You are on page 1of 36

Quaderni di www.umanitanova.

org

Supplemento al n. 38
del 13 dicembre 2020

Enrico Voccia
Hegel.
Un Abito Rossonero?
2 Enrico Voccia
IHegel. Un Abito Rossonero? 3

Enrico Voccia
Hegel. Un Abito Rossonero?
Premessa. Fodere ed Abiti rosso? Avevano creduto troppo alla
leggera all’allusione simbolica della
La storia della ricezione di Hegel nella leggenda della fodera rossa, ad un
sinistra rivoluzionaria è tanto com- preteso aspetto ateo, rivoluzionario,
plessa quanto contraddittoria: dalla democratico e protosocialista del suo
considerazione estremamente positiva pensiero che egli era costretto ad af-
degli inizi, sia pure con toni critici più fermare ricorrendo a circonvoluzioni
o meno accentuati, che troviamo nella complesse dell’argomentazione e per
sinistra hegeliana e nei teorici del na‐ allusioni?[1]
scente movimento operaio e sociali‐ La tesi sviluppata in queste pagine
sta, si è passati gradatamente ad una attesterà come gli iniziali estimatori
visione quasi diametralmente opposta, non avevano a atto preso lucciole per
quella del losofo statalista e reazio‐ lanterne. Anzi: forse sbagliavano per
nario oggi dominante. difetto, in quanto ad analizzare con
Dunque i primi estimatori del loso‐ attenzione il pensiero morale e politi‐
fo avevano preso lucciole per lan- co di Hegel si possono trovare i
terne? Avevano preso troppo sul serio fondamenti teorici del movimento o-
la “leggenda metropolitana”, di usasi peraio e socialista e, in particolare,
già durante i tempi dell’insegnamento della sua corrente libertaria e niente
berlinese ed ancor più dopo la sua a atto di quella marxista. La cosa ri‐
morte, la quale voleva che Hegel sulta evidente da una analisi letterale
avesse fatto foderare il tradizionale delle sue ri essioni morali e politiche
abito nero accademico, con il quale più note: le pagine della Fenomenolo‐
era tenuto a fare lezione, con una gia dello Spirito dedicate alla gura
luccicante e ben visibile fodera di raso dell’autocoscienza del Servo e del Pa‐

[1] Per una disamina molto articolata del mito della “fodera rossa” hegeliana vedi
D’HONDT, Jacques, Hegel Segreto. Ricerche sulle Fonti Nascoste del Pensiero Hegeliano,
Napoli, Guerini ed Associati, 1989.
4 Enrico Voccia

drone. Alla luce della simbologia o- traendo conclusioni talvolta a rettate


dierna dei colori politici una moderna sul loro aspetto reazionario, è la pre‐
metafora dovrebbe riguardare quindi senza onnipervasiva della censura. Si
l’intero abito, nel complesso rossone‐ dimentica cioè che questa non solo
ro. Prima però di a rontare queste pretendeva che determinate cose non
pagine e dimostrare queste a erma‐ venissero scritte ma imponeva anche
zioni sono necessarie alcune premes‐ ne venissero scritte altre; altrimenti
se, in quanto il fatto di non tenerne l’opera non otteneva il permesso di
conto è stato alla base delle successive stampa. Si dimentica inoltre che que‐
letture “reazionarie” del pensiero he‐ sta istituzione aveva un potere
geliano. enorme, in certi secoli addirittura di
incarcerazione, di tortura e di messa a
morte di chi aveva scritto qualcosa di
Censura e Dissimulazione proibito. Si dimentica, ancora, che ai
nella Filosofia Moderna tempi di Hegel la censura conservava
parte di quei poteri.
Quello che si dimentica troppo spesso Comprendere un testo nato in un si‐
quando si analizzano i pensatori della mile contesto – a meno che si tratti di
modernità e del primo Ottocento, un testo anonimo e stampato clande‐
IHegel. Un Abito Rossonero? 5

stinamente – implica perciò, di fronte circonvoluta dell’argomentazione as‐


ad a ermazioni che possono apparire sociata ad una terminologia anch'essa
ad un primo sguardo a favore del po‐ ambigua e/o all’uso di una semantica
tere vigente, un attenzione rivolta a complessa. In un testo di alcuni anni
comprendere se si tratta di un af- fa,[2] Giuseppe Perfetto ed io enun-
fermazione che rispecchia l’e ettivo ciavamo una sorta di assioma inter-
pensiero dell’autore o, invece, si tratta pretativo valevole in genere per tutti i
di una posizione estortagli dall’ appa‐ casi in cui i pensatori hanno dovuto
rato censorio. fare i conti con la censura politica e
Ci si domanderà: come si fa a di- sociale.
stinguere la stessa posizione presente
in un testo il cui autore è stato co‐ “(…) se un autore si esprime ambi‐
stretto ad inserirla per le pressioni guamente e, inoltre, l’ambiguità con-
censorie e quella presente in un altro siste in un’a ermazione che può esse‐
il cui autore invece si riconosceva pie‐ re letta sia come un’adesione al pen-
namente in essa e l’avrebbe inserita a siero dominante sia come una critica
prescindere dall’apparato repressivo? radicale ad esso, in linea di principio
Sembrerebbe un’operazione impossi‐ si può più che ragionevolmente sup-
bile ma, in realtà, esistono degli indizi porre che il vero signi cato dell’af-
forti in questa direzione d’indagine, fermazione in questione consista nella
presenti nelle modalità stesse della interpretazione critica ed eterodossa.
scrittura del testo da parte di chi era (…) A che scopo, infatti, rischiare i ri‐
costretto a dire – o far nta di dire – gori della censura – o peggio – e non
determinate cose, senza però credervi fare invece lo sforzo minimale di
o addirittura avere la posizione con- “parlare in chiaro”? Inoltre non va di‐
traria. menticato che non solo l’autore ma
Questi indizi sono rintracciabili nell’ anche il suo lettore fa i conti con la
ambiguità e, spesso, nella complessità censura: esso è cioè molto più adde‐

[2] PERFETTO, Giuseppe e VOCCIA, Enrico, “Strategie Simulative e Strategie


Dissimulative nella Filoso a Classica Tedesca”, introduzione a BAUER, Bruno, La
Tromba del Giudizio Universale contro Hegel Ateo ed Anticristo. Un Ultimatum, testo
allegato a Porta di Massa. Laboratorio di Filoso a epistemologia e Scienze Politico-Sociali,
lemma “Simulazione”, 1996, pp. 3-14.
6 Enrico Voccia

strato di quello contemporaneo a hanno tra loro e con Dio, come loro
“leggere tra le righe” di un testo, per verità. Onde la loso a può ben pre‐
cui lo scrittore (…) [era ragione‐ supporre, anzi deve, una certa cono‐
volmente certo] della decodi ca del scenza dei suoi oggetti, come anche
lettore.”[3] un interessamento per essi: non fos‐
s’altro per questo, che la coscienza,
Un esempio di quest’assioma inter- nell’ordine del tempo, se ne forma
pretativo iniziamo a trarlo proprio da prima rappresentazioni che concetti; e
Hegel, usando come campione la po‐ lo spirito pensante, solo attraverso le
sizione che il losofo tedesco aveva rappresentazioni e lavorando sopra
sui rapporti tra loso a e religione: queste, progredisce alla conoscenza
un tema all’epoca assai spinoso, dato pensante ed al concetto. Ma, nella
il carattere oggi diremmo fonda‐ considerazione pensante, si fa subito
mentalista degli Stati europei ma, allo manifesta l’esigenza di mostrare la
stesso tempo, indice del collocamento necessità del suo contenuto, e provare
politico di una persona, almeno i- l’essere e i caratteri dei suoi og-
dealmente, nel campo “sovversivo”. getti."[4]
Prendiamo in merito alcuni passaggi
proprio del primo paragrafo con cui Questa periodo è chiaramente ambi‐
si apre l’hegeliana Enciclopedia delle guo: da un lato potrebbe signi care
Scienze Filoso che in Compendio: una funzione “ancillare” della Filoso‐
a nei confronti della Religione, con il
“Vero è che la loso a ha i suoi og- compito di dimostrare concettual-
getti in comune con la religione, per- mente le tesi rivelate nei libri sacri:
ché oggetto di entrambe è la verità, e dall’altro potrebbe signi care che la
nel senso altissimo della parola – in Filoso a prende ad oggetto dei temi
quanto cioè Dio, e Dio solo, è la veri‐ che possono essere anche oggetti della
tà. Entrambe, inoltre, trattano del do‐ Religione – Dio, mente, mondo, mora‐
minio del nito, della natura e dello le, ecc. – e, in quanto “considerazione
spirito umano, e della relazione che pensante”, ne stravolge i contenuti

