii ager Definitio­
nis •• ; cfr. De minimo, I, 3, p. 1 37.
DE PROGRESSU ET LAMPADE VENATORIA 361

aspetti di originalità, 19 soprattutto riguardo alla ricerca


metodologica di Aristotele sui sillogismi, da un punto di
vista iconologico esprimono invece un singolare uso del­
l'architettura quale metafora dei processi psicologici. In­
fatti, al centro del rombo, ossia del Campi typus, Bruno
colloca una torre, che connota il subiectum logico intorno
al quale prenderà forma il percorso sillogistico, da ciò la
preminenza emblematica della specola che domina e os­
serva il campus in ogni sua parte, tutto intorno a sé, come
la ratio che non deve mai perdere di vista la trama discor­
siva. Tale figurazione deriva dalla diffusa allegoresi me­
dioevale e rinascimentale20 del castello o palazzo inteso
quale corpo umano e vede nell'alta torre la metafora del­
la testa, cioè della sede della ragione che guida il sensibi­
le: il modello risale a Platone,21 che paragona l'acropoli,
la parte più alta della città, la rocca, ali' arx mentis, al verti­
ce noetico dell'uomo. Macrobio,22 ma così il Roman de la
Rose 23 o l' Hypnerotomachia Poliphili, 24 ricorrono, come Bru­
no nel suo particolare exemplum, a questa metafora della
torre o della « specula altissima », che celebra l'altezza
dell'intelligenza sovrana e della sua guida. Nel De immen­
so25 si legge: « la luce dell'intelletto si eleva sulla specola,
affinché la memoria rievochi su tutto l'orizzonte i fatti
trascorsi, mediti i presenti e preveda i futuri '' ·

19. Cfr. Tocco, op. cit. , pp. 1 2 sgg.


20. R. D. Cornelius, The Figurative Cast/e. A Study in the Medieval
Allegory of the Edifice with Special R.eference to R.eligious Writings,
Bryn Mawr, 1 930, pp. 1 4 sgg.; H.R. Patch, The Other World, New
York, 1 980, pp. 1 9 1 sgg., 206 sgg. ; Gallinaro, op. cit. , pp. 109
sgg. , 1 79 sgg.
2 1 . Tim. , 44d, 70a, 90a; R.esp. , 560b.
22. In Somn. Scip., l, 1 1 , I l .
23. Si vedano i vv. 2957 sgg.
24. Cit., vol. I, pp. 1 24 sgg.; vol. Il, pp. 728 sgg.
25. l, l , pp. 205-206: « in speculam lumen intelligentiae tolli­
tur, ut de toto horizonte praeterita, memoria, repetat, prae­
sentia meditetur, et futura praevideat » .
Tavola VII: c. D2v; II, 3, p. 46

ALgtr gmn _......,


l

2.

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l )

A. 4
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Tavola VII

Ager generis
1
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c. ...

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n
...
Cl) c:
Cl CD
<C ::s
-
iii'
A 4
B 3

c 2

Figura 3
DE PROGRESSU ET LAMPADE VENATORIA 363
L'immagine sembra rappresentare un modo pratico,
operativo, per utilizzare mnemonicamente i quattro
predicabili aristotelici della figura precedente, attri­
buendoli graficamente, anziché a quattro losanghe, a
quattro nuovi spazi quadrati, tre dei quali sono siglati
con le lettere A, B, C. Invece del rombo/ campus, suddi­
viso in quattro agri di uguale superficie della tavola VI,
qui abbiamo quattro quadrati l'uno dentro l'altro o so­
vrapposti, di misure proporzionalmente decrescenti. Le
lettere A, B, C si riferiscono rispettivamente ai predi­
cabili « accidente >> , « genere >> e « proprio >> , il quadrato
centrale, più piccolo, dovrebbe pertanto concernere la
<< definizione » . 26 Ogni quadrato, oltre a denotare il sin­
golo predicabile, può simboleggiare con i suoi quattro
lati altre species, poi coniugabili con lo stesso predicabi­
le. Nella xilografia i numeri siglano i lati visibili di cia­
scun quadrato, in base alle loro rispettive sovrapposizio­
ni, per cui del quadrato C, che è quello al di sotto di tut­
ti, si scorgono soltanto i lati l e 2, mentre di quello so­
vrapposto, il B, fanno mostra i lati l , 2 e 3. Ad un refuso
si deve, nel quadrato A, la sostituzione del numero 3
con un punto e virgola tipografico, che reintegro nella
ricostruzione (fig. 3) .
Per quanto concerne l ' aspetto grafico-artistico, si
deve sottolineare che, mentre le xilografie del De lam­
pade combinatoria sopra esaminate erano tutte di cattiva
fattura, alcune di queste (se si eccettua la tavola VII)
sono di pregevole esecuzione e lasciano intendere che
a realizzarle sia stato un incisore di mestiere; in parti­
colare le tavole IV, V e VI, dove le lettere e le scritte,
scolpite con la sgorbia, non manifestano quelle impre­
cisioni tipiche della mano di Bruno. La tavola VI inol­
tre, per la decorazione del bordo e i quattro pennac­
chi fitoformi stilizzati posti agli angoli, si inserisce in
una tradizione iconografica antica e medioevale che in
modo simile decora le cornici a losanga o quadrango-

26. De lampade, II, 3, pp. 46 sgg.


364 CORPUS ICONOGRAPHICUM

lari.27 Si tratta di tipologie espressive certo più note e


vicine ad un artista vero e proprio che all'improvvisa­
zione bruniana.

27. Cfr. J. Baltrusaitis, Réveils et prodiges, Paris, 1 960 ( trad. i t. Ri­


svegli e prodigi, Milano, 1999, pp. 51-53) . Il motivo conobbe am­
pia diffusione nell' illustrazione bizantina: V. Lazarev, Storia del­
la pittura bizantina, trad. it., Torino, 1967, figg. 1 3 1 sgg. , 207
sgg.
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA
Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos
atque philosophos. . , Pragae, ex typographia Georgii Dacziceni,
.

1 588 (Salvestrini, n. 1 90; Sturlese, n. 22)


L'opera contiene 42 xilografie, tra le più ricche del
Corpus iconographicum bruniano, sia per l' elaborazione
geometrica, sia per la decorazione ornamentale che le
caratterizza. La loro qualità grafico-artistica, ad un atten­
to esame degli originali, risulta mediocre. Sia le linee
(ora più sottili ora meno, spesso inesatte nel rigore geo­
metrico o figurativo) , sia le singole lettere ( talvolta in­
comprensibili o incise alla rovescia) evidenziano quei li­
miti artistici che hanno finora connotato le xilografie in­
cise dal Nolano, lo stesso dicasi per l'uso di elementi
puntiformi, singoli o riuniti in piccoli gruppi, oppure
per la particolare forma di certe lettere quali la M e la G,
di cui si è già detto, 1 e che abbiamo incontrato nelle inci­
sioni dell'Explicatio triginta sigillorum e del De minimo.

l . Su Bruno incisore, si veda la Nota al Corpus iconowaphicum.


La Yates, Giordano Bruno, cit., pp. 340-4 1 , 347-48, cogliendo
affinità stilistiche tra le xilografie degli Articuli e quelle del De
minimo, che sappiamo di sicura mano di Bruno, reputa attri­
buibili al Nolano anche le stesse incisioni degli Articuli. Si deve
alla Yates ( Giordano Bruno, cit., p. 348) e ad un'opera più re­
cente ( Giordano Bruno, Il sigillo dei sigilli. I diawammi ermetici,
a cura di U. Nicola, Milano, 1 995, pp. 73-74) la notazione sulla
368 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Il rapporto testo/immagine è qui tra i meno felici del­


la produzione bruniana: infatti gli articuli o praxes, che
compongono lo scritto e costituiscono i teoremi, i pro­
blemi e le dimostrazioni geometrico-matematiche elabo­
rati dall'autore, non risultano metodologicamente mai
completi ed esaustivi (Tocco parla di « metodo aforisti­
co " ) ,2 cosicché è difficoltoso, e sovente impossibile, acco­
starli alle figure che dovrebbero graficamente illustrarli.
L'aspetto più interessante, da un punto di vista iconolo­
gico, è tuttavia un altro. Bruno presenta qui per la prima
volta una tipologia iconografica completamente nuova,
introducendo una messe di signa (fiori, foglie, stelle,
quarti di luna, punti, linee spezzate, sorte di arabeschi,
ecc.) che non solo incorniciano alcune immagini, come
le prime cinque, ma ne permeano altre, come nel caso
delle tavole XXIX, XXX, XXXIII, XXXIX. Gli Articuli
pertanto, per la loro specificità, possono considerarsi un
vero e proprio spartiacque iconico della produzione figu­
rativa di Bruno: ma cosa significano tali signa, che ruolo
svolgono nella connotazione iconologica delle immagi­
ni? La Yates3 congettura, senza addurre alcun elemento,
che esprimano un linguaggio cifrato, magico-simbolico,
ad uso di un' ipotetica setta ermetica fondata da Bruno in
Germania. In realtà, mi pare che la risposta possa essere
più semplice. Passiamo così ad analizzare le illustrazioni:
queste sono distribuite su fogli fuori testo attraverso 8
grandi tavole (delle quali 7 contengono una singola inci­
sione, dalla tavola I alla VII, mentre l'ottava ne riporta
quattro distinte: tavole VIII, IX, X e Xl) e 3 1 piccole (dal­
la tavola XII alla XLII) . Soltanto queste ultime presenta-

parzialità de li 'iconografia che illustra la citata edizione deli' O­


pera latine conscripta, dove le ricostruzioni grafiche delle xilo­
grafie originali - che non vengono riprodotte - raffigurano
soltanto i nudi schemi geometrici, eludendo, e non menzio­
nando in alcun modo, i numerosi particolari decorativi e si­
gnificativi che le improntano.
2. op. cit., p. 1 24.
3. Giordano Bruno, cit. , pp. 350-52.
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 369

no in alto un nome o titolo, di cui non viene data ragio­


ne nel testo.

Tavole I, II, III: I, 3, pp. 78-80

Innanzi tutto una precisazione necessaria: nel volume


degli Articuli i tre fogli fuori testo non numerati, che se­
paratamente contengono queste tre prime tavole, si sus­
seguono in ordine sbagliato per un errore di impagina­
zione, il quale viene ripetuto tale e quale nella citata edi­
zione dell' opera latine conscripta4 di Bruno, e ripreso dalla
Yates,5 che commenta la Fif;Ura Amoris mentre in vero si
tratta della Fif;Ura Intellectus. A stabilire l' esatto ordine
delle fif;Urae I, II e III sono infatti alcune pagine del De mi­
nimo,6 dove le medesime compaiono di nuovo e, a diffe­
renza del testo degli Articuli, muto in proposito, vengono
puntualmente descritte nella loro costruzione geometri­
ca, oltre che connotate concettualmente secondo quanto
già asserito negli stessi Articuli. Tali riscontri obiettivi stabi­
liscono che le tre flf;Urae vanno intese nella sequenza e
correlazione ora indicata. La tavola I, che nel De minimo
( tav. XIX) è denominata Atrium Apollinis, corrisponde al­
la Fif;Ura Mentis degli Articuli; la tavola II, che nel De mini­
mo (tav. XX) è chiamata Atrium Minervae, corrisponde al­
la Figura Intellectus degli Articuli; la tavola III, che nel De
minimo (tav. XXI) viene detta Atrium Vt1neris, corrisponde7
alla Fif;Ura Amoris degli Articuli.

4. l, 3, pp. 78-80.
5. Giordano Bruno, cit., p. 341 .
6 . I, 3 , pp. 274-82; cfr. il commento alle tavole XIX, XX e XXI
del De minimo.
7. Queste due figure sono costruite sulla stessa logica geome­
trica, ossia secondo cerchi concentrici e sviluppo proporziona­
le dei relativi esagoni inscritti, trama da cui scaturiscono i dop­
pi triangoli equilateri contenuti negli stessi esagoni. La diffe-
370 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola I

Le tre figure - come sottolinea Bruno - rivestono gran­


dissima importanza e sono (. fecondissime •• , perché non
solo comprendono lo studio di ogni genere di misura,
ma esprimono, con le loro evidenti configurazioni, l' ar­
chetipo e il sigillo delle cose.8 Esse contengono non solo

renziazione tra le due è solo dovuta ad una diversa manifesta­


zione delle comuni componenti geometriche sottese, esibita
nel dissimile gioco dei contrasti tra le parti bianche e nere del­
le xilografie.
8. De minimo, I, 3, p. 283: (( Credito quapropter foecundas esse
figuras, l quae non tantum omnis generis commenta metriae
l comprendunt, verum archetypos rerum atque sigilla l ex-
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 371

Figura l

i presupposti per apprendere in modo eccellente la geo­


metria, ma anche tutti i modi per conoscere, contempla­
re e operare.9 Ciò è attuabile osservandole e applicando-

pressis referunt formis »; cfr. Articuli, l, 3, p. 1 9: « Figuras ergo


tres omniparens [ . . ] ducturus ante oculos obiicio, ut in ipsis
.

universos artis huiusce terminos aperiam » .


9. Articuli, I, 3, pp. 20-2 1 : « Nomina tribus figuris, pro universa­
li earundem facultate atque usu, non citra rationem destinavi­
mus, ut prima, quae quatuor circulis mutuo se per centra pe­
netrantibus, implicantibus atque coinsitis perficitur, figura
Mentis universa continentis et in unitate quidam implicantis
appelletur. Secunda, constans septem se attingentibus circulis,
37 2 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola II

si attraverso la mathesis o « matematica » , ossia la capacità


del nostro animo di astrarsi dalla materia, dal tempo e

nempte in punctis quo mutuo non penetrent et intersecent,


figura Intellectus omnia distinguentis propriisque rationibus
distribuentis appellatur [ . ] Tertia tandem, quae tum attin­
. .

gentibus tum intersecantibus se circulis explicatur, Amoris


figura nuncupatur, quandoquidem substantia universi tum
contraria est, tum quoque concors, utpote in contrarietate
concordiam et in concordia contrarietatem [ ] in unitate
. . .

multitudinem in multitudinem unitatem perpetuo reservans.


Foecundissimae sunt fìgurae, quae non solum geometriam,
sed et omnem sciendi, contemplandi et operandi rationem
apprime referunt •• .
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 373

Figura 2

dallo spazio, fino al punto di intendere l'intelligibile nel­


le sue forme più semplici: processo psicologico 1 0 che per­
segue, nell'intendimento immaginale e contemplativo,
la forza aniconica del numero e della geometria noetica,
di matrice pitagorica e platonica. 1 1

1 0. I n questo senso la mathesis, insieme all'amore, all'arte e al­


la magia, è uno dei quattro " governatori » o " guide » (Bruno
usa il termine rectores ) interiori dei nostri atti, attraverso i qua­
li è possibile conoscere oltre l'apparenza del mondo sensibile:
cfr. Sig;illus, Il, 2, pp. 1 94-99.
1 1 . Cfr. il paragrafo « Matematiche astrazioni » dell' Introduzio­
ne .
374 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Tavola III

Dal punto di vista grafico-compositivo, la geometria


dei disegni degli Articuli dipende in parte dalle costru­
zioni geometriche del Libellus de Mathematicis rosis 1 2 del
Bovillus, autore stimatissimo da Bruno. 1 � In particolare, si
confrontino: le tavole I e II con quella della Tetragona ro­
sa14 (fig. 4 ) , la tavola III con la Geometrica rosa15 (fig. 5) .
Tali rosae matematiche altro non sono che una specula­
zione mistico-geometrica sugli « arcani » e (( misteri )) dei

12. In Que in hoc volumine continentur, cit. , cc. 1 80v-1 86v.


1 3. Cfr. il commento alla tavola II dell'Infinito.
14. In Que in hoc volumine continentur, cit. , c. 183v.
15. lbid. , cc. lBOv-1 81 r, 182v, 183r.
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 375

Figura 3

sette giorni della creazione mosaica, rappresentati dai


cerchi e dalle loro armoniose intersezioni.16 Non molto
diversamente il Notano qualifica e nobilita le sue prime
tre figure (che rappresentano Mens, Intellectus e Amor) a
raffigurazioni con valenze cosmologiche e divine, adatte
ad elevare l'uomo verso ogni conoscenza. 17
La tavola I è Figura Mentis, ovvero rappresenta la mens
universale, la tavola II costituisce la Figura Intellectus, la ta­
vola III è Figura Amoris, rispettivamente e non a caso deno-

1 6. Ibid., c. 1 80v; il brano è riportato in nota al commento del­


la tavola II dell ' Infinito.
17. Articuli, l, 3, pp. 20-2 1 ; De minimo, l, 3, pp. 274-76.
Figura 4

([Sit cuculus :1.1 cuius oentrum a.Eius cfrcunferenuam partior


In li:x parte• equ:ll�s:dudis CICC3 eudem1 eadem fomudyametro
le:r mculis. b.c.d.e.f. g.quorum ommum cenrraterunrrn circun
ferenr1a mcu!J priiTll a.erit<J iprtmisfeptenthuJu!inodi equali•
um circulorum, regularls lèdJo.Sed <t crit fcébo itcgra: :u.,ab
lolur:. .Nam a pundo b ceptalad ldem punétum red�r.�exeni
exrreml arcul11 uuerrorcm arculum a drcunuall:intl drcunfcpi'
unrq� rorum.
C[Propolitiones
([Gernetricarofa:etdem medie circtlloipluru alios
fecames circunfcri blt
([yr m fuper�oreruf:�� fe:r circuii b, c.d. e. f.gr Interiori drcuto a clrrunrcriotl!funt eande m
e�:l�Jnwcem fecante s.
C[ Om n1s circulus:fex Cibi �ualibus circulis /circunfo;rib i pot�fi
([C:I:Irius tnruebcrislquopado queant etdem drculo di'i -
t'o1xac fex arcui� eidem equale• arcunlcribl:fi exteriore• d.
cucu!J fine ledione 1 arca ruedrum mculum fu eri ne di<
fpotìci:etlèmuicem et med1um circulum contingente!.
\cSit entmwoulus :�� cu ius cirounkrcnnam fem•dya'
rnetrlrj>3CIC:dJuido In lexatCUS equa[eSipundis b.c.d.e,
f. g. Et a cenere at duco per eadem punlhltè:><teétas
lweas:equalcs rouus ciccuh dyamcuo. Deidelùper ha
(Um reda[u.m exrrema:duco ln: circu1os/ ctrculo medio
(
.
a. equales.Ciarum ellquonoam hi ciccult1 nullafefediéc
paruemur.fcd erunt et med1um cnculil ct fefc connngi• \ $>
re s. rotumq� fpac<um quod circunllar a circulum am b1bii t
Bunrq� hl feptt circulJ:V[ �eomecrtca rora.Jnreretl eni
g>m.rofa: acrcmJ cuculi erld'emurao er crculum nud1ii
premenres condiUJdum: f atqJ tnterfecant.Hic aurem1n• .. .
commiCantcsrunr re<}l conrmgentos.(l:Erhuiu• propo.litfm•
archanadoéhinatac cleuauo mmns:myfh:rtum prontat crea
/
no m• rruucrforum.qucreprcm dtebus perftàa fu,,, atq� abfo
iu Cl. • Caufam fìmul cxpnmir:curlèptima diCi/ rc-tuier.ton l! (
<humedtesel l:qua fattu eil a deontc!Jli: Scx vero punud1cs Qua e , ntorre.:tl
Un t d1u1m roous operistempui ac menlura. _...,t - -

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Figura 5
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 377

minate nel De minimo come Atrium Apollinis, Atrium Miner­


vae e Atrium Veneris.16 Mente, Intelletto e Amore compon­
gono la triade bruniana di derivazione neoplatonica: al
vertice la Mens o verità, principio unico e assoluto, in se­
condo grado le cause efficienti delle cose, cioè l' Intellectus
che concerne gli intelligibili, e l'Amor quale anima mundi
che permea il mondo vivente. 1 9 Le tre figure vengono rap­
presentate nel testo20 con i seguenti simboli (fig. 6) :

Eit•r• MIJJtil ••t• 0


Eig•r• ,.,,,,a. )
Fit•r• Allt oris fc
Figura 6

Sono caratteri astrali comuni e molto probabilmente


tratti da Agrippa:21 il cerchietto con il punto al centro in­
dica il Sole (Mens) , il quarto lunare la Luna (lntellectus) ,

1 8. Le analogie si basano su topoi mito-letterari, di genesi clas­


sica, tra i più noti in ambito rinascimentale neoplatonico: sul­
l 'accostamento « Apollo/Sole/ Mens universale », cfr. il com­
mento alla tavola III del De umbris; su •• Minerva/ Intellectus >>,
cfr. Colonna, op. cit. , vol. II, p. 683, nota 6; su « Venerei Amor >>
quale vis che unisce i contrari, concordia discors, cfr. E. Wind,
Misteri pagani nel Rinascimento, cit., pp. 59 sgg . , 131 sgg., 1 62
sgg., 236 sgg.; si veda De vinculis, pp. 492 sgg.
19. Sulla trinità bruniana, oltre al paragrafo << Ombre >> dell' In­
troduzione, si veda De principiis, pp. 586 sgg.; Summa, l, 4, pp.
73 sgg. ( << Formabilia su n t Deus seu mens, intellectus seu idea,
amor seu anima m undi >> ) ; De immenso, l, 2, p. 1 1 6; De monade, l,
2, pp. 358 sgg., 370 sgg. ; cfr. Yates, Giordano Bruno, cit. , pp. 341-
50; Spruit, op. cit., pp. 99 sgg., 300 sgg.; Wind, op. cit. , pp. 297
sgg.
20. I, 2, p. 21 (nell' edizione originale alla c. A4v) .
2 1 . De occulta philosophia, pp. 331 sgg., 374 sgg.
378 CORPUS ICONOGRAPHICUM

la stella a cinque punte è Figura Amoris.22 I tre simboli si ri­


trovano di continuo e discorsivamente nelle pagine del
testo, svolgendo la funzione propria delle abbreviature o
sigle convenzionali, pur all'interno dei diversi teoremi e
dimostrazioni geometriche non sempre comprensibili. Il
loro significato pare quello di invitare chi si impegna nel­
la composizione mentale di tali teoremi a non perdere
mai di vista le cifre simboliche ed eccellenti della Mens,
dell'Intellectus e dell'Amor, che informano l'universo e ne
tramano i legami. I tre simboli sembrano così esercitare,
con la loro presenza nei discorsi, una sorta di interazione
magica e armonica con questo o quel teorema che si sta
dimostrando. D' altra parte, giova ribadirlo, le tre piccole
cifre (il cerchietto solare, la luna falcata e la stella) allu­
dono, secondo la sintesi propria del simbolo, ai contenu­
ti delle tre grandi xilografie o composizioni geometriche
che raffigurano appunto la Mens, l' /ntellectus e l'Amor.
Queste tavole I, II e III, sole tra tutte quelle degli Articuli,
racchiudono, nelle loro superfici disegnate, i paradigmi
di ogni misura e forma, la regola di ogni numero: ognu­
no può riconoscere nel « volto misterioso dell'archetipo >>
il « proprio sigillo >> ed i « segreti delle cose >> ; esse servono
ad innalzarsi verso la divina « mente '' • l' •< intelletto >> e
l ' << amore >> .23 Come si costruiscono le tre figure, da un

22. La stella a cinque punte richiama il pentagono che in


Agrippa, De occulta philosophia, pp. 328-3 1 , rappresenta la per­
fetta e armonica simmetria del microcosmo, simbolismo che
rievoca le virtù salvifiche, soteriche del pentalpha pitagorico,
cfr. ancora Agrippa, De occulta philosophia, pp. 495-97; Reuch­
lin, De arte cabalistica, c. 78v; Valeriano, op. cit. , pp. 507-508,
639; CJ. De Vogel, Pythagoras and Early Pythagoreanism, Assen,
1 966, pp. 28-49, 297-305. In Bruno il pentagono assume anche
valenze magiche: cfr. nel De monade la tavola IX, detta <<Scudo
dei Maghi >> ( Scutum Magorum) , e negli Articuli la tavola XXIII,
lo <<Specchio dei maghi >> ( Speculum Magorum) , composta da
due figure pentagonali affrontate (si veda comunque il capito­
lo 6 del Libro VI del De monade) .
23. De minimo, l, 3, p. 274: « Sunt tres principio archetypi, quo­
rum in facie omnia l momenti norma est mensuraque atque
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 379

punto di vista mnemonico e immaginativo, il Nolano lo


spiegherà nelle corrispettive tavole XIX, XX e XXI del De
minimo, di cui parleremo più avanti. Adesso tuttavia ci
preme cogliere il significato di tutti quei signa che ritro­
viamo nelle xilografie degli Articuli e a cui si è accennato
sopra, perché essi formano una singolare trama che per­
corre gran parte dell'iconografia dell'opera. Innanzi tut­
to distinguiamo i signa secondo le quattro tipologie
grafiche che li denotano e che nelle incisioni risultano
sovente interconnesse:24
l ) punti o elementi puntiformi (per esempio ai margi­
ni o sui bordi delle tavole XIII, XIX, XX, XXIV, XXVII,
XXIX, XXXI, ecc. ) : questa decorazione è tecnicamente
ottenuta con un leggero, sfuggente colpo di sgorbia sul
legno, una sorta di picchiettatura estemporanea, che
non segue uno schema prefissato;
2) stelle cruciformi o a più raggi (tavole XXIII, XXIX,
XXXIII, XXXVI, ecc. ) ;
3) quarti di Luna (tavole II, VI, VII, XVI, XXXV, ecc. ) ;
4 ) foglie, fiori, racemi stilizzati di diverse forme (in
quasi tutte le tavole ) .
Le prime tre di queste tipologie esprimono sicure va­
lenze magiche, riconducibili, per la loro identità formale
con quelle deli' Explicatio, ali 'incidenza ortogonale dei
raggi astrali, alla potenza della << croce >> e degli influssi ce­
lesti. Significativi nelle tavole XXXV e XXXVI i grafemi
dei signacula o characteres planetari, che trovano le loro

figurae. l Do primam Phoebo, quadratque seconda Minervae,


l Tertiaque est Veneris, siquidem propriumque sigillum l agno­
scun t harum in vultu et secreta profundo » ; p. 277: « En velut in
sacrae speciem te extollere mentis l possis, qua videas quibus
atria Apollinis apte l ordinibus constent » ; cfr. pp. 27483.
24. La varietà dei signa o delle composizioni che nascono dal
loro incontrarsi è del tutto consona alla pratica magica de­
scritta da Agrippa, secondo cui le diverse posizioni e modalità
d'incontro tra i raggi astrali produce differenti influssi, che
vengono raffigurati secondo diversi caratteri e segni (De occul­
ta philosophia, p. 374) .
380 CORPUS ICONOGRAPHICUM

composizioni omologhe in Agrippa. Frequente la positu­


ra dei signa agli angoli retti dei quadrati figurativi, collo­
cazione che, come insegnano le tavole dell'Explicatio, ga­
rantisce una migliore recezione magico-astrale dell'im­
magine. Altrettanto dicasi per il simbolo della Luna, os­
sia un quarto di Luna, comunissimo alla tradizione astro­
logica pagana e cristiana fin dall'antichità, ma anche spe­
cifico simbolo magico del potente influsso dell'astro, ele­
mento che può giustificare il ripetuto uso che ne fa Bru­
no nei suoi diagrammi (si vedano le tavole II, III, V, VI,
VII, XVI, XXI, XXIX, XXXV) . Difatti la Luna, come spie­
ga Agrippa,25 essendo l'astro più prossimo alla Terra e
per la velocità del suo moto, si unisce mensilmente con il
Sole, gli altri pianeti e le stelle, ricevendone, come fecon­
data, tutti i molteplici influssi che poi riversa sulla vicina
Terra. Pertanto la Luna costituisce una sorta di ricettaco­
lo di energie cosmiche e nel contempo un emittente che
profonde nel microcosmo tutte le energie dei cieli. Da
ciò il potere del suo simbolo tracciato, scritto o scolpito
sul talismano o sigillo. La componente magica nei dia­
grammi degli Articuli risulta così considerevole. Significa­
tivo il fatto che, se si uniscono consecutivamente ed in
senso orario le 5 lettere che sono incise nella tavola II (Fi­
gura Intellectus) , scaturisce la parola MA GIC: 26 in questo
caso figura geometrica ed evocazione verbale sembrano
convergere in un comune significato, vale a dire in quel-

25. De occulta philosophia, p. 374: « Characteres etiam habent


communitatem suam ex radiis coelestium secundum certum
numerum in se invicem peculiari quadam proprietate coniec­
tis; quae quidem coelestia sicut in diversis radiorum quorum
ictibus inter se aliter atque aliter incidentibus diversas conspi­
rant virtutes, sic etiam characteres iuxta diversos eiusmodi ra­
diorum concursus aliter atque aliter protracti diversas subito
nanciscuntur operationes - saepe etiam multo efficaciores
quam physicalium commixtionum proprietates ». Cfr. l'intero
capitolo 5 1 del Libro II.
26. Nella corrispondente xilografia del De minimo, ossia I'A­
trium Veneris, questa parola non risalta più, perché la figura vie­
ne diversamente cifrata da 2 1 elementi letterali.
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 381

lo di una magia praticata con le potenze intellettuali del­


l'anima, con la sua componente « razionale >> e noetica, di
cui si è parlato nell'Introduzione.
La quarta tipologia è di difficile giustificazione: se ne
possono proporre delle ipotesi interpretative anche se, co­
me vedremo, essa sembra soddisfare esigenze correlate so­
prattutto all' ars memoriae. Questa quarta tipologia è espres­
sa da elementi fitoformi, e da un punto di vista meramen­
te iconografico siamo di fronte ad una vulgata invenzione
figurativa, propria della decorazione gotica e rinascimen­
tale. 27 Bruno inserisce nelle xilografie tale tipologia in pie­
na libertà compositiva e associativa, senza alcuna sistemati­
cità, sì da non rendere credibile l'esistenza di un lessico e
di una grammatica simbolica degli stessi, come vorrebbe la
citata Yates. Basti confrontare le numerose illustrazioni
geometriche degli Articuli con quelle analoghe del De mini­
mo per accorgersi che, restando identico il disegno geome­
trico, la decorazione dei vari signa cambia.28 Questi dun­
que, con la loro impermanenza, non incidono in alcun
modo sui teoremi geometrici dei diagrammi, anche quan­
do sono inseriti nella composizione dello stesso disegno,
come nelle tavole XXXIII e XL. In altre parole gli schemi
geometrici assolvono il loro compito dottrinale indipen­
dentemente dai signa che li accompagnano, pertanto questi
vanno considerati un'aggiunta contingente voluta da Bruno,
dunque non necessaria nella definizione concettuale delle
immagini. 29 Abbiamo così una composizione geometrico­
matematica che funge da fulcro, da perno dell'immagine,
mentre intorno ad essa, di solito incorniciandola, sono po­
sizionati senza schemi prestabiliti i suddetti segni, secondo
diverse aggregazioni formali e componendo vari giochi
decorativi di conio vegetale.
Tornando ora al quesito già espresso (quale significato

27. Si veda il commento alla tavola VII.


28. Esemplare la tavola XVIII (Hortus Solis) , qui contornata agli
angoli da quattro foglie, mentre nel De minimo (tavola XXX:
sempre la stessa Hortus Solis) mostra agli angoli altrettante stelle.
29. Cfr. l' incipit del commento al De minimo.
382 CORPUS ICONOGRAPHICUM

ha tale mondo floreale nelle xilografie del Nolano? ) ,


proviamo a rispondervi attraverso due ipotesi.
La prima considera che Bruno abbia voluto coniuga­
re i signa astrali, che numerosi cifrano le incisioni degli
Articuli, con i signa del mondo terreno, per sposare gli
uni con gli altri secondo quella simbiosi propria della si­
gnatura rerum cinquecentesca/0 cosicché il regno vege­
tale, topos simbolico di feconda vitalità e rinascita, divie­
ne specchio naturale delle virtù emanate dal mondo si­
dereo. Se così fosse potremmo leggere un simile connu­
bio quale testimonianza iconica di come Bruno preve­
desse un 'elaborazione dei suoi schemi anche in un ' otti­
ca di simpatia micro-macrocosmica. In questo caso i va­
ri grafemi fitoformi concorrerebbero, unitamente ai
corrispettivi signa astrali, a conferire più potere magico­
evocativo ai disegni geometrici. Quest'ipotesi è confor­
tata non solo dalla teoria magico-simpatica trattata nel
De magia e nel De vinculis, ma soprattutto da quella con­
cezione di stretta connessione e speculare simmetria
che esiste tra tutte le cose, tra i corpi superiori e quelli
inferiori, più volte ribadita da Bruno.� 1
La seconda ipotesi, che non esclude la prima, si basa su
alcune indicazioni tecnico-visive di Bruno, che raccoman­
dano di arginare, limitare l'immagine che l'occhio inte­
riore deve osservare nella composizione delle picturae
mentis, perché una visione che diviene troppo estesa per
osservare un corpo assai ampio si disperde, mentre il luo-

30. Cfr. M.L. Bianchi, Signatura rerum. Segni, magia e conoscenza


da Paracelso a Leibniz, Roma, 1987, pp. 1 1 sgg., 87 sgg.; sulla tra­
dizione antica e medioevale inerente la botanica magico-astra­
le: A.:J. Festugière, La révélation d 'Hermès Trismégiste, voli. I-IV,
Paris, 1950-1 954, vol. I, pp. 1 23 sgg.; A. Delatte , Textes latins et
vieux .français relatifs aux Cyranides, Liège-Paris, 1942, pp. 35
sgg. e Herbarius. Recherches sur le cérémonial usité chez les anciens
pour la cueillette des simples et des plantes magiques, Paris, 1961, pp.
62 sgg.; A. Pazzini, Virtù delle erbe secondo i sette pianeti, Roma,
1959, pp. 76 sgg., 101 sgg., 1 27 sgg.
3 1 . Si veda l'Introduzione.
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 383

go visivo conchiuso, come tra due braccia, diviene accessi­


bile per ciò che desideriamo vedere.32 I margini della fine­
stra immaginale sono essenziali da una buona e chiara vi­
sia, 33 come dimostrano i limiti spaziali e grafici dei loci bru­
niani, << atrii '' o << campi '' che siano. 34 Inoltre certi margini
possono essere contrassegnati con elementi e notae mne­
moniche, come si legge nell'Explicatio a proposito del
XXX sigillo.35 In questo senso si può ritenere che, nell'in­
cisione, la disposizione grafica degli svariati signa, vegetali
e astrali, sia volta a creare margini o comporre comici de­
corative intorno alla figura geometrica centrale. Tale di­
sposizione, sempre rigorosamente ubbidiente alla simme­
tria e all'ordine insito in ogni immagine, ne testimonia la
funzione di finestra mnemonico-immaginale raccoman­
data da Bruno, senza per altro negare quella valenza ma­
gico-simbolica propria dei singoli segni astrali.
Da un punto di vista iconologico il simbolismo del
margine bruniano, connotato com'è da signa di elementi
naturali, terreni e uranici, quali piante e stelle, non è ori­
ginale ma rinvia ad alcune xilografie (figg. 7 e 8) del Li­
ber de sensibu.s del Bovillus,36 dove simili signa denotano le
creature che abitano alla periferia della creazione: al

32. De ima[finum compositione, II, 3, p. 1 1 5: « Aequata pulsent


aciem mensura oculorum; l nam nimium lato exporrectum
corpore visum l disperdit, porro captu contracta locorum l
tamquam ulnis complexa tuis sunt pervia votis '' .
33. Fenomenologia visionaria già puntualmente descritta nel­
I'Hypnerotomachia Poliphili del Colonna, cit., vol. II, pp. 1 1 35-36.
34. Cfr. la tavola II del Cantus ed i limiti mnemonico-immagi­
nativi degli « orizzonti >> ; De ima[finum compositione, II, 3, pp. 1 25
sgg. , 156 sgg.: « Sit figura loci ut eius membra ad aequalitatem
et conformitatem eorum, quae ulterius iuxta nostram viam ap­
ponuntur [ . . ] sufficere possint » ( « La forma del luogo sia tale
.

che le sue parti possano essere sufficienti a conferire unifor­


mità e ordine a quelle cose che vi vengono ulteriormente ap­
poste secondo il nostro metodo » ) .
35. II, 2, p. 105: « singularis vero nota, quae in figurae margine
cernitur adfixa, preasidem virum refert >> .
36. Que in hoc volumine continentur, cit., cc. 29v-30r.
384 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 7

centro dell'immagine (fig. 7) Dio, quindi, nella seconda


corona, le potenze angeliche, seguono il mondo umano
e poi quello zoologico; nell'altra illustrazione (fig. 8 ) le
specie pneumatiche e quelle mondane: al centro gli an­
geli, poi le anime, le specie corporee e sulla corona ester­
na l'universo sensibile (lapideo, vegetale, animale ed
astrale) , contrassegnate con notae, 37 cioè con signa simili a
quelli bruniani.
Si tratta di cosmografie didattiche, di impianto iconico
medioevale e di ispirazione neoplatonico-dionisiana, che
vogliono mostrare la gerarchia della generazione delle
cose, per cui alla centralità cosmica del divino e dello spi-

37. /bid., c. 29v: « pingo iterum quibuscumque notis universa »;


cfr. sopra la nota 35 e De imaginum compositione, II, 3, p. 99.
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 385

Figura 8

rito corrispondono specularmente, ai confini della crea­


zione, sulla simbolica cintura del mondo, gli esseri più
lontani, quelli dei regni animali, vegetali e minerali. La
concezione figurativa di Bruno non è dissimile da tale
impostazione, dal momento che pone al centro delle sue
immagini, mutatis mutandis, il nucleo geometrico espres­
sivo di alte valenze noetiche e speculative, e agli orli i gra­
femi naturali, vegetali e astrali, micro-macrocosmici.
Da ultimo un'altra considerazione sul possibile si­
gnificato mnemonico di tali signa. La prima volta che
compaiono simili stilemi grafici è nella seconda xilo­
grafia del Cantus Circaeus, dove fronde e racemi arborei
stilizzati riempiono i segmenti circolari intorno all'imma­
gine centrale e rappresentano l'estensione spaziale e
concettuale del subiectum, costituito, in questo caso, da
386 CORPUS ICONOGRAPHICUM

un albero. Infatti il subiectum (che deve essere naturale o


artificiale: un albero, una colonna, una stanza, una città,
un continente, purché sia una superficie, un' estensione
su cui l'immaginazione possa operare, generando e col­
locandovi le forme o immagini o elementi rnernorativi
utili all' ars) , 36 poiché si ide n tifi ca con lo stesso spazio del
locus rnnernonico, coincide necessariamente con l'esten­
sione del locus medesimo. Ne consegue pertanto che, se
prendiamo in considerazione, ad esempio, un albero co­
me subiectum, il locus (ossia la figura geometrica piana -
ancora nuda di immagini o forme - che lo accoglie) vie­
ne del tutto pervaso dalla sua natura, cioè dai suoi rami,
foglie, ecc.
Tutto ciò suggerisce di considerare il subiectum - nel­
le immagini la cui superficie è ammantata di certi signa
naturali e celesti - quale metafora dell'universo intero,
con il mondo terreno (i simboli fitoforrni) e quello ce­
leste (i simboli astrali) congiunti. Se le cose stanno co­
sì, il significato dei signa diviene comprensibile: si trat­
ta di un modo di palesare il subiectum dell'universo at­
traverso un 'armonica trina di simboli grafici, che ri­
chiamano ed evocano le corrispondenze, i «vincoli ''
tra rnicro e rnacrocosrno. Nel processo compositivo del­
le immagini è su questo subiectum « naturale '' che poi si
stagliano nitidi gli scherni geometrici « artificiali '' • i si­
gilli creati dalla mente di Bruno, tra i quali primeggia­
no non a caso le tre figure archetipe, modelli di ogni
forma e misura.

38. Cfr. il commento della tavola II del Cantus.


Tavole IV, V: l, 3, pp. 81-82

Tavola IV

Figura 9
Tavola V

Figura 10
ARTI CULI CENTUM ET SEXAGINTA 389

Le due iconografie presentano corrispondenze gra­


fico-analogiche con le tavole VII e VIII del De minimo.
Nella tavola N le foglie, i fiori e le stilizzazioni vegetali,
posizionati secondo un ordine ortogonale rispetto alle
diagonali del quadrato ed alla metà cruciforme dei lati,
contornano la figura geometrica: collocazione che, come
si è spiegato n eli' Explicatio, conferisce speciale potere
magico al talismano-diagramma. Tale ubicazione è siste­
maticamente corrente in quasi tutte le immagini degli
Articuli.

Tavole VI, VII: I, 3, pp. 83-84

Tavola VI
Figura 1 1

Tavola VII
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 39 1

Figura 12

La tavola VI è graficamente costruita (fig. I l ) come la


Geometrica rosa del Bovillus (fig. 5 ) 39 e trova corrisponden­
za con la tavola VI del De minimo.
Nell'immagine/0 la decorazione a lune e quella vegeta­
le si intersecano vivacemente. Le due foglie bilobata o
trilobata, che risaltano in nero sul fondo bianco dei seg­
menti circolari, sono comuni all'iconografia vegetale
bruniana (si vedano anche le tavole XVII, XVIII, XXVIII
e XXXIX) : in questo caso vengono abbinate a motivi a
losanga dall'interno costellato di punti (lo stesso, per
esempio, sui bordi delle tavole V e XXVII) , e ad altre
tracce fitoformi che si concludono nel sottile stelo sinuo­
so. Simili tipologie vegetali con fiori o foglie stilizzati so­
no di derivazione gotica, propriamente dalla decorazio­
ne dei margini dei libri, dove il lungo stelo con racemi,

39. Alle cc. 180v-1 81 r.


40. Cfr. la tavola XXIV del De minimo; Ars def, pp. 88-89.
392 CORPUS ICONOGRAPHICUM

fiori o foglie, più o meno stilizzati, impreziosisce e gioca


lungo i contorni della pagina e del testo, espressività na­
turalistica e favolosa che troverà ampia applicazione an­
che nell'ornamentazione miniata degli incunaboli, come
nei capilettera delle edizioni del Cinquecento e dei seco­
li successivi.4 1 Per l'aspetto geometrico, si veda la tavola
XXIII del De minimo.

41 . Sia per i numerosissimi esempi iconografici a riguardo


(anche assai vicini a quelli di Bruno con i fiori a due o tre lo­
bi) , sia per la bibliografia, rinvio a L.M.C. Randall, Images in the
Margin of Gothic Manuscripts, Berkeley-Los Angeles, 1 966; Bal­
trusaitis, Risvegli e prodigi, trad. it. cit., pp. 229-75; M. Camille,
Images dans les marges. Aux limites de l'art médiéva� Paris, 1997;
per le edizioni a stampa basti confrontare i volumi V e VI della
monumentale opera del Sander, cit. , dedicati alle riproduzio­
ni di xilografie nelle edizioni a stampa tra il 1467 e il 1530.
Forse non è casuale che certi tipici elementi fitoformi ricor­
renti nelle xilografie bruniane (il fiorellino a cinque petali, la
foglia bilobata e quella trilobata e relativi, eventuali racemi)
già si trovino in alcuni dei capilettera della citata raccolta di
opere del Bovillus ( Que in hoc volumine continentur) , edizione
molto probabilmente nota al Nolano. Rilevo inoltre che in al­
cune pagine di un altro testo del Bovillus (La géométrie practi­
que, cit. , cc. 1 5 v-1 6r, 50v, 65r) , negli spazi bianchi che riman­
gono intorno o all'interno dei grafici di alcune dimostrazioni
geometriche (per esempio dentro un cerchio, intorno ad un
triangolo o negli spazi angolari di una figura cruciforme) sono
inseriti elementi floreali stilizzati, analoghi nella forma e nella
collocazione, a quanto si vede qui nelle tavole XVII, XXVI,
XXVII e XXVIII. Una precisa conoscenza delle edizioni del
Bovillus utilizzate da Bruno conforterebbe certo questo tipo di
riflessioni e di riscontri iconografici.
Tavola VIII: I, 3, p. 85

Tavola VIII

Figura 1 3

La costruzione geometrica, eccetto alcune minime va­


rianti, è la stessa della tavola l.
Tavola IX: I, 3, p. 86

Tavola IX

Figura 14
Medesima costruzione della tavola VI.
Tavole X, XI: I, 3, p. 87

Tavola X

Tavola XI
396 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 15

Spiega Bruno a proposito dei modi di produrre le im­


magini: quando vogliamo raffigurare qualcosa e descri­
verlo in conformità all'occhio esterno o a quello interio­
re,42 dobbiamo considerare innanzi tutto ciò che in esso è
caratteristico e ne costituisce la specificità, « come il ser­
pente dal tratto a spirale ossia dall'andamento della sua
linea >> .43 Le due incisioni illustrano didatticamente il du­
plice insegnamento bruniano:44 la prima (tav. X) raffigu-

42. Cfr. De minimo, l, 3, p. 1 37: « Senus est oculus in carcere te­


nebrarum [ . . . ] Intellectus in aperto et quasi ex alta specula
undique oculus super omnem particularitatem, turbam et
confusionem in universo, et distinctione specierum ipsum
praefulgentem solem contemplatur >> .
43. De imaginum compositione, II, 3 , p. l 06: « De modis quibus
variae fiunt figurationes et indicationes. Figuramus ergo ali­
quid et describimus ad externum oculum seu ad internum: I.
Ex eo quod singulare est in eo et propriam facit differentiam,
sicut serpentem ex spirali tractu seu lineae ductu » .
44. Cfr. quanto detto sopra nell'Introduzione e, circa il sigillo,
nell'Explicatio : l'immagine mentale è il risultato di una sem­
plificazione e depurazione iconica di quella sensibile; De mini­
mo, I, 3, pp. 189-9 1 ; Tocco, op. cit. , pp. 1 50-5 1 .
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 397

2
o

�I

Figura 1 6

ra un serpente nella sua naturale sinuosità come lo pos­


siamo comunemente immaginare basandoci sul dato
sensibile dell'occhio esterno, la seconda ( tav. Xl) come
invece lo possiamo razionalizzare con l' occhio interiore.
Nel primo caso le sue volute divengono gli " attributi ,,
iconici atti a connotare il significato dell'immagine, nel
secondo è la griglia mnemonico-immaginativa, fondata
da predisposte simmetrie, a regolare tale qualità serpen­
tina, trasformando la figura sensibile e naturalistica in un
segno simbolico, in una stilizzazione mentale, commisu­
rabile in ogni sua parte grazie alla griglia quadrata dove
viene disegnato, e dove le contorsioni del serpe divengo­
no un geroglifico chiaramente memorizzabile nei pro­
cessi dell' ars memoriae.45 Il serpente è tra gli animali del­
l'alfabeto zoologico e mnemonico di jacobo Publicio, di
Cosma Rosselli, di Romberch46 e di Giovan Battista della
Porta (fig. 1 6) .47

45. Si veda il capitolo XIX ( « Come possiamo ricordarci per la


scrittura degli Egizzii ,, ) del citato Ars reminiscendi di Giovan
Battista della Porta.
46. Cfr. la figura l e la nota 4 del Cantus.
47. Ars reminiscendi, cit., p. 41 .
Tavola XII: I, 3, p. 88

A S T A

� p
o <
m

V !) .N � A

Tavola XII

La xilografia ricalca nella composizione delle immagi­


ni, distribuite al centro e ai quattro angoli, la tavola II del
Cantus: la corrispondente collocazione delle vocali, con la
U nel mezzo (scolpita nella cavità del pozzo) e le altre
quattro negli spazi angolari, ribadisce la funzione mne­
monica dell'illustrazione, di cui però sfugge il senso. Il
motto che corre sulla cornice: [H] ASTA QUE VENGA
MEIOR ( «fino a che non venga meglio » ) , sembra invitare
il praticante dell' ars bruniana ad un esercizio assiduo e
reiterato, affinché possa impadronirsi sempre « meglio »
del meccanismo combinatorio. L' impostazione iconologi­
ca dell'immagine è di palese derivazione emblematica:48
il corpo viene significato dalla figura umana con accanto il
pozzo e dagli altri elementi figurativi, l' anima dal motto.

48. Cfr. la tavola VI della Cena.


Tavola XIII: I, 3, p. 89

Tavola XIII

Figura 1 7

Come indica il titolo della figura (lndex ad divisionis con­


tinui rationem habendam) , si vuole qui rappresentare la ra­
gione geometrica per ottenere la divisione del continuo.
Tavola XIV: I, 3, p. 90

Tavola XIV

Figura 18

Su quest'immagine, detta Telarium Arachinis, si veda la


tavola XXII del De minimo.
Tavola XV: I, 3, p. 9 1

Tavola XV

Figura 19

Il disegno dimostra come si costruisce un nonagono


regolare. 49
49. Cfr. Articuli, I, 3, pp. 54-55.
Tavola XVI: l, 3, p. 92

Tavola XVI

/
\ l
\ l
\ l
- - - v- - -

Figura 20

Lo schema, semplice nella sua composizione geometri­


ca, allude all' individuazione e costruzione di linee paral­
lele:50 viene nominato Specula.

50. lbid. , I, 3, p. 40.


Tavola XVII: I, 3, p. 93

Tavola XVII

Figura 2 1

L'immagine, denominata Explicatorformarum51 e che ri­


tornerà nella tavola XXIX del De minimo, si basa sull'ele­
mentare dato geometrico, per cui l'area di un poligono

5 1 . Ibid. , I, 3, p. 57.
404 CORPUS ICONOGRAPHICUM

regolare è uguale al perimetro per l'apotema diviso due.


Qui l'area dell'esagono ABCDEF, con centro in a, corri­
sponde a quella del triangolo NQH, il cui cateto minore
HQ corrisponde all'apotema ae ed il cateto maggiore NQ
al perimetro dello stesso poligono.

Tavola XVIII: I, 3, p. 94

Tavola XVIII

Si veda la tavola IV dell' Explicatio e la tavola XXX del


De minimo.
Figura 22

Tavola XIX: I, 3, p. 95

Tavola XIX
406 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 23

Si veda la tavola XXXII del De minimo.

Tavola XX: I, 3, p. 96

Bruno si occupa in diverse occasioni, ispirandosi a Eu­


clide, della costruzione del pentagono, sia negli Articuli52
che nel De monade,53 come nelle Praelectiones geometricae.54
L'immagine è denominata Flos Astreae."5

52. l, 3, pp. 52-53.


53. I, 2, pp. 402-404 (tav. IX) e 460-61 (tav. XXI ) .
54. Alle pp. 77-78: « Problema de pentagono >> .
5 5 . L'attributo di Astrea, l a Vergine, è l a spiga d i grano: Arato,
XVI, l ; Igino, Astr., III, 24; Cicerone, De nat. deor., II, 1 1 0; Ser­
vio, In Verg. Georg. , I, 1 1 1 ; Marziano Capella, Il, 1 74.
Tavola XX

Figura 24
Tavola XXI: I, 3, p. 97

Tavola XXI

/ '
/
/

/
/
.... /

Figura 2 5

Si veda sopra la tavola III.


Tavola XXII: I, 3, p. 98

Tavola XXII

Figura 26

Altra costruzione del pentagono,56 che il Nolano chia­


ma Claustrum Saturni.

56. Cfr. I, 3, p. 52.


Tavola XXIII: l, 3, p. 99

Tavola XXIII

Figura 27

Questa singolare composizione, formata da due penta­


goni affrontati, è detta Speculum Magorum.57

57. Cfr. la tavola IX del De monade e, sopra, la nota 22.


Tavola XXIV: I, 3, p. l 00

Tavola XXIV

Figura 28

Costruzione del lato del decagono inscritto nel cer­


chio.58 La figura viene chiamata Anulus Gygis. La leggen-

58. Articulì, l, 3, p. 53: « in distanùa EH vel AH est latus deca­


goni circulo ElVA inscripti » .
412 CORPUS ICONOGRAPHICUM

da59 narra che l'anello di Gige, re di Lidia, rendeva invisi­


bili: forse in questo caso, nell'obliquo discorrere di Bru­
no, ci si riferisce al decagono e al suo lato, che la figura
sottintende senza renderli geometricamente « visibili ».

Tavola XXV: I, 3, p. 101

Tavola XXV

L'immagine, detta Numerator seu combinator, riassume


in sé, inscritti nel cerchio, i primi quattro poligoni rego­
lari: triangolo, quadrato, pentagono ed esagono.

59. Erodoto, l, 8-1 3; Platone, Resp., 359d-360b.


ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 413

Figura 29

Tavola XXVI: l, 3, p. l 02

Tavola XXVI

Lo schema indica la costruzione dell'ettagono regola­


re:60 è nominata Mitra Iunonis.

60. Articuli, I, 3, p. 54.


414 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 30

Tavola XXVII: l, 3, p. l 03

Tavola XXVII

Divisione di una circonferenza in 1 5 parti, ovvero co­


struzione di un poligono di altrettanti lati.61 La figura si
chiama Lucifer seu reportator.

6 1 . lbid., I, 3, pp. 52 sgg.


ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 415

Figura 3 1

Tavola XXVIII: l, 3, p. l 04

Tavola XXVIII

Questo triangolo equilatero,62 composto da una serie


ordinata di triangoli equilateri minori, riprende l'analo-

62. Ibid., I, 3, p. 44.


416 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 32

Figura 33

ga immagine (fig. 33) del Liber de Geometricis corporibus del


Bovillus63 inerente appunto tale suddivisione.

63. In Que in hoc volumine continentur, cit., c. 185 v; cfr. La géométrie


practique, cit., cc. 1 5 v - 1 6r, 45r.
Tavola XXIX: I, 3, p. l 05

Tavola XXIX

Figura 34

La composizione, nominata Auctor, riguarda la costru­


zione di quadrati di diversa grandezza.64 Nella ricostru­
zione (fig. 34) : dL = AF e Mh = hf = dh = hK

64. Articuli, I, 3, pp. 49-50.


Tavola XXX: I, 3, p. 106

Tavola XXX

Il tema geometrico di questa immagine, detta Aequator,


riguarda corde e diametri paralleli.65 Nella ricostruzione
della figura 35, il punto R indica la metà di NO e il pun­
to H la metà di EG; CD è uguale a '/ dell'arco CE; l'arco
7
IK è diviso in 7 parti come l'arco CE in ragione di CD;
EH = HG = AI = AK; PC = PQ; NR = RO = AT.

65. Ibid., l, 3, pp. 63-64.


B

C r+-T���----r---,_�

Figura 35

Tavola XXXI: I, 3, p . 1 0 7

Tavola XXXI
420 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 36

Singolare e non ben comprensibile immagine,66 deno­


minata Mavortis arma, cioè <<Arma di Marte >> .67

66. Loc. cit.


67. Mavortis è nome arcaico del dio della guerra: per i diversi
luoghi paralleli, cfr. A.S. Pease, in Cicero, De natura deorum,
cit. , vol. II, pp. 722-23.
Tavola XXXII: I, 3, p. 108

Tavola XXXII

Figura 37

Lo schema, chiamato Radix, sembra concernere la misu­


ra di triangoli equilateri e quadrati inscritti in un cerchio.68

68. Cfr. Articulis, l, 3, pp. 67-68.


Tavola XXXIII: I, 3, p. l 09

Tavola XXXIII

Figura 38

Su questo disegno astronomico, dal nome di Antichtoni


mundi seu tellures ( ((Terre o mondi antipodi �� ) , si veda la
tavola XI del De immenso.
Tavola XXXIV: l, 3, p. I lO

Tavola XXXIV

Figura 39

Su questa immagine, detta Expansor, si veda la tavola


IX del De minimo.
Tavole XXXV e XXXVI: l, 3, pp. 1 1 1-12

Tavola XXXV

Figura 40
Tavola XXXVI

Figura 41
426 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Le due singolarissime figure, chiamate rispettivamente


«Raggio >> e « Cerchio >> di Thot ( Theuti radius e Theuti cir­
culus) , dal nome del divino sapiente egizio più volte men­
zionato da Bruno,69 sono enigmatiche: non se ne accen­
na né negli Articuli, né nel De minimo (dove più frequenti
troviamo certe tipologie grafiche) o nelle altre opere. L'i­
potesi più verosimile è che si tratti di due veri e propri si­
gilli magico-astrali. Infatti le linee spezzate, il loro con­
cludersi o iniziare in un minuscolo punto, gli specifici
tracciati a zigzag, sono simboli che collimano esattamen­
te con i signa sive characteres dei pianeti (figg. 42 e 43) e
delle stelle fisse (fig. 44) , riportati da Agrippa nel suo De
occulta philosophia. 70

69. Cfr. in Lefons, op. cit. , p. 64; Yates, Giurdano Bruno, cit., pp. 1 3
sgg., 149 sgg. , 1 9 1 sgg.; Ciliberto, La ruota, cit. , pp. 157 sgg.;
Spruit, op. cit., pp. 23 sgg.; A Faivre, Renaissance Hermeticism and
the Concept ofWestern Esotericism, in Gnosis and Hermeticism, a cura di
R van den Broek e WJ. Hanegraaf,f New York, 1998, pp. 1 09-23.
70. Alle pp. 3 1 4-18, 378, 492: simili motivi sono comuni all'a­
stromagia medioevale e rinascimentale, cfr. Picatrix, a cura di
Pingree, cit., pp. 63 sgg. , e, per i segni talismanici, tavv. 1-2.
*!: � � Segni e caratteri di Satumo

J& � 77Segni e caratteri di Giove

�� � Segni e caratteri di Marte

�7 � Segni e caratteri del Sole

Figura 42

Segni e caratteri di Venere

Segni e caratteri della Luna

Figura 43
)1 o Il-h c�puc Algol,

� Plci�dcs,

x Aldcb:mm,

>< Hircus,

)<)-m-. C�nis m�ior,

'P Canisminor,

ifl Cor lc::mis,

:>)) o Cauda wfz,

� Ala corui,

1(
o
Spica,

l
o Alcl1�mctlJ,

~ Elphcia,

olf J , o C or Scorp ii,

x V u!cur cadcns,

)( j
Il Cauda e:1prico.mi,

Figura 44
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 429
Bruno compone e coniuga tra loro questi « segni o ca­
ratteri >> talismanici secondo un suo criterio, certo riela­
borandone e rivisitandone i tracciati, ciò che impedisce
un riconoscimento immediato di ciascuno di essi. Tutta­
via è interessante notare che le rette zigzaganti, le quali
fuoriescono dal punto centrale del circolo nella tavola
XXXV, sono 7 come i pianeti. La valenza magico-astrale
di simili composizioni mi pare sottolineata, ancora nella
tavola XXXV, dal segno della Luna, potente veicolo di in­
flussi astrali, come si è detto sopra, posizionato al centro
di quella sorta di ventaglio di raggi che domina la parte
superiore dell'immagine, delimitato in alto da una se­
quenza di punti. Particolari che inevitabilmente rievoca­
no la virtù attrattiva, per meglio captare gli effluvi celesti,
posseduta da certe linee convergenti e angolari, come
dagli incavi puntiformi, di cui Bruno fa uso nelle imma­
gini dell'Explicatio. I quattro elementi letterali (K, X, Y, Z)
posti agli angoli della tavola XXXV, secondo un cliché ico­
nografico più volte riscontrato, possono alludere ad una
funzione mnemonico-combinatoria dell'immagine, mo­
dalità di cui però sfugge la meccanica.
Tavole XXXVII e XXXVIII: I, 3, p. 1 1 3

Tavola XXXVII

Figura 45
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 43 1

Tavola XXXVIII

Probabilmente si tratta, per la tavola XXXVII, di una


semplice griglia visiva, chiamata Apellis speculum, all'inter­
no della quale si deve comporre di nuovo e razionalmen­
te l'immagine naturale, così come illustrano le tavole X e
XI già esaminate. In questo senso si spiega anche la tavo­
la XXXVIII (Prometheus) con il serpente connotato dalle
sue spire, di cui si è detto sopra. Si osservi che sulla fascia
circolare che incornicia sia quest'ultima immagine sia
quella della tavola XI, che al centro mostra il geroglifico
del serpente, corre, con significato astro-magico, una
teoria di puntini, ottenuti con una piccola pressione del­
la sgorbia.
Tavola XXXIX: I, 3, p. 1 1 5

Tavola XXXIX

Figura 46

Una delle immagini più poetiche !asciateci da Bruno,


sia per alcuni particolari esecutivi sia per l'invenzione
figurativa, •• metafisica >> e naturale insieme: un liuto sem­
bra nascere da un prato fiorito. Iconografia che, più pro-
ARTICULI CENTUM ET SEXAGINTA 433

Figura 47

saicamente, con la conveniente terminologia propria


dell' ars memoriae, può essere altrimenti definita: un liuto,
l' adiectum-simbolo, si staglia sul subiectum naturale (gli
elementi vegetali) che permea tutto lo spazio del locus.
La figura viene chiamata Zeometra. Il nesso tra la « zeome­
tria >> e lo strumento musicale va probabilmente indivi­
duato nel significato che accomuna la parola all'immagi­
ne. Come la geometria bruniana, con le sue forme essen­
ziali della << retta ,, e della « curva ,, , con le figure elemen­
tari del cerchio e del triangolo, trama le articolate pro­
porzioni dell'universo e della sua materia, 71 analogamen-

7 1 . Altrettanto il « numero •• , cfr. in generale i << Geometrica


principia et elementa » ed il << Membrum primum » degli Arti­
culi, l, 3, pp. 9-1 7; il capitolo l del Libro I del De monade, l, 2,
pp. 326-34; i capitoli 3, 12 e 1 3 del Libro I del De minimo; il pa­
ragrafo << Matematiche astrazioni » dell 'Introduzione.
434 CORPUS ICONOGRAPHICUM

te la musica, di cui il liuto è corpo emblematico, è espres­


sione dell' harmonia mundi, soprattutto se ascoltata - pre­
cisa Bruno -72 secondo la concezione pitagorica e plato­
nica, cioè interiormente. La rappresentazione del liuto
come immagine a sé stante non è originale: il Nolano
può essersi ispirato al secondo emblema di Alciati (fig.
46) /3 ma anche a quella dell'alfabeto mnemonico di Pu­
blicio (fig. 4 7 ) ,74 che certo Bruno non ignorava, essendo
stato ripreso dai maggiori trattati di mnemotecnica del
Cinquecento.75 Rilevante, dal punto di vista grafico ma
non solo, è il particolare che, ad un accurato esame del­
l' originale, la superficie ovale della cassa del liuto, che
appare interamente nera al centro della xilografia, non è
tale, bensì tempestata di minuscoli punti bianchi, ottenu­
ti con leggeri tocchi della sgorbia sulla matrice lignea. La
loro presenza non può che conferire all'intera figura una
pregnanza magico-astrale, secondo il significato che - co­
me ormai sappiamo - tali punti assumono nelle illustra­
zioni bruniane. Da questi riscontri e osservazioni si può
ritenere che la xilografia costituisca un sigillo o gero­
glifico magico-mnemonico, evocativo di sottili e nobili
percezioni musicali dell'intelletto.