[3] PERFETTO, Giuseppe e VOCCIA, Enrico, “Strategie Simulative e Strategie


Dissimulative nella Filoso a Classica Tedesca”, op. cit., p. 11.
[4] HEGEL, Georg Wilhelm Friedrich, Enciclopedia delle Scienze Filoso che in Compendio,
Roma-Bari, Laterza, p.3.
IHegel. Un Abito Rossonero? 7

portandoli in direzione della verità un’occhiata generica al testo, ne ca-


e ettiva. L’opera di Hegel, così come pisse ben poco, notasse solo alcune
quella di tanti loso della moderni‐ frasi abbastanza chiare che appariva‐
tà, è infarcita di ambiguità del genere no ortodosse e non rompesse le scato‐
che, però, erano di facile decodi ca le più di tanto, dando l’Imprimatur al
per i lettori dell’epoca. testo senza particolari problemi.
Molto meno, invece, già per la gene‐ Le pagine hegeliane della Fenomeno‐
razione successiva e sempre meno logia dello Spirito dedicate all’analisi
man mano che ci si avvicina ai giorni ed al signi cato della gerarchia politi‐
nostri, il che spiega in abbondanza la ca e sociale erano, ovviamente, quan-
trasformazione in negativo della valu‐ to di più delicato vi potesse essere e
tazione sul pensiero morale e politico qui la complessità del linguaggio e
hegeliano, talvolta persino da parte di della semantica hegeliana raggiunge il
chi ne riprendeva di fatto le posizioni suo culmine. Qui, però, Hegel sembra
convinto però che il losofo tedesco talmente sicuro di sé che, in e etti, di
avesse detto tutt’altro. Un caso classi‐ ambiguità ve n’è ben poca e resta solo
co di questa adesione incompresa è si‐ il linguaggio complesso. Iniziamo al-
curamente L’Uomo in Rivolta di Albert lora quello che avevamo promesso
Camus, come diverrà chiaro dalla no‐ all’inizio: una puntuale lettura e deco‐
stra esegesi del testo hegeliano che di ca della complessità del testo he‐
analizza l’essenza del rapporto ge‐ geliano volta a mostrarne l’“abito
rarchico, il dominio dell’ uomo sull’ rossonero”.
uomo.

Dialettica (né) Servo (né) Padrone

Oltre l’ambiguità, si sarà certo notata


nelle pagine hegeliane già citate una
certa complessità data dalla circonvo‐
luzione del testo e dalla sua termino‐
logia: anche questa era una strategia
di dissimulazione – partendo dal pre‐
supposto che il censore raramente era
un uomo di alta cultura, si era ragio‐
nevolmente duciosi che questi desse
8 Enrico Voccia
IHegel. Un Abito Rossonero? 9

A. Hegel spiega innanzitutto cosa egli


Indipendenza e Dipendenza intende con il termine autocoscienza:
dell’Autocoscienza. non una semplice coscienza dell’esi‐
Signoria e Servitù.[5] stere ma la coscienza del proprio ruo‐
lo in relazione ad altri individui che,
L’autocoscienza è in sé e per sé solo nel momento in come egli mostrerà più avanti, sa‐
cui ed in quanto essa è in sé e per sé per un’altra ranno a loro volta autocoscienze. L’
autocoscienza; in altre parole soltanto quando essa autocoscienza – in sintesi la coscienza
è riconosciuta come tale. della propria identità sociale – non
esiste dunque come condizione
interna all’individuo in quanto tale,
indipendente dal contesto sociale.
Mentre tutto ciò che è banalmente co‐
scienza di sé non dipende dalla rela‐
zione con un’altra persona, l’autoco‐
scienza, invece, dipende necessaria‐
mente e costitutivamente dalla rela‐
zione con altre entità individuali e so‐
ciali: nello speci co esiste solo se si
attua il processo del “riconosci‐
mento”.
Un’autocoscienza, nonostante il no‐
me che potrebbe trarre in inganno,
esiste insomma solo se terze entità la
riconoscono, altrimenti, come dice
Hegel in un altri suo celebri passi,
abbiamo a che fare con il “lavoro
della follia”.[6] Possiamo utilizzare a

[5] La versione italiana delle pagine della Fenomenologia dello Spirito che qui diamo non
ha alcuna pretesa di autonomia lologica: è basata sulla storica traduzione di Novelli,
ammodernata nella terminologia e nella sintassi all’italiano del XXI secolo tenendo
anche conto delle successive traduzioni del XX.
[6] Vedi per esempio HEGEL, Georg Wilhelm Friedrich, Enciclopedia delle Scienze
Filoso che in Compendio, op. cit., p. 408.
10 Enrico Voccia

tal proposito come esempio la classica


gura del pazzo che a erma di essere
Napoleone: questi pretende di essere
in una posizione gerarchica assoluta‐
mente superiore a chi lo circonda in
famiglia, nelle relazioni amicali, in
società, nel manicomio, ecc. ma nes‐
suno gli riconosce – appunto – tale
ruolo.

Il concetto di questa unità dell’autocoscienza nella Hegel dice ora che l’autocoscienza è
sua duplicazione, in altre parole il concetto dell’infini- un processo (almeno) duplice, devono
tà come si realizza specificamente nell’autoco- cioè innanzitutto essere presenti al-
scienza, è un intreccio dai molti aspetti e significati; meno due (auto)coscienze singolari
pertanto i momenti di siffatto intreccio devono, da un per la sua esistenza e ettiva. Nel pro‐
lato, essere tenuti rigorosamente distinti, dall’altro, in cesso, tali autocoscienze sono ovvia‐
questa distinzione, essere allo stesso tempo anche mente da un lato distinte ma, dall’
presi e conosciuti come non distinti, cioè devono altro lato, esse sono intrecciate, l’una
sempre essere presi e riconosciuti anche nel loro si- non esiste senza il riconoscimento
gnificato opposto. dell’altra. I ruoli sociali, insomma, so‐
no il risultato di una negoziazione
collettiva, assai spesso inconscia ma
sempre necessariamente presente.
IHegel. Un Abito Rossonero? 11

Il doppio significato del distinto si trova I rapporti sociali umani da un lato si


proprio nell’essenza dell’autocoscienza, incarnano in gure siche e materiali
un’essenza per cui l’autocoscienza è infi- (quel sindaco, quel ferroviere, quei
nitamente ed immediatamente il contrario parlamentari, quel collegio giudi‐
della determinatezza nella quale è posta. cante…), dall’altro l’essenza dell’auto‐
La manifestazione del concetto di questa coscienza è proprio la negazione di
unità spirituale nella sua duplicazione ci questa sicità.
mostra il movimento del riconoscere. Ad un docente o ad un alunno, per
esempio, si richiedono determinati e
speci ci atteggiamenti che possono
anche contrastare con le personalità
dell’individuo che li incarna, atteg-
giamenti però che questi deve im-
personare indipendentemente dagli
altri aspetti del suo essere, pena lo
scadimento dal suo ruolo: non può,
per usare un esempio classico, instau‐
rare relazioni a ettive in senso forte
con gli alunni, persino se maggio‐
renni, indipendentemente dalla sua ed
altrui e ettiva interiorità. È un pro‐
cesso, questo, che si forma tutto nella
comunicazione sociale e nel processo
del riconoscimento.
Anche le cose che in un dato mo‐
mento appaiono le più improbabili –
che un sostanzialmente emerito sco‐
nosciuto raggiunga ruoli di potere
molto elevati, ad esempio – nel mo‐
mento in cui giungono e ettivamente
a veri carsi ciò signi ca che i processi
del riconoscimento si sono in qualche
modo formati. Il processo può avveni‐
re anche al contrario: quando, per
esempio, si rompono le relazioni
a ettive, vuol dire che qualcuno dei
12 Enrico Voccia

lati della relazione ha smesso di rico‐


noscere l’altro nella forma in cui lo
inquadrava precedentemente: è que‐
sto il signi cato ed il senso autentico
della classica frase “restiamo solo
amici” – in altri termini, ti disconosco
come partner di una relazione a etti‐
va.
In generale, dice Hegel, tutte le rela‐
zioni sociali sono fondate su di un
processo di riconoscimento e, ve‐
nendo a mancare questo, le forme
dell’autocoscienza fondate su di esso
decadono. In qualche modo, tutti i
processi di cambiamento delle rela‐
zioni sociali – da quelli minimali alle
grandi rivoluzioni – seguono questo
schema.

1. Duplicazione dell’Autocoscienza e
Mutuo Riconoscimento

Per ogni autocoscienza c’è allora un’altra autoco- Cosa vuol dire uscire fuori di sé nei
scienza; essa è uscita fuori di sé. “Fuori di sé” ha un processi di autocoscienza, che l’auto‐
duplice significato: in primo luogo che l’autocoscienza coscienza ritrova sé stessa come
ha smarrito se stessa nel ritrovare se stessa come un’essenza diversa? Signi ca entrare
un’essenza diversa; in secondo luogo che essa in in un meccanismo di rinuncia a de‐
questo modo ha superato l’altro, perché non vede terminate abitudini per far sì che la
anche l’altro come essenza ma, nell’altro, vede se propria identità sociale si ri etta negli
stessa. altri. Come riconosciamo, ad esempio,
in un determinato individuo il Presi‐
dente del Consiglio? Il fenomeno
avviene dal momento in cui questi
riesce a mettere in ombra, proiettare
IHegel. Un Abito Rossonero? 13

fuori di sé, mille aspetti della sua es‐


senza individuale che diventano ines‐
senziali relativamente a quel ruolo so‐
ciale, facendosi riconoscere in quella
determinata funzione da un numero
su ciente di altre autocoscienze.
Certo uno potrebbe, ad esempio, voler
comportarsi come un erotomane in
quanto è l’indirizzo della sua interio‐
rità individuale ma, come si è accorto
di recente qualcuno nella penisola ita‐
lica, mettere in atto questi comporta‐
menti implica la messa in atto di vasti
fenomeni di disconoscimento del suo
ruolo.

Occorre che l’autocoscienza rimuova questo suo es- Il processo di estraneazione degli
ser-altro; questa è la rimozione del primo doppio- individui all’interno del ruolo sociale
senso ed è perciò un secondo e nuovo doppiosenso. non si ferma qui: Hegel fa infatti ora
In primo luogo l’autocoscienza deve superare l’altra notare che bisogna togliere in qualche
essenza indipendente e, così facendo, divenire certa modo, oltre che la propria, anche la
di se stessa come essenza; in secondo luogo deve complessiva essenza personale dagli
allora rimuovere se stessa, perché quest’altra es- altri. La duplicità del rapporto dell’au‐
senza è lei stessa. tocoscienza consiste nel fatto che il
superamento della propria individua‐
lità implica necessariamente il supera‐
mento dell’individualità dell’altro, il
quale deve adattarsi al ruolo sociale
corrispondente al primo.
La cosa è evidente nel comporta‐
mento di uno stalker: questi nota che
la persona, che un tempo era da que‐
sti dipendente, ha riacquistato la pro‐
pria indipendenza; a quel punto tenta
14 Enrico Voccia

in ogni modo di ricreare la situazione


preesistente imponendole la propria
presenza – tenta cioè di negare l’e‐
spressione di determinati aspetti
dell’individualità dell’altro.
Questa dinamica, dal punto di vista
formale, ovviamente non è limitata al
rapporto interindividuale: la troviamo
identica nella reazione repressiva di
un governo verso un popolo che, ri‐
voltandosi, ha disconosciuto la sua
autorità. Tutti i rapporti sociali – dice
insomma Hegel – si formano o si “de‐
formano” (si rompono) in base alla
dipendenza od alla indipendenza che
si viene a creare nelle altre persone
relativamente a quel determinato
rapporto.

Questa rimozione dal doppio senso di questo esser- La relazione sociale, ovviamente, con
altro anch’esso dal doppio senso è allo stesso tempo il tempo, modi ca anche l’essenza
un ritorno dal duplice significato dell’autocoscienza interiore della persona che la vive. Si
in se stessa; questo perché, in primo luogo, l’autoco- pensi al concetto di “deformazione
scienza, mediante la rimozione del proprio esser- professionale”: un avvocato, un do‐
altro, riottiene se stessa in quanto diviene di nuovo cente, un mercante, ecc. ad un certo
eguale a se stessa; in secondo luogo, però, restitui- punto possono aver interiorizzato a
sce di nuovo a se stessa anche l’altra autocoscienza, tal punto il proprio ruolo da tra-
perché prima era se stessa nell’altra e, rimuovendo sferirlo anche in altri ambiti, magari
questo suo essere nell’altra, la rende di nuovo libera. del tutto incongrui. Ad un certo pun-
to, cioè, l’autocoscienza interiorizza sé
stessa diventando così una sorta di
“seconda natura”. Quando questo fe-
nomeno di interiorizzazione si è for-
mato, gli individui e le collettività
IHegel. Un Abito Rossonero? 15

non devono più forzarsi ad inter-


pretare un ruolo altro da ciò che
sentono essere il grado maggiormente
distintivo della loro personalità – in
questo senso, sono liberi.

In questa forma tale attività dell’autocoscienza nel Hegel fa notare come non si possa
rapporto con un’altra autocoscienza è stato pre- creare una relazione sociale in manie‐
sentato come l’operare di una soltanto; anche questo ra unilaterale: l’attività di un’autoco‐
operare di una autocoscienza ha però il duplice si- scienza non ha senso – anzi non esiste
gnificato di essere tanto il suo operare quanto l’ope- nemmeno – se non in relazione
rare dell’altra. L’altra autocoscienza è, infatti, all’attività di un’altra autocoscienza.
altrettanto indipendente e chiusa in se stessa; non Non esistono docenti senza alunni e
c’è nulla in lei che non operi direttamente. La prima viceversa, Presidenti della Repubblica
autocoscienza non ha più l’oggetto che desidera di senza parlamenti e viceversa, ecc. Una
fronte a sé; anzi l’ oggetto è un essere per sé indi- persona che spiegasse Hegel di fronte
pendente; su di esso l’autocoscienza non ha potere ad un’aula vuota od un’aula piena che
se l’oggetto stesso non opera da sé stesso ciò l’au- pretendesse di ascoltare una lezione
tocoscienza desidera in lui. Il movimento è dunque di fronte ad una cattedra vuota non
assolutamente il movimento duplice di entrambe le sarebbero forme dell’autocoscienza –
autocoscienze. Ciascuna vede l’altra fare proprio ciò svolgerebbero, invece, il “lavoro della
che essa stessa fa; ciascuna fa da sé ciò che esige follia”.
dall’altra e, quindi, fa ciò che fa soltanto in quanto Nelle relazioni sociali ogni autoco‐
anche l’altra fa lo stesso; l’operare unilaterale sa- scienza desidera il riconoscimento di
rebbe vano, giacché ciò che deve accadere può ve- un’entità autonoma su cui, in linea di
nire attuato solo per opera di entrambe. Un operare
principio, non ha alcun potere. Come
nella cinquecentesca analisi di De La
unilaterale non ha dunque senso, che si ottiene solo
Boetié, Hegel fa indirettamente notare
in quanto esso sia un operare sia rispetto a sé, sia
come ogni essere cosciente – in linea
rispetto all’Altro; questo però perché tale operare è
di principio ed indipendentemente dai
tale in quanto è congiuntamente l’operare tanto costi talvolta alti che si possono dover
dell’Uno quanto dell’Altro. pagare per questo – può ri utare di
riconoscere quella determinata rela‐
zione che un’altra autocoscienza gli
vorrebbe imporre. Lo stalker dell’e‐
16 Enrico Voccia
sempio fatto in precedenza non ha,
nonostante le apparenze e sia pure in
linea di principio, alcun potere sulla
sua vittima: può farle del male, anche
ucciderla ma, se questa ha una forte
volontà, lo stalker non otterrà il rico‐
noscimento che desiderava se la vitti‐
ma non cede alle sue pressioni. In un
certo senso, l’omicidio dell’ex partner
è il riconoscimento di una scon tta
nel tentativo di riottenere il riconosci‐
mento perduto. La stessa cosa può
dirsi anche andando oltre il livello
interindividuale, come abbiamo mo‐
strato in precedenza con l’esempio
della stretta repressiva di un governo
contro una popolazione in rivolta che
non ne riconosce più l’autorità.