72. De imag;inum compositione, II, 3, pp. 1 97-98. Sulla tradizione


pitagorica in merito, sulle fonti antiche e relativa bibliografia,
cfr. M. Gabriele, Corpus sanum in anima sana: la farmacopea mu­
sicale dei Pitagorici, in Alambicchi di parole. Il ricettario fiorentino e
dintorni, a cura di G. Lazzi e M. Gabriele, Firenze, 1 999, pp. 97-
1 04; in ambito rinascimentale: Heninger, Touches, cit. , pp. 19
sgg. , 9 1 sgg. , 1 46 sgg. ; K Meyer-Baer, Music ofthe Spheres and the
Dance ofDeath, Princeton, 1970, pp. 1 88 sgg., 337-50.
73. Emblemata, ci t. , c. A2v: lo strumento e l'annesso motto Foe­
dera Italorum, rivolti a Massimiliano Sforza, Duca di Milano, si
riferiscono alla similitudine tra l'accordo musicale delle « tan­
te » corde del liuto che, se ben toccate, suonano insieme ar­
moniosamente e la necessità di intraprendere una « federazio­
ne » politica tra i diversi Stati italiani che proceda in accordo.
74. op. cit., c. d2v.
75. Romberch, op. cit. , c. 48v; Rosselli, op. cit., c. 96r.
Tavola XL: I, 3, p. 1 1 6

Tavola XL

Figura 48

Il disegno, chiamato Geometra, riguarda la composizio­


ne del quadrato e della sua inscrizione nel cerchio. 7 6

76. Cfr. Praelectiones, p. 76.


Tavola XLI: l, 3, p. 1 1 7

Tavola XLI

Figura 49

L'immagine, su cm il testo tace, e nominata Campus


Martis.
Tavola XLII: I, 3, p. 1 1 8

Tavola XLII

Altra figura, detta Rex, la cui utilizzazione e finalità ri­


mangono ignote. La costruzione geometrica degli archi
è semplice, non sempre chiara invece l'esatta collocazio­
ne delle lettere, in particolare e, f, g.
Figura 50
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA
De triplici minimo et mensura ad trium speculativarum scientiarum
et multarum activarum artium principia, libri V , Francofurti,
. . .

apud loannem Wechelum et Petrum Fischerum consortes,


1 591 (Salvestrini, n. 197; Sturlese, n. 24)
Il De minimo, il De monade e il De immenso costituiscono la
trilogia dei Poemifrancofortesi, dove Bruno espone, rispetti­
vamente, i fondamenti del suo pensiero matematico, me­
tafisica e fisico, i quali verranno qui, per la specifica ottica
iconologica ed ermeneutica del nostro studio, indagati
soprattutto in funzione di significati che informano il si­
gnificante delle immagini, rinviando il lettore, per i dovu­
ti richiami bibliografici, critici e dottrinali, ad altre esege­
si e commenti. 1 Sono tre opere capitali della speculazione
e della filosofia bruniana e, secondo le intenzioni dell'au­
tore, dovevano apparire insieme presso l'editore Wechel,
ma alterne vicende fecero sì che il De minimo venisse pub­
blicato a parte e messo in vendita alla fiera primaverile di
Francoforte del 1 59 1 , mentre gli altri due, stampati con­
giuntamente, alla fiera autunnale dello stesso anno.2

l . Si veda l'Introduzione in G. Bruno, opere latine. Il triplice mi­


nimo e la misura. La monade, il numero e la .figura, L 'immenso e gli
innumerevoli, a cura di C. Monti, Torino, 1 980, pp. 9 sgg.; Sal­
vestrini, op. cit. , pp. 1 43-52; Tocco, op. cit. , pp. 1 36 sgg.; cfr. sot­
to la nota 20.
2. Cfr. Salvestrini, op. cit., p. 1 44; Tocco, op. cit., pp. 1 36-37;
Spampanato, op. cit. , pp. 445 sgg.; E. Canone, Da Praga a Fran-
442 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Nel complesso i Poemi francofortesi sono illustrati da 90


xilografie: 33 nel De minimo, 24 nel De monade e 33 nel De
immenso. Rispetto alle incisioni degli Articuli e del De mi­
nimo, tutte eseguite dal Nolano,3 le incisioni del De mona­
de e del De immenso, eccetto una o due, 4 risultano opera di
altri, certo di un artista provetto, capace di coniugare
qualità stilistica e tecnica grafica, come dimostrano la
chiarezza e la puntualità delle composizioni geometriche
e l'agile padronanza del tratto nel gioco chiaroscurale,
per esempio nella rappresentazione della mano nella ta­
vola X del De monade. Per cogliere il senso di questa di­
versità basti confrontare l'immagine antropomorfa delle
tavole XIII e XIV del De monade, anatomicamente pro­
porzionata ed esteticamente gradevole, con l'analoga
iconografia umana della tavola XII degli Articuli, sgrazia­
ta e stilisticamente immatura. Sul motivo di questa distin­
zione, così netta, si può fare la seguente ipotesi. Bruno,
nel febbraio 1 59 1 , dovette abbandonare in fretta Fran­
coforte, forse in seguito all'ordine di estradizione emesso
nei suoi confronti dal Senato francofortese.5 Questo al­
lontanamento « repentino >>6 dovette interrompere l 'im­
pegno del Nolano nella cura editoriale dei suoi poemi,
tant'è che a quella data era riuscito a seguire la stampa
del solo De minimo, di cui era stato impresso l'ultimo fo­
glio mentre egli era ancora in città, ma del quale non eb­
be il tempo di comporre la dedica, !asciandone l' incarico
all'editore Wechel.7 Bruno tornò alcuni mesi dopo nella
città sul Meno, dove seguì la cura definitiva della pubbli-

coforte, in Giordano Bruno 1548-1 600. Mostra storico documen­


taria, cit. , pp. 1 5 1-54.
3. Si veda la Nota al Corpus iconog;raphicum.
4. La tavola IX del De monade e la tavola X del De immenso.
5. Il Nolano passerà dunque a Zurigo per tornare solo in pri­
mavera a Francoforte e pubblicare il De imag;inum compositione;
cfr. sopra la nota 2.
6. De minimo, l, 3, p. 1 23: « casu repentino a nobis avulsus » ; cfr.
Spampanato, op. cit., p. 447.
7. Loc. cit.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 443

cazione del volume comprendente il De monade e il De im­


menso: libro che era già in via di approntamento nella ti­
pografia del Wechel. Non sappiamo però a che punto
fosse il lavoro tipografico al momento della improvvisa
partenza del Nolano,8 così come ignoriamo lo stato delle
illustrazioni del volume. Qui sta la questione. Infatti, se
per ipotesi ammettiamo che mancassero solo le xilo­
grafie per dare inizio alla stampa di De monade e De im­
menso, niente vieta che, con l'opera rimasta orfana delle
cure dell'autore, si sia pensato, magari d' accordo Wechel
con Bruno, di affidare l'esecuzione delle illustrazioni del
libro ad un incisore di mestiere, forse già al servizio dallo
stesso Wechel, e che dovette comunque utilizzare dei di­
segni preliminari di Bruno, oppure i legni già preparati
in tal senso, visto che il nostro prediligeva scolpire in ma­
niera diretta sulla matrice lignea.9 A sostegno di questa
ipotesi concorrono, come dicevo, le medesime incisioni
dei due poemi, le quali, a differenza di quelle del De mi­
nimo (autografe del Nolano e ricche di motivi floreali,
puntiformi e a stelle, di cui sopra) si presentano prive di
ogni elemento ornamentale, con composizioni geometri­
che o figurative tecnicamente e graficamente neutre, un
dato che si può spiegare soltanto, come già evidenziato,
attribuendone l'esecuzione ad un altro artista e non cer­
to a Bruno, il quale dalle xilografie degli Articuli in poi,
incornicia e correda tutte le sue illustrazioni con quei
singolari grafemi vegetali, astrali, ecc., che conosciamo.
Perché altrimenti dovremmo trovarli soltanto nelle inci­
sioni del De minimo e non in quelle del De monade e del De
immenso? Tanto più che, da un punto di vista filosofico, si
tratta di opere tra loro interdipendenti e che, nelle in­
tenzioni dell' autore, avrebbero dovuto essere edite insie-

8. Scrive il Tocco, op. cit., p. 21 1 , a proposito del De immenso:


« L'Autore non ebbe tempo di rivederlo, come avrebbe dovu­
to, per togliere le inutili ripetizioni, correggere i difetti di lin­
gua e di stile non infrequenti, e compiere i versi, secondo l'e­
sempio virgiliano, lasciati in tronco '' ·
9. Si veda l a Nota al Corpus iconographicum.
444 CORPUS ICONOGRAPHICUM

me. Ulteriore convalida al nostro discorso è la tavola IX


del De monade, tra tutte l'unica coronata e pervasa nel di­
segno dalla tipica decorazione a punti propria della ma­
no del Nolano, ottenuta con un leggero e sfuggente col­
po di sgorbia sul legno, una sorta di picchiettatura conti­
nua e irregolare, e anche l'unica eseguita in maniera
grossolana, con quei difetti d'intaglio, comuni ai limiti
artistici bruniani, più volte dichiarati. Se dunque la tavo­
la IX, così fatta, venne realizzata da Bruno (come quasi
sicuramente, per le stesse ragioni, anche la tavola X del
De immenso) , tutte le altre, di ben altro livello artistico,
non poterono che essere prodotte da un diverso xilo­
grafo. La presenza di questa tavola IX e della tavola X del
De immenso, in sé compiute, prova inoltre che Bruno do­
veva avere iniziato a lavorare anche all'apparato illustrati­
vo del volume con i due poemi, di cui tali figure riman­
gono una solitaria ma significativa testimonianza.
Da quanto detto emerge un'altra considerazione, ovve­
ro che i disegni di Bruno non dovevano contenere alcun
elemento ornamentale, né puntiforme, né vegetale o
astrale, altrimenti qualche traccia ne sarebbe pur dovuta
rimanere nelle xilografie realizzate dall'anonimo artista
che appunto trasportò su legno quegli stessi disegni: sul­
la fedeltà riproduttiva e precisione grafica di questo xilo­
grafo è difficile dubitare, considerando il rigore compo­
sitivo e stilistico della sua opera. Ne consegue che il filo­
sofo non solo inventava la sua originale decorazione a
punti, fiori, ecc. , a prescindere dal disegno geometrico,
cosa peraltro già notata negli Articuli, ma che si trattava
di una prassi del tutto personale ed estemporanea, non
studiata né delineata in precedenza, come del resto di­
mostra la mancanza di un ordine o modello grafico pre­
stabilito e ripetuto negli insiemi di punti o linee o fiorel­
lini che appaiono nelle incisioni degli Articuli e del De mi­
nimo. Certi elementi decorativi si possono pertanto consi­
derare una sorta di «firma >> artistica del Nolano, che non
poteva certo essere ripresa o copiata da altri, perché
frutto di un'improvvisazione creativa, di un'originalità
espressiva coniata sul momento dall'ispirazione del filo-
D E TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 445

sofo: prassi che nasce, come si osserva nell' Introduzione,


da un'intima partecipazione di Bruno alla realizzazione
grafica delle sue immagini mentali, dov'egli trasporta sim­
paticamente nella materia scolpita la forza noetica delle
sue visioni, in un atto teso a dare forza e potenza magica
all'immagine talismanica delle sue invenzioni xilogra­
fiche.
Tavola 1: p. 1 7; I, 3, p. 1 47

Tavola I

Figura l

L'immagine, detta Coincidentia anguli, va collocata tra i


vari esempi geometrici volti a dimostrare l 'identità tra il
(( massimo �� e il (( minimo �� , tema della coincidentia opposi-
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 44 7
torum che si ispira alle speculazioni in merito di Cusano,
sviluppate sia nel De beryllo10 che nel De docta ignorantia.11
Qui, come già nella tavola I del De umbris, Bruno ricorre
alla costruzione geometrica dell'angolo retto; il ragiona­
mento è il seguente: dati una retta AB ed un segmento
CD ad essa perpendicolare in C (tali che si formino gli
angoli retti DCA e DCB) , man mano che il segmento CD
ruota, restando fermo il punto C e declinando l'estre­
mità D verso B in senso antiorario, ecco che nasce una
teoria di angoli acuti (per esempio, nella ricostruzione,
D 1 CB) e di corrispondenti angoli o ttusi (per esempio
D 1 CA) , tra loro adiacenti e complementari. Nel momen­
to in cui tale declinazione fa sì che il segmento CD si po­
si e coincida con la retta AB, accade che il << massimo ango­
lo acuto >> e il « massimo angolo ottuso » « scompaiono >> si­
multaneamente, proprio come insieme « nascono >> quan­
do CD incomincia ad innalzarsi da AB per tornare per­
pendicolare. 1 2 Questa assoluta interdipendenza tra l'an­
golo acuto e l'ottuso, la generazione dell'uno dall' altro
ed il fatto che l'esaurimento di questo, dell'estremo « mi­
nimo acuto •• , produca il supremo « massimo ottuso >> costi­
tuisce per Bruno un chiaro exemplum13 di come nel cosmo
ogni « minimo >> sia nel contempo « massimo ••, ovvero di

1 0. Cfr. il commento alla tavola I del De umbris.


1 1 . Si veda soprattutto il capitolo 4 del Libro I; cfr. Tocco, op.
cit., pp. 1 39 sgg. ; Bònker-Vallon, op. cit. , pp. 66 sgg. , 124 sgg.,
1 66 sgg.
12. De minimo, l, 3, p. 1 48: « Sexto, in anguli termino super pla­
no ve! linea AB accepto puncto C, su per qua recta CD fixo ex­
tremo C nunc inclinetur nunc exurgat, ibi ad eodem C angu­
lus acutus et obtusus, extremis ve! mediis rationibus, et super
linea AB cadente recta CD simul intereunt maxime acutus et
obtusus angulus, qui simul eadem exsurgente nascuntur ».
13. Nel Rinascimento questo tipo di esempio geometrico-con­
cettuale (angolo retto e relativi, complementari, angolo acuto
e ottuso) , la cui genesi, come si è visto, si deve al Cusano, go­
dette di una certa fortuna se anche il Bovillus vi fece ricorso
per dimostrare la correlazione tra i sensi e l'intelletto: cfr. Liber
de sensu, in Que in hoc volumine continentur, c. 58r-v.
448 CORPUS ICONOGRAPHICUM

come ogni singola (( monade )) si espanda ed aggreghi ad


infinite altre, generando il (( massimo », il quale a sua vol­
ta altro non è che il « minimo )) stesso, perché da esso pro­
cede e in esso ha il fondamento: il « minimo )) che è unità
e principio indivisibile di tutte le cose e che in tutto per­
mane continuamente. 1 4

Tavola II: p. 18; I, 3, p. 1 48

Tavola II

Questa illustrazione costituisce, da un punto di vista di­


dattico-espressivo, un caso particolarmente interessante,
in quanto riunisce ed enuclea in sé due distinte questioni
geometriche che, nell'impaginazione del testo originale,
sono descritte proprio sopra e sotto la stessa xilografia. Il
pensiero che si vuole comunicare con entrambe le ico­
nografie riguarda ancora la dinamica tra « minimo )) e
(( massimo )) appena considerata. La prima, n eli' ambito
grafico dell'incisione, concerne soltanto i tre archi CD,
EF, GH e le corrispettive corde: come la diminuzione
progressiva degli archi e delle corde (GH, per così dire,
si riduce in EF, che a sua volta si riduce in CD, ecc.) por­
ta ad una convergenza e riduzione comune talmente

1 4. Cfr. in particolare il capitolo 2 del Libro I del De minimo, I,


3, pp. 1 38-40; ma cfr. anche pp. 1 41-47.
D E TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 449

Figura 2

« minima '' da impedire infine una loro distinzione, altret­


tanto accade se, viceversa, la teoria degli archi (e di conse­
guenza delle corde) CD, EF, GH, ecc. procede accrescen­
dosi. Infatti, aumentando al << massimo >> l'ampiezza dell'ar­
co GH, questo finirà per coincidere con la retta IK. 1 5 Bru­
no aveva già proposto, con la tavola I della Causa (a cui rin­
vio) , questa tematica geometrica ed il suo simbolismo.
La seconda questione geometrica riguarda il solo cer­
chio centrale connotato dalle lettere A e B. Qui si vuole
raffigurare il concetto che il moto più veloce e quello più
lento sono una cosa sola: il « veloce '' che si muove da A in
B e da B in A si trova simultaneamente sia in A che in B e
in tutta la circonferenza, e così permane « in quiete '' . 16

15. De minimo, l, 3, p. 1 48: « Septimo, in minimo arcu et mini­


ma chorda, quorum omnino non possis differentiam ullam
effingere, sicut etiam in idem veniunt maximus arcus atque
chorda, quandoquidem tanto ad rectitudinem magis accedit,
quanto maior est arcus CD, EF, GH ut tandem opus sit, ut
maximi cycli arcus idem sit quod recta IK>> .
1 6. lbid., I , 3 , p . 1 48: << Octavo, in maximo e t velocissimo motu, et
Tavola III: p. 47; I, 3, p. 1 80

Tavola III

Innanzi tutto il nome della figura: Campus Leucippi. II


termine « campo �� significa, nella mnemotecnica brunia­
na,17 il luogo, il subiectum, per cui qui si deve intendere lo
spazio da esso racchiuso, ossia la figura quadrata che ve­
diamo. Questa svolge pertanto, nel rapporto didattico
con il testo, una funzione mnemonico-immaginativa1 8
propria anche delle altre figure del De minimo. La stessa
nomenclatura di tali figure ( campus, atrium, area, ecc.) è
specifica del lessico dell' ars bruniana, e denota il locus in-

simpliciter tardo, seu maxima quiete, quae omnino oportet esse


unum atque idem. Nam simpliciter velox quod movetur ab A in
B et a B in A, simul est in A et B et in toto gyro; itaque manet » .
1 7 . Cfr. il commento alla tavola V del De umbris.
18. Si veda l'Introduzione e il commento alle tavole del De ima­
ginum compositione.
Figura 3

• • • •

• • • •

• • • •

• • •
1-
Figura 4

4 3 2 1

5 3 2 1

6 4 2 1

7 5 3

Figura 5
45 2 CORPUS ICONOGRAPHICUM

teriore dell'invenzione e della costruzione mentale delle


immagini. Il riferimento a Leucippo di Abdera, ma ciò ri­
guarda anche Democrito e Lucrezio, più volte citati nel
De triplice minimo e non solo, 19 si deve al fatto che Bruno
trae da questi << antichi filosofi,,, e rielabora autonoma­
mente, la sua concezione atomista20 fondata sul minimum,
per cui appare ben comprensibile che il N olano, in una
sorta di omaggio per quei sapienti « atomisti '', di lui
<< predecessori '' , chiami certe sue figure con i loro nomi .
<< Il minimo '' scrive Bruno <<è la sostanza delle cose [ ] . . .

Da esso derivano la monade, l'atomo, lo spirito che tutto

19. Per i numerosi luoghi cfr. Lefons, op. cit. , pp. 41, 49, 50.
20. A differenza della concezione meccanicistica dell' atomi­
smo antico, che spiega la cosmogonia come un'aggregazione
fortuita di atomi, il Nolano considera la genesi dei mondi co­
me il perenne frutto di una mente ordinatrice, che dà misura
e proporzione ad ogni cosa: cfr. De minimo, l, 3, pp. 1 36 sgg. ,
240 sgg., 269 sgg., soprattutto i primi due capitoli del De princi­
piis mensurae et fig;urae liber; il capitolo 7 del Libro VIII del De
immenso; il paragrafo " Matematiche astrazioni » dell ' Introdu­
zione; sul rapporto tra l'atomismo antico e lucreziano e il pen­
siero bruniano, si veda K. Atanasij evic, The Metaphysical and
Geometrical Doctrine of Giordano Bruno as Given in His Work «De
triplici Minimo », St Louis ( Missouri) , 1 972, pp. 3-19, 45 sgg.; A.
Ingegno, Cosmologia e filosofia nel pensiero di Giordano Bruno, Fi­
renze, 1 978, pp. 1 00 sgg.; G. Aquilecchia, fl dilemma matematico
di Bruno tra atomismo e infinitismo, Napoli, 1992. Bruno espone
la sua dottrina atomista (matematica, metafisica e fisica) nel
De minimo, nel De monade e nel De immenso: cfr. sopra la nota 2;
Tocco, op. cit. , pp. 1 36-326; A. Koyré, Du monde clos à l'univers
infini, Paris, 1962, pp. 1 7 sgg., 55 sgg. ( trad. it. Dal mondo chiu­
so all'universo infinito, Milano, 1974) ; P.-H. Michel, La cosmologie
de Giordano Bruno, Paris, 1 962, passim; Giordano Bruno, Prae­
lectiones Geometricae e Ars Deformationum, a cura di G. Aquilec­
chia, cit. , pp. xvm-xxv1; Ricci, op. cit., pp. 79 sgg.; Atanasije­
vic, op. cit. , pp. 20 sgg.; Bònker-Vallon, op. cit. , pp. 33 sgg. ;
Luthy, op. cit. , pp. 59-92 ;]. Seidengart, La cosmologie infinitiste de
Giordano Bruno, in Infini des mathématiciens, infini des philosophes,
sotto la direzione di F. Monnoyeur, Paris, 1992, pp. 59-82. Si
veda anche la nota seguente.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 453

pervade, senza alcuna dimensione e che tutto costituisce


con le sue impronte, essenza universale [ . . . ] Se non esi­
stesse la monade non ci sarebbero i numeri, essa infatti
costituì le specie, ordinando ogni genere. Pertanto è il
primo fondamento di tutte le cose [ . . . ] [ è il principio]
che determina il finito e permea lo spazio infinito, gene­
rando, connettendo, rinnovando, e perpetuando, eter­
no, tutto ciò che è composto e tutto ciò che è stato crea­
to semplice; infatti il massimo deriva dal minimo, è nel
minimo ed esiste grazie ad esso. La madre natura e le re­
gole dell'arte che la seguono lo pongono a base di ogni
composto che, se si osserva attentamente, si risolve anco­
ra in esso. Come un numero limitato di lettere e di ac­
centi ripone in sé un numero infinito di parole, delle
quali, in fin dei conti, la parte primigenia è costituita dal
punto che ne è pertanto la sostanza, non altrimenti la so­
stanza semplice delle cose è il fondamento delle cose, il
corpo minimo di ogni corpo >> .21 Proseguendo nell' analo-

2 1 . De minimo, l, 3, pp. 1 38-39: '' Minimum substantia rerum


est; l [ . . . ] Hinc monas, hinc atomus, totusque hinc undique
fusus l spiritus, in nulla consistens mole, suisque l omnia con­
stituens signis, essentia tota [ . . . ] l Esto nulla monas, numero­
rum non erit ullus; l namque ea constituit species, statuens
genus omne. l Quocirca in cunctis primum est fundamen­
tum, ut unde et Deus et natura parens, arsque explicat alte l
quod su per omne genus perstat, quod et in genere omni est. l
Ergo cluit constans in cunctis, et super haec qui l claudit fini­
tum, infinitum permeat amplum, l efficiens, nevtens, inte­
grans atque propagans l quidquid compostum, et simplex
quodcumque creatur l immenso a seclo pendens; quia maxi­
ma quaeque l ex minimo, in minimo, ad minimum sunt, per
minimumque l Hoc natura parens, artisque pedissequus ordo
l ponit componens, inque hoc speculando resolvit: l ut nu­
mero modico verba infinita reponit l litera et accentus, quo­
rum pars denique punctus l prima datur, quare hic tota est
substantia in illis; l non aliter rerum simplex substantia prima
est, l corporibus minimum corpus •• ; cfr. ibid. , pp. 239-42. Il
Tocco, op. cit., pp. 1 39 sgg., a proposito: « il Bruno esplicita­
mente dichiara, che intende parlare del minimo in quanto
realtà o sostanza delle cose. In altre parole il Minimo è la Mo-
454 CORPUS ICONOGRAPHICUM

gia bruniana, come il « punto '' è il minimum delle « lette­


re, accenti e parole » , così lo è il triangolo in quanto mi­
nimum di ogni superficie piana costituita da rette. Infatti
il triangolo, poligono con il mimino numero di lati possi­
bile, assume per Bruno la valenza di minimum22 nelle figu­
re piane, cosicché qualsiasi superficie piana può scom­
porsi in triangoli. Il motivo, da un punto di vista filo­
sofico e cosmologico, non è originale, in quanto già Pla­
tone nel Timeo23 assunse il triangolo come forma elemen­
tare dell'universo: più triangoli danno luogo ai cinque
poliedri regolari, il tetraedro, l'esaedro, l'ottaedro, l'ico­
saedro e il dodecaedro, rispettivamente forme del fuoco,

nade o sostanza semplice. E tre realtà possono dirsi così; Dio,


che Bruno chiama anche la Monade delle Monadi; l'anima
che scorre per l'infinita ampiezza delle cose e aduna gli ele­
menti di ogni composto rinchiudendoli e circoscrivendoli in
certi confini; infine l'atomo che è ai corpi quello che le lettere
e gli accenti sono alle parole, o quello che è il tratto o il punto
alle lettere stesse. Dio è la realtà suprema onde tutte le cose
promanano, l'anima è la forza che tutte forma e conserva, l'a­
tomo è l'elemento che di tutte è il sostrato. Onde si può dire
che tutte le cose sono dal minimo, per il minimo e nel minimo
[ . . . ] Allo studio del minimo fa seguire il Bruno l'altro sulla mi­
sura, poiché quello è condizione di questa. Saputo per esem­
pio che il triangolo è la minima figura rettilinea, perché con
meno di tre rette non si può chiudere lo spazio, è trovato il
modo di misurare qualunque poligono, il quale, come è noto,
si risolve in tanti triangoli, quanti sono i suoi lati meno due » .
22. Ibid., pp. 1 77 sgg.: « Pyramis e t triquetrum sunt queis pla­
num atque globosum l primum composta [ . ] In plano ex
. .

rectis, ubi quaelibet acta figura est, l quaelibe t agnoscit tri­


quetrum resolutio solum, l non adiens cyclum, triquetro in
minimoque quiescit » ; cfr. pp. 237 sgg. e la Sectio III (De trian­
gulo) del Libro V.
23. 53c-54c, cfr. A.E. Taylor, A Commentary on Plato 's Timaeus,
Oxford, 1928, pp. 361-75; F.M. Cornford, Plato 's Cosmology,
London, 1937, pp. 2 1 0-39; W.K.C. Guthrie, A History of Greek
Philosophy, Cambridge, 1977, vol. V, pp. 280 sgg.; in ambito ri­
nascimentale: Heninger, Touches, cit., pp. 1 04 sgg. ; in partico­
lare Ficino, In Tim., in opera, vol. Il, pp. 1 467-68.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 455

della terra, dell'aria, dell'acqua e del quinto elemento o


fig;ura mundi . 24
L'immagine di Bruno illustra appunto come una figu­
ra piana, composta da rette, sia suddivisibile in triangoJi25
e, nello stesso tempo, da questi generata. Difatti le tre se­
rie di numeri che cifrano la sequenza dei triangoli ( l ; l ,
2 , 3 ; l , 2 , 3 , 4, 5 ; l , 2 , 3 , 4, 5 , 6 , 7 ) denotano il progressivo
accrescimento del poligono (o se si vuole di un qualsiasi
spazio piano) partendo dal primo triangolo in basso a
destra, siglato con il numero l . Tale accrescimento - pre­
cisa il testo 26 si sviluppa per numeri dispari di parti di­
-

sposte quale gnomone intorno ad un minimum (come si


nota nella tavola III con la processione che va dal primo
triangolo in basso a destra - siglato con l - alle altre tre
serie di triangoli dispari, composte prima da 3 triangoli,
poi da 5, infine da 7) , ma si compie nel numero pari, nel
senso che se si aggiunge ad ogni serie dispari la « mona­
de » , ossia un altro triangolo, ciascuna di queste serie di­
viene composta da un numero pari di parti; per esempio:
il triangolo l + i triangoli l , 2, 3 4 triangoli. In sostanza
=

l'immagine vuole rappresentare qual è la dinamica for­


mativa di una superficie piana in ragione della monade­
triangolo, ossia come il « minimo >> genera il « massimo >> .
Notevole a proposito l'affermazione del Nolano, secon­
do cui << contemplare il Campo di Leucippo può innalza­
re dalla osservazione del minimo alla misura di tutte le
cose >> .27 Questa frase, per comprendere più a fondo una

24. Ficino, ibid., p. 1 468.


25. Cfr. il passo di Bruno (De minimo, I, 3, p. 1 78, w. 21-22) con
Platone, Tim. , 53c infine.
26. De minimo, I, 3, p. 237: << Novimus ut minimum circa unum
gnomone adacto, l in planis recto contentis limite quantis, l
Leucippi in campo similem servando figuram l imparium nu­
mero veniat polygona adolescens, l quam paribus constare fa­
cit monas addita tandem >> .
27. Ibid., p. 2 4 1 : << Leucippi campum et area Democriti con­
templare, ut possint te ad omnem mensuram ex minimi consi­
deratione promovere >> . Sul contenuto visionario-immaginale
di questa affermazione, si veda l' Introduzione .
456 CORPUS ICONOGRAPHICUM

simile iconografia, merita due considerazioni. La prima


rileva come il triangolo e la sua specifica << espansione >>
geometrica simboleggi, per sineddoche, la valenza uni­
versale della monade/ minimum che fonda e trama il tutto
in quanto mensura28 di ogni cosa. La seconda che la ratio
di questa mensura è lo gnomone pitagorico. Nel De triplice
minimo viene data la seguente definizione: in generale lo
gnomone è ciò che si aggiunge o si detrae da una figura,
facendo sì che essa aumenti o diminuisca conservando la
medesima forma;29 definizione che Bruno ricalca dalla
dossografia pitagorica30 che la diffuse, anche attraverso la
rappresentazione dei numeri quadrati posti a squadra se­
condo una progressiva successione di numeri dispari in­
torno all'unità, come nella figura 4, alla quale si rifà la
stessa immagine bruniana dal punto di vista numerologi­
co (fig. 5) .