In questo movimento vediamo ripetersi quel proces- Si ripresenta qui nuovamente il tema
so che si presentò come gioco delle forze ma, sta- dell’introiezione del ruolo sociale
volta, nella coscienza. Ciò che in tale processo era nella personalità complessiva del
per noi ora è per gli estremi stessi. Il termine medio singolo. Questi, all’inizio dell’imper-
è l’autocoscienza che si scompone negli estremi e sonamento del ruolo, farà un certo
ciascun estremo è questo scambio della sua de- qual sforzo nel perseguirlo, farà
terminatezza con un completo passaggio nell’estre- attenzione ad evitare comportamenti
mo opposto. Come coscienza ciascun estremo esce incongrui, ecc., sentendo così una
fuori di sé; ciononostante nel suo esser fuori di sé è distanza tra il suo io profondo ed il
in pari tempo trattenuto in se stesso, è per sé ed il proprio ruolo sociale. Io faccio l’avvo‐
suo fuori-di-sé è per l’estremo stesso. Adesso è per cato, l’operaio, l’impiegato, ecc. ma
ogni estremo di essere o di non essere immediata- non sono una di queste cose, si dirà
mente un’altra coscienza ed è altrettanto per ogni per esempio una persona.
estremo che quest’altra coscienza sia solo per sé, A lungo andare, però, questo ruolo si
dal momento che essa si toglie come cosa che è per imprimerà sempre più nella sua per-
sé ed è per sé solo nell’esser-per-sé dell’altra. Cia- sonalità, per cui la persona sentirà le
scun estremo rispetto all’altro è il termine medio in caratteristiche del proprio ruolo so‐
virtù del quale ciascun estremo si media e chiude il ciale sempre più parte della sua
IHegel. Un Abito Rossonero? 17

sillogismo con se stesso. Ciascuno è, rispetto a sé ed personalità “autentica”. La cosa ov-


all’altro,una essenza immediata che è per sé, la qua- viamente varrà anche per le altre au‐
le allo stesso tempo è in sé e per sé solo attraverso tocoscienze che, immerse nella rela‐
questa mediazione. I due estremi si riconoscono co- zione, dopo un certo periodo di
me reciprocamente riconoscentisi. tempo, introietteranno a loro volta il
proprio ruolo nella loro personalità, in
modo che il processo reciproco del ri‐
conoscimento diverrà sempre più ui‐
do, diventando sempre più una sorta
di “seconda natura” degli individui
interessati dalla relazione.
Anche qui va ricordato come tali di‐
namiche vanno oltre il livello della
(auto)coscienza individuale: anche
raggruppamenti umani molto nume‐
rosi o per no intere nazioni, nella lo‐
ro relazione con altri gruppi, possono
riprodurre varie gure dell’autoco‐
scienza – tra cui la relazione di signo‐
ria e servitù – ed in qualche modo
giungere a riconoscersi pienamente
nel ruolo che impersonano, in una
sorta di identità collettiva.
18 Enrico Voccia

È ora da analizzare il concetto del riconoscere nella Fino a questo momento Hegel ha
sua forma pura, quella della duplicazione dell’auto- parlato in generale: ora comincia ad
coscienza nella sua unità, nella forma in cui il suo analizzare un tipo particolare di rela‐
processo appare per l’autocoscienza. Esso presente- zione sociale – quella gerarchica nel
rà inizialmente il lato dell’ineguaglianza delle due au- senso forte della parola. Se, infatti,
tocoscienze; poi presenterà il passaggio del termine nelle relazioni socialmente egualitarie
medio negli estremi, il quale termine medio, in quanto c’è un reciproco interesse al rapporto,
estremo, è contrapposto all’altro: un estremo è solo esistono di contro alcune relazioni
ciò che è riconosciuto, mentre l’altro è solo ciò che nelle quali questo interesse è unilate‐
riconosce. rale: un’autocoscienza riceve ogni
vantaggio dalla relazione, l’altra ne ri‐
ceve praticamente solo svantaggi; l’u‐
na pretende il riconoscimento del suo
status nella relazione, disconoscendo
del tutto il ruolo dell’altra. Questa è la
relazione di Servitù-Signoria, il domi‐
nio dell’uomo sull’uomo.
Siamo partiti dal concetto generale
del riconoscere ed Hegel ha mostrato
come le relazioni sociali si fondano
sulla necessità del riconoscimento. Il
caso estremo, l’ineguaglianza, è
quindi il caso in cui dei due lati del
rapporto solo uno dei due riconosce
l’essenza dell’altro, cioè riconosce
l’altro come autocoscienza: è esatta‐
mente il rapporto servo-padrone, nel
quale una persona comanda e l’altra
obbedisce. Il riconoscimento qui è
asimmetrico: chi obbedisce non è ri‐
conosciuto dall’altro come autoco‐
scienza al pari di sé, bensì è visto
come vedremo meglio in seguito pura
cosa.
IHegel. Un Abito Rossonero? 19

2. La Lotta tra le due Autocoscienze Una relazione sociale paritaria non ha


bisogno di particolari spiegazioni poi‐
ché è una relazione sostanzialmente
volontaria e, se vi troviamo una
disparità, questa è a causa di compe‐
tenze tecniche: ad esempio se un uo‐
mo necessita di un’operazione chi‐
rurgica va dal chirurgo ed accetta la
sua maggiore competenza, ubbi‐
dendovi. Quindi, anche se si creano
delle disuguaglianze, queste sono
esclusivamente funzionali allo scopo
posto a fondamento della relazione.
Il problema sorge quando l’inegua‐
glianza è sostanziale, in altri termini
quando una delle due parti non ha
nessun vantaggio oggettivo diretto
nell’entrare in quella determinata re‐
lazione. Pertanto la tesi di Hegel è che
le relazioni gerarchiche hanno tutte
origine da un’imposizione: anche se
col tempo la cosa può essere del tutto
dimenticata, all’inizio deve esserci
stata necessariamente una contesa, un
atto di guerra.
Quelli che Marx chiamerà i Modi di
Produzione Materiale dell’Esistenza
non sono la struttura fondamentale
delle società, in quanto essi dipendo‐
no e non possono esistere in assenza
del potere politico che, di conse‐
guenza, è il fondamento di ogni
rapporto gerarchico.
20 Enrico Voccia

Dapprima l’autocoscienza è semplice esser-per-sé, è L’autocoscienza inizialmente deve


eguale a se stessa perché esclude da sé ogni cosa partire da semplice coscienze: cioè da
diversa da lei, vedendo come sua essenza e suo as- un essere-per-sé. Infatti, prima ancora
soluto oggetto l’Io; in questa immediatezza, in questo di entrare in qualunque relazione so‐
essere del suo esser-per-sé, è una singolarità. Ciò ciale occorre essere una coscienza, un
che per l’autocoscienza è un altro le appare come individuo, un ente cosciente che si
oggetto inessenziale, contrassegnato dal carattere rappresenta ciò che gli sta attorno,
del negativo. L’altro però è anch’esso un’autoco- altrimenti non si potrebbe entrare in
scienza; un individuo sta di fronte di fronte a un altro un processo di autocoscienza, in una
individuo. In questa posizione immediata gli individui relazione sociale.
sono l’uno per l’altro come oggetti qualunque; sono Insomma all’origine del rapporto ci
figure indipendenti e – poiché l’essere dell’oggetto si sono due entità che si ritrovano l’uno
è finora determinato come vita – sono coscienze ca- di fronte all’altro appunto come “indi‐
late nell’essere della vita, le quali non hanno ancora vidui”. “Individui” non solo nel senso
compiuto l’una per l’altra il movimento dell’assoluta di singoli esseri umani ma nel senso
astrazione, che elimina ogni essere immediato e giuridico del termine – che considera
mantiene soltanto l’essere puramente negativo della tali anche raggruppamenti umani in
coscienza eguale a se stessa. In altri termini, sono qualche modo considerabili come
coscienze che non si sono ancora presentate a vi- soggetti dai comportamenti unitari,
cenda come puro esser-per-sé, vale a dire come au- come possono essere classi sociali,
tocoscienze. aziende, Stati ecc.
In questa fase dell’analisi, co‐
munque, nessuna delle due entità si è
presentata ancora all’altra come auto‐
coscienza, in quanto non sono ancora
entrate in una relazione tra di loro.
IHegel. Un Abito Rossonero? 21

Ciascuna autocoscienza è sicura di se stessa ma Se ognuno dei due “individui” tentas‐


non dell’altra; quindi la sua propria certezza di sé se di agire nei confronti dell’altro
non ha ancora alcuna verità, perché una sua verità mantenendosi astrattamente per sé,
si darebbe solo qualora il suo proprio esser-per-sé saremmo di fronte ad un incontro tra
le si fosse presentato come oggetto indipendente, in folli in quanto, nelle relazioni sociali,
altre parole se l’oggetto le si fosse presentato come non si può prescindere dal riconosci‐
pura certezza di se stesso. Questo però, secondo la mento. Il processo del riconoscimento,
dinamica del riconoscimento, non è possibile se non dice Hegel, non è però fatto solo di
in quanto reciprocamente entrambi gli oggetti astratte parole, non è cioé un fatto
compiano in se stessi questa pura astrazione dell’es- che può svolgersi solo all’interno della
ser-per-sé attraverso il proprio operare e, allo stes- rappresentazione linguistica dei ter-
so tempo, attraverso l’operare dell’altro. mini del rapporto: è, invece, un dato
sostanzialmente operativo, l’instau‐
rarsi di una serie di comportamenti
che sono in relazione l’uno con l’
altro.
È questo il motivo per il quale se
questi individui originali volessero
mantenersi nella loro rigida identità
senza passare, come suol dirsi, “dalle
parole ai fatti”, non entrerebbero in
nessuna relazione, cosa possibile solo
se si innesca il processo del riconosci‐
mento, anche nella forma estrema del
rapporto gerarchico.
22 Enrico Voccia