28. Bruno definisce la << misura » ciò che mostra quanto sia gran­
de il tutto e, in generale, definisce lo stesso minimo ( ibid., p.
285: « Quid mensura. Mensura est totum monstrans sumpta at­
que resumpta quantum sit; minimum finit generaliter ipsum >> ) ;
cfr. più in generale il De mensura liber, Libro V, ibid., pp. 300 sgg.
29. Ibid. , p. 286: << Quo adiecto in similem formam est exaucta
figura, aut dempto est eadem, gnomo generalius esto »; cfr. an­
che pp. 215, 2 1 8-20.
30. Aristotele, Phys., 203a; Nicomaco di Gerasa, Arithm. , l, 9; II,
1 1 e 1 3; Teone di Smirne, Exp., I, 33; Boezio, In Categ. Arist. , 4
( Migne, PL, LXIV, coll. 290-9 1 : << Sed sunt quaedam crescentia
quae non alterantur, ut quadratum, circumposito gnomone,
crevit quidem, alteratum vero nihil factum est •• ; si veda anche
De arithm. , Il, 1 0 ) ; cfr. P.-H. Miche!, De Pythagore à Euclide. Con­
tribution à l'histoire des mathématiques préeuclidiennes, Paris, 1 950,
pp. 304 sgg.; Heninger, Touches, cit., pp. 72-90; P. Zellini, Gno­
mon. Una indagine sul numero, Milano, 1999, pp. 26 sgg. e, con
riferimento a Bruno, pp. 226-30.
Tavola IV: p. 50; I, 3, p. 1 83

Tavola IV

Stabilito che il cerchio è la « minima » figura piana co­


me la sfera è il << minimo >> solido, Bruno31 mostra con
questa immagine come il cerchio si accresce, analoga­
mente a quanto accade, grazie ai triangoli, alla figura pia­
na costituita da rette nel « Campo di Leucippo », di cui
sopra. Infatti, intorno al « minimo » cerchio centrale del­
la xilografia possono unirsi non più di sei << minimi » cer­
chi uguali ad esso tangenti:32 naturalmente la figura può
essere ampliata con l'aggiunta di altri « minimi » o ele­
menti circolari, così come può venire ridotta. Anche in
questo caso, come nel « Campo di Leucippo », la crescita
o estensione spaziale del minimum non avviene aggregan-

3 1 . Per quanto riferisco qui del pensiero bruniano, si veda, in


particolare, De minimo, l, 3, pp. 1 77-86.
32. Per le ragioni geometriche già considerate nella tavola II
deli' Infinito.
458 CORPUS ICONOGRAPHICUM

dovi un altro singolo << minimo >> , e poi un altro ancora e


così via, bensì un determinato numero di << minimi » , se­
condo l'ordine della processione gnomonica. Lo svilup­
po e la concertazione dei << minimi » nello spazio brunia­
no, sia poligonale che circolare, seguono pertanto, e ov­
viamente, una progressione geometrica e non aritmetica.
Su questa figura, denominata Area Democriti, si veda il
commento alla tavola II dell'Infinito (con l 'annessa rico­
struzione geometrica) . s3

Tavola V: p. 76; I, 3, p. 2 1 2

Tavola V

33. Cfr. anche Atanasijevic, op. cit. , pp. 5 1-53; Luthy, op. cit.
5
Figura 6

Figura 7
460 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Il sofista Antifonte di Atene, secondo alcune testimo­


nianze,34 ritenne che inscrivendo in un cerchio dei poli­
goni regolari, secondo una progressione in ragione del
crescente numero dei lati di ciascuno (prima un quadra­
to, poi un ottagono . . . secondo la sequenza di lati 4, 8,
1 6, 32, ecc. ) , si riusciva infine ad ottenerne uno i cui lati
risultavano così piccoli da coincidere con gli archi mini­
mi dello stesso cerchio. Dal punto di vista geometrico,
ciò si raffigura, come mostra la xilografia bruniana, in­
scrivendo un quadrato in un cerchio, dividendo poi a
metà i lati di quello ed innalzando la perpendicolare dai
punti di divisione ( a, h, c, d nella ricostruzione della figu­
ra 6) ai corrispondenti archi che ne vengono bisecati ( 1 ,
3, 5 , 7: figura 6) . Congiungendo questi ultimi punti e
quelli dove gli angoli del quadrato toccano il cerchio (2,
4, 6, 8: figura 6) si ottiene un ottagono ( 1 , 2, 3, 4, 5, 6, 7,
8: figura 6) . Proseguendo con lo stesso sistema, cioè di­
videndo i lati dell'ottagono inscritto (i punti a, h, c, d, e,
f, g, h nella ricostruzione della figura 7) , bisecando i cor­
rispettivi archi (2, 4, 6, 8, 1 0, 1 2, 1 4, 16: figura 7) e con­
giungendo questi ultimi punti come pure quelli ( 1 , 3, 5,
7, 9, 1 1 , 13, 1 5 : figura 7) dati dall'incontro tra gli angoli
del poligono con il cerchio, si disegna un poligono di se­
dici lati ( 1 , 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 1 0 . . . 16: figura 7) . Altret­
tanto di seguito.
Bruno riprende il procedimento di Antifonte per di­
mostrare che esiste un punto minimum in cui la corda o
« retta >> (il lato del poligono) e l ' arco o « curva >> della
circonferenza coincidono equivalendosi. In altre paro­
le: moltiplicando i lati del poligono inscritto in un cer-

34. Aristotele, Phys., 1 85a; Simplicio, Phys., LIV, 1 2; Temistio,


Phys. , IV, 2; l'argomentazione riguarda la quadratura del cer­
chio (cfr. Figuratio, l, 4, p. 1 45 ) , ma contrasta con il principio
geometrico secondo cui le grandezze sono divisibili all'infinito
( di ciò è consapevole Bruno, Libri phys., III, p. 275) ; sulla que­
stione cfr. G. Loria, Le scienze esatte nell'antica Grecia, Milano,
1 9 1 4, pp. 94-95; Michel, op. cit., pp. 2 1 4-1 6; Mondolfo, op. cit.,
pp. 256-58.
D E TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 461
chio si giunge ad un punto in cui la minima corda e il
minimo arco sono uguali. << Il cerchio >> si afferma nel De
minimo35 << è certamente un poligono perché consta di
punti » , i quali dove si toccano l'uno con l'altro forma­
no un angolo.
Nella xilografia, come accade nelle seguenti tavole VI,
VII, IX, il quadrato che contorna il cerchio, e ai cui an­
goli compaiono motivi floreali e a piccoli tondi, non va
considerato elemento della dimostrazione geometrica di
Antifonte, alla quale per altro è del tutto superfluo, ma
costituisce la cornice o bordo del subiectum immaginato,
di cui si è discusso più volte in precedenza.

Tavola VI: p. 80; l, 3, p. 2 1 7

Tavola VI

35. « Circulus ut punctis constat, polygonia certa est » : I, 3, p.


2 1 2 , ma cfr. pp. 2 1 3- 1 4.
462 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 8

Figura 9 Figura 10

Ciascuna figura geometrica cresce secondo il proprio


minimo e secondo la progressione dettata dal suo spe­
cifico gnomone,36 che ne mantiene inalterata la forma,

36. Si veda sopra la tavola III e le note 21-23; De minimo, I, 3,


pp. 2 1 7-18: « Quadrato scilicet, cuius septem partibus extre­
mus gnomo comflabitur, immediate novem similium et aequa­
lium partium gnomo erit adiicendus •• .
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 463

vale a dire che la figura si ingrandisce senza subire varia­


zioni formali. L'immagine, chiamata Examen Tetragoni­
smi/7 sembra, secondo le involute indicazioni del testo,38
volere raccogliere in sé varie figure geometriche ( cer­
chio, triangolo, quadrato: quest'ultimo non è rappresen­
tato) e le loro componenti. Tuttavia il testo non menzio­
na le lettere (A, B, C, D, E, F) che denotano l'esagono in­
scritto nel cerchio, né cita quest'ultimo (anzi, si parla di
« pentagono >> ) , come non vi si fa cenno ai due triangoli
equilateri sovrapposti (AEC e DFB) , né ai sei petali della
rosa geometrica.
Probabilmente l'immagine vuole illustrare quanto Bru­
no asserisce poco prima nel testo:39 ricavando geometri­
camente da un unico cerchio altri 6 cerchi uguali, la figu­
ra diviene più grande eppure non cambia. Difatti, dato
un cerchio di centro O (come nella ricostruzione: figura
8 ) , se si tracciano sulla sua circonferenza 6 cerchi con i ri­
spettivi centri tra loro equidistanti (A, B, C, D, E, F: figu­
ra 8) , si genera un disegno che non modifica il cerchio di
base con centro in O ma lo accresce, ne arricchisce le va­
lenze geometriche e compositive con l'esagono, i trian­
goli e la rosa. Una simile costruzione si ispira ad alcune
incisioni (figg. 9 e lO) del Libellus de Mathematicis rosis del
Bovillus. 40

37. '' Esame della quadratura >> : il lemma tetragonismus è in Ari­


stotele (De an., 413a; Cat., 7b) con riferimento alla quadratura
di una figura rettilinea oblunga come alla quadratura del cer­
chio.
38. De minimo, l, 3, p. 2 1 7: « Intueare l archetypum, cuius con­
versis partibus atque l directim sumptis varia inde habitudo
reportet, l quae integrant cyclum et triquetrum dant atque
quaternis l productum costis, geminae partesque figurae l di­
stribute >> .
39. Ibid., p. 2 1 6: « Seni quapropter ut uno l a cyclo tantum pa­
riles cycli excipiuntur, l exaucta ut fiat, sed non mutata figu­
ra » .
40. Alle cc. 1 80v-1 86r: cfr. la tavola II dell 'Infinito.
Tavole VII, VIII: p. 90; I, 3, p. 228

Tavola VII

l. c

Tavola VIII
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 465

c D E

Figura 1 1 Figura 1 2

La prima immagine ( Campus Democriti) rappresenta


come nel quadrato ABCD gli '' atomi '' o « minimi " si toc­
chino in modo continuo4 1 soltanto lungo le linee ortogo­
nali dei lati ( da A a B, da B a C, ecc. ) , mentre tale « conti­
nuità " non ricorre lungo le diagonali (da A a C, da B a D
e viceversa) , dove gli « atomi " si toccano « angolarmen­
te >> .42 Si tratta di due diversi modi di progressione, nei

41. Tale continuità non è assoluta in quanto tra un atomo e


l' altro sussiste sempre e necessariamente la distinzione, ossia
uno spazio o vuoto che li separa: soltanto l'unità atomica, che
è indivisibile, non presenta in sé alcuna parte distinguibile.
Pertanto non si può concepire qualcosa di veramente conti­
nuo (De minimo, l, 3, p. 223 : « quod piane inter quascunque
[ . . . ] atomos oportet mediare, sicut extremum unius ab extre­
mo alterius est distinctum, et praeter ipsum insectile, cuius
non ulla est pars, nihil vere continuum possis intelligere >> ) .
42. De minimo, l, 3, pp. 227-29: « Minima et partes quaelibet ae­
quatae eiusdem magnitudinis et regulariter aequatis disposita
intervallis, ut eae quae sunt a costa, ita sigillatim tangunt eas
quae sunt in diametro partes. Quando enim ita continue per
diametrum procedunt et ordinantur, non obtinent legem pro­
gressionis eiusdem atque continuitatis per costam. In quadra­
to enim ABCD continue atomi se attingunt ab A versus B et D,
non autem ab A versus C. Quadrata etiam quae sunt ab A ver­
sus B et D se invicem attingunt lateraliter et continuantur, ab
A vero versus C et a B versus D se tangunt angulariter. E contra
466 CORPUS ICONOGRAPHICUM

quali differisce il grado di spazio vuoto tra minimo e mi­


nimo.43 Similmente accade nel triangolo equilatero FEG
( tav. VIII) circa i « minimi >> disposti lungo i lati e quelli
lungo le altezze.
Sull'utilizzazione grafica del « punto '' o piccolo circolo
per rappresentare l'atomo o minimo, si veda la successiva
tavola X.

vero in triangulo EFG. In quadrato igitur non est con.tinuatio


partium homogenearum, neque absolute minimarum nempe
circulorum per diametrum, sed per costam >> ; cfr. Atanasijevic,
op. cit. , pp. 71-73.
43. Cfr. Tocco, op. cit. , pp. 1 59-60.
Tavola IX: p. 95; I, 3, p. 233

Tavola IX

A B

Figura 1 3

Tre cerchi (uno piccolo, uno mediano e d uno pm


grande)44 tangenti ad una linea AB in uno stesso punto

44. De minimo, I, 3, p. 234: « Mirum hoc esse doctores aiunt,


quod planum vel lineam AB circuii successive minimus, mino­
res, mediocres, magni atque maiores quantumlibet excrescen-
468 CORPUS ICONOGRAPHICUM

C, la toccano solo in quest'unico punto. Se così non fos­


se, il cerchio maggiore, con centro in D, ingrandendosi
sempre di più arriverebbe con la circonferenza a toccare
i punti angolari A e B, per cui la linea ed il cerchio coin­
ciderebbero. Considerazioni geometricamente impossi­
bili secondo i princìpi euclidei, per i quali la tangenza è
data da un solo punto di contatto.45
Bruno invece ritiene che più il cerchio con centro D
si ingrandisce più aumentano i punti di contatto con la
linea tangente AB; così negli Articuli: " Minimus circu­
lus uno, minor paucioribus, maior pluribus, maximus
omnibus punctis tangit lineam vel planum subiec­
tum » .46 La proposta bruniana va colta nell'ambito della
dinamica che vede convergere e coincidere il " massi­
mo •• con il " minimo » , ovvero della linea curva e di
quella retta, di cui si è già detto qui sopra alla tavola II e
altrove, per cui il contatto tra la circonferenza e la retta
risulta lineare.

tes, non unquam linealiter, sed punctualiter lineam vel in


puncto C contingant. Quantoque maior est circulus, tanto li­
nea DA vel DB in punctis a termino D remotioribus et ad ter­
minos A et B propinquioribus intersecant».
45 . Cfr. le proposizioni 1 3 e 32 del Libro III degli Elementi.
46. I, 3, p. 1 4.
Tavola X: p. 105; I, 3, p. 244

Tavola X

Figura 1 4
470 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L'immagine, come dichiara anche il testo,47 vuole illu­


strare come un angolo non può essere diviso in più di
due parti. Dato un cerchio di centro C e diametro AB, se
dividiamo l'angolo piatto ACB con il raggio EC, ottenia­
mo i due angoli ACE e ECB, dai quali, se ancora suddivi­
si (evidentemente dai raggi CD e CF: il testo tace in pro­
posito ) , si generano gli angoli BCD, DCE, ECF, FCA. Al­
tre, successive suddivisioni sono impossibili. Questa affer­
mazione di Bruno, insensata nello specifico della pratica
geometrica, risulta plausibile se intesa come massima ge­
nerale: infatti, dividendo un angolo piatto (ACB) possia­
mo ottenere o due angoli retti (appunto ACE e ECB) se
a dividerlo è la perpendicolare (EC) , oppure un angolo
ottuso ed uno acuto, qui indicati da BCD, FCA (ottusi) e
da DCE, ECF (acuti) . Non molto precipui questi ultimi
accostamenti, in quanto la logica geometrica vorrebbe
che si trattasse di angoli supplementari, per cui la serie
dovrebbe essere: BCD + DCA (ottuso + acuto) , FCA +
FCB (ottuso + acuto) .
Nella pagina la xilografia è posta capovolta e la qualità
dell' esecuzione incisoria è assai scadente. Il motivo ico­
nografico di piccoli circoli48 oppure, come qui, di minu­
scoli tondi o punti disposti serialmente, inteso quale rap­
presentazione di un'unità o elemento basilare, che in
Bruno raffigura il minimum o monade, deriva dall'antica
e tradizionale segnatura dei numeri naturali attraverso
un insieme di punti posizionati ordinatamente nello spa­
zio. Si tratta di un topos del linguaggio matematico, la cui
genesi va ricercata nella scuola pitagorica. 49 Le fonti di­
rette, che sembrano ispirare a Bruno l'uso di questa figu­
razione dei numeri per punti o circoli, vanno ricercate

47. De minimo, I, 3, pp. 243-45; cfr . Articuli, I, 3, p. 3_2 .


48. Come sopra nel caso delle tavole IV, VII, VIII; cfr. anche la
tavola VI.
49. Cfr. Miche!, op. cit. , pp. 295 sgg.; Heninger, Touches, cit. , pp.
71 sgg.; Zellini, op. cit. , pp. 26-32, in particolare la nota 3 a p.
26.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 47 1

soprattutto nelle opere a stampa di due autori da lui cita­


ti e stimati/0 gli umanisti Jacques Lefèvre d'Etaples e il
suo allievo Carolus Bovillus:5 1 in esse compare infatti un
simbolismo numero-puntiforme del tutto simile a quello
bruniano. Del Bovillus si è già detto qui sopra alla tavola
VI: mi limito come esempio a riportare alcune pagine del
Libellus de Mathematicis rosis 52 (figg. 1 5 e 1 6 ) con numeri e
sistemi numerologico-geometrici denotati tramite insie­
mi di punti, in �omposizioni significative per il nostro
confronto iconologico.
Ma è soprattutto al D'Etaples che bisogna guardare: in­
fatti, oltre alla sua famosa Epitome al De institutione arithme­
tica di Boezio (edita a Parigi nel 1 496 e più volte ristam­
pata nel corso del Cinquecento) ,S3 nella quale ricorrono i
numeri espressi da elementi puntiformi, si devono men­
zionare alcune significative pagine dell'Arithmetica demon­
strata. Qui troviamo un'iconografia matematica la cui
specificità formale e analogica concorda con quella della
figura bruniana, in particolare abbiamo l'immagine54
(figura 1 7, figura 18: particolare) di un sistema esagona­
le (regolare) cifrato attraverso unità numeriche puntifor­
mi posizionate geometricamente, proprio come accade
nella xilografìa bruniana. Notevole la stella segnata dai

50. Cfr. De lampade, Il, 2, p. 235, e il commento alla tavola II


dell'Infinito.
5 1 . Si veda in Victor, op. cit., pp. 1 2 sgg.
52. Alle cc. 1 8 1 r-1 84v.
53. Op. cit. , vol. Il, p. 16; M. Masi, Boethian Number Theory. A
Translation of the De /nstitutione Arithmetica, Amsterdam, 1 983,
pp. 5 1-52.
54. In hoc opera contenta: Arithmetica Uordani Nemorarii] de­
cem libris demonstrata [per Jacobum Fabrum Stapulensis] .
Musica libris demonstrata quattuor. Epitome in libros arithmeticos
divi Severini Boetii. Rithmimachiae ludus qui et pugna numero­
rum appellatur, Parisiis, 1 5 1 4, c. d3r; la prima edizione ap­
parve a Parigi nel 1 496; cfr. Claude de Boissière, Le tres excel­
lent et ancient ieu Pythagorique dit Rythmomachie, Paris, 1 556,
pp. 8 sgg.
femldyametrl:
ulo primu1pen•
:lrcu(Js collan•
cus en drcul9.

Penta gone
rofe Arnh
metlce•
meta b. c,cJ,c,f. r
:ubomnes [fecu •

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!ntfìgurade. • •
thago ni :u:idl• •

feccterisrofaljil •

1rasnouerirpmgcre rUils: le et Jl 16
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ius et quinarii multiplices •
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continu1s quinanj multlpliab, • • • • •
uJdir. • • • •
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tteta ut ienanotiruunnu.
Terti;� J6 :qui fenarlolinirur.Quarra JI:quein vnl<o ��
6 51
finìra efl.Eura confequenwuepc:rle'I'Omnes pen• r6
duaS/ in fenarium:et fequenccs proXJmas duas:iiJ : !
J
J

:onerofe:totius fumma repetirt.

~
>xlme minorem. et vrr:umq� du c rn fe�p(um.Delnde
icer qui Jmp:u_flli!n.tl �n medre�:�rem pans.er ,pdn•
rt� po:nd1agone �olcllumrna. Vr propofito quarcr•
;m t. r6 .Temanlictuocp proxime eo nnnorem1 \'O!uo
remo quarernaru med1um hoc ell b111arium: duco
em'l' pro>duél:os:r6.9.et 6. qui 31 conflanu quarte ) ./
:rens faaendum.
l penthagonam rofanr: erre compofita/ ex

rigono1cum minore'quadratorum tom,


1 '

u�rori1 infeiplòs: gi gnu ncur prOXJmiquadratl duo, 1-----1---+

(
�-,
alrerii: n�fc1ftrigpnus rof'J quoruselt minor qua•
1ns penrhagomi gignlt rofam.ornniu �um proxi•
fl alreru:mg.mu g•gn•c. Vr quarta

péthagoDa rofa
:juadratls:idli t 1 6 er.9 er 1ènano remo trigono,

umusfocuti.q lola vera ell et prctlantlffirna 1ofarii:


(
et eqn ulé circulil cotingétes:rotileundé arcunllit/ '
:Que aiit roCe funrinfra rxagon:i:falicer 111 gona;
prrfcae funr .et ahqua p:mc circa medliicirculum

or erc;umq1 ranr6 circub:puuciores ru ntl q :�d meo
corofehexagon:i rof:im fequunrur. v t h�ragonal �\)
>li goniurli fpectes: lunthabundanres.NQ plures li
rcu!o rnediol linelcélionef•innicem conringentes
arnm ec cererarum quarumcun 'i.rofarum nwne.
:l lcgeclicics.

Figura 1 5
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Figura 1 6

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Figura 1 7
474 CORPUS ICONOGRAPHICUM

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o o e e o o
50 e Q e Ob
e o .:, e

8
Figura 18

raggi dei punti neri uscenti dall 'unico punto centrale,


come dall'immagine qui sopra.
Se in questa figura del D'Etaples la simmetrica disposi­
zione dei punti neri indica soltanto, come si evince dal
testo, le tre diagonali (Jc, eb, dg) ovvero i 6 raggi dell'esa­
gono regolare bcdefg, in Bruno esprime anche la perfetta
suddivisione di una circonferenza secondo l'accresci­
mento progressivo del minimum in un cerchio. Infatti, co­
me sappiamo dalla tavola IV - l' « Area di Democrito >> esa­
minata sopra -, intorno ad un circolo possono tangere
solo altri 6 cerchi di raggio uguale, ossia se abbiamo 6 cir­
coli alla circonferenza (si veda la ricostruzione: figura 19,
circonferenza a) , l'area relativa risulterà di 7 tondi; se i
cerchi alla circonferenza sono 1 2 (figura 19, circonferen­
za b) , l'area sarà di 19 ( 1 2 + 7) ; se ne avremo 1 8 (figu­
ra 19, circonferenza c) l'area verrà occupata da 37 circo­
li ( 1 8 + 1 2 + 7) , e così via.55 Ne consegue, come pre-

55. De minimo, I, 3, p. 242: « Si circumferentia constet octode­


cim partibus, area erit partium septem et triginta. Duodecim
partibus circumferentia aream decem et novem partium com­
plectitur, illa sex partibus istam septem partium. Una tandem
pars se ipsam aut nihilum comprehendens homogeneum re­
stat •• ( « Quando rimane soltanto una parte, questa comprende
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 475

Figura 19

eisa il Nolano,56 che l'unica suddivisione che rispetti l'e­


satto sviluppo del minimum nel cerchio è quella che pro­
cede dal minimum centrale lungo i 6 raggi simmetrici (si
veda la ricostruzione delle figure 19 e 20 con le relati­
ve divisioni alla circonferenza 1-2-3-4-5-6) , secondo uno
schema puntiforme esagonale che ricalca quello della
suddetta figura del D 'Etaples.

solo se stessa e nessun'altra grandezza omogenea » ) ; cfr. pp.


241-45.
56. lbid., p. 245: « cum ex toto gyro non plus quam a sex com­
paribus minimis valeat attingi? » ; " quantamcunque tamen ac­
cipias vel concipias partem, quae tibi media inter aequales par­
tes constituatur, ea procul dubio, sicut in Democriti area, non
plus quam tribus diametris communis poterir esse pars, que­
madmodum neque plus quam sex radiis attingitur » .
Figura 20
Tavola XI: p. 1 1 4; I, 3, p. 253

Tavola XI
478 CORPUS ICONOGRAPHICUM

A 12 1 1 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 B

l p l A l R l T l E l S P I R I I I M I A I E I

A l l
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l l
'
l .l B

Secundae 2 l l l l l l l l l l .l
l l l l l l l l l l -l F

l l l l l l
Tertlae 3 ' ' ' ' ' '

Quartae 4 ' ' ' ' '

Qulntae 5

Sextae 6

Figura 21

Questa curiosa iconografia, denominata Plectrum Mor­


dentii ( « Plettro di Mordente » ) , in riferimento al meto­
do elaborato con il suo compasso dal Mordente, raffigu­
ra il tentativo di determinare la misura di una parte ri­
spetto ad un tutto. Dal momento che esiste un minimo
e che un intero consta di un numero determinato di
parti,57 considerando inoltre il primo assioma del Mor­
dentius,58 secondo cui il rapporto tra due interi è lo stes­
so di quello che esiste tra due parti simili di essi, ne ri-

57. Ibid., pp. 252-53.


58. l, 4, p. 234 (capitolo 3; G. Aquilecchia, in Bruno, Due dialo­
ghi sconosciuti, ci t., p. 38) ; cfr. Atanasijevic, op. cit. , pp. 80-82;
Camerota, op. cit., pp. 85-86, 99-1 04. Il tema è il seguente: sta­
bilita l'uguaglianza tra il minimo arco e la minima corda, è
possibile misurare una grandezza continua fino alle sue ultime
parti in rapporto al diametro e alla circonferenza. Gli assiomi
di questa " scienza dei residui ,, sono due: il primo stabilisce
che il rapporto tra due interi è lo stesso che esiste tra due par­
ti simili di essi; il secondo che il minimo ed il massimo sono li­
miti oltre i quali non si può procedere. Contrariamente alla te­
si aristotelica (Phys., VI ) , che prevede la divisibilità all 'infinito,
Bruno sostiene l' esistenza di un minimo come fondamento di
tutte le cose, parte ultima e indivisi bile della specie, del nume­
ro e della materia. Al contrario non pone limiti all'estensione
infinita dei mondi.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 479
sulta che " qualsiasi parte della prima parte sta a tutta la
prima parte come questa al tutto, ugualmente qualsiasi
parte della seconda parte (ovvero la terza) sta a tutta la
seconda parte, come questa sta alla prima e la prima al
tutto. La stessa ratio vale per le quarte, quinte, seste, ed
altre parti delle parti >> .59 Il procedimento è illustrato
dalla xilografia dove, data una retta AB suddivisa in 1 2
parti e alcune linee ad essa parallele, possiamo trovare
su queste la reiterazione delle frazioni di quella secon­
do una successione per cui la metà ( nella figura corri­
sponde al segmento CB) di una parte di AB produce
una suddivisione in 24 parti (seconde parti) , il suo terzo
in 36 parti ( terze parti) e così via.

59. De minimo, I, 3, p. 253: ,, est notandum ita se habere quam


libet partis primae partem ad totam partem primam, sicut pri­
ma pars ad totum; item sic quamlibet secundae partis partem
(quae est termia) ad totam secundam partem, sicut tota se­
conda pars se habet ad primam et prima ad totum. Eadem ra­
tio est de quartis, quintis, sextis, et aliis deinceps partium par­
tibus '' ·
Tavola XII: p. 1 1 5; I, 3, p. 254

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2. f '7 8 o
.z. 9 9 8 7 (i
f 8 4 8 o
.z. 9 H f 9 8 ...
.z. H 8 .z.
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1 o 7 ' 6
7 2. 8
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l.

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'

...4

Tavola XII

Non si tratta di una xilografia in senso proprio, in quan­


to le lettere e i numeri sono ottenuti con piombi tipo­
grafici, così come con stampi lo sono i tre elementi florea­
li apposti in basso al triangolo, per altro comuni all'orna­
mentazione libraria cinquecentesca. Tuttavia il geometri­
co inquadramento del tutto ne fa un'immagine compiuta,
significativa dell'uso iconografico-didattico con cui Bruno
esibisce soggetti anche di stretta valenza numerologica. La
raffigurazione, sufficientemente chiara da non rendere
necessaria la ricostruzione, rappresenta la « Scala del duo­
denario >>, ovvero la progressione numerica delle parti, di
cui alla tavola precedente, in ragione di 1 2 .60 Nel triango­
lo ABC, dal basso: 1 2, 1 44, 1 728 . . . gli ultimi ·due numeri
sono inesatti, perché 35 .831 .808 X 12 = 429.981 .696 (e

60. Lo stesso, ma in ragione di 60, ancora nel De minimo, l, 3, p.


268.
D E TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 481
non 429.987.696) e 429.981 .696 x 12 = 5 . 1 59. 780.352 (e
non 5.259.780.352) .

Tavola XIII: p. 1 1 7; I, 3, p. 256

Tavola XIII

L'immagine, chiamata Quadra Mordentii (« Quadrante


di Mordente �� ) , riguarda ancora il procedimento visto per
il « Plettro di Mordente ��, e riprende la prima e la seconda
dimostrazione della << trifigura » descritte nel Mordentius. 6 1
Si tratta dell'individuazione di parti o frazioni della retta
AB attraverso linee oblique alla medesima. Data la retta
AB, e costruito il triangolo rettangolo BAH, possiamo

6 1 . I, 4, p. 243 (si veda la tavola I nei Dialogi duo) ; cfr. G. Aqui­


lecchia, in Bruno, Due dialoghi sconosciuti, cit. , pp. 45-46; De mi­
nimo, I, 3, pp. 256-57.
482 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 22

suddividerla con la retta HG in due parti uguali nel pun­


to mediano G, ed in quattro parti con la retta HF in F
(FA = 1/4 di AB) : questo frazionamento di AB trova corri­
spondenza in quello di IK (ottenuto con le stesse linee HF
e HG) . Il segmento IK è uguale ad 1/6 di AB. Le frazioni
generate sulla retta AB sono riportate proporzionalmente
sulla parallela di AH , nei punti B, D, E, C.
Tavola XIV: p. 1 18; l, 3, p. 257

Tavola XIV

Figura 23
484 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Questa Charitum cythara (« Cetra delle Grazie » ) , come la


chiama il Nolano, è una variante sul tema precedente espo­
sto con le tavole XI e XIII. Qui la retta divisa in 1 2 parti è la
base AB del triangolo equilatero ABC. Il segmento GB è 1/6
di AB ed è uguale a DE, che è parallelo ad AB: qualsiasi fra­
zionamento del segmento DE è proporzionale a quello di
una parte della retta AB, e quindi dell'intera retta.

Tavola XV: p. 1 23; I, 3, p. 262

Tavola XV

In questo caso Bruno crede che si possa .dividere un ar­


co o un cerchio secondo un numero determinato di par­
ti, quindi descrivere qualsiasi poligono in un cerchio,
purché si divida l'arco o la circonferenza in quanti lati ri­
chiede il poligono voluto. Il filosofo ritiene così, accet­
tando il calcolo di approssimazione e ponendo artificio-
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 485

Figura 24

samente l'uguaglianza tra la divisibilità dell'arco e quello


della corda, che si possa realizzare la quadratura del cer­
chio. 52
Il discorso geometrico è il seguente: preso l'arco HF
come sesta parte di un cerchio, si costruisca il triangolo
HFG, che ha il vertice nel centro G del medesimo cer­
chio e per base la corda HF, la quale, per ovvie ragioni, è
uguale al raggio, ossia HF = HG = FG, ovvero ai lati dello
stesso triangolo. Per dividere l'arco HF in tre parti è
sufficiente tagliare il lato FG in altrettante parti, per cui
GK risulta 1/3 di FG e, secondo Bruno, corrisponde a 1/3
dell'arco HF. Lo stesso dicasi per il sottostante arco AB e
triangolo ABC.

62. De minimo, I, 3, pp. 2 1 2-14, 261-63; si veda sopra la tavola V.


Sulla vexata quaestio, cfr. Tocco, op. cit., pp. 1 54, 162-64.
Tavola XVI: p. 1 25; l, 3, p. 264

Tavola XVI

Figura 25
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 487

In questo caso si applica al cerchio la suddivisione in


più parti di un tutto, già esposta nelle figure precedenti.
Il meccanismo geometrico serve a stabilire quanta parte
di un cerchio sia un arco dato. Questo è determinato dal­
la corda che corrisponde alla base del triangolo con il
vertice nel centro del cerchio medesimo. Sulle circonfe­
renze la teoria dei successivi frazionamenti.

Tavola XVII: p. 1 26; I, 3, p. 265

Tavola XVII

Altra variante sullo stesso tema di cui sopra, sul quale


ora il testo non offre alcuna indicazione specifica e l'ap­
prossimazione grafica non ne aiuta certo la comprensio­
ne. Probabilmente l'immagine raffigura il caso in cui la
misura di un arco (o parte) è comunque commensurabi­
le a quella di una circonferenza (o tutto) anche se, ripor­
tato geometricamente l'arco sulla circonferenza al fine
di vedere quante volte ne è compreso, ci si accorga che la
488 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 26

misura della somma di tali parti (o archi) non coincide


con quella dell'intera circonferenza (o tutto) , ma la su­
pera in eccesso oppure rimane in difetto, cioè più corta.
Ciò si rende possibile, sempre secondo il filosofo che ri­
prende le indicazioni del Mordente,6' frazionando ulte­
riormente la misura della parte residua per « eccesso ,. o
per « difetto ,. fino a renderla commensurabile a quella
della circonferenza. Qui, rispetto ad un cerchio (o coro­
na, con centro C) suddiviso nelle canoniche 1 2 parti, ab­
biamo l'arco AD e quello ID che, se intendo bene, sono
di misura maggiore (AD) e minore (ID) rispetto ad una
dodicesima parte della misura della circonferenza; le re­
lative frazioni dei residui si calcolano sugli archi KE e
HK.

63. Cfr. il commento alle tavole dei Dialogi duo.


Tavola XVIII: p. 1 3 1 ; l, 3, p. 270

A B

D
Tavola XVIII

Figura 27
490 CORPUS ICONOGRAPHICUM

È forse l'esempio più alto di come il discorso geome­


trico bruniano proceda congiunto a quello noetico e me­
tafisico.64 L'immagine è incastonata tra i versi che aprono
il primo capitolo del De principiis mensurae et figurae liber:
Pitagora, si legge in tale incipit,65 << insegnò il passaggio
della monade nella diade, della diade nella triade, della
triade nella tetrade, mostrò la monade nella tetrade e la
tetrade nella monade, e disse che la monade costituisce il
limite ed il numero delle cose '' · Infatti la monade (il
punto) è di per sé il minimo da cui fluisce la prima diade
(la retta) , poi si genera la triade (il piano) , ed infine la te­
trade (il solido) . La potenza della decade, il ,, numero dei
numeri » , è data dal comprendere in sé la monade e i tre
numeri che le succedono. Osserva, raccomanda il Nola­
no, come la monade, la diade, la triade e la tetrade ri­
conducono al principio di ogni cosa.
La marcata impronta filosofica e cosmologica di que­
ste affermazioni aritmologiche viene espressa attraverso
la figura dell'ottaedro regolare, di cui il testo non fa cen­
no, ma il cui significato simbolico appare subito eviden­
te. II poliedro con otto facce è il solido platonico66 che
struttura e genera l'aria, come ricorda nel De monade67 lo
stesso Nolano, il quale considera proprio l'elemento ae­
reo come permeante lo spazio immenso del cosmo, il
firmamento infinito dei mondi. << L'aria il quale è genera­
lissimo continente, et è il firmamento di corpi sferici, da
tutte parti esce, in tutte parti entra, per tutto penetra, a
tutto si diffonde »/8 e ancora: << diciamo esser un infinito,
cioè una eterea regione inmensa, nella quale sono innu-

64. Cfr. Atanasijevic, op. cit. , pp. 83-85. Si veda il capitolo << Ma­
tematiche astrazioni " nell'Introduzione.
65. De minimo, l, 3, pp. 269-74.
66. Tim., 55a-56a.
67. I, 2, p. 410; cfr. Ficino, In Tim., in Opera, vol. Il, pp. 1 467-68
(cap. 41 ) ; Bungus, op. cit. , p. 256; Heninger, Touches, cit. , pp.
1 04 sgg.
68. Cena, pp. 1 1 6-1 7.
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 491

merabili et infiniti corpi come la terra, la luna et il sole; li


quali da noi sono chiamati mondi composti di pieno e
vacuo: perché questo spirito, questo aria, questo etere
non solamente è circa questi corpi, ma ancora penetra
dentro tutti '' · 69 Sono simili valenze che danno il senso e
giustificano appieno l'icona dell'ottaedro perfetto, em­
blema dell'aria che colma l'universo, e posta metaforica­
mente laddove se ne canta la nascita, che fu scandita se­
condo quella nobile generazione di princìpi che migra­
no dalla monade, dal numero e dal punto, per dare mi­
sura a tutte le cose.

69. Infinito, p. 348; cfr. Cena, p. 94; Acrotismus, I, l, pp. 75, 78,
81; De immenso, l, l , pp. 254, 262.
Tavole XIX, XX, XXI:
pp. 1 43,7° 138, 1 40; I, 3, pp. 278, 280, 282

Tavola XIX

Figura 28

70. Nell'originale la tavola XIX, Atrium Apollinis, è inserita al


posto della tavola XXI (Atrium Veneris) e viceversa.
R.

Tavola X X

Figura 29
Tavola X XI

Figura 30
DE TRIPLIC I MINIMO ET MENSURA 495

Sono le tre prime figure degli Articuli già discusse, cioè


l ' << Atrio di Apollo >> , l ' << Atrio di Minerva >> e l''' Atrio di Ve­
nere >> , ora rispettivamente le tavole XIX, XX e XXI. Nel
testo del De minimo Bruno ci porge la chiave per capire
come dette figure si devono leggere e utilizzare mental­
mente, modalità taciuta negli Articuli. Il procedimento,
applicato nella maggior parte delle xilografie dei tre Poe­
mi francofortesi, è semplice e strettamente connesso alle
facoltà mnemoniche e immaginative di chi costruisce in­
teriormente l'immagine. Prendiamo ad esempio la tavola
XIX. Accompagna quest'immagine, così come nel caso
delle altre due, un testo in versi con funzione di facilitare
il ricordo del discorso visivo. 71 Si attribuisca ad ogni ele­
mento letterale della figura, che ne cifra i punti geome­
trici, un nome di un personaggio mitico dell'antichità,
divinità o eroe che sia. L'accostamento prevede che ogni
elemento letterale (o singola lettera) sia lo stesso di quel­
lo con cui inizia il nome di riferimento, per cui si hanno
le seguenti corrispondenze: A = Apollo, B = Bacchus, C =
Charis, D =Diana, E = Erigone, F = Fortuna, G = Gany­
medes, H = Hermes, I = Iovis (non c'è il nome che co­
mincia con L, perché la lettera L non compare nella co­
struzione geometrica) , M = Mars, N = Neptunus, O =
Oceanus, ecc.
I versi brunianF2 dicono che innanzi tutto «Apollo,
mosso dal furore di Bacco, costruisca i primi fondamenti
della divina luce >> , intendendo così che si deve tracciare
la linea AB (da Apollo a Bacco) ; si seguita narrando che
Apollo circonda Bacco e rimane fermo al centro, ossia
che si deve tracciare la circonferenza intorno al centro B
con raggio BA. La costruzione prevede poi che altrettan­
to si faccia con centro in A e con raggio AB. L'incontro di
questi due cerchi produce due punti di intersezione:
quello che occupa il posto più basso viene attribuito alla
<< venerabile Diana >> (viene cioè indicato con la lettera

7 1 . Sul rapporto tra poesia e mnemotecnica in Bruno, si veda


Mariani, op. cit., pp. 314 sgg.
72. De minimo, I, 3, pp. 227-29.
496 CORPUS ICONOGRAPHICUM

D ) , quello che sta in alto alla «soave Grazia ( Charis) » ,


dunque alla lettera C . Di seguito Bacco ruota intorno al­
le Grazie descrivendo una circonferenza, e lo stesso fa
Apollo intorno a Diana (cioè si delineino le altre due cir­
conferenze: una con centro in C con raggio CB, l'altra
con centro in D e raggio DA) . Ai quattro nuovi punti di
intersezione corrispondono altrettante divinità Erigone
(E) , Hermes (H) , Fortuna (F) e Ganymedes (G) . Succes­
sivamente Erigone si dirige verso le case della Fortuna (si
tracci la linea EF) , che a sua volta si spinge verso le con­
trade di Hermes (linea FH) , il quale procede fino alla di­
mora del giovinetto Ganymedes (linea HG), che infine si
rivolge verso la fanciulla Erigone (linea GE). Nel testo il
procedimento segue questo tono mitico-poetico, per cui
delineare le diagonali EH e FG altro non è che Erigone
che si avvia verso Hermes e Fortuna che si apre un acces­
so diretto verso Ganymedes, e così via.
Nelle varie e numerose figure, questo tipo di costru­
zione dell'immagine utilizza non solo nomi di divinità,
ma anche di personaggi famosi dell'antichità, come pure
di personificazioni morali e psicologiche (per esempio
nell' «Atrio di Venere '' troviamo «Furore » , «Diletto ''•
«Concordia », «Onore » , «Fascino "• ecc.) , rinviando così
agli elenchi mnemonici dei personaggi agentes che com­
pongono le ruote combinatorie del De umbris. Anche in
questo caso il meccanismo è analogo: la figura del dio o
del personaggio ricorda una lettera, la quale denota una
posizione nella finestra immaginale (cioè sul subiectum o
sostrato mnemonico) . Poi il moto rettilineo o curvilineo
di una figura o di una lettera verso un'altra figura o lette­
ra disegna la trama geometrica voluta, cosicché la xilo­
grafia, che la riporta compiutamente, traduce e trasmuta
visivamente, nella grafica del sigillo, il ritmo delle rap­
presentazioni mitiche, cantate nei versi mnemonici che
accompagnano la stessa xilografia. ·

Tutto ciò testimonia come il Nolano applichi sempre e


comunque la disciplina compositiva della sua ars memo­
riae (strumento gnoseologico che conferisce ordinatore
e composizione razionale ad ogni rappresentazione inte-
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 497

rio re) , anche quando affronta ed espone ben altri conte­


nuti non pertinenti alla stessa ars, come nel caso di que­
ste figure, ch' egli considera di eccezionale valenza specu­
lativa, filosofica e cosmologica. Esse - sottolinea Bruno -73
sono ��fecondissime ••, perché non solo comprendono lo
studio di ogni tipo di misura, ma rappresentano l'ar­
chetipo e il sigillo delle cose: contengono i presupposti
per cui si può apprendere in modo eccellente la geome­
tria come tutti i modi per conoscere, per contemplare e
operare.

Tavola XXII: p. 167; I, 3, p. 308

Tavola XXII

73. lbid., I, 3, p. 283; Articuli, I, 3, pp. 16-21; si veda il commen­


to alle prime figure degli stessi Articuli.
498 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 31

Il disegno, chiamato Telarium Arachinis ( « Tela di Arac­


ne '' ) , fa vedere come si può dividere una linea in parti
uguali.74 Dato un cerchio di centro A e tracciata la diago­
nale HM, si costruiscano le due corde parallele LH e
MO. La suddivisione in parti uguali delle due corde per­
mette di dividere in altrettante parti uguali la diagonale.

74. Lo stesso in Ars def, p. 90; Praelectiones, pp. 41-43: cfr. N.


Chuquet, La geométrie, a cura di H. l'Huillier, Paris, 1979, pp.
388-89.
Tavola XXIII: p. 1 68; I, 3, p. 309

Tavola XXIII

Figura 32
500 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Confrontando questa tavola XXIII, detta Porta Veneris,


con il testo inerente alla tavola VII degli Articuli e, soprat­
tutto, con gli analoghi disegni dell'Ars deformationum75 e
delle Praelectiones, 16 si capisce che la costruzione geome­
trica della tavola XXIII illustra come dividere una retta,
anche se piccolissima, in parti uguali. Data la retta IH
(corda del circolo maggiore e tangente al minore) e co­
struito il triangolo AIH, si frazionino in parti uguali i lati
AI e AH. Tirando le parallele GF, ST, RV, ecc. verso il ver­
tice A, si delineano rette sempre più piccole. Divisa IH in
n parti uguali, si traccino da ogni punto divisorio linee
convergenti fino al vertice A. Tale suddivisione si ritrova
proporzionalmente su tutte le parallele successive dispo­
ste verso il vertice.

75. Alle pp. 88-89.


76. A p. 43.
Tavola XXIV: p. 1 75; I, 3, p. 3 1 5

Tavola X X IV

E A B D F

Figura 33
502 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Il rapporto tra testo e immagine non è congruo. Il


semplice problema della costruzione di una retta con il
compasso che, appena aperto, già ne definisce meccani­
camente una, diviene per Bruno una speculazione, geo­
metricamente eterodossa, sulla correlazione e interdi­
pendenza tra l'elemento curvilineo e quello rettilineo. Il
disegno vuole mostrare la costruzione della retta da un
punto dato.

Tavola XXV: p. 1 84; I, 3, p. 325

Tavola XXV

Il motivo grafico, denominato Leucippi triangulus,71 già


presente nella precedente tavola VIII e nelle Praelectio­
nes, 78 esemplifica il concetto secondo cui l' angolo ((mini-

77. Cfr. sopra le tavole III e VIII.


78. A p. 6 1 .
DE TRIPLICI MINIMO ET MENSURA 503

Figura 34

mo >>, inteso come convergenza di due linee in un <<mini­


mo >> (o unico punto geometrico) , non può essere divisi­
bile perché non lo è il <<minimo >> stesso. Il motivo del
triangolo equilatero composto da piccoli circoli come in
questa immagine, Bruno lo trae dal De coniecturiis79 di Cu­
sano e dal Geometricum opus60 del Bovillus.

79. In opera, Basileae, 1565, Libro I, capitolo 1 3, p. 89.


80. Lutetiae, 1 557, c. 28r.
Tavola XXVI: p. 1 89; I, 3, p. 330

Tavola XXVI

Figura 35
DE TRIPLIC I MINIMO ET MENSURA 505

Si vogliono esprimere qui alcuni conce tti geometrici


elementari inerenti al primato del triangolo: il triangolo
è la <<figura massima �� di quelle che circoscrivono il cer­
chio e la << minima�� di quelle inscritte; il triangolo genera
gli altri poligoni, come appare in questa tavola XXVI, do­
ve dal triangolo equilatero si costruisce l' esagono regola­
re . La xilografia è nominata Scala comprensionis.

Tavola XXVII: p. 197; I, 3, p. 339

Tavola XXVII

Il testo, forse incompleto o corrotto,8 1 non delucida la


figura, chiamata Cingulum Telluris ( < < Cintura della Ter­
ra �� ) . Facendo riferimento allo stesso problema esposto
nelle Praelectiones,52 si può intendere che, come nel trian-

81. Cfr. l, 3, p. 339, nota 9.


82. A p. 67.
506 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 36

golo ABG la base AB ed il vertice G sono bisecati dalla


retta GN, similmente, in modo simmetrico e in propor­
zione, accade agli altri triangoli tagliati dalla stessa retta.
Tavola XXVIII: p. 200; I, 3; p. 339

Tavola XXVIII

Figura 37
508 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La costruzione 53 vuole dimostrare quanto segue: da un


qualsiasi punto dato (T) su un lato (IF) di un triangolo
equilatero (IFH) si conduca una linea (TH) all'angolo
opposto; dal punto mediano (G) del lato IF si tracci la pa­
rallela (GX) a TH. Congiungendo i due estremi T e X
delle dette linee TH e GX si ottiene la retta TX che divide
in due parti uguali l'area del triangolo IFH. Naturalmen­
te quando il punto T coincide con I abbiamo TX IX1 = h; =

quando T coincide con G abbiamo TX = GH = h. La que­


stione viene esposta anche nelle Praelectiones.84

83. Intitolata Ex Atrio Apollinis. Area disector («Dall'Atrio di


Apollo. Divisione dell'area») . Cfr. sopra la parte centrale della
tavola XIX con il triangolo equilatero ABC.
84. A p. 72; cfr. Articuli, l, 3, p. 47 (X, 67).
Tavola XXIX: p. 202; I, 3, p. 344

Tavola XXIX

L'illustrazione, detta Clavis transformationum, si basa


sulla tavola XVII degli Articuli discussa sopra. Scrive ora
Bruno che ciascuna figura con il sistema della chiave può
essere trasformata in un triangolo, intendendo con ciò
510 CORPUS I CONOGRAPHICUM

Figura 38

ricordare che la superficie di ogni poligono regolare può


essere rappresentata con l'equivalente area di un trian­
golo, secondo lè elementari regole sulle aree dei poligo­
ni, da cui: NM = IK; LM = perimetro esagono inscritto nel
cerchio di centro I; EA = lato esagono; AG = perimetro
quadrato ABCD; area del triangolo EAG = area del qua­
drato.
Tavola XXX: p. 204; I, 3, p. 346

Tavola XXX

Figura 39

L'immagine, chiamata Hortus Solis (« Giardini del So­


le� > ) , è la stessa della tavola IV dell' Explicatio e della tavo­
la XVIII degli Articuli.
Tavola XXXI: p. 206; l, 3, p. 348

Tavola X X XI

Figura 40
DE TRIPLIC I MINIMO ET MENSURA 513

In questo disegno, detto Unio, che ritroviamo anche


nelle Praelectiones85 e nella parte centrale della tavola
XXI, di cui sopra, sono delineati due cerchi concentrici
in B. Il raggio BA del circolo più piccolo è la metà del
raggio BC di quello maggiore. BC è uguale al lato dell'e­
sagono regolare inscritto nel cerchio che ha per raggio
lo stesso BC, mentre AC corrisponde all 'apotema. Il dise­
gno geometrico della xilografia è molto approssimativo.

Tavola XXXII: p. 207; l, 3, p. 349

Tavola XXXII

Lo stesso della tavola XIX degli Articuli. Si tratta del


frazionamento verso il « minimo �� di un quadrato, in ra-

85. Alle pp. 64-65.


514 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 41

gione dei triangoli in cui è scomponibile. Si veda sopra la


tavola III. L'immagine è denominata Fundamentum. La
costruzione geometrica riprende quella analoga del De li­
neis insecabilibus86 di Aristotele, secondo l'edizione giunti­
na del l 562.

86. In Aristotelis opera, vol. VII, c. 1 65r.


Tavola XXXIII: p. 209; l, 3, p. 351

GCFISHDVXBR.PONTQ.! AMXZ

Tavola XXXIII

Come nel caso della tavola XII, non possiamo conside­


rare questa tavola XXXIII, detta Scrutinium verborum
(« Esame delle parole >> ) , una xilografia vera e propria. Il
testo che accompagna l'immagine è oscuro e frammenta­
rio come non mai, tant'è che si è ipotizzato che Bruno
non l'abbia corretto.87 Stando così le cose si può solo os­
servare che la figura rappresenta senz'altro un sistema
mnemonico, come lasciano intendere alcuni accenni del
testo e le lettere distribuite in alto sul triangolo e la sotto­
stante teoria di caselle. L'iconografia sembra anticipare i
processi memorativi, basati su griglie combinatorie di
elementi letterali, che compaiono proprio nelle pagine
successive a questo Scrutinium.

87. Cfr. l, 3, p. 350, nota l; altrettanto C. Monti, in Bruno, Ope­


re latine, cit., p. 279, nota 63.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA
DE IMMENSO
De monade, numero et Jìf5Ura liber consequens quinque De minimo
magno et mensura. ltem de innumerabilibus, immenso et infif5Urabili;
seu de universo et mundus libri octo... , Francofurti, apud Ioan.
Wechelum et Petruro Fischerum consortes, 1 591 (Salvestrini,
n. 201; Sturlese, n. 25)
Il volume contiene il De monade e il De immenso, 1 per cui
cataloghiamo di seguito tutte le incisioni. Per distinguere
quelle che illustrano un'opera da quelle che si trovano
nell'altra, le numeriamo separatamente: il primo gruppo
di tavole I-XXIII riguarda il De monade, mentre il secondo
gruppo di tavole I-XXV appartiene al De immenso.

Tavola 1: p. 25; l, 2, p. 349

Il testo che accompagna l'immagine è frammentario e


non ben comprensibile. I due cerchi, secanti in C e D e
di uguale raggio, rappresentano il « Digono figura della
Diade >> (Diadis fiiJUra Digonus). Nella pagina l 'incisione è
stampata alla rovescia, forse per sottolineare, come si ac­
cenna nello scritto, che il << secondo cerchio'' esprime
''contrarietà'' e « differenza'' rispetto al primo, il quale

l. Sui due poemi, si veda sopra quanto detto all'inizio del De


minimo.
Tavola I

Figura l
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 521

raffigura l a «monade >>. 2 Probabilmente s i vuole disegna­


re come la monade (il primo cerchio) generi la diade (il
secondo cerchio) duplicando se stessa (perciò i due cer­
chi uguali) e, nello stesso tempo, si produca così la fon­
damentale distinzione, il principio di opposizione tra
questa e quella, benché entrambe appartengano alla stes­
sa natura, come evidenzia il loro reciproco intersecarsi.
Fin da questa prima immagine si osserva che le com­
posizioni geometriche del De monade e del De immenso di­
vengono, nell'ottica di Bruno, come si è più ampiamen­
te osservato nell'Introduzione, delle costruzioni simboli­
che, dei sigilli noetici adatti a riproporre le strutture fon­
danti dell'universo, a figurare i suoi intimi nessi naturali
e metafisici. Gli schemi bruniani, sulla scia della sapienza
pitagorico-platonica,� assurgono così a veicoli formali ca­
paci di condurre alla contemplazione degli intelligibili
puri.4 Qui la geometria e i numeri sono la traduzione ma-

2. De monade, l, 2, pp. 349-50; cfr. Tocco, op. cit. , pp. 1 78-79.


3. De monade, l, 2, pp. 380-8 1 (cfr. p. 410): «Plurima sunt tetra­
dis mysteria, nempe Magorum l atque sacerdotum arcanis
comprensa sigillis: l Pythagoras decadi ut initium fontemque
celebrat. l Nam quod ea est actu, virtute haec esse videtur; l
scilicet ut tetradis pars quaeque inspecta seorsum est, l per
monadem, diadem, triadem, tetradem, decas exit >> («Molti so­
no i misteri della tetrade contenuti veramente negli arcani si­
gilli dei maghi e dei sacerdoti: Pitagora la celebra come fonte
e principio della decade. Infatti ciò che questa è in atto, quel­
la sembra esserlo in potenza; siccome ogni parte della tetrade
va considerata distintamente, attraverso la monade, la diade,
la triade e la tetrade si ha la decade»). Si veda Bungus, op. cit.,
pp. 235 sgg.; Kucharski, op. cit., pp. 1 1 sgg., 55 sgg.; ancora
prezioso per l'analisi delle fonti antiche: Ioan. Meursius, Dena­
rius pythagoricus, Lugduni Batavorum, 1 631, pp. 45-62.
4. De monade, I, 2, pp. 414-16; si veda p. 327: «Nihilum vetat at­
tamen esse, l ut quandoque fuere viri, qui ascendere sensu l
hac potere tenus, qua certis multa sigillis l atque characterum
tractu docuere parari, l temporibus certis, vestigia, cunctipa­
rentis l naturae intento lustrantes lumine vultus: l nempe ita
colloquio fungi potere deorum, l istius et generis bene com-
522 CORPUS ICONO GRAPHICUM

gico-matematica, pansofica, delle leggi naturali, perché


se la struttura del mondo creato rispecchia l'ordine del
principio creatore, saper riproporre i disegni che trama­
no tale ordine significa conoscere l'infinita e segreta po­
tenza dello spirito che lo pervade.5 Osserva il Nolano6
che l'uomo, indagando i numeri e le figure che la natura
dipinge e scolpisce sulla superficie delle cose come fosse­
ro dei nomi, dimostra di essere il più sapiente degli ani­
mali. Chi percepisce la forza delle immagini, che emer­
gono e compenetrano tutte le cose, e scopre come un
unico spirito si propaga nell'universo, troverà che ogni
cosa obbedisce e corrisponde ad un determinato ordine.
Le imagines o sigilli bruniani, speculari di quest'ordine
perché ne riproducono le sottese geometrie e i numeri,
divengono così intermediari « magici'' tra il mondo natu­
rale e quello archetipico, veri e propri specchi che riflet­
tono e vincolano l'uno all' altro.'
Appare allora evidente come mai la sequenza delle ta­
vole del De monade si presenti ardua da spiegare : da un la­
to troviamo un testo, spesso frammentario e assai poco
discorsivo, tessuto secondo significati filosofici e numero-

pellare tabellis l numina naturae >> («Tuttavia niente vieta di


essere come furono una volta gli uomini, che di qua poterono
ascendere con il senso fino a insegnare che molte cose si ma­
nifestano con determinati sigilli e con il tratto dei caratteri, in
certi tempi, considerando mentalmente con la luce intenta
dello sguardo le impronte della natura madre di tutte le cose.
Così dunque gli uomini poterono colloquiare con gli dèi e ri­
volgere la parola ai numi della natura con scritture di tal ge­
nere >>).
5. lbid., I, 2, pp. 328-34, 380-82.
6. lbid., l, 2, pp. 333-34.
7. lbid., l, 2, p. 328: «Lux mentis, sophiaque vias pertexere,
certas l quae adsciscunt species, numerum fusasque per am­
plum. l Nam varie in variis eadem est impressa figura, l ut
speculi varia est sors, vis, positura tomorum, l materies, magis
atque minus per imaginis actum » ; cfr. De imaginum compositio­
ne, Il, 3, pp. 96-98; De umbris, p. 58 .
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 523

logici non sempre palesi, dall'altro immagini descritte at­


traverso continue metafore (basti dire che le lettere che
cifrano le costruzioni geometriche sono sempre espres­
se per metonimia mitologica,8 per cui invece di dire sem­
plicemente « si prenda la retta AB>> , Bruno scrive che
« Apollo lascia la sua regione per dirigersi al tempio di
Bacco>> ) , dove il « normale>> senso geometrico o, se si
vuole, << euclideo > viene fagocitato da una sovrapposizio­
ne di valenze concettuali e simboliche e da non pochi pa­
ralogismi. La successione delle figure vuole infatti rap­
presentare i più riposti sensi della Monade e del Cerchio,
della Diade e del Digono (cioè la Diade geometrica o bi­
dimensionale) , della Triade e del Triangolo, della Tetra­
de e del Tetragono, e così via fino alla Decade e al Deca­
gono.9