La presentazione di sé come pura astrazione dell’ Una delle due entità – o anche
autocoscienza consiste però nel mostrare sé come entrambe l’una relativamente all’altra
pura negazione della sua forma oggettiva, insomma – sta proponendo una relazione ge‐
nel mostrare di non essere attaccato né a una rarchica ad un’altra entità libera, che
qualche precisa esistenza né all’universale singolari- di norma non vuole sottoporvisi: l’esi‐
tà dell’esserci in generale e, neppure, alla vita. Tale to inevitabile di una tale situazione è
presentazione è un operare duplicato: l’operare lo scontro militare. Entrambe hanno
dell’altro e l’operare di se stesso. Finché si tratta deciso di mettere in gioco la vita; chi
dell’operare dell’altro, ognuno ha per obiettivo la cede per prima, in altre parole chi tie‐
morte dell’altro. Cosi è però già presente anche il ne più al proprio onore che alla pro‐
secondo operare, l’operare di se stesso; l’operare pria vita sarà il padrone e l’altra il
dell’altro, infatti, implica il rischiare la propria vita. La servo. Questi, scegliendo la vita
relazione di ambedue le autocoscienze è dunque ta- piuttosto che l’onore, vedremo che di‐
le che esse danno prova reciproca di se stesse venterà una sorta di cosa per la pri‐
attraverso la lotta per la vita e per la morte. ma.

Esse devono affrontare questa lotta perché devono Quando avviene lo scontro tra gli
entrambe elevare a verità la propria certezza di es- “individui” chi è certo di sé stesso non
ser per sé. Soltanto mettendo in gioco la vita si vuole mediare con l’altro, mentre chi
conserva la libertà, si fornisce la prova che per l’au- si arrende potrebbe ancora astratta‐
tocoscienza la propria essenza non è l’essere, non è mente essere considerato come una
il modo immediato nel quale l’autocoscienza si è pre- persona ma, di fatto, il vincitore dello
sentata, non è, insomma, l’essere legato al prosegui- scontro gli nega tale caratteristica. Lo
mento della della vita in quanto tale: l’autocoscienza scon tto è l’individuo che ha preferito
mostra così che tutto è per lei un momento dile- la vita all’onore, come si usava dire
guante e dunque che è soltanto puro esser-per-sè. un tempo: non è però più un’autoco‐
L’individuo che non ha messo a repentaglio la vita, scienza indipendente in quanto si è
può forse venir riconosciuto come persona, non ha sottomessa all’altra, dichiarandosi
però raggiunto la verità di questo riconoscimento inferiore ad essa. Non è stata capace
come riconoscimento di un’autocoscienza indi- di lottare no in fondo per la propria
pendente. Per questo ogni individuo deve avere co- dignità a causa della paura di perdere
me obiettivo la morte dell’Altro quando mette in gio- la propria vita materiale, a di erenza
co la propria vita, perché ritiene che di non valere della prima che invece ha portato lo
meno dell’altro. La sua essenza gli si presenta come scontro alle estreme conseguenze. Chi
IHegel. Un Abito Rossonero? 23

un Altro; esso è fuori di sé e deve superare il suo vince ha acquistato una posizione di
esser-fuori-di-sé; l’Altro, invece, è una coscienza in superiorità e pretende di essere rico‐
vario modo coinvolta in maniera assoluta nel proces- nosciuto, a questo punto, come auto‐
so della vita ed esso deve intuire il suo esser-altro coscienza dall’altro.
come puro esser-per-sé, come assoluta negazione. Questo tipo di relazione comporterà
una diseguaglianza, l’instaurazione di
una relazione gerarchica nel senso del
dominio dell’uomo sull’uomo. Ideolo‐
gicamente viene a ermato che tra le
due parti non c’è più un processo di
dipendenza reciproca: in apparenza è
solo chi subisce la scon tta che di‐
pende dall’altro. Più avanti però ve‐
dremo che in realtà anche in questo
tipo di relazione la dipendenza non è
a atto unilaterale.

Questa prova attraverso la morte toglie però sia la Un “individuo” che si arrende ha
verità che ne doveva scaturire sia, insieme, anche la perso la propria autonomia, si riduce
certezza di se stesso in generale; infatti, come la vi- a cosa. Il mondo delle cose è infatti
ta è la posizione naturale della coscienza, l’indi- quello nel quale le coscienze viventi
pendenza senza l’assoluta negatività, cosi la morte è agiscono su di esso senza ricono‐
la negazione naturale della coscienza stessa, la ne- scergli alcuna autonomia. Il cacciatore
gazione senza l’indipendenza, negazione che perciò non riconosce l’autonomia della preda
rimane priva del riconoscimento che si ricercava. che caccia. L’agricoltore non ricono‐
Mediante la morte si è certo formata la certezza sce l’autonomia dello stelo di grano
che ambedue, mettendo a repentaglio la loro vita che coltiva. L’allevatore non riconosce
nella lotta, la consideravano inessenziale in loro e l’autonomia dell’animale che conduce
nell’altro; tale certezza non si è però formata per al pascolo od al macello. Il fabbro non
quelli che sostennero direttamente questa lotta. Essi riconosce l’autonomia del pezzo di
superano la coscienza che hanno posto in quell’es- ferro che modella.
senza estranea che è l’esistenza naturale; in altre Hegel a erma che la gura del
parole superano se stessi e vengono superati come servo-padrone è così modellata, in so‐
estremi che vogliono essere per sé. Così però dal stanza il padrone riconosce la propria
gioco dello scambio scompare il momento essenziale: autocoscienza ma non quella del
24 Enrico Voccia

quello di scomporsi in estremi con determinatezze servo: il padrone è la coscienza indi‐


opposte. Il medio coincide con una unità morta, pendente, il servo quella dipendente,
scomposta in estremi morti, semplicemente essenti e il padrone gode di autonomia decisio‐
non invece opposti; entrambi non sanno né abbando- nale su se stesso e sul servo e questi
narsi né accogliersi reciprocamente e vicende- non ne ha nemmeno su se stesso.
volmente mediante la coscienza, ma si concedono Alla base di ogni rapporto gerarchico
reciprocamente una libertà fatta soltanto d’indiffe- c’è dunque una lotta e la vera essenza
renza, quasi fossero delle cose. Il loro operare è una del rapporto sociale che ne può scatu‐
negazione astratta; non la negazione della coscienza rire è data dalla cosalità cui viene ri‐
che supera in modo da conservare e mantenere il dotto l’“individuo” scon tto. Questo,
superato e, con ciò, sopravvivere al suo venir-supe- il fatto che il padrone riconosce la
rato. In questa esperienza si fa chiaro all’autoco- propria identità sociale senza ricono‐
scienza che a lei la vita è altrettanto essenziale scere dignità di persona all’altro
dell’autocoscienza pura. Nell’autocoscienza imme- termine della relazione, fa sì che la
diata il semplice Io è l’oggetto assoluto, che peraltro relazione gerarchica abbia una certa
per noi o in sé è l’assoluta mediazione ed ha come parentela con la follia così come
momento essenziale l’indipendenza sussistente. Ri- abbiamo visto lo stesso Hegel la
sultato della prima esperienza è la scomparsa di de nisce. Costitutivamente, insomma,
quell’unità semplice; mediante tale esperienza sono la relazione di dominio è una relazio‐
nate un’autocoscienza pura ed una coscienza la ne malata.
quale non è puramente per se stessa ma è per un
altro: vale a dire che è una coscienza che esiste
soltanto nella figura della cosalità. Tutti i due mo-
menti sono fondamentali; in un primo momento essi
sono ineguali, reciprocamente 0pposti e la loro ri-
flessione nell’unità non si è ancora data. Essi si pre-
sentano come due opposte figure della coscienza:
l’una è la coscienza indipendente della quale è es-
senza l’esser-per-sé; l’altra è la coscienza di-
pendente alla quale è essenza la vita e l’essere per
un altro. L’uno è il signore, l’altro il servo.
IHegel. Un Abito Rossonero? 25