8. Fenomeno di cui si è parlato a proposito delle tavole XIX,


XX e XXI del De minimo.
9. Notevole, per i significati che Bruno conferisce ai primi die­
ci numeri, il capitolo 1 1 del Libro XI del De monade, I, 2, p.
459.
Tavola Il: p. 38; l, 2, p. 362

Tavola II

L'incisione esprime la Charitum mensa ( «Tavola delle


Grazie> >), l'eccellenza del numero 3 e della triade e la
perfezione delle sue interconnessioni. La dinamica spe­
culativa è raffigurata dai 3 circoli all'interno del triango­
lo equilatero e dalle elementari relazioni geometriche
tra raggi, diagonali e corde, che permettono di coniuga­
re triangoli equilateri proporzionalmente sempre più
crescenti. L'immagine allude, con i 3 cerchi, alla cono­
scenza sensibile, a quella discorsiva della ragione ed in­
fine all'atto intellettivo della mente.10

10. Cfr. ibid. , I, 2, pp. 358-64, in particolare l'Annulus Apolli­


nzs.
Figura 2

Tavola III: p. 42; I, 2, p. 366

Tavola III
Figura 3

Figura 4 Figura 5
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 527

L'iconografia con i tre soli vuole rappresentare la scala


della triade bruniana: l'Essenza, la Vita e l'Intelletto: l'Es­
senza è paragonata alla sostanza del Sole, la Vita alla sua
luce, l'Intelletto alla luce che si diffonde e procede. 1 1 Ta­
le metafora trinitaria, di genesi neoplatonica e connessa
al Sole e alla sua luce, viene rappresentata da tre astri so­
lari sovrastati da una sorta di arco. Una simile iconografia
è tipica dei libri di prodigi astronomici e di portenti so­
prannaturali, già celebrati nel Prodigiorum liber di Giulio
Ossequente, opera del IV secolo d.C. che, nell'edizione
di Lione del 1 555,12 venne illustrata da eleganti xilogra­
fie, tra le quali troviamo vignette con straordinarie appa­
rizioni celesti di due Soli e di tre Lune. Numerosi sono
gli esempi di questa letteratura che si incontrano nell'e­
ditoria dell' epoca/3 e proprio a testi del genere si rifà l'i­
conografia bruniana. Infatti la tavola III è identica sia al­
l'immagine (fig. 3) che orna il frontespizio dell'anonimo
libretto Eyn Warmung des Sundtjluss . . . mit samptaussleg;ung
der grossen wunderz.eychen z.u Wien in Osterreich am Hynnel er­
schinem im XX iar, 14 nel quale si parla appunto di prodigi

1 1 . lbid., l, 2, pp. 364 sgg.; si veda la tavola III del De umbris; cfr.
i capitoli 2, 9, 1 0-13 del De sole e il De lumine di Ficino, rispetti­
vamente in opera, vol. l, pp. 965 sgg., 976 sgg.; Spruit, op. cit. ,
pp. 44 sgg., 224 sgg.; Bònker-Vallon, op. cit., pp. 92 sgg.; Eu­
sterschulte, op. cit. , pp. 51 5-24.
1 2. Edita per la prima volta a Venezia da Aldo Manuzio nel
1508, venne poi integrata con «supplementi» nell'edizione di
Basilea del 1 552 dall'erudito alsaziano Corrado Licostene
(Corrado Wolffhart). Ancora preziosi i dotti apparati e le note
in Valerius Maximus, De dictisfactisque memorabilibus, et]ul. Ob­
sequens, De prodif!:iis, cum supplementis Conradi Lycosthenis,
ree. Car. Benedictus Hase, Parisiis, 1822-1823, Il, 2, pp. 1-207.
1 3. Cfr. Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento.
La corte, il mare, i mercanti. La rinascita della Scienza Editoria e So­
cietà. Astrolof!:ia, maf!:ia e alchimia, ordinatori G. Pansini, P. Gal­
luzzi, L. Perini, P. Zambelli, Firenze, 1980, pp. 318-24, 403
sgg. ; Eusterschulte, op. cit.
14. Senza luogo di stampa, ma apparso nel 1520 e ristampato
528 CORPUS ICONOGRAPHICUM

celesti come l' apparizione di più Lune e di più Soli, sia


ad una di quelle (figg. 4 e 5) che, nel Prodigiorum ac
ostentorum chronicon1 5 di Corrado Licostene, mostrano
l' apparizione simultanea di tre soli circondati da archi e
aloni.

Tavola IV: pp. 48-49; I, 2, pp. 373-74

A TERTJA
c

A c

Tavola IV

più volte: G. Hellmann, Beitriige z.ur Geschichte der Meteorologie,


Berlin, 1 9 1 4, pp. 64-65.
15. Basileae, 1557, pp. 219, 525, 531, 662, si veda il capitolo 4; cfr.
M.L. Chionetti, Corrado Licostene e le antiche osservazioni sui fenome­
ni naturali d'interesse geografico, Torino, 1960, pp. 5-25, 62-77.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 529

L'illustrazione, probabilmente per errore, viene stam­


pata due volte, a pagina 48 e a pagina 49 dell'originale,
all'interno del capitoletto sull' « Applicatio triadi ». Con
questo schema, identico a quello per le costruzioni sillo­
gistiche già visto nella tavola IV del De progressu et lampade
venatoria logicorum, Bruno applica le regole del ragiona­
mento della logica aristotelica al suo sistema triadico-co­
smologico: (< in tutte le cose l'ordine è dato dal Principio,
dal Mezzo e dal Fine, cioè dall'Agente, dalla Materia e
dalla Formazione))' dinamica che corrisponde a quella si­
gnificata dalle lettere A, B e C della tavola, 16 con B che
esprime il «termine medio)) del sillogismo.

Tavola V: p. 51; l, 2, p. 376

Tavola V

1 6. De monade, I , 2, pp. 373-75.


530 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Dopo avere trattato delle diadi e della triadi, Bruno


passa ora a ragionare della tetrade,17 di cui propone una
incisione alla quale, secondo suo costume, conferisce un
nome altisonante: Oceani sigillum. Il disegno di questo
« Sigillo dell' Oceano >> riprende la costruzione di un qua­
drato su una retta data. 18 La descrizione geometrica viene
attuata dal Nolano secondo la consueta terminologia mi­
tografica, esaminata per la tavole XIX, XX e XXI del De
minimo: qui la lettera A è indicata da Apollo, B è Bacco, C
la Charis, D la dea Diana.

Tavola VI: p. 53; l, 2, p. 377

E B F

A D

G c H
Tavola VI

1 7. lbid., l, 2, pp. 375 sgg.


18. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 182; cfr. Euclide, Elementa, I, 46.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 531

G c H

Figura 6

Un quadrato/9 detto Nereidum sigillum, per esprimere


la tetrade. La costruzione è inesatta perché si tratta di cir­
coscrivere un quadrato ad un cerchio dato,20 pertanto i
lati di quello devono essere tangenti alla circonferenza di
questo, e non discosti come nella tavola. L'incisione è
composita: il circolo e le diagonali sembrano stampati da
una matrice lignea, mentre le lettere e il quadrato sono
ottenuti con elementi tipografici.

19. De monade, I, 2, pp. 380-85.


20. lbid., I, 2, p. 378; cfr. Tocco, op. cit., pp. 182-83; Euclide, Ele­
menta, IV, 7.
Tavola VII: p. 55; l, 2, p. 383

Tavola VII

Figura 7

Altra variante geometrica del quadrato-tetrade. La co­


struzione ripete quella della tavola V.
Tavola VIII: p. 63; l, 2, p. 388

l Il Ili l fil

Tavola VIII

Schema della tetrade. Questa non è una xilografia in


senso proprio, per le stesse ragioni inerenti alle tavola VI
del De monade, e alle tavole XII e XXXIII del De minimo.
Tavola IX: p. 77; I, 2, p. 403

Tavola IX

Inscrizione del pentagono-pentade dentro il cerchio.


Il senso della costruzione è di difficile intendimento.21

21. De monade, I, 2, pp. 402-404; cfr. Tocco, op. cit. , pp. 188-89.
Figura 8

Tavola X: p. 80; l, 2, p. 406

Tavola X
536 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Per Bruno la mano, in particolare il palmo dove si leg­


ge, come vuole la chiromanzia, il destino dell'uomo, è
l'effigie della pentade.22 Nella xilografia le linee AA, AB,
CD, EF, GH sono quelle comuni della lettura chiromanti­
ca, secondo un'iconografia che ripropone un'analoga il­
lustrazione del De occulta philosophia di Agrippa.23 Il Nola­
no, citando le antiche speculazioni filosofiche sulla pen­
tade menzionate da Ficino24 e rielaborando la teoria dei
cinque gradi dell'essere di quest'ultimo, nota le corri­
spondenze tra la pentade e i cinque gradi dell'essere:
nell'angolo superiore del pentagono sta Dio, nel destro
superiore l'intelligenza, nel sinistro l'anima, nel destro
inferiore la forma del corpo, nel sinistro inferiore la ma­
teria del corpo.
La mano è per Bruno la prova del primato dell'uomo,
in quanto strumento e presupposto naturale della sua
operatività, che introduce e sviluppa il progresso civile, il
quale pertanto può considerarsi frutto del quinario o
della pentade.25

22. De monade, l, 2, pp. 404-407.


23. Alle pp. 336-38.
24. Soprattutto il capitolo l del Libro I e il Libro III della Theo­
logia platonica, in opera, vol. l, pp. 79, 1 1 5 sgg.
25. Cabala, pp. 717-19; cfr. A. Montano, La mente e la mano.
Aspetti della storicità del sapere e del primato del fare in Giordano
Bruno, Napoli, 2000, pp. 85-1 32.
Tavola Xl: p. 87; I, 2, p. 4 1 3

Tavola XI

Il disegno mostra in modo didattico e semplice che


«ogni numero è termine medio dei numeri equidistanti
posti intorno ad esso•• :26l'esempio si sviluppa in ragione
di 4. Il nesso dell' immagine con il quinario è concettua­
le: come « ogni numero è termine medio dei numeri
equidistanti ••, così l'anima, che occupa il quinto posto
nella scala quinaria della natura, si pone nel grado me­
diano rispetto agli altri, cosicché verso essa convergono
gli estremi.

26. De monade, l, 2, pp. 412-13: «Sicut simpliciter omnis nume­


rus circum se positorum numerorum aequidistantium est me­
dietas».
Tavole XII, XIII, XN: pp. 90, 9 1 , 92; l, 2, pp. 416-17

Tavola XII

La magia degli antichi attribuiva grande potere alla


pentade.27 A proposito Bruno, riprendendo puntualmen­
te le Noctes Acticae26 di Aulo Gellio, ricorda i simulacri di
Diovis o Diespiter e di �iovis, entrambi immagini e nomi
arcaici di Giove. Il primo indica l'aspetto paterno, lumi­
noso del dio che gratifica e aiuta l'uomo, mentre il se­
condo quello minaccioso che non soccorre alcuno.29 Gli
attributi di Veiovis, secondo le fonti classiche e rinasci­
mentali, sono delle saette, impugnate dal dio con la ma­
no destra, ed una capra ai suoi piedi.30 L'immagine bru-

27. Ibid. , l, 2, pp. 415-16.


28. V, 12: De nominibus deorum populi Romani Dijovis et Vtjovis.
29. Cfr. Mythographus III, in Scriptores rerum mythicarum latini
tres, a cura di Bode, cit., p. 174: «Vejovis, id est rnalusJovis».
30. È i l citato Gellio l'archetipo dell'iconografia del dio: cfr.
Auli Gellii Noctium Atticarum libri XX, perpetuis notis J. Frede-
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 539

Figura 9

ricus et J. Gronovii, Lugduni Batavorum, 1 706, p. 325; A.S.


Pease, in Cicero, De natura deorum, cit., vol. Il, pp. 1 1 36-37; per
la tradizione umanistico-rinascimentale: L.G. Giraldi, Historiae
Deorum Gentilium, in Opera, Basileae, 1 580, vol. l, p. 85; A. D'A­
lessandro, Genialium dierum libri sex, Lugduni Batavorum,
1 673, vol. II, p. 1024; V. Cartari, Imagini delli dei de gl'antichi,
Venetia, 1647, p. 86.
540 CORPUS ICONOGRAPHICUM

niana ( tav. XII) trasforma tale iconografia consegnando


al simulacro di Veiovis delle frecce, una spada/1 un peri­
zoma stellato e una sorta di berretta, cioè una rappresen­
tazione che, salvo alcuni particolari, ricalca quella del
pianeta Giove, così quale appare nelle personificazioni
medioevali e rinascimentali dei pianeti, come ritroviamo
in una xilografia del l 460 circa (fig. 9)32 oppure nel cele­
bre codice De sphaera della Biblioteca Estense di Mode­
na.33 Infatti nell'iconologia tradizionale dell'astro gli at­
tributi canonici sono le saette, un copricapo (talvolta una
corona, altre una berretta o una fascia sui capelli) , la stel­
la posta sul perizoma oppure che ne fa le veci, un basto­
ne di comando o scettro, e i segni zodiacali dei Pesci e
del Sagittario posizionati di solito intorno ai fianchi o ai
piedi del dio-pianeta. Rispetto a questa corrente tipolo­
gia, l 'illustrazione del De monade è priva dei segni zodia­
cali ed esibisce una « spada >> - come la chiama Bruno. Ta­
li differenze, in apparenza curiose e singolari, sono pre­
sto spiegate. Difatti ad un attento esame dell'incisione
originale si scorgono degli strani segni grafici, sia in bas­
so a sinistra (sovrapposti alla linea di terra), dove si intra­
vede un piede con una parte di gamba, sia sulla destra,
dove delle tracce emergono appena dalla linea della co­
scia del personaggio, mentre altre tagliano un po' confu­
samente la parte inferiore della « spada». Ebbene, si trat­
ta di ciò che rimane dei due segni zodiacali che contor­
navano i fianchi del dio-pianeta: a sinistra il Sagittario, di
cui il suddetto piede, a destra i Pesci che, probabilmente
disposti in orizzontale, toccavano, con le teste e con le
code, la coscia e la « spada '' . Ciò significa che dalla matri­
ce lignea della xilografia, che in origine raffigurava il pia­
neta Giove secondo l'iconografia di cui sopra (e che cer­
to era già stata impiegata per illustrare un'opera astralo-

3 1 . Il testo fa solo riferimento a questi due attributi, I, 2, p.


4 1 6. «qui altera manu sagittas, altera ensem habebat » .
32. I n Saxl, op. cit., p. 287, fig. 1 90 , cfr. le figg. 1 65-67.
33. Cfr. S. Samek Ludovici, Il "De sphaera, estense e l'iconografia
astrolo(fica, Milano, 1958, tav. IV, pp. 30-32.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 541

gica) , vennero abrasi i due segni zodiacali per trasforma­


re tale immagine astrale in quella di Veiovis, perché venis­
se così adattata alle esigenze del testo del De monade, che
esclude appunto la presenza del Sagittario e dei Pesci.
Questa modificazione è anche all'origine dell'apparen­
te " equivoco> > bruniano che chiama < spada >> quello che
è invece il bastone o scettro di comando impugnato dal
dio-pianeta. Evidentemente il Nolano, per connotare in
modo manifesto la sua immagine di Veiovis e cancellare
ogni possibile riferimento a quella astrologica, non esita
ad attribuire al dio infausto e minaccioso quella spada
guerresca, che invece altro non è che un simbolo di au­
torità astrale.
Un lungo brano del De monade�4 è dedicato alle corre­
lazioni possibili tra il quinario/pentade e il corpo uma­
no: si menzionano i cinque sensi, le cinque dita, la mano,
il grado del nutrimento, ecc. Le tavole XIII e XIV mo­
strano un particolare tipo di queste concordanze, ovvero
la quintuplice azione sull'uomo sia della <<sfortuna >> (tav.
XIII) che della <<fortuna >> ( tav. XIV) , dualismo dipen­
dente dall'influenza « infausta >> oppure <<fausta >> di Diio­
vis e di Veiovis. Il modello iconico è il corpo umano, mi­
surato secondo le sue armonie e proporzioni, del De oc­
culta philosophia�5 di Agrippa (fig. 10) : rispetto a questo,
Bruno, introducendo il motivo dell' infortuna e della for­
tuna, apporta alcune originali varianti al tema icono­
grafico. L' << uomo-pentade >> sfortunato è colpito alle e­
stremità degli arti e alla testa dalle frecce crudeli di Veio­
vis e volge le spalle, incapace di vedere e di parare i colpi
della cattiva sorte; quello fortunato invece guarda davan­
ti a sé e l' armoniosa distribuzione delle membra sul pen­
tagono viene ribadita dalla distribuzione numerica del
quinario, sia all'esterno della figura che all'interno.

34. I, 2, pp. 41&-19.


35. Alle pp. 328-31; cfr. il commento alla Figuratio.
Tavola XIII

Tavola XIV
Figura 10

Tavola XV: p. 96; I, 2, p. 421

Tavola XV
544 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Raffigurazione dell'esade e dell'esagono, di cui Bruno


esalta i significati cosmologici, connessi alla generazione
delle cose e alla creazione mosaica avvenuta in sei giorni.36

Tavola XVI: p. 1 0 7; I, 2, p. 4 3 3

Tavola XVI

36. Cfr. Bovillus, Liber de duodecim numeris, in Que in hoc volumi­


ne continentur, c. 15 3r -v; Bungus, op. cit. , pp. 264 sgg.; sul se­
nario sacro a Venere e simbolo della generazione secondo la
tradizione pitagorica, menzionata anche da Bruno, si veda
Meursius, op. cit. , pp. 71-79.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 545

L'ettagono come immagine dell'ettade, di cui il testo


elenca numerosi significati simbolici, elaborati su richia­
mi pitagorici e platonici come su valenze numerologi­
che, magiche e astrologiche (ai sette angoli dell'ettagono
corrispondono i sette dei planetari) , ricavate soprattutto
dal Libro II del De occulta philosophia di Agrippa.37 La co­
struzione geometrica è descritta secondo il consueto les­
sico mitico: « quando l'Opera gira intorno all'Ingegno»,
ossia si tracci un cerchio di centro O e di raggio OI, e co­
sì via.38

Tavola XVII: p. 1 1 8; I, 2, p. 445

Tavola XVII

37. De monade, l, 2, pp. 433-42; cfr. De occulta philosophia, pp.


272-82.
38. Cfr. Tocco, op. cit. , pp. 195-96.
546 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Figura 11

Il Tocco dimostra�9 che questa costruzione dell'ottago­


no è « artificiosa e fallace >>, rispetto alla più comune del­
la duplicazione del quadrato. Come nel caso delle prece­
denti figure geometriche, Bruno40 riveste ora di moltepli­
ci significati anche l'ottagono, secondo un sincretismo
mistico e simbolico che accomuna le valenze soteriche e
rigenerative dell'ogdoade,41 inerenti al battesimo cristia­
no, con il tema della giustizia e della perfezione del pri­
mo cubo di matrice pitagorica.42

39. Op. cit., p. 197.


40. De monade, l, 2, pp. 443-46.
41. Cfr. Bungus, op. cit., pp. 322 sgg.; A. Quacquarelli, L'ogdoa­
de patristica e i suoi riflessi nella liturgia e nei monumenti, Quader­
ni di ••Vetera Christianorum••, 7, Bari, 1973; Meyer e Suntrup,
op. cit., coli. 567-80.
42. La fonte bruniana è Macrobio, In Somn. Scip., I, 5, 11-17;
cfr. Meursius, op. cit., pp. 92-98.
Tavola XVIII: p. 1 20; I, 2, p. 447

Tavola XVIII

Ancora in riferimento al numero 8 il Nolano presenta


quest'immagine didattica degli 8 modi o accordi musica­
li: ipodorico, ipofrigio, ipolidio, dorico, frigio, lidio, mio­
lidio, ipermiolidio.
Tavola XIX: p. 124; I, 2, p. 45 1

o l

p
Tavola XIX

Costruzione inesatta43 dell'enneagono inscritto in un


cerchio: dato il cerchio con centro M (fig. 1 2) e costruito
l'esagono ABCDEF, si tracci il diametro AD e si costruisca
il rettangolo OISP, con i lati PS e IO tangenti alla circon­
ferenza, ed i lati OS e lP ottenuti sui rispettivi prolunga­
menti dei lati dell 'esagono BC e FE. La distanza tra il
punto G (dato dall'intersezione di PM sulla circonferen­
za) e il punto di contatto D corrisponde per difetto al la­
to dell'enneagono GO.

43. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 199.


DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 549

Figura 12

L'enneade, scrive il Nolano,44 è il numero della sapien­


za e della conoscenza degli intelligibili; i Platonici cele­
brano una triplice trinità: produttiva, convergente e per­
fettiva. I Maghi, i Cabalisti e i Platonici cristiani ricono­
scono 3 gerarchie di angeli e altrettante di demoni mal­
vagi, che si articolano secondo i 9 ordini angelici dello
pseudo-Dionigi Areopagita. Bruno elenca poi i simboli
delle 9 gemme, delle 9 piante, dei 9 animali, dei 9 influs­
si benefici e di quelli malefici, seguendo un sincretismo
che coniuga diversi passi di Agrippa45 sulle scalae dell ' «ot­
tonario », del « novenario » e della « decade '' .

44. De monade, l, 2, pp. 450-58.


45. Alle pp. 283-90; cfr. Bungus, op. cit., pp. 332 sgg.
Tavola XX: p. 130; l, 2, p. 458

Tavola XX

L'incisione esprime l'applicazione mnemonica del­


l'enneade, attraverso uno schema combinatorio circola­
re di impianto lulliano, di cui Bruno ha già dato vari
esempi, come nella tavola XXIX del De umbris e nelle ta­
vole III e N del De compendiosa. Alla circonferenza, 9 con­
cetti siglati dalle rispettive lettere (A è la Storia, B la Fisi­
ca, C la Metafisica, D l'Etica, E la Legge, F l'Allegoria, G
l'Analogia, H la Profezia, I il Segreto) , da collegarsi tra
loro, come suggeriscono le numerose corde di congiun­
zione; al centro un monogramma composto, a quanto si
può osservare, dalle prime 9 lettere dell'alfabeto (A, B,
C, D, E, F, G, H, l) : unendo queste a quelle nasce un sil­
labario fondato sull'enneagono e sull'enneade.
Tavola XXI: p. 1 33; I, 2, p. 460

Tavola XXI

Figura 13
552 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La decade è la meta della monade, racchiude il nume­


ro di tutte le cose e di tutti gli infiniti numeri pari e di­
spari.46 Con la tavola XXI si presenta la costruzione geo­
metrica del decagono: dividendo in due parti uguali il la­
to AK del pentagono AlBEK si trova la misura AL corri­
spondente al lato del decagono. Le indicazioni del testo
riguardo alla figura non risultano delucidanti.

Tavola XXII: p. 1 4 2; I, 2, p. 4 70

Tavola X XII

46. De monade, l, 2, pp. 459-60; sugli altri, molteplici significati


della decade, si vedano le pp. 461-68 (cfr. Agrippa, De occulta
philosophia, pp. 287-90; Bungus, op. cit., pp. 355 sgg.). Bruno fa
riferimento in queste pagine soprattutto al commento di Cee­
co d'Ascoli alla Sphaera Mundi di Giovanni Sacrobosco (edito
per la prima volta a Venezia dal Bevilacqua nel 1499 e più vol­
te ristampato): cfr. Yates, Giordano Bruno, ci t., pp. 350-51.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 553

Figura 14

Il senso di questa immagine, anche per una certa oscu­


rità del testo relativo, non risulta del tutto comprensibile.
Simile alle tavole VII degli Articuli e XXIII del De minimo,
sembra rappresentare il frazionamento progressivo della
retta AB e del corrispondente arco.
Tavola XXIII: p. 1 45; I, 2, p. 473

Tavola XXIII

Viene ora rappresentato un triangolo equilatero in­


scritto in un cerchio, con 3 elementi filiformi arricciati
(delle specie di viticci o nastri serpentiformi) , 47 che fuo­
riescono dalla metà di ciascuno dei lati del triangolo.
L'immagine non trova alcuna spiegazione nel testo. Il si-

47. È opportuno precisare che questi elementi filiformi non


possono essere delle piccole serpi, né qualcosa di simile, non
solo perché privi di testa, ma soprattutto in quanto una simile
iconografia non mostra quella sinuosità regolare dettata dalle
norme iconiche del serpente-geroglifico bruniano, espresso
nelle tavole X, XI e XXXVIII degli Articuli. La Yates, Giordano
Bruno, cit., p. 35 1, ne dà un'interpretazione magica, vedendo­
vi dei segni indicanti i «legami» con i demoni, ma senza ad­
durre alcuna motivazione a riguardo.
DE MONADE, NUMERO ET FIGURA 555

gnificato di tali elementi viene invece evidenziato dalla


stessa funzione che svolgono nell'immagine, dove assol­
vono il compito di riempire visivamente i 3 segmenti cir­
colari intorno al triangolo, propagandosi sulla superficie
con il loro andamento sinuoso e contorto. Proprio in
una tale, marcata invadenza dello spazio che circonda
l'immagine geometrica si può cogliere dunque la loro va­
lenza perché essi rappresentano così l' estensione natura­
le e concettuale del subiectum, come nel caso dei racemi
della tavola II del Cantus, o degli elementi floreali nella
tavola XXVIII degli Articuli, o nelle tavole XVII e XXXII
del De minimo, e di molte altre. In questo senso la loro
forma, apparentemente strana, va identificata con quella
di comuni viticci che, come i similari elementi vegetali
diffusi nelle xilografie bruniane, concorrono all'esatta
definizione dello spazio mnemonico-immaginale.48

Seguono le illustrazioni del De immenso.

48. Cfr. il commento alla tavola II del Cantus, quello alle tavole
I, II e III degli Articuli e le relative note 28 e 30.
Tavola 1: p. 202; I, l , p. 255

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Tavola I

Bruno49 sta argomentando sulla sua concezione dello


spazio e della materia infiniti, contrapponendola alla co­
smologia finitistica aristotelica, basata sull'idea che il mo­
to consiste nel passaggio da un luogo ad un altro e che
questa condizione non può essere soddisfatta dall'infini­
to ma solo in un mondo finito.50 In questo contesto la ta­
vola I mostra51 che né il tempo né lo spazio in cui avviene
il moto vanno considerati finiti. Difatti - se interpreto be­
ne i dati bruniani -, prolungando all'infinito le rette AD
e GE in direzione D ed E, accade che nello spazio « infini­
to » che si genera tra D ed E, non può esservi nessun tem­
po «finito '' • in cui il moto si possa esaurire. La grafica

49. De immenso, l, l , pp. 25 2 sgg.; cfr. Tocco, op. cit. , pp. 211 sgg.
5 0. De coelo, l, 5 sgg., 27lb sgg.; Phys. , III, 3 sgg., 202b sgg.; cfr.
Mondolfo, op. cit., pp. 119-39.
51. De immenso, I, l , pp. 255-56.
DE IMMENSO 557

dell'immagine interpreta le figure simili che appaiono


nel De coelo aristotelico/2 edito da Giunta a Venezia nel
1562.

Tavola II: p. 212; I, l , p. 265

Tavola II

52. In Aristotelis opera, vol. V, cc. 26v -31 v.


558 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La raffigurazione sembra voler dimostrare che nel ca­


so in cui due corpi celesti fossero contigui l'uno all'altro
con le loro superfici, le parti dell'uno non potrebbero
tendere all'altro e viceversa. I due circoli della figura in­
dicano con il centro A la Terra e con il centro B la Luna.
Il testo53 che dovrebbe spiegare l'immagine è alquanto
approssimativo e intricato.54 La xilografia è la stessa della
tavola XX.

Tavola III: p. 224; I, l , p. 277

A P l\ S Q... O D
Tavola III

Se un corpo mobile percorre un determinato spazio


(nel disegno il corpo corre lungo il tratto A-e sulla semi­
circonferenza maggiore) in un tempo « minimo >>, le per­
correnze di spazi minori e proporzionali a quello (cioè le
distanze sempre più brevi B-f, C-g, ecc.) non potranno av­
venire in tempi ancora più brevi, in quanto non esiste un
tempo minore di quello " minimo ,, . 55

53. De immenso, I, l, pp. 263-66.


54. Cfr. C. Monti, in Bruno, Opere latine, cit., p. 472, nota 1 3.
55. De immenso, l, l , pp. 276-78.
Tavola IV: p. 239; I, 2, p. 292

f
Tavola IV

L'illustrazione intende mostrare che, rispetto ad un


corpo dato, l'azione di un corpo ad esso più vicino è
maggiore di quella di un altro corpo più lontano, così co­
me l'azione del corpo più grande è maggiore di quella
del più piccolo. Per esempio, stabilito che il corpo lumi­
noso e si trova - come in questa tavola IV - al centro del
cerchio, e il suo fuoco riscalda Jsecondo la distanza ef, al­
lora il fuoco del corpo d (quattro volte più potente di
quello di e) , che riscalda e relativamente alla distanza de,
riscalderà f con intensità doppia.
Tavola V: p. 273; I , l , p. 327

Tavola V

La stessa immagine della tavola I della Cena, a cui si


rinvia per il commento; diversa tra le due la qualità del­
l' esecuzione xilografica.
Tavola VI: p. 281 ; I, l , p. 335

Tavola VI

La rappresentazione esemplifica56 il tema della visione


oculare dell' orizzonte, dipendente non solo dai limiti na­
turali della vista umana ma anche dalla curvatura della
terra. Infatti man mano che l'occhio sale da A ad E, poi a
F, fino ad H, progressivamente si accrescono gli archi de­
gli orizzonti visivi (BC, DG, IK) secondo i crescenti coni
ottici, delimitati prima dalle rette EL ed EM, poi dalle
successive.