3. Signoria e Servitù Il signore è coscienza per sé che pre‐


tende di sottoporre l’altro ai suoi desi‐
La Signoria deri negandolo come persona. Po‐
trebbe anche sembrare un folle, poi‐
Il signore è la coscienza che è per sé; non più però ché come abbiamo già visto il folle è
esclusivamente il concetto della coscienza per sé ma colui che crede di avere nei confronti
di una coscienza che è per sé in quanto mediata con del mondo una determinata posizione
sé da un’altra coscienza, cioè da una coscienza tale che non è però riconosciuta da nessun
alla cui essenza appartiene di essere sintetizzata altro individuo; ed il padrone non ri‐
con un essere indipendente – in altre parole con la conosce il servo come persona.
cosalità in genere. Il signore si collega a questi due Questa sua essenza apparentemente
momenti: ad una cosa come tale che è l’oggetto del folle non ha più però a che fare solo
suo desiderio e, insieme, all’autocoscienza la cui es- con sé stesso poiché è riuscito, attra‐
senza è la cosalità. Egli si rapporta a) senza media- verso la lotta e la relativa scon tta
zione ad entrambi i momenti come concetto dell’au- dell’altro, a far riconoscere al servo la
tocoscienza e, allo stesso tempo, b) mediatamente, sua pretesa di considerarlo come una
in altri termini come un esser-per-sé che è per sé cosa al suo servizio. Da un lato trovia‐
soltanto mediante un altro. mo le cose che il signore desidera,
dall’altro troviamo determinati “indi‐
vidui”, i servi, i quali hanno accettato
di essere cosalità: il padrone, allora,
non si dirige più direttamente verso la
cosa che desidera ma fa sì che sia il
servo a procurargliela.
26 Enrico Voccia

Il signore si rapporta al servo in forma mediata pre- Hegel in questo passaggio della co‐
sentando il suo essere indipendente, perché proprio siddetta “dialettica servo-padrone”
a questo è legato il servo; questa è la sua catena, mette in risalto un dato importante:
dalla quale non è stato capace di astrarre nella allorché si viene a creare il rapporto
lotta; perciò si mostrò dipendente, accettando la sua servo-padrone l’operare del servo,
indipendenza nella cosalità. Il Signore è dunque la poiché questi si è ridotto a cosalità,
potenza che sovrasta questo essere, poiché nella diviene una sorta di operare del pa‐
lotta ha mostrato che questo essere lo considerava drone stesso. Nel momento in cui si
soltanto come un negativo. Adesso, siccome il signo- crea il rapporto di dipendenza, dal
re è la potenza che domina questo essere, mentre momento in cui il lavoro del di‐
questo suo essere è la potenza che pesa sull’altro pendente appare come un operare
uomo, così, in questa conclusione sillogistica, il si- inessenziale poco o per nulla im-
gnore subordina questo altro individuo. Allo stesso portante, il padrone appare come co‐
modo, il signore si rapporta alla cosa in forma me- lui che lo ha svolto, come se lo avesse
diata attraverso il servo: anche il servo, in quanto fatto in prima persona utilizzando uno
autocoscienza generica, si confronta negativamente strumento.
con la cosa e la rimuove; per lui la cosa è però Gli oggetti del mondo resistono alla
anch’essa indipendente ed egli, con il suo negarla, loro trasformazione in oggetti dei de‐
non potrà mai distruggerla completamente; in altri sideri umani: la frutta deve essere
termini il servo può solo elaborarla e trasformarla colta dagli alberi; gli animali vanno
col suo lavoro. Invece, per tale mediazione, il cacciati od allevati, poi macellati; i
rapporto immediato diviene per il signore la pura ne- prodotti artigianali – per non parlare
gazione della cosa stessa, diviene cioè puro godi- degli odierni prodotti industriali – de‐
mento; ciò che non riuscì al desiderio, riesce al godi- vono subire lavorazioni ancora più
mento signorile: consumare la cosa ed rassicurarsi complesse. Prima di imporre la rela‐
nel godimento. La sconfitta del desiderio era cau- zione gerarchica e quindi di essere ri‐
sata dall’indipendenza della cosa ma il signore, che conosciuto come tale, il padrone era
ha introdotto il servo tra la cosa e se stesso, si costretto ad applicare la propria forza-
confronta così soltanto con la dipendenza della cosa lavoro in prima persona: ora l’elabo‐
e semplicemente se la gode: il lato dell’indipendenza razione dell’oggetto del proprio desi‐
della cosa lo abbandona al lavoro servile. In questi derio è demandato ad altro, al servo,
due momenti per il signore si viene attuando il suo che appare come uno “strumento vo‐
esser-riconosciuto da un’altra coscienza: questa cale” di aristotelica memoria il quale,
infatti si pone in questi momenti come una cosa ines- muovendosi autonomamente ma ese‐
senziale: da un lato nell’elaborazione della cosa e, guendo gli ordini del padrone, gli
dall’altro lato, nella dipendenza da un determinato consegna l’oggetto dei suoi desideri
IHegel. Un Abito Rossonero? 27

essere; in entrambi i momenti quella coscienza non già elaborato e pronto al consumo.
domina l’essere e giunge alla negazione assoluta. Per esempli care con una terminolo‐
Qui è dunque presente l’attività del riconoscere dove gia che si riferisce strettamente alla
l’altra coscienza, eliminandosi come esser-per-sé, fa contemporaneità, chi di fatto “riceve
quello che la prima fa verso di lei; allo stesso tempo il lavoro” diventa, nella considerazio‐
si presenta un altro aspetto, il quale consiste nel ne sociale, il “datore di lavoro”.
fatto che l’operare della seconda coscienza è l’ope-
rare proprio della prima; infatti ciò che fa il servo è
il fare effettivo del padrone. A quest’ultimo è
soltanto è dato l’esser-per-sé, lui soltanto è l’es-
senza, è la pura potenza negativa per cui la cosa
non è niente; il suo è dunque il puro ed essenziale
operare in questa relazione; quello del servo
pertanto non è un operare puro ma un operare ines-
senziale.
28 Enrico Voccia

Al vero e proprio riconoscere manca il momento do- Hegel qui ribadisce come gene‐
ve ciò che il signore fa in direzione dell’altro indivi- ralmente nelle relazioni di autoco‐
duo lo fa anche in direzione di se stesso e per il scienza il riconoscimento è reciproco;
quale ciò che il servo fa verso di sé lo fa verso nel caso del rapporto servo-padrone,
l’altro. Senza tale momento si è prodotto un ricono- invece, il riconoscimento è “unilatera‐
scere unilaterale e ineguale. le ed ineguale”: il servo riconosce il
padrone come essere autocosciente ed
indipendente nelle sue decisioni – di
qui il sottotitolo di questa parte della
Fenomenologia dello Spirito – mentre
questi non gli riconosce, appunto,
alcuna autonomia: lo ha ridotto a co‐
sa, a strumento della sua volontà. Il
tema della somiglianza del rapporto
servo/padrone con la follia si presenta
di nuovo. Da queste ri essioni hege‐
liane deriva probabilmente il concetto
stirneriano di “ ssazione” che domi‐
nerà l’intera architettura del testo
forse più importante della cosiddetta
“sinistra hegeliana” – L’Unico e la sua
Proprietà.

La coscienza inessenziale è dunque per il signore Il signore è l’essere indipendente, co‐


l’oggetto su cui si fonda la verità della certezza di se lui che non deve ricevere alcun tipo
stesso. È chiaro però che un tale oggetto non corri- di ordine ma, al contrario, può darne
sponde per nulla al suo concetto; inoltre proprio là ad un terzo. È dunque un individuo
dove il signore ha trovato la sua realizzazione, que- autonomo cui il servo è legato proprio
sta è divenuta tutt’altra cosa che una coscienza indi- tramite i suoi ordini. Questo rapporto
pendente, anzi piuttosto una coscienza dipendente. Il di dipendenza è “la catena del servo”,
signore non è dunque certo dell’esser-per-sé come formatasi come conseguenza del fatto
verità, poiché la sua verità si fonda su di una co- che il servo ha accettato di ridursi a
scienza inessenziale e sull’inessenziale lavoro della cosa, a “pura vita”, ha scelto in altri
stessa. La verità della coscienza indipendente è allo- termini di sacri care la sua autono‐
ra la coscienza servile. É sicuro che questa appare mia ed un essere come il signore ha
IHegel. Un Abito Rossonero? 29

inizialmente fuori di sé e non come la verità dell’au- dimostrato la sua potenza sotto‐
tocoscienza ma, come la signoria palesa come la mettendolo.
propria essenza sia il contrario di ciò che essa stes- Una delle conseguenze è che il pro‐
sa vorrebbe essere, allo stesso modo anche la servi- cesso di riconoscimento nella dialetti‐
tù nel proprio compimento si trasformerà nel ca servo/padrone è monco: il padrone
contrario di ciò che è immediatamente. Respinta in considera l’altro nella gura della co‐
quanto autocoscienza solo nella propria interiorità salità, quindi la persona che riconosce
essa si indirizzerà nell’autentica indipendenza. il padrone come tale è una persona di
qualità in ma – si pensi ad uno
scrittore che riceve i complimenti per
il suo stile da una persona dal lin-
guaggio povero e sgrammaticato. Di
qui una notevole instabilità del singo‐
lo rapporto gerarchico: ogni padrone
cerca sempre di andare a dominare un
altro padrone – un suo pari – e di qui
una serie continua di guerre. Da qui,
però, inizia una diversa dialettica re‐
lazionale, molto particolare.
Abbiamo visto come il signore si
rapporta al servo come se fosse uno
strumento vocale, lo cosalizza; questa
coscienza che ha del servo non è però
vera – di conseguenza nemmeno l’au‐
tocoscienza che ha di sé stesso lo è –
in quanto il servo non è davvero una
cosa ma mantiene un grado di auto‐
nomia la quale, applicandosi alla tra‐
sformazione del mondo materiale,
inizierà un processo che lo porterà
all’emancipazione dalla sua coscienza,
quindi dalla condizione servile. Hegel
elabora ora una vera e propria teoria
della rivoluzione sociale che andrà a
condizionare fortemente il movimento
operaio e socialista ottocentesco.
30 Enrico Voccia