56. Ibid. , I, l , pp. 334-36.


Tavola VII: p. 281 ; I, l , p. 338

Tavola VII

Figura l
DE IMMENSO 563

Si raffigura qui l'epiciclo della Luna (rappresentato


dal circolo più piccolo siglato GHNM ed espressione del
corpo lunare) che corre sul deferente nelle posizioni A,
B, C, D. Al centro il corpo F, ossia la Terra.

Tavola VIII: p. 30 1 ; I, l, p. 354

Tavola VIII

La relazione tra il testo e l'immagine non è affatto per­


spicua.57 Il disegno vuole dimostrare che le zone più fred­
de della Terra sono tali perché più lontane dall' azione
dei raggi solari, così come le linee AB e AD sono più lun­
ghe della linea AC. Forse si può intendere che G ed E in­
dicano i poli, mentre AF la linea equatoriale, dove il Sole
colpisce più direttamente con i suoi raggi la superficie
terrestre.

57. lbid. , l, l , pp. 353-55.


Figura 2

Tavola IX: p. 334; l, l , p. 387

Tavola I X
DE IMMENSO 565

Figura 3

Dimostrazione del triplice moto della Terra secondo


Copernico,S6 che Bruno trae fedelmente dal capitolo 1 1
del Libro I del De revolutionibus orbium coelestium libri W,
apparso a Norimberga nel 1 543.59 Al centro dell'icono­
grafia il Sole, segnato con la lettera E, intorno il circolo
della rivoluzione della Terra, colta nelle posizioni solsti­
ziali (B = Autunno; D = Primavera) ed equinoziali (A =
Estate; C = Inverno) . Il cerchio ABCD rappresenta il giro

58. Rotazione diurna, rivoluzione annua e il moto che spieghi


il costante parallelismo dell'asse della rotazione diurna. Cfr.
ibid., I, l , p. 385, note 2-3, p. 386, note 1-3 (ma anche pp. 389
sgg.); C. Monti, in Bruno, opere latine, cit., p. 567, note 33 e 34;
Michel, op. cit., pp. 206 sgg.; Ingegno, Cosmologia e filosofia nel
pensiero di Giordano Bruno, ci t., pp. 46 sgg. , 63-70 (" Bruno, Co­
pernico e i moti della Terra» ) ; D. Knox, Ficino, Copernicus and
Bruno on the Motion of the Earth, in " Bruniana & Campanellia­
na», 5 ( 1992) , pp. 351-66. Fondamentale ancora oggi, anche
per la disamina astronomica della critica bruniana a Coperni­
co, il contributo di Tocco, op. cit., pp. 311-26. Si veda la tavola
IX della Cena.
59. La xilografia bruniana copia fedelmente la figura di Co­
pernico: cfr. l'edizione di Basilea, 1566, c. 11r.
566 CORPUS ICONOGRAPHICUM

annuo del centro della Terra sul piano dell 'eclittica. Di­
videndo il circolo in quattro parti abbiamo: nel punto A
l'inizio del Cancro, nel punto B della Bilancia, in C del
Capricorno, in D dell'Ariete. FGHI rappresenta la fascia
equinoziale. Il diametro FAH (ma anche FBH, FCH,
FDH) , perpendicolare a GAI (ma anche GBI, GCI, GDI) ,
è in F il limite della maggiore declinazione verso sud e in
H verso nord.

Tavola X: p. 335; I, 2, p. 388

Tavola X

E L
M

Figura 4

Altra dimostrazione, ripresa nel testo bruniano, del tri­


plice moto della Terra, data da Copernico nel citato capi­
tolo 1 1 del Libro I della sua opera. Questa tavola X, come
la precedente, ricalca quella copernicana.60

60. Cfr. la c. 11 v nella citata edizione di Basilea.


Tavola XI: p. 345; I, l , p. 397

Tavola X l

Figura 5
568 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L'incisione, già comparsa negli Articuli,61 esprime, in


polemica con Copemico62 e secondo una « geometria »
celeste del tutto arbitraria, che le orbite di Mercurio e di
Ve nere (cifrate dalla lettera B) sono uguali a quelle della
Terra e della Luna (lettera A) : al centro il Sole (E) . Le
varie linee che congiungono i punti N, A, L con i rispetti­
vi I, B, G scandiscono le varie distanze dei pianeti sia tra
loro che rispetto al Sole. Le spiegazioni testuali del dise­
gno « astronomico » sono cervellotiche. In questo caso è
consolante per chi scrive (dopo avere affrontato, e cerca­
to di decrittare, non poche costruzioni geometriche di
questo genere) incontrare un brano del Nolano in cui,
per dir così, il filosofo « confessa » certi suoi limiti « geo­
metrico-espositivi ». Si legge infatti a proposito dello
« schema » di questa tavola XI che esso è stato realizzato
in modo « confuso e abbreviato » perché « per noi [cioè
per Bruno] non è facile, a causa della moltiplicazione dei
cerchi o spirali [ . . . ] poter raggiungere una felice compo­
sizione » . 6s

61. I, 3, pp. 76-77, 109: cfr. la tavola XXXIII.


62. Cfr. Tocco, op. cit., p. 248; W. Wildgen, Kosmologische Meta­
phern vor und nach Giordano Bruno, in « Bruniana & Campanel­
liana », 2 ( 1998), pp. 407-409.
63. De immenso, I, l , pp. 397-98: « quod in hoc schemate, ut
compendiosiore, ita et confusione ratione designamus quan­
doquidem neque facile est nobis circulorum multiplicatione
vel [ . . . ] spiralium, felicem compositionem ut possimus addu­
cere '' ·
Tavola XII: p. 372; I, l , p. 29

c
F

B D E A
Tavola XII

B D

Figura 6

Viene ora ripreso un motivo già affrontato con la tavo­


la III della Cena: un corpo opaco, allontanandosi alla vi­
sta, finisce per scomparire, mentre uno luminoso man­
tiene, anche nella più grande distanza, il suo bagliore,
570 CORPUS ICONO GRAPH ICUM

pur divenuto piccolissimo e incerto. Nella tavola XII è


rappresentato un corpo di forma semicircolare: CDEF ne
delimita la sua parte opaca, le altre (DCB e EFA) sono lu­
minose. Ad una certa distanza, sempre più lontano, il
corpo opaco tenderà a scomparire e le due parti lumino­
se sembreranno unirsi, connotando così l'intero corpo
come un unico corpo luminoso, anche se più piccolo. &4

Tavola XIII: p. 380; I, 2, p. 37

Tavola XIII

64. Ibid., I, 2, p. 29. La grafica dell' immagine sembra ripropor­


re, pur in altro senso, gli schemi copernicani sulla precessione
degli equinozi: cfr. la citata edizione del De revolutionibus or­
bium coelestium libri W , cc. 75 r -76r .
DE IMMENSO 571

Iconografia di un corpo sferico composto di parti i­


gnee e acquee. Le prime, corrispondenti ai settori BC,
DE, FA, sono opache e umide, mentre le seconde, deno­
tate dai settori AB, CD, EF, sono luminose e calde. Se­
condo Bruno65 la condizione ottimale di un tale corpo si
ha laddove le energie del fuoco e dell'acqua si contem­
perano e si uniscono: opinione che contrasta con la teo­
ria aristotelica dei quattro elementi, che ritiene inconci­
liabile l'unione diretta del fuoco con l'acqua. 66

Tavola XIV: p. 438; I, 2, p. 96

Tavola XIV

65. De immenso, I, 2, pp. 37-38.


66. De gen. et corr. , 329 a - 336a; Meteor., 378b- 390b; cfr. I. Dur­
ing, Aristotle 's Treatise Meteorologica, Book Iv, Goteborg, 1 944.
572 CORPUS ICONOGRAPHICUM

L'incisione è la stessa della tavola VIII, ma qui il si­


gnificato è diverso, poiché si vuole dimostrare la falsità
dell'opinione secondo cui il Sole, lungo l'arco dell'emi­
sfero diurno, sorge e tramonta secondo linee perpendico­
lari. Il testo che accompagna la figura è alquanto oscuro.

Tavola XV: p. 439; I, 2, p. 97

Tavola XV

Niente vieta di immaginare la Terra in forma pirami­


dale, di cui gli angoli A, B, C indicano le estremità. Il ra­
gionamento del Nolano è il seguente: la visibilità d'in­
sieme della Terra piramidale non si ha riducendo le di­
mensioni della stessa in triangoli più piccoli come DEF,
poi DGH e DIK, bensì smussando sempre più gli angoli
e trasformando progressivamente la sua forma triango­
lare in quadrata, poi in poligonale, sino alla forma cir­
colare.67

67. De immenso, I, 2, pp. 97-98.


Tavola XVI: p. 447; I, 2, p. 105

Tavola XVI

Viene impiegata di nuovo la precedente tavola III,


per? privata delle lettere in basso e con un altro significa­
to. E una sorta di cosmografia aristotelica: in basso la let­
tera m allude alla convessità sferica del fuoco (che con­
tiene le regioni degli altri elementi) ,68 sopra sta la lettera
l che denota la concavità dell' orbe della Luna. Gli altri
semicerchi e relativi elementi letterali indicano le orbite
planetarie equidistanti.69

68. Il mondo sublunare aristotelico è composto dai quattro


elementi: sotto la sfera ignea vi è quella aerea, sotto ancora
la terra e l'acqua: De gen. et corr: , 328b sgg.; De mundo, 391a
sgg.
69. De immenso, I, 2, pp. 1 05-106.
Tavola XVII: p. 448; I, 2, p. 106

Tavola XVII

Figura 7
DE IMMENSO 575

Bruno propone70 in questo caso un'altra cosmografia


di genesi aristotelica per criticarne l'architettura che pre­
vede sfere concentriche, con in basso quella degli ele­
menti. Qui il Nolano, con un discorso non certo lineare
né di facile interpretazione, fa presente quanto segue:
ASB rappresenta la sfera convessa dell'aria e ADB quella
della Luna, la retta ED esprime il calore massimo dell'e­
quatore che va man mano a ridursi verso i poli A e B. In
modo analogo ATB disegna un 'altra linea-limite dell'a­
ria, cioè di quella non aderente al cielo: in questa linea
concava ATB il calore dell'aria risulta invece massimo al­
le estremità polari A e B e nullo all'equatore nel punto
T. Ne consegue, secondo il filosofo, che l'aria avrebbe u­
na specie di forma cilindrica (data dall 'unione degli ar­
chi ASB e ATB) , e non sferica.

70. lbid., I, 2, pp. 1 05-1 09; cfr. Tocco, op. cit., pp. 266-67.
Tavola XVIII: p. 474; I, 2, p. 1 3 3

....

Tavola XVIII
(J

Figura 8
578 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La lettera A denota un corpo luminoso e B un corpo


opaco maggiore di A. Poiché la distanza tra i due è mini­
ma, accade che il corpo opaco occulti quello luminoso
più piccolo, rispetto alla parte opposta allo stesso A, se­
condo le due linee K, ovvero, come scrive Bruno,71 secon­
do l'angolo KAK. Se il corpo opaco si allontana da quello
luminoso, in una successione che nella figura è segna­
ta dai circoli C, D, E, F, si ridurrà il suo diametro e pro­
gressivamente anche l'angolo KAK che diverrà LAL, poi
MAM, NAN e così via, fin quando il corpo opaco, ormai
annichilito dall'enorme distanza, non sarà più in grado
di oscurare la luce del corpo A. Una simile questione era
stata già affrontata con la tavola IV della Cena.

71 . De immenso, l, 2, pp. 133-34.


Tavola XIX: p. 477; I, 2, p. 1 36

Tavola XIX
580 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La xilografia rappresenta il fenomeno per il quale la


Luna, posta tra il Sole e la Terra (nell'immagine questa è
in basso e quello in alto ) , può oscurare l'uno o l'altra se­
condo la distanza che la separa da questa o da quello. Al­
l'osservatore posto in RQ , sul suolo terrestre, la Luna ap­
parirà più grande in MN che in LK e nulla in I, produ­
cendo eclissi solari sempre di minore ampiezza man ma­
no che si allontana dalla Terra. Se la Luna viceversa si av­
vicina al Sole, da I fino a BA, essendo un corpo opaco, lo
eclissa agli occhi dell'osservatore, sempre posto dalla
parte della Terra, per grandezze via via maggiori, come
indica la progressiva sequenza dei segmenti GH, EF, CD
e AB.72

Tavola XX: p. 5 1 6; I, 2, p. 1 76

Tavola XX

Stessa xilografia della tavola II.

72. Ibid., l, 2, pp. 135 -37.


Tavola XXI: p. 570; l, 2, p. 231

b '

Tavola XXI

Nel capitolo in cui compare questa figura Bruno pole­


mizza con Aristotele sull'origine delle comete.73 Lo sche­
ma esemplifica perché le comete siano caudate. Il Nola­
no sostiene che ciò dipende dall'angolo di rifrazione, e
propone il seguente esempio: se in a si trovano l'occhio
dell'osservatore e l'immagine che si riflette perpendico­
larmente nel punto d dello specchio be, gli angoli adb e
ade non fluttuano e l'immagine viene restituita nitida nei
suoi contorni, per cui il corpo della cometa così riflesso
appare rotondo e senza coda, ma se l'occhio e l'immagi­
ne si spostano nel punto di visuale e, e la riflessione sullo
specchio be avviene secondo l'angolo acuto ede, allora ne
segue l'apparizione della coda, conseguente al defluire e
allo scorrere dell'immagine non più ortogonale, tant'è
che più si restringe l'angolo edb, cioè il punto di vista e

73. Ibid., l, 2, pp. 223-35; cfr. Tocco, op. eit. , pp. 287-89.
582 CORPUS ICONOGRAPHICUM

tende a c, tanto più si allunga l'immagine della coda del­


la cometa.

Tavola XXII: p. 572; l, 2, p. 233

Tavola XXII

Il rapporto tra l'iconografia ed il testo è del tutto invo­


luto, 74 soprattutto nei particolari. Il contesto astronomico
concerne i diversi movimenti dei pianeti (raffigurati dai
tre circoli) , i quali percorrono orbite differenti ritornan­
do poi nella medesima posizione iniziale.

74. De immenso, I, 2, pp. 232-34.


Figura 9

Tavola XXIII: p. 589; I, 2, p. 250

Tavola XXIII
584 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Lo schema geometrico rappresenta sei mondi (siglati


con le lettere H, I, K, L, M, N) tangenti ad un settimo
mondo loro centrale, ma è impossibile che ciò si verifichi.
Infatti, se così fosse, considerato che dal centro alla peri­
feria di un corpo planetario corre la massima distanza, il
centro di A disterebbe dai punti di contatto della sua pe­
riferia (B, C, D, E, F, G) tanto quanto dalla periferia degli
altri mondi. 75

Tavola XXIV: p. 604; I, 2, p. 266

b '

Tavola XXIV

Ancora lo schema della precedente tavola XXI, ora


con valenze riguardanti la contrapposizione tra l'acqua
ed il fuoco aristotelici, espressa dalla divergenza geome­
trica tra l'angolo acuto e quello ottuso.76

75. Cfr. Tocco, op. cit. , p. 296.


76. De immenso, l, 2, pp. 266-67.
Tavola XXV: p. 610; I, 2, p. 271

Tavola XXV

Ripetizione della tavola XXIII. In questo caso si sottoli­


nea che tra i mondi è interposto un unico spazio etereo e
infinito, per cui essi non possono toccarsi tra loro. Inol­
tre una parte o un punto, per esempio B, della superficie
del mondo H, non può tendere sia verso un altro mon­
do che verso il proprio, perché ciascun mondo è distinto
dall'altro.
DE IMAGINUM, SIGNORUM, ET IDEARUM
COMPOSITIONE
De imaginum, signorum, et idearum compositione. Ad omnia inven­
tionum, et memoriae genera libri tres , Francofurti, apud Ioan.
. . .

Wechelum et Petrum Fischerum consortes, 1591 (Salvestrini,


n. 207; Sturlese, n. 27)
Questa è l'ultima opera pubblicata da Bruno, che ne
curò la stampa: in essa si riprendono e riassumono tutti i
trattati mnemonici precedenti.1 Si tratta di un testo ine­
rente il processo di formazione delle immagini e dei sim­
boli delle idee, per rendere più efficace e facile la pratica
dell' ars memoriae,2 dunque di un trattato che porge i fon­
damenti teorici e pratici della mnemotecnica, che Bruno
aveva descritta ed elaborata nei suoi primi testi, fin dal De
umbris idearum del 1582.
Vi sono contenute 12 xilografie, di cui 5 (ma due di
queste sono lo stesso legno ripetuto) di mediocre fattura,
attribuibili al Nolano per le ragioni più volte considerate,
raffiguranti schemi geometrico-mnemonici, e 7 di altra
mano, di notevole qualità artistica, rappresentanti i 7 car­
ri astrali. Di queste ultime incisioni non ho individuato la
fonte grafica diretta, ma non escluderei, anche in consi-

l. Cfr. Tocco, op. cit., pp. 84-91 ; Spampanato, op. cit., pp. 441-
42, 709.
2. De imaginum compositione, II, 3, p. 89: «Propositum est de ima­
ginum, signorum et idearum compositione principale, propter
universalis inventionis, dispositionis et memoriae finem » .
590 CORPUS ICONOGRAPHICUM

derazione di quanto detto per la tavola XII del De mona­


de, che si possa trattare di immagini già impiegate per il­
lustrare qualche libro astrologico, coevo o precedente al
De imaginum compositione. L'iconografia delle divinità pla­
netarie e dei loro veicoli, con gli specifici attributi, è co­
munque del tutto comune alla tradizione in merito, sia
medioevale che rinascimentale.3
Del De imaginum compositione, dei suoi contenuti e della
sua dottrina si è discusso ampiamente nell'Introduzione,
come, per quanto concerne le componenti dell' ars memo­
riae presenti nel testo, se ne è parlato nel commento al De
umbris. Pertanto non rimane che concludere il catalogo
delle illustrazioni bruniane elencando, soprattutto dal
punto di vista iconografico, le incisioni che ornano que­
st'ultimo volume.

3. Cfr. il commento alle tavole IX-XXVIII del De umbris.


Tavola 1: p. 32; II, 3, p. 1 27

Tavola I

Figura l
592 CORPUS ICONOGRAPHICUM

FORMA ATRH
ET NOMINA LOCORUM PARTlCULARIUM ATRIUM ALTARIS
D R Y G X l A

Aqua La1111crum Palma


ANGULUS ANGULUS
ORIENS Aratrum Thorax Anchora
ORIENTlS MERIDIEI
Cathena Amphora Currua

Q K
u s

Scrlnlum Stabulum
ATRII
E SEPTENTRIO MERIDIES F Scapha ALTARE Frugea
IMAGO
Sollum Fumua

v T
N p

ANGULUS Carear Fomax Arboa


ANGULUS
SEPTEN- OCCIDENS Cadua Enala Globua
OCCIDENTlS
TRIONIS Sella lgnla Epulae

B M Z H L O c

Figura 2 Figura 3

È la forma dell'atrio4 (tav.


l) , ovvero di uno speciale lo­
cus mnemonico quadrato, composto da 24 luoghi deno­
tati dagli elementi letterali, dove vanno collocati ordina­
tamente gli adiecta, ossia altrettante immagini, seguendo
le simmetriche e speculari suddivisioni dello spazio, de­
terminate sia dalle linee diagonali e ortogonali sia dalla
corona centrale.5 Si noti la predilezione angolare per la
disposizione degli elementi letterali o figurativi, di cui si
è parlato nell' Explicatio. Il Nolano invita a costituire dei
gruppi di lettere, agli angoli e sulla metà dei lati, tenen­
do sempre presente la meccanica spaziale dei quattro
orizzonti, di cui alla tavola II del Cantus: est, ovest, nord,

4. De imaginum compositione, II, 3, pp. 125 sgg.


5. lbid., Il, 3, pp. 126-27: «Atrium ergo quadrangolare effor­
matum intelligatur, cuius centrum est tellus et oculus; quatuor
angulorum unus sit orientis, oppositus est occidentis; et duo­
rum reliquorum diametraliter oppositorum alter anguli sep­
tentrionis, alter meridiei titulum suscipiat. In spaciis 4 inter­
mediis, nempe laterum seu costarum in medio, intelligatur ibi
oriens, ibi occidens, ibi septentrio, ibi meridies » . Si veda la ri­
costruzione grafica della figura l .
DE IMAGINUM COMPOSITIONE 593

sud. Infatti la forma quadrata dell'atrio viene scandita se­


condo la seguente disposizione spaziale, da sinistra a de­
stra e dall'alto in basso (si osservi la figura 2 : « Forma del­
l'atrio e nomi dei luoghi particolari >>) : angolo est, est, an­
golo sud (nella parte superiore) ; nord, corona centrale
con il nome dell'atrio (nella tavola I: Atrium Altaris) , sud
(nella parte centrale) ; angolo nord, ovest, angolo ovest
(nella parte inferiore) . Senza un locus determinato non è
possibile né percepire, né speculare, né immaginare le
rappresentazioni mentali, perché viene meno l' ordo della
« pagina >> spaziale su cui comporre e '' scrivere >> il discor­
so analogico.6
L'atrio configura un sistema di memoria che serve a in­
ventariare rapidamente immagini, attraverso una ritmo­
sequenza in cui l'occhio dell'immaginazione si sposta da
un angolo all'altro e vi pone le lettere o immagini in suc­
cessione alfabetica e scorrevole, creando così un percor­
so mnemonico-geometrico e iconico che può essere ripe­
tuto più volte e in varie occasioni. Per esempio, conside­
rando solo la sequenza alfabetica (nella tavola I e nelle
figure l e 2 ) , si può cominciare con l'osservare la lettera
A sull'angolo destro in alto, poi si sposti l'occhio sulla B
in basso a sinistra, poi si guardi verso la C in basso a de­
stra e ancora si posi l'occhio immaginativo sulla D, e di
seguito sulla E nel centro del lato sinistro, e verso la F a
destra, e sopra verso la G, per scendere in basso verso la
H, e così via. Un simile viaggiare con l' oculus mentis co­
struisce inevitabilmente una simmetrica e disciplinata ra­
gnatela di linee, di cui sono espressione le seguenti tavo­
le IV e XII, e sulla cui trama si stagliano in successione gli
elementi mnemonico-figurativi. Gli atrii possono essere
diversi e numerosi, e ciascuno di essi assume un nome ed
un'immagine simbolica particolare, predominante, a cui

6. lbid., II, 3, p. 125: « imagines atque species, de quibus prae­


sens est intentio atque speculatio, in materia omnino consi­
stunt et comperiuntur, quam informent. Quodque geminis ex
bisce principiis est conflatum, neque intelligi neque imaginari
potest sine loco » .
594 CORPUS ICONO GRAPHICUM

vengono correlati per libera analogia gli altri elementi


mnemonici. Ne nasce in tal modo una catena che rende
meccanica e facile la disposizione dei loci e delle imagines
o literae, che impedisce ogni confusione e sovrapposizio­
ne immaginifica. 7 Prendiamo ad esempio questo primo
atrio, denominato Atrium Altaris, nella corona al centro
del quadrato; ecco che Bruno ci porge figure e simboli
da disporre, sempre seguendo la norma degli assi cardi­
nali (fig. 2) sopra menzionata, nei 24 luoghi dell'atrio
(fig. 3) , in corrispondenza delle lettere alfabetiche (fig.
2) :8 nell'angolo est c'è l'immagine dell'acqua che scorre
(corrispondente alla lettera D ) , sulla destra quella di un
aratro (corrispondente alla lettera R) , sulla sinistra appa­
re una catena (lettera Q) ; all'angolo ovest c'è un albero
(lettera C ) , sulla destra un ariete (lettera P)9 e sulla sini­
stra dei banchetti (lettera O ) , e così di seguito.

7. lbid., Il, 3, p. 1 57: «Tenendum ut imagines imaginibus ad


confusionem evitandam concatenentur».
8. lbid., Il, 3, p. 1 32.
9. Nel testo ( ibid., Il, 3, p. 1 29) è aries, mentre nella tavola (fig.
4) Bruno scrive globus. La contraddizione è solo apparente,
perché si tratta di due immagini intercambiabili per analogia:
il primo è un noto strumento bellico impiegato dai Romani
per praticare brecce nelle mura nemiche, il secondo, detto
appunto globus, è un manipolo compatto di giovani soldati
adatto ad un'azione di forza (Tito Livio, l, 6, 7; l, 12, 9; Tacito,
Ann., XIV, 6 1 ; XII, 43).
Tavola Il: p. 61 ; Il, 3, p. 1 56

-�------�*�----4-*
-*


'*
*

l1 • •

Tavola II

Figura 4
596 CORPUS ICONOGRAPHICUM

La forma dell'atrio o locus memoriae deve essere tale che


le sue parti corrispondano in assetto simmetrico, di mo­
do che vi si possano collocare e aggiungere gli adiecta di
tre in tre. Le sedi dove questi vanno posti sono gli angoli,
le metà dei quattro lati - come nell'atrio della figura pre­
cedente - ed il centro, dove due adiecta vanno distribuiti
uno a destra e uno a sinistra del medesimo centro dove
s'incontrano le diagonali. 1 0 Una simile composizione geo­
metrica con 24 piccole stelle, che simboleggiano gli adiec­
ta, riunite in 8 gruppi di 3, e disposte come appena detto,
rappresenta la forma dell'atrio nella sua estrema sintesi
iconica.

10. Cfr. De imaginum compositione, Il, 3, p. 1 56: « Sit figura loci


ut eius membra ad aequalitatem et conformitatem eorum,
quae ulterius iuxta nostram viam apponuntur [ . ] sufficere
. .

possint; ut in proposito atrio ab angulo utroque ad utrumque


oppositum duplici coniecta diametro quatuor in intervallo­
rum medio, quae a centro et angulo quadruplici aequaliter di­
stent, sedes et adiecta intelligantur, in centro vero duobus
adiectis dexteram sedem atque sinistram tribune ».
DE IMAGINUM COMPOSITIONE 597

Tavola III: p. 69; II, 3, p. 164

Tavola III

Figura 5
598 CORPUS ICONOGRAPHICUM

Se gli atrii costituiscono un eccellente strumento combi­


natorio per la " memoria delle cose >>, i cubili sviluppano so­
prattutto la " memoria delle parole >>. Il termine cubile, lette­
ralmente " giaciglio », " letto >> (ma per sineddoche si può
intendere anche " camera >> ) , così come atrium, soddisfa la
norma dell'arte della memoria classica, di cui si è già di­
scusso commentando il De umbris, secondo la quale è op­
portuno scegliere quale s�biectum o locus mnemonico un
determinato e circoscritto spazio architettonico. Non a ca­
so Bruno cita ad esempio lo spazio di un tempio, quello di
un chiostro o di una basilica, come pure di un triclinio.
Necessario alla buona pratica dell' ars è che tali luoghi, sia
quello templare che quello di un letto, mostrino ben di­
stinte le differenti parti spaziali che li compongono, owe­
ro gli angoli e le superfici intermedie e laterali, considera­
ti come membra o articolazioni di un unico corpo. 1 1
Nei cubili, come dimostrano la tavola III e la relativa ri­
costruzione (fig. 5 ) , abbiamo un sistema di elementi alfa­
betici collocati, con lo stesso ordine e simmetria, su cin­
que spazi triangolari (composti da un triangolo maggiore
ed uno interno minore) racchiusi e disposti in un quadra­
to secondo il solito coordinamento assiale: il triangolo in
alto, con la vocale E al centro, è rivolto verso est, quello
con la vocale I verso sud, il triangolo in basso è indirizzato
verso ovest, e quello a sinistra a nord. Il meccanismo com­
binatorio è simile a quello esemplificato nella tavola II del
Cantus: si devono comporre sillabe per poi formare paro­
le grazie a coordinate associazioni di immagini.

1 1 . Ibid., Il, 3, p. 1 29: «Heic per loca communia intelligimus


unam locorum particulariam coordinationem, sicut exempli
gratia templum unum vel templi aream unam, claustrum u­
num, basilicae unius vel magni triclinii conceptaculum, quod
in preadictos angulos et spada angulorum et spaciorum diffe­
rentias poteris distinctum intelligere. Per loca vero particula­
ria substantiva intelligimus ipsum angulum, ipsam anguli dex­
tram vel sinistram, ipsum spacii lateralis medium vel quodcun­
que sigillatim aliorum. Quae partes, articoli seu membra quae­
dam communis loci perhibentur >> ; cfr. il commento alla Figu­
ratio.
DE IMAGINUM COMPOSITIONE 599

Bruno presenta dei cubili per le vocali, impiegaù cioè


per memorizzare vocaboli (sostanùvi, aggetùvi, avverbi)
che iniziano per vocale, e dei cubili per ricordare termini
che cominciano per consonante. I giochi combinatori dei
due sistemi sono simili e il Nolano ci offre lo schema ùpo
( tav. III) soltanto del secondo, ma le spiegazioni che ce ne
dà sono approssimative. 12 Tuttavia, tenendo presenti le
analoghe machinae memoriae del De umbris e del Cantus, si
può credere che il funzionamento di questo secondo tipo
di cubile sia il seguente: dato che ogni spazio triangolare
è composto da un triangolo maggiore, con ai verùci tre
lettere (R, S, T ) , e da uno interno minore che ne conùe­
ne quattro (L, M, N, più una vocale) , si sistemi nel trian­
golo minore di mezzo, al suo centro, una consonante (B,
C, D, F, ecc.) da coniugare con le cinque vocali distribuite
al centro di tutti i triangoli (si veda per esempio la figura
5 con al centro la B e la A) , sì da poter comporre sia la pri­
ma sillaba bielementale di un vocabolo (per esempio BA,
ma anche BE, BI, BO, BU) , sia quella trielementale (BAL,
BAM, BAN ... BEL, BEM, BEN ... BOL, BOM, BON, ecc.)
quando vi si aggiungano anche le relative consonanti an­
golari. Le altre lettere mancanù della parola vengono pre­
se in successione ordinata dal centro e dagli angoli degli
altri triangoli maggiori e minori. Inoltre ciascuno spazio
triangolare può essere considerato come contenente, al
centro del triangolo interno, una consonante alfabeùca
contornata dalle cinque vocali. Naturalmente questo pro­
cesso di memoria verborum è strettamente vincolato alla me­
moria delle immagini che rammentano quelle determina­
te lettere e sillabe, le quali, nell'insieme, generano la pa­
rola. Per esempio BONITAS viene rappresentata da << un
sacerdote vestito di lino, che presso l'altare compie su:ffu­
migi con il turibolo >>. 1 3

12. Ibid., Il, 3, pp. 164 sgg.; cfr. C. D'Antonio, Giordano Bruno.
Il primo libro della Clavis Magna, Roma, 1 997, pp. 30-36.
1 3. De imaginum compositione, II, 3, p. 1 65: << In atrio vel eubili
Bonitatis sit sacerdos indutus lineis, ad altare thuribulo suf­
fimigans >> .
Tavola IV: p. 1 0 1 ; II, 3, p. 197

l
K L M
t
l l
l l
IG
l
l D

\ A B

Tavola IV
--
l
Questa xilografia raffigura una (( forma della combina­
zione �� ( compositionis forma) , e in effetti vi si fondono due
tipologie combinatorie esaminate in precedenza: quelle
espresse dalle tavole VII e VIII del De umbris, dalle tavole
III e IV del De compendiosa, e dalla tavola VIII dell' Explica­
tio. Ogni terna di lettere (A, B, C; D, E, F; G, H, I; K., L,
M) è denotata da tre immagini: per esempio A (così D,
G, K) simboleggia un agens, un soggetto agente; B (così
E, H, L) un instrumentum, una circumstantia ad esso ine-
DE IMAGINUM COMPOSITIONE 60 1

Figura 6

rente; 1 4 C (così F, I, M) una operatio, cioè una sua azione.