La Servitù

Finora abbiamo veduto soltanto la servitù nel La coscienza servile è stata appena
comportamento della signoria. Poiché però anche la scon tta, il terrore della morte l’ha
servitù è autocoscienza, si deve allora considerare assoggettata alla coscienza padronale
ciò ch’essa è in sé e per sé. Dapprima per la servitù – di conseguenza, pur essendo in sé
l’essenza è il signore; quindi la verità per lei è la co- una coscienza autonoma, in questo
scienza indipendente che è per sé, ma tale verità momento non si avverte più come tale
tuttavia per la servitù non è ancora in lei stessa. Es- ed anzi prende su di sé tutto il peso
sa in effetti ha in lei stessa solo questa verità della ed il sentire della subordinazione. La
pura negatività e dell’esser-per-sé, avendo in sé coscienza padronale gli appare, condi‐
sperimentato una tale essenza. In altre parole, tale zionata com’è dal terrore ancora vivo
coscienza non si è impaurita per questa o quella co- della morte che gli è stata minacciata,
sa o per questo o quell’istante ma ha tremato per come una gura sovrumana ed egli ha
l’intera sua essenza; essa ha infatti avuto paura perso ogni punto di riferimento prece‐
della morte, signora assoluta. È stata così inte- dente, annullandosi quasi nella sua
riormente disfatta da questo timore, ha tremato nel nuova condizione. Paradossalmente,
profondo di sé e ciò che in essa c’era di fisso ha va- però, sarà proprio il servire che gli
cillato. Tale puro ed universale movimento, tale asso- permetterà di superare questa condi‐
luto liquefarsi di ogni circostanza sussistente, è però zione.
proprio l’essenza semplice dell’autocoscienza, è l’as-
soluta negatività, il puro esser-per-sé: per questo,
dunque, tutto ciò è in quella coscienza servile. Va
però detto che questo momento del puro esser-per-
sé è anche per la coscienza servile, perché ha tale
momento nel signore. La coscienza servile, inoltre,
non è soltanto una universale risoluzione in generale
perché, nel servire, questa dissoluzione la compie
effettivamente. Pertanto essa toglie in tutti i singoli
momenti il suo attaccamento all’esistenza fisica e, col
lavoro, lo trasvaluta ed elimina.
IHegel. Un Abito Rossonero? 31

Il sentimento della potenza assoluta in generale e, in La gura servile, dominata ini‐


particolare, quello del servizio è però soltanto la ri- zialmente dalla paura, si immerge nel
soluzione in sé; anche se la paura del signore è l’ini- lavoro e comincia a trasformare il
zio della saggezza, la coscienza è qui però ancora mondo ottenendo così la salvezza
per lei stessa, non è ancora l’esser-per-sé: in realtà della propria esistenza materiale, sia
è mediante il lavoro che essa giunge a se stessa. pure a prezzo della dissoluzione di
Nel momento corrispondente al desiderio nella co- ogni dignità personale, della riduzio‐
scienza del signore sembrava certo che alla co- ne a cosalità. Tale dissoluzione, però,
scienza servile toccasse solo il lato del rapporto è solo in sé; per sé, invece, dice Hegel,
inessenziale verso la cosa, poiché qui la cosa “la paura dinanzi al signore costitui‐
mantiene la sua indipendenza. Il desiderio ha ri- sce l’inizio della saggezza”, in altri
servato per sé la pura negazione dell’oggetto e termini, paradossalmente, proprio la
quindi ha mantenuto intatto il sentimento di se stes- costrizione al lavoro porterà il servo
so. Ciononostante tale appagamento è soltanto un alla liberazione dalla sua condizione
dileguare, perché gli manca il lato oggettivo, la sus- di cosalità, in quanto il lavoro non è
sistenza. Il lavoro, al contrario, è appetito con- semplice fatica ma, oltre a ciò, è
trollato, è un dileguare trattenuto, insomma il lavoro comprensione del mondo, formatore
forma. di sapere e di cultura.
32 Enrico Voccia

Il rapporto negativo nei confronti dell’oggetto di- La gura del signore vincitore dispone
venta forma dell’oggetto stesso, diventa qualcosa direttamente dell’oggetto del suo desi‐
che permane; questo perché proprio a chi lavora derio, senza passare dal tramite della
l’oggetto contrappone la sua indipendenza. Tale mediazione del lavoro: questo aspetto
termine medio negativo, in altri termini l’operare lo ha demandato alla gura servile.
formativo, costituisce in pari tempo la individualità, il Così facendo, però, si è privato, nel
puro esser-per-sé della coscienza che ora, nel lavo- lasciarlo alla gura servile, dell’a‐
ro, esce fuori di sé per giungere nell’elemento del spetto formativo del lavoro: come ha
permanere; è così, conseguentemente, che la co- accennato prima, questo non è pura
scienza nel lavoro giunge all’intuizione di se stessa fatica ma implica un ragionamento,
come essere indipendente. Comunque il formare non un saper fare, una classi cazione
ha soltanto questo significato positivo, cioè che concettuale del mondo, una cono‐
attraverso di esso la coscienza servile come puro scenza delle sue leggi sempre più
esser-per-sé diventi ora l’essente: ha anche un si- perfezionata.
gnificato negativo rispetto al suo primo momento Questa cultura che si va sviluppando
della paura. Infatti, nel formare la cosa, la negatività nella gura servile, la porta a cono‐
propria della coscienza servile, il suo esser-per-sé, scere anche sé stessa, a comprendere
le diventa un oggetto proprio perché essa toglie la le dinamiche delle relazioni sociali, a
sua forma opposta. Tale negativo oggettivo è però comprendere la potenza del suo esse‐
proprio quell’essenza estranea, dinanzi alla quale la re-per-sé: la gura del padrone è inca‐
coscienza servile ha provato paura. Ora invece essa pace di sopravvivere senza il lavoro
distrugge questo negativo che le è estraneo; pone della gura servile mentre questa,
sé stessa come negativo permanente, e si trasforma invece, è potenzialmente del tutto au‐
in questo modo per se stessa un qualcosa che è per tonoma.
sé. Il sapere creato dalla sua condizione
di lavoratore l’ha reso di fatto supe‐
riore ed autonomo: si tratta di una su‐
periorità che però, all’inizio, non
giunge alla coscienza servile. Quando
questo avviene, vedremo, sarà l’inizio
della dissoluzione del rapporto ge‐
rarchico: in questo senso, dicevamo,
questa parte della dialettica servo-pa‐
drone è una vera e propria teoria
della rivoluzione sociale.
IHegel. Un Abito Rossonero? 33