In altre parole: la D è significata dalla figura di un sog­
getto, per esempio da un « soldato », la E da una sua << cir­
costanza » (<< un vessillo >> ) , la F dalla sua azione (<< salta­
re ») .15 Questa logica correla tutte le terne letterali e ico­
niche. Le rette che congiungono le diverse lettere tra lo­
ro indicano le associazioni che si possono fare tra i singo-

1 4. Cfr. il commento alla tavola VIII del De umbris.


15. L'iconografia è quella di « Un soldato che salta impugnan­
do una bandiera» . De imaginum compositione, Il, 3, p. 196: «Su­
perest ut compositionis formam referamus. Tria singulae ima­
ginum contineant atque definite referant; l. AGENTEM, Il.
INSTRUMENTUM (vel adiectum, vel circumstans) , III. OPE­
RATIONEM, ut ubi idem refert agens quod sua arma et actio.
A Baptizator. B cum urceo. C lavat; D miles. E cum vexillo. F
saltat [ . . ] ».
.
602 CORPUS ICONOGRAPHICUM

li elementi figurativi e letterali, cosicché si formino silla­


be e poi parole,16 secondo i sistemi di connessione iconi­
ca e verbale più volte esaminati. La xilografia è un exem­
plum che può essere ampliato o duplicato, come accenna
la lettera N, sita al centro/' che incrementa e prosegue
naturalmente l'alfabeto delle teme e, nello stesso tempo,
connota e richiama alla memoria l'intero marchingegno
come nelle figure lulliane del De compendiosa.

Tavole V-XI: pp. 1 09-64; II, 3, pp. 206-268

IVPITER._

Tavola V

I sette carri astrali sono raffigurati secondo la comune


iconologia rinascimentale, di cui si è ragionato a proposi­
to delle tavole XXI-XXVII del De umbris. Si tratta di im­
magini con funzione mnemonica, come dimostrano le

1 6. lbid., II, 3, pp. 196-97.


17. Nell'originale (tav. IV) questa lettera è stata inserita dopo
che il legno era stato abraso.
DE IMAGINUM COMPOSITIONE 603

Tavola VI

Tavola VII

numerose serie combinate di attributi ed epiteti conferiti


a ciascun dio-pianeta, non a caso detti adsistentes e adstan­
tes, secondo la precisa terminologia tecnica deli' ars. 18

18. Cfr. il commento alle tavole VIII e XXIX del De umbris.


Tavola VIII

SO L

Tavola IX
Tavola X

Tavola Xl
Tavola XII: p. 1 80; Il, 3, p. 286

K L M

A B c

Tavola XII

Ancora la tavola N'9 con alcune varianti sulla colloca­


zione degli elementi combinatori, nel senso che adesso si
impiegano non più le terne orizzontali come sopra, ben­
sì le colonne verticali con quattro lettere (A, D, G, K; B,
E, H, L; C, F, I, M) e le relative immagini, connesse ri­
spettivamente, dall'alto al basso, ad un (( soggetto �� . un

19. Ora la xilografia è annerita al centro e nasconde la lettera


N visibile invece nella tavola IV, probabilmente per una cattiva
inchiostratura.
DE IMAGINUM COMPOSITIONE 607

<< oggetto », un << astante '' ed un << accompagnatore >> .2° Co­
sì, per esempio, sulla colonna A, D, G, K scorrono, sem­
pre dall'alto in basso, le figurazioni di un << fanciullo ''
(puer) , di una << colonna >> ( columna) , del gesto o dell' azio­
ne di << rovesciare '' o << capovolgere '' ( evertit) , e di un cane
( canis) . Le quattro lettere vengono pertanto rammentate
dalla pictura di « un fanciullo su una colonna che capo­
volge un cane » . 2 1

20. De imaginum compositione, Il, 3, p . 285: « Materia pariter va­


riantia constituuntor subiecto, adiecto, adstante, et comitan­
te».
2 1 . /bid. , II, 3, pp. 284-86.
INDICE DEGLI AUTORI CITATI
I numeri in corsivo rinviano alle note.
Abry, J.-H., 86 Allen, M J .B . , XXXVII, L VIII,

Adolf, H., 273 LXVII, LXXVII, LXXXIX, 23


Aglaofarno, LXXXIX AJlers, R., XLIV, 1 15
Agostino, sant', 129, 316 Arnat, J., 316
Agostino del Riccio, 289, 290 Arnerio, R., 224
Agrippa, C., XV, XLV, XL VI, LIV, Arnrniano Marcellino, 1 64
LIX, LXVI I , LXXI, LXXIII, XCI, Andalò di Negro, 276
XCII, XCIII, XCIV, XCV, CIII,
Andrea Cappellano, LXV
46, 82, 1 48, 1 63, 1 66, 1 67, Antifonte di Atene, 323, 460,
1 75, 1 77, 1 79 , 1 80, 181, 182, 461
Apollodoro, LIX
203, 209, 2 1 1 , 260, 271 , 275,
Apuleio, 273, 316
291 , 337, 340, 346, 377, 378,
Aquilecchia, G . , xv, 216, 224,
37� 380, 426, 536, 541 , 545,
234, 245, 298, 300, 301, 307,
549, 552
321, 33� 331, 45� 4 7� 481
Alberti, L.B., 219
Arato, 406
Alberto Magno, XXVI, XCI, 1 8,
Ariani, M., XXXIII
221 Aristofane, 2 7 7
Albricus, 276 Aristotele, XVI, XXXIX, LI,
Albumasar, 86, 276 LXXXVII, 14, 2 7, 36, 39, 40,
Alciati, A., LIX, 235, 236, 276, 41 , 1 15, 205, 252, 339, 354,
434 357, 360, 361 , 456, 460, 463,
Alfonso X el Sabio, 1 66, 182 5 1 4, 557, 581
Alcmeone, 7 Atanasij evic, K , 452, 458, 466,
Alighieri, Dante, LXV 4 78, 490
Al-Kindi, 1 66 Avicenna, xxvi, 15
612 INDICE DEGLI AUTORI CITATI

Babrio, V., 277 Bruers, A. , L V


Baldini, B . , 88 Bundy, M.W. , XXV, XXVI, XLII,
Baltrusaitis , J . , xxiii, 364, 392 XLIII, L, LXX VIII, LXXX, 23,
Bassi, S., xv, LXVI 41
Battisti, E., 38 Burnet, J., 36
Bauza Ochogavia, M . , 128 Burrow, J.A., 1 15
Bechmann, R., 291
Becker, G., XXIII Calcagno, A., 315
Beham, H.S., 88 Calcidio, 221
Béhar, P., 1 6 7 Cambiaso, L., 291
Behrendsen, 0., 89 Camerota, F. , 298, 299, 300,
Beierwaltes, W., LX 301, 304, 310 , 4 78
Benedetto da Firenze, Maestro, Camille, M., 392
262 Camillo, G.D., c m , 27, 286
Bertozzi, M., 86, 88 Campanella, T., LIV, L V, xcv, 6,
Bezold, C., 92, 94
1 80
Bezza, G., 93, 94
Canone, E., LXXV, LXXIX, 21,
Bianchi, M.L., LXXV, 381
441
Bloomfield, M.W., 2 75
Caramella, S., LXIV
Boccaccio, G., LXV, 276
Carella, C., 21
Bochart, S . , 2 75
Cartari, V., 539
Bochenski, I.M. , 205, 357
Carter, I.B., 2 74
Bode, G.H., 2 76, 538
Casel, 0., LIV
Boezio, XXXII, XLII, 316, 456,
Cecco d'Ascoli, xciii, 552
471
Cesari, A.M., 2 76
Boll, F. , 92, 94
Cesariano, C., 291
Bologna, C., 286
Charles, A. , Lxxx
Bolzoni, L., xxvi, 2 7, 4 7, 286
Bonaventura, san, XLIII Chastel, A., 1 76
Bongo, P., 46, 267, 490, 521, Chatillon, F., L VIII
544, 546, 549, 552 Cherlonneix,J.-L., LIV
Bònker-Vallon, A., XL, LXXV, Chionetti, M.L., 528
LXXXV, 219, 260, 447, 452,
Chuquet, N., 498
527 Ciavolella, M., LXVIII
Bonner, C., 167 Cicerone, XXVII, XXXIX, LIV,
Bouché-Leclercq, A., 92, 94, LXX, 9, 10, 1 1, 13, 39, 87,

1 02, 1 80 2 74, 406, 420, 539


Bovelles, C. de (C. Bovillus ) , Cilento, V. , XLIX
XVI, XXIII, XXXII, XXXIV, Ciliberto, M., X I I I , xv, xxi,
204, 205, 239,
LIII, XCV, C I I I , XXXIII, XLIII, LXVI, LXXI,

263, 264, 265, 266, 322, 374, 1 1 0, 159, 1 65, 219, 260, 272,
383, 391, 392, 416, 447, 463, 426
471, 503, 544 Claut, P., 21 9
Bradwardine, T., 263, 264 Clements, RJ., 235
Brant, S., 2 75 Coignet, M., 3 1 0
Brisson, L., LIV Colonna, F. , XXXIII, LIX, LXV,
INDICE DEGLI AUTORI CITATI 613
LXXXVII, 1 64, 315, 316, 377, Dolce, L., 44, 54, 84, 1 10 , 1 15,
383 1 1 6, 1 68
Columella, 274 Domenichi, L., 2 71
Conti, N., LIX Dornseiff, F. , 1 67
Copernico, N., 565, 566, 568 Dragon, T. , xx, XXI, 203
Cornelius, R.D., 361 Dumeige, G., L VIII
Cornford, F. M., 454 During, 1., 571
Corsano, A., 1 65
Corsi, P., xxvi Eco, U . , 286
Cotin, G., 297 Egly, R., 6
Cramer, F.H., 92, 94 Empedocle, 1 1 5
Crespi, A., XCIII Epicuro, XXIV
Cusano, N., XXXII, XL, XLIV, Erasmo da Rotterdam, 277
LX, XCV, C I I I , 18, 1 6 7, 2 5 1 , Erlande-Brandenburg, A., 291
252, 255, 265, 447, 503 Ermete Trismegisto, XUI, LXXXIX,
180
D 'Agostino, A., 1 66, Erodoto, 412
D 'Alessandro, A., 539 Esiodo, LXXII
D'Aiverny, M . T. , 166, 1 79, 181, Esopo, 277
1 82 Euclide, 7, 219, 227, 243, 262,
D'Ancona, A., L V 30� 406, 468, 53� 531, 523
D'Antonio, G., 599 Eusterschulte, A., xx, XL, 315,
D 'Essling, P., 86, 1 1 0 52 7
Danti, 1 . , 219, 227, 243
De Bernart, L., XXI, XLIII, LXXV, Fabricius, J.A., 36
LXXXIII, 11, 1 4, 127, 142, 159 Faggin, G., LIV
De Boissière, C . , 4 71 Faivre, A., 426
De Carpanis, D . , 13 Fanti, S., 21
De Cattan, C., 35 Fattori, M., LXXV
De Leon:Jones, K.S., XLVI, 203 Federici Vescovini, G. , XXXII,
De Marinis, T. , 88 XXXIII, 15, 23, 1 66

De Mely, F., 1 82 Festugière, A.:J., XXI, 382


De Rosa, G., Lxxv, LXXIX Fibonacci, L., 262
De Vogel, CJ., 3 78 Ficino, M., XVI, XXI, XXIV,
Delatte, A., 1 68, 382 XXX, XXXII, XXXIII, XXXV,

Della Porta, G.B . , 6, 7, 37, 1 1 9, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XLI,

1 69, 397 XLII, XLIV, LII, L V, L VIII, LXI,

Democrito, XXIV, 262, 452, LXIII, LXV, LXVI, LXVII, LXX,

458, 465, 474 LXXI, LXXVII, LXXIX, LXXX,

Deonna, W. , XXXII LXXXIX, XCI, XCII, XCI I I ,

Derchain, P. , 1 68 xcv, 27, 164, 166, 1 76, 1 77,


Dewan, L., 23 1 79, 180, 1 8 7, 260, 454, 455,
Di Pasquale Barbanti, M., Lxxx 490, 52 7, 536
Diogene Laerzio, 5 1 Filopono, G., 357
Dioscoride, 99 Filthaut, E., 221
Dodds, E. R., LIV, 1 66, 168 Finiguerra, M., 88
614 INDICE DEGLI AUTORI CITATI

Fiore, F.P. , 291 Heipke, K., Lxxxv


Fiorentino, F. , XIV, 6 Hellrnann, G., 528
Fiorentino, M., 94, 95 Heninger, S.K. , XXIII, 36, 91,
Firpo, L., X, XXX, 228, 229 1 15, 1 1 7, 239, 433, 454, 456,
Flarnand,J.-M., LIV 4 70, 490
Fontana, G., 38 Henkel, A., LIX, 2 1 , 26, 235,
Fulgenzio, LIX 277
Hepburn d'Ecosse, I.B., 100,
Gabriele, M . , XXXIII, 187, 434 1 82
Galeno, 99, 1 15 Hersant, J.L., 224, 234, 245
Galilei, G. , 225, 234 Hiller, E . , 221
Gallinaro, 1., XX VII, 361 Hillgarth, J.N., 128
Galluzzi, P., 527 Hoenen, P. , LXXXVII
Garfagnini, G.C., 1 76 Hornann, H., 235
Garin, E., XXXIII, XLII, LXIII, Honnecourt, V. de, 291
LXXV, 82, 2 7 1 Hopfner, T., 1 64, 167
Gassendi, P. , 239 Hudry, F., 1 66, 1 79, 1 81, 182
Gatti, M.L., XLI, XLIX, LIV Huillier, H. 1 ' , 498
Gaya Estelrich, J., 130
Gellio, Aulo, 538 Igino, LIX, 88, 406
Gentile, G., 2 1 6 lrnbriani, V., X I V
Gerrnek, M . D . , LIV Incardona, F. , 219, 22 7, 243
Gersh, S . , xxi, XLII Ingegno, A., XXI, 452, 565
Gesualdo, F., 289, 290 Innocenti, G., 235
Gettings, F. , 1 82 Insolera, M., XLIII
Gfrorer, A.F., 93, 139 Ippocrate, 99
Giarnblico, LII, LIV, LXXII, Isidoro di Siviglia, xxiii, 45, 91,
LXXIX, 1 62, 1 64 116
Girnpel, J., 291
Giraldi, L.G., 539 Janson, H.W., 2 75
Giuffrè, L., LX VIII, LXIX Joly, R., 339
Giussani, V. , 316
Giusti, E . , 262 Kernp, M., 2 1 9
Goulet, R., LIV Kieszkowski, B . , LXIII
Goulet-Cazé, M.-0., LIV KJein, R., XXI, XXVI, XLIV,

Grayson, C., 219 LXIX, LXXV, LXXIX, LXXX,

Green, H . , 235 XCIV, 21 9, 235

Gregory, T., 316 Klibansky, R., 1 15


Gundel, H.G., 26, 86, 90 Knox, D . , 565
Gundel, W., 86, 92, 94 Koyré, A., 452
Guthrnuller, B., LIX Kristeller, P.O . , XXXVll, LXI

Guthrie, W.K. C . , 454 Kroll, W. , 27, 1 66


Guzzo, A., 224 Kruger, S., 3 1 6
Kucharski, P., 1 15, 521
Hadot, P., XXI, LXIII
Hanegraaff, WJ. , 426 L'Orange, H.P., 26
INDICE DEGLI AUTORI CITATI 615
La Perrière, G . d e , 235 Mariani, A. , XC VIII, 495
Lavin, 1., xxvi Marziano Capella, 1 0, 1 69, 239,
Lazarev, V. , 364 406
Lazzi, G., 434 Masi, M., 4 71
Le Boeuffle, A. , 88, 1 02, 275 Matton, S., LIV, L V
Lebeus-Batillius, D . , 277 Mercati, A., 1 76
Lefèvre d'Etaples, J., 264, 471 , Merlan, P., 1 68
474, 475 Metrodoro di Chio, 34, 84
Lefons, C., 219, 426, 452 Meyer, H . , 46, 546
Leonardo da Vinci, 219, 227 Meyer-Baer, K., 434
Leone Ebreo, LXIV Michaud-Quantin, P., XLIII
Leucippo di Abdera, XXIV, Michel, P.-H. , 452, 456, 460,
450, 452, 455 , 457, 502 4 70, 565
Léveque, P., XLIV, 187 Mignault, C., LIX
Lewis, C.S., LXIX Mondolfo, R., XXIV, LXXVII,
Lewy, H., uv, 1 62 299, 460, 556
Licostene, C., 527, 528 Monnoyeur, F., 452
Liebeschiitz, H . , 87 Montano, A. , 536
Llinarès, A., 64, 128, 129, 130 Monti, C., 441, 515, 558, 565
Loria, G., 460 Mordente, F., 297, 3 1 0, 3 1 3,
Lucken, C . , XXVII 3 1 7, 330, 331 , 478, 48 1 , 488
Lucrezio, XXIV, LIV, LXX, 452 Morley, H., 1 66, 2 71
Lullo, R., LXV, LXXI, C I I I , 7, 28, Moutsopoulos, E., L, LXXX
33, 34, 42, 44, 46, 5 1 , 63, 64, Muratore, G., 291
127, 1 28, 1 29, 1 30, 1 3 1 , 1 35, Murner, T., 1 1 0
1 38, 1 39, 1 4 1 , 1 42, 1 43, 1 44,
1 45, 1 46, 1 47, 1 48, 149, 1 50, Nabod, V. , 239
1 5 1 , 1 53, 195, 1 96, 198, 264, Nazari, G.B., 1 00
335, 336, 337, 338, 339, 340, Nemorario, Giordano, 4 71
344, 349, 550, 602 Neuser, W. , Lxxxv
Luthy, C . , 265, 452, 458 Nicco-Fasola, G., 219
Niccoli, S., LXIII
Maccagni, C., 262 Nicola, U., 367
Machiavelli, N . , 271 Nicomaco di Gerasa, 456
Macrobio, XLVI, 187, 316, 361 , Nock, A.D . , XXI
546 Noferi, A., LXXXIII, I l, 30
Maddamma, M . , 30, 49, 60, 93 Nowothy, K.A., 1 6 7
Madre, A. , 46, 63
Mallè, L., 219 O'Brien, D., LIV
Manselli, R., 31 6 Olschki, L., 6, 299
Manuli, P. , LXVIII Omero, XLV, 1 86, 2 74, 348
Manzanedo, M . F., L, LI, LXVIII Ordine, N., xc, 271, 272, 277
Marbodo, 1 8 Ossequente, G., 527
Marcel, R . , XLII Ottaviano, C., 1 28, 129
Marconi, P. , 291 Otto, S., LXXXV
Marestaing, P. , 1 64 Ovidio, LIX, 46, 47, 2 73, 348
616 INDICE DEGLI AUTORI CITATI

Pacioli, L., 263, 264 LXIII, LXVIII, LXXIV, LXXIX,


Paepp, J., 1 47 LXXX, LXXXVII, 27, 1 64, 260
Panofsky, E., 1 1 5 Plutarco, 1 64
Pansini, G., 527 Porfirio, XLVI, LIV, LV, LVII,
Paolo, san, LXXII, 1 65 1 62, 1 64
Paracelso, LXXI Praz, M . , 26, 235
Paradin, C., 26 Pring-Mill, R.D .F., 128
Park, D . , XXIV, XXXIII, LXXVII Proclo, XXV, XLIV, LXXX,
Patch, H.R., 361 LXXXVII, 27
Pausania, 2 74 Prudenzio, LXV
Pazzini, A., 382 Psello, XCI
Pease, A.S., 274, 420, 539 Pseudo-Aiberto Magno, XCI
Pedretti, C., 22 7 Pseudo-Dionigi Areopagita, XXI,
Pépin , J . , XLVIII, XIV XXXVIJI, 18, 27, 129, 187,
Perini, L., 52 7 549
Pernoud, R., 291 Publicio, Jacobo, LXIX, C I I I ,
Perrone Compagni, V., xv, 1 1 0, 1 15, 1 1 6, 397, 434
1 66, 1 79, 180 Pulci, L., X C I I I
Piccolomini, A., 221
Pico della Mirandola, XLII, LXIII, Quacquarelli, A., 546
XCIII, 6 Quaglioni, D . , xxx
Piero della Francesca, 2 1 9 Quintiliano, 1 0, 11, 34, 1 69,
Pietro d'Abano, 26 1 87
Pietro da Ravenna, 6, 42
Pingree, D . , 1 66, 167, 1 79, 1 80, Rabassini, A., xxv, Lxxx
181, 1 82, 426 Ragone, 1., 66
Pini, A. , XIX Randall, L.M.C., 392
Pitagora, LXXI, LXXII, LXXXVI, Reinhardt, K. , XLIV, 1 86
LXXXV I I I , LXXXIX, 7, 35, 36, Reuchlin, j., XLIII, XLVI, 202,
373, 434, 490, 521 209, 210, 378
Platone, XXIV, XXV, XXIX, Ricci, S., 127, 452
XXXII, XXXVII I , XXXIX, XLII, Ricciardi, A., LIX, 1 8 7
XLVII, XLIX, L, LIII, LVII, LX, Riccardo di San Vittore, LVIII
LXVII, LXVIII, LXX, LXX I I I , Ridewaii,J., 87
LXXX, LXXXIV, LXXXVI, Ritter, H., 1 66, 1 79, 1 80, 181,
LXXXV I I , LXXXVI I I , LXXXIX, 1 82
7, 27, 1 76, 186, 230, 260, 361 , Romberch, J . , C I I I , 54, 1 1 0,
373, 412, 434, 454, 455, 490, 1 15, 1 1 6, 1 68, 1 87, 289, 397,
521, 545 434
Platzeck, E.-W. , 128, 129, 138 Ross, W.D., 36, 41
Plessner, M . , 1 66, 1 79, 180, Rosselli, C., CIII, 44, 84, 1 1 0,
181, 1 82 121, 16� 289, 397, 434
Plinio il Vecchio, 18, 2 73, 274 Rossi, L., LIV
Plotino, XXI, XXXII, XXXVII, Rossi, M., 47, 1 1 0
XXXVIII, XXXIX, XLI, XLVII, Rossi, P. , 7, 1 0, 11, 13, 30, 42,
XLIX, L I I I , LIV, LV, LVII, LVIII, 47, 66, 1 1 0, 1 28, 129, 139
INDICE DEGLI AUTORI CITATI 617
Ruscelli, G . , 235 126, 156, 214, 248, 258, '2 70,
282, 296, 320, 334, 352, 366,
Saccaro Batùsti, G., 38 440, 518, 588
Sacrobosco, G., c m , 21, 94, 552 Suntrup, R., 46, 546
Saffrey, H.D., LIV
Salvestrini, V., x, xcvii, 4, 5, Tabarrini, M . , 88
106, 126, 156, 157, 1 82, 214, Tachau, K.H., XLIII
248, 258, 270, 282, 296, 320, Tacito, 594
334, 352, 366, 440, 441, 518, Tallarigo, C.M., XIV
588 Tardieu, M., LIV
Samek Ludovici, S., 540 Taylor, A.E., 454
Sandaeus, M., xxxiii, LVIII Temistio, 460
Sander, M., 86, 1 1 0, 392 Teone di Smirne, 2 2 1 , 456
Saxl, F. , 88, 90, 1 15, 540 Teucro Babilonese, 76, 82
Scapparone, E., xv Thillet, P. , LIV
Schiapparelli, G., 245, 246 Thompson, D 'Arcy W., 1 1 9
Scholem, G., LXIII Thorndike, L., 33, 36, 1 66, 271
Schone, A., LIX, 21, 26, 235, Tirinnanzi, N., XV, LXVI, LXXI,
277 110
Schòner, E . , 1 15 Tito Livio, 594
Scoto Eriugena, G., 1 30 Tocco, F:, XIV, XXI, XXV, XXVI,
Sed, N., 1 15 XLII, LXX, LXXXIII, LXXXVIII,
Segonds, A.-P., LIV 6, 7, 1 0, 11, 14, 42, 4 7, 49,
Seidengart, J., 452 1 1 0, 1 27, 139, 158, 187, 219,
Servio, 406 223, 22 7, 245, 246, 298, 335,
Seznec, J., 87 354, 361, 368, 396, 441, 443,
Shumaker, W. , 38 447, 452, 453, 466, 485, 521,
Simon, P. , 18 530, 531, 534, 545, 546, 548,
Simonini, L., XLVI 556, 565, 568, 5 75, 581, 584,
Simplicio, 460 589
Sinesio, XXVII, LXXIX, LXXX, Tolomeo, 1 15
LXXXIV Tommaso, san, xxx, LI, LXXI,
Socrate, LXXIII, 316 LXXXVII, 40, 1 79
Sosio, L., 234 Torchia, F. , 68, 74
Spampanato, V. , XIII, xc, Tory, G. , 100
XCVII, XCVIII, 5, 6, 441, 442, Tritemio, G., XCI, c m , 37, 38,
589 1 75
Spinosa, G., 40 Trouillard,J., LXXX
Spruit, L., XX, XXI, XXVI, XXX,
XXXVIII, XLIII, 159, 260, 315, Urvoy, D . , 34, 1 28
377, 426, 527
Stabile, G., xxxiii Valeriani, E., 291
Stern, H . , 90 Valeriano, P. , LIX, 273, 275,
Sturlese, R., X, X V , XXI, XXXVII, 277, 378
4, 5, 1 7, 30, 46, 51, 56, 57, 60, Valerio Massimo, 527
67, 68, 69, 70, 71, 72, 76, 1 06, Van den Broek, R., 426
618 INDICE DEGLI AUTORI CITATI

Van Riet, S., 15 Wildgen, W. , 568


Varrone, 274 Wind, E . , LX111, LXX, 377
Vasari, G., il Giovane, 304 Wittkower, R., 291
Vasiliu, A., XLVIII Wolff, G., 1 62
Vasoli, C., 7, 1 1, 127, 128 Wolffhart, C., si veda Licostene,
Vecce, C., 227 C.
Védrine, H., 18 Wolfson, H.A., XLIII
Vegetti, M., LXVIII Wyckoff, D., 1 8
Velardi, R., LX VII
Verbeke, G., LXIX, 15, 253 Yates, F.A., XXI, XLVI, LXXXIX,
Vergilio, P., 5 1 7, 1 0, 27, 33, 34, 38, 46, 47,
Victor, J.M., 264, 265, 4 71 51, 66, 72, 73, 74, 75, 76, 77,
Vigenère, B. de, 100, 187, 209 78, 1 1 0, 128, 129, 130, 139,
Vignau-Wilberg, T., 2 75 1 65, 1 66, 1 75, 180, 181, 203,
Virgilio, CI, 47, 348 236, 286, 289, 297, 298, 336,
Vitelli, H . , XIV 367, 368, 369, 377, 381 , 426,
Vitruvio, 291 552, 554

Walker, D.P., LXIX, 166 Zambelli, P., 1 28, 527


Wallies, M . , 357 Zanier, G., 1 75
Waszink, J.H., 221 Zeller, E., XXIV, LXXVI
Weisheipl, J.A., 23 Zellini, P., 456, 470
Wicke, E . , Lxxxv Zoroastro, LXXI, LXXXIX, 5 1 , 56
INDICE
Premessa IX

Tavola delle abbreviazioni XI

Introduzione XVII

Ombre xx

Contemplazione e furore X LV I I I

Lo specchio dell' immaginazione LXXV

Matematiche astrazioni LXXXV

Arte e magia XCI

Nota al Corpus iconog;raphicum XCVI

CORPUS ICONOGRAPHICUM

De umbris idearum 3

Can tus Circaeus l 05

De compendiosa architectura et complemento


artis Lullij 1 25
Explicatio triginta sigillorum 1 55
La cena de le Ceneri 213
De la causa, principio e t uno 247
De l ' infinito universo e t mondi 25 7
Cabala del cavallo pegaseo 269
Figuratio Aristotelici Physici auditus 281
Dialogi duo de Fabricii Mordentis Salernitani 295
Dialogi Idiota triumphans, De somnii interpretatione 319
De lampade combinatoria Lulliana 333
De progressu et lampade venatoria logicorum 351
Articuli centum et sexagin ta 365

De triplici minimo et mensura 439

De monade , numero et figura, De immenso 517


D e imaginum, signorum, e t idearum compositione 587

Indice degli autori citati 609

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