Il signore appare ma solo per essa alla coscienza La dialettica servo-padrone si conclu‐
servile come un essere diverso; nella paura l’esser- de proprio con questa presa di co‐
per-sé del signore è interiorizzato; nel formare del scienza da parte del servo. Dopo esse‐
lavoro l’esser-per-sé diviene però il suo proprio per re passata per le dinamiche della pau‐
lei: essa, insomma, giunge alla consapevolezza di es- ra della morte e l’accettazione della
sere lei stessa in sé e per sé. Poiché è stata esterio- riduzione a pura cosalità del tutto pri‐
rizzata, la forma alla coscienza servile non è più vo di autonomia, soggetta al padrone,
altro da lei; la forma è il suo puro esser-per-sé ed attraverso la disciplina formativa del
ora la coscienza servile giunge alla sua verità. Così, lavoro, la coscienza servile ora com-
proprio nel lavoro, dove dava l'impressione di essere prende tutta la sua forza e, con essa,
un senso estraneo, la coscienza, in questo ritrova- la possibilità di rovesciare il rapporto
mento di se stessa attraverso se stessa, diviene gerarchico e rendersi pienamente au‐
senso proprio. Per una tale considerazione occorro- tonoma.
no entrambi questi momenti: sia la paura ed il servi- Questa coscienza della sua potenza
zio in generale, sia l’attività formatrice, momento ne- come essere autonomo non si sarebbe
cessari entrambi in forma universale. Senza la disci- mai formata senza la precedente ridu‐
plina del servizio e dell’obbedienza la paura resta zione a servitù: quando si lavora in
puramente formale e non si rovescia in una reale una situazione socialmente paritaria,
esistenza consapevole. Senza l’attività formatrice la la potenza del lavoro sul mondo, la
paura resta interiore e muta, per cui la coscienza cultura ed il sapere che questa svi‐
non diviene coscienza per lei stessa. Ancora, se la luppa, appaiono, infatti, un dato per
coscienza si dedica all’attività formatrice senza pri- così dire “naturale” e non tema-
ma aver provato quella paura assoluta essa è tizzato.
soltanto un senso proprio inconsistente: infatti così la È interessante utilizzare questa con-
sua forma o negatività non è la negatività in sé e cezione hegeliana per analizzare le
quindi la sua attività formatrice non può fornirle la primissime società agricole pre-statali,
consapevolezza di sé come essenza. Insomma, se la studiate in particolar modo dalla co‐
coscienza non si è temprata alla paura assoluta ma siddetta “Antropologia al femminile”:
soltanto ad una qualche particolare ansietà, allora queste società, radicalmente egualita‐
l’essenza negativa le è restata solo qualcosa di este- rie da ogni punto di vista, molto pro‐
riore e la sua sostanza non si è interiormente impre- babilmente vivevano la loro con-
gnata di tale essenza negativa. Poiché non ogni ele- dizione di vita paritaria e libertaria
mento del quale è piena la sua coscienza naturale come il dato naturale e necessario
ha cominciato a vacillare, una tale coscienza o erto dal grembo della dea madre.
appartiene, in sé, ancora all’elemento dell’essere de- Tornando al testo hegeliano, la que‐
terminato: il suo carattere proprio è l’ostinazione, stione, ora, è il superamento del rap-
34 Enrico Voccia

una libertà ancora irretita entro la servitù. Ancor porto gerarchico dopo che questa è
meno ad un tale senso proprio quale l’ostinazione la stata a lungo un orizzonte culturale
pura forma può diventare essenza, ancor meno que- apparentemente altrettanto “naturale”
sta stessa pura forma, considerata come un ed ineludibile. Finché la coscienza
espandersi oltre l’individualità, può essere una servile resta irretita nella condizione
formazione universale, concetto assoluto. L’ostina- di servitù, oppone certo resistenza in
zione è invece al massimo un’abilità che ha potere modo “ostinato” alla sua condizione
sopra un momento particolare, non però sopra la ma senza mettere in discussione
potenza universale e nemmeno sopra l’intera es- realmente il rapporto gerarchico.
senza oggettiva. Questo viene invece e ettivamente
superato quando l’ostinazione smette
di essere tale e diventa, per così dire,
“coscienza rivoluzionaria”, in altre pa-
role si pone il compito di andare oltre
la propria singolarità e giungere alla
creazione di una “formazione uni‐
versale” che diventi essenza oggettiva,
istituzione sociale. Un “superamento”
nel senso hegeliano di “togliere-con-
servare”: il rapporto gerarchico viene
eliminato ma nella nuova società si
conserverà il sapere formativo del la‐
voro e la sua dignità.
IHegel. Un Abito Rossonero? 35

Terminata la nostra analisi di queste chia politica, sociale, culturale umana


celebri pagine hegeliane, possiamo in tutti i tempi ed in tutte le sue rea‐
ora dare una risposta de nitiva alle lizzazioni. Hegel non può certo rap-
domande che ci eravamo posti all’ini‐ presentare ogni singola tipologia di
zio: no, i suoi primi esegeti non ave‐ rapporto gerarchico tra chi comanda e
vano a atto preso lucciole per lan- chi obbedisce; ne delinea invece la
terne e, nel suo pensiero, ci sono ef- gura generale ed in questo rapporto
fettivamente moltissimi dei tratti che evidenzia la sua essenza, le sue ca‐
caratterizzeranno il movimento ope‐ ratteristiche fondamentali, sostanziali
raio e socialista – nello speci co, tro‐ e permanenti, in altri termini indi‐
viamo anche i tratti fondamentali del- pendenti dai mutamenti storici che si
le correnti libertarie del socialismo. sono veri cati. Anche in questo ap-
Tra l’altro l’analisi hegeliana del rap- proccio non “storicistico” alla questio‐
porto servo/padrone è svolto sotto la ne Hegel sembra molto più a ne a
forma della “ gura”. “Figura” è uno quelle che saranno le analisi delle cor-
di quei termini tedeschi di cili da renti libertarie del socialismo.
tradurre perché non trovano corri‐ Diverso è il problema se Hegel fosse
spondenza precisa nel vocabolario ita‐ anche soggettivamente un rivoluzio‐
liano – almeno nell’uso specialistico nario che nascondeva le sue idee die‐
che Hegel ne fa. Per comprenderne tro gli schemi di simulazione e
nel caso speci co il signi cato si può dissimulazione che abbiamo presen-
far riferimento alla commedia dell’ar- tato all’inizio, se cioè la metafora
te ed alle sue maschere: esse personi‐ della “fodera rossa” fosse reale o se,
cano in qualche modo dei caratteri semplicemente, nella sua genialità a-
umani fondamentali, rappresentano vesse colto in pieno i caratteri di uno
cioè le caratteristiche universali ed “spirito del tempo” che andava for-
imprescindibili di un determinato mandosi senza che, a questo ricono‐
personaggio. scimento concettuale della validità di
Insomma, nella parte della Fenome‐ esso, corrispondesse e ettivamente
nologia dello Spirito che che tratta una nascosta adesione personale. Si
della dialettica servo-padrone, egli tratta di una domanda che resterà
non parla delle singole realizzazioni senza una risposta oggettiva; possia-
storiche di un tale rapporto, bensì di mo solo rimandare agli indizi in me-
ciò che c’è di universale nella gerar- rito che abbiamo esposto all’inizio.
Quaderni di www.umanitanova.org

Supplemento al n. 38
del 13 dicembre 2020

Allegato al n. 38 del 2020 di Umanità Nova Settimanale Anarchico, fondato nel


1920. Federazione Anarchica Italiana, aderente all’Internazionale delle Federazioni
Anarchiche – I.F.A.

Direttore responsabile Giorgio Sacchetti. Editrice: Associazione Umanità Nova


Reggio Emilia. Aut. del tribunale di Massa in data 26.2.1976 n. 155 del registro
stampa. Poste Italiane S.p.a. – spedizione in abbonamento postale D.L. 353/ 2003
(conv in L. n.46 del 27/2/2004) – cod sap 30049688 – Massa C.P.O. Iscrizione al
n. 2168 del 28.5.1951 sul Registro Stampa del Tribunale di Roma. Stampa: La
Cooperativa Tipolitogra ca, via S. Piero 13/a, 54033 Carrara.

PER CONTATTARE LA REDAZIONE (proposte di articoli e quaderni): Email:


uenne_redazione@federazioneanarchica.org . Cell. 338 318 9923 .

PER CONTATTARE L’AMMINISTRAZIONE (copie saggio, arretrati, variazioni di


indirizzo, ecc.). Email: amministrazioneun@federazioneanarchica.org . Indirizzo
postale, indicare per esteso: Cristina Tonsig , Casella Postale 89 PN Centro 33170
Pordenone PN .

Una copia 1,5 €, arretrati 2 €. Abbonamenti: annuale 55 €, semestrale 35 €,


sostenitore 80 € e oltre, estero 90 € con gadget 65 € (speci care sempre il gadget
desiderato, per l’elenco visita il sito: http://www.umanitanova.org), in PDF da 25
€ in su (indicare sempre chiaramente nome, cognome ed indirizzo mail).

Versamenti o sul CCP n° 1038394878 Intestato ad “Associazione Umanita Nova”


o con Paypal amministrazioneun@federazioneanarchica.org. Codice IBAN:
IT10107601128000038394878 intestato ad “Associazione Umanità Nova”.

Allegato gratuito in forma digitale, liberamente stampabile e comunque riprodu-


cibile da chiunque, in tutto od in parte, purché non a scopo di lucro e senza alte-
rarne i contenuti, lasciando chiara la fonte e distribuendo l'opera nello stesso
modo. Per il le di stampa a risoluzione maggiore contattare la redazione.

You might also